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Cristiana Collu – Zimoun – Documenta 13 Pixes Vases Landscapes – Doppio d’Autore Raoul Walsh – Yayoi Kusama&Louis Vuitton Artexpò – Teatro Valle – Carlo Scarpa Luigi Ghirri – Frontier – Mercan Dede
#7 LUGLIO - AGOSTO 2012
Proprietario e direttore responsabile: Vicedirettore: Responsabile di redazione: Responsabili di sezione: Responsabili rapporti esterni: Hanno collaborato a questo numero: Illustrations: Graphic editor: Special thanks to:
Paola Pluchino Andrea M. Campo Giuditta Naselli Gabriella Mancuso, Elisa Daniela Montanari, C.S., Elena Scalia Margaux Buyck, Sandra Dalmonte, Valeria Taurisano Vincenzo B. Conti, Margaux Buyck, Alessandro Cochetti, Ada Distefano, Pasquale Fameli, Federica Fiumelli, Marco Scotti, Fac – Simile Agata Matteucci, Mike O’Shea Damiano Friscira Cristiana Collu, Claudio Musso, Fabiola Naldi
Registrato presso la Cancelleria del Tribunale di Bologna Num. R.G. 261/2012, al N. 8228 in data 03/02/2012.
Con il Patrocinio:
In copertina: Carlo Scarpa, Progetto preparatorio per il Museo di Castelvecchio COURTESY UNIVERSITÀ DI ARCHITETTURA ROMA 3 (Elaborazione grafica)
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INDICE 5 6
Editoriale
Il minimalismo sonoro di Zimoun di Pasquale Fameli
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I Racconti di Fedra
L’uomo di carta di Andrea M. Campo
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Punctum
Il paesaggio contro l’anestesia dello sguardo
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Passpartout Inside Creative Area
Noces de Jasmin pour Avignon et le Théâtre di Margaux Buyck
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Peanut Gallery
Dall’Occupazione alla Fondazione di Elena Scalia
L’attualita’ dell’altrove beniano di Federica Fiumelli
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Grandi Mostre
Triplice lapidario di Paola Pluchino
Il professore che svuotò l’arte la Redazione
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Heart Bauhaus
Esiti del premio The Artship:
Doppio d’autore - La poesia incontra l’arte, Ia edizione
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Macadam Museum
Il nirvana è emigrato a Istanbul di Elisa Daniela Montanari
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In Conversation With
L’utopia realizzata Di Paola Pluchino
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Urban Addicted
Louis Vuitton incontra l’arte di Yayoi Kusama di Ada Distefano
La moda e la scultura la Redazione
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Young District
Artexpò 2012, schegge d’arte Di Fac-simile
Focus on di Elisa Daniela Montanari
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Let Me(et) Know(ledge)
Around Bologna di Marco Scotti
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E-Bomb
Documenta, l’estetica di un processo di C.S.
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Il Proiettore di Oloferne
Il viaggio di un Ulisse con speroni e cavallo di Giuditta Naselli
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OPEN CALL di Gabriella Mancuso Baloon
Freddo dall’Est di Alessandro Cochetti
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Routes di Gabriella Mancuso L’Immanente e il Trascendente
Del cielo e della terra: l’essenza dell’armonico di Vincenzo B. Conti
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Bookanear
In Punta di fioretto
Sound Forward
L’architettura e il suo mistero poetico la Redazione
Doppio d’Autore
Julian F. Bond : il designer e la forma del contemporaneo la Redazione
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Mike O’Shea, Head, 2010
Il mio nome è Mike O’Shea, sono un artista che vive e lavora a Bristol, UK. Sono un uomo che crea cose. Spero che i miei lavori vi facciano pensare e ridere, questo è tutto ciò che io chiedo. Sono anche il proprietario di Highbrow skateboards, un’azienda che progetta dei pezzi per gli skaters che si dedicano a “personalizzare” le grigie strade Inglesi. www.mikeoshea.org www.thehighbrowcompany.com
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For You - Vladimir Sterzer
Sbirciando sotto il tappeto dello scintillante parterre della cultura dell’arte, facendo attenzione a non far scivolare le gentil dame con tacchi a spillo e abiti in lotta con la gravità (spesso anche col buon costume) si scopre una realtà mediocre, molto rumore per nulla e soprattutto l’appiattimento dell’arte al mero movimento del capitale. Ciò che colpisce maggiormente, e quando dico colpisce intendo ciò che ferisce e umilia il mondo della critica risoluta, è l’osservazione del generale clima di disfacimento e terrorismo lavorativo, che infetta l’entusiasmo e spesso non permette di credere e progettare. Nella fattispecie, allontanando l’ipotesi di voler essere onnicomprensivi e di parlare per (superficiali e inconcludenti) massimi sistemi, sotto l’aura magnifica dell’arte contemporanea, si intravede un generale clima di chiusura e confusione, che richiama molto l’idea guerresca del serrare i ranghi , producendo non un riciclo creativo dell’esistente ma solo nuove combinazioni di pedine ormai logore, sulla scacchiera grigia e senza fervore di giocatori che sembrano costretti a muovere. Il risultato triste e malsano, fortunatamente conditi da contrappunti indipendenti, scopre il grottesco mondo della presentazione di ciò che esiste, senza sperimentare o azzardare il nuovo. Accanto a queste considerazioni generali, che richiamano fasti ottocenteschi ormai in ampio declino (sia sotto un profilo estetico che più specificamente culturale ed intellettuale), si sta facendo strada un contro movimento, una cultura prospettica di generazioni fresche e interessanti, piene di nuove idee e di voglia di fare. Con felicità si scopre che il tappeto in questione ha un doppio fondo, all’interno del quale stanno spingendo forti i nuovi germogli che adottano, nella loro percezione del mondo arte, altri criteri di elevazione del bello, altri cardini di discernimento tra valori. Una cultura della cooperazione che produce risultati inaspettati, proprio nel verso di quali siano i gusti dei nuovi, soprattutto, da dignità a tanti giovani studiosi. Le idee sono il capitale del futuro, il coraggio, la preparazione, la perseveranza e il gusto per la sfida sono gli ingranaggi che questa generazione dovrebbe mostrare al pubblico, facendo aprire gli occhi agli ormai obsoleti scettri del potere, che noi siamo un valore, oltre ad essere l’unico antidoto per una società che più si corrompe più si sfalda. Queste mie parole, che richiamano le antiche leggi della retorica come creatrice dell’evento vogliono essere la pelle protettiva per queste risolute ed ingegnose penne, per questi cavalieri dell’arte che hanno il diritto di trovare spazio, che hanno le capacità per farsi riconoscere e promuovere nel mondo del lavoro. E non conta l’abito o la veste mostrata, perché la bellezza che indossano è la virtù che questi portano in seno, il rigore nella ricerca, nello studio, nelle notizie che raccolgono e seminano. Utopia si dirà, soldi non ce ne sono, ed è probabile che questa situazione durerà anni. Come adesso mai, nemmeno in periodo post bellico. Perdonate l’ironia, ma a stare a piangermi addosso io non ci sto, e come me le firme qui presenti. Il nostro valore è questo e paga lo scotto dell’indipendenza e della libertà.
EDITORIALE
In Punta di fioretto
Paola Pluchino
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SOUND FORWARD Il minimalismo sonoro di Zimoun di Pasquale Fameli
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Il percorso artistico dello svizzero Zimoun (1977) si incentra su un minimalismo di freddo rigore formale votato alla leggerezza e alla rarefazione. Infatti, già dal suo esordio musicale, avvenuto tra il 2005 e il 2006, si evince l’interesse per la ripetizione ciclica di “micro-cellule” sonore, ottenute dalle disturbate trasmissioni di cavi difettosi e organizzate in lunghissime sequenze dalle variazioni lente e pressoché impercettibili, orientamento che lo pone in rapporto di stretta continuità con la poetica del tedesco Carsten Nicolai (1965), alias Alva Noto, tra i più radicali riduzionisti in ambito sonoro-rumoristico. Parallelamente a quella musicale, Zimoun inizia a svolgere la propria ricerca anche sul versante dell’installazione sonora, pur sempre caratterizzandosi per un approccio riduzionista, votato all’elementarità formale, alla ripetizione seriale e alla combinazione modulare. L’artista svizzero sembra infatti interessato a scatenare nello spazio flussi rumoristici continui e invarianti, che ottiene nei modi più disparati: amplificando, attraverso un microfono cardioide, il rumore di venticinque vermi che strisciano nel ramo di un albero, oppure sfruttando i flussi d’aria delle ventole per computer, o ancora puntando sedici ventilatori accesi su un soffice muro fatto di ben trentamila buste in plastica, il cui risultato sonoro sembra simulare il cosiddetto white noise tipico dei disturbi radio. Disponendo come i nodi di ordinate e invisibili griglie dei piccoli motori elettrici, l’artista svizzero pone in rotazione lunghe e sottili lamelle che generano un fruscio metallico o fili in plastica che frustano, letteralmente, la superficie su cui sono montati, o ancora facendo vibrare appositi motorini nelle caselle di una cassetta per caratteri tipografici, quasi a voler sovvertire, simbolicamente, il silenzio della griglia gutenberghiana con l’assordante rumore della tecnologia attuale. Dal 2010 in poi, a partire da semplici e anonime scatole di cartone, Zimoun realizza imponenti e rigorose strutture dal carattere modulare che fanno immediatamente pensare al Minimalismo americano, rispetto al quale vanno rilevate però ben due grosse differenze. La prima consiste nei materiali utilizzati: alla pesantezza e allo spessore del metallo, infatti, l’artista di Berna oppone la leggerezza e la sottigliezza del cartone, che meglio risponde a quel processo di alleggerimento e smaterializzazione cui tendono tanto l’arte quanto la tecnologia contemporanee, entrambe orientate verso il soft piuttosto che verso lo hard. La seconda differenza consiste, invece, nell’introduzione dell’elemento temporale-sonoro, dato dal reiterato e fitto picchiettio che soffici palline di cotone, collegate tramite spago a piccoli motori elettrici, compiono sulla superficie di queste strutture. La modularità di queste architetture “celibi”, ovvero prive di qualunque funzionalità, concorda perciò con la ciclicità ritmica delle fittissime micro-percussioni cui esse stesse sono soggette, quasi a evidenziare l’inscindibilità delle esperienze sensoriali, sempre necessariamente coinvolte in inestricabili rapporti sinestetici. Zimoun, Untitled, 25 woodworms, wood, microphone, sound system, 2009 Photography by Zimoun ©
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Zimoun – Kabel 0.2
Zimoun, Untitled, 30.000 plastic bags, 16 ventilators, 2010 Photography by Zimoun ©
Zimoun, Untitled, 200 prepared dc-motors, 2000 cardboard elements 70x70cm, 2011 In collaboration with Architect Hannes Zweifel Photography by Zimoun ©
I RACCONTI DI FEDRA L’uomo di carta di Andrea M. Campo
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Perfect Day – Lou Reed
Nel 1996 migliaia di persone assiepate sugli spalti attendevano l’ultimo tedoforo condurre il sacro fuoco verso il tripode olimpico. All’ingresso dello Stadio di Atlanta si presentò un anziano Prometeo dal volto contratto, ingabbiato in una smorfia perenne, che superati gli indugi versò con le mani tremanti la fiamma nel braciere. Era ingrassato, debilitato dalla malattia, spoglio della leggerezza che lo aveva reso famoso e della potenza che lo aveva consacrato alla leggenda. Ma ogni persona presente seguiva con ferma venerazione ogni gesto, ogni cenno di quel corpo sofferente e applaudiva commossa al fulgore antico dello strano vecchio. Non era più necessario salire su un ring, indossare i guantoni e danzare attorno all’avversario per dimostrare di essere Alì. Il suo volto e le sue imprese erano nei ricordi di tutti: lui era - è la boxe fatta uomo, che dell’uomo non ha la fragilità della carne ma attraversa il Tempo rimanendo sé stessa. E’ la forza del mito che trasfigura la materia rendendo l’uomo icona. Ma l’uomo resta, e diventa cornice della sua stessa immagine. L’individuo si dissolve davanti al personaggio. Pablo era l’uomo dei popcorn, l’ultimo venditore ambulante di popcorn, il Cassius Clay della quinta strada di Ushuaia; un vivace signore in pensione, che ogni mattina, attirava i passanti con Pablo Picasso drawing with light la fragranza di popcorn caldo. 1949 © LIFE Magazine Combattivo come pochi, tutti giorni trascinava il suo carretto rosso carico di olio, fino al mercatino dell’antiquariato, bloccava le ruote del marchingegno e restava immobile sulla sua seggiola a forbice in attesa di un cliente. Le sue gambe erano fragili, le sue spalle incurvate, il braccio sinistro semiparalizzato per una “maldita enfermedad” ma l’ardore che in gioventù lo aveva reso celebre tra i pugili della sua categoria sembrava essere rimasto lo stesso. Erano trascorsi diversi anni dall’ultima volta che aveva acceso la macchina e ormai non ricordava più come fare ma, instancabile, ogni giorno si presentava lì dove era sempre stato, dove tutti erano abituati a vederlo. Nessuno chiederebbe oggi ad Alì di combattere per mostrare il suo valore e nessuno ormai chiedeva più i servizi di Pablo. La mattina passeggiava fumando le paglie che maldestramente arrotolava tra i pollici e gli anulari. Si era fracassato le dita durante l’ultimo incontro nell’amaro tentativo di stendere un giovane pugile zelante, cui era stato chiesto di restare in piedi per undici riprese. Erano i tempi in cui l’onore poteva cedere, senza vergogna, al bisogno e al denaro. La fama non era poi questa gran cosa di cui si narrava. E così aveva deciso di accettare una “patta” con quel mingherlino dalla mascella di ferro che gli aveva frantumato due dita a pochi secondi dal gong. In quella stupida farsa che avrebbe assicurato ad entrambi da vivere negli anni bui ci aveva rimesso due dita della mano sinistra, adesso molli come budino. Non è che gli importasse molto ma non riusciva a ruotare l’ingranaggio d’avvio della macchina dei popcorn; e tutte le mattine, il dolore puntuale si ripresentava, sempre più intenso, bloccando l’avambraccio. Il giorno in cui il mondo omaggiava l’antico talento di Alì, Pablo oziava seduto sul marciapiede sbirciando le immagini di un piccolo televisore posizionato su una finestra del quartiere. Non aveva notato un giovane dall’aspetto trasandato che lo attendeva impaziente poggiato sul suo trabiccolo. Con la tracotanza di chi ancora crede il mondo un credito, chiedeva con insistenza un sacchetto di popcorn pestando i pugni sulla macchina che, pian piano, cedeva sotto i colpi. Scherniva il vecchio e le sue mani, inferme e tremanti per la rabbia. Ora vorrei raccontare che Pablo, memore dei suoi giorni migliori, in un impeto d’orgoglio aveva sferrato un perfetto gancio sinistro sul mento del giovane stendendolo ai suoi piedi. Vorrei descrivere quell’antica fiamma pulsare nelle sue vene e caricare ogni membra, ogni arto del corpo. Vorrei raccontare che era stato coraggioso, magnifico, follemente eroico. Ma la grande mano ostinata che armeggiava sulla manovella si era frantumata tra le grasse risate del ragazzo. Il vecchio era stato soccorso da un bimbo. “Non preoccuparti nonno, non fa niente”. Guardando quei lucidi occhi infuocati Pablo si sentiva rassicurato. “Andiamo a casa, qui non ho più niente da fare”. D’altronde non era altro che un grande vecchio che aveva già detto tutto di sé. “Proprio come Alì!”
