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MOCKBA UNDERGROUND - BLAUER HASE CARSTEN NICOLAI - COLLETTIVO ETCETERA DAVID LACHAPELLE E TIM WALKER ELSA SCHIAPPARELLI - EDWARD WESTON
#10 OTTOBRE - NOVEMBRE 2012
Proprietario e direttore responsabile: Vicedirettore: Responsabile di redazione: Responsabili di sezione: Responsabili rapporti esterni: Hanno collaborato a questo numero:
Paola Pluchino Andrea M. Campo Giuditta Naselli Vincenzo B. Conti, Pasquale Fameli, Gabriella Mancuso, Elisa Daniela Montanari, C.S., Elena Scalia Margaux Buyck, Valeria Taurisano Claudia Balzani, Martina Bollini, Maria Livia Brunelli, Mario Ciaramitaro, Ada Distefano, Federica Fiumelli, Riccardo Giacconi, Federica Melis, Daniele Zoico
Si ringraziano inoltre: Illustrazioni: Graphic Editor:
Eleonora Danco Eleonora Zampieri e Agata Matteucci Damiano Friscira
Registrato presso la Cancelleria del Tribunale di Bologna Num. R.G. 261/2012, al N. 8228 in data 03/02/2012.
Con il Patrocinio:
In copertina: Carsten Nicolai, Unidisplay, 2012 COURTESY HANGAR BICOCCA
INDICE 5 6
Editoriale
Unidisplay: Carsten Nicolai a Milano di Pasquale Fameli
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I Racconti di Fedra
Il come, il quando e il perché di Blauer Hase
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Peanut Gallery
Il Mondo poetico di Eleonora Danco (seconda parte) la Redazione
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Macadam Museum
Errori e sfortune nella terra dei leprecauni di Elisa Daniela Montanari
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Grandi Mostre
Lille Fantastic di Margaux Buyck
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L’estetica della Gestalt di Andrea M. Campo
Gli stabili disequilibri di Zaha Hadid di Federica Melis
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Urban Addicted
Elsa Schiapparelli, la surrealista della moda di Ada Distefano
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Punctum
Edward Weston di Martina Bollini
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Surrealtà a confronto di Federica Fiumelli
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OPEN CALL Nord Est
Le Immagini della Fantasia festeggia 30 anni di Federica Melis
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Mockba Underground, la rivoluzione cortese degli artisti della steppa di Andrea M. Campo
How to participate? di C.S.
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Il Proiettore di Oloferne
Un grido di vita dopo la desolazione di Maria Livia Brunelli
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Bookanear Routes di Gabriella Mancuso
Il cristallo incrinato di Paola Pluchino
Sound Forward
La favola della creatura dalle ali di giada di Andrea M. Campo
In Conversation With
Heart Bauhaus
Scatti di moda, tra sogno e vanità di Ada Distefano Speculum di Claudia Balzani di Gabriella Mancuso
E-Bomb
Il compromesso di un uomo: Elia Kazan di Giuditta Naselli
(p)Ars Construens
La soggettività Pop di Ranieri Wanderlingh di Pasquale Fameli
L’Immanente e il Trascendente Sfumature scarlatte di Vincenzo B. Conti
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Eleonora Zampieri. Il Flipper dell’arte, 2012. 29,7X21 Tecnica mista (biro e pennarello su carta).
Dopo aver conseguito la laurea triennale in Scienze dei Beni Culturali si specializza in Economia e Gestione delle Arti e delle Attività Culturali. Attualmente si occupa dell’organizzazione d’ eventi ed è designer e progettista d’interni e d’arredo. zampizampilibero.it
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Il cristallo incrinato
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Genesis - Invisible Touch
Si dice trasparente ciò che può essere trapassato dalla luce, ciò che, limpido e chiaro, si palesa di fronte agli occhi di colui che osserva con assoluta certezza, senza alcuna distorsione ottica. Nel verso della comprensione totale dell’oggetto coinvolto, trasparente è quel fenomeno che permette una visione semplice e nitida, che non lascia il minimo dubbio sia su se stesso che su ciò che sta alle sue spalle. In quanto oggetto fisico però, dotato di una sua propria densità materica, anche il più puro degli oggetti conserva in sé un portato di indefinitezza, un’aura che disturba la percezione ottica. Questo sua natura ambigua, fattore comune che tocca trasversalmente molte pratiche contemporanee - dai rapporti sociali alle architetture più avanzate - rende la sua analisi di difficile risoluzione, dovendo chiamare in causa sì le scienze esatte ma ancor di più precetti morali e ontologici, che non agevolano il discorso. Nelle pratiche artistiche contemporanee si assiste sempre di più a un fenomeno di smaterializzazione, ad un gioco in cui l’uno e l’altro cercano di conversare, ponendo a base del loro rapporto coordinate esplicite (trasparenti appunto) che dovrebbero favorire la comunicazione e così anche la conoscenza. Se tuttavia rendere tutto trasparente impedirebbe la conoscenza (se cioè tutto fosse visibile non si avrebbe più niente da imparare), la tanto paventata trasparenza si rivela invece una fortissima barriera all’ingresso, ancor più drammatica poiché così razionalmente celata. Nel giogo del visivo, essere trasparenti appare allora il lume più sicuro verso cui procedere, certi che con questo sano atteggiamento ogni spiegazione e ogni visione si renda semplice e univoca, affabile e immediata, favorendo un terreno degli scambi piano e lineare. Nel turbinio dell’apparenza, l’occhio neutrale del vetro è in verità spirito spartano che deforma con falsi assunti, arrogandosi il diritto di procedere senza alcuna ammissione di opacità. L’immagine cristallo è allora solo un presentimento non realizzabile un’elusione invincibile di mille sfumature con cui il trasparente entra in contatto. Sedotti e affascinati da considerazioni che trascendono il normale rigore logico, dimentichiamo che la vera potenzialità del comprendersi consiste nell’ammissione prima di non poter in alcun modo arrivare al fondo delle cose, alla profonda natura umana, che sì si lascia riflettere ma non attraversare senza modificazioni. Non male: a conti fatti sempre meglio essere opachi che invisibili. Paola Pluchino
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EDITORIALE
Ciò che costituisce l’immagine - cristallo è l’operazione fondamentale del tempo; il tempo si scinde mentre si pone o si svolge, in una faccia fa passare tutto il presente e nell’altra conserva tutto il passato. Gilles Deleuze
SOUND FORWARD Unidisplay: Carsten Nicolai a Milano di Pasquale Fameli
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La ricerca del tedesco Carsten Nicolai (Karl-MarxStadt, 1965), incentrata sul rapporto tra arte, scienza e tecnologia, si caratterizza per una riduzione formale ai minimi termini, fredda e metodica, condotta attraverso i mezzi più disparati, dall’installazione al video, dalla stampa offset al suono. Per le proprie installazioni, Nicolai recupera le soluzioni “concrete” del Minimalismo1 americano, alleggerendole però nei materiali, ora levigati e sottili anziché grezzi e pesanti, e dotandole della componente sonora: i suoi solidi geometrici mantengono la stessa ieratica staticità delle opere di un Donald Judd o un Tony Smith, ma la diffusione di sonorità sintetiche, microcellulari, anch’esse spesso ridotte al loro livello base, a onde sinusoidali o quadre, creano intorno a essi un movimento, un campo energetico che li avvolge e li galvanizza: emblematiche in tal senso sono opere del 2004 quali Anti e Syn Chron, enormi poliedri irregolari in leggerissimo alluminio, oppure Reflex, Einkristall e Perfect Square, in cui cubi, sfere e strutture modulari in vetro danno consistenza fisica a trasparenze e riflessi, mentre in opere quali Inver (2005) e Fades (2006) l’artista tedesco arriva a modellare direttamente la luce stessa, dimostrandosi così un degno erede di James Turrell e Dan Flavin, noti rispettivamente per gli ambienti luminosi e le strutture al neon. Mantenendo un rapporto di coerenza con la sua produzione oggettuale, anche gli spettacoli audiovisivi di Nicolai (gran parte dei quali realizzati sotto lo pseudonimo di Alva Noto) esplorano le possibilità di interazione tra forme visive e sonore minimali, azzerate, passando stavolta attraverso un aggiornatissimo approccio processuale, ossia una manipolazione in tempo reale delle stesse, tramite sofisticatissimi software interattivi: un cadenzato sequenziarsi di ritmi formali piatti e di rigorosa modularità si combina così a un susseguirsi di micro-suoni elettronici matematicamente organizzati, dialogando in una necessaria e suggestiva configurazione sinestetica dalle variazioni lente e graduali. Qualcosa di analogo accade anche nell’imponente installazione audiovisiva Unidisplay (2012), presentata nello spazio dell’Hangar Bicocca a Milano, a cura di Chiara Bertola e Andrea Lissoni, e visitabile fino al 2
Alva Noto - Uni mod
dicembre, in cui gli elementi caratteristici della ricerca di Nicolai si presentano sintetizzati in un’unica dimensione ambientale e processuale: l’elementarità delle frequenze sonore si accorda con la schematicità della sintesi geometrica, in una reciprocità di corrispondenze ritmiche e formali dal carattere severo e disturbante. Moduli e pattern composti da linee, punti, cerchi e quadrati in un sobrio bianconero, si accumulano serratamente, tra rapidi sfarfallii (flickers) e repentine variazioni di segnale (jitters), scandendo la continuità di una presenza rumoristica insistente e ineludibile che si pone al di là di una durata definita, acquisendo così valenza spaziale. L’imponente proiezione, che si estende per quasi cinquanta metri, è delimitata agli angoli da due specchi che la ripetono all’infinito, in una sorta di labirintico e destabilizzante effetto droste. La manipolazione in tempo reale è stata qui sostituita da processi di automazione che lasciano un significativo margine di indeterminatezza al divenire delle forme e la persistenza pressoché ciclica del suono conduce il fruitore verso un ipnotico viaggio percettivo.
Per approfondimenti su questo importante movimento artistico cfr. almeno F. POLI, Minimalismo, Arte Povera, Arte Concettuale, Laterza, Bari, 2009. 1
In alto e sullo sfondo: Carsten Nicolai, Unidisplay Hangar, Bicocca Milano
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I RACCONTI DI FEDRA La favola della creatura dalle ali di giada di Andrea M. Campo
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Bangoon –Julian Edwin “Cannonball” Adderley
Questa è la storia dell’angelo che sfiorò gli occhi del cielo e rubò la scintilla di Dio. L’epico narratore direbbe “c’era una volta” ma “una volta” in questo caso non è abbastanza. Perché l’angelo infranse la regola, il precetto e perfino il suo cuore, pur di concedere al mondo il dono prezioso dell’anima e pur di trovare risposta alla censura divina. Il viaggio fu lungo, intenso e pieno di pericoli ma il narratore fu privato del suo sapere e dell’estasi e presto dimenticò l’avventura e le gesta. Ciò che sarà narrato è, quindi, l’ultimo atto della vita straordinaria di Sigua, la splendida creatura dalle ali di giada. Tornata nel mondo degli inganni e del dolore, la giovane Sigua portò il suo candore agli uomini cinto dalla vivida fiamma della volta celeste. Per mille volte, o forse più, provò a riscaldare il seno degli addolorati, per mille volte provò a illuminare la strada dei dannati e per mille volte ancora provò a placare la fame dei demoni avidi di peccato. Ma nessuno le prestò orecchio. Nonostante la sua voce si alimentasse dell’armonia della compiutezza e della sublimazione, nessuno ne comprendeva il senso. Nessuno era pronto ad accogliere in sé la voce universale delle terre e del cielo, nessuno credeva nella verità ancestrale. Seduta accanto a un bambino proferì parole di gioco, offrì l’abbraccio materno e il candido giaciglio del ventre di luna. E il bimbo fuggì perché conosceva la paura. A una giovane innamorata narrò dell’uomo e del suo giuramento, promise un saldo sostegno e l’armonia di una carezza sincera. E la donna fuggì perché era ferita. A un uomo importante parlò della carità, del bene e soffiò via la cenere dai suoi vestiti. Ma l’uomo la spinse lontano. Non voleva tornare dove era già stato. Il viaggio di Sigua continuò e negli anni incontrò poeti e musicanti, falegnami e banchieri, bambini senza un sorriso e madri senza una lacrima, vili guardiani dell’orto dai pomi dorati e santi all’ombra dei faggi nel letame del porcile ma nessuno comprese. Sigua parlava tutte le lingue del mondo, conosceva la lingua del soffio vitale, conosceva speranze e dolori, il male e il bene di ognuno e aveva accesso ai loro segreti: le sue parole evocavano i giorni felici, l’armonia degli eventi e delle passioni.
Dilka, Untitled 2012 COURTESY OF ARTIST AND MNDBZR
Gli uomini timorosi del giudizio dell’angelo, celavano le loro colpe impugnando il velo dell’inganno e della menzogna, fingevano di non capire e di non sapere. Nell’ultimo dei suoi giorni Sigua disperata volò attorno al mondo, tra le nubi più alte, e si strappò tutte le piume fin quando, ormai priva del sostegno delle ali, precipitò giù segnando per sempre la Terra col proprio sangue. Da allora di tanto in tanto, qualche dannato ritrova una piuma di giada dell’angelo e per qualche istante si libera dal peccato coprendosi l’anima con la voce di Sigua, la voce dell’angelo che aveva portato all’uomo il bene.
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IN CONVERSATION WITH Il come, il quando e il perché
Progetti irrealizzati e irrealizzabili di Blauer Hase
Mario Ciaramitaro: Mettersi un paio di brache nuove e pensare a cose per il pubblico solo per il pubblico. Come un film è un processo di conoscenza e di intrattenimento, così realizzare progetti per le sole persone lì di fronte a noi. Le chiacchiere stanno a zero. Riccardo Giacconi: Le cose di cui ci siamo occupati ultimamente sono dei progetti tuttora in corso, che possiedono una periodicità: la serie di pubblicazioni Paesaggio (una raccolta di paesaggi di artisti sotto forma di testo, senza immagini) e il festival Helicotrema, una sorta di festival di cinema senza immagini (radiodrammi, radiodocumentari, opere sonore di artisti e altre forme più difficilmente descrivibili). Tuttavia, la scelta di evitare l’immagine non è stata cosciente; non ne abbiamo mai parlato apertamente. Come mai è venuta fuori?
Blauer Hase, Dumbmeetblauer
Daniele Zoico: Il fatto di non utilizzare immagini è stato un risultato che, considerando ciò che abbiamo fatto finora, non era così scontato; il mezzo dell’audio si occupa esclusivamente di essere acustico e, nel caso, di suscitare il visivo. Di recente ho delle idee che riguardano proprio l’aspetto visivo all’interno di un testo ad esempio, ma non si limitano alla grafica.
MC: Pensare al format come oggetto della ricerca. Attuare paradigmi ripetibili e esportabili, prendendo ad esempio realtà come BYOB. DZ: Credo che i format dovrebbero essere originali e punto. Non trovo interessante replicarli in franchising: non dovrebbe essere un semplice PechaKucha da esportare in giro per il mondo. Molte volte i format, i progetti, hanno senso solo dove nascono. MC: Sì, è vero. Forse posso precisare che mi attira l’idea di preparare progetti che poi possono essere utilizzati da altri. Come il cadavere squisito che da un secolo viene utilizzato da molti. Forse per format intendevo procedimento. DZ: Penso che, dopo aver lavorato a diverse edizioni di Paesaggio, potremmo creare delle nuove modalità da mettere in parallelo, approfondendo ciò che per il momento è stato solo abbozzato. Vi ricordate quando organizzavamo le nostre prime interviste? Gillo Dorfles, i Raqs Media Collective, Stefano Boeri, Jan Hoet... non sono del tutto convinto che dopo Obrist il mezzo delle interviste sia esaurito. O almeno, non del tutto.
