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“Poetry of Taste and Refinements”: Annuals e scrittura femminle nell’Inghilterra pre-vittoriana Serena Baiesi (Università di Bologna) Durante il primo trentennio dell’Ottocento in Inghilterra i periodici risposero in modo attento alla domanda sempre più esigente di un pubblico di lettori e lettrici in rapida crescita. La letteratura di consumo fiorì in maniera esponenziale a seguito di una richiesta sempre più ampia di prodotti letterari di largo consumo, e ‘the more papers were issued for popular consumption, the more the reading habit spread’.1 Dopo la nascita e la sempre più cospicua diffusione delle riviste durante il primo Ottocento in Inghilterra – quali le review e i magazine –, un nuovo tipo di pubblicazione più “elegante” fece la sua comparsa sul mercato editoriale durante gli anni Venti del secolo: il gift-book. Denominati anche annuals, questi volumi “da regalo” raccoglievano una serie di preziose incisioni a stampa – engravings – accompagnate da poesia, prosa, o frammenti letterari, e venivano pubblicati annualmente, durante i mesi subito precedenti le festività natalizie o pasquali. Nati come prodotti letterari raffinati dal punto di vista estetico, per via della qualità delle illustrazioni e della loro rilegatura preziosa, essi erano indirizzati ad acquirenti e lettori appartenenti ad una middle e upper-class inglese: tali lavori erano di fatto veri oggetti pregiati da regalare, da leggere e da mostrare nel salotto di casa. Nella maggior parte dei casi erano confezionati con tessuti di valore, quali seta, velluto oppure pelle, e le illustrazioni raccolte all’interno, riprodotte in bianco e nero oppure a colori, erano firmate dai più rinomati incisori dell’epoca. Possedere un annual aveva un significato non solo dal punto di vista culturale, per via del suo contenuto artistico e letterario, ma rappresentava e definiva anche lo status sociale di coloro che lo regalavano, nonché rendeva elegante e sofisticata la drawing-room in cui era esposto. Non era dunque un oggetto da conservare nella library per una lettura privata, ma piuttosto da sfogliare in compagnia ed esibire nel salotto designato all’intrattenimento sociale oppure uno strumento didattico di pregio – sociale o religioso – per le nuove generazioni. Le donne inglesi benestanti dell’epoca erano il pubblico privilegiato che acquistava, leggeva e condivideva l’annual. Tuttavia, oltre ad essere le fruitrici maggiormente soddisfatte da questi volumi, esse ne traevano, al contempo, cospicui profitti economici in qualità di 1
D. Altick, The English Common Reader. A Social History of the Mass Reading Public 1800–1900, Chicago: University of Chicago Press, 1976, p. 318.
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scrittrici, e spesso anche come curatrici delle varie edizioni: Anna Laetitia Barbauld (17431825), Amelia Opie (1769-1853), Mary Russell Mitford (1787-1855), la Contessa di Blessington (1789-1849), Felicia Hemans (1793-1835), Mary Shelley (1797-1851), Letitia Elizabeth Landon (1802-1838) e molte altre, tutte fornirono materiale letterario a queste pubblicazioni e alcune ne diressero le uscite per vari anni. Molti artisti, e non solo donne, specialmente agli inizi della loro carriera, trovarono negli annuals una sede editoriale ideale perché permetteva loro di aumentare la propria popolarità e raggiungere una vasta schiera di lettori, nonché garantiva guadagni sicuri e cospicui, componente affatto marginale. In particolare, le scrittrici ricavarono da questi gift-books un loro spazio tutto al femminile, in cui affermare il proprio talento letterario, istruire le giovani lettrici con racconti didattici, e a volte prendere parte, con le dovute cautele, ai dibattiti sociali e politici coevi. Lo scopo di questo studio è dunque quello di esaminare il contesto editoriale degli annuals come fenomeno particolarmente legato alla sfera femminile sviluppatosi in Inghilterra tra il 1822 e il 1850 e analizzarne i contributi delle varie scrittrici, le quali, pur ritenendo queste pubblicazioni una sede marginale per la loro produzione letteraria, adattarono i loro versi alle esigenze di mercato. All’interno della vasta gamma degli annuals, molto diffusi erano quelli dedicati interamente ai ritratti femminili, i quali mettevano in risalto una tipologia di donna ben precisa: quella aristocratica e alla moda, la cui femminilità ed erotismo erano espressi dalle pose e dagli abiti e accompagnati da versi, che esaltavano tali caratteristiche. Di