Anno 26, n. 88 - Dicembre 2020 Sped. in Abb. Post. Art. 2, Comma 20/C, Legge 662/96 Filiale di Padova
Lux in tenebris lucet!
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e in ogni epoca il Natale apre uno squarcio di serenità e di luce in mezzo alle tribolazioni della vita quotidiana, quest’anno esso assume un significato speciale. La triplice crisi del COVID-19, dei disordini civili e del disastro economico sta scuotendo le fondamenta spirituali e materiali dell’Occidente e del mondo. Questa non è una crisi ordinaria, poiché mette in discussione le nostre certezze, cambia la nostra vita quotidiana e limita la libertà della Chiesa. Di fronte a questa crisi, molti sono sbalorditi e si chiedono cosa sia andato storto.
I vari governi si sono prodigati – anche troppo! – nell’offrire soluzioni fondate sulle restrizioni sanitarie, gli stimoli all’economia e altre misure di tipo sociale e politico. Nessuno ha provato a proporre soluzioni fondate su una ripresa della vita spirituale. Né è questo lo scopo del potere politico, bensì di quello spirituale: la Chiesa. E dov’è la Chiesa?
In quest’ora suprema per il Cristianesimo, i fedeli sono naturalmente portati ad alzare lo sguardo alla Cattedra di Pietro, l’Autorità Suprema della Chiesa Cattolica, in cerca di una parola di conforto e di guida. Ma invece di essere il baluardo dell’Occidente, la Santa Sede sembra indifferente al suo destino. A volte sembra addirittura favorire chi attacca il mondo occidentale con inaudita intensità. L’immensa orfanilità spirituale dell’Occidente è l’aspetto più terribile della situazione attuale.
Le guerre, le catastrofi, le sciagure, insomma le sofferenze che costellano la nostra vita in que-
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sta valle di lacrime, possono essere viste come un amorevole richiamo della Provvidenza alla conversione. Dov’è questo richiamo alla conversione da parte dell’Autorità che, prima di tutte, dovrebbe tutelare la vita spirituale dei fedeli?
Però, lux in tenebris lucet, et tenebrae eam non comprehenderunt, la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno sopraffatta! Anche quest’anno, dalla grotta di Betlemme promana quella luce che, in poco tempo, conquistò il mondo! Più fitte saranno le tenebre, tanto più sfolgorante sarà la luce che il Bambino Gesù ci porta.
Al cospetto delle nazioni, forse a nessuna come all’Italia fu dato di vivere il Natale con una grazia tanto intensa. È qui che nacque la tradizione del presepe, col Poverello d’Assisi. La grazia del Natale sembra inscindibilmente legata alla vocazione dell’Italia. Una vocazione che il nostro fondatore Plinio Corrêa de Oliveira capiva benissimo e amava profondamente.
Prendiamo ispirazione dalle sofferenze che la Provvidenza ha voluto inviarci per riflettere dove abbiamo sbagliato, come persone e come Paese. Preghiamo la Madonna, con Plinio Corrêa de Oliveira: “O Madre ricordatevi dell’Italia, nazione da Voi tanto prediletta e che riempiste di tanta dolcezza; infondetele nostalgia di Voi, poiché sono certo che Voi avete nostalgia di lei; ritornate al più presto in Italia, mediante il regno della Vostra grazia, per trasformarla in un grande strumento della Restaurazione del Vostro regno nel mondo”.
Sommario Anno 26, n° 88, dicembre 2020
Lux in tenebris lucet! Vaticano – Cina rossa: un flirt che viene da lontano Appello urgente per resistere Greccio. Natale 1223. Il primo presepio Plinio Corrêa de Oliveira e la grazia del Natale Plinio Corrêa de Oliveira e la vocazione dell’Italia Preghiera per la restaurazione dell’Italia Plinio Corrêa de Oliveira e l’Italia Il pensiero controrivoluzionario Poveri Tutti Auguri di Santo Natale
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Copertina: Assisi,la Basilica di San Francesco adornata per il Natale.
Tradizione Famiglia Proprietà Anno 26, n. 88 dicembre 2020 Dir. Resp. Julio Loredo
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Attualità
Vaticano – Cina rossa: un flirt che viene da lontano
Sordo agli ammonimenti che, da più parti gli sono stati rivolti, il Vaticano ha rinnovato il patto segreto col governo di Pechino – cioè col Partito Comunista Cinese – riguardante la situazione della Chiesa. Si tratta di un patto pesantemente sfavorevole alla Chiesa. Perché questo debole per la dittatura rossa?
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’Agenzia Asia News del 7 febbraio 2018 informava i suoi lettori delle sorprendenti dichiarazioni che mons. Marcelo Sánchez Sorondo, cancelliere della Pontificia Accademia delle Scienze, faceva al suo rientro dalla Cina assicurando che questo Paese era il miglior realizzatore della dottrina sociale della Chiesa. Diceva l’ineffabile prelato argentino, che ancora conserva tranquillamente la sua importante carica in Vaticano:
“In questo momento, quelli che realizzano meglio la dottrina sociale della Chiesa sono i cinesi” (…) “Essi tengono al bene comune, subordinano le cose al bene comune”. “Ho incontrato una Cina straordinaria: ciò che la gente non capisce è che il principio centrale cinese è il lavoro, lavoro, lavoro. Non c’è altro. Al fondo è come diceva san Paolo: chi non lavora, non mangia”. “Non ci sono baraccopoli, non c’è droga, i giovani non usano droga. Vi è come una coscienza na4 - TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / DICEMBRE 2020
zionale positiva, essi desiderano dimostrare che sono cambiati, che accettano la proprietà privata”.
Poi non si è trattenuto dal fare un paragone persino con gli Stati Uniti, presentati sotto questa luce: “L’economia non domina la politica, come succede negli Stati Uniti, come affermano gli stessi statunitensi. Come è possibile che le multinazionali del petrolio influenzino (Donald) Trump? (…) Al contrario i cinesi, no, essi propongono lavoro e bene comune”.
Il presule argentino, che in un incontro internazionale a febbraio 2017 già aveva “difeso con accanimento la Cina dall’accusa di obbligare i trapianti forzati fatti da dottori cinesi sui prigionieri e condannati a morte”, questa volta concludeva le sue riflessioni sul gigante asiatico così: “Non si può pensare che la Cina di oggi sia la Cina dei tempi di Giovanni Paolo II o la Russia della Guerra Fredda”.
“Questo accordo ucciderà la Chiesa. Il governo comunista di Pechino potrà usarlo per chiedere alla gente qualsiasi cosa in nome del Papa"
Cardinale Joseph Zen
In realtà, all’epoca dell’Ostpolitik di Papa Paolo VI e di mons. Casaroli, le cose non erano molto diverse. Anche allora la Santa Sede strizzava l’occhio a un presunto modello cinese che avrebbe favorito il bene comune. Nell’articolo intitolato “Il suicida va bene, grazie mille” (Folha de Sao Paulo, 8/7/1973), Plinio Correa de Oliveira faceva questo commento alle dichiarazioni di un alto funzionario della Santa Sede:
“Ha provocato una dolorosa impressione in molti ambienti brasiliani la notizia pubblicata qualche giorno fa dalla Tribuna da Imprensa, di Rio de Janeiro, che il delegato vaticano presso l’Organizzazione Internazionale del Lavoro, mons. Silvio Luoni, ha esaltato il modello di sviluppo cinese, ponendolo come esempio di “sviluppo rispettoso dei valori culturali di questo grande popolo”. Il dignitario ecclesiastico ha aggiunto: “Anche tenendo conto dei limiti delle conoscenze, e facendo ogni sorta di riserva sull’ideologia e sul sistema politico cinese, dobbiamo dire che i valori umani e comunitari dei secoli passati non sono stati dimenticati”, tanto che nella Cina comunista “analisi, metodi e realizzazioni rispettano l’essenza di questo patrimonio, nonostante gli eccessi di un entusiasmo rivoluzionario a volte traboccante”.
Dopo l’accordo col Vaticano, il governo comunista cinese ha ordinato l’abbattimento di centinaia di croci su tutto il territorio nazionale
“(…) Nonostante le “riserve di ogni sorta”, il prelato lascia intravedere che un comunismo autentico, come quello cinese, è compatibile con l’ammirevole eredità tradizionale del popolo cinese. Ciò significa dare del comunismo un’immagine che, oltre ad essere falsa, è propagandistica”, concludeva l’eminente cattedratico brasiliano.
La verità è che questo amore per la Cina, che si trascina da così tanto tempo, non è solo “pastorale” ma rivela anche un forte sbilanciamento ideologico e propagandistico in favore di un modello economico e sociale alternativo a quello “malato” dell’Occidente. Questa simpatia è sopravvissuta alle epoche e ai pontificati e oggi si ripresenta in figure come quelle di mons. Marcelo Sánchez Sorondo il quale, in fondo, non è neppure originale.
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Un manifesto delle TFP
Appello urgente per resistere al tradimento e alla rovina dell’Occidente, frutto della civiltà cristiana
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a triplice crisi del COVID-19, dei disordini civili e del disastro economico sta scuotendo le fondamenta spirituali e materiali dell’Occidente e del mondo. Questa non è una crisi ordinaria, poiché mette in discussione le nostre usurate certezze, cambia la nostra vita quotidiana e limita la libertà della Chiesa. Di fronte a questa crisi, molti sono sbalorditi e si chiedono cosa sia andato storto. Dove va l’Occidente? È possibile evitare il caos che si avvicina?
In questo quadro di grande rischio per l’Occidente, come laici cattolici che hanno a lungo difeso la civiltà cristiana dagli errori del comunismo e del socialismo, l’Associazione Tradizione Famiglia Pro-
prietà e le sue organizzazioni autonome consorelle nei cinque continenti offrono la loro analisi del pericolo e il loro messaggio di speranzosa restaurazione.
I. La situazione attuale
La crisi attuale si manifesta in molteplici modi. Ma tutti presentano un’unità di obiettivi che mira a distruggere le strutture rimanenti della civiltà cristiana occidentale. Potremmo dividerli in tre categorie principali.
1. Una crisi sanitaria che influisce su tutti gli aspetti della vita
Il mondo sta affrontando un’epidemia virale la cui origine e diffusione sembrano indirizzare a un ruolo sospetto della Cina. Questo virus ha colpito soprattutto le nazioni cristiane dell’Europa e delle Americhe, sia per quel che riguarda i gravi rischi per la salute, sia per il profondo impatto economico, sociale e psicologico delle draconiane misure sanitarie e di blocco. Il mondo sta affrontando un’epidemia virale che ha colpito soprattutto le nazioni cristiane dell’Europa e delle Americhe
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La cosiddetta nuova normalità sta condizionando collateralmente la vita di centinaia di milioni di persone limitando la libertà di movimento, interrompendo il lavoro e l’istruzione, vietando o contingentando raduni ed eventi culturali e, infine, restringendo l’accesso alla Messa domenicale e ai Sacramenti.
Alla gente viene detto di abituarsi a un mondo di tristezza, isolamento e subconsumismo controllato dai tecnocrati, non diversamente dall’incubo distopico del romanzo 1984 di George Orwell.
2. Le debolezze strutturali del nostro mondo globalizzato rivelate dalla pandemia
Una grave crisi economica bussa alla porta annunciando enormi conseguenze politiche, sociali, culturali e psicologiche. Analisti di livello internazionale prevedono uno scenario peggiore di quello della Grande Depressione iniziata nel 1929.
La pandemia rivela l’enorme dipendenza economica dell’Occidente, frutto marcio della sconsiderata dislocazione del suo settore manifatturiero soprattutto in Cina.
Il risultato è una grande debolezza politica in Occidente, che si viene a trovare molto declassato in un mondo “multipolare” in cui la Cina comunista sta assumendo il ruolo di un drago. Molti autori denunciano il graduale e inevitabile declino del potere politico, militare e diplomatico dell’Occidente sulla scena internazionale. Il mondo, come lo conoscevamo, sembra avviarsi alla fine.
