UNIVERSITA’ IUAV DI VENEZIA CORSO DI LAUREA IN SCIENZE DELL’ARCHITETTURA A.A. 2009-10 - III SESSIONE DI LAUREA TOMMASO MATINO 263971
PORTFOLIO
LA “CONSAPEVOLEZZA” NEL PROGETTARE
Q
uando ho deciso di intraprendere il percorso di studi che mi ha accompagnato in questi tre anni, c’era tutto l’entusiasmo di misurarmi con un ambito di conoscenze a me quasi completamente sconosciuto. “Partire da zero”, dopo aver compiuto gli studi classici e avendo una scarsa preparazione in ambito scientifico-tecnico, ha contribuito a rafforzare in me la volontà di un approccio il più possibile umile alle nuove discipline. In questo modo è stato possibile interiorizzare “input” anche diversissimi tra loro, per ambito tematico o per scuola di pensiero, e costruire una mia, personale, “consapevolezza” nel capire, interpretare e progettare l’architettura. Sin dal primo anno, i corsi di progettazione e tecnologia, hanno contribuito a formare una preparazione di base sui criteri compositivi di un edificio, oltreché sulla tecnologia edilizia: in altre parole, il “come” e il “cosa” di un progetto, da contestualizzare di volta in volta, in piccola e larga scala, all’esterno o all’interno di un’architettura. Il momento di confronto dato dalle revisioni con i docenti, inoltre, ha permesso in molte occasioni non solo di correggere, rivedere (e talvolta, stravolgere!) in itinere l’elaborato progettuale, ma anche di approfondire le conoscenze, e ottenere spunti di riflessione che mi hanno permesso di acquisire un maggiore controllo del progetto stesso. Di pari passo con le esperienze di progetto, lo studio di Venezia come realtà urbana singolare e “topica” (un tema caro a molti docenti IUAV), ha fatto sì che io sperimentassi in prima persona l’indagine storica e architettonica: uno strumento, questo, che forse è ancora troppo spesso sottovalutato da molti professionisti, ma che risulta essenziale nella comprensione culturale e filologica di città e territorio. I corsi relativi alla storia dell’arte e dell’architettura, nelle età antica, moderna e contemporanea, hanno permesso di acquisire nozioni indispensabili nella ricerca di idee e riferimenti
in fase di progetto, facendo subentrare, nel bagaglio di conoscenze, il “dove” e il “quando”, ovvero la capacità critica di intraprendere scelte di continuità, o reinterpretazione, o cesura con il luogo fisico del progetto e con la sua storia. I workshop estivi, infine, mi hanno consentito di vivere lo studio dell’architettura nella sua forma più suggestiva: gli architetti provenienti da tutto il mondo, il lavoro di équipe e il poco tempo a disposizione, determinano ogni anno uno stimolante “meltin’pot” di idee, e invitano gli studenti a una costante interazione di conoscenze, dove la fantasia è l’elemento predominante. Non a caso, molti elaborati conclusivi dei workshop hanno più il carattere dell’opera d’arte, piuttosto che del progetto architettonico. Durante il workshop viene lasciato ampio spazio alla creatività dello studente, ed è proprio da questa creatività, unita all’interdisciplinarità, che scaturiscono progetti con motivazioni e, se vogliamo, “personalità” sovente più forti e definite che negli altri corsi progettuali. Ecco che emerge, più forte e radicato che mai, il “perché” del progetto, ossia lo spirito più creativo e libero, fatto di suggestioni e libera immaginazione. Nello strutturare questo portfolio, ho voluto includere gli esami che per me sono stati più utili e formativi nel costruire la mia “consapevolezza” nel progettare (come, cosa, dove, quando e perché): essi sono organizzati in ordine cronologico poiché ciascun esame ha contribuito a far “sedimentare” nel mio sapere, conoscenze sempre nuove, che si sono sommate (o hanno messo in discussione) quanto acquisito in precedenza. Infine, ho voluto inserire la mia esperienza di tirocinio in quanto è stata un’interessante attività che ha legato, in qualche modo, i miei interessi culturali personali con alcune competenze tecniche e metodologiche che ho appreso durante il triennio.
5
SOMMARIO a.a. 2007|08
6
PROGETTAZIONE ARCHITETTONICA 1 prof. arch. Roberta Albiero
pag. 10
DISEGNO DELL’ARCHITETTURA prof. arch. Vincenzo Lucchese
pag. 18
WORKSHOP 2008 prof. arch. Angelo Bucci
pag. 28
a.a. 2008|09 PROGETTAZIONE ARCHITETTONICA 2 prof. arch. Giulio Dubbini
pag. 36
PROGETTAZIONE DI SISTEMI COSTRUTTIVI prof. arch. Giovanni Zannoni
pag. 46
URBANISTICA prof. arch. Leonardo Ciacci
pag. 52
WORKSHOP 2009 prof. arch. Angelo Bucci
pag. 60
a.a. 2009|10 ARCHITETTURA DEGLI INTERNI prof. arch. Giorgio Ricchelli
pag. 66
PROGETTAZIONE URBANISTICA prof. arch. Franco Mancuso
pag. 76
PROGETTAZIONE ARCHITETTONICA E URBANA prof. arch. Alberto Ferlenga
pag. 88
ESTIMO prof. Raffaella Lioce
pag. 102
STORIA DELL’ARTE MODERNA prof. Valeria Benacchio
pag. 108
TIROCINIO CURRICOLARE
pag. 116
7
PROGETTAZIONE ARCHITETTONICA 1
Primo approccio in assoluto con la composizione e la progettazione nel mio percorso accademico, il corso di Progettazione Architettonica 1 della prof. Albiero prevede la progettazione di un edificio residenziale unifamiliare all’interno di un lotto, diverso per ciascuno studente del corso. L’insieme di tutti i lotti prende il nome di “Mu.Ma.”, sigla che vuole richiamare Malamocco (sito di progetto) e i Murazzi (opera ingegneristico-architettonica che caratterizza il luogo) Elementi - chiave di ogni edificio appartenente al “Mu.Ma” devono essere: la tipologia “a patio”, un’evidente relazione formale con la sagoma del lotto assegnato, uno studio della luce e dell’orientamento dell’edificio e un “dialogo” con alcune preesistenze architettoniche, ciascuna peculiare per ogni lotto.
8
ALBIERO 2007|08
PROF. a.a.
MU.MA. insediamento residenziale a Malamocco (VE) prof. arch. Roberta Albiero, coll. arch. Giuseppe Biasi, Francesco Coppolecchia, Federico Gera, Marco Gianni, Alvise Marzollo
L
’area su cui si è sviluppato il progetto dell’unità residenziale B14, all’interno dell’intervento Mu.Ma., è un lotto quadrangolare di 220 metri quadri circa, situato in una posizione centrale, pressoché a metà strada tra la laguna e il mare. Il lotto confina a Sud e ad Est con gli edifici B13 e B12, mentre a Nord e ad Ovest esso è delimitato da due percorsi, rispettivamente una strada carrabile e un percorso ciclopedonale. A “chiudere” per intero il lato Sud del lotto vi è una “pre-esistenza architettonica”, che consiste in un muro in calcestruzzo rivestito con mattoni faccia a vista e pietra d’Istria, dell’altezza complessiva di 2,20 metri. Proprio questo elemento murario è servito da “primo asse generatore” del progetto. L’intero edificio, di due piani, sviluppa infatti la propria pianta perpendicolarmente al muro pre-esistente, articolandosi in seguito attorno ad un “secondo asse generatore” costituito da un muro portante che è per l’appunto ortogonale rispetto al vecchio muro in mattoni. Tale “secondo asse” fende per intero il lotto nel verso Nord-Sud, e, nell’intento di rafforzare il proprio valore nella composizione, si sdoppia in corrispondenza del vano scala e fuoriesce addirittura dal volume dell’edificio, andando così a ripartire lo spazio esterno in due
ambiti distinti. La tipologia di abitazione da realizzare, coerentemente con gli altri interventi del MUMA2, era la casa “a patio”. Pertanto, una volta individuato lo schema generatore del progetto, la prima operazione compositiva è stata la delimitazione del perimetro del lotto con un muro, e l’individuazione dei volumi pieni e vuoti all’interno di esso. Ne è derivato un edificio che aderisce pressochè interamente al lato Sud del lotto (quello, per intenderci, del muro pre-esistente), e che si sviluppa lungo l’asse NordSud definendo ben due ambienti esterni “a patio”, collocati rispettivamente all’angolo Nord-Est del lotto, e all’angolo Nord-Ovest. I due patii sono separati dall’edificio stesso e dalla prosecuzione all’esterno del “secondo muro generatore”. L’edificio è stato posizionato dunque verso il centro del lotto per poter ottenere più luce possibile da Est e Sud, data l’incombenza sull’area B14 degli edifici B12 e B13. Ciò non ha comunque impedito, come si è visto, la definizione di ambienti esterni a patio. Una questione importante nell’impostazione del progetto è stata la necessità di luce nell’edificio: tutti gli ambienti interni che si affacciano si patii sono provvisti di vetrate a tutt’altezza, in gran parte apribili, per permet-
9
a. b. c. plastici di studio realizzati durante il corso; da un primo schema compositivo quasi “astratto”, sono stati man mano definiti i volumi dell’edificio
a.
10
b.
c.
tere la massima comunicazione tra interno ed esterno. Il volume dell’edificio, inoltre, è stato concepito come “digradante” verso le due strade con cui il lotto confina, così da mitigare la presenza degli edifici limitrofi e rendere più arioso e meno introflesso l’insieme. Il primo piano è in larga parte occupato da un’ampia terrazza, e, al fine di rendere l’insieme dei volumi più “leggero”, la parte superiore del vano scala nonchè il corridoio che si affaccia sulla suddetta terrazza sono stati previsti completamente vetrati. Proprio questo elemento (un solido vetrato di forma a”L”) costituisce l’elemento formale “cardine” del progetto: esso identifica immediatamente l’edificio e permette di rendere l’interno della casa il più luminoso possibile, consentendo inoltre di aggiungere cubatura utile all’edificio senza che esso risulti formalmente “greve”. La distribuzione degli spazi interni prevede la zona giorno al pianterreno, con il salotto e la cucina disposti a squadra, che si affacciano ambedue sul patio NordOvest. Sono inoltre presenti uno studio (che si affaccia sul patio Nord-Est) e un bagno-lavanderia che si apre su un piccolo cavedio all’angolo Sud-Est dell’area C14. Al primo piano vi sono una camera da letto matrimoniale, una camera singola ed un bagno, che per como-
dità nella realizzazione degli impianti è stato previsto esattamente sopra il bagno del pianterreno, mantenendo il medesimo affaccio sul cavedio. I principali materiali con cui è prevista la realizzazione della struttura dell’edificio sono il laterizio e il calcestruzzo. Le facciate non prevedono elementi strutturali a vista, bensì sono intonacate. Tutti i serramenti delle facciate sono in vetro con telaio in alluminio, mentre quelli interni sono in legno. All’interno, tutte le pareti sono intonacate ad eccezione del muro pre-esistente in laterizio e pietra d’Istria, che è stato sopraelevato mediante l’impiego dei medesimi materiali sino a chiudere anche il primo piano dell’edificio. I pavimenti di soggiorno e camere da letto prevedono l’impiego di listelli in legno di faggio, mentre cucina e servizi igienici prevedono una finitura di piastrelle in gres. L’intervento nella progettazione degli spazi esterni è stato volutamente minimo, per lasciare più spazio possibile al verde: sono stati previsti soltanto dei percorsi in pietra adiacenti al perimetro dell’edificio, ed una piccola costruzione a fianco dell’ingresso del lotto, chiusa su tre lati e realizzata in calcestruzzo con copertura in doghe di legno e policarbonato; tale struttura funge da ricovero per eventuali biciclette o attrezzi.
e.
11 f.
d.
d. inquadramento generale dell’area di progetto; in evidenza, il lotto B14 e. assonometria dell’edificio nella sua versione definitiva f. foto dell’area B14 alla stato attuale
Progetto definitivo
a. b. prospetto sud e prospetto ovest c. d. sezioni (ovest-est e nord-sud) dell’edificio e. evoluzione dei plastici di studio
a.
b.
c.
d.
12
e.
f. g. pianta del pianterreno e pianta del primo piano
f.
g.
13
a.
b.
14
c.
a. b. piante arredate (pianterreno e primo piano) c. sezione prospettica d. e. f. immagini del plastico d’esame: pianterreno, primo piano e visione d’insieme da ovest
d.
f.
15
e.
d. e. f. plastico d’esame: pianterreno, primo piano e veduta dell’edificio da ovest
DISEGNO DELL’ARCHITETTURA
Il corso di Disegno dell’Architettura del prof. Lucchese prevede l’analisi dell’evoluzione storico-morfologica di un’insula nel tessuto urbano di Venezia. Attraverso l’analisi e il ridisegno dei catasti storici, bisogna ricostruire le principali trasformazioni subite dal sistema di calli e canali, e la storia di alcuni edifici assegnati; tali edifici devono essere ridisegnati e studiati nella loro struttura. L’analisi verte esclusivamente su edifici della cosiddetta “Venezia minore”: edilizia non monumentale, che tuttavia possiede un repertorio peculiare e significativo di apparati decorativi e tipologie edilizie, ampiamente analizzati negli studi e nelle pubblicazioni dell’arch. Egle Renata Trincanato
16
LUCCHESE 2007|08
PROF. a.a.
ANALISI DI UN’INSULA VENEZIANA sestiére di Dorsoduro - area tra Rio Terà Foscarini e Rio della Carità prof. arch. Vincenzo Lucchese, coll. arch. Dario Zanverdiani lavoro di gruppo eseguito dagli studenti: Agnese Businaro, Tommaso Matino, Isabella Tenti
L
’analisi dell’insula a noi assegnata ha comportato la consultazione di numerosi documenti storici utili a ricostruire le tappe più significative inerenti l’evoluzione della morfologia urbana. Nella fattispecie, la nostra indagine ha preso in considerazione: la veduta prospettica di Venezia del De’ Barbari (XVI sec.), la pianta di Venezia di Lodovico Ughi, del 1729, la mappa catastale napoleonica (con relativo registro catastale), la pianta del Combatti (1847), la mappa actastale austriaca e la mappa austro-italiana (con relativi registri catastali), oltre all’attuale CTR. Tramite il raffronto e il ridisegno delle varie mappe, è stato possibile giungere a una precisa definizione della “storia evolutiva” dell’insula, che riportiamo in breve di seguito. Confrontando la veduta del De’ Barbari con una veduta aerea odierna, si può osservare come l’insula mantenga l’affaccio sul Canal Grande, a Nord, ma siano stati interrati tutte e tre le porzioni di canale che anticamente la delimitavano a Sud, ad Ovest e ad Est (attualmente hanno i nomi di Calle del Cristo, Rio della Carità, Rio Terrà Antonio Foscarini). Dalla mappa di Ludovico Ughi si evince che i canali erano ancora i medesimi presenti nel ‘500: nessuno era
ancora stato interrato In epoca napoleonica notiamo che è stato interrato il primo tratto del Rio della Carità (anno 1817), in seguito alla costruzione del nuovo Convento dei Gesuati; ancora oggi, sul lato dell’edificio, è possibile vedere il punto esatto in cui il canale “svoltava”. Altro importante evento è la costruzione del complesso dell’Accademia delle Belle Arti, lungo il Canal Grande. Nel corso dell’800 viene completamente interrato anche il Rio della Carità, ad ovest dell’insula. Dopo l’interramento del Rio della Carità, il fronte degli edifici che si affacciano sul suddetto canale subisce mutamenti sostanziali, assumendo un’impostazione visibile ancora oggi. Infine, Calle Larga prende il nome attuale di Calle Larga Pisani, per via di Ca’ Pisani, palazzo del XVII secolo che sorge al numero 1951. Dal catasto austro-italiano si evince che, in seguito all’interramento, nel 1863, del Rio di S.Agnese (poi Rio Terrà Foscarini), l’insula assume definitivamente i connotati attuali. Tra fine ‘800 e primi del ‘900 vi sono stati pesanti interventi di ristrutturazione sugli edifici che un tempo si affacciavano sul Rio della Carità, e anche sul fronte di Calle Larga Pisani.
17
Analisi storica dell’evoluzione urbana
a.
18 c.
b.
d.
e.
f.
19
a. veduta prospettica di Venezia di Jacopo De’ Barbari (XVI sec.) b. pianta di Lodovico Ughi (1729) c. veduta aerea dell’insula ai giorni nostri d. ridisegno della mappa catastale di epoca napoleonica e. ridisegno della mappa catastale di epoca austriaca f. ridisegno della mappa catastale di epoca austro-italiana
Studio e ridisegno di alcuni edifici dell’edilizia minore a.
