TFP Rivista "Tradizione Famiglia Proprietà", dicembre 2014

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Anno 20, n. 55 - Dicembre 2014 Sped. in Abb. Post. Art. 2, Comma 20/C, Legge 662/96 Filiale di Padova

“Su coloro che abitavano nelle tenebre una luce rifulse… Poiché un bambino è nato per noi” (Is. 9: 1,5)


Nella più profonda oscurità apparve Gesù Cristo

attacco: divorzio, contraccezione, aborto, fecondazione artificiale, coppie di fatto, ideologia gender, tutto cospira per la sua distruzione. La pedofilia è dilagante. L’eutanasia è ormai legittimata in molti paesi, mentre l’uso delle droghe diventa la norma, specie fra i giovani.

Dopo secoli di pesante letargo, sulla fine del secolo scorso si è risvegliato l’islam fondamentalista. E oggi, grazie a fazioni radicali come l’ISIS, minaccia il cuore della cristianità. La Chiesa cattolica è in procinto di scomparire dall’Oriente Medio.

Tutto ciò, però, non è preoccupante quanto la situazione della Santa Chiesa, nostra Madre e Signora, indicibilmente amata, segno visibile della presenza del Salvatore in mezzo a noi.

“Il

popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce; su coloro che abitavano nelle tenebre una luce rifulse… Poiché un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio. Sulle sue spalle è il segno della sovranità ed è chiamato: Consigliere ammirabile, Dio potente, Padre per sempre, Principe della Pace”. Sono le parole del profeta Isaia, riferite alla nascita di Nostro Signore Gesù Cristo.

I commentatori ritengono che le tenebre che coprivano la terra quando nacque il Salvatore si riferissero all’idolatria dei gentili, allo scetticismo dei filosofi, alla cecità degli ebrei, alla durezza dei ricchi, alla ribellione e all’ozio dei poveri, alla crudeltà dei sovrani, ai guadagni illegittimi degli uomini d’affari, all’ingiustizia delle leggi, alla difettosa costituzione dello Stato e della società. Fu nella più profonda oscurità che Gesù Cristo apparve come una luce. Qual è la missione della luce?

Evidentemente, dissipare le tenebre. Difatti, a poco a poco, esse cedettero. E, nell’ordine delle realtà visibili, la vittoria della luce consistette nell’instaurazione di una civiltà cristiana che, al tempo del suo apice e malgrado le imperfezioni inerenti a ciò che è umano, fu un autentico regno di Cristo sulla terra.

Il recente Sinodo dei vescovi sulla famiglia ha fatto venire a galla opinioni talmente divergenti tra gli stessi cardinali, in materie nelle quali non ci potrebbe essere nessuna variazione, visto trattarsi del dogma morale, che molti si sono chiesti: dov’è il Magistero? Se, almeno, dall’alto venisse una parola chiarificatrice. Purtroppo, come ha dichiarato il cardinale Raymond Burke: “A molti la Chiesa sembra una barca senza timoniere”.

Poche settimane dopo il Sinodo, l’Incontro dei Movimenti popolari ha portato in Vaticano la sinistra marxista, specialmente latinoamericana. “Noi marxisti lottiamo insieme al Papa”, ha dichiarato uno degli organizzatori. I cattolici si sentono smarriti.

In mezzo a queste tenebre, però, ancora una volta la luce rifulge. Fra poco sarà Natale, e il Bambino Gesù tornerà a nascere nelle nostre chiese, nei nostri presepi, nei nostri cuori. Nascerà di nuovo per portarci, ancora una volta, la luce, e con essa la speranza di un ribaltamento dell’attuale situazione, avvisaglia della restaurazione della Civiltà cristiana. Come duemila anni fa, di nuovo la luce dissiperà le tenebre!

Sono passati duemila anni, e il mondo è di nuovo sommerso nelle tenebre.

Mentre si uccidono i bambini – proprio come facevano i cananei, sacrificandoli al dio Moloch – l’omosessualità è ostentata in sfarzose sfilate “pride” – non diversamente da quanto facevano molti popoli primitivi. La famiglia, colonna della società, è sotto A dx., il dio Moloch cui venivano sacrificati i bambini neonati


Sommario Anno 20, n° 63, dicembre 2014

Editoriale: Nella più profonda oscurità apparve Gesù Cristo Gli uomini più intelligenti del mondo credono in Dio Yes we can Un cane di nome Excalibur Il cattivo maestro di Hillary Il Partito socialista francese a rischio estinzione Sinodo: un punto essenziale Il matrimonio nel Magistero della Chiesa Un modello di matrimonio cristiano Il miele, il giglio e la bomba Incontro mondiale dei Movimenti popolari Chi è João Pedro Stédile? Quando Papa Wojtyla condannava il MST Il comunismo, amico dei poveri? Il presepe napoletano “Sono Gesù, vengo a visitarti” L’ultima cartolina di Natale di Plinio Corrêa de Oliveira Il mondo delle TFP Dignità e pudore di ieri

Copertina: Cimabue, Madonna col Bambino

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Tradizione Famiglia Proprietà Anno 20, n. 63 dicembre 2014 Dir. Resp. Julio Loredo

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Direzione, redazione e amministrazione: Tradizione Famiglia Proprietà - TFP, Viale Liegi, 44 — 00198 ROMA Tel. 06/8417603 Fax: 06/85345731 Email: info@atfp.it Sito: www.atfp.it Aut. Trib. Roma n. 90 del 22-02-95 Sped. in abb. post. art. 2, Comma 20/C, Legge 662/96 — Padova Stampa Tipolito Moderna, via A. de Curtis, 12/A — 35020 Due Carrare (PD) TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / DICEMBRE 2014 - 3


Attualità

Gli uomini più intelligenti del mondo credono in Dio

L’

ateismo diminuisce l’intelligenza. Al contrario, la credenza in Dio la aumenta. Non è una provocazione, bensì un dato statistico. Col titolo “Delle dieci persone con più alto coefficiente intellettuale nel mondo, otto sono credenti e sei sono cristiani”, Steve J. Williams, autore del libro «What Your Atheist Professor Doesn’t Know (But Should)», ha pubblicato sulla rete un articolo elencando le dieci persone viventi con più alto coefficiente intellettuale (IQ). Ebbene, otto sono credenti, ben sei sono cristiani, e solo due si dichiarano atei.

Conclude Williams: “Vediamo, dunque, che le più brillanti menti del nostro tempo sono aperte all’esistenza di Dio. Se aggiungiamo che la maggior parte degli scienziati di alto livello non sono atei, direi che l’argomento principale degli agnostici, cioè che la Fede equivale a ignoranza, cade per terra”.

Yes we can

O

rmai, quando una costruzione si distingue per la sua bruttezza, non è per niente improbabile che si tratti di una chiesa. Tra le varie scusanti una è: “Oggi non si possono più fare le chiese d’un tempo…”.

I fatti, però, smentiscono tale argomento, come confermano le fotografie di tre chiese moderne, eppure perfettamente in linea con la tradizione. In senso antiorario: la Basilica del Voto Nazionale, a Quito, Ecuador, inaugurata nel 1988; la Cattedrale della Madonna di Fatima, a Karaganda, Kazakistan, inaugurata nel 2013; e la chiesa del Santissimo Nome di Gesù, a West Raleigh, Stati Uniti, ancora in fase di costruzione. Quest’ultima è degna di nota: fu votata, sbancando altri progetti futuristici, dalla stragrande maggioranza dei fedeli.

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Un cane di nome Excalibur mette a nudo il senso asimmetrico della pietà del mondo moderno

L

a decisione di sacrificare il cane di Teresa Romero, infermiera malata di Ebola a Madrid lo scorso settembre, ha messo a nudo il senso asimmetrico della misericordia nella società moderna.

In Twitter, il tema #SalvemosaExcalibur (questo il nome del cane) aveva raggiunto, già nella prima notte, oltre 240.000 twit. La pagina Facebook “Salviamo Excalibur” aveva più di 58.000 fan. E una petizione su Change.org aveva raccolto in poche ore più di 216.000 firme per salvare l’animale. Mai la povera infermiera, sposata e madre di due figli, infettata con Ebola mentre trattava un missionario malato, aveva ricevuto tante manifestazioni di solidarietà. Dopo settimane di sofferenze, rischiando la morte ad ogni passo, l’infermiera è riuscita a sconfiggere il virus ed è tornata a casa. Quindi, storia a lieto fine, sulla quale, però, dovremmo fare qualche considerazione.

Una petizione che equipara un cane con il suo proprietario

Il testo della petizione in favore di Excalibur equipara la vita del cane a quella di un essere umano quando afferma: “È molto più facile isolare il cane e metterlo in quarantena in un ospedale, come hanno fatto con la proprietaria della vittima”.

È inutile spiegare a queste persone che l’Organizzazione mondiale della Sanità consiglia il sacrificio degli animali come modo per prevenire la diffusione dell’epidemia. È inutile cercare di spiegar

loro che mettere in quarantena un cane è un’operazione molto più complessa e più rischiosa che nel caso di un essere umano. Senza considerare che solo per salvare una vita umana si può giustificare l’uso di mezzi straordinari e il rischio a cui si sottomette il personale sanitario.

Inutile, soprattutto, chiedere a queste persone coerenza: hanno sollevato un putiferio per un cane in un Paese dove ogni anno si uccidono oltre 100.000 bambini con l’aborto. Chi piange questi bambini? Sembra quasi un castigo biblico: una società che uccide i propri nascituri, spingendosi in questo modo al suicidio demografico, allo stesso tempo dimostra un sentimentalismo ai limiti dell’assurdo. “Quos Deus vult perdere, dementat prius” — A coloro che vuol perdere, Dio prima toglie il senno, diceva la sag-

Teresa Romero mentre lascia l’ospedale: più solidarietà per il cane che per lei... TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / DICEMBRE 2014 - 5


Attualità

Cristiano crocifisso dall’ISIS in Siria Una campagna online a luglio in Spagna in favore dei cristiani perseguitati ha ottenuto molto meno firme della campagna in favore del cane malato

gezza antica. La storia ci insegna che le società decadenti alla fine si autodistruggono. Sembra che sia proprio questa la strada intrapresa dalla nostra società.

Piangono per un cane dopo aver disprezzato Padre Pajares

Il declino morale della nostra società si è palesato in tutto il suo orribile cinismo nella differenza di trattamento nei confronti del sacerdote spagnolo Miguel Pajares. Missionario in Africa, medico di professione, don Pajares aveva dedicato vent’anni della sua vita ad aiutare i più poveri. Infettato dall’Ebola mentre svolgeva la sua benemerita missione pastorale e sanitaria, è stato

Padre Miguel Pajares 6 - TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / DICEMBRE 2014

rimpatriato ad agosto ed è morto poco dopo in un ospedale di Madrid.

Le stesse persone che volevano salvare il cane Excalibur, chiedendo il suo ricovero in quarantena, prima si erano prodigate in messaggi Twitter criticando il rimpatrio del coraggioso missionario. “Sapeva a quali rischi andava incontro. Non abbiamo nessun obbligo di salvarlo”, si legge in un messaggio. Commentava un opinionista: “Se padre Pajares si fosse dedicato a salvare cani invece di poveri africani, forse avrebbe avuto più compassione da questi liberali benpensanti”. Ecco ritratta, in tutta la sua indegna bassezza, la crisi morale della nostra società.

Il cane Excalibur è riuscito a mobilitare molto più persone di quelle impegnate in favore dei cristiani massacrati in Iraq e Siria. Una campagna online a luglio in Spagna in favore dei cristiani perseguitati ha ottenuto molto meno firme della campagna in favore del cane malato. Quando una società mostra un tale disprezzo per la vita e per la dignità umana, mentre sbandiera un sentimentalismo ai limiti dell’assurdo per un semplice animale, crediamo di aver toccato il fondo della decadenza.


Il cattivo maestro di Hillary

di Raffaelle Citterio

Le elezioni di midterm negli Stati Uniti hanno ridotto Barack Obama a ciò che nel gergo politico americano si chiama lame duck, un’“anatra zoppa”. Si fa quindi largo un possibile rilancio della candidatura di Hillary Clinton. Forse è il momento di dare un’occhiata a qualche aspetto inquietante del suo passato

P

ochi in Italia conoscono Saul David Alinsky (1909-1972). Eppure, la sua influenza sulla sinistra populista nordamericana è stata, ed è ancora, enorme.

Il rivoluzionario professionale

Alinsky nacque a Chicago da genitori ebrei di origine russa. Di temperamento ribelle, collaborò per molti anni col Partito comunista, servendo anche come fund-raiser per le Brigate internazionali durante la guerra civile spagnola. Frequentò per alcuni mesi il quartiere generale del gangster Al Capone, da cui imparò l’uso del potere. Presto, però, egli si rese conto che la rivoluzione comunista negli Stati Uniti non aveva la benché minima possibilità di successo.

Iniziò allora a teorizzare una “rivoluzione populista” che, sull’onda dello slogan “power to the people”, avrebbe dovuto suscitare una miriade di piccole rivoluzioni a livello locale, col trasferimento del potere dalle istituzioni alle Peoples’ Organizations da lui create. Queste organizzazioni avrebbero dovuto mettere in pratica la democrazia diretta e l’autogestione comunitaria, arrivando quindi direttamente alla meta ambita da Marx e Engels: “La forza rivoluzionaria deve esercitare la violenza, urlando: Dobbiamo bruciare il sistema fino alle fondamenta! Il rivoluzionario non deve avere nessuna illusione sul sistema”.

Le idee di Alinsky sono contenute, fondamentalmente, in due libri: «Reveille for Radicals» (1946) e «Rules for Radicals» (1971), quest’ultimo dedicato a “Lucifero, il primo radicale della storia”. Esiste anche una lunga intervista a “Playboy” (aprile 1972), nella quale egli sviluppa il suo pensiero. Proprio in questa intervista lo scrittore e attivista statunitense dichiarò: “Se esiste una vita dopo la morte, io sceglierei risolutamente di andare all’inferno. L’inferno sarebbe il paradiso per me. I dannati sono la mia gente”. Due settimane dopo, morì per un attacco cardiaco fulminante in Carmel, California.

Hillary e Alinsky

Saul Alinsky fu il mentore ideologico di Hillary Rodham Clinton.

