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MOBILITÀ INNOVATIVE IN AMBITI URBANI 1
In copertina: un treno transita davanti alla sede Fuji TV (progettata da Kenzo Tange) a Odaiba, Tokyo. Foto di Laura Facchinelli
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Rivista quadrimestrale gennaio-aprile 2017 anno XVII, numero 47 Direttore responsabile Laura Facchinelli Direzione e redazione Cannaregio 1980 – 30121 Venezia Via Venti Settembre 30/A – 37129 Verona e-mail: info@trasportiecultura.net laura.facchinelli@alice.it per invio materiale: casella postale n. 40 ufficio postale Venezia 12, S. Croce 511 – 30125 Venezia Comitato Scienti co Giuseppe Goisis Università Ca’ Foscari, Venezia Massimo Guarascio Università La Sapienza, Roma Giuseppe Mazzeo Consiglio Nazionale delle Ricerche, Napoli Cristiana Mazzoni Ecole Nationale Supérieure d’Architecture, Strasburg Marco Pasetto Università di Padova Franco Purini Università La Sapienza, Roma Enzo Siviero Università Iuav, Venezia Zeila Tesoriere Università di Palermo - LIAT ENSAP-Malaquais Maria Cristina Treu Politecnico di Milano
5 MOBILITÀ INNOVATIVE IN AMBITI URBANI di Laura Facchinelli
7 LE INNOVAZIONI NELLA MOBILITÀ URBANA di Oliviero Baccelli e Raffaele Galdi
9 ELEMENTI DI MOBILITÀ SOSTENI BILE NELLA PIANIFICAZIONE DI AMBITI URBANI di Giuseppe Mazzeo
17 AUTONOMOUS DRIVING E LE INNOVAZIONI NELLA MOBILITÀ E NELLA FORMA URBANA di Raffaele Galdi
25 POLITICHE INNOVATIVE DI MOBI LITÀ SOSTENIBILE. LA SHARING MOBILITY NELLE UNIVERSITÀ ITALIANE di Massimiliano Rossetti, Mario Boffi e Matteo Colleoni
Traduzioni in lingua inglese di Olga Barmine La rivista è pubblicata on-line nel sito www.trasportiecultura.net 2017 © Laura Facchinelli Norme per il copyright: v. ultima pagina Editore: Laura Facchinelli C.F. FCC LRA 50P66 L736S Pubblicato a Venezia nel mese di aprile 2017
Autorizzazione del Tribunale di Verona n. 1443 del 11/5/2001 ISSN 2280-3998
di Agostino Cappelli, Alessandra Libardo e Andrea Sardena
71 POLITICHE INNOVATIVE PER UNA LOGISTICA URBANA SOSTENIBILE di Edoardo Croci e Denis Grasso
79 DOOR TO DOOR. FUTURO DEL VEICOLO, FUTURO URBANO di Dominique Rouillard e Alain Guiheux
91 VISIONI DI CITTÀ: ESPANSIONE URBANA E MOBILITÀ FUTURA. CASI STUDIO IN EUROPA dI Oriana Giovinazzi
99 MOBILITÀ INNOVATIVA NELLE CITTÀ DI DOMANI: IL CASO JUMÈIRAH CENTRAL A DUBAI di Diego Deponte, Samuele Camolese e Roberto Morandi
33 I NUOVI SPAZI DI LAVORO E LE ESIGENZE DI MOBILITÀ URBANA di Niccolò PIeri
39 LE INNOVAZIONI NELLA MOBILITÀ La rivista è sottoposta a referee
63 TRASPORTI INNOVATIVI O NON CONVENZIONALI COME STRUMENTO PER L’INNOVAZIONE DELLA MOBILITÀ URBANA
URBANA E IL LORO IMPATTO SU GLI STRUMENTI DI GOVERNANCE E PIANIFICAZIONE di Gabriele Grea
47 ANALISI DEL CROWDSHIPPING COME SOLUZIONE INNOVATIVA PER PROMUOVERE LA CRESCITA E LA SOSTENIBILITÀ DELLE AREE URBANE di Edoardo Marcucci, Valerio Gatta, Eleonora Pieralice, Michela Le Pira, Céline Sasha Carrocci
55 L’ACCETTABILITÀ DELLE POLITICHE DI ROAD PRICING: SUGGESTIONI A PARTIRE DAL CASO DI MILANO di Marco Percoco
107 THE NEXT FRONTIER IN MOBILITY DI AISIN GROUP ALLA MILANO DESIGN WEEK d Cecilia Saibene
111 TORINO, IL NUOVO MUSEO DELL’AUTOMOBILE di Donatella Biffignandi
115 GRAART. A ROMA I VIADOTTI DIVENTANO OPERE D’ARTE di Laura Facchinelli
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Innovative mobility in urban settings by Laura Facchinelli