Copertina Paesaggio (Penguin Issue) Guest-Edited By Hans Ulrich Obrist, 2012
MC: Penso che ci sia moltissimo da indagare. Innanzitutto l’intervista, se genuina e preparata, è un ottimo modo per avvicinarsi a persone di cui si ha stima, per conoscerle meglio, per capire come muovere i propri prossimi passi guardando i loro. Allo stesso tempo l’intervista è così ampiamente utilizzata che ha assunto quasi di diritto uno status di veridicità, sincerità e testimonianza di uno scambio tra due persone. Nel 1964 Sigmar Polke e Gerard Richter inscenarono una falsa intervista dove Polke impersonava Mr. Twaites e Richter sè stesso. La conversazione appare ironica e quasi irriverente per certe affermazioni sui dipinti di Richter che apparendo troppo belli venivano utilizzati come strumenti di tortura. Utilizzare l’intervista in questo modo è per me molto attraente.
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Festival Helicotrema, Venezia Giugno 2012
RG: Uno dei nostri progetti ancora non realizzati è quello di una mostra che non c’è. Potrebbe prendere la forma di una visita guidata di una mostra, in cui gli artisti raccontano le loro opere nello spazio espositivo. Fin qui nulla di strano. La particolarità, però, sarebbe che la mostra non ci sarà. Vale a dire: le opere raccontate, descritte, evocate dagli artisti non saranno fisicamente nello spazio espositivo, che sarà vuoto. Gli artisti, cioè, durante la visita guidata, parleranno di loro opere che non ci sono, per diversi motivi: sono state realizzate prima, ma non sono presenti al momento; sono state realizzate ma sono da qualche altra parte; o sono solo ipotesi di opere ancora non realizzate, o non realizzabili. La mostra verrebbe pensata proprio come una mostra tradizionale: cureremmo cioè l’accostamento dei pezzi, a livello sia tematico che spaziale, e la sequenza delle opere nel percorso espositivo.
DZ: E qui infatti le difficoltà che noi stessi abbiamo evidenziato stanno proprio nel comunicare un evento simile, che sconfina tra la performance e l’estremo concettualismo: l’ideale sarebbe evitare che il pubblico lo recepisca in maniera errata. Noi per primi ci siamo messi nei panni di chi si misurerà in tale operazione e abbiamo fatto le nostre considerazioni. Sarà una bella sfida questa volta, forse anche più delle altre. MC: 1- Domanda in progress: esisterà un catalogo di questa mostra? 2- Credo che dobbiamo anche confrontarci con una eredità di spazi vuoti. Ormai saranno 60 anni che vengono presentati. Forse la direzione potrebbe essere specificare un solo motivo per cui le opere non ci sono: una mostra di opere perdute. RG: O di opere irrealizzabili, come alcuni sogni. DZ: Penso anche al mezzo del video che ciascuno di noi ha spesso utilizzato e sono sicuro che sarebbe molto intrigante utilizzare le modalità con cui lavoriamo come collettivo e adattarle alla produzione di un lungometraggio: non ho davvero idea di cosa potrebbe uscirne, ma prima o poi occorrerà fare questo salto nel buio. Un po’ come al solito, no?
Festival Helicotrema, Venezia Giugno 2012
MC: Propongo di fare un film di genere. All’interno del film di genere inserire qualcosa d’inaspettato. Tipo un momento di attesa prolungato o un errore non concepibile o una presenza inopportuna. Potrebbe essere un noir o un western o un film sul medioevo. Affidarsi a un panorama per remixarlo con elementi esterni e creare una interruzione.
RG: Un ultimo progetto irrealizzato di cui non abbiamo ancora parlato è qualcosa che ci frulla in testa da alcuni anni, cioè dal momento in cui restammo affascinati dalla presenza, a Venezia, del Consolato di Costa Rica...
Veduta, Costa Rica
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PEANUT GALLERY Il Mondo poetico di Eleonora Danco (seconda parte) la Redazione
1) Eleonora ci puoi parlare del tuo processo ar- percorso tortuoso, si percepisce, ma non si vede. Non tistico, come imposti il lavoro quando scegli di ti appesantisce mai. E’ elevazione. A questo ambisco. lavorare ad un progetto? Scrivo contro l’attualità, cerco l’impatto grezzo della Non riesco davvero a concludere il lavoro fino a quan- superficie, l’azione del personaggio. Svelarlo nella sua do non sale la “paura”, “il terrore della consegna”. incompiutezza. Disegni sbiaditi che si aggirano. Metto Scrivere per il teatro per me è la cosa più dura ri- i personaggi sempre davanti all’attesa di qualcosa di chiede un’intensità totale. Quando ho iniziato ero assoluta necessità, elaboro le reazioni. E poi c’è l’astrapiù libera, non avevo background, zione, rilanciare l’esperienza in un ero più spericolata... Dopo, quan- Scrivo contro l’attualità, linguaggio onirico dove tutto è perdo hai percorso in lungo e in largo cerco l’impatto grezzo messo e nulla succede. L’humour, il tuo deserto, devi fare in modo di dato dal ritmo, dai cambi veloci di non ripeterti, elaborare percezio- della superficie, l’azione pensiero che “affliggono” le perni diverse. Il mio lavoro non è mai sone, la parte nascosta attraverso del personaggio. spontaneo, nasce da una tecnica: un linguaggio di “sbrocco”, veloce. Svelarlo nella sua il linguaggio. Un testo infatti, oltre Ridurre i personaggi all’istinto priche sulla verità (che ti viene sbatmordiale, spiazzante, tragicomico. incompiutezza tuta in faccia) e sulle immagini, si Gli spettatori hanno bisogno di una regola sul tempo e sui ritmi. Quel testo c’è, fa parte di scossa, di una “pezza”, di commozione, a cosa serve me, ma per tirarlo fuori devo annientarmi. Non sono altrimenti il teatro? Quando poi mi siedo a scrivere, mai contenta...fino a che non ho dato il massimo...Ho il accade che tutti gli spunti immaginati scompaiono; si terrore di deludere...di non farcela...ogni volta è così, disciolgono in pochi secondi. Il risultato si ribalta lavoe poi ce la faccio sempre...Prima di scrivere un testo randoci. LAVORARE, LAVORARE è L’UNICO MODO. non lavoro partendo dall’improvvisazione in teatro, Non ce ne è altro. Coraggio e determinazione, quando mai! Nel primo approccio al testo non parto mai dalle pensi che non è possibile trovare, quando ti sei spreimprovvisazioni in teatro. Il mio lavoro nasce a tavo- muto e stai lì disperato, all’improvviso esce lo zampillo lino. Tastiera. Schermo. Solitudine. Musica. Ascolto e ti inonda. Arrivo alla fine di un testo stordita, ma “inmoltissima musica. Continuamente. E guardo pittura, vasata”, è una sensazione esaltante quando ho tra le scultura. L’arte è immediata, parla per immagini, ha un mani il risultato di tanta “adesione”, a volte è proprio
Eleonora Danco still dallo spettacolo Me Voio Sarvà COURTESY DELL’ARTISTA
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ne, ancora più indietro, trovare il calore, rispondere solo a quello, il corpo e l’atmosfera, il peso che deve portare il personaggio, che non sa di essere il disegno di se stesso, non sa di essere visto da fuori. Nella messa in scena attuo una forma di sadismo sui personaggi, come se li spogliassi di quello che loro pensano di essersi tolti, li lascio nudi senza che lo sappiano. È un lavoro di tensione ma molto interessante, devi starci davvero dentro. Tornare adolescenti, bambini, scatenarsi, una disciplina interna, ferrea. Insistere. È un testo nel testo il corpo. Mi sto spingendo sempre più verso la regia sugli attori e su testi non solo miei. Nella vita siamo circondati da corpi. In teatro altero l’immagine, non rendo tutto riconoscibile nel corpo. Cerco la scia interna di quello che spruzziamo senza saperlo, come nella pittura, il cubismo. Mi è difficile vedere in teatro le scarpe che indossano gli attori, le scarpe di scena, il trucco di scena, i vestiti di scena, mi vengono in mente i camerini, quel senso di casa e bottega...non so, forse è un mio problema, ma quando li vedo provo una profonda tristezza... Eleonora Danco still dallo spettacolo Ero purissima COURTESY DELL’ARTISTA
nello stress finale della consegna che arrivano le cose migliori, perché hai il coraggio di andare così a fondo da non avere più paura… creare un’atmosfera, è fondamentale, l’atmosfera...
In teatro per me il corpo deve rispondere sempre alla vitalità, non si dovrebbe mai uscire distrutti da un teatro, anche nel testo più crudo, se è autentico, hai sempre una sensazione di energia... 3) Da dove trai le immagini e le “tracce” che vanno a comporre il tessuto delle tue opere?
Per molto tempo dalla strada. Ora nel silenzio la notte mi domando; “cosa stai vivendo? La tua vita non ha più pericoli?” Pensi solo al lavoro?”Ho bisogno di attraversare con il corpo la vita, ci devo stare in mezzo, sento di aver vissuto anche tropMentre scrivo immagino delle seRidurre i personaggi po per essere un arista. Ora sono quenze; delle “incapacità fisiche” in una nuova fase..sto cercando del personaggio che portino il teall’istinto primordiale, di non oppormi al cambiamento sto ad acquisire una forza e una spiazzante, tragicomico. ma cerco tensioni diverse, scovita propria. Non faccio prove o improvvisazioni prima di scrive- Gli spettatori hanno bisogno nosciute. Appena posso vorrei lasciare Roma, andare a Londra, re. Tutto nasce dal testo. Anche di una scossa, di una almeno un po’. Non ci sono mai se nei miei lavori la scrittura può sembrare spontanea, è invece “pezza”, di commozione, stata. Roma nel suo essere “san pietrino” e “settecento”, “seicenuna ossessiva ricerca dell’essena cosa serve altrimenti to”, romano, gotico e barocco mi za. Del ritmo che ricrea la vita. La sta schiacciando. Vorrei l’asfalto, violenza, la commozione, il dilegil teatro? il cemento, il fumo,la nebbia, la gio, la sospensione, insomma tutto quello che desidero far provare al personaggio, deve pioggia; mi hanno detto che le periferie di Londra sono arrivare dal testo, a prescindere dallo spettacolo che bellissime dalle forme molto interessanti. La forma è ne nascerà. Non so come risolverò dei movimenti. Uso suono, il suono immagine. i testi come se non fossero miei. Inventare qualcosa da 4) Cambia il tuo modo di lavorare quando scrivi quella scrittura, dar vita fisicamente a gli stati d’animo, su commissione? coglierne l’arrangiamento interno, contro la narrazione fisica ed estetica. Spingermi invece verso l’astrazio- No. La tensione che devo smuovere è la stessa e nono2) In particolare il lavoro sul corpo e quello sul testo sono due processi separati o l’uno scaturisce dall’altro?
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stante mi sia violentata più volte lavorando su temi che sembravano inutili o lontani, alla fine sono riuscita a “ribaltarli”. A farli miei. E’ stimolante ribaltare, farcela nella difficoltà. Scopri linguaggi e immagini inaspettati. 5) Hai scritto molto per il teatro e poco per la televisione; sicuramente questo va un po’ controcorrente. C’è un motivo in particolare? La mia scrittura spazia con pezzi brevi, comici, drammatici, atti a più personaggi, sceneggiature, racconti. Mi era stato chiesto di fare alcune delle mie performance in tv e in trasmissioni comiche ma non ho mai voluto. Avevo paura di essere riconosciuta; ho bisogno di stare in mezzo alla realtà, senza che nessuno mi noti. Infatti nei momenti in cui tutti sono impegnati a lavorare io me ne vado in giro. Un autore deve essere invisibile. Come può assaporare la gioia e la sconfitta, se diventa un personaggio televisivo a cui tutti vogliono bene e che riconoscono?? Ma in questo ultimo periodo sento che ho bisogno di misurarmi con altri strumenti, il video, l’immagine...mi sono detta, che dovevo rischiare e ampliare il mio gruppo di spettatori. Sto lanciando un mio lavoro su youtube “Cento cretine”, sta piacendo molto e io mi sto divertendo… per ora lo sto producendo io e spero in un finanziatore futuro, avevo provato a proporlo in tv, a Rai Tre mi hanno detto: “è troppo bello per Rai Tre” 6) Lavori da sola oppure hai una tua associazione? Ho aperto una associazione culturale nel 2006 per i miei spettacoli di teatro. La fase della scrittura teatrale è solitudine, La messa in scena no. Ho dei fedelissimi collaboratori, come ad esempio Marco Tecce. Un genio. Devo molto a lui. Sceglie tutte le musiche per le mie colonne sonore. Non c’è persona che non mi chieda copia dei cd finito lo spettacolo. Un elemento che alza molto il livello del mio lavoro. E poi ho un gruppo di giovanissimi che mi segue. Mi piacciono le persone
vitali, le personalità, ma che siano soldati nel lavoro. 7) I tuoi lavori rientrano nel filone del “Teatro Indipendente”, quali sono gli elementi che secondo te definiscono questo campo teatrale? Chi non si piega alla sua immagine, chi per primo nella sua vita è un indipendente. Chi non s’inchina al proprio talento. Chi mette in discussione tutto. Chi non si accontenta, chi non trova una formula ripetendola in eterno. Distruggere ogni volta. Ricominciare, schernirsi delle mode, dei costumi. Allo stesso tempo è importante avere un dialogo uno scambio con l’istituzione, che non può creare talenti, ma essere in grado di intercettarli, senza avere paura degli artisti. Molti sono codardi e hanno paura. Se non sanno inquadrarti fanno finta che non esisti ma i veri indipendenti “se ne fottono”e in un modo o nell’altro ce la fanno sempre. Anche a distanza di tempo, l’Arte vince sui burocrati. 8) Stai lavorando su vari progetti teatrali, ci puoi dare qualche anteprima? Tre progetti a cui tengo moltissimo. Uno il più ambito, perché ci sto dietro davvero da anni, non posso dirlo per scaramanzia ma si tratta di un docu-film... Mentre “Cento cretine”, è nato da una immagine; i negozi sono gli stessi ovunque, in tutto il mondo, scandalizzarsi, come diceva Moravia, è una cosa inutile. Un artista non dovrebbe mai farlo…In questo lavoro io cerco di usare quello che ho intorno, calandomi nella situazione reale; da qui l’idea di usare le vetrine dei negozi come fossero un acquario, dando vita ad una sorta di separazione tra me e il passante che guardando da fuori non sente quello che dico e faccio nelle mie performance. Sperimentare frammenti del mio linguaggio nelle vetrine, usando l’astrazione data dal video..Per il teatro ho due lavori uno che spero di fare presto, “Bocconi amari-Semifreddo” due atti a 5 personaggi sulla famiglia e la deformazione dei rapporti familiari nella crisi economica. E, “Donna numero 4” scritto per Triennale di Milano ed EXPO2015, sul tema del cibo, che farò in aprile al Teatro Vascello di Roma... Grazie Eleonora. Per maggiori informazioni collegarsi sul sito: http://eleonoradanco.wordpress.com/ dove troverete le recensioni e il materiale fotografico degli ultimi spettacoli. Su Facebook si rimanda a compagnia eleonora danco.
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MACADAM MUSEUM Errori e sfortune nella terra dei leprecauni
Costosi errori di valutazione, fraintendimenti e ritardi si nascondono dietro il monumento simbolo della cittá di San Patrizio di Elisa Daniela Montanari
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Creedence - Have You Ever Seen the Rain?