fatto, il testo poetico relativo alle illustrazioni era prodotto da scrittrici, le quali raccontavano la bellezza e l’eleganza femminile utilizzando una voce poetica che animava o commentava il personaggio ritratto, a volte immedesimandosi nel soggetto, altre distaccandosene totalmente. In altri casi, le composizioni letterarie erano ispirate dall’immagine di una donna, ma poi l’autrice se ne distaccava per discutere questioni più ampie, spesso di gender, e il tono poteva variare: da malinconico a sentimentale, ma anche polemico e sarcastico. Di conseguenza, è interessante notare e identificare l’alterazione della voce interna dell’autrice che si mescola con quella della narratrice e quella del personaggio stesso, a volte per idealizzare la donna come icona della sfera domestica, ma altre per svelare uno spirito critico e anti-convenzionale. I gift-books si dimostrarono un potente mezzo di circolazione letteraria e sede privilegiata di interazione tra la voce poetica femminile e quella politica. Ogni scrittrice, infatti, esprimeva una propria concezione di “femininity” confrontandosi con l’immagine della protagonista o di paesaggio, cercando di interpretare e definire il ruolo della donna stessa all’interno della società. In questi periodici non di rado le diverse voci poetiche
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alternavano opinioni condiscendenti e tradizionali con altre più radicali e meno conservatrici. Risulta, dunque, interessante tracciare una mappa di questi diversi contributi e vedere come le strategie discorsive ed estetiche adottate dalle singole scrittrici venissero utilizzate per discutere temi legati all’identità personale, al gender e alla società contemporanea. Molti studi hanno indagato lo stretto legame istauratosi tra Sette e Ottocento tra “materialistic consumption” e produzione artistica, siccome “consumption is figured not simply as the exchange of money for luxury goods but as an occasion for the psychological dynamics of fantasy and narcissistic self-absorption’.2 Pertanto, questa letteratura di largo consumo implica la manipolazione e negoziazione del soggetto attraverso la creazione della sua forma espressiva esteriore, la quale rappresenta l’alterazione dell’uso della cultura in senso generale. Inoltre, i fruitori di tale produzione sono da considerarsi come partecipanti attivi che plasmano lo spazio culturale attraverso l’interazione della sfera pubblica con quella privata, in cui gli oggetti di lusso e largo consumo vengono raccolti e valutati come indispensabili. Questioni concernenti la soggettività e il processo della sua interpretazione – inclusi la produzione poetica e la sua ricezione – sono strettamente correlati alla moderna concezione di cultura come bene di largo consumo. Il nuovo atteggiamento verso gli oggetti di ampia fruizione e scambio rivelava un cambiamento nei confronti del lavoro, della moda, e di conseguenza della identità sociale e della nazione inglese che ebbe luogo già a partire dal Settecento e a seguito della rivoluzione industriale. Fu attraverso questa tipologia di cultura utilitaristica che le persone potevano meglio definire il proprio status sociale e identificarsi in esso, e costruire di conseguenza la propria identità pubblica, grazie appunto agli oggetti di cultura che possedevano ed esibivano.3 L’opinione pubblica e l’identità di classe si formarono e furono largamente influenzate dagli “spazi sociali” pubblici come i teatri, le gallerie d’arte e i concerti, oppure da quelli privati in cui si creavano importanti relazioni sociali - coffee-houses, salotti, clubs letterari – ed infine dalla circolazione della carta stampata: newspapers, periodici, poesie e romanzi. Tutto ciò contribuì alla creazione di spazi sociali in cui si animarono dibattiti critici pubblici e privati. Questo fu un importante processo che convertì l’arte e la cultura in oggetti di discussione pubblica, e, di conseguenza, aiutò a trasformare le produzioni artistiche e letterarie in oggetti di scambio da acquistare e vendere. La dimensione pubblica della cultura
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Bermingham A. and Brewer J., ‘Introduction. The consumption of culture: image, object, text’, in The Consumption of Culture 1600-1800: Image, Object, Text, Bermingham A. and Brewer J. (eds.), London and New York: Routledge, 1997, p. 2. Si veda Richard D. Altick, The English Common Reader. A Social History of the Mass Reading Public 1800–1900, Chicago: University of Chicago Press, 1976.