We live in a time of great transformations. With some tools (for example the smartphones we carry in our pockets) we have developed a permanent and at this point essential relationship, changing our habits and the very parameters of our relationship with reality. We risk forgetting the very recent times in which the tools available to us now did not yet exist. This is the case with Internet, a potentially unlimited network. Young people immediately accepted it as a natural, obvious reality. As adults we have had to earn it. It is likely that we use it with greater detachment and awareness; we know there was a time it did not exist, and that we can live without it: we could, theoretically, go back in time. But going back in time is not possible. On the contrary. Transformations – in the wake of the beckoning challenges of progress, and driven by the many interests at play – are becoming more rapid, more pressing, irreversible. In every eld. The future reserves new scenarios. Some are already coming forward, aggressively. Economists say that we are on the threshold of the fourth industrial revolution: after the era of steam, electricity and Internet, we are in the era that has been de ned as the “Internet of things, of machines”, where everything – in a now globalized world – is based on technological development and innovation. This is the point of reference for companies that wish to grow. Yes, machines! Increasingly expanding applications of intelligent tools are being studied and activated. Robots are now performing high-precision surgical operations, with better results than those achieved with traditional manual techniques: after an initial phase of disorientation, we now know that these are tested and consolidated procedures, available to everyone. In the eld of transportation, high-tech control systems have long made it possible for subway trains to circulate without a driver (line 14 of the Paris metro was fully automated as far back as twenty years ago). And we know – even if the prospect at the moment seems unnatural and dangerous – that in a not-too-distant future, automobiles will also circulate safely on streets driven not by humans, but by digital computer technology. Autonomous driving is perhaps the most compelling theme among those this issue of the magazine addresses. Developed in collaboration with the Università Bocconi, this issue is dedicated to avant-garde solutions conceived to contain the negative effects of the predictable increase of mobility in urban settings. There are measures that make it possible to reduce the number of privately-owned vehicles on the road. The key word is sharing: vehicles used by many different people or shared along the same route. The tools are, once again, technology applied to vehicles, to mapping urban routes, etc. Ongoing studies on driverless cars are focusing on sensors that could totally control the surrounding space, even in the case of unpredictable events. The effects of these revolutionary prospects are potentially very positive, in terms of greater accessibility and environmental awareness. Using these vehicles intelligently will make it possible not only to reduce costs, but to use our energies more wisely: aboard a car that drives by itself, we might decide, as we travel, to do something else. It is both urgent and important to understand the transformations now in progress, in the eld of mobility. As a mental exercise to be in a position, as soon as possible, to exploit its potential at our service. But also to perceive the possible changes to our cities, which will occupy city planners and architects in designing the spaces of the new mobility, for example, or the regeneration of urban areas liberated from vehicle traffic and parking. To interpret such sweeping changes, our evaluations must be more than merely technical and economic. They require attention to the humanistic disciplines as well. That is why this issue proposes, in closing, to look at the spaces around the Grande Raccordo Anulare, the ring-road surrounding Rome. Adjacent streets and underpasses have been revitalized by Street Art that evokes the history of the territory around it. We are convinced that understanding the larger meaning of projects such as these can be useful to prepare us for living in the future.