20
Il corso di Disegno dell’architettura del prof. Lucchese, così come il corso ad esso associato tenuto dal prof. Balistreri, vuole “rifarsi”, per quanto possibile, agli studi di Egle Renata Trincanato, che nel suo libro “Venezia Minore” ha compiuto un’analisi senza precedenti sulle architetture non monumentali di Venezia, “classificando” le varie tipologie architettoniche più significative e ridisegnando un numero cospicuo di edifici. Allo stesso modo, agli studenti del corso viene richiesto di analizzare (tramite la lettura dei catasti e il ridisegno di facciate e sezioni) l’evoluzione storica di uno o più edifici nell’insula da studiare. Il nostro gruppo di lavoro ha scelto di analizzare tre edifici dell’insula di Rio Terà Foscarini: il palazzo seicentesco Ca’ Pisani (attualmente sede di un albergo), e due edifici residenziali su Rio della Carità, il primo risalente al ‘700 e il secondo pesantemente rimaneggiato nei primi del Novecento. Lo studio di Ca’ Pisani ha avuto come esito il ridisegno di due sezioni e di un prospetto (oltre che di alcuni dettagli), mentre lo studio dei due edifici su Rio della Carità si è limitato al ridisegno delle facciate.
b.
c.
d.
a. facciata di Ca’ Pisani b. c. dettaglio dell’edificio al civico 974-B (ridisegno e foto) d. arco parzialmente interrato, rimanenza del passaggio di un canale, sul lato est della Chiesa dei Gesuati in Rio Terrà A. Foscarini
e.
f.
g.
h.
21
e. f. edifici di architettura minore su Rio della Carità g. h. dettagli della facciata di Ca’ Pisani su Rio Terà Foscarini: balcone e arco del portone
a. b. ridisegno della facciata di due edifici di architettura minore che si affacciano su Rio della CaritĂ
a.
22
b.
c.
c. ridisegno della facciata di Ca’ Pisani, su Rio Terà A. Foscarini c. ridisegno del portone d. ridisegno di una finestra della facciata
d.
23
e.
a.
b.
24
a. b. sezioni nord-sud e est-ovest di Ca’ Pisani
Studio dei muri di cinta dei giardini veneziani (Dorsoduro) Nell’ambito dello studio della Venezia minore, ogni studente, durante il corso, è stato invitato a riprodurre (con una tecnica a scelta) e analizzare differenti tipologie di tessitura dei mattoni che compongono i muri di recinzione di molti giardini veneziani. Esiste un vero e proprio “repertorio”, riconoscibile, che si manifesta essenzialmente sulla sommità di ciascun muretto, con forme più o meno elaborate, ma sempre rispondenti ad un disegno preciso. Calle della Toletta (Dorsoduro)
Calle Tintoretto (Dorsoduro)
25
Ca’ Foscari (Dorsoduro)
Campiello dei Squelini (Dorsoduro)
Calle Tintoretto (Dorsoduro)
Calle della Toletta (Dorsoduro)
Rio Terà Antonio Foscarini (Dorsoduro)
Rio de S. Margherita (Dorsoduro)
Calle Tintoretto (Dorsoduro)
WORKSHOP 2008
L’acqua di Venezia che “inonda” gli spazi di alcuni edifici storici che si affacciano sul Canal Grande: una suggestione che costituisce l’input per il workshop di Composizione Architettonica dell’arch. Bucci. La presenza dell’acqua è punto di partenza per ripensare un luogo storico in modo inedito, con un significato “trasposto” e nuove idee formali e funzionali.
26
BUCCI a.a. 2007|08 PROF.
TRASPOSIZIONI DI SIGNIFICATO reinterpretazione del Mercato ittico di Rialto prof. arch. Angelo Bucci, coll. arch. Umberto Bonomo, Taneha Kuzniecow lavoro di gruppo eseguito dagli studenti: Francesco Benetazzo, Alice Braggion, Aurora Balugani, Silvia Cittadin, Matteo Codogno, Isabella Giungi, Marco Manunta, Tommaso Matino, Giovanni Sandrini
I
l mercato ittico di Rialto presenta numerose caratteristiche che rendono il sito fonte di svariati spunti. Esso di presenta come una sorta di “piazza coperta”, che si articola in due volumi a pianta quadrangolare tra di loro collegati, i cui rispettivi pianterreni sono completamente aperti lungo il loro perimetro, e non presentano setti di suddivisione interna, bensì solamente le colonne di sostegno del volume soprastante. Il mercato ittico si affaccia sul Canal Grande protendendosi oltre la quinta di edifici che lo affianca. Vi sono due campi attigui all’edificio: Campo delle Beccarie, sul lato sudovest, e Campo delle Pescherie, a nordest, che dà direttamente sul Canal Grande. Lungo il lato est del mercato corre invece Calle delle Beccarie. Questo caratteristico spazio pubblico muta il proprio aspetto e offre differenti sensazioni a seconda del momento della giornata. Dal primo mattino fino a mezzogiorno, essa è animata dalla vivacità del mercato, e si offre agli spettatori come un luogo caotico, affollato, in cui si mescolano odori, colori e suoni. Nel pomeriggio, invece, gli spazi del mercato si svuotano, e diventano solo un luogo di passaggio, offrendosi esclusivamente come un “percorso”. La sera, infine, in completa antitesi
con il giorno, il sito si presenta vuoto, privo di una vera e propria funzione: silenzio e penombra rendono il mercato un luogo quasi suggestivo. E’ stato appunto questo continuo mutare della fisionomia del luogo, questo trasformarsi pur mantenendo inalterate le forme, che ci ha suggerito l’idea di progetto, ovvero il concetto di MOVIMENTO. Vorremmo creare un luogo in cui questo “movimento” sia una caratteristica intrinseca, dettata da fattori in parte slegati dalla nostra volontà. A creare dinamismo e a connotare il luogo dovrà provvedere in modo determinante l’acqua, la quale “plasmerà” di volta in volta l’aspetto del sito in base a fenomeni come l’abbassamento e l’innalzamento del proprio livello, la rifrazione della luce (naturale o artificiale) e dei colori, il proprio rimbombare all’interno degli ambienti “inondati”. E’ da sottolineare come “movimento” non significhi necessariamente “caos”: si potrebbero conferire personalità e fisionomie differenti al progetto (proprio come nel mercato esistente) prevedendo differenti destinazioni d’uso a seconda del momento del giorno e della notte, che verranno di volta in volta sottolineate dall’architettura del sito.
27
Idee per una nuova fruizione del sito
28
sezione nord-sud del progetto
29
a. render di una veduta da est b. c. d. piante di livello zero, primo e secondo
a.
30 b.
c.
31 d.
32
schizzi di studio, foto del plastico d’esame e render del progetto definitivo
33
PROGETTAZIONE ARCHITETTONICA 2
Anche Mestre possedeva una cinta muraria: le innumerevoli trasformazioni urbane, tuttavia, non hanno lasciato quasi nulla delle antiche mura mestrine. Il progetto del corso di Progettazione Architettonica 2 del prof. Dubbini vuole ridefinire l’assetto urbano di via Spalti, “citando” le mura con un elemento architettonico che va a ricreare la demarcazione tra “dentro” e “fuori” la città. In relazione a questa ritrovata suddivisione, gli studenti devono pensare ad un intervento organizzato in lotti, che si estende specularmente a cavallo dell’antico tracciato delle mura. Gli edifici devono presentare dei tratti formali comuni: non superare i tre piani, ed avere una configurazione che prevede un volume centrale più alto, a parallelepipedo, con orientamento est-ovest, dal quale si sviluppano volumi laterali di dimensioni minori. La destinazione d’uso dei fabbricati si rifà ad un “tipo” storico nell’edilizia veneziana, ovvero la “casa-bottega”: ciascun edificio deve presentare un attento studio degli spazi interni, per ottimizzare la coesistenza di abitazione e attività artigianale.
34
DUBBINI 2008|09
PROF. a.a.
“CASA-BOTTEGA” intervento residenziale e commerciale in via Spalti a Mestre (VE) prof. arch. Giulio Dubbini lavoro di gruppo eseguito dagli studenti: Arianna Cester, Tommaso Matino
I
l lotto assegnatoci per il progetto della “casabottega” sorge all’angolo tra Corso Garibaldi e via Spalti, a ridosso del nuovo “muro” che si estende sul tracciato dell’antica cinta mestrina. Il fabbricato, rientrato rispetto a Corso Garibaldi, ha orientamento ovest-est e presenta un corpo centrale a pianta rettangolare, alto e stretto, dai cui lati si sviluppano due voluni più bassi, di dimensione analoga tra loro, ma non allineati. Per la definizione dei volumi è stato usato uno schema compositivo modulare, in cui ciascun modulo presenta un lato di 3 metri. L’altezza complessiva dell’edificio non supera mai i tre piani. A livello distributivo, gli spazi interni presentano una netta demarcazione tra gli ambienti destinati all’abitazione e quelli destinati alla “bottega” (nella fattispecie, il progetto contempla la possibilità di un laboratorio artigianale per la lavorazione del legno). Alla “bottega - laboratorio” si accede direttamente da Corso Garibaldi: l’ambiente al pianterreno è concepito come area espositiva dei manufatti. Due rampe di scale conducono una al piano interrato (il vero e proprio laboratorio produttivo) e l’altra ad un ambiente al primo
piano, concepito come ufficio amministrativo, che si affaccia direttamente sullo showroom sottostante grazie a un sistema a doppia altezza. Per effetto dellle ampie vetrate, pianterreno e ballatoi ricevono luce da est, nord e sud, garantendo un’illuminazione costante a qualsiasi ora del giorno. Anche il laboratorio interrato gode di illuminazione naturale, grazie ad un lucernario di 3m x 6m posizionato ai piedi della facciata est. La porzione di edificio destinata ad abitazione si estende, per i primi due piani, lungo il lato ovest del complesso, con un patio antistante “chiuso” a nord dal corpo di fabbrica principale, e a sud da un muro di cinta. Al secondo piano, invece, l’abitazione occupa tutta la superficie del corpo est-ovest, e ospita la zona-notte dell’appartamento, concepito per 4 persone. La zona-notte dispone di un ampio terrazzo che si estende sulla facciata nord verso corso Garibaldi, mentre la zona-giorno presenta un affaccio di ragguardevoli dimensioni verso il patio menzionato in precedenza (la cui introspezione, dal lato del laboratorio, è ostacolata da una schermatura delle vetrate).
35
36
Gli spazi esterni sono concepiti con verde a prato, e con due vasche d’acqua che contornano la facciata est dell’edificio, sottolineando, con il riflesso del medesimo, la “verticalità” dei volumi. L’edificio presenta una differenziazione tra le parti che lo compongono, anche nella scelta dei materiali di rivestimento: i corpi di fabbrica più bassi sono rivestiti in pietra, mentre per il corpo maggiore è stata adottata come soluzione estetica e tecnologica una “facciata ventilata” con rivestimento esterno in legno, in modo da contribuire all’isolamento termico di alcune stanze (ad esempio, le camere da letto). Data l’estensione significativa delle superfici trasparenti nelle facciate, è stato effettuato, in fase di progetto, anche un piccolo studio delle tipologie di serramento applicabili, con molteplici ipotesi (raffigurate nei plastici di studio) circa le differenti finiture e capacità prestazionali del vetro, in modo da poter “giocare” con le trasparenze, i colori e l’illuminazione degli interni. Lo stesso dicasi per lo studio degli ambienti interni: in collaborazione con il docente e gli assistenti, nel corso delle varie revisioni, è stato abbozzato un ragionamento sulle possibilità di arredo e sulla fruizione degli spazi, con semplici render che ci hanno aiutato a ipotizzare possibili configurazioni e “allestimenti”, in particolare dell’area abitativa.
a. b. c. d. plastici di studio realizzati durante il corso e. studio schematico sulla composizione dei volumi f. g. studi sull’arredo interno e sulla distribuzione degli spazi
a.
b.
c.
d.
f.
g.
37
e.
Abitazione privata | Laboratorio artigianale a.
38
b.
c.
d.
a. b. prospetti ovest e sud c. d. prospetti est e nord render: inserimento dell’edificio nel sistema di lotti
39
a.
b.
40 c.
a. b. piante di piano interrato e pianterreno c. sezione nord-sud
d.
e.
41 f.
d. e. piante di piano primo e piano secondo c. sezione est-ovest
render: vedute da corso Garibaldi e via Spalti
42
43
PROGETTAZIONE DI SISTEMI COSTRUTTIVI
La progettazione di un edificio non coinvolge soltanto aspetti formali, iconografici e filologici; l’evolversi dell’architettura porta gli aspetti tecnologici e ingegneristici ad assumere un peso sempre più rilevante e non trascurabile. Il corso di Progettazione di sistemi costruttivi permette di approfondire dettagliatamente, e applicare in fase progettuale, le conoscenze in merito alla tecnologia edilizia. Tali tecnologie spesso sono essenziali nello sviluppo di un’architettura sostenibile, tematica che appare ricoprire un ruolo predominante nel futuro della disciplina stessa.
44
PROF. a.a.
ZANNONI 2008|09
PROGETTAZIONE DEL S.C. DI UN EDIFICIO destinazione d’uso: hotel sistema basato su getti in cls armato uniti ad altre tecnologie prof. arch. Giovanni Zannoni
L
’edificio a me assegnato durante il corso di Progettazione di Sistemi costruttivi è un fabbricato di quattro piani (più un piano semi interrato), con destinazione d’uso a hotel. Per le caratteristiche dimensionali degli elementi di elevazione e chiusura (ricavate da piante e sezioni a me in dotazione), ho scelto un sistema costruttivo basato su getti di calcestruzzo armato, abbinati ad altre teconologie, a seconda della collocazione, nell’ambito della struttura, del dettaglio costruttivo di volta in volta analizzato. L’insieme dei “nodi” da me analizzati comprendeva: l’attacco a terra della parete esterna verticale, la connessione tra parete verticale esterna e solaio interno, la connessione tra parete verticale esterna e copertura, la sezione di una struttura verticale di elevazione e di una struttura verticale di partizione interna, un dettaglio di una facciata con infisso, e lo spaccato assonometrico di un elemento di partizione esterna orizzontale (terrazzo) con relativo parapetto. Ho riportato per primi i dettagli costruttivi dell’elemento a mio avviso più significativo, ossia la facciata cosiddetta “ventilata”: tale tipologia di sistema costruttivo presenta indubbie caratteristiche di versatilità formale e funzionale nella realizzazione del prospetto, oltre ad essere un valido contributo all’isolamento termico dell’edificio senza particolare impiego di materiali coibenti.