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di largo consumo fu rilevante anche all’interno della sfera domestica, essendo quest’ultima un fiorente luogo di ostentazione artistica tutta rivolta al femminile. Le donne effettivamente giocarono un ruolo fondamentale nella storia della cultura di massa, assumendo proprie forme e pratiche di gender. Nello specifico, le arti visive, come i libri, venivano esibiti all’interno dello spazio privato della casa come espressione di una cultura e un benessere economico famigliare. Tuttavia classe sociale e identità nazionale non erano completamente distaccate e identificate in modo stabile e omogeneo in relazione al consumo della cultura. Al contrario, esse potevano variare a seconda del “self-absorption” e dell’uso privato del singolo individuo. Di conseguenza, questa “consumption” non deve intendersi come realtà solo positiva o solo negativa, ma piuttosto come un potente strumento per un cambiamento sociale, rappresentato dal sistema dinamico del consumo su larga scala della letteratura del tempo, e dalla sua relazione con la sfera pubblica e privata della società. Lo stretto connubio tra creazione artistica di alto livello, che godeva di grande stima, e il relativo commercio di massa venne ben rappresentato dalle vendite di annual e gift-books durante gli anni Venti e Trenta dell’Ottocento. Essi crearono una tipologia ben definita di lettori, cosiddetta “dependable audience”: fedeli compratori e divulgatori di un certo tipo di cultura appartenenti alla stessa classe sociale, con gli stessi ideali, principi estetici, cultura e orientamento politico. Contemporaneamente questi periodici distinguevano il possessore, o chi ne faceva dono, dal consumatore di massa, sottolineando la relazione attiva tra luoghi di consumo privati e pubblici. Gli annuals rappresentano l’espressione di una società urbana e commerciale in cui il “refinement” e il cui gusto erano indici di benessere e “sociability”. L’importanza di una cultura anche visiva, basata sull’associazione di testo e immagine, attribuiva nuovo valore alle apparenze, al self-display, e all’emulazione sociale. La rappresentazione tramite illustrazioni di soggetti appartenenti alla upper-class, insieme alla relativa esaltazione poetica, permisero una proiezione dell’ammiratore/lettore in quello che la rivista rappresentava: una classe sociale in rapida ascesa nell’Inghilterra georgiana. L’ideatore di questa moda editoriale in Gran Bretagna fu Rudolph Ackermann, di origine tedesca, che si trasferì in Inghilterra e aprì un laboratorio di stampa con annessa una scuola di disegno. Egli fu il primo ad importare in Inghilterra la tecnica della litografia come arte tipografica, ai fini di competere con “the numerous and elegant publications of the Continent, expressly designed to serve as tokens of remembrance, friendship, or affection, at that season of the year which ancient custom has particularly consecrated to the interchange
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of such memorials”.4 Nel novembre del 1822 Ackermann pubblicò il primo gift-book intitolato Forget Me Not, a Christmas and New Year’s Present for 1823 inaugurando un genere che circolerà sul mercato editoriale per circa trent’anni. Egli abbinò due forme popolari di pubblicazione – il pocket-diary e l’almanacco – rendendo il suo Forget-Me-Not un volume che, allo stesso tempo, diffondeva cultura artistica e connotava il suo possessore dal punto di vista sociale. In breve tempo questa tipologia di pubblicazione riscosse molto successo dando avvio a una lunga schiera di imitazioni, affini e rivali, basate sullo stesso principio editoriale. Uno dei primi a seguire l’esempio di Ackerman fu il Friendship’s Offering, a Literary Album, pubblicato nel 1824. Un anno dopo, anche l’editore Longman propose al pubblico un suo gift-book pubblicando il Literary Souvenir, or Cabinet of Poetry and Romance. Nel 1826 uscì il primo numero di The Amulet, or Christian and Literary Remembrancer: il primo annual di esplicito orientamento cristiano. Nel 1828 un’altra importante pubblicazione fece la sua comparsa: il Keepsake. Questo periodico si distinse dagli altri per alcune caratteristiche peculiari, cambiando colore e formato. Il Bijou apparve nello stesso anno, e il Gem nel 1829. Durante gli anni Trenta dell’Ottocento molte altre tipologie di annuals circolarono sul mercato