Hillary Rodham cominciò la sua carriera politica nella destra. Volontaria nella campagna elettorale di Barry Goldwater nel 1964, nel 1965 entrò nel Wellesley College, una delle scuole più esclusive del Paese, diventando presidente dei Giovani Repubblicani. Presto, però, Hillary cominciò a scivolare a sinistra, fino a diventare una nota attivista nel campus. Volendo approfondire il suo impegno rivoluzionario, nel 1968 andò a Chicago per incontrare Saul Alinsky, già affermato “guru” dell’estrema sinistra populista. Dopo tre ore di conversazione, il vecchio rivoluzionario le offrì un lavoro come community organizer, TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / DICEMBRE 2014 - 7


Attualità Lady, che rimase inaccessibile ai ricercatori fino al 2002. Anche oggi, il testo è consultabile solo previo appuntamento nella biblioteca del College.

Lettere compromettenti

I difensori della leader democratica sostengono che la sua analisi su Alinsky fosse meramente accademica, senza implicazioni ideologiche. Recentemente, però, è venuta alla luce una lettera di Hillary Clinton ad Alinsky, che mostra fino a che punto lei ammirasse il rivoluzionario di Chicago e ne sposasse la causa.

vale a dire come agitatore professionale. Pur condividendone gli obiettivi, Hillary respinse l’offerta perché “pensavo che il sistema si poteva cambiare dall’interno”. Evidentemente aveva già progetti politici.

Affascinata comunque dal personaggio, la giovane attivista fece la tesi di laurea su: “Esiste una sola lotta. Un’analisi del modello Alinsky”. Per l’elaborazione della tesi, Hillary incontrò Alinsky altre due volte. Pur criticandone alcune tattiche, Hillary assunse la struttura portante del pensiero di Alinsky riguardo alla soluzione dei problemi sociali. Nel 1993 Hillary dichiarò al “Washington Post”: “Io penso che, fondamentalmente, Alinsky aveva ragione nel suo approccio ai problemi sociali”.

Negli anni successivi, Hillary collaborò più volte con l’Industrial Areas Foundation (IAF), la macchina politica di Alinsky. In due occasioni fece addirittura da testimonial per la Washington Interfaith Network, affiliata alla IAF.

Una volta arrivata alla Casa Bianca, però, durante la presidenza del marito, le esigenze della sua immagine politica la costrinsero a nascondere i suoi legami con Alinsky. La Casa Bianca chiese al Wellesley College di sigillare la tesi di laurea della First 8 - TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / DICEMBRE 2014

Nella lettera, datata 8 luglio 1971, Berkeley, Hillary chiedeva ad Alinsky “Quando esce il suo nuovo libro [«Rules for Radicals»]. O forse è già uscito e io ho mancato il compimento della Rivelazione? Ho avuto migliaia di conversazioni su «Reveille» e ho bisogno di nuovo materiale per spronare le persone. Lei adesso è rivalutato dai politici della Nuova Sinistra. (…) Sono sopravissuta alla scuola di Giurisprudenza, con il mio zelo come agitatrice intatto. Non avrò mai parole sufficienti per ringraziarla delle sue incoraggianti parole la scorsa primavera”. Affermando “mi mancano le nostre conversazioni”, Hillary chiedeva se fosse possibile incontrarsi di nuovo.

La risposta arrivò dalla segretaria di Alinsky, allora all’estero, che le propose alcune date per l’eventuale incontro: “Poiché conosco i sentimenti del sig. Alinsky nei suoi confronti, mi sono permessa di aprire la lettera”.

Una certa propaganda vorrebbe presentare Hillary Clinton come una leader sensata e credibile. La sua ammirazione per Saul Alinsky ci mostra una realtà molto diversa.

“Non possiamo dimenticare di rendere omaggio al primo radicale della storia, il primo che si ribellò contro l’establishment e lo fece in modo tanto efficace da conquistare il suo proprio regno: Lucifero” Saul Alinsky


Il Partito socialista francese a rischio estinzione di Attilio Faoro La sconfitta del Partito socialista francese nelle elezioni municipali del 2014 è l’ennesimo chiodo sulla bara di una realtà politica che corre seri rischi di estinzione, con ripercussioni a livello europeo e mondiale

S

econdo il giornale di sinistra “Le Monde”: “Per il socialismo, le ultime elezioni sono state un cataclisma, un’ecatombe, che non trova paragone in nessuna elezione precedente”. I numeri non danno scampo. I socialisti hanno perso nel 70% dei comuni. Fa eccezione Parigi che, comunque, dovrà fare i conti con la vittoria del centro-destra nelle periferie. Siccome, dal 2016, queste periferie si annetteranno alla città per formare la Regione autonoma della Grande Parigi, il governo passerà ipso facto alla maggioranza.

Conseguenze a lungo termine

Secondo Jérôme Fourquet, direttore dell’agenzia demoscopica Ifop: “Le conseguenze della sconfitta saranno durissime, e si faranno sentire a lungo termine. Molti punti di sostegno sul territorio sono andati persi, e sarà molto difficile ricuperarli”.

Un aspetto della sconfitta è il disfacimento della macchina di reclutamento del Partito, basata sulla distribuzione clientelare delle cariche municipali, nonché su una fitta rete di associazioni assistenziali e

culturali radicate nei comuni, oggi in mano al centro-destra. “Il socialismo municipale è morto – si è lamentato un deputato socialista – La macchina centrale entrerà in panico”.

E, ancora, conseguenza della sconfitta sarà la diminuzione delle risorse finanziarie. Secondo la legge francese, ogni candidato eletto deve versare al proprio partito una parte dello stipendio. Con la perdita di oltre duecento comuni, il numero di cariche che il Partito socialista detiene è crollato da 64mila a 30mila. Secondo l’analista politico Bruno Lévy, ciò farà mancare alla cassa delle Federazioni locali svariati milioni di euro. I socialisti perderanno anche la fragile maggioranza al

“La sinistra francese potrebbe morire”

Manuel Valls, primo ministro TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / DICEMBRE 2014 - 9


Attualità

Il

Il colpo mortale

13 dicembre 1981, i principali giornali del mondo pubblicarono un manifesto di ben sei pagine: “Il socialismo autogestionario rispetto al comunismo: barriera o testa di ponte?”. L’autore era il pensatore cattolico brasiliano Plinio Corrêa de Oliveira. Poco prima, con massicce campagne propagandistiche, il cosiddetto “socialismo autogestionario” era stato presentato come l’onda del futuro, la via di uscita dalla crisi del socialismo reale, la spinta ideale che doveva catapultare il socialismo nel secolo XXI. Se ne fece alfiere François Mitterrand, vittorioso nelle elezioni presidenziali di maggio 1981. A tal fine, egli avrebbe utilizzato il grande prestigio culturale che la Francia possedeva ancora: le rayonnement de la France... Il manifesto di Plinio Corrêa de Oliveira dissolse quel sogno. Utilizzando i testi degli stessi socialisti, il pensatore cattolico dimostrò come la corrente autogestionaria non fosse altro che la realizzazione estrema del comunismo.

“Assolutamente non c’è panico all’Eliseo! Ve lo garantisco”, dichiarò il primo ministro Pierre Mauroy in una conferenza stampa convocata in fretta e furia; mentre il portavoce del Ministero degli Esteri ammetteva: “Il Governo non è preparato per affrontare questa campagna. In queste circostanze è meglio tacere”. Cosa che, puntualmente, hanno fatto fino ad oggi.

Nel 1986, l’intellettuale di sinistra Luciano Pellicani scrisse “La capacità progettuale della sinistra si è notevolmente indebolita. L’ultima stagione progettuale fu quella del socialismo autogestionario, che delineava una nuova frontiera del socialismo. Ma fu rapidamente messo da parte”. Fu l’inizio della fine.

Senato, poiché i senatori sono eletti dai cosiddetti “grandi elettori”, che sono, oggi, in maggioranza di centro-destra. Infatti, nelle elezioni di settembre per rinnovare metà Senato, il Partito socialista ha già lasciato ben 16 poltrone.

Il giornale di estrema sinistra “Libération” non lesina commenti: “Il Partito socialista si è polverizzato. I socialisti si trovano oggi in mezzo a un campo di rovine”. Tutto ciò induce il primo ministro Manuel Valls ad allertare: “La sinistra francese potrebbe morire nel 2017”.

Le due France

Consideriamo, però, questo scenario in tutta la sua ampiezza.

Le elezioni del 2014 segnano uno spartiacque. Due France si sono scontrate, e ha vinto quella autentica. Secondo l’analista Christophe Guilly, ai margini della società laica e rivoluzionaria è nata una “contro-società” tradizionale: “Questa contro-società è radicata nelle piccole città. Le sue parole 10 - TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / DICEMBRE 2014

d’ordine sono: quartiere, territorio, identità. In questi territori periferici, questa contro-società non sviluppa una cultura di classe, ma una percezione comune degli effetti nocivi della globalizzazione e delle scelte economiche e sociali fatte dalla sinistra, come le unioni civili. Questa contro-società si mostra refrattaria alle riforme sociali della sinistra”.

Ciò che è avvenuto, nelle parole del noto storico Jean Sévilla, è uno scontro fra “morale laicista e morale cattolica”. Finora aveva sempre vinto la prima. Oggi, invece, ci si domanda se “non siamo alle soglie di un cambio di epoca”.

Qualunque sia l’esito dello scontro, una cosa è certa: la sinistra dovrà fare i conti con “un rinnovato cattolicesimo intransigente”, come lo chiama JeanPierre Mignard, vicedirettore del mensile catto-comunista “Témoignage Chrétien”: “Sono allarmato dall’importanza raggiunta dal cattolicesimo intransigente. È afflittivo! Il fenomeno è visibile ormai da qualche anno. È un settore importante del cattolicesimo in fortissima crescita, una minoranza rumorosa e che ottiene risultati. Il pluralismo è il loro nemico. È una vera catastrofe!”.


Sinodo

Qualche riflessione in margine al Sinodo

Dal 5 al 19 ottobre si è realizzato nel Vaticano il Sinodo straordinario dei vescovi sulla famiglia. L’assise ha portato alla luce opinioni assai divergenti in materia morale tra membri della stessa gerarchia. In margine agli aspetti teologici, si impongono alcune riflessioni.

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Sinodo

Sinodo: un punto essenziale

di Julio Loredo

Sui contenuti prettamente teologici ed ecclesiali del Sinodo si sono pronunciati autorevoli teologi e membri della gerarchia. C’è un punto, tuttavia, che ha ricevuto un’attenzione minore e che, a nostro parere, è invece essenziale.

L’

attenzione del mondo, cattolico e non, si è fissata sul Sinodo straordinario dei Vescovi riunitosi a Roma lo scorso ottobre per discutere su temi riguardanti la famiglia: comunione ai divorziati “risposati”, apertura alle coppie dello stesso sesso e via dicendo. Anche se meramente consultiva, era per tutti evidente che l’assise avrebbe condizionato la pastorale della

Chiesa nel prossimo futuro, con riflessi anche sul Magistero. Si è trattato di un evento epocale.

Lo stesso governo Renzi, dopo una cavalcata di disegni di legge gravemente nocivi all’istituzione famigliare, aveva subito una battuta d’arresto in attesa delle conclusioni sinodali. Interpretando il rapporto sinodale come una luce verde, l’enfant prodige della sinistra cattolica ha ripreso con raddoppiato ardore l’offensiva contro la famiglia.

Chiesa “luce del mondo”, oppure mondo “luce della Chiesa”?

Sui contenuti prettamente teologici ed ecclesiali del Sinodo si sono pronunciati autorevoli teologi, opinionisti e membri della gerarchia, tra cui vari cardinali che, con grande coraggio, hanno assunto il compito di difendere la Fede contro ogni tentativo di contraffazione. Autori di rinomanza hanno poi demolito le radici dottrinali degli errori in materia morale proposti da taluni prelati progressisti. Forse mai, dal Concilio Vaticano II in poi, il mondo cattolico si era presentato così diviso su temi di tanta rilevanza.

C’è un punto, tuttavia, che ha ricevuto un’attenzione minore e che, a nostro parere, andrebbe invece messo in risalto. Si desume dalle dichiarazioni del cardinale Lorenzo Baldisseri, segretario generale del Sinodo. Dopo aver dichiarato: “C’è una porta che finora è stata chiusa e il Papa vuole che si apra”, il porporato spiega i motivi che lo spingono a chiedere una riforma nella dottrina della Chiesa: Il cardinale Raymond Leo Burke, Prefetto della Segnatura Apostolica: uno dei prelati che più si è distinto nella difesa del Magistero della Chiesa 12 - TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / DICEMBRE 2014


Il “mondo” al quale si vuole adattare la Chiesa è frutto di un processo rivoluzionario iniziato con il protestantesimo, aggravato con la Rivoluzione francese e il comunismo, e sfociato nella rivoluzione culturale caratterizzata dal tentativo di sovvertire la stessa natura umana

“E poi c’è anche uno sviluppo teologico. Tutti i teologi lo dicono. Non è tutto statico, noi camminiamo nella storia. La religione cristiana è storia, non ideologia (1). Il contesto attuale della famiglia è differente da quello di trentatré anni fa, ai tempi della Familiaris consortio [esortazione di Giovanni Paolo II, ndr]. Senza storia non so dove andiamo…” In sintesi: la società è cambiata, ergo la Chiesa deve cambiare per conformarsi.

Ecco, in tutta la sua drammatica forza, il problema del rapporto fra Chiesa e mondo, problema vecchio quanto la Chiesa stessa e sempre al cuore delle vicende che vedono la Sposa di Cristo compiere la sua missione salvifica in mezzo agli uomini. Senza voler assolutamente trattare in questa sede un argomento tanto complesso quanto delicato, ci preme tuttavia rilevare che esso presenta due aspetti: uno teorico e uno concreto.

Teoricamente, la domanda si pone in questo modo: La Chiesa è il sale della terra e la luce del mondo, oppure la terra è il sale della Chiesa e il mondo la sua luce? Questione, credo, risolta in radice da Nostro Signore Gesù Cristo stesso (Mt 5, 1314), e sulla quale non ci può essere nessun dubbio, a rischio di tradire la divina Parola.

In un certo senso, però, la domanda più vitale è quella concreta: a quale mondo si vuole adattare la Chiesa?

