Henraux - Marmo 1-5

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COLLEZIONE MARMO 1-5 1962/1971




Vice Direttore/Deputy Editor Aldo Colonetti Coordinamento/Coordinator Manuela Della Ducata Redazione/Editorial staff Lara Conte Manuela Della Ducata Nicola Gnesi

Paolo Carli Introduzione a Marmo 1-5 Introduction to Marmo 1-5

Aldo Colonetti Oggi ieri domani Yesterday, today and tomorrow

Editore/Editor Henraux SpA Fotolito e Stampa/Printers Industrie Grafiche Pacini Testi/Text Paolo Carli, GianLuigi Colin, Aldo Colonetti, Lara Conte Fotografi/Photograph Archivio Henraux, Nicola Gnesi Ringraziamenti/Thanks to Aldo Colonetti, GianLuigi Colin, Lara Conte, Matteo Sisti

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Grafica/graphic Silvia Cucurnia, Thetis

GianLuigi Colin

Lara Conte

La verità della Natura The truth of Nature

“Marmo”: una rivista internazionale degli anni Sessanta, tra architettura, scultura e design “Marmo”: a 60s international magazine of architecture, sculpture and design

“Stampato sotto gli auspici della Henraux SpA” “Printed under the auspices of Henraux SpA” Copertina/Cover “Fotografie Ugo Mulas © Eredi Ugo Mulas. Tutti i diritti riservati”

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Direttore/Editor Costantino Paolicchi

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Direttore responsabile/Editor in chief Paolo Carli

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MARMO rivista annuale Anno I, 2016 Dicembre

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Alcuni contributi dal terzo volume della collana Anno 1964 Few articles of the third volume of the 1964 collection

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Alcuni contributi dal primo volume della collana Anno 1962 Few articles of the first volume of the 1962 collection

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Marmo 1

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Alcuni contributi dal secondo volume della collana Anno 1963 Few articles of the second volume of the 1963 collection

Alcuni contributi dal quarto volume della collana Anno 1965 Few articles of the fourth volume of the 1965 collection

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Marmo 5 Alcuni contributi dal quinto volume della collana Anno 1971 Few articles of the fifth volume of the 1971 collection

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MARMO 1- 5 working for

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Paolo Carli

“Forte di un’esperienza maturata nel corso di centoquarantacinque anni, e che l’ha condotta all’avanguardia nel settore dell’industria del marmo, la società Henraux ha sentito Suo dovere essere presente nel campo della cultura figurativa della nostra società, laddove i fermenti artistici e le innovazioni del disegno industriale si fondono per dar vita alle forme del mondo di oggi: nell’architettura, nella scultura, nella produzione di serie, in ogni altra manifestazione delle arti visive. Frutto di questa sua esigenza è la presente rivista, che la Henraux intende porre a disposizione di quei contributi critici e documentari, e dell’illustrazione di quelle opere, che possano essere considerate come manifestazioni qualificate della cultura e dell’arte, in tutto il mondo. La Società Henraux si augura che “Marmo” divenga uno strumento di comunicazione tra architetti, artisti e critici d’arte, all’unico scopo di contribuire alla formazione di un gusto ben radicato nella storia moderna, e quindi attuale, ed allineato con le più avanzate realizzazioni della tecnica contemporanea.”

“On the back of one hundred and fortyfive years of experience that led it to the cutting edge of the marble industry, Henraux felt it was its duty to play a role in the figurative culture of our society, where artistic vibes meet innovative industrial design to create the forms of today’s world: in architecture, in sculpture, in mass production, in any other dimension of the visual arts. The result of this need is this magazine, in which Henraux means to embrace any critical and documental suggestion and any illustration of works that may be regarded as valuable examples of culture and art all over the world. Henraux hopes “Marmo” may become a way for architects, artists and art critics to communicate with each other solely to help spread a taste that is deeply-rooted in modern history and that, as such, is relevant and sympathetic with the latest technical accomplishments of the modern age.”

Da “MARMO” 1, 1961

I decided to quote the foreword that Cidonio wrote for the first issue of the magazine “Marmo” as a way to emphasise and corroborate the value and the contents of his ideas and the propositions that the magazine had put forward and had championed, and that are still an effective tool, as it reflects views of the future of a modern Henraux.

Ho scelto di riportare in epigrafe proprio il testo introduttivo che Cidonio aveva scritto per il numero uno della rivista “Marmo”, per evidenziare e confermare il valore ed il contenuto delle idee e delle proposte che la rivista aveva espresso e di cui si era fatta portavoce, e che costituiscono uno strumento ancora oggi valido perché proiettato nelle interpretazioni del futuro di una Henraux moderna. Quando Erminio Cidonio aveva lasciato l’Henraux nel 1966, per dedicarsi al cantiere d’arte di Officina , Pier Carlo Santini – che aveva assunto nel 1965 la direzione della rivista “Marmo” – portava avanti il progetto dell’azienda per la costituzione di un museo della scultura contemporanea e nel 1972, con la mostra a Palazzo dei Diamanti di Ferrara, presentava la collezione di scultura dell’Henraux. All’indomani di quell’esposizione, per problemi legati al cambio di gestione dell’azienda, 24 opere monumentali in marmo di quella stessa raccolta venivano acqui-

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From “MARMO” 1, 1961

When Erminio Cidonio left Henraux in 1966 to invest his energies in his artistic workshop Officina, Pier Carlo Santini – who had been appointed director of the magazine “Marmo” in 1965 – he was working at the company’s plan to open a museum of contemporary sculpture, and in 1972 he organised an exhibition of Henraux’s sculptures in Palazzo dei Diamanti in Ferrara. In the wake of that exhibition, due to problems with the company’s new management, 24 monumental marble works from that collection were bought by Banca Commerciale Italiana, now renamed Banca Intesa, which added them to its prestigious permanent collection.


state dalla Banca Commerciale Italiana, oggi Banca Intesa, che le inseriva nella sua prestigiosa collezione permanente. Si considerò così concluso definitivamente il “progetto Cidonio”. In quello stesso anno l’imprenditore abruzzese moriva. Mi preme qui sottolineare che il “progetto Cidonio”, a mio giudizio, in realtà non si è mai concluso. È rimasto confinato per molto tempo in una sorta di limbo. Ci sono stati dei veri e propri sconvolgimenti nei piani aziendali e non solo dell’Henraux, dopo quell’esperienza degli anni Sessanta, quando si cercava di restituire al marmo il suo ruolo e la sua dignità. L’affermazione del granito nei mercati mondiali, mutamenti di gusto e sensibilità, l’utilizzo nella scultura di materiali diversi, meno impegnativi e meno costosi del marmo. Una vera e propria rivoluzione. Ho voluto ricordare Erminio Cidonio già in apertura del mio scritto – per introdurre questa antologia voluta dalla Henraux, che raccoglie alcuni tra i più significativi e prestigiosi articoli apparsi nei cinque numeri della rivista “Marmo” – perché c’è un grande debito di riconoscenza verso quell’imprenditore intelligente, appassionato e lungimirante che per circa un decennio ha guidato l’Henraux e ha impresso all’azienda un carattere, uno stile, una personalità che anche a distanza di tanti anni mantiene una forte valenza e che ha sollecitato in me, fin dal primo momento in cui ho assunto la presidenza della società, il desiderio di recuperare e portare avanti il suo “progetto”. Perché di un grande progetto si è trattato, di una grande visione, di un’esperienza innovativa e per molti aspetti “rivoluzionaria” nell’intero comparto marmifero del secondo dopo guerra, che stentava ad accogliere le innovazioni tecnologiche e i fermenti culturali che si andavano manifestando in Europa e nel mondo, ancorato ad una tradizione di mestiere solida e preziosa, ma pressoché immobile. Lascio a Lara Conte, che già nell’ambito della mostra “Da Marmo al marmo” allestita nel 2005 a Palazzo Mediceo di Seravezza aveva ripercorso la straordinaria vicenda di Cidonio e dell’Hen-

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So, the “Cidonio project” was closed once and for all. The Abruzziborn businessman died that year. Here, I would like to point out that, in my opinion, the “Cidonio project” has never really ended. For a long time, it has been confined to a sort of limbo. There has been veritable turmoil in the business plans, and not just at Henraux, after that experience in the Sixties, when marble was trying to regain its role and dignity. The success of granite on the international markets, changes in tastes and feelings, using different materials, less exacting and less expensive than marble, for sculpting. A veritable revolution. I have wanted to speak about Erminio Cidonio since the beginning of my piece – to present this anthology that Henraux wanted to put together to collect some of the most significant, prestigious articles published in the five issues of the magazine “Marmo” – because we owe a lot to that smart, passionate and longsighted businessman who managed Henraux for about a decade and gave the company a character, a style, a personality that feels powerfully important even so many years later, and that, since the very moment I took the helm of the company, made me wish to retrieve and continue his “project”. Because that was a really great project, a great vision, an innovative and in many respects a trailblazing experience for the entire marble industry in the post-war period, which was struggling to accept the technological innovation and the cultural vibes that were spreading in Europe and in the rest of the world, chained to a traditional trade that, though sound and valuable, was not going anywhere. I leave it to Lara Conte, who has already told the outstanding story of Cidonio and Henraux in the 1960s on the occasion of the exhibition “Da Marmo al Marmo” at Palazzo Mediceo in Seravezza in 2005, to recall in the next pages the highlights of that experience, which revolved

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raux negli anni Sessanta del Novecento, rievocare nelle pagine che seguono i momenti più significativi di quell’esperienza, orientata su più direttrici: dalla scultura all’architettura al design, per riconsegnare al marmo la sua identità perduta. La nascita della rivista “Marmo” era parte essenziale del progetto, quale cassa di risonanza dell’attività e delle iniziative dell’Henraux ma anche come momento di documentazione e di riflessione in ambito internazionale sul ritorno al marmo nell’architettura e nelle arti. Ho cercato di assolvere al gradito dovere di ricordare Erminio Cidonio nel momento in cui si pubblica questa antologia della rivista internazionale “Marmo”. Ed è questa l’occasione, e per me un onore e un privilegio, di annunciare la ripresa delle pubblicazioni della prestigiosa rivista nata dall’intuizione e dalla volontà di Cidonio: il numero 6 uscirà il prossimo anno e un gruppo redazionale sta lavorando da tempo contando sulla collaborazione di critici, storici dell’arte, giornalisti, galleristi, architetti, designers e artisti di livello nazionale e internazionale. Il marmo ha rappresentato il fulcro della mia esperienza e della mia professione. Insieme a mio padre ho sempre lavorato in questo campo e quando nel 2003 ho assunto la presidenza di questa antica e bellissima azienda, l’Henraux, di cui sono così orgoglioso, ho avuto ben presto consapevolezza dello spessore progettuale e innovativo dell’esperienza di Cidonio. E mi sono convinto che le sue idee, che allora potevano sembrare avulse dalla realtà imprenditoriale locale e perfino provocatorie, così colte e raffinate e rivolte a linguaggi e suggestioni culturali di vastissimo respiro, assumevano nel mio tempo una valenza del tutto credibile e per molti versi necessaria. Più e più volte, nelle ormai numerose pubblicazioni che Henraux S.p.A. e la Fondazione Henraux hanno realizzato dal 2006 ad oggi, ho inteso rilevare come il progetto lungimirante di Cidonio risultava attuale e seguendone gli orientamenti, attualizzandoli e arricchendoli di contenuti innovativi, anche sotto il profilo delle tecnologie e delle strategie di mercato, riuscivo a impri-