inglese, con diversi formati e contenuti, alcuni addirittura di stampo comico. Un esempio interessante di gift-book in formato “large” fu il Heath’s Book of Beauty, la cui curatela venne affidata alla poetessa Letitia Elizabeth Landon (conosciuta con la sigla L.E.L.) per l’edizione del 1833. La longevità di ciascun annual poteva variare: di alcuni si annoverano solo poche uscite, di altri invece se ne contano anche dieci. Il ruolo del curatore di annuals era molto importante, perché questi doveva selezionare la tipologia di illustrazioni da pubblicare – molto spesso erano ritratti di donna o paesaggi, preferibilmente esotici e stranieri – per questo tale compito era spesso affidato ad una donna, dotata di un occhio estetico più attento. Il o la responsabile del volume commissionava successivamente a diversi autori e autrici le poesie o le storie da abbinare alle immagini che venivano loro inviate. Illustrazioni e testo dovevano avere una mutua relazione di significato; oppure, se non era sempre possibile creare un componimento relativo all’immagine, almeno doveva esserci un riferimento tra rappresentazione grafica e testo letterario. Nella Prefazione della prima edizione del Keepsake datata 1828 il curatore specifica lo scopo del volume: 4
Anne Renier, Friendship Offering: An Essay on the Annuals and Gift Books of the 19th Century, London: Private Library Association, 1964, p. 5.
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Our desire has been, that its pervading characteristics should be an elegant lightness, appropriate to the nature and objects of the work. If this has been accomplished, without totally precluding subjects of deeper interest, which like shadows on the surface of a sparkling lake, heighten the brilliancy of the gayer parts and the effect of the whole, we have nothing left to wish for.’5 Dunque se “lightness” significa delicatezza ma anche frivolezza, il valore di questo numero di annual, a detta del suo editor, consisteva nel prestigio delle sue illustrazioni eleganti accompagnate da poesia raffinata, ed implicava allo stesso tempo che il contenuto delle composizioni non fosse troppo serioso. Non si trattava dunque di una letteratura particolarmente “impegnata” o “impegnativa” quella raccolta in questo periodico, ma piuttosto di uno svago artistico elegante e “appropriato” al pubblico femminile benestante. Per questo motivo la prima uscita del Keepsake mantenne l’anonimato dei suoi autori, per evitare di compromettere la loro reputazione di scrittori affermati. Poeti e poetesse inizialmente preferirono celare la loro identità quando pubblicavano versi eseguiti “su commessa”, perché definiti dalla critica coeva “the worst poems by the best authors”.6 I numeri successivi del Keepsake però invertirono la tendenza, e il curatore non solo pubblicò i nomi degli autori e le autrici dei vari numeri, ma li mise in dovuto risalto, al fine di suscitare maggiore attrattiva verso i lettori ed incrementare di conseguenza le vendite e i guadagni. Nelle svariate edizioni, infatti, erano messi in rilievo nella Preface i nomi dei contributori più famosi del volume, quali, ad esmpio, William Wordsworth, Felicia Hemans e Letitia E. Landon. Nonostante alcuni componimenti restassero comunque anonimi, nell’edizione del Keepsake del 1828 troviamo versi di Percy Bysshe Shelley, ‘for the possession of which, the Editor is indebted to the kindness of the Author of Frankenstein’.7 Mary Shelley era, di fatto, una regolare collaboratrice del Keepsake durante gli anni Trenta dell’Ottocento, in cui pubblicava numerosi racconti brevi, siglati come ‘the Author of Frankenstein’ e non con il suo vero nome. Molti scrittori commentarono il fenomeno editoriale degli annuals, definendolo una moda passeggera, il cui contenuto, sebbene di apprezzabile valore artistico dal punto di vista delle illustrazioni, rimaneva superficiale da quello letterario, ed esclusivamente adatto a un pubblico femminile. Charles Lamb, per esempio, a seguito della richiesta di comparire come autore ad uno di questi volumi, affermò che ‘I shall hate myself in frippery, strutting along,
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The Keepsake for 1828, p. vii. Alison Adburgham, Women in Print. Writing Women and Women’s Magazines from the Restoration to the Accession of Victoria, London: George Allen and Unwin Ltd, 1972, p. 237. The Keepsake for 1829, p. iv.