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Mobilità innovative in ambiti urbani di Laura Facchinelli
Siamo nell’era delle grandi trasformazioni. Con alcuni strumenti (pensiamo allo smartphone che abbiamo in tasca) abbiamo sviluppato una relazione permanente e ormai irrinunciabile, modi cando le nostre abitudini e i parametri stessi delle relazioni con la realtà. Rischiamo di perdere memoria dei tempi, molto recenti, in cui gli strumenti oggi disponibili non c’erano. È il caso di internet, una rete potenzialmente illimitata. I giovanissimi l’hanno respirata da subito come una realtà naturale, ovvia. Noi adulti invece l’abbiamo conquistata. Probabilmente la usiamo in modo più distaccato e consapevole; sappiamo che prima non esisteva, e che quindi potremmo farne a meno: che potremmo, in teoria, tornare indietro nel tempo. Invece tornare indietro non è possibile. Anzi, le trasformazioni - assecondando le s de invitanti del progresso, ma anche sotto la spinta dei molteplici interessi in gioco - si fanno sempre più veloci, incalzanti, irreversibili. In tutti i campi. Il futuro ci riserva scenari nuovi. Alcuni già si annunciano, con prepotenza. Dicono gli economisti che siamo alle porte della quarta rivoluzione industriale: dopo l’era del vapore, quella dell’elettricità e quella (ormai acquisita) appunto di internet, siamo nell’era che è stata de nita di “internet delle cose, delle macchine”, dove tutto – in una dimensione ormai globalizzata - si gioca sullo sviluppo tecnologico e sull’innovazione. È questo il punto di riferimento per le aziende che vogliono crescere. Già, le macchine! Si studiano e si attuano applicazioni sempre più estese di strumenti intelligenti. Vengono effettuate tramite robot persino alcune operazioni chirurgiche ad alta precisione, con risultati migliori rispetto a quelli ottenuti con la tradizionale tecnica manuale: superato l’iniziale disorientamento, ora sappiamo che sono procedure ormai collaudate, a disposizione di tutti. Nel campo dei trasporti, sistemi di controllo ad alta tecnologia consentono, ormai da anni, per esempio di far circolare un convoglio della metropolitana in assenza di conducente (la linea 14 della rete parigina era integralmente automatizzata già vent’anni fa). E sappiamo – anche se la prospettiva, al momento, ci sembra innaturale e pericolosa – che in un futuro non troppo lontano anche le automobili potranno circolare in piena sicurezza sulle strade col controllo affidato non a un essere umano, ma a tecnologie informatiche e digitali. L’autonomous driving è forse l’argomento più suggestivo fra quelli che vengono affrontati nel presente numero della rivista. Un numero, realizzato in collaborazione con l’Università Bocconi, che è dedicato alle soluzioni d’avanguardia per contenere gli effetti negativi del prevedibile aumento della mobilità in ambito urbano. Ci sono misure che consentono di ridurre il numero dei veicoli privati in circolazione: la parola d’ordine è sharing: uso del veicolo da parte di più soggetti oppure condivisione di un tragitto comune. Gli strumenti sono, ancora una volta, le tecnologie, applicate al veicolo, alla mappatura dei percorsi urbani ecc. Per la guida senza conducente sta avanzando lo studio di sensori che potranno attuare il controllo totale sullo spazio circostante, compresi gli eventi imprevedibili. Gli effetti di queste prospettive rivoluzionarie sono potenzialmente molto positivi, in termini sia di maggiore accessibilità che di rispetto dell’ambiente. Usare gli autoveicoli in modo intelligente consentirà di ridurre i costi, ma anche di utilizzare meglio le nostre energie: a bordo di un’automobile che guida da sola, potremo, viaggiando, dedicarci ad altro. È molto importante e urgente comprendere le trasformazioni in corso, anche nel campo della mobilità. Come esercizio mentale, in modo da essere in grado, appena possibile, di sfruttarne le potenzialità al nostro servizio. Ma anche per intuire i possibili cambiamenti delle nostre città, che vedranno impegnati urbanisti ed architetti per progettare, per esempio, gli spazi della nuova mobilità e il riuso delle aree urbane liberate dal transito e dalla sosta delle automobili. Per leggere questi cambiamenti così dirompenti, occorre andare al di là delle valutazioni puramente tecniche ed economiche. Si impone un confronto con le discipline umanistiche. Ecco perché proponiamo, in chiusura di questo numero, uno sguardo agli spazi intorno al Grande Raccordo Anulare della capitale. Strade adiacenti e sottopassi sono stati rivitalizzati da interventi di Street Art che richiamano la storia del territorio circostante. Noi siamo convinti che comprendere il signi cato ampio di interventi come questo sia utile per prepararsi a vivere il futuro.