The Spire, conosciuto dalla gente di Dublino come giudicato irreparabile, nel mezzo di una delle vie più “The Stiletto in the Ghetto” o “The Spike”, lo Spun- importanti della città; decide dunque di sbarazzarsi tone, abitualmente preso come punto di riferimento dei rottami seguendo l’esempio dei suoi predecessori geografico per incontrarsi con gli amici o per ritrovare e sei giorni dopo piazza un’altra bomba. la strada di casa dopo una notte di Guinness, sta per Lo scoppio causò la formazione di un cratere nel terrefesteggiare il suo primo decennio. Ci����������������� ò che lo contrad- no e la rottura dei vetri di edifici fino a un chilometro distingue però, non è solo il fat- I rocamboleschi inciampi di distanza. Danni da migliaia di to di essere la statua piú alta del sterline irlandesi. della Pubblica mondo, ma anche un monumento con una tragicomica storia segnaDopo questa prima disavventura Amministrazione ta dai continui inciampi della Pubviene eretta una nuova statua al di Dublino, blica Amministrazione. posto della Colonna di Nelson per rendono la storia dei suoi l’anniversario del Millennio di DuPer iniziare dal principio bisogna blino, nel 1988. Quella che doveva monumenti un racconto essere la trasfigurazione poetica ricordare che al posto del monumento attuale sorgeva The Neldel fiume che attraversa la città tragicomico son’s Pillar, memoriale all’Ammiin sembianze umane, si trasforma raglio inglese Nelson che sconfisse l’Invincibile Armada nell’immaginario collettivo in una rappresentazione spagnola nella battaglia di Trafalgar. Eretto nel 1809 e erotica. Il nuovo Anna Livia Monument, raffiguransubito criticato, diventa con gli anni il monumento piú te una giovane donna seduta nel mezzo di acque flutodiato dai cittadini irlandesi, in quanto memorandum tuanti, cambia rapidamente nome e significato in “ The di oltre cento anni di vassallaggio al Regno d’Inghilter- Floozie in the Jakuzzi” o “The Whore in the sewer” in ra, terminati solo nel 1922. Dopo decenni di tentativi cui Floozie e Whore sono due appellativi con i quali nel trovare un accordo in Parlamento che permettes- non è raccomandabile chiamare una signora. se di rimuovere la colonna, l’IRA Irish Republican Evidentemente il nuovo significato acquisito dalla Army organiz- statua risulzazione militare ta scomodo rivoluzionaria, alla Pubblica decide di pren- Amministradere in mano la zione che situazione e nel negli anni 1966 posiziona Novanta si é una bomba per lanciata nelfar saltare in la riprogetaria la colonna. tazione della (Nessuno ri- via cittadina, mase ferito s a c r i f i c a n dall’esplosione do tra l’altro e i danni furono molti alberi molto limitati). c e n t e n a r i La Pubblica a l l ’ i n s e g n a A m m i n i s t r a - del migliozione si ritrova ramento del così ad avere paesaggio. il relitto di un La posizione m o n u m e n t o , di simbolo The Spire, Dublino
The Spire, Dublino
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Anna-Livia Monument, Dublino
della città, occupata in precedenza dalla Colonna di Nelson, non può essere attribuita a quella che tutti interpretano, non come personificazione di un fiume, ma come donna di malaffare. Viene deciso dunque di relegare il monumento in un parco fuori dal centro ed erigere al suo posto un nuovo inno alla contemporaneità. Il protagonista e simbolo di questa rigenerazione, The Spire, viene pensato per essere gloriosamente edificato in occasione dell’inizio del Millennio, in onore di nuovo debutto e una nuova crescita, ma ancora una volta il Consiglio Amministritativo riesce a inciampare nella burocrazia e a ritardare i lavori fino a tre anni dopo. Il nuovo millennio si festeggerà nel gennaio 2003 con l’inaugurazione di un monumento talmento innovativo da essere stato descritto come “autopulente”. Si supponeva infatti che la pioggia, frequente in città, risultasse sufficiente per la pulizia della statua sdoganando la Pubblica Amministrazione dall’onere della manutenzione. Ovviamente l’impresa è risultata essere un completo disastro, il monumento richiede una pulitura giornaliera ordinaria della parte più bassa e una pulitura quadriennale della sua totalità, senza
Nelson's Pillar dopo la bomba posizionata dalla Pubblica Amministrazione di Dublino, 1966 Dublino
Nelson's Pillar, Dublino
contare che le 1200 lampadine che illuminano la punta erano supposte durare vent’anni: inutile dire che hanno fallito almeno cinque volte. Un piccolo errore di valutazione che costa ai contribuenti dai 300 ai 400 mila euro ogni anno.
Nelson's Pillar dopo la bomba posizionata dall'Ira, 1966 Dublino
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GRANDI MOSTRE Lille Fantastic di Margaux Buyck
Du 6 octobre 2012 au 13 janvier 2013 Lille et sa métropole accueillent l’un des événements majeurs de cette fin d’année: Lille 3000 Fantastic. Si vous cherchez un endroit pour profiter des derniers mois avant la fin du Monde ou pour les fêtes il vous faudra passer immanquablement par Lille. A partir de début octobre et pour une période de plus de trois mois, la capitale Ch’ti avec Lille 3000 Fantastic ouvre les portes de l’imaginaire et offre aux visiteurs un aller simple pour des univers fantastiques, merveilleux et inquiétants à la limite du psychédélique. La ville n’en est pas à son coup d’essai en matière d’événements culturels spectaculaires. Depuis 2004, année où elle fut capitale de la culture, Lille n’a de cesse de revendiquer son rôle de métropole culturelle européenne. On se rappelle notamment les succès artistiques et populaires qu’ont été Bombaysers de Lille (2006) et Europe XXL (2009). Le pari semble une fois encore relevé cette année.
Programmation Gargantuesque et ambiance festive La programmation de Lille 3000 Fantastic est en effet étourdissante. On décompte près de 500 événements dont pas moins de 30 expositions. Il y a en pour tous les goûts: de l’exposition fantasmagorique au cinéma de l’étrange, en passant par les rencontres littéraires de la science-fiction à l’héroïque fantasy, le théâtre, Futurotextiles3 ou encore les banquets dignes des contes et légendes… Le fantastique ne se limite pas aux salles des musées mais envahit la ville au sens propre comme au figuré. Une fois de plus, Lille 3000 investit l’espace urbain. On dénombre pas moins de 25 métamorphoses d’espaces urbains lillois et de l’eurométropole. Les gares et leurs environs sont envahis par d’étranges soucoupes volantes, par des fêtes foraines psychédéliques ou en-
Børre Saethre, My Privat E Sky, COURTESY LILLE 3000 FANTASTIC
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Edward Scissorhands - The Ice Dance
core par une épaisse brume marine venue de nulle part. La rue Faidherbe se voit recouverte sur près de 250 mètres de long par une dentelle stellaire tout droit sortie de l’esprit du dessinateur belge François Schuiten et mise en forme par les luministes italiens Faniolo. La cathédrale Notre-Dame de la Treille se métamorphose à la tombée de la nuit grâce à la video-mapping…
Nick Cave, 31 COURTESY LILLE 3000 FANTASTIC
Un Fantastic contagieux Les événements organisés par Lille 3000, ont cette volonté de multiplier les initiatives en tous genres et d’inciter le plus d’acteurs possibles à participer. Fantastic a été conçu comme une grande fête à voir autant qu’à vivre, affirme Martine Aubry, maire de la ville. Ainsi, plus de 71 communes collaborent. Près de 500 commerçants, artisans, restaurateurs, hôteliers se prêtent au jeu et mettent la main à la patte pour donner une ampleur toute singulière à l’événement. Le visiteur et tout particulièrement les lillois sont mis à contribution. Lors de la parade d’ouverture, énorme succès populaire malgré une pluie battante, un dress-code «Fantastic !» était de rigueur. Durant tout le mois de septembre, les habitants de Lille et des environs ont eu la possibilité d’acheter pour 2euros un costume conçu pour l’occasion par le célèbre créateur de mode Jean-Charles de Castelbajac. Les lillois sont également mis à contribution grâce à l’initiative des cabinets de curiosités intimes. Les différentes mairies, les maisons Folie ou encore les commerces exposent en effet les collections de poupées russes, de vinyles, de boules à neige de particuliers, recréant ainsi des ambiances tantôt kitchs, tantôt rétros, résolument étranges et loufoques. En somme, Lille 3000 Fantastic semble vouloir cultiver l’idée d’un art contemporain transversal, multiple, se défiant des limites spatiales et temporelles pour envahir une ville entière et se rendre accessible au plus grand nombre. Cette volonté d’accessibilité et de diversité de l’art
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contemporain voulue par les organisateurs se retrouve dans des initiatives telles que les Pop Up: espaces éphémères et instantanés se trouvant le plus souvent dans des lieux méconnus, en friche, ouverts pour de très brèves périodes. Dans ces endroits insolites, les artistes accueillent les visiteurs comme chez eux, le temps d’un concert, d’une journée…
suivre avec un peu d’activité physique sur le terrain de sport vallonné créé par Priscilla Monge. Les gares sont également des lieux privilégiés du Fantastic. Les installations de la gare Saint Sauveur semblent métamorphoser cette dernière en une fête foraine fantastique. Aux abords de la gare Lille Europe, l’oeuvre de l’artiste japonaise Fujiko Nakaya, intitulée nuage de mer, plonge voyageurs et visiteurs dans une épaisse brume alliant ainsi poésie et étrangeté.
Notre sélection de lieux et expo à ne pas manquer Phantasia au Tripostal Il est fort difficile de faire un choix, un tri dans une telle manifestation culturelle. On voudrait tout voir, participer à chaque événement…L’idéal serait de se laisser porter par la magie de la thématique et suivre ses envies. Pour ceux plus pragmatiques ou ne disposant que de quelques jours voici les lieux et expo immanquables de Lille 3000 Fantastic.
Les métamorphoses urbaines Elles sont le prétexte à une promenade fantastique dans Lille et ses alentours, de jour comme de nuit. Pour la journée, il est conseillé d’aller jeter un œil à la maison tombée du ciel de Jean François Fourtou. La visite de cette typique maison flamande, tombée en plein milieu quartier du Vieux-Lille sur le toit, débute en entrant par le grenier. L’artiste se joue ainsi des repères des visiteurs en leur proposant une visite renversante et déroutante. La journée peut se pour-
Jean Charles De Castelbajac, Costume Parade, Fantôme 1 COURTESY LILLE 3000 FANTASTIC
Le Tripostal est désormais l’un des lieux phares et unique de la vie culturelle lilloise. Ce bâtiment de 6000 m2, promis à la démolition permet toutes les excentricités en matière d’exposition. Pour cette nouvelle manifestation lilloise, le Tripostal respire au rythme du fantastique et propose une gigantesque exposition intitulé Phantasia. Les différents artistes conviés tels que le norvégien Børre Saethre, Théo Mercier ou encore Nick Cave s’emparent du lieu et transportent le visiteur en dehors de la réalité, dans des univers imaginaires féériques, étranges, voire inquiétants.
Jean François Fourtou, La Maison Tombée Du Ciel COURTESY LILLE 3000 FANTASTIC
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L’estetica della Gestalt di Andrea M. Campo
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Fear is a Man’s Best Friend – John Cale
La struttura paramorfica degli uomini di Bacon è lucida espressione di un’indagine sull’io, sul dramma dell’esistenza –dannazione dell’uomo libero- che assume la dolenza del pessimismo individuale leopardiano. La trasmutazione dei corpi in masse scomposte non è un mero esercizio dialogico sul male di vivere ma attribuisce un criterio reale di definizione a un percorso autoanalitico: corpo e anima sono, dunque, una sola entità indissolubile, rappresentabile come struttura unica sovraordinata alle sue componenti. Da qui parte la ricerca di cinque artisti contemporanei riuniti attorno un piccolo nucleo di opere di Bacon nella mostra “Francis Bacon e la condizione esistenziale nell’arte contemporanea”, a cura di Franziska Nori e Barbara Dawson, fino al 27 gennaio 2013 presso il Centro di Cultura Contemporanea Strozzina (Palazzo Strozzi, Firenze). Nel percorso espositivo si alternano le tele brutali e disincantate di Adrian Ghenie che interviene su immagini fotografiche o digitali o fotogrammi tratti da pellicole celebri, le crudeli operazioni di Annegret Soltau che paiono subire le influenze delle performance di Marina Abramovic (la serie N.Y. Faces – Chirurgische Operationen, con fotocollage di una complessa operazione di odontoiatria cui è stata sottoposta), i percorsi tridimensionali tra tele di ragno di Chiharu Shiota (allieva della Abramovic), gli incubi di plastilina del Leone d’argento alla Biennale di Venezia 2009 Nathalie Djurberg e le opere meccaniche di Arcangelo Sassolino che analizza gli effetti sui materiali sottoposti a forze estreme. Per la prima volta in Italia saranno esposti tre dipinti incompiuti, ritrovati nello studio di Bacon e dal 2005 conservati alla Dublin City Gallery The Hugh Lane: tra questi, oltre la probabile ultima opera di Bacon (un autoritratto, ritrovato su un cavalletto nel suo studio londinese di Reece Mews) un ritratto del 1966 di George Dyer, amante di Bacon, morto suicida nel 1971. In esposizione anche la serie di materiali fotografici e d’archivio, preziosi strumenti per Bacon: ritratti fotografici, riproduzioni di capolavori del passato e immagini estrapolate da libri che l’artista utilizzava nel suo lavoro. La mostra è realizzata in collaborazione con la Dublin City Gallery The Hugh Lane, proprietaria fin dalla fine delgi anni’90 della ricostruzione autentica e perfettamente conservata dell’ultimo studio dell’artista a Londra.
Annegret Soltau, Permanente Demonstration am, 1976, COURTESY OF THE ARTIST
Francis Bacon, Seated figure, 1974. Collezione privata COURTESY OF CCC STROZZINA
Nathalie Djurberg, Once Removed on My Mother’s Side, 2008 Clay animation, video, 6’00’’ Sound by Hans Berg Fondazione Prada, Milano COURTESY OF THE ARTIST AND FONDAZIONE PRADA, MILANO
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HEART BAUHAUS Gli stabili disequilibri di Zaha Hadid di Federica Melis
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Zaha Hadid, architetto e designer dal profilo complesso e poliedrico, è una delle maggiori personalità artistiche offerte dall’odierno panorama architettonico. Nata a Baghdad, in Iraq, nel 1950; nel 1971 consegue un master in matematica pura presso l’American University di Beirut, per poi trasferirsi all’ArchitecGrattacielo curvilineo ideato per il tural Association School progetto City Life of Architecture di Londra dove, ottenuto il diploma nel 1977, stabilisce il suo studio nel 1980. Per lungo tempo bollata come matematico dalle notevoli capacità teoriche, ma dalla modesta concretezza costruttiva, oggi, a distanza di trent’anni, vanta la realizzazione degli edifici fra i più prestigiosi a livello mondiale e, a dispetto della più agguerrita detrazione critica, nel 2004 è stata la prima donna a conquistare il più autorevole premio internazionale per l’architettura: il Pritzker Architecture Prize. Dapprima ispirata al Movimento Moderno, in particolar modo alle opere degli architetti tedeschi Ludwig Mies van der Rohe e Walter Adolph Gropius, e alle forme espresse dal Costruttivismo Russo; ha poi elaborato un approccio completamente nuovo e originale verso l’architettura che, sospinto dalle audaci premesse teoriche delle originarie sorgenti ispiratrici, ha generato i primi esiti formali di ambito Decostruttivista. Attenta osservatrice delle esigenze dell’età contemporanea, Zaha Hadid indirizza la propria ricerca verso soluzioni e possibilità architettoniche in grado di rappresentarne la complessità e il dinamismo. Una progettazione, dunque, che volontariamente turba la quiete di superfici a riposo con tortuose asimmetrie, sinuose linee, sdrucciolevoli curve ad ansa e vorticose spirali a mo’ di avvolgimenti molecolari, poiché satellite del concetto di fluidità. Si definiscono così delle forme dalla geometria instabile, dove l’unità è evidenza del Dubai Financial Market Towers, più conosciute come frammento e le Dancing Towers, edifici a destinazione destinazione della disarticolamista progettati per il Business Bay di Dubai
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Visible From Space - Kruder & Dorfmeister zione concorde. Strutture governate da un ordinato caos poiché composte con materiali che rispondono alle richieste della più avventuro- The Opus Dubai, struttura a destinazione mista progettasa fantasia, che ta per il Business Bay di Dubai si flettono in rocamboleschi prodigi d’agilità meccanica al suo indomabile fervore creativo, ma che al contempo affidando l’ancoraggio delle proprie fondamenta allo scientifico rigore di sapienti calcoli matematici, incarnano la bellezza di uno stabile disequilibrio. Tali sono i progetti siglati nel 2007 e destinati alla Business Bay di Dubai: Il Dubai Financial Market Towers, meglio note come le Dancing Towers, tre edifici a destinazione d’uso mista che si ergono non rispettando la perfetta verticalità, e l’ Opus Dubai, opera composta da due strutture, ma concepita come un cubo unico asimmetricamente eroso al centro e dotato di una facciata riflettente capace di produrre l’illusione di pienezza durante il giorno, mentre la notte mirabilmente si smaterializza producendo il Guangzhou Opera House, inaugurata in Cina nel 2010 vuoto. Ancora il City Life, del 2004, progetto per la riqualificazione del quartiere storico della Fiera Campionaria di Milano per il quale la Hadid ha ideato un grattacielo di 185 m caratterizzato da un andamento curvilineo che ne produce la contorsione su sé stesso. La colossale Guangzhou Opera House in Cina, progettata nel 2008 e inaugurata nel 2011, che si sviluppa su 70.000 m2 complessivi, distribuiti su due aree la cui irregolare geometria ricorda i sassi di un fiume. La prima area accoglie il Gran Teatro con una capienza di 1800 posti a sedere; mentre la seconda area ospita una sala multifunzionale in grado di accogliere sino a 400 persone.