45
Pianta e sezione dell’edificio di cui studiare il sistema costruttivo
Alcuni dettagli costruttivi analizzati
46
Struttura verticale di elevazione
1. Attacco a terra della parete esterna verticale 2. Connessione parete verticale esterna - solaio interno 3. Connessione parete verticale esterna - copertura 4. Struttura verticale di elevazione 5. Struttura verticale di partizione interna 6. Facciata con infisso
CLASSI DI UNITÀ TECNOLOGICHE
UNITÀ TECNOLOGICHE 1.1 STRUTTURA DI FONDAZIONE
CLASSI DI ELEMENTI TECNICI
1.1.2 STRUTTURE DI FONDAZIONE INDIRETTE
1. STRUTTURA PORTANTE 1.2 STRUTTURA DI ELEVAZIONE
CLASSI DI UNITÀ TECNOLOGICHE
3. PARTIZIONE INTERNA
3.1.3 ELEMENTI DI PROTEZIONE 3.2 PARTIZIONE INTERNA ORIZZONTALE
3.2.2 SOPPALCHI 3.2.3 INFISSI INTERNI ORIZZONTALI 3.3 PARTIZIONE INTERNA INCLINATA
2.2 CHIUSURA ORIZZ. INFERIORE
2.2.1 SOLAI A TERRA 2.2.2 INFISSI ORIZZONTALI
2.3 CHIUSURA ORIZZ. SU SPAZI ESTERNI 2.4 CHIUSURA SUPERIORE
4.1 PARTIZIONE ESTERNA VERTICALE
2.4.1 COPERTURE
4.1.1 ELEMENTI DI PROTEZIONE 4.1.2 ELEMENTI DI SEPARAZIONE
4. PARTIZIONE ESTERNA 4.2 PARTIZIONE ESTERNA ORIZZONTALE
4.2.1 BALCONI E LOGGE 4.2.2 PASSERELLE
2.3.1 SOLAI SU SPAZI APERTI 2.4.2 INFISSI ESTERNI ORIZZONTALI
3.3.1 SCALE INTERNE 3.3.2 RAMPE INTERNE
2.1.1 PARETI PERIMETRALI VERTICALI 2.1.2 INFISSI ESTERNI VERTICALI
2. CHIUSURA
3.2.1 SOLAI
1.2.3 STRUTTURE DI ELEVAZIONE SPAZIALI 1.3.1 STRUTTURE DI CONTENIMENTO VERTICALI 1.3.2 STRUTTURE DI CONTENIMENTO ORIZZONTALI 2.1 CHIUSURA VERTICALE
CLASSI DI ELEMENTI TECNICI 3.1.1 PARETI INTERNE VERTICALI 3.1.2 INFISSI INTERNI VERTICALI
1.2.1 STRUTTURE DI ELEVAZIONE VERTICALI 1.2.2 STRUTTURE DI ELEVAZIONE ORIZZ./INCLINATE
1.3 STRUTTURA DI CONTENIMENTO
UNITÀ TECNOLOGICHE 3.1 PARTIZIONE INTERNA VERTICALE
1.1.1 STRUTTURE DI FONDAZIONE DIRETTE
4.3 PARTIZIONE ESTERNA INCLINATA
4.3.1 SCALE ESTERNE 4.3.2 RAMPE ESTERNE
1) Parete in calcestruzzo armato con doppia rete elettrosaldata (Calcestruzzo strutturale LECA CLS 1600) 2) Controparete in gesso cartonato con telaio metallico, e intercapedine con isolamento in lana di vetro (Controparete KNAUF W 623 con isolante in lana di vetro URSA GLASSWOOL FDP2) 3) Battiscopa e liste di parquet in legno di faggio 4) Massetto di livellamento in calcestruzzo (Calcestruzzo LECA MASSETTOMIX AUTOLIVELLANTE)
5) Isolante acustico a base bituminosa con addizione di truciolare di sughero 6) Massetto in calcestruzzo alleggerito per impiantistica 7) Solaio in latero-cemento cm 20+4 (Calcestruzzo strutturale LECA CLS 1600 e pignatte SIAI H20) 8) Controsoffitto in gesso cartonato fonoassorbente con materassino in lana di roccia (Controsoffitto QUARTETTE EQUATION) 9) Elemento di fissaggio in acciaio inossidabile con distanziatori
Struttura verticale di partizione interna
47
Facciata con infisso 1) Partizione interna verticale in gesso cartonato con struttura metallica e isolante in lana di vetro (Parete KNAUF serie W11 e isolante URSA GLASSWOOL FDP2) 2) Battiscopa in legno di faggio 3) Liste di parquet in legno di faggio 4) Massetto di livellamento in calcestruzzo (Calcestruzzo LECA MASSETTOMIX AUTOLIVELLANTE) 5) Isolante acustico a base bituminosa con addizione di truciolare di sughero
6) Massetto in calcestruzzo alleggerito per impiantistica 7) Solaio in latero-cemento cm 20+4 (Calcestruzzo strutturale LECA CLS 1600 e pignatte SIAI H20) 8) Controsoffitto in gesso cartonato fonoassorbente con materassino in lana di roccia (Controsoffitto QUARTETTE EQUATION) 9) Elemento di fissaggio in acciaio inossidabile con distanziatori
1) Intonaco plastico a base di resina sintetica 2) Rete di tenuta in fibra di nylon 3) Coibentazione in pannelli di polistirene rivettato (Pannelli URSA XPS) 4) Parete in calcestruzzo armato con doppia rete elettrosaldata (Calcestruzzo strutturale LECA CLS 1600) 5) Imbotte in pietra Serena 6) Serramento scorrevole in alluminio anodizzato con “taglio termico� (Scorrevoli METRA) 7) Scossalina in acciaio inossidabile fissata per mezzo di tasselli 8) Zavorra in ghiaia 9) Separatore in tessuto-non-tessuto 10) Coibentazione con pannelli di polistirene
(Pannelli URSA XPS) 11) Separatore in tessuto-non-tessuto | Impermeabilizzazione in PVC | Separatore in tessuto-non-tessuto 12) Massetto di pendenza 2% in calcestruzzo (Calcestruzzo LECA LECACEM CLASSICO) 13) Solaio in latero-cemento cm 20+4 (Calcestruzzo strutturale LECA CLS 1600 e pignatte SIAI H20) 14) Controsoffitto in gesso cartonato fonoassorbente con materassino in lana di roccia (Controsoffitto QUARTETTE EQUATION) 15) Intonaco in malta di calce 16) Elemento di fissaggio in acciaio inossidabile con distanziatore
Facciata ventilata: dettagli costruttivi
Attacco a terra della parete esterna verticale
Renzo Piano Building Workshop Ampliamento IRCAM, Beauborg, Parigi 1990-91
48
La cosiddetta “facciata ventilata” è un sistema adatto a molteplici applicazioni sia nel campo della nuova produzione edilizia che nella riqualificazione del patrimonio esistente. L’involucro edilizio non è più semplice elemento di separazione tra funzione interna ed esterna ma diviene contenitore di più funzioni (ventilazione, comfort termico, impianti tecnici ispezionabili ecc.) La facciata ventilata è costituita da uno strato di rivestimento vincolato alle pareti perimetrali dell’edificio per mezzo di una apposita struttura d’ancoraggio installata “a secco”. Gli obiettivi sono: proteggere gli strati più interni della chiusura verticale con un paramento resistente agli agenti esterni e realizzare un elemento di separazione tra rivestimento
e parete. Nell’intercapedine, una lama d’aria in movimento procura ventilazione naturale con notevoli vantaggi per l’intero edificio. Il principio fisico che permette all’aria di muoversi è “l’effetto camino”: l’aria fredda proveniente dall’esterno entra dalla base della facciata, si scalda progressivamente nell’intercapedine assorbendo calore ed esce dall’apertura sommitale della facciata favorendo l’evacuazione del vapore. Questa tecnica è frutto di concetti già sperimentati da secoli per fronteggiare agenti climatici aggressivi nell’area nord-europea. In questo momento le “pareti ventilate” sono considerate fra le migliori soluzioni tecnologiche d’isolamento termico disponibili.
1) Elementi trafilati in laterizio di rivestimento della facciata ventilata 2) Telaio in acciaio inossidabile 2.1) Tasselli in acciaio inossidabile 2.2) Griglia antintrusione in acciaio inossidabile 3) Intercapedine d’aria 4) Coibentazione con pannelli di polistirene 5) Parete in calcestruzzo armato con doppia rete elettrosaldata (Calcestruzzo strutturale LECA CLS 1600) 6) Scossalina in acciaio inossidabile fissata per mezzo di tasselli 7) Soletta in calcestruzzo 8) Strato di drenaggio in ghiaia con tubo di scarico in PVC 9) Controparete in gesso cartonato con telaio metallico, e intercapedine con isola-
mento in lana di vetro (Controparete KNAUF W 623 con isolante in lana di vetro URSA GLASSWOOL FDP2) 10) Vespaio in ghiaione costipato 11) Soletta in calcestruzzo armato con rete elettrosaldata (Calcestruzzo strutturale LECA CLS 1600) 12) Impermeabilizzazione con membrana bituminosa 13) Coibentazione con pannelli di polistirene (Pannelli URSA XPS) 14) Massetto in calcestruzzo alleggerito per impiantistica 15) Massetto di livellamento in calcestruzzo (Calcestruzzo LECA MASSETTOMIX AUTOLIVELLANTE) 16) Battiscopa e liste di parquet in legno di faggio
Connessione parete verticale esterna - solaio interno
Connessione parete verticale esterna - copertura
49
1) Elementi trafilati in laterizio di rivestimento della facciata ventilata (Facciata PROSPECTA RDB) 2) Telaio in acciaio inossidabile 2.1) Tasselli in acciaio inossidabile 3) Intercapedine d’aria 4) Coibentazione con pannelli di polistirene (Pannelli URSA XPS) 5) Parete in calcestruzzo armato con doppia rete elettrosaldata (Calcestruzzo strutturale LECA CLS 1600) 6) Controparete in gesso cartonato con telaio metallico, e intercapedine con isolamento in lana di vetro (Controparete KNAUF W 623 con isolante in lana di vetro URSA GLASSWOOL FDP2) 7) Battiscopa in legno di faggio 8) Liste di parquet in legno di faggio
9) Massetto di livellamento in calcestruzzo (Calcestruzzo LECA MASSETTOMIX AUTOLIVELLANTE) 10) Isolante acustico a base bituminosa con addizione di truciolare di sughero 11) Massetto in calcestruzzo alleggerito per impiantistica 12) Solaio in latero-cemento cm 20+4 (Calcestruzzo strutturale LECA CLS 1600 e pignatte SIAI H20) 13) Controsoffitto in gesso cartonato fonoassorbente con materassino in lana di roccia (Controsoffitto QUARTETTE EQUATION) 14) Elemento di fissaggio in acciaio inossidabile con distanziatori
1) Elementi trafilati in laterizio di rivestimento della facciata ventilata (Facciata PROSPECTA RDB) 2) Telaio in acciaio inossidabile 2.1) Tasselli in acciaio inossidabile 3) Intercapedine d’aria 4) Coibentazione con pannelli di polistirene (Pannelli URSA XPS) 5) Parete in calcestruzzo armato con doppia rete elettrosaldata (Calcestruzzo strutturale LECA CLS 1600) 6) Scossalina in acciaio inossidabile fissata per mezzo di tasselli 7) Zavorra in ghiaia 8) Separatore in tessuto-non-tessuto 9) Coibentazione con pannelli di polistirene (Pannelli URSA XPS) 10) Separatore in tessuto-non-tessuto |
Impermeabilizzazione in PVC | Separatore in tessuto-non-tessuto 11) Massetto di pendenza 2% in calcestruzzo (Calcestruzzo LECA LECACEM CLASSICO) 12) Solaio in latero-cemento cm 20+4 (Calcestruzzo strutturale LECA CLS 1600 e pignatte SIAI H20) 13) Controsoffitto in gesso cartonato fonoassorbente con materassino in lana di roccia (Controsoffitto QUARTETTE EQUATION) 14) Elemento di fissaggio in acciaio inossidabile con distanziatori 15) Controparete in gesso cartonato con telaio metallico, e intercapedine con isolamento in lana di vetro (Controparete KNAUF W 623 con isolante in lana di vetro URSA GLASSWOOL FDP2)
URBANISTICA
Lo studio delle teorie urbanistiche dei secoli passati, le nuove idee del presente: il corso di Urbanistica del prof. Ciacci vuole coniugare ambedue i temi attraverso l’analisi di un intervento di trasformazione urbanistica avvenuto nel territorio veneto nella seconda metà del XX secolo. Ogni gruppo del corso deve svolgere un’analisi approfondita dei “pro” e dei “contro” di un’operazione immobiliare a scelta, raccogliendo più dati possibili presso enti e progettisti, e conducendo una vera e propria “inchiesta” sul campo, da sintetizzare in un video e in un dossier.
50
CIACCI 2008|09
PROF. a.a.
PADOVA 2000: ANALISI DI UN FLOP lettura interpretativa di un intervento inappropriato e nuove idee per “ripensarlo” prof. arch. Leonardo Ciacci lavoro di gruppo eseguito dagli studenti: Nicolò Bressan, Arianna Cester, Tommaso Matino
P
adova 2000 è un complesso residenziale ad alta densità, sorto nella prima metà degli anni ’90 a ovest di Padova e a meno di 2 km dal centro cittadino. Esso è il risultato di un’operazione immobiliare privata, conclusasi nel 1997 con l’inaugurazione del complesso. L’intervento sorge nel quartiere Chiesanuova, che sorge lungo l’omonima via (una trafficata arteria del traffico cittadino che sfocia nella SS 11 Padana Superiore che collega Padova e Vicenza), e a poca distanza dalla linea ferroviaria PadovaBologna e dalla Tangenziale Ovest (c.so Australia). L’area in cui si colloca Padova 2000 era originariamente occupata da uno stabilimento industriale, la cui cubatura è stata ridistribuita in 13 edifici che arrivano fino a 10 piani. Prima di iniziare l’analisi interpretativa del progetto, abbiamo raccolto numerose testimonianze riguardanti la qualità della vita nel complesso Padova 2000, nonché alcune delucidazioni circa la fase di progetto del complesso medesimo. I soggetti delle nostre interviste sono stati: • un piccolo campione di residenti del complesso Padova 2000 • uno dei progettisti, il cui nome compare sulle tavole della prima versione del progetto (arch. Arvalli) L’arch.Arvalli ha sottolineato come il progetto originario sia stato successivamente sottoposto dall’impresa costruttrice all’arch. Barina.
Tutti e tre gli architetti hanno concesso interviste brevi e in via esclusivamente telefonica, nelle quali ciascuno elencava errori progettuali riassumibili in: - Ricerca estrema della massima cubatura possibile - Modesta qualità formale, dovuta a continue rivisitazioni del progetto - Soluzioni-compromesso derivanti dal contenimento dei costi di realizzazione UN PROGETTO INCONGRUENTE Il complesso di Padova 2000 rappresenta una delle maggiori operazioni immobiliari in prossimità del centro di Padova degli ultimi 20 anni. Esso tuttavia presenta numerose incongruenze, le quali hanno fatto sì che questo ambizioso progetto si rivelasse un parziale insuccesso sul mercato immobiliare. In seguito all’analisi preliminare di progetti e interviste, abbiamo effettuato una “lettura” del progetto Padova 2000 evidenziando i punti-chiave che secondo noi riassumono le cause del fallimento di questo intervento, e sottolineano il legame tra qualità dell’architettura e qualità della vita. 1.CHIESANUOVA: UN’AREA PROBLEMATICA Padova 2000 è sorta in una zona periferica che godeva di una posizione prossima al centro, ma di un traffico di solo attraversamento. La zona dunque è diventata ben presto una specie di “città dormitorio”. Il contesto, inoltre, non ha gran
51
a.
c.
d. 52
b.
a. plastico ricavato dal planivolumetrico di Padova 2000 b. c. d. tre dei documenti consultati durante l’analisi: un estratto dalla CTR del 2009, la mappa catastale del 1975 e il PRG del Comune di padova e. f. Padova 2000: “l’edificio-portale” su via Chiesanuova nel suo aspetto definitivo, a confronto con il progetto originario (archh. Arvalli-Tombola, 05/1992)
de appeal commerciale in quanto sorge tra la tangenziale, la ferrovia, il cimitero e un quartiere di case popolari di fama non positiva. Via Dini, che costeggia il lato Ovest del complesso di Padova 2000, ospita infatti alcuni condomini ATER che sono stati molte volte teatro di disordini legati a microcriminalità, prostituzione, spaccio di droga. E’ da sottolineare come il degrado sociale di quest’area ha avuto inizio con le massicce ondate d’immigrazione clandestina di metà anni ’90: gli stessi anni in cui veniva inaugurato, poco distante, il complesso di Padova 2000. La zona di Chiesanuova è soggetta inoltre ad un elevato inquinamento atmosferico per via dell’intenso traffico di via Chiesanuova e della Tangenziale Ovest che corre a poco più di 50 metri dal complesso Padova 2000. Le concentrazioni di PM10 risultano superiori del 20/30% rispetto al resto di Padova, e il superamento del limite di legge per l’inquinamento da polveri sottili avviene pressochè quotidianamente (rilevamenti del 2005). 2. LO SCHEMA VIARIO, LA GHETTIZZAZIONE Per ripartire la zona è stato utilizzato uno schema di viabilità a griglia, che oltre a essere banale non crea un percorso principale di attraversamento, bensì una sensazione di disorientamento e flussi di traffico stagnanti. Le vie d’accesso sono piccole e poco visibili per chi transita nei paraggi. L’edificio d’accesso al quartiere, inoltre, separa visivamente il complesso dal contesto urbano in maniera netta, creando la sensazione di un “ghetto” senza uscita. 3. LA POCA CURA PROGETTUALE DEGLI SPAZI COMUNI L’organizzazione degli spazi comuni, inoltre, è poco curata: il verde è confinato in una fascia di terreno che non si integra col complesso, le corti interne sono prive di attrattive e soffocate dagli edifici sovradimensionati. Le attività commerciali, che dovrebbero fungere da poli d’attrazione, sono collocate in sottoportici bui, labirintici e poco visibili: nel progetto non si è tenuto conto dei criteri di visibilità e fruibilità necessari allo sviluppo dei suddetti esercizi. Manca un progetto preciso e coerente degli spazi aperti: il verde è relegato a decorazione, e mancano completamente alberi ad alto fusto in quanto il sottosuolo è occupato per
intero dai garages interrati. Ai margini delle corti troviamo delle imponenti fioriere che occludono la visuale da e verso i sottoportici, che invece dovrebbero essere luoghi di richiamo poiché ospitano le attività commerciali. Gli stessi residenti definiscono il quartiere una zona socialmente “morta”, in cui nessuno è invogliato ad usufruire del verde pubblico. Non si avverte una relazione tra gli edifici e gli spazi che li circondano: i percorsi pedonali sono prevalentemente subordinati a quelli stradali, e nei pochi casi in cui non lo sono, presentano un disegno apparentemente casuale, senza una ricerca preventiva. 5. LA SCARSA QUALITA’ ARCHITETTONICA DEI FABBRICATI LO STILE I fabbricati si rifanno, in maniera molto approssimativa, ai dettami stilistici del postmoderno, ovvero una reinterpretazione di elementi architettonici classici in chiave moderna. Si possono osservare dunque soluzioni come colonne, timpani e modanature, che spesso hanno però una funzione puramente esornativa. Il tutto è realizzato inoltre con scarsissima varietà di materiali. Molti elementi, come ad esempio le terrazze, sono prefabbricati dalla grande povertà formale, e sarebbero più adatti per l’edilizia popolare piuttosto che per un complesso “di lusso”. Infine, non si avverte un legame con l’architettura del territorio, questi condomini potrebbero trovarsi ovunque in Europa o nel mondo. Manca anche qualsiasi riferimento ad interventi illustri, o a teorie urbanistiche specifiche (es. Le Corbusier, Wright, Bauhaus…). Tutto sembra frutto di un ragionamento che non tiene conto di creare degli spazi, bensì di occupare un’area traendone il massimo profitto possibile. LA QUALITA’ DEGLI SPAZI Tutti gli edifici del complesso presentano uno schema distributivo degli spazi estremamente banale, che veniva utilizzato ancora ai tempi del boom economico nell’edilizia di massa. Questa impostazione prevede un vano scala centrale, completamente cieco, attorno al quale trovano spazio i vari appartamenti. Essi sono principalmente unità abitative di un piano solo, ma anche qualora vi siano due piani, essi non sono mai messi in relazione tramite soluzioni come la doppia altezza. La filosofia ispiratrice del disegno di questi immobili è stata la
e.
