Anno 20, n. 60 - Marzo 2014 Sped. in Abb. Post. Art. 2, Comma 20/C, Legge 662/96 Filiale di Padova
Settimana Santa
Il divino eroismo di Nostro Signore GesĂš Cristo
Giocando con la natura
O
gni rivoluzione ha manipolato il linguaggio per offuscare la realtà, aggiustandola alla sua particolare ideologia. Oggi, questa manipolazione raggiunge un parossismo: l’uccisione di un nascituro diventa “interruzione volontaria della gravidanza”; i sodomiti si fanno chiamare “gay”, cioè gaudenti.
È un linguaggio che, lungi dall’essere moralmente neutro, induce al peccato presentandolo sotto una luce benevola. Adesso, con la cosiddetta teoria gender si varca un ulteriore traguardo. Questa teoria nega la naturale dicotomia maschio/femmina, sostituendola con un’infinità di “orientamenti sessuali”. La teoria gender nega che esista un’identità sessuale fondata sulla natura. Questa sarebbe il risultato di condizionamenti culturali, sociali e linguistici, mutevoli per definizione. Viene quindi affermato che niente – nemmeno la natura – è oggettivo, ma può essere manipolato a piacere dall’uomo, che in questo modo diventa un demiurgo, non guidato dalla ragione ma dalle passioni sregolate. La sessualità, liberata in modo polimorfico a seconda di capricci soggettivi, e non dipendente nemmeno dalle leggi naturali, diventa quindi la forza motrice della società post-moderna.
Qui non siamo più di fronte alla manipolazione del linguaggio, bensì al tentativo di sovvertire la natura.
Ciò che definisce il processo rivoluzionario è l’egualitarismo con il suo necessario corollario, il liberalismo, fonte di immoralità.
Il protestantesimo cercò l’uguaglianza nella sfera religiosa. La rivoluzione francese traspose i principi ugualitari nel campo politico. Il comunismo si scagliò contro l’ultima disuguaglianza rimasta, quella economica. Ma restava un’ultima gerarchia da distruggere, quella in interiore hominis, per la quale la Fede illumina l’intelligenza, che guida la volontà, che a sua volta domina la sensibilità. Questo è il compito della rivoluzione culturale. Si parla di una “liberazione”, che in realtà implica la tirannia delle passioni su qualsiasi freno di tipo morale, sociale o culturale. 2 - TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / MARZO 2014
Cardine di questa rivoluzione è la liberazione sessuale. Si proclama il decadimento della morale e la libertà di fare sesso con chiunque si voglia, ovunque si voglia e comunque si voglia. Intesa inizialmente come sesso libero fra uomini e donne, questa rivoluzione è andata sviluppandosi sempre di più come una proliferazione dell’omosessualità e, più recentemente, della pan-sessualità.
Niente di più logico. Per i più estremisti, il sesso genitale è ancora “oppressivo”, in quanto si attua secondo modi definiti dalla nostra naturale morfologia. Proclamano, quindi, che l’essere umano deve “liberarsi” perfino dalla sua morfologia, sperimentando la propria sensualità attraverso ogni fibra, ogni poro, ogni possibile fantasia. Questo tipo di pan-sensualità, però, si scontra con un ostacolo insormontabile: l’oggettività del reale, in altre parole la natura. Lungi dal voler piegarsi alle leggi della natura, i partigiani della teoria del gender negano che la differenza fra i generi, con la conseguente distinzione dei comportamenti fra maschi e femmine, sia oggettiva. Per affermare questo assurdo sostengono che il reale non esiste come oggettività, tutto è soggettivamente interpretabile, riscrivibile e rinominabile a piacere. Non si tratta più di un “pensiero debole”. Qui siamo di fronte alla proclamazione della fantasia come regola di comportamento.
Ciò che definisce clinicamente la follia è proprio la non conformità dell’intelletto con la realtà, e la conseguente invenzione di un mondo interno che non corrisponde più con quello esterno. I partigiani della teoria gender vogliono distruggere la legge naturale. Ora, questa non è altro che la legge divina incisa nella natura. Cercano di sovvertire la struttura più intima della natura, laddove l’uomo comincia a comportarsi come Dio, sognando una nuova creazione opposta a quella divina.
Mai il non serviam di Satana era arrivato a una tale radicalità. Pur nella loro distruttività, tutte le rivoluzioni avevano finora rispettato le leggi della natura. Qui siamo di fronte alla più tremenda rivoluzione di tutti i tempi.
Sommario Anno 20, n° 60, marzo 2014
Editoriale: Giocando con la natura Attualità La Spagna si risveglia Intervista ad Alicia Latorre Intervista a Ignacio Arsuaga Una rivoluzione in atto Fuochi attizzati per testimoniare Intervista a Vincenzo Ciarlante S. Luigi IX di Francia: Re, statista e crociato Un Re santo a Monreale Il divino eroismo di Nostro Signore Gesù Cristo I marinai che fecero l’impresa Traslazione di San Nicola San Nicola a Venezia Il mondo delle TFP L’uomo contemplativo
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Copertina: Leandro dal Ponte, detto Bassano, Agonia nell’orto, 1595.
Tradizione Famiglia Proprietà Anno 20, n. 60 marzo 2014 Dir. Resp. Julio Loredo
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Direzione, redazione e amministrazione: Tradizione Famiglia Proprietà - TFP, Viale Liegi, 44 — 00198 ROMA Tel. 06/8417603 Aut. Trib. Roma n. 90 del 22-02-95 Sped. in abb. post. art. 2, Comma 20/C, Legge 662/96 — Padova Stampa Tipolito Moderna, via A. de Curtis, 12/A — 35020 Due Carrare (PD) TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / MARZO 2014 - 3
Attualità
Francia: i laicisti zittiscono le campane
Il caso era sorto sei anni fa allorché una coppia, trasferitasi di recente nel paesino, aveva avviato un’azione legale per impedire il suono della campane fra le ore 22PM e 6AM. La giustizia parigina ha invece ordinato la loro definitiva disattivazione. Inoltre, mentre la coppia aveva fondato la richiesta semplicemente sul “disturbo sonoro”, il Tribunale ha invece invocato la “laicité”, arguendo che la chiesa è un bene comunale, cioè dello Stato. Per aggiungere la beffa al danno, il Tribunale ha condannato il Comune a pagare alla coppia mille euro a titolo di “compenso per danni psicologici”.
L
e campane della chiesa di Boissettes, nella provincia francese di Seine-et-Marne (sotto), non suoneranno più. Interpretando in modo radicale la legge del 1905 sulla separazione fra Chiesa e Stato, un Tribunale amministrativo di Parigi ha ordinato al parroco del villaggio di non suonare più le campane.
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La mossa dei laicisti è davvero sconcertante, poiché la maggioranza dei cittadini di Boissettes, sindaco in testa, aveva sottoscritto una richiesta per conservare il suono delle campane, un’antica tradizione. La coppia all’origine del caso ha chiesto pubblicamente scusa. “Non abbiamo mai voluto il silenzio totale – ha dichiarato il marito al giornale Le Parisien – bensì solo una tregua fra le 22 e le 6 per poter dormire”.
I cattolici francesi hanno espresso preoccupazione e indignazione per l’accaduto. La sentenza del tribunale parigino potrebbe segnare l’inizio di una catena di analoghi provvedimenti, tendenti a cancellare la presenza pubblica della religione in Francia.
Ambientalisti ghiacciati
S
ono andati a cercare il caldo, e sono tornati ghiacciati.
La vigilia del Natale scorso, un gruppo di “scienziati del cambio climatico”, capeggiato da Chris Turney, docente di climatologia presso l’Università di New South Wales, Australia, è rimasto intrappolato nel ghiaccio antartico a bordo della nave russa Akademik Shokalskiy, salpata un mese prima dalla Nuova Zelanda. Lanciato il “Mayday”, il 2 gennaio i cinquantadue passeggeri sono stati raggiunti dal rompighiaccio cinese Snow Dragon che, dopo aver tratto tutti in salvo con l’elicottero trasferendoli sulla nave australiana Aurora Australis, si è a sua volta incagliato nel ghiaccio. Per soccorrerlo è intervenuto il rompighiaccio statunitense Polar Star.
Tornato a casa, Turney è stato intervistato dalla Fox News. Il giornalista ha voluto sottolineare l’ironia della situazione. Turney ha così risposto: “I ghiacci stanno scomparendo ma, proprio nel posto dove eravamo, stavano invece accumulandosi. Eravamo nel posto sbagliato al momento sbagliato”. L’intervistatore non ha potuto evitare la battuta: “Forse avevate la teoria sbagliata…”.
In realtà, secondo i dati della NASA, i ghiacci antartici stanno aumentando, mentre il clima australe si fa sempre più freddo. In Perù, per esempio, ha nevicato a fine gennaio, in piena estate!
La disavventura dei poveri scienziati ha tenuto mezzo mondo col fiato sospeso, mentre le notizie correvano in TV, sulla stampa e sul web.
Mike Ciandella, analista del Media Research Group del Business&Media Institute, di Washington DC, ha realizzato un’interessante inchiesta, scoprendo che nel 97,5% dei casi le notizie allora diffuse avevano nascosto lo scopo originario della spedizione dell’Akademik Shokalskiy. È lo stesso prof. Turney, nel suo blog personale, a spiegarlo: “Vogliamo scoprire e comunicare i cambiamenti climatici che stanno avvenendo nel sud del pianeta. I ghiacci antartici stanno scomparendo a causa del riscaldamento globale”.
“Eravamo nel posto sbagliato nel momento sbagliato” A dx., il prof. Chris Turney Sopra, l’Akademik Shokalskiy intrapolata nel ghiaccio TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / MARZO 2014 - 5
Attualità
Slovacchia: il Parlamento respinge il “matrimonio” omosessuale
C
on 94 voti contro (14 soli favorevoli), il Parlamento slovacco ha fatto mancare la maggioranza a un disegno di legge presentato dalla sinistra che avrebbe dato status legale alle unioni omosessuali.
Il Movimento Cristiano-Democratico (KDH) vuole proteggere ulteriormente il matrimonio tradizionale e sta facendo pressione per inserire nella Costituzione l’istituzione del matrimonio come unione esclusiva fra un uomo e una donna. La proposta legislativa in questo senso, che dovrebbe essere pre-
sentata in Parlamento a breve, propone inoltre di aggiungere nella Costituzione che «la Repubblica Slovacca protegge il matrimonio universalmente e contribuisce al suo benessere».
Un fattore che certamente ha permesso questo esito positivo è la ferma posizione dei vescovi. Qualche mese fa, di fronte alla celebrazione di un matrimonio civile fra persone dello stesso sesso,celebrato dal sindaco di Bratislava Milan Ftáčnik, l’arcivescovo Stanislav Zvolenský aveva espresso il suo disappunto: “Esprimo profondo rammarico per questo atto, che cambia l’ordine legale della Slovacchia e si sforza di cambiare la definizione di matrimonio”. Secondo il presule è sbagliato porre sullo stesso livello il matrimonio e la famiglia con altri tipi di relazione in disaccordo con il carattere naturale della società e che danneggiano i principi fondamentali della stessa. “Ci affidiamo al buon senso e alla volontà delle persone, per sostenere il matrimonio come unione esclusiva di un uomo e una donna. I matrimoni ‘naturali’ e la costituzione della famiglia sono la strada unica e giusta per il bene della società e sono una pre-condizione per la sua esistenza”, ha concluso l’arcivescovo. “Il matrimonio è l’unione esclusiva di un uomo e una donna”. Mons. Stanislav Zvolenský, arcivescovo di Bratislava Sopra, il castello di Bratislava
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La Spagna si risveglia
Per anni, specie durante i governi socialisti (1982-1996, 2004-2011), la Spagna è stata vittima di ciò che il filosofo Julián Marías aveva definito un’“anestesia indotta che sopprime i riflessi del corpo sociale”. Un’abile propaganda aveva anestetizzato un popolo di per sé esuberante. Approfittando di tale narcolessia i socialisti portarono avanti la “rivoluzione tremenda ma silenziosa” sbandierata dal vicepresidente Alfonso Guerra. Praticamente non ci fu nessuna reazione. Non si può, però, mantenere un paziente anestetizzato per sempre. Lentamente, come uscendo da un incubo durato troppo a lungo, la Spagna ha cominciato a svegliarsi. Prova ne è la fortissima reazione contro l’aborto che segna, ormai da qualche anno, la vita pubblica spagnola e coinvolge milioni di persone in periodiche manifestazioni di piazza. Facendosi eco di quest’onda in piena, l’Esecutivo capeggiato dal popolare Mariano Rajoy ha presentato un disegno di legge che, modificando la normativa socialista, riduce i casi in cui è possibile praticare un aborto. Tanto è bastato per mandar il Paese, e anche l’Europa, in subbuglio. “Torniamo all’età della pietra!” tuonava la ministro francese, Marisol Touraine. In proposito, abbiamo intervistato due protagonisti della lotta per la vita in Spagna: Alicia Latorre, presidente della Federación Española de Asociaciones Provida e Ignacio Arsuaga, presidente di HazteOir. A loro la parola.
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Attualità
Un’occasione storica
Madre di sei figli, presidente della Federación Española de Asociaciones Provida, Alicia Latorre è una protagnista della causa per la vita in Spagna
Tradizione Famiglia Proprietà: La Spagna e l’Europa sono in subbuglio per la proposta di legge presentata dal ministro della Giustizia, Alberto RuizGallardón. La Federación Española de Asociaciones Provida è favorevole a restringere l’aborto?