Per chi osserva gli avvenimenti storici (se proprio di “storia” dobbiamo parlare), è evidente che l’umanità è prigioniera di un fascio di errori e di iniquità cominciati, nella sfera religiosa e culturale, con l’Umanesimo, il Rinascimento e la pseudo-Riforma protestante. Tali errori si sono aggravati con l’illuminismo, il razionalismo, e sono culminati nella sfera politica con la Rivoluzione francese. Dal terreno politico sono passati al campo sociale ed economico con il socialismo utopistico e con quello cosiddetto scientifico. Con l’avvento del comunismo in Russia, tutta questa congerie di errori e di iniquità ha avuto un esordio di trasposizione nell’ordine concreto, e ne è nato l’impero comunista. Il ‘68 segna l’inizio di una nuova tappa, chiamata genericamente Rivoluzione culturale e caratterizzata dal tentativo di sovvertire la stessa natura umana per cancellarvi ogni traccia di ordine, morale e naturale. “L’espressione ‘rivoluzione culturale’ implica una rivoluzione nei modi di sentire, di agire e di pensare, una rivoluzione nel modo di vivere, individualmente e collettivamente, insomma una rivoluzione nella civiltà — spiegava il pensatore marxista Pierre Fougeyrollas — La rivoluzione psico-sessuale attualmente in corso costituisce una forza decisiva per attuare la rivoluzione totale”. Punto cardine di questa Rivoluzione è la distruzione della famiglia, fondamento dell’ordine psicologico e morale della persona, pietra miliare dell’ordine sociale. È in tale panorama che si inseriscono le “picconate” che, ormai da decenni, stanno TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / DICEMBRE 2014 - 13


Sinodo

“Non è tutto statico, noi camminiamo nella storia. La religione cristiana è storia. Senza storia non so dove andiamo”

Cardinale Lorenzo Baldisseri

demolendo la famiglia, pezzo dopo pezzo: divorzio, contraccezione, aborto, coppie di fatto, fecondazione artificiale, unioni omosessuali, pillola del giorno dopo, ideologia gender e via dicendo. Tutto in nome della “modernità” alla quale ci si deve inchinare. Mentre le altre rivoluzioni miravano alla distruzione di strutture e di principi, la Rivoluzione culturale mette la scure alla natura stessa, scontrandosi necessariamente con l’Istituzione che, per divina disposizione, ne è la tutrice: la Santa Chiesa Cattolica. Dio è l’Autore della natura. La legge naturale non è altro che la legge divina incisa nella natura razionale. Il suo grande baluardo è, dunque, la Chiesa che, per missione divina, ha il compito di tutelarla e di difenderla dagli attacchi del maligno.

Di fronte alla Rivoluzione culturale, qual è il compito dei cattolici? Difendere i principi dell’or-

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dine naturale e divino, in questo modo ubbidendo all’ordine divino di evangelizzare tutti i popoli? Oppure cedere alla Rivoluzione per non essere bollati come “antiquati”?

Nel corso del Sinodo, più di un prelato sembra aver scelto la seconda posizione. Vien voglia di rispondere col detto francese: Être dans le vent c’est le désir des feuilles mortes... Stare nel vento è ciò che vogliono le foglie secche...

Vi è, però, un’altra osservazione suggerita dalle dichiarazioni del Segretario generale del Sinodo, che ci porta al nucleo del commento che vorremmo proporre.

L’importanza del campo temporale

Un’analisi anche sommaria degli errori ed eresie che hanno funestato la Chiesa negli ultimi duecento anni, rivela una constante: si tratta sempre di infiltrazioni in seno al cattolicesimo di tendenze e di idee rivoluzionarie già largamente dominanti nella sfera temporale all’insegna della “modernità”. I progressisti di ogni epoca si sono giustificati sostenendo di voler semplicemente venire incontro a queste tendenze, mettendo la Chiesa in riga con i nuovi tempi. In altre parole, le concezioni rivoluzionarie in campo civile sono diventate la matrice delle trasformazioni in campo religioso. È attraverso la sfera civile che gli errori della Rivoluzione finiscono per incidere sulla Chiesa. “I cattolici sono inferiori perché non hanno ancora accettato la grande Rivoluzione del 1789. Noi invece accettiamo, invochiamo i principi e le libertà proclamati nel


Le concezioni rivoluzionarie in campo civile sono diventate la matrice delle trasformazioni in campo religioso. È attraverso la sfera civile che gli errori della Rivoluzione finiscono per incidere sulla Chiesa Nella foto, il sindaco di Roma Ignazio Marino partecipa al Roma pride 2014

1789”, dichiarava nel 1853 Charles de Montalembert, capofila del cattolicesimo liberale. “Il nostro atteggiamento religioso vuol essere semplicemente di cristiani viventi in armonia con lo spirito del loro tempo”, si giustificava nel 1907 Ernesto Buonaiuti dopo la condanna di s. Pio X al Modernismo. “L’umanità è spinta da un irresistibile movimento in avanti. Il processo storico è intrinsecamente irreversibile. Dobbiamo riconoscere ed assumere le verità nascoste in questo processo”, scriveva nel 1947 Jacques Maritain, il filosofo della svolta a sinistra nell’Azione cattolica.

Questo spiega appieno perché Plinio Corrêa de Oliveira – che diceva di sé “non sono più io che vivo ma la Chiesa vive in me”, e “la Chiesa è l’anima della mia anima” – abbia dedicato il meglio del suo sforzo intellettuale e della sua azione all’ordine temporale, sicuro che in questo modo avrebbe reso alla Chiesa un servizio insostituibile.

Ed è perciò che, nel dare corpo alla sua opera, egli la chiamò Società per la difesa della Tradizione, Famiglia e Proprietà. Fu, forse, la prima associazione di ampio respiro dedita alla difesa della famiglia contro l’assalto dell’allora nascente Rivoluzione culturale. Sin dalle prime battaglie contro il divorzio, negli anni Sessanta, la difesa della famiglia è stata un cardine dell’azione del leader cattolico brasiliano e delle associazioni da lui ispirate. Un’azione certamente volta alla difesa della famiglia come istituzione naturale e sacramentale. Ma anche un’azione volta alla distruzione del processo rivoluzionario, matrice del male non solo nella società temporale, ma anche in quella spirituale. 1. Ecco riapparire l’immanentismo storicista condannato da Pio XII nell’enciclica Humani generis del 1950. Condanna ribadita dal cardinale Joseph Ratzinger nell’Istruzione Libertatis nuntius contra la Teologia della liberazione, nel 1984. TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / DICEMBRE 2014 - 15


Sinodo

Il matrimonio nel Magistero della Chiesa

Il matrimonio è un’istituzione naturale. Elevandolo a Sacramento, Nostro Signore aprì per i coniugi una via di santità nella quale la finalità naturale, cioè la perpetuazione della specie, assume un carattere ancor più nobile: generare e formare i nuovi membri del Corpo Mistico di Cristo

I doveri dei coniugi sono numerosi e gravi, ma la carità divina sarà la loro perpetua moderatrice

«I

n primo luogo, alla società coniugale fu prestabilito uno scopo più nobile e più alto che mai fosse stato in precedenza, in quanto si volle che essa mirasse non solo a propagare il genere umano, ma a generare figli alla Chiesa, “concittadini dei Santi e domestici di Dio” (Ef 2,19), cioè “che fosse creato ed educato un popolo al culto e alla religione di Cristo, vero Dio e nostro Salvatore”. In secondo luogo, all’uno ed all’altro dei coniugi furono stabiliti i loro propri doveri, e interamente descritti i loro diritti. È necessario cioè che essi abbiano sempre l’animo talmente disposto da comprendere l’uno dovere all’altro un amore grandissimo, una fede costante, un sollecito e continuo aiuto.

«U

Il marito è il principe della famiglia e il capo della moglie; la quale, non pertanto, dato che è carne della carne di lui ed osso delle sue ossa, deve essere soggetta ed obbediente al marito, non a guisa di ancella, ma di compagna; cioè in modo tale che la soggezione che ella rende a lui non sia disgiunta dal decoro né dalla dignità. In lui che governa, ed in lei che obbedisce, dato che entrambi rendono l’immagine l’uno di Cristo, l’altra della Chiesa, sia la carità divina la perpetua moderatrice dei loro doveri. Infatti “l’uomo è capo della donna, come Cristo è capo della Chiesa... Quindi, come la Chiesa è soggetta a Cristo, così le mogli debbono essere soggette ai loro mariti in ogni cosa” (Ef 5,23-24). Furono inoltre pareggiati i diritti del marito e della moglie». [Leone XIII, enciclica Arcanum Divinae Sapientiae, 1880]

S. Pietro insegna i doveri coniugali

gualmente voi, mogli, state sottomesse ai vostri mariti perché, anche se alcuni si rifiutano di credere alla parola, vengano dalla condotta delle mogli, senza bisogno di parole, conquistati considerando la vostra condotta casta e rispettosa. Il vostro ornamento non sia quello esteriore capelli intrecciati, collane d’oro, sfoggio di vestiti; cercate piuttosto di adornare l’interno del vostro cuore con un’anima incorruttibile piena di mitezza e di pace: ecco ciò che è prezioso davanti a Dio. Così una volta si ornavano le sante donne che speravano in Dio; esse stavano sotto16 - TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / DICEMBRE 2014

messe ai loro mariti, come Sara che obbediva ad Abramo, chiamandolo signore. Di essa siete diventate figlie, se operate il bene e non vi lasciate sgomentare da alcuna minaccia.

E ugualmente voi, mariti, trattate con riguardo le vostre mogli, perché il loro corpo è più debole, e rendete loro onore perché partecipano con voi della grazia della vita: così non saranno impedite le vostre preghiere. E finalmente siate tutti concordi, partecipi delle gioie e dei dolori degli altri, animati da affetto fraterno, misericordiosi, umili». [1 Pietro, 3, 1-7]


Nostro Signore ha voluto elevare l’unione dell’uomo e della donna alla dignità di Sacramento

«Q

uesta società, retta secondo l’esigenza del diritto naturale, si fonda principalmente sopra l’unione indissolubile dell’uomo e della donna, si completa negli scambievoli doveri e diritti tra i genitori e i figli, tra i padroni e i servi. Sapete ancora che essa va quasi a disciogliersi secondo le dottrine del Socialismo; in quanto, perduta la stabilità che le deriva dal matrimonio cristiano, ne consegue che venga pure ad indebolirsi in straordinaria maniera l’autorità dei padri sopra i figli, e la riverenza dei figli verso i genitori. Al contrario, la Chiesa insegna che il matrimonio, “degno di essere in tutto onorato” (Eb 13,4), istituito da Dio fin dal principio del mondo per propagare e conservare l’umana specie e da Lui voluto indissolubile, crebbe a condizione ancora più stabile e più santa per opera di Cristo che gli conferì la dignità di Sacramento e volle che ritraesse in sé l’immagine della sua unione con la Chiesa.

Pertanto, secondo quanto insegna l’Apostolo (Ef 5,22-24), come Cristo è il capo della Chiesa, così il marito è il capo della sposa; e come la Chiesa si tiene soggetta a Cristo che nutre per lei un amore ca-

Fin dal principio del mondo Dio ha stabilito il matrimonio per la propagazione della specie e lo ha fatto indissolubile

stissimo ed eterno, così conviene che le spose siano soggette ai loro mariti, i quali a loro volta le debbono amare di affetto fedele e costante». [Leone XIII, enciclica Quod Apostolici Muneris, 1878 ]

Raggiungere la vetta della perfezione cristiana nel matrimonio: ideale al quale devono tendere gli sposi

«Q

uesta azione poi nella società domestica non comprende solo il vicendevole aiuto, ma deve estendersi altresì, anzi mirare soprattutto a questo, che i coniugi si aiutino fra di loro per una sempre migliore formazione e perfezione interiore; sicché nella loro vicendevole unione di vita crescano sempre più nelle virtù, soprattutto nella sincera carità verso Dio e verso il prossimo, da cui infine “dipende tutta quanta la legge e i Profeti”.

Possono insomma e debbono tutti, di qualunque condizione siano e qualunque onesto stato di vita abbiano scelto, imitare l’esemplare perfettissimo di ogni santità, proposto da Dio agli uomini, che è N. S. Gesù Cristo, e con l’aiuto di Dio giungere anche all’altezza somma della perfezione cristiana, come gli esempi di molti santi ci dimostrano». [Pio XI, enciclica Casti Connubi, 1930]

I beati Louis e Zélie Martin, genitori di S. Teresina del Bambino Gesù

TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / DICEMBRE 2014 - 17


Sinodo

«E

Una vocazione cristiana specifica rafforzata col sacramento del matrimonio

ora la nostra parola si rivolge più direttamente ai nostri figli, particolarmente a quelli che Dio chiama a servirlo nel matrimonio. La chiesa, mentre insegna le esigenze imprescrittibili della legge divina, annunzia la salvezza e apre con i sacramenti le vie della grazia, la quale fa dell’uomo una nuova creatura, capace di corrispondere nell’amore e nella vera libertà al disegno del suo Creatore e Salvatore e di trovare dolce il giogo di Cristo. Gli sposi cristiani, dunque, docili alla sua voce, ricordino che la loro vocazione cristiana iniziata col battesimo si è ulteriormente specificata e rafforzata col sacramento del matrimonio. Per esso i coniugi sono corroborati e quasi consacrati per l’adempimento fedele dei propri doveri, per l’attuazione della propria vocazione fino alla perfezione e per una testimonianza cristiana loro propria di fronte mondo. Ad essi il Signore affida il compito di rendere visibile agli uomini la santità “e la soavità della legge che unisce l’amore vicendevole degli sposi con la loro cooperazione all’amore di Dio autore della vita umana. Non intendiamo affatto nascondere le difficoltà talvolta gravi inerenti alla vita dei coniugi cristiani: per essi, come per ognuno, è stretta la porta e angusta la via che conduce alla vita”.

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Ma la speranza di questa vita deve illuminare il loro cammino, mentre coraggiosamente si sforzano di vivere con saggezza, giustizia e pietà nel tempo presente, sapendo che la figura di questo mondo passa. Affrontino quindi gli sposi i necessari sforzi, sorretti dalla fede e dalla speranza che “non delude, perché l’amore di Dio è stato effuso nei nostri cuori con lo Spirito santo, che ci è stato dato”; implorino con perseverante preghiera l’aiuto divino; attingano soprattutto nell’eucaristia alla sorgente della grazia e della carità. E se il peccato facesse ancora presa su di loro, non si scoraggino, ma ricorrano con umile perseveranza alla misericordia di Dio, che viene elargita con abbondanza nel sacramento della penitenza.