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and vying finery with Beaux and Belles, with future Lord Byrons and sweet L.E.L.’s’.8 Ciononostante, poeti quali William Wordsworth, Samuel Taylor Coleridge, Walter Scott e Lory Byron, tutti contribuirono in varia misura a queste pubblicazioni. Attratti dal sicuro e alto guadagno, essi si fecero tentare dalla legge del mercato editoriale che favoriva questo genere di pubblicazioni così redditizio. Lo stesso Lamb ammise di non poter resistere alla tentazione di un così facile introito: I could not refuse their appearing [of some lines in the annual], but I hate the paper, the type, the gloss, the dandy plates, the name of contributors poked up into your eyes in first page, the barefaced sort of emulation, the unmodest candidateship […] in short, I detest to appear in an Annual.9 In un saggio del 1837, anche William Thackeray assunse toni di disprezzo per queste pubblicazioni e soprattutto nei confronti delle autrici donne: Miss Landon, Miss Mitford, or my Lady Blessington, write a song upon the opposite page [of an engraving], about, water-lily, chilly stilly, shivering beside a streamlet, plighted, blighted, love-benighted, falsehood sharper than a gimlet, lost affection, recollection, cot connexion, tears and torrents, true-love token, spoken, broken, sighing, dying, girl of Florence; and so on. The poetry is quite worthy of the picture, and a little sham sentiment is employed to illustrate a little sham art.10 L’audience privilegiata degli annuals era quella femminile: stanca ormai di noiosi conductbooks oppure di romanzi con fini didattici, era piuttosto in cerca di un oggetto di lettura più raffinato e meno impegnativo, che mettesse in rilievo la presenza femminile anche attraverso le immagini. Queste letture erano oggetto di conversazione tra amici e parenti e creavano uno speciale link sociale molto importante all’epoca. In Middlemarch (1871-72), George Eliot commenta più volte il ruolo dei gift-book nella società vittoriana: He [Ned Plymdale] had brought the last Keepsake, the gorgeous watered-silk publication which marked modern progress at that time; and he considered himself very fortunate that he could be the first to look over it with her [Rosamund Vincy], dwelling on the ladies and gentlemen with shiny copper-plate cheeks and copper-plate smiles, and pointing to comic verses and capital and sentimental stories as interesting. Rosamond was gracious, and Mr. Ned was satisfied that he had the very best thing in art and literature as a medium for “paying addresses”--the very thing to please a nice girl.11 Il commento della Eliot è chiaramente ironico, tuttavia mette in luce il fenomeno commerciale rappresentato da questa tipologia specifica di pubblicazioni, conosciuta e
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Renier, Friendship Offering, London: Private Library Association, 1964, p. 9. Ibid., pp. 9–10. William Makepeace Thackeray, ‘A Word on the Annuals’, Fraser’s Magazine for Town and Country, 16, 1837, p. 758. George Eliot, Middlemarch, London: Penguin, 1985, p. 302.