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around several pillars: from sculpture to architecture to design, to give marble back its lost identity. The birth of the magazine “Marmo” was an essential part of that project, as a sounding board for Henraux’s work and initiatives, as well as an opportunity to document and reflect on a global scale on the return of marble in architecture and in the arts. I tried to fulfil the pleasant task of commemorating Erminio Cidonio at the time this anthology of the international magazine “Marmo” is going to press. And this is the occasion, and an honour and a privilege for me, to announce that the prestigious magazine born of Cidonio’s intuition and resolve will be published again: issue number 6 will be out next year, and an editorial board has already been at work, relying on the ideas and suggestions of national and international critics, art historians, journalists, gallery owners, architects, designers and artists. Marble has always been at the centre of my experience and my profession. With my father, I have always worked in this field and, when in 2003 I was appointed president of this old and beautiful company, Henraux, I soon became aware of the high innovative and design standards of Cidonio’s experience. And I soon realised that his ideas, which back then could sound alien to the local business scenario or even challenging, so learnt and elegant and addressed to the most far-ranging cultural languages and inspirations as they were, sounded perfectly believable and in many respects essential in my time. On several occasions, in the many publications that Henraux S.p.A. and Fondazione Henraux have issued since 2006, I meant to emphasise the relevance of Cidonio’s longsighted project and, by following his guidelines, by updating them and adding innovative contents, not least in terms of technology and market strategies, I managed to give the company new élan and new development perspectives, by engaging it to those three key pillars that his


mere all’azienda un corso nuovo e nuove prospettive di sviluppo, impegnandola su quelle tre direttrici fondamentali che costituivano la sua “filosofia” culturale ed economica: architettura, design e arte. È per questo che dal 2007 l’atelier di scultura è divenuto una realtà operante e che ha già assunto una connotazione internazionale con una crescita progressiva di rapporti e importanti frequentazioni di maestri affermati, come il grande artista britannico Tony Cragg, ma anche di giovani artisti emergenti, capace di assicurare un’effettiva continuità – con criteri e strumenti tecnologici moderni – della ormai storica iniziativa di Cidonio. È per questo che nel 2011 è stata costituita la Fondazione Henraux, a cui ho voluto dare vita per affiancare con la necessaria autonomia progettuale la Henraux S.p.A. , che opera essenzialmente nel campo dell’architettura. Nel volgere di pochi anni la Fondazione si è fatta conoscere ben oltre i confini locali e nazionali con una serie di iniziative di alto profilo, come il Premio Internazionale di Scultura Fondazione Henraux, intitolato a Erminio Cidonio proprio per onorare la memoria di un uomo che ha saputo cogliere, con grande intelligenza e impegno, i messaggi di un mondo che negli anni cruciali della modernità stava cambiando e stava dettando la nuova via dei linguaggi e degli indirizzi nell’arte. La Fondazione Henraux ha inoltre stabilito un formidabile sodalizio con Toscana Aeroporti, avviando nel 2011 l’iniziativa denominata “Volarearte”, a carattere biennale, dedicata per ciascuna edizione ad un maestro della scultura contemporanea che espone opere monumentali negli spazi esterni ed interni dell’Aeroporto Galilei di Pisa. Giovanni Manganelli, lo scultore e caro amico, nostro strenuo sostenitore, che ci ha da poco lasciati, è stato il primo ad inaugurare la serie di eventi che hanno visto protagonisti, nelle due successive edizioni, Rabarama e il coreano Park Eun Sun. A “Volarearte” si sono poi aggiunte numerose altre manifestazioni, come la

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cultural and economic “philosophy” was built on: architecture, design and art. That’s why the sculpture studio has been in full swing since 2007 and has already risen to international fame, its relations and important contacts with established artists growing all the time, for instance with Tony Cragg, the great British sculptor, as well as new young artists, effectively continuing Cidonio’s epochmaking initiative – though with modern standards and technological tools. That’s why 2011 saw the birth of Fondazione Henraux, which I wanted to open to give Henraux S.p.A., which mainly works in architecture, the independence it needed in its choice of designs. In just a few years, the Foundation has made itself known far beyond the local and national boundaries, with a number of high-profile initiatives, such as the Premio Internazionale di Scultura Fondazione Henraux, dedicated to Erminio Cidonio as a tribute to a man who, with his great intelligence and hard work, managed to understand the messages of a world that, in the crucial years of modernity, was changing and was showing the way to new artistic languages and canons. In addition, Fondazione Henraux has entered into an extraordinary partnership with Toscana Aeroporti, first in 2001 with the biennial initiative “Volarearte”, which chooses a big name of contemporary sculpture every time and exhibits monumental works outside and inside the Galilei Airport in Pisa. Giovanni Manganelli, the sculptor and great friend, our staunch supporter, who has recently left us, was the first to unveil the “Volarearte” events, which went on to exhibit works by Rabarama and Korean sculptor Park Eun Sun. In addition to “Volarearte”, Fondazione Henraux then planned many other events, such as the grand installation of sculptor Mimmo Paladino in Piazza Santa Croce in Florence (2012), the retrospective exhibition of Rinaldo Bigi in London

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grandiosa installazione in piazza Santa Croce a Firenze dello scultore Mimmo Paladino (2012), la mostra antologica di Rinaldo Bigi a Londra (2011), la mostra dello scultore Helidon Xhixha a Pietrasanta la scorsa estate, fino alla trasferta coreana di alcune delle opere premiate nelle tre edizioni del Premio Fondazione Henraux, ospitate dalla Biennale di Scultura di Changwon nel settembre-ottobre dell’anno in corso. Con queste iniziative della Fondazione Henraux ha ripreso vigore e nuova consapevolezza il progetto di Cidonio per un museo della scultura contemporanea, e il mio desiderio – sempre più concreto – è di riuscire a formare una nuova raccolta e di ricongiungere un giorno non lontano in una significativa mostra la collezione formata negli anni Sessanta e nei primi anni Settanta con le opere cedute e con quelle ancora di proprietà dell’Henraux. Per concludere, e per riaffermare ancora di più quanto sia attuale e da me fortemente avvertito il lascito culturale e spirituale di Cidonio, non posso tralasciare quanto Henraux sta attuando per il rilancio e la valorizzazione del marmo coniugando l’unicità della pietra naturale con il design. Si tratta di una importante svolta avvenuta nel 2013, quando il marchio “Luce di Carrara” – nato dieci anni prima – è entrato nell’orbita della nostra azienda: il che ha significato patrimonio industriale e tecnologico avanzato, ma anche attiva e stimolante collaborazione con architetti, designers e artisti che hanno saputo nel tempo trasformare il marmo in un materiale flessibile, vivo, attualissimo. Così, con Luce di Carrara, si è affermata la filosofia di “Abitare il Marmo”, che oggi significa utilizzarlo e plasmarlo, disegnando e realizzando forme e oggetti utili e necessari per le nostre case. In questo modo, con il nostro impegno, il nostro entusiasmo e la nostra passione abbiamo innescato un processo di crescita e di trasformazione dell’Henraux che per noi rappresenta un vero “rinascimento”: solo così pensiamo di onorare degnamente la memoria di Cidonio e testimoniare la validità e la continuità del suo progetto.

(2011), the exhibition of Helidon Xhixha’s sculptures in Pietrasanta last summer, and then taking to Korea some of the works that won the Fondazione Henraux awards for an exhibition at Changwon Sculpture Biennale in September and October this year. These initiatives of Fondazione Henraux have given new strength to and raised awareness of Cidonio’s project for a museum of contemporary sculpture, and my – increasingly definite – wish is that we can put together a new collection and reunite in a grand exhibition, in the not too distant future, the sculptures collected in the Sixties and early Seventies with the works sold and those that are still owned by Henraux. To conclude, and to express, once again, how relevant and how deeply felt Cidonio’s cultural and spiritual legacy is, I cannot help mentioning all that Henraux is doing to revive and promote marble by combining the uniqueness of natural stone with design. it was an important turning point when in 2013 the “Luce di Carrara” brand – born ten years earlier – entered our company’s range of action: which meant cuttingedge industrial and technological assets as well as a proactive, challenging cooperation with architects, designers and artists who have managed to turn marble into a pliable, lively, extremely relevant material. So, “Luce di Carrara” helped spread the philosophy of “Abitare il Marmo”, which nowadays means using and shaping it, by designing and producing useful, essential forms and items for our homes. In this way, with our efforts, our enthusiasm and our passion, we triggered a process of growth and transformation within Henraux, which feels like a genuine “renaissance” to us: this is the only way we think we can fittingly pay a tribute to Cidonio and testify to the worth and continuation of his project.

Paolo Carli

Presidente di Henraux SpA e della Fondazione Henraux 10

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Gianluigi Colin

La verità della Natura The truth of Nature

“Ciò che rende la fotografia una strana invenzione è che le sue materie prime principali sono la luce e il tempo”. Già, la luce e il tempo: John Berger ci racconta così la meravigliosa alchimia che dà vita a una fotografia. E oggi la potente immagine di Ugo Mulas, sembra uscire ancor di più da un lontano scrigno segreto. Uno scrigno dove luce e tempo combattono una battaglia in difesa della memoria.

“What makes photography a strange invention is that its primary raw materials are light and time”. Yes, light and time: this is how John Berger describes the wonderful chemistry that a photograph is born of. And now, Ugo Mulas’s powerful image looks even more as if it had been conjured out of some distant secret chest. A chest where light and time fight a battle in defence of memory.

Ugo Mulas nel 1965 realizza per la rivista “Marmo” un servizio dedicato alla grande fontana di Henri Georges Adam per Chantilly. Immagini, dunque, che vengono dal passato, da un tempo sospeso, ma soprattutto immagini di un grande autore che ha fatto del suo studio sulla scrittura “con la luce” la sua ricerca fondante. Per questa ragione, rivedere le immagini di Ugo Mulas che trovano nuova vita nella stessa rivista della prima pubblicazione, appare come una vera (e rara) rinascita culturale, una epifania. Al tempo stesso, impone alcune riflessioni sulla capacità di un grande autore e sul valore profetico dell’immagine.

In 1965, Ugo Mulas made a shooting for the magazine “Marmo” about the big fountain sculpted by Henri Georges Adam for Chantilly. Images, then, that come from the past, from a suspended time, but above all images taken by a great author who has made his experimental “writing with light” his main field of research. That’s why, seeing Ugo Mulas’s pictures again, brought to life again in the same first issue of the magazine, looks like a veritable (and rare) cultural renaissance, an epiphany. At the same time, it provides food for thought about a great author’s skills and the prophetic value of images.

Non è un caso che Ugo Mulas sia l’uomo che più ha condizionato in Italia la crescita della percezione della fotografia come linguaggio artistico. Aveva capito che il mistero dell’immagine non è diverso da quello della vita. E aveva indagato quel mistero attraverso un percorso estetico e teorico, come nessun altro aveva fatto prima. Basti pensare alle sue “Verifiche”, ovvero quella profonda riflessione teorica di stampo concettuale (elaborata tra il 1969 e 1972) sugli archetipi del linguaggio fotografico. Anzi, sulla sua stessa materia, forma, sostanza e naturalmente, pensiero. Per dirla alla Yourcenar è “L’opera al nero”: un vero spartiacque filosofico nella storia della fotografia. E non solo italiana. Le «Verifiche», rappresentano l’avventura intellettuale più importante di Ugo Mulas, un vero testamento (erano drammaticamente gli ultimi anni della sua vita) da consegnare come una sofferta ma lucida eredità a chiunque viva in quel terreno di confine tra i linguaggi dell’arte.

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It’s not by chance that Ugo Mulas is the man who gave the greatest boost to the perception of photography as an artistic language, in Italy. He had found that the mystery of the image is no different from the mystery of life. And he had explored that mystery in an aesthetic and theoretical journey as no one had before. Just think of his “Verifiche”, that deep conceptually-inspired theoretical reflection (worked out between 1969 and 1972) about the archetypes of photographic language. Indeed about its subject, its form, its substance and, of course, its philosophy. To quote Yourcenar, it is ‘The Abyss’: a veritable philosophical watershed in the history of photography. And not just in Italy. The «Verifiche» are Ugo Mulas’s most important intellectual adventure, a veritable legacy (tragically those were to be the latest years of his life), to be left as a hard-fought but lucid inheritance to all those who live in that borderland of artistic languages. Why emphasise such research when


Perché sottolineare questa ricerca, parlando del lavoro di Mulas pubblicato anni prima su la rivista “Marmo”? Anche quando la fotografia di Mulas potrebbe apparire come una sorta di reportage sull’arte, (in questo caso il lavoro di Adam), lo sguardo di Mulas si sofferma proprio sulla materia, il marmo, quasi a voler entrare dentro quella sostanza naturale così densa di storia e significati. Mulas, col suo sguardo, sembra farla sua, vuole trasformarla in forma, in ricerca che va ben oltre un percorso narrativo. Il mondo di Ugo Mulas era quello naturale del dialogo con l’arte: faceva parte negli anni Cinquanta e Sessanta di quel gruppo di giovani che si ritrovavano a Brera, al Jamaica. Di lì passavano artisti, fotografi, poeti, scrittori: una stagione irripetibile, magica, magistralmente raccontata da Luciano Bianciardi ne “La vita agra”, densa di speranze e delusioni dopo le tragedie della guerra. Ancora un passo indietro: siamo nel ‘52, in una panchina del parco di via Palestro, a Milano, Ugo Mulas incontra un uomo. Entrambi stanno leggendo l’Unità. L’altro è Mario Dondero che, naturalmente, attacca bottone. Insieme stanno a parlare per ore. Entrambi sono a una svolta della loro vita: Dondero sta per partire per Parigi, Mulas si è appena licenziato. Così, Dondero ha un’intuizione fulminante: gli suggerisce di dedicarsi alla fotografia: ed è proprio lui a prestargli la prima macchina fotografica, una Leica. Da quell’incontro nasce una lunga amicizia e il destino di due grandi. Mario decide di restare a Milano (partirà due anni dopo) e Ugo diventa l’artista che tutti conosciamo. Continueranno a trovarsi al Jamaica con Lucio Fontana, Piero Manzoni, Alfa Castaldi, Guido Aristarco, Giuseppe Ungaretti, Salvatore Quasimodo, Carlo Bavagnoli, solo per citare alcuni nomi. Il legame con l’arte è dunque strettissimo. Fotografa gli artisti al lavoro, li incontra negli studi. La commissione del servizio per la rivista “Marmo” si inserisce quindi dentro il suo percorso di “reportage”, animato da uno sguardo intenso, in qualche modo speciale.