URBAN ADDICTED Elsa Schiapparelli, la Surrealista della Moda
La riapertura a Place Vendome 21 di Parigi della Maison Schiapparelli di Ada Distefano
Nello storico e affascinante Place Vendome 21 di Parigi, nelle sale allestite da Diego Giacometti e Jean Michel Frank, tra i quadri di Dalì ed i disegni di Vertes,ci si prepara ad assistere al risorgimento di un mito con la riapertura della storica Maison Schiapparelli. La Maison, chiusa nel 1953, ritorna ora alla luce grazie all’imprenditore Diego Della Valle che l’ha rilevata nel 2007. In attesa di conoscere il nome dello stilista che farà rivivere lo stile della couturier italiana - con la collezione che si attende per gennaio-febbraio 2013 - la modella e attrice, di origini algerine, Farida Khelfa è stata scelta come Ambasciatrice della Maison. All’esclusivo party di inaugurazione, tenutosi durante le giornate del Haute Couture parigina, Farid Khelfa e Diego Della Valle hanno fatto gli onori di casa accogliendo i loro ospiti nei quattro saloni del terzo piano di Place Vendome 21 tra mobili anni 40, quadri, disegni e oggetti surrealisti come la cassettiera a forma di aragosta di Vincent Diarrè, il sinuoso divano rosa shocking, il tappeto di Fernand Lèger e le sedie di Giò Ponti. La storia. Sono gli anni 30, gli anni tra le due guerre, quando una giovane italienne, Elsa Schiapparelli, fa il suo ingresso dirompente e innovativo sulla scena della moda parigina. Sono gli anni delle evoluzioni nel Haute Couture, i sarti conquistano la scena con le loro creazioni, con nuovi tessuti che acquistano valore e forme innovative, con abiti che si ispirano alla vita reale uscendo dagli atelier e facendo così il loro approdo al prèt-à porter. Elsa Schiapparelli, o semplicemente “Schiap” come poi si farà chiamare, nel 1924 arriva a Parigi dove ad attenderla vi è un destino nuovo che la porterà a lasciare un segno indelebile nel mondo della moda. Nella città francese, Elsa Schiapparelli, per puro caso, conosce Paul Poiret, il massimo couturier di Elsa Schiapparelli
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Edith Piaf - La vie en rose
quegli anni, colui che con spirito rivoluzionario ha liberato le donne dall’uso del corsetto, volendo e creando abiti dalle linee più fluide. Poiret riconobbe sin da subito in Mademoiselle Schiapparelli un forte ed innovativo estro creativo. Grazie al coraggio profuso da questo fortuito e fortunato incontro nel 1927 avviene la presentazione della prima collezione Elsa Schiapparelli e Salvador Dalì sport wear di Elsa Schiapparelli. Ma sarà solo con la collezione del 1930 che il carattere e la femminilità delle collezioni Schiapparelli sboccerà veramente. Nella Ville Lumiere “Schiap” inizia a frequentare i salotti letterari intessendo rapporti con un notevole circolo di artisti del momento. L’Arte del Novecento ed il Surrealismo affascinano la stilista a tal punto che per le sue creazioni inizia a sentire il bisogno di far dialogare la moda con altre espressioni d’arte; trae così ispirazione dall’arte figurativa, dalle tele degli artisti d’avanguardia, dalla grafica, dal cinema e anche dal mondo circense. Da queste influenze e dall’amicizia con gli artisti dell’epoca nascono modelli unici,stravaganti, “surreali” come il Il cappello a forma di scarpa con tacco, Elsa Schiapparelli w/ Salvodor Dalì cappello a forma di COURTESY OF METROPOLITAN MUSEUM OF NEW scarpa con tacco riYORK
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volto verso l’alto, l’abito da sera con le aragoste dipinte e l’abito Venere di Milo con cassetti, nati dalla collaborazione con Salvador Dalì e ancora l’abito disegnato con Cocteau, i bottoni a forma di labbra disegnati con Misia Sert e tante altre creazioni sbocciate dal legame con artisti come Alberto Giacometti, Louis Aragon, Francis Picabia. E il1936 vede il lancio del suo primo profumo, “Shocking”, con il celebre flacone a forma di busto rosa, per il quale trasse ispirazione dalle misure del busto dell’attrice Mae Westle, fatto riprodurre dalla scultrice Eleanor Fini. Come dare quindi torto a Mademoiselle Coco Chanel che definiva la rivale come “l’artista che fa i vestiti”. Elsa Schiapparelli, innovativa e stravagante, firma le sue più belle collezioni tra il 1934 e il 1940. Suo il rosa shocking, l’idea di sostituire negli abiti da sera la moltitudine di bottoni con le prime cerniere a vista, celebre il pull oversize con motivi in nero e bianco, il tessuto goffrato, la bigiotteria esagerata e sue le famose “12 regole del saper vestire” dedicate alle donne del suo tempo ma che, a leggerle ancora ora, risultano sempre attuali per la necessaria ricerca del buon gusto cui ogni donna, di ieri e di oggi, dovrebbe tendere. L’attenzione sulla couturier italiana si è già riaccesa in realtà un anno fa con la Mostra “Schiapparelle and Prada: Impossible Conversations” allestita al Metropolitan Museum di New York. La Mostra, curata da Harold Koda e Andrew Bolton e sostenuta da Anna Wintour e Conde Nast, aperta da maggio ad agosto, ha proposto, con un articolato e ricco percorso espositivo, un dialogo e un filo conduttore tra lo stile di Miuccia Prada e di Elsa Schiapparelli, due tra le più importanti ed influenti protagoniste della moda italiana. A rappresentare e sintetizzare lo spirito della mostra le parole di Harold Koda, chief curator del Costume Institute del Metropolitan Museum di New York: «Il confronto tra il lavoro di Elsa Schiapparelli e quello di Miuccia Prada ci permette di studiare in che modo il passato illumina il presente e il presente ravviva il passato». Ci prepariamo a rivivere il sogno con la riapertura della Maison Elsa Schiapparelli, la designer di moda che intuì per prima il potere e la magia del legame tra la moda e l’arte, che rivoluzionò il modo di intendere e vestire la moda in modo ambizioso e irriverente, con forme nuove e audaci e con uno stile ed una Il famoso flacone del profumo Shocking classe unica di cui ci resta di Elsa Schiapparelli
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insegnamento nella sue “12 regole del saper vestire”: “Mai adattare un abito al proprio corpo, ma allenare il fisico ad adattarsi all’abito”.
Uno dei saloni della Maison Schiapparelli di Place Vendome 21 di Parigi
Foto cassettiere a forma di aragosta disegnata da Vincent Diarrè
Farida Khelfa e Diego Della Valle COURTESY OF VOGUE
Disegno della famosa cassettiere ad aragosta disegnata da Vincent Diarrè COURTESY OF MARIE CLAIRE
Due schizzi delle collezioni della Maison Schiapparelli COURTESY OF LEIWEB.IT
PUNCTUM Edward Weston
La grande fotografia americana tra la via Emilia e il West di Martina Bollini
Dopo Ansel Adams, arriva in Emilia Edward Weston. La Fondazione Fotografia di Modena continua a raccontare la grande fotografia americana del XX secolo, dedicando un’ampia retrospettiva a uno dei suoi più grandi maestri, in ideale continuità con la mostra dello scorso anno dedicata a Adams.
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Calexico - Missing
a carico. Fu durante un viaggio in Ohio, nel 1922, che cominciò a sperimentare una fotografia più nitida e precisa, concentrando la sua attenzione sulle forme astratte di oggetti industriali e di elementi organici. In quello stesso anno Weston si recò a New York, dove entrò in contatto con Alfred Stieglitz e con la straight photography. Nel 1923 Weston si trasferì in Messico. Sua allieva, modella e compagna era Tina Modotti, che diventerà a sua volta fotografa1. Insieme frequentarono gli artisti del Rinascimento messicano, Siqueiros, Rivera, Orozco, ma Weston, a differenza della Modotti, non assorbì il loro impegno politico. Si rivolse invece allo studio delle forme naturali, in un’incessante ricerca di una definizione della natura del mezzo fotografico.
I due, del resto, furono compagni di strada e, per un breve tratto, furono loro stessi a tracciarla. Nel 1932 fondarono, insieme a Imogen Cunningham, Dorothea Lange e altri fotografi, il gruppo f/64, promotore di una poetica basata sulla nitidezza dell’immagine e sulla sperimentazione delle possibilità estetiche offerte dal mezzo fotografico. f/64 è infatti il termine tecnico che indica l’apertura minima del diaframma della macchine di grande formato dell’epoca, grazie alla quale si ottiene una messa a fuoco perfetta e Anche dopo il ritorno in California, nel Weston insegue una resa impeccabile dei dettagli. 1926, la fotografia di Weston sarà tutta Quello che Weston e soci volevano otgiocata sui valori formali dell’immagine. il perfetto tenere era una fotografia “pura”, imstruttura di ogni singolo soggetto, governo della luce La mune da manipolazioni di ogni sorta, sia esso un paesaggio, sia esso un nudo, in rotta con il pittorialismo. Per citare e dei chiaroscuri viene trascesa e idealizzata in un’eterna Weston stesso, “la macchina fotografiimmagine di bellezza. ca deve essere usata per registrare la vita e per rende- In ogni sua fotografia Weston insegue la più assoluta re la vera sostanza, la quintessenza delle cose in sé, sia perfezione tecnica, tramite il controllo formale dell’imsi tratti di acciaio lucido o di carne palpitante”. magine, la messa a fuoco, la lucentezza delle superfici, E pensare che fino a pochi anni prima Weston (1886- il perfetto governo della luce e dei chiaroscuri e una 1958) faceva foto flou in pieno stile pittorialista, nel composizione severa quando non geometrica. suo studio di Tropico, California, con moglie e 4 figli Negli anni Trenta Weston acquista un ruolo di rilievo nella scena artistica americana e nel 1936 è il primo fotografo a ricevere una borsa si studio dalla Guggenheim Foundation, che lo porta a viaggiare e fotografare nell’Ovest degli Stati Uniti per un paio d’anni. Nel decennio successivo gli vengono dedicate importanti pubblicazioni e mostre (nel 1946 espone al MoMA). Nel 1948 scatta la sua ultima fotografia: il morbo di Parkinson ha ormai compromesso le sue capacità fisiche di fotografare. Weston passerà i suoi ultimi anni a revisionare il suo lavoro, assistito dai figli. La mostra allestita presso i locali dell’ex convento di Sant’Agostino ripercorre tutte queste tappe, attraverso più di 100 stampe fotografiche originali, provenienti dal Center for Creative Photography di Tucson dalla collezione privata di Margaret Weston. Edward Weston, Horse, Kb Dude Ranch, 1938 ©1981 Center For Creative Photography, Arizona Board Of Regents
Oltre che protagonista di un bel romanzo di Pino Cacucci (Tina, Milano, Feltrinelli, 2005). 1
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Edward Weston, Saguaro, 1941 ©1981 Center For Creative Photography, Arizona Board Of Regents
Edward Weston, Nude, 1934 ©1981 Center For Creative Photography, Arizona Board Of Regents
Edward Weston ha descritto un’America solenne e desolata allo stesso tempo, in cui i corpi non corrispondono mai a persone, un’America silenziosa e ammantata di un crudo realismo che nulla concede alla pietà. Sotto molti aspetti, la sua fotografia è affine a tanta letteratura del tempo, da Steinbeck a Hemingway. Non è forse un caso se venne incaricato di illustrare Foglie d’erba di Walt Whitman, il padre della letteratura americana. In una immaginaria Spoon River della California anni Cinquanta l’epitaffio di Weston potrebbe recitare le parole di un altro grande narratore del primo Novecento, Sherwood Anderson: “Il mio scopo è essere fedele all’essenza delle cose”2.
