Anno 16, n. 1 - Marzo 2010 Sped. in Abb. Post. Art. 2, Comma 20/C, Legge 662/96 Filiale di Padova
Inimicitias ponam inter te et mulierem
Teologia della liberazione pag. 9
Ipsa conteret caput tuum
Brasile imperiale pag. 14
In difesa della famiglia pag. 33
“I
nimicitias ponam inter te et mulierem, et semen tuum et semen illius. Ipsa conteret caput tuum — Io porrò inimicizia fra te e la Donna, fra la tua discendenza e la discendenza di lei. Ella ti schiaccerà il capo” (Gen. 3,15).
Una sola inimicizia ha creato Dio, perfetta, totale, inconciliabile, fra la Donna e il serpente, fra la discendenza della Donna, i figli della luce e i discendenti del serpente, i figli delle tenebre. Questa inimicizia attraversa tutta la storia, non come qualcosa di astratto e inconseguente ma, anzi, come lo scontro reale e vivo fra persone, idee, movimenti, istituzioni che si rigettano a vicenda e si combattono senza sosta.
Questa inimicizia fu riproposta, in un auge di perfezione, dallo stesso Verbo Incarnato quando disse: “Non crediate che sia venuto a portare pace sulla terra. Non sono venuto a portare la pace ma la spada” (Mt. 10,34). E i Vangeli ci narrano la Sua divina sfida con i farisei e la Sinagoga, che cresce d’intensità fino al momento della Sua passione e morte.
I figli delle tenebre odiano i figli della luce. Questo odio si rivelò, cupo e prepotente, nei confronti di Colui che era la salvezza del mondo, fino a metterlo in croce. Si dimostrò nei tentativi, tanto accaniti quanto inutili, di sopprimere sul nascere la Santa Chiesa che Egli aveva fondato. Si manifestò negli assertori del paganesimo, e più tardi dell’islam, che cercavano in ogni modo di impedire il sorgere di una civiltà cristiana.
2 - TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / MARZO 2010
Ipsa conteret!
Ma i figli della luce furono più forti e nessun fattore riuscì ad arrestare la loro ascesa, dalla conversione dei popoli germanici alla fondazione dell’impero carolingio a quella grande stagione di luce e di grazia che fu il Medioevo cristiano, la “dolce primavera della Fede” in cui, nelle parole di Leone XIII, “la filosofia del Vangelo governava gli Stati”. A partire dell’umanesimo, però, il dinamismo della storia si è invertito. Dal rinascimento al protestantesimo all’illuminismo alla rivoluzione francese al liberalismo, socialismo e comunismo, ecco un processo storico ben definito e diametralmente opposto a quello che aveva dato origine alla Cristianità medievale: la Rivoluzione.
politica senza Dio”.
È, nelle parole di Pio XII, “il tentativo di edificare la struttura del mondo sopra fondamenti che Noi non esitiamo ad additare come principali responsabili della minaccia che incombe sulla umanità: un'economia senza Dio, un diritto senza Dio, una
Ma dalla notte dei tempi, risuona sempre la promessa divina: ipsa conteret! Riecheggiata nei nostri tempi dalle parole, luminose e confortanti, della Donna: infine il mio Cuore Immacolato trionferà!
Non è altro il lemma adottato dal prof. Plinio Corrêa de Oliveira: ipsa conteret. Osservatore oggettivo e meticoloso del processo rivoluzionario, egli aveva ben chiaro che, all’orizzonte, rifulge sempre la promessa di una restaurazione, dell’avvento di ciò che S. Luigi Maria Grignon da Montfort chiamava il Regno di Maria.
Sommario Anno 16, n. 1 - marzo 2010
Ipsa conteret! Il comuno-capitalismo porta i cinesi al suicidio La pillola anticoncezionale ha provocato una “catastrofe demografica” Le conquiste femministe portano infelicità La maggioranza degli inglesi respinge l’evoluzionismo Stati Uniti: classi separate Medvedev difende Stalin L’Unione Europea è democratica? Benedetto XVI: ricordare il comunismo Lula: prove di dittatura Dolore e gioia in un fausto anniversario Convegno nel cinquantenario di Rivoluzione e Contro-Rivoluzione Plinio Corrêa de Oliveira e la Famiglia Imperiale del Brasile Brasile imperiale: breve cenno storico Sintesi di una vita Convegno a Palermo Maria vincit, Maria regnat, Maria imperat! USA: in difesa della famiglia Bureau a Bruxelles Elogio della logica di S. Giuseppe Sacra Sindone. Rigetto e orrore del peccato commesso
Copertina: Madonna dell’Apocalisse, Manuel Chili detto il Caspicara, Scuola di Quito, seconda metà del ‘700.
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Tradizione Famiglia Proprietà Anno 16, n. 1 marzo 2010 Dir. Resp. Annamaria Scavo.
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Attualità
Il comuno-capitalismo porta i cinesi al suicidio
L
a Cina sta pagando a carissimo prezzo questo suo “balzo in avanti” nell’avventura capitalista, pur conservando un assetto statale ancora sostanzialmente comunista. L’Occidente è approdato nel libero mercato dopo processi storici ben precisi, che hanno gradatamente creato le strutture e la cultura sulle quali poggia questo tipo di economia. Niente di ciò esiste nella Cina forgiata da Mao Tse Tung.
Gli scompensi psicologici creati da questo comuno-capitalismo selvaggio stanno causando vere e proprie stragi nella popolazione. Ogni due minuti un cinese si suicida, secondo la France Presse. Gli antichi clan familiari si sono sgretolati senza che nuove strutture solidali offrano una qualche copertura ai cittadini. Persone sempre più numerose affondano in una solitudine patologica, con forme di stress finora sconosciute. Questa depressione, secondo gli studi, affetta ben il 65% della popolazione, specialmente quella urbana. Di conseguenza, gli ospedali psichiatrici sono strapieni. Ogni anno più di 300mila cinesi scelgono di togliersi la vita. E ciò rappresenta il 25% del totale mondiale. Senza parlare dei quasi 3milioni che, secondo il China Daily, tentano il suicidio. Inoltre la Cina è l’unico paese al mondo in cui i suicidi femminili sono più numerosi di quelli degli uomini: ben il 58%. Il suicidio è la principale causa dei decesi fra i giovani. Fra i fattori che inducono a questa sorta di smarrimento collettivo v’è la mancanza di punti di riferimento di tipo religioso. Spiega lo psicologo Zhu Wanli: “Qui non è come nell’Occidente, dove la maggior parte delle persone professa una fede religiosa. Qui quasi nessuno ha una religione definita”.
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I
La pillola anticoncezionale ha provocato una “catastrofe demografica”
l chimico austriaco Carl Djerassi (foto a dx.), inventore della pillola anticoncezionale, adesso ha qualche ripensamento. Secondo il giornale viennese Der Standard, Djerassi oggi deplora che la sua invenzione abbia causato “una vera catastrofe demografica”. Secondo lui, il controllo delle nascite “ha provocato uno scenario di orrore”. Nella maggior parte dell’Europa “non c’è più un nesso fra la sessualità e la riproduzione. Nella cattolica Austria, dove la media dei figli per famiglia è di 1,4, questa dissociazione è completa”. I giovani austriaci che hanno smesso di avere figli, sentenzia Djerassi, stanno “compiendo un suicidio nazionale”.
Questo mea culpa arriva ormai troppo tardi per porre rimedio alla situazione. Non però così tardi da non poter trarne una lezione, evitando di compiere oggi un passo del quale domani ci dovremmo pentire. Ci riferiamo, ovviamente, all’attuale polemica in Italia sulla RU480. Vogliamo anche noi compiere un suicidio nazionale?
L
Le conquiste femministe portano infelicità
e conquiste femministe degli ultimi trentacinque anni potranno anche aver “liberato” la donna da tanti “pregiudizi”, ma l’hanno resa molto più infelice di prima. È quanto affermano, dati alla mano, due economisti americani, Betsey Stevenson e Justin Wolfers, nel recente studio The Paradox of Declining Female Happiness.
“La vita delle donne negli Stati Uniti è migliorata negli ultimi trentacinque anni secondo molti indicatori oggettivi – affermano Stevenson e Wolfers – ma gli studi mostrano che l’indice di infelicità delle donne, sia assolutamente che in rapporto ai maschi, è aumentato di parecchio”. Fra i fattori che più spingono le donne alla depressione e all’insoddisfazione, primeggia il declino della famiglia tradizionale. L’alto indice di divorzio e il conseguente aumento delle convivenze e dei figli naturali destabilizza psicologicamente molto più le donne che gli uomini. Tutti gli indicatori studiati mostrano che le donne che si dedicano primariamente alla famiglia, in un quadro di stabilità, sono molto più felici di quelle che lavorano. Questa è una costante in tutti i Paesi industrializzati.
La stessa uguaglianza fra i sessi, che oggettivamente potrebbe sembrare un bene, si rivela invece una trappola: “Se facciamo un’analisi più profonda degli aspetti psicologici della felicità, vediamo che la maggior uguaglianza fra i sessi conduce a un calo del benessere percepito dalle donne, conduce cioè ad una maggiore infelicità”.
“Le grandi aspettative sollevate dal movimento femminista degli anni ’70 – concludono Stevenson e Wolfers – sono ormai esaurite”.
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Attualità
La maggioranza degli inglesi respinge l’evoluzionismo
P
iù della metà degli inglesi (51% contro 40%) ritiene che l’evoluzionismo non riesca a spiegare tutta la complessità della vita e che, di conseguenza, serva un disegno intelligente che governi l’apparizione dell’ordine nell’universo. Inoltre, più di un terzo ritiene che l’universo sia stato creato da Dio. Ecco i dati che emergono da un sondaggio dell’agenzia ComRes pubblicati da The Telegraph di Londra. La situazione dell’ipotesi evoluzionista è molto peggiorata nel Regno Unito dopo che uno dei suoi più radicali partigiani, il biologo Richard Dawkins (foto a sin.), ha promosso una campagna di cartelli sulle fiancate degli autobus urbani, che invitavano a “dimenticare Dio”. In questo modo egli ha fatto notare come l’evoluzionismo sia, in fondo, una ideologia atea. Informato del risultato del sondaggio, Dawkins ha risposto che “gran parte della popolazione inglese è ignorante come un maiale – ignorant as a pig”, frase tratta dall’autobiografia di Charles Darwin che, però, la applicava a se stesso…
N
Stati Uniti: classi separate
egli anni ‘60-‘70, all’insegna dell’uguaglianza tra i sessi, vista come qualcosa di molto “moderno”, si procedette all’integrazione nelle scuole. Fino allora si era ritenuto che, a partire da una certa età, conviene educare i maschi e le femmine separatamente. Questo, anzitutto, per ovvi motivi di pudore. Ma anche perché le rispettive capacità scolastiche sono naturalmente diverse. Questa diversità, però, cominciò ad essere vista come “discriminante”.
