Paolo Zanotti, Dopo il primato. La letteratura francese dal 1968 a oggi
by Franca Zanelli
Alla fine del 2007 fece scalpore tra gli intellettuali francesi un lungo articolo uscito sul «Time» col titolo In Search of Lost Time, in cui il giornalista Donald Morrison nell’analizzare lo stato di salute della letteratura francese del secondo Novecento e quella successiva ne certificava la perdita d’influenza a livello planetario: «France today is a wilting Power in the global cultural marketplace», scriveva. Subito in Francia si sono levate proteste, accuse, difese ma anche amare ammissioni da parte di intellettuali di diversa provenienza culturale come Montandon, d’Ormesson, Weitzmann, Grainville e altri. Spesso i loro punti di vista divergono perché non centrano lo stesso oggetto – per alcuni a essere in gioco è la vitalità interna, per altri è la diffusione nel mondo di questa letteratura. Talvolta invece le opinioni tendono a effetti unicamente mediatici: secondo d’Ormesson, per esempio, la letteratura francese è morta, e si conosce perfino la data del decesso, il 10 maggio 1940, giorno dell’invasione tedesca… E il dibattito in Francia continua tra boutades un po’ sterili, ambizioni totalizzanti (nel volume di Viard e Vercier sulla Littérature française au présent aleggia il rimpianto di non poter trattare «de tous les livres ni de tous les écrivains de la période») o punti di vista elitari (secondo Philippe Vasset, a parte François Bon, «le plus grand écrivain français vivant», ben poco resta da segnalare...). Quanto al citato volume di Viart e Vercier, uscito nel 2005, già nel 2008 esso riappariva in edizione ampliata: più che un segno di vitalità letteraria, tanta ansia di aggiornamento fa pensare a un strategia difensiva dei due autori, per contrastare la volatilità della comunicazione globale e arginare la complessità del panorama letterario francofono. Questa premessa vorrebbe essenzialmente indicare ciò che il volume di Zanotti non è. Innanzitutto il fatto che il suo autore non sia francese riassesta parecchio la prospettiva permettendo all’indagine di collocarsi in un après privo di trionfalismi ma anche esente da rimozioni o traumi: «Questo volume si occuperà della cultura francese nel periodo della sua perdita di egemonia», si legge senza giri di parole nelle pagine di apertura: «Non sarà […] necessariamente il resoconto di un crollo, ma un inventario delle perdite e dei guadagni» (p.6). Nel