Alicia Latorre: Non è la legge che vorremmo, perché non garantisce il diritto alla vita per tutti e in tutte le circostanze. Ma nel progetto ci sono comunque molti punti positivi che rappresentano un importante cambiamento qualitativo. Il punto principale è che elimina l’aberrazione di ritenere un diritto un atto profondamente ingiusto e crudele come l’aborto. Elimina anche l’assurdità di mascherare come qualcosa di banale, e come un atto di libertà, la morte violenta del nascituro, che provoca anche una profonda ferita alle madri. Un altro punto positivo è il riconoscimento del diritto alla vita delle persone con una malattia conosciuta prima del parto. Perché le persone con disabilità hanno gli stessi diritti di tutti, e lo Stato è tenuto a riconoscerlo. Una società è civile nella misura in cui è in grado di proteggere i più deboli, ma non perciò meno preziosi. Si tratta, quindi, di uno storico passo in avanti, perché implica la modifica in questo punto della legge vigente, una legge eugenetica che viola perfino la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità. Tradizione Famiglia Proprietà: Cosa vi aspettate dalla nuova legge?
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Alicia Latorre: Oltre a porre fine alla banalizzazione dell’aborto, ci auguriamo che il governo si muova nella direzione di venire incontro ai bisogni delle donne in gravidanza, nonché delle donne che hanno subito un aborto, restandone segnate. Un altro punto costruttivo è che l’obiezione di coscienza è garantita dalla nuova legge per tutto il personale medico e sanitario.
Tradizione Famiglia Proprietà: Il progetto di legge ha galvanizzato la politica, allargando la distanza fra destra e sinistra. Si tratta di una questione ideologica? La sinistra, per esempio, vede in questo progetto qualcosa di restrittivo, un attentato alla democrazia.
Alicia Latorre: L’aborto non dovrebbe essere un problema ideologico, e tantomeno politico. Qui stiamo parlando di riconoscere il diritto alla vita di tutti. Perché non si mettono mai in discussione gli altri diritti, ma bensì quello alla vita, che è il più fondamentale? Inutile parlare di diritti della persona se la persona non può nemmeno vivere… Riguardo all’espressione “restrittivo” mi sembra mera propaganda per marchiare la legge con toni negativi. Quando si limita la capacità di uccidere, si difende la vita umana: questo è democrazia nel senso più nobile. Anzi, in contrasto con la barbarie, il marchio di una società avanzata è proprio la sua capacità di difendere la vita, specie quella più debole.
Chi è il cavernicolo?
“T
utto ciò che è esagerato, è insignificante”. Mai questo detto di spirito francese si è mostrato più vero.
Reagendo alla proposta spagnola di difendere la vita umana, modificando l’attuale legge sull’aborto, Marisol Touraine, ministro francese degli Affari sociali e della Sanità (a dx.), ha così sintetizzato la questione: “Si tratta di scegliere fra le conquiste sociali e il ritorno all’età della pietra”.
Non si capisce come l’uccisione a sangue freddo di bambini innocenti possa mai essere definita una “conquista sociale”. Soprattutto, però, non si capisce come la difesa della vita innocente possa essere paragonata a un ritorno all’età della pietra. Semmai è vero il contrario. In contrasto con la barbarie, la civiltà si caratterizza proprio per la difesa della vita umana, specie quella più debole.
La questione dell’aborto è scomoda, perché non dimenticate che dal 1985, quando fu approvata la legge, oltre due milioni di bambini spagnoli sono stati abortiti. Sono rare le persone che non hanno qualcuno vicino che non sia stato coinvolto, in un modo o nell’altro, in un aborto. Questo trauma collettivo sta finalmente colpendo la classe politica. Vi assicuro che basta scavare un po’ nell’argomento, senza pregiudizi, per non restarne affatto indifferenti. Oggi esiste molta più consapevolezza della dura realtà dell’aborto.
Ai dirigenti del Partito Popolare, ma anche alle altre forze politiche, direi di non perdere l’occasione storica di uscire da un periodo buio in cui è stato accettato, come naturale e travestito da giustizia, un atto crudele. Chiediamo alle forze politiche che costruiscano una civiltà della vita, non della morte.
Tradizione Famiglia Proprietà: Lei, come la maggior parte dei leader per la vita, si proclama cattolica. La difesa della vita è legata in qualche modo alle credenze religiose?
Alicia Latorre: Di per sé non è legata, visto che si tratta di difendere un diritto naturale. Detto ciò, è chiaro che per i credenti ci sono altri nobili motivi per difendere la vita, che scaturiscono dalla Fede. Io parlo spesso in forum a carattere religioso. Ma la difesa della vita e della dignità umana non è di per sé una questione religiosa, anche se gli abortisti amano appiattire la questione come se fosse una causa della Chiesa, cercando di deviare la polemica per non entrarne nel merito. Gli argomenti religiosi hanno, tuttavia, un peso enorme. Purtroppo, il relativismo imperante cerca di squalificare il credente, negandogli la capacità di pensare e di agire con obiettività. La Chiesa cattolica ha sempre difeso la vita umana, non solo con le parole ma con diverse iniziative tendenti a lenire situazioni difficili. TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / MARZO 2014 - 9
Attualità
La battaglia culturale
Ignacio Arsuaga è presidente di HazteOir (FattiSentire), la più importante piattaforma di partecipazione cittadina in favore della vita e dei valori famigliari in Spagna
Tradizione Famiglia Proprietà. Il Partito Popolare ha presentato, ed è in procinto di far approvare dal Parlamento, un disegno di legge in tema di aborto. Se venisse approvato, che cosa cambierebbe rispetto alla normativa attuale?
Ignacio Arsuaga. Se questo ddl di tutela della vita del nascituro diventa legge, il quadro giuridico che disciplina l’aborto in Spagna sarà capovolto. Secondo la legislazione vigente, approvata nel 2010 per volere del governo socialista di Zapatero, l’aborto è considerato un diritto della donna. Nel progetto proposto, approvato dal Governo lo scorso dicembre e adesso al vaglio del Parlamento, l’aborto diventa un reato depenalizzato in soli due casi: rischio per la salute mentale della donna e stupro. La nuova legge riconoscerebbe, dunque, l’essere umano concepito e non ancora nato come soggetto di diritti. Questo aprirebbe una logica giuridica che potrebbe portare alla proibizione tout court dell’aborto. Anche se, purtroppo, questo ddl non arriva a tanto, apre comunque la prospettiva di camminare verso una situazione di aborto zero. Tradizione Famiglia Proprietà. Quindi, contento ma non troppo.
Ignacio Arsuaga. Noi vogliamo una Spagna a zero aborti. Vogliamo una legge che protegga la vita di tutti gli esseri umani, senza eccezione. Naturalmente, lavoreremo tutto il tempo che ci vorrà per arrivare a questo traguardo. Sembra, però, che in
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questo momento non ci sia la volontà politica per compiere tale passo storico.
Abbiamo appena inviato al ministro della Giustizia, Alberto Ruiz-Gallardón, una lettera suggerendo sette emmendamenti che potrebbero migliorare questo ddl. Il più importante è eliminare l’eccezione per “rischio per la salute mentale della madre”, che è il colabrodo attraverso cui sono passati il 95% degli aborti realizzati dal 1985 ad oggi. Abbiamo anche chiesto che, insieme a questa legge, sia approvato un piano di sostegno alla maternità finanziato dallo Stato, e che sia perfezionato il processo di informazione alla donna gravida, per esempio mostrandole un’ecografia del bimbo che porta in grembo. Tradizione Famiglia Proprietà. La Spagna è il primo paese europeo a proporre una revisione della legge sull’aborto nel senso di difendere la vita. A cosa si deve questo cambiamento? Quanto ha pesato la pressione dell’opinione pubblica, canalizzata attraverso associazioni come la sua? Potrebbe spiegare l’azione di HazteOir?
Ignacio Arsuaga. Il Partito Popolare, oggi al governo, non avrebbe certo annoverato nel suo programma l’impegno di abrogare la legge sull’aborto, tutelando così il diritto alla vita dei nascituri, se ciò non gli fosse stato chiesto per anni da milioni di spagnoli: nelle piazze, sulla rete, nei media e via dicendo. Sono milioni e milioni gli spagnoli che,
sempre meglio organizzati, hanno fatto sentire la propria voce.
Con la mobilitazione e la partecipazione dei cittadini si possono influenzare i partiti politici, anche in un paese con poca tradizione democratica come la Spagna. Lo sta dimostrando il movimento Manif Pour Tous in Francia, e tanti altri movimenti sorti in questi ultimi anni in tutta l’Europa.
Tradizione Famiglia Proprietà. Per molti anni la Spagna è stata come “anestetizzata”, e ora si sta svegliando. Come spiega questo fenomeno?
Ignacio Arsuaga. Credo, senza troppa ironia, che il merito principale del risveglio della società civile in Spagna possa essere attribuito a José Luis Rodríguez Zapatero, il presidente socialista profondamente settario, che ha cercato di imporre un progetto per trasformare la società spagnola a immagine e somiglianza della sua ideologia progressista e laicista. I ripetuti attacchi del potere politico ai nostri diritti e ai nostri valori fondamentali hanno provocato la reazione di una parte rilevante della società spagnola. Nella foga di imporre il suo progetto rivoluzionario, Zapatero è andato oltre ciò che la società spagnola poteva supportare. Nel frattempo, le realtà che reagivano contro tale progetto hanno imparato a
organizzarsi e a intervenire sempre di più nel dibattito pubblico, con efficacia sempre più crescente.
Tradizione Famiglia Proprietà. La Spagna sarà un esempio per l’Europa e per il mondo? Quali sono le prospettive per il futuro?
Ignacio Arsuaga. Ce lo auguriamo! La prima sfida è trasformare questo ddl in legge, agevolando il suo iter parlamentare. Vogliamo, poi, continuare a formare le coscienze dei cittadini, aumentando la nostra influenza sull’opinione pubblica, sempre più consapevoli che stiamo difendendo la vita, la famiglia e la libertà. Con questa battaglia culturale vogliamo aumentare sempre di più la nostra influenza sui centri del potere, dove si decidono le leggi e la politica, sperando che ciò serva di esempio anche per l’intera Europa.
Voluntari di HazteOir in una manifestazione a Madrid TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / MARZO 2014 - 11
Attualità
Una rivoluzione in atto
“T
orniamo al Ventennio, anzi all’Unione Sovietica”. Questa potrebbe essere, in sintesi, la conclusione dell’ultimo libro di Gianfranco Amato, presidente dei Giuristi per la Vita: «Omofobia o eterofobia. Perché opporsi a una legge ingiusta e liberticida» (Fede e Cultura, 2014), con la prefazione di S.E. Mons. Luigi Negri, vescovo di Ferrara-Comacchio. Con la sua consueta chiarezza, sfoggiando documenti incontrovertibili e spesso narrando episodi in prima persona, Amato mostra come la legge Scalfarotto sulla cosiddetta “omofobia”, già approvata alla Camera e adesso al vaglio del Senato, introduca nel nostro ordinamento giuridico principi tipici dei regimi totalitari: persecuzione delle opinioni e anche delle intenzioni; punizione di “reati” non definiti dai Codici; imposizione di un’ideologia minoritaria e via dicendo. Tutto ciò in nome di un’emergenza inesistente, appunto l’omofobia, creata ad arte per imporre una dittatura omosessualista.
Si vuole, in pratica, estendere agli omosessuali la copertura della Legge Mancino contro il razzismo. Come se l’orientamento sessuale fosse una questione di razza… Le pene previste sono piuttosto pesanti: diciotto mesi per il semplice reato di “omofobia”, ai quali si aggiungono sei anni se il “reato” viene commesso all’interno di un’associazione, e dieci se il “reo” agisce in veste di direttore di tale associazione.
A pagarne il prezzo saranno soprattutto i cattolici – vale a dire la schiacciante maggioranza degli italiani – impediti di professare pubblicamente la morale della Chiesa. L’insegnamento pubblico del “Catechismo”, per esempio, sarà severamente vietato. Il che, in pieno secolo XXI, configura una vera e propria persecuzione religiosa.
Una parola va detta, e se ne occupa mons. Luigi Negri nella prefazione, sull’assordante silenzio della Chiesa: “Noi come vescovi, come Chiesa, non possiamo assistere passivamente alla tragedia che ci è di fronte. Come ho recentemente affermato, il reiterato silenzio della Chiesa nei confronti di questa rivoluzione in atto ci renderà, nel giudizio degli storici futuri, in qualche modo conniventi”. Al giudizio degli storici, forse dobbiamo aggiungere quello, assai più decisivo, di Dio stesso. E forse questo è l’aspetto più apocalittico dell’attuale situazione.
“Noi come vescovi, come Chiesa, non possiamo assistere passivamente alla tragedia che ci è di fronte. Il reiterato silenzio della Chiesa nei confronti di questa rivoluzione in atto ci renderà, nel giudizio degli storici futuri, in qualche modo conniventi”
Mons. Luigi Negri
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F u o ch i a t t i z z a t i p e r t e s t i m on i ar e di Andrea Lavelli
Una delle reazioni più dinamiche e innovative contro la montante minaccia della dittatura omosessualista è rappresentata, senza dubbio, dalle “Sentinelle in Piedi”. L’esempio arriva dalla Francia, sull’onda della Manif pour Tous. Presenti in più di ottanta città italiane, le Sentinelle hanno realizzato decine di manifestazioni, soffrendo anche la violenza dei militanti omosessualisti.
N
egli ultimi mesi, a chi si fosse trovato a passeggiare per le vie di numerose città d’Italia, può essere capitato di imbattersi in gruppi di centinaia di persone che occupavano un’intera piazza cittadina stando in piedi, immobili, disposti a scacchiera, tutti rivolti nella stessa direzione. Ognuno perfettamente in silenzio e intento nella lettura di un libro. Si tratta delle “Sentinelle in Piedi”, che vegliano in questo modo pacifico e silenzioso, ma molto scenografico e di grande impatto, per dire un secco NO al ddl Scalfarotto, alle limitazioni alla libertà di pensiero che esso porterebbe e all’avanzata dell’ideologia di genere nel nostro Paese.