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PUNCTUM Il paesaggio contro l’anestesia dello sguardo
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Enigma- Voyageur
Il Museo di Fotografia Contemporanea omaggia l’opera di Ghirri con la mostra 1984: Fotografie da Viaggio in Italia, a cura di Roberta Valtorta. Dall’11 luglio al 26 agosto la Triennale di Milano espone le fotografie, parte della collezione del Museo, per la prima volta dopo il restauro finanziato dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali.
2. Osservando la realtà a lui circostante si rese conto che non l’uomo ma il paesaggio potesse essere il soggetto più adeguato a rappresentare e cogliere i mutamenti della società.
Luigi Ghirri, San Zenone al Lambro, 1990
Luigi Ghirri, Macherio, 1987
Luigi Ghirri, Lido di Volano, 1985 dalla serie Il profilo delle nuvole
Luigi Ghitti, Trani, 1982 dalla serie Topografia e iconografia
1. Luigi Ghirri è forse il fotografo che più di ogni altro, nella congiunzione degli anni Settanta sia riuscito in Italia a produrre una serie tematica coerente e di grande valore culturale, grazie anche agli scritti teorici che spesso accompagnavano la sua ricerca sul mezzo fotografico. Luigi Ghirri, Modena, 1973 dalla serie Colazione sull'erba
3. Con la sua indagine visuale, ha così raccolto suggestivi scorci, lungo l’ascissa e l’ordinata della cartografia italiana. Oltre ciò, e di fondamentale importanza nel rilievo dell’artista nella sua più ampia accezione di operatore culturale, è riuscito ad organizzare intorno a sé, una vera e propria squadra di fotografi del paesaggio: Gabriele Basilico; Mario Cresci, Guido Guidi, Oliviero Barbieri, Mimmo Jodice solo per citarne alcuni.
4. Adottando uno stile “affettivo”, lontano da quella vertigine della precisione che infettava i New Topographic e le nuove generazioni della scuola americana, in Ghirri l’uomo diventa metro di misura dello spazio, restituendo alla visione la gioia insita nell’atto della percezione, consegnando allo sguardo il potere delle infinite porte del senso. Luigi Ghirri, Modena, 1973 dalla serie Il paese dei balocchi
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Luigi Ghirri, Busseto, 1985
PASSPARTOUT INSIDE CREATIVE AREA Noces de Jasmin pour Avignon et le Théâtre di Margaux Buyck
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Maurice Jarre - La fanfare de Lorenzaccio
Du 7 au 28 juillet se tient la 66e édition du Festival d’Avignon. Cette année est également l’occasion de célébrer le centième anniversaire de la naissance de Jean Vilar, fondateur du festival. Le théâtre et Avignon, c’est une véritable passion amoureuse qui dure maintenant depuis 66 ans. Durant trois semaines, la cité des papes accueille le plus grand festival de théâtre au monde. Les compagnies viennent du monde entier pour présenter près de 1200 spectacles. Avignon devient en quelque sorte durant le mois de juillet, une vitrine du Théâtre. La programmation officielle, le Festival In, partage la scène avignonnaise avec le festival Off (sélection non officielle) plus populaire et qui chaque année accueille de plus en plus de spectacles et de visiteurs. Au cours de cette période, chaque lieu, chaque moment devient un prétexte au Théâtre. Le Festival est partout. Avignon et ses environs deviennent le décor d’un spectacle gigantesque. Chaque ruelle est assaillie, les affiches recouvrent les murs, se pendent aux lampadaires, s’accrochent aux fenêtres, aux devantures des restaurants et des bistrots... Avignon semble alors affublée d’un costume d’Arlequin multicolore. De la cour d’honneur du palais papes, aux prestigieux théâtres avignonnais en passant par les jardins publics, garages…chaque lieu devient une scène. Le spectacle se vit dans la rue, les compagnies de théâtre redoublent d’ingéniosité pour attirer le badaud. Chars, affiches gigantesques avec porteurs, comédiens déguisés, tracteurs quadrillent la ville, le tout dans une ambiance joyeuse et festive. Le spectateur ou simple visiteur devient alors lui même acteur. La rencontre entre les comédiens et le public est franche et intime et la rue devient le témoin de cet échange. En somme, c’est cette ambiance unique, simple et joyeuse dans toute la ville qui représente au mieux l’idée de «théâtre populaire» chère à Jean Vilar.
Le coup de coeur TheArtShip:
The Ray Charles expérience by Movin’Melvin Brown. 7 - 28 juillet à 22h30 Collège de La Salle, théâtre du Gymnase Un spectacle de music-hall unique et décapant mené d’une main de maître par l’américain Movin’ Melvin Brown. Au programme Blues, Jazz, Country, Swing, Rock’n’Roll et Tap dance, le tout dans une ambiance électrique. Ed Fringe, Moving Melvin Brown Company
Immagini: 66a edizione Festival d’Avignone, COURTESY MARGAUX BUYCK
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PEANUT GALLERY Dall’Occupazione alla Fondazione il Teatro come Bene Comune
di Elena Scalia
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Dreams - The Cranberries
Il 14 giugno 2012 il Teatro Valle Occupato ha compiuto future.” (http://www.teatrovalleoccupato.it/parteun anno di vita festeggiando con una maratona di venti cipa-alla-proposta-di-statuto-lo-spazio-per-contrigiorni non stop: spettacoli, concerti, discussioni e per- buire-e-online). Adottando tale disciplina giuridica formance. Un anno di apertura, liberazione, sperimen- Il Teatro Valle Occupato, partendo dalla reinvenzione tazione che si riflette su un modo nuovo di intendere di uno Statuto partecipato che coinvolge cittadini e lo spazio teatrale. L’occupazione del Teatro da parte lavoratori dello spettacolo e stravolge - per migliorardelle lavoratrici e dei lavoratori dello spettacolo non è lo- il sistema culturale italiano, sta dando vita a una avvenuta a fini del reintegro dei fondi tagliati o per una Fondazione Bene Comune. L’ Ente propone un’almigliore amministrazione di un singolo teatro, bensì ternativa giuridica ed economica radicalmente innovasi pone come obiettivo il riconoscimento della cultura tiva, un’altra forma di democrazia attraverso le arti e come bene comune; l’accesso alla conoscenza, ai sa- la cultura, un’altra idea di lavoro e di condivisone. Per peri, alla ricerca e alla creazione in realizzare questo progetto è necestutte le sue forme come diritto im- Questa nuova forma di sario raccogliere 250.000 euro: ne prescindibile all’esercizio della cit- identità culturale si au- sono stati raccolti circa 120.000. La tadinanza. Questo atto testimonia Fondazione sviluppata in attuaziouna nuova predispozione d’animo e todefinisce a partire da ne autonoma e diretta degli Artt 1, di coscienza che restituisce dignità una costante analisi che 2, 3, 4, 9, 18, 21, 33, 34, 36, 43, 46 alla concezione di teatro come Bene della Costituzione Italiana, è senza Comune e Agorà e si muove sotto rileva l’attuale collasso scopo di lucro neppure indiretto e il segno di un agire condiviso e di della dimensione civile con fini di utilità sociale. I punti foruna partecipazione diretta della citti di tale statuto si delineano come e civica del teatro tadinanza, difendendo il teatro sia una “dichiarazione di poetica” che si dall’interesse proprietario privato sia dalle istituzioni prefigge: pubbliche che governano con logiche privatistiche e - Di fare della Fondazione il primo centro di Drammaautoritarie. Secondo l’articolo I comma III lettera C del turgia Italiano. disegno di Legge predisposto dalla Commissione Mini- - La promozione di iniziative di studio, dibattito e forsteriale per la Riforma del Titolo II del Libro III del Co- mazione finalizzate alla ricerca ed elaborazione autodice Civile “ I Beni Comuni sono le cose che esprimono noma ed indipendente, di proposte comuni di rigeneutilità funzionali all’esercizio dei diritti fondamentali razione sociale, economica e produttiva, culturale e nonché al libero sviluppo della persona. I beni comu- politica. ni devono essere tutelati e salvaguardati dall’ordina- - La solidarietà e la cooperazione volta ad offrire un mento giuridico, anche a beneficio delle generazioni esempio virtuoso di governo del bene comune Teatro
Interno del Teatro Valle di Roma gremito COURTESY COLLETTIVO DEL TEATRO VALLE
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Esterno del Teatro Valle in occasione della maratona COURTESY COLLETTIVO DEL TEATRO VALLE
Valle anche al fine di promuoverlo come esempio a livello internazionale del talento italiano nella drammaturgia. - Il contributo alla costruzione di un rinnovato spazio culturale europeo e globale nel campo della drammaturgia attraverso lo sviluppo di rapporti transnazionali per la circolazione del dibattito culturale e scientifico. - La diffusione presso il teatro e altrove di attività di studio e di ricerca, di attività politiche e seminariali nelle discipline di sua competenza. - L’istituzione di borse di studio e premi a favore di giovani lavoratori dello spettacolo e della conoscenza italiani. A distanza di un anno tali premesse hanno dato i propri frutti attraverso due elementi fortemente innovativi: la gestione partecipata della cittadinanza e l’autogoverno delle lavoratrici e dei lavoratori dello spettacolo. In questi mesi è stato sperimentato un modo nuovo di intendere lo spazio teatrale; dalle prime serate flusso, in cui sul palcoscenico si susseguivano tutti coloro che sentivano l’urgenza di sostenere la lotta per la cultura, si è approdati a spettacoli interi grazie in parte alla rassegna di teatro indipendente “Sostanze volatili”. La manifestazione si distingue per la scelta di spettacoli fuoricircuito scelti tra le proposte arrivate in quest http://www.teatrovalleoccupato.it/sostanzevolatili-rassegna-teatrale-fuori-circuito-dal-24-marzo) i mesi – dando la priorità a testi di drammaturgia contemporanea – e che ne rappresentano solo una prima selezione. L’idea è di dare continuità e corpo a questo esperimento per renderlo un appuntamento fisso (. Inoltre le permanenze artistiche di un unico artista o ensemble, hanno trasformato il teatro “in un luogo plurale” aperto alla molteplicità dei generi: agli artisti infatti è stato chiesto di inventare nuove modalità formative, aprire al pubblico il processo creativo, invitare altri lavoratori dell’immaginario e contaminare i linguaggi producendo una riflessione sul proprio agire artistico in tempo di crisi. . Le prime per-
Moni Ovadia e la Esquilino Orchestra COURTESY COLLETTIVO DEL TEATRO VALLE
manenze hanno visto la presenza di artisti come Jacob Olesen, Marco Baliani, Punta Corsara/Teatro delle Albe, Scena Verticale/Saverio La Ruina e Anatoly Vasiliev. Grande spazio è stato dato alla musica, dai grandi nomi agli emergenti, al Cinema indipendente ed alla danza contemporanea. Ma il Teatro Valle si sta affermando soprattutto come spazio di formazione permanente per operatori e per la cittadinanza, libero e accessibile che, con il progetto Nave Scuola, si occupa di laboratori di drammaturgia, danza, regia, recitazione, artigianato in cui si sono susseguiti maestri come Emma Dante, Fausto Paravidino, Mario Perrotta e Gabriele Vacis. Questa nuova forma di identità culturale si autodefinisce a partire da una costante analisi che rileva l’attuale collasso della dimensione civile e civica del teatro chiuso nella propria autoreferenzialità; l’artista non studia più il presente, non lo conosce e dunque non lo sa restituire. Ma “andare a fondo è il contrario di affondare” e proprio questo gesto di rottura e di ricostruzione dimostra che dal fondo si può risalire con una maggiore consapevolezza sulle rotte da perseguire a vele spiegate. Per approfondire e leggere lo statuto della Fondazione Teatro Valle Bene Comune si segnala il sito: http:// www.teatrovalleoccupato.it/
Giovanni Sollima e i 100 Celli COURTESY COLLETTIVO DEL TEATRO VALLE
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L’attualita’ dell’altrove beniano L’essenza dall’assenza di Federica Fiumelli
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The Hebrides (Fingal’s Cave) – Overture di Felix Mendelssohn
Ero al primo anno di Università e stavo preparando l’esame di Storia del Teatro, quando su uno dei manuali di studio lessi: “[…] recitazione deformata e fisicizzata, la quale propone una partitura sonora non realistica; movimenti eccessivi, ripetitivi e sincopati; vocazione all’esibizionismo e allo scandalo, gusto luciferino per parodia e dissacrazione, predilezione per il pastiche e la sintesi d’ impronta nettamente futurista, l’essere contro sia nel teatro che nella vita, preferenza quasi assoluta per determinati periodi della drammaturgia quali l’Elisabettiano e il Simbolista tardo-ottocentesco.” Poche righe dalla penna di Marco De Marinis, l’insigne professore di Storia del Teatro, per innescare in me la voglia di scoprire Carmelo Bene. Così iniziarono le mie ricerche sul web e libri. Fu così che vidi l’Hamlet ed ebbi un colpo di fulmine. Non mi dimenticherò mai i brividi che mi costellarono
Carmelo Bene, Hamlet, 1967 foto scena
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d’emozione durante il monologo: “Quando ho fame ho fame, quando ho sete ho sete, quando ho voglia ho voglia, e allora se l’idea della morte mi è così lontana, vuol dire che la vita mi è in balia, che la vita mi reclama, e allora, vita mia a noi due!” Mi innamorai di qualcosa o di qualcuno che materialmente non esisteva più. Quell’esistenza che lo stesso Bene diceva di non possedere. Non esisto dunque sono. Altrove. Qui. | Dove? m’apparve il sogno ad occhi aperti | di Lei che non fu mai | Colei ch’è mai vissuta e mai morì (da La voce di Narciso) La sua era una vera voce di Narciso, pensare di non averla mai udita dal vivo, apre in me un senso di mancanza infinita, ma “Siamo, quel che ci manca. Da per sempre.” ( da Quattro momenti su tutto il nulla)
Carmelo Bene, Hommelette for Hamlet, foto di scena, 1987
Pochi giorni fa, Mille e una notte Teatro su Rai Uno ha mandato in onda due puntate dedicate a Bene: una su Quattro modi diversi di morire in versi e l’altra sullo spettacolo di Pinocchio. Guardando le puntate ci si accorge dell’attualità di Bene, nonostante, come scrive nell’Immemoriale Pier Giorgio Giacché: “Non c’è un dopo Carmelo Bene. E non perché alla morte di un personaggio grande e di una persona cara si voglia assurdamente fermare il tempo, ma perché non c’entrava nulla con il nostro tempo. E ancora, non perché non sia mai stato attuale o presente, ma perché ostinato nemico di quel tempo cronologico, che si dispone lungo la linea della storia passata e corre verso il futuro della società.”