Essi potranno in tal modo realizzare la pienezza della vita coniugale descritta dall’apostolo: “Mariti, amate le vostre mogli, come anche Cristo ha amato la chiesa (...). I mariti devono amare le loro mogli come il proprio corpo. Amare la moglie, non è forse amare se stesso? Ora nessuno mai ha odiato la propria carne, che anzi la nutre e la cura, come fa Cristo per la chiesa (...). Grande è questo mistero, voglio dire riguardo a Cristo e alla chiesa. Ma per quel che vi concerne, ognuno ami la sua moglie come se stesso e la moglie rispetti il proprio marito”». [Paolo VI, enciclica Humanae Vitae, 1968]


Un modello di matrimonio cristiano: Santa Gianna Beretta e Pietro Molla Scopriamo com’è un matrimonio davvero cattolico attraverso alcune lettere di Santa Gianna Beretta Molla al marito Pietro

“V

orrei proprio farti felice ed essere quella che tu desideri: buona, comprensiva e pronta ai sacrifici che la vita ci chiederà. (…) Ora ci sei tu, a cui già voglio bene ed intendo donarmi per formare una famiglia veramente cristiana”. (21 febbraio 1955)

“P

ietro, potessi dirti tutto ciò che sento per te! ma non sono capace, supplisci tu. Il Signore proprio mi ha voluto bene. Tu sei l’uomo che desideravo incontrare, ma non ti nego che più volte mi chiedo: sarò io degna di lui? Sì, di te, Pietro, perché mi sento così un nulla, così capace di niente, che pur desiderando grandemente di farti felice, temo di non riuscirvi. E allora prego così il Signore: «Signore, tu che vedi i miei sentimenti e la mia buona volontà, rimediaci tu e aiutami a diventare una sposa e una madre come Tu vuoi e penso che anche Pietro lo desideri». Va bene così, Pietro?”. (11 marzo 1955)

“P

ietro carissimo, tu sai che è mio desiderio vederti e saperti felice; dimmi come dovrei essere e ciò che dovrei fare per renderti tale. Ho tanta fiducia nel Signore e son certa che mi aiuterà ad essere la tua degna sposa. Mi piace spesso meditare il brano dell’Epistola della Messa di S. Anna: «La donna forte chi la troverà? Il cuore di suo marito può confidare in lei, non gli farà che bene, né mai gli recherà danno, per tutto il tempo della vita, ecc». Pietro, potessi essere per te la donna forte del Vangelo! Invece mi pare e mi sento debole. Vuol dire che mi appoggerò al tuo braccio forte. Mi sento così sicura vicino a te!”. (9 aprile 1955)

“T

i amo tanto tanto Pietro, e mi sei sempre presente, cominciando dal mattino quando durante la S. Messa, all’Offertorio, offro con il mio, il tuo lavoro, le tue gioie, le tue sofferenze e poi durante tutta la giornata fino alla sera”. (10 giugno 1955)

“M

ancano solo venti giorni e poi sono…Gianna Molla! Che diresti se, per prepararci spiritualmente a ricevere questo Sacramento, facessimo un triduo? Nei giorni 21-22-23 S. Messa e S. Comunione, tu a Ponte Nuovo, io nel Santuario dell’Assunta. La Madonna unirà le nostre preghiere, desideri, e poiché l’unione fa la forza, Gesù non può non ascoltarci ed aiutarci. Sono certa che dirai di sì, e ti ringrazio”. (3 settembre 1955)

(Tratto da Gianna Beretta e Pietro Molla, Lettere, a cura di Elio Guerriero, Edizioni San Paolo, Milano 2012)

Sopra, S. Gianna con due figli: Laura e Pierluigi A sin., il giorno del matrimonio con l’ing. Pietro Molla

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Sinodo

Il miele, il giglio e la bomba di Plinio Corrêa de Oliveira

Nel 1987, in occasione del dibattito sulla nuova Costituzione, il quotidiano “Folha de S. Paulo” chiese al prof. Plinio Corrêa de Oliveira se riteneva possibile la restaurazione dell’indissolubilità del matrimonio, abolita dalla legge sul divorzio dieci anni prima. Il leader cattolico indicò la purezza, la verginità e l’onore come unica soluzione alla valanga rivoluzionaria 20 - TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / DICEMBRE 2014


L

a TFP vanta nel suo passato numerose iniziative contro il divorzio. Fino all’ultimo ha lottato contro di esso, impegnando in questa battaglia tutti i mezzi a sua disposizione.

La vittoria del divorzio nel nostro Paese [nel 1977] non è stato il risultato di un’offensiva divorzista particolarmente forte o efficace, che riuscì ad abbattere, finalmente, la gloriosa muraglia dell’indissolubilità coniugale. Tale vittoria è stata possibile, piuttosto, a causa di deprecabili cedimenti, per non dire altro, all’interno del mondo cattolico. Insisto, però, che la TFP ha combattuto contro il divorzio sino alla fine. Ricordo questi fatti per rispondere alla domanda rivoltami dalla «Folha de S. Paulo»: “Lei è a favore o contrario alla fine di ogni restrizione legale al divorzio?”. È chiaro che sono contrario a che queste restrizioni siano revocate. Perché, vedendo nel divorzio una catastrofe, posso soltanto essere fermamente favorevole a che se ne limitino gli effetti.

Tuttavia devo aggiungere che la catastrofe maggiore in questa materia non è stata - né continua a essere - il divorzio in sé, ma la tremenda dissoluzione dei costumi che da molti anni si sta diffondendo, in modo graduale e inesorabile, nel nostro Paese. È questo il vero problema. Il divorzio è appena uno dei suoi effetti catastrofici.

Un numero sempre maggiore di brasiliani, cattolici praticanti (!) e non, o allora atei, coincidono nell’accettare il divorzio. Ritengono, inoltre, che il matrimonio civile tra divorziati (o di un divorziato con una persona singola) sia privo di spessore morale e manchi, quindi, di serietà. In conseguenza, in innumerevoli casi, scelgono la coabitazione senza passare per la cerimonia, vuota di significato, del contratto civile. Quando il divorzio è stato approvato, il concubinato era già ampiamente diffuso in molti ceti del Paese, dai più alti ai più modesti.

Sembra che non se ne siano accorti i divorzisti, i quali immaginavano una valanga di richieste di scioglimento del vincolo matrimoniale subito dopo l’approvazione della legge. Fino al punto che si era pensato molto seriamente di installare sportelli speciali nei corridoi dei Tribunali, al fine di accogliere questa valanga. Pensavano che ci sarebbe stata una sorta di “rottura degli argini” per quanti, insoddisfatti del proprio matrimonio, infine “liberati” dagli impedimenti legali, impazienti, avrebbero voluto costituire una nuova unione civile.

Tuttavia, non vi è stata alcuna “rottura degli argini” semplicemente perché quanti volevano una formula per fuggire dal legame coniugale, nella maggior parte dei casi non avevano alcuna fretta: di fatto erano già affogati nel fango del concubinato aggravato dall’adulterio.

Di fronte a questa immensa catastrofe morale, cosa significa l’attenuazione o la soppressione delle restrizioni legali al divorzio? Molto poco!

Aggiungo che, dal punto di vista della sua ripercussione sull’opinione pubblica nazionale, l’attuale dibattito sul divorzio esercita un effetto poco salutare.

Questa controversia si presenta, infatti, per molti anti-divorzisti come un’occasione per riproporre, in misura ridotta, la battaglia del 1977. In maniera tale da far balenare, sullo sfondo di un orizzonte tenebroso, la speranza d’una restaurazione del matrimonio monogamico indissolubile. Tale speranza può distogliere l’attenzione degli anti-divorzisti da un punto infinitamente più importante.

Perché si possa restaurare l’indissolubilità matrimoniale, è necessario che prima si restauri nelle anime il desiderio di serietà, di austerità, di mortificazione. Non solo. Bisogna restaurare un’altra cosa, contenuta in una parola dolce come il miele, profumata come un giglio e che, tuttavia, esplode come una bomba: purezza.

E, sulla scia della purezza, le sue due sorelle, non meno dolci né meno soavi, ma con un potere di detonazione ancora maggiore: verginità e onore. Senza purezza, verginità e onore, possiamo sperare che il Paese revochi il divorzio?

(Titolo originale O favo, o lírio e a bomba, “Folha de S. Paulo”, 6 giugno 1987) TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / DICEMBRE 2014 - 21


Incontro dei Movimenti popolari

Incontro mondiale dei Movimenti popolari in Vaticano: tentativo di far rivivere movimenti rivoluzionari? di Nelson Ramos Barreto (*) Organizzato dal Pontificio Consiglio Iustitia et Pax, alla presenza di Papa Francesco, si è tenuto in Vaticano, dal 27 al 29 ottobre, l’Incontro mondiale dei Movimenti popolari, da più parti interpretato come un avallo ecclesiastico alla sinistra populista e alla Teologia della liberazione. Seguono alcune riflessioni del nostro inviato speciale.

I

nvitati dal Pontificio Consiglio Iustitia et Pax, in collaborazione con la Pontificia Accademia delle Scienze Sociali e col deciso sostegno di Papa Francesco, rappresentanti dei cosiddetti “Movimenti popolari” provenienti dai cinque Continenti si sono riuniti a Roma, dal 27 al 29

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ottobre, per discutere su tre temi ritenuti fondamentali: terra, casa e lavoro. Secondo l’agenzia Fides, vi hanno preso parte più di cento leader laici, trenta vescovi impegnati con i movimenti sociali e circa cinquanta agenti pastorali, senza contare alcuni membri della Curia romana.


Il presidente boliviano Evo Morales, leader “cocalero” e figura di riferimento del cosiddetto “socialismo indigeno” ha chiesto l’eliminazione del capitalismo, scagliandosi poi contro l’opera evangelizzatrice della Spagna in America Latina A dx., l’abbraccio col Papa dopo l’intervento Sotto, logo del Movimento dei senza terra

“Papa Francesco non ci ha dimenticati”, ha dichiarato uno degli organizzatori, l’argentino Juan Grabois, dirigente della Confederazione dei lavoratori dell’economia popolare: “Jorge Bergoglio ci ha accompagnato per anni nell’organizzazione dei contadini, dei barboni, dei venditori di strada, vittime della crisi provocata dal capitalismo neoliberista”. I partecipanti si riferivano l’un l’altro come “compagni”, termine usato anche nella Dichiarazione finale.

Disuguaglianza, esclusione sociale, dignità umana e ambiente, tra i temi sviluppati il primo giorno. La conclusione dei lavori è stata affidata al brasiliano João Pedro Stédile, leader del Movimento dei senza terra (MST). La mattina del secondo giorno è stata dedicata all’udienza con Papa Francesco. Ospite d’onore, il presidente boliviano Evo Morales, figura di riferimento del cosiddetto “socialismo indigeno”, con cui il Pontefice ha avuto un incontro amichevole. L’evento è stato chiuso alla stampa, accontentata dal Comunicato ufficiale. “Tanto per il populismo…”, ha commentato un collega giornalista. Nell’udienza, Papa Francesco ha spronato i presenti a “costruire una Chiesa povera e per i poveri”.

Preparazione in silenzio

nei confronti delle associazioni qualificate come “assistenzialiste” e, invece, l’opzione preferenziale per gli agitatori socialisti?

In un blog comunista cubano l’incontro in Vaticano è definito l’“Assemblea mondiale dei poveri in lotta”. Si noti bene: in lotta. Precisazione fatta anche dal Pontefice quando ha affermato: “I poveri non solo subiscono l’ingiustizia, ma lottano contro di essa!”. In cosa consisterebbe questa “ingiustizia”?

La parola d’ordine: eliminare il capitalismo

La giornata più importante è stata, senza dubbio, la seconda. Per comodità di esposizione, mi permetto di invertire l’ordine cronologico, iniziando con la sessione pomeridiana, salvo poi parlare del discorso del Papa nella mattina.

La preparazione del Congresso è stata fatta nel più assoluto riserbo. Nel dicembre 2013 era filtrata la notizia di un primo incontro preparatorio in Vaticano, al quale parteciparono, tra gli altri, Juan Grabois e João Pedro Stédile. Poi più nulla. Perché un tale silenzio?

Scorrendo l’elenco dei movimenti partecipanti, vi scorgiamo diverse realtà impegnate, nei rispettivi Paesi, in lotte rivoluzionarie, spesso a carattere violento ed eversivo, per imporre il socialismo marxista. Cosa ha spinto il Vaticano ad accogliere questi movimenti rivoluzionari, che manipolano le classi inferiori spingendole alla ribellione per instaurare il socialismo? Perché organizzazioni autorevoli e di provata tradizione che si dedicano ad aiutare i poveri non sono state invitate? Perché questo pregiudizio

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Incontro dei Movimenti popolari

Chi è João Pedro Stédile? diale. In questo modo, quando riprenderemo la lotta, essa sarà ovunque. E la terra tremerà!”.

C

hi è João Pedro Stédile, organizzatore e figura centrale dell’Incontro dei Movimenti popolari tenutosi in Vaticano?

Coordinatore nazionale del Movimento dos Sem Terra (Movimento dei senza terra, MST) e rappresentante di Via Campesina (Via contadina), Stédile è di formazione marxista: “Nella formazione politica del MST studiamo Marx, Lenin, Gramsci. (…) Ci ispiriamo alla scuola dei marxisti storici” (1).

Coerente con la sua formazione, Stédile concepisce la società esclusivamente in termini di lotta di classe. Negli ultimi anni, però, il fervore proletario sembra essersi appannato: “Nell’attuale contesto storico, la correlazione di forze a livello di lotta di classe è assai sfavorevole alle classi lavoratrici. (…) Le condizioni della lotta di classe risultano più difficili”. Egli, quindi, propone “un periodo di resistenza (…) preludio di una ripresa”. “In questo periodo di resistenza – continua il leader del MST – dobbiamo studiare meglio le lezioni della lotta di classe nella storia”.