53 f.
a.
b.
c.
54 ricerca del massimo guadagno: l’imperativo categorico si può sintetizzare in “minima spesa, massima resa”. Ecco quindi stanze scatolari, forme prive di originalità e razionalità, dettate dalla volontà di ottenere la maggior superficie possibile per ogni appartamento. LE FINITURE Oltre a causare un deterioramento precoce degli edifici, le finiture economiche dei palazzi di “Padova 2000” conferiscono al quartiere un’aria sciatta e tutt’altro che lussuosa. Molte scelte formali sono state subordinate alle esigenze di risparmio: tra queste, l’uso di tapparelle di plastica alle finestre, la povertà dei materiali di rivestimento delle facciate (prevalentemente intonaco, calcestruzzo verniciato e tamponamenti in gres a ‘effetto mattone’), e l’impiego di serramenti dall’estetica dozzinale. Gli spazi esterni, se possibile, godono di un trattamento ancora peggiore: distese di betonella grigia e poco arredo urbano dall’aspetto misero non invogliano ad apprezzare gli spazi comuni del complesso.
L’USURA PRECOCE DEI FABBRICATI Un altro aspetto, forse il più considerato da parte dei residenti, è quello delle finiture degli edifici. A distanza di soli 13 anni dall’inaugurazione del complesso, tutti i fabbricati mostrano segni di usura precoce negli intonaci esterni, nella pavimentazione dei percorsi pedonali e delle piazzette interne. E’ inoltre in corso una causa legale tra residenti e impresa costruttrice a causa di un oneroso intervento resosi necessario negli ultimi due anni, ovvero il risanamento dei sotterranei di due delle torri centrali, che accusano numerose infiltrazioni d’acqua a causa della scarsa qualità dei materiali impiegati in corso d’opera. Episodi come questi sono piuttosto anomali in un intervento che si propone come edilizia di pregio.
In definitiva,“Padova 2000” è un non-luogo, spersonalizzante e senza caratteristiche distintive. Tutto si riconduce ad una mera speculazione economica.
d.
UN INTERVENTO DI SUCCESSO A PADOVA La città di Padova non è nuova a interventi privati ad alta densità abitativa: negli anni Settanta, la società “Alleanza” realizzò in via Turazza (zona Stanga) un complesso di circa 20 edifici residenziali. Essi sorgono in un’area che costeggia il fiume Piovego, e inizialmente erano proposti come immobili di lusso, in quanto immersi nel verde e provvisti di numerosi servizi. LE “EDGE TOWNS”, IL MODELLO DI MILANO 2 Questo modello d’intervento urbanistico privato era abbastanza diffuso all’epoca: i riferimenti a livello nazionale erano i quartieri di Milano 2 e Milano 3, progetti della società Fininvest sorti tra gli anni’70 e gli anni’80 in aree agricole o industriali dismesse nella periferia milanese. Questi quartieri “funzionarono” fin da subito dal punto di vista commerciale: puntavano tutto sull’assenza del traffico veicolare al loro interno e sulla forte presenza di spazi verdi. Infatti, in queste specie di “edge towns”, la vita del residente poteva svolgersi interamente all’interno del complesso: in esso infatti trovavano spazio attività commerciali, ricreative, sportive, scuole ed uffici, il tutto ad una distanza relativamente breve da Milano. I percorsi pedonali erano studiati per interferire il meno possibile con le vie carrabili, e tutta l’area era recintata e sorvegliata per garantire sicurezza nelle ore notturne. Questi fattori, uniti alla ricchezza di collegamenti con Milano (tangenziali, linee di autobus e metropolitana), hanno decretato il successo di queste piccole “città satellite”, che puntavano non tanto sulla politica dei prezzi degli immobili, quanto piuttosto sull’alta qualità della vita. LA STORIA DEL COMPLESSO “ALLEANZA” Il complesso “Alleanza” di Padova si compone di edifici residenziali di sette piani ciascuno, e da alcuni fabbricati direzionali più piccoli, che nel progetto originario avrebbero dovuto ospitare i servizi essenziali per garantire a questo quartiere una relativa autonomia.
e.
La ricchezza di verde, le finiture interne adeguate all’epoca e la vicinanza con il canale Piovego hanno reso fin da subito il complesso una proposta molto allettante per i potenziali acquirenti. Esso fu infatti un successo sul mercato immobiliare e in pochi anni tutti gli appartamenti vennero occupati. In seguito, la sempre più grave condizione sociale nella vicina via Anelli ha reso il quartiere Stanga meno appetibile: tuttavia, il quartiere “Alleanza” gode ancora di una discreta fama, e il valore degli immobili non è calato in modo sensibile. Questo complesso rappresenta ancora un buon investimento immobiliare, e mantiene ancora intatti alcuni dei punti di forza che ne hanno decretato il successo iniziale. IL POTENZIALE DELL’AREA La scelta dell’area è il primo motivo di successo del f. complesso “Alleanza”: • L’affaccio sul canale Piovego rende la zona suggestiva e fa sì che la natura sia un elemento di grande presenza nel progetto; il lungargine diventa quindi spazio polifunzionale di aggregazione. • La collocazione a ridosso delle mura cinquecentesche, a poca distanza dal rione Portello e dal quartiere degli istituti universitari, garantisce un collegamento rapido con il centro cittadino e mantiene alto il valore degli immobili. • La vicinanza con via Venezia, via Ariosto e Piazzale Stanga (grandi arterie del traffico cittadino), garantig. sce un traffico di attraversamento che coinvolge due lati su quattro del complesso, pur senza attraversarlo; esso non diventa mai un elemento di particolare disturbo, malgrado l’inquina a. veduta da sud degli edifici centrali del complesso b. c. d. i segni dell’usura precoce dei fabbricati di Padova 2000 e. un’immagine degli spazi comuni a Padova 2000 f. g. vedute aeree del complesso “Alleanza” di Padova e dell’intervento “Milano 2”
55
a.
56
mento atmosferico provocato, e allo stesso tempo la zona non è isolata. • Via Venezia, inoltre, ospita numerosi centri commerciali facilmente raggiungibili dai condomini Alleanza. LA FISIONOMIA DELL’INTERVENTO • L’intervento occupa un lembo di terra triangolare compreso tra via Ariosto, via Turazza e il canale Piovego, e non si articola attorno ad un asse viario, bensì sfrutta le strade che fungono da perimetro. • La distribuzione dell’edificato è irregolare, segue la conformazione del lotto ma non è incasellabile in una griglia. Gli edifici sono di forme diverse, e sono disposti in modo da creare spazi articolati, senza rigide geometrie. • I servizi e le attività commerciali sono al centro dell’area, visibili e facilmente fruibili. • L’unica strada che attraversa il complesso, via Pellizzo, ha una fisionomia irregolare e tortuosa, in modo da moderare la velocità del traffico di attraversamento, e ospita i parcheggi per i residenti lungo i suoi lati. Il resto della viabilità interna è affidata ai percorsi c. pedonali. • Il verde ha una presenza preponderante nel quartiere. Si tratta di un verde “studiato”, frutto di un progetto: esso si articola su più altezze e vede la coesistenza di specie arbustive ed alberi di medio fusto, ed occupa la quasi totale interezza dell’area. LA QUALITA’ DELLA VITA, LA QUALITA’ DEI FABBRICATI Un altro dei motivi per cui il complesso Alleanza “funziona” ancora oggi, è da ricercarsi nella buona gestione del complesso nel corso degli anni. Le interviste ai residenti testimoniano come la cura del luogo da parte degli amministratori interni del complesso si sia concretizzata in: • Videosorveglianza capillare dell’area (primo caso nel Veneto) • Gestione regolamentata dei rifiuti (unico punto di raccolta, aperto solo in determinati orari) • Manutenzione e cura periodica degli spazi verdi
b.
d.
a. b. due immagini del complesso “Alleanza” c. d. due immagini di Padova 2000
• Manutenzione e cura periodica delle facciate degli edifici e dei vani scala • Normative riguardanti la qualità estetica della zona (es. obbligo di mantenere fiorite le terrazze degli attici e delle facciate fronte strada) Infine , il fatto stesso che dietro a questa realizzazione ci sia una grande società assicurativa ha garantito che venisse compiuto un significativo investimento per la costruzione del complesso, che infatti presenta finiture e soluzioni progettuali che hanno resistito bene al passare del tempo, facendo tuttora apparire il quartiere Alleanza un luogo piacevole… sebbene un po’ demodé. RIPENSANDO PADOVA 2000: “LESS IS MORE” UN’IDEA DIVERSA Alla luce dell’analisi dei problemi e delle incongruenze del progetto Padova 2000, abbiamo provato ad elencare le caratteristiche che dovrebbe avere un intervento nella stessa area, e a riassumerle in un’idea di progetto esemplificativa. Tale idea trae spunto dai già citati interventi di Milano 2 e 3, e dal complesso Alleanza che abbiamo analizzato, in quanto si tratta di esempi di edilizia speculativa che “funzionano”. Servendoci del motto di Mies Van Der Rohe, abbiamo applicato la stessa filosofia nel ripensare un intervento più adeguato all’area che ora ospita Padova 2000. Accantonato ogni proposito speculativo, l’obiettivo diventa la creazione di un nuovo complesso residenziale in un’area che defice di verde e potenzialità attrattive. Come rendere piacevole la vita in questo contesto? Creando un intervento che rispetti questi criteri:
MENO CUBATURA E STRADE = PIU’ VERDE E QUALITA’ DELLA VITA
e. RIFERIMENTI E CARATTERISTICHE FONDAMENTALI Questi i punti essenziali raccolti dall’analisi dei progetti di riferimento: 1. ABOLIZIONE DEL TRAFFICO VEICOLARE
(percorsi pedonali come assi viari principali, viabilità carrabile ai margini) 2. PRESENZA DI UN’ELEVATA PERCENTUALE DI VERDE PRIVATO
(l’edificato è in netta minoranza percentuale rispetto al verde, che è gestito privatamente e sorvegliato) 3. “ZONIZZAZIONE” DELL’INTERVENTO
(dislocazione delle attività commerciali al centro, circondate dagli edifici residenziali) La viabilità carrabile rimane ai margini, i percorsi interni al complesso sono solo pedonali Anziché essere confinato in una fascia laterale, il verde diventa la presenza principale nel lotto, integrandosi con gli edifici, che sono di volume decisamente inferiore. La natura quindi, per quanto “artificiale”, non è più solo decorativa. La conformazione del suolo presenta più livelli e una vegetazione che varia dagli arbusti agli alberi ad alto fusto, nonché uno specchio d’acqua artificiale. Date le caratteristiche della zona, la soluzione più opportuna sarebbe privatizzare gli spazi verdi, chiuderli nelle ore notturne e munirli di adeguata sorveglianza al fine di mantenere l’area sicura. I servizi e gli spazi di aggregazione principali sono dislocati al centro del complesso, sono raggiungibili a piedi ma comunque a breve distanza dai percorsi carrabili.
e. f. render di una possibile reinterpretazione di Padova 2000 secondo criteri urbanistici e progettuali differenti
57
f.
WORKSHOP 2009
Il Workshop dell’arch. Bucci prende in considerazione, come spunto progettuale, l’idea della “metropolitana sub-lagunare”: un sistema di trasporto pubblico di massa (ancora a livello concettuale), collocata 24 metri sotto il livello dell’acqua della Laguna veneziana, che permetterebbe di girare attorno a Venezia senza attraversarla, ridistribuendo i flussi di traffico pedonale che attualmente intasano la Strada Nova e le calli di Rialto, S.Marco nei giorni di grande affluenza turistica. Oggetto di studio dei gruppi partecipanti al Workshop è la progettazione di una “fermata” della metropolitana sub-lagunare, con uno spazio annesso (aperto o scoperto), che possegga una funzione o un’attrattiva di cui Venezia attualmente non dispone. Particolare attenzione dovrà essere poste nella collocazione della “fermata”, nella destinazione degli spazi ad essa collegati, e alla loro struttura architettonica e funzionale.
58
BUCCI a.a. 2008|09 PROF.
UNA PIAZZA RIBASSATA NELLA LAGUNA idea per un teatro all’aperto tra Murano e le Fondamenta Nuove prof. arch. Angelo Bucci, coll. arch. Umberto Bonomo, Taneha Kuzniecow lavoro di gruppo eseguito dagli studenti: Agnese Businaro, Michele Doimo, Arianna Cester, Tommaso Matino, Isabella Tenti, Thomas Zanella
L
’analisi, la definizione e la progettazione della “stazione” sub-lagunare si sono articolate in maniera sistematica attorno a quattro punti-chiave, rappresentati dalle domande “dove?” “cosa?” “come?” e “perchè?”. Ecco riportata di seguito la relazione descrittiva del progetto finale.
DOVE?
Tra le Fondamenta Nuove, l’isola S.Michele e Murano: un’area strategica perchè raggiungibile in pochi minuti dal percorso turistico della Strada Nuova. Nell’intervento verrebbe coinvolta un’area di Venezia caratterizata da scarsa vitalità, in cui potrebbe essere decisivo un intervento di riqualificazione. Inoltre, Murano verrebbe “avvicinata” a Venezia, eliminando le corse dei vaporetti e riducendo drasticamente il traffico privato.
COSA?
Un prato, una piazza, un cinema-teatro, un luogo di ritrovo. Uno spazio aperto e chiuso nel contempo, che risuona di musica e di vita, modellato dall’acqua e dalla luce. Un luogo che si presta a cambiare fisionomia e personalità, che riesce a sorprendere anche solo mentre lo si percorre.
COME?
Con un intervento di integrazione, che vada a completare il contesto senza sovrapporsi ad esso. Abbiamo pensato ad una “conca di verde” che si sviluppi dall’unione delle sagome di Venezia e Murano, con la forma, suggestiva, di un fiore d’acqua. Un prato in pendenza che suggerisca un’arena, che offra prospettive dinamiche su se stesso e sui dintorni. Un sistema di percorsi che colleghi tutti i punti, senza però suggerire una traiettoria univoca, uno spettacolo il cui regista sia lo spettatore.
PERCHE’?
Per ovviare alla carenza di spazi verdi a Venezia. Per fornire un’alternativa più fruibile ai teatri storici. Per far tornare il cinema a Venezia. Per ridare alla città un vivace punto di aggregazione. Per non obbligare veneziani e turisti a raggiungere Mestre per attività culturali non concretizzabili nel fragile tessuto urbano veneziano. Per far rivivere, in qualche modo, lo spettacolare Teatro Verde dell’isola di S.Giacomo, in disuso da anni.
59
Un “fiore” nella laguna di Venezia
c.
b. La conformazione della “piazza-teatro” nasce dal profilo delle fondamenta di Murano, dell’isola di san Michele e della darsena a est delle Fondamenta Nuove di Venezia: l’unione di questi tre “profili” ha definito i contorni del nostro progetto, suggerendo una forma irregolare, arrotondata, quasi “organica”. Proprio questo spunto, unito alla presenza del verde nel nostro progetto, ci ha portati a interpretare la nuova piazza come una sorta di “fiore f. d’acqua” che galleggia in mezzo alla Laguna. Il disegno di molti elementi in pianta, dunque, richiama i petali di una ninfea, ma ciò non rimane un elemento puramente esornativo, bensì concorre in modo determinante alla ripartizione funzionale degli spazi.
d.
a.
60
e.
g.
a. b. g. schizzi di studio c. d. e. alcuni riferimenti: - Renzo Piano, Centro Culturale Jean-Marie Tjibaou, Nouméa, Nuova Caledonia, 1991 (“le forme organiche, le trasparenze”) - Jean Paul Viguier, Parc André Citroen, Parigi, 1992 (“la coesistenza di verde e infrastrutture”) - Il “teatro verde” dell’isola di San Giacomo (“suggestioni di un teatro sull’acqua”) f. immagine da satellite che evidenzia la genesi formale del progetto h. plastico di studio
h.