In un famoso passo della sua opera «Eretici», lo scrittore britannico Gilbert Keith Chesterton scriveva: “Fuochi verranno attizzati per testimoniare che due più due fa quattro”. Uno degli obiettivi delle “Sentinelle in piedi” è proprio questo: “accendere dei fuochi” per testimoniare ciò che al mondo c’è di più vero e naturale: che la famiglia è fondata sull’unione di un uomo e una donna, che un bambino per crescere ha bisogno dell’amore di una madre e di un padre e che non può in alcun modo essere approvata una legge che tolga a chiunque il diritto di affermare queste verità con la minaccia del carcere.
Infatti, le Sentinelle vogliono con le loro veglie silenziose portare all’attenzione di tutti la pericolosità del ddl Scalfarotto e il pericolo che costituisce
per le libertà garantite dalla Costituzione: “Si tratta di un testo ambiguo e liberticida, in quanto non definisce giuridicamente il concetto di omofobia e lascia quindi tutto in mano all’interpretazione del giudice o di chi denuncia”, spiega Pietro Invernizzi, uno dei portavoce delle Sentinelle. “Sembra assurdo ma se la legge passa, chi si opporrà a matrimoni o adozioni omosessuali potrebbe rischiare una condanna penale e quindi il carcere”.
Durante le veglie sono molti i passanti che si fermano incuriositi per chiedere informazioni: alcune Sentinelle portavoce sono incaricate di accogliere queste persone e spiegare loro i motivi della veglia. Seguendo un piano ben stabilito, il ddl è stato presentato e discusso in parlamento nell’estate scorsa, in un momento di grande turbolenza politica e attraverso discussioni parlamentari notturne, a riflettori spenti, nel più completo silenzio dei media.
Per questo è importante “accendere fuochi”, svegliare le coscienze intorpidite di chi ci sta attorno, attirare l’attenzione sulla possibilità che anche in Italia, come in altri Paesi europei, venga tolta la libertà di esprimere un’opinione contraria a quelle dettate dall’ideologia di genere che afferma che la differenza sessuale non è definita dalla natura e che il sesso di una persona non sia dato dal fatto che uno nasca maschio o femmina, ma da una libera scelta.
Le Sentinelle testimoniano la convinzione che una delle sfide decisive dei giorni nostri è quella di TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / MARZO 2014 - 13
Attualità
scuotere le coscienze degli uomini che la dittatura del relativismo vuole invece soffocare o mettere a tacere, riportando l’attenzione di tutti sulla famiglia. Mentre l’ideologia di genere viene imposta nel silenzio di tutti nelle scuole e negli apparati legislativi, arrivando addirittura a perseguire e isolare chi si schieri apertamente per la famiglia naturale, le Sentinelle vogliono essere una testimonianza per tutti che è ora di aprire gli occhi e reagire.
“Con la nostra presenza numerosa e silenziosa nelle piazze di tutta Italia ribadiamo che non è possibile zittire le coscienze di chi ha gli occhi aperti e la coscienza vigile”, specifica Raffaella Frullone, del coordinamento Sentinelle in Piedi. “Fino alla scorsa primavera non avrei mai pensato di scendere in piazza, forse perché fino a ieri alcune cose si davano per scontate. Non immaginavo che anche in Italia in pochi mesi potesse nascere una rete così capillare e numerosa pronta a mobilitarsi, a vegliare su quello che accade, a dire no a leggi dalla portata liberticida”.
Con la crescita delle Sentinelle, la risposta del movimento omosessualista non si è fatta attendere e alcune veglie sono state disturbate, in alcuni casi anche pesantemente, da rumorose contromanifestazioni. La piazza più calda, sino ad ora è quella di
Bergamo. Nel corso della veglia dello scorso 7 novembre duecento Sentinelle sono state fronteggiate da un gruppo di attivisti LGBT e dei centri sociali che non hanno mai smesso di provocare i veglianti.
Ancora più inquietante l’episodio che si è verificato un mese dopo sempre nel capoluogo orobico, quando un gruppo di giovani dei centri sociali ha riempito di insulti 130 sentinelle: la polizia ha dovuto formare un cordone per impedire che venissero aggredite fisicamente. Dopo qualche tempo le forze dell’ordine sono state costrette a chiedere alle Sentinelle di terminare la veglia in anticipo e a questo punto gli antagonisti hanno cercato di aggirare gli agenti per raggiungere i veglianti; solo il blocco della polizia è riuscita a evitare il peggio. Dai manifestanti sono partiti spintoni, calci e sputi agli agenti in assetto antisommossa. E alle sentinelle più di una minaccia: “Vi faremo la festa!”
In occasione dell’ultima veglia bergamasca del 18 gennaio, invece, le associazioni LGBT hanno inscenato un corteo di protesta contro le Sentinelle additate come “omofobi di nuova generazione”. Anche in altri capoluoghi le veglie hanno subito contestazioni simili, sempre bollate e condannate dai gruppi LGBT con l’accusa di “omofobia”. Questi episodi gettano una sinistra luce sull’avanzata della dittatura gender in Italia. Una dittatura che pretende di omologare ogni pensiero e di zittire qualsiasi opinione contraria marchiandola come “omofoba” e arrivando al punto di ricorre anche alla violenza.
Ora, la domanda che le Sentinelle si pongono è questa: se già da ora è possibile essere additati come omofobi, pur restando in silenzio per chiedere nient’altro che il rispetto per la propria libertà di espressione, cosa succederà quando la legge Scalfarotto verrà approvata?
Ecco perché le Sentinelle continueranno a vegliare e a essere presenti nelle nostre città: per difendere la libertà di espressione di ognuno, specie quando si tratta di difendere i “valori non negoziabili”, quelli che stanno alla base della nostra Civiltà. Ma d’altronde anche questo era stato previsto da Chesterton: “Spade verranno sguainate per dimostrare che le foglie sono verdi d’estate”. Precisazione
Veglia davanti alla chiesa di S. Fedele, Milano 14 - TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / MARZO 2014
Per una svista, sul precedente numero della rivista era riportata la partecipazione della TFP italiana alla Manif pour Tous. Si trattava, invece, di manifestazioni organizzate dalle Sentinelle in Piedi.
Intervista a Vincenzo Ciarlante Coordinatore delle Sentinelle in Piedi
“Siamo qui per dare speranza”
Tradizione Famiglia Proprietà. Lei è un coordinatore delle Sentinelle in Piedi. Ci può spiegare chi siete e cosa intendete fare?
Vincenzo Ciarlante. Le Sentinelle in Piedi nascono in Italia quale modalità di contrasto al disegno di Legge Scalfarotto sulla cosiddetta omofobia e transfobia. Questo ddl prevede una repressione da regime totalitario per chiunque affermi di volere una famiglia composta da un uomo e da una donna. Già quest’affermazione, ad esempio, potrebbe far scattare il reato di omofobia, punibile con la reclusione fino a 18 mesi, a cui si potrebbe aggiungere successiva assegnazione obbligatoria ai servizi sociali di rieducazione presso associazioni attiviste gay, lesbiche o transessuali.
Tradizione Famiglia Proprietà. Le Sentinelle, quindi, per fermare questo disegno di legge liberticida?
Vincenzo Ciarlante. Sì, ma non solo. Le Sentinelle in Piedi raccolgono un popolo che vuole reagire con una nuova modalità. In questi mesi si sono mobilitate, in Italia, migliaia di persone, disponendosi a scacchiera in decine di piazze. Lo stile della Veglia consiste nel restare in piedi e in silenzio leggendo un libro per un’ora. Durante la Veglia alcuni portavoce si rendono disponibili ad informare i passanti sui motivi della mobilitazione. Il ddl Scalfarotto mira ad eliminare ogni dibattito sulla vita naturale
dei cittadini cercando, attraverso questa legge bavaglio, di farsi strada per portare in Italia i matrimoni e le adozioni omosessuali. Tradizione Famiglia Proprietà. Sentinelle in Piedi in difesa della famiglia naturale?
Vincenzo Ciarlante. Sicuramente. Questo sarà il filone portante della nostra azione. Difendiamo la centralità della famiglia nata dall’unione di un uomo e di una donna. Tradizione Famiglia Proprietà. Ma come vi organizzate?
Vincenzo Ciarlante. La nostra organizzazione è molto “leggera”. Il passaparola e la comunicazione in internet ci permettono di raccogliere adesioni e richieste di scendere in piazza. In questo modo la nostra copertura raggiunge ad oggi più di 80 città in Italia. La Veglia non è certo tutto. Ogni coordinamento provinciale si organizza in autonomia con alcuni riferimenti certi che basano l’azione delle Sentinelle nell’aconTRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / MARZO 2014 - 15
Attualità
fessionalità e apartiticità. Per questo motivo cerchiamo il dialogo, la partecipazione e il coinvolgimento di chiunque, a prescindere da religione, partito, associazione o movimento. Quello che ci unisce sono valori che riteniamo eterni e che possono essere condivisi da tutte le persone: l’amore umano, il matrimonio, l’educazione dei figli, la differenza fra maschi e femmine e la loro complementarietà. L’aspetto partitico non ci interessa assolutamente. Non viene chiesta nessuna tessera. Tradizione Famiglia Proprietà. Si può affermare che il male, oggi, è rappresentato dalle lobby omosessualiste, così come ribadito da Papa Francesco nel suo famoso viaggio di rientro dalla Giornata Mondiale della Gioventù in Brasile?
Vincenzo Ciarlante. Vorrei premettere a questa sua domanda che le Sentinelle sono fermamente contrarie a qualsiasi atto di umiliazione, derisione e violenza nei confronti delle persone con tendenze omosessuali. Detto questo, ben ricordo le parole del Papa in quella occasione, dove si riteneva non degno di giudicare un omosessuale “se cerca il Signore e ha buona volontà”, ma dove altrettanto considerava pericolose le lobby omosessualiste. I mezzi di informazione di tutto il mondo hanno continuato a riportare solo la prima parte del discorso, trascurando del tutto la seconda parte, laddove Papa Francesco differenziava in modo inconfutabile la tendenza omosessuale con la cultura del gender che strumentalizza gli omosessuali per imporre, attraverso queste potenti lobby, un nuovo disordine mondiale. Un disordine che attacca l’uomo e la famiglia, e trascina la società nel degrado. Tradizione Famiglia Proprietà. Avete subìto provocazioni, o anche aggressioni?
Vincenzo Ciarlante. Sì, purtroppo, più d’una volta e con molto odio. Ma non abbiamo reagito. La nostra disposizione, ordinata e silenziosa, permette 16 - TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / MARZO 2014
di dare una testimonianza visibile e pacifica. Ogni Sentinella si impegna ad essere innanzitutto pacifica e a non rispondere alle provocazioni. Legge un libro, rivolta principalmente verso un “palazzo del potere”. È là infatti che vengono emanate leggi che possono ledere la libertà di opinione e di espressione, come appunto il ddl Scalfarotto. Tradizione Famiglia Proprietà. Sentinelle solo in piazza?
Vincenzo Ciarlante. Non solo. La nostra attività non si ferma alle manifestazioni di piazza, ma promuove o aiuta ad organizzare momenti pubblici di informazione e di formazione sull’ideologia del gender e sulla difesa dei bambini e delle donne sfruttate oggi, anche attraverso la pretesa di coppie omosessuali di avere figli in adozione cresciuti in uteri in affitto. Tradizione Famiglia Proprietà. In un tempo di crisi economica e di disoccupazione che investe violentemente anche l’Italia, quali sono le vostre priorità?
Vincenzo Ciarlante. Le Sentinelle hanno un senso di responsabilità sociale. Questa crisi pilotata che sta portando alla miseria tante famiglie sta facendo riscoprire la necessità e il bisogno di ragioni per vivere, di ideali cui donarsi con entusiasmo. Le Sentinelle in Piedi offrono una prospettiva di rinascita partendo dalla difesa della libertà da uno Stato sempre più invadente e ideologicamente orientato a penalizzare la famiglia, uno Stato che adotta nelle proprie scuole l’ideologia del gender che è alla base del processo di distruzione della nostra civiltà, attraverso la negazione del fatto che ogni persona abbia una natura sessuale. Ma, oltre alla protesta, le Sentinelle in Piedi indicano una strada da percorrere, un orizzonte verso cui andare, come singole persone e come famiglie. Insomma, offrono una speranza. In questo senso, è bene segnalare che la stragrande maggioranza delle Sentinelle sono giovani. È una gioventù che rigetta l’apatia di tanti coetanei, e vuole dare la sua forte testimonianza.
Vita di santi
San Luigi IX di Francia: Re, statista e crociato di Hélio Viana
Statua di san Luigi IX nella piazza centrale di Aigues-Mortes
TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / MARZO 2014 - 17
Vita di santi
P r e g h i e r a d e l Co n n e s t ab i l e
B e r t r a n d d u G u e s c l i n a s a n L ui g i I X
S
ignor Re, che inviate i vostri più bei cavalieri all’avanguardia dell’armata cristiana, degnate ricordarvi di un figlio di Francia che vorrebbe innalzarsi fino a voi per meglio servire il Signor Dio e la Dama Santa Chiesa. Datemi del peccato mortale più orrore che non ne avesse Joinville*, che era un buon cristiano. Conservatemi puro come i gigli del vostro stemma.
Voi, che serbavate la parola anche quando data a un infedele, fate sì che mai menzogna macchi la mia bocca, anche se la franchezza mi dovesse costare la vita. Prode, inabile alle ritirate, tagliate i ponti alla mia pusillanimità, fate sì che io vada dritto al cuore della battaglia.
Voi, il più fiero dei baroni francesi! Insegnatemi a disprezzare il pensiero degli uomini e datemi il gusto nell’impegnarmi per l’onore di Cristo, come i crociati.