3. I disordini sociali indeboliscono ulteriormente l’Occidente
L’Occidente è indebolito da disordini sorti simultaneamente in tutto il mondo come se fossero stati innescati da una fonte comune. Tali disordini toccano questioni nodali e includono:
a) Un male importato quale l’immigrazione incontrollata, che favorisce la formazione di enclavi straniere all’interno delle nazioni. Molti neoarrivati (soprattutto immigrati musulmani) rifiutano l’integrazione e l’assimilazione, il che crea un separatismo interno de facto. Ciò trasforma l’Occidente in uno “spazio aperto” multietnico, multireligioso e multiculturale senza un’identità comune o uno scopo.
La pandemia ha rivelato l’enorme dipendenza economica dell’Occidente dalla Cina Sotto: cartello propagandistico del Governo cinese
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Un manifesto delle TFP
L’ottimismo, il tratto caratteristico del nostro tempo, sta scomparendo mentre cresce l’apprensione e molte persone cominciano a chiedersi: Che cosa è andato storto?
b) Un altro punto cruciale come l’ascesa di politiche d’identità in favore di diverse minoranze che si ritengono discriminate e di ideologie di sinistra che cercano di spazzare via tutte le vestigia e le strutture del passato cristiano: questi ideali sociali “decostruzionisti” prendono di mira la società borghese capitalista. Molti di sinistra approfittano delle differenze razziali e culturali per promuovere la lotta di classe attraverso la violenza di strada e la distruzione urbana. La rivolta promossa dal movimento Black Lives Matter negli Stati Uniti ne è un tipico esempio. Una conseguenza dei disordini sociali è che conducono a un radicalismo che, con l’aiuto dei media, spaventa e paralizza la maggioranza silenziosa. Nei paesi in cui reagisce la maggioranza, la conseguente polarizzazione ideologica porta ad una paralisi delle istituzioni democratiche, e molte voci stanno paventando addirittura il rischio di una guerra civile.
II. L’uomo occidentale di fronte a questo quadro
L’Occidente si trova impreparato ad affrontare questa triplice crisi. Le sue fondamenta sono erose dalla terribile debolezza strutturale di una imponente rivoluzione culturale, come si è visto ad esempio con la crisi della famiglia, la cultura della morte rappresentata dall’aborto procurato e con un’ideologia LGBT aggressiva che si impone a tutta la società, persino ai bambini innocenti. Soprattutto, l’Occidente è indebolito da una crisi spirituale. Un numero incalcolabile di fedeli ab-
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bandona la fede e vive senza Dio o senza la sua legge, non cercando più né la sua grazia né la vita sacramentale. La nostra decadenza morale ci ha indebolito e abbiamo dimenticato le nostre radici cristiane.
Privi di sostegno spirituale e sociale, molti restano scioccati e increduli di fronte a questa triplice crisi. Diversi psicologi lo chiamano un “trauma collettivo”. Potente, solido, tecnologicamente perfetto e sicuro di sé, il nostro mondo è stato scosso dalle fondamenta da un nuovo coronavirus.
In pochi mesi, insieme all’economia occidentale, sono crollate molte certezze. Queste certezze avevano alimentato l’ottimismo delle masse in un progresso indefinito. Oggi la crisi ha eroso la fiducia nei media, nella scienza, nelle autorità politiche e persino nei leader religiosi. L’ottimismo, il tratto caratteristico del nostro tempo, sta scomparendo. L’ottimismo che due guerre mondiali non hanno potuto scuotere, ora sta svanendo in una crescente ansia per il futuro.
In tale contesto di apprensione, molti iniziano a mettere in discussione le fondamenta dell’Occidente. Chiedono: cosa è andato storto? C’è una soluzione?
C’è una luce che possa guidarci durante questa tempesta, confortandoci e ridandoci fiducia nel futuro?
Queste domande portano il seme del rimorso e di una fievole nostalgia del sentiero abbandonato della virtù.
III. Una immensa orfanilità spirituale
In mezzo alle difficoltà, faremmo bene a bere dalla sorgente della cultura cristiana per riscoprire i valori spirituali che ci hanno formato. Da questa fonte spirituale provengono l’ordine, le istituzioni e le grazie cristiane che ci possono portare fuori dall’attuale triplice crisi. Solo un simile ritorno di figli prodighi alla casa paterna può rigenerare la società nella misura e nella portata necessarie.
Tuttavia, la nostra incapacità di affrontare il problema deriva dal fatto che una crisi parallela all’interno della Chiesa mina le nostre certezze, i nostri principi e valori. Questa crisi spirituale è molto più distruttiva poiché ci priva dei mezzi che ci aiutano a trovare soluzioni.
In quest’ora suprema del Cristianesimo, i fedeli sono naturalmente portati ad alzare lo sguardo alla Cattedra di Pietro, l’Autorità Suprema della Chiesa Cattolica, in cerca di una parola di conforto e di guida. Ma invece di essere il baluardo dell’Occidente, la Santa Sede sembra indifferente al suo destino. A volte sembra addirittura favorire chi attacca il mondo occidentale con inaudita intensità. L’immensa orfanilità spirituale dell’Occidente è l’aspetto più terribile della situazione attuale. Prendiamo in considerazione questi fatti recenti (tra i tanti che potrebbero essere elencati) che minano le basi della Fede:
vaticana del 2003 condanna “il riconoscimento legale delle unioni omosessuali”, Papa Francesco ha recentemente affermato che “le persone omosessuali hanno diritto ad una famiglia… Ciò che dobbiamo approvare è una legge sulle unioni civili. Hanno diritto ad essere coperti legalmente”.
Con l’intenzione di costruire un “nuovo mondo” multipolare, Papa Francesco ha lanciato Fratelli Tutti, un’enciclica che, da un punto di vista religioso, mette la Chiesa cattolica e la Sacra Scrittura sullo stesso piano delle altre religioni e dei loro libri fondanti. In nome di una fraternità naturalista universale e della sua corrispondente “amicizia sociale”, Fratelli Tutti fornisce le basi dottrinali e psicologiche per un “mondo aperto”, senza principi o confini, senza una religione definita, dove le risorse sono a disposizione di tutti allo stesso modo, e in cui i conflitti devono essere risolti attraverso il “dialogo”. L’enciclica favorisce l’invasione incontrollata dei migranti in Occidente (nel caso dell’Europa, questo significa soprattutto musulmani). Chiede la sottomissione dei paesi a organizzazioni internazionali come le Nazioni Unite, che sarebbero in grado di risolvere i problemi globali, in particolare quelli legati al clima e all’ambiente.
Inoltre, in contraddizione con la dottrina sociale della Chiesa, Fratelli Tutti limita la proprietà privata e l’economia di libero mercato in modo talmente ampio da negare, in pratica, la liceità morale di questi due fondamenti dell’economia occidentale. In altri punti dell’enciclica vi sono concetti che Papa Francesco continua a ripetere dall’inizio del suo pontifi-
Mentre il Catechismo della Chiesa Cattolica ribadisce che gli atti omosessuali “sono contrari alla legge naturale” e “in nessun caso possono essere approvati” (n. 2357) e una successiva istruzione Fratelli Tutti fornisce le basi dottrinali e psicologiche per un “mondo aperto”, senza principi o confini, senza una religione definita, dove le risorse sono a disposizione di tutti allo stesso modo TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / DICEMBRE 2020 - 9
Un manifesto delle TFP
cato e che probabilmente ribadirà nei prossimi eventi Global Compact on Education ed Economy of Francesco. Ad esempio la “decrescita sostenibile”, il risparmio energetico senza emissioni di carbonio (cioè il pauperismo come standard per il consumo) e il modello di proprietà e gestione comune praticato dai movimenti popolari di sinistra.
A ciò si aggiungano gli ideali indigenisti proposti nell’enciclica Laudato si’ e nell’esortazione apostolica Querida Amazonia, che presentano lo stile di vita tribale come modello di vita sostenibile e di vita di comunità, per non parlare qui degli orrendi atti cultuali alla Pachamama in Vaticano. Entrambe queste proposte di vita confermano tragicamente le previsioni del prof. Plinio Corrêa de Oliveira sulle tendenze tribaliste presenti nella Chiesa, formulate nella terza parte della sua opera Rivoluzione e Controrivoluzione nel 1976, e in Tribalismo indigeno: ideale comunista-missionario per il Brasile del ventunesimo secolo nel 1977. La passività della Gerarchia ecclesiastica durante la crisi sanitaria è stata evidente quando molte autorità religiose, andando ben oltre quanto stabilito dalle autorità politiche, hanno proibito la celebrazione della Messa e imposto la Comunione in mano. Per la prima volta nella storia, il clero cattolico ha celebrato la Pasqua senza fedeli. E molti di questi non stanno più tornando in Chiesa, aggravando una crescente apostasia.
IV. C’è il diritto di resistere a un papa che abbandona l’Occidente cristiano?
La Chiesa Cattolica è universale, lo dice già il nome. La sua missione è battezzare tutte le nazioni, insegnando loro ad osservare ciò che Cristo ha comandato (cf. Mt 28, 19–20). Pertanto, non si identifica con questa o quell’area geografica, etnia o cultura. Tuttavia, durante questi duemila anni, la civiltà cristiana occidentale è stata il frutto più visibile e duraturo dell’apostolato della Chiesa. La sua santità, lo spirito evangelizzatore, la profondità filosofica e teologica, gli ospedali, le università, le opere di carità, il vigore economico ed i fiorenti risultati nelle arti e nelle scienze portarono Papa Leone XIII a scrivere: “Vi fu un tempo in cui la filosofia del Vangelo governava la società” (enciclica Immortale Dei, n. 28). Fino a Papa Francesco, i Sommi Pontefici hanno riconosciuto la civiltà cristiana occidentale come la figlia primogenita della Chiesa e hanno cercato di difenderla. Che madre snaturata sarebbe la 10 - TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / DICEMBRE 2020
Chiesa se, in una situazione in cui questa figlia primogenita rischia di morire, le voltasse le spalle o, peggio ancora, aiutasse i suoi nemici ad attaccarla mortalmente! La Chiesa si comporterebbe come un falso pastore che consegna il gregge a lupi voraci che vogliono divorarlo. Tuttavia, questo è l’atteggiamento mostrato da molte delle nostre più alte autorità ecclesiastiche.
Di fronte a questo scenario apocalittico, una domanda lacerante sorge nell’animo di innumerevoli cattolici: è lecito reagire e difendere con orgoglio la civiltà cristiana, le sue tradizioni religiose e temporali, anche quando ciò implica l’opposizione a certe linee guida emanate da queste alte autorità? È lecito resistere, nella misura massima consentita dal Diritto Canonico, alle politiche perseguite da Papa Francesco che minacciano l’integrità, la sicurezza e le identità culturali dell’Occidente?
Non abbiamo paura di assumere questo stato di resistenza perché la sua liceità morale è stata implicitamente riconosciuta dal silenzio di Papa Paolo VI e di numerose altre autorità ecclesiastiche alla dichiarazione delle TFP sulla politica di distensione del Vaticano con i regimi comunisti. Il documento del 1974, scritto dal Prof. Plinio Corrêa de Oliveira, fu firmato e pubblicato da tutte le TFP allora esistenti. In esso si legge: “Con questo atto filiale diciamo al Pastore dei Pastori: la nostra anima è Vostra, la nostra vita è Vostra. Ordinateci ciò che desiderate. Solo non comandateci di incrociare le braccia di fronte al lupo rosso che attacca. A questo si oppone la nostra coscienza.
“Sì, Santo Padre - continuiamo - san Pietro ci insegna che è necessario ‘ubbidire a Dio prima che agli uomini’. Siete assistito dallo Spirito Santo e anche sostenuto - nelle condizioni definite dal Vaticano I - dal privilegio dell’infallibilità. Questo non impedisce che in certe materie o situazioni la debolezza a cui sono soggetti tutti gli uomini possa influenzare e persino determinare la Vostra azione. Una di queste è - forse per eccellenza - la diplomazia. E qui si situa la Vostra politica di distensione verso i governi comunisti.
“Che fare a questo punto? Le righe di questa dichiarazione non basterebbero per contenere l’elenco di tutti i Padri della Chiesa, Dottori, moralisti e canonisti - molti dei quali elevati agli onori degli altari - che sostengono la legittimità della resistenza. Una resistenza che non è separazione, non è rivolta, non è acrimonia, non è irriverenza. Al contrario, è fedeltà, è unione, è amore, è sottomissione”.