61
Progetto definitivo a.
62
b.
a. b. piante del livello “zero” (-24 m) e del livello “uno” (-12 m) c. pianta contestualizzata nella laguna di Venezia d. e. sezioni nord-sud e est-ovest
c.
d.
63 e.
ARCHITETTURA DEGLI INTERNI
Il tema d’esame del corso di architettura degli Interni consiste nell’allestimento di un teatro “effimero” (ossia realizzato in maniera reversibile) all’interno di un luogo veneziano, scelto dagli studenti fra tre diverse possibilità. La progettazione del teatro dovrà tenere conto di tutti i requisiti prestazionali e tecnologici richiesti da un teatro, e potrà ispirarsi a uno dei progetti descritti durante le lezioni teoriche.
64
RICCHELLI 2009|10
PROF. a.a.
ALLESTIMENTO DELLE TESE DI S.CRISTOFORO un teatro effimero sul modello del “teatro totale” di Gropius prof. arch. Giorgio Ricchelli lavoro di gruppo eseguito dagli studenti: Nicolò Bressan, Arianna Cester, Tommaso Matino
I
l nostro progetto di rivisitazione delle Tese di S.Cristoforo parte da alcune considerazioni sul sito in cui il sorge l’edificio. Esso si frappone tra due specchi d’acqua: la darsena dell’arsenale, antistante la facciata, e la laguna (alle spalle del fabbricato). Per “congiungere” metaforicamente i due fronti, l’architettura interna da noi ideata presenta una struttura che in sezione presenta una forma a “onda”. Questa forma va a definire e ripartire il volume scatolare in tre principali ambienti: un foyer, una sala più piccola destinata a convegni e proiezioni di audiovisivi e una sala teatrale principale che si sviluppa con uno schema a gradoni. L’ingresso è pensato per ospitare gli spazi accessori alla fruizione del teatro: il guardaroba e il bar (ai lati dell’ingresso) e la biglietteria e i servizi (di fronte alla porta principale). Sui lati si sviluppano le due rampe di scale simmetriche che permettono di accedere sia alla sala più piccola, sia alla più grande. Nel progettare queste ultime, si è fatto in modo che esse potessero essere modulabili secondo l’occasione: ecco quindi che una porzione della platea a gradinate della
sala più grande può ruotare su se stessa di 180 gradi. In questo modo, viene meno la parete di fondo della saletta più piccola, sottostante, e quest’ultima diventa perciò parte di un unico ambiente con palcoscenico centrale, in cui la platea ruotata può ospitare gli spettatori o fungere da elemento scenico. Quest’idea di spazio mutevole trae ispirazione da un progetto non realizzato di W. Gropius: il “Teatro totale”, che tuttavia, pur partendo da un concetto simile, presenta una morfologia molto più complessa. Nel nostro progetto, si passa da due sale distinte con palcoscenico frontale a un’unica sala con doppia platea, loggione e scena centrale. Per unire la funzionalità dell’idea a un buon risultato estetico, abbiamo scelto di adottare delle forme organiche: il progetto presenta infatti una predominanza di linee curve e un’alternanza di superfici concave e convesse. Come rivestimento interno, ci è parso coerente un diffuso impiego del legno, accostato alle poderose murature perimetrali, in mattoni pieni, che vengono mantenuti “faccia a vista”.
65
a.
b.
66
a. b. le tese di S.Cristoforo viste da Nord e un’immagine dell’interno allo stato attuale
c.
d.
67
c. schizzo della pianta delle Tese: l’ambiente preso in considerazione per il progetto è quello di destra d. plastico d’esame (veduta da Nord)
Progetto definitivo e configurazioni del teatro a.
b.
c.
68
a. b. pianta del livello “0� con la platea nelle due differenti configurazioni c. sezione prospettica
f.
g.
d.
69 e.
d. e. sezioni longitudinali f. pianta del livello “1� con la platea nelle due differenti configurazioni
a.
70
b.
c.
71
d.
a. b. sezione longitudinale del teatro, (in render e modello) con la platea in configurazioni differenti c. d. render del progetto finale
72
render: spaccato delle due sale sovrapposte; il foyer con una delle rampe di scale
73
PROGETTAZIONE URBANISTICA
Sacca Fisola: un’area di Venezia poco considerata ma ricca di potenzialità, sia per la sua posizione nel “sistema” veneziano, sia per l’assenza di vincoli progettuali legati a preesistenze storiche. Il corso del prof. Mancuso propone un ripensamento e una reinterpretazione degli spazi urbani, in un’ottica di densificazione e creazione di poli d’attrazione che attualmente sono assenti. Ogni gruppo di lavoro è libero di scegliere una zona specifica in cui intervenire; di questa verranno riprogettati i percorsi di attraversamento (relazionandosi con quelli già esistenti), il verde pubblico e privato (attualmente poco valorizzati), e le fondamenta che si affacciano sulla laguna. La ridensificazione di Sacca Fisola è uno stimolo per indagare con occhio critico questa singolare realtà urbana di Venezia, legata all’edificazione spregiudicata del primo Dopoguerra, che ha creato una sorta di “realtà parallela” nel tessuto della città lagunare.
74
MANCUSO 2009|10
PROF. a.a.
RI-ABI(LI)TARE SACCA FISOLA un progetto di densificazione e riassetto urbano prof. arch. Franco Mancuso, coll. arch. Jacopo Carraro, Luca Dotto, Marco Montagnini lavoro di gruppo eseguito dagli studenti: Agnese Businaro, Arianna Cester, Tommaso Matino
L
’intervento da noi pensato per l’area di Sacca Fisola è di tipologia prevalentemente residenziale, e si concentra nella zona ovest, attualmente occupata da un campo da calcio e da diverse aree verdi non attrezzate. Il progetto si propone di “ricucire” il tessuto urbano piuttosto frammentato di questa parte dell’isola, dando origine a un sistema di calli e di quinte di edifici che colleghino idealmente il Campo de la Chiesa con la fondamenta che si affaccia sulla Laguna in direzione ovest. La densità e le volumetrie degli edifici prevedono due fronti più voluminosi e compatti, l’uno sul campo e l’altro sulla fondamenta, a completare e raccordare i fronti già esistenti, con edifici che raggiungono i 4 piani. Tra i due fronti, invece, verrebbe creato un intervento con corpi di fabbrica più bassi, che prevede l’alternanza di calli con orientamento nord-sud e giardini privati. Questa soluzione garantisce una scansione regolare degli spazi, sia dal punto di vista estetico sia da quello funzionale (non vi sono significativi problemi conseguenti all’ombreggiatura, e ogni edificio ha la possibilità
di avere un proprio spazio verde). Anche la tipologia delle unità abitative viene differenziata in base alla zona dell’intervento: negli edifici più alti, le abitazioni più diffuse sono miniappartamenti o appartamenti di media grandezza (metrature tra i 55 e i 75 mq), mentre negli edifici più bassi avremo una prevalenza di midi a due piani con spazio verde privato, nonché di appartamenti più grandi (metrature tra i 75 e i 100 mq). Lungo la Fondamenta S.Gerardo, nella parte che interessa la porzione di Sacca Fisola da noi ripensata, abbiamo disposto una serie di piccoli fabbricati che possono essere adibiti a magazzini privati, di pertinenza dei nuovi edifici, andando così a richiamare la tematica del magazzino che è propria di molti edifici già presenti sull’isola, che però proprio per via dei magazzini vanno a perdere notevoli quantità di spazio al pianterreno. Separando dai fabbricati residenziali i magazzini, otteniamo piani terra abitabili e nel contempo “attrezziamo” la fondamenta con strutture funzionali alle abitazioni. La passeggiata che corre lungo tutta la fondamenta
75
76
verrebbe ampliata, lastricata e verrebbero piantate nuove alberature dove possibile, in modo da uniformare il percorso a quello che già esiste sul lato nord dell’isola. Al centro della fondamenta sul lato ovest si potrebbe pensare anche a dei punti d’attracco per imbarcazioni di piccola e media grandezza. Data la connotazione prevalentemente residenziale di Sacca Fisola, abbiamo pensato ad un solo spazio commerciale nel nostro intervento, ovvero un’attività di ristorazione al pianterreno di un edificio su Campo S.Gerardo: essa potrebbe servire i fruitori delle piscine di Sacca S.Biagio, nonché alcuni lavoratori della parte ovest della Giudecca. Data la mancanza di attività culturali o legate alla parrocchia, abbiamo invece predisposto un fabbricato a un piano, collocato a nord della chiesa, attrezzabile a centro civico, con tre grandi sale provviste di servizi igienici: in esso potrebbero trovare spazio iniziative di aggregazione sociale o attività religiose.
a. foto di Campo della Chiesa scattata durante il primo sopralluogo collettivo b. analisi delle preesistenze “verdi” c. analisi dei principali percorsi di Sacca Fisola d. e. f. g. h. immagini dell’evoluzione del progetto (tavole e modelli di studio)
Analisi dell’area|evoluzione dell’idea progettuale a.
b.
c.
d.
g.
e.
f.
h.
77
Progetto definitivo
a.
b.
c.
d.
78
a. schema dimensionale degli edifici b. schema del verde c. studio delle destinazioni d’uso dei vari edifici d. percorsi principali
79
80
a.
b.
81
c.
a. sezione A-A’ b. sezione B-B’ c. sezione D-D’
82
a.
b.
83
c.
pagina a fronte: plastico d’esame e (in trasparenza) tipologie abitative adottate nell’intervento schema dimensionale degli edifici a. prospetti da ovest b. prospetti da est d. sezione C-C’
84
85
render e plastico d’esame del progetto definitivo
PROGETTAZIONE ARCHITETTONICA E URBANA
Obiettivo del corso di progettazione architettonica e urbana del prof. Ferlenga è lo sviluppo, attraverso il progetto, di una riflessione su alcune questioni inerenti il rapporto tra architettura, storia e paesaggio, componenti essenziali di ogni parte del territorio italiano. In particolare, il corso affronta il periodo della Grande Guerra e i luoghi che ne hanno costituito lo scenario, per creare presso piazzale Lozze (sul monte Ortigara), un luogo commemorativo e museale sugli eventi del ‘15-’18. La pratica progettuale deve essere dunque rivolta ad affrontare, attraverso lo studio di luoghi segnati da eventi drammatici, questioni che riguardino il ruolo generale dell’architettura rispetto alla valorizzazione di contesti ambientali e alla evocazione di eventi storici.
86
FERLENGA 2009|10
PROF. a.a.
TEATRI DI GUERRA, TRAME DI SGUARDI un nuovo museo commemorativo sul monte Ortigara prof. arch. Alberto Ferlenga, coll. arch. Andrea Iorio, Mauro Marzo, Claudia Pirina
1. LINEE GUIDA: I DUE FRONTI CONTRAPPOSTI Il progetto parte con una riflessione sui fronti contrapposti del “teatro di guerra”: l’idea di mettere in relazione due schieramenti trae ispirazione dalle linee di trincea italiane e austriache, che si affacciavano, molto diverse tra loro per forma e posizione, l’una sull’altra. L’osservazione dei due fronti dalla vista satellitare sottolinea le rispettive differenze morfologiche: più lineari le trincee austriache, più frastagliate e tortuose quelle italiane. Ecco che dunque il crinale a nord e il crinale a sud di piazzale Lozze vengono “aggrediti” da due interventi speculari ma sostanzialmente differenti, per aspetto e funzione. 2. Teatri di guerra: setti come schegge, piccole forature, alternanza di pieni e vuoti Ambedue i “fronti” sono scanditi da setti verticali, che sembrano fendere il terreno come schegge; ciononostante, il trattamento dei volumi e delle superfici è molto differente nel lato nord e nel lato sud. Il fronte a nord del piazzale si insinua dolcemente nella
parete rocciosa con un’alternanza di volumi pieni e vuoti, separati da setti a sezione poligonale, di altezza mai superiore ai 4 metri. L’intervento non si affaccia direttamente sul piazzale, poiché è incassato di 1 metro rispetto ad esso ed è separato da una parete-diaframma che presenta forature quadrangolari di dimensioni disuguali poste a diverse altezze. In questo modo, sia gli edifici chiusi sia gli spazi aperti del complesso (che diventano dunque dei patii), possono godere di molteplici “cannocchiali” sul piazzale e sui monti circostanti. Questa scelta formale trae ispirazione da alcune postazioni di osservazione (vedi G. Langes, La guerra fra rocce e ghiacci 1915-18, Athesia, Bolzano 1991 –p.180), che presentavano appunto questi piccoli “punti d’osservazione” da cui spiare il nemico e mirare con le armi da fuoco. Il susseguirsi di edifici e patii, separati da setti, richiama vagamente alla mente le costruzioni belliche in rovina sul monte Ortigara, delle quali sono rimasti visibili soltanto alcuni muri portanti (vedi G. Pieropan, Ortigara 1917. Dalla parte degli austriaci, Mursia, Milano 1983 – p.128)
87
Il fronte a sud del piazzale, invece, presenta un crinale dalla pendenza più accentuata. L’intervento architettonico, dunque, è più marcato e aggressivo, con alti setti che scavano la montagna originando delle sorte di piccoli “crepacci”, tramite i quali si entra e si esce da un tortuoso sistema di ambienti ipogei collocati a diverse altezze, in cui la luce naturale quasi non entra. All’esterno, solo una parte di questi ambienti si rivela, giacché il loro involucro esterno è quasi totalmente annegato nella montagna.
88
3. La differenziazione delle destinazioni d’uso: la teatralità dell’itinerario didattico e la razionalità delle aree di servizio Nella parte più raccolta, segreta, oscura dell’intervento (il lato sud) trova spazio l’area espositiva, mentre in quella più aperta ed estesa (il lato nord) si collocano le aree funzionali di ristoro e pernottamento, le aule didattiche e l’abitazione del custode. Fronte sud e fronte nord sono collegati da un sistema di percorsi diagonali il cui elemento-cardine parte dal parcheggio dei veicoli a nord-est del piazzale e termina in corrispondenza con l’inizio di un sentiero alpino a nord-ovest del medesimo. Area espositiva: l’assenza di luce e il “gioco” con le esperienze sensoriali L’accesso all’area didattico-espositiva avviene tramite un angusto ambiente a patio, chiuso da alte pareti in cemento lisciato, che è collocato un metro al di sotto del livello del piazzale (per accedervi si scende lungo una rampa). Al centro di questa “stanza senza soffitto” cresce un albero. Lo stridente contrasto tra il cemento, l’ambiente quasi claustrofobico e le fronde dell’albero vorrebbe creare una sensazione di “straniamento” nel visitatore, che perde il contatto con il panorama circostante e si cala in una realtà che invita alla riflessione.
a.
b.
c.
d. a. primo morfema di studio: studiare un sistema di pieni e vuoti in un solido dalle dimensioni prestabilite schema dimensionale degli edifici “Tagli di luce” Le due facce maggiori del prisma ricevono un trattamento antitetico: la prima viene scalfita da setti paralleli, geometrici, posti a intervalli irregolari; la seconda invece presenta incisioni curvilinee che ricordano un bassorilievo. Le tematiche sviluppate sono i punti d’osservazione e la penetrazione della luce. Il mutare della sorgente luminosa, infatti, influisce in modo determinante sugli effetti luminosi dati dai sottili punti in cui il solido è attraversato da una parte all’altra. b. secondo morfema di studio: scelta dei “fronti” su cui intervenire; spunti e riflessioni sul linguaggio formale da adottare “Schegge” Il morfema propone, a livello puramente concettuale, la tematica delle “schegge” che fendono il crinale, che si relazionano reciprocramente intaccando due lati speculari di piazzale Lozze. Alcuni elementi sembrano emergere dal piazzale stesso, altri si conficcano in profondità nella montagna. c. terzo morfema di studio: impostazione volumetrica di massima dell’intervento “Pieni e vuoti” Sul versante nord inizia a prendere forma l’idea di un intervento di “pieni e vuoti”, le cui linee compositive sono in parte comuni al fronte opposto. Quest’ultimo, invece, rafforza la propria scansione in setti, determinando un insediamento più verticale e aggressivo. d. quarto morfema di studio: prima indagine sulla composizione delle piante “Setti” Il morfema si sofferma esclusivamente sul versante sud, inquadrato come area espositiva. Questo modello è uno studio in pianta e sezione della disposizione dei setti che definiscono gli spazi interni, e della loro relazione con il crinale della montagna.