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speaking of Mulas’s work, published on the magazine “Marmo” years ago? Even when Mulas’s photography might look like a sort of reportage on art (in this case, Adam’s work), Mulas’s eyes linger precisely on the material, marble, as if he wanted to get into that natural substance so steeped in history and meanings. With his eyes, Mulas seems to make it his own, he wants to turn it into a shape, into an experiment that goes well beyond the narrative process. Ugo Mulas’s world was the natural one of a dialogue with art: in the Fifties and Sixties, he was a member of that group of young people who met at the Jamaica Bar, in Brera. That was the preferred hangout of artists, photographers, poets, writers: an unrepeatable, magical season, masterly told by Luciano Bianciardi in “La vita agra”, thick with hopes and disappointments after the tragedies of the war. One more step back: we are in 1952, on a bench in the park in Via Palestro, in Milan, and Ugo Mulas meets someone. Both are reading l’Unità. The other man is Mario Dondero, who of course strikes up a conversation with him. They talk together for hours. They are both at a crossroads in their lives: Dondero is about to leave for Paris, Mulas has just left his job. So, Dondero has a light-bulb moment: he advises him to take up photography: and it is him who lends him his first camera, a Leica. That chance meeting would grow into a long friendship and would seal the fate of two great people. Mario decides to stay on in Milan (he would leave two years later), and Ugo becomes the artist we all know. They would still meet at the Jamaica Bar, with Lucio Fontana, Piero Manzoni, Alfa Castaldi, Guido Aristarco, Giuseppe Ungaretti, Salvatore Quasimodo, Carlo Bavagnoli, to mention just a few. So, he has an extremely tight connection with art. He photographs artists at work, he meets them in their studios. So, the commission for a shooting for the magazine “Marmo” is part of his journey as a “reporter”, spurred by his intense,

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Ma a Ugo Mulas quel lavoro, in fondo, gli va stretto: «Avevo capito che non avrei più voluto fare fotografie sul lavoro degli altri, cioè che m’ero un po’ stufato di andare in giro negli studi dei pittori per cercare di capire quello che succedeva e per mettere insieme così una specie di mosaico di verità. Ciò non vuol dire che rifiutassi i messaggi che si possono ricevere dal lavoro degli altri. Solo che volevo rimanessero per me degli incontri, come lo sono per tutte le persone che si occupano di arte e non diventassero la base del mio lavoro». Ugo Mulas fotografa rigorosamente in bianco e nero, perché, permette di stabilire un rapporto “più ideologico, più mentale”. “Nel bianco e nero – diceva Mulas – sai già che sei di fronte a un’astrazione. Sai già in partenza che fai una cosa che non è naturalistica. Questa consapevolezza dell’artificio ti aiuta poi ad accettare il risultato”. Mulas, da vero artista, era avvolto dalla necessità di andare al nucleo essenziale del processo fotografico, dal bisogno di esplorare gli elementi primari e vitali del vedere. Ma aveva anche capito che il mistero della fotografia non è diverso da quello di ogni esistenza, che prima o poi scompare e che il segreto consisteva nel guardare dentro e oltre la materia, proprio come nelle “Verifiche”. Bisognava guardare attraverso quel piccolo e fragile frammento di pellicola. E ricordava: «Noi siamo salvi se comprendiamo cos’è quel pezzettino». Chissà, forse guardando i grandi massi di marmo, guardano il bianco che illumina il paesaggio delle Apuane, e osservando la mano dell’uomo su quella materia pura, forse proprio da lì, in lui, Ugo Mulas ha cominciato a sedimentare l’urgenza di trovare una risposta di “salvezza”. Una risposta custodita nella verità della Natura. Una risposta racchiusa anche in un semplice frammento di marmo.

somewhat special, vision. But Ugo Mulas feels shackled in that job, after all: «I felt I no longer wanted to take photos of other people’s work, I mean, I was a bit bored with going around the painters’ studios and try to understand what happened and then put together a sort of mosaic of truths. This doesn’t mean I rejected the messages one can receive from other people’s work. Only, I wanted them to be just encounters for me, as they are for all the people who deal with art, I didn’t want them to be the be-all and end-all of my work». Ugo Mulas only takes black and white photographs, because it helps form a “more ideological, more mental” connection. “In black and white – Mulas said – you already know you are looking at an abstraction. You know straightaway that you are doing something that is not naturalistic. Being aware of the contrivance then helps you accept the result”. As the real artist that he was, Mulas was gripped by the need to go to the basic core of the photographic process, the will to explore the primary, vital elements of seeing. But he had also found that the mystery of photography is no different from the mystery of any life, that sooner or later it will go, and the secret lay in looking into and beyond the matter, just like in the “Verifiche”. You needed to look through that little, brittle piece of film. And he pointed out: «We are safe as long as we understand what that little piece is». Who knows, maybe as he looked at those big boulders of marble, as he looked at the whiteness that lit up the landscape of the Apuan Alps, and as he watched the men’s hands on that pure material, maybe it was just from there that, inside, Ugo Mulas started to cement the urgent need to find a “life-saving” answer. An answer guarded by the truth of Nature. An answer hidden even in a simple fragment of marble.

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Aldo Colonetti

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Yesterday, today and tomorrow

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La rivista “Marmo” fa parte di un progetto, visionario e lungimirante, che rimette al centro la cultura d’impresa, oggi molto più importante di ieri. “Marmo” non è stata, dal 1962 fino al 1971, solo una pubblicazione dedicata alle arti applicate e al marmo, voluta e realizzata da Henraux sotto la regia di Erminio Cidonio, una sorta di Adriano Olivetti del marmo; rappresenta, accanto ad altre esperienze d’avanguardia degli anni ’60, come ”Zodiac”, “Civiltà delle macchine”, “Stile Industria”, “Ottagono”, che tra l’altro vedono protagonisti, pur in ruoli diversi, progettisti, intellettuali e imprenditori, quel particolare insieme di esperienze e di relazioni che stanno alla base dell’identità del nostro paese. Quando oggi si parla d’innovazione, di sviluppo industriale, di rapporti con il territorio, di rispetto dei valori del lavoro e del ruolo della “creatività” all’interno del saper fare, tra artigianato e industria, allora quelle particolari esperienze degli anni’60, un periodo eroico di pionieri che mettevano la faccia e non si tiravano indietro rispetto al nuovo che avanzava nella vita quotidiana, non possono essere dimenticate né relegate nella nostalgia, perché sono ancora oggi in grado di imprimere alla produzione delle idee e delle cose una fortissima accelerazione. Basta saper centrare la finalità e non limitarsi alle enunciazioni di programmi roboanti, passo dopo passo, sapendo che al centro di ogni idea c’è la persona e davanti ad ogni prodotto, quando si tratta di comunicarlo (ma anche di “venderlo”), c’è sempre e di nuovo una persona. Bisogna saper parlare il linguaggio delle cose, come siamo capaci di parlare il linguaggio delle parole: dietro ogni oggetto c’è una filiera di competenze, di aperture su mondi diversi, inconsueti rispetto alla norma. C’è soprattutto uno sguardo che non si limita a osservarsi come una sorta di narciso soddisfatto di quel poco che ha intorno; è al di fuori del nostro giardino che possiamo ritrovare il “nuovo”. La rivista ”Marmo”, ora che riprende la sua voce, è stato e sarà tutto questo; proviamo a mettere in fila i protagonisti e così saremo capaci di parlare di futuro anche oggi. Erminio Cidonio, come Adriano Olivet-

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The magazine “Marmo” is part of a visionary, longsighted project which puts business culture, now much more important than ever, back at the centre. From 1962 to 1971, “Marmo” had not been just a publication about applied arts and marble that had been planned and created by Henraux under the direction of Erminio Cidonio, who was for marble what Adriano Olivetti was for mechanical engineering: along with other avantgarde experiences of the Sixties, such as “Zodiac”, “Civiltà delle macchine”, “Stile Industria”, “Ottagono”, with designers, intellectuals and businessmen all playing a key role, though in different areas, it was part of that unique group of experiences and relations that the identity of our country is built upon. Nowadays, when we speak of innovation, of industrial development, of relations with the local community, of respect for work values and the role of “creativity” in expertise, between craftsmanship and industry, then those unique experiences of the Sixties, a heroic era of pioneers who put their reputation at stake and did not back down from all things new that came and went in everyday life, cannot be forgotten or confined to nostalgia, because they can still powerfully speed up the production of ideas and things. All you have to do is hitting the mark with the right purpose and not just list some highfaluting plan, step after step, and be aware that there are people at the centre of any idea, and there are people, again, before any product, when you have to disclose it as well as “selling” it. One must be able to speak the language of things, just like we are able to speak the language of words: behind every single thing there is a chain of skills, of openings on different worlds, on mouldbraking worlds. There is, above all, a glance that will not just narcissistically look at itself, pleased with the little it sees; it is outside our backyard that we can find the “new” again. Now that it has found its voice again, the magazine “Marmo” was and will be all this: let’s try to line up the main players, so we will be able to speak of a future, even now. Erminio Cidonio, like Adriano Olivetti and Leopoldo Pirelli, had realised that one


ti e Leopoldo Pirelli, aveva compreso che era necessario guardare altrove per mettere insieme un gruppo di “visionari concreti”: ecco, allora, di nuovo un grande regista di operazioni culturali e industriali come Bruno Alfieri, ideatore di “Zodiac”, una meteora purtroppo (è durata troppo poco, ma anche questo fa parte di tutte le esperienze progettuali d’avanguardia), dove troviamo tra i protagonisti un grandissimo progettista, architetto, grafico e artista come Roberto Sambonet: anche in questo caso un nome che ci riporta ad esperienze industriali di straordinaria innovazione e qualità. Accanto ad Alfieri, un genio della grafica non solo italiana, come Michele Provinciali (fondamentali sono state le sue esperienze didattiche a Chicago dove frequenta negli anni ‘50 l’Institute of Design, fondato da Làslò Moholy-Nagy, una sorta di New Bauhaus), che trasferisce nella progettazione e nell’impaginazione della nuova rivista, da un lato, l’ordine dettato da una semplicità compositiva che rispetta testo e immagini, senza mai intervenire da protagonista sugli autori, e dall’altro lato inserisce, qua e là, alcune invenzioni uniche e inattese, riconducibili all’estetica di Marcel Duchamp: la normalità delle cose che supera ogni forma di stilismo inutile e ripetitivo. Nel nostro caso con il marmo non si può scherzare, perché la materia è talmente forte da superare ogni forma di “decoratismo”. E qui, ovviamente, accanto a Provinciali, che pur essendo il più internazionale dei grafici di quegli anni non dimentica il territorio da cui proviene, il Montefeltro di Piero della Francesca, emergono “autori” che provengono da discipline diverse, apparentemente laterali: tra gli altri Giulia Veronesi, Pier Carlo Santini, Gillo Dorfles, accanto a Le Corbusier, Michelucci, Alvar Aalto. Il marmo e l’architettura, il marmo e la scultura, ma direi il marmo e il progetto, perché se in quegli anni il design stava nascendo, timido nelle piccole aziende che poi si chiameranno Cassina, Flos, Artemide, Boffi (solo per fare alcuni nomi), comunque già s’intravedono alcuni segni che non a caso poi porteranno alla realizzazione della prima rivista a