EDWARD WESTON. UNA RETROSPETTIVA Fondazione Fotografia, Ex Ospedale Sant’Agostino, Modena 14 settembre - 9 dicembre http://www.fondazionefotografia.it/it/exhibition/ a cura di Filippo Maggia
S. Anderson, Storia di me e dei miei racconti, Torino, Einaudi, 1972 (traduzione di Fernanda Pivano) 2
Edward Weston, Cabbage Leaf, 1931 ©1981 Center For Creative Photography, Arizona Board Of Regents
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Surrealtà a confronto
Tra finzione e realtà negli scatti di Les Krims e Toscani di Federica Fiumelli
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«II surrealismo è la magica sorpresa di trovare un leone nell’armadio dove si voleva prendere una camicia» Così dichiarava Frida Kahlo nel 1939. Se “L’arte come la letteratura è la dimostrazione che la vista non basta” come Pessoa riteneva, gli scatti di un artista eccentrico dallo pseudonimo Les Krims, riesce attraverso le sue fotografie a fornirci un surrogato alla realtà, un plus, un sovrappiù, un carico dal sapore decisamente fantastico, proiettandoci nella dimensione surreale tanto cara a Breton e compagni già dal 1924. Surreale diventa ciò che noi comunemente non ci aspettiamo di trovare in situazioni culturalmente definite, un uso improprio, dunque di qualcosa normoconcepita. Nato a Brooklyn nel 1942, Richard Ben-Veniste, in arte Les Krims, iniziò studiando arti figurative per poi dedicarsi interamente alla fotografia. Durante la sua carriera artistica attraverso le sue immagini ha saputo fornire brillanti caricature dissacrando gli stereotipi della società americana. Una dose forte e ridondante di umorismo nel suo lavoro, un umorismo (definito a mio parere brillantemente sul sito della galleria Paci Contemporary) corrosivo. Un umorismo capace di corrodere, penetrare e quindi modificare la realtà con consapevolezza e ironia. Negli
Summer 78 - Yann Tiersen
scatti di Les Krims ci troviamo davanti a scene prodotte da un sognatore in preda a deliri esistenziali ed epocali dal gusto severamente kitsch, qualcuno sembra quasi esclamare che l’eccessività è la norma. Sul sito dell’artista - che merita una visita durante un qualsiasi momento libero nel quale sentiate l’esigenza di osservare stranezze e bizzarrie – egli stesso fornisce una descrizione per ogni serie fotografica. Inizia lo zapping tra le gallerie fotografiche ed ecco Les Krims show e visionnaire. Ecco la parata di improbabili soggetti: nani, uomini e donne nudi, o mascherati, fisicamente imperfetti, coppie di anziani, fidanzati che spruzzano deodoranti nelle parti intime della partner, donne nude sul bordo di una vasca all’interno del loro bagno alle prese con eventuali depilazioni, scope, sedie, arredamenti esageratamente kitsch e spinti, robot di latta e ancora tacchi brillanti che dovrebbero stare su una qualsiasi passerella sostano e minacciano il cranio di un piccolo topo bianco. Un pollo che fa da versa latte e sullo sfondo la confezione dei Corn Flakes dei Kellog’s, ed ecco il Les Krims blasfemo della stereotipia pop e quella pubblicitaria, chi ci sta versando il latte per una colazione non certo da Mulino Bianco non è la solita modella sulla via della perfezione che ci sorride con denti sfavillanti, no, è un busto di una donna grassa,
Les Krims, serie Fictcryptokrimsographs, 1970
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probabilmente verso i sessanta anni d’età, con mutandoni che ricordano l’amabile e sbadata Bridget Jones, e senza reggiseno, con un seno decisamente cadente, che sente e avverte la forza di gravità, un seno che l’estetica contemporanea non vorrebbe, visto che oggi imperversa l’uso di mastoplastica additiva. E allora apriamoli questi ombrelli contro il vero cattivo gusto, quello che è ormai capillarmente diffuso tra noi gente comune, proprio attraverso immagini caricate, di questo tipo, attraverso cioè la negazione della normalità, noi possiamo capire e riflettere sulla quotidianità di tutti i giorni. Se attraverso la finzione quindi si può arrivare ad una critica costruttiva della realtà vigente, la provocazione e l’eccesso servono proprio per dare questo effetto di surrogato alla realtà. La realtà può anche diventare iperreal mostrandosi così com’è, senza orpelli o finzioni. Un maestro in questo lo è stato sicuramente Oliviero Toscani che tramite la sua fervida collaborazione, ormai da anni, con la casa di moda Benetton, ci ha regalato scatti provocatori e stimolanti, veri e propri cazzotti visivi, ai quali non si può reagire con indifferenza. Un ottimo saggio di Gabriella Bartoli in “Moda relazioni sociali e comunicazione” edito da Zanichelli offre interessanti spunti per comprendere la poetica delle più famose pubblicità di Toscani. Era il 1992 e Toscani fece scandalo e scalpore attraverso due note immagini, una dove un bambino impugnava un kalashnikov e l’altra dove un vero malato di Aids veniva ritratto nel proprio letto di morte in mezzo al compianto dei parenti. “La devastazione così esibita è sì reale
ma nella sua ricontestualizzazione essa diventa teatrale” così afferma Carol Squiers, scrittrice ed editrice fotografica newyorkese. E’ così che alcuni nel malato disteso a letto rivedono una riattualizzazione concreta e moderna della sofferenza, riportando in vita capolavori come il Cristo del Mantegna. Toscani scopre, denuda le vergogne per suggerire di ricoprirle attraverso il marchio di moda United Colors of Benetton, ed è qui che entra il gioco sottile della pubblicità che colpisce, incuriosisce e arriva al proprio scopo, quello cioè di incentivare le vendite, convincendo l’acquirente ad acquistare un capo d’abbigliamento. Immagini di bambini di diverse etnie, immagini di emigrati, di sfruttamento infantile, di un prete e una suora che si baciano, il contrasto tra una coppia di bambini, uno assomigliante ad un putto angelico, biondo e boccoloso abbracciato ad un bambino di colore acconciato come un diavoletto. L’ironia dissacratoria è ancora protagonista proprio come negli scatti di Les Krims, è sì servita diversamente, ma il messaggio fotografico ci aiuta in entrambi i casi a riflettere sulla humana conditio. Riferimenti, richiami, da queste immagini ci viene continuamente lanciato un amo, sta a noi scegliere se farci pescare o meno. L’inconsueto, il vietato, l’orrore, la bruttezza, la volgarità e il kitsch ci sono state presentate fin qui daglia scatti sia di Les Krims che di Toscani. Ostentazione? Può darsi. La bellezza sta nella riflessione, nell’inaspettato, nell’inciampo, nell’interrogazione sulla verità della normalità, anche se come affermava Breton: “Nessuna verità merita di rimanere esemplare”.
Oliviero Toscani, adv per United Colors of Benetton, 1991
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Scatti di moda, tra sogno e vanità
In mostra le opere fotografiche di David LaChapelle a Lucca e di Tim Walker a Londra di Ada Distefano
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Due città, lontane tra loro ma idealmente unite per l’omaggio che rendono a due grandi artisti della fotografia con due mostre che stanno catalizzando l’attenzione mondiale. David LaChapelle e Tim Walker sono i due artisti della macchina fotografica in mostra rispettivamente al Lucca Center of Contemporary Art sino al 4 novembre e al Sumesert House di Londra dal 18 ottobre sino al 27 gennaio 2013 LaChapelle e Walker, non semplicemente e solamente fotografi, non reporter che inseguono l’immagine, lo scatto, il momento ma due artisti che sublimano un’immagine, un’idea e la plasmano, creano un set come fosse la tela di un quadro su cui lavorare, aggiungendo personaggi, colori, oggetti sino alla realizzazione di ciò che reputano idealmente perfetto per la loro opera, per la loro fotografia. David LaChapelle. La mostra dedicata a David LaChapelle é ospitata al Lu.C.C.A. – Lucca Center of Contemporary Art dal 29 giugno al 4 novembre 2012. La mostra, allestita nello storico Palazzo Boccella nel centro storico della città di Lucca, é curata da Maurizio Vanni ed è stata prodotta da Arthemisia Group in collaborazione con il Lucca Center of Contemporary Art. In esposizione 53 scatti suddivisi in 10 sezioni tematiche che rappresentano un percorso antologico del lavoro dell’artista: Star System, Deluge, Earth Laughs in Flowers, After the Pop, Destruction and Disaster, Excess, Plastic People, Dream evokes Surrealism, Art References e Negative Currency. David LaChapelle nasce nel 1963 a Fairfield, frequenta la “North Carolina School of Art” e successivamente la“ School of Art” di New York. E proprio a New York il suo talento viene portato alla luce da uno dei maggiori artisti del 900, Andy Warhol. Fu Warhol ad offrire
Tim Walker
Goodnight Moon – Shivaree
a LaChapelle la possibilità dell’incarico per “Interview magazin”e e ad aprirgli così le porte al mondo dell’editoria e della moda che non hanno potuto far altro che confermare e plaudire il suo talento. Importanti riviste come “Vogue”, “Rolling Stone”, “Vanity Fair”, “The Face”, “GQ” e “Arena Homme” reclamarono presto il fotografo per servizi fotografici e cover. Seguirono le pubblicazioni di libri fotografici quali “LaChapelle Land”, che contribuì a far conoscere lo stile del fotografo, “Hotel LaChapelle”,che divenne subito uno dei libri fotografici più venduti, nel quale sono contenuti alcuni degli scatti più belli realizzati a personaggi dello star system, e ancora “Artists and Prostitutes” e” Heaven to Hell”. Ben presto LaChapelle con i suoi scatti arriva agli occhi del grande pubblico grazie alla collaborazione per importanti aziende di cui cura le campagne pubblicitarie, come quelle per Condé Nast, Tommy Hilfiger, Nokia, Lavazza, L’Orèal, H&M, Diesel, ai promo di serie televisive di successo,come Desperate Housewives e Lost, ed ai video clip di cui cura la regia, come quelli di Jennifer Lopez e di Elton John. Molte le celebrità che negli anni hanno posato per i suoi visionari set fotografici come Cameron Diaz, Angelina Jolie, Kirsten Dunst, Madonna, Elizabeth Taylor, Michael Jackson, Uma Thurman, David Beckham e tanti altri ancora. David LaChapelle con i suoi lavori racconta la società moderna con le sue vanità, i suoi sentimenti e la continua corsa al consumismo. Il suo stile è surreale, giocoso, ironico, nei suoi lavori sono evidenti i richiami all’arte rinascimentale, al barocco e alla cultura pop. Le sue fotografie sono studiate, create, vengono dalla sua mente e prendono poi forma davanti al suo obbiettivo, ricreate in set fotografici in cui la scenografia è curata con do-
David LaChapelle
Mulberry Fall/Winter 2012 Campaign by Tim Walker
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Locandina Mostra David LaChapelle Lucca COURTESY OF LUCCA CENTER OF CONTEPORARY ART
David LaChapelle
vizia di particolari in rappresentazioni colorate, vivaci, in cui nulla è fuori posto. LaChapelle cura e studia ogni cosa, ogni ombra, ogni luce e ogni colore é perfettamente realizzato per ricreare quell’effetto, quella sensazione in lavori in cui il ricorso e l’utilizzo dei ritocchi digitali è ridotto al minimo. LaChapelle afferma: “Provo a fotografare l’in-fotografabile”, ed effettivamente queste immagini scaturiscono unicamente dalla sua fantasia e dal suo genio creativo. Mentre a Lucca la mostra su LaChapelle sta per giungere a termine, a Londra apre i battenti la mostra su Tim Walker. Tim Walker.La mostra alla Sumesert House di Londra, inaugurata il 18 ottobre ed aperta sino 27 gennaio 2013, intitolata “Tim Walker: Story Teller” e sponsorizzata da Mulberry, si sviluppa in un percorso espositivo che raccoglie oltre 175 tra i suoi scatti più significativi, accompagnati da installazioni, oggetti utilizzati per la creazione delle scene, workshop ed incontri con lo stesso autore, con la giornalista Penny Martin e con Rhea Thierstein, set-designer che crea scenografie per Mulberry, “Bombay Sapphire”, “Vogue” e “Vanity Fair” e che ha lavorato con Tim Walker per molti dei servizi fotografici presenti in mostra. Durante la mostra vengono inoltre presentate le rivisitazione di alcuni film di culto curate dallo stesso Walker come “La Belle et le Bete”, “The Red Shoes”, “ A Matter of Life and Death” e verrà anche presentato lo short-movie con cui Walker ha debuttato alla regia nel 2010, “The Lost Ex-
Tim Walker
plorer”, adattamento dell’omonimo romanzo di Patrick McGrath. Tim Walker è uno dei fotografi di moda più apprezzati degli ultimi anni. Inglese, nato nel 1970, esprime sin da prima degli anni universitari il suo interesse per la fotografia collaborando all’archivio Cecil Beaton presso la Condé Nast di Londra. Dopo la laurea, conseguita al Exeter College of Art nel 1994, inizia a lavorare come assistente fotografo prima a Londra e poi a New York per il fotografo Richard Avedon, considerato uno dei maestri del ritratto in bianco e nero. Nel 1995 inizia a lavorare nel mondo della moda con il suo primo servizio per Vogue e ben presto arrivano le collaborazioni con alcune tra le più importanti riviste di moda. Walker, come LaChapelle, è un’artista della fotografia, è colui che immagina e crea le scenografie per realizzare e dar vita tramite i suoi scatti alla sua arte. Il suo stile è onirico, fiabesco, surreale e alle volte gotico. Le sue foto sono avvolte in un’aurea di magia e si animano di creature che sembrano uscite dal mondo delle favole, dai cartoon, dai sogni ma che rimandano anche alle paure primordiali. Quello che ci presenta Walker con le sue fotografie é uno scenario fatto di colori pastello, scenografie fiabesche e ambientazioni surreali animate da gatti rosa e azzurri, moderne principesse, bambole, scale infinite, gelati giganti, lampade a forma di abiti. Il carattere gotico e surreale dell’artista é espresso soprattutto nelle sue collaborazioni con il regista Tim Burton. Tim Walker firma alcune tra le più famose campagne
Tim Walker
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David LaChapelle – Cameron Diaz
Tim Walker
pubblicitarie come quella di Moet & Chandon con Scarlett Johansson e quelle per Dior, Mulberry, Aquascutum e altre ancora. Nel 2008 raccoglie i suoi lavori nel primo libro fotografico,”Pictures”, e l’8 ottobre di quest’anno ha presentato il libro “Story Teller by Tim Walker”, edito da Thames & Hudson, in cui si avvale della collaborazione dell’art-director Ruth Ansel. Sempre nel 2008 arriva, a conferma del suo talento, il riconoscimento del British Fashion Council che lo insignisce dell’Isabella Blow Award for Fashion Creator. Alcuni dei lavori di Tim Walker sono entrati a far parte della collezione permanente del Victoria & Albert Museum e della National Portrait Gallery di Londra. “So che il mondo che rappresento non è la realtà. Si tratta di un capriccio, uno spettacolo per provocare qualcosa nelle persone, un modo per evadere o per liberarsi. Penso che sia un metodo molto valido.”
Scarlett Johansson for Moet & Chandon Campaign by Tim Walker
E allo spettatore della mostra non risulterà difficile farsi trasportare in questo mondo di sogni ed evadere tra le immagini e le installazioni di Tim Walker.
David LaChapelle – Kirsten Dunst
Tim Walker
Tim Walker COURTESY OF VOGUE
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Miss Dior Campaign by Tim Walker
Speculum
Riflessioni inclinate per un fotografo ai margini di Claudia Balzani
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Mogwai - Take Me Somewhere Nice
In una sala di specchi non c’è modo di voltare le spalle a te stesso. H.Miller
Niente di personale Daniel, ma le tue foto non mi convincono. Nel Marzo 2012 Daniel Kukla ha vinto una residenza d’artista sponsorizzata dall’Ente per i Parchi degli Stati Uniti presso il Joshua Tree National Park in California. Nasce da questa esperienza il progetto fotografico The Edge Effect, la cui traduzione in gergo ecologico è l’effetto margine che scaturisce dallo scontro-incontro di ecotoni1…leggete pantoni? Deformazione professio-personale perché ora parliamo proprio di ecotoni, in altre parole quegli ambienti di transizione tra due ecosistemi, si tratta di superfici in cui si osserva un livello di biodiversità elevatissimo, questi sono l’anello di congiunzione tra sistemi molto diversi tra loro. Sono una cristallizzazione delle fasi di transizione. Proprio in queste zone di margine risaltano le proprietà distintive delle diverse parti tanto da creare un effetto straniante: questo progetto fotografico intende disarmarci, ingannare il nostro occhio per portarci a conclusioni biodiverse. Il fotografo americano riesce a far riflettere queste superfici sulla stessa immagine per cui una porzione di sguardo, che subentra sulle punte dei piedi e va a posizionarsi al centro della tela, risulta una crepa della visione. Come se fosse stato possibile, per pochi istanti, sovrapporre il dietro al davanti, con un trucco d’artista ma soprattutto con un cavalletto d’artista. Dopo un Baccellierato in Scienze ed un programma annuale presso il centro internazionale di fotografia di New York (specializzandosi in fotogiornalismo e fotografia documentaria), possiamo delineare il profilo biofotografico di Daniel Kukla come un professionista ai margini dell’arte, appartenente a quella sacca della fotografia documentaristica in cui l’arte stessa arriccia le fotografie alla scienza e quest’ultima dà maggior validità ed al contempo invalida le ricerche artistiche, secondo un metodo di verifiche ed ipotesi. Queste immagini sono figlie di una grande intuizione: la sovrapposizione sempre straniante di due visioni, opposte nella realtà, e la fusione di questi diversi aspetti in un unico piano. Infatti, mentre le pubblicità di oggi ci mostrano come sia possibile scattare una foto con il nostro iPhone semplicemente ruotando il telefonino attorno al nostro corpo (ottenendo così una pano-
ramica circolare), Kukla invade la nostra porzione di sguardo con un inaspettato riflesso; questa particolare porzione poggia su un cavalletto d’artista come fosse un dipinto mutevole abbandonato nel parco nazionale. In questo caso i contrasti sembrano dipingere immagini cromatiche in forte opposizione con il paesaggio retrostante: sono cieli in angolazione, nuvole con riflessi leggeri, volte celesti circondate da radure. C’è qualcosa all’interno di queste immagini che non mi convince, il mio stupore iniziale non era altro che disorientamento, mi risultava difficile capire la composizione dell’immagine, finché, svelato il trucco della visione virtuale, qualcosa si è dissolto. Ed è la sensazione che queste immagini parlino di un mondo ma in maniera troppo estetizzante. Queste fotografie si trasformano in un linguaggio (se mai fosse possibile, sarebbe un linguaggio internazionale) semplice ma probabilmente troppo superficiale, i giochi di sovrapposizione tra virtuale e reale risultano interessanti tuttavia troppo vicini ad una ricerca cromatica ed armonica in stile National Geographic. Le fotografie danno l’idea di trovarsi in un set cinematografico, sono immagini molto limpide e prive di rumore di fondo. Ho cercato tanto e non ho trovato il mio punctum1 o meglio il punctum non ha trovato me; queste immagini sembrano impregnate di studium2, portano lo spettatore ad informarsi per gestire questo genere di figure, l’importanza del titolo e la collocazione spazio temporale degli scatti. Queste immagini sono un approfondimento; eppure non toccano il mio
Daniel Kukla, Lamina, 2008
Dal greco oikos (casa, ambiente) e tonos (tensione) All’interno della Camera Chiara (1980) Roland Barthes identifica due modi che ha lo spectator di fruire una fotografia: • studium è l’aspetto razionale e si manifesta quando il fruitore si pone delle domande sulle informazioni che la foto gli fornisce (costumi, usi, aspetti). • Il v, è invece l’aspetto emotivo, ove lo spettatore viene irrazionalmente colpito da un dettaglio particolare della foto. 1 2
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profondo, lasciano una sensazione ben lontana dalle ricerche (una di queste sempre con l’immagine riflessa degli specchi) di Robert Smithson, artista della land art, totalmente sedotto dai grandi processi di trasformazione naturale, fossero questi fluidi o materici, caotici e casuali. Si parla però degli anni ’70 in cui si
pensava ancora di poter lasciare una traccia umana rimodellando il paesaggio, osservando e modificando, in una presa di coscienza dell’uomo sull’ordine naturale e sulle sue trasformazioni. Daniel, manca qualcosa, ma non so cosa.