Oggi, quasi mezzo secolo dopo, davanti agli evidenti vantaggi del sistema tradizionale, molte scuole pubbliche americane stanno tornando indietro. Ormai sono più di 450 le public schools che hanno messo maschi e femmine in classi separate, offrendo poi ad ognuno un’educazione adatta alla loro natura. I risultati non si sono fatti aspettare: non solo la disciplina è molto migliorata, ma anche il rendimento scolastico è aumentato sensibilmente.
In New York, una dozzina di scuole hanno già adottato il “nuovo” approccio, con risultati assai soddisfacenti. “Abbiamo ricevuto un sacco di critiche – rivela Paul Cannon, preside della Scuola Pubblica 140 – ma i risultati sono lì per chiunque li voglia vedere. E noi facciamo ciò che funziona bene”. Cannon spiega che, per diversi anni, egli aveva inutilmente tentato tutte le formule possibili per migliorare l’ambiente nella sua scuola, finché è venuto a conoscenza di sperienze di classi separate per sesso in scuole della Carolina del Nord: “Ecco la soluzione! Mi sono detto. E la formula ha funzionato!”.
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Per promuovere questo tipo di educazione nel 2006 è nata la National Association for Single-Sex Public Education (NASSPE), che nel ottobre 2010 realizzerà il suo VI Congresso internazionale a Las Vegas.
Medvedev difende Stalin
N
el corso delle commemorazioni per i settanta anni della II Guerra mondiale, il presidente russo Dimitri Medvedev (a sin. col Patriarca Kyril) ha difeso Josef Stalin (a dx.), qualificando di “cinica menzogna” l’idea che il Cremlino abbia in qualche modo collaborato con l’aggressione nazista. Il pupillo di Putin farebbe meglio a tornare nei banchi di scuola. Durante tutta la prima parte del conflitto, infatti, l’URSS fu la fedele alleata del Terzo Reich nell’aggressione ai Paesi dell’Europa centrale. Per chiarire la questione, il governo russo ha nominato una commissione per “ricostruire la verità storica”. La commissione, però, è quasi esclusivamente composta di ufficiali del FSB, il servizio segreto erede del KGB. Non serve un profeta per indovinare che il verdetto non sarà di condanna…
I
L’Unione Europea è democratica?
l verdetto della Corte di Strasburgo ordinando la rimozione dei Crocifissi dalle scuole italiane è caduto come un fulmine: letale e devastatore, ma anche chiarificatore. Ormai, anche per i più testardi, dovrebbe essere chiaro che, lungi dall’essere un innocuo accordo economico e politico, l’Unione Europea sta diventando una dittatura che incide perfino sulla sfera religiosa e, quel che è peggio, sempre in senso diametralmente contrario alle nostre tradizioni cristiane.
Sembra avverarsi il vaticinio del dissidente russo Vladimir Bukowsky che, ormai da un decennio, avverte che l’Unione Europa sta diventando una nuova Unione Sovietica. Proponiamo in merito le parole, non proprio recentissime (sono del febbraio 2009) ma sempre attuali, del presidente ceco Vaclav Klaus (foto sotto) nel Parlamento Europeo.
Secondo Vaclav, “è sbagliato considerare lo stato attuale dell’organizzazione istituzionale dell’UE come un dogma”. Ed è altrettanto sbagliato “supporre che il solo futuro possibile dell’integrazione europea, postulato a priori e non criticabile, debba essere un’Unione sempre più stretta o l’integrazione sempre più profonda degli Stati membri”. L’imposizione di questo approccio, secondo Klaus, “è inaccettabile”. Il sistema decisionale attuale nell’UE, ha aggiunto il Presidente, “è diverso da quello che è stato confermato dalla storia della democrazia parlamentare classica, dove vi è una parte che sostiene il governo e l’altra all’opposizione”. A suo parere, “ciò non esiste nel Parlamento europeo, dove è imposta una sola scelta mentre chi la pensa diversamente è considerato un avversario dell’integrazione europea”.
Se questa deriva anti-democratica continua, ha concluso Klaus in una chiara allusione alla defunta URSS, “in poco tempo ci potremmo trovare, anche facilmente, nella situazione di un’epoca che noi usiamo qualificare come un passato lontano”.
Per la cronaca, alla fine del suo discorso il Presidente ceco è stato solennemente fischiato dagli eurodeputati. In modo perfettamente democratico… TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / MARZO 2010 - 7
Attualità
Benedetto XVI: ricordare gli orrori del comunismo
I
n occasione dei 60 anni della fondazione della Repubblica Federale di Germania, Benedetto XVI ha ricevuto in Vaticano le massime cariche dello Stato, compreso il Presidente federale Horst Köhler, per quella che ha chiamato una “serata solenne” tra discorsi, celebrazioni e concerti musicali. Alcuni brani del discorso pontificio meritano di essere specialmente ricordati:
“Da un lato, quest’anno celebriamo i 60 anni della fondazione della Repubblica Federale di Germania, con la firma della Legge Fondamentale il 23 maggio 1949; dall’altro ricordiamo il 20° anniversario della caduta del Muro di Berlino, quella frontiera di morte che per tanti anni aveva diviso la nostra patria e aveva separato a forza uomini, famiglie, vicini e amici. Molti avevano avvertito gli avvenimenti del 9 novembre 1989 come gli albori inaspettati della libertà, dopo una lunga e sofferta notte di violenza ed oppressione per un sistema totalitario che, alla fin fine, conduceva in un nichilismo, in uno svuotamento delle anime. Nella dittatura comunista, non vi era azione alcuna che sarebbe stata ritenuta male in sé e sempre immorale. Ciò che serviva agli obiettivi del partito era buono, per quanto disumano poteva pur essere”.
Lula: prove di dittatura
L
a tentazione totalitaria è sempre in agguato a sinistra. Impedito costituzionalmente di essere rieletto per un terzo mandato, il presidente brasiliano José Inácio da Silva, detto Lula, sta presentando disegni di legge che puzzano di dittatura.
Nel bel mezzo delle festività natalizie, Lula aveva lanciato un progetto che, secondo il quotidiano O Estado de S. Paulo, avrebbe “impiantato un regime autoritario in Brasile”. La pronta reazione dei vertici militari, però, lo ha costretto a ritirarlo. Commentava il citato quotidiano: “Sembra che il leader equilibrato e rispettato stia soccombendo al radicalismo ideologico”.
Poco dopo, Lula ha presentato il 3° Piano nazionale dei diritti umani (3PNDH). Immediata la reazione della società civile. “Questo è il decreto preparatorio di un regime dittatoriale”, sentenziava il noto giurista Ives Gandra. Da parte sua, in un durissimo quanto atipico comunicato di rigetto al 3PNDH, la Conferenza episcopale brasiliana (CNBB) chiamava Lula di “Erode”. Questo fatto rappresenta un sostanziale cambiamento di rotta nell’atteggiamento dei vescovi, fino ad ora fermi difensori del presidente operaio e del suo partito, il PT.
In un successivo comunicato, firmato da ben 40 vescovi, il 3PNDH veniva ripudiato, soprattutto per la sua difesa dell’aborto e delle unioni di fatto, e per il tentativo di togliere ogni simbolo religioso dai luoghi pubblici. I prelati chiedevano al presidente di ritirare il disegno di legge per “ridurre la forte reazione dei cattolici”.
(Nella foto, Lula con Fidel Castro. A sua dx., il domenicano frà Carlo Alberto Libânio, detto Frà Betto, teologo della liberazione e assessore sia di Lula che di Castro.) 8 - TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / MARZO 2010
25 anni della condanna alla “Teologia della liberazione”
Dolore e gioia in un fausto anniversario
C
con parole molto ferme, che riportiamo nel riquadro qui a fianco, Papa Benedetto XVI ha ricordato ai vescovi brasiliani la condanna, nel 1984, alla Teologia della liberazione, durante la loro recente visita ad limina apostolorum (foto sotto).
Una teologia rivoluzionaria
Sorta in America Latina negli anni 1960-1970, la Teologia della liberazione nasce dalla radicalizzazione di certi postulati della cosiddetta Nouvelle Théologie, condannata da Pio XII in diverse occasioni, e particolarmente nell’enciclica Humani generis del 1950. I “nuovi teologi” — Chenu, Congar, Lubac, Rahner e compagnia bella — cercavano di situare la Rivelazione nella storia, negandole pertanto il suo carattere atemporale e immutabile, e finendo per cadere nell’immanentismo storicista.
Facendo un passo avanti, e noncuranti delle condanne di Pio XII, i teologi della liberazione affermavano che Dio si rivela in un aspetto concreto della storia, e cioè nei processi rivoluzionari. Per trovare Dio, dunque, non occorre cercarLo nelle Sacre Scritture e, tanto meno, nella Tradizione della Chiesa. Bisogna cercarLo nelle lotte popolari, nelle insorgenze guerrigliere, nei processi di “liberazione” dal capitalismo, insomma negli ingenti sforzi allora in atto per
imporre il comunismo in America Latina.
D’altronde, la Teologia della liberazione non si presentava come una scuola di pensiero, bensì come una “prassi”, concretamente una prassi rivoluzionaria. “Ciò che intendiamo per teologia della liberazione è il coinvolgimento nel processo rivoluzionario”, sentenziava il peruviano Gustavo Gutiérrez, caposcuola della corrente. Mossi da questa bramosia, i liberazionisti si ingaggiavano nelle lotte politiche delle sinistre. Non pochi sono giunti alla lotta armata. Nel 1968,
per esempio, è venuto alla luce in Brasile il “Documento Comblin”, un testo preparato nel Seminario di Recife sotto l’egida di mons. Helder Câmara, e che tratteggia-
“In questo senso, amati Fratelli, vale la pena ricordare che, lo scorso agosto, è trascorso il 25° anniversario dell’Istruzione Libertatis nuntius della Congregazione per la Dottrina della Fede su alcuni aspetti della teologia della liberazione, nella quale si sottolineavano i pericoli che comportava l’assunzione acritica, fatta da alcuni teologi, di tesi e di metodologie provenienti dal marxismo. Le sue sequele, più o meno visibili, fatte da ribellione, divisione, dissenso, offesa e anarchia si fanno sentire ancora, arrecando nelle vostre comunità diocesane grandi sofferenze e grave perdita di forze vive. Supplico a quanti in qualche modo si sono sentiti attratti, coinvolti e colpiti da certi principi ingannevoli della teologia della liberazione, che si confrontino nuovamente con questa Istruzione, accogliendo la luce benevola che essa offre con la mano tesa” (Osservatore Romano, 7-12-2009). TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / MARZO 2010 - 9
25 anni della condanna alla “Teologia della liberazione” A sin., Dom Helder Câmara, l’“arcivescovo rosso” di Olinda-Recife, Brasile. Nel “Documento Comblin”, redatto sotto la sua egida nel 1968, si proponeva un’insurrezione popolare per instaurare una dittatura socialista con tanto di tribunali rivoluzionari
va le tappe di una insurrezione popolare, fino all’instaurazione di una dittatura socialista con tanto di “tribunali rivoluzionari”.