“In quest’ora suprema del Cristianesimo, i fedeli sono naturalmente portati ad alzare lo sguardo alla Cattedra di Pietro, l’Autorità Suprema della Chiesa Cattolica, in cerca di una parola di conforto e di guida. Ma invece di essere il baluardo dell’Occidente, la Santa Sede sembra indifferente al suo destino. A volte sembra addirittura favorire chi attacca il mondo occidentale con inaudita intensità”
Un manifesto delle TFP
V. Resistenza
Resistere significa che incoraggeremo i cattolici a riaffermare il loro amore per la civiltà cristiana occidentale e la loro disponibilità a difendere i suoi resti e la sua cultura. Inoltre, promuoveremo la sua restaurazione con maggiore splendore e solidità, affinché l’Occidente riacquisti la leadership mondiale che merita non perché è occidentale ma perché è cattolico. La civiltà cristiana occidentale si basa su un passato bimillenario e sul fatto di avere al centro Roma, la Sede di Pietro.
Resistere significa invitare i leader e i popoli occidentali a studiare le ragioni profonde del loro declino, così come è analizzato in Rivoluzione e Contro-Rivoluzione, capolavoro del Prof. Plinio Corrêa de Oliveira, e a ricorrere ai rimedi che suggerisce per far uscire l’Occidente da questa crisi esistenziale.
Resistere significa che la fine dell’Occidente non è scontata poiché, come ci ricorda il compianto leader cattolico brasiliano in quello stesso libro: “Quando gli uomini decidono di collaborare con la grazia di Dio, allora nella storia accadono cose meravigliose: la conversione dell’Impero romano, la formazione del Medioevo, la riconquista della Spagna a partire da Covadonga, sono tutti avvenimenti ... che accadono come frutto delle grandi risurrezioni dell’anima di cui anche i popoli sono suscettibili. Risurrezioni invincibili, perché non vi è nulla che possa sconfiggere un popolo virtuoso e che ami veramente Dio”.
Resistere significa pubblicare rispettosamente la nostra analisi e il nostro giudizio in situazioni come la pubblicazione dell’enciclica Fratelli Tutti o il sostegno di Papa Francesco al riconoscimento legale delle unioni omosessuali: un colpo mortale per ciò che resta della civiltà cristiana occidentale.
Resistere significa denunciare con filiale e rispettosa franchezza la pericolosa contraddizione tra il trattamento privilegiato accordato dalla Santa Sede alla Cina rossa (di cui non condanna il regime comunista) e il disdegno di Papa Francesco per i grandi Paesi dell’Europa e delle Americhe, mostrato quando attacca senza misericordia le loro sovranità e il sistema economico basato sulla libera impresa e sulla proprietà privata. Tuttavia, tale sistema economico è ampiamente conforme alla legge naturale, ai Dieci Comandamenti e all’insegnamento bimillenario dei papi, come si trova nel Magistero Supremo della Santa Madre Chiesa. Resistere significa proclamare con indomita fiducia che al di là delle tempeste spirituali, delle sfide materiali e di ogni attacco dei loro nemici, l’Occidente e la civiltà cristiana risorgeranno, adempiendo le parole profetiche della Madonna a Fatima: “Alla fine, il mio Cuore Immacolato trionferà!”. 28 ottobre 2020 12 - TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / DICEMBRE 2020
Aderiscono Per l’Associazione Tradizione Famiglia Proprietà (Italia), Julio Loredo, presidente Instituto Plinio Corrêa de Oliveira (Brasile)
Sociedad Civil Fátima la Grande Esperanza (Argentina) Australian TFP
Österreichische Gesellschaft zum Schutz von Tradition, Familie und Privateigentum (Austria) Fédération Pro Europa Christiana (Belgio)
Canadian Society for the Defence of Christian Civilisation
Deutsche Gesellschaft zum Schutz von Tradition, Familie und Privateigentum e.V. (Germania) Irish Society for Christian Civilisation
Stichting Civitas Christiana (Paesi Bassi)
Sociedad Paraguaya de Defensa de la Tradición, Familia y Propiedad Tradición y Acción por un Perú Mayor
Philippine Crusade for the Defense of Christian Civilization
Fundacja Instytut Edukacji Społecznej i Religijnej im. Ks. Piotra Skargi (Polonia)
Acción Familia por un Chile Auténtico, Cristiano y Fuerte
Instituto Santo Condestável (Portogallo)
Círculo Beato Pio IX (Ecuador)
Tradición y Acción (Spagna)
Sociedad Colombiana Tradición y Acción
Centro Cultural Cruzada (Medellín – Colombia)
Asociación Civil Fátima la Gran Esperanza (Argentina)
Société Française pour la Défense de la Tradition, Famille, Propriété
Family Action South Africa
Helvetia Christiana (Svizzera)
Tradition, Family, Property–United Kingdom
American Society for the Defense of Tradition, Family, and Property (U.S.A.)
TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / DICEMBRE 2020 - 13
Natale
Greccio Natale 1223 il primo presepio
14 - TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / DICEMBRE 2020
L’amore di S. Francesco d’Assisi per Nostro Signore Gesù Cristo e il conseguente anelito di imitarLo in modo perfetto, conformando tutto il suo essere a quello del Divino Salvatore, erano tali che egli giunse ad assomigliarGli perfino fisicamente. Il suo era un amore fatto di tenera ammirazione, di profonda consonanza spirituale, intellettuale e perfino temperamentale. Questo portava il Poverello d’Assisi a voler non solo conoscere, amare e servire Gesù ma, possiamo dire, a voler quasi “sentirLo” in modo tangibile, cioè con i sensi.
Proprio per poter vivere il Natale in questa profondità, egli ebbe l’idea di riprodurre la scena di Betlemme a Greccio (SI). Siamo nel Natale del 1223. Ecco come racconta l’episodio il suo biografo fra Tommaso da Celano:
TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / DICEMBRE 2020 - 15
L
a sua (di s. Francesco) aspirazione più alta, il suo desiderio dominante, la sua volontà più ferma era di osservare perfettamente e sempre il santo Vangelo e di imitare fedelmente con tutta la vigilanza, con tutto l’impegno, con tutto lo slancio dell’anima e del cuore la dottrina e gli esempi del Signore nostro Gesù Cristo.
Meditava continuamente le parole del Signore e non perdeva mai di vista le sue opere. Ma soprattutto l’umiltà dell’Incarnazione e la carità della Passione aveva impresse così profondamente nella sua memoria, che difficilmente gli riusciva di pensare ad altro.
A questo proposito è degno di perenne memoria e di devota celebrazione quello che il Santo realizzò tre anni prima della sua gloriosa morte, a Greccio, il giorno del Natale del Signore.
C’era in quella contrada un uomo di nome Giovanni, di buona fama e di vita anche migliore, ed era molto caro al beato Francesco perché, pur essendo nobile e molto onorato nella sua regione,
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stimava più la nobiltà dello spirito che quella della carne. Circa due settimane prima della festa della Natività, il beato Francesco, come spesso faceva, lo chiamò a sé e gli disse: «Se vuoi che celebriamo a Greccio il Natale di Gesù, precedimi e prepara quanto ti dico: vorrei rappresentare il Bambino nato a Betlemme, e in qualche modo vedere con gli occhi del corpo i disagi in cui si è trovato per la mancanza delle cose necessarie a un neonato, come fu adagiato in una greppia e come giaceva sul fieno tra il bue e l’asinello». Appena l’ebbe ascoltato, il fedele e pio amico se ne andò sollecito ad approntare nel luogo designato tutto l’occorrente, secondo il disegno esposto dal Santo. E giunge il giorno della letizia, il tempo dell’esultanza! Per l’occasione sono qui convocati molti frati da varie parti; uomini e donne arrivano festanti dai casolari della regione, portando ciascuno secondo le sue possibilità, ceri e fiaccole per illuminare quella notte, nella quale s’accese splendida nel cielo la Stella che illuminò tutti i giorni e i tempi. Arriva alla fine Francesco: vede che tutto è predisposto secondo il suo desiderio, ed è rag-
giante di letizia. Ora si accomoda la greppia, vi si pone il fieno e si introducono il bue e l’asinello. In quella scena commovente risplende la semplicità evangelica, si loda la povertà, si raccomanda l’umiltà. Greccio è divenuto come una nuova Betlemme.
Questa notte è chiara come pieno giorno e dolce agli uomini e agli animali! La gente accorre e si allieta di un gaudio mai assaporato prima, davanti al nuovo mistero. La selva risuona di voci e le rupi imponenti echeggiano i cori festosi. I frati cantano scelte lodi al Signore, e la notte sembra tutta un sussulto di gioia. Il Santo è lì estatico di fronte al presepio, lo spirito vibrante di compunzione e di gaudio ineffabile. Poi il sacerdote celebra solennemente l’Eucaristia sul presepio e lui stesso assapora una consolazione mai gustata prima.
Francesco si è rivestito dei paramenti diaconali perché era diacono, e canta con voce sonora il santo Vangelo: quella voce forte e dolce, limpida e sonora rapisce tutti in desideri di cielo. Poi parla al popolo e con parole dolcissime rievoca il neonato Re povero e la piccola città di Betlemme. Spesso, quando voleva nominare Cristo Gesù infervorato di amore celeste lo chiamava «il Bambino di Betlemme», e quel nome «Betlemme» lo pronunciava riempiendosi la bocca di voce e ancor più di tenero affetto, producendo un suono come belato di pecora. E ogni volta che diceva «Bambino di Betlemme» o «Gesù», passava la lingua sulle labbra, quasi a gustare e trattenere tutta la dolcezza di quelle parole.
per i meriti del Santo, il fanciullo Gesù veniva risuscitato nei cuori di molti, che l’avevano dimenticato, e il ricordo di lui rimaneva impresso profondamente nella loro memoria. Terminata quella veglia solenne, ciascuno tornò a casa sua pieno di ineffabile gioia. Il fieno che era stato collocato nella mangiatoia fu conservato, perché per mezzo di esso il Signore guarisse nella sua misericordia giumenti e altri animali. E davvero è avvenuto che in quella regione, giumenti e altri animali, colpiti da diverse malattie, mangiando di quel fieno furono da esse liberati. Anzi, anche alcune donne che, durante un parto faticoso e doloroso, si posero addosso un poco di quel fieno, hanno felicemente partorito. Alla stessa maniera numerosi uomini e donne hanno ritrovato la salute.
Oggi quel luogo è stato consacrato al Signore, e sopra il presepio è stato costruito un altare e dedicata una chiesa ad onore di san Francesco, affinché là dove un tempo gli animali hanno mangiato il fieno, ora gli uomini possano mangiare, come nutrimento dell’anima e santificazione del corpo, la carne dell’Agnello immacolato e incontaminato, Gesù Cristo nostro Signore, che con amore infinito ha donato se stesso per noi. Egli con il Padre e lo Spirito Santo vive e regna eternamente glorificato nei secoli dei secoli. Amen.
Vi si manifestano con abbondanza i doni dell’Onnipotente, e uno dei presenti, uomo virtuoso, ha una mirabile visione. Gli sembra che il Bambinello giaccia privo di vita nella mangiatoia, e Francesco gli si avvicina e lo desta da quella specie di sonno profondo. Né la visione prodigiosa discordava dai fatti, perché,
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Plinio Corrêa de Oliveira e la grazia del Natale
P
linio Corrêa de Oliveira (1908-1995) ricordava con molto affetto le celebrazioni del Natale a casa della nonna materna, Donna Gabriela Ribeiro dos Santos: “Forse di nulla ho così tanta nostalgia della mia infanzia quanto della grazia del Natale. La cosa più meravigliosa per me a quell’età era la gioia del Natale. Per me il Natale era intenso, calmo,
di Julio Loredo dolce, elevato, ordinato ed equilibrato”. Le celebrazioni seguivano la traccia delle vecchie tradizioni brasiliane, profondamente cattoliche e incentrate sulla Messa del Gallo e sulla venerazione di Gesù Bambino nel presepe. Il Natale era, fondamentalmente, una festa religiosa: “Si trattava di una grande festa, piena di pietà, nella quale scendevano copiose le grazie di Dio. (…) Per me, erano giornate di grande intimità spirituale con Nostro Signore Gesù Cristo Bambino”.