Daniel Kukla, The Edge Effect, 2012
Daniel Kukla, The Edge Effect, 2012
OPEN CALL di Gabriella Mancuso PREMI E CONCORSI Bergamo, Trofeo G.B. Moroni 2012, primo premio: mostra collettiva e premi di categoria temine ultimo di partecipazione: 17 novembre 2012 info: www.galleryartemisia.com
Padova, CATS Contemporary Art Talent Show, primo premio: premio pecuniario, targa di riconoscimento e buono sconto per l’acquisizione di uno stand all’interno di Arte Padova del prossimo anno. termine ultimo di partecipazione: 8 novembre 2012 info: www.artepadova.com
Grosseto, Premio Primal Energy 2012. Radici Contemporanee primo premio: premio pecuniario e diffusione sui mass media nazionali termine ultimo di partecipazione: 25 novembre 2012 info: www.primalenergy.it/Premio2012
Roma, Premio Fiorenza Sorbelli, primo premio: esposizione termine ultimo di partecipazione: 30 ottobre 2012 info: www.premiofiorenzasorbelli.blogspot.it
Molignano V.to, Premio Arte Laguna 2012, sezioni: arti visive primo premio: premio pecuniario e premi speciali per ogni sezione termine ultimo di partecipazione: 8 novembre 2012 info: www.premioartelaguna.it
Roma, Selezioni per Elementi ad Arte - le Radici: Terra, primo premio: esposizione termine ultimo di partecipazione: 11 novembre 2012 info: www.sinergyart.it
Napoli, Un’Opera per il Castello. Lo spazio della memoria|La memoria dello spazio, primo premio: premio pecuniario e inserimento nella collezione permanente di Castel Sant’Elmo termine ultimo di partecipazione: 31 ottobre 2012 info: www.polonapoli-projects.beniculturali.it
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NORD EST Le Immagini della Fantasia festeggia 30 anni di Federica Melis
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A Sarmede, pittoresca cittadina nella marca trevigiana, la Mostra Internazionale dell’Illustrazione per l’Infanzia celebra il trentennale. Le Immagini della Fantasia 30 animerà la fredda stagione -dal 28 ottobre al 23 dicembre e dal 5 gennaio al 20 gennaio- con uno speciale programma ricco di esposizioni, approfondimenti, laboratori ed eventi collaterali. Nata nel 1983 da un’idea dell’artista ceco Štěpán Zavřel, operando in direzione della realizzazione di un sogno la mostra rispondeva alla pressante esigenza di parlare di illustrazione in un luogo in cui le immagini potessero sentirsi a casa; come un microcosmo che, regolato dall’arte, potesse produrre una familiare percezione estetica del mondo, superando lo stigma dell’utile e dell’egoistico interesse personale e al solo fine di consentire, una volta abbandonata la protezione degli incantati confini domestici, di riaffacciarsi al mondo con meraviglia osservandolo ogni volta da una nuova e sorprendente prospettiva. Oggi, a distanza di trent’anni, grazie al contributo di centinaia di artisti che con strenuo entusiasmo hanno abbracciato l’originario sogno zavreliano, Sarmede resta ancora quel punto speciale nello spazio in cui le coordinate del reale e dell’immaginario convergono indicandola come il paese della fiaba. Le Immagini della Fantasia 30, dopo l’instancabile peregrinare europeo delle precedenti edizioni a rimarcare la valenza pedagogica e culturale del libro illustrato, ci condurrà in quel magico paese-continente che è la Russia, con un titolo: Nel bosco della Baba-Jaga, le fiabe dalla Russia, così evocando la bellezza delle fiabe di Aleksandr Nikolaevič Afanas’ev. Con la Baba-Jaga (personaggio principe della mitologia slava; nei racconti russi impersona una vecchia strega dal carattere sorprendentemente volubile, abitante di una capanna sostenuta da due zampe di gallina e selvatica viaggiatrice, a bordo di un mortaio che armata di un pestello come timone e di una scopa di betulla d’argento, dispettosamente cancella i sentieri del bosco) una maestosa varietà di figure come corvi servizievoli, potenti zar che albergano in maestosi palazzi, diavoli spaventosi, fratellini orfani in balia del mondo, lupi generosi, valenti e coraggiosi principi e spiriti dispettosi, vestiranno i colori di circa cento fra illustratori affermati ed emergenti di varia nazionalità e giovani promesse provenienti dalla Scuola Internazionale d’Illustrazione Štěpán Zavřel (con sede in Sarmede) e dalle scuole di illustrazione russe Ivan Fedorov Moscow State University of Printing Arts e Stroganov Moscow State University of Arts and Industry. Fra i più apprezzati giovani illustratori in ascesa troviamo il galiziano Jacobo Muñiz, talentuoso artista autodidatta che con i suoi lavori si è aggiudicato numerosi premi nazionali e internazionali e che
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La collina – Fabrizio De Andrè
Alicia Baladan, Il principe Ivan, l'uccello di fuoco e il lupo grigio, illustrazione per la trentesima edizione di Le Immagini della Fantasia – Sarmede
ispirerà la sua illustrazione a una filastrocca popolare russa trascritta da Luigi Dal Cin: La tiritera dello zar a cavallo. Violeta Lopiz nata a Ibiza nel 1980 e formatasi all’ Escuela de Arte n° 10 di Madrid, svolge la sua attività di illustratrice per bambini dal 2006 dividendosi fra Berlino e Madrid. Già dal 2007 si registra la strabiliante capacità di trattare per immagini la materia popolare russa con un libro, edito dalla casa madrilena Anaya, La bruja Yagà y otros cuentos. Ancora un galiziano fra gli astri nascenti di Sarmede, David Pintor nato a La Coruña nel 1975, ha cominciato a dedicarsi in maniera professionale all’illustrazione nel 1993 come grafico umorista pubblicando per i giornali Diario 16, La Voz de Baleares e Diario de León. Attualmente la sua opera appare nelle pagine di uno dei quotidiani più importanti della Spagna: La Voz de Galicia. Come illustratore per bambini vanta numerose collaborazioni con alcune delle maggiori case editrici spagnole quali Everest, SM, Anaya, Kalandraka, Sotelo Blanco, Círculo de lectores, Biblos e Combel. Alicia Baladan, nata in Uruguay nel 1969, dopo aver completato la scuola dell’obbligo in Brasile a Rio de Janeiro si trasferisce in Italia, a Milano, dove si diploma presso l’Accademia di Belle Arti
di Brera. Pur occupandosi da lungo tempo di illustrazione, è solo dal 2008 che l’aspetto narrativo delle sue opere viene sviluppato attraverso i libri per bambini. La sua illustrazione per la mostra sarà ispirata a una delle più celebri fiabe russe: Il principe Ivan, l’uccello di fuoco e il lupo grigio. La fiaba, come da millenni tramandano gli sciamani jakuti della Russia siberiana con la leggenda di Eksekju (il salvifico uccello a tre teste che accovacciato sulla roccia lambita dalle fievole luce del tramonto, racconta le storie antiche agli uomini sul punto di incorrere nelle tre tristi disgrazie di cui spesso soffrono: la perdita di memoria, la mancanza di gratitudine e l’indifferenza), è la potente medicina celeste capace di ingentilire l’animo umano, di accrescere le coscienze, di rafforzare la sensibilità morale e di affinare quella estetica; poiché la bellezza delle fiabe russe, incarnata nelle meravigliose descrizioni dei palazzi o ancora nei tratti somatici e caratteriali di eroi ed eroine, rappresenta la grande speranza che nutriva lo stesso Dostoevskij nell’ Idiota: “la bellezza salverà il mondo”. La stessa sfolgorante bellezza che gli artisti della mostra di Sarmede, attraversando culture e tradizioni, incarnando nelle loro opere gli archetipi, i sogni e le fantasie di tutti i tempi e trasfigurando questo eccezionale corredo genetico gelosamente custodito nelle fiabe, consentiranno di scorgere fra i segreti sussurri delle fronzute betulle d’argento e le terribili insidie nelle tenebre del bosco della Baba-Jaga.
Jacobo Muñiz, La tiritera dello zar, illustrazione per la trentesima edizione di Le Immagini della Fantasia – Sarmede
David Pintor, illustrazione per la trentesima edizione di Le Immagini della Fantasia – Sarmede
Violeta Lopiz, illustrazione per la trentesima edizione di Le Immagini della Fantasia – Sarmede
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Mockba Underground, la rivoluzione cortese degli artisti della steppa di Andrea M. Campo
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Nella coralità di un’azione di “destalinizzazione”, sulle orme della politica populista di Chruscev, nelle terre moscovite del trentennio postbellico fiorì una clandestina mutazione culturale dai profondi legami territoriali. Fenomeno “sotterraneo” dalle tentacolari estensioni emotive, questo eterogeneo gruppo di artisti si realizzò in una formazione priva di una reale matrice distintiva e di un motivo dialettico ma ugualmente caratterizzata da una forte identità intellettuale. Erano artisti non schierati che, estranei al sistema totalizzante della comunicazione canonica dei canali statali o viceversa dei contestatori -che per sua natura all’apice della sua evoluzione s’identifica con la prima-, si liberarono dall’impegno politico a favore di una ricerca senza vincoli retorici e finalizzata all’educazione delle proprie arti: così raccontava l’artista Jurij Sobolev “Non avevamo una piattaforma artistica comune o degli orientamenti precisi. Si trattava solo di andare a visitare gli studi dei pittori, scambiarsi informazioni, imparare assieme. Nient’altro”. Dal finire degli anni ’50, tra Mosca e Leningrado, il corposo gruppo di artisti underground costituì una fitta rete di scambi, di idee, di progetti oggi riportati sotto i riflettori con la mostra “Mockba Underground – pittura astratta dal 1960” fino al 19 novembre presso gli Spazi Espositivi dell’Università Ca’ Foscari (Dorsoduro 3246, Venezia; Catalogo: Virtual’naja Galereja, Mosca -italiano e russo-). La mostra raccoglie 110 opere della Collezione Aleksandr Reznikov, con autori quali Elij Bljutin, Julo Sooster, Vladimir Jankilevskij, Lidija Masterkova, Il’ja Kabakov (e molti altri) in un percorso espositivo curato da Giuseppe Barbieri, Silvia Burini, Nikolaj Kotrelev e Sergej Aleksandrov, costruita secondo un quadro esauriente dei percorsi quotidiani della vita della controcultura russa. Come spiegato in una nota introduttiva, è difficile inserire queste opere, prive per loro natura di affinità stilistica, in un cammino Il'ja Kbakov, Giovane, 1965. COURTESY OF CÀ FOSCARI
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I Wanna Be Your Dog – The Stooges
concettuale omogeneo. “Una delle indubbie caratteristiche dell’andegraund (sic) moscovita è una sorta di forte plurilinguismo stilistico o, riprendendo un’espressione di Viktor Pivovarov, di una mancanza di stile. Gli artisti non-conformisti non aspiravano a far valere un dissenso politico in modo ufficiale, di gruppo: il loro era, piuttosto, un personale dissenso linguistico, che si traduceva nel semplice desiderio di poter usare una lingua diversa da quella ufficiale. Non si configura così alcun eclettismo: ogni artista lavorava infatti in modo del tutto autonomo, per cui era molto difficile entrare in comunicazione con gli altri, e inoltre ognuno sceglieva spesso di mettere al centro della propria arte se stesso”. Nel percorso espositivo sono presenti un’esatta ricostruzione dell’ambiente domestico degli artisti e un tavolo multimediale con la pianta della città di Mosca, con le immagini storiche dell’arte non-ufficiale nonchèe un’ampia serie di frame cinematografici sui temi dell’epoca. Infine, una sezione con le biografie degli artisti esposti e una serie di album fotografici, personali e di gruppo.
Julo Sooster, Il sogno di un uomo, 1965. COURTESY OF CÀ FOSCARI
Ligija Masterkova, Composizione, 1960-1961. COURTESY OF CÀ FOSCARI
E-BOMB How to participate?
Tre grandi combattono tra di loro per coinvolgere il pubblico di C.S.