Infine, o Principe dal grande cuore, non permettete mai che io sia mediocre, meschino o volgare. Fatemi partecipare al vostro cuore regale. E fate sì che, seguendo il vostro esempio, io possa servire regalmente la Francia. Così sia!
Bertand du Guesclin (1320-1380), grande condottiero, Connestabile di Francia, partecipò alla Guerra dei cent’anni tra Francia e Inghilterra. Gli fu concesso l'inusitato onore di essere sepolto nell'abbazia di Saint-Denis, che ospita le tombe dei Re di Francia * Jean de Joinville (1224-1317), compagno d’armi, consigliere e confidente di san Luigi IX, autore della sua biografia (A sin., statua equestre di Bertrand du Guesclin a Dinan)
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“Ogni epoca storica ha un uomo rappresentativo. San Luigi IX sintetizza il Medioevo. Egli è stato un legislatore, un eroe e un santo. Marco Aurelio ha mostrato il potere unito alla filosofia, Luigi IX il potere unito alla santità. Ed è proprio quest’ultima che risalta in lui” (Chateaubriand)
I
l prossimo 25 aprile celebreremo gli ottocento anni della nascita di un Re santo, gloria della Chiesa e della Cristianità, modello di governante cristiano, un monarca autentico secondo la volontà di Dio: san Luigi IX di Francia (1214-1270). Un Re che compendia nella sua persona quella che fu la “dolce primavera della Fede”: il Medioevo cristiano.
Era figlio di Luigi VIII di Francia e di Bianca di Castiglia, figlia, nipote, moglie, sorella e zia di re. Infatti, Bianca era figlia di Alfonso IX re di Castiglia, il vincitore dei mori nella battaglia di Navas de Tolosa; nipote dei re Riccardo e Giovanni d’Inghilterra; moglie di Luigi VIII re di Francia; sorella di Enrico, re di Castiglia; madre di san Luigi IX e di Carlo, re di Napoli e di Sicilia; zia di Sanches, re del Portogallo e di san Ferdinando III, re di Leon e di Castiglia.
San Luigi nacque nel castello di Poissy, a 30 km da Parigi, il 25 aprile 1214. Era ancora vivo il nonno, Filippo Augusto, che aveva appena vinto la famosa battaglia di Bouvines contro la coalizione anglo-tedesca, salvando in questo modo il Regno.
eccellenti precettori: Matteo II de Montmorency, primo barone del Reame, Guglielmo di Barres, conte di Rochefort, e Clemente di Metz, Maresciallo di Francia, che lo educarono nelle scienze umane e, soprattutto, all’amore verso la Chiesa.
Sua madre non risparmiò sforzi per renderlo un grande santo e un grande re. Soleva dirgli: “Figlio mio, preferirei vederti nella sepoltura piuttosto che macchiato da un solo peccato mortale”. Verso la fine della vita, Bianca si ritirò nell’abbazia di Maubuisson per una vita di preghiera e di penitenza. Morì nel 1252.
Statua di s. Luigi nella Sainte Chapelle
L’infanzia di san Luigi fu uno specchio di onestà e di saggezza. Suo padre, che allo zelo per la religione univa un grande coraggio militare che gli valse il sopranome di “Leone”, fu particolarmente diligente nell’educazione del figlio, affiancandogli
Con la prematura scomparsa del padre, morto a quaranta anni a Montpellier mentre tornava dalla crociata contro gli eretici albigesi, il nostro Santo salì al trono sotto la reggenza della madre. Fu incoronato a Reims il 30 novembre 1226 ad appena dodici anni. La sua infanzia fu segnata da una serie di guerre civili provocate dall’ambizione di alcuni baroni che volevano approfittarsi della giovane età del sovrano. Con l’appoggio della madre, ne uscì sempre vittorioso, dando prova di grande coraggio e prudenza.
Matrimonio benedetto da Dio
Il 27 maggio 1235 egli sposò Margherita, figlia di Raimondo Berenguer, conte di Provenza e di BeaTRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / MARZO 2014 - 19
Vita di santi
Da sin.: Bianca di Castiglia mentre educa il figlio san Luigi; il matrimonio con Margherita di Provenza; incoronazione a Reims
trice di Savoia. La grazia e la natura avevano dotato la regina di ogni sorta di perfezione. Nel corso della vita coniugale, lunga e sempre armoniosa, nacquero undici figli: sei maschi e cinque femmine. Margherita accompagnò il giovane marito nella sua prima spedizione in Africa. Dopo la sua morte si ritirò nel monastero di Santa Chiara, dove morì santamente il 20 dicembre 1285. Era conosciuta come “la madre dei poveri”. Infatti, il suo corteo funebre fino all’abbazia di Saint Denis fu accompagnato da una folla di mendicanti.
Modello di genitore
San Luigi educò personalmente i figli, ammaestrandoli nel disprezzo per le vanità del mondo e nell’amore di “Beau Sire Dieu”. La Reale Famiglia assisteva ogni giorno alla Santa Messa e pregava le Ore del Piccolo Ufficio della Madonna. Dopo cena, dopo aver recitato la Compieta, il Re radunava la famiglia nella sua camera, dove teneva una pia esortazione. Ogni venerdì si faceva digiuno e astinenza, ed era proibito ai membri della famiglia indossare la corona, poiché era il giorno in cui Nostro Signore Gesù Cristo aveva portato la Corona di spine.
Si conservano tutt’oggi vari suoi scritti spirituali, come ad esempio le esortazioni alla figlia Isabella, regina di Navarra. Questi sono considerati un vero modello di direzione spirituale, tanto da essere stati incorporati in alcuni manuali di teologia morale. 20 - TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / MARZO 2014
Modello di governante
Saggio educatore della propria prole, san Luigi fu anche ammirevole nel governare gli affari pubblici. Durante il suo regno la Francia conobbe un lungo periodo di pace e di prosperità. Egli avviò una rigenerazione morale del Paese, punendo ogni sregolatezza, a cominciare dalla bestemmia, con pene così severe che Papa Clemente IV dovette chiedergli di attenuarle. Egli cercò di sradicare il duello, i giochi d’azzardo, le case di tolleranza e altri mali che avvelenavano l’anima dei sudditi.
San Luigi IX fu particolarmente onesto in ciò che riguardava l’amministrazione dei beni dello Stato e l’applicazione della legge. Nel nominare magistrati e governatori, proibiva loro di acquistare qualsiasi bene e di assumere i propri figli e parenti. San Luigi creò un corpo di magistrati straordinari, una sorta di Corte Suprema, che rivedeva le sentenze dei giudici inferiori. Nel caso fosse stato commesso un errore o un abuso, egli prima infliggeva una penitenza a se stesso, quale Giudice supremo del Regno, salvo poi punire severamente i colpevoli, costringendoli a restituire la res furtiva e a risarcire coloro che erano stati ingiustamente condannati. Al contrario, se un magistrato o un governatore mostrava una condotta irreprensibile, egli sapeva ricompensarlo lautamente. È classica la scena del Santo Re seduto sotto un albero all’ingresso del castello di Vincennes, nei pressi di Parigi, che amministra personalmente la giustizia.
Da sin., san Luigi amministra giustizia sotto l’albero a Vincennes; mentre lava i piedi ai mendicanti; la battaglia di Mansura
Zelo per l’ortodossia e per la Fede
Se era noto il suo zelo per risanare la dissolutezza morale, lo era anche il suo impegno per sradicare l’eresia e difendere la Fede. Fu grande amico e protettore dei Domenicani e dei Francescani, che egli riteneva strumenti della Provvidenza per la salvezza delle anime. Egli stesso era terziario francescano, portando sempre l’abito del Poverello d’Assisi sotto le vesti reali. Invitava spesso a cena grandi santi e teologi, come san Tommaso d’Aquino e san Bonaventura, intrattenendosi con loro in elevate conversazioni.
di andare in Terra Santa per liberare il Santo Sepolcro. Guarito, nel 1248, egli partì alla volta di Lione, dove incontrò Papa Innocenzo IV, che gli diede la benedizione apostolica. Andò poi a Aigues-Mortes, dove lo attendevano le navi che, insieme ai suoi soldati, lo avrebbero portato in Oriente. Era il 25 agosto.
Dopo una vittoria a Damietta, pressa d’assalto dai crociati francesi, seguì la sconfitta di Mansura, provocata da un’inabile manovra del fratello Roberto
Tra le gesta religiose di questo grande monarca si annovera l’acquisizione della Corona di spine di Nostro Signore Gesù Cristo, che egli comprò da Baldovino II, imperatore di Costantinopoli. Per accoglierla degnamente, san Luigi fece costruire nel cuore di Parigi la Sainte Chapelle, gioiello dell’arte gotica.
La settima Crociata
Nel 1245 san Luigi si ammalò gravemente, al punto che la sua morte fu data per certa. La Francia intera innalzò allora un grido al Cielo: Messe, veglie, processioni e altri atti di pietà si moltiplicarono per tutto il Regno. Lo stesso Re fece voto
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Vita di santi
d’Artois. Catturato, san Luigi fu liberato dopo il pagamento di 800.000 bisanti d’oro. Egli restò in Oriente ancora per quattro anni, ricevendo molti segni di stima da parte dei musulmani, che volevano perfino nominarlo Sultano, tanta era la sua fama di rettitudine. Informato della nascita di un figlio e della morte della madre Bianca, egli fece ritorno in Francia, dove giunse il 5 settembre 1254.
Ottava crociata e morte del Re
Partito da Aigues-Mortes nel luglio 1270 per una nuova spedizione, san Luigi sbarcò a Tunisi. La peste e la dissenteria decimarono però l’esercito cristiano, e lo stesso Re morì il 25 agosto. Prima di tornare in Sicilia con i resti della spedizione, Carlo d’Angiò, fratello del Re, stipulò un trattato con il Califfo musulmano di Tunisi, grazie al quale ottenne il possesso di Malta e di Pantelleria.
Sopra, cappella superiore della Sainte Chapelle, a Parigi, costruita da san Luigi per ricevere parte della Corona di spine di Nostro Signore Gesù Cristo Sotto, una camicia del santo e la disciplina che usava per fare penitenza. Terziario francescano, egli portava la tonaca del Poverello d’Assisi sotto le vesti reali
Le reliquie di san Luigi IX furono riportate in Francia e accolte dal figlio Filippo. Il suo cuore, invece, restò nel Duomo di Monreale, presso Palermo. Fu canonizzato nel 1297 da Papa Bonifacio VIII. Preziosa per il processo di canonizzazione fu la testimonianza nel 1282 di Jean de Joinville (12241317), Siniscalco di Normandia, compagno d’armi, consigliere e confidente di Luigi IX, che nel 1299 scrisse la sua biografia a richiesta della regina Giovanna di Navarra.
Commentava Chateaubriand che, se Marco Aurelio unì il potere alla filosofia, san Luigi unì il potere alla santità. Ciò fa di lui una figura emblematica del Medioevo, proprio l’epoca in cui, nel dire di Leone XIII, “la filosofia del Vangelo governava gli Stati”. Mai lo Stato è più grande che quando è al servizio della Chiesa. Mai la Chiesa compie più pienamente la sua missione che quando ispira una civiltà.
Proprio quest’intima penetrazione fra i due ordini — spirituale e temporale — era una pietra miliare del pensiero di Plinio Corrêa de Oliveira, che dedicò l’intera vita a delineare le fondamenta di una civiltà cristiana che, come egli scrisse, “potrà nascere dalle rovine del mondo moderno, come dalle rovine del mondo romano è nata la civiltà medioevale”.
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Affidiamoci a san Luigi IX di Francia, Re, statista e crociato. Chiedamogli le grazie necessarie per la nostra santificazione. Chiediamole anche le grazie per la rinascita della Civiltà cristiana.
Un Re santo a Monreale
di Francesco La Mantia
Pochi lo sanno, ma il Duomo di Monreale – uno dei tesori più pregiati della Sicilia – custodisce preziose reliquie di S. Luigi IX di Francia, oggetto di un culto che, dall’epoca normanna fino ai nostri giorni, perpetua in terre sicule la memoria del grande Re crociato TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / MARZO 2014 - 23
Vita di santi
Re Luigi morì in terra di infedeli e non si potevano lasciare le sue spoglie in quei luoghi ostili, al di fuori della cristianità e lontano dal regno di Francia. Bisognava rimpatriare il suo cadavere. Il giorno dopo la sua morte, si dovette procedere ai macabri preparativi destinati a rendere trasportabile il corpo. Si fece bollire il cadavere del Re in una miscela d’acqua e di vino, in modo che le carni si staccassero dalle ossa, parte preziosa del corpo da conservare.
Alla difficoltà logistica del trasporto dei resti mortali, subentrò immediatamente, un ostacolo politico-diplomatico tra il figlio di Re Luigi, Filippo III e lo zio Carlo d’Angiò re di Sicilia. Quest’ultimo, intravedendo il prestigio per il proprio reame di poter vantare la presenza di un tale ospite, voleva che il corpo vi restasse tutto intero. Infatti, Re Luigi oltre ad essere stimato dai sovrani di tutta Europa, era già considerato santo. La diatriba fu risolta in tal modo: le interiora e le carni furono deposte in un sepolcro nella cattedrale di Monreale, mentre le ossa e il cuore furono sistemati in un reliquiario portato in Francia per essere affidato all’abbazia di Saint-Denis, necropoli regia.
I
l 25 agosto di ogni anno, nella basilica normanna di Monreale, sopra Palermo, si svolgono le celebrazioni in suffragio di S. Luigi IX Re di Francia, nella ricorrenza della sua morte.
In questi giorni di commemorazione, la venerazione di questo Re Santo si rinnova sollecitandoci a guardarlo con occhi pieni di ammirazione e con spirito di emulazione, anche perché le virtù cristiane praticate da S. Luigi sono sempre attuali, in particolare, la pietà e il timor di Dio, fondamento della vita spirituale di ogni credente.
