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Dusan Mladjan: il tiro
from TbyND 119
A cura di Renato Carettoni - foto © RSI.ch
Il tiro allo scadere dall’angolo di Dusan Mladjan, che ha concretizzato quella che è la più grande impresa della storia per la nostra nazionale, lo paragono al “the shot” di Michael Jordan che consegnò ai Chicago Bulls l’ultimo titolo NBA nel 1998 contro gli Utah Jazz a Salt Lake City. Senza vergogna, senza trionfalismi esagerati!
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Per noi una vittoria contro la Serbia, in una partita dal punteggio alto con 92 punti segnati, vale un titolo NBA, e se la tripla, sempre di Dusan, segnata da 8 metri a qualche minuto dal termine era frutto di una iniziativa personale di un campione, quella allo scadere è stata il tocco di un artista dopo un’azione di squadra, dove quattro giocatori hanno toccato la palla mettendola nelle mani al momento giusto e nel posto giusto all’uomo giusto. Grandi!
Come grande è stata tutta la prestazione di squadra che nel tabellino dei punteggi individuali presenta ben 5 elementi in doppia cifra e un 13 su 23 nelle triple che la dice lunga.
Una sorpresa? Non del tutto: anche la piccola Svizzera una decina di giocatori che possono competere ai livelli più alti li ha. La Serbia e altre nazioni ne hanno molti di più, ma poi alla fine in panchina vanno in 12 e si gioca in 5!
Questa è una grande forza e dobbiamo crederci. Mancavano pure i nostri uomini NBA: Thabo Sefolosha e Clint Capela, eppure siamo stati grandi.
Una perla che rimane e non è la prima: ricordiamo l’altra, di qualche anno fa, contro la Russia che è un’altra grande del basket mondiale. Non siamo più i parenti poveri del basket e ora saremo rispettati da tutti per il valore e la qualità del nostro gioco e per il valore di un campione assoluto come Dusan, che tutti hanno la presunzione (anche qua da noi) di essere in grado di fermare o di limitare ma non ci riescono proprio, ben spalleggiato da compagni di squadra che finalmente hanno compreso che mettersi al suo servizio porta loro fama e grandi successi.
Bravissimi. tutti!
Avete regalato un raggio di luce in un periodo brutto che più brutto non si può a causa di una pandemia che ha colpito tutto lo sport di tutto il mondo in una maniera pesantissima e durissima.