Questo cedimento a sinistra finì per trascinare anche i vertici. I vescovi moderati, in realtà la maggioranza, si sono auto-emarginati, rimettendo la leadership della Chiesa latino-americana nelle mani dei vari Helder Câmara in Brasile, Silva Henríquez in Cile, Landázuri Rickets in Perù, Samuel Ruiz in Messico, Leónidas Proaño in Ecuador, e via dicendo. Vale a dire, proprio gli alfieri di questa “opzione preferenziale” per il socialismo. Rimarrà tristemente nella storia, per esempio, la ribellione, nel 1985, di ben diciassette vescovi brasiliani contro le misure disciplinari inflitte dal Vaticano nei confronti del teologo della liberazione Leonardo Boff. Questo sviluppo in campo cattolico veniva poi incontro, fino a diventare un tutt’uno, ai processi rivoluzionari allora in corso in America Latina, che registrava un forte avanzo del comunismo, sia per le vie istituzionali che per quelle insurrezionali. In questo modo il comunismo, che di
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per sé sarebbe rimasto un fenomeno marginale in America Latina, ha visto convergere nelle sue fila masse di cattolici, con l’esplicita o implicita connivenza di non pochi prelati.
La prima denuncia
È fatto storico che la prima denuncia pubblica della Teologia della liberazione, ben undici anni prima dell’Istruzione Libertatis Nuntius della Congregazione per la Dottrina della Fede, è stata quella dell’associazione Tradición y Acción por un Perú mayor, consorella delle TFP, e della quale chi scrive si onora di essere socio fondatore. Questa denuncia era tanto più emblematica quanto era proprio il Perù, insieme al Brasile, la fucina della corrente liberazionista. Si trattava del manifesto “Teologia della liberazione, o marxismo per cristiani?”, del dicembre 1973, ampiamente divulgato in campagne pubbliche dai giovani di Tradición y Acción.
La denuncia situava il sorgere della Teologia della liberazione nel contesto politico di allora, segnato appunto dalla concomitanza di diverse rivoluzioni in atto in altrettanti Paesi latino-americani, con le quali entrava in simbiosi. Denunciava poi quanto questa teologia si staccasse dalla vera dottrina cat-
A sin., copertina della rivista Tradición y Acción por un Perú Mayor, dicembre 1973 Nelle foto, crocifisso blasfemo trovato in una chiesa in Brasile; riunione di sacerdoti cileni appartenenti a Cristiani per il socialismo
“Faremo cadere su taluni personaggi tutto il peso della giustizia rivoluzionaria” La Junta militare peruviana riteneva la Teologia della liberazione un fattore sine qua non per il perseguimento dei suoi disegni rivoluzionari A dx., il generale Juan Velasco Alvarado (1968-1975)
tolica, fino a segnare una vera e propria rottura che spesso sfociava nell’eresia.
Particolarmente biasimato l’uso indiscriminato dell’analisi marxista, proprio uno dei punti centrali dell’Istruzione che, undici anni dopo, emanerà il Vaticano. Dopo una rigorosa analisi, basata soprattutto sul libro di P. Gustavo Gutiérrez Teología de la liberación - Perspectivas (Lima, 1971), caposaldo di questa corrente, il manifesto concludeva che eravamo di fronte a un tentativo di traghettare i cattolici a sinistra. Più che “teologia della liberazione”, il libro si sarebbe dovuto chiamare “marxismo per cristiani”...
Il dolore e la gioia
La campagna di diffusione di questo documento di denuncia non era per niente esente da rischi. Anzi. Il Perù attraversava allora il periodo più buio della dittatura filo-comunista del generale Juan Velasco Alvarado, e ogni dissidenza era severamente punita. Mentre la cricca liberazionista ostentava un imbarazzato silenzio, la reazione del governo non si è fatta aspettare.
A cominciare dal gennaio 1974, quando il quotidiano governativo Crónica pubblicava ben due pagine contro Tradición y Acción, al discorso presidenziale di aprile nel quale Velasco invei-
va contro “quei signorini di nomi lunghi che, usando simboli araldici, distribuiscono la loro robaccia nelle chiese dei quartieri perbene”, fino al discorso di luglio in cui, affermando che “il governo non tollererà nessuna contro-rivoluzione”, il presidente prometteva di “far cadere su taluni personaggi tutto il peso della giustizia rivoluzionaria”, l’antagonismo del governo nei confronti di Tradición y Acción è andato crescendo.
Evidentemente, la Junta militare riteneva la Teologia della liberazione un fattore sine qua non per il perseguimento dei suoi disegni comunistizzanti.
Qualche settimana dopo, tutti i componenti dell’associazione eravamo in esilio... Il più grande di noi aveva 22 anni...
Per il prof. Plinio Corrêa de Oliveira e per tutti coloro che lo seguivamo nelle fila delle diverse TFP, il cedimento a sinistra di gran parte del clero latino-americano suscitava un indicibile dolore per ciò che esso comportava di
“auto-demolizione” della Sposa di Cristo. Un dolore aumentato dal fatto che reagire contro questo cedimento non di rado implicava andare contro le direttive di vescovi che, in più di un’occasione, erano giunti al parossismo di agitare la minaccia di scomunica canonica contro chi vi si opponeva. Un sommo dolore, infine, nel vedere che, fino all’Istruzione del 1984, dalla Cattedra di Pietro non arrivava una parola chiarificatrice.
Oltre al dolore, però, emerge chiara e forte un’immensa gioia. La gioia di essere stati, pur in mezzo alla bufera, sempre fedeli al Supremo Magistero della Chiesa. La gioia di essere stati, già nella prima giovinezza, all’avanguardia del combattimento contro questo processo rovinoso per la Chiesa e per la civiltà cristiana. La gioia, cioè, di aver compiuto il dovere fino in fondo.
L’Istruzione Libertatis nuntius è stata come un getto d’acqua fresca nell’incendio divampante. Un’acqua per la quale i cattolici latino-americani saranno sempre e eternamente grati. (JL)
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Cinquantenario di Rivoluzione e Contro-Rivoluzione
Roma Convegno nel cinquantenario di Rivoluzione e Contro-Rivoluzione
N
el precedente numero abbiamo dato notizia della nuova edizione italiana in occasione del cinquantenario di Rivoluzione e Contro-Rivoluzione, capolavoro del prof. Plinio Corrêa de Oliveira. Curata dal sig. Giovanni Cantoni, fondatore e reggente nazionale di Alleanza Cattolica, l’opera è stata presentata nel corso di un convegno tenutosi a Roma nel Pontificio Istituto Augustinianum, organizzato dall’Associazione Tradi-zione Famiglia Proprietà TFP e da Alleanza Cattolica. Ospiti d’onore, S.E. Mons. Athanasius Schneider, vescovo ausiliare di Karaganda, Kazakhstan, e S.E. Mons. Juan Rodolfo Laise, vescovo emerito di San Luis, Argentina. Il convegno si è svolto in due sessioni, la prima presieduta
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da Dom Bertrand de Orleans e Bragança, Principe Imperiale del Brasile, la seconda dal dott. Caio Xavier da Silveira, presidente di Pro Europa Christiana. Hanno presentato i relatori, rispettivamente, Juan Miguel Montes, della TFP italiana, e Attilio Tamburrini, di Alleanza Cattolica.
In apertura, a proposito della copertina del libro che mostra la Madonna dell’Apocalisse, Montes ha sottolineato come l’immagine evochi l’eterna inimicizia fra Maria Santissima e il demonio, fra i Figli della Vergine e i figli delle tenebre, di cui lo scontro fra la Rivoluzione e la Contro-Rivoluzione è espressione nei nostri tempi. Dopo il breve intervento introduttivo di Dom Bertrand, che riportiamo nelle pagine
seguenti, ha parlato il prof. Massimo Introvigne, reggente nazionale vicario di Alleanza Cattolica, direttore del CESNUR (Centro studi sulle nuove religioni), sociologo e scrittore di fama. In linea con alcune recenti allocuzioni di Papa Benedetto XVI, l’oratore ha esaminato la “Bellezza della Cristianità contro la volgarità del moderno”: “La bellezza della Cristianità è il cuore di Rivoluzione e ControRivoluzione che ancora batte per la Chiesa, per la Cristianità e per ogni militante contro-rivoluzionario disposto a combattere la buona, la vera, la bella battaglia sotto la bandiera di Cristo Re e di Maria Regina” (1). Sopra, Juan Miguel Montes, della TFP italiana. Sotto, Mauro Ronco, di Alleanza Cattolica. A dx., S. E. Mons. Athanasius Schneider, vescovo ausiliare di Karaganda, S.A.I.R. Dom Bertrand de Orleans e Bragança, Mario Navarro, direttore del Bureau delle TFP a Washington, D.C.
Julio Loredo, direttore della TFP italiana, ha poi svolto il tema “Rivoluzione e ControRivoluzione, sintesi di una vita”, che riportiamo a pag. 20.
Nella seconda sessione ha preso la parola il prof. Mauro Ronco, già membro del Consiglio Superiore della Magistratura e attuale presidente dell’Ordine degli avvocati di Torino, che ha sviluppato il tema “Il Diritto e le istituzioni in Rivoluzione e Contro-Rivoluzione”. “La civiltà cristiana, che riconosce la regalità anche
sociale di Nostro Signore Gesù Cristo — ha concluso — è l’unico ordine veramente legittimo, secondo l’insegnamento di Plinio Corrêa de Oliveira, perché ordina tutti gli atti della giustizia intorno al riconoscimento del (...) Figlio Unigenito di Dio” (2).
Ha chiuso il convegno Giovanni Cantoni, noto pensatore ed scrittore. Spiegando come “Rivoluzione e Contro-Rivoluzione è un’eco fedelissima del Supremo Magistero della Chiesa”, Cantoni ha affermato che l’opera di Plinio Corrêa de Oliveira costituisce “un Catechismo reso «affidabile» dalla concordanza strutturale con il Magistero tradizionale, al quale fa sostanzialmente eco” (3). Fra le lettere di adesione al convegno, rileviamo quelle del sindaco di Roma Gianni Alemanno e del sottosegretario Alfredo Mantovano.