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had to look elsewhere and put together a group of “concrete visionaries”: here comes, then, such a great orchestrator of cultural and industrial operations as Bruno Alfieri, the father of “Zodiac”, sadly a one-hit wonder (it was too short-lived but this is part and parcel of any avant-garde experience after all), whose heroes were such a great designer, architect, graphic designer and all-round artist as Roberto Sambonet, once again a name that brings back memories of outstandingly innovative and excellent industrial experiences. Alongside Alfieri, Michele Provinciali, the genius of graphic design, and not just in Italy (his lectures in Chicago, where he attended the Institute of Design, founded by Làslò Moholy-Nagy, a sort of New Bauhaus, in the fifties, were fundamental experiences), who imbued the design and layout of his new magazine with a composure inspired by a neat layout that left the text and images speak for themselves, without ever bossing the authors about, with a good sprinkling of unique, unexpected inventions, which nodded to Marcel Duchamp’s aesthetics: the normality of things that surpasses any form of useless, repetitive style concern. In this case, you don’t mess with marble, because that material is so strong it overcomes any “decorative” concern. And here, of course, alongside that Provinciali, who, despite being the most international graphic artist back then, did not forget where he came from, that Montefeltro region that gave birth to Piero della Francesca, new “authors” from different, seemingly lateral, backgrounds started to appear, including Giulia Veronesi, Pier Carlo Santini, Gillo Dorfles, next to Le Corbusier, Michelucci, Alvar Aalto. Marble and architecture, marble and sculpture, but, may I add, marble and design, because, while design was seeing the light of day back then, shyly at first, in those small companies that would eventually be called Cassina, Flos, Artemide, Boffi, to mention just a few, a few glimpses could already be caught of the creation of the first world-class design magazine, ”Ottagono”, in 1966, founded precisely by eight budding companies,

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livello internazionale dedicata al design, nel 1966: “Ottagono”, fondata appunto da otto imprese, allora nascenti, le quattro citate più Arflex, Icf, Tecno e Bernini. Anche la rivista “Marmo” nasce all’interno di un’azienda, l’Henraux, mantenendo lo sguardo sul proprio territorio di riferimento, le Apuane e il monte Altissimo in modo particolare. Come d’altro canto le aziende pioniere del design italiano, avendo le proprie radici nella tradizione ottocentesca del mobile in Brianza, si alimentano con falegnami, tecnici, operai e piccolo artigiani; ma non dimentica, Erminio Cidonio, che è il mondo il palcoscenico a cui guardare per sviluppare il mercato e per portare in questo territorio straordinario della Toscana i grandi protagonisti dell’arte: Moore, Arp, Adam, Manzù, Noguchi, accanto al dialogo con architetti come Franco Albini, Ignazio Gardella, il tutto sotto lo sguardo e la regia di alcuni studiosi come Giuseppe Marchiori, coordinati sempre ma con grande libertà dal committente. Essere coerenti qualche volta è faticoso e costa, da tutti punti di vista, ma è soltanto con lo sguardo rivolto in avanti che è possibile interpretare il proprio tempo e anticipare, con il progetto, il “domani”; ecco allora di nuovo, anche se alcuni protagonisti sono cambiati, apparire nel numero 4 di “Marmo”(1965) altre due grandi figure: il grafico Egidio Bonfante, proveniente sempre dalla scuola olivettiana e Ugo Mulas, con uno straordinario lavoro interpretativo della fontana di Adam per Chantilly. La fotografia di Mulas non solo ci riporta il progetto: ci fa capire, da vicino, il linguaggio del marmo, come se fosse una delle sue famose “Verifiche” della fine degli anni’60. Tutto questo a testimoniare che con “la cultura è possibile mangiare”, come scrive in un recentissimo saggio il Governatore della Banca d’Italia, Vincenzo Visco: per affrontare i grandi problemi economici, e non solo, che abbiamo davanti, “… servirà più cultura e bisognerà superare una buona volta e definitivamente la barriera che da noi separa la cosiddetta ‘cultura umanistica’, da valorizzare, da quella ‘tecnico-scientifica’, su cui investire”. É un problema di conoscenza, la ragione fondamentale

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the four we mentioned, plus Arflex, Icf, Tecno and Bernini. “Marmo” too was born within a company, Henraux, kept a very special eye on its birthplace, the Apuan Alps and Mount Altissimo, just like Italy’s pioneering design companies, deeply rooted in the 19th-century furniture-making tradition of Brianza, are fed by carpenters, technicians, and craftsmen; but Erminio Cidonio would not forget that the world is the stage one needs to look to, if one wants to broaden the market and bring the big names of art, such as Moore, Arp, Adam, Manzù, Noguchi, to this extraordinary land of Tuscany, and to interact with architects, including Franco Albini and Ignazio Gardella, unfailingly watched over and directed by a few scholars, such as Giuseppe Marchiori, regularly, but very loosely, coordinated by the client. Sometimes, being consistent may be tiring and it may come at a cost, in all respects, but it is only by looking ahead that one can understand one’s time and use design to bring the future closer: that’s how, again, even if some protagonists have changed, another two great men make their appearance in issue number 4 of “Marmo” (1965): Egidio Bonfante, a graphic artist, also a member of Olivetti’s school, and Ugo Mulas, with his outstandingly intense treatment of Adam’s fountain for Chantilly: Mulas’s photography does not only show a project, it makes us closely understand the language of marble, as if it were one of his famous “Verifiche” of the late Sixties. All this, to show that “You can eat culture”, Vincenzo Visco, Governor of the Bank of Italy, wrote in a very recent essay: if we want to deal with the big economic and non-economic problems that lie ahead, “more culture will be needed, and the barrier that, in this country, separates the so-called “humanistic culture”, to be promoted, from “technical-scientific culture”, to be invested in, must be overcome, once and for all”. The key reason that the development and growth of a society, or of a company, is built on, is all about knowledge. The future of Henraux is already here, day after day, and bringing “Marmo” back to life, and not just to take a trip


su cui si regge lo sviluppo e la crescita di una società, come di un’azienda. Il futuro di Henraux è già qui, giorno dopo giorno e riprendere, non solo per ragioni di memoria, il progetto di “Marmo” significa rimettere al centro della progettazione e della produzione una storia attuale, dove tutti coloro i quali appartengono a questo sistema, devono fare il “proprio mestiere”, non dimenticando mai che anche il più straordinario dei progetti, il più innovativo, ha bisogno di diventare “realtà”: dalla idea alla cosa e per questa ragione, secondo noi, il marmo è una delle grandi narrazioni concrete del nostro paese, inesauribile; basta saperlo interrogare nel rispetto della sua identità, come ha fatto Ugo Mulas con il suo contributo per “Marmo” 4 del 1965, che qui riprendiamo come il nostro manifesto del futuro.

down memory lane, means bringing a relevant story back at the centre of design and production, where all the players involved in such system must do “their job”, without ever forgetting that, even the most outstanding, the most innovative project needs to become “reality”: from the idea to the thing, and that’s why, in our opinion, marble is one of the great, real, never-ending stories of our country; all you need to do is be able to look into it, without ever encroaching on its identity, as Ugo Mulas did in 1965 with his reportage for Marmo 4, which we show again here, as our manifesto for the future.

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Lara Conte

“Marmo”: una rivista internazionale degli anni Sessanta, tra architettura, scultura e design “Marmo”: a 60s international magazine of architecture, sculpture and design

Per le notizie relative alla presenza di Erminio Cidonio a Querceta, ricostruite attraverso la consultazione dell’Archivio Storico della Henraux, si rimanda a: L. Conte, La rivista “Marmo”, in Da “Marmo” al marmo. 1962 – 1972, catalogo della mostra, a cura di A. Tosi, con la collaborazione di L. Conte e A. Salvadori, (Seravezza, Lucca, Palazzo Mediceo, 22 maggio – 30 giugno 2004), Seravezza 2004, pp. 25-33: L. Conte, L’Henraux: i progetti, i protagonisti (1956 – 1972), in Henraux dal 1821: progetto e materiali per un museo d’impresa, catalogo della mostra, a cura di C. Paolicchi (Lucca, Fondazione Ragghianti – Complesso Monumentale di S. Micheletto, 14-20 gennaio 2006), Pontedera 2006, pp. 35-47. 2 B. Munari, in “AZ ”, a. II, n. 4, aprile – maggio 1950, p. 3. 3 B. Alfieri, Una nuova rivista, in “Marmo”, n. 1, dicembre 1962, p. 12. 4 Cfr. a tal proposito A. Serafini, La Versilia e le nuove fortune del marmo dopo il 1960, in Museo dei Bozzetti Pietrasanta. Catalogo generale, Viareggio (LU) 1994, p. 22. 1

For information about Erminio Cidonio’s work for Henraux, based on Henraux’s Historical Archives, see my article, L’Henraux: i progetti, i protagonisti (1956 – 1972), in Henraux dal 1821: progetto e materiali per un museo d’impresa, exhibition catalogue, edited by C. Paolicchi (Lucca, Fondazione Ragghianti – Complesso Monumentale di S. Micheletto, 14-20 January 006), Pontedera 2006, pp. 35-47. 2 B. Munari, in “AZ ”, a. II, n. 4, April – May 1950, p. 3. 3 B. Alfieri, Una nuova rivista, in “Marmo”, no. 1, December 1962, p. 12. 4 About this, see A. Serafini, La Versilia e le nuove fortune del marmo dopo il 1960, in Museo dei Bozzetti Pietrasanta. Catalogo generale, Viareggio (LU) 1994, p. 22. 1

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Si può tracciare un prima e un dopo nelle vicende artistiche versiliesi del secondo dopoguerra. Un prima e un dopo attraversati dalla cruciale presenza a Querceta di Erminio Cidonio. Nominato nel 1957 amministratore delegato della società Henraux, nel giro di pochi anni egli ridefinì il ruolo della storica azienda marmifera, con un’azione lungimirante e incisiva che avrebbe ridisegnato il destino stesso della Versilia quale centro della scultura contemporanea internazionale1. Un’utopia – quella di Cidonio – che trae certamente spunto dai più moderni esempi di imprenditoria industriale – la Olivetti, in primis, – volti a coniugare produzione, impegno sociale e culturale, nella curvatura temporale che si estende dalla ricostruzione postbellica al miracolo economico. “L’arte concreta ha le possibilità di portare un contributo vantaggioso per l’industria e per la società – scriveva Bruno Munari all’inizio degli anni Cinquanta – la vera funzione sociale dell’arte dovrebbe essere quella di migliorare non solo l’animo umano ma anche l’ambiente dove l’uomo vive […]. Perché non portiamo un poco della nostra sensibilità artistica all’industria e ai suoi prodotti? […] Si tratta di collaborare con i tecnici, di riprendere quei contatti che in un triste periodo furono interrotti, ma riprenderli con gusto moderno, attuale”2. Proprio riallacciandosi a certi fermenti del dibattito coevo Cidonio perseguì la sua utopia versiliese. A seguito dell’ampio uso che ne era stato fatto durante il ventennio fascista, nel dopoguerra il marmo fu screditato da scultori ed architetti che preferirono affidare le loro sperimentazioni a materiali considerati più moderni e “democratici”3, come il ferro, il cemento armato, il legno e la plastica. Il settore marmifero fu pertanto colpito da una seria crisi, divenuta certamente ancora più grave, all’inizio degli anni Sessanta, a causa degli esiti del Concilio Vaticano II che aveva imposto severe indicazioni per la decorazione interna ed esterna degli edifici ecclesiastici4. Per Cidonio la via da percorrere per il rilancio del marmo fu quella di promuovere l’utilizzo del nobile materiale nei diversi settori della cultura figurativa contemporanea – dalla scultura all’ar-