Attraverso queste righe si racconterà brevemente il triste epilogo della vita leggendaria di S. Luigi, un uomo, un re, un figlio amorevole e fedele della Santa Chiesa.
Nel duomo di Monreale, infatti, vengono ospitate parte delle spoglie mortali del “Re Santo” che morì di dissenteria (25 agosto 1270) subito dopo lo sbarco a Tunisi (17 luglio 1270) essendo a capo dell’ottava e ultima Crociata.
Il nuovo re Filippo III, condusse lui stesso il convoglio con le spoglie del padre che sbarcarono a Trapani il 15 novembre 1270 e giunsero, dopo aver attraversato l’Italia e parte della Francia, per la celebrazione del rito funebre, il 22 maggio 1271 a SaintDenis, nove mesi dopo; nel frattempo le reliquie del Re devoto, lasciavano lungo il cammino il segno visibile di innumerevoli miracoli.
Il duomo di Monreale ospita le spoglie di S. Luigi nella tomba-altare fatta costruire dal cardinale Torres, nel transetto sinistro. È adornato da un quadro che mostra il Santo in vesti reali. Il sacello si trova in linea con quello di Margherita di Navarra, madre di Guglielmo II, fondatore della basilica monrealese.
Sopra, l’altare con le reliquie di S. Luigi IX nel transetto sinistro del Duomo di Monreale (PA)
A dx., Carlo I d’Angiò, Re di Sicilia, zio di S. Luigi, facciata del Palazzo Reale, Napoli 24 - TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / MARZO 2014
Settimana Santa
Il divino eroismo di Nostro Signore Gesù Cristo di Plinio Corrêa de Oliveira
In questo saggio, originariamente pubblicato in italiano col titolo “Breve trattato sull’eroismo”, il prof. Plinio Corrêa de Oliveira commenta una delle infinite perfezioni di Nostro Signore Gesù Cristo, non solitamente messa in luce: il Suo divino eroismo, manifestatosi per esempio nell’agonia nell’Orto degli Ulivi Nella foto, Jesús del Gran Poder, Siviglia, Spagna
TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / MARZO 2014 - 25
E
Settimana Santa
sistono, nell’immaginario popolare e nel modo di sentire dell’uomo dei nostri giorni, diverse modalità di eroismo che corrispondono a tradizioni a loro volta diverse.
C’è l’eroismo ottocentesco tedesco e quello francese; ci sono l’eroismo di tipo nazi-fascista, l’eroismo di tipo comunista, l’eroismo giapponese.
Di fronte a queste varie modalità di eroismo, qual è la posizione specifica dell’eroismo cattolico?
L’eroismo tedesco
Si può dire che l’eroismo tedesco del XIX secolo è appunto tipico di quell’epoca: un eroismo romantico. È l’eroismo personificato nell’esercito del Kaiser, che si distingue per un’alta idea del popolo tedesco, della cultura e della civiltà tedesche e della missione della Germania. Per mezzo della guerra – una guerra che alcuni condussero con un certo spirito brillante e cavalleresco – si intendeva diffondere il nome e il dominio della Germania fino agli estremi confini dell’Europa, in un tempo in cui l’Europa era il centro del mondo. Dominare l’Europa voleva davvero dire dominare la Terra. Credo che la caratteristica di questo eroismo si possa riassumere in tre punte: le due punte dei baffi del Kaiser e la punta dell’elmo chiodato del suo esercito. Lo dico senza sarcasmo, perché devo confessare che tutte le forme di eroismo m’ispirano simpatia, per quanto rifiuti gli errori che si portano dietro. Ma la questione è che, veramente, queste punte manifestavano il carattere appuntito dell’eroismo tedesco.
La specificità dell’eroismo tedesco di quel tempo era l’espressione di un insieme di convinzioni semplici ed elementari, ma di grande forza logica: “Il Kaiser tedesco rappresenta l’emblema più alto del più alto dei popoli sul terreno politico che è il più alto terreno del pensiero umano – e
dev’essere pertanto difeso dal migliore degli eserciti, che evidentemente è quello tedesco: il migliore per i suoi soldati e per la sua industria di guerra”. Nelle fabbriche Krupp i nomi dati ai due migliori cannoni erano “la grande Bertha” e “la piccola Bertha”, e Bertha era la signora Krupp. Tal cosa risulta perfino simpatica: trascurando il suono mezzo barbaro del nome, resta la bellezza selvatica di una roccia a strapiombo sul Reno. Certo, è poco grazioso paragonare una signora a un cannone: qui ho le mie riserve. Non siamo più sul terreno dell’eroismo ma dell’industria, e qui mi separo un po’ dalla cultura tedesca di allora.
Ma indubbiamente l’eroismo tedesco era basato su una serie di convinzioni ritenute dai tedeschi evidenti e semplici e, una volta accettate queste convinzioni, su una volontà inflessibile di combattere e vincere, che si traduceva nel portamento eretto del soldato tedesco e nell’idea – di per sé non falsa, tanto che la si ritrova perfino in San Tommaso d’Aquino – secondo cui la fortezza si esprime nel modo più tipico nell’attaccare, nel prendere l’iniziativa dell’attacco a favore del bene.
Il simbolo di quest’aggressività sono le punte dei baffi del Kaiser. Qualunque tedesco che si rispettasse in quel tempo portava i baffi alla Kaiser: un pacifico funzionario civile o uno scienziato che studiava le formiche quando andava dal barbiere, gli chiedeva i baffi di quella foggia.
E in cima all’elmo c’era pure una punta. E anche la diplomazia tedesca era a punta, aggressiva
L’eroismo tedesco del XIX secolo era un eroismo romantico, personificato nell’esercito del Kaiser, che si distingueva per un’alta idea del popolo tedesco, della cultura e della civiltà tedesche e della missione della Germania Sopra, il Kaiser Guglielmo II
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e pronta a colpire per prima. Il passo dell’oca, il passo di parata con i piedi levati in alto, era un gesto di tale durezza che intimoriva non solo per il suo vigore ma anche per la destrezza che presupponeva nei soldati. E che indicava una risolutezza per la vittoria. Ed evocava una moltitudine di soldati tedeschi all’attacco…
Questa è l’immagine romantica dell’eroismo tedesco.
L’eroismo francese rivoluzionario
In contrasto con quello tedesco emerge l’immagine – anch’essa romantica – dell’eroismo francese. Non si tratta di una specie di copia francese dell’eroismo tedesco, ma di un altro eroismo romantico, nato in condizioni pessime, cioè in concomitanza con la Rivoluzione francese.
Credo che nulla possa esprimere tanto bene questo eroismo come la “Marsigliese”. È un insieme di armonie, slanci e trasporti che determina una marcia in avanti, folgorante, di spiriti dominati dagli errori enunciati con tutto l’impeto della passione rivoluzionaria. Non c’è solo il fanatismo di questi errori, pur a volte espressi brillantemente, ma c’è anche l’idea che questi errori si sono armati e organizzati in un esercito che, se necessario, combatte scalzo, ma che ha dentro di sé, per la sua fibra nervosa, la capacità di lottare e di vincere.
L’eroismo rivoluzionario francese è un insieme di slanci e di trasporti che determina una marcia in avanti, folgorante, di spiriti dominati dagli errori e con tutto l’impeto della passione rivoluzionaria Nel nazismo è l’idea del Kaiser democratizzata. Il Kaiser non elettrizzava, rappresentava una tradizione. Hitler ipnotizzava
Una persona che ascolti la “Marsigliese” si rende conto rapidamente di come tale musica sia coinvolgente e di come, nonostante tutti gli orrori di cui è simbolo, quest’inno abbia la capacità di indurre all’entusiasmo. E la persona sta già marciando con uno slancio e una volontà individuale, per cui l’uomo lotta e resiste anche da solo: è disposto a morire sul campo di battaglia, è disposto a qualsiasi orrore per realizzare quello che ha deciso. È una forma di eroismo particolare.
L’eroismo nazi-fascista
Considerando l’eroismo nazi-fascista incontriamo qualche cosa di simile ma anche di diverso rispetto alle due forme di eroismo romantico che abbiamo appena esaminato.
Che cos’ha di specifico il nazi-fascismo? L’eroismo nazi-fascista si basa su alcuni dati molto semplici e in alcune verità elementari esasperate come l’eroismo tedesco, e meno su dottrine astratte
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Settimana Santa
L’eroismo del soldato comunista ha qualche cosa di sadico e insieme di fatalista. Non è un atteggiamento militare che denota entusiasmo, ma il risultato di un peso misterioso che opprime l’anima
ora urla ora si presenta con uno sguardo obliquo da cui traspare la sua falsità.
– e purtroppo perfide – come quelle della Rivoluzione francese.
Per esempio, la verità che l’Italia è discendente e in qualche modo continuatrice dell’Impero Romano e come tale può aspirare a dominare tutta una zona del Mediterraneo, il “Mare Nostrum”, per difendere la gloria della cultura latina che abita in Italia come nel suo tabernacolo e che è stata per secoli la prima cultura.
In Germania l’idea del Kaiser è democratizzata. Non si tratta più di lottare per una dinastia o per un impero ma per il popolo tedesco, che è re e signore e pretende di avere più qualità di tutti gli altri popoli i quali, se non lo riconoscono, devono ricevere dei seri colpi perché si decidano a lasciarsi organizzare dal popolo tedesco, che sa come farlo. Questa è l’idea nazista del dominio tedesco sulla Terra, non più con i baffi a punta del Kaiser ma con i baffi cinici di Hitler, che sembra nasconderli dentro le narici. Un uomo che non ha più la grandezza dell’Europa dei vecchi tempi ma che è allo stesso tempo un grande demagogo e un politico vile, che
Quest’uomo è capace di elettrizzare, d’ipnotizzare le folle. Il Kaiser non elettrizzava, rappresentava una tradizione. Hitler ipnotizzava, e quando urlava o batteva i pugni sul tavolo scaricava enormi correnti elettriche che sollevavano popoli interi alla battaglia, alla guerra, all’aggressione. Elettrizzava tutte le Germanie: l’Austria, i Sudeti, il corridoio di Danzica e la Germania in senso stretto. Elettrizzava tutti, e tutti istigava a combattere con un fluido magnetico, una fame di eroismo che era capace di eccitare e che portava le persone a essere totalmente dominate.
L’eroismo comunista
In opposizione a quello nazi-fascista, era proposto l’eroismo comunista. Com’è?
Propriamente ci sono due forme di eroismo comunista: l’eroismo del soldato di un esercito comunista e l’eroismo del terrorista.
L’eroismo del soldato di un esercito comunista ha qualche cosa di sadico e insieme di fatalista. Guardando la fotografia di un generale o di un soldato sovietico, si nota un occhio poco espressivo che guarda fisso un punto dell’orizzonte. Non è un atteggiamento militare che denota entusiasmo, ma il risultato di un peso misterioso che opprime l’anima e che ricorda l’azione del Demonio. Si direbbe che lì sia entrato il Demonio e che gli uomini gli si siano consegnati partecipando di tutto il suo odio, di tutto il suo spirito di calcolo e di tutta la sua aggressività ma anche di tutta la disperazione fredda di chi sa che non può più sperare in nessuna salvezza. Non è un idealista: non viene per costruire ma solo per distruggere perché sa bene che l’ordine che finge di costruire è una negazione di ogni vero or-
Nell’eroismo del “kamikaze” non si percepisce un superamento della paura, piuttosto una specie di deformazione per cui non ha paura ma va alla morte in modo completamente indifferente 28 - TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / MARZO 2014
L’esempio supremo dell’eroismo cattolico è Nostro Signore Gesù Cristo nell’agonia nell’Orto degli Ulivi A dx., Andrea Mantegna, Orazione nell’orto, dettaglio
dine, ma lo persegue lo stesso. Avanza verso la morte mosso dal fatalismo, con la risolutezza della disperazione fredda e con l’aggressività dell’odio collegato a questa disperazione.
C’è qualche cosa d’irrazionale e di fatalista in questo eroismo. Si direbbero uomini ipnotizzati che camminano verso la morte.
Ben diverso è il rischio che corre il terrorista. Il terrorista comunista spesso è un individuo che assume droghe, allucinogeni, tutti i generi di eccitanti; vive una vita di orgia e ha la tendenza, tipica degli uomini che vivono all’interno di un’orgia, a disprezzare la vita. Non tutti coloro che vivono così sono comunisti. Ma se lo sono, diventano terroristi. Se non lo sono, diventano quel tipo di playboy idiota che corre da una parte all’altra della strada davanti alle automobili che arrivano a tutta velocità per provare un’emozione nuova, e alla fine muore spiaccicato. È un’esplosione di disordine che è il risultato di tutto un disordine interiore o meglio di tutto un accumulo di diversi disordini interiori.
L’eroismo giapponese
L’eroismo giapponese ha qualche cosa di cieco, di mistico, di fanatico e allo stesso tempo d’implacabile.
Consideriamo la storia del precettore del Mikado il quale, quando morì il vecchio Imperatore e il Mikado salì al trono, fece “harakiri” insieme alla moglie. Ma prima impartì l’ultima lezione al neo-imperatore, per vedere se tutto quanto gli aveva insegnato era in ordine. Avendo verificato che la testa dell’allievo era pronta per la corona imperiale, il precettore ritenne di non avere più nulla da fare. Se ne andò a casa e, con una freddezza e un distacco completi – una specie d’intorpidimento dell’istinto di conservazione, che ci fa paura – praticò l’“harakiri”. Qui c’è qualcosa dello stato dello spirito espresso dai volti di certi idoli nei templi giapponesi.
Idoli con occhi spiritati e con volti feroci, con bocche aperte in un grido di disperazione come di chi si sta strappando le viscere e sacrifica la vita considerando che sta sacrificando una cosa che gli pesa e che non vuole più sopportare. Lo stesso “kamikaze” ha qualcosa di questa figura. Nell’eroismo del “kamikaze” non si percepisce un superamento della paura, piuttosto una specie di deformazione per cui non ha paura ma va alla morte in modo completamente indifferente. Non è l’eroismo cattolico.