Questo “periodo di resistenza” dovrà servire anche per “organizzare le classi lavoratrici a livello mondiale”, formando una coalizione che riunisca “tutti i movimenti sociali del mondo”. La lotta di classe diventerebbe, quindi, un fenomeno globale: “La curva della lotta di classe sarà mon-

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In Brasile, il MST non fa politica ma agitazione. Secondo Stédile: “La via dei cambiamenti per le vie istituzionali sembra decisamente bloccata. (…) Tutto ciò che il MST ha conquistato negli ultimi trent’anni è dovuto alla pratica delle invasioni di massa”, cioè alla violazione sistematica della proprietà privata rurale. Queste invasioni, guidate da agitatori addestrati a Cuba, assumono spesso un carattere violento, con l’utilizzo di armamenti pesanti e metodi da guerriglia, richiedendo l’intervento della Polizia e perfino dell’Esercito. Oltre alla distruzione massiccia dei beni immobili, vi sono, spesso, feriti e morti.

L’obiettivo del MST, secondo Stédile, è “istaurare il socialismo”, “sconfiggere la borghesia”, “controllare lo Stato”. Secondo il magistrato Gilberto Thums, che ha investigato sulle invasioni, “loro [MST] impiegano tattiche di guerriglia rurale per invadere i territori previamente scelti dai leader. Anche se non esibiti al pubblico, i manuali di guerriglia sono best-seller negli accampamenti del MST”. A conclusione di uno studio sulla violenza nelle campagne, un noto ricercatore ha affermato: “Potrei scrivere un’enciclopedia elencando i fatti di violenza perpetrati da questo movimento [MST] in Brasile”. Secondo un’indagine demoscopica, il 92% dei brasiliani considera tali invasioni illegali, mentre il 72% chiede l’intervento deciso delle Forze dell’ordine.

1. Cfr. Bertrand d’Orleans e Braganza, “Reverente e filiale messaggio a S.S. Francesco”, 8 febbraio 2014.

Sopra: copertina dell’importante rivista brasiliana “Veja” su João Pedro Stédile, leader del MST: “La sinistra con rabbia. Ispirati da ideali zapatisti, leninisti, maoisti e cristiani, i leader del MST proclamano l’implosione della ‘democrazia borghese’ e sognano un Brasile socialista”


“La proprietà privata ha, all’origine, un grande crimine che il tempo non potrà mai lavare” Juan Grabois

Per lo svolgimento dei lavori è stata scelta, non a caso, l’Aula Vecchia del Sinodo: austera, con i mattoni a vista, si trova nella parte medievale del Palazzo Apostolico. Non possiede lo splendore barocco dei piani superiori. A moderare la prima sessione la britannica Margaret Archer, presidente della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, la seconda, il cardinale Peter Turkson del Ghana, presidente del Pontificio Consiglio Iustitia et Pax. Lo slogan, più volte ripetuto dai relatori, chiosato nei dibattiti e martellato nei corridoi, è stato: “il capitalismo va eliminato perché fondamentalmente oppressivo”. Termine chiaramente usato nel senso spregiativo, coniato dai socialisti utopici e poi usato da Marx e Engels in «Das Kapital» per riferirsi al sistema economico fondato sulla proprietà privata e la libera iniziativa. Secondo i relatori, il capitalismo sarebbe “il diavolo”, e il “peccato sociale” la radice di ogni male.

Il presidente Evo Morales ha condannato senza mezzi termini il capitalismo, in cui “tutto è mercificato”, scagliandosi poi contro l’“invasione” europea dell’America Latina e quindi, implicitamente, contro l’opera evangelizzatrice della Spagna e del Portogallo. Ha chiesto la fine dell’embargo commerciale contro Cuba, senza la minima parola di rimprovero alla dittatura comunista che da oltre mezzo secolo opprime l’infelice nazione. Un rappresentante afri-

cano si è chiesto se non è giunto il momento di eliminare, definitivamente, il capitalismo. Tutti hanno ringraziato per l’appoggio del Papa.

La parola del Papa

Nella sua omelia la mattina, Papa Francesco ha esortato i presenti: “Andate avanti con la vostra lotta, cari fratelli e sorelle, è un bene per tutti noi”. Secondo il Pontefice: “Non si può sciogliere lo scandalo della povertà proponendo strategie di contenimento, che tranquillizzano i poveri trasformandoli in esseri addomesticati ed innocui”. E ha così continuato: “I poveri non si accontentano più di promesse (…) e di piani assistenziali. (…) Non aspettano più, vogliono essere protagonisti, vogliono organizzarsi!”.

Manifestazione del Movimento dei senza terra in Brasile TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / DICEMBRE 2014 - 25


Incontro dei Movimenti popolari

“Il Papa ha dato un grande contributo con un documento irreprensibile, più a sinistra di molti di noi. Noi marxisti lottiamo insieme al Papa per fermare il diavolo del capitalismo”

João Pedro Stédile

Egli, quindi, ha spronato i leader populisti a “lottare contro le cause strutturali della povertà”, fra cui “le disuguaglianze sociali”. Questo implica la fine dell’attuale sistema: “Molti di voi hanno affermato: questo sistema non va più, dobbiamo cambiarlo”. Ha poi proposto la fine della “democrazia formale” e la sua sostituzione con una democrazia che comprenda “nuove forme di partecipazione popolare”. Rendendosi conto che, dette in quell’ambiente surriscaldato di socialismo, le sue parole avrebbero potuto causare equivoci, il Papa si è difeso: “Terra, casa, lavoro. È strano ma, se parlo così, diranno che il Papa è un comunista. (…) Non riusciamo a capire che l’amore per i poveri è al centro del Vangelo. Terra, casa e lavoro, quello per cui voi lottate, sono diritti sacri”.

L’amore di Cristo per i poveri

Questo socialismo populista commette gli stessi errori della Teologia della liberazione, con la quale è intimamente collegato. Confonde l’amore insegnato e praticato da Nostro Signore Gesù Cristo, e dopo di Lui dalla Chiesa durante duemila anni, con la lotta di classe. Nel socialismo, il povero è il “soggetto storico”, cioè lo strumento, della rivoluzione. Ecco perché si parla di “poveri in lotta”. In altre parole, si sostituisce il concetto teologico di povero per uno sociologico, di sapore marxista: il “povero” sarebbe l’escluso dalle strutture politiche, sociali e culturali. Egli dovrebbe dunque lottare per riprendersi gli spazi che gli sono stati negati. La Teologia della liberazione sbaglia pure nell’affermare che l’amore per i poveri sia l’idea cen-

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trale del Vangelo. La verità centrale è quella della Redenzione operata da Nostro Signore Gesù Cristo, e che non può essere confusa con una “liberazione” temporale. Scriveva il cardinale Ratzinger nell’Istruzione Libertatis Nuntius, con la quale condannava la Teologia della liberazione: “La Redenzione è innanzi tutto e principalmente liberazione dalla schiavitù radicale del peccato. (…) Non è possibile localizzare il male principalmente e unicamente nelle cattive ‘strutture’ economiche, sociali o politiche, come se tutti gli altri mali trovassero in esse la loro causa”.

Francesco alla riscossa della sinistra populista?

Come brasiliano, da molto tempo impegnato nello studio della rivoluzione sociale nel mio Paese, sono preoccupato sulle ripercussioni che l’Incontro mondiale dei Movimenti popolari possa avere nel mio Paese e nel Continente. Sono preoccupato non solo per le parole dette e per i gesti compiuti a Roma ma anche, e forse soprattutto, per l’uso che ne faranno gli organi della propaganda comunista.

Infatti, la sinistra brasiliana è già in fibrillazione. Il teologo della liberazione Leonardo Boff, che vuole “introdurre il marxismo nella teologia”, ha esultato: “Il Papa, insieme ai Movimenti popolari, critica il capitalismo”. Colleghi latinoamericani mi riferiscono fatti simili nei loro rispettivi Paesi. Un tipico esempio è l’intervista rilasciata il 3 novembre da João Pedro Stédile a “Il FattoQuotidiano”. Tradotta in portoghese, porterà molta acqua al mulino della sinistra brasiliana e latinoamericana. Il titolo è di per sé un programma: “Noi marxisti lottiamo insieme al Papa per fermare il diavolo” [cioè il capitalismo]. Ne riportiamo alcuni brani:


Quando Papa Wojtyla condannava il MST...

“Ricordo anche le parole del mio predecessore Leone XIII quando insegna che ‘né la giustizia né il pubblico bene consentono che si rechi danno alle altrui cose e per una malintesa idea di uguaglianza si invadano i beni altrui’ (Rerum Novarum, 30). La Chiesa non può promuovere, ispirare o appoggiare iniziative o movimenti di occupazione delle terre sia mediante invasioni con l’uso della forza sia mediante la penetrazione subdola nelle proprietà agricole”. “Il FattoQuotidiano: Lei è di formazione marxista. Che giudizio dà del Papa e dell’iniziativa vaticana?

“João Pedro Stédile: Il Papa ha dato un grande contributo con un documento irreprensibile, più a sinistra di molti di noi. Perché ha affermato temi di principio importanti come la riforma agraria. (…) Ha condannato la grande proprietà. La cosa importante è la simbologia: in duemila anni nessun Papa ha organizzato una riunione di questo tipo con dei movimenti sociali”. Ma forse l’affermazione più importante – e più preoccupante – è la risposta alla terza domanda:

“Il FattoQuotidiano: Lei è stato uno dei promotori dei Forum Sociali nati a Porto Alegre [riunione mondiale dei gruppi di estrema sinistra, della quale partecipò per l’Italia Rifondazione comunista, ndr]. Esiste una sostituzione simbolica da parte del Vaticano rispetto alla sinistra?

“João Pedro Stédile: No. Credo che Francesco abbia avuto la capacità di porsi correttamente di fronte ai grandi problemi del capitalismo attuale, come la guerra, l’ecologia, il lavoro e l’alimentazione. E ha il merito di aver avviato un dialogo con i movimenti sociali. Non credo ci sia sovrapposizione ma complementarietà. In ogni caso, mi assumo l’autocritica, come promotore del Forum Sociale, del suo esaurimento e della sua incapacità a creare un’assemblea mondiale dei movimenti sociali. Dall’incontro con Francesco nascono due iniziative: formare uno spazio di dialogo permanente con il Vaticano e, indipendentemente dalla Chiesa ma approfittando della riunione di Roma, costruire nel futuro

Discorso ad un gruppo di vescovi brasiliani in “Visita ad limina”, 21 marzo 1995

uno spazio internazionale dei movimenti nel mondo”.

In altre parole – nella percezione del leader dell’estrema sinistra brasiliana – l’esempio di Papa Francesco potrebbe risollevare il socialismo dalla profonda crisi in cui versa. Ma, domandiamo, qual è il motivo di tale crisi se non proprio la mancanza di appoggio popolare? Possiamo chiamare “popolare” un movimento che va contro la volontà del popolo?

E adesso?

Non solo in Brasile, ma anche in America Latina, ai movimenti ispirati alla Teologia della liberazione manca visibilmente il sostegno popolare. Non sono scomparsi solo perché sono spalleggiati da alcuni governi di sinistra, e in particolare dalla sinistra cattolica. Per chi osserva da vicino la situazione latinoamericana, l’Incontro romano appare come un grido di disperazione dei leader di questi movimenti, in cerca di sostegno ecclesiastico. Un sostegno che, se si verificasse pienamente, potrebbe spingere molti paesi del Continente verso l’utopia ugualitaria sognata da Marx e da Engels. Sarà questo il futuro? Sono tanti, anzi la stragrande maggioranza, i latinoamericani che si augurano proprio di no.

* Nelson Ramos Barreto, giornalista e studioso della riforma agraria in Brasile, autore di due libri sull’argomento:Um reportage da TFP revela toda a verdade: A reforma agrária sembra assentamentos, os camponeses recolhem miséria e desolação, Artpress, São Paulo 1996; ReformaAgrária. O mito e a realidade, Artpress, São Paulo 2003. TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / DICEMBRE 2014 - 27


Incontro dei Movimenti popolari

Il comunismo, amico dei poveri? di Augusto de Izcue

Una via de L’Avana, Cuba

Nel corso dell’Incontro mondiale dei Movimenti popolari, ospitato da Papa Francesco in Vaticano dal 27 al 29 ottobre, che ha radunato rappresentanti di movimenti perlopiù legati all’estrema sinistra, tra cui il Centro sociale Leoncavallo, è riemersa la tesi secondo cui il comunismo conterrebbe un nucleo positivo che dovremmo recuperare: sarebbe amico dei poveri. Oltre a essere dottrinalmente discutibile, la tesi è storicamente falsa.

N

on è raro sentir dire, qua e là, che il comunismo sia stato un’idea bella applicata male. A prescindere dalle sue attuazioni concrete, finite puntualmente in catastrofe, il comunismo avrebbe avuto un nucleo positivo da rivalutare: sarebbe stato un “amico dei poveri”.

È quanto sostenne, tra gli altri, Jacques Maritain, l’ideologo della svolta a sinistra nell’Azione cattolica: “Il socialismo è stato nel XIX secolo una protesta della coscienza umana e dei suoi istinti più generosi contro mali che gridavano verso il cielo. (…) Il socialismo ha amato i poveri” (1). Il lirismo socialista di Maritain si estendeva al comunismo sovietico: “Per la prima volta nella storia, scriveva recentemente Massimo Gorki a proposito del comunismo sovietico, il vero amore dell’uomo è organizzato come una forza creatrice e si pone come uno scopo l’emancipazione di migliaia di lavoratori. Noi crediamo alla profonda sincerità delle parole di Gorki” (2). Questa fu altresì la tesi dell’uruguaiano Alberto Methol Ferré, mentore filosofico di un’intera gene-

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razione di ecclesiastici latinoamericani di linea “populista”. Secondo Methol, il male del marxismo risiede nel suo ateismo: “La Chiesa respingeva il marxismo essenzialmente per quel che conteneva di ateismo”. Il sistema di Karl Marx avrebbe, però, un elemento valido: “Quello che c’è di più valido nel marxismo era nella critica al capitalismo” (3).

Ciò indusse il filosofo uruguaiano a difendere aspetti della cosiddetta Teologia della liberazione, di origine marxista: “La teologia della liberazione può essere anche letta come un tentativo di assumere il meglio del marxismo. (…) Questa teologia ha prestato un inestimabile servizio ripensando la politica in funzione del bene comune, e quindi in relazione stretta con l’opzione preferenziale per i poveri e la giustizia” (4).