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There is a ‘before’ and an ‘after’ in the artistic legacy of Versilia after World War II. A ‘before’ and an ‘after’ with Erminio Cidonio always staying at Querceta. Appointed Managing Director of Henraux in 1957, within just a few years he reshaped the role of the heritage marble company through impactful, longsighted efforts, in the attempt to change the fate of Versilia as the centre of international contemporary sculpture1. A utopia – Cidonio’s – that must have certainly been prompted by the most modern examples of industrial entrepreneurship – first and foremost Olivetti – which aimed at combining production, social and cultural commitment, in that curve of time that goes from post-war reconstruction to the economic miracle. “Concrete art can make a beneficial contribution to industry and society – Bruno Munari wrote in the early Fifties –; the real social role of art should be to improve not only the human soul but also the environment in which man lives […]. Why don’t we take a bit of our artistic sensitivity to industry and to its products? […] This means cooperating with technicians, taking again the contacts that were broken at a sad time, but taking them again with a modern, trendy vibe2. It was just by reconnecting to some vibrations of the contemporary debate that Cidonio pursued his Versilian utopia. Because it had been so lavishly used during the twenty years of the Fascist era, after the war marble was disavowed by sculptors and architects, who preferred to experiment with allegedly more modern and “democratic” materials3, such as iron, reinforced concrete, wood and plastic. Therefore, the marble industry went through a serious decline, certainly worsened, in the early Sixties, by the outcome of the Second Vatican Council, which laid down strict guidelines for the interior and exterior decoration of church buildings4. For Cidonio, the way to go in the attempt to revive marble was by promoting the use of that noble material in different areas of contemporary figurative culture – from sculpture to architecture,


chitettura, alla produzione di serie –, in modo da coniugare arte e produzione industriale, e dare altresì avvio a un nuovo dialogo tra gli artigiani locali, depositari delle tecniche del mestiere, i grandi maestri della scultura e i giovani artisti che sarebbero giunti a Querceta per lavorare nei laboratori della storica azienda. In questa precisa quanto utopica strategia operativa uno dei progetti messi in atto fu la fondazione della rivista “Marmo”, palestra di elaborazione teorica e strumento mediante il quale una periferia artistica poté tempestivamente collocarsi, attraverso la sua specifica identità – materiale e culturale – in uno scenario di dibattito e visibilità internazionali. Il titolo scelto è diretto, ma allo stesso tempo “enigmatico”5: “Marmo”, appunto, si proponeva di scalzare i pregiudizi e di individuare le nuove possibilità del marmo nell’orizzonte plurale delle materie e delle tecniche dell’arte dei primi anni Sessanta. La rivista fu pubblicata in cinque numeri: i primi tre furono dati alle stampe a cadenza annuale dal 1962 al 1964, sotto la direzione di Bruno Alfieri6; il quarto, apparso nel 1965, e il quinto – con un’impostazione monografica, e pubblicato dopo una pausa di alcuni anni, nel 1971 – furono invece diretti da Pier Carlo Santini, che peraltro proseguì il progetto dopo l’uscita di Cidonio dalla Henraux.

B. Alfieri, Una nuova rivista, cit., p. 12. Molte informazioni utili alla ricostruzione del progetto editoriale di “Marmo” sono emerse da una conversazione intercorsa con Bruno Alfieri in data 25 marzo 2004, confluite nel mio contributo La rivista “Marmo”, cit., pp. 25-33.

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Ibid. A lot of behind-the-scenes information about the making of “Marmo” was provided by a conversation with Bruno Alfieri on 25th March 2004, part of which is contained in my article, La rivista “Marmo”, in Da “Marmo” al marmo. 1962 – 1972, exhibition catalogue, edited by A. Tosi, in conjunction with L. Conte, A. Salvadori (Seravezza, Palazzo Mediceo, 22 May – 30 June 2004), Seravezza 2004, pp. 25-33.

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Nel 1962 Erminio Cidonio entrò in contatto con Attilio Fontanesi, responsabile del settore pubblicitario della rivista “Zodiac” – il semestrale internazionale di architettura contemporanea promosso da Adriano Olivetti e diretto, sino al 1963, da Bruno Alfieri. Cidonio apprezzò tale progetto editoriale e, oltre a decidere di acquistare uno spazio pubblicitario per reclamizzare l’azienda Henraux, manifestò a Fontanesi il desiderio di voler anch’egli sponsorizzare la pubblicazione di un’affine rivista di architettura e scultura, che potesse diventare uno strumento di elaborazione teorica per il rilancio del marmo nelle arti contemporanee. Fontanesi organizzò pertanto un incontro tra l’amministratore dell’azienda versiliese e Bruno Alfieri cui partecipò altresì il grafico Michele Provinciali. Figura di spicco dell’editoria contempo-

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to mass production – so as to combine art and industrial production, as well as opening a new dialogue between the local craftsmen, as the repositories of the tricks of the trade, the great masters of sculpture, and the young artists who would go to Querceta to work in the studios of that old company. In this operational strategy that was as accurate as it was utopian, one of the projects he brought to fruition was the launch of a magazine, “Marmo”, marble, as a training ground for theoretical thinking and as a tool through which the peripheral arts could promptly find a place, through their specific identity – material and cultural –, in the international debate and gain prominence. The chosen title is straightforward yet “enigmatic”5: “Marmo” intended to dispel prejudice and find new chances for marble in the multifaceted horizon of artistic materials and techniques of the early Sixties. The magazine was published in five issues: the first three were published once a year, from 1962 to 1964, with Bruno Alfieri as Editor-in-Chief6; the fourth, published in 1965, and the fifth – published as a monograph after a break of a few years, in 1971 – were edited by Pier Carlo Santini, who kept the magazine alive even after Cidonio left Henraux. In 1962, Erminio Cidonio met Attilio Fontanesi, advertising manager at “Zodiac” – an international six-monthly magazine of contemporary architecture, supported by Adriano Olivetti and edited until 1963 by Bruno Alfieri. Cidonio liked such project and, as well as deciding to buy some advertising space for Henraux, he said to Fontanesi that he too wanted to sponsor the publication of an architecture and sculpture magazine as a ground for theoretical experimentation in a bid to bring marble back into use, in contemporary art. So, Fontanesi arranged a meeting between the Managing Director of the Versilia-based company and Bruno Alfieri which was also attended by Michele Provinciali, a graphic designer. One of the most prominent figures in the

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Per uno studio approfondito del rapporto tra Erminio Cidonio e Giuseppe Marchiori si rimanda a A. V. Laghi, Giuseppe Marchiori, l’Henraux e i “suoi” scultori, in Da Rossi a Morandi, da Viani a Arp. Giuseppe Marchiori critico d’arte, catalogo della mostra, a cura di S. Salvagnini (Venezia, Fondazione Bevilacqua La Masa, 10 novembre 2001 – 14 gennaio 2002), Venezia 2001, pp. 97-109; A. V. Laghi, Cidonio, 1963 – 1965: cronaca di un’utopia, in X Biennale Internazionale Città di Carrara. Il Primato della scultura. Il Novecento a Carrara e dintorni, catalogo della mostra, a cura di A. V. Laghi (Carrara, 29 luglio – 29 settembre 2000), Siena 2000, pp. 280-281. 8 Carta patinata, formato medio, 27,2 x 21,3 cm. I primi quattro numeri furono pubblicati a cura dell’editoriale Metro, mentre il quinto fu stampato a cura dell’editore padovano Bino Rebellato. Il primo numero fu stampato a Vicenza presso le Arti Grafiche delle Venezie; il secondo, il terzo ed il quarto presso lo Stabilimento G. Colombi di Milano; il quinto presso la Tipografia Bertoncello di Citadella (Padova). L’impaginazione del quarto numero fu curata da Egidio Bonfante e quella del quinto dallo studio bmr di Lucca. 9 B. Alfieri, Una nuova rivista cit., p. 13. 7

For an extensive review of the relationship between Erminio Cidonio and Giuseppe Marchiori, see A. V. Laghi, Giuseppe Marchiori, l’Henraux e i “suoi” scultori, in Da Rossi a Morandi, da Viani a Arp. Giuseppe Marchiori critico d’arte, exhibition catalogue, edited by S. Salvagnini (Venice, Fondazione Bevilacqua La Masa, 10 November 2001 – 14 January 2002), Venice 2001, pp. 97 – 109; A. V. Laghi, Cidonio, 1963 – 1965: cronaca di un’utopia, in X Biennale Internazionale Città di Carrara. Il Primato della scultura. Il Novecento a Carrara e dintorni, exhibition catalogue, edited by A. V. Laghi (Carrara, 29 July – 29 September 2000), Siena 2000, pp. 280 – 281. 8 On coated paper, medium size, 27.2 x 21.3 cm. The first four issues were published by the publishing house Metro, while the fifth one was printed by the Padua-based publishing house Bino Rebellato. The first issue was printed by Arti Grafiche delle Venezie, in Vicenza; the second, third and fourth ones by Stabilimento G. Colombi in Milan; the fifth one by Tipografia Bertoncello in Citadella (Padua). The layout of the fourth issue was designed by Egidio Bonfante, and that of the fifth one by Studio BMR, in Lucca. 9 B. Alfieri, cit., p. 13. 7

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ranea, Alfieri era impegnato dagli anni Cinquanta in numerosi progetti editoriali tesi a promuovere la relazione tra arte e produzione industriale – dal già citato “Zodiac” a “Civiltà delle macchine”, da “Stile industria” a “Comunità” – oltreché essere il fondatore di importanti riviste che elaboravano e diffondevano il dibattito sull’attualità dell’arte, come “Quadrum” e “Metro”. Accettò pertanto con grande entusiasmo l’invito a dirigere “Marmo” e nel corso di successivi incontri con Cidonio gli propose di coinvolgere nel progetto Giuseppe Marchiori, indiscusso protagonista della critica della scultura del secondo dopoguerra. Marchiori e Alfieri furono così convocati dall’amministratore delegato dell’azienda versiliese anche per la progettazione di un seminario di scultura per giovani artisti e per l’organizzazione di un museo di scultura contemporanea da allestirsi a Querceta presso la sede della Henraux, in modo da declinare il progetto sin da subito con una prospettiva teorica concepita tuttavia mai disgiunta da un concreto risvolto pratico-operativo7. La veste grafica di “Marmo”, ideata da Michele Provinciali, ricorda intenzionalmente quella di “Zodiac”: è caratterizzata da un’impaginazione semplice e curata, arricchita da un ampio apparato fotografico in bianco e nero, con intervalli e piccole sezioni a colori8. Anche a livello di contenuti nei primi numeri della rivista si evidenzia una relazione con l’entourage editoriale di Alfieri: Giulia Veronesi, Margit Staber, Pier Carlo Santini, Gillo Dorfles e Maurizio Bonicatti, che pubblicarono contributi sui diversi numeri di “Marmo”, collaboravano difatti in quegli anni con “Zodiac” e “Metro”. Secondo gli accordi intercorsi tra Cidonio e Alfieri, “Marmo” doveva pubblicizzare i progetti realizzati dall’azienda versiliese e pubblicare approfondimenti critici sulla scultura, l’architettura e il design, in modo da “creare una piattaforma di cultura moderna, non settaria, internazionale, protesa verso il futuro”9. In essa potevano essere presentate “realizzazioni moderne di artisti, architetti e designers, in qualsiasi materiale, purché vagliate attraverso il filtro della critica

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contemporary publishing world, since the Fifties Alfieri had been involved in lots of titles to promote the relationship between art and industrial production – from “Zodiac”, as we said, to “Civiltà delle macchine”, from “Stile industria” to “Comunità” – and had also founded some leading magazines that dealt with and spread the debate on the relevance of art, such as “Quadrum” and “Metro”. Therefore, he enthusiastically accepted the invitation to edit “Marmo” and, at the meetings he then had with Cidono, he suggested they should bring in Giuseppe Marchiori, undisputedly one of the most influential figures in the criticism of sculpture after the Second World War. Not least, Marchiori and Alfieri were convened by the Managing Director of the Versiliabased company to organise a sculpture workshop for young artists and a museum of contemporary sculpture in Henraux’s headquarters, at Querceta, so as to take a theoretical approach since the very beginning, though still with the more concrete practicaloperational implications in mind7. The artwork on “Marmo”, designed by Michele Provinciali, deliberately resembles that of “Zodiac”: the layout is plain, well made, supported by a wide array of black and white photographs, with breaks and little colour sections8. Even in terms of contents, the first few issues of the magazine are clearly the offspring of Alfieri’s editorial board: Giulia Veronesi, Margit Staber, Pier Carlo Santini, Gillo Dorfles and Maurizio Bonicatti, who had articles published several times on “Marmo”, were contributors for “Zodiac” and “Metro” back then. As agreed between Cidonio and Alfieri, “Marmo” would advertise the projects completed by the Versiliabased company and would publish insights into sculpture, architecture and design, so as to “create a non-sectarian, future-oriented, international, modern cultural platform”9. “Modern works by artists, architects and designers, in any material, provided they have been sifted through the filter of art criticism and


Ibid. F. Fergonzi, Marchiori e la scultura, in Giuseppe Marchiori e il suo tempo. Mezzo secolo di cultura artistica e letteraria europea visto da un critico d’arte, catalogo della mostra, a cura di S. Salvagnini (Rovigo, Palazzo Roncale, 5-28 novembre 1993), Rovigo 1993, p. 43. 10

d’arte e della tecnica”10. Il marmo è pertanto il tema precipuo, ma non esclusivo della rivista in cui si alternano contributi di critici, teorici e specialisti delle molteplici discipline trattate. Riproposizioni di stralci di diario, progetti e schizzi di Le Corbusier, Giovanni Michelucci e Alvar Aalto arricchiscono le pagine dedicate all’architettura contemporanea; tematiche inerenti l’archeologia, la storia dell’architettura e il restauro furono affrontate da Piero Sanpaolesi, Marco Dezzi Bardeschi, Brunetto Cartei, Licisco Magagnato e Pier Carlo Santini, il quale curò altresì le pagine destinate al design. Per quanto attiene la scultura, si segnala l’assidua presenza di Marchiori, con numerosi saggi sui grandi scultori che in quegli anni lavorarono all’Henraux, come Henry Moore, Jean Arp, ­Henri-Georges Adam. Sotto lo pseudonimo di Candido Volta, Marchiori pubblicò inoltre numerose pagine dei suoi diari – scritti che permettono di conoscere il peculiare approccio del critico allo studio della scultura, sempre alimentato da una frequentazione diretta degli artisti e dalla propensione ad analizzare e a dar risalto ai processi creativi e alle problematiche tecnico-materiali della ricerca plastica. Come ha opportunamente evidenziato Flavio Fergonzi “non sono solo l’abitudine del critique d’atelier o l’allergia agli schemi teorici troppo generali a portare Marchiori a questa attenzione per la scultura nel suo farsi; c’è anche il voler ritrovare, nell’artista al lavoro, la traccia tangibile della sua umanità più vera e farne l’oggetto di un’autonoma riflessione”11. Inutile pertanto evidenziare che “Marmo” e l’Henraux furono contesti ideali per il critico di Lendinara nel percorso di consolidamento della propria pratica critica.