L’eroismo cattolico
Di fronte a tutto questo, qual è il volto dell’eroismo cattolico?
L’esempio supremo dell’eroismo cattolico è Nostro Signore Gesù Cristo. È lui il modello di ogni virtù e santità, anzi non solo il modello ma la fonte da cui sgorgano le grazie che portano alla santità. E TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / MARZO 2014 - 29
“Agonia” vuol dire lotta. La lotta che Nostro Signore Gesù Cristo affrontò contro quanto dentro di sé gli chiedeva che non venisse su di Lui tutto quel cumulo di dolori. E di qui esattamente quella sua preghiera pungente e toccante. Cominciò ad avere timore e tremore, paura di quello che doveva succedere. Cominciò a sudare sangue. Non ci può essere maggiore espressione di timore! E all’interno di questo timore non ci può essere decisione più grande di quella che, al culmine della sofferenza morale, offrì al Padre Eterno: “Padre, se è possibile, passi da me questo calice, ma sia fatta la tua volontà, non la mia”. Il che equivale a dire: “Se fosse possibile, preferirei non soffrire, ma se secondo il tuo superiore disegno io devo assolutamente soffrire, allora non insisto nella mia preghiera. Accetto la sofferenza che viene su di me e la affronterò. Questa sofferenza la soffrirò. Patirò fino all’ultimo gemito, all’ultima goccia di sangue, all’ultima lacrima. Non mi tirerò indietro!” 30 - TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / MARZO 2014
Settimana Santa
l’esempio più perfetto che diede del proprio eroismo fu, secondo me, l’agonia nell’Orto degli Ulivi.
Nietzsche disprezzava l’Orto degli Ulivi. Diceva che Gesù Cristo nell’Orto degli Ulivi non si era dimostrato virile, che con la sua dottrina dell’amore e del perdono non era un vero uomo ma un essere molle e dolciastro. È un’affermazione blasfema! Se avessimo caricato Nietzsche della croce avrebbe chiesto da bere duecento volte, avrebbe ripudiato le sue idee, avrebbe apostatato, avrebbe fatto cento cose diverse. Non avrebbe avuto il coraggio di portare la croce come Gesù.
Questo episodio della vita di Nostro Signore Gesù Cristo è l’episodio eroico per eccellenza, non solo perché si tratta di Lui ma per la natura del caso.
Egli era l’Uomo-Dio e, considerato nella sua umanità, era assolutamente perfetto – non solo concepito senza peccato originale, ma il più perfetto degli uomini creati da Dio – e possedeva al più alto grado tutte le qualità della creatura umana.
Dunque, possedeva un istinto di conservazione molto acuto e sviluppato molto armoniosamente, che veniva precisamente dal fatto della sua perfezione. Essendo immensamente perfetto, tutti i suoi istinti erano perfetti e, giacché l’istinto di conservazione è un elemento fondamentale di ogni essere umano, Egli sarebbe stato deforme o sbagliato se non avesse avuto questo istinto. Perciò doveva averlo nel più alto grado. In più aveva un’intelligenza perfetta e vedeva quanto valevano l’affetto, la solidarietà e la fedeltà dei suoi amici. Aveva, dunque, una comprensione molto più perfetta di quella che possiamo avere noi dei tormenti morali che lo riguardavano. E l’istinto di conservazione perfetto lo portava ad avere paura dei grandissimi tormenti fisici che stava per soffrire. Pertanto non ci fu mai né mai ci sarà un uomo che abbia sofferto i tormenti fisici che soffrì Nostro Signore Gesù Cristo.
D’altra parte non ci fu mai né mai ci sarà un uomo che abbia sofferto i tormenti morali che Nostro Signore Gesù Cristo soffrì durante la Passione. Non solo a causa degli apostoli che lo abbandonarono, ma a causa di tutte le offese che soffriva da
ognuna delle anime che era venuto a salvare. Non possiamo sapere quanto soffrì nella Passione.
Quando arrivò alla preghiera nell’Orto degli Ulivi, quando arrivò all’agonia, arrivò per così dire al punto finale della sua esistenza terrena e finì tutto quanto aveva cominciato. In quella notte la sua opera era compiuta. Tuttavia fece un’altra cosa: preparò la sua sensibilità fisica e spirituale, preparò la sua Persona a prendere la croce e a soffrire tutto quanto doveva soffrire. Quello che importava era prevedere, temere, accettare, decidere e fare. Questa fu l’agonia di Nostro Signore Gesù Cristo.
Come sappiamo “agonia” vuol dire lotta. La lotta che Nostro Signore Gesù Cristo affrontò contro quanto dentro di sé gli chiedeva che non venisse su di Lui tutto quel cumulo di dolori. E di qui esattamente quella sua preghiera pungente e toccante.
Cominciò ad avere timore e tremore, dice il Vangelo, paura di quello che doveva succedere. Cominciò a sudare sangue: e non ci può essere maggiore espressione di timore! E all’interno di questo timore non ci può essere decisione più grande di quella che, al culmine della sofferenza morale, offrì al Padre Eterno: “Padre, se è possibile, passi da me questo calice, ma sia fatta la tua volontà, non la mia”.
Il che equivale a dire: “Se fosse possibile, preferirei non soffrire, ma se secondo il tuo superiore disegno io devo assolutamente soffrire, allora non insisto nella mia preghiera. Accetto la sofferenza che viene su di me e la affronterò. Questa sofferenza la soffrirò. Patirò fino all’ultimo gemito, all’ultima goccia di sangue, all’ultima lacrima. Non mi tirerò indietro!”. TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / MARZO 2014 - 31
Settimana Santa Ci sono momenti in cui il soffio dello Spirito Santo scuote la Chiesa e si levano legioni di eroi. Per esempio, in occasione delle Crociate
del Padre, e la voleva fare. In conseguenza di questa volontà incrollabile, aveva un dominio invincibile sulle passioni. E in conseguenza di questo dominio portò il martirio fino alla fine. Qui c’è il modello dell’eroismo di Nostro Signore Gesù Cristo, la spiegazione di quanto c’è di più recondito nell’eroismo di Nostro Signore Gesù Cristo.
L’eroismo nella Chiesa
E si ripete in tutta la storia della Chiesa.
Venne allora un angelo e gli diede forza.
Consideriamo qui un aspetto straordinario della Passione: Nostro Signore Gesù Cristo non si tirò mai indietro, neppure quando vennero gli aguzzini a prenderlo e gli dissero: “Sei tu Gesù di Nazareth?”. Disse subito: “Io lo sono!”. Ma lo disse in un modo così terribile che tutti caddero con la faccia a terra. Così egli mostrò che, se avesse voluto, non avrebbe sofferto quei tormenti e avrebbe facilmente sconfitto quegli uomini. Ma che avrebbe sofferto perché lo voleva lui.
Aveva il potere di far sparire quelle persone ma, nonostante tutto quanto nel suo intimo gridava contro il dolore, accettava il dolore e voleva portare il dolore fino alla fine.
In questo modello di eroismo vedete cosa sta al centro: la convinzione. Naturalmente parlando in termini umani. Per parlare di Nostro Signore Gesù Cristo adeguatamente dovremmo parlare dell’unione ipostatica, dunque delle comunicazioni che la sua natura umana riceveva dalla sua divinità durante la Passione. Ma desidero semplificare la questione ed esprimermi dunque in termini umani. Nostro Signore Gesù Cristo aveva una convinzione profonda. Sapeva che doveva fare la volontà
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Ci sono momenti in cui il soffio dello Spirito Santo scuote la Chiesa e si levano legioni di eroi. Per esempio, in occasione delle Crociate o della Riconquista della Spagna e del Portogallo. Vediamo quegli eroi che partono, spesso gioiosamente, per andare a combattere per liberare il Santo Sepolcro o per disinfestare il territorio della Penisola Iberica dai Mori, dai musulmani che l’avevano invaso.
Ma questi sono i momenti in cui la grazia comunica agli uomini una gioia sensibile. È l’ora in cui la virtù e l’eroismo sono facili.
Non è l’aspetto migliore dell’eroismo dei Crociati. L’aspetto più alto lo vediamo aprendo i libri sulle Crociate e studiando le sofferenze per cui sono passati, i rischi che hanno corso, nei momenti in cui il soffio dello Spirito Santo non si faceva più sensibile in loro, in cui dovevano affrontare un caldo orribile, marce tremende per il deserto, decimazioni da parte della peste, fame, attacchi di nemici di gran lunga superiori di numero e che spesso li uccidevano in condizioni atroci. Però perseveravano nella risoluzione, nella deliberazione di morire per Nostro Signore Gesù Cristo, fino all’ultimo.
È chiaro che in queste ore molte e molte volte la grazia cessava di farsi sensibile. È chiaro che in queste ore le cose andavano com’erano andate per Nostro Signore Gesù Cristo. Cioè una convinzione profonda, una determinazione, un atto di volontà fermissimo – fatto come conseguenza di questa convinzione – s’imponevano su tutti i sensi che dicevano “no” e che chiedevano “no”.
Senza questo non ci sarebbero state le Crociate.
L’eroismo non è sempre accompagnato dalla gioia sensibile soprannaturale. La morte comune del-
l’eroe cattolico è nella paura, nello spavento, nel tedio e nel terrore, ma a tutto questo resiste una convinzione profonda. Le Crociate e la Riconquista non devono essere viste come allegre passeggiate di uomini continuamente entusiasti di quanto facevano e che morivano vedendo davanti a sé il Cielo aperto e si preparavano a entrarci gioiosamente portati dagli angeli.
Ci furono Crociati che morirono così, ci furono pure martiri che morirono così nel Colosseo o nel Circo Massimo, nella piena gioia di offrire la loro vita. Ma sono morti eccezionali. La morte comune dell’eroe cattolico è la morte nella paura, nello spavento, nel tedio e nel terrore, ma è mantenuta eroica da una profonda convinzione.
Vero e falso eroismo
Qui sta precisamente il contrasto fra le varie scuole di eroismo che abbiamo esaminato e l’eroismo cattolico.
In queste scuole si considera sempre la paura come una vergogna. E la convinzione interamente ragionata, interamente riflessa, interamente deliberata e interamente ponderata la si considera una cosa secondaria. Si considera vero eroe l’individuo preparato da una specie di surriscaldamento della propaganda per fare quello che gli viene chiesto dal partito o dalla nazione. Che sia per mezzo della “Marsigliese”, che sia per un inebriamento nelle falangi che marciano con il passo dell’oca, che sia per l’ipnosi del Führer, o per il romanticismo contagioso del Kaiser; o che sia per quell’altra specie d’ipnosi sinistra che è il comunismo.
La prova è nella storia di questi regimi. Sconfitto nella Prima Guerra Mondiale il regime del Kaiser, la Germania Imperiale si dissolve interamente. Non c’è invasione ma si consegna all’avversario per evitare l’invasione, e rovina completamente. Quegli eserciti si dissolvono e tutti sono d’accordo nell’arrendersi alla Francia per evitare che la Germania sia smembrata. Un bell’assalto romantico termina in un calcolo economico e una capitolazione! Nella Seconda Guerra Mondiale, attaccata dagli Alleati e dai Sovietici, la Germania fu invasa e violentemente bombardata. Resistette, ma studiando bene la storia si vede che l’anima della resistenza fu il popolino, che aveva una tradizione di patriottismo. Dei capi molti si piegarono, si spaventarono o cercarono di fuggire o di tradire. Quando Hitler si suicidò – o fuggì – a Berlino era quasi rimasto solo.
Gli storici riconoscono che al momento dello sbarco in Normandia – l’episodio che diede una svolta alla guerra – molti grandi generali tedeschi rimasero nelle retrovie, lontani dal campo di battaglia. Uno era al compleanno della madre, uno a farsi curare, uno a restaurare il suo castello, e così via. Molti si preoccupavano della loro vita: l’impulso eroico era passato.
Prendiamo in considerazione gli integralisti [esponenti fascismo brasiliano]. Ci fu un tempo in cui due forze nella gioventù brasiliana erano in forte crescita: il movimento cattolico e il movimento integralista. Mi ricordo una volta che un dirigente integralista ci venne a trovare e ci chiese: “Come siete organizzati qui?”. Gli risposi: “Siamo un circolo di studio”. Disse: “Ma perché un circolo di studio?”. Risposi: “Per compenetrarci della dottrina della
Tutto questo fa sì che gli uomini, fanatizzati e inebriati da un sistema di propaganda, non sentano più il proprio istinto di conservazione e si buttino ciecamente o follemente sulla punta del pericolo. Non condotti, dunque, da una convinzione razionale ma solo da alcune idee semplici che sembrano evidenti e che non sono state oggetto di una vera analisi. Risultato: passato il momento dell’eroismo, il sistema si sfalda.
Questo sistema è fatto di alcuni grandi assalti e di vittorie. Ma se l’assalto non dà risultato e si deve cominciare a resistere, il sistema non tiene e si sfalda. Perché? Perché è tutto costruito sull’impeto, è un sistema basato sull’impulso. E ciò che è costruito sull’impeto e basato sull’impulso non dura.
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Settimana Santa
L’eroismo cattolico si acquista nello studio, nella preghiera, nella meditazione, nella vittoria interiore contro se stesso, contro le proprie passioni disordinate. Si acquista quando si è casto e puro. Si acquista formandosi uno spirito intransigente contro la Rivoluzione. Si acquista calpestando il rispetto umano e vivendo esclusivamente per la causa cattolica
Chiesa e lottare per essa”. Disse: “No, no! Non è con i circoli di studio che si preparano gli eroi. L’eroe si prepara galvanizzando, surriscaldando. Noi integralisti quando si parla di comunismo non ci mettiamo a studiare ma ci drizziamo come gatti e siamo pronti a piombare sui comunisti come gatti sui topi”.