Stupisce vedere personaggi del mondo cattolico che esaltano un sistema definito dal Magistero della Chiesa “detestabile setta” (5), “setta abominevole” (6), “intrinsecamente perverso” (7), “vergogna del nostro tempo” (8), frutto di un “errore fondamentale” (9). Un sistema col quale, nelle parole di Pio XI,


“La sinistra ama tanto i poveri che ogni volta che va al potere ne aumenta il numero” “non si può ammettere in nessun campo la collaborazione”. Anzi, per decreto del Sant’Uffizio del 1949 qualsiasi collaborazione col comunismo portava alla scomunica latae sententiae.

Oltre a essere – ribadiamo - dottrinalmente discutibile, la tesi del comunismo amico dei poveri è storicamente falsa. Lungi dall’essere “amico dei poveri”, il comunismo è il loro peggior nemico. Laddove è stato applicato – in tutte le sue salse, varianti e declinazioni – la conseguenza è stata sempre un aumento vertiginoso della povertà e dei disagi sociali. La sinistra non fa tanto un’opzione preferenziale per i poveri quanto per la povertà stessa. Aveva ragione Indro Montanelli quando diceva: “La sinistra ama tanto i poveri che ogni volta che va al potere ne aumenta il numero”.

Il comunismo truculento resiste solo in alcune isole sparse, come Corea del Nord e Cuba. La sinistra oggi, specie in America Latina, si proclama piuttosto “populista”. Tale populismo, però, conserva il nucleo rivoluzionario del vecchio comunismo: una visione ugualitaria e socialista, ostile alla proprietà privata e alla libera iniziativa. Poiché, nonostante il nome, il populismo non viene mai dal popolo bensì

Indro Montanelli

dalle élite rivoluzionarie, esso è, spesso, imposto con i modi forti, smentendo il suo carattere democratico. D’altronde, proprio il “populismo” si è dimostrato il peggior nemico del popolo.

Il fallimento del socialismo nella Cuba castrista, per restare nel Continente di Papa Francesco, è tale che il salario medio ancor oggi è di soli US$ 21,00 al mese, il più basso dell’America Latina, “insufficiente per soddisfare i bisogni più elementari della popolazione”, come ha dovuto ammettere il presidente Raúl Castro. Dati recentemente pubblicati dall’economista Raúl Sandoval González, dell’Università dell’Avana, mostrano che il 70% delle case cubane sono fatiscenti (10). Ne è esempio il Venezuela. Paese ricco di risorse petrolifere, fiorente fino a essere definito negli

Fiorente fino ad essere definito “Florida sudamericana”, grazie al socialismo chavista oggi il Venezuela sprofonda sempre di più nella miseria

Un supermercato a Caracas TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / DICEMBRE 2014 - 29


Incontro dei Movimenti popolar anni Settanta “Florida sudamericana”, oggi ridotto dal socialismo chavista alla “situazione economica di un paese in guerra” (11). La tragedia volge in talune circostanze al ridicolo. Recentemente, vista la cronica mancanza di shampoo nei negozi, il ministro per l’Ecosocialismo (sic) Ricardo Molina ha suggerito ai suoi concittadini di non lavarsi i cappelli, a mo’ di “sacrificio rivoluzionario” (12). Ne è esempio l’Ecuador, pur esso ricco di risorse petrolifere, e tuttavia costretto nel 2008 a dichiarare default sul debito estero, non riuscendo più a trovare linee di credito internazionali. Nel 2013, la Cina ha dovuto correre in suo aiuto, acquistando l’intera produzione di petrolio (13).

Ne è esempio anche l’Argentina della peronista Cristina Kirchner, costretta a dichiarare per la seconda volta in pochi anni default sul debito. Secondo studi indipendenti, la povertà ha ormai raggiunto il 36,5% della popolazione, obbligando l’Indec (Instituto Nacional de Estatística y Censos) a taroccare i numeri per non crollare a livelli da quarto mondo (14).

Un recente tentativo di assalto del MST ai palazzi del Governo in Brasilia. Secondo i leader del movimento, l’uso della violenza compensa la mancanza di appoggio popolare È questa la sinistra che si vuole sostenere?

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Eppure — o mistero! — proprio questi sistemi fallimentari sono stati difesi dai militanti dei movimenti popolari riunitisi sotto l’egida di Papa Francesco in Vaticano dal 27 al 29 ottobre. Dal leader “cocalero” (produttore di coca) boliviano Evo Morales ai militanti del Centro sociale Leoncavallo, la sinistra antagonista si è data appuntamento a S. Pietro. Predominavano i movimenti latinoamericani. Gli interventi, compreso quello del Pontefice, sono stati, infatti, in spagnolo, così come la Dichiarazione finale.

Un protagonista dell’incontro è stato, senza dubbio, il brasiliano João Pedro Stédile, leader del Movimento dos sem terra (MST), di orientamento marxista ed eversivo. Proprio il motto del MST “Nessun contadino senza terra” è stato trascritto in calce alla Dichiarazione finale. Attraverso azioni spesso violente, il MST difende una “riforma agraria” socialista, cioè l’esproprio delle proprietà rurali per distribuire la terra ai contadini, riuniti in “assentamentos” ispirati ai kolchoz sovietici.

Orbene, lo stesso presidente dell’INCRA (Instituto nacional de colonização e Reforma agrária), Francisco Graziano Neto, ha dichiarato: “La riforma agraria si configura come il peggiore fallimento della politica pubblica del nostro Paese” (15). La maggior parte degli “assentamentos” si è trasformata in vere “favelas rurali” improduttive, come ha recentemente ammesso il ministro Gilberto Carvalho (16). Eppure – sempre mistero! – proprio queste fa-


Secondo le stesse autorità brasiliane, la maggior parte degli “assentamentos” creati dalla riforma agraria si sono trasformati in “favelas rurali”. Eppure, proprio queste favelas sono proposte da Movimento dei senza terra come soluzione populista...

velas sono proposte dal MST come soluzione “populista”.

Per chi osserva da vicino la realtà latinoamericana, l’incontro mondiale dei movimenti popolari ospitato in Vaticano suscita perplessità e apprensioni. Molti dei movimenti che vi hanno partecipato sono ancorati nell’estrema sinistra. Un eventuale avallo ecclesiastico correrebbe seri rischi di essere interpretato come un sostegno politico a questa sinistra, con risultati catastrofici per quello stesso popolo che si vorrebbe difendere. È questa l’intenzione?

Si sente anche dire che, nel contesto della grave crisi economica in atto, dopo anni di neoliberismo, un populismo rinnovato sarebbe in grado di ispirare una nuova coscienza sociale che metta i poveri al centro delle attenzioni. Una tale coscienza sarebbe legittima, anzi auspicabile. Il problema è se questo populismo ne sia in grado. Un’analisi attenta dimostra, nella fattispecie, come questa sinistra non sia tanto a favore dei poveri quanto della povertà stessa, ostinandosi nel proporre sistemi socio-economici rivelatisi, storicamente, fallimentari e gravemente nocivi nei confronti delle classi più disagiate, proprio quelle che si pretende di aiutare. Chiudiamo, prendendo in prestito l’espressione ironica del teologo gesuita Horacio Bojorge che definisce questo populismo un “salvagente di piombo” per i poveri. Cioè, una frode in più nella lunga ca-

tena di frodi che segna il nefasto itinerario della sinistra mondiale. Note _____________________________________

1. Jacques MARITAIN, Umanesimo integrale, Borla, Roma 2009, p. 132. 2. Ibid., pp. 132-133. 3. Alberto METHOL FERRE, Alver METALLI, Il Papa e il Filosofo, Cantagalli, Siena 2014, pp. 49-50. 4. Ibid., pp. 112, 114. 5. Leone XIII, Enciclica Quod apostolici muneris, 28 dicembre 1878. 6. Ibid. 7. Pio XI, Enciclica Divini Redemptoris, 19 marzo 1937. 8. Joseph RATZINGER, Istruzione Libertatis Nuntius, 6 agosto 1984. 9. Giovanni Paolo II, Enciclica Centesimus annus, 1 maggio 1991. 10. Cfr. Raúl A. SANDOVAL GONZÁLEZ, La pobreza en Cuba, Site progreso-semanal.com, 28 marzo 2012. 11. “Infobae América”, 02-03-2013. 12. Un ministro venezolano recomienda no lavarse el pelo si escasea el champú, in “ABC”, 31 ottobre 2014. 13. La bandiera cinese piantata sull’Ecuador. Il gigante asiatico compra tutto il greggio, in “Corriere della Sera”, 30 settembre 2013. 14. Francisco JUEGUEN, Según ex-técnicos del INDEC, la pobreza es del 36,5%, in “La Nación”, 12 aprile 2014. 15. Francisco GRAZIANO NETO, Reforma Agrária de qualidade, in “O Estado de S. Paulo”, 17 aprile 2012. 16. Fernando ODILA, Política agrária federal criou ‘favelas rurais’, diz ministro, in “Folha de S. Paulo”, 9 febbraio 2013. TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / DICEMBRE 2014 - 31


Natale

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Il presepe napoletano di Giovanna Patti

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Natale

L’Italia è la culla del presepe. Da quando, nel Natale del 1223, il Poverello di Assisi allestì il primo presepe, l’usanza di rappresentare le scene natalizie con statue, o figure dal vivo, si è diffusa su tutta la Terra. Il nostro Paese vanta una ricchezza impareggiabile nell’arte natalizia. Ma, forse, nessuna è più preziosa del presepe napoletano, vero capolavoro dell’artigianato italiano

F

Le origini del presepe

in dai primordi dell’Era cristiana la nascita di Nostro Signore Gesù Cristo, evento centrale della redenzione del genere umano, fu raffigurata per mezzo di affreschi, bassorilievi, incisioni, su pareti, sarcofagi e formelle inseriti in edifici del culto. Tali testimonianze sono numerosissime e anche molto importanti perché l’evoluzione della loro iconografia interesserà anche lo sviluppo del presepe.

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Nel corso dei secoli il termine presepe (dal latino praesaepium, che significa greppia, mangiatoia) è stato attribuito via via soltanto alle rappresentazioni plastiche a tutto tondo sia della sola scena della Natività sia di quelle aggiunte nel tempo, come l’Adorazione dei pastori, l’Adorazione dei tre Re Magi, l’Annuncio ai pastori e via dicendo. Ma nessun reperto o testimonianza scritta sulle opere dedicate alla Natività ci è giunto se non fino alla prima metà del 1200.


D’altra parte una sorta di presepe embrionale può essere individuato nella “tettoia” di legno retta da tronchi d’albero che già Papa Liberio (352-355) fece erigere a Roma nella Basilica detta appunto “Santa Maria ad praesepe”, oggi nota come Santa Maria Maggiore. Una tettoia siffatta, quasi lo schema essenziale di una stalla, fu posta davanti all’altare presso il quale, il 24 dicembre di ogni anno, si celebrava la Santa Messa di mezzanotte. Altre “tettoie” furono erette in numerose chiese a Roma (Santa Maria in Trastevere), a Napoli (Santa Maria della Rotonda) e certamente in molte altre città.

Si sa pure che Papa Gregorio II (731-734) fece sistemare sotto la tettoia di Santa Maria Maggiore una statua d’oro della Madonna con il Bambino e che anche in altre chiese furono collocati sotto tali tettoie statue o decori che ricordavano il Sacro Evento. Secondo un’antica tradizione fu san Francesco d’Assisi (1182-1226) ad ideare il presepio, nella santa notte di Natale del 1223 a Greccio, nella conca reatina. Seguendo una profonda ispirazione, il Santo si fece portare nella grotta dove si sarebbe svolta la celebrazione liturgica una mangiatoia piena di fieno dove c’erano un asino e un bue vivi, e poi fece suonare le campane per chiamare i pastori e i contadini dei dintorni. Nella commozione del momento, tra i canti e la solennità del rito, gli astanti videro tra le braccia di san Francesco un bambinello, fulgido per la bellezza e l’intensa luce che da esso promanava. Via, via, poi, il presepe si è andato formando attraverso un insieme di usi, tradizioni, costumi, addobbi, quadri nelle chiese e sacre rappresentazioni. Il primo presepe con personaggi risale al 1283: un’opera poderosa scolpita da Arnolfo di Cambio, su committenza di Papa Onorio IV, al secolo Giacomo Savelli (1210-1287). Di essa restano, oggi, solo cinque figure originali.

L’Ordine religioso che per primo favorirà la diffusione del presepe fu, senza dubbio, quello francescano, ma a partire dall’epoca della ControRiforma saranno anche i

Teatini e gli Scolopi diedero il loro contributo.

Il presepe napoletano

A Napoli la prima notizia dell’allestimento di un presepe risale al 1025, realizzato nella chiesa di Santa Maria del presepe. In un documento del 1324 è, poi, citata ad Amalfi una “cappella del presepe di casa d’Alagni”. Nel 1340 il primo presepe ligneo fu donato dalla regina Sancia alle Clarisse: di esso rimane solo la Madonna giacente.

Nel 1400 compaiono i primi presepi scolpiti in legno, quelli in terracotta nel 1500.

Verso la prima metà del XVI secolo il presepe napoletano assume la propria forma caratteristica. Il primo presepio plastico moderno, merito, secondo la tradizione, di San Gaetano da Thiene (1480-1547) sarà realizzato, intorno al 1530, nell’oratorio di Santa Maria della Stelletta, presso l’Ospedale degli Incurabili, con figure di legno abbigliate secondo la foggia del tempo.

Ma è il patriziato locale a favorirne la diffusione, fino a farlo diventare popolare: ogni famiglia per Natale allestiva il suo presepe domestico.

Nel secolo della Controriforma inizia a comparire il paesaggio in rilievo che sostituisce quello del fondale dipinto; e al bue e all’asinello - unici animali rappresentati - si aggiungono man mano cani, pecore, capre e altri animali. Si intensifica anche la costruzione di presepi con figure di dimensioni sempre più ridotte fino a giungere alla realizzazione del primo presepe mobile a figure articolabili, allestito dai padri Scolopi nel 1627.