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Ibid. F. Fergonzi, Marchiori e la scultura, in Giuseppe Marchiori e il suo tempo. Mezzo secolo di cultura artistica e letteraria europea visto da un critico d’arte, exhibition catalogue, edited by Sileno Salvagnini (Rovigo, Palazzo Roncale, 5-28 November 1993), Rovigo 1993, p. 43. 10 11

“Marmo 1” fu pubblicato nel dicembre 1962. Lo scritto di presentazione di Bruno Alfieri e il testo di Giulia Veronesi, dal titolo Marmo e architettura, introducono il dibattito sulla rivalutazione del marmo nel campo dell’edilizia, della produzione di serie e della scultura, che sarà approfondito nei numeri successivi della rivista. Dopo aver enucleato le cause che avevano provocato la svalutazione del marmo nel secondo dopoguerra,

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technique” could be showcased in it10. Therefore, marble is the main, but not the only, subject of the magazine, which alternates pieces by critics, theoreticians and specialists in the many fields it dealt with. The pages on contemporary architecture are interspersed with diaries, designs and sketches by Le Corbusier, Giovanni Michelucci and Alvar Aalto; archaeology, history of architecture and restoration are some of the issues addressed by Piero Sanpaolesi, Marco Dezzi Bardeschi, Brunetto Cartei, Licisco Magagnato and Pier Carlo Santini, who was also the interior design editor. As to sculpture, Marchiori was one of the regulars there, writing lots of essays on the big names of sculpture who worked at Henraux in those years, such as Henry Moore, Jean Arp, Henri-Georges Adam. With the nickname Candido Volta, Marchiori published many pages from his diaries – writings that provide an insight into the critic’s peculiar approach to the study of sculpture, unfailingly fed by his personal contacts with the artists and his talent for looking into and emphasising the creative processes and technical-material problems of plastic research. As aptly pointed out by Flavio Fergonzi, “it is not only his critique d’atelier persona or an allergy to any excessively general theoretical pattern that made Marchiori so keen on the ‘making of’ sculpture; he was also willing to find again, in the artist at work, the tangible trace of his truest humanity and engage in an independent reflection on that”11. No need, then, to point out that “Marmo” and Henraux were the ideal grounds for the Lendinara-born critic, as he was trying to establish his own status as a critic. “Marmo 1” was published in December 1962. Bruno Alfieri’s foreword and Giulia Veronesi’s piece Marmo e architettura opened a debate on the reappraisal of marble as a building material, for mass production or sculpting, which would be further explored in the following issues of the magazine. After listing the

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ambedue si soffermarono a descrivere i pregi del nobile materiale, il cui “ritorno nel mondo moderno – secondo quanto auspicava lo stesso Alfieri – sarebbe stato “uno degli avvenimenti più clamorosi della seconda metà del secolo”12. In questo primo numero non è riservata una vera e propria sezione ai progetti eseguiti presso l’azienda versiliese. Sono tuttavia pubblicate fotografie scattate nelle cave del Monte Altissimo (i giacimenti marmiferi di proprietà della Henraux), una breve scheda sul progetto del Museo d’arte di Lincoln in Nebraska, realizzato da Philip Johnson grazie alla collaborazione delle maestranze dell’azienda, ed un servizio sulle nuove proposte per la lavorazione di pannelli in marmo per il rivestimento di facciate e per la pavimentazione di edifici. Ampio spazio è invece riservato alla scultura. Marchiori pubblicò un resoconto del suo viaggio a Parigi compiuto nel dicembre 1961, durante il quale aveva visitato musei, gallerie e gli studi di Emile Gilioli, Hans Arp, Alicia Penalba, Henri-Georges Adam. Pubblicò inoltre un approfondito contributo su Moore, la cui presenza in Versilia a partire dal 1956 rappresenta un eloquente “antefatto” di quell’avventura che si sarebbe concretizzata con l’articolato progetto messo a punto da Cidonio. Ottenuta la prestigiosa commissione per la realizzazione della grande scultura per la sede dell’Unesco di Parigi, Moore aveva scelto infatti di recarsi direttamente in Versilia, dove non solo aveva potuto scegliere il materiale per la realizzazione della sua Reclining figure, ma si era giovato altresì della collaborazione tecnica degli abili artigiani locali che per la prima volta erano entrati così in contatto con il nuovo universo formale della ricerca plastica contemporanea.

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B. Alfieri, Una nuova rivista, cit., p. 12.

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B. Alfieri, Una nuova rivista, cit., p. 12.

Indubbiamente gli intenti di “Marmo” si chiarificarono con la pubblicazione dei numeri successivi, dati alle stampe rispettivamente nel novembre 1963 e nel dicembre 1964. “Marmo 2” e “Marmo 3” si compongono, infatti, di contributi d’impostazione storico-critica, di una rubrica consacrata interamente al marmo intitolata “Marmorama” e di un “Notiziario Henraux”, in cui sono presentati i progetti realizzati dall’azienda nei molte-

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reasons why marble had been so badly neglected after the Second World War, both lingered on describing the strengths of that noble material, whose “return to the modern world – as Alfieri himself hoped for – would have been “one of the most sensational events in the late 20th century”12. In the first issue, there was no section showcasing the projects completed by the Versilia-based company. However, it did publish photographs of the quarries on Mount Altissimo (Henraux’s marble seams), a short factsheet on the project of the Museum of Art of Lincoln, Nebraska, built by Philip Johnson with the assistance of the company’s craftsmen and a piece on new processing techniques for marble facings and pavings. The magazine gave pride of place to sculpture, instead. Marchiori published a report about a trip he took to Paris in December 1961, during which he visited museums, galleries and the studios of Emile Gilioli, Hans Arp, Alicia Penalba, Henri-Georges Adam. He also published an extensive article on Moore, whose being in Versilia since 1956 is a quite telling “foretaste” of the adventure that would materialise with Cidonio’s far-ranging project. As soon as he was commissioned to make a big sculpture for the Unesco headquarters in Paris, Moore decided to go straight off to Versilia, where he could not only choose the material he needed for his Reclining Figure, but could also be technically assisted by the skilful local craftsmen, who thus had their first contact with the new formal universe of contemporary research into plastic arts. Of course, the real agenda of “Marmo” became clearer as the new issues came out, in November 1963 and in December 1964, respectively. Actually, “Marmo 2” and “Marmo 3” contained articles of historical critique, a regular feature all about marble, called “Marmorama”, and “Notiziario Henraux”, a newsletter that described the projects completed by the company in multiple areas of architecture, restoration, industrial design and sculpture. “Marmo 2” publishes a feature about


13 Seminario Henraux di Scultura. Regolamento, Archivio Storico Henraux, Querceta (LU).

13 Seminario Henraux di Scultura. Regolamento (Terms and conditions), Archivio Storico Henraux, Querceta.

plici campi dell’architettura, del restauro, dell’industrial design e della scultura. “Marmo 2” propone un servizio sull’Albergo Cavalieri Hilton di Roma (alla cui progettazione presero parte Franco Albini, Franca Helg, Ignazio Gardella e Melchiorre Bega), in cui i marmi della Henraux trovarono un ampio impiego, sia nella pavimentazione che negli arredi. Un’intervista di Giuseppe Patané a Ugo Blätter, pubblicata anch’essa sul secondo numero della rivista, documenta la realizzazione del pavimento per il portico di San Pietro progettato da Giacomo Manzù, i cui lavori furono condotti dal dipartimento “Ricostruzione e Arte Sacra” della società versiliese. Su “Marmo 3” sono fornite approfondite informazioni sulla ricostruzione dell’Abbazia di Montecassino distrutta dalle bombe della seconda guerra mondiale – il più grande intervento di restauro cui la Henraux collaborò e che vide impegnate le maestranze dell’azienda per più di un decennio. Grande spazio è inoltre riservato alle presenze artistiche che in quel periodo lavorarono a Querceta e ai seminari di scultura. “Marmo 3” raccoglie infatti interventi di Alfieri e Marchiori – corredati da fotografie scattate da Ilario Bessi nel laboratorio di scultura – che documentano le presenze a Querceta di Moore, Arp e Noguchi, al quale si deve il progetto di sistemazione del giardino che doveva accogliere la collezione del Museo Henraux. Una delle fotografie di Arp ritrae invece l’artista mentre stava dando gli ultimi ritocchi a Paysage Bucolique, la grande scultura che fu esposta nello stand della Henraux alla Fiera di Milano del 1964. Nelle tre edizioni dei Seminari organizzati alla Henraux (tenutisi rispettivamente nel 1963, 1964 e 1965) furono invitati a partecipare alcuni giovani scultori che avevano l’opportunità di confrontarsi con il marmo (ad ogni artista veniva messo a disposizione il materiale occorrente per l’opera da eseguire) e di giovarsi dell’assistenza tecnica delle maestranze locali. In base a quanto disposto dal regolamento, le opere realizzate nel corso dei seminari sarebbero rimaste di proprietà dell’azienda confluendo nella raccolta di scultura, previo parere della commissione giudicatrice13. L’intento era quello di “condurre i

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the Cavalieri Hilton Hotel in Rome (designed by Franco Albini, Franca Helg, Ignazio Gardella and Melchiorre Bega), with Henraux’s marble lavishly used in the floors and interior décor. Giuseppe Patanè’s interview with Ugo Blätter, also published on the second issue of the magazine, tells about the making of the floor for the porch of St Peter’s Basilica, designed by Giacomo Manzù, site managed by the “Reconstruction and Sacred Art” of the Versilia-based company. “Marmo 3” provides extensive details of the rebuilding of the Abbey of Montecassino, ravaged by the bombs during World War II – the greatest restoration project that Henraux was ever involved in and that kept the company’s workmen busy for over a decade. In addition, the magazine also gives wide coverage to the artists who worked in Querceta in those years and to the sculpture workshops. Actually, “Marmo 3” contained articles by Alfieri and Marchiori – with Ilario Bessi’s photographs of the sculpture studio – evidence of Moore, Arp and Noguchi being there and landscaping the garden that was to host the Henraux Museum’s collection. One of the photos of Arp shows the artist as he is adding the finishing touches to his Paysage Bucolique, the big sculpture on display in Henraux’s stand at the Milan Fair in 1964. Some young sculptors were called to attend the three workshops organised at Henraux (held in 1963, 1964 and 1965, respectively) so they could have a chance to try their hands at marble (every artist would receive the material they needed for their works) and benefit from the local craftsmen’s technical support. According to the rules, the works completed at the workshops would be the property of the company and would be added to its sculpture collection, depending on the decision of the panel of judges13. The aim was to “take young sculptors to professional maturity, to work on materials that cannot be approached without a direct, intimate conversation between the work and the artist, regardless of any strained

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giovani scultori sul terreno della maturità professionale, del lavoro su materiali che non consentono se non un colloquio diretto e intimo tra l’opera e l’artista, al di fuori di ogni forzato intellettualismo”14. Gli artisti prescelti per la prima edizione furono Marisa Mauri, Silverio Riva, Paolo Icaro e Guido Pinzani; per la seconda Fumio Otani e Antoine Poncet; e per l’ultima Jean Dries, Bruno Raspanti e Aldo Dezza. Di fatto per alcuni artisti quell’esperienza costituì l’avvio di una proficua collaborazione con l’azienda e i laboratori locali la cui frequentazione del territorio apuo versiliese si declina al presente.