Carmelo Bene, Hamlet, foto scena
e ancora “Non si tratta quindi di fermare il tempo, perché Carmelo è stato sempre abitante e demiurgo del tempo sospeso e del nessuno luogo del teatro. Del suo teatro va detto, giacché molti altri teatri si lasciavano volentieri contaminare dal tempo storico e dal luogo sociale: si credono specchi del mondo e si fingono mezzi di comunicazione a disposizione del pubblico. Nel suo teatro invece, non si dava alcuna prospettiva né si predicava una qualunque complementarità.” Il non esserci mai, il non luogo, il fuori-tempo, questo altrove al quale tutti gli artisti tendono, rendono Carmelo Bene attuale proprio perché inattuale; il suo Teatro rende questi assunti disponibili al nuovo giorno nascente, ogni giorno, proprio perché non etichettati e statici nei confronti di una determinata epoca storica. Il dinamismo beniano è quindi un regalo che il maestro ci ha lasciato. Il suo continuo non essere è, e sarà per sempre, dando valore all’essenza dell’assenza. Ha dato valore estetico al dramma dell’uomo, il dolore del non esistere; amando Bacon, è come se le tele di quest’ultimo avessero trovato posto nelle scene di Bene. “L’arte deve eccedere dunque, deve anch’essa sempre superare se stessa, come ha fatto Bernini nelle sue Estasi [...]” Estasi quindi che indica un continuo uscire da sé, oltre che un altrove Bene, ha cercato un altro da sé. Un sé “contro tutti” come al Maurizio Costanzo Show del 1994: “Io mi occupo solo dei significanti, i significati li lascio ai significati. Noi siamo nel linguaggio e il linguaggio crea dei guasti; anzi è fatto solo di buchi neri, di guasti […] Codesto solo – dice l’Eusebio nazionale, cioè Eugenio Montale, però traducendo pari pari Nietzsche – oggi possiamo dirti, ciò che non siamo, ciò che non vo-
gliamo. […]. E questo si può dire. Chi dice d’esserci è coglione (sic) due volte: primo perché si ritiene Io, secondo perché è convinto di dire; è coglione (sic) una terza volta perché è convinto di dire quel che pensa, perché crede che quel che pensa non sian significanti, ma sian significati, e che dipendano da lui, ma Lacan ha insegnato: “Il significato è un sasso in bocca al significante”. E mi viene in mente il video dell’artista Marcel Broodthaers che proprio come Bene studiava il linguaggio, vi si vede l’artista mentre scrive sotto la pioggia, i capelli e i vestiti fradici e il pennino intinto di inchiostro subito disciolto dalla pioggia battente sul quaderno. Sembra dire: “Vi mostro la mia cancellazione”. Perché alla fine rimane il nulla.
Carmelo Bene, Pinocchio, foto scena
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GRANDI MOSTRE Triplice lapidario
La memoria transeunte di Buren, nella città che fu di Minerva di Paola Pluchino
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Ludovico Einaudi - Stella del Mattino
Reduce dall’imponente mostra al Grand Palais di Parigi, l’artista concettuale Daniel Buren, presta la sua arte per la settima edizione di Intersezioni, ospitata presso il Parco Scolacium del Marca di Catanzaro visitabile fino al 7 ottobre 2012. Anche quest’anno, a curare l’intervento espositivo - in un anno di inaugurazioni sempre più ambizioso - il direttore artistico del Marca Alberto Fiz che, insieme alla Provincia di Catanzaro (sostenitore del progetto) e l’egida congiunta di Silvana Editoriale (cui viene affidato il catalogo dell’esposizione) ha dato vita a Intersezioni 7. Riuniti nel verso di un approfondimento tematico che ha per nucleo la convergenza del tempo e il suo addensamento ideale, Costruire sulle vestigia: impermanenze. Opere in situ (Construire sur des vestiges, d’un éphémère à l’autre. Travaux in situ) propone interventi che richiamano il pensiero culturale della ricostruzione, poste nell’ottica di ricercare un ponte che abbia una continuità con il passato e con la storia, riabilitando inoltre l’originario metodo di fruizione dell’arte: pubblico e aperto. Gli interventi site - specific concepiti da Buren per questa mostra impermanente, che va ad arricchire il già fruttuoso Parco della Scultura (che ospita opere di Stephan Balkenhol, Tony Cragg, Wim Delvoye, Jan Fabre, Antony Gormley, Dennis Oppenheim, Mimmo Paladino, Michelangelo Pistoletto e Marc Quinn) si presentano come cornici, porte e strutture in grado di interagire con l’ambiente circostante, nell’ottica di intessere un legamento forte e in contrappunto con il luogo per cui sono state pensate. In questo senso, all’ operazione concettuale cui Daniel Buren ha abituato il fruitore (con l’uso costante di veri e propri stilemi cromatici riconoscibilissimi) se ne aggiunge una seconda, rivolta ad un ideale estetico per molti versi affine alla Land Art con cui molti artisti, saturi della celebrazione museale, hanno voluto confrontarsi. Se la mostra al Grand Palais aveva come cardine la riappropriazione dell’uomo e della sua visione naturale, facendo quasi implodere l’opera all’interno di Monumenta, questa pone un interrogativo più pregnante, che riguarda la ridefinizione semantica dello spazio in rapporto all’oggetto. Sempre presente - seppur declinato in forme meno evidenti - il gioco con la luce, sempre interessante e di gradevole risultato lo sforzo di porsi come mezzo, filtro e tramite per una riappropriazione del territorio che sembra andare oltre l’arte stessa, per confinarsi in un gioco di decime cui gli immensi uliveti fanno da ideale contraltare spirituale.
Dall’alto in basso: Daniel Buren, Excentrique(s), travail in situ, 2012, © Daniel Buren, ADAGP, Paris Photo Didier Plowy Daniel Buren, Two colours Frieze for one full Wall, 2009, COURTESY GALERIE DR. DOROTHEA VAN DER KOELEN Daniel Buren, Sulle vigne: punti di vista, Castello di Ama, ©Carlo Borlenghi 2001
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Il professore che svuotò l’arte
I disegni di Willi Baumeister in mostra al Mart la Redazione
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Marlene Dietrich - Lili Marleen
Come spesso succede non solo in Italia, sono i figli che scoprono, anni dopo la morte dei genitori, lati del carattere, affinità, segrete concordanze che mai avrebbero immaginato. È questo il caso di Felicita Baumeister, che, dopo quasi settant’anni dalla scomparsa del padre, ha conservato, raccolto, selezionato i suoi disegni. A portare in mostra circa 80 opere, tali da costituire un nucleo forte dell’espressività astratta dell’artista tedesco, una partnership internazionale che vede coinvolto il Mart di Rovereto posto come punto focale di realtà estere - la Fundación Juan March di Barcellona, l’Archivio Baumeister del Kunstmuseum Stuttgart e il Kunstmuseum Winterthur. La serie delle opere presentate richiamano certamente la costruzione della Germania ai tempi del Bauhaus, concepite secondo forme geometriche elementari, linee, cubi, rettangoli, sfere. Della conoscenza di Willi Baumeister con Oskar slemmer e ferdinand leger, rimane l’uso di materiali comunemente considerati anartistici come il cartone o il ferro, con cui l’artista innesca un dialogo ravvicinato, amalgamando la sua pittura ad una realtà di svuotamento e perdita. Pur dichiarato dal regime nazista “artista degenerato”, Baumsteiner regge il colpo, pubblicando nel 1947 il saggio teorico Das Unbekannte in der Kunst (L’ignoto nell’arte), oggi considerato come il suo più importante contributo teorico alla pedagogia dell’arte. Unico docente di pittura (prima a Francoforte, poi a Stoccarda) a portare in classe i principi del Bauhaus: non solo arte pura e stilemi decorativi quindi, ma anche abilità nel porsi come mezzo elementare al servizio dei potenziali mecenati. Insegnare, appunta sul suo diario, è una cosa difficile. Accordandosi al doppio gioco del professore e dell’artista, ogni opera, così come ogni lezione, può considerarsi compiuta ma inserita all’interno di un percorso narrativo cui la mostra, che, aperta il 24 luglio e visitabile fino al 23 settembre, vuol dare respiro, in una concatenazione di precetti ideali. Dall’atteggiamento del Museo, che sembra aver fatto propria la mozione ineludibile del pensiero critico, si desume la volontà di assegnare il palco d’onore alle nuove leve teoriche, a menti fiorenti di capacità. A proseguire il percorso di nomine di giovani curatori al Mart, (come già successo per Dennis Viva curatore della mostra Fausto Melotti - Angelico Geometrico), Alessandra Tiddia che, insieme a Dieter Schwarz e Manuel Fontán del Junco, indicherà Rovereto come l’angolo della creazione.
Dall’alto in basso: William Baumeister, Testa, 1920. Olio, matita e sabbia su tela, Stoccarda, Archiv Baumeister im Kunstmuseum Stuttgart COURTESY MART William Baumeister, Figura inclinata, 1920. Olio su cartone Stoccarda, Archiv Baumeister im Kunstmuseum Stuttgart COURTESY MART Schizzo di Baumeister per illustrare l'idea dell'angolo della creazione, 1947 COURTESY WILLI BAUMEISTER STIFTUNG GMBH
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HEART BAUHAUS L’architettura e il suo mistero poetico
Piccola nota sull’umiltà del grande Carlo Scarpa la Redazione
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Crash Test Dummies - Mmm Mmm Mmm Mmm Per vivere dopo morti sottoterra, la società moderna vuole denaro. [...] C’è un piccolo punto, c’è una piccola ansa, che conduce da questa parte al cimitero vecchio. Allora io qui dormirò in terra di nessuno, cioè né Brion, né Municipio. È un buco che non può essere contestato da nessuno dei due. [...] alla vostra salute, prosit (bevendo)
Carlo Scarpa, Tomba Brion, detail photo by Guido Guidi
Nel 1976 Carlo Scarpa, presentava a Vienna, un suo grande progetto a San Vito d’Altivole: la tomba Brion, 2200 mq di terra consacrata, a celebrare il ricordo di Giuseppe Brion. Un luogo commemorativo, si legge dagli atti della conferenza, che vuole indicare non solo il passato, ma istituire un ponte con la cultura del ricordo, fugare ogni tipo di percezione dell’architettura come freddo contenitore di umanità. Ciò che l’architettura dovrebbe fare, e qui sembra stare la grandezza dell’architetto, è essere armonia, giusta proporzione e legamento alla naturalità della forma circolare della vita. Nel discorso che uno dei grandi maestri dell’architettura italiana (ricordiamo tra gli altri, gli splendidi risultati della gipsoteca canoviana a Possagno e le aperture significativamente legatorie per gli Uffizi fiorentini, l’araba resa del palermitano Palazzo Abatellis a Palermo e l’emozionante intervento ideato per la Fondazione Querini Stampalia di Venezia) traccia nell’arco della sua imponente carriera si scorge la compostezza e il mistero a un tempo; di questa arte difficile, spesso incomprensibile, tacciata per la sua sobrietà e i suoi modi di espressività lontani dal gusto strillato di molta arte odierna, Scarpa si fece portavoce, nuovo nutrimento ed eclettico innovatore soprattutto della lezione architettonica del Quattrocento italiano. Grazie anche al fotografo emiliano Guido Guidi, che ricorda il celebrato maestro Carlo Scarpa, Schizzi di studio per un telaio COURTESY MAXXI ARCHIVIO ARCHITETTURA
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con una serie di scatti fotografici (in mostra al MaXXi di Roma fino a gennaio dell’anno prossimo), l’architettura di Carlo Scarpa può cogliersi attraverso un che di ulteriore, una poeticità del segno che ricorda davvero da vicino lo stile proprio del cantori dell’uomo moderno. Una poesia visiva in cui la processione verso l’alto s’inchina su un fianco, per abbracciare come pianta rampicante il suo vicino. Un ponte, un arco, l’ombra sotto i mosaici veneti si reinventano nei progetti di Carlo Scarpa, nell’interpretazione di una sensualità geometrica, in una dialettica in cui la retta si piega legando il cielo alla terra, l’acqua alla luce. Il poetico e l’arcano, l’altrove e il qui e ora, conversano in questo grande architetto italiano, umile e ironico costruttore di precetti che ricordano da vicino le parole di william yeats: Molte volte l’uomo vive e muore fra le sue due eternità. Gli storici Mazzariol e Barbieri scrivono: “Appartiene alla leggenda la suprema inabilità manuale di Carlo Scarpa, e il suo pertanto docile ed ostinatissimo affidarsi alle mani degli artigiani, discutendo lunghissimamente con loro e quasi associandoli in un rapporto di parità al proprio operare progettuale”.
Copia di estratto catastale per l'acquisizione dei terreni destinati all'area Brion courtesy MAXXI ARCHIVIO ARCHITETTURA
DOPPIO D’AUTORE Esiti del premio The Artship Doppio d’autore - La poesia incontra l’arte Ia edizione ♬
Stranizza d´amuri - Franco Battiato
Poeti segnalati (in ordine alfabetico)
Poeti Finalisti (in ordine alfabetico)
Kotlar Guerrino, Cettina Lascia Cirinnà, Mazzieri Igino, Maria Grazia Pagliara, Maria Nunzia Panico Borelli, Simone Simionato, Sergio Trapanotto, Antonella Troisi
Teresa Ferri, Martina Giordano, Nicola Lorenzetto, Giulio Maffi, Ilaria Mainardi, Federica Pistritto, Mirella Romagnoli
Poesie Vincitrici Prima classificata:
Evapora di Claudio Masetta Milone ispirata all’opera n. 8
Seconda classificata:
Ho sentito sulla pelle di Marina Benedetti ispirata all’opera n. 1
Terza: classificata:
Artist Was/Wax Is” – C’era una volta un artista di Raffaella Iannetti ispirata all’opera n. 8
Si ringraziano tutti gli altri partecipanti al concorso, con l’augurio di una proficua e raggiante carriera nel meraviglioso mondo poetico.
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Prima classificata
Evapora di Claudio Masetta Milone Evapora alla luce calda di una candela la malinconica memoria consumando gli anni dell’incuria.
Le candele legate all’idea della vita che si spegne, illuminano il cammino del defunto affinché la sua anima non vaghi nell’oscurità e allontano nel contempo gli spiriti ostili ad esso. Così la nostra vita, si svolge e si consuma come una candela ma la cera che si è sciolta compie la storia e assume una forma diversa, una immagine dissimile ma presente che è memoria e figurazione. L’opera, pur nella semplicità dell’esecuzione, scandisce leggera il passo del tempo, ordinando i contorni della parola nel verso composto della processione.
Sfumate assenze in cammino, l’intenso vedere scioglie l’unica storia avvolgendola in rivoli di cera. Tende al compiersi l’immagine di questo attimo.
Seconda classificata
Ho sentito sulla pelle di Marina Benedetti Ho sentito sulla pelle il tuo sole la faccia pigra del mezzogiorno sfregiata dall’ombra dei sassi la strada silente e lo squasso d’acciaio adesso lasciamo fiori gentili sul sangue ma tu solo eri nella bionda virata del gabbiano.
Opera 1: Afro Basadella, Golfo degli Aranci, 1957 Tecnica mista su tela, 115 x 147 cm. Collezione privata, Bologna
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Un’opera breve ma intensa. Nell’assonanza esistente fra “sole e solo” si gioca la sfida fra la morte e la vita, fra lo squasso e il silenzio. E’ una partita senza vincitori e vinti perché interviene improvviso un cambiamento di rotta. Un gabbiano che vira è il terzo elemento che trascende.
Terza classificata
Artist Was...Wax Is – C’era una volta un artista di Raffaella Iannetti ...e in un’ORA qualunque dell’epoca del consumismo NON C’E’.. SOLO CERA flaccida, molle, consumata cera nel caotico del contemporaneo; SOLO, C’ERA, in mezzo alla sala delle amnesie nella calda punta e bollente testa e rovente fronte l’urlo graffiante dell’ancora freddo mediastino ammorbidito da quel sordo consumarsi lento e inesorabile e mai immobile di un’arte, dell’Arte che non attraverserà così stante le multisale di un blindato museo ingoiata, ingurgitata come ossigeno attorno ad un’ardente candela, negando l’ansia della perfezione, cremando i pensieri e le idee e le surreali fantasie, spegnendosi nei capogiri sensoriali di increduli mercanti d’asta dinanzi a fiammeggianti stoppini, disintegrandosi solo per chi ha confinato ad occhi insapore e a labbra serrate le sue visioni (asfissiate nella memoria).