Note______________________________
1.www.alleanzacattolica.org/temi/ri voluzione_contro_rivoluzione/introvignem_RCR_convegno.html
2.www.alleanzacattolica.org/temi/ri voluzione_contro_rivoluzione/roncom_R CR_convegno.html
3.www.alleanzacattolica.org/temi/ri voluzione_contro_rivoluzione/cantonig_R CR_convegno.html
TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / MARZO 2010 - 13
Cinquantenario di Rivoluzione e Contro-Rivoluzione
Plinio Corrêa de Oliveira e la Famiglia Imperiale del Brasile
di S.A.I.R. Dom Bertrand de Orleans e Bragança
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Il Palazzo di Ipiranga, San Paolo del Brasile. Nell’inserto l’Imperatore Dom Pedro II, incoronato nella cattedrale di Rio de Janeiro nel 1840 TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / MARZO 2010 - 15
Cinquantenario di Rivoluzione e Contro-Rivoluzione
N
Brasile imperiale: breve cenno storico
el 1807, Napoleone invase il Portogallo. Giocando d’anticipo, il Reggente Dom João VI decise di trasferire la Corte e tutto il Governo in Brasile, allora una provincia d’oltremare. Egli scelse come capitale Rio de Janeiro, che così divenne il cuore dell’impero portoghese.
Nel 1815, Dom João elevò il Brasile alla categoria di Regno e, dopo la morte di sua madre Maria I nel 1816, venne incoronato Re a Rio de Janeiro. Calmatasi la situazione in Europa, egli fece rientro in Portogallo, dove morì nel 1826.
Prima di partire, però, Dom João lasciò come Reggente del Brasile suo figlio Dom Pedro, sposato con Maria Leopoldina d’Austria, figlia di Francesco II. Con l’appoggio del Parlamento, nel 1822 Dom Pedro dichiarò l’indipendenza del Brasile e, due anni dopo, veniva incoronato Imperatore. Dopo un regno alquanto travagliato, nel 1831 anch’egli fece ritorno in Portogallo, lasciando sul trono brasiliano suo figlio Dom Pedro II, ancora minorenne.
Dichiarato maggiorenne nel 1840 e, quindi, incoronato nella cattedrale di Rio di Janeiro, Dom Pedro II avrà uno dei regni più lunghi della
storia, superato soltanto dalla Regina Vittoria d’Inghilterra. Nel 1842 egli sposò Teresa Cristina Borbone delle Due Sicilie. Dom Pedro II assicurerà al Brasile ben 49 anni di pace interna, prosperità e progresso. Deposto da un movimento repubblicano nel 1889, egli dovette prendere la via dell’esilio insieme alla sua famiglia. Morì a Parigi nel 1891. Grande viaggiatore, egli visitò l’Italia in diverse occasioni. Ancor oggi si può visitare la stanza dove alloggiò nel Grand Hotel et de Milan, in via Manzoni, nel capoluogo lombardo.
Fu proprio durante uno di questi viaggi, nel 1888, che sua figlia la Principessa Isabella promulgò la cosiddetta Legge Aurea, che dava finalmente la libertà agli schiavi neri. In calce alla Legge, a fianco della firma della Reggente, v’era anche quella del Primo Ministro e ispiratore di questa disposizione, João Alfredo Corrêa de Oliveira (foto a sin.).
Deputato a soli vent’anni, Governatore del Pará e poi di San Paolo, più volte Ministro, Senatore a vita, membro del Consiglio di Stato e, finalmente, Primo Ministro, João Alfredo Corrêa de Oliveira è una figura centrale nella storia brasiliana. “João Alfredo è un nome che vivrà nella storia brasiliana quando tutti gli altri saranno stati ormai dimenticati”, ha commentato il celebre statista e accademico Joaquim Nabuco.
Discendente di famiglie monarchiche, sia da parte paterna che materna, il prof. Plinio Corrêa de Oliveira era pronipote del Consigliere João Alfredo e, in un certo senso, erede del suo passato politico. Fra la sua famiglia e la Famiglia Imperiale correvano stretti legami di affetto e di amicizia. Abolita la legge dell’esilio, nel 1920, era del tutto naturale che Dom Pedro Henrique, Capo della Casa Imperiale, rientrando in Patria, stringesse amicizia col dott. Plinio. È proprio questo rapporto che S.A.I.R. Dom Bertrand d’Orleans e Bragança ha voluto ricordare nella breve relazione al convegno romano di presentazione del libro Rivoluzione e ControRivoluzione, che riportiamo nelle pagine seguenti. “João Alfredo è un nome che vivrà nella storia brasiliana quando tutti gli altri saranno stati ormai dimenticati”
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È
con una particolare gioia che partecipo oggi al lancio di questa nuova edizione italiana di Rivoluzione e Contro-Rivoluzione.
Posso affermare che, nel lungo e cordiale rapporto della Famiglia Imperiale brasiliana con la famiglia di Plinio Corrêa de Oliveira, vi sono stati momenti molto significativi, anche per la stessa storia del Brasile. Mio fratello, il Principe Dom Luiz, Capo della Casa Imperiale del Brasile, ha già avuto occasione di raccontare questa amicizia in un libro dedicato alla vita, al pensiero e all’opera di questo brasiliano che tanto onora il suo Paese, di questo cattolico fiore della Santa Chiesa. Io mi limiterò a tratteggiarla. Plinio Corrêa de Oliveira discendeva da due famiglie importanti degli stati di Pernambuco e di San Paolo, rispettivamente i Corrêa de Oliveira ed i Ribeiro dos Santos.
Il suo paterno prozio, João Alfredo Corrêa de Oliveira, aveva avuto un ruolo preminente durante l’Impero, come Governatore, Senatore, Consigliere di Stato e Presidente del Consiglio dei ministri. Fu l’estensore del disegno di legge che eliminava definitivamente la schiavitù in Brasile, e che egli presentò alla firma di mia bisnonna, la Principessa Isabella, allora Reggente dell’Impero.
Sopra, la Principessa Isabella del Brasile col consorte, Gaston d’Orléans, Conte d’Eu, e i loro figli (1885). Sotto, Dom Bertrand de Orleans e Bragança duratne il convegno
Dopo il colpo di stato repubblicano del 1889, il consigliere João Alfredo, fedele alle sue convinzioni, rifiutò ogni offerta di pubblici incarichi offertigli dal nuovo governo, ricoprendo invece quello di presidente del Direttorio Monarchico.
Tra gli antenati materni di Plinio Corrêa de Oliveira, possiamo ricordare il dott. Gabriel
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Cinquantenario di Rivoluzione e Contro-Rivoluzione Sin., palazzo della Principessa Isabella a Boulogne sur Seine, dove Plinio Corrêa de Oliveira conobbe la Famiglia Imperiale. Sotto, Donna Gabriela Ribeiro dos Santos a Parigi nel 1913. In basso, lettera del Principe Dom Pedro Henrique a Donna Gabriela ringraziando per le condoleanze in occasione della scomparsa del Conte d’Eu
José Rodrigues dos Santos, brillante avvocato, professore e deputato. Nella Corte, egli conquistò l’amicizia dell’Imperatrice Donna Teresa Cristina, alla quale insegnò persino a ballare.
L’amicizia fra le due famiglie si è stretta ancor più dopo la caduta della monarchia e l’esilio della Famiglia Imperiale, quando la madre di Plinio Correa de Oliveira, Donna Lucilia Ribeiro dos Santos, è venuta in Europa per sottoporsi ad un delicato intervento chirurgico.
Un giorno del 1913, mia bisnonna la Principessa Isabella
assisteva alla Messa domenicale nella chiesa di St. Germain l’Auxerrois, a Parigi, quando vide nella navata centrale due dame chiaramente brasiliane. Si trattava di Donna Gabriela Ribeiro dos Santos e di sua figlia Donna Lucilia. Ella invitò Donna Gabriela con tutta la famiglia a prendere il tè nel suo palazzo di Boulogne sur Seine. Fu in questa occasione che il dott. Plinio, allora con cinque anni, conobbe la Famiglia Imperiale.
A partire da quel momento, la Principessa Isabella e Donna Gabriela manterranno una fitta corrispondenza per tutta la vita.
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Nel 1922, in occasione del centenario dell’indipendenza del Brasile, alcuni membri della Famiglia Imperiale vennero in Brasile per partecipare alle ceri-
Visita di Dom Luiz e Dom Bertrand a Roma, novembre 2002. A dx., l’arrivo dei Principi nel palazzo del Gran Maestro dell’Ordine di Malta, accolti dal Principe Paolo Boncompagni Ludovisi e dal marchese Luigi Coda Nunziante. Sotto, Santa Messa celebrata da S.E. Mons. Custodio Alvim Pereira, Canonico di S. Pietro in Vaticano, nel Santuario della Madonna del Buon Consiglio, a Genazzano (RM)
monie. (…) A San Paolo le due famiglie si sono ritrovate a casa di Donna Gabriela. Ecco che nacque fra mio padre, il Principe Dom Pedro Henrique, e il dott. Plinio – allora con 13 e 14 anni rispettivamente – un’amicizia che non poteva che crescere nel tempo.
Li univa una grande affinità ideologica, visto che mio padre era stato educato da mia nonna, la Principessa Maria Pia Borbone delle Due Sicilie, profondamente cattolica, il cui sentimento religioso era stato affinato dalla lotta che i suoi antenati avevano portato avanti in sostegno del beato Pio IX contro le correnti liberali e rivoluzionarie che avevano usurpato il trono di Napoli e, poi, derubato la Santa Sede degli Stati della Chiesa. Quando, nel 1945, la mia famiglia è rientrata definitivamente in Brasile, è stato del tutto naturale che i rapporti tra mio padre e Plinio Corrêa de Oliveira, ormai diventato leader cattolico di grande rinomanza, si stringes-
sero ancora e che quest’ultimo diventasse non solo suo caro amico, ma anche il suo principale consigliere.
Ogni volta che andava a San Paolo, mio padre frequentava le riunioni del “Gruppo di Plinio”, divenuto poi il “Gruppo di Catolicismo”, prima di trasformarsi nella Società brasiliana di difesa della Tradizione Famiglia e Proprietà, la gloriosa TFP.
Dom Pedro Henrique apprezzava molto le idee del dott. Plinio, oltre al suo modo di analizzare la storia e l’attualità, tanto che aderì pienamente alla scuola di pensiero e di azione fondata dal dott. Plinio.
Mio padre inoltre fu lieto che i propri figli che lo desideravano, potessero beneficiare della formazione che il dott. Plinio dava al “Gruppo di Catolicismo”. Fu così che Dom Luiz ed io abbiamo cominciato a frequentare queste riunioni, fino a impegnarci totalmente nella lotta contro-rivoluzionaria. Mio padre vedeva con buoni occhi questa militanza, poiché ci
aveva sempre insegnato che il dovere di un Principe è di essere sempre in prima linea del combattere contro i nemici della Fede e della Patria. Le monarchie sono decadute quanto i Re non hanno più accompagnato le truppe.
Nelle sue riflessioni sull’azione contro-rivoluzionaria, il prof. Plinio attribuiva un ruolo molto importante alla Francia, e specialmente alla sua nobiltà. Per questo motivo, nel 1959 chiese a mio padre di scrivere la Prefazione alla prima edizione francese di Rivoluzione e ControRivoluzione. Cosa che mio padre fece con tutto il cuore.
La storia della Famiglia Imperiale brasiliana è, dunque, intimamente legata alla persona di Plinio Corrêa de Oliveira e alla sua opera.