San Paolo del Brasile, dove Plinio Corrêa de Oliveira nacque e trascorse la sua vita, era una di quelle “isole francesi” sparse nel mondo. La sua cultura era francese, lingua nella quale si esprimeva correntemente l’aristocrazia. Nel caso della famiglia Corrêa de Oliveira, a ciò si aggiungeva un tocco germanico, per la presenza della Fräulein Mathilde Heldemann, l’istitutrice dei bambini. Plinio fu, infatti, educato in tedesco. La Fräulein Mathilde, bavarese di Regensburg, già educatrice in alcune casate nobili europee, introdusse nella famiglia alcuni costumi natalizi tipici della sua terra. Plinio si preparava al Natale con molta cura: “Quando si avvicinava il Natale, tutto si riempiva di pace e di raccoglimento. La mia anima lo percepiva come un sussurro proveniente dall’ alto, più eloquente di qualunque discorso, che mi invitava a non prestare attenzione ad altre cose. Mi sembrava che un principio di purezza, chiarezza, onestà, gentilezza e candore scendesse sulla terra e alterasse l’animo degli uomini: la malvagità umana diminuiva e gli angeli spiegavano le ali. Avevo davvero l’impressione che stessero sulla terra”. Consapevole che bisognava proteggere e sviluppare l’innocenza dei bambini, la madre Lucilia Corrêa de Oliveira si prodigava perché il Natale fosse celebrato col giusto spirito, allo stesso tempo
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profondo e allegro. La sera del 24, tutta la famiglia si riuniva nella Villa Ribeiro dos Santos: “Ci facevano aspettare al piano di sopra. Eravamo una ventina di bambini, che si rivolgevano l’un l’altro con modi più rispettosi ed eleganti del solito. Eravamo vestiti in abiti di gala”. A un segno di Donna Lucilia, i bambini scendevano la grande scala di marmo tenendosi per mano e cantando Stille Nacht. Facevano quindi un girotondo attorno all’albero di Natale, intonando O Tannenbaum e altre melodie tedesche: “Io rimanevo estasiato dall’albero adornato. Ritenevo che era, sì, molto bello. Desiderando, però, una perfezione sempre maggiore, e non trovandola negli alberi di questa terra, mi dilettavo a pensare come poteva essere un albero del Paradiso terrestre”. Seguiva l’apertura dei regali che, secondo la tradizione portoghese, erano portati da San Nicola, e una colazione con prelibatezze per lo più importate dall’Europa. Avvicinandosi la mezzanotte, sempre a un segno di Donna Lucilia, convergevano tutti verso il presepe: il Bambino Gesù stava per nascere: “Mamma si inginocchiava ai piedi del presepe, e attorno a lei tutti i bambini. Depositava delicatamente il Bambino sulla mangiatoia e recitava diverse preghiere piuttosto lunghe, con grande dolcezza, pietà e serietà. Ho l’impressione che componesse le preghiere in quel momento, dedicandole al Bambino, alla Madonna e a San Giuseppe. Tutti noi bambini le ripetevamo”.
Naturalmente contemplativo, incline a meditare lungamente su ciò che osservava, traendone poi conclusioni teoriche e pratiche, queste impressioni da bambino sono poi maturate in commenti e analisi che, già da adulto, Plinio Corrêa de Oliveira mise per iscritto. Direttore del settimanale O Legionário da 1933 al 1946, e poi collaboratore del mensile Catolicismo dal 1951 fino alla sua morte, egli era solito scrivere una meditazione in occasione del Natale. A ciò dobbiamo aggiungere le conferenze per soci e cooperatori delle TFP in occasione delle feste natalizie. Di questo vasto tesoro, solo una piccola parte è stata finora tradotta all’italiano.
Le analisi del dott. Plinio sul Natale si sviluppano fondamentalmente lungo tre assi:
- profondamente cattolico, convinto che la vita spirituale orientata a Dio attraverso la Madonna sia
l’aspetto più importante dell’esistenza umana, egli esplorava con amore e venerazione il significato teologico e morale della nascita di Nostro Signore Gesù Cristo. - leader di movimenti laicali, sempre attento all’apostolato, studiava l’influenza del Natale sulle anime e sull’opinione pubblica, cercando di sfruttare questo momento di grazia per avvicinare le persone a Dio.
- pensatore teso in modo speciale allo studio della Civiltà cristiana, esplorava le conseguenze temporali – cioè politiche, sociali e culturali – del mistero del Santo Natale.
Sempre presente, su questo sfondo di quadro, la certezza che la luce del Santo Natale sia venuta nel mondo per far trionfare la Chiesa e la Civiltà cristiana. I suoi scritti hanno, quindi, sempre una nota di molta fiducia e di speranza.
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Citiamo, in modo necessariamente succinto e fuori dal contesto, alcuni suoi testi:
“Visto in una più ampia prospettiva storica, il Santo Natale fu il primo giorno di vita della Civiltà cristiana. Chi lo avrebbe mai detto? Non c’è essere più debole di un bambino. Non c’è dimora più povera di una grotta. Non c’è culla più rudimentale di una mangiatoia. Tuttavia, quel bambino, in quella grotta, in quella mangiatoia, avrebbe trasformato il corso della Storia”. (…)
“Qual è la principale lezione che possiamo trarre dal Natale? (…) La commemorazione dell’evento trascendentale accaduto nella grotta di Betlemme - la nascita del Verbo di Dio, il Messia preannunziato dai profeti - equivale ad un universale sursum corda proclamato a una umanità tumultuosa e sofferente, che si va immergendo sempre più nel caos della completa dissoluzione morale e sociale. (…) Fiducia in Nostro Signore Gesù Cristo, fiducia nel soprannaturale, ecco un’altra lezione preziosa che ci dà il Santo Natale”. (…)
“Dal vostro Santo Natale, o Dio-Bambino, abbiamo appreso tre grandi lezioni. Abbiamo imparato che non c’è pace in Terra senza di Voi. Che l’autentico uomo di buona volontà non è colui che ama l’uomo per l’uomo, ma colui che lo ama per amor Vostro. E che la vostra Pace include la cessazione di tutte le lotte tranne la vostra incessante e gloriosa guerra contro il Demonio e i suoi alleati, il mondo e la carne. Vergine Maria, Mediatrice di tutte le grazie, inchinata in adorazione al Dio-Bambino, otteneteci una piena compenetrazione di tutte queste verità. E permettete che nella prospettiva da esse svelata, cantiamo con Voi e con tutte le creature celesti e terrene di cui siete Regina: Gloria a Dio nel più alto dei Cieli, e Pace in Terra agli uomini di buona volontà”. (…)
Plinio Corrêa de Oliveira contemplava con sgomento il declino del Natale, mentre avanzava lo spirito neopagano e rivoluzionario: “‘Gloria a Dio nell’alto dei Cieli, e pace in terra agli uomini di buona volontà’. Come questo cantico angelico incontrò un ambiente adeguato nelle vastità deserte dei campi di Betlemme, e nei cuori retti dei pastori che si svegliavano dal sonno pesante e tranquillo! Come, al contrario, le parole del coro angelico sembrano strane, senza risonanza, senza
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affinità con le cogitazioni degli uomini in queste megalopoli moderne, dominate dall’ossessione dell’oro, cioè, della materia. Il Natale autentico è morto? Con un po’ di esagerazione, si potrebbe dire di sì. È morto nell’anima metallizzata di tanti milioni di uomini. È morto persino in certi presepi. Sì, nei presepi progressisti, che ci mostrano la Sacra Famiglia con le fattezze e la fisionomia sfigurate dall’arte moderna, e con connotazioni che inducono alla rivoluzione sociale”.
Egli si prodigava perché la grazia del Natale non fosse del tutto persa: “C’è qualche esagerazione nel dire che il Natale è morto. In realtà, conserva pure alcuni barlumi di vita. Cerchiamoli! Li troveremo innanzitutto – zampillanti – per il fatto stesso che è il Natale. Ogni festa del calendario liturgico porta con sé un’effusione di grazie peculiari. Che gli uomini lo vogliano o meno, la grazia bussa loro alla porta dell’anima, in modo più sublime, più tenero, più insistente in questi giorni natalizi. Si direbbe che, nonostante tutto, aleggia nell’aria una luce, una pace, un respiro, una forza di idealismo e dedicazione, che è difficile non percepire”.
In occasione del Natale, parafrasando il profeta Isaia, Plinio Corrêa de Oliveira lanciava una sfida all’uomo moderno: “Oh voi che passate per la via, fermatevi e vedete se c’è una gioia simile alla mia. – Oh voi che vivete avidamente per l’oro, oh voi che vivete stoltamente per la vanagloria, oh voi che vivete turpemente per la sensualità, oh voi che vivete diabolicamente per la rivolta e il crimine: fermatevi e vedete le anime veramente cattoliche, illuminate dalla gioia del Natale: che cos’è la vostra gioia paragonata alla loro? Non vedete in queste parole una provocazione o uno sdegno. Esse sono molto più di questo. Sono un invito al Natale perenne, che è la vita del vero fedele: Christianus alter Christus – il cristiano è un altro Gesù Cristo”. Chiudo questo articolo, invitando i cari lettori ad inginocchiarsi davanti al presepio, riconoscendosi in queste parole del grande pensatore cattolico, scritte nel 1946:
“Anche noi, qui, stiamo inginocchiati e Vi contempliamo. Guardateci, Signore, e osservateci con misericordia. Siamo qui e desideriamo parlarvi.
“Noi, chi siamo noi?
“Siamo quelli che non piegano le ginocchia, e nemmeno un solo ginocchio, davanti a Baal. Quelli che hanno la Vostra legge scolpita sul bronzo dell’anima, non permettendo che le dottrine del secolo attuale gravino coi loro errori su questo bronzo, reso sacro dalla Vostra Redenzione. Quelli che amano la purezza immacolata dell’ortodossia come il tesoro più prezioso, ricusando qualsiasi patto con l’eresia, con le sue opere e le sue infiltrazioni.
Quelli che hanno misericordia del peccatore pentito, e che implorano la Vostra misericordia anche per sé stessi, così spesso indegni e infedeli, ma che non risparmiano l’empietà orgogliosa e insolente che presume di sé, il vizio che si ostenta con arroganza schernendo la virtù. Quelli che hanno pietà per tutti gli uomini, ma particolarmente per i beati che soffrono persecuzioni per amore della Vostra vera Chiesa, che sono oppressi su tutta la Terra per la loro fame e sete di virtù, che sono abbandonati, scherniti, traditi e calunniati per il fatto che si mantengono fedeli alla Vostra legge. “Siamo qui per presentarVi la nostra preghiera. Preghiera, poi, per noi stessi: che ci facciate più esigenti nell’ortodossia, più severi nella purezza, più fedeli nelle avversità, più attivi nelle umiliazioni, più terribili verso gli empi, più compassionevoli verso quelli che, vergognandosi dei loro peccati, lodano in pubblico la virtù e si sforzano seriamente di conquistarla.
Preghiera, infine, perché la Vostra grazia, senza la quale nessuna volontà persevera durevolmente nel bene, sia per noi tanto più abbonante quanto più numerose sono state le nostre miserie e infedeltà”. (Tratto da Radici Cristiane)
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Plinio Corrêa de Oliveira e la vocazione dell’Italia
Plinio Corrêa de Oliveira e la vocazione dell’Italia
“O
Madre ricordatevi dell’Italia, nazione da Voi tanto prediletta e che riempiste di tanta dolcezza”. Queste parole, contenute in una preghiera rivolta alla Madonna e riprodotta nelle pagine seguenti, sintetizzano l’amore di Plinio Corrêa de Oliveira per il nostro Paese: una nazione tanto prediletta dalla Madonna...
Plinio conobbe l’Italia nel 1913. Aveva cinque anni. Era arrivato a Genova in treno da Parigi alla volta di Roma, dove la famiglia aveva fissata un’udienza col Papa San Pio X. Purtroppo, ricevettero la notizia che un’epidemia imperversava nella Città Eterna, e dovettero perciò rinunciare all’incontro. S’imbarcarono quindi sul piroscafo Duca d’Aosta per rientrare in Brasile. Da adulto, Plinio Corrêa de Oliveira tornò in Italia nel 1950, 1952 e 1958 per lunghi soggiorni nei quali prese contatto col mondo cattolico conservatore. A Roma frequentò la miglior aristocrazia. Così scrisse alla mamma nel luglio 1950: “Ho avuto moltissimi incontri, col marchese Pallavicino, il Principe Lancelotti, il Principe Ruffo di Calabria, il Principe Chigi e altri”. Prese contatto anche con le più alte autorità ecclesiastiche. Fu anche ricevuto in udienza privata da Papa Pio XII, introdotto da mons. Giovanbattista Montini, allora Sostituto della Segreteria di Stato. Il Pontefice già lo conosceva di nome, 22 - TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / DICEMBRE 2020
soprattutto attraverso il suo segretario particolare P. Robert Leiber, S.J., amico del dott. Plinio.