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Le innovazioni nella mobilità urbana di Oliviero Baccelli e Raffaele Galdi
Le nuove tecnologie, le nuove forme organizzative, i nuovi modi di fruire e gestire i servizi di trasporto sono i driver che stanno innovando e rivoluzionando la mobilità urbana, in un processo che appare molteplice ma che in realtà ad una lettura più completa evidenzia come sia composto da elementi tra di loro correlati e dialoganti. All’interno di questo numero di Trasporti&Cultura si punta a dare una lettura dei molteplici fattori di innovazione dei sistemi di mobilità urbana, con al volontà di evidenziare come il percorso innovativo sia afferente a differenti componenti e pratiche. Di fatti già la molteplicità degli elementi in gioco evidenzia l’innovazione, in un sistema che tipicamente era basato su dinamiche sse, in cui cioè la mobilità urbana era “con nata” a due ambiti, uno pubblico e uno privato, che non esprimevano gradi di ibridazione e collaborazione. Banalmente per muoversi in città si poteva usare o un mezzo pubblico o un mezzo privato, e cosi è stato per decenni. La forza dell’innovazione della mobilità urbana sa proprio nell’aver rotto questo sistema rigido e sso, permettendo ad altri elementi che prima erano inesistenti o non valorizzabili, di diventare componenti centrali dei sistemi di mobilità urbano. Il fulcro di questo aspetto si rintraccia essenzialmente nelle tecnologie che hanno avviato un processo di abilitazione di nuovi modelli distributivi e di fruizione della mobilità, e stanno progressivamente andando a ampliare la maglia delle opzioni di trasporto, evidenziando come queste evoluzioni andranno a crescere ulteriormente. L’innovazione quindi si rintraccia sia nelle componenti peculiari di un settore che deve necessariamente trovare nuove forme di offerta al ne di raggiungere i target di sostenibilità imposti ed attesi a livello europeo e mondiale, ma si esempli ca anche nell’aver posto al centro non più il concetto di banale spostamento tra punto A e punto B, ma bensì l’utente di mobilità, ossia il singolo cittadino che non è più mero espressore di domanda di mobilità ma bensì anche ergogatore di offerta. E questo perché al passo con le nuove tecnologie sono cambiati i modi di uso e consumo della mobilità, come processo evolutivo degli stili di vita, in termini di forme di lavoro e forme di abitabilità degli utenti. Il numero quindi punta a valorizzare i vari aspetti e le varie prospettive di un settore dei trasporti che esprime grandi ed importanti elementi di innovazione, osservando quindi componenti tecno-
logiche, componenti organizzative, componenti sociali, e soprattutto cercando di comprendere gli potenziali effetti sia sulla forma urbana delle città che sugli aspetti di disciplina e approccio alla piani cazione urbana e dei trasporti. La molteplicità degli aspetti e dei fattori in gioco ha guidato la volontà di raccogliere in questo numero contributi di esperti, docenti, professionisti differenti, per restituire una lettura completa e complessiva del tema, puntando cosi ad avviare e stimolare un dibattito. La stessa molteplicità degli aspetti caratterizzanti la mobilità urbana del presente e soprattutto del futuro si ritrova anche nelle professionalità e nelle competenze tecniche di quanti sono e saranno chiamati ad occupare le proprie conoscenze in questo settore, sia per gli aspetti piani catori e regolatori, che per quelli gestionali, che ancora per quelli organizzativi. Il settore evidenzia quindi anche in questo aspetto la necessità di adeguare anche gli approcci con cui si formano le risorse umane che lavoreranno in questo campo, e riconoscendo questo aspetto il Master MEMIT dell’Università Bocconi in Economia e Management dei Trasporti, della Logistica e delle Infrastrutture, ha fortemente sponsorizzato questo numero di Trasporti&Cultura, riconoscendone un valido “alleato” nel processo di formazione e informazione sui temi multidisciplinari della mobilità urbana, Il MEMIT infatti da più di 15 anni forma nuove gure professionali che abbiano le competenze differenziate ed adattate a confrontarsi con le innovazioni di un settore come quello della mobilità delle persone, o delle merci, sviluppando cosi percorsi di formazione specialistica a giovani studenti dai background differenti, ossia economici, ingegneristici/architettonici, o anche giuristi. © Riproduzione riservata
Nella pagina a anco, in alto: la Zoe Elettrica di Renault (fonte Renault); in basso: la mobilità non più come mero spostamento ma come usso continuo di persone, merci e conoscenza (Fonte Archivio MEMIT – Università Bocconi).