L’autrice, con uno stile di scrittura veramente contemporaneo. Grazie all’abile gioco di parole, passa in rassegna il mondo dell’arte, che fagocita, con inusitata violenza, la linea del pensiero. Versi che come graffiti incidono nel reale.
Opera 8: Urs Fischer, Untitled, 2011 COURTESY FRANCOIS PINAULT FOUNDATION
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MACADAM MUSEUM Il nirvana è emigrato a Istanbul
Questa è la mostra Revolution/Revelation di Elisa Daniela Montanari
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Mercan Dede - Book of wings
Un’ installazione sviluppata in sei piani creata per portare lo spettatore verso un nuovo stato di coscienza. Colori, parole, immagini, musiche per produrre un’esperienza mistica. Istanbul, metropoli dai variopinti bazar e lussuose moschee, ibrido anello di congiunzione tra il mondo occidentale e orientale, dal 24 maggio al 25 luglio ospita la mostra REVOLUTION-REVELATION che vede in scena il pittore Carlito Dalceggio e il musicista/DJ Arkin (Mercan Dede).
Sei piani per raggiungere il nirvana. Ogni angolo è concepito per accendere l’animo dello spettatore: eccitarlo, intrigarlo, dargli le chiavi di un regno magico affinché si inneschi una scintilla capace di provocare una scossa nel naturale ordine delle cose. La Rivoluzione, di cui parla il titolo della mostra, è intesa come l’abbandono di scudi e maschere e il raggiungimento di un nuovo stato di coscienza. La Rivelazione è la trasformazione interiore che comè vita pleta il processo.
Carlito Dalceggio, canadese di natali e nomade di fatto, autore di murales, opere di arte pub“L’arte blica, sculture, dipinti, performance, dal vitalismo sfrenato e visionario mescola la e tento di sua arte con quella del musicista e artitrasformare in sta turco Arkin (Mercan Dede), mistico nel suono e nella visione. “Unione di bellezza tutto ciò cuori più che di cervelli”, ci tengono che tocco” a precisare i due artisti, rinominati per l’occasione “The Romantic Rebels”. Carlito Dalceggio Immersa nel cuore della vitalità cittadina, la Borusan Music House ospita al suo interno un mondo parallelo creato per guidare lo spettatore verso l’illuminazione interiore e la libertà.
Arkin (Mercan Dede) & Carlito Dalceggio, Piano terra della mostra Revolution/ Reveletion Istanbul 2012
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Una volta entrati si è come sommersi da fiumi di parole, immagini, colori che sembrano agire per via subliminale, inseguendo il visitatore lungo tutto il percorso, nelle scale, nell’ascensore. Un’istallazione curata nel minimo dettaglio che sembra seguire i dettami dell’horror vacui. Grandi quadri realizzati a mosaico con listelli di carta, statue di Buddha ricoperte di piume o di simboli, teschi colorati, case di cartone nelle quali entrare e venire bombardati da immagini 3D e fluorescenti, de-
Art Ritual Studio, Live from April 6th 2012 until June 10th 2012
Arkin (Mercan Dede), Book of self liberation through death, 2012
gne dei più piacevoli trip allucinogeni. E una scritta che non si può apprezzare in molte esposizioni: “Not touching is forbidden!”, vietato non toccare, perché l’esperienza sia il più coinvolgente e sensoriale possibile. I personaggi che si muovono in questo mondo parallelo appartengono alle più disparate categorie: religioni, miti, erotismo, cultura pop, storia dell’arte. E’ così che enormi Buddha convivono con Allah, con Gandhi, con immagini del kamasutra, con Mickey Mouse, con i personaggi della Marvel, con Picasso o Lichtestein in un turbine che mescola qualsiasi elemento e lo
Arkin (Mercan Dede) & Carlito Dalceggio, Book of alchemical wedding, 2012
Carlito Dalceggio, Book of ecstasy of trasmutation, 2012
restituisce modificato. “Il mio lavoro”, afferma Dalceggio, “è quello di condurre le persone a immergersi nello sconosciuto; per fare ciò uso simboli provenienti dal mondo che conoscono e li mescolo, li rivisito e gli fornisco un nuovo significato. Cerco di vivere una vita mistica in un mondo moderno, ma non si può sfuggire alla Coca Cola, o ci si esilia in una caverna o resisti con passione, porti il messaggio degli spiriti liberi e lo offri alle persone per elevare i loro animi. Con la mia arte intendo restaurare antichi miti, riportare alla superficie gli antenati, assorbire antiche conoscenze e restituirle attraverso di me, la vera rivoluzione è salvare le tradizioni, non è la rottura con esse”.
Arkin (Mercan Dede) & Carlito Dalceggio, Holy Mountain, 2012
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IN CONVERSATION WITH L’utopia realizzata Di Paola Pluchino
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Patti Smith - People Have the Power
Direttore del Mart di Rovereto, Cristiana Collu (nella foto) è la nuova scommessa vincente dell’arte contemporanea. Un calendario ricco di appuntamenti questo della giovane direttrice che avrà il suo climax il 26 ottobre 2012 – e fino al 6 ottobre 2013 – nella grande mostra La Magnifica ossessione, sguardo poliedrico - e intervento corale - sul patrimonio del museo trentino. Accanto ai capolavori dell’avanguardia futurista, all’arte italiana degli anni Trenta (Astrattismo, Architettura Razionalista, Mario Sironi, Giorgio De Chirico) e degli anni Sessanta e Settanta (Lucio Fontana, Pop Art, Poesia Visiva) la mostra ospiterà lavori pensati e realizzati ad hoc da artisti contemporanei: Paco Cao, Liliana Moro, Emilio Isgrò e Agne Raceviciute saranno i primi artisti invitati a confrontarsi con questa “magnifica ossessione”. L’intervista che segue, disegna i contorni di una realtà museale complessa: baluardo delle nuove frontiere dell’arte che ha fatto della sua identità cifra distintiva del panorama culturale europeo.
Possibilità e strategie Il Mart di Rovereto sorge in una posizione geografica non proprio comoda: da una parte vettore come europeo ma decentrato rispetto al posizionamento italiano, quasi fosse erta della cultura. Questo pone dei dubbi, specialmente nel rapporto con il pubblico. Considerati i limiti territoriali, quali strumenti adottate per catalizzare l’attenzione e soprattutto per riuscire a porvi come referente internazionale nella promozione dell’arte contemporanea? Il discorso della posizione geografica ha una sua ragione d’essere e comprendo ciò che dice, però essendo qualcosa di oggettivo, l’abilità sta nel farne un punto di forza invece che di debolezza; oltre ciò non so se esiste oggi qualcosa di geograficamente “scomodo”, soprattutto in Italia. Rovereto si sente in realtà in un crocevia, proiettato in Italia ma anche in Europa, si sente comunque un punto di riferimento. Io stessa provengo da una realtà che era fuori dal centro, ma in realtà non penso che la questione sia solo territoriale. Ci sono delle realtà alternative che ho chiamato in qualche occasione “eccentriche” con un gioco di parole tra ciò che è fuori dal centro, ma che proprio per questo ha in realtà una identità molto definita attraverso queste due (pre)condizioni, ci troviamo di fronte a una realtà che già solamente con il suo carattere attira l’attenzione, e si caratterizza forse per un minore grado di omologazione. A queste due indicazioni di massima si aggiunge poi il resto, che invece attiene a un discorso più generale sul come si intende il Museo, come si sviluppano gli aspetti derivanti dalla sua funzione. In definitiva la differenza sta in quello che il museo fa e
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come lo fa, nella qualità delle proposte. Questo significa non necessariamente pensare che un Museo deve quasi esclusivamente attirare il pubblico – è uno degli obiettivi s’intende– ma non è l’unico obiettivo ad avere una priorità; e questo non essere né primo né unico nella gerarchia permette di fare discorsi che riescono a dare spazio alla visione e al progetto.
La scelta e il tempo Le mostre presentate - a differenza di quanto spesso accade nel panorama privato, cui si prediligono cartelli temporali sullo stile da/a - vi pone nella condizione di allestire delle personali che hanno una propria cronologia interna. Perché questa scelta? Il discorso che porta avanti il Mart è strettamente legato alle indagini tematiche, ai profili, e questo spinge a insistere meno sulla cronologia o su una certa storia dell’arte . Privilegiando invece ambiti, temi, profili. Per esempio nel caso della mostra dedicata a Melotti si è trattato di una ricognizione nelle nostre raccolte, uno sguardo interno sia verso la nostra collezione sia verso il territorio visto che Melotti è nato a Rovereto. Una sottolineatura non casuale, è stato come tradurre in modo forte e esplicito il nostro desiderio di mettere al centro il museo, le collezioni, le opere, gli artisti e il territorio che le ha espresse con un altissimo grado di eccellenza.
I curatori In occasione della conferenza stampa di presentazione delle mostre Fausto Melotti - Angelico geometrico
e Ricostruzione Futurista, ha espresso la volontà di avere dei curatori interni molto giovani, soprattutto se comparati alla media cui l’Italia ci abitua. Quali vantaggi e quali limiti ha l’investimento sulle nuove generazioni? Il Mart ha al suo interno straordinarie professionalità e profili di curatori molto diversi: alcuni maturi e di grande esperienza altri molto giovani – più vicini alla mia generazione- e frutto di inserimenti recenti. La mostra Ricostruzione Futurista è curata da Nicoletta Boschiero che è una storica curatrice del Mart, oltre ad essere una professionista appassionata, molto competente e riconosciuta, anche nel panorama nazionale come esperta di quel movimento, e in particolare di Depero; la mostra di Melotti invece è curata da - Denis Viva - che ha poco più di trent’anni, ma con una preparazione solida, entusiasmo, curiosità fondamentali per questo lavoro, e che ha saputo dare un particolare taglio alla nostra proposta, grazie alla tenacia e alla freschezza di una nuova visione.
Le mostre Con gli occhi, con il cuore, con la testa. La fotografia della collezione Trevisan e Willi Baumeister (1889-1955). Dipinti e disegni, sono molto diverse tra loro, sia per temi che per intuizioni, quale confronto dialettico pensa possano intessere? Se tra Melotti e Ricostruzione Futurista c’era un legame molto forte che affonda le radici in quella che è la collezione e che attinge a piene mani anche dal territorio per intessere il suo discorso, queste invece mostrano due attitudini diverse del Museo: da una parte quella dedicata alla fotografia della collezione Trevisan curata da Walter Guadagnini con Veronica Caciolli anche lei del nostro staff, una collezione “interna” in deposito presso il Mart che prova a raccontare qual è il rapporto del collezionista con la sua collezione, del collezionista con il museo, e della collezione con il museo. Dall’altra la mostra su Baumeister, curata da Dieter Schwarz, Manuel Fontán del Junco e per il Mart da Alessandra Tiddia racconta, non solo un artista e il suo tempo ma anche una delle attitudini di un museo internazionale, che promuove e co-produce progetti espositivi in collaborazione con altri musei e istituzioni, in questo caso Fundación Juan March di Barcellona, Archivio Baumeister del Kunstmuseum Stuttgart, Kunstmuseum Winterthur; Willi Baumeister Stiftung.
La ricerca
re appendici staccate ma plus – valori identificanti e costitutivi della riflessione intorno alla ricerca. Come queste realtà si strutturano e interagiscono con il Mart ? Queste realtà si comportano come un organismo complesso, noi cerchiamo di far funzionare il Museo in tutte le sue sfaccettature, esaltando tutti gli aspetti e cercando di non deprimerne nessuno alcuni aspetti. Il Mart non è solamente un luogo espositivo ma anche un luogo educativo, un centro di ricerca. In questo senso anche il valore degli Archivi è di fondamentale importanza. Solo attraverso l’interazione e l’integrazione la fruizione può essere ricca e lo sguardo plurale.
La riflessione sottesa alle sue scelte Il suo atteggiamento è molto diverso rispetto alla gran parte dei direttori italiani, spesso inclini a manovrare capitali monetari anche in sede di conferenza stampa. La sua riflessione viceversa, sembra affondare le radici in un terreno che ricorda gli archetipi filosofici tanto quanto le nuove frontiere dell’estetica contemporanea, rendendo i suoi discorsi nutrienti. Si sente in controtendenza? No, mi sento io. Penso che ogni individuo debba essere il più possibile autentico, credo che il modo di essere più credibile è quello d’essere ciò che si è, trasferire la propria esperienza, la forza delle cose in cui crede e le proprie passioni filtrandole attraverso la propria biografia. Penso sia solamente questo.
Il buon consiglio L’ultima domanda in realtà è una richiesta: il nostro bacino di lettori è oggettivamente giovane, per questo - in un periodo storico in cui c’è molta confusione e pochi punti di riferimento - vorrei che fosse Lei ad esprimere un monito rivolgendosi alle nuove leve della critica d’arte Quello che ho detto prima parlando di me: bisogna essere il più possibile autentici, non avere paura di seguire il proprio intuito, fare molte cose con la pancia, non dimenticare la prima idea, la spinta iniziale, che si può diluire a causa di mille difficoltà nel percorso. Bisogna cercare di non dimenticare mai quella forza, quella passione che spinge in avanti.
Non solo Museo, ma anche parco della scultura, archivio fotografico, tavole rotonde con l’Università degli Studi di Trento, tutte realtà che non sembrano esse-
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URBAN ADDICTED Louis Vuitton incontra l’arte di Yayoi Kusama
La speciale collaborazione tra la Maison francese e l’artista giapponese di Ada Distefano
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Mika - Lollipop
La Maison Louis Vuitton, con il suo Direttore Artistico Maison Vuitton, il suo messaggio Love Forever. Marc Jacobs, rinnova il grande legame con il mondo L’incontro con Yayoi Kusama fa parte di quel progetto dell’arte contemporanea, realizzando una collezione iniziato da Marc Jacobs, al suo ingresso nella Maison speciale in collaborazione con l’artista giapponese Ya- francese, volto a cercare di creare una sempre magyoi Kusama. giore collaborazione con l’arte e gli artisti. Una celeLa speciale collezione”Louis Vuitton - Yayoi Kusama” , brazione del forte legame che vi è tra l’arte e la moda e presentata a New York, è realizzata in occasione della che Marc Jacobs, grande appassionato e collezionista mostra itinerante dedicata all’artista giapponese , di d’arte, rinnova continuamente sperimentando per le cui Louis Vuitton è partner.L’esposizione organizzata sue collezioni collaborazioni con artisti come Richard dal Tate Modern di Londra, in collaPrince,Takashi Murakami,Sylvie FleuGli accessori e borazione con il Museo National Cenry e ora con Yayoi Kusama. il ready-to-wear tro de Arte Reina Sofia di Madrid e il L’artista giapponese che con i suoi Centre Pompidou di Parigi, sarà , sino si trasformano ora in polka dots ha ricoperto nel corso dea fine settembre, al Whitney Museum gli anni corpi, animali, pareti, autobus tele su cui l’artista e zucche ora porta i suoi inconfondibiof American Art di New York. La mostra, curata da Frances Morris li motivi artistici sulle iconiche borse dipinge i suoi e David Kiehl, è un percorso nell’arte e sui capi della Maison francese creinconfondibili e nella produzione decennale di Yayoi ando pezzi unici e preziosi che divenKusama che, dagli anni Cinquanta creò tano delle vere e proprie opere d’arte e irriverenti sculture, dipinti, installazioni e perforda indossare. pois colorati mances provocatorie con gli inconfonE così, ecco nascere da questa colladibili pois colorati, i”nervi” biomorfici, borazione tra il genio allucinogeno di i fiori e le zucche. La mostra ha il suo momento più Yayoi Kusama e la Maison Vuitton una collezione ricca suggestivo nell’installazione Fireflies on the Water, di pantaloni, gonne, abiti e bluse in morbida seta ricouna stanza interamente ricoperta di specchi, plexi- perti di pois rossi, blu, neri, gialli, bianchi e poi ancora glass e un insieme infinito di luci colorate che portano borse, scarpe, accessori in vernice, bracciali, orologi, lo spettatore in un mondo da sogno, suggestivo, privo occhiali da sole e foulards invasi da pois di proporzioni di spazio e forma. L’artista, che dichiara di vedere la e densità diversa e dai colori vivaci e intensi. Le icosua vita come “un punto perso tra milioni di altri pun- niche borse Louis Vuitton, gli accessori e il ready-toti”, vuole diffondere con le sue opere e ora, con que- wear si trasformano ora in tele su cui l’artista dipinge i sta collezione speciale nata dalla collaborazione con la suoi inconfondibili e irriverenti pois colorati.