Seguendo le migliori tradizioni della Famiglia Imperiale brasiliana, e in particolare l’esempio e gli insegnamenti di nostro padre e della nonna, la Principessa Maria Pia delle Due Sicilie, mio fratello Dom Luiz ed io siamo molto fieri di essere discepoli di Plinio Corrêa de Oliveira, e di seguire gli ideali che egli ha saputo enunziare in maniera fulgida in Rivoluzione e Contro-Rivoluzione.
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Cinquantenario di Rivoluzione e Contro-Rivoluzione
Sintesi di una vita
di Julio Loredo
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I
l pensiero di Plinio Corrêa de Oliveira si sviluppa in un numero impressionante di libri, conferenze, interventi in commissioni di studio, conversazioni, articoli, manifesti e via dicendo, che spaziano per più di sessant’anni di vita pubblica.
Questi insegnamenti, contenuti in quasi un milione di pagine, costituiscono un oceano di sapienza che, nonostante le sue notevoli dimensioni, non esaurisce per nulla la grandezza della vocazione di Plinio Corrêa de Oliveira. Tuttavia, in quell’oceano di sapienza, Rivoluzione e Contro-Rivoluzione occupa un posto di rilievo, tanto che egli ha voluto essere seppellito con una copia del suo testo sotto il capo.
Più che una sintesi del suo pensiero, Rivoluzione e ControRivoluzione è una sintesi dell’ideale al quale Plinio Corrêa de Oliveira ha dedicato tutta la sua esistenza, una sintesi della sua vita stessa, poiché in lui vita e ideale si identificavano. Così come l’Apostolo S. Paolo poteva dire “non sono più io che vivo ma Cristo vive in me” (Gal. 2,20), Plinio Corrêa de Oliveira avrebbe potuto dire “non sono più io che vivo ma la Contro-Rivoluzione vive in me”.
“Cosa significa avere una vocazione contro-rivoluzionaria? – egli si domandava in una riunione del 1993 – Anzitutto implica il sentire con profonda amarezza tutto l’orrore dei giorni nostri, rigettandolo con tutte le fibre dell’anima. Questo suscita necessariamente una nostalgia di ciò che fu. Questa nostalgia, però, sarebbe vana se guardassi solo al passato. Essa deve, invece, accendere il desiderio che qualcosa risusciti e, quindi, la ferma decisione di lavorare per
questa risurrezione, immolandosi per questa causa. Il contro-rivoluzionario è colui che dice: Io pagherò qualunque prezzo, io spargerò fino all’ultima goccia del mio sangue, io patirò ogni sacrificio, offrirò me stesso in olocausto perché questa risurrezione avvenga e la volontà di Dio sia fatta! Sicché, alla fine della vita, egli potrà dire: Non c’è stato frutto di umiliazione che io non abbia mangiato, non c’è stata lacrima di isolamento, di ripudio e di dolore che io non abbia versato, ma, quando dal mio corpo uscirà l’ultima goccia di sangue, quando i miei occhi verseranno l’ultima lacrima, io potrò dire con animo sereno: Bonum certamen certavi, cursum consumavi, fidem servavi! Signore, la Vostra volontà è stata fatta, datemi adesso il premio della Vostra gloria!”.
Ecco come, arrivato quasi al tramonto della sua vita terrena, Plinio Corrêa de Oliveira vi proiettava uno sguardo d’insieme. Ma come è nato in lui questo ideale? Come si sono sviluppate le dottrine che poi avrebbero costituito questo monumento del pensiero contro-rivoluzionario che oggi presentiamo?
“Per me il libro più importante è stato quello della vita!” Sopra, Plinio (in piede a sin.) nel Collegio San Luigi dei Padri Gesuiti, 1920
Sotto, nella Facoltà di Giurisprudenza di San Paolo, 1929
Il dott. Plinio ha concesso centinaia di interviste a giornalisti. Infallibilmente, una delle prime domande che gli facevano era: qual è stato il libro determinante nella sua vita?
La risposta li lasciava sempre allibiti: “Per me il libro più importante è stato quello della vita!”.
Non è stato leggendo libri astratti che Plinio Corrêa de Oliveira ha elaborato il suo pensiero, ma leggendo il libro della vita. “Invece di leggere la dottrina nei libri, salvo poi applicarla ai fatti — egli spiegherà — io
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Cinquantenario di Rivoluzione e Contro-Rivoluzionensiero di Plinio Corrêa de Oliveira dovetti prendere precocemente posizione di fronte ai fatti, salvo poi discernere la dottrina che essi contenevano”.
I primi bagliori
Questo libro della vita, Plinio Corrêa de Oliveira lo ha cominciato a leggere molto presto. Le sue riflessioni originali, che poi costituiranno la struttura portante del suo pensiero, risalgono alla più tenera età.
Il suo spirito si caratterizzava per un’eccezionale capacità di osservazione e di analisi. Alla
La serietà e l’austerità del castello, note caratteristiche del Medioevo, si armonizzano perfettamente con la grazia e l’ornato dell’abito femminile. La sedia del pater familias rievoca un piccolo trono reale.
base del suo processo mentale troviamo una chiarezza adamantina nel discernere le cose buone da quelle cattive, anche nelle loro più tenui sfumature. Originariamente, questo processo si dava non tanto per ragionamenti sillogistici quanto per una sorta di connaturalità, quel iudicium per modum inclinationis del quale tratta S. Tommaso d’Aquino. Tanto quanto ogni manifestazione di bene, di verità e di bellezza suscitava in Plinio una naturale affinità, ogni traccia di male, di falsità e di bruttezza destava il suo istintivo rigetto. Maturando
Il dott. Plinio spiegava che niente è mai penetrato nel suo spirito senza che fosse stato previamente analizzato e, quindi, accolto come buono, verace e bello. E niente di cattivo, falso o brutto è mai passato davanti ai suoi occhi senza che sia stato oggetto del più fermo rifiuto. Questa rettitudine o innocenza dell’anima, mai inficiata
La marcia progressiva della
I palazzi rinascimentali tendono al leggero, al grazioso, al festivo, caratteristiche che si riflettono negli abiti e negli ambienti, come questa sedia, certo bellissima, ma dalla quale l’aspetto trono è sparito.
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con gli anni, questa conoscenza per connaturalità, comunque sempre presente e anzi perfezionata, sarà completata con un implacabile esame razionale.
Nell’Ancien Régime, il grazioso e il festivo si esasperano, raggiungendo il fasto. Allo stesso tempo, però, si tende al frivolo, percepibile nella facciata del palazzo nonché negli abiti dei cortigiani e nella sedia.
da mezzi termini né compromessi, è la matrice e il filo conduttore dello sviluppo intellettuale e spirituale di Plinio Corrêa de Oliveira. È qui che dobbiamo trovare la sorgente della visione metafisica e storica poi resa esplicita in Rivoluzione e ControRivoluzione.
Gli ambienti
Questa innata capacità contemplativa portava Plinio Corrêa de Oliveira a essere oltremodo sensibile alla bellezza divina rispecchiata nella creazione
(figlia di Dio) e nelle opere del genio umano (nipoti di Dio), e a discernere in esse la “deiformità” – per usare l’espressione dello pseudo Dionigi l’Aeropagita – vale a dire, la loro immagine e somiglianza con l’Essere Supremo e la loro conseguente capacità di condurre l’anima verso l’alto, raggiungendo Dio stesso, come insegna S. Tommaso; oppure a discernere nelle cose l’opposto della deiformità, vale a dire un contrasto con l’immagine divina e la loro conseguente capacità di trascinare l’anima verso il basso, allontanandola da Dio.
Rivoluzione nelle tendenze Nella Belle Époque si manifesta una crescente semplificazione nei palazzi, negli abiti, nei mobili. Si impone il nero, il colore scompare perfino dagli abiti femminili, ma resta una certa distinzione ed eleganza.
All’insegna di un certo americanismo, nel secolo XX l’eleganza e la distinzione cedono alla funzionalità. Gli enormi grattacieli sono il simbolo della modernità. La vita diventa sempre più trepidante.
Ecco l’origine della straordinaria sensibilità di Plinio Corrêa de Oliveira per gli ambienti, ai quali attribuiva un ruolo fondamentale nella formazione morale delle persone. Una nozione che egli svilupperà in diverse opere.
Uno degli aspetti più originali di Rivoluzione e ControRivoluzione è proprio la sua analisi della dimensione tendenziale del processo rivoluzionario. E, a contrario sensu, della necessità che anche la reazione controrivoluzionaria metta questa dimensione al centro del suo ope-
Oggi, ogni canone estetico è sparito davanti a stili sempre più aberranti. La morale si è dissolta, le mode raggiungono culmini di stravaganza, dilagano l’aborto, la droga, il crimine...
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Cinquantenario di Rivoluzione e Contro-Rivoluzione
rare. E questa analisi, come abbiamo visto, ha origine nel modo in cui Plinio Corrêa de Oliveira ha letto il libro della vita e ne ha tratto le conclusioni.
Questo punto non sarà mai sufficientemente sottolineato. Per quanto in passato si sia già data molta attenzione agli aspetti ideologici e socio-politici del fenomeno rivoluzionario, poco o niente si è detto sugli aspetti tendenziali. Eppure, è questo l’aspetto più importante perché più profondo e più insidioso. Questa mancanza è all’origine di non pochi fallimenti dei difensori della buona causa, poiché mentre combattevano, in maniera anche ottima, le dottrine della Rivoluzione e la contrastavano nel campo dei fatti, la lasciavano indisturbata nel campo delle tendenze.
Questa osservazione è tanto più rilevante in quanto, nella sua fase attuale, la Rivoluzione è diventata quasi esclusivamente culturale. Da qui la cura usata dal dott. Plinio nel modellare ambienti propri alla Contro-Rivoluzione, come ad esempio la Sede del Regno di Maria, a San Paolo.
Ecclesia militans
L’idea dello scontro fra la Rivoluzione e la Contro-Rivoluzione, attuazione di un più ampio conflitto fra il bene e il male che
attraversa tutta la storia umana, e ancor prima quella angelica, nasce istintivamente nello spirito del giovane Plinio dal contrasto fra l’ambiente sereno, solenne e degno del focolare materno al quale era abituato e il clima di agitazione, di volgarità e di sfrenata immoralità predominante in tanti giovani che egli dovette frequentare nel collegio.
La situazione era tanto più preoccupante giacché egli si rendeva conto che questo clima era diffuso nella società. Era il mondo che cambiava. Secondo
Plinio Corrêa de Oliveira usava una grande cura nel modellare ambienti propri alla ControRivoluzione. Sopra, la biblioteca della sede centrale della TFP brasiliana, a San Paolo
quanto egli spiegava nel 1994, il contrasto fra questi due mondi gli era già perfettamente chiaro dall’età di 10 anni.