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usufruita da tutta la società facoltosa dell’epoca. Il Keepsake era, infatti, simbolo di progresso e moda culturale, oltre che strumento adatto per dichiarare sentimenti d’amore quando regalato. Tra i vari e diversi gift-books, si possono rilevare alcune tipologie standard, tra le più diffuse: quelli destinati ad un pubblico giovane; quelli concentrati sulla donna; ed infine quello più innovativo dal punto di vista tipografico e contenutistico, ovvero il Keepsake. I “Juvenile Annuals”, erano pubblicazioni indirizzate appunto ad un pubblico di giovani lettori, che comprendono diversi esemplari quali per esempio: The Juvenile Forget Me Not, A Christmas and New Year’s Gift, or Birthday Present; The Tribute of Affection, a “Juvenile Forget-Me-Not” with fine engravings; The Juvenile Amulet, a Pledge of Affection; New Juvenile Scrap Book. Questi volumi raccoglievano poesie e racconti a sfondo didattico, ma troviamo anche interessanti contributi che trattano argomenti sociali e politici dell’epoca, come ad esempio l’abolizionismo e lo slave-trade. I “Books of Beauty” invece raccoglievano per la maggior parte ritratti di donne, paesaggi, personaggi storici e storie relative a tali illustrazioni. Di questa tipologia si ricordano in particolare The Drawing-Room Album, and Companion for the Boudoir; The Bijou: or Annual of Literature and the Arts; The Literary Souvenir, and Cabinet of Modern Art e The Heath’s Book of Beauty, quest’ultimo curato dalla Contessa di Blessington per vari anni. Infine, una menzione a parte merita il Keepsake, periodico ritenuto più moderno, sperimentale ed eterogeneo per argomenti, autori e tipologia di illustrazioni. Al suo interno si trovano racconti brevi e poesie di vario genere ispirati da illustrazioni di donne e paesaggi per lo più esotici o italiani. Come esempio di contributo apparso nella categoria di annuals per giovani lettori, è interessante notare che, nell’edizione del The New Juvenile Scrap-Book datata probabilmente intorno al 1837, insieme a varie fiabe e lezioni morali per bambini, venga ripubblicata la poesia ‘The Mouse Petition’ di Anna Laetitia Barbauld, già apparsa nella prima edizione dei suoi Poems del 1773. Indirizzata ad una audience giovanile, tale poesia contiene un messaggio politico esplicito e rilevante. Effettivamente, questo componimento va ben oltre la metafora didattica e moraleggiante a sfondo religioso, come lo erano la maggior parte delle storie apparse in questa tipologia di periodico. La poesia di Barbauld invece, pur ispirandosi a eventi circoscritti ad una sfera privata e utilizzando un linguaggio semplice, esprime una denuncia contro l’usurpazione dei diritti umani, includendo un appello a favore dei diritti delle donne, ed anche palesando una protesta esplicitamente abolizionista.12 La poetessa
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Vedi L.M. Crisafulli (a cura di), Antologia delle Poetesse Romantiche, Roma: Carocci 2003.