Collezione “Louis Vuitton – Yayoi Kusama” Tutte le altre immagini: COURTESY LOUIS VITTON WEB PAGE
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Dopo la presentazione della mostra gli ospiti dell’even to si sono trasferiti sulla Fifth Avenue, cuore della moda a New York, dove hanno potuto ammirare le vetrine e l’intera boutique invase dalla magia dell’arte di Yayoi Kusama: infiniti pois colorati e installazioni che celebrano le forme del mondo organico, grandi fiori, e riproduzioni della stessa artista dal caschetto rosso fuoco. Queste installazioni, espressione dell’arte di Kusama, saranno presenti anche nelle vetrine degli stores Louis Vuitton di tutto il mondo, portando così il genio creativo dell’artista giapponese dinnanzi agli occhi di tutti grazie a quest’incontro di moda e arte voluto e realizzato dal Direttore Artistico della Maison francese. Con uno stile inconfondibile ed eccentrico, Yayoi Kusama ha fatto il suo arrivo all’evento, con l’ immancabile caschetto rosso fluo e un abito ovviamente a pois. Ancora una volta la Maison Louis Vuitton con Marc Jacobs conferma il grande interesse per l’arte contemporanea e la sempre vivida volontà di sperimentare e creare nuove collaborazioni con artisti pronti a portare la loro creatività sulle borse must – have Louis Vuitton che diventano così delle vere opere d’arte in movimento.
Particolare Vetrina boutique Louis Vuitton a New York con riproduzione di Yayoi Kusama
Jordi Constans, Yves Carcelle e Yayoi Kusama alla presentazione della collezione “Louis Vuitton –Yayoi Kusama” a New York
Non ci resta ora che goderci questa esplosione di pois della collezione speciale “Louis Vuitton - Yayoi Kusama” in curiosa attesa della prossima collaborazione tra la Maison e altri artisti.
Bracciale Collezione”Louis Vuitton - Yayoi Kusama”
Particolare boutique Louis Vuitton New York per collaborazione con Yayoi Kusama
Particolare vetrina boutique Louis Vuitton New York per collaborazione con Yayoi Kusama
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La moda e la scultura
Il sempre verde interrogativo tra apparenza e arte la Redazione
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Nikolai Tcherepnin: "Narcissus and Echo", Op. 40
Sorta nel terreno proficuo della vanità femminile, oggi considerata invece di matrice unisex, la moda è oggi sempre più simile e vicina all’arte. L’arte viceversa poco vorrebbe condividere, con quell’universo fumoso, scintillante e dimostrativo della prima, riservando a se stessa il posto d’onore nel novero delle illuminate maestrie dell’uomo moderno. Da una parte quindi, una moda che vorrebbe ripercorrere le orme di un artigianato elevato di grado, che offende e cerca di entrare con forza (che nel bon ton vuol dire a colpi di citazioni e invasioni di campo), nel più prestigioso ordine della bellezza. Dall’altra l’arte invece, sempre più opulenta e tronfia di sovrastrutture, di categorie non chiarissime di rappresentazione degli artisti, di metri di giudizio in cui sempre più spesso alle vecchie unità di misura si sostituiscono i prospetti del guadagno. Ben si evince quindi che queste due realtà estetiche hanno avuto e hanno in comune la capacità di fare sistema, fondando sotto lo stessa egida (l’inarrivabile lusso), gran parte della loro aura, del loro impatto sociale, modificando infine la percezione della loro stessa identità. Ben si desume come entrambe all’oggi abbiano creato non dei satelliti di cultura, progresso, benessere, approvvigionamento del bello sociale, ma solo ordito una grottesca pantomima degna del miglior celebrante rinascimentale credendo che, nel 2012, possa ancora essere valido il modo di fruizione del pubblico antico. Gli sciocchi è vero esistono, così come è vero che l’ignoranza fa da padrona, ma da qui a supporre che esista una qualche forma d’anima in questi due macrosistemi, no, è veramente troppo. Mettiamola pure così: stoffe dal Giappone, mano d’opera parcellizzata per il mondo come avere una statua di Sun Tsu, divisa in mille pezzi costringendo le maestranze ad assemblarne solo una parte, come potrà mai venire una scultura? Internazionale ma senza identità, altro principio di indelebile somiglianza tra moda e arte.
YSL collezione autunno 1965
Maurizio Cattelan, La rivoluzione siamo noi, 2000 courtesy Solomon R. Guggenheim Museum
Gucci. Gucci produce interamente in Italia e distribuisce abbigliamento pretà-porter in Cina tramite negozi controllati direttamente, ma anche attraverso una catena di franchising e corner in department store di alto livello. Gucci è presente in Cina nelle principali città: Pechino, Chengdu, Guangzhou, Hangzhou e Shangai. Armani. Armani è tra i più grandi nomi della moda italiana presente in Cina con un’offerta di abbigliamento molto differenziata che varia dal pret-à-porter di alta fascia con Armani Collezioni e Giorgio Armani, a quello di fascia media Emporio Armani. Opera in Cina tramite la Giorgio Armani Hong Kong Ltd., controllata indirettamente al 100%, la quale gestisce i negozi di proprietà e le attività di distribuzione di prodotti e 26
accessori a marchio Armani in Cina. È presente a Shangai, Pechino, Shenzen e Houngzhou, Macau, Dalian, Chongging, Shenyang . Prada. L’offerta Prada è variamente differenziata tra pret-à-porter di alta fascia e la linea Prada Sport. La casa milanese ha compiuto molti investimenti in Cina e dispone di numerose boutique nelle principali città della Repubblica Popolare Cinese. Tra le case di moda francesi troviamo Givenchy e Celine. Questi marchi sono generalmente presenti tramite una rete di distribuzione propria e le produzioni vengono mantenute nei rispettivi laboratori francesi in modo da mantenere gli altissimi standard di qualità.
Givenchy. Givenchy opera sul mercato cinese dal 1993. Ricorre ad accordi di tipo franchising, oggi detiene più di cinquanta negozi gestiti in franchising su tutto il territorio cinese, soprattutto nelle città di Pechino, Shangai, Chengdu e Kunming. Celine. La sua politica di espansione in Cina prevede una propria rete di vendita nelle principali città della Repubblica Popolare Cinese: Pechino, Guanzhou, Hangzhou Qingdao e a Shangai nella prestigiosa location del Plaza e presso il Jiu Guang Department Store di Nanjing West Road. (Nicoletta Asta, Tesi di Laurea in Marketing, Strategie e modalità di ingresso delle imprese nei mercati internazionali emergenti - Il caso Max Mara in Cina, 2008/2009)
YOUNG DISTRICT Julian F. Bond : il designer e la forma del contemporaneo la Redazione
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Antichi manufatti provenienti da civiltà remote, ricordano le gesta dei nostri antenati. Con tinte d’ambra e voluttuose sfumature porpora, il nero dipinge, nella fascia che le anfore hanno consegnato alla storia, i ricordi dell’uomo valoroso, del prode combattente. All’artigiano, plasmatore e traduttore del pubblico sentimento, veniva così delegato il compito del narratore, produttore del manufatto e della sua forma. Nel lavoro di Julian f. Bond, in mostra con PIXEL VASES LANDSCAPE alla Galleria Swing (Benevento) fino al 15/09 è affidato il compito di rispolverare e rendere contemporanea la forma e il modo di produzione dell’oggetto. Mette così in scena, nelle sale della galleria, una serie di vasi come pensieri amorfi che nella loro schematicità e sudditanza al pensiero dei pixel rivelano tutto l’ardore conoscitivo del mondo digitale, il piacere arcano della macchina come inventore di contenitori. Questi oggetti, brocche in ripetizione differente, sono prodotte grazie a un macchinario creato dallo stesso artista: a un basamento di pietra con apertura sull’alto, sono collegati ai lati tanti bastoncini di metallo, da una parte e dall’altra. Per mezzo di queste piccole assi modulabili, alle cui estremità sono poste dei quadrati che stampano sulla superficie la propria forma, Bond affida il processo di definizione degli oggetti, veicolandone in un certo senso anche il significante che ne sta all’origine. Dallo Royal College of Art di Londra a Swing, lungo il percorso in cui la mano ha ceduto il passo alla macchina, nel suo caso, solo per comandarla ancora.
Lokua Kanza – ‘Mbiffè
Vaso del periodo Neolitico
Vedute della mostra Pixes Vases Landscapes, COURTESY GALLERIA SWING PHOTO PASQUALE PALMIERI
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Artexpò 2012, schegge d’arte Di Fac-simile Lì dove si rinnovano i sensi, la mente si dona alla creatività: dal 21 al 24 agosto, Pontecorvo (provincia di Frosinone) ospiterà la terza edizione di ArtExpò – Fiera della Cultura, concorso nazionale di arti visive rivolto a giovani artisti. Ragion d’essere dell’evento, ideato dall’Associazione Culturale Lakasatasakapata, “la creazione di un sistema capace di generare circoli virtuosi di diversa natura quali lo sviluppo di sinergie tra artisti e la formazione di una diffusa sensibilità verso la produzione artistica”. “Il progetto è nato tre anni fa da uno studio per una tesi di laurea sul rapporto tra lo sviluppo economico e quello culturale- spiega il responsabile Adriano Abbondanza - Coscienti della carenza dei servizi culturali nel basso Lazio e incuriositi dalle potenzialità del progetto, nel 2010, quasi per gioco, abbiamo dato vita alla prima edizione di ArtExpò; il fine era quello incoraggiare iniziative analoghe e sollecitare, a più livelli, la creazione di laboratori permanenti che guardino all’arte come ricchezza di un territorio”. “E’ una vetrina per giovani artisti che offre un luogo per la celebrazione del talento- spiegano i ragazzi dell’Associazione – e anche un luogo di incontro e di confronto con fruitori, e con operatori del settore che organizzano, gestiscono e promuovono la cultura nel tessuto territoriale. In questi tre anni oltre 100 artisti hanno avuto la possibilità di esibirsi dal vivo o di esporre le loro opere in spazi loro dedicati conseguendo così un duplice fine: mostrarsi al grande pubblico nell’ambito di un evento culturale e di intrattenimento e promuovere il proprio talento presso critici d’arte, galleristi e docenti. A tal fine sono state coinvolte le varie Gallerie d’arte e i docenti dell’Accademia di Frosinone e di Roma”. Una giuria altamente qualificata si occuperà di valutare i migliori lavori tra le numerose opere pervenute per le sezioni di pittura, scultura, fotografia, installazioni e video arte; i selezionati saranno inseriti nel Catalogo ArtExpò 2012 con i testi critici a cura del professore Giuseppe Varone. “L’obiettivo era quello di costituire una commissione equilibrata con caratteristiche diverse e provenienti da diversi ambiti culturali- prosegue il responsabile - Il loro lavoro di selezione non sarà certo facile visto il gran numero di iscrizioni, raddoppiate rispetto all’anno precedente, cui si aggiungono i partecipanti al Concorso fotografico Obiettivo...Antichi mestieri, organizzato dalla Associazione Animabike, con la giuria affidata alla scuola di fotografia di Roma Laboratori Visivi”. “Il progetto è in continua evoluzione e crescita – conclude Abbondanza - con il consolidamento delle collaborazioni con diverse realtà associative (Officine Mizar, Animabike e Work’s in Progress n.d.r.) che da anni propongono e organizzano iniziative culturali nel Lazio meridionale. L’intento è quello di integrare le esperienze e le competenze di ognuno e creare una rete organizzativa in grado di realizzare, gestire e sviluppare nel tempo un grande evento culturale, dando maggiore forza alle attività realizzate finora”.
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Bandabardò – Tre passi avanti
Seminario Artexpò COURTESY OF ARTEXPÒ
Raphael Bianchini, Porn, vincitore sezione pittura, 2011 COURTESY OF ARTEXPÒ
Focus on
In bilico tra il lecito e l’illecito il progetto Frontier presenta artisti di fama internazionale, in un vero e proprio lifting artistico della città di Bologna di Elisa Daniela Montanari
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Inoki - Bologna by night
Il progetto organizzato dall’associazione culturale ALL Il nuovo “museo a cielo aperto”, con le sue tredici WRITE, finanziato dal Comune di Bologna e dalla pro- opere permanenti, ospita i rappresentati dei vari filoni vincia Emilia Romagna, è curato dai critici Fabiola che hanno portato il Writing e la Street Art ai risultaNaldi e Claudio Musso, con la collaborazione di Dado. ti odierni, fornendo una piccola rassegna di quelle Il programma si articola in due fasi: una iniziata il 18 che possono essere le soluzioni adottate dalle Giugno con termine ad Agosto che vede impegnati 13 due discipline. Il Writing, storicamente precedente artisti di fama internazionale nella realizzazione di alla Street Art, nasce a Philadelphia e a New York tra altrettanti “pezzi” su muri di grandezza monumenta- gli anni Sessanta e Settanta, da un’esigenza intrinseca le; l’altra si svolgerà a Gennaio 2013 e prevederà un dell’essere umano: lasciare un segno del proprio pascongresso di respiro internazionale sull’arte di saggio. Gli albori di questa disciplina è infatti la “Tag”, strada, da svolgersi al Mambo – Museo di Arte Moder- il nome d’arte dell’autore, reiterata su ogni superficie. na di Bologna. La scrittura e la lettera si sono trasformate nel tempo In questa prima fase sono coinvolti otto artisti italiani: e sono divenute oggetto di un’attenta ricerca che le Hitnes, Etnik, Dado, Eron, Joys, Cuoghi Corsello, Ru- hanno convertite in un virtuosismo grafico sempre sty, Andreco e cinque stranieri: Phase II, Does, Honet, più complesso. La Street Art, disciplina più recente, M-City, Daim che si alternano per le vie dei quartieri racchiude sotto la propria etichetta diversi stili e medi San Vitale, San Donato, Porto e Navile. “Prerogativa todi, Aerosol Art, Stencil, Poster Art, Wall Painting, dell’iniziativa è ribaltare il concetto accomunati tra loro da un conIl nuovo museo di centro, per questo motivo, oltre tenuto che affronta temi sociali, che per quello più pratico della a cielo aperto di Bologna, antropologici, economici sempre mancanza di supporti adeguati con uno stile figurativo. L’immecon le sue tredici opere diatezza con cui riesce a trasmetdentro le mura, abbiamo scelto di concentrare i lavori e le opere fuori tere il messaggio e i temi attuali permanenti, ospita dal centro storico” affermano i cuche affronta hanno permesso una i rappresentati dei vari larga diffusione di consensi tra la ratori. L’iniziativa FRONTIER è pensata filoni che hanno portato popolazione. La Street Art è la più appositamente per fungere da naamata tra le due discipline, proprio il Writing e la Street Art per la sua facile comprensione e la turale continuazione a un progetto realizzato quasi trent’anni fa. Corseduzione del suo stile, spesso così ai risultati odierni reva l’anno 1985 quando la Galleria colorato e a volte declinante nel d’Arte Moderna di Bologna, l’odierno Mambo, ospitò al fumetto, anche se il Writing si può ritenere artisticasuo interno un’esposizione chiamata LINEA DI FRON- mente più complesso e dotato di una ricerca artistica TIERA- NEW YORK GRAFFITI, curata da Francesca più impegnativa. Alinovi e ideata per mostrare al pubblico i risultati ar- Nulla a che vedere, naturalmente, con gli scarabocchi tistici dei più importanti Writer americani, chiamati o le scritte vandaliche, ciò di cui si sta vestendo Bolo“Scuola di New York”. gna in questi giorni, è vera arte.