Io gli dissi: “Non darà nessun risultato, a meno che siate del tutto irrazionali perché quando vi troverete davanti alla paura non avrete nulla per difendervi”. Poco tempo dopo entrambi i movimenti si trovarono in difficoltà: il dittatore Getúlio Vargas mise al bando l’Integralismo e nel mondo cattolico cominciò a infiltrarsi il progressismo e a combatterci. Il Movimento Integralista si disfece interamente e alcuni di quei “gatti” diventarono comunisti.
Grazie a Dio noi invece continuammo, rischiando anche la vita e affrontando pregiudizi morali e diffamazioni senza nome. Di lì fiorì il nostro movimento e tutto quello che conosciamo.
Siate eroici come Gesù!
Che cosa era successo? L’eroismo cattolico non ha nulla contro i corsi di paracadutismo e tutte le forme di esercizio utili, ma al fondo di questo eroismo ci dev’essere la Fede. Il fondo di questo eroismo è dunque la convinzione: sono le certezze della Fede.
E queste certezze la persona le acquista nello studio, nella preghiera, nella meditazione. Le acquista nella vittoria interiore contro se stessa, contro le
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sue passioni disordinate. Le acquista se è casta, pura, applicata al lavoro e coerente. Le acquista formandosi uno spirito intransigente contro la Rivoluzione che ruggisce cercando chi divorare; le acquista rispettando l’umanità e vivendo esclusivamente per la causa cattolica senza preoccuparsi – salvo quanto sia indispensabile ai suoi doveri di stato – dei suoi interessi personali.
Così la persona forma veramente il suo eroismo, ed è pronta per essere un eroe nel suo campo di battaglia. Questa è la differenza fra le scuole di eroismo neo-pagane e la scuola di eroismo cattolico di cui noi – con i limiti e le miserie di tutto quanto è umano – cerchiamo di essere discepoli. È questo l’eroismo per cui dobbiamo prepararci.
La nostra ora è più che mai l’ora dell’eroismo. Il secolo che viene sarà il secolo degli eroi, perché solo gli eroi sopravvivranno. Nessun altro riuscirà a resistere. In quest’epoca è necessario comprendere che siamo nati per essere eroi. Non eroi tutti impulso, istinto, temperamento ma eroi che sappiano essere eroici come lo fu Nostro Signore Gesù Cristo. Qualcuno dirà: “Ma che paragone presuntuoso…”.
Rispondo: naturalmente non c’è nessun paragone, tranne che nel senso che Gesù Cristo è il modello di ogni cattolico, e ogni cattolico è chiamato a imitarlo. Lo stesso Nostro Signore Gesù Cristo disse: “Siate perfetti com’è perfetto il vostro Padre Celeste”. Noi pertanto possiamo dire: “Siate eroici come è eroico Nostro Signore Gesù Cristo”. Questa è la scuola del vero eroismo.
(Tratto dalla registrazione magnetofonica di una conferenza, senza revisione dell’autore. Traduzione di Massimo Introvigne)
S i a t e er o i c i co m e è er o i c o N o s t r o S i g n o r e G es ù Cr i s t o !
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Storia
I marinai che fecero l’impresa
di Pier Paolo Picano
C
L’8 maggio 1087 rientrava nel porto di Bari una spedizione partita qualche mese prima. Composta da 62 persone, era riuscita a penetrare nella città di Myra, caduta in mano agli islamici, per trarre a salvo le reliquie di san Nicola, portandole nel capoluogo pugliese
i sono storie che sembrano uscite dalla penna di un bravo scrittore, ma invece appartengono pienamente alla realtà. Ci riferiamo, in questo caso, ad un famoso episodio della Cristianità medioevale: l’impresa che compirono alcuni marinai baresi, traslando le reliquie di San Nicola di Bari dalla città di Myra alla loro terra natia.
Siamo ai tempi del papa beato Vittore III, successore del grandissimo San Gregorio VII, riformatore della Chiesa e strenuo difensore del primato del Papato, e precedessore del beato Urbano II, che esortò la prima crociata in Terra santa. È, dunque, un periodo in cui proprio dall’alto viene dato vigore e sostegno a coloro che credono e che combattano per la civiltà cristiana.
La città di Myra, in Licia, l’odierna Demre in Turchia, aveva avuto la fortuna di ospitare San Nicola come vescovo. Per questo motivo, le sue sacre spoglie dimoravano in quella terra. Nel 1084 la città cadde in mano ai Selgiuchidi e le reliquie, benché fossero sotto la custodia dei monaci greci, rimanevano pur sempre in una terra in cui, al momento degli eventi narrati, i dominatori erano non cristiani. In effetti, la città, soprattutto grazie al poderoso movimento della prima crociata (1096-1099), tornò per breve tempo sotto il dominio bizantino, per poi cadere definitivamente quello turco.
La fonte più attendibile che la traslazione ebbe luogo nella primavera del 1087 è rappresentata dagli Annales Cavenses, note marginali apposte ad un Codice della Biblioteca di Cava. La venerazione per il santo di Myra nella città di Bari e nella regione era tale che l’evento fu organizzato nei minimi particolari. Non tutti sanno che nell’impresa un aiuto prezioso venne dai quattro monaci custodi delle sacre spoglie a Myra, tanto che due di essi vollero accompagnare le reliquie a Bari. Ciò dimostra che i religiosi non si opposero affatto all’impresa, come
San Nicola (6 dicembre 343+) è uno dei santi più venerati nel mondo cristiano. Il suo culto è diffuso e onorato sia nella Chiesa cattolica sia nella Chiesa ortodossa, con eguale vigore. Difensore dell’ortodossia cattolica contro l’eresia ariana, la sua vita fu dedicata interamente alle cure verso il prossimo, prodigandosi in innumerevoli miracoli.
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Nel 1087, Myra era, come detto, in mano islamica, ecco allora che due grandi città italiane, Bari e Venezia, entrarono in competizione per la traslazione delle reliquie del santo. La prima era passata dal dominio bizantino a quello normanno da non molti anni (1071). La seconda era coinvolta in un’importante espansione politica verso l’Istria e la Dalmazia.
Basilica di S. Nicola, Bari
narra anche la “Leggenda di Kiev”, composta nel 1093 e certo non sospettabile di faziosità. Infine, vi è anche un elemento soprannaturale a sostegno dell’impresa: un anno prima, il Santo apparve in sogno ad un sacerdote pio e devoto preannunziando la traslazione, in quanto la città di cui era stato vescovo, era diventato un luogo molto insicuro, essendo caduta in mano turca.
L’impresa fu organizzata con tre navi, con a bordo 62 uomini. L’equipaggio era così composto: tre nocchieri, Alberto, Giannoccaro e Summissino con il supporto di due sacerdoti, Lupo e Grimoaldo e 57 uomini di ciurma. Ciò è confermato in una pergamena del Codice diplomatico barese, custodito nell’Archivio di San Nicola, che riporta i nomi dei 62 membri della missione, tutti uomini pii e timorati di Dio. La spedizione fu una vera e propria “crociata barese”. Preparata ed organizzata nei minimi dettagli, tenuta nel massimo riserbo e coperta dal trasporto mercantile di grano ad Antiochia. Gli audaci marinai baresi, arrivati nella città turca, vendettero il grano e acquisirono beni di loro gradimento per non destar sospetti. Ripartirono subito per Myra, nel ti-
more di esser preceduti dai Veneziani che volevano tentar la stessa impresa, approdarono nel porto della città e tennero consiglio sul da farsi. Presero le armi, raggiunsero la chiesa di San Nicola, chiesero ai quattro monaci dove era il corpo. I monaci glielo indicarono. Era sotto il pavimento della Chiesa. Allora scardinarono l’ammattonato e trovarono la tomba del Santo piena di manna. I baresi trasportarono tutto sulle loro navi, compresa la manna che fu messa in un vaso, e salparono il giorno 11 aprile del 1087 verso la loro città, accompagnati da due dei quattro monaci greci. Giunsero nel porto di Bari, e precisamente nella rada di San Giorgio, domenica 9 maggio 1087 verso sera, deposero le sacre reliquie nella chiesa di San Giovanni precursore al mare. Tutta la popolazione e il clero in abiti corali li accolsero con grida di giubilo, candele, incenso.
Nel 1089, le reliquie del santo, deposte in primis nell’arca di argento, furono definitivamente collocate da papa Urbano II nella nuova e grande chiesa costruita appositamente, l’odierna romanica Basiica di San Nicola. TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / MARZO 2014 - 37
Tradizioni italiane
Traslazione di San Nicola Ogni anno, a maggio, la città di Bari si veste a festa per celebrare l’anniversario dell’arrivo delle reliquie di San Nicola, in un tripudio di fede religiosa e sano folklore locale
L
’arrivo delle reliquie di San Nicola nel porto di Bari, l’8 maggio 1087, provenienti da Myra in Turchia, è ricordato ogni anno con celebrazioni distribuite durante l’intero mese. Cerimonie liturgiche, processioni, concerti, teatro e spettacoli pirotecnici si susseguono per ben quattro settimane, attirando una folla di pellegrini e di turisti nel capoluogo pugliese.
Le celebrazioni iniziano dal 1° maggio, con Messe solenni celebrate da alti prelati e da autorità dell’Ordine Domenicano, che amministra la Basilica del Santo. Diversi concerti di organo ed orchestra aggiungono un elemento culturale.
Le celebrazioni entrano nel vivo quando, alle 4,30 del mattino del 7 maggio, la basilica di San Nicola, a due passi dal mare, apre le porte per una prima Messa. Le Messe si susseguono poi ininterrottamente ogni ora fino al giorno dopo. Alle 7,00 la statua del Santo, tra il tripudio della folla, è portata in
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processione fino a un palco montato per l’occasione presso la Capitaneria di Porto, al Barion sul lungomare dove, annunciata da trombe militari, è celebrata una Messa solenne, solitamente da un prelato della Curia romana.
Dopo la Messa, la statua è imbarcata tra un “picchetto di remi” di ragazzi canoisti su un peschereccio sorteggiato per l’occasione, che la porta dal Molo San Giorgio al Molo Sant’Antonio. La statua è poi scortata fino a un secondo peschereccio, anch’esso sorteggiato, fra una folla di piccole e grandi imbarcazioni piene di gente che esulta al passaggio del Santo Patrono. Su una nave viaggia il Sindaco assieme ad altre autorità civili e militari. Come da tradizione, le “Frecce Tricolori” fanno dei passaggi radenti lasciandosi dietro una scia di fumogeni con i colori della bandiera nazionale. Mentre sul mare incrociano le barche e nel cielo sfrecciano gli aerei, in città scoppia la festa, special-
mente sul lungomare, chiuso al traffico. Le celebrazioni a carattere religioso si mescolano, come è giusto che sia, alle manifestazioni folkloristiche. Le bancarelle espongono le pietanze tradizionali della Puglia, mentre venditori ambulanti offrono palloncini colorati ai bambini.
La sera, un Corteo Storico in costume d’epoca si snoda per le vie cittadine al seguito della “caravella” recante l’immagine del Santo, per raggiungere infine la basilica di San Nicola, tra il suono delle campane a festa.
Il 9 maggio alle 18,30 in Basilica, è atteso il “miracolo” della Manna, il liquido trasparente e profumato, secreto dalle ossa di San Nicola, al quale vengono attribuiti poteri miracolosi. La “Manna”, miscelata ad acqua, è messa in boccette e distribuita ai fedeli. Uno spettacolo pirotecnico, alle ore 22,00, chiude le celebrazioni in bellezza.
La statua del Santo, portata in processione alla cattedrale il 10 maggio, fa ritorno alla Basilica nove giorni dopo, in attesa della prossima festa.
La processione per il centro storico illuminato a festa
TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / MARZO 2014 - 39
Tradizioni italiane
San Nicola a Venezia
Q
uando, intorno all’anno Mille, i musulmani Selgiuchidi occuparono la città di Myra nell’attuale Turchia, dove erano custodite le spoglie del santo vescovo Nicola, due città italiane cominciarono a contendersi le reliquie: Venezia e Bari. Più svelti, i baresi fecero un raid nell’aprile 1087, impadronendosi delle reliquie e portandole a Bari.
I veneziani, però, non si persero d’animo. Nel 1099, in occasione della prima crociata, un gruppo di cavalieri veneziani approdò a Myra, dove fu loro indicato il sepolcro vuoto dal quale i baresi avevano trafugato le ossa. Qualcuno, però, rammentò di aver visto celebrare le cerimonie più importanti, non sull’altare maggiore, bensì in una cappella laterale. Fu lì che i veneziani rinvennero una gran quantità di frammenti ossei che i baresi non avevano potuto prelevare.
Questi frammenti, ritenuti appartenenti a san Nicola, vennero traslati nell’abbazia di San Nicolò del Lido, a Venezia. San Nicolò venne quindi proclamato protettore della flotta della Serenissima. Proprio a San Nicolò del Lido terminava l’annuale rito dello sposalizio del Mare, quando il Doge, navigando sullo sfavillante Bucintoro, gettava un anello d’oro nell’acqua, simbolo appunto dello sposalizio della Serenissima col Mare.
L’autenticità delle reliquie veneziane, tuttavia, non era universalmente accettata. Finalmente, le ricognizioni effettuate sui resti a Bari nel 1956, e a Venezia nel 1992, hanno appurato che essi appartengono alla stessa persona. Questo mise fine alla secolare contesa fra le due città.