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utilizza la figura simbolica di un topo imprigionato in una gabbia per esperimenti di laboratorio che implora il suo carceriere (lo scienziato Dr Priesley) di liberarlo e lasciarlo vivere. La sua preghiera si rivolge non solo al suo diretto interlocutore, ma anche a un lettore esterno, non necessariamente infantile, la cui sympathy viene sollecitata nei confronti di ogni creatura umana priva di libertà: O HEAR a pensive prisoner’s prayer, For liberty that sighs; And never let thine heart be shut Against the prisoner’s cries! […] Let Nature’s commoners enjoy The common gifts of heaven. The well-taught philosophic mind To all compassion gives; Casts round the world an equal eye, And feels for all that lives.’13 Quella che leggiamo in questo annual, tuttavia, è una versione “accorciata” della poesia originale, poiché solo la prima metà viene pubblicata nel Juvenile Scrap-Book, in cui non appare nemmeno il riferimento al Dr Priestley, lo scienziato dissenziente, amico della poetessa. Il motivo non è indicato, ma probabilmente il curatore del volume ha preferito “mitigare” la denuncia politica della poetessa accorciando la poesia, ponendo così l’accento sullo scopo didattico e religioso dei versi e non su quello politico. Nella categoria degli annuals dedicati all’estetica femminile, molto successo ebbe il Literary Souvenir. Nell’edizione del 1835 si legge un esempio interessante di come la donna descriva altre donne, riflettendo nei versi poetici la propria femminilità, ma anche i contrasti e le dinamiche di gender. Si tratta del contributo firmato della poetessa Letitia Elizabeth Landon e dedicato a “Henri IV. To Her Fair Gabrielle”. L’illustrazione di riferimento ritrae uno dei re francesi più famosi, Enrico IV appunto, che visse tra il XVI e il XVII secolo, e che, tra le numerose amanti, intrattenne una lunga relazione amorosa con Gabrielle d’Estrée, anch’ella ritratta nell’immagine insieme al re. [Immagine 1 a fine testo] Nella poesia di accompagnamento, la Landon descrive lo sbocciare dell’amore del re per la bella Gabrielle, la quale risulta essere la vera protagonista della poesia. La donna viene presentata tramite le parole del re, che la descrivono secondo i canoni tradizionali dell’eroina di romance cavallereschi. Gabrielle, infatti, è giovane, delicata e pura, e le sue caratteristiche estetiche, “young cheeks”, i “blue eyes” e la “white hand”14, conquistano immediatamente il re.
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Anna Laetitia Barbauld, “The Mouse Petition”, The New Juvenile Scrap-Book, 1837?, p. 23 Letitia Elizabeth Landon, “Henri IV. To Her Fair Gabrielle”, The Literary Souvenir, 1835, pp. 75-76.
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Tuttavia, Landon non crea un’immagine di donna passiva, puro oggetto di contemplazione, ma piuttosto una femme fatale alla Keats, la quale, tramite la sua sensualità, conquista e attrae l’inerte e lussuriosa controparte maschile. Questo esempio di eroina assomiglia alla “Belle Dame Sans Merci”, ma al posto di conquistare uno sprovveduto cavaliere, la “Fair” Gabrielle tiene piegato al suo servizio un re potente e famoso. La Landon dunque utilizza un’illustrazione tipica degli annuals in cui si ritrae una scena d’amore romantico, per rendere la donna non una vittima di questo sentimento, ma la conquistatrice e dominatrice dell’uomo, la cui agency è più potente e attiva di quella maschile. Sempre in questa tipologia si annovera il Book of Beauty, un gift-book molto diffuso, che pubblicava collezioni di ritratti di donne, tutti molto simili tra loro, accompagnati da versi o prosa. [Immagine 2 a fine testo] Tali illustrazioni, con i relativi accompagnamenti letterari, risultano indubbiamente monotoni al lettore moderno, ma lo erano anche per le poetesse dell’epoca, le quali spesso lamentavano il fatto di doversi inventare sempre qualcosa di nuovo da dire su soggetti molto simili e soprattutto ripetitivi. Alcune delle composizioni di questi periodici, infatti, sono sarcastiche e ironizzano sul difficile compito della scrittrice obbligata ad un lavoro creativo vincolato all’argomento imposto dal curatore che sceglieva l’illustrazione, e non guidato dall’ispirazione personale. Tale approccio satirico si trova anche nel Keepsake, in cui, per esempio, Lady Blessington pubblica nell’edizione del 1833 una poesia intitolata ‘Stock in Trade of Modern Poetesses’. Con questi versi la scrittrice, esperta curatrice di annuals nonché contributore di lunga data, esprime un vero lamento, con