In un secondo tempo, con la lettura di libri e riviste di storia,
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di cui egli era insaziabile, cominciano a delinearsi nel suo spirito le radici storiche di questo contrasto. Nel 1918, per esempio, egli comincia a leggere i giornali per comprendere la caduta dell’Impero Austro-Ungarico, nel quale riconosceva la continuazione ideale del Sacro Impero. Nell’odio anti-asburgico ostentato dal massone Clemenceau, egli scorgeva l’odio dei giacobini contro Luigi XVI e, più lontanamente, quello di Lutero contro il Papa.
Messo di fronte a questa situazione, nasce allora in Plinio un atteggiamento che poi lo caratterizzerà tutta la vita: la militanza. Egli capì che questa non era una situazione solo da osservare, e neanche solamente da analizzare, ma esigeva da lui una presa di posizione netta e, di conseguenza, un orientamento pragmatico: “Qualunque cosa mi possa accadere io sarò contro questo mondo. Questo mondo ed io siamo nemici inconciliabili. Difenderò la purezza, difenderò la Chiesa, difenderò la gerarchia politica e sociale; sarò in favore della dignità e del decoro! Questi valori si identificano con la mia vita, tanto che resterei loro fedele anche se dovessi rimanere l’ultimo tra gli uomini, calpestato, stritolato, distrutto!” Si profila così il Plinio Corrêa de Oliveira “crociato del XX secolo”. Egli non era solo un
Plinio Corrêa de Oliveira comincia a leggere i giornali all’età di nove anni, per comprendere la caduta dell’Impero Austro-Ungarico. Nel cupo odio del massone Clemenceau (a dx.) contro il Beato Carlo I (a sin.), egli scorgeva l’odio di Danton contro Luigi XVI e, più lontanamente, quello di Lutero contro il Papa
intellettuale, se per questo intendiamo – e cito dal dizionario – “chi svolge, soprattutto professionalmente, un’attività di pensiero”. Era un combattente. “Io vorrei essere il gladio della Chiesa!”, diceva.
In una delle sue ultime conferenze pubbliche, il 12 agosto 1995, egli spiegava: “Se c’è una cosa che io non sono è un conformista. Io sono l’anticonformista! Da quando ho aperto gli occhi, mi sono reso conto che questo mondo era organizzato contro tutto ciò che costituiva il mio essere, e che conteneva tutti gli elementi per portare alla rovina tutto ciò in cui io credevo. Io ho subito pensato che dovevo esservi contro. Ecco come nacque in me l’idea di una ControRivoluzione. Lorsignori comprenderanno che questa idea, nata in me per grazia della Madonna quando ero ancora molto, molto piccolo, costituisce l’essenza della mia vita”.
“La mia vita è sempre stata, e credo che sempre sarà, una vita di molta lotta – dichiarava il dott. Plinio in un’intervista nel 1990 – Io sono abituato a lottare sin da bambino”. Ecco, per esempio, un motivo principale del suo ingresso nel Terz’Ordine carmelitano, del quale è stato Priore a San Paolo
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Cinquantenario di Rivoluzione e Contro-Rivoluzione
per molti anni. Egli voleva riallacciarsi alla discendenza spirituale del profeta Elia, l’uomo più combattivo della storia, secondo quanto evidenzia, basato sui Padri della Chiesa, Cornelio a Lapide nella sua monumentale Commentaria in Scripturam Sacram (Ludovicum Vives, Parigi, 1875). Sentiamo la descrizione dello spirito di Elia fatta dal celebre teologo gesuita nel suo commento In Ecclesiasticum (48, 1-13) e che tanto entusiasmava il dott. Plinio: “Elia è come il fuoco. Egli è ignipotente. Ignea è la sua mente, ignea la sua lingua, igneo il suo cuore, ignea la
sua mano con la quale colpì Israele. (…) Chi resiste ad Elia, che vibra con la bocca non parole ma fulmini, sappia che ha davanti un vittorioso e non un avversario. Le battaglie di Elia sono il trionfo delle fiamme, la cui pompa è la luce e il cui plauso è il fragore degli incendi”.
Più che libro speculativo, Rivoluzione e Contro-Rivoluzione è un’arma da battaglia. Non solo uno strumento per studiare, ma un appello a “buttarsi nella mischia”: “Di fronte a quest’opera di distruzione della Rivoluzione libertaria ed egualitaria, il nostro amore verso la Chiesa, il nostro amore verso la Civiltà cristiana, il nostro amore verso la Patria, frutti dell’amore che sale a Dio per mezzo di Maria, si trasformano in un irrinunciabile dovere di militanza contro-rivoluzionaria”.
Militanza che Plinio Corrêa de Oliveira ha portato avanti in prima persona, come fondatore e ispiratore d’una vasta famiglia spirituale oggi diffusa nei cinque continenti.
Vir catholicus
Ma esiste un tratto che possa definire Plinio Corrêa de Oliveira e, di conseguenza, anche il suo capolavoro?
Certamente! Lo troviamo nell’epitaffio che egli stesso ha voluto sulla sua tomba: Vir totus catholicus et apostolicus, plene romanus, Uomo tutto cattolico, apostolico, pienamente romano. “Io non voglio altro che essere figlio della Santa Chiesa, membro della Chiesa e obbediente alla Chiesa – diceva il dott. Plinio — Questa è la mia definizione!”.
Il dramma descritto in Rivoluzione e Contro-Rivolu-
Plinio Corrêa de Oliveira è stato per molti anni Priore del Terz’Ordine Carmelitano a San Paolo (sotto), voleva riallacciarsi alla discendenza spirituale del profeta Elia
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“Se gli uomini non si convertono, verrà un castigo quale non si vide mai. Bisogna fare penitenza!” (Beata Giacinta di Fatima)
zione è il dramma della Fede, sia nei suoi risvolti spirituali sia in quelli delle sue realizzazioni temporali, ossia la Civiltà cristiana. Le radici della crisi rivoluzionaria attecchiscono “nei problemi più profondi dell’anima, e da qui si estendono a tutti gli aspetti della personalità dell’uomo contemporaneo e a tutte le sue attività”. Questa crisi risulta dallo squilibrio di due passioni — l’orgoglio e la sensualità — che costituiscono, secondo Plinio Corrêa de Oliveira, la “forza di propulsione più intima” della Rivoluzione.
A contrario sensu, la forza di propulsione più intima della Contro-Rivoluzione sta nella virtù cristiana: “La serena, nobile, efficacissima forza propulsiva della Contro-Rivoluzione, è necessario cercarla nel vigore spirituale che deriva all’uomo dal fatto che in lui Dio governa la ragione, la ragione domina la volontà, e questa infine domina la sensibilità. Un tale vigore spirituale non può essere concepito senza prendere in considerazione la vita soprannaturale. (…) In questa forza spirituale cristiana sta il dinamismo della ControRivoluzione”.
Profeta della giustizia e della speranza
In questa logica, il passaggio dalla Rivoluzione alla Contro-Rivoluzione sarà, fondamentalmente, un passaggio spirituale. Diamogli pure il nome: sarà una conversione, che avviene, come ci ricorda S. Paolo, quando l’uomo vecchio muore ed
è sostituito da quello nuovo. “Non si mette vino nuovo in otri vecchi” (Matt. 9,17). È necessario che lo spirito della Rivoluzione muoia e sia sostituito da quello della ControRivoluzione, che altro non è che lo spirito della Santa Chiesa.
A livello individuale, questo implica, ovviamente, il ritorno degli uomini a Dio. E, a livello sociale, implica la restaurazione di una civiltà cristiana “austera e gerarchica, sacrale nei suoi fondamenti, antiugualitaria e antiliberale”, per usare le parole di Plinio Corrêa de Oliveira.
Ora, il cuore degli uomini si sta dimostrando particolarmente recalcitrante a questa conversione. Ecco che, davanti a tale rifiuto, e nonostante ripetuti e amorevoli appelli della Provvidenza, la misericordia comincia a cedere di fronte alla giustizia. Si comincia, cioè, a profilare la prospettiva di un grande castigo, preludio della grande conversione. E anche questo elemento, non sempre presente negli autori contro-rivoluzionari, va invece ritenuto essenziale nella teologia della storia di Plinio Corrêa de Oliveira.
Già nel 1432— siamo all’inizio del processo rivoluzionario – a Caravaggio (BG) la Madonna disse alla veggente Gianetta: “L’altissimo onnipotente mio Figlio intendeva annientare questa terra a causa dell’iniquità degli uomini perché essi fanno ciò che è male ogni giorno di più, e cadono di peccato in peccato”. Pensiamo a La Salette, nel 1846, quando la Madre di Dio avvertì: “Se il mio popolo non vuole sot-
tomettersi sarò obbligata a lasciare libera la mano di Mio Figlio. (…) Dio è sul punto di punire in modo esemplare”. E arriviamo al 1917, quando la Beata Giacinta di Fatima, riproponendo le parole della Madonna, esortava: “Se gli uomini non si convertono, verrà un castigo quale non si vide mai”.
Non era altra la prospettiva di Plinio Corrêa de Oliveira quando, nel 1939, scriveva: “O il mondo contemporaneo ritorna alla piena verità, che si trova solo nella Chiesa, o non vedo come evitare le immense catastrofi che incombono su di esso”.
Ma Plinio Corrêa de Oliveira non aveva niente di quei cupi personaggi che passano il tempo a lamentarsi di come le cose vanno male. Costoro non entusiasmano nessuno. “Oltre la tristezza e le punizioni sommamente probabili, verso le quali avanziamo — scriveva nel 1967 — abbiamo davanti a noi le luci sacrali dell’alba del Regno di Maria: Infine il mio Cuore Immacolato trionferà!”.
Plinio Corrêa de Oliveira aveva una missione provviden-
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Cinquantenario di Rivoluzione e Contro-Rivoluzione
Plinio Corrêa de Oliveira non aveva niente di quei cupi personaggi che passano il tempo a lamentarsi di come le cose vanno male. Era, invece, uno degli uomini di speranza più calorosi ed entusiasmanti. Sopra, il leader cattolico all’uscita di una Messa, ottobre 1971. Alla sua destra la deputata Dulce Sales
ziale. E per definirla mi avvalgo delle parole di mons. Luigi Villa nell’omelia della Messa di trigesimo, celebrata a Milano nel novembre 1995. Dopo averlo celebrato come “gigante della Fede” e “una delle maggiori figure della Chiesa nel nostro secolo”, lo definiva: “Soprattutto un vero e grande Profeta venuto a portarci la speranza”.
Spesso, la lettura dei libri della scuola contro-rivoluzionaria lasciano una sensazione amara in bocca e un macigno sul cuore. Pur descrivendo, a volte anche con notevole perspicacia, la crisi rivoluzionaria, concludono che essa è inesorabile, non lasciando ai contro-rivoluzionari se non il ruolo degli eterni perdenti.