89
Progetto definitivo
a.
b.
c. 90
d.
a. prospetto A-A’ b. sezione B-B’ c. prospetto C-C’ d. sezione D-D’
Da una serie di altoparlanti, vengono diffuse delle voci di racconti, testimonianze, storie, che si sovrappongono in una sorta di “bisbiglio” che impone il silenzio per poter ascoltare le singole parole. Il primo ambiente a cui si ha accesso presenta un poderoso volume centrale, sopraelevato, in blocchi di pietra. Raggiunto il lato più corto di questo solido tramite una rampa in salita, è possibile guardare, individualmente, attraverso un’apertura sottile che richiama le feritoie per le armi da fuoco delle trincee. Nello spazio buio retrostante quest’apertura, scorrono immagini con viste dei luoghi di guerra raccolte sul monte Ortigara. In questo modo il visitatore può avere un’idea di quale potesse essere la visuale dei soldati durante il conflitto: ecco dunque che dopo la prima esperienza “sonora”, in questo primo ambiente chiuso dell’itinerario didattico si ha un’esperienza prettamente legata al senso della vista. Al termine dell’osservazione, una rampa discendente conduce ad un secondo spazio buio, più ampio, una sorta di sala audiovisivi, in cui una videoproiezione introduce allo “scopo” vero e proprio del percorso didattico. Quest’ambiente è concepito per poter accogliere le scolaresche in visita, determinando l’inizio ufficiale della visita al Museo.
91
pianta della parte nord del complesso
92
93
pianta della parte sud del complesso
a.
b.
94 A causa di tale conformazione, essi godono di una discreta versatilità, prestandosi a più tipi di allestimento: questa parte dell’esposizione, infatti, non è concepita come una configurazione statica, bensì come un “contenitore” per esposizioni sempre nuove. In uno degli ambienti, è pensata l’installazione a pavimento di una gigantografia di un’immagine da satellite delle trincee: una fotografia didattica che nel contempo omaggia il principio compositivo delle architetture del complesso. Sempre all’interno delle sale espositive, potrebbero essere collocati dei “totem” polifunzionali che possano fungere da elementi-chiave dei vari tipi di allestimento. Questi “totem” assolverebbero a più funzioni contemporaneamente: teche per piccoli oggetti, postazioni interattive (ad esempio mediante l’installazione di schermi con cui il visitatore possa relazionarsi, o di cuffie per le audio guide), elementi
nodali nel corso della camminata didattica. Non ultimo, i “totem” riprenderebbero il leitmotiv della sensorialità, elemento conduttore di tutto il Museo. Oltrepassate le sale espositive, una lunga rampa conduce verso l’uscita e verso il termine del percorso, ovvero un secondo patio cinto da alti muri in calcestruzzo, al cui interno è nuovamente ospitato un albero. Questo secondo patio, però, non è introflesso, poiché è aperto su di un lato e, tramite l’inclinazione dei setti, invita il visitatore a dirigersi verso il piazzale. Se dunque i materiali e l’impostazione di base richiamano il patio d’ingresso, la conformazione è molto più aperta e luminosa, e regala una sensazione di maggiore sollievo. Area funzionale: rigida partizione degli ambienti e delle pertinenze, grande luminosità In contrapposizione con la cupezza dell’ambiente
In seguito alla videoproiezione, i visitatori sono indirizzati in quello che forse è lo spazio più interessante dell’intero percorso, ovvero un camminamento lungo quasi venti metri (unico punto in cui filtra la luce esterna tramite sottili aperture orizzontali), che evoca le sensazioni di una trincea. L’ambiente è stretto, alto e lungo, non diritto ma irregolare, fiancheggiato da pareti in pietra e calcestruzzo, fredde e dure (esperienza tattile), e come all’inizio del percorso, anche qui un sistema di altoparlanti diffonde dei suoni, ma stavolta suoni di spari, esplosioni, armi: i rumori della guerra. Viene generata una sensazione di angoscia, che termina soltanto con l’accesso alle quattro grandi sale espositive consecutive, il vero nucleo dell’itinerario didattico. Questi quattro ambienti espositivi, l’uno di seguito all’altro, hanno forma quadrangolare e luce artificiale.
c.
d.
e.
a. sezione E-E’ b. sezione F-F’ c. sezione G-G’ d. sezione H-H’ e. sezione I-I’
95
espositivo, quasi completamente ipogeo, l’area dei servizi a nord di piazzale Lozze è caratterizzata da architetture molto più semplici e rassicuranti. Questa parte del complesso è situata 1 metro sotto il livello del piazzale, e si compone di edifici a un piano intervallati da corti chiuse, con una disposizione a “pettine” perpendicolare al piazzale. Il primo edificio è destinato all’area ristoro, e prevede un’area chiusa per i tavoli, la cucina e i servizi igienici. Nell’area antistante, è possibile allestire un plateatico per tavoli all’aperto, in occasione di rassegne o della b.
96
bella stagione. Il secondo edificio ospita le due aule didattiche, da 27 posti l’una, disposte specularmente rispetto al corridoio d’accesso. Ogni aula è provvista di un’ampia vetrata a tutta altezza, che garantisce ai suddetti spazi un’illuminazione adeguata. Nell’immediata adiacenza del fabbricato delle aule, sorgono altri due volumi, sfalsati, che ospitano la foresteria. Ognuno dei due volumi ospita una stanza dormitorio con annessi servizi igienici, e nell’area antistante la foresteria si trova un cortile di pertinenza. Proseguendo verso ovest, infine, si trova l’ultima corte, riservata all’abitazione del custode, che è l’ultimo edificio che “chiude” il complesso. Essa
a.
a. dettaglio costruttivo della copertura b. render dell’intervento in piazzale Lozze
trame di sguardi: aperture quadrangolari, su più livelli, che offrono diverse prospettive e molteplici punti di vista è munita di una zona giorno con angolo cottura, un bagno e due camere (singola e matrimoniale), per un totale di circa 85 mq. 4. I materiali e i sistemi costruttivi previsti L’intervento non presenta una grande varietà di sistemi costruttivi: le murature portanti sono realizzate in calcestruzzo armato con superficie lisciata, oppure in blocchi di pietra calcarea. L’impiego del calcestruzzo a vista è diffuso prevalentemente nell’area espositiva, in quanto il materiale ha un aspetto greve e un colore freddo, caratteristiche che concorrono a conferire un’atmosfera sacrale e raccolta
agli spazi del Museo. L’impiego della pietra calcarea (la pietra del monte Ortigara) è riservato ai setti principali dei fabbricati a nord, nonché ad alcuni, limitati, elementi interni del percorso didattico. L’impressione che si tenta di dare con l’uso della pietra non è tanto di mimesi quanto di “continuità” con i materiali del territorio, reinterpretati in chiave attuale. In base al medesimo principio, si è scelto di adottare, per le coperture di tutti i fabbricati, un sistema di tetto-giardino, cosicché la vista del piazzale dai sentieri soprastanti possa risultare meno d’impatto.
97
teatri di guerra: setti che "emergono" dal crinale come schegge conficcate nel terreno; volumi pieni e vuoti che si alternano, ricordando gli scheletri delle costruzioni belliche in rovina
a.
c. 98
b.
a. b. render di studio del percorso didattico-espositivo c. d. plastico d’esame
99
d.
ESTIMO
Capitolo quasi “unico” nel percorso didattico e formativo del CLaSA, l’esame di estimo fornisce allo studente diversi riferimenti normativi e metodologici imprescindibili nella conoscenza dei processi dell’edilizia e del mercato immobiliare. Oltre alla conoscenza teorica di nozioni relative all’economia, al mercato e al processo edilizio, il corso della prof. Lioce prevede due esercitazioni d’esame, aventi come oggetto la stima del valore di un immobile già realizzato (tramite metodo sintetico-comparativo e analitico-ricostruttivo), e la stima dei costi e dei tempi nella realizzazione di un edificio del quale si dispone del progetto.
100
LIOCE a.a. 2009|10 PROF.
VALORE E COSTO DI COSTRUZIONE DI UN EDIFICIO estratti dalle esercitazioni d’esame prof. Raffaella Lioce lavoro di gruppo eseguito dagli studenti: Nicolò Bressan, Arianna Cester, Tommaso Matino
ESTRATTO DALL’ESERCITAZIONE RELATIVA ALLA STIMA DEL VALORE DI UN EDIFICIO CARATTERISTICHE GENERALI DEL BENE OGGETTO DI ESAME L’appartamento in oggetto è ubicato in un’area classificata in un’area del centro storico di Padova, definita dal PRG area “A/2”. L’edificio sorge su via Beato Pellegrino, strada molto trafficata del quartiere Savonarola che conduce da Piazza Mazzini a Piazzale Porta Trento, piccolo snodo della circonvallazione interna. Molti servizi sono collocati nel rione in cui l’edificio è collocato (strade immediatamente attigue a via Beato Pellegrino). Essi sono: una scuola elementare, una scuola media, due scuole superiori, cinque dipartimenti dell’Università, fermate del servizio di trasporto urbano ed extra-urbano, due istituti di riposo per anziani, uffici pubblici, una farmacia, e vari esercizi commerciali (bar, centro estetico, negozi di alimentari, videoteca, ferramenta, cartoleria, edicola). Poco distante dall’edificio, ben visibile dall’appar-
tamento, sorge la chiesa di S.Maria del Carmine. Struttura portante preesistente in mattoni pieni, con tramezze interne in mattoni forati di cm 8-12 di spessore. I solai intermedi sono realizzati in latero-cemento mentre il solaio di copertura è in legno a vista con travature tinta naturale. Il manto di copertura è realizzato con coppi in cotto. Le grondaie e i pluviali sono in rame. Le facciate esterne sono intonacate con intonaco isolante dello spessore di cm 4 e rivestite con prodotto a base minerale; internamente gli intonaci sono realizzati con intonaco a base di calce e sabbia e tinteggiati con idropitture. Gli infissi esterni sono in legno verniciati, completi di vetrocamera 4/12/4 e scuri in legno d’abete verniciato. Aperture a ribalta DK in cucina e bagno. La porta di ingresso è blindata e laccata sul lato interno e sul lato esterno, di due colori differenti. Le soglie esterne e i balconi sono in marmo.
Al fine di individuare il più probabile valore di mercato dell’immobile sito in via Beato Pellegrino, comune di Padova, di proprietà della Sig.ra Dal Dosso Alberta, abbiamo utilizzato due metodi di stima per ognuno dei quali abbiamo considerato prezzi di mercato relativi ad offerte presenti su riviste del settore e siti internet di agenzie immobiliari ( con la successiva applicazione di una percentuale di ribasso d’offerta ), come fonti indirette; come fonti dirette abbiamo invece contattato tre agenzie della rete Tecnocasa, l’agenzia Immobilveneta, l’agenzia La Casa e l’agenzia Millimetro. - mediante il procedimento sintetico-comparativo n.1 il valore di mercato risulta pari a: 547.851,42 € (approssimato a 550.000 €) - mediante il procedimento sintetico-comparativo n.2, cioè la stima per punti di merito, il valore di mercato risulta pari a: 552.634,42 € (approssimato a 555.000 €)
Possiamo quindi dedurre che il più probabile valore di mercato è compreso tra: 550.000 e 555.000 Euro.
101
STIMA PER PUNTI DI MERITO
Questa stima permette di calcolare il valore di mercato di un immobile anche in assenza di un campione rigorosamente formato da beni omogenei. Si assume che il valore di mercato dell’immobile considerato sia funzione delle caratteristiche dell’immobile stesso. Viene utilizzato come valore di riferimento il prezzo di mercato più elevato registrato nel mercato immobiliare riferito ad un certo immobile, assumendo che questo possieda il maggior grado qualitativo riferito alle diverse caratteristiche:
- posizionali estrinseche ( qualità ambientale, qualità delle infrastrutture….) - posizionali intrinseche ( orientamento, luminosità, soleggiamento…) - tecnologiche (finiture….) - produttive (esenzioni fiscali…) 102
Nella tabella A vengono riportati i dati e le caratteristiche relative all’immobile di mercato che ha fatto registrare il prezzo più elevato. Supponiamo quindi che il maggior prezzo d’offerta registrato negli ultimi anni sia pari a 2607,45 €/mq. L’immobile di riferimento è caratterizzato da un’ottima posizione, trovandosi nella zona centrale della città di Padova lungo una prestigiosa via storica, a breve distanza dalle Piazze (raggiungibili a piedi in pochi minuti). La zona è ottimamente servita dal punto di vista del trasporto pubblico, delle attività commerciali e degli edifici scolastici. L’appartamento gode di un’ottima vista e di un’ottima luminosità essendo situato al secondo piano di un palazzo. Il fabbricato di cui fa parte è dotato di ascensore e il livello delle finiture è medio-alto: gli infissi hanno il vetrocamera, i muri hanno finitura a “marmorino” e i pavimenti di molti ambienti sono in seminato alla veneziana. Per l’immobile oggetto del nostro studio abbiamo
deciso di diminuire la percentuale delle caratteristiche posizionali estrinseche di un 5%, in quanto la zona in cui sorge l’edificio di riferimento è soggetta ad un inquinamento acustico inferiore a quella dell’immobile oggetto di stima; quelle intrinseche sono state invece ritenute pari, in quanto ambedue gli immobili godono di un buon panorama e una favorevole esposizione alla luce. Anche le caratteristiche tecnologiche sono state considerate equivalenti nell’edificio oggetto di stima, in quanto i livelli di finiture e qualità degli infissi sono sostanzialmente le stesse. Quelle produttive incidono per il 10%, (anche in questo caso come nell’immobile di riferimento), poiché sono presenti le stesse soluzioni per quanto riguarda gli impianti di riscaldamento e i consumi energetici. Vengono riportati nella tabella B i dati significativi riguardanti il confronto tra il caso di studio e le incidenze percentuali. Il valore di stima per punti di merito risulta: Vm= Vmax x ∑ki Vm= 2681,11 x 0,95 = 2.547,05 €/mq Il più probabile valore di mercato è di: 2547,05 €/mq x 216,97 mq = 552.634,42 € arrotondamento: 555.000,00 Euro La ricerca effettuata dal rispettivo sito web www. agenziaterritorio.it inerente alla zona Savonarola del comune di Padova, fornisce una tabella in cui vengono riportati i valori max e min di compravendita di immobili residenziali presso la zona considerata. Dall’analisi delle fonti indirette è possibile dedurre che: - le abitazioni civili caratterizzate da uno stato di conservazione normale, ubicate nella zona medesima hanno un valore minimo di mercato di 2350 €/mq ed un valore massimo di 3500 €/mq - le abitazioni di tipo economico ubicate nella medesima zona invece hanno un valore minimo di 1700 €/mq (FIAIP) e massimo di 2350 €/mq.
a.
b.
c.
Risultato interrogazione: Anno 2009 (Semestre 2) Provincia: PADOVA Comune: PADOVA Fascia/zona: Centrale/CARMINE,SAVONAROLA,RIVIERE EXT.,PORTA SAN GIOVANNI,CITTA GIARDINO,SANTA GIUSTINA,SANTO,SANTA SOFIA Codice di zona: B2 Microzona catastale n.: 1 Tipologia prevalente: Abitazioni civili
a. b. c. tabelle relative al reperimento delle informazioni relative al mercato immobiliare dell’edificio oggetto di stima (vedi testo) d. immagini illustrative dell’edificio oggetto dell’esercitazione di stima dei costi di costruzione e. W.B.S. (work breakdown structure)
d.
ESTRATTO DALL’ESERCITAZIONE RELATIVA ALLA STIMA DEL COSTO DI COSTRUZIONE DI UN EDIFICIO
CARATTERISTICHE GENERALI DEL BENE OGGETTO DI ESAME Il progetto considerato riguarda un edificio unifamiliare che si articola su tre piani fuori terra, collocato in un lotto sito a Mestre (VE) in via Garibaldi. Il fabbricato si inserisce in un contesto prevalentemente residenziale, eterogeneo, con edifici molto differenti tra loro per dimensioni e numero di piani (si va da villette di due piani a condomini di sei-sette piani). L’abitazione ha una superficie complessiva di 248,6 metri quadri calpestabili, e prevede tre camere da letto e 5 bagni, uno al piane.
terreno, tre al primo piano e uno al secondo. L’edificio è provvisto di garage al piano terra. Il sistema costruttivo prescelto per l’edificio prevede fondazioni continue in calcestruzzo armato, solai in latero-cemento e murature perimetrali “a cassetto”, con due strati di laterizio forato tra i quali viene interposto l’isolante termico. Le partizioni interne sono in laterizio forato e la copertura è di tipologia piana, con solaio in latero-cemento coibentato e zavorra in ghiaia. Sia le facciate interne sia le pareti interne sono rifinite con intonaco e pitture; i bagni presentano piastrellature sul pavimento e su tutta l’altezza delle pareti. Anche il pavimento del garage è piastrellato, così come la cucina. Le altre stanze, invece, hanno il pavimento in parquet. I serramenti sono in legno e non prevedono sistemi di oscuramento fissi. 103
a.
104
b.
c.
d.
e.