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Elementi di mobilità sostenibile nella piani cazione di ambiti urbani di Giuseppe Mazzeo
I processi di trasformazione della città hanno l’obiettivo di adeguare le strutture urbane all’evoluzione delle tecnologie e all’applicazione di nuove tipologie insediative. Essi sono stati relegati su un piano secondario solo a partire dalla seconda metà del XVII secolo, ossia da quando alla città si è associato il concetto di espansione. Oggi che questo processo, per motivi diversi, sembra aver perso vigore, le trasformazioni urbane ritornano con forza come principale modello di evoluzione della città. A questa tendenza concorrono varie motivazioni: dalla dimensione raggiunta negli ultimi duecento anni dagli agglomerati urbani, alla presenza di ampi tessuti urbani da riquali care e razionalizzare, alla necessità di alleggerire il peso della città in termini di consumo di materie prime e di carico sull’ambiente, alla necessità di evitare ulteriore consumo di suolo. La caratteristica principale delle operazioni di trasformazione urbana è l’azione su ambiti ristretti della città. La loro applicazione più recente è associata a fattori innovativi in termini di uso e di qualità dello spazio, di riduzione dei consumi e di ridenizione delle connessioni tra soggetti ed attività. Tra le componenti di queste operazioni rientra a pieno titolo la mobilità. I processi di trasformazione urbana sono stati etichettati in modo diverso: dal recupero si è passati alla riquali cazione ed in ne alla rigenerazione. Questa evoluzione terminologica sottintende una trasformazione delle modalità di realizzazione degli interventi che nel corso del tempo hanno acquistato maggiori signi cati socio-economici senza perdere le loro peculiarità siche. Nel complesso questi sistemi di azione possono essere classi cati come piani cazione attuativa di trasformazione e per essi può ipotizzarsi una ulteriore evoluzione relativamente a ruolo e a nalità. In particolare, un obiettivo realistico è la costruzione di un piano che sia capace di rendere la città una struttura neutra dal punto di vista dell’impatto su risorse ed ambiente, che favorisca ed incentivi l’uso delle tecnologie dell’informazione e che si incentri su una gestione innovativa dei cicli di uso dello spazio urbano.
La trasformazione piani cata della città Le pressioni e gli impatti delle aree urbane vengono normalmente associati ai fenomeni di cambiamento climatico locale più che a quelli globali; è evidente però la correlazione che sussiste tra livello locale e livello globale inteso come sommatoria
Elements of sustainable mobility in the planning of urban areas by Giuseppe Mazzeo Urban mobility is a key component of the city. Its optimal functioning contributes to the efficiency of the system and to the increase of its overall quality. There is also the other side of the coin: mobility, especially the personal, contributes signi cantly to the production of greenhouse gases and to the increasing of the overall unsustainability of urban systems. Starting from these considerations, the paper seeks to identify some lines of action to increase the sustainability of mobility. For this purpose, we analyse the potential contribution of some physical elements that compose the city. From the analysis emerges that a mobility component may be associated with physical elements related to it and with physical elements belonging to other components. The examples show, in fact, that a positive impact on mobility can be given, among others, by the functional transformation of elements as buildings, roads, and parking lots. The complexity of the connections present in urban areas clears why the mobility, like the other components, must be placed in a larger design that can only exist within the context of local planning processes. This level of planning is increasingly assuming characters associated with the operations of transformation of the existing city. This aspect, combined with the experimentation of new methods of plan construction, makes the planning of urban areas eld of study in full evolution. Nella pagina a anco, in alto: la strada diviene spazio pubblico nel quartiere Le Albere a Trento. Fonte: http://www. lealbere.it. In basso: Londra: Peter’s Hill e il Millennium Bridge. Connessione tra Tate Modern e St.Paul Station. Foto dell’autore.