Tutt’altra era l’impostazione di Plinio Corrêa de Oliveira. Egli non voleva attenuare la Rivolu-
zione, bensì distruggerla: “Il mondo non potrà essere salvato da forme diluite di Cristianesimo, oppure da sistemi di pigre accomodazioni nel cammino di restaurazione della Cristianità. Il nostro leitmotiv dev’essere l’idea che, per l’ordine temporale dell’Occidente, fuori dalla Chiesa non v’è salvezza. Ciò che dobbiamo desiderare è una Civiltà totalmente, assolutamente, minuziosamente cattolica, apostolica, romana. Il fallimento degli ideali politici, sociali e culturali intermediari è evidente. Non ci si ferma sul cammino di ritorno a Dio: fermarsi è indietreggiare, fermarsi è fare il gioco della confusione. Noi vogliamo appena una cosa: il Cattolicesimo integrale” (O Legionário, 13-05-45). È molto indicativo che le sue ultime parole pubbliche, pro-
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nunciate in una conferenza il 19 agosto 1995, quando era ormai molto malato, siano state: “Il demonio cercherà di riempire i nostri spiriti con sofismi e con perfidie, cercherà di convincerci di abbandonare la lotta. Ma egli sa benissimo che quando la fedeltà al Bene da parte di alcuni figli della Madonna arriva a un certo apice, egli non può più niente. (...) Cosa succederà dopo questa riunione? Io non lo so. D’una sola cosa ho certezza: fra cinque, cinquanta o cento anni qualcuno potrà proclamare: la Madonna ha vinto!”. Queste parole contengono un’esortazione e una promessa. Un’esortazione a continuare la lotta nella fedeltà alla scia da lui profeticamente tracciata. E una promessa che, in questa lotta, il sostegno della Madonna non verrà mai meno.
Chi siamo noi?
E chiudo tornando all’inizio.
Ho detto che, più che una sintesi del suo pensiero, Rivoluzione e ControRivoluzione è una sintesi dell’ideale al quale Plinio Corrêa de Oliveira ha dedicato la sua esistenza, una sintesi della sua vita stessa, poiché in lui vita ed ideale si identificavano.
Dalle sue pagine emana non solo la perfetta espressione del pensiero controrivoluzionario contemporaneo, ma qualcosa che potrei chiamare la fisionomia di Plinio Corrêa de Oliveira. Com’è questa fisionomia? Sentiamolo dalle sue labbra, o meglio, dalla sua penna:
“Chi siamo noi? Siamo quelli che non piegano le ginocchia, e nemmeno un solo ginocchio, davanti a Baal. Siamo quelli che hanno la Vostra Legge scolpita nel bronzo dell’anima, non permettendo che le dottrine del secolo incidano i loro errori su questo bronzo reso sacro dalla Vostra Redenzione. “Siamo quelli che amano come il più prezioso dei tesori la purezza immacolata dell’ortodossia, ricusando qualsiasi patto con l’eresia, con le sue opere e le sue infiltrazioni.
Siamo quelli che hanno misericordia del peccatore pentito e che per loro stessi, tante volte indegni e infedeli, implorano la Vostra misericordia, ma che non risparmiano l’empietà insolente e orgogliosa che presume di sé, il vizio che si ostenta con arroganza schernendo la virtù. “Chi siamo noi? Nella tempesta, nell’apparente disordine, nell’apparente afflizione, nell’apparente rovina di tutto ciò che per noi sarebbe la vittoria, noi siamo quelli che hanno avuto fiducia, che non hanno mai dubitato, anche quando il male sembrava aver vinto per sempre. Siamo figli e saremo gli eroi della Fiducia, i paladini di questa virtù. Quanto più gli avvenimenti sembreranno smentire la voce della grazia, che nel nostro intimo ci dice ‘vincerai!’, tanto più crederemo alla vittoria di Maria!”
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Cinquantenario di Rivoluzione e Contro-Rivoluzione
Convegno a Palermo
ad elaborare quelle che più tardi sarebbero state le tesi del libro Rivoluzione e ControRivoluzione”.
D
opo Roma, anche Palermo ha commemorato i cinquanta anni di Rivoluzione e ControRivoluzione. Organizzato da Tradizione Famiglia Proprietà, Alleanza Cattolica e dal Circolo Plinio Corrêa de Oliveira, il convegno si è svolto nell’Istituto Salesiano Don Bosco, ed è stato presieduto da S.E. Mons. Luigi Bommarito, arcivescovo emerito di Catania.
Il primo relatore, l’ing. Nelson Fragelli, della TFP italiana, discepolo di lunga data del prof. Plinio Corrêa de Oliveira, ha raccontato come è nato questo capolavoro. “L’amore per ogni aspetto della Civiltà Cristiana — spiegava — causò in lui, già durante la sua infanzia, un urto con tutte le manifestazioni della Rivoluzione. Da questo shock nacque una sistematica osservazione della realtà e attraverso quest’ultima, giunse pian piano
Alla fine, Fragelli ha citato il teologo P. Anastasio Gutiérrez, canonista di fama e professore nelle migliori università romane: “Rivoluzione e ControRivoluzione è un’opera profetica nel senso migliore della parola, inoltre, il suo contenuto dovrebbe essere insegnato nei centri superiori della Chiesa”.
Ha parlato in seguito il prof. Massimo Introvigne, Reggente vicario di Alleanza Cattolica, presidente del CESNUR, noto sociologo e scrittore. Il tema: Rivoluzione e Contro-Rivoluzione nel contesto brasiliano del 1959: la bellezza della Cristianità contro la volgarità del moderno.
“La bellezza della Cristianità — ha affermato Introvigne — rifulge, a vent’anni dalla fine dell’impero comunista sovietico nel 1989, sulle sinistre rovine del comunismo, esito ultimo della san-
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guinosa volgarità del moderno. È una riflessione che il Papa ci ha voluto proporre da Praga. È anche il cuore di Rivoluzione e Contro-Rivoluzione che ancora batte per la Chiesa e per la Cristianità”.
Il sig. Giovanni Cantoni, fondatore e Reggente Nazionale di Alleanza Cattolica, curatore di questa edizione del cinquantenario, ha sviluppato il tema: Rivoluzione e Contro-Rivoluzione eco fedelissima del Magistero della Chiesa.
Ricordando la lettera della Sacra Congregazione dei Seminari e Università, che nel 1965 qualificava un’opera di Plinio Corrêa de Oliveira “eco fedelissima del Supremo Magistero della Chiesa”, l’intellettuale piacentino mostrava come questo giudizio sia perfettamente applicabile al capolavoro del dott. Plinio: “«Eco» richiama — forse, meglio: traduce — quello di «catechismo», dal greco «cate-
“Ipsa conteret”! Lei, Maria, schiaccerà la testa al nemico infernale. Lo farà mobilitando tutti noi, uniti e forti, alla contro-rivoluzione: necessaria, doverosa, urgente
cheo», la cui area semantica parte da «fare eco», «echeggiare», «riflettere un suono», per dilatarsi fino a «insegnare a viva voce». Poi da «catechesi», da «insegnamento della dottrina cristiana», si passa, in genere, a «insieme dei princìpi fondamentali di una dottrina»; e, in specie, ai «princìpi e insegnamenti della religione cristiana»; quindi, per estensione, si conclude al libro che contiene tali princìpi e tali insegnamenti. (...) Rivoluzione e ControRivoluzione è un catechismo reso «affidabile» dalla concordanza strutturale con il Magistero tradizionale, al quale fa sostanzialmente eco”.
L’ultimo relatore, S.E. Mons. Luigi Bommarito, arcivescovo emerito di Catania, ha commentato il lemma del prof. Plinio Corrêa de Oliveira: Ipsa conteret — Ella ti schiaccerà, tratto dal libro del Genesi:
“Lei, una donna misteriosa, schiaccerà il capo del serpente infernale con straordinario, grandioso eroismo. È lotta furibonda portata avanti con tutti i mezzi, cupi stratagemmi e intelligenti diavolerie senza fine; ma c’è sicuro l’annunzio di vittoria. Vittoria piena, trionfale, definitiva, Ipsa conteret! Lei ti schiaccerà il capo!”
“Qui termina la profezia, da qui comincia la guerra. Questa guerra, carissimi, continua da secoli contro la Chiesa Santa, Corpo Mistico di quel Bimbo – Cristo Gesù – e figlia di quella donna che si chiama Maria. Guerra che spesso si è appellata,
addirittura, alla forza della ragione umana”.
“Ma questa guerra, nello scorrere dei secoli, quante, quante forme ha assunto come un camaleonte inesauribile. Eresie, corruzioni, mondanità, divisioni di ogni genere, scismi, simonie, nepotismi, mondanità, contestazioni, carrierismi, prepotenti ingerenze politiche, ateismo militante, divorzio, aborto, biotecniche varie e, oggi, i possibili pericoli che si nascondono nel meraviglioso strumento telematico e nel misterioso mondo dell’internet e delle sue inimagginabili possibilità buone e scellerate. Ma quante ne ha combinate, e continua a combinarne il Demonio, alleandosi talvolta e volentieri alla nostra umana fragilità”.
“La guerra senza quartiere che la Chiesa ha affrontato e sofferto, soprattutto negli ultimi secoli, è descritta in termini chiari, storicamente documentati e convincenti da un laico cattolico brasiliano, ricco di fede, di grande e vasta cultura, in un volume che egli intitola Rivoluzione e ControRivoluzione: si chiama Plinio Corrêa de Oliveira. L’opera è stata pubblicata, com’è stato qui accennato, esattamente cinquant’anni fa e
noi siamo qui riuniti per ricordare con il nostro convegno di studio questo cinquantennio”.
“Ipsa conteret”! Lei, Maria, schiaccerà la testa al nemico infernale. Lo farà mobilitando tutti noi, uniti e forti, alla controrivoluzione: necessaria, doverosa, urgente. Io me ne vado arricchito e ritornerò alla lettura del volume, e lo gusterò di più per le grandi luci che qui stasera mi hanno arricchito”.
In conclusione del convegno, in nome dei giovani del Circolo Plinio Corrêa de Oliveira, Claudio Accardi ha rivolto un vibrante appello alla gioventù italiana, che riportiamo integralmente nella pagina seguente.
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Cinquantenario di Rivoluzione e Contro-Rivoluzione
I
Maria vincit, Maria regnat, Maria imperat!
n occasione del cinquantenario della pubblicazione di Rivoluzione e ControRivoluzione, noi, membri del Circolo Culturale Plinio Corrêa de Oliveira, fieri di ritrovarci tutti insieme per questo lieto evento, desideriamo esprimere un accorato gesto di gratitudine nei confronti di colui che ispira la nostra azione controrivoluzionaria. Per quale motivo, vi chiederete, dei giovani siciliani si appassionano a quest’opera e aspirano a conformare la propria vita a questo insigne modello di militanza cattolica? Per mero esercizio accademico? Per vanagloria? Stolti saremmo se questo fosse il nostro fine. La verità è ben altra.
