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lamatilde studio
di Sabrina Tassini
È un’esperienza “aumentata” quella che intende promuovere lo studio torinese lamatilde attraverso i propri progetti destinati all’ospitalità e alla ristorazione d’alta gamma. Con una forte vocazione per la ricerca formale e per l’analisi del contesto culturale nel pieno rispetto del genius loci, il team di giovani professionisti vede infatti nello spazio un vero e proprio strumento narrativo, da valorizzare con un design che si fa sintesi di “espressività e funzionalità”. Dall’architettura agli interni, dal product design alla grafica giungendo fino alla comunicazione, il know how di lamatilde sembra dissolvere i confini tra numerose discipline, concretizzando il tutto in ambienti contemporanei ed eclettici che strizzano l’occhio alla tradizione dei luoghi.
Da quali presupposti nasce il vostro approccio progettuale?
Il nostro approccio progettuale parte dal concepire lo spazio come un media narrativo. Nella prima fase, studiamo a fondo il contesto per apprenderne le specificità e raccogliere suggestioni progettuali al fine di definire il concept e la narrazione più adeguati. Crediamo infatti che gli spazi debbano raccontare delle storie, oltre che rispondere alle richieste della contemporaneità. A partire dal concept, definiamo quindi uno storytelling, tassello fondamentale in grado di orientare e direzionare l’intero percorso progettuale.
Questo si traduce, da una parte, in un linguaggio visivo, e dall’altra nell’allestimento, cercando di creare un racconto originale attraverso un tone of voice il più coerente ed efficace possibile rispetto al contesto e bilanciando gli aspetti estetici con quelli funzionali con l’adozione di materiali, forme, colori e arredi secondo le peculiarità di ogni progetto. Attraverso questa narrazione “aumentiamo” l’esperienza di fruizione degli spazi, esplicitando i contesti e ridefinendo gli ambienti in chiave contemporanea.
L’originalità è colonna portante della vostra cifra stilistica. Da cosa vi lasciate ispirare maggiormente?
Il desiderio di raccontare storie sempre nuove ci porta a progettare ambienti sempre diversi e unici, per incuriosire e sorprendere i visitatori. È il genius loci, inteso come l’anima del luogo, a ispirare principalmente i nostri progetti, più di qualunque cifra stilistica o autoriale. Ciascun progetto ci permette inoltre di sperimentare nuovi aspetti tecnici, formali e produttivi arrivando ogni volta ad un risultato inedito e sempre diverso.
In molti vostri progetti il nuovo si fonde armoniosamente con il preesistente, senza tradirne le origini. Rinnovare fa dunque rima con conservare?
Rinnovare e conservare sono parole che viaggiano allo stesso ritmo, senza contraddirsi. Le identità e le tradizioni si rinnovano e si modellano di pari passo con lo sviluppo di esigenze e modalità di fruizione contemporanee, e con l’adozione di soluzioni innovative e finiture d’avanguardia. Il nuovo non tradisce mai lo spirito del luogo ma al contrario lo stimola e lo tramanda nel presente.
Il design può rappresentare un catalizzatore di evoluzione culturale? Prendiamo per esempio gli spazi dedicati alla collettività: in che modo pensate possa incidere il buon design sul percepito delle persone e sulla trasformazione degli schemi sociali?
Sicuramente il design può contribuire molto alla trasformazione delle relazioni sociali e all’innovazione culturale, soprattutto in quanto approccio narrativo che veicola dei contenuti attraverso una sintesi tra espressività e funzionalità.
Nel progetto che abbiamo realizzato per lo studentato Camplus Regio Parco, ad esempio, l’obiettivo principale era quello di sviluppare delle aree comuni flessibili che innescassero nuovi incontri, e che attivassero la condivisione e il confronto. Trattandosi di una residenza universitaria dove gli studenti cominciano il percorso verso il proprio futuro, lo storytelling aveva una certa importanza anche dal punto di vista dei contenuti di comunicazione, l’allestimento è stato quindi integrato con elementi testuali che esprimono la visione di un futuro possibile e concreto rispetto a tematiche di interesse comune per gli ospiti di Camplus: l’ambiente, l’economia, la formazione, i viaggi, e i sogni che fanno parte del percorso personale di ognuno.