105
a. confronto tra quadro economico preliminare e quadro economico definitivo schema dimensionale degli edifici b. estratto dal computo metrico estimativo c. estratto dal calcolo della durata delle lavorazioni d. estratto dal cronoprogramma dei lavori e. curva della produzione
STORIA DELL’ARTE MODERNA
Il corso di Storia dell’Arte moderna della prof. Benacchio prevede un excursus teorico su svariate realtà urbane, legate al modello della “città -fortificazione” di Umanesimo e primo Rinascimento. Di pari passo, vengono analizzate alcune opere degli artisti più rappresentativi dell’epoca, in modo da osservare in maniera completa il panorama storico, artistico e culturale italiano tra ‘400 e prima metà del ‘500. Come elaborato d’esame, ogni studente deve redigere una tesina che riguardi uno dei temi proposti a lezione, dopo un’attenta consultazione della bibliografia suggerita. La mia scelta di questo esame (di tipologia opzionale), nasce dalla curiosità verso alcuni luoghi facenti parte del programma didattico (ad esempio le città di Urbino, Pienza, Ferrara e Mantova e le loro architetture più note); luoghi da me visitati in passato, che tuttavia non ritenevo ancora “approfonditi” a sufficienza.
106
PROF.
BENACCHIO a.a. 2009|10
PIENZA: LA “CITTA’ IDEALE” DI PIO II dal borgo di Corsignano a città emblema dell’Umanesimo prof. Valeria Benacchio
Silvio Piccolomini, il “fondatore” di Pienza Enea Silvio Piccolomini (1405-1464) apparteneva a una famiglia nobile di Siena, che nel corso del Trecento fu bandita dalla città per ragioni politiche, e dovette trasferirsi nei suoi possedimenti di campagna. Tuttavia, compiuti i diciott’anni, il giovane Enea Silvio frequentò l’Università senese per studiare Giurisprudenza, ed emerse il suo talento nelle arti letterarie. Poco prima dei trent’anni, intraprese la carriera diplomatica, che lo portò a viaggiare per tutt’Europa con grande assiduità, e a ricoprire incarichi di altissimo livello: fu segretario di molti cardinali, ma cosa più importante, fu segretario dapprima dell’imperatore Federico III (1442-1446) e successivamente di Papa Eugenio IV (1446-1447). Questo gli permise di operare un’attenta politica di diplomazia tra Stato e Chiesa, che entusiasmò i rappresentanti di entrambe le autorità. La carriera in ambito ecclesiastico di Enea Silvio ebbe una rapida ascesa, che culminò nel 1458 con l’elezione a Papa, con il nome di Pio II, in seguito alla morte di Eugenio V. Malgrado la sua spiccata adesione alla filosofia umanista, e la sua passione per le arti, Enea Silvio non incentivò le opere artistiche ed architettoniche di Roma, togliendo anzi i fondi stanziati per molti cantieri della città. La sua politica insistette principalmente su pochi punti: la concordia fra gli Stati cristiani, e la crociata contro i Turchi,
per liberare la Chiesa orientale dopo la presa di Costantinopoli (1453): si può dire quindi che Pio II fu “politicamente aggressivo, ma solo sulle lunghe distanze”. Non solo: con l’elezione a Papa, Pio II poté finalmente coronare uno dei propri sogni: la trasformazione del borgo natio di Corsignano, fino ad allora un piccolo castrum altomedievale che fungeva da presidio ai margini meridionali del territorio di Siena. Si dice che il Papa abbia impiegato molte delle somme e delle maestranze destinate ai cantieri romani, per la costruzione della nuova Corsignano, ribattezzata Pienza in suo onore. Dato il suo talento nella scrittura, durante il pontificato Pio II iniziò a scrivere la sua più grande opera letteraria, i “Commentarii”, in cui raccontò la sua vita e il suo pontificato, dedicando ampio spazio anche alle opere architettoniche e urbanistiche di Pienza. Un corrispettivo pittorico dei “Commentarii” (curiosamente privo delle opere pientine), è costituito dal ciclo pittorico della Libreria Piccolomini, nel duomo di Siena, opera di Pinturicchio su commissione di Papa Pio III, nipote di Pio II. Enea Silvio Piccolomini morì prematuramente, a 59 anni, per cause ancora non del tutto chiare, poco prima di imbarcarsi su una nave che lo avrebbe dovuto condurre in Medio Oriente a combattere la dominazione turca. Con la sua morte, la città di Pienza, appena ultimata, tornò a rivestire un ruolo di scarso rilievo sul piano politico e si conservò pressoché intatta sino ai giorni nostri.
107
2. Da Corsignano a Pienza: l’applicazione del modello di città ideale come “dimostrazione”
108
2.1 Prima di Pio II: il borgo di Corsignano Come già detto, prima di Pio II, Pienza non era altro che il piccolo borgo di Corsignano, la cui fondazione risale all’età romana (il primo insediamento, “vicus quadrato” con schema cardo-decumanico, sorse sulla sommità di un colle nell’ambito di una centuriazione lungo la via Cassia, ovvero la strada che collegava Roma a Firenze). L’insediamento romano, nell’alto Medioevo, divenne avamposto senese nei territori a sud della città, e prese forma di castello; di pari passo, si assiste a un fenomeno di “pievizzazione” delle campagne, che portò alla nascita della pieve di S. Vito, tuttora esistente. Nei secoli centrali del Medioevo, invece, venne costruita la chiesa romanica di Santa Maria, che sorgeva nel luogo in cui ora sorge il Duomo. Nel tardo Medioevo si assistette ad un vero e proprio “raddoppio” dell’insediamento di Corsignano: un convento francescano, inizialmente eretto all’esterno delle mura a ovest, venne inglobato nel tessuto urbano, dando così luogo al prolungamento delle mura, e, di fatto, all’ingrandimento della superficie urbana di una superficie grosso modo pari a quella già esistente. Inoltre, l’assetto viario, ancora legato allo schema del castrum, subì con molta probabilità alcune trasformazioni significative. La Corsignano medievale, dunque, contava due chiese, due principali assi viari che si incontravano in una piazza, una seconda piazza dedicata al mercato e un sistema murario perimetrale con tre porte: Porta al Murello, Porta al Ciglio e Porta al Santo. 2.2 Pienza, la “città ideale” di Papa Piccolomini Si può dire che la nuova città di Pienza voluta da Enea Silvio Piccolomini fu un vero e proprio “banco di prova” per l’attuazione di alcuni importanti princìpi architettonici e urbanistici formulati nel corso dell’Umanesimo. Papa Pio II, infatti, molto legato affettivamente al suo borgo natale,
volle creare un emblema tangibile della propria visione umanistica del mondo, trasformando Corsignano in una realtà urbana innovativa. Con la nascita di Pienza, il nucleo preesistente assume il rango di città, modificando il proprio aspetto senza che però venga stravolto il carattere originario: anzi, vengono valorizzati aspetti fino ad allora ignorati, quali l’armonia con il paesaggio, i valori spaziali, le prospettive. Per la prima volta si assiste ad una dimostrazione reale dell’applicazione di quei princìpi propri delle “città ideali”, dapprima relegati ai testi e alla pittura. La città di Pienza, infatti, malgrado la limitata grandezza, si compone di tutti quegli elementi-chiave (concreti e metaforici), che simboleggiano la città: la piazza pubblica, su cui si affacciano i palazzi del potere religioso e dell’amministrazione comunale; il Duomo; le fortificazioni con le varie porte (anche se nel caso di Pienza, le mura hanno più una funzione di delimitazione e organizzazione spaziale, che difensiva). La nuova città rispecchia inoltre l’ampia cultura di Piccolomini, derivante dagli studi e dai viaggi. Egli infatti commissiona edifici che presentano evidenti contrasti stilistici e concettuali al loro interno (Jan Pieper, nel suo volume su Pienza, parla di “collage architettonico”), ma che risultano funzionali alle esigenze del caso: ad esempio, il Duomo presenta una facciata con elementi classici, per rivestire un preciso “ruolo” all’interno degli scorci urbani, mentre al suo interno sono presenti molti stilemi propri delle architetture nordiche come le Hallenkirchen tedesche, in modo da creare un senso di verticalità e luce; allo stesso modo, Palazzo Piccolomini presenta un forte contrasto tra i tre lati “urbani”, rivolti cioè verso le strade cittadine, e il lato rivolto verso il paesaggio, che presenta caratteri formali assimilabili a quelli della villa. Anche a livello compositivo, l’assetto urbano riprende alcuni temi cari agli umanisti: per esempio, quello della “città come organismo”, in base al quale le proporzioni della città sono associabili a quelle di un corpo umano (che nella fattispecie trova il proprio “ombelico” nell’elemento circolare al centro della pavimentazione della piazza).
a.
b.
c.
Un altro aspetto peculiare di cui è stato tenuto conto nella progettazione di questa “città ideale” è stato il ciclo delle stagioni, che grazie alla mutevolezza della luce solare, permette di apprezzare in modo sempre nuovo lo spazio della piazza e le relazioni prospettiche tra gli edifici che su di essa si affacciano. Pio II, come già detto, morì poco dopo il completamento delle opere architettoniche di Pienza, e in seguito a ciò la città perse ogni importanza in quanto non ospitava più la dimora papale. Inoltre, il fatto che la città non sorgesse proprio lungo la via Cassia (bensì a qualche chilometro di distanza), fece sì che Pienza non fu pressoché considerata dagli scambi commerciali nei secoli seguenti, né fu toccata minimamente dai viaggi dei più importanti studiosi europei di Settecento e Ottocento, quali Goethe, Madame de Staehl, Winckelmann, che ignorarono completamente l’esistenza di questo piccolo “gioiello” immerso nelle colline toscane. Tutto ciò permise a Pienza di conservarsi praticamente intatta dal Quattrocento ad oggi, senza che le tendenze stilistiche o grandi investimenti economici potessero mutare il volto dei suoi palazzi. 3. Alberti e Rossellino: l’architettura in relazione con le regole della prospettiva Per la prima volta dopo l’”esilio avignonese”, durante il pontificato di Niccolò V (1447-1455) riprese la consuetudine di compiere opere di abbellimento della città e di restaurare le chiese, in particolar modo in occasione del Giubileo del 1450. Il Papa usava circondarsi di intellettuali e artisti per ottenere consulenze e confrontarsi sui progetti: oltre a Enea Silvio Piccolomini (che ricordiamo, era letterato e amante delle arti), Niccolò V convocò l’illustre architetto Leon Battista Alberti, autore di note architetture in quel di Rimini, Firenze e Mantova, e l’architetto scultore Bernardo Gamberelli detto il Rossellino, che fu nominato “ingegnere di palazzo”. Quest’ultimo conobbe l’Alberti proprio in questa occasione, e in seguito diresse per lui il cantiere di Palazzo Rucellai a Firenze (1455-1458). A differenza dell’Alberti, che aveva un approccio decisamente più teorico al mondo di architet-
tura e urbanistica (scrisse il “De re aedificatoria”, testo di riferimento culturale per moltissime opere di Umanesimo e Rinascimento, e promosse la riscoperta degli scritti vitruviani, ponendo nuovamente l’antichità classica come fonte di massima ispirazione), Rossellino dimostrò maggior pragmatismo e più spirito pratico, pur attenendosi fedelmente agli scritti albertiani. Per questo ottenne numerosi incarichi di prestigio (tra i quali, ad esempio, il completamento della cupola brunelleschiana a Firenze), e per questo Enea Silvio Piccolomini, una volta diventato Papa, commissionò a lui l’incarico della nuova piazza di Pienza. 4. La piazza e la sua architettura Il riassetto della piazza di Pienza comportò innanzitutto l’abbattimento della preesistente chiesa di S. Maria, a tre navate, che presentava un orientamento perpendicolare rispetto a quello dell’attuale Duomo (probabilmente per contenere l’edificio nella parte pianeggiante sulla sommità del colle). L’impostazione planimetrica del nuovo progetto è orientata verso sud-ovest, più precisamente verso la sommità del monte Amiata, e tale direzione è anche asse di simmetria dell’intero intervento. La scelta di questo orientamento fu opera di Pio II, affezionato a quel panorama e sostenitore del valore scenografico del medesimo. L’intera analisi del progetto rosselliniano di piazza ed edifici circostanti è stata curata da Jan Pieper nel XXI secolo. Pieper individuò una griglia progettuale che definì “enneadica”: l’unità di misura, cioè, corrisponde a un modulo quadrato di 9 braccia romane (poco meno di 5 metri), e determina planimetricamente l’impianto del Duomo e le angolazioni di tutti gli altri edifici della piazza. Infatti, Palazzo Piccolomini e il palazzo vescovile sono simmetricamente ruotati, rispetto all’asse della piazza, in modo da creare un cono visivo divergente in direzione del Duomo. La pavimentazione della piazza, in pietra e cotto, è ripartita in nove settori rettangolari (ma l’ordito di linee ortogonali si spinge anche ai lati della chiesa), e presenta, al centro, il famoso “ombelico” già citato in precedenza, che tra l’altro è proiezione dell’oculo sulla facciata del
a. b. ricostruzione grafica del borgo di Corsignano, prima e dopo le trasformazioni volute da Pio II [Pienza forma urbis : materiali per il Museo della città e del territorio / Giancarlo Cataldi, Fausto Formichi. - Firenze : Aion, 2007] c. la piazza nella sua configurazione attuale d. e. f. elaborati tratti dagli studi di Jan Pieper sulla composizione e sulla prospettiva della piazza e dei suoi edifici
d.
e.
109
f.
Duomo. Sulla sinistra, in posizione defilata, sorge il pozzo, quasi a voler raffigurare la scala “umana” con cui è stato realizzato l’insieme. L’impostazione della piazza segue le regole albertiane della prospettiva, e in questo caso ha il proprio punto di fuga che giace sull’asse di simmetria del Duomo, in corrispondenza con un’immaginaria linea d’orizzonte ad altezza d’uomo. Sulla stessa linea giacciono anche le linee di fuga di 45° generate dai cornicioni del palazzo vescovile e di Palazzo Piccolomini. Il risultato è una visuale d’insieme (in particolare dal punto di vista privilegiato, in asse con il Duomo, all’estremità sud della piazza), che risulta molto armoniosa e stempera l’incombenza dei vari edifici sulla piazza, che risulta più grande di quanto non sia, e offre ai lati della chiesa due suggestivi scorci del panorama retrostante. Un’altra interessante peculiarità del progetto del Rossellino è senz’altro l’orientamento solare degli edifici, in particolare del Duomo. Esso ha l’abside orientato a sud-ovest: date le caratteristiche della piazza, tale orientamento è quello che permette di ricevere la maggior quantità di luce
110 a.
possibile al’interno della chiesa. Sono state studiate dal Rossellino anche delle relazioni tra le geometrie della piazza e l’ombra proiettata su di essa dal Duomo. In questo modo, la piazza funge da “calendario solare”: ad esempio, in base alle osservazioni di Jan Pieper, durante l’equinozio di primavera e il solstizio estivo, l’ombra del vertice del timpano del duomo (peraltro rialzato di un paio di metri in corso d’opera) si proietta sull’asse della piazza toccando tangenzialmente le fasce orizzontali. Inoltre, la proiezione dell’ombra del duomo permette di riconoscere, senza bisogno di un orologio, il culmine solare del mezzogiorno.
5. La piazza e le sue architetture 5.1 Il Duomo (chiesa di S. Maria Assunta) Eretta tra il 1459 e il 1462 (anche se il completamento del campanile risale al 1464), la chiesa di S. Maria Assunta costituisce una rivoluzione nella planimetria urbana di Pienza, in quanto viene disposta perpendicolarmente alla chiesa preesistente, così da contribuire alle sofisticate geo-
metrie della nuova piazza . Date le dimensioni della nuova chiesa, tali da farla sporgere oltre il ciglio delle mura cittadine, si rende necessaria la costruzione di un gigantesco terrapieno a sostegno dell’abside; la realizzazione del medesimo, tuttavia, pone non pochi problemi a causa della scarsa stabilità delle rocce sottostanti. Pio II, nei suoi “Commentarii”, dedica un lungo capitolo alla chiesa e alla sua edificazione, raccontando dettagliatamente di come si siano avvicendati numerosissimi inconvenienti statici prima e dopo il completamento dell’edificio. La nuova chiesa presenta una pianta cruciforme (modellata, come già detto, su un modulo “enneadico”), con tre navate scandite da pilastri quadrilobati. La facciata, fronteggiata da un ampio sagrato rialzato di tre gradini rispetto alla piazza, presenta una peculiare commistione di elementi classici, e sebbene non rispetti rigorosamente le regole compositive albertiane e vitruviane, risulta elegante e proporzionata, in puro stile rinascimentale, con una curiosa sovrapposizione di piani; essa è realizzata in travertino, diversamente dal resto dell’edificio (composto da blocchi di tufo). E’ divisa longitudinalmente
da quattro paraste, che definiscono tre zone (corrispondenti alle navate interne), ognuna delle quali è delimitata ai lati da due colonne composite; trasversalmente, una cornice marcapiano e la base del timpano la dividono in altre tre parti: si può dire dunque che la facciata è tripartita sia in senso verticale, sia in senso orizzontale. Partendo dal basso, possiamo osservare che nella parte inferiore della facciata vi sono le tre porte d’ingresso, sormontate da lunette; in quella superiore, invece, troviamo tre arconi sorretti dal secondo ordine di colonne. Sotto gli archi laterali sono state create piccole nicchie incorniciate da semicolonne e sormontate da timpani, mentre in quello centrale si apre un oculo. Sul timpano della facciata, infine, domina lo stemma con l’emblema della Santa Sede di Pio II Piccolomini, incorniciato da una ricca ghirlanda. La facciata fu sopraelevata, successivamente al suo completamento, ma non è ben chiaro il motivo: l’intervento potrebbe essere avvenuto in seguito ad alcune modifiche interne per assicurare la stabilità delle volte; oppure, per far ottemperare il disegno della facciata alle regole auree della proporzione, con dimensionamenti legati graficamente alla figura del quadrato; un’altra ipotesi, sostenuta da Jan Pieper, è quella che il rialzo della facciata fu dettato da motivi legati al perfezionamento della funzione di “calendario astronomico” della piazza: la proiezione dell’ombra del Duomo sarebbe stata così “regolarizzata”.
b.
c.