Plinio Corrêa de Oliveira tornò in Italia per la prima sessione del Concilio Vaticano II, dove partecipò attivamente negli sforzi del coetus tradizionalista. Il suo ultimo viaggio nel Belpaese risale al 1988, quando si recò a Genazzano (RM), per mantenere una promessa alla Madonna del Buon Consiglio. Visitò anche Roma, Firenze e Venezia.
Naturalmente contemplativo, Plinio aveva una facilità innata per risalire dalle cose sensibili fino a quelle trascendentali per via simbolica. Questa capacità si esercitava precipuamente sui popoli. Vedendo un paesaggio, un monumento o un personaggio, egli era capace di definire l’anima di quel popolo con somma chiarezza. In particolare, era capace di capire ciò che poi chiamerà la “luce primordiale” di un popolo, cioè quell’aspetto per cui esso riflette meglio le perfezioni divine. Una “luce primordiale” che poi è alla base della vocazione di quel popolo, vale a dire della via che esso deve percorrere per avvicinarsi a Dio e così santificarsi. Universale nel suo scopo, la contemplazione di Plinio Corrêa de Oliveira si esercitava con enfasi speciale sulle nazioni che formavano la Cristianità, che dall’Europa si irradiò in tutto in mondo, a cominciare dalle Americhe. Tra queste, l’Italia occupa un posto
privilegiato, o meglio “le Italie”, giacché Plinio Corrêa de Oliveira riteneva che la nostra Penisola abbia dato il meglio di sé nell’epoca pre-unitaria, quando ogni popolo aveva sviluppato al massimo le proprie capacità. “La pluralità dei tipi umani in Italia è sbalorditiva – esclamava – c’è molta più varietà spirituale che negli altri popoli, dove normalmente predomina un tipo”.
Nella Cristianità medievale, questa pluralità era perfettamente equilibrata dallo spirito cattolico che permeava tutta la società conferendogli unità e significato. Con l’Umanesimo e il conseguente crollo della civiltà cristiana questo equilibro si ruppe, innescando processi psicologici, sociali e politici fino ad oggi non risolti. Una conversione dell’Italia, del tipo richiesto per esempio dalla Madonna a Fatima, dovrebbe passare per il ripristino dello spirito cattolico che fece grande il nostro Paese.
Settembre 1988, Plinio Corrêa de Oliveira contempla le bellezze dell’Italia: il Grande Canale di Venezia, la Madonna col Bambino a Subiaco, il Campidoglio a Roma
Proprio questa effervescenza, che denota una grande genialità, spinse gli italiani a guardare verso l’estero: “Lo spirito missionario è consustanziale all’anima italiana. È il popolo con l’anima più universale che esista. L’italiano si incultura facilmente all’estero, mentre diffonde dappertutto la propria cultura”. In questo senso, Plinio Corrêa de Oliveira riteneva l’Italia un perfetto anello tra Oriente e Occidente: mentre possiede tutta la capacità di sognare propria degli orientali, ha anche tutto lo spirito pratico e imprenditoriale proprio degli occidentali. Seguono alcune pagine, necessariamente succinte e incomplete, con alcuni commenti di Plinio Corrêa de Oliveira sull’Italia, per lo più tratti da conferenze e conversazioni.
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Preghiera per la restaurazione dell’Italia
Plinio Corrêa de Oliveira e la vocazione dell’Italia
di Plinio Corrêa de Oliveira
Le imponenti torri di San Geminiano, in provincia di Siena: muti testimoni di un glorioso passato medievale
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V
Plinio Corrêa de Oliveira e la vocazione dell’Italia
i sono momenti o Madre mia in cui la mia anima si sente toccata nel suo intimo da una nostalgia inesprimibile.
Ho nostalgia del tempo in cui, nella primavera della mia vita spirituale, io vi amavo e Voi mi riamavate; ho nostalgia di Voi, o Signora nostra, e del Paradiso in me creato dalla familiarità che avevo con Voi.
Non avete anche Voi, Signora, nostalgia di quel tempo? Non rimpiangete la bontà che abitava in quel Vostro figlio?
Venite dunque, Voi, la migliore delle madri, e per amore di ciò che allora in me sbocciava, restauratemi, ricomponete in me l'amore per Voi e realizzate in me pienamente quel figlio senza macchia che sarei stato, se non vi fosse stata tanta miseria. Datemi, Madre Mia, un cuore pentito e umiliato, e fate nuovamente brillare ai miei occhi ciò che lo splendore della Vostra grazia aveva cominciato a farmi così tanto amare. Ri-
La Sacra di San Michele in Val Susa, TO
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cordatevi di questo Vostro Davide, o Vergine Santa, e di tutta la dolcezza che in lui poneste.
Non è solo per me che vi prego. Signora e Madre di Dio, bensì anche per l’Italia, mia Patria.
Di quante grazie e favori la colmaste nel corso dei secoli! Eppure il mio cuore si sente pieno di tristezza e di apprensione nel considerare le condizioni in cui essa oggi si trova; nel pensare che questa penisola, in cui il Vostro Divin Figlio incastonò come una gemma di inestimabile valore la Cattedra di Pietro, stabilendola nella città di Roma; la penisola in cui, per disegno Vostro e del Vostro Divin Figlio si posò la Santa Casa di Loreto; in cui vive un popolo che diede alla Chiesa e alla Civiltà cristiana in Europa tutto quello che l’Italia ha dato, si trova ridotta alle tristissime condizioni di oggi! Come non pensare, o Madre, che quando manifestaste a Fatima la Vostra tristezza per le condizione del mondo di allora e la Vostra ap-
prensione per ciò che sarebbe accaduto se gli uomini non avessero fatto penitenza, l’Italia fosse una delle maggiori ragioni della Vostra tristezza ed uno dei destinatari del Vostro appello alla penitenza? Frattanto i motivi della Vostra tristezza per noi non hanno fatto che aggravarsi, mentre il nostro spirito di penitenza col tempo non ha fatto che diminuire, fino a giungere alla estrema pochezza in cui oggi si trova.
Senza un intervento speciale della grazia sull’Italia, nulla si può sperare. Ma in compenso, con questo intervento si può sperare tutto: sperare per l’Italia, sperare per l’Europa, sperare per il mondo.
La Provvidenza ha dato infatti alla nostra nazione i mezzi per influenzare profondamente tutto il continente europeo, e l’Europa è tutt’oggi la grande tribuna dall’alto della quale il pensiero umano si rivolge a tutti i popoli della terra.
Che gloria sarebbe per Voi, Signora, se l’Italia si convertisse sinceramente e profondamente con una conversione totale che la rendesse a Voi più familiare e più sottomessa di quanto lo fu persino nei tempi più aurei della sua storia! O Madre, tornate! Richiamate l’Italia affinché essa ritorni a Voi! Unitevi sempre di più all’Italia ed unite sempre di più l’Italia a Voi.
O Madre ricordatevi dell’Italia, nazione da Voi tanto prediletta e che riempiste di tanta dolcezza; infondetele nostalgia di Voi, poiché sono certo che Voi avete nostalgia di lei; ritornate al più presto in Italia, mediante il regno della Vostra grazia, per trasformarla in un grande strumento della Restaurazione del Vostro regno nel mondo. Così sia!
(Dettata da Plinio Corrêa de Oliveira a degli amici italiani. Per la recita privata)
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Plinio Corrêa de Oliveira e la vocazione dell’Italia
Plinio Corrêa de Oliveira e l’Italia
N
egli anni 1930-1940 Plinio Corrêa de Oliveira fu un deciso oppositore delle dottrine fasciste, contrastate perché in discrepanza col Magistero e con lo spirito di Santa Madre Chiesa. I suoi articoli in merito si contano a centinaia. Qualcuno volle vedere in tale posizione un atteggiamento di sdegno nei confronti del popolo italiano. Difendendosi da tale calunnia, in diversi articoli per il settimanale O Legionário del quale era direttore, Plinio Corrêa de Oliveira manifestò, invece, la sua grande ammirazione per il nostro Paese e per il nostro popolo:
“In quest’epoca di nazionalismi esacerbati, il Legionário si pregia di restare cattolico, cioè universale nel senso più ampio del termine. Proprio per questo non dimostra nessun pregiudizio razzista, cioè a favore o contro una certa nazione o una certa razza. Indifferenti alle questioni politiche che riguardino cose esclusivamente temporali, siamo invece interessati fino in fondo a quelle che riguardano l’esaltazione di Santa Madre Chiesa. (…) Essere anti-italiani significherebbe odiare il popolo italiano in quanto tale. Pertanto, questo odio dovrebbe col-
pire tutti gli italiani senza distinzione. Ora, il Santo Padre è italiano, la maggioranza dei membri del Sacro Collegio cardinalizio sono italiani, quasi tutta la Curia romana recluta i propri elementi tra le fila del Clero italiano. I Nunzi di Sua Santità sono quasi sempre italiani e via dicendo. Essere anti-italiani implicherebbe odiare gli elementi che, nella Gerarchia della Chiesa, la Divina Provvidenza ha posto nei luoghi di maggiore responsabilità e autorità, e che proprio per questo meritano più venerazione e più amore da parte dei fedeli. Come potrebbe, allora, un cattolico essere anti-italiano?” (“7 Dias em Revista”, O Legionário, nº 405, 16 giugno 1940).
“Per quanto io sia in disaccordo con il totalitarismo oggi imperante in Italia, come posso non lodare le splendide virtù dei nostri fratelli cattolici in Italia? È contro di loro che scrivo quando critico il totalitarismo? O è, piuttosto, associandomi alle loro preoccupazioni, alle loro lotte, alle loro sofferenze che assumo questa posizione? “Che cosa possiamo dire dei cattolici italiani? Se nei confronti dei cattolici di tutto il mondo i nostri sentimenti sono fraterni, nei confronti dei cattolici ita-
“L’Italia è la gloria della civiltà attuale e un fortissimo pilastro della Chiesa. È la vetrina in cui la Provvidenza ha voluto collocare il più grande tesoro spirituale, morale, politico, sociale e artistico del mondo: il Papa e il Vaticano”
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“Come non amare un popolo a cui Dio ha dato l’onore supremo di essere colui sulle cui spalle ricadono, il più delle volte, le funzioni del governo più augusto e più arduo del mondo? È possibile amare la Chiesa e non amare l’Italia? No e poi no!”
liani c’è inoltre qualcosa di filiale. Cattolici, infatti, non sono solo i fedeli, ma anche e soprattutto lo è la Gerarchia. Ora, chi troviamo a capo dell’ammirevole e virtuosa Gerarchia italiana, se non la figura venerabile e augusta di Colui che è, come Vicario di Cristo, legge della nostra intelligenza, guida della nostra volontà, maestro di tutta la nostra dedizione, di tutto il nostro entusiasmo, di tutto il nostro amore? E se, attorno al Santo Padre, cerchiamo di discernere le figure dei suoi più stretti collaboratori, di coloro che condividono più da vicino le amarezze e le responsabilità del governo pontificio, quante e quali figure ammirevoli donate dall’Italia alla Chiesa possiamo segnalare! Come non amare un popolo a cui Dio ha dato l’onore supremo di essere colui sulle cui spalle ricadono, il più delle volte, le funzioni del governo più augusto e più arduo del mondo? È possibile amare la Chiesa e non amare l’Italia? No e poi no! “Abbiamo volutamente omesso di citare i tanti titoli che hanno reso il popolo italiano, nell’arte e nella scienza, uno dei primi al mondo. Sicuramente titoli gloriosi. Per quanto gloriosi possano essere, rimangono però nell’ombra rispetto ai titoli soprannaturali che abbiamo sopra elencato”. (“França, Itália e Alemanha”, O Legionário, nº 454, 25 maggio 1941).