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Radiohead - How to disappear completely
Federico Zukerfeld e Loreto Garín Guzmán, fondatori Nell’ambito dei prodel collettivo argentino Etcetera sono approdati il 9 ot- getti Percorsi Arte tobre a Bologna, all’interno dello spazio Nosadelladue e Natura, Fantin residence, per partecipare al Premio Internazionale realizza opere coldi arte partecipativa, promosso dall’Assemblea Legi- lettive per la ricerslativa della Regione Emilia-Romagna, curato da Julia ca di nuovi linguagDraganović e Claudia Löffelholzin, in collaborazione con gi, per analizzare il LaRete Art Projects e La Pillola. rapporto tra arte e Il gruppo sfiderà gli altri due finalisti, l’italiano Emilio natura, o il rapporEtcetera, Kabaret Errorista, 2009, Fantin e l’americano Jon Rubin, per un montepremi to tra sogno e realBiennale Di Istanbul di trentamila euro e un progetto artistico in Emilia sul tà: in Arstale invita COURTESY COLLETTIVO ETCETERA concetto di partecipazione, di coinvolgimento sociale e i partecipanti a condi abbattimento della barriera tra artista e pubblico. dividere lo spazio Nonostante background diversi, i tre finalisti condivi- non definibile del sonno e del sogno, creando zone di dono l’idea di arte partecipativa, inscambio e d’incontro. Gli Etcetera tesa come strumento per dare forma Sia Rubin sia Fantin, in un momenalle idee e progetti che propongono. mettono in discussione to della loro carriera hanno scelto L’esperienza artistica diventa, quindi, la didattica come punto di partenza il concetto mezzo per trasformare o rinnovare i e target delle loro azioni. Rubin, in di partecipazione punti di vista dei partecipanti, per particolare ha fondato ISA The Inmettere in luce fratture e buchi neri della società, inne- dipendent School of Art, una scuola gratuita e spescando un meccanismo che crea un senso di comunità, rimentale a San Francisco, che non riceve alcun tipo di coscienza comune e di azione programmata. Sia Ru- di finanziamento esterno e senza una sede fisica, che bin sia Fantin intervengono nel sociale in modo naturale opera grazie al lavoro realizzato dagli stessi allievi e dai giocando con i doppi sensi e creando nuove piattaforme partecipanti. La scuola ha come obiettivo lo sviluppo e di scambio. il consolidamento del metodo e della pratica degli stuThe Waffle Shop: A Reality Show di Jon Rubin ne denti, ponendo l’accento sugli aspetti sociali e culturali è un esempio. Questo spazio creato a Pittsburgh opera delle ricerche personali: creare una comunità di “creacome ristorante, vetrina, aula e sede di un talk show dal tori di opere e di pensiero” che lavorino e sperimentino vivo che vede come protagonisti gli stessi clienti, came- in comune per generare cultura pubblica. rieri e baristi del locale. Rubin sfrutta la mutabilitá dei Fantin, invece ha posto ruoli e la liberta di parola e di azione per creare un’istal- le basi per Dynamica lazione pubblica costituita da una serie di performance, (in concorso a Bologna), realizzate da individui che partecipano come collettivi- una scuola ibrida che tà e che rinuncia alla propria identitá per creare una vuole superare le soglie storia comune. Nel progetto Never Been to Tehran della conoscenza e dei l’artista americano crea un lavoro creativo in gruppo, pregiudizi, tramite l’inin cui ognuno cari- segnamento di materie ca in rete le figure di di vario genere, dall’enuna Tehran inventata tomologia alla fisica, per realizzando un archi- creare lavori condivisi. vio di questa “cittá Gli Etcetera, invece, immaginaria”. Anche propongono un punto di Fantin usa strategie vista totalmente diverso similari coinvolgendo frutto del loro bagaglio persone di ambienti personale e culturale. Il E.Fantin, Performance Day, Nosadella.Due, 2008 diversi per realizzare collettivo è sempre staCristian Chironi, Peter Parker #2 Etcetera E L'internacional Errorista, Bang, 2005 un’azione comune. to coinvolto nel tema COURTESY COLLETTIVO ETCETERA COURTESY COLLETTIVO ETCETERA
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dell’appropriazione e dell’azione sullo spazio pubblico fin dal 1997, anno di nascita del collettivo, fino ad oggi. Attivi socialmente e politicamente sin dai primi anni, gli EtceJ.Rubin, The Indipendent School Of Art tera hanno collaboCOURTESY COLLETTIVO ETCETERA rato con associazioni come H.I.J.O.S (Figli per l’Identità e la Giustizia, contro l’Oblio e il Silenzio) e MADRES, nella lotta per i diritti dei “desaparecidos”. Intervenendo sulla città in modo trasversale e contundente (accanto agli Escraches) mostravano le abitazioni dei personaggi coinvolti nelle sparizioni e nelle torture durante la dittatura militare in Argentina. Una sorta di happening poggiato su una manifestazione pubblica che convogliava una grande massa di persone in un luogo della città, dove gli Etcetera, attraverso una performance teatrale (camouflage dell’azione reale) rivelavano l’identitá e il nome del colpevole, generando una sorta di catarsi generale, un lavoro in collettivo di una comunitá unita da un obiettivo e da un sentimento comune. Nel 2001, a fronte della crisi economica in Argentina, realizzano El mierdazo con l’appoggio delle assemblee locali: un’azione politica che diventa un evento nazionale e internazionale, tramite il quale la gente lanciava escrementi al congresso nazionale. Durante la loro permanenza a Bologna, gli argentini hanno analizzato la situazione locale per comprendere l’ambiente in cui opereranno, focalizzandosi sui fenomeni che coinvolgono la comunitá, sui temi sociali e sull’andamento di dinamiche già innescate, intervenendo su esse, e contemporaneamente provando a innescare un’azione comune di costruzione culturale. Gli Etcetera mettono in discussione il concetto di partecipazione, ormai quasi scomparso nel sistema di rappresentanza democratica, con l’obiettivo di lavorare in collettivo in Emilia Romagna e generare dei vincoli con la comunità, resa partecipativa e partecipata. Sfruttando le caratteristiche dell’ambiente in cui opereranno, mantenendo integre le peculiarità del luogo e interpretando i codici visuali e performativi che esistono già in città, svilupperanno un progetto d’intervento che coinvolgerà il pubblico in generale e non solo una deEtcetera, Escrache Al General Massera, 1998 terminata comunità; COURTESY COLLETTIVO ETCETERA
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J.Rubin, The Waffle Shop. COURTESY COLLETTIVO ETCETERA
attraverso la filosofia dell’errorismo e per rompere l’idea di segmentazione sociale, genereranno un grado di inflessione, un senso di collettività che permetterà di recuperare un sogno collettivo. Il contributo di Rubin, di Fantin e degli Etcetera è un punto di partenza per generare una relazione complessa che dia vita a nuclei di azione, non solo in prospettiva locale ma anche mondiale. A febbraio per sapere chi sará il vincitore.
J.Rubin, The Waffle Shop. COURTESY COLLETTIVO ETCETERA
J.Rubin, The Indipendent School Of Art. COURTESY COLLETTIVO ETCETER
IL PROIETTORE DI OLOFERNE Il compromesso di un uomo: Elia Kazan di Giuditta Naselli
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David Amram - Credo
Il compromesso (The Arrangement,1969) è la storia di bandiera l’anticonEddie Anderson (Kirk Douglas), un dirigente pubblicita- formismo e il rifiuto rio di una grossa azienda che, nonostante sia all’apice del di una vita codificasuccesso, dopo aver conosciuto la giovane e avvenente ta dalla produzione Gwen (Faye Dunaway) cade in depressione, mettendo di ricchezza e lavoin discussione ogni cosa. Eddie tenta il suicidio lancian- ro, Kazan così afdosi con l’automobile sotto un camion, sopravvive ma, ferma: “Guardando durante la convalescenza in ospedale, lo stato depressivo sotto le loro barbe si acutizza al punto da provocare in lui una dissociazione e le loro collanine e della personalità. i loro vestiti a fiori Alla sua uscita il film fu attaccato ferocemente dalla critica e i sacchi a pelo si americana, sollevando il compiacimento di Kazan che ave- poteva facilmente va come unico intento quello di turbare le convenzioni indovinare la mansociali, mostrando quali fossero le maschere del tempo. canza di spessore Anche se la pellicola si presta a più interpretazioni per- politico e culturamettendo la costruzione di disparati apparati critici di- le”. venta immediata la comparazione tra il protagonista e il Nessuna evaneregista Elia Kazan. Già il titolo del film, Il compromesso, scenza o sfumatuIl Compromesso, The Arrangement 1969 rappresenta la confessione di un uomo che nonostan- ra ilare per Eddie te fosse un cineasta di fame internazionale, vincitore di Anderson, attana5 premi Oscar e autore di capolavori come Fronte del gliato da una ribellione autentica e spinto dal desiderio porto (On the Waterfront, 1954) e Un tram chiamato recondito di scardinare prima che le convenzioni del suo desiderio (A Streetcar Named Desire, 1951), durante tempo, se stesso. il periodo del maccartismo fu costretto a collaborare Il compromesso è senz’altro il film più sociale di Kazan, con la Commissione del senatore McCarthy, accusando di tanto che lo stesso Martin Scorsese afferma che quando, filocomunismo diversi attori e registi. giovane, vide per la prima volta la Nessuna evanescenza o da Mentre il vero nome di Eddie Anderpellicola rimase sconvolto nel ritrovason è Eddie Evangelos, quello di Elia re nei personaggi quelle caratteristisfumatura ilare Kazan è Elias Kazanioglou. Mentre il che proprie della gente comune. per Eddie Anderson, protagonista del film si ribella a se stesCiò che Elia Kazan si propone non è so e ai vincoli familiari e sociali, il suo attanagliato da una ri- affascinare e sedurre lo spettatore ma, regista si rivolta e insorge contro un piuttosto, raccontare una storia nella bellione autentica e passato che non può essere redento. quale egli si possa riconoscere. ProEddie rappresenta per Kazan un prospinto dal desiderio di prio per questo motivo i personaggi totipo, quello di un carattere ambivadel film non sono né simpatici né anscardinare se stesso lente, di un io diviso tra la ribellione tipatici, rappresentando quella gente storica di quegli anni (il film uscì nel 1969) e il perbe- comune, la cui normalità viene messa in crisi. Eddie si nismo di una socie- dissocia da se stesso fino al punto da essere internato in tà che non perdona, un ospedale psichiatrico, la moglie, che lo fa rinchiudere, come quella ameri- intraprende una storia d’amore con l’avvocato di famiglia, cana. Al carattere mentre l’amante Gwen finisce per smarrire se stessa nel dissidente ed ever- labirinto delle incertezze sentimentali. sivo del protagonista Con Il compromesso la poetica del regista giunge all’apice non può essere però della maestria cinematografica, lavorando su due piani associata la figura diversi: un uso spietato della macchina da presa che sonda che si fa largo nell’im- i volti dei personaggi e un’attenzione dolce e profonda alla maginario degli anni condizione dei loro cuori. Sessanta/Settanta, Il film fu giudicato a suo tempo antiquato ma, al contraquella dell’hippie. rio, si distingue per modernità nella scelta di raffigurare Infatti, nonostante personaggi non “eccezionali”, comuni, in modo che lo il movimento hippie spettatore non potesse girarsi dall’altra parte ma fosse Elia Kazan, Il Regista abbia avuto come piuttosto costretto a guardare se stessa.
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(P)ARS CONSTRUENS Un grido di vita dopo la desolazione di Maria Livia Brunelli
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Sono tre le opere che MLB home gallery di Ferrara ha deciso di mettere all’asta in favore dei terremotati di San Carlo, più un’opera benaugurante di Gianni Fantoni, noto comico ferrarese. La terra che ieri ci spaventava, contiene anche la speranza per un domani germogliante. A San Carlo, uno dei paesi vicini a Ferrara più colpiti dal sisma, il fango è uscito dal sottosuolo, invadendo ogni spazio, interni ed esterni senza distinzione, dalle cucine delle case, alle strade. L’artista bolognese Stefano Scheda ha reagito a questa devastazione ideando una fotografia che ci mostra come dalle crepe della terra morta possano sorgere dei fiori vivi. Fiori variopinti che rompono il grigiore del fango essicato: un grido di vita e positività all’interno della desolazione. L’opera di Silvia Camporesi rappresenta invece una preghiera alla terra, un atto di rispetto verso la natura di cui troppo spesso ci dimentichiamo l’importanza. La fotografia fa parte di una serie di venti foto appartenenti all’installazione Eravamo persone come alberi, un lavoro ispirato ai quaderni della filosofa Simone Weil. Ogni immagine del lavoro è relativa a un frammento di testo in cui Simone Weil parla della natura, del rapporto fra corpo e mente, e tra figura umana e paesaggio. Il terremoto che si è abbattuto sull’Emilia non ha fatto altro che sottolineare la fragilità di quel filo che ci tiene legati alla vita, e abbiamo scoperto improvvisamente quanto il nostro destino sia in mano alla clemenza della
Prince – Purple Rain
natura. In questa tragedia sono tanti anche gli animali che sono morti senza far notizia: Marcello Carrà ritrae in loro rappresentanza un maiale, che ha subito il crollo della sua stalla; sul suo massiccio corpo supino sono caduti alcuni mattoni, un asse di legno e paradossalmente anche una grossa salama. Una beffa ironica e cinica che ci ricorda che anche questa volta la fine di questo animale è connessa indissolubilmente a quel suo padrone, l’uomo, che l’ha costretto in quella struttura poco resistente. Gianni Fantoni, comico, scrittore e artista “concettuale” emergente, dopo vari sopralluoghi nei campi dei terremotati della provincia di Ferrara, ha invece realizzato per l’occasione l’opera Terremoto a Ferrara, anche i fumetti scappano (trasformandosi in 3D), a partire da un suo fumetto rappresentante una mosca, grazie alla collaborazione della ditta Tryeco 2.0. La sua fumettistica “Moska” schizzata a pennarello è stata trasformata in un modello tridimensionale da Mauro Pietro Gandini e poi resa virtuale da Giulio Golinelli, come si fa con i modelli utilizzati per i cartoni animati dei più recenti film di animazione. L’asta sarà battuta in diretta web il 5 novembre su Roxy Bar Tv, nel programma “Premiato Circo Volante del Barone Rosso” condotto da Red Ronnie (link: http://roxybar.twww.tv/?onair). Per informazioni: www.mlbgallery.com.