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1 - La previsione di occupazione dello spazio urbano nei due casi di utilizzo di modalità tradizionali o innovative di piani cazione. Somerville (USA). Fonte: www.archdaily. com
di n livelli locali. In altre parole, anche se di solito le scale di lettura del fenomeno del riscaldamento globale sono planetarie, quest’ultimo è comunque in uenzato dall’accumularsi dei comportamenti locali. Uno degli obiettivi più ambiziosi che le città odierne devono porsi è la neutralità in termini di consumo di risorse e di emissioni nell’ambiente. Una signi cativa azione di piani cazione che affronti
2 - Tabella 1: piani cazione attuativa sostenibile. Azioni associate alla componente mobilità.
la questione può essere attuata a livello di ambito urbano, mediante processi di rigenerazione. I processi di trasformazione urbana incidono su ambiti sostanzialmente ristretti della città per cui possono essere il luogo ideale per la sperimentazione di tecniche e processi innovativi di pianicazione ed uso dello spazio. Questo campo di sperimentazione necessita di una ride nizione dei con ni della piani cazione genericamente de nita come attuativa, in modo da individuare al suo interno le componenti da utilizzare per raggiungere gli obiettivi pre ssati. Ciò signi ca che esse non devono essere solo quelle classiche, ossia la
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forma urbana, la distribuzione delle volumetrie e la quantità di attrezzature pubbliche, ma devono comprendere anche le caratteristiche connesse alla essibilità di uso degli spazi, ai materiali utilizzati e alle modalità di gestione e di funzionamento degli spazi pubblici e privati (Mazzeo, 2016). Ne deriva una struttura di piano che tiene conto di un sistema coordinato di componenti come l’uso del suolo, la forma urbana, il verde urbano, gli edici, l’energia, il clima locale, i ri uti, l’aria, l’acqua, la mobilità, l’economia locale, le caratteristiche demogra che e di salute pubblica, il comportamento degli utenti. All’interno di questa struttura la componente “mobilità” può essere associata ad uno speci co sistema di azioni ciascuna delle quali si con gura come un contenitore da riempire con propri elementi progettuali. La mobilità rappresenta una componente fondamentale su cui agire per raggiungere il traguardo della neutralità ambientale delle città, considerata la sua incidenza in termini di carico ambientale e di costo complessivo per la società (Maternini, 2014). Un quinto delle emissioni di gas serra a livello mondiale sono prodotte dai trasporti in generale. In Europa, ciò si traduce in circa 1 miliardo di tonnellate di CO2 che vengono riversate ogni anno in atmosfera, con le emissioni da traffico veicolare salite negli ultimi venti anni di circa il 14%, prevalentemente a causa del trasporto su strada. L’Italia, dal canto suo, presenta ulteriori caratteri negativi essendo al mondo uno dei paesi a maggiore densità di veicoli circolanti, con oltre 600 auto ogni 1000 abitanti. Ciò si traduce in un rilevante contributo della mobilità veicolare sul totale delle emissioni: nel 2014 la produzione di emissioni di gas effetto serra dovute al trasporto su strada è stato pari al 93,7% del totale delle emissioni del settore trasporti, al 28,9% del settore energetico e al 23,5% del totale nazionale. Inoltre dal 1990 al 2014 le emissioni di GHG dovute al trasporto su strada sono cresciute del 3,2% (ISPRA, 2016). La necessità di inserire la mobilità all’interno di una piani cazione attuativa evoluta è evidente se
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3 - Interlace, Singapore. Fonte: OMA / Ole Scheeren. http://www.domusweb.it.
si ragiona in termini di trend evolutivo dell’attuale sistema urbano. Avvalersi delle stesse modalità di funzionamento della città signi ca incrementare ancora di più quello che già oggi è un con itto latente in termini di emissioni nocive (di cui si è già parlato) e di occupazione di spazi urbani (Camagni et alia, 2002). Alcuni studi, ad esempio, arrivano a prevedere che nell’arco di una ventina di anni lo spazio urbano occupato dai mezzi di trasporto potrebbe raggiungere il 50% del totale (Figura 1). Ai residenti e alle attività urbane resterebbe il restante 50%. È evidente che tale ripartizione non sarebbe sostenibile, da cui la necessità di un profondo ripensamento sull’uso dello spazio urbano e sulla ripartizione delle quote destinate alle diverse attività antropiche.