JOYS, via Marco Polo 21 - Bologna, 2012 FRONTIER- LA LINEA DELLO STILE
DADO, via San Donato 52 - Bologna, 2012 FRONTIER- LA LINEA DELLO STILE
ETNIK, via Del Lavoro 3 - Bologna, 2012 FRONTIER- LA LINEA DELLO STILE
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LET ME(ET) KNOW(LEDGE) Around Bologna
Frontier – La Linea dello Stile di Marco Scotti
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Paul Nice’s Super Duty Bootleg Mash Up - The Message
È giusto chiedersi innanzitutto cosa sia Frontier. Non possiamo chiamarlo festival – ci sono importanti esperienze in Italia in questo senso come Fame festival a Grottaglie o Picturin a Torino, ma si nota da subito qui un’impostazione completamente differente -, e non è neppure un’operazione come può essere stata Viva La Revolucion1, in cui i muri erano la controparte, o meglio il corollario, di una vera e propria mostra organizzata negli spazi espositivi del Museum of Contemporary Art di San Diego. Diciamo allora che Frontier si presenta come una serie di cantieri – previsti tra Giugno e Luglio 2012 - che diventeranno un circuito di muri nello spazio urbano della città di Bologna, fruibili liberamente e legati a doppio filo ad alcuni quartieri con una precisa identità e significato storico. Il percorso è libero – e il trekking urbano il modo probabilmente migliore per affrontarlo, tanto che l’Urban Center di Bologna organizza regolarmente camminate tra i cantieri - in un arco che comprende i quartieri a nord della città, da S. Vitale alla Bolognina per arrivare al Navile. Un progetto aperto, o almeno possiamo sperarci, ma soprattutto un progetto curatoriale che guarda alla storia del writing e al formarsi delle diverse forme e linguaggi espressivi. Le scelte dei curatori Claudio Musso e Fabiola Naldi hanno voluto cercare una prospettiva che racconti il differenziarsi e il frammentarsi dello stile, che d’altra parte è uno degli elementi fondamentali del writing stesso: collocandosi tra esperienze di dialogo con lo spazio urbano, Frontier non ha paura di proporre una precisa linea storica, in un contesto culturale in cui sono già apparse le prime storie ufficiali e precisamente orientate – basti pensare alla grande retrospettiva organizzata nel 2008 presso la Tate Modern di Londra, che tuttavia si limitava a livello espositivo a poco più che quattro grandi lavori lungo la facciata dell’edificio - come in un contesto più legato al territorio invece che a Bologna vede una tradizione2 importante di studi e sperimentazioni. La ricerca di una continuità, di percorsi e collegamenti fin dal titolo - La Linea dello Stile - si sostituisce alla ricerca di specificità e definizioni, tra Street Art e Graffiti Writing, ai compartimenti e alla distinzione che Cedar Lewisohn individuava in base alla volontà di rivolgersi a una comunità chiusa o a un pubblico il più ampio possibile: “Graffiti writing has a very specific aesthetic: it’s about the tag, it’s about the form, it’s about letters, styles and spray paint application, and it’s about reaching difficult location. If we think of Street Art as to quote Felkner, ‘all art on the street that it’s not graffiti’ then the definition is extremely broad,
and this broadness reflects the genre freedom”3. Sicuramente nella rassegna bolognese una distinzione non è così semplice. Basti pensare anche solo alla scala a cui sono riportati tutti i lavori, che spesso impone a iconografie e ricerche figurative di mettersi in gioco con derivazioni che dal lettering arrivano a un progetto più complesso per occupare lo spazio a disposizione sulle grandi facciate. È inoltre un sistema la cui straordinarietà deriva dalla complessità come dalla contraddizione: in fondo è anche un progetto voluto da una committenza pubblica, il Comune di Bologna in primis, e in relazione – spesso un dialogo non privo di tracce di memoria e contestazione - con uno spazio architettonico e sociale articolato, e la scelta di una linea curatoriale si confronta con tutti questi elementi. Non è un caso d’altra parte che i muri siano tutti muri di proprietà comunale, la maggior parte in gestione ad ACER (Azienda Casa Emilia-Romagna della Provincia di Bologna). Il ruolo del curatore, poi ovviamente si esplicita nelle scelte, degli artisti come delle location, per questo il racconto, peraltro parziale visto il carattere ancora in fieri della manifestazione, dei lavori vuole essere un primo tentativo per una panoramica di un modello critico ed espositivo che rispecchia l’articolazione del sistema urbano stesso che lo ospita. M-City, l’artista polacco da cui ho scelto, gentilmente accompagnato dal curatore Claudio Musso, di iniziare il mio personale percorso tra i muri, ci riporta subito al rapporto con il luogo, il quartiere San Vitale in questo caso, Rione Cirenaica, un esempio di architettura residenziale popolare della seconda metà degli anni Trenta: il muro è rivolto verso la ferrovia che porta in direzione Verona e per anni ha trasportato gli operai delle fabbriche nate e cresciute intorno alla città, gli stessi operai che questo quartiere hanno a lungo abitato: la scelta del luogo è un dialogo di per sé che continua attraverso l’iconografia dell’artista, fatta di dettagli, ingranaggi e landscape post-industriali, e attraverso la tecnica che racconta di un lavoro minuzioso attraverso lo stencil (unico tra gli artisti di Frontier per ora a scegliere di avvalersi di questa tecnica) per arrivare alla grande scala, completato solo da lacune grandi campiture e forti segni di colore. Che la linea dello stile sia particolarmente intricata lo capiamo subito avvicinandoci verso via San Donato, dove ci attendono tre muri in sequenza: apre il parigino Honet, che dai treni e dalle ferrovie ha cominciato la sua ricerca personale e qui arriva a raccontarla ripartendo dal segno grafico come dalla figura. Il monumentale Elephant and Castle, riferimento al monumento mai
Viva La Revolucion. A dialogue with the urban landscape, Museum of Contemporary Art of San Diego in association with Gingko press, San Diego, 2010. 2 Arte di frontiera. New York graffiti, da un progetto di Francesca Alinovi, catalogo a cura di Marilena Pasquali e Roberto Daolio, G. Mazzotta, Milano, 1984. 3 Cedar Lewisohn, Street Art. The Graffiti Revolution, Tate publishing, London, 2008 , p. 23. 1
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completamente realizzato in Piazza della Bastiglia alla gloria napoleonica nonché una delle più celebri leggende metropolitane e argomento di dibattito nella città ottocentesca, è qui tradotto e riportato a Bologna in un linguaggio vicino all’illustrazione in cui il discusso monumento pubblico voluto dal potere a una figura sostenuta da precari palloncini, a loro volta beccati da alcuni uccelli neri, e costruita attraverso linee e grandi campi uniformi di colore. Qui, come in tutti gli altri casi, basta guardare alcuni dei materiali audiovisivi pubblicati on-line dallo staff di Frontier – assolutamente ammirevole sotto questo punto di vista – per realizzare l’importanza del progetto dietro a questi lavori. Può sembrare una contraddizione per un linguaggio che affonda le sue radici anche nell’improvvisazione e nella rapidità d’esecuzione, ma la complessità e il dettaglio sono affrontati attraverso un lungo lavoro preparatorio, che nel caso di Honet porta ad esempio a tracciare le linee seguendo una proiezione in notturna a scala 1:1. Il dialogo diventa serrato, solo pochi metri più avanti tra i muri di due degli artisti italiani presenti, Etnik e Dado: su due palazzine gemelle il primo riprende i suoi ultimi lavori elaborando un esercizio di stile per arrivare a occupare l’intera superficie con una composizione di figure tridimensionali e decostruite che rimandano a prospettive urbane, mentre Dado – uno degli animatori di questa iniziativa – applica tecniche e stili del writing a una composizione complessa ai limiti del figurativo, in uno stile che si presenta come uno dei tanti possibili superamenti del writing inteso come genere storicamente codificato. D’altre parte con pochi minuti di cammino possiamo raggiungere via Michele Colonna, nel quartiere della Bolognina, dove il muro dell’olandese Does ci pone di fronte ad ulteriori problemi sempre attraverso uno stile personale nell’affrontare il classico esercizio della scrittura del proprio nome, mentre nel muro a fianco la dicotomia si ripresenta con il linguaggio figurativo di Eron, al momento work in progress. Tuttavia già inizia a emergere tanto un messaggio di forte confronto con in contesto e con strategie politiche e sociali quanto una tecnica fondata sull’uso dello sfumato: alcune gru, visibili per ora solo come linee e qualche tratto di bianco diffuso, attaccano l’ombra delle grandi gru da costruzione che connotano ormai da tempo questo quartiere in piena fase di ricostruzione edilizia tra i lotti popolari rimasti, non a caso coperti di scritte contro una possibile gentrification. Oltre il Navile, in via Marco Polo, Joys e Rusty si confrontano invece in una lettura del rapporto con l’architettura e lo spazio attraverso la scala monumentale, interpretata da Joys attraverso una progettazione meticolosa delle forme, delle luci e delle ombre, seguendo le forme irregolari della facciata che arrivano ad esaltare un linguaggio e uno
stile geometrico attentamente perfezionato in anni di esperienze e lavori. Oppure in un confronto, nel caso di Rusty, che troviamo ancora al lavoro, con la citazione di un pattern decorativo regolare e scandito, posto come sfondo, che fa risaltare ancora di più la complessità e l’articolazione tra le linee che andranno a comporre il nome dell’artista, mentre un oggetto simbolicamente sovrasta la composizione. Naturalmente oggi una parte dei muri ancora non sono stati realizzati o lo sono solo in minima parte, dalle figure e i personaggi di Cuoghi Corsello ai nuovi linguaggi degli italiani Hitnes e Andreco, fino all’interessantissimo confronto del tedesco Daim con le architetture del nuovo Comune di Bologna, oltre al leggendario Phase II, rappresentante storico della scuola Newyorchese che fa da riferimento a molti degli artisti invitati, di cui ancora si attende la data del cantiere, non presente sulla mappa. La Street art rimane così per le strade a dialogare con lo spazio urbano, mentre gli spazi del museo – il MAMbo, uno dei partner dell’evento – saranno destinati a un momento di approfondimento teorico e critico a Gennaio. I muri rimarranno, con l’inevitabile grado di effimero che è presente in qualsiasi intervento di questo genere, in attesa di confronti, sovrapposizioni e riscritture.
M-city, via Scipione dal Ferro 21 (1) Honet, via del Lavoro 18 (2) Rusty, via Marco Polo 21/3 (3) Eron, via A. M. Colonna (4) Tutte le foto: FRONTIER - LA LINEA DELLO STILE, COURTESY M.S.
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E-BOMB Documenta, l’estetica di un processo
Il ruolo dell’immaginazione come strumento d’attivismo politico, sociale e culturale di C.S.
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Air - Run
32 strutture dislocate nella città tra Musei, cinema, All’interno dei diversi spazi è possibile essere in white cubes, sale da ballo, alberghi, spazi industriali e contatto con un ventaglio di modi di approccio diversi luoghi dimenticati o in rovina, più 52 punti, alcuni dei fino a temi molto accordi tra di loro, il che permette quali costruiti ad hoc all’interno del parco Karlsaue, e lascia con l’idea che il tutto è stato disegnato e ospitano i 193 artisti e le loro opere che costituiscono disposto in modo da conformare una specie di schema la (13) Documenta di Kassel, città diventata un o costellazione che diventa quasi visible solo dopo aver palco che dà luogo a una delle più importanti mostre visto tutta la mostra. d’arte contemporanea del Mondo, dal 9 giugno al 16 Nell’ottica di questo percorso ibridato dal passato, il settembre 2012. presente e il futuro si confrontano con temi come la Kassel, Kabul, Alessandria-Cairo e Banff, si ri-appropiazione culturale, che sembra uno dei punti uniscono topograficamente in questa particolare di partenza di molte delle opere. Kader Attia con ocassione per essere i luoghi dove la ricerca e le forme il suo lavoro The repair from Occident to Extraartistiche (basate su quattro condizioni, sul palco, Occidental Culture (2012) ne è un ottimo esempio. sotto assedio, in uno stadio di speranza, in ritiro) Tramite un accurato esame della cultura Africana in creano molteplici prospettive e particolare di quella del Congo, La ri-appropiazione punti di vista: tramite l’esplorazione Attia focalizza il suo interesse nella di microstorie in scale diverse, culturale sembra uno pratica di rimettere in sesto degli unendo la storia locale e le realtà di oggetti rovinati, tramite l’utilizzo dei punti di partenza di pezzi e elementi di diverso un determinato posto con quelle del Mondo. genere, provenienti a volte dai di molte delle opere Questa tredicesima edizione si tempi coloniali. L’idea di generare presenta come un vero e proprio set di elementi un’ estetica diversa è il punto fondamentale di questo creati apposta per questa occasione, che segnano lavoro. Attraverso la creazione di analogie bizarre e le condizioni contradittorie e le diverse posizioni scioccanti tra questi oggetti, sculture contemporanee di impegno rispetto al nostro agire nel presente, sia africane e delle vecchie fotografie di interventi plastici essendo parte attiva del nostro Mondo o no. a soldati feriti durante la I Guerra Mondiale, disposti I diversi partecipanti che vengono da campi diversi, in tèche e vecchie strutture di metallo, l’artista o l’arte, la scienza, la fisica, la biologia, l’architettuta Attia mette in discussione il concetto di “riparare” sia eco-sostenibile, l’argricoltura biologica, la filosofia, esteticamente che eticamente. l’antropologia, l’economia, la politica, la letterarura Altri artisti come Mario Garcia Torres si riappropriano e la filologia, danno vita con i loro pezzi a un’unità invece di elementi del passato o di un determinato omogenea che si caratterizza per essere sorta da una particolare di una vita vissuta, in modo da creare una profonda analisi dei momenti di trauma, i punti di nuova storia. Nel caso della sua opera Have you ever svolta o di scissione, le catastrofi, le crisi, tutti quegli seen the Snow? (2010) questa esiste solo grazie al eventi che come punti nello spazio, hanno segnato i legame instaurato e alla presenza dell’ opera Mappa momenti nei quali il Mondo si è trasformato. del 1971 di Alighiero Boetti,e alle lettere originali
Moon.K & Jeon.J, El fin del mundo, 2012, Still da video COURTESY OF C.S.