14 B. Alfieri, Il primo seminario Henraux della scultura, in “Marmo”, n. 3, novembre 1963, p. 212. 15 Candido Volta [G. Marchiori], Pagine di diario (IV), in “Marmo”, n. 4, dicembre 1965, p. 202.

14 B. Alfieri, Il primo seminario Henraux della scultura, in “Marmo”, no. 3, November 1963, p. 212. 15 Candido Volta [G. Marchiori], Pagine di diario (IV), in “Marmo”, no. 4, December 1965, p. 202.

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Durante il 1965 i rapporti tra Alfieri e Cidonio si incrinarono. Sopraggiunsero problemi finanziari legati presumibilmente anche alla pubblicazione della rivista. Con il terzo seminario di scultura – la cui organizzazione potrebbe, in verità, aver visto impegnato soprattutto Marchiori – l’editore concludeva la propria collaborazione con l’Henraux: l’avventura editoriale di “Marmo” sarebbe proseguita, ma sotto la direzione di Pier Carlo Santini, il quale impostò il quarto numero, dato alle stampe nel 1965, su una linea di continuità rispetto ai numeri diretti da Alfieri. Santini si assicurò difatti la collaborazione di Marchiori che pubblicò alcune pagine di diario annotate a Querceta, in cui sono fornite informazioni sul seminario di scultura e sugli artisti che, durante l’estate di quell’anno, lavorarono nel laboratorio dell’azienda: “C’è qui Adam che sta terminando il grande muro per il castello di Chantilly – riferiva il critico – un muro composto di elementi appena sbozzati, con profonde incisioni, di bella orditura geometrica, linee che si intersecano, apparentemente casuali come graffiti. I massi sono di differenti colori e di forme spesso quasi naturali. Vanno collocati su uno specchio d’acqua. Adam osserva le opere dei giovani. Entra poi nell’atelier dove Poncet sta lavorando tra marmi della Penalba, anche lei a Querceta, e di Gilioli. Insomma si ha l’impressione di un ‘cantiere’ scultorio europeo”15. Proprio alla grande fontana di Adam per Chantilly Santini dedicò un approfondito saggio – pubblicato anch’esso su “Marmo 4” – corredato da splendide fotografie di

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intellectualism”14. The artists shortlisted for the first workshop included Marisa Mauri, Silverio Riva, Paolo Icaro and Guido Pinzani; for the second one, Fumio Otani and Antoine Poncet; and, for the last one, Jean Dries, Bruno Raspanti and Aldo Dezza. Indeed, for some artists, that experience marked the start of a fruitful partnership with the company and with the local workshops, whose contacts with the ApuanVersilian region are still going strong. In 1965, relations between Alfieri and Cidonio deteriorated. Financial problems appeared, probably as a consequence of the publication of the magazine. With the third sculpture workshop – which was presumably mainly organised by Marchiori – the publisher ended his work for Henraux: the adventure started with the publication of “Marmo” would go on, this time under the supervision of Pier Carlo Santini, who tried to set up the fourth issue, published in 1965, along the same lines as Alfieri’s. Actually, Santini wanted Marchiori to work for the magazine, so the latter published pages from his diary that he had jotted down in Querceta, providing details of the sculpture workshop and the artists that worked in the company’s studio in the summer of 1965: “There’s Adam here finishing the big wall for the castle at Chantilly – the critic noted –. A wall made of deeply furrowed, roughhewn pieces with a fine geometrical weaving, intersecting lines, seemingly as haphazardly as graffiti. The boulders are different colours and shapes, often almost natural looking. They must be put on a pond. Adam looks at the young artists’ works. Then, he goes in the studio where Poncet is working amidst the marble sculptures of Penalba, who’s also at Querceta, and Gilioli. So, this feels like a European sculpting ‘site’”15. It was actually Adam’s big fountain for Chantilly that Santini wrote a long essays about – also published in “Marmo 4” – with Ugo Mulas’ outstanding photographs – in which the focus is on the plastic making of the monument, to make which the sculptor


16 Comitato di Direzione: Giuseppe Formai, Mario Paiotti, Pier Carlo Santini; Direttore responsabile: Giuseppe Formai; Direttore: Pier Carlo Santini; Coordinatore: Giancarlo Citi. 17 G. Marchiori, Pagine di diario 1969 – 1970, in “Marmo”, n. 5, novembre 1971, p. 186. 18 L’opera è databile alla fine degli anni Sessanta. Cfr. A. V. Laghi, scheda, in X Biennale Internazionale…, cit., p. 256. 19 L’opera fu realizzata presumibilmente a cavallo tra il 1968 e e il 1969. In una lettera inviata da Querceta a Pablo Serrano, in data 14 marzo 1969, si legge: “Chiarissimo Maestro, con vivo piacere desideriamo ancora ringraziarla per la bella opera che ci ha permesso di realizzare per il nostro museo in cambio di una realizzata per Suo conto da tempo Speditagli. La sua opera concorse, insieme a quelle degli altri insigni Maestri che come Lei hanno aderito a questa nostra iniziativa, a rendere ancora più bella questa nostra terra di Versilia ed a esaltare il marmo, nobilissima materia estratta dalle nostre montagne […]”. Archivio Storico Henraux, Querceta (Lucca). 20 L’opera fu realizzata presumibilmente nel corso del 1968. In una lettera del 17 gennaio 1968 inviata da Maurice Lipsi alla società Henraux si legge: “Monsieur, Je vous remercie de votre lettre du 21 – 11 – 67, en vous priant de m’excuser de ma réponse tardive. C’est avec joie que Je viens vous confirmer mon adhésion à votre invitation dont vous me faites l’honneur. En ce qui concerne la question du travail à faire, mon intention serait, comme vous avez la gentilesse de me proposer, d’aller à Querceta choisir moi–même le matériau que vous mettez à la disposition, en vous apportant la maquette. Quant à la date, J’envisage, si possible, pendant la période du printemps prochain”. Archivio Storico Henraux, Querceta (Lucca). 21 L’opera è databile al 1963-1964. Pubblicata in “Marmo”, n. 3, dicembre 1964, p. 149. Cfr. A. V. Laghi, scheda, in X Biennale Internazionale…, cit., p. 247. 22 A. V. Laghi data l’opera al 1965-1966. Cfr. scheda in X Biennale Internazionale…, cit., p. 249. 23 L’opera è databile al 1963-1964. Cfr. B. Alfieri, Alcune sculture eseguite a Querceta, in “Marmo”, n. 3, dicembre 1964, pp. 146 - 149; A. V. Laghi, scheda, in X Biennale Internazionale…, cit., p. 244.

16 Board of Directors: Giuseppe Formai, Mario Paiotti, Pier Carlo Santini; Editor-in-Chief: Giuseppe Formai; Managing Director: Pier Carlo Santini; Coordinator: Giancarlo Citi. 17 G. Marchiori, Pagine di diario 1969 – 1970, in “Marmo”, n. 5, November 1971, p. 186. 18 The work is datable to the late Sixties. Cf. A. V. Laghi, factsheet, in X Biennale Internazionale…, cit., p. 256. 19 The work was presumably completed between 1968 and 1969. A letter sent to Pablo Serrano from Querceta on 14th March 1969 reads: “Most Illustrious Master, it is with heart-felt pleasure that we wish to thank you, once again, for the beautiful work you enabled us to make for our museum in return for one made on your behalf and sent you some time ago. Along with the works of the other illustrious artists who, like you, joined our initiative, your work helped make this land of Versilia even more beautiful than it is and celebrate marble, this extremely noble material dug out of our mountains (…) ”. Archivio Storico Henraux, Querceta (Lucca). 20 The work was presumably completed in 1968. A letter sent by Maurice Lipsi to Henraux on 17th January 1968 reads: “Monsieur, Je vous remercie de votre lettre du 21 – 11 – 67, en vous priant de m’excuser de ma réponse tardive. C’est avec joie que Je viens vous confirmer mon adhésion à votre invitation dont vous me faites l’honneur. En ce qui concerne la question du travail à faire, mon intention serait, comme vous avez la gentilesse de me proposer, d’aller à Querceta choisir moi – même le matériau que vous mettez à la disposition, en vous apportant la maquette. Quant à la date, J’envisage, si possible, pendant la période du printemps prochain” (Sir, I would like to thank you for your letter of 21/11/1967 and I apologise for the delay in replying. It is with pleasure that I confirm I accept the invitation I had the honour of receiving from you. As to my sculpture, my intention, as you were so kind as to propose, is to come to Querceta to personally choose the material you provide and give you my model. As to the date, I suppose it will be next spring if possible). Archivio Storico Henraux, Querceta (Lucca). 21 The work is datable to 1963-1964. Published in “Marmo”, no. 3, December 1964, p. 149. Cr. A. V. Laghi, scheda, in X Biennale Internazionale…, cit., p. 247. 22 A. V. Laghi dates the work to 1965-1966. See factsheet in X Biennale Internazionale…, cit., p. 249. 23 The work is datable to 1963-1964. Cf. B. Alfieri, Alcune sculture eseguite a Querceta, in “Marmo”, no. 3, December 1964, pp. 146 - 149; A. V. Laghi, factsheet, in X Biennale Internazionale…, cit., p. 244.

Ugo Mulas, in cui l’attenzione è rivolta al processo di realizzazione plastica del monumento per la creazione del quale lo scultore aveva sfruttato appieno l’apporto tecnologico dei macchinari dell’azienda versiliese, dando vita ad una perfetta integrazione tra il lavoro dell’artista, delle maestranze e delle macchine. Dopo la pubblicazione del quarto numero di “Marmo” Cidonio lasciò la direzione della società Henraux, ponendo fine al suo articolato progetto di creare un centro internazionale per le arti visive in Versilia, malgrado la breve parentesi del progetto di “Officina”, realizzato all’Argentiera di Seravezza, e rivolto alla ricerca e alla progettualità nell’ambito del design. L’uscita di Cidonio dalla Henraux comportò di fatto anche la sospensione della pubblicazione della rivista. Nel 1971, dopo ben sei anni di silenzio16, fu messo in cantiere un nuovo numero di “Marmo”, a chiudere idealmente l’utopica avventura dell’azienda versiliese. “Marmo 5” è concepito con un’impostazione monografica ­interamente consacrata alla scultura. Saggi, riflessioni e pagine di diario di Marchiori, corredati da una ricca documentazione fotografica, narrano Venticinque anni di scultura nel mondo, attraverso la presentazione dell’opera di alcuni dei maggiori protagonisti della ricerca plastica internazionale, approdati a Querceta, proprio grazie al critico di Lendinara. “Il ritorno al marmo dal 1960 in poi – osservava Marchiori – è avvenuto soprattutto a Querceta, come prova della validità di un’esperienza, che ha visto l’impegno di alcuni dei più noti maestri della scultura moderna, insieme a quello dei giovani invitati ai seminari istituiti alla Henraux e la fama delle sue cave di marmo dell’Altissimo”17. Nella rivista sono pubblicate numerose sculture che facevano parte del Museo Henraux, incrementato negli anni con opere di grande pregio, come ­L’oiseau solaire di Joan Miró18, Unidades yunta di Pablo Serrano19, Rencontre dans ­l’espace di Morice Lipsi20, Angelo di Emile Gilioli21, Maine solaire di François Stahly22 e Construction dans un sphère di ­Vantongerloo23. Purtroppo, di lì a poco, la