Il secolo d’oro del presepio a Napoli è, però, il Settecento, che coincide con il regno di Carlo III di Borbone. Il Sovrano mecenate riportò la città partenopea al livello delle più ferventi capitali europee, alimentando una meravigliosa fioritura culturale e artistica, testimoniata anche dalla magnifica produzione di presepi. Il tradizionale presepe napoletano era, ed è, costituito da statuine con un’anima di ferro imbottita, testa in terracotta e vestiti in stoffa. TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / DICEMBRE 2014 - 35


Natale In questo periodo cambiano, invero, le tecniche di realizzazione del “pastore” - termine con il quale s’individua qualsiasi personaggio del presepio - sostituendo la statua scolpita, la cui fattura richiedeva troppo tempo, con manichini costituiti da un’anima di fil di ferro, arti in legno e teste di terracotta ricavate da piccoli stampi, che avevano anche il pregio di poter essere articolati come richiedeva il personaggio, rappresentato nell’atto in cui veniva colto, dando l’impressione del movimento. Il “figurinaio” diviene una vera e propria professione, che coinvolge anche le donne di casa adibite al taglio e cucito delle vesti, con specializzazioni diverse, nella realizzazione di pastori, di animali, di strumenti di lavoro e musicali, di prodotti dell’orto e minuterie varie, tutto riprodotto in scala. Nella creazione di figure insuperabile è Giuseppe Sammartino, mentre Saverio Vassallo eccelle nell’esecuzione degli animali. Nasce lo “scoglio”, una sorta di sperone roccioso che, a seconda delle di-

mensioni può ospitare la scena del “Mistero” (Maria, Giuseppe, il Bambino Gesù, Angeli, bue e asinello) o costituire la base per tutto il paesaggio presepiale.

La grotta, con una miriade di Angeli che scendono dall’alto viene sempre più spesso sostituita con le rovine di un tempio antico; la scena della Natività è sempre più defilata e quasi soffocata nello scenario circostante sovrabbondante di personaggi e paesaggi, nei quali spicca il corteo dei Magi reso più esotico dal seguito dei “mori” abbigliati con vesti orientali dai colori sgargianti. Aumenta il numero dei personaggi che diventano folla di contadini, pastori, pescatori, artigiani, mendicanti, popolo minuto e notabili, tutti colti nelle loro attività quotidiane o in momenti di svago, nei mercati, nelle botteghe, taverne, vie e piazze in scorci di vita cittadina o paesana.

Il presepe diventa moda

Lo stesso Re, abile nei lavori manuali e nella realizzazione di congegni, si circonda di scenografi, artisti e architetti. Tra questi Giovan Battista Nauclerio che, attraverso tecniche di illuminazione, simulava il passaggio dal giorno alla notte e viceversa. E ancora Cappello e De Fazio, nonché il dilettante Mosca, impiegato e geniale presepista. La Regina e le dame di corte confezionano minuscoli abiti per i manichini con le stoffe tessute negli opifici reali di San Leucio. Un grandioso presepe viene allestito in alcuni saloni del Palazzo reale di Napoli, con centinaia di personaggi e una gran cura per i dettagli. I nobili naturalmente imitano il sovrano rivaleggiando tra loro per sontuosità e ricchezza dei materiali utilizzati: gemme preziose, magnifiche stoffe catturano l’attenzione del “popolino”, ammesso nelle case patrizie per ammirare il presepio.

Famosi i presepi allestiti per il principe di Ischitella, con i Magi abbigliati con vesti dove brillavano innumerevoli gioielli.

Il presepio si diffonde anche presso il popolo partenopeo, in forma ovviamente meno sontuosa: ogni casa ha comunque il suo presepio, seppure con pochi “pastori” raggruppati su un minuscolo “scoglio” o dentro la “scarabattola”, una teca da appendere al muro o tenere sul comò.

È tale la frenesia del presepe di Napoli, da suscitare le critiche, pur bonarie, dell’architetto 36 - TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / DICEMBRE 2014


Luigi Vanvitelli che, nel 1752 scrivendo al fratello Urbano a Roma, definisce il presepe una “ragazzata” pur rilevando “l’abilità” e la “efficace applicazione” dei napoletani.

Il presepe settecentesco, non a caso definito cortese, di sacro, ormai, conservava ben poco. Si rivela più un’esperienza mondana: l’avvenimento e il passatempo principale delle festività natalizie, quando il Re e la corte visitavano i presepi più rinomati della Capitale del regno che, talvolta, riuscivano a stupire anche la Regina, come accadde a Carolina nel 1768, alla vista del presepe allestito nella chiesa di Gesù Nuovo.

Tuttavia l’universalità e la spettacolarità che si accompagnano all’evento presepio nel ‘700 e le critiche che ne conseguirono, nulla tolgono alla valutazione del fenomeno come concreta espressione d’arte barocca, né ai suoi caratteri di tangibile documento storico, descrittivo dei costumi, delle usanze e delle tradizioni del popolo napoletano in un’epoca che vide Napoli splendida capitale di cultura e d’arte e meta irrinunciabile di colti viaggiatori italiani e stranieri.

Dopo il regno di Ferdinando IV (1751-1825) il presepe comincia a decadere. La maggior parte di essi viene definitivamente smontata, i pastori venduti o dispersi. Tra i pochi salvati, va ricordato quello, magnifico, donato dallo scrittore Michele Cuciniello alla città di Napoli e conservato nel Museo della Certosa di San Martino.

Il presepe napoletano oggi

A Napoli il presepe è una delle tradizioni natalizie, rimasta inalterata nei secoli, tra le più consolidate e seguite. Teatrale, maestoso, allegro, vivace e festaiolo: nella realizzazione del tipico presepe napoletano vi è ancor oggi la tendenza ad ispirarsi al Settecento, la cui portata ed il lascito culturale risiede nel realismo delle sue rappresentazioni, con un misto di sacro e profano.

Non più solo simbolo religioso, il presepe è anche uno strumento descrittivo, unificante e identificativo della comunità cui una persona appartiene, nella sua dettagliata composizione. Si potrebbe affermare che il presepe napoletano è stato, e rimane, un veicolo di identificazione della “gens napoletana” TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / DICEMBRE 2014 - 37


Natale

e l’antesignano di quel realismo che ha caratterizzato le rappresentazioni teatrali e le produzioni cinematografiche partenopee.

Oggi molti maestri artigiani costruiscono, oltre alle classiche statuette, anche pastori che rispecchiano personaggi dei nostri tempi, specialmente del mondo della politica e anche di quello dello sport. Quindi non c’è da meravigliarsi quando si trovano nelle vetrine.

In molte località della Campania, varie associazioni promuovono nel periodo natalizio l’apertura delle botteghe al pubblico, che può così vedere gli artigiani all’opera, ed esposizioni di presepi antichi e contemporanei. Famose, per esempio, quelle della zona di S. Gregorio Armeno, nel Centro storico di Napoli, con i suoi mercatini di strada.

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Una storia di Natale bavarese

P

“Sono Gesù. Vengo a visitarti!”

aul è seduto sui freddi gradini di pietra della chiesa di S. Giacomo, in una piccola città della Baviera, in Germania. Come sempre, chiede elemosine. Con gesto mesto e gentile, apre la porta ai fedeli, regalandogli un sorriso che mostra una bocca quasi priva di denti.

Paul ha 50 anni. È un mendicante senza fissa dimora che lotta per sopravvivere. Il suo corpo è consumato non solo dal freddo e dalla fame, ma anche dall’eccesso di alcol. Sembra molto più vecchio di quanto non sia in realtà. “Se solo avessi la forza di combattere questa dipendenza!”, pensa di continuo... E, ogni giorno, fa il fermo proposito di smettere di bere.

Ma quando arriva la sera, e con essa il ricordo della sua famiglia persa in un brutto incidente, non resiste, e ricorre al conforto fallace della bottiglia. La bottiglia di vino è la sua compagna fedele. L’alcol lenisce il vuoto nella sua anima, ma è solo per un po’. La cirrosi epatica e altre malattie, inesorabili, vanno poco a poco, consumando il suo corpo. Per gli abitanti del villaggio, Paul è diventato una parte integrante dei gradini della chiesa, quasi come fosse una statua in più. E lo trattano proprio così. A mala pena lo guardano. Tutti si domandano per quanto tempo potrà ancora campare.

Il parroco e il suo assistente pastorale si prendono cura di lui. Ma è soprattutto Suor Petra, una giovane missionaria venuta da Monaco, a fargli ogni giorno una visita. Paul è contento delle visite di Suor Petra, che gli porta sempre qualcosa da mangiare. Ma nemmeno la religiosa riesce a convincere Paul ad abbandonare la strada e a venire in Canonica per mangiare meglio e lavarsi. * * *

Ogni sera dopo il tramonto, senza che nessuno lo veda, Paul s’intrufola nella chiesa ormai al buio, e si siede al primo banco, proprio di fronte al Tabernacolo. Vi resta in silenzio, quasi senza muoversi, per circa un’ora. Poi si alza e, trascinando i piedi, esce dalla chiesa e scompare nella notte. Dove va? Nessuno lo sa. Il giorno dopo, eccolo lì, ancora seduto sui gradini del sagrato come una statua.

E così passano i giorni, i mesi, gli anni… Un giorno, Suor Petra gli chiede: “Paul, vedo che tu entri in chiesa ogni sera. Cosa ci fai fino a notte fonda? Forse preghi?”.

“Non prego – risponde Paul – Come potrei pregare? Io non prego da quando ero ragazzo e andavo al Catechismo. Ho dimenticato tutte le preghiere. Non ricordo più niente. Cosa ci facTRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / DICEMBRE 2014 - 39


Suor Petra si siede vicino a Paul, gli prende la mano e prega a lungo. Poi, deve tornare in chiesa per addobbarla per le cerimonie di Natale. Il giorno dopo torna in ospedale, psicologicamente preparata per ricevere la brutta notizia della morte di Paul. E invece…

La giovane missionaria non crede ai suoi occhi: Paul è seduto sul letto, rasato e pulito, con gli occhi aperti e vivaci. Vedendo la Suora, un’espressione di gioia ineffabile lampeggia sul suo viso radioso. Suor Petra non riesce nemmeno a parlare, e pensa: “Questo è davvero l’uomo che ieri combatteva con la morte?”. Alla fine, esce dallo stupore: “Paul, è incredibile! Sei risorto! Sei irriconoscibile! Cosa ti è successo?”.

cio in chiesa? È molto semplice. Vado al Tabernacolo, dove Gesù si trova solo nel suo piccolo santuario, e Gli dico: ‘Gesù, sono io, Paul, vengo a visitarti. Così almeno qualcuno ti fa un po’ di compagnia’”.

La mattina della vigilia di Natale, i gradini del sagrato sono vuoti. Paul non c’è più! Preoccupata, Suor Petra comincia a cercarlo in giro. Alla fine lo trova nell’ospedale del paese vicino. Nelle prime ore del mattino, alcuni passanti lo hanno trovato incosciente sotto un ponte e hanno chiamato l’ambulanza. Paul è stato ricoverato. Vedendolo, la missionaria è impallidita. Paul è collegato a diversi tubi, il suo respiro è debole. Il volto ha il tipico colore giallastro dei moribondi. Una voce la distoglie dal turbamento: “Lei è una parente?”. È il medico curante. “No, non lo sono – risponde Suor Petra – ma mi prenderò cura di lui”. Il dottore scuote la testa: “Purtroppo non c’è molto da fare, sta morendo”.

“È successo ieri notte dopo che tu te ne sei andata – rispose Paul con voce ferma – Stavo malissimo e temevo proprio di non farcela. Improvvisamente, ho visto qualcuno accanto al mio letto. Era un uomo giovane bellissimo, magnifico, raggiante. Non puoi nemmeno immaginare! Mi ha detto, sorridendo: ‘Paul, io sono Gesù, vengo a visitarti’. Mi sono addormentato e, proprio oggi, giorno di Natale, mentre suonavano le campane, mi sono risvegliato guarito”. * * *

Da quel giorno Paul non ha assaggiato più una goccia di alcol. Suor Petra ha trovato per lui un’occupazione come giardiniere e una stanzetta nella casa parrocchiale. Da quel Natale, la sua vita è cambiata del tutto. Paul ha trovato nuovi amici nella parrocchia. Se può, dà una mano a Suor Petra nei lavori. Una cosa, però, non è cambiata. Quando cala la notte, Paul s’intrufola in chiesa, si siede di fronte al Tabernacolo e dice: “Gesù, sono io, Paul, vengo a visitarti”. (Breve storia pubblicata come veridica in Wöchentliche Depesche Christlicher Nachrichten, N° 50, 2010)


L’ultima cartolina di Natale di Plinio Corrêa de Oliveira Ogni anno, rispondendo agli auguri che gli arrivavano da ogni parte del mondo, il prof. Plinio Corrêa de Oliveira inviava una cartolina di Natale. Trascriviamo il testo dell’ultima cartolina, scritta nel dicembre 1994

Nella notte di Natale, calma e sublime, nella notte di Capodanno, carica di timori e di speranze, posiamo tutti i nostri desideri ai piedi di Gesù Bambino, che sorride misericordioso sotto lo sguardo rapito di Maria e di Giuseppe. Chiediamo Loro che, per la grazia di Dio, i giorni a venire possano conoscere una profonda rigenerazione della moralità pubblica, oggi in catastrofica decadenza, e che di nuovo si possa levare il soave profumo della Fede vittoriosa. Che la Santa Chiesa possa finalmente liberarsi dalla drammatica crisi che la attanaglia in questi giorni di confusione e di angoscia, affinché sia riconosciuta da tutti i popoli come l’unica vera Chiesa dell’unico vero Dio, come ispiratrice e Madre di ogni bene spirituale e temporale. Chiediamo a Gesù Bambino che, aprendo gli uomini il cuore alla Chiesa, Essa possa illuminare con la sua luce sfolgorante ogni persona, ogni famiglia, ogni istituzione, ogni nazione.


Il mondo delle TFP

Reazione di studenti cattolici impedisce messa satanica ad Harvard

di Luis Dufaur

Cosa succede quando i cattolici si organizzano? Una bella lezione da Oltreoceano

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a messa nera era stata fissata per lunedì 12 maggio, vigilia della festa della Madonna di Fatima, presso l’Università di Harvard, negli Stati Uniti.