In una società sempre più scristianizzata e decadente, noi giovani sentiamo il desiderio di principi che ci permettano di vivere la nostra Fede senza sbandamenti né concessione alcuna a coloro che da cinque secoli, di generazione in generazione, come stirpe del serpente, guidano la Rivoluzione gnostica e ugualitaria. Nel capolavoro Rivoluzione e Contro-Rivoluzione troviamo compiuta risposta a questo desiderio: conoscere la Rivoluzione, l’Ordine e la ControRivoluzione nel loro spirito, nelle loro dottrine, nei loro rispettivi metodi. Amare la ControRivoluzione e l’Ordine cristiano, odiare la Rivoluzione e l’anti-Ordine. Questo amore e questo odio compongono l’asse intorno al quale vogliamo che gravitino tutti i nostri ideali, tutte le nostre preferenze, tutte le nostre attività.
Sarebbe fine a sé stesso conoscere tutto questo se mancasse l’esempio vivo del Dottor Plinio. Egli ci insegna, quale sua prole spirituale che “Iddio ama l’eroismo e che a tutti i suoi amici, prima o poi, concede la grazia di essere eroi”. Questo è l’orizzonte 32 - TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / MARZO 2010
al quale miriamo: essere eroi alla stregua di coloro che donarono il proprio sangue per edificare la Civiltà Cristiana; essere eroi come coloro che morirono per difendere questa stessa Civiltà che fu la più alta realizzazione dell’ideale cattolico; ma, ancor più, essere eroi oggi, lottando contro i nemici celati o dichiarati di Cristo e della Sua Santa Chiesa.
Ecco perché non è casuale che questo spirito così dedito alla Controrivoluzione riecheggi nella nostra isola, il Feudo di Maria. Il Dottor Plinio stesso osservò che la Sicilia poteva svolgere un espressivo ruolo controrivoluzionario. Di conseguenza, da siciliani, la nostra ardente devozione Mariana e la nostra fedeltà illimitata alla Chiesa dovranno caratterizzare sempre il nostro modo di essere per fare della Sicilia una terra cattoClaudio Accardi lica, apostolica, pienamente romana.
Ecco l’invito che il Circolo Culturale Plinio Corrêa de Oliveira vuole rivolgere a tutti, ma specialmente ai giovani qui presenti. Le ultime parole le rivolgo al Fondatore:
Carissimo Dottor Plinio, non smetteremo mai di ammirare ed amare la provvidenzialità della sua missione. Come nostro modello, Le chiediamo di mediare presso la Regina della Contro-Rivoluzione affinché proclamiamo il nome di Plinio Corrêa de Oliveira e portiamo avanti, come membri della sua famiglia spirituale, l’eredità che ci ha lasciato attraverso i suoi figli primogeniti.
Dottor Plinio: preceda dunque i nostri passi e ci accompagni nella tragica ma bellissima battaglia di questo XXI secolo, verso il trionfo della Madonna profetizzato a Fatima, il Regno di Maria. Maria vincit, Maria regnat, Maria imperat!
Il mondo delle TFP
USA: difesa della famiglia
O
bama si è smarrito. Ha perso tre elezioni regionali di seguito, compresa quella importantissima del Massachusetts. La riforma sanitaria, sulla quale poggia il suo programma di governo, si è impantanata. La sua popolarità è la più bassa da quando esistono i sondaggi. Più di uno comincia a considerarlo, neanche a metà del mandato, già un lame duck, un’anatra zoppa.
La crisi economica e i ripetuti fiaschi in politica estera certamente gravano sul presidente. Ma dietro la sua crescente impopolarità vi sono anche importanti fattori strutturali. Per la prima volta, tutti i sondaggi mostrano una maggioranza degli americani contrari all’aborto, proprio uno dei cavalli di battaglia di Barack Obama. Non gli va meglio con le “unioni di fatto”, che egli aveva solennemente promesso alle lobby omosessualiste. Puntualmente, in tutti gli stati dove il quesito è stato messo a referendum, ha vinto il matrimonio tradizionale.
Al meno parte del merito spetta alla TFP Americana, che da più di un anno è in campagna permanente su tutto il territorio nazionale, in difesa del matrimonio e contro le “unioni di fatto”. Ostentando i tipici stendardi rossi col leone rampante, e striscioni allusivi alla campagna, giovani della TFP percorrono senza sosta città e villaggi, diffondendo materiale di propaganda. Le reazioni, come si vede nelle fotografie a fianco, vanno dal più generoso entusiasmo alla più scomposta manifestazione di ostilità. E, intanto, Obama continua a perdere colpi...
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Il mondo delle TFP
Da sopra, il Duca Paul von Oldenburg, l’intervento del dott. Caio Xavier da Silveira, la delegazione slovacca
Bureau a Bruxelles
C
i piaccia o no (e a noi chiaramente NON piace), molte delle decisioni che incidono sulle nostre vite sono ormai prese a duemila chilometri di distanza, in terra straniera, da gente che non parla la nostra lingua e, quel che è peggiore, ostenta una concezione laicista diametralmente opposta all’indole cristiana del nostro Paese. Ci riferiamo, ovviamente, alle istituzioni europee asserragliate a Bruxelles, in sostanza al riparo da qualsiasi controllo democratico.
Era doveroso portare in questo nuovo centro nevralgico la voce delle TFP, anche per operare in sinergia con altre forze di simile orientamento.
A questo fine è stato recentemente aperto un Bureau di rappresentanza, a cento metri dalla sede della Commissione europea. La cerimonia d’inaugurazione è stata presieduta da S.A. il Duca Paul von Oldenburg, della TFP tedesca e responsabile del Bureau, ed ha contato sulla presenza di un centinaio di persone, tra politici, intellettuali ed esponenti dell’aristocrazia belga. Erano inoltre presenti delegazioni di tutte le TFP europee, compresa quella italiana.
Il prof. Roberto de Mattei, ordinario all’Università Europea di Roma e all’Università di Cassino, direttore del mensile Radici Cristiane e presidente della Fondazione Lepanto, ha tenuto una conferenza: “La Turchia in Europa - beneficio o catastrofe?”, il titolo di un suo recente libro. All’intervento del dott. Caio Xavier da Silveira, presidente di Pro Europa Christiana, è seguito un animato cocktail.
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(Fédération Pro Europa Christiana, Rue du Taciturne 49 - 1000 Bruxelles.)
Elogio della logica di S. Giuseppe Il 19 marzo la Chiesa celebra la festa di san Giuseppe, castissimo sposo della Vergine Maria e Patrono di Santa Romana Chiesa. Nel porgere ai nostri cari lettori i più fervidi auguri di Santa episodio è molto noto e ci viene raccontato nel Vangelo di S. Matteo. Quando san Giuseppe scoprì che sua promessa sposa aveva concepito un figlio del quale egli non era il padre, fu messo davanti ad una situazione assurda, poiché la Madonna era evidentemente santa. Egli non poteva assolutamente dubitarne perché la Sua santità risplendeva in ogni modo possibile. Si era creata, quindi, una situazione sconvolgente e con la quale egli non poteva convivere.
L
Invece di denunciarla, come prescriveva la legge ebraica, egli escogitò l’unica soluzione logica: “Qui c’e uno di troppo. Ma, chi se ne deve andare via non è certo questa Madre, che è Signora e Regina, né tanto meno il Figlio che Ella ha concepito. Qualcuno se ne deve andare, e questo sono io. Abbandonerò la casa e sparirò. Non capisco questo mistero, ma non mi ribellerò contro di esso. Finirò i miei giorni lontano da qui, venerando questo mistero che non riesco a penetrare”.
E decise di abbandonare il focolare di notte, lasciando Nostra Signora sola col frutto del Suo grembo.
Di fronte all’incomprensibile, san Giuseppe reagì con una logica lineare. Analizzate la sua calma. È una calma che soltanto gli uomini di logica possono vantare. Egli doveva abbandonare il maggior tesoro della Terra, cioè Maria Santissima, e questo gli procurava una sofferen-
za immensa, inimmaginabile. Ma egli restava calmo.
Il Vangelo racconta che, mentre dormiva, «ecco un angelo del Signore gli apparve in sogno, dicendo: “Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché colui che in lei è stato concepito è opera dello Spirito Santo. Essa darà alla luce un figlio e tu gli porrai nome Gesù, perché sarà lui che salverà il popolo suo dai suoi peccati”».
Non so se ci avete fatto caso ma, la sera prima del tremendo atto che stava per compiere, san Giuseppe dormiva beatamente... E anche questo era logico. Egli doveva intraprendere un lungo viaggio, e perciò doveva prima riposarsi. Piegato dall’immane sofferenza, egli tuttavia dormiva. L’angelo gli apparve e sciolse il mistero. Ed egli continuò a dormire tranquillamente. All’alba, egli si alzò e riprese la vita quotidiana come se niente fosse. Somma normalità, somma coerenza, somma logica! In onore di san Giuseppe, la cui festa oggi celebriamo, ecco questo piccolo commento che vuol essere anche un elogio della logica. (Statua in legno dell’artista altoatesino Franz Tavella, 1890)
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Sacra Sindone
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Rigetto e orrore del peccato commesso
di Plinio Corrêa de Oliveira
uardando la Sacra Sindone, mi colpisce il rigetto e il rifiuto di ciò che Gli è vicino. Nostro Signore contempla Se stesso, guarda il Padre Eterno, e sa che ai suoi piedi si trova Maria Santissima – cor unum et anima una.
Non vedo, invece, in quelle palpebre chiuse il minimo segno di compassione. Ho l’impressione che quelle palpebre si siano chiuse nel rigetto e nell’orrore del peccato commesso dagli uomini.
Sul Sacro Volto si vedono i segni dei colpi ricevuti. I suoi capelli sono sudici e in disordine. Egli è stato maltrattato in ogni possibile modo. In quelle palpebre, però, si avverte chiaramente la Sua muta protesta, piena di dignità, di fronte a tutto ciò. Egli aveva detto che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, splendeva come un
giglio del campo (Mt. 6, 29). Ebbene, io avrei voglia di dire: “Chi era Salomone con tutta la sua gloria paragonato alla maestà di questo Re? Oh quanto sono poveri e piccoli i gigli del campo! Quanto è povero e piccolo lo stesso Salomone!”
Oltre al rigetto, io scorgo in quelle palpebre chiuse un’incompatibilità totale con la morte, frutto del peccato, insieme alla ferma decisione di spalancare le porte della morte e varcarle vittorioso! Io vedo qui la matrice dell’incompatibilità e dell’odio completo contro il male. È una lucida, ferma e serena incompatibilità con i suoi carnefici; un rigetto totale della benché minima condiscendenza con i suoi nemici; una posizione di totale orrore del peccato e di coloro che lo praticano.
Ecco lo stato di spirito che noi dobbiamo avere nei confronti della Rivoluzione.
Brani d’una conferenza del prof. Plinio Corrêa de Oliveira del 26 gennaio 1980. Senza revisione dell’autore.