“L’Italia! Cosa significa questo Paese per un cuore ardente cattolico e latino come quello che scrive queste righe! L’Italia è la gloria della civiltà attuale e un fortissimo pilastro della Chiesa. È la vetrina in cui la Provvidenza ha voluto collocare il più grande tesoro spirituale, morale, politico, sociale e artistico del mondo: il Papa e il Vaticano. Sarebbe impossibile per me, in queste righe di legittimo patriottismo brasiliano, mescolarvi qualcosa di antiitaliano”. (“Patriotismo”, O Legionário, 10 maggio 1936).
tico lì dominante, noi non abbiamo mai mancato di affermare che il nostro orientamento radicalmente antifascista non significava in alcun modo un orientamento anti-italiano. Oggi, con il tracollo delle armi fasciste, eccoci qui di nuovo a criticare ancora una volta il fascismo, ma anche a riaffermare ancora una volta la nostra sincera amicizia verso l’Italia”. (“7 Dias em Revista”, O Legionário, 15 dicembre 1940, n° 431). Plinio Corrêa de Oliveira ai Fori Imperiali all’epoca del Concilio Vaticano II
“Il Legionário, sempre antifascista, non ha mai permesso che qualcosa di anti-italiano emergesse nelle sue pagine. Anche quando le nostre critiche al totalitarismo raggiungevano l’auge, e molti italiani arrabbiati volevano applicare all’Italia critiche che in realtà era rivolte esclusivamente al partito poliTRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / DICEMBRE 2020 - 29
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Firenze e Venezia: due modi d’essere dell’anima umana
S
ono stato più volte a Firenze. La cattedrale, gli Uffizi, il Palazzo della Signoria, il convento di S. Marco, perfino i ristoranti sull’Arno, ogni cosa a Firenze è un tesoro! Credo che chiunque voglia avere un minimo di cultura debba visitare questa città, o almeno informarsi su di essa. Anzi, Firenze non fu solo una grande città, ma anche un grande Stato.
Ho visitato pure Venezia. Sono due mondi completamente diversi. Questa diversità si riflette, per esempio, nell’arte. A Firenze gli artisti favoriscono le forme, dando meno importanza ai colori. Gli artisti veneziani, al contrario, danno più rilevanza ai colori piuttosto che alle forme. Sono due modi d’essere dell’anima umana, due fisionomie spirituali. Credo che le persone, e anche le nazioni, possano essere classificate secondo le loro preferenze per le forme o per i colori. Sono due varianti del genero umano.
Immaginate la ricchezza dello spirito italiano, capace di generare, in uno spazio geografico non molto esteso, due città, due nazioni, due scuole d’arte, due modi d’essere dell’anima umana così diversi. È una meraviglia!
L’anima veneziana è aperta, affabile, amena. Quella fiorentina è lucida, penetrante, intelligente.
A Venezia i colori sono paradisiaci, non solo quelli dell’arte ma anche quelli della natura. Io rimanevo estasiato contemplando quella laguna, con la sua bellezza ineffabile, che assumeva tonalità diverse mentre trascorreva la giornata. Dal sorgere del sole fino al tramonto, Venezia è una continua sorgente di panorami paradisiaci. E quei palazzi che si riflettono sulle acque dei canali! Tutto è d’una tonalità stupenda. Avevo l’impressione di essermi immerso in una pietra acquamarina. Firenze è molto diversa. Qui troviamo la precisione nel disegno, carico di espressività.
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C
Roma: nuova Gerusalemme del Re Immortale
ontrariamente a quanto molti temevano, la Città Eterna non è stata trasformata in una nuova Stalingrado. Le preghiere sono state ascoltate. Oggi la Santa Sede è al sicuro.
Tuttavia, non dobbiamo rendere grazie a Dio solo per la sicurezza del Sommo Pontefice e degli alti organi dell’amministrazione ecclesiastica. È vero che questo viene prima di tutto, poiché la Santa Sede è l’asse di tutta la vita cristiana nel mondo. Dobbiamo rallegrarci per la stessa città di Roma che, nonostante sia stata spogliata della sua prerogativa di capitale degli Stati Pontifici, che era il suo titolo più alto, rimane la cellula mater della civiltà cristiana. Essa non ha perso questo carattere, anche quando le forze anti-cristiane sono riuscite a occuparla temporaneamente.
Chiunque abbia un po’ di perspicacia capirà subito quale formidabile discredito avrebbe rappresentato per il cristianesimo e per la Chiesa la distruzione di Roma. Siccome ciò che c’è di meglio
nel patrimonio dell’umanità è la civiltà cristiana, figlia della Chiesa cattolica, si comprende perfettamente la forte espressione di Pio XII, con cui accusò di “matricidio” chiunque avesse alzato la mano contro Roma.
Evidentemente, ciò che il Papa difendeva con il suo prestigio non erano solo gli aspetti urbani e materiali della città, né le rovine dell’epoca dei cesari. Solo uno spirito piccolo potrebbe pensare una cosa del genere.
Ciò che il Papa coprì con la sua ombra protettiva era il significato spirituale di Roma, la nuova Gerusalemme del Re Immortale, fondata sul sangue dei primi cristiani, la sacra reliquia di tanti martiri. Anche quando questo significato trascendente e impalpabile è collegato a certe cose materiali, è chiaro che va ben oltre. Solo un’intelligenza abbrutita potrebbe confondere lo zelo per questo significato con la difesa delle pietre.
(“A incolumidade de Roma”, O Legionário, 11 giugno 1944, n° 618.)
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Plinio Corrêa de Oliveira e la vocazione dell’Italia
Roma: esempio di società organica
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ediamo alcune figure della collezione “Roma Sparita” del pittore Ettore Franz Roesler, che immortalò la Roma papale che stava sparendo dopo il 1870.
Che cosa era la Roma dei Papi? Era una città romana, poi medievale un po’ ritoccata dall’Ancien Régime, ma pur sempre una città eminentemente ecclesiastica. Per “città medievale” intendo una città non pianificata a priori.
Una famiglia costruiva una casa, poi nasceva un figlio e costruiva una nuova stanza nel sottotetto, nasceva un altro figlio e costruiva una torretta. Poi il nonno aveva bisogno del sole per i suoi acciacchi, quindi apriva una nuova finestra al primo piano. Nessuno si preoccupava se la casa fosse simmetrica o meno, se fosse bella o meno. Le città medievali sorgevano così, al sapore delle circostanze organiche. Per questo motivo, non avevano la monotonia delle grandi città moderne. Erano città piene di sfaccettature, dove ogni persona e ogni famiglia, al sapore delle circostanze organiche, comunicava qualcosa del proprio modo di essere, della propria fisionomia alla costruzione che si stava realizzando. Tutte le città medievali hanno questo carattere. Ma credo che Roma sia in modo paradigmatico una
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città piena di fisionomia. Ed è una città eminentemente pittoresca. Il pittoresco è quella fisionomia che, a causa dell’imprevisto, fa sorridere.
C’è un altro aspetto: Roma è una città molto antica, risalente a circa sette secoli prima di Cristo. E con quel senso di conservazione che esiste in Europa, fino ad oggi alcuni edifici del tempo dei romani sono utilizzati. Un esempio è il Pantheon, dove si adoravano tutti gli antichi dè gentili. Rimase aperto al culto pagano fino al momento in cui Costantino ne ordinò la chiusura. Lungi dall’essere distrutto, però, fu trasformato in chiesa. Laddove Giove era onorato, ora è adorato Nostro Signore Gesù Cristo. Ma l’edificio si conserva. Accanto a questi monumenti così espressivi, così notevoli, vediamo gente tranquilla che vive tra le braccia della storia e quelle della fede, con la naturalità di chi vive la quotidianità. Il Tevere, che scorre magnifico lungo Roma, sembra rappresentare il corso della storia che passa e segna il passaggio dei secoli. Il tempo passa, ma “Stat Crux dum volvitur orbis”, la croce è in piedi mentre il mondo gira! Laddove la Chiesa nel primo secolo mise la sua mano sacra, lì ci resta! Nessuno può togliere la Chiesa da Roma!
Orvieto: un’apoteosi di colori
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iamo di fronte a un’apoteosi di colori su una facciata rigorosamente gotica.
Il rosone – l’unico della facciata - è all’interno di un quadrato non propriamente gotico. C’è qualcosa di classico in questo quadrato, che tuttavia si adatta così perfettamente allo stile gotico che non c’è nulla da obiettare. Predomina il più splendido dei colori: l’oro. L’intera facciata ha uno sfondo dorato. È un mosaico di una tale qualità, così splendente e così magnifico, che sembra essere stato fatto ieri, mentre sappiano che risale al secolo XIV.
Non possiede la poesia del granito, che diventa più bello col passare del tempo. Il vecchio granito, che sfida i secoli e il clima, ha una bellezza particolare. Parla di eternità. Afferma la sua esistenza sfidando il tempo. I secoli passano, ma il granito resta.
La facciata del duomo di Orvieto, invece, sembra che sia stata terminata ieri. Gli inverni e le tragedie della storia l’hanno sfiorata senza mai scalfirla. Rimane magnifica, splendida! I mosaici di Orvieto parlano di eternità, sembrano ignorare il tempo. Il tempo non li tocca. Sono eterni e basta! In questi mosaici si vedono diversi gruppi umani. Sopra, l’incoronazione della Madonna. Poi,
a destra, a sinistra e in basso ci sono altri gruppi. Tutti molto colorati. Non sono colori stridenti, ma sì molto luminosi.
A chiunque l’abbia realizzata, è ovvio che non piacevano i colori tenui. Questi hanno una loro bellezza, che consiste nel fonderli l’uno nell’altro. Qui è ben il contrario. Questi sono colori definiti, ognuno con una vita propria. Insieme, fanno una sinfonia paradisiaca.
La bellezza dei colori applicati a una facciata dalle linee gotiche ci dà l’idea di come potrebbe essere la sintesi tra forma e colore. È una vecchia disputa tra artisti: cos’è più bello, la forma o il colore? A questo proposito ci sono due grandi scuole d’arte italiane che divergono tra di loro. La scuola fiorentina va tutta sul disegno, volutamente povera di colore per far risaltare le forme. La scuola veneziana è magnifica nei colori, essa fa solo i disegni necessari per poi colorarli in modo splendido. Richiamo l’attenzione su un punto: molto prima che queste due scuole differissero e divenissero antagoniste nel Rinascimento, esisteva già una magnifica sintesi medievale, di cui è esempio appunto il Duomo di Orvieto.
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Plinio Corrêa de Oliveira e la vocazione dell’Italia
Italia: un mosaico prezioso
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icono che gli italiani siano inclini alla recitazione, che pensino in modo esuberante e parlino con molta estroversione. Secondo me, proprio questo li rende oltremodo interessanti e brillanti. Non bisogna, comunque, generalizzare perché, per esempio, l’italiano del Nord è molto meno estroverso di quello del Sud.
Che cosa dire di Venezia? Analizzando le figure dei Dogi veneziani, si nota che furono uomini intelligentissimi. Non oserei dire che certuni fossero propriamente buonissimi. Tuttavia, erano delle personalità capaci di portare in sé il mistero, che contrassegna l’incanto di Venezia. Se Venezia non fosse così misteriosa, perderebbe parte del suo fascino. In quell’immensa lacuna – un braccio di mare di una bellezza infinita – si ha l’impressione che, da dietro le finestre ogivali e dai tendaggi fastosi, ci sia un occhio che scruta, che conclude, che prende un appunto, che bisbiglia e che cospira…
Se questa mentalità – una delle più alte manifestazioni della Politica nella storia – è attribuibile ai veneziani, i piemontesi incarnano la mentalità bancaria: niente chiacchiere, niente poesia, pane al pane e vino al vino. Sono molto schietti, osservano molto, mentre analizzano le cose con oggettività.
Sopra, il Doge Andrea Gritti, dipinto di Tiziano
Sotto, “Il banchiere”, dipinto di Vittorio Matteo Corcos
Ebbene, non si può dire la stessa cosa del napoletano. Lì c’è il Vesuvio, la pizza, il canto… In loro l’immaginazione fa da padrona!
Esistono così tanti tipi d’italiani che si potrebbe paragonare il Paese a un immenso e prezioso mosaico.