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Amar Kanwar, The Scene of a Crime, 2012, Still da video COURTESY OF C.S
che lo stesso Boetti e il curatore Harald Szeemann si scrissero in occasione della sua partecipazione alla (5) Documenta. Sia le lettere che l’arazzo tessuto in Afghanistan - che ritrae la cartina del mondo tramite le bandiere dei diversi paesi - sono usate da Torres come file di archivio ed oggetti reali che documentano e danno Guillermo Faivovich & Nicolás Golvalidità alla sua indagine, berg, El Chaco en Kassel, 2012, come punti di ancoraggio COURTESY OF DOCUMENTA che fanno confluire Kabul e Kassel in un unica storia e in un unico spazio presente. Il video di 50 minuti diventa il riassunto di un progetto d’indagine sull’ albergo One Hotel di proprietà di Boetti dal 1971 al 1977, che coinvolse per diversi anni Torres. Tramite l’utilizzo di fotografie e il costante domandarsi sulla funzione, le particolarità e le limitazioni della “fotografia”, l’artista messicano crea una specie di saggio visuale nel quale narra il suo ipotetico viaggio a Kabul alla ricerca di questa struttura che, secondo le interviste fatte a Boetti, doveva essere stata distrutta durante la guerra civile. Il video diventa un modo per narrare un racconto tramite i frammenti di altri, per “riquestionare” la Storia, per ridimensionare un posto in costante cambiamento, per ridare un senso a un ricordo dimenticato, per descrivere come certe cose che si credono scomparse riappaiano senza preavviso, per sottolineare il come certi luoghi diventino gli scenari adatti per rifare e riattivare la Storia. Clemens von Wedemeyer con l’installazione triangolare - a tre schermi - Muster (Rushes), (2012), descrive visioni parallele di uno stesso posto. Le tre storie che costituiscono il trittico sono ambientate nel monastero benedettino di Breitenau, vicino Kassel. Le immagini indagano sulla storia del posto e sui cambiamenti che lo percorsero, essendo stato in passato una prigione, un campo di concentramento e di lavoro, un riformatorio femminile e una clinica psichiatrica. In Muster si rivaluta il passato e il modo nel quale esso influenza il presente e il futuro: il tutto diventa una messa in scena che combatte con l’idea e l’invisibilità della quarta parete mettendo in discussione i rapporti tra verità storica e finzione. Il tema di una nuova realtà e di un Mondo che abbraccia l’ “esterminio” del genere umano e la rinascita di una nuova società, sono i punti che Moon Kyungwon &Jeon Joonho, portano a Kassel. Il film documentario El Fin del Mundo (2012),
descrive un mondo post-apocalittico nel quale le vite di due artisti sopravissuti dialogano tra di loro; esso è abbinato all’installazione Voice of Metanoia (20112012) che rappresenta un archivio dei nuovi prodotti e delle finte società e multinazionali che sono a capo di questo ipotetico mondo. Moon e Jeon, ricoprono il loro lavoro con il velo di una critica che mette in discussione la funzione dell’arte e dell’artista nella società. Documenta diventa una cornice nella quale sono contenuti, definiti, ridimensionati ed esposti, i diversi processi e progetti di ricerca e d’indagine dei diversi partecipanti che, usando come collante il linguaggio dell’arte, si servono dell’imaginazione e dell’utopia come leva di forza per formalizzare e materializzare le loro idee; come lo fanno Guillermo Faivovich & Nicolas Goldberg che, concettualmente, riescono a trasportare il Chaco, il secondo meteorite più grande della terra e il primo oggetto extraterreno ad essere spostato, dal Campo del Cielo (Argentina) a Kassel, facendo coincidere questi due luoghi del pianeta, come punti che si congiungono. Il Chaco diventa il simbolo di riscoperta dei legami, del paradosso del tempo, dello scetticismo, dell’ impegno, del dislocamento, di un’idea che diventa palpabile tramite un’ immagine. I diversi lavori ci invitano a rivedere il passato, come succede con il film musicale The path to Cairo (2012), di Wael Shawky che narra le cronache dei cinquant’ anni tra la Prima e la Seconda Crociata, ad interrogarci sull’etica e la morale di certi delitti e sul rispetto o l’annullamento dei diritti umani, come lo fa Amar Kanwar con le installazioni e il film di The soveraign forest (2012). Nel complesso la mostra interviene sui limiti labili, sugli spazi e buchi neri del nostro Mondo; sui dubbi, le certezze, in modo da generare una sorta di riflessione o presa di coscienza rispetto alla nostra Storia e alla nostra realtà, invitandoci a capire il nostro essere sul palco, sotto assedio, in uno stadio di speranza, in ritiro all’ interno della nostra società.
In senso orario: • Mario Garcia Torres, Have you ever seen the snow?, 2010, still da video, COURTESY OF C.S • The Otolith Group, Fukushima Mon Amour, 2011, Still da Video, COURTESY OF C.S • Orangerie, Kassel, 2012, COURTESY OF NILS KLINGER, DOCUMENTA • Fridericianum, Kassel, 2012, COURTESY OF NILS KLINGER, DOCUMENTA
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IL PROIETTORE DI OLOFERNE Il viaggio di un Ulisse con speroni e cavallo
Raoul Walsh, il regista del primo western matriarcale di Giuditta Naselli
♬ In un’atmosfera onirica, in cui il tempo appare bandito, Raoul Walsh, regista che amava girare i film con la stessa audacia con cui amava vivere, immerge Notte senza fine (Pursued, 1947), una pellicola che, spogliata dei dettami tipici del western, oscilla tra il melodramma psicoanalitico e il noir wilderiano. Lontani dalla consueta ambientazione fordiana della Monument Valley, i protagonisti si ritrovano nel New Mexico a combattere non più per la conquista della terra di frontiera e per la civilizzazione di un mondo selvaggio, bensì contro forze irrazionali e ossessioni ricorrenti. Walsh, regista temerario e provocatorio, con Notte senza fine, mette in scena una narrazione in cui la sottomissione della natura in nome della civiltà si eclissa a favore di una Natura che, in quanto forza agente, ci conduce alla scoperta della nostra umanità. Sontuosità e drammaticità da tragedia greca si alternano nella storia del protagonista, Jeb Rand (Robert Mitchum) che, all’inizio del film, intraprende un viaggio nei ricordi della propria infanzia, perdendosi in un iter emotivo alla scoperta di sé. Walsh, insieme a Niven Bush, sceneggiatore di capolavori quali Duello al sole (Duel in the Sun, 1946) e Il postino suona sempre due volte (The Postman Always Rings Twice, 1946), rivitalizza, capovolge e sconsacra il genere western nel nome di un’epopea che racconta una storia comune a tutto il genere umano. Lo spettatore, trasportato in un viaggio condiviso, resta inerme di fronte ad una trama che si snocciola a poco a poco, diventando matriosca di emozioni, turbamenti ed enigmi che giungono fino al subconscio del protagonista. Il pellegrinaggio emotivo di Jeb diviene, nel corso del film, fortemente condizionato dalle figure femminili, come dalla madre adottiva, Medora Callum (Judith Anderson) e dalla sorella/moglie Thor (Teresa Wright). Medora, personaggio emblematico, il cui nome ricorda una delle figure più controverse della mitologia greca, è una Medea che rinnega la patria e la società, scegliendo di vivere in una casa immersa nella natura selvaggia agli antipodi dalla civiltà, non per amore del marito Giasone, bensì per Jeb, il figlio acquisito. Il film mantiene della tragedia euripidiana la contraddittorietà delle azioni e l’incessante lotta tra razionale ed illogico. Mitologia e tragedia diventano le due facce di una storia che sembra procedere trainata
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Richard Wagner - La Cavalcata delle Valchirie
Raoul Walsh, il regista
da una forza cosmica così concreta da risultare palpabile e reale. L’analisi dell’animo umano, la ribellione al proprio inconscio, la spasmodica ricerca di una razionalità in un paesaggio selvaggio come quello del West e in quello ancora più indomito come quello dell’Io restituiscono una molteplicità di comportamenti che spaventano e sorprendono, immobilizzando lo spettatore fino al colpo finale, fino a quello sparo con cui la madre salva il figlio. In Euripide la rivolta di Medea si fonda sul fatto che la società ha annientato la sua identità di moglie e madre, in Walsh, invece, la ribellione della protagonista nasce dal bisogno di affermazione del proprio spazio vitale in un’epoca e in un genere cinematografico, come quello western, per antonomasia, esclusivamente maschile. Con lirica lucidità il regista traccia il dramma interiore di un uomo che pecca di sensibilità, trovandosi in contrasto con la risolutezza di due donne che sfidano le crudi regole imposte dagli uomini. Distante dalla figura di Alcesti che si sacrifica per il marito, il personaggio di Thor, sorella acquisita e futura moglie, condivide la temerarietà dell’Antigone eschilea nello sfidare la madre in una competizione in cui amore, incesto e morte si intrecciano. L’aretè dei personaggi omerici, quel vigore morale proprio dei eroi che presuppone, inevitabilmente, una vendetta sui nemici viene trasferita nei personaggi di
Walsh che, pionieri alla ricerca di una polis, lottano contro l’ordine precostituito. Quando il regista, girando quello che può essere considerato il primo western matriarcale della storia del cinema, rivela la classicità delle passioni narrate, non lo fa per congelarne la cocente nostalgia, bensì per evidenziarne la consequenzialità in un presente che, per la sua universalità, risulta atemporale. Il viaggio di Jeb, Ulisse costretto a uccidere per gli inganni e le trappole di un Poseidone con gli speroni, non può, in tempi hollywoodiani, che terminare con un lieto fine, che sancisce il ritorno a casa, alla sua pace. Un ringraziamento speciale è dovuto alla Cineteca di Bologna, che ogni anno organizza Il Cinema ritrovato, festival cinematografico che si distingue nel panorama europeo per la rarità e la bellezza delle sue proiezioni e che quest’anno ha permesso la visione di Notte senza fine, uno dei film più belli della storia del cinema, nella suggestiva cornice di Piazza Maggiore a Bologna.
Notte senza fine (Pursued, 1947), Raoul Walsh
OPEN CALL di Gabriella Mancuso PREMI E CONCORSI Bologna, Zoe: ricorda la natura, Concorso per videoartisti e fotografi, Premi: pubblicazione opere e mostra in collettiva termine ultimo di partecipazione: 31 ottobre 2012 info: www.theartship.it
Roma, Concorso Fotografico: I Have a Dream, primo premio: Le foto selezionate saranno esposte durante l’omonimo evento che si svolgerà a Villa Pamphilj dal 27 Settembre al 7 Ottobre 2012, termine ultimo di partecipazione: 27 luglio 2012 info: www.cascinafarsettiart.it
Brescia, Premio Nocivelli 2012, IV edizione, primo premio: premio pecuniario ed esposizione termine ultimo di partecipazione: 23 luglio 2012 info: www.premionocivelli.it
Roma, Talent Prize 2012, primo premio: esposizione termine ultimo di partecipazione: 30 luglio 2012 info: www.talentprize.it / www.insideart.eu
Bitonto, Ri-Crea Festival, il concorso, primo premio: 1000 euro, termine ultimo di partecipazione: 30 agosto 2012 info: www.ricreafestival.it
Torino, Les couleurs de l’âme” conorso di arti visive primo premio: esposizione termine ultimo di partecipazione: 20 agosto 2012 info: www.accorsiarte.com
Napoli, Costruisci insieme a noi il futuro...remoto! Concorso per registi e videoartisti primo premio: proiezione all’interno dell’omonima manifestazione, termine ultimo di partecipazione: 31 luglio 2012 info: www.cittadellascienza.it Poggibonsi, Premio Celeste 2012, XI edizione, primo premio: premio pecuniario termine ultimo di partecipazione: 31 luglio 2012 info: www.premioceleste.it
Udine, Come un Racconto, prima Rassegna nazionale biennale del Libro d’Artista, primo premio: esposizione nella città nel mese di novembre e inserimento nel catalogo termine ultimo di partecipazione: 31 luglio 2012 info: www.dars-udine.it
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BALOON Freddo dall’Est di Alessandro Cochetti Arrivata la calda estate la voglia di leggere lascia il posto ad attività più rilassanti e spensierate. Ma per chi trova un po’ di tempo, magari disteso in spiaggia sotto l’ombrellone, non può mancare la lettura di un volume assolutamente imperdibile per qualsiasi amante del fumetto: si tratta di Quaderni russi – La guerra dimenticata del Caucaso, l’ultimo graphic novel firmato Igort, premiato con il premio Micheluzzi come miglior fumetto del 2012 al Napoli Comicon tenutosi qualche mese fa. Per gli amanti dell’autore si tratta di una piacevole, nonché interessante, conferma di uno stile narrativo e grafico già sperimentato con il precedente Quaderni Ucraini – Memorie dai tempi dell’U.R.R.S., in cui il reportage giornalistico si arricchisce con una sequenza di immagini surrealiste che offrono un particolare e bellissimo contrasto alla cruda realtà delle vicende raccontate. Inoltre, come il precedente capitolo, si può ritrovare uno sperimentalismo grafico che mai rende noiosa la lettura. Girando pagina per pagina ci si imbatte in composizioni sempre varie tra loro: si passa da pagine che hanno una divisione in vignette per così dire “tradizionale” a disegni a pagina intera (nei momenti di maggiore intensità narrativa), ad altre invece scritte e disegnate su sfondi a righe che richiamano alla mente proprio la grafica di un diario scritto a mano a dato alle stampe così com’è. Inoltre, i numerosi disegni che ricordano la resa cubista laddove inscena la guerra civile, danno una sensazione di confusione e straniamento, poiché sembra che le scene di violenza (spesso anche estrema) vengano deformate o velate per non apparire troppo esplicite; ma tutto ciò è perfettamente adeguato alla narrazione di una storia che narra di orrori che anche l’Europa preferisce nascondere sotto il tappeto di interessi internazionali. Le immagini più crude sono mescolate così in un caIgort, Quaderni russi – La guerra dimenticata del Caucaso; Mondadori, collana Strade Blu; 2011.
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Guccini Francesco - Le cinque anatre
leidoscopio compositivo e dunque risultano più velate, ma non per questo perdono d’ impatto comunicativo. Orrori “celati” per una guerra dimenticata o che si vuole dimenticare. Finita la lettura e passato un po’ di tempo infatti, le immagini che il lettore ritiene nella mente Igort, Quaderni russi - La guerra dimenticata del Caucaso; (copertina). non sembrano Mondadori, collana Strade Blu; 2011. avere una vera consistenza, ma resta potentissima la nuda e semplice storia che l’autore, con il suo lavoro, permette di non obliare. A livello narrativo c’è anche la riconferma di uno stile già carburato con il suddetto precedente capitolo di questo imperdibile dittico di storie provenienti dall’ex Unione Sovietica: una storia che si concentra su un filone portante, in questo caso la vita personale e le vicende di Anna Politkovskaja e della sua denuncia degli orrori della guerra in Cecenia, raccontata però come di consueto da un coro di voci, testimoni o partecipanti diretti alle vicende narrate, che offrono più punti di vista per poter avere un quadro più generale e dettagliato, oltre ad alcune digressioni storiche comunque interessanti, per la comprensione della mentalità di un popolo così diverso da quello italiano. Il tutto raccontato con uno stile di scrittura secco e semplice, che ben arriva a toccare la sensibilità di qualsiasi persona che abbia questo volume tra le mani. Una lettura assolutamente consigliata dunque sia per appassionati che per neofiti del fumetto, impreziosita anche dalla buona edizione che utilizza un formato da romanzo, anche se probabilmente un’edizione con un formato maggiore sarebbe stata più apprezzabile per poter visualizzare meglio gli ottimi disegni.