Chiesa di San Nicolò al Lido. Nel riquadro, lo sposalizio della Serenissima col Mare 40 - TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / MARZO 2014
Il mondo delle TFP
Mar ch f or L i f e 2014
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La TFP americana sfila nella March for life di Washington
anno dovuto affrontare la peggiore tempesta di neve che si ricordi dal secolo scorso, con l’inevitabile sequela di voli cancellati, treni sospesi e strade bloccate. Una volta arrivati, spesso con mezzi di fortuna, hanno dovuto sopportare temperature tanto basse da segnare -12°C. Ma ce l’hanno fatta a sfilare puntuali in difesa della vita umana. “Non ho mai sentito tanto freddo in vita mia – ci ha raccontato la diciannovenne Monica Rivera, di Miami – abbiamo dovuto viaggiare quasi 24 ore in mezzo alla bufera. Ma l’importante è partecipare”.
La minore affluenza numerica, causa la durezza del clima, alla 41ª March for Life, appuntamento annuale del popolo per la vita statunitense a Washington DC, è stata controbilanciata da un più che raddoppiato entusiasmo nei partecipanti. “La maggior parte erano studenti delle medie e universitari. La gioventù ha sfidato la neve!”, ha esclamato Cindy Millian, proveniente dal Maryland.
“Nessun compromesso, nessuna eccezione”, ecco lo spirito cha anima la March for Life. Con quest’obiettivo in mente, il popolo pro life è riuscito a invertire la tendenza. Oggi, gli Stati stanno limitando sempre di più i casi in cui è permessa l’interruzione violenta della gravidanza. (Robert Ritchie)
Come ogni anno, la TFP americana ha sfilato con i suoi caratteristici stendardi vermigli col leone rampante dorato, accompagnata dalla sua banda musicale, che comprende anche un gruppo di suonatori di cornamusa scozzesi. Con la TFP americana, delegazioni di altre TFP, compresa quella italiana: tutte insieme per difendere la vita nascitura.
TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / MARZO 2014 - 41
Il mondo delle TFP
Carovana “Terra della Santa Croce”
Approfittando delle ferie estive, una quarantina di giovani volontari dell’Istituto Plinio Corrêa de Oliveira ha rinnovato la gesta degli esploratori di un tempo, percorrendo ottomila chilometri nel cuore dell’America del Sud
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pprofittando delle ferie estive, una quarantina di giovani volontari dell’Istituto Plinio Corrêa de Oliveira ha rinnovato le gesta degli esploratori di un tempo, percorrendo più di ottomila chilometri nel cuore dell’America del Sud.
Partita da San Paolo, la “Caravana Terra de Santa Cruz” (dal nome originario del Brasile), ha attraversato gli stati di San Paolo, Minas Gerais, Goiás, Mato Grosso, Roraima e Acre, salvo poi addentrarsi in Perù dove, dopo aver attraversato la regione Madre de Dios, ha raggiunto Cusco, l’antica capitale dell’impero inca, a 3.399 metri sul livello del mare.
Arricchita da una quindicina di volontari dell’Asociación Tradición y Acción, consorella peruviana delle TFP, la carovana ha realizzato campagne pubbliche per le vie e piazze delle principali città delle Ande meridionali.
Mentre in Brasile i giovani diffondevano l’ultimo libro dell’Istituto Plinio Corrêa de Oliveira, dove si denuncia l’ambientalismo radicale, in Perù distribuivano un “Catechismo” che illustra la dottrina cattolica in tema di omosessualità. In entrambi i paesi, la reazione della gente è stata unanime: ognuno si sentiva vivamente incoraggiato nel vedere tanti giovani dedicati a un ideale.
Aspetti della campagna nella città di Cusco, Perù, nelle Ande meridionali Sopra, la cattedrale di Cusco, costruita nel 1560 in onore della Madonna Assunta
“L’ambientalismo vuole fare fare quello di cui il comunismonon è stato capace: distruggere la produzione agricola fondata sulla proprietà privata”, si è lamentato un leader rurale a Rio Branco, Brasile. E ha ricordato l’ammonizione di Michail Gorbaciov, che voleva sostituire i Dieci Comandamenti con la Earth Charter Initiative, una sorta di vademecum dello “sviluppo sostenibile”. (Daniel Martins)
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Il mondo delle TFP
«Rivoluzione e ControRivoluzione» in lituano Consegnata in Lituania, nel dicembre 1990, da una commissione internazionale delle TFP, la sottoscrizione instillò sollievo e coraggio al governo che, un mese dopo, riuscì a fronteggiare vittoriosamente l’invasione dei carri sovietici. Ci furono decine di morti, ma la popolazione resistette. La Lituania cattolica era salva! L’esempio fu seguito dalle altre repubbliche sovietiche che, una ad una, cominciarono a proclamare l’indipendenza da Mosca. Fu l’inizio del crollo dell’URSS.
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el 1990 le TFP di tutto il mondo realizzarono la maggiore sottoscrizione della storia. In poco più di due mesi raccolsero cinque milioni e mezzo di firme in sostegno della Lituania libera. Il piccolo paese baltico aveva appena proclamato la propria indipendenza dall’Unione Sovietica, andando incontro a un vero e proprio blocco universale: non si voleva intaccare la figura di Michail Gorbaciov, allora presidente dell’URSS. Solo le TFP corsero in suo aiuto.
Da allora, la TFP ha consolidato la sua presenza in questo paese, piccolo ma eroico, con l’apertura di un ufficio di rappresentanza. Per esaudire le innumerevoli richieste di volontari e simpatizzanti, la Krikščioniškosios kultūros gynimo asociacija (Associazione per la difesa della cultura cristiana), consorella delle TFP, ha pubblicato di recente il capolavoro del prof. Plinio Corrêa de Oliveira «Rivoluzione e Contro-Rivoluzione».
L’edizione lituana include la prefazione di due membri del Parlamento, uno dei quali firmatario dell’Atto d’Indipendenza nel 1990, e la postfazione del deputato Antanas Račas, anch’egli firmatario dell’Indipendenza e figura centrale della politica lituana. Visibile online nel blog dell’Associazione, lituaniachristiana.blogspot.de, il libro sarà oggetto di una serie di incontri e convegni a partire da marzo nella capitale Vilnius. (Mindaugas Lileikis)
A sin., dopo aver consegnato, nel 1990, le firme della sottoscrizione al governo lituano, la commissione internazionale delle TFP si recò a Mosca per consegnarne una copia anche a Gorbaciov al Cremlino 44 - TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / MARZO 2014
Plinio Corrêa de Oliveira, pensatore conservatore
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egen die Krise der Zeit. Konservative Denker im Portrait — Contro la crisi del nostro tempo. Ritratto di pensatori conservatori». Ecco il titolo di un’opera recentemente pubblicata dalla casa editrice austriaca Ares Verlag. Il saggio passa in rassegna ventidue tra i più noti pensatori conservatori del secolo appena trascorso. L’autore è Daniel Führing, dottore in Scienze politiche e teologia presso l’Università di Bonn. Un capitolo è dedicato a Plinio Corrêa de Oliveira e al suo capolavoro «Rivoluzione e Contro-Rivoluzione».
Leggiamo nella presentazione: “Ventidue pensatori conservatori del XX secolo sono ritratti da un esperto in questa antologia. Non si tratta di una mera sintesi storica del loro sistema di pensiero, ma di un’analisi su punti specifici in cui essi commentano i problemi più roventi del presente. L’autore ha riunito nella stessa categoria di ‘conservatore’ una vasta gamma di filosofi, scrittori e pubblicisti. Il volume riunisce pensatori assai diversi come Julius Evola e Günter Rohrmoser, Ernst Jünger e Nicolás Gómez Dávila, Ortega y Gasset e Arnold Gehlen, Eric Voegelin e Carl Schmitt. Alcuni sono ancora vivi, come Robert Spaemann e Günter Maschke. Altri capitoli sono dedicati a Plinio Corrêa de Oliveira, Ivan Illiev, Gerd-Klaus Kaltenbrunner, Russell Kirk, Edgar Jung, Arthur Moeller van den Bruck, John Messner, Michael Oakesshott, Wilhelm Röpke, Hans Sedlmayr, Leo Strauss e Othmar Spann”.
Pienamente annoverato, dunque, fra i grandi pensatori conservatori e tradizionalisti del secolo XX, Plinio Corrêa de Oliveira spicca tuttavia per il suo essere anche un uomo d’azione, fondatore della più grande organizzazione di orientamento cattolico contro-rivoluzionario. Spicca anche perché mise il suo pensiero totalmente al servizio della Chiesa, al centro di una vita d’intensa preghiera e santità personale.
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Carovana in Colombia
(Beno Hofschulte)
na “carovana” di volontari del Centro Cultural Cruzada, associazione colombiana consorella delle TFP, ha percorso a gennaio il sud del Paese.
I giovani volontari hanno raccolto firme contro il nuovo “Piano nazionale di educazione alla sessualità e alla partecipazione cittadina”, che lede gravemente la morale cattolica, presentando come “normali” comportamenti disordinati come l’omosessualità e la masturbazione. Alla fine, i carovanisti si sono recati in pellegrinaggio al Santuario della Madonna di Las Lajas (a dx.), quasi al confine con l’Ecuador. (Luis Fernando Escobar)
TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / MARZO 2014 - 45
Il mondo delle TFP
Varsavia: convegno giovanile
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i è tenuta a Varsavia la riunione annuale dei soci e sostenitori della Krucjaty Młodych (Crociata Giovanile), un’organizzazione di laici cattolici ispirata alla TFP polacca. Più di cinquanta giovani hanno preso parte all’evento, realizzatosi nella sede dell’Istituto di Storia.
La conferenza è stata aperta da Paweł Ozdoba, redattore capo della rivista “Crociata”. Il primo relatore è stato mons. dr. Roman Kneblewski, che ha parlato della «Chiesa militante», un termine oggi sempre più dimenticato e trascurato.
Ha parlato poi il dottor Julio Loredo, presidente dell’Associazione Tradizione Famiglia Proprietà d’Italia. Il titolo del suo intervento: «L’assurdità di essere neutrale e la necessità di essere invece eroi».
Dopo la pausa pranzo, due giovani volontari hanno presentato alcune campagne della TFP. Il primo, Rodrigo Amorim, brasiliano residente a Dublino, ha illustrato le “carovane” della TFP in Brasile, quali strumento di impatto diretto sull’opinione pubblica. Alexander McKay, della TFP scozzese, ha invece riferito sulle “carovane” in Irlanda e nel Regno Unito. Ha chiuso il Congresso Maciej Maleszyk, direttore della Crociata Giovanile. Alla fine, Dennis Lee, giovane volontario della TFP in Irlanda, ci ha regalato un bellissimo concerto di cornamusa.
Il giorno dopo, i volontari della TFP hanno realizzato una campagna pubblica protestando contro un disegno di legge sulle “coppie di fatto”.
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(Walenty Mackiewicz)
Capodanno con la TFP
“I
l Capodanno più bello della mia vita!”. Questo commento, ripetuto da più di un partecipante, forse può riassumere il clima che si respirava nella sede Notre Dame de la Clairière, a Creutzwald. C’erano ungheresi, polacchi, irlandesi, olandesi, tedeschi e, perfino, un brasiliano di Manaus, capitale dell’Amazzonia. Tutti insieme per trascorrere un Capodanno diverso con la TFP. C’ero anch’io e altri due italiani. Il programma è stato perfettamente equilibrato. Alle riunioni dottrinali, fatte col power point per renderle più agevoli, seguivano momenti di preghiera e liturgia realizzate con assoluta osservanza del cerimoniale. Ogni giorno avevamo la Santa Messa nel rito straordinario, celebrata per lo più da sacerdoti tedeschi. Creutzwald, infatti, è ad appena un chilometro dal confine con la Germania. Abbiamo discusso e approfondito il tema: “Plinio Corrêa Oliveira e la Contro-Rivoluzione” e potuto apprezzare la sua opera «Rivoluzione e Contro-Rivoluzione» (molto più di un libro), sintesi della vita del grande pensatore e leader cattolico brasiliano.
La notte di Capodanno abbiamo offerto, nella parrocchia locale, ai fedeli un concerto. Un suonatore di cornamusa della TFP scozzese ha interpretato melodie tipiche del suo paese, mentre un ragazzo polacco ha fatto altrettanto con la chitarra. Alla fine, siamo tornati a casa col cuore pieno: pieno di dottrina, di bei ricordi e, soprattutto, di tanta speranza. (Marco Sguario)
TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / MARZO 2014 - 47
L’uomo contemplativo L
’uomo deve porre la sua massima attenzione in un ordine di realtà superiore, formando una sorta di santuario interiore, dall’alto del quale egli poi guarda tutto in modo contemplativo. I due punti cardine nella vita dell’uomo sono: l’attrazione continua al sublime e il desiderio di cancellare l’orribile. Se la persona costruisce la propria anima nella contemplazione, avrà un’allegria interna in mezzo alle amarezze della vita. Contemplando, la persona modella un’anima che ha qualcosa di luminoso.
Il cattolico dovrebbe impegnarsi per contemplare ciò che è meraviglioso nella Santa Chiesa. Quando comincia a vederne solo le imperfezioni, egli pecca contro la sublimità della Chiesa.
Nessun uomo è banale. Solo una cosa è banale: non saper vedere l’aspetto trascendentale delle cose. I cattolici si dividono in due tipi: coloro che sanno vedere la bellezza della Fede, e quindi splendono con una luce speciale, e coloro che restano nella banalità, diventando quindi grigi e inespressivi.
Vivere è contemplare. Finché non afferra la dimensione meravigliosa delle cose, l’uomo non vive. Per una persona intelligente, vivere è anzitutto contemplare. Il motivo perché siamo su questa terra non è per mangiare, né per vivere a lungo, né per fare una bella carriera. Noi esistiamo per contemplare. Il resto non è vita. Piuttosto si approssima all’animalità.
Plinio Corrêa de Oliveira
(Tratto dalla registrazione magnetofonica di tre riunioni: 10-11-74, 04-08-79, 14-11-74. Senza revisione dell’autore)