Secondo quanto informava il “Boston Globe”, la cerimonia era intesa proprio come un culto satanico, con tanto di bestemmie e sacrilegi che scimmiottavano la Messa cattolica. Molte preghiere, per esempio, erano storpiate sostituendo Satana a Dio al fine di rendergli culto. Il rito satanico, approvato dall’Harvard Extension Cultural Studies Club, avrebbe dovuto essere celebrato dal gruppo Satanic Temple di New York. Lucien Greaves, portavoce del gruppo satanico, aveva dichiarato che non sarebbero state utilizzate ostie consacrate, e che la “messa nera” sarebbe stata solo una manifestazione culturale di indipendenza nei confronti della Chiesa.

La bestemmia era, comunque, evidente: “Noi prendiamo un po’ di pane magico, che è in realtà la carne di Cristo. Scherniamo questo pane senza pietà e intoniamo canti che augurano la sua morte, dicendogli che odiamo il sapore della Sua carne. Dopo aver messo Cristo al tappeto con le nostre intimidazioni, alcuni rappresentanti del movimento omosessuale sfregano la loro omosessualità sulla Bibbia, fino a far piangere Dio. In questo momento appare Satana e comincia la festa”. Secondo Greaves, il gruppo si ispira allo scrittore ottocentesco Huysmans, nonché ai sabba delle streghe. Nel libro «Là bas» lo scrittore fiammingo-francese Joris-Karl Huysmans (1848-1907) descrive, infatti, una messa nera a Parigi alla quale era stato invitato, celebrata da un vero prete. Il pubblico era costituito da letterati di avanguardia e da persone con ogni sorta di vizio morale. Dopo la Consacrazione, i partecipanti si scatenarono in atti blasfemi talmente 42 - TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / DICEMBRE 2014

nauseanti che Huysmans, stordito, scappò via. L’episodio segnò l’inizio della sua conversione. Riammesso nella Chiesa cattolica nel 1892, egli morì come monaco oblato benedettino.

Il portavoce di Satanic Temple ha spiegato, inoltre, che molti satanisti sono attivisti per i diritti degli animali, vegetariani e artisti di fama.


della chiesa di San Paolo, in Harvard Square. È seguita un’adorazione solenne alla quale ha partecipato anche il presidente di Harvard, la prof.ssa Catherine Drew Gilpin Faust.

In conclusione, P. Michael E. Drea ha esortato i presenti a difendere Nostro Signore Gesù Cristo: “Chiunque abbia fede può riconoscere una messa nera per ciò che è: un atto di odio a Dio e alla Chiesa cattolica”. Molti sono rimasti in preghiera ancora per diverse ore.

Circa sessantamila studenti e docenti di Harvard hanno sottoscritto una petizione contro la messa sacrilega del campus. Da sola, la TFP americana ha raccolto 45.918 firme in appena quattro giorni.

Di fronte a tale reazione, i promotori del rito satanico lo hanno trasferito in un locale notturno chiamato Hong Kong. Contattato al telefono, un dipendente del locale che si è identificato solo come “Fred” ha riferito che i membri del gruppo satanico si sono ritrovati a bere al bar, ma non hanno eseguito alcun rituale. Successivamente hanno rilasciato una dichiarazione informando che la messa nera era stata rinviata a data da definire. Ecco una bella lezione per noi: basta organizzarsi con forza e convinzione, senza timore di proclamarsi cattolici e sicuri che, con la grazia di Dio, possiamo vincere. Vengono in mente le parole di Santa Giovanna d’Arco: “Noi combattiamo e Dio dà la vittoria”. Bisogna combattere, però…

La notizia della manifestazione satanica ad Harvard ha suscitato una fortissima reazione in ambito cattolico, alla quale ha aderito la TFP americana. È stata organizzata una processione eucaristica riparatrice, con migliaia di partecipanti che, pregando il Rosario e cantando inni al Santissimo, è partita dalla cappella del Massachusetts Institute of Technology (MIT) alla volta TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / DICEMBRE 2014 - 43


Il mondo delle TFP

A sin., il X Congresso Conservatore a Cracovia

Sotto, campagna pubblica della TFP polacca a Varsavia

X Congresso Conservatore

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lla presenza di più di duecento persone, si è realizzata la X edizione del Congresso Conservatore convocato dalla Fondazione Piotr Skarga, consorella polacca della TFP, nel castello di Niepolomice, a Cracovia. Il tema quest’anno: “Il concetto di Rivoluzione e Contro-Rivoluzione tendenziale in Plinio Corrêa de Oliveira”. Tra i relatori, Julio Loredo, della TFP italiana, che ha sviluppato il tema: “L’azione tendenziale, un grande contributo di Plinio Corrêa de Oliveira al pensiero cattolico contemporaneo”. Dopo un concerto di musica classica, l’evento si è chiuso con una cena di gala nel saloni del castello Lo scrittore Rino Cammilleri interviene nella sede della TFP a Milano

Riunioni a Roma e Milano

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gni mese, amici e sostenitori della TFP italiana si riuniscono nelle rispettive sedi di Roma e Milano per ascoltare autorevoli relatori che trattano temi di attualità: dal ddl Scalfarotto sulla cosiddetta “omofobia” al lancio dell’ultimo libro di Plinio Corrêa de Oliveira «Innocenza primordiale». In un clima di grande convivialità, i partecipanti possono approfondire, in Italia, l’operato del grande leader cattolico. Gli inviti sono trasmessi esclusivamente per posta elettronica.

44 - TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / DICEMBRE 2014

Chi volesse partecipare, è pregato di comunicare la propria mail a info@atfp.it.


Brasile, accampamenti di formazione per giovani

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roseguendo col proprio programma di formazione cattolica per giovani, l’Istituto Plinio Corrêa de Oliveira ha organizzato una serie di accampamenti nello stato di San Paolo.

In un clima di sana distensione, i ragazzi possono ricevere lezioni di Catechismo, morale e storia. Un’intera giornata è dedicata naturalmente allo studio della vita e del capolavoro del prof. Plinio Corrêa de Oliveira, «Rivoluzione e Contro-Rivoluzione».

Sopra, i partecipanti accolgono la statua pellegrina della Madonna di Fatima

In sintonia con il motto “La gioventù non è stata fatta per il piacere bensì per l’eroismo”, i partecipanti alternano conferenze, preghiere (compreso il canto gregoriano del Piccolo Officio della Madonna), e attività sportive e ricreazionali.

A sin., mentre cantano l’Officio

Polonia, giovani commemorano la battaglia di Vienna

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embri della Krucjata Mlodych (Crociata Giovane), il gruppo giovanile della TFP polacca, hanno commemorato l’anniversario della battaglia di Vienna (1683), con la deposizione di un omaggio floreale sulla tomba del re Jan III Sobieski, capo della coalizione cristiana vittoriosa, nella cattedrale di Wawel a Cracovia.

Sotto, membri di Crociata Giovane sulla tomba di Jan III Sobieski. Nel tondo, un’immagine del Re

“La creazione di un califfato islamico in Siria e in Iraq, e il crescente numero di musulmani in Europa ci preoccupa e ci induce a una profonda riflessione – ha spiegato Michal Worm, di Crociata Giovane – Il vero spirito europeo è uno spirito di eroismo cattolico, di cui fu modello il re Jan III Sobieski”.

“Jan Sobieski ci insegna l’idealismo – ha affermato a sua volta Maciej Maleszyk, direttore di Crociata Giovane – Dopo tutto, egli poteva benissimo starsene a Varsavia. Perché andare a Vienna se i turchi non avevano toccato la Polonia? Egli, invece, scelse la via del dovere e dell’eroismo, dandoci una lezione. Peccato che le autorità europee non abbiano festeggiato questa importante vittoria, senza la quale non ci sarebbe oggi un’Europa”.

TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / DICEMBRE 2014 - 45


Il mondo delle TFP

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ppena fondata l’Associazione Civitas Christiana, consorella olandese delle TFP, sta organizzando nei Paesi Bassi riunioni, a cadenza mensile, indirizzate principalmente ai giovani. “Plinio Corrêa de Oliveira è il nostro maestro indimenticabile”, dichiara Michiel Hemminga, membro fondatore. “Dobbiamo impegnarci con tutte le nostre forze per difendere la civiltà cristiana contro gli attacchi rivoluzionari”, rincara Hugo Bos, direttore dell’Associazione. Una prima campagna, in pieno svolgimento, riguarda la difesa delle tradizioni natalizie olandesi, minacciate dalla cultura laicista. A sin., riunione di Civitas Christiana a Utrecht

Olanda e Ungheria, incontri giovanili per studiare Plinio Corrêa de Oliveira

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rganizzato da studenti dell’Università di Budapest, il Simposio di studi su Plinio Corrêa de Oliveira è, ormai, giunto alla quarta edizione. Al Ginnasio Szent Imre è stato analizzato in modo approfondito, in tre incontri, il capolavoro del pensatore brasiliano «Rivoluzione e Contro-Rivoluzione», mentre al Ginnasio Szent Margit è stato sviluppato il tema “Militia est vita hominis super terram”. Ha colpito, in particolare, la presentazione sugli angeli nella lotta fra la Rivoluzione e la Contro-Rivoluzione. Al termine delle giornate di studio, i partecipanti si sono riuniti nella vicina facoltà di Economia dell’Università della capitale magiara, dove hanno condiviso momenti di cordiale e allegra convivialità

Simposio di studi su Plinio Corrêa de Oliveira a Budapest

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Teologia della liberazione Un salvagente di piombo per i poveri di Julio Loredo Ripetutamente censurata da Giovanni Paolo II, solennemente condannata dalla Congregazione per la Dottrina della Fede, a firma del cardinale Joseph Ratzinger, oggi la Teologia della liberazione è invece “sdoganata” nel medesimo Vaticano. Si parla di “un nuovo inizio”, nel quale viene ripescato perfino il vecchio marxismo, presentato come fondamento di una “nuova coscienza sociale”, perfino in alte sfere ecclesiastiche.

Cos’è la Teologia della liberazione? Perché la stanno “sdoganando”? “La teologia della liberazione è inserimento nel processo politico rivoluzionario”, dichiara Gustavo Gutiérrez, capofila della corrente.

“Ciò che vogliamo è marxismo nella teologia”, spiega Leonardo Boff.

Come siamo arrivati a questo? Si tratta di un fenomeno sorto negli anni Sessanta, sulla scia del Concilio Vaticano II? Oppure vanta radici molto più lunghe e profonde? Durerà ancora a lungo?

Dal cattolicesimo liberale alla Teologia della liberazione passando dal Modernismo: storia di un’eresia

Dal cattolicesimo sociale al cattocomunismo passando dal cattolicesimo democratico: storia di una deriva

Teologia della liberazione

“Dobbiamo cancellare il cristianesimo costantiniano”: l’ecclesiologia della Teologia della liberazione

Rilegatura in brossura 474 pagine Edizioni Cantagalli, Siena Lancio: Dicembre 2014 ISBN: 978-88-6879-059-2 Prezzo di copertina: Euro 19,00

“Comunismo e Regno di Dio sono la stessa cosa”: il nucleo dottrinale della Teologia della liberazione Verso la “liberazione del cosmo”: gli ultimi orizzonti della Teologia della liberazione

di Julio Loredo

Per eventuali richieste di uno o più esemplari: chiamate lo 06-8417603; oppure inviate una mail a info@atfp.it; oppure tramite il menu “Richiesta materiale” nel sito www.atfp.it con possibilità di pagamento online. Spesse postali: Euro 2,00


Dignità e pudore di ieri di Plinio Corrêa de Oliveira

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cene della Belle Époque. Nella prima foto vediamo, sullo sfondo di un palazzo allo stesso tempo severo e armonioso, un lungo corteo di fanciulle vestite in modo delicato e grazioso. Corona sulla testa e mantello di ermellino sulle spalle, una dama tenuta dalla mano destra di un cavaliere, apre la processione. Alla bellezza del viso, la dama aggiunge una personale eleganza, resa ancor più degna dalla sua compostezza. Il portamento del cavaliere mostra un’alta coscienza della propria funzione. Egli è in abito di gala e sfoggia alcune decorazioni. Di cosa si tratta? Sarà la visita di una Regina straniera? Siamo nel 1909 e l’Europa era ancora ornata di corti principesche.

Nella seconda foto, la dama sale su un landau, tenuta sempre per mano dal cavaliere e circondata da personaggi che sembrano renderle omaggio: sono chiaramente esponenti del mondo civile e militare. Il cocchiere è vestito di rigore: indossa redingote e cilindro. Ripetiamo la domanda: sarà una scena di corte?

Tutto porterebbe a rispondere in modo affermativo. Qualche dettaglio, però, come la semplicità del carro e la rusticità di taluni personaggi, ci indica che si tratta, invece, di una scena della piccola borghesia. La dama è sciolta e appariscente ma non possiamo dire che sia propriamente aristocratica. Sono piccoli dettagli che uno sguardo arguto coglie, ma che con ogni probabilità sfuggono alla maggior parte degli osservatori.

Di cosa si tratta, allora? È la festa della “Reine de la bonneterie” a Troyes, in Francia. Agli inizi del secolo XX, questa città, già capitale della Champagne, contava appena 40-50mila abitanti e cercava di mantenere il passo promuovendo il suo parco industriale, che comprendeva molte fabbriche di bonnets, cioè berretti. Ogni anno, la coronazione della Regina del berretto era occasione di sfarzose celebrazioni civiche che richiamavamo l’attenzione di imprenditori e di turisti, facendo quindi pubblicità al prodotto. Ciò spiega la partecipazione delle autorità locali.

Perché commento tutto ciò? È per permetterci di capire, direi meglio di assaporare, quanto il nostro mondo stia perdendo la serietà. Ecco come si presentava, nel 1909, una “Regina” di bellezza o della moda, con atteggiamenti e gesti che attiravano l’attenzione del pubblico, sia pure a fini strettamente pubblicitari. Oggi, il numero di “regine” si è moltiplicato in modo esponenziale. Quali sono, però, gli atteggiamenti e i gesti che richiamano l’attenzione del pubblico? Non oso nemmeno fare il paragone… Cosa direbbero le Reines de la bonneterie di Troyes se vedessero le “regine” delle passerelle di oggi? (Tratto da “Catolicismo”, N° 65, maggio 1956)


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