tono ironico, rivolto contro il consumismo legato a questo genere di pubblicazioni. Il componimento è organizzato come una lunga lista di tutti quelli che erano gli argomenti principali che componevano una poesia moderna, partendo dalle caratteristiche dell’eroina e terminando con quelle dell’eroe: […] Doves that, frighted from the breast, Seek in vain some sweeter rest; Feather’d songsters of the grove, Warbling notes of joy and love; Hearts a prey to dark despair, Why, or how, we hardly care; Pale disease feeds on the cheek, Health how feeble – head how weak – Bursting tear and endless sigh – Query, can she tell us why? […] Next a hero, with an air – Half a brigand – half corsair; Dark, mysterious in his life,
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Dreadful in the battle’s strife; Vice and virtue in his breast, War for empire—banish rest – Raving still of glory—fame— While dishonour marks his name; […] Is the hero all now write on.— This now is all the stock in trade, With which a modern poem’s made.15 Anche Letitia Landon, assidua autrice e curatrice di Annuals, conosce bene questo genere letterario e la sua sede di pubblicazione, che però lei spesso sfrutta come spazio privilegiato per manifestare le proprie idee sul ruolo della donna nella società e anche sulla politica contemporanea. Nel racconto intitolato ‘The Head’, apparso nel Keepsake del 1834 (lo stesso volume che contiene anche la short-story gotica “The Mortal Immortal” di Mary Shelley), la scrittrice introduce la storia di una frivola Contessa francese, Lady Adeline, la cui occupazione quotidiana è rivolta allo sfoggio di beni di lusso e alla conquista di amanti facoltosi. La trama ha come sfondo la città di Parigi in un momento storico molto particolare, ovvero durante la Rivoluzione Francese. [Immagine 3 a fine testo] L’evento politico permette alla Landon di sfruttare la storia d’amore della contessa al fine di commentare gli avvenimenti storici e la società coeva da un punto di vista politico, discutendo questioni legate alle delicate relazioni tra le diverse classi sociali e di gender. L’autrice, infatti, si schiera apertamente in favore dei diritti della nuova classe medio borghese emergente, paragonando la situazione francese con quella inglese: “It was one the greatest vices of the old French regime, that there was no opening for the energy, the enthusiasm, or the genius, of the middle rank; that rank which in England is constantly renovating the upper classes, and which may, at least, aspire to any distinction.”16 La scrittrice concluderà la sua narrazione, iniziata come un romance d’amore, con una suggestiva scena sul patibolo, in cui si assiste alla decapitazione dell’altera aristocratica, tradita dall’amante borghese rivoluzionario, che lei aveva maltrattato e respinto per la loro differenza sociale:
[…] The next noon but one an almost insensible female form was carried or rather dragged to the scaffold. It was Comtesse Amelie. Her long bright hair fell in disorder over her shoulders; the executioner gathered it up in a rough knot, -- he had been told not to sever if from the graceful head. At that moment the prisoner gave a bewildered stare around – a wild gleam of hope illuminated her features – she stretched out her arms to 15 16
Lady Blessington, “Stock in Trade of Modern Poetesses”, Keepsake, 1833, pp. 208-209. Letitia Elizabeth Landon, “The Head”, Keepsake, 1834, p. 101.
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some one passionately in the crowd. “Julian, save me!” The executioner forced her to the knee – the axe glittered in the sun, and the head fell into the appointed basket, while a convulsive motion shook the white garments around the quivering trunk.17 Questi periodici sono dunque una fonte artistica che ben riflette la società inglese previttoriana, in quanto rappresentano un tipo di letteratura di largo consumo, che permette alla donna di riflettere sulla condizione femminile e i rapporti di gender. Sebbene accusati di affettazione e ripetitività dei contenuti, questi annuals consentirono alle scrittrici di esprimersi, in qualità di contributori e di editors, in modo originale e continuativo, facendosi portavoce sia della sfera domestica, tradizionalmente di loro competenza, ma anche di quella pubblica e politica.
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Letitia Elizabeth Landon, “The Head”, Keepsake, 1834, p. 110.
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Si ringrazia la Chawton House Library (UK) per la gentile concessione della riproduzione delle immagini.