ROUTES di Gabriella Mancuso
Mostre nazionali Bologna, Cineteca, Mario Dondeno e la comunità del cinema, Dal 29 giugno al 15 settembre Ingresso gratuito Info: www.cinetecadibologna.it Bordighera, Fondazione Terruzzi, Sguardi sul Novecento,Collezionismo privato tra gusto e tendenza, Dal 27 giugno al 30 settembre 2012 Info: www. fondazioneterruzzivillamargherita.it Castiglione Olona, sedi varie, Angelo Giuseppe Bertolio. Lucide Geometrie, Dal 23 giugno al 2 settembre 2012 Biglietto intero: 3 euro Biglietto ridotto: 2 euro Info: www.comune.castiglione-olona. va.it Genova, Abc Arte, Colors on stage, Dal 25 giugno al 21 settembre 2012 Info: www.abc-arte.com Milano, Accademia delle Belle Arti Tadini, Movimento Madì. Una Geometria oltre le regole, Dal 23 giugno al 26 agosto 2012 Biglietto intero: 7 euro Biglietto ridotto: 5euro Info: www.accademiatadini.it Milano, Collezione Peruzzi, Maurizio Cattelan- Catalogo delle grafiche e dei multupli, Dall’1 al 31 luglio 2012 Ingresso gratuito su appuntamento Info: www.collezioneperuzzi.it Milano, Deodato Arte, Futurismo Ieri e Oggi, Dall’11 luglio al 9 settembre 2012 Info: www.deodato-arte.it Milano, Fondazione Stelline, Pittura europea dagli anni ‘80 ad oggi, Dal 12 aprile al 31 dicembre 2012 Ingresso gratuito Info: www.stelline.it Milano, Palazzo della Permanente, Elisabeth Strignini- Selected works 2004 -2012, Dal 13 luglio al 13 settembre 2012 Info: www.lapermanente-Milano.it Milano, Pac, Elad Lassry, Dal 5 luglio al 16 settembre 2012 Ingresso gratuito Info: www.comune.Milano.it
Montemarcello, La Marrana Arteambientale, Marina Abramovic. Corpo=energia/body=energy, Dall’1 al 29 luglio 2012 Biglietto: 8 euro Info: www.lamarrana.it
Torino, Gam, FANG LIJUN - Il precipizio sopra le nuvole, Dal 21 giugno al 30 settembre 2012 Biglietto intero: 10 euro Biglietto ridotto: 8 euro Info: www.gamTorino.it
Napoli, Fondazione Morragreco, Pierpaolo Salvi.Ajna, Dal 17 maggio al 27 luglio 2012 Info: www.fondazionemorragreco.com
Venezia, Ateneo Veneto, Laurel Hollman. Free Falling, Dal 12 luglio al 29 settembre 2012 Ingresso gratuito Info: www.ateneoveneto.org
Noicattaro, Palazzo della Cultura, Nojarte- Prima Biennale d’Arte Contemporanea Internazionale, Dal 19 agosto al 10 settembre 2012 Info: rosadidonna.jimdo.com / globalartweb.org Noli, Fondazione Sant’Antonio, Bruno Munari- La regola e il caso. Profilo di una collezione, Dal 14 luglio al 29 settembre 2012 Ingresso libero Info: +39 0197 485159 Palermo, Palazzo Chiaromonte Steri, Corpo Celeste, Dal 21 luglio al 31 agosto 2012 Ingresso gratuito Info: www.temporarymuseum.es Pordenone, Centro Iniziative Culturali, Giardini d’Arte, Dal 29 giugno al 21 agosto 2012 Info: www.centroculturaPordenone.it Roma, Macro, Re-generation, Dal 27 giugno al 9 settembre 2012 Biglietto intero: 12 euro Biglietto ridotto: 10 euro Info: www.museomacro.org Rorrecuso, Art’s Event, Centro d’Arte Contemporanea, InterRail – un viaggio nell’immagine, Dal 2 giugno al 30 settembre 2012 Info.: www.artsevents.it Sacile, Studio d’Arte G.R., Jorrit Tornquist, Dall’1 giugno al 29 luglio 2012 Info: www.studioartegr.com Tolentino, Miumor.Museo Internazionale dell’Umorismo dell’Arte, Nuvole di confine. Graphic Journalism. L’arte del reportage a fumetti, Dal 14 aprile al 16 settembre 2012 Info: www.comune.Tolentino.mc.it
Venezia, Fondazione Prada, The Small Utopia, Dal 5 luglio al 25 novembre 2012 Info: fondazioneprada.org Venezia, Fondazione Vedova, Lacerazione. Plurimi/Binari ’77 / ’78’ , Dal 30 giugno al 25 novembre 2012 Biglietto intero: 10 euro Biglietto ridotto: 5 euro Info: www.fondazionevedova.org Verona, Studio la Città, Off-Screen, Dal 7 luglio al 7 agosto 2012 Info: www.studiolacitta.it
Mostre internazionali Amsterdam, Appel Arts Center, Cieli di Snaefell Allard van Hoorn, Dal 26 maggio 2012 al 24 marzo 2013 Info: www.deappel.nl Amsterdam, Jewish Museum, Black Box / Chambre Noire di William Kentridge, Dal 16 luglio al 25 novembre 2012 Info: www.jhm.nl Città del Messico, Museo Nazionale d’Arte, I vasi comunicanti del Surrealismo, Dal 5 luglio al 15 settembre Info: www.munal.com.mx Madrid, Thyssen-Bornemisza Museum, Hopper, Dal 12 giugno al 16 settembre 2012 Biglietto intero; 9 euro Biglietto ridotto: 6 euro Info: www.museothyssen.org
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Vernissage nazionali Bergamo, Cannoniera di San Giacomo, Contemporary Locus 2, Dal 29 luglio al 9 settembre 2012 Info: www.contemporarylocus.it Forte dei Marmi, Fortino Napoleonico, Italian Newbrow. Cattive compagnie, Dall’8 agosto al 2 settembre 2012 Ingresso gratuito Info: forte.info@comunefdm.it Francavilla al Mare, Fondazione Michetti, POPism. L’Arte in Italia dalla teoria dei mass media ai social, Dal 21 luglio al 31 agosto 2012 Info: www.fondazionemichetti.it Roccelletta di Borgia, Parco Scolacium, Daniel Buren Costruire sulle vestigia. Impermanenze, opere in situ, Dal 27 luglio al 14 ottobre 2012 Biglietto intero: 3 euro Biglietto ridotto: 2 euro Info: www.intersezioni.org Sovramonte, Lab 610 XL, De Rerum Natura, Dal 21 luglio al 26 agosto 2012 Info: www.defaveriarte.it Venezia, A Plus, Centro Espositivo Sloveno, Mladen Miljanovic.Good Night - State of Body Dal 31 luglio al 15 agosto 2012 Info: www.aplusa.it
Eventi
Fiere
Comacchio e sedi varie, Art Container Spina Festival, 25-26 agosto 2012 Info: www.spinafestival.com
San Benedetto del Tronto, Pala Riviera, Marche Centro d’Arte, Expo di Arte Contemporanea Dall’8 luglio al 30 agosto 2012 Info: www.palariviera.com
Firenze, Piazza delle Murate, Lo schermo dell’Arte. Notti di Mezza Estate, Dal 2 al 23 luglio 2012 Info: www.schermodellarte.org Naso, Corcolo Agatirso, Arte e Cervello. Performance pittorica e incontro tra saperi sulla via della contemporaneità, 4-5 agosto 2012 Info: www.circoloagatirso.it Roma, varie sedi, Estate nei Musei 2012. Quando l’arte diventa spettacolo, Dall’1 luglio al 15 settembre 2012 Info: www.museiincomuneRoma.it Sarzana, varie sedi, Festival della Mente 2012, XI edizione, Dal 31 agosto al 2 settembre 2012 Info: portale.festivaldellamente.it Treviso, Lago Film Festival, Dal 20 al 28 luglio 2012 www.lagofest.org
Incontri Pedaso, Galleria Marcantoni, Incotri ad Arte, Dall’8 luglio al 4 agosto 2012 Info: www.galleriamarcantoni.it
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Da vedere Lecco, Parco di Montevecchi, Scolpire la luce, rassegna dell’opera di Giorgio Riva Dal 22 giugno al 28 luglio 2012 Info: giorgioantonio_riva@ fastwebnet.it / info@villagreppi.it Pisa, Arno Vivo, Urban Sea, Francesco Barbieri, 20-21 luglio 2012 Info: www.francescobarbieri.eu
L’IMMANENTE E IL TRASCENDENTE Del cielo e della terra: l’essenza dell’armonico di Vincenzo B. Conti
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Franz Joseph Haydn - Concerto per violino in do maggiore
L’astrazione della forma si eleva sopra ogni principio di allusività: non vi è alcun vincolo, non vi è alcuna indicazione nell’essenza polimaterica delle sculture di Fausto Melotti. L’allievo di Wildt declina ogni movimento alla rigorosa cadenza del segno, come sezione ritmiche di una melodia complessa che si intrecciano nei volumi scomparendo nella levità della struttura e del definito. Angelico Geometrico fino al 30 settembre presso il Mart di Rovereto, si dipana come percorso elastico, dove cardini narrativi legano al presente corporeo rappresentazione oniriche dell’immaginario di Melotti, abile matematico metafisico che coniuga con sapienza la narrazione del vissuto storico e l’invisibile trasformazione della visione interiore. Non si può che rimanere incantati dalle accurate geometrie dei vigneti che costeggiano la Strada Romantica delle Langhe in Piemonte: silenziosi cortei di colline celebrate dalle distese del frutto di Bacco che indossano nuovi colori ogni stagione, con tutte le sfumature preziose del verde ma pur sempre composte. I coltivatori di questa zona dalla forte vocazione vitivinicola curano i dettagli del paesaggio donando ai turisti uno spettacolo più unico che raro. A questa particolare (e quasi maniacale) attenzione per i vitigni si affianca una tradizione e una antica passione per il
vino che da i natali a uno dei vini più importanti del panorama italiano: il Nebbiolo. Dall’omonimo vitigno a bacca nera, con l’aggiunta del taglio di altri vitigni locali, nascono molti vini di pregio tra cui il Gattinara o il Roero: uve di altissima qualità per completezza ed equilibrio delle caratteristiche dei suoi acini (colore, corpo, acidità e aromi), questo vitigno è particolarmente adatto alla vinificazione in purezza che da vita, con un adeguato affinamento, a vini nobili di gran corpo e durata. Il termine Nebbiolo ha duplice origine: ricorda l’aspetto dell’acino, scuro e appannato da abbondante pruina (una sostanza prodotta dai frutti che assicura protezione e consente di catturare i lieviti naturali presenti nell’aria indispensabili per la fermentazione) e sottolinea maturazione molto tardiva di queste uve che costringono spesso a vendemmiare nel periodo delle nebbie autunnali. I vini di Nebbiolo presentano profumi dalle note fruttate, fiori secchi e spezie con al gusto un tannino moderato. NEBBIOLO D’ALBA DOC 2009 Francesco Rinaldi Az. Agr. Francesco Rinaldi e figli 100% Nebbiolo. Fermentazione di 15 giorni in vasche d’acciaio inox, poi il travaso in legno per un moderato invecchiamento di 6 mesi. Vino di struttura, austero con profumi delicati e di buon corpo. Colore rosso rubino. 13,5% vol. 12 euro
Fausto Melotti, I Beduini, 1973 COURTESY MART
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BOOKANEAR
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I bimbi, come sappiamo, hanno un universo parallelo contrapposto a quello degli adulti, molto elaborato e fatto di fantasie, di regole e di realtà più o meno distorte. Molte delle verità indiscusse che apprendiamo da bambini - imparate di solito da un compagno di scuola a cui l'ha detto "suo cugino" - si sedimentano nella nostra memoria provocando a volte dei veri e propri traumi, dei segreti tabù personali che ci trasciniamo fino all'età adulta, alimentando le nostre insicurezze e nevrosi personali. Agata Matteucci per The Artship 41
CREDITS Centro Carlo Scarpa - C/O Archivio Di Stato Di Treviso - via Pietro di Dante, 11 (Treviso); 0422 540 902 - www.carloscarpa.it Cineteca di Bologna - Via Riva di Reno, 72 (Bologna); 051 2195311 - www.cinetecadibologna.it Coconino Press - Via de’ Buttieri, 7/B (Bologna); 051 325 516 - www.coconinopress.it Comune di Altivole - Ufficio servizi alla cultura - Via Roma, 21 (Altivole, Treviso); 04239182 - www.comune.altivole.tv.it Documenta und Museum Fridericianum Veranstaltungs-GmbH - Friedrichsplatz 18 (Kassel, D); +49 561 70 72 70 - d13.documenta.de Espace Culturel Louis Vuitton - 60, Rue de Bassano (Parigi); (0)33 1 53 57 52 03 - www.louisvuitton-espaceculturel.com Festival d’ Avignon – 20, Rue Portail Boquier (Avignone, F); 04 90 27 66 50 - www.festival-avignon.com Fondazione Querini Stampalia - Sestiere Castello, 5252 (Venezia); 041 2711411 www.querinistampalia.it Frontier - La Linea dello Stile (Bologna luoghi vari); info@frontier.bo.it - frontier.bo.it/ Grand Palais - 3, Av. du Général Eisenhower (Parigi, F); 01 44 131730 - www.grandpalais.fr Marca - Via Alessandro Turco, 63 (Catanzaro); 0961 746797 - www.museomarca.info Mart - Corso Bettini, 43 (Rovereto, Trento); 0445 230315 - www.mart.trento.it MaXXi Archivio Architettura - Via Guido Reni, 4/A (Roma); 06 39967350 -www.fondazionemaxxi.it/museo/maxxi-architettura Museo della Fotografia Contemporanea - Via Giovanni Frova, 10 (Cinisello Balsamo, Milano); 02 660 5661 - www.mufoco.org Galleria Swing - Via Arcivescovo Pacca, 14/16 (Benevento); 0824 040900 - www.spazioswing.it Tate Modern – Bankside (Londra); 020 78878752 - www.tate.org.uk Teatro Valle Occupato - Via del Teatro Valle, 21 (Roma) - www.teatrovalleoccupato.it The Borusan Music House - Istiklal Caddesi, 213 Beyoglu (Istanbul) – (0) 212 336 32 80 - www.borusan.com.tr Willi Baumeister Stiftung GmbH – Gerokstraße, 39 (Stuttgart, D); (0)711 2161975 - www.willi-baumeister.org
Si ringraziano inoltre gli uffici stampa delle gallerie che con la loro disponibilità hanno sostenuto la nostra ricerca.
Jean Ignace Isidore Gérard, Grandville Illustrazione da Un Autre Monde, 1844 COURTESY NORTHWESTERN UNIVERSITY LIBRARY
“Io” prosegui poi don Mariano “ho una certa pratica del mondo; e quella che diciamo l’umanità, e ci riempiamo la bocca a dire umanità, bella parola piena di vento, la divido in cinque categorie: gli uomini, i mezz’uomini, gli ominicchi, i (con rispetto parlando) pigliainculo e i quaquaraquà... Pochissimi gli uomini; i mezz’uomini pochi, che mi contenterei l’umanità si fermasse ai mezz’uomini... E invece no, scende ancora più giù, agli ominicchi: che sono come i bambini che si credono grandi, scimmie che fanno le stesse mosse dei grandi... E ancora più in giù: i pigliainculo, che vanno diventando un esercito... E infine i quaquaraquà: che dovrebbero vivere con le anatre nelle pozzanghere, che la loro vita non ha più senso e più espressione di quella delle anatre... Leonardo Sciascia, Il giorno della civetta