Gli spazi stessi quindi si fanno catalizzatori di nuove dinamiche relazionali, portando allo stesso tempo dei contenuti che hanno a che fare con la cultura di un luogo, e delle persone che lo vivono. Uno dei compiti del design è appunto quello di intercettare e interpretare i costumi, le abitudini e le modalitàdi fruizione contemporanee, per facilitare e innescare queste trasformazioni.
Secondo la vostra esperienza di progettazione, come è cambiato il segmento Ho.Re.Ca. nel corso degli anni e quali tendenze pensate si stiano delineando per il prossimo futuro?
Da un punto di vista generale, con l’aumentare dell’interesse, anche mediatico, per questo settore si assiste a un progressivo incremento dell’offerta di ristorazione e ospitalità, con un conseguente aumento della varietà. Da spazio di somministrazione e consumo, la sala di un ristorante è diventata prevalentemente un luogo di esperienza, e la cucina, da ambiente chiuso per la preparazione e la trasformazione, diventa ambiente performativo e di spettacolo. Anche in questo caso, il lavoro del progettista è quello di interpretare gli usi e i costumi di oggi, per tradurli in ambienti che valorizzino sia il servizio, sia la fruizione.
Cibo e design rappresentano senza dubbio due primati italiani e il vostro studio sembra metterli perfettamente in relazione attraverso progetti ben calibrati e customizzati nei minimi dettagli a seconda del contesto. Riscontrate differenze territoriali in termini di esigenze e richieste della committenza?
Più che di differenze territoriali possiamo parlare di differenze specifiche di contesto. Ogni progetto e ogni committenza si differenziano dalle altre per tante variabili: la storia del luogo o della committenza stessa, la tipologia di ambiente richiesto, la geografia e la cultura dell’a- rea di intervento. È proprio questa varietà che ci consente di sperimentare nuove soluzioni e raccontare storie sempre diverse con i progetti, valorizzandone l’autenticità e l’unicità. Per questo motivo la ricerca e lo studio del contesto rappresentano una fase assolutamente cruciale per la nostra progettazione, per individuare le peculiarità e le suggestioni specifiche da tradurre in ambiente.
Che ruolo acquisiscono i materiali negli ambienti che progettate, destinati in particolare alla ristorazione e all’ospitalità? Quali requisiti devono avere?
Anche per quanto riguarda la scelta dei materiali, tutto dipende dal contesto: dal concept progettuale e dallo storytelling da tradurre in spazio. Naturalmente gli ambienti destinati a ristorazione e ospitalità hanno una serie di esigenze funzionali di base, come ad esempio la durabilità e la lavabilità dei materiali. In generale ci piace comunque esplorare e sperimentare sia con le forme che con i materiali, sviluppan- do allo stesso tempo delle soluzioni accessibili, flessibili e soprattutto realizzabili.
Tra le vostre più recenti e interessanti realizzazioni si annovera il LAQUA Vineyard (nelle prossime pagine n.d.r.). Con quali presupposti è nato il progetto d’interni e quali sono le peculiarità del nuovo ambiente, anche sul fronte materico? Avete incontrato sfide tecniche particolari?
LAQUA Vineyard è un resort affacciato sulle vigne toscane, in un borgo che originaria-mente ospitava un teatro. Il teatro è così diventato fonte di ispirazione e concept per la progettazione del ristorante, con la rivisitazione di alcuni elementi tipici dell’ambiente teatrale, come palcoscenici, sipari e l’uso della luce, applicati a un contesto di alta ristorazione e hospitality. Anche in questo progetto abbiamo fatto dialogare elementi architettonici contemporanei con il carattere antico e tradizionale della struttura originale, permettendo ai visitatori di leggerne entrambi i caratteri. Un esempio di questo atteggiamento è dato dai soffitti, dove i rivestimenti ai solai, caratterizzati da forme morbide e fluide, intrattengono una delicata relazione di velamento/svelamento con la regolarità dei soffitti originali.
Per quanto riguarda l’aspetto materico, come detto, cerchiamo sempre di adottare soluzioni che raccontino il territorio e il contesto di riferimento del progetto. In questo caso i mattoni delle contropareti sono realizzati in cotto nero etrusco e in cotto rosa vellutato: un omaggio materico alla Toscana e alla sua ricca tradizione laterizia che riporta negli interni i colori di queste terre.