Stefano Scheda, Intra, lambda print on dibond, cm 30x45, ed.1/3, 2012
Gianni Fantoni, Terremoto a Ferrara, anche i fumetti scappano (trasformandosi in 3D), personaggi in prototipazione rapida a colori (tecnologia che consente la produzione di oggetti di geometria complessa, in tempi molto ridotti, a partire dal modello digitale) immersi in colata di gesso, 2012
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BOOKANEAR
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ROUTES di Gabriella Mancuso
Mostre Nazionali Bergamo, Gamec, C@rte del Mondo. Spazialità e Mondializzazione, Dal 6 ottobre all’11 novembre 2012 Info: www.gamec.it
Curry. Viaggio Intorno all’Uomo Dal 18 ottobre 2012 al 24 febbraio 2013 Info: www.palazzoducale.genova.it
Besana in Brianza, Villa Filippini, Aligi Sassu. 100 Anni dalla Nascita. Dipinti, Dal 29 settembre al 25 novembre 2012 Info: www.amicialigisassu.it
La Spezia, Camec, In Astratto. Abstraction in Italy 1930-1980, Dal 20 ottobre 2012 al 24 marzo 2013 Biglietto intero: 6.50 Biglietto ridotto: 4 euro Info: camec.spezianet.it
Bologna, Adiacenze, Marco La Rosa. Dasein, Dal 19 ottobre all’8 dicembre 2012 Info: www.adiacenze.it Bologna, Contemporary Concept, Navid Azimi Sajadi. Camouflage, Dal 6 ottobre al 21 novembre 2012 Info: www.contemporaryconcept.it Bologna, Galleria OltreDimore, Gioacchino Pontrelli-Conmportamento Emergente, Dal 5 ottobre al 24 novembre 2012 Info: www.oltredimore.it Brescia, Allegrini Srte Contemporanea, Hackatao. Deformography, Dal 24 settembre al 14 novembre 2012 Info: www.allegriniarte.it Brescia, Galleria dell’Incisione, Vivian Maier. Lo Sguardo Nascosto, Dal 20 ottobre al 15 novembre 2012 Info: Catanzaro, Open Space Centro per l’Arte Contemporanea, Geometrie del Desiderio. Mostra Collettiva, Dal 6 ottobre al14 novembre 2012 Info: openspace.artecont@tele2.it Firenze, Palazzo Strozzi, Francis Bacon e la Condizione Esistenziale nell’Arte Contemporanea, Dal 5 ottobre 2012 al 27 gennaio 2013 Info: www.strozzina.org
Mantova, Palazzo Te, Pier Luigi Nervi. La Fabbrica Sospesa, Dall’8 settembre al 25 novembre 2012 Info: www.centropalazzote.it Milano, Cardi Black Blox, A.R. Penck, Dal 5 settembre al 30 novembre 2012 Info: www.cardiblackbox.com Milano, Fondazione Zappettini, Progetto 2, Dal 4 ottobre all’8 novembre 2012 Info: www.fondazionezappettini.org Milano, Tornabuoni Arte, Alighiero Boetti, Dal 12 ottobre al 30 novembre 2012 Info: www.tornabuoniarte.it Milano, Triennale, L’Architettura del Mondo. Infrastrutture, Mobilità, Nuovi Paesaggi, Dal 9 ottobre 2012 al 10 febbraio 2013 Biglietto intero: 8 euro Biglietto ridotto: 5.50 euro Info: www.triennale.it Nuoro, MAN, Museo d’Arte Nuoro, Werner Bischof 1916 – 1954, Dal 12 ottobre al 3 dicembre 2012 Info: www.museoman.it Reggio Emilia, Bonioni Arte, Marco Ferri. Per Certi Versi, Dal 6 ottobre all’11 novembre 2012 Info: www.bonioniarte.it
Genova, Palazzo Ducale, Mirò!Poesia e Luce, Dal 5 ottobre 2012 al 7 aprile 2013 Info: www.palazzoducale.genova.it
Roma, Casa Museo Mario Praz, Luis Serrano. Bedding. opere 2011-2012 Dal 6 ottobre al 4 novembre 2012 Info: www.museopraz.beniculturali.it
Genova, Palazzo Ducale, Steve Mc-
Roma, Chiostro del Bramante, Stan38
ley Kubrick photographer, Dal 19 ottobre al 25 novembre 2012 Biglietto intero: 9 euro Biglietto ridotto: 7.50 euro Info: chiostrodelbramante.it Roma, Fondazione Volume, Sissi. Volume Interno, Dal 4 ottobre al 4 novembre 2012 Info: www.fondazionevolume.com Roma, Galleria Nazionale d’Arte Moderna, Paul Klee e l’Italia Dal 9 ottobre 2012 al 27 gennaio 2013 Biglietto intero: 12 euro Biglietto ridotto: 9.50 euro Info: www.gnam.beniculturali.it Roma, Garage Zero, Jessica Stewart.. Street Art Stories. Rome, Dall’11 al 27 ottobre 2012 Info: www.garagezero.it Roma, Label201, Fotoleggendo, Dal 12 ottobre al 7 novembre 2012 Info: www.fotoleggendo.it Roma, Fondazione Maxxi, L’Italia di Le Corbusier, Dal 18 ottobre 2012 al 17 febbraio 2013 Biglietto intero: 11 euro Biglietto ridotto: 8 euro Info: www.fondazionemaxxi.it Torino, Fondazione Merz, Kiki Smith – Meravigiosa Creatura, Dal 5 ottobre 2012 al 13 gennaio 2013 Info: www.fondazionemerz.org Venezia, Peggy Guggenheim Collection, Schulhof Collection, Dal 12 ottobre 2012 al 31 maggio 2013 Info: www.guggenheim-venice.it Verona, Centro di Fotografia Scavi Scaligeri, Neorealismo. Mostra Collettiva la nuova immagine in Italia 19321960, Dal 28 settembre 2012 al 27 gennaio 2013 Info: serviziinternet.comune.verona.it
Mostre Internazionali Amsterdam, Jewish Historical Museum, Black Box/Chambre Noire by William Kentridge, Dal 16 luglio al 25 novembre 2012 Info: www.jhm.nl Istanbul, Istanbul Design Biennal 2012, Dal 13 ottobre al 12 dicembre 2012 Info: www.iksv.org/tasarimbienali Lugano, Museo Cantonale d’Arte, Una finestra sul mondo. Da Dürer a Mondrian e oltre, Dal 16 settembre 2012 al 6 gennaio 2013 Info: www.museo-cantonale-arte.ch
Vernissage Nazionali Agrigento, Fabbriche Chiaramontane, Antonio Sanfilippo. Gli Anni Sessanta. Il colore del segno, Dal 27 ottobre 2012 al 13 gennaio 2013 Info: www.ottocentosiciliano.it Alba, Fondazione Ferrero, Carlo Carrà 1881-1966, Dal 27 ottobre 2012 al 27 gennaio 2013 Info: www.fondazioneferrero.it
Reggio Emilia, Palazzo Magnani, Fluxus. 1962-2012, Dal 10 novembre 2012 al 10 febbraio 2013 Info: www.palazzomagnani.it Roma, Centro Culturale Elsa Morante, Digitale,Mostra Collettiva, Dal 29 ottobre all’11 novembre 2012 Info: www.centroelsamorante.roma. it Roma, Macro Testaccio/ La Pelanda, Digital Life 2012 – Human Connections, Dal 14 novembre 2012 al 10 gennaio 2013 Info: www.macro.roma.museum Rovereto, Mart, David Claerbout, Dal 26 ottobre 2012 al 13 gennaio 2013 Biglietto intero: 11 euro Biglietto ridotto: 7 euro Info: www.mart.trento.it Torino, Mazzoleni Galleria d’ Arte Moderna, Emilio Vedova. La Vitalità dell’Espressione, Dall’11 novembre 2012 al 28 febbraio 2013 Info: www.mazzoleniarte.it
Eventi
Bologna, Spazio San Giorgio, Neopop. Art, Dal 27 ottobre al 10 novembre 2012 Info: www.spaziosangiorgio.it
Firenze, Biennale Internazionale dei Beni Culturali e Ambientali, Florens 2012, Dal 3 all’11 novembre 2012, Info: www.fondazioneflorens.it
Caserta, Reggia di Caserta, Henri Cartier-Bresson. Immagini e Parole, Dall’1 novembre 2012 al 14 gennaio 2013 Info: www.reggiadicaserta.beniculturali.it
Sarmede, Casa della Fantasia, Le Immagini della Fantasia. Edizione Speciale dei 30 Anni, Dal 28 ottobre 2012 al 20 gennaio 2013 Info: www.sarmedemostra.it
Cuneo, Galleria Skema 5, Cracking Art Group - Incursion in Cuneo, Dal 27 ottobre al 7 dicembre 2012 Info: www.skema5.com
Torino, Museo Nazionale del Cinema, Metropolis. Il Capolavoro Ritrovato, Dal 4 ottobre 2012 al 6gennaio 2013 Info: www.museocinema.it
Lecce, E-Lite Studio Gallery, Mary Obering. Architetture di Luce, Dal 31 ottobre al 3 dicembre 2012 Info: www.elitestudiogallery.com
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Incontri Pontassieve, Galleria Spazio Off, Workshop: Liberiamo la Principessa Collective agency in the reality like dream space, Dal 3 al 9 dicembre 2012 Info: www.spaziooff.org Venezia, A Plus A, Centro Espositivo Sloveno, Workshop: Toolkit Research, 30-31 Ottobre 2012; 15-16 Novembre 2012; 1-2 Dicembre 2012 Info: www.aplusa.it Venezia, A Plus A, Centro Espositivo Sloveno, The Seller, The Pubblisher & the Artist,conferenze dedicate al libro d’artista. 10 novembre, 3 dicembre 2012 Info: www.aplusa.it
Fiere Firenze, Fortezza da Basso, Salone dell’Arte e del Restauro, Dall’8 al 10 novembre 2012 Info: www.salonerestaurofirenze.org Padova, Fiera di Padova, Arte Padova 23a Mostra Mercato d’Arte Moderna e Contemporanea, Dal 9 al 12 novembre 2012 Info: www.artepadova.com Torino, Ex Manifattura Tabacchi, Photissima Art Fair, Dall’8 all’11 novembre 2012 Biglietto intero: 5 euro Biglietto ridotto: 3 euro Info: www.photissima.it Torino, Lingotto Fiere, Artissima, Dal 9 all’11 novembre 2012 Info: www.artissima.it Torino, via Paolo Borsellino, The Others Art Fair, Dal 9 all’ 11 novembre 2012 Ingresso: 3 euro Info: www.theothersfair.com
La soggettività Pop di Ranieri Wanderlingh di Pasquale Fameli
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È stata inaugurata sabato 20 ottobre presso gli spazi museali del Monte di Pietà a Messina una retrospettiva dell’artista Ranieri Wanderlingh (Roma, 1961) dal titolo Pop Romantic Art, promossa dalla Provincia Regionale di Messina e sponsorizzata dalla Camera di Commercio di Messina, dal Caffè Barbera e da Mag Magazine, che resterà aperta al pubblico fino al 4 novembre, offrendo la possibilità di conoscere approfonditamente l’interessante percorso dell’artista messinese. Avviatasi all’inizio degli anni Ottanta, in un clima di ritorno alla pittura, di recupero dei valori sensuosi della forma e del colore come reazione all’asfittico periodo concettuale-analitico, la ricerca di Ranieri Wanderlingh si allinea immediatamente con le tendenze stilistiche più avanzate, tra gli espressionismi dei Neue Wilden e l’iconismo fumettistico del nuovo immaginario pop-graffiti. Sono gli anni in cui il giovane artista messinese crea i simpatici mostriciattoli de L’accademia (1981), di Punti di vista (1982) o de La vita (1983), dipinti caratterizzati da una scomposizione di stampo cubista e popolati da piatte figure astratto-concrete animate da una cromia vivace e ironica. In questa fase, Wanderlingh gioca la carta dell’infantilismo, sceglie la via di un iconismo fanciullescamente goffo, nella volontà di regredire alla condizione più pura dell’espressione, verso quella genuinità originaria che permette di liberarsi da una “asfissiante cultura”, per dirla con Jean Dubuffet, noto maestro della figura regredita, tornata nell’informità di un brodo primordiale. Ed è proprio con il primordiale, anzi, con il primitivo, che ha a che fare tutta la seconda fase della ricerca pittorica wanderlinghiana, dapprima giocata attraverso un tratto aggressivo e nervoso, e poi via via più smussato e modulato. Tra la fine degli anni Ottanta e i primi anni Novanta, infatti, l’artista realizza un cospicuo numero di dipinti da lui stesso definiti “psicoespressionisti”: mostruosi nudi femminili dalle forme avvizzite e contorte che sembrano manifestare, in termini freudiani, l’inevitabile legame tra le pulsioni sessuali e quelle aggressive, come si evince soprattutto dalle inquietanti Donna in poltrona (1989) e Amalasunta (1990). Ma nella
John Coltrane - Giant Steps
diversa distribuzione che le pulsioni hanno nell’emergere, ecco che dalla metà degli anni Novanta in poi prevalgono quelle positive della sessualità, e l’immaginario wanderlinghiano si rinnova: le torvità piscoespressioniste vengono abbandonate in favore di una gioiosa “rivisitazione” delle soluzioni formali dell’arte primitiva (negra, cicladica, egizia, precolombiana, etc.) attraverso la ritrovata sinuosità del tratto fumettistico. Svincolando il linguaggio Pop dal riporto “tale e quale” Wanderlingh opera un rovesciamento che, parafrasando il culturologo canadese Marshall McLuhan, si potrebbe definire “dal cliché all’archetipo”: anziché operare freddi prelievi alla Roy Lichtenstein da fumetti preesistenti per trasporli in pittura in maniera quasi meccanica, l’artista messinese reinventa un suo personale iconismo fumettistico-primitivista caratterizzato da ampie e brillanti campiture cromatiche. I suoi grandi close-up del 1994 quali Tania o Velia, oppure il più recente Morositas (2012), in cui si avverte forte l’eco matissiana, puntano a ristabilire, attraverso la frontalità dei volti, la flessuosità della sintesi formale e uno spiccato decorativismo, una rivalutazione della soggettività e un recupero del valore umano primigenio. Gli stilemi di un iconismo massmediale e le vitalistiche astrazioni dell’arte primitiva si coniugano così in un nuovo stile, diretto ed emozionale, che lo stesso Wanderlingh ha puntualmente definito “Pop romantico”.
Ranieri Wanderlingh Sposi 2 Cm150 X100 Acrilico 2012 COURTESY DELL’ARTISTA
Ranieri Wanderlingh Morositas 2 Acrilico E Olio Su Tela Cm 115 X105 2012 COURTESY DELL’ARTISTA
Ranieri Wanderlingh, Senza Titolo, 1989-90 COURTESY DELL’ARTISTA
Ranieri Wanderlingh, Senza Titolo, 1989-90 COURTESY DELL’ARTISTA
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L’IMMANENTE E IL TRASCENDENTE Sfumature scarlatte di Vincenzo B. Conti
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Concerto n.3 per pianoforte e orchestra op.26 - Sergej Prokof’ev
La brace arde soffiando al cielo lunghi rivoli bianchi spumosi. Tutt’attorno i racconti straordinari di una vecchia matrona cingono l’ostinato monello che continua a rincorrere il suo sogno di vibrazioni dipinte. La luce dell’iride riverbera in lui e lo accompagna lungo un percorso che lo muove verso un quadro. “Wassily Kandinsky - dalla Russia all’Europa” mostra a cura di Eugenia Petrova, direttrice aggiunta del Museo di Stato Russo di San Pietroburgo e Claudia Beltramo Ceppi, fino al 3 febbraio presso Palazzo Blu di Pisa, narra le radici concettuali e visive dell’artista russo. E’ un viaggio nell’uomo e nella sua formazione attraversando le opere del periodo di Murnau poste in dialogo aperto con i dipinti di Gabriele Munter, Alexej Jawlensky, Marianne Werefkin e Arnold Schönberg, le grandi tele degli anni in cui l’avanguardia russa aprì all’Occidente, fino ai capolavori del periodo finale della sua permanenza in Russia. Tradizione, conoscenza del territorio, basse produzioni e un’anima romantica è ciò che occorre per la creazione di un ottimo vino ma, a volte, è meglio infrangere le regole e seguire nuove strada: questo è ciò che avranno pensato John e Harry Mariani nel 1978. Affermati importatori di vino negli States, i due fratelli dalle origini italiche hanno indirizzato la loro passione verso due grandi e importanti zone vitivinicole dell’Italia accrescendo di anno in anno la fortuna di due grandi vitigni: il lambrusco, che attraverso una mirata e particolarissima presentazione divenne un “drink in lattina” molto alla moda oltreoceano, e il sangiovese, pilastro su cui hanno costruito la fama della loro casa vitivinicola Castello Banfi. Un grande risultato ottenuto sia con la creazione di etichette importanti e d’elite, sia con produzioni a larga diffusione ma sempre di altissima qualità. Un esempio su tutti l’eccellente Rosso di Montalcino, fratello minore del più blasonato Brunello di Montalcino Poggio alle Mura, dal quale differisce solo (si fa per dire) per anni di sosta nelle botti e per qualità del legno. Rubino dall’unghia sfumata con belle trasparenze, il rosso ci regala un naso pieno di fiori e frutti, con forti accenni verso le violette e lamponi; non mancano sostanza e morbidezza all’assaggio se pure vinificato tra acciaio e legni, ove sosta almeno un anno, con un passaggio in botti di Slavonia per metà della massa. E’ un rosso DOC, da uve 100% sangiovese e con una gradazione alcolica di 14% vol. Con poco più di 10 euro è possibile portare in tavola un ottimo frammento di Toscana senza scomodare il classico chianti; abbinamento ideale con carne al forno, perfetto con spalla affumicata e se l’annata è 2007 meglio aprirlo in un occasione speciale.
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Wassily Kandinsky, Auf Weiss I, 1920 (R. 665) © Wassily Kandinsky, by SIAE 2012
I bimbi, come sappiamo, hanno un universo parallelo contrapposto a quello degli adulti, molto elaborato e fatto di fantasie, di regole e di realtà più o meno distorte. Molte delle verità indiscusse che apprendiamo da bambini - imparate di solito da un compagno di scuola a cui l'ha detto”suo cugino”- si sedimentano nella nostra memoria provocando a volte dei veri e propri traumi, dei segreti tabù personali che ci trasciniamo fino all'età adulta, alimentando le nostre insicurezze e nevrosi personali. Agata Matteucci per The Artship
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CREDITS Hangar Bicocca - Via Privata Chiese, 2 (Milano); 02 66111573 - www.hangarbicocca.org Mondo Bizzarro Gallery - Via Sicilia, 251 (Roma); 06 44247451 - www.mondobizzarrogallery.com Lille 3000 Fantastic - 105 Centre Euralille, Euralille (FR); +33 0328523000 - www.lille3000.eu Centro di Cultura Contemporanea Strozzina - Piazza Strozzi (Firenze); 055 391711 - www.strozzina.org Fondazione Prada - Via Spartaco, 17 (Milano); 02 54670515 - fondazioneprada.org The Metropolitan Museum of Art- 1000 5th Ave, NY (US); 212 5357710 -www.metmuseum.org Lucca Center of contemporary Art - Via della Fratta, 36 (Lucca); 0583 571712 - www.luccamuseum.com Arizona Board of Regents -1030 N. Olive Rd. Tucson (US); 520 6217968 - www.creativephotography.org Università Ca’ Foscari - Dorsoduro 3246 (Venezia) - www.unive.it
Si ringraziano inoltre gli uffici stampa delle gallerie che con la loro disponibilità hanno sostenuto la nostra ricerca.
Triangolo di Kanizsa