Il campanile della chiesa si rifà ad uno stile proprio delle chiese austriache e tedesche (“Hallenkirchen”), osservate da Pio II nei suoi numerosi viaggi: è ottagonale e sormontato da una punta con falde molto spioventi, quasi un “unicum” tra le architetture dell’epoca. Gli spazi della chiesa si suddividono in tre parti: chiesa superiore, chiesa inferiore e cripta. La chiesa inferiore (di forma semiottagonale, con tre cappelle del coro e due cappelle trasversali), è situata al di sotto dell’abside, e ospita il battistero. La cripta invece è ricavata all’interno del terrapieno che sostiene l’abside, molti metri più in basso, e si estende nella roccia del colle
sfruttando una cavità naturale. L’interno della chiesa superiore presenta, come l’esterno, un sincretismo stilistico, commistione elementi gotici e nordeuropei: ad esempio, uno degli elementi dominanti nell’architettura interna è la luce, proveniente dagli ampi finestroni ogivali posti sulle pareti laterali e sull’abside, e rafforzata dai colori interni molto chiari: lo stesso Pio II prescrisse che la chiesa dovesse apparire quasi “vitrea” per la quantità di luce interna. Nei “Commentarii”, la descrizione della chiesa insiste parecchio sul tema della luminosità come strumento suggestivo per sottolineare l’aspetto mistico e spirituale dell’edificio di culto.
d.
a. veduta di Pienza dalla Val d’Orcia b. c. la facciata del Duomo prima e dopo le modifiche d. foto della facciata del Duomo oggi
111
112
L’architettura interna è strutturalmente legata al gotico, con tre navate, tutte della stessa altezza e con la navata centrale più larga delle altre. Le navate hanno volte a crociera con possenti nervature, e sono divise da due file di pilastri con semicolonne addossate e capitelli decorati. Caratteristica peculiare è la presenza di piedritti che sormontano i pilastri, per poter sostenere il peso delle volte senza stravolgere le proporzioni dei sostegni sottostanti. Le pareti interne sono perlopiù intonacate di bianco, ad eccezione degli elementi di sostegno: i pilastri restano del colore della pietra, senza ornamenti, e le nervature delle volte (così come gli archivolti), presentano decorazioni policrome vegetomorfe o geometriche. L’abside è divisa in tre cappelle, e la maggiore accoglie il coro. Altre due cappelle “chiudono” lateralmente il transetto, e queste ultime, assieme a quella dietro l’altare, sono dotate di finestroni decorati con rosette, in vetro non colorato, che inquadrano direttamente il cielo. Il coro ligneo presente nella cappella maggiore si compone di 45 posti disposti su due file (il numero non è casuale, in quanto molti elementi architettonici della chiesa sono legati al numero 9). La decorazione del coro (ad intarsio) presenta elementi che si rifanno a un codice formale appartenente all’architettura gotica: ad esempio, gli schienali sono decorati con pannelli a forma di bifore gotiche. Anche la decorazione di cornici e paraste è degna di nota, poiché rappresenta elementi geometrici in prospettiva (a testimonianza dell’attenta ricerca a riguardo che si stava effettuando nel XV secolo). Il tempio è arricchito da dipinti, eseguiti su commissione di Pio II dai più noti artisti dell’epoca, per decorare i vari altari (nei “Commentarii” ne vengono descritti sette); le pale, databili tra il 1462 e il 1463, furono eseguite dai maggiori pittori senesi del tempo: Giovanni di Paolo, Matteo di Giovanni, Lorenzo di Pietro, detto il Vecchietta, e Sano di Pietro. 5.2 Palazzo Piccolomini Palazzo Piccolomini viene costruito grosso modo in contemporanea con il Duomo, ossia tra il 1459 e il 1462. Come già accennato, esso concorre allo scenografico impianto
prospettico della piazza di Pienza, e in più presenta una marcata dicotomia nel relazionarsi da una parte con la città, e dall’altra con il paesaggio. Il palazzo ha una pianta pressoché perfettamente quadrata, con un cortile interno, e si compone di tre piani. Le facciate di Palazzo Piccolomini che sono rivolte verso la città, hanno un impianto formale estremamente simile a quello di Palazzo Rucellai a Firenze (non va dimenticato che il Rossellino ne aveva coordinato la costruzione, su progetto
dell’Alberti). In comune con il palazzo fiorentino, Palazzo Piccolomini presenta una griglia compositiva di lesene e cornici marcapiano, che incasellano due ordini di bifore a tutto sesto (al I e al II piano, in corrispondenza con le coppie di piccole finestre quadrangolari del pianterreno), un poderoso portone d’ingresso, l’utilizzo del bugnato liscio, e la presenza di panche per i supplici lungo tutto il pianterreno: l’effetto finale è di grandissima somiglian-
a.
za. A nord-est, sopra il cornicione, sorge un piccolo attico, testimonianza di una struttura mai compiuta, probabilmente destinata ad ospitare la servitù. Le facciate del cortile interno, al contrario di quelle urbane, non presentano una forte tridimensionalità, in quanto all’origine erano interamente affrescate (attualmente sono visibili solo il fregio, decorato con un’alternanza di festoni e medaglioni, e la cornice superiore). Esse sono porticate al piano terra, e hanno, al primo piano, tre finestre quadrangolari
b.
ciascuna. Il secondo piano, invece, contrappone due facciate che proseguono il motivo delle aperture quadrate del piano sottostante, alle altre due, che si fronteggiano vicendevolmente tramite due ariose logge. La facciata posteriore di Palazzo Piccolomini attinge a piene mani dalla tradizione architettonica delle ville, pur facendo parte di un palazzo cittadino: essa è impostata su tre ordini sovrapposti di logge, ognuna composta da otto archi. Una simile estroflessione verso il panorama circostante (il paesaggio del monte Amiata, sovente elogiato da Pio II nei suoi scritti), è cosa estremamente innovativa e testimonia un gusto modernissimo per l’epoca . In relazione con un così spettacolare impianto architettonico, vi è quello che per certi versi può essere considerato l’elemento più all’avanguardia del Palazzo: il giardino panoramico. Esso ha una pianta quadrangolare e sorge sullo stesso asse compositivo dell’edificio. Al pianterreno, è completamente cinto da un alto muro in pietra, e l’unico affaccio sul panorama è veicolato da tre piccole aperture, che “incorniciano” quest’ultimo in tre particolari scorci; solo dalle logge del primo e del secondo piano è possibile abbracciare con lo sguardo l’intera vallata. Un’altra peculiarità del giardino è che probabilmente si tratta del primo esempio al mondo di “giardino all’italiana”: un giardino strutturato, in cui siepi di bosso e piccoli arbusti disegnano un reticolo geometrico di percorsi, che rivela un disegno programmatico e architettonico degli spazi. 5.3 Le architetture della piazza come “attori” in una scenografia urbana Alla composizione della piazza di Pienza concorrono anche altri due edifici, di minore pregio architettonico rispetto a Duomo e Palazzo Piccolomini, ma ugualmente rilevanti, per forma e funzione, nella determinazione della “scenografia urbana” voluta da Pio II. a. la facciata diPalazzo Piccolomini sulla piazza di Pienza b. il Palazzo Municipale
Il Vescovado (1462-1464), fiancheggiato da una modesta canonica per i membri del clero, appartiene alla tipologia del palazzo cittadino medievale toscano: possenza simile a quella di una fortificazione, estrema sobrietà nella decorazione. La poderosa facciata è in travertino, scandita nei suoi tre piani da semplici cornici disadorne, e senza elementi strutturali verticali; il resto dell’edificio ha murature irregolari in pietra e mattoni. Le finestre sono quadrangolari, anch’esse senza ornamento, e disposte asimmetricamente, quattro per piano. L’unico elemento decorato è il portone d’ingresso: esso infatti presenta infatti una cornice con fiori e ghirlande, ed è sormontato da un arco con lo stemma vescovile. Il posizionamento del portale non ha alcuna relazione con l’impianto compositivo di facciata e finestre, ed è fortemente sbilanciato a sinistra. Lungo tutto il pianterreno, infine, corrono grossi banchi in pietra. Il Palazzo Municipale (1462-1463 / torre: 1464) è una singolare “summa” degli elementi caratteristici dell’architettura dei palazzi pubblici medievali in Toscana. Esso presenta una torre merlata con l’orologio, l’aula consiliare, gli ambienti amministrativi e la prigione cittadina. Tutti questi elementi stilistici e funzionali sono accostati e ridotti di scala fino a sembrare delle semplici “citazioni”, ma allo stesso tempo sono più consoni e armoniosi con le proporzioni cittadine. Peculiare, in questo edificio, è la facciata in pietra. Al pianterreno, questa si apre in un portico, che contribuisce ad aumentare la percezione di spazio della piazza. Al primo piano, è quadripartita e ospita quattro bifore. L’intera superficie è decorata con la tecnica del “graffito”, che riproduce fregi di motivo floreale, lesene, cornici, nonché una texture di blocchi squadrati che ricorda il bugnato.
113
TIROCINIO CURRICOLARE
114
studio didattica e produzione cinema d’animazione
“IMMAGINE PER IMMAGINE” a.a. 2009|10
PRODUZIONE E DIDATTICA DI CINEMA D’ANIMAZIONE stage - tirocinio presso lo studio “Immagine per Immagine” del prof. Raffaele Luponio Studio “Immagine per Immagine” - prof. Raffaele Luponio – via Col Moschin, 1 – 35143 Padova
1. Studio presso cui è stato effettuato il tirocinio Lo studio Raffaele Luponio, con sede a Padova in via Col Moschin, lavora nel settore audiovisivo ed in particolare si occupa di cinema d’animazione in ambito didattico, promovendo incontri con professionisti del settore. Oltre ad occuparsi di produzione, tiene corsi di formazione rivolti a studenti, docenti, esperti di comunicazione ed appassionati trattando le principali tecniche del cinema a “passo uno” tradizionale (disegno animato, decoupage, plastilina, stop-motion, pixillation, etc…). Il laboratorio è rappresentato e gestito dal prof. Raffaele Luponio, che da oltre vent’anni si occupa di cinema d’animazione, sia dal punto di vista realizzativo (oltre 60 cortometraggi girati, numerosi riconoscimenti a livello nazionale e internazionale) sia dal punto di vista divulgativo-didattico. Lo studio è convenzionato con lo IUAV e ha già ospitato studenti tirocinanti negli scorsi anni.
2. Motivazione della scelta dello studio La scelta dello studio è avvenuta su suggerimento di un’altra studentessa del CLaSA (che ha svolto il proprio tirocinio presso il laboratorio Raffaele Luponio nell’anno accademico 2008/2009), oltre che per l’interesse che nutro da tempo verso fotografia e cinematografia. Da svariati anni, ad esempio, mi cimento a livello amatoriale nella fotografia. Inoltre, dal settembre 2007 lavoro presso la Target, principale videoteca della mia città, nota a livello regionale per la sponsorizzazione di molte attività culturali, e famosa per disporre, nel proprio catalogo a noleggio, di vere e proprie rarità nel panorama cinematografico internazionale, praticamente introvabili altrove.
115
3. Mansioni svolte durante il tirocinio
116
a.
3.1 Creazione di un database in cui sia catalogata tutta la produzione del prof. Luponio e del suo laboratorio, dal 1985 a oggi. Il prof. Luponio disponeva già, all’inizio del mio tirocinio, dei file multimediali contenenti tutti i lavori realizzati negli scorsi 25 anni di attività lavorativa e didattica: tali file erano ottenuti tramite il “riversamento” in formato .avi delle vecchie pellicole in formato Super8, 16mm, ¾”, VHS o SuperVHS. Mancava, tuttavia, un database in grado di organizzare e riordinare gli oltre 150 titoli presenti in archivio, secondo criteri come l’anno di produzione, gli autori, le tecniche b. utilizzate, la sinossi, eventuali docenti coordinatori, i riconoscimenti ottenuti, ecc. Con l’ausilio del programma FileMaker Pro, dopo aver preso visione di tutti gli elaborati, ho provveduto a “schedare” ogni singolo cortometraggio, e a masterizzarlo su cdrom, in modo che l’archivio dello studio Luponio potesse esistere anche fisicamente, e non solo virtualmente all’interno di un computer. Ho anche creato un secondo archivio, di circa 60 titoli, contenente solo gli elaborati creati con gli studenti del Liceo Artistico “A. Modigliani” di Padova (dove il professore ha insegnato fino al 2005), che è stato in seguito consegnato alla biblioteca della scuola.
3.2 Contributo all’organizzazione di un corso avente per oggetto la sperimentazione delle tecniche tradizionali del cinema “a passo uno”, rivolto agli studenti del DAMS di Padova. Nei mesi di novembre e dicembre 2010, lo studio Raffaele Luponio ha tenuto un corso teorico-pratico di cinema d’animazione, in collaborazione con il DAMS di Padova, frequentato da 15 studenti, che settimanalmente seguivano una lezione presso il laboratorio. Il corso viene tenuto ogni anno dal prof. Luponio, ed è finalizzato all’apprendimento delle competenze tecniche di base necessarie alla ideazione e realizzazione di filmati e cortometraggi. Il laboratorio ha previsto lezioni ed esercitazioni pratiche, sia individuali sia di gruppo, articolate in modo puntuale (lezioni frontali sulla nascita del movimento artificiale; creazione degli story board; teoria e pratica di inquadratura e ripresa; esercitazioni con le tecniche di disegno, plastilina, pixillation, decoupage; ripresa a passo uno; uso del computer per montaggio e sonorizzazione).
a. lampade “daylight” per l’illuminazione dei set di ripresa b. una delle postazioni per l’acquisizione a passo uno, con l’impianto luci professionale c. il laboratorio didattico durante una lezione di cinema d’animazione d. una piccola sequenza, fotografata ancora sul tavolo luminoso, dei disegni realizzati per il mio cortometraggio e. due studenti che lavorano con il piano luminoso per la realizzazione di sequenze di disegni animati
In particolare, mi è stato richiesto di occ. cuparmi della segreteria, e del supporto dell’attività didattica durante gli incontri con gli studenti. Ho dunque provveduto a gestire le iscrizioni al corso da parte degli studenti (dato che le richieste si sono rivelate parecchio superiori all’effettiva “capienza” del corso stesso), e a comunicare regolarmente via e-mail le modalità di svolgimento dell’attività didattica (calendario e orari dei singoli incontri). Ho inoltre coordinato gli appuntamenti individuali degli studenti con il professore, finalizzati a controllare la progressione dei singoli elaborati nel corso del laboratorio. Ho infine presenziato a tutte le lezioni, assistendo e collaborando con gli studenti nella realizzazione dei loro cortometraggi anima- d. ti, come illustrato nel prossimo paragrafo. 3.3 Partecipazione alla creazione di materiale grafico per la realizzazione delle scene dei cortometraggi animati e a parte della post-produzione Nell’ottica di contribuire attivamente alla didattica, ho creato anch’io un breve cortometraggio animato, con la tecnica del disegno su carta ripreso a passo uno. In questo modo, all’avvio del corso, possedevo già una succinta conoscenza della creazione di cortometraggi animati, così da poter essere d’aiuto agli studenti frequentanti. Ho contribuito in particolar modo all’acquisizione tramite videocamera delle varie scene animate: i programmi utilizzati a tale scopo
sono stati AnimatorDV e AnimatorHD. Ho partecipato anche a parte della postproduzione, ossia al montaggio e alla sonorizzazione dei cortometraggi, utilizzando il programma Adobe Premiére. 4. Competenze acquisite - utilizzo del programma per la realizzazione di database FileMaker Pro - utilizzo dei programmi di acquisizione video AnimatorDV e AnimatorHD - utilizzo del programma di post-produzione video Adobe Premiére - conoscenza e sperimentazione delle tecniche tradizionali di animazione “a passo uno” per la realizzazione di cortometraggi - gestione della segreteria del laboratorio didattico e.
117