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Ricchezza e diversità
er comprendere l’italianità è necessario tenere presente che essa comprende due aspetti: uno consiste nell’immaginare il mondo come potrebbe essere, cioè quello dei sogni; l’altro è la realtà concreta, nella quale gli italiani entrano con un grande senso pratico.
Nel Belpaese il senso dell’arte e il senso del commercio formano una composizione in cui non è chiaro quale dei due vinca. Dopo aver realizzato un buon affare, l’italiano canta, senza però mai perdere d’occhio la situazione del portafoglio. E passa dall’una all’altra cosa con una facilità unica.
Nell’arte italiana c’è un doppio dinamismo, sempre molto vivace, molto diverso dal vecchio stile imperiale romano. La canzone italiana, l’arte italiana, manifestano una leggerezza particolare.
Mentre gli spagnoli fanno dei salti impegnativi per raggiungere il paradiso, il carattere italiano, profondamente segnato dal Rinascimento, si eleva senza sforzo fino a raggiungere la vetta di quello che sarebbe una sorta di paradiso terrestre. Negli italiani, la vita gioiosa, la bonomia, lo spirito agile, la fraternità, l’arte di adornare ogni cosa affinché que-
sta vita sia il più piacevole possibile è qualcosa di unico al mondo. Non corrisponde affatto allo spirito spagnolo o portoghese.
Che cosa ha generato questo spirito? Che cosa ha fatto si che in Italia sorgesse la matrice di tutte le arti dell’Occidente? Perché dobbiamo ammettere che, dal Medioevo in poi, quasi tutto ciò che esiste in campo artistico nel mondo porta il marchio italiano.
L’Italia ha acquisito senza grandi battaglie (non ne fu mai molto interessata), senza formare propriamente un grande impero come quello romano, un’influenza artistica molto più robusta di quella della Roma imperiale. L’Italia è una grande nazione, con un’enorme espressione nella storia del mondo e un’influenza molto marcata sulla storia della Chiesa. La Chiesa è stata fondata da Nostro Signore Gesù Cristo per avere la sua sede a Roma. Il Vaticano è un fuoco di influenza italiana nel mondo.
Mi fermo qui, perché è impossibile contenere in un solo commento tutte le straordinarie ricchezze e le diversità del genio italiano.
Dal Campidoglio di Washington D.C., affrescato da Filippo Costaggini e Costantino Brumidi; al Cremlino di Mosca, ricostruito dagli architetti Aristotele Fioravanti, Marco Ruffo e Pietro Antonio Solari, ispirandosi al Castello Sforzesco di Milano, il mondo intero porta il marchio dell’arte italiana
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Plinio Corrêa de Oliveira e la vocazione dell’Italia
Genazzano: l’arte di essere povero
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omentiamo questa foto del paesino di Genazzano, in provincia di Roma, che io visitai nel 1988 per andare a ringraziare la Madonna del Buon Consiglio per una grazia ricevuta. Vedete queste due stradine, una scende e l’altra sale. Non so se riesco a rendere quanto ciò sia oltremodo pittoresco: l’imprevisto, il gusto, l’intelligenza… È il buon umore nella povertà. Questa è conformità alla povertà, il talento nella povertà. Queste popolazioni, all’epoca nemmeno molto alfabetizzate, hanno realizzato delle meraviglie che oggi i turisti vengono a contemplare da tutte le parti del mondo. Io non credo che il fondamento di ogni valore intellettuale sia il saper leggere e scrivere. Lo trovo quantomeno contestabile. Vedete queste piccole meraviglie e capirete. Per me tutto questo è sommamente piacevole e distensivo. Infatti, sono andato in estasi girovagando per queste stradine.
La mia attenzione è stata attirata dal colore di queste pietre. Quanto è bello! Guardate come si abbina bene al colore delle pietre applicate alle pareti, formano un accostamento piacevole e spontaneo. Nessuna facoltà di belle arti è stata consultata. Una pietra è qui, un’altra là, mettile tutte insieme ed è fatta!
Richiamo la vostra attenzione su questo piccolo arco che dà accesso a una porta che conduce alla casa di fronte. Vi sono tre passaggi. Non è vero che questa casa è come un mondo privato, proprio e distinto dal resto della strada? Ogni famiglia conserva la sua individualità.
Questa è l’arte di essere poveri, che gli agitatori odierni ignorano completamente. Vedete tutti i dettagli della scena, con un magnifico sole che bagna tutto. Sono doni che Dio dà a tutti e che rendono piacevole e bella la vita del povero, cioè di quello che sa gustare queste cose. Credo che il paesino di Genazzano sia un esempio perfetto dell’arte di essere povero.
Qualcuno potrebbe obiettare: “Dottor Plinio, proprio l’altro ieri lei commentava fotografie della Germania e rimaneva estasiato con l’ordine e la pulizia dei paesini tedeschi, molto diversi da questo paesino italiano. Non vi è qui una contraddizione?” In realtà, tutto ciò mostra soltanto la diversità dei popoli. C’è una certa caratteristica pittoresca dei popoli e dei climi nordici e freddi, e c’è una certa caratteristica pittoresca dei popoli e dei climi più caldi e mediterranei. In questi ultimi regna la fantasia, l’improvvisazione, il movimento, il genio. In quelli nordici tutto è ordinato, sistemato, pulito. Sono due modi diversi e complementari di essere pittoreschi. 36 - TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / DICEMBRE 2020
Sforzesco: la bellezza grandiosa di un castello plurisecolare
V
iaggiando per l’Europa ho visitato innumerevoli castelli. Uno, molto bello e maestoso, fu il Castello Sforzesco di Milano, che visitai nel 1950. Avevo poco tempo a mia disposizione. Sono quindi entrato, l’ho ammirato e me ne sono andato. Purtroppo era ancora alquanto spoglio forse a causa della guerra, finita appena cinque anni prima.
È un castello con grandi torri, costruito con pietre scolpite in un modo molto bello. Per niente appuntite, le pietre si alzano fino a formare una cresta rotonda al centro. Il tempo li ha poi coperte con una patina dorata, o almeno così mi è sembrato. Il primo cortile interno è tutto circondato da mura. Entrando, persi ogni nozione di essere in una città. Avevo l’impressione di essere in campagna. Persi anche la nozione di essere nel secolo XX, talmente era evocativo! Il cortile aveva al centro un giardino leggermente negligé [trascurato] ma innegabilmente poetico e affascinante, come solo gli italiani sanno fare.
I suoni vi si ripercuotevano in modo particolare. Ebbi l’impressione di udire gli echi di un passato glorioso che risuonano ancora oggi. Il castello ha vari ponti levatoi, sia sopra il grande fossato esterno che sopra quello interno. Col progredire dell’arte bellica, i ponti persero la loro funzione e furono abbassati definitivamente. Non funzionavano più, le catene erano perfino arrugginite. Credo che sia stato un errore, non avrebbero dovuto permettere che ciò accadesse.
Mentre sognavo d’essere trasportato in un altro mondo e in un’altra epoca, un turista, sbirciando la strada attraverso un buco nel muro, gridò a sua moglie: Guarda quella macchina! Pensai: che sintomo lampante di volgarità! Di fronte a una cosa meravigliosa come questo castello, il turista ha prestato attenzione al marchio di un’auto... La bellezza grandiosa di un edificio plurisecolare sfugge all’homo hodiernus, affascinato dalla meccanica.
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Plinio Corrêa de Oliveira e la vocazione dell’Italia
Maria Pia delle Due Sicilie: modello di principessa cattolica gure mi deludevano tremendamente. Giorgio V d’Inghilterra, per esempio.
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a famiglia del prof. Plinio Corrêa de Oliveira era molto legata alla Famiglia Imperiale del Brasile, che riceveva volentieri nella villa Ribeiro dos Santos, a San Paolo. Nel 1918, vi si recò per una visita di cortesia la Principessa Maria Pia di Borbone delle Due Sicilie, figlia di Alfonso Conte di Caserta, fratello ed erede di Francesco II, l’ultimo Re delle Due Sicilie. Donna Maria Pia aveva sposato Luiz d’Orleans Braganza, sopranominato il “Principe Perfetto”, Capo della Casa Imperiale del Brasile.
Trascriviamo qualche brano di una riunione in cui il prof. Plinio Corrêa de Oliveira rievocava questo episodio, spiegando il ruolo che ebbe nella sua formazione: “Mi ricordo che avevo più o meno dieci anni. Ero un fervente monarchico e leggevo tutte le riviste che riportavano fotografie di re, regine, principi e nobili. Le analizzavo con molta attenzione.
“Per me, il modello era la favola. Dunque: un re da favola, una principessa da favola e via dicendo. Questo non era un semplice sogno infantile. O una monarchia è capace di suscitare un sentimento che evochi la favola di se stessa, o non vale niente. Purtroppo, la maggior parte delle fi38 - TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / DICEMBRE 2020
“Avevo un album dove incollavo fotografie della Famiglia Imperiale del Brasile, prese dai giornali e dalle riviste. In fondo stavo cercando qualcuno che potesse approssimarsi a questo ideale.
“Un giorno la mia governante venne nella stanza per annunciare che stava per arrivare a casa la principessa Donna Maria Pia d’Orleans e Braganza. Veniva a visitare mia nonna. Io avevo già visto alcune sue fotografie, che avevo anche ritagliato e aggiunto alla mia collezione. E avevo sempre pensato: ‘questa è una vera Principessa!’
“Adesso avevo l’occasione di scoprire se le fotografie coincidevano con la realtà.
“Dovetti cambiarmi d’abito e mettere quello di gala. Quando fui introdotto nel salotto e fui davanti a lei per salutarla, pensai tra me e me: ‘Eccola lì! L’ho trovata! Questa sì che mi dà la sensazione di essere una vera principessa!’
“Era la personificazione stessa della grandezza, ma con moltissima dolcezza. Una persona che emanava un’aria molto materna, molto degna e, allo stesso tempo, molto cattolica. Perfetta da ogni punto di vista. Era anche molto bella.
“Questo incontro ebbe non poca influenza sulla mia formazione. Mi permise di affinare tutta una serie di nozioni politiche e anche religiose. In fondo, avevo finalmente trovato un modello di principessa cattolica”.
La gioia che il demonio promette e non dà
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cena ripresa in Italia sull’isola d’Ischia. Dopo un temporale, la natura ha recuperato i suoi aspetti sorridenti. Accompagnata dai suoi figli, o forse dai suoi nipoti, un’anziana contadina si arrampica su un pendio. Il percorso non è asfaltato, ai lati non ci sono cinema, bar, vetrine o pubblicità appariscenti. Nessuno in questo gruppo sogna di possedere una macchina, nemmeno una lambretta. Sono tutti scalzi e vestiti in modo povero.
Tuttavia, quanto sono sani! La loro anima trabocca delle gioie semplici e basilari della vita di campagna, che la secolare tradizione d’austerità cristiana fa provare così bene. Sono felici perché sono sani, perché l’aria è pura, perché la campagna è bella, perché sono radicati in un ambiente familiare pieno di amore senza sentimentalismi ma ricco di senso di sacrificio e dedizione reciproca. Nella semplicità dei loro modi, sono raggruppati attorno alla figura centrale in un atteggiamento di autentica venerazione. E in questa venerazione, quanto affetto, quanta fiducia!
Siamo lontani dal sottovalutare i beni che la civiltà e la cultura offrono. Tuttavia, viviamo in un’epoca in cui, a causa di una mostruosa deviazione dovuta al neopaganesimo, la civiltà e la cultura oggi risvegliano nell’uomo appetiti e ambizioni insaziabili. I piaceri artificiali distruggono il senso cristiano di austerità e sacrificio. Le passioni scatenate eliminano la freschezza d’animo, attraverso la quale si possono godere le soddisfazioni temperanti di una vita quotidiana dedita alla preghiera, al dovere e alla famiglia. E per le vittime di questo pro-
cesso l’esistenza si trasforma in una tragica corsa alla ricerca del denaro, o in una frenetica farandola intorno ai piaceri della carne.
La vita non ci è stata data per essere felici, ma per rendere gloria a Dio. Tuttavia, è importante notare che anche dal punto di vista della felicità terrena, il neopaganesimo è un affare terribile. Perché c’è più gioia in una società austera e cristiana, anche se molto semplice, che nella pompa fallace di una super-civiltà – o forse meglio di una pseudo-civiltà – che ha messo tutta la sua felicità nelle delizie della sensualità o nelle illusioni del denaro. Ecco la lezione che ci dà questa semplice famiglia d’Ischia!