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had made the most of the technological support of the machinery of the Versilia-based company, in a perfect combination between the efforts of the artist, the craftsmen and the machines. After the publication of the fourth issue of “Marmo”, Cidonio resigned from his position as manager of Henraux, putting an end to his far-ranging plan to set up an international centre for the visual arts in Versilia, despite the short interlude of his “Officina”, a research and design project completed at Argentiera in Seravezza. Cidonio’s leaving Henraux meant the end of the magazine as well. In 1971, after as many as six years’ silence16, a new issue of “Marmo” was in the pipeline, as the perfect ending to the utopian adventure of the Versilia-based company. “Marmo 5” was along the lines of a monograph, entirely focussed on sculpture. Essays, reflections, and pages from Marchiori’s diary, with a wide array of photographs, tell about twenty-five years of sculpture across the world (the magazine was aptly named Venticinque anni di scultura nel mondo) by showing the masterpieces created by the biggest names of international plastic research who had landed in Querceta through the Lendinara-born critic. “In 1960 – Marchiori pointed out – marble made a comeback but mainly at Querceta, which goes to show how good that experience was, that involved some of the best-known masters of modern sculpture along with the young artists invited to Henraux’s workshops, and how famous the marble quarries up on Mount Altissimo were”17. The magazine shows many sculptures from Henraux’s Museum, which acquired extremely valuable works over the years, such as L’oiseau solaire by Joan Miró 18, Unidades yunta by Pablo Serrano19, Rencontre dans l’espace by Morice Lipsi 20, Angelo by Emile Gilioli21, Maine solaire by François Stahly22, and Construction dans un sphère by Vantongerloo23. Sadly, soon afterwards, the Henraux collection – last shown in its entirety in an exhibition in the court of honour of Palazzo dei

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24 La mostra si tenne dal 1° luglio al 30 ottobre 1972. Fu organizzata dall’allora direttore dell’azienda, Mario Paiotti, con la collaborazione di Tacconi e Citi. Furono esposte opere di Arp, Benvenuti, Cappello, Cascella, Cassani, Chadwick, Di Martini, Dries, England, Fabri, Giannotti, Gilardi, Gilioli, Guadagnucci, Lipsi, Miró, Mormorelli, Murabito, Noguchi, Papa, Penalba, Pomodoro, Poncet, Ritchie, Ruzic, Salotti, Saporetti, Serrano, Signori, Stahly, Szapocznikow, Von den Stein, Vantongerloo, Zennaro. In catalogo si legge: “Le opere presentate sono di proprietà dell’Henraux di Querceta, una società all’avanguardia per quanto concerne il materiale marmo nella sua estensione e lavorazione e che offre agli artisti la possibilità di realizzare opere dove la validità del materiale stesso viene ulteriormente confermata da una tecnica e gusto tipico del nostro tempo. Anche se nella raccolta sono presentate sculture in bronzo, resta tuttavia l’elemento marmo quello che più interessa e cioè la immutata, magica e molteplice possibilità del materiale che attraverso la mano dell’uomo – oggi come nel passato – si traduce in testimonianza non muta di cultura”. Il 31 dicembre 1973 ben venticinque sculture del Museo Henraux furono acquistate dalla Banca Commerciale Italiana, lasciando definitivamente la Versilia nel luglio del 1976. Attualmente fanno parte delle Collezioni Intesa Sanpaolo, Milano. 25 G. Marchiori, Pagine di diario 1969 – 1970, cit., p. 186.

collezione Henraux – mostrata per l’ultima volta nella sua interezza in una mostra allestita nel cortile d’onore del Palazzo dei Diamanti di Ferrara nel 1972 – sarebbe stata smembrata e un corposo nucleo avrebbe lasciato definitivamente la Versilia24. Con la pubblicazione del quinto numero di “Marmo” una feconda stagione si avviava dunque al tramonto. Tuttavia, Marchiori licenziava con ottimismo l’ultimo numero della rivista, auspicando che l’avventura promossa dalla società di Querceta negli anni Sessanta potesse avere un seguito nel futuro, dal momento che il progetto di Cidonio aveva posto le basi per la definizione di una specifica identità culturale del territorio versiliese: “Si può dunque guardare con legittima soddisfazione a quanto si è fatto sino a oggi (e che questo numero di “Marmo” documenta ampiamente) – osservava Marchiori – pensando soprattutto al futuro, al lavoro da compiere, ai maestri e ai giovani che verranno in Versilia a continuare l’opera iniziata con tanto entusiasmo”25.

24 The exhibition took place from 1st July to 30th October 1972. It was planned by the company’s Managing Director, Mario Paiotti, with the assistance of Tacconi and Citi. Works by Arp, Benvenuti, Cappello, Cascella, Cassani, Chadwick, Di Martini, Dries, England, Fabri, Giannotti, Gilardi, Gilioli, Guadagnucci, Lipsi, Miró, Mormorelli, Murabito, Noguchi, Papa, Penalba, Pomodoro, Poncet, Ritchie, Ruzic, Salotti, Saporetti, Serrano, Signori, Stahly, Szapocznikow, Von den Stein, Vantongerloo, Zennaro were displayed. The catalogue reads: “The works on display are the property of Henraux of Querceta, a company in the forefront of every area of marble and marble-processing, and a company that provides artists with the opportunity to make sculptures in which the quality of such material is further enhanced by the typical techniques and tastes of our time. Even if the collection includes bronze sculptures as well, marble is the most interesting element here, as a material of timeless, magical and multifaceted potentials that is translated by the human hand – as much now as in the past – into the telling evidence of culture”. On 31st December 1973, as many as twenty-five sculptures from Henraux’s Museum were bought by the Italian bank Banca Commerciale Italiana and so they left Versilia once and for all in July 1976. They are currently in the Collections of Intesa San Paolo bank, in Milan. 25 G. Marchiori, Pagine di diario 1969 - 1970, cit., p. 186

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Diamanti in Ferrara, in 1972 – was dismembered, with a substantial number of those works leaving Versilia forever24. So, with the publication of the fifth issue of “Marmo”, a fruitful season was approaching its end. However, Marchiori felt positive as he passed the proofs for the last issue of the magazine, hoping the adventure upheld by the Querceta-based company in the Sixties could continue into the future, since Cidonio’s project had paved the way to shaping a distinctive cultural identity for Versilia: “One can therefore look with well-deserved satisfaction to what has been done so far (and that this issue of “Marmo” widely documents) – Marchiori commented – never losing sight of the future, of the work that needs to be done, the masters and the young artists who will come to Versilia to keep up the work that was so enthusiastically started”25.

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Direttore responsabile Bruno Alfieri Aut. del Tribunale di Milano n° 4423 del 10 ottobre 1957 Finito di stampare il 10 dicembre 1962 dalle Arti Grafiche delle Venezie - Vicenza Cliches Bassoli


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Una nuova rivista A new magazine Bruno Alfieri

Marmo e Architettura Marble and Architecture Giulia Veronesi

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Lo scultore Henry Moore The sculptor Henry Moore Giuseppe Marchiori Alla Biennale di Venezia cercando Scultura At Venice Biennale Asking for Sculpture Gillo Dorfles Die Schule der Qualität Margit Staber, Ludwig Mies van der Rohe Un mese di scultura a Parigi: appunti di viaggio A month of sculpture in Paris: travel notebook Candido Volta

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Passeggiata sul monte Altissimo Around the mount Altissimo Un’opera recente di Philip Johnson: il Museo di Lincoln, Nebraska A recent work of Philip Johnson: the Lincoln Museum, Ne. Una sorprendente scultura di Picasso a New York A surprising sculpture by Picasso in New York City Prima scheda per Gianfranco Baruchello First notes on Gianfranco Baruchello Maurizio Bonicatti San Francisco: International Building

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Nuove proposte per il marmo New ideas for marble

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Sur l’Acropole Le Corbusier Jean Arp, 50 anni di creazione Giuseppe Marchiori Opere recenti di Giovanni Michelucci Giovanni Michelucci, Enzo Brunori Il cantiere del Tempio di Artemide a Sardi Piero Sanpaolesi Pagine di diario (II) Candido Volta Il marmo in un albergo a Roma Nuove ricerche sul S. Sepolcro nella cappella Rucellai a Firenze Marco Dezzi Bardeschi Marmorama 1. Architettura, paesaggio, scultura e pittura integrate nella fondazione maeght C. B. 2. Forme in marmo di Ugo BlÄttler B. A. 3. Una nuova opera di S. Giedion e una nuova edizione di “Space, Time and Architecture” Carlo Belloli Traduzione Jean Arp, 50 ans d’activité Giuseppe Marchiori

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Notiziario 1. A san pietro, un pavimento di Manzù Ugo Blätter 2. Un gruppo di marmi della Henraux con le caratteristiche geologiche Mario Paiotti, Gaetano Giglia 3.Il primo seminario Henraux della scultura B. A.

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Direttore responsabile Bruno Alfieri Aut. del Tribunale di Milano n° 6392 del 10 ottobre 1963 Finito di stampare nel dicembre 1964 dallo Stab. Poligrafico G. Colombi s.p.a. Milano Carta tipo Zenit della Cartiera A. Bida ClichÊs Bassoli

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Marmo 3 Bruno Alfieri Il “non finto” di Giovanni Pisano Pietro Sanpaolesi Adam scultore monumentale Giuseppe Marchiori Il museo di Palazzo Rosso a Genova Pier Carlo Santini Barbara Hepworth and the Mediterranean Spirit J. P. Hodin Pagine di diario (III) Candido Volta La mostra del Restauro a Venezia Marco Dezzi Bardeschi

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Il restauro delle tarsie marmoree di Montecassino Brunetto Cartei L’allestimento della Henraux a Palazzo Grassi Alessandro Dini Nota sull’esposizione del restauro a Montecassino Giancarlo Nuti

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Marmorama 1. Un’opera di Mies van der Rohe: One Charles Center 2. Oggetti in marmo di Enzo Mari Pier Carlo Santini 3. Lo stand dell’U.G.I.M.A. alla Fiera di Milano Notiziario 1. Il marmo in un edificio pubblico a Roma (EUR) 2. L’allestimento della Henraux alla Fiera di Napoli 3. Artisti alla henraux C. V. 4. Alcune sculture eseguite a Querceta B. A. 5. il 2° Seminario Henraux della Scultura Contemporanea 6. Lavoro di artisti a Querceta: Isamu Noguchi B. A. 7. Oggetti in marmo per la produzione in serie 8. L’estrazione del marmo in galleria G. Giglia e M. Paiotti

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Direttore responsabile Erminio Cidonio Aut. del Tribunale di Milano n° 6392 del 10 ottobre 1963 Finito di stampare nel dicembre 1965 dal Poligrafico G. Colombi S.p.A. Milano - Pero ClichÊs Alfieri & Lacroix - Milano

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Aalto a Firenze ** Il Vogelweidplatz di Alvar Aalto Leonardo Mosso La SS. Annunziata d’Arezzo nella continuità creativa di Giuliano e di Antonio Sangallo Marco Dezzi Bardeschi

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La grande fontana di Chantilly Pier Carlo Santini Recensione a Varsavia Piero Sanpaolesi Premesse ad un saggio su Alberto Viani Pier Carlo Santini La nuova sistemazione del Museo Castelvecchio Licisco Magagnato Padre Giorgio Bovio da Feltre e l’altar maggiore di Santa Corona a Vicenza T. Pomus e L. Reviglio

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Introduzione Una conversazione sulla scultura moderna La scultura italiana moderna Pagine di diario (Venezia, giugno 1948; Venezia, luglio 1948; Venezia, ottobre 1948; Roma, aprile 1954; Roma, luglio 1956; Venezia, agosto 1956; Padova, marzo 1957; Roma marzo 1959) Consagra Serrano Lardera Pevsner Le pietre di Lipsi Gilioli sculture e litografie Pagine di diario (Kopenhagen, dicembre 1963; Venezia-Parigi, dicembre 1963; Venezia, dicembre 1963) Alcuni pensieri su Kemeny IpoustĂŠguy Jacobsen e Etienne Martin

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Pagine di diario (Parigi, maggio 1966; Estate 1966; Querceta, 1966; Estate, Querceta; Querceta, agosto 1966; Parigi, ottobre 1966; Parigi, ottobre 1966; Parigi, ottobre 1966; Querceta, marzo 1967; Parigi, marzo 1967; Querceta, aprile 1967; Querceta, estate 1967; Venezia, maggio 1968; Genova, maggio 1970; Venezia, giugno 1970) Qualche nota sulla storia di Mirko

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Pagine di diario (Venezia, gennaio 1960; Venezia, 12 gennaio 1969; Bologna, aprile 1970; Querceta, maggio 1970; Venezia, giugno 1970; Venezia, giugno 1970) Pagine di diario (Querceta, ottobre 1971)

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All rights reserved. No parts of this publication may be reproduced or transmitted, in any form or by any means, without prior permission of the publisher. Every effort has been made to trace all copyright holders. It has not been possible, however, to securely identify the origin of every document reproduced. Anyone wishing to assert their rights in this matter is requested to contact the publisher. Progetto grafico e impaginazione Thetis Srl Via Oliveti 110 • 54100 Massa Finito di stampare nel mese di Dicembre 2016 presso le Industrie Grafiche della Pacini Editore Srl Via A. Gherardesca • 56121 Ospedaletto • Pisa

ISBN 9788890629983


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