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Plinio Corrêa de Oliveira e la vocazione dell’Italia
L’uomo medievale e quello del Rinascimento
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ra Angelico è il miglior pittore di angeli che io conosca. Egli rappresenta gli angeli, con corpo umano, come creature risplendenti di grazia. I sui corpi angelici hanno una trasparenza, una freschezza, una bellezza che il corpo umano non ha. Sono creature senza peccato originale. Le sue figure superano il sesso. Hanno un’anima così pulita e onesta, che sono pronti a qualsiasi atto di virtù. Così forti che sono pronti a qualsiasi atto di governo. Così guerrieri che sono pronti a qualsiasi battaglia. Allo stesso tempo, sono molto pacifici. Tutti i contrasti si ritrovano in una sintesi magnifica. Gli angeli di Fra Angelico sono l’espressione perfetta della temperanza medievale. Dico di più: se non ci fosse stato Fra Angelico, la Chiesa sarebbe monca di un aspetto della natura angelica. Non era sufficiente S. Tommaso per comprendere la natura angelica. Serviva anche un Beato Angelico.
Vedete invece alcuni angeli di Raffaello. Egli dimostra un innegabile talento artistico. Ma dimostra anche una totale mancanza di discernimento e di buon gusto: dipinge figure grassocce, gaudenti, per niente combattive, per nulla capaci di governare né sacrali. Cioè, senza nessuna delle caratteristiche proprie degli angeli.
Il mio maggiore rigetto, però, è con i putti barocchi. Non possiamo immaginare quanto la Rivoluzione abbia lucrato con queste raffigurazioni! Quella baraonda di putti nudi, tipico dell’iconografia barocca, è riprovevole. Se quelli fossero bambini di una scuola elementare, sarebbero i birbanti della scuola. Sono bambocci grassocci, sprovveduti, con le braccia e le gambe molli, che fanno una baraonda continua, senza nessun rispetto. Avrei voglia di cacciarli via a pedate! Sono degli scemi perpetui. Io non condanno che si rappresentino gli angeli con figure di bambini, ma di bambini cretini sì.
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Il mondo delle TFP
Il pensiero controrivoluzionario
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l pensiero controrivoluzionario. Onore, fedeltà e bellezza al servizio di Dio”. Questo il titolo di un bel volume pubblicato dai tipi della Giubilei Regnani. L’autore, Diego Benedetto Panetta, è un giovane studioso di Filosofia del Diritto e della Politica. La prefazione è curata dal prof. Giovanni Turco, noto studioso di S. Tommaso d’Aquino.
L’autore passa in rivista i principali esponenti della scuola detta “controrivoluzionaria”, a partire da Edmund Burke (1729-1797), presentato come il “padre del pensiero conservatore”. Dettaglio importante: “conservatore”. Burke, infatti, aveva una visione evoluzionista della storia, e avversava le idee della Rivoluzione solo perché “ideologiche”. Il conservatorismo, spiega Panetta, “diverge dalla scuola contro-rivoluzionaria nel momento in cui accetta le trasformazioni operate dalla Rivoluzione, rendendosi de facto organica a essa”.
Seguono poi tutti i grandi nomi di questa corrente: Joseph de Maistre, Louis de Bonald, Juan Donoso Cortés, Klemens von Metternich, Antonio Capece Minutolo, Monaldo Leopardi, Gustave Thibon, fino agli autori più recenti come lo spagnolo Francisco Elías de Tejada e il colombiano Nicolás Gómez Dávila. Senza trascurare una menzione ad altre figure italiane: Pio Brunone Lantieri, Cesare Taparelli d’Azeglio, Clemente Solaro della Margherita e mons. Baraldi.
storia, il tutto armonizzato all’interno di una visione strettamente cattolica e contro-rivoluzionaria. Merita una menzione speciale l’importanza che egli dava ai fattori “tendenziali” del processo rivoluzionario, e quindi allo studio del bello nell’universo, nell’uomo e nella società. L’autore non tratta – né era questa la sua intenzione – Plinio Corrêa de Oliveira come fondatore e leader di movimenti civici, cioè come apostolo, specialmente della gioventù.
Il libro si chiude con un interessante capitolo sulle rivelazioni private e la Contro-Rivoluzione, nel quale si analizzano tra l’altro quelle del Sacro Cuore a Santa Margherita Maria Alacoque. E anche qui, conclude: “Plinio Corrêa de Oliveira è stato l’autore contro-rivoluzionario del Novecento che si è maggiormente soffermato sull’importanza che lega il Sacro Cuore alla Contro-Rivoluzione”.
(Diego Benedetto Panetta, Il pensiero controrivoluzionario. Onore, fedeltà e bellezza al servizio di Dio, Giubilei Regnani, 2020, 268 pp)
In poche pagine, piene di citazioni e di osservazioni pertinenti, l’autore riesce a eviscerare il nucleo del loro pensiero, dipingendo così un vasto e preciso mosaico della scuola controrivoluzionaria e dei suoi ideali.
Interessante il trattamento – che meriterebbe un approfondimento – di quelle che si suole chiamare “false destre”, cioè quelle correnti che all’ideale cattolico sostituiscono quello nazionalista e positivista, disperdendo forze che altrimenti potrebbero essere canalizzate nella buona causa.
Un capitolo è dedicato a Plinio Corrêa de Oliveira: un testo di difficile stesura, secondo l’autore, non per qualche difficoltà intrinseca al pensiero del grande leader cattolico brasiliano, anzi, ma per la sua vastità. L’opera dottrinale del dott. Plinio, com’era conosciuto nel suo Paese, spazia dalla teologia alla filosofia alla psicologia alla politica alla sociologia alla
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Il mondo delle TFP
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n’enciclica: Fratelli Tutti. Un evento internazionale promosso dal Vaticano: The Economy of Francesco. Una riunione del Forum Economico Mondiale: The Great Reset. I massimi poteri della Terra, ecclesiastici e temporali, si riuniscono per discutere sul futuro del nostro mondo. Si tratta nientemeno che di “resettare” l’economia e la società, cioè di cancellare quelle vigenti, aprendo quindi la via a una nuova era storica. Per questo approfittano del grande scompiglio creato dalla pandemia da COVID-19.
Quali sarebbero le caratteristiche di questa nuova era? Per esaminarne contenuti e possibili conseguenze, l’Associazione Tradizione Famiglia Proprietà, insieme alla Nuova Bussola Quotidiana e all’Osservatorio Internazionale Cardinale Van Thuân sulla Dottrina Sociale della Chiesa, ha organizzato lo scorso 18 novembre il convegno virtuale “Poveri Tutti”, trasmesso in diretta da diversi canali online, e tuttora disponibile sulla rete.
Moderato da Federico Catani, della TFP italiana, hanno partecipato al convegno l’economista Ettore Gotti Tedeschi, Julio Loredo, direttore della TFP italiana, Stefano Fontana, direttore dell’Osservatorio Van Thuân, e Riccardo Cascioli, direttore della Nuova Bussola Quotidiana.
“L’economia è uno strumento che dovrebbe servire a soddisfare i bisogni dell’uomo – ha esordito Gotti Tedeschi – ma proprio per questo può esser 42 - TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / DICEMBRE 2020
usata per non soddisfarli, anzi per spaventare e influenzare”. L’economia non è una scienza, ha continuato il noto economista. Perciò, quando è utilizzata per fini “politici”, destinati cioè a influenzare, può esser tentata di inventarsi utopie. Se è poi utilizzata per fini “morali” e inventa utopie che sono incorporate nel magistero della Chiesa, il rischio è che queste utopie possano diventare eresie. In Fratelli Tutti, sono sottintese più utopie economiche. Tutto ciò è in palese contrasto con l’enciclica di Papa Benedetto Caritas in Veritate, secondo cui quando le cose non funzionano non sono gli strumenti che vanno cambiati ma il cuore dell’uomo. Se invece della conversione dell’uomo la Chiesa propone utopie, possiamo prevedere di diventare Poveri Tutti, economicamente e anche spiritualmente.
Nel suo intervento, Julio Loredo ha spiegato come un sano consumismo sia il vero motore di una società, sia nel campo economico sia in quello culturale e spirituale. “L’uomo ha bisogno di consumare – ha detto il direttore della TFP – Cioè di avere tutto quanto conviene al proprio benessere dettato dalle appetenze della sua natura”. Il consumo stimola a lavorare e a svilupparsi. Ovviamente, alcuni lavoreranno di più e, quindi, avranno più da consumare. Questo è un bene, poiché così la società trae beneficio dai più capaci, dai più efficienti, dai più produttivi, in una parola dai migliori. Altrimenti la società deperisce, cade nell’anticonsumismo, scivolando quindi nella povertà cronica, pigra e sclerotizzata.
Una società in queste condizioni, ha concluso Loredo, tende in ultima analisi alla barbarie.
Stefano Fontana ha esaminato due parolechiave della Chiesa di oggi: Fratellanza e sinodalità, due vie attraverso le quali essa dovrebbe incontrare il mondo e portare il messaggio di salvezza di Gesù Cristo. La fratellanza in particolare è il tema specifico dell’enciclica Fratelli tutti di papa Francesco. Però le cose non sono così semplici come vengono proposte oggi dalla Chiesa e nella Chiesa. Bisogna verificare se il concetto di fratellanza che la Chiesa oggi propone sia conforme alla sua dottrina o non sia, invece, frutto di un’ideologia mondana. Fontana ha quindi precisato il vero significato della parola “fraternità” nella Dottrina sociale della Chiesa, salvo poi esaminare come lo stesso concetto viene assunto e sviluppato nell’enciclica di papa Francesco. Infine, il direttore dell’Osservatorio Van Thuân si è soffermato sulla fraternità come ambito di dialogo con le altre religioni che l’enciclica propone con forza nel solco della dichiarazione di Abu Dhabi. Dall’esame è emerso che la fratellanza dell’enciclica Fratelli tutti presenta considerevoli elementi di discontinuità con la concezione tradizionale della Chiesa e della retta ragione e che il dialogo su questo tema con le altre religioni è molto difficile e pericoloso proprio per la radicale diversità nel modo di considerare la fratellanza.
In conclusione, Riccardo Cascioli, direttore della Nuova Bussola Quotidiana, ha trattato il tema dell’ecologia, un leit motiv della sinistra ambientalista e anche del pontificato di Papa Francesco. Questa ecologia implica una svolta antropologica che consiste nel fatto che l’uomo si concepisce all’interno di una più ampia «comunità vivente», perdendo quindi la sua specificità ontologica. Da molto tempo anche nel mondo cattolico è cresciuto un pensiero che indica nell’antropocentrismo giudaico-cristiano la radice degli squilibri ambientali, accusandolo di giustificare la spoliazione delle risorse della terra, che invece appartengono a tutte le creature. In realtà si tratta di una visione distorta del pensiero cattolico: riconoscere che l’uomo è vertice della Creazione, l’unico essere vivente creato a immagine e somiglianza di Dio, significa anzitutto che la chiave dell’equilibrio sta nel rapporto tra l’uomo e Dio. Quando è vissuto in modo corretto, secondo la Rivelazione cristiana, anche il rapporto con il resto del Creato diventa sano. Il convegno è stato trasmesso in diretta, ed è adesso disponibile sui canali delle associazioni promotrici. Si può vedere, per esempio, sul canale YouTube di Tradizione Famiglia Proprietà.
Due concezioni del consumo, due mentalità: l’una tende verso la civiltà, l’altra verso la neo-barbarie A dx., Galleria Vittorio Emanuele, Milano Sotto, mercato nell’Unione Sovietica
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ella notte di Natale, calma e sublime, nella notte di Capodanno, carica di timori e di speranze, posiamo tutti i nostri desideri ai piedi di GesĂš Bambino, che sorride misericordioso sotto lo sguardo rapito di Maria e di Giuseppe. Chiediamo Loro che, per la grazia di Dio, i giorni a venire possano conoscere una profonda rigenerazione della moralitĂ pubblica, oggi in catastrofica decadenza, e che di nuovo si possa levare il soave profumo della Fede vittoriosa!