Elementi di piani cazione della mobilità L’apporto della mobilità locale nella costruzione di città più sostenibili è affrontato in molti casi di piani cazione di ambiti urbani, al punto da divenire uno dei punti che caratterizzano programmi di intervento e progetti di sistemazione urbana. Tra questi si riportano due casi di particolare interesse. Interlace a Singapore è un intervento che ha avuto per oggetto la realizzazione di un complesso residenziale localizzato nell’area di Southern Ridge Trail. Il lotto, di circa 170.000 mq, è posto nei pressi della zona portuale della città ed è organizzato con una serie di edi ci in cemento armato la cui posizione crea un gioco di spazi ampiamente utilizzato per la localizzazione di aree destinate ad attività collettive. Il progetto comprende anche una serie di servizi di supporto ai residenti, realizzati nel rispetto dei principi di sostenibilità ambientale. Un percorso pedonale connette l’accesso principale alle diverse corti, che diventano aree di incontro e di socializzazione, mentre un sistema di percorsi secondari porta agli ingressi dei diversi
blocchi edilizi. Ciascuno degli 8 cortili ha una propria conformazione e una propria funzione, creando spazi aperti a diversa destinazione. Le caratteristiche di sostenibilità ambientale dell’intervento sono conseguite mediante strategie architettoniche e compositive che mostrano una attenta considerazione degli elementi che formano il paesaggio costruito e mediante tecnologie avanzate di tipo passivo che riducono in modo rilevante i consumi energetici. Dal punto di vista della mobilità la sostenibilità dell’ambito si fonda su alcune scelte come la localizzazione sotterranea delle aree di sosta e di parcheggio e la eliminazione del traffico veicolare di super cie. Questa scelta permette di destinare la super cie libera prevalentemente a verde, sia nella parte interna dell’intervento che nella fascia perimetrale esterna, destinata a percorso pedonale continuo utilizzabile per attività sportive all’aperto. Il secondo caso è relativo ad una idea-piano allo stato concettuale. Portland Green Loop è un progetto di riquali cazione nell’area centrale di Portland che prevede la realizzazione di un sistema di mobilità attiva della lunghezza di circa 6 miglia. Si presenta sostanzialmente come uno spazio pubblico pedonale il cui obiettivo è facilitare nuovi modi di vivere la città consentendo un contatto più diretto degli individui con l’ambiente urbano. L’idea è quella di connettere una serie di nodi urbani centrali mediante spazi pubblici e percorsi non automobilistici che attraversano la città, con l’obiettivo di ridurre le emissioni di gas effetto serra derivanti dalla mobilità tradizionale e di creare uno spazio pubblico più amichevole. A questo scopo si prevede la realizzazione di percorsi multiuso, la separazione sica delle diverse tipologie di mezzi, la realizzazione di progetti creativi di arredo urbano e la formazione di un sistema continuo del verde. Dagli esempi discende che una piani cazione attenta ai cambiamenti in atto deve muoversi verso due direzioni. La prima affronta la complessità 11
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4 - Il Green Loop a Portland. Fonte: http://forum.skyscraperpage.com.
5 - Tabella 2: caratteri generali della mobilità urbana.
urbana con una risposta integrata che guarda alle parti che compongono la città come ad un sistema il cui funzionamento può migliorare in seguito ad un processo di piani cazione di tipo locale. La seconda è l’inserimento nei processi di pianicazione delle migliori innovazioni e dei migliori sistemi tecnologici a disposizione, in modo da incrementare la risposta delle singole componenti che ne fanno parte. Questo schema logico vale in particolare per la mobilità. Dato un generico ambito urbano gli spostamenti che traggono origine da esso o terminano in esso possono dare luogo a due categorie di mobilità. La prima è la mobilità come insieme degli spostamenti che vanno dall’ambito verso l’esterno e viceversa; la seconda è la mobilità come insieme degli spostamenti all’interno dell’ambito (Fig. 6). Queste due tipologie di mobilità presentano elementi distintivi molto diversi tra di loro (Tabella 2). La prima è caratterizzata da grandi numeri in termini di usso e di portata, si sviluppa su lunghezze di media dimensione ed utilizza in prevalenza sistemi di trasporto individuale, senza dimenticare l’esistenza di una componente non trascurabile di trasporto collettivo su rotaia e su gomma. Componente essenziale di questa categoria di mobilità sono gli assi lineari su cui si sviluppano i ussi. La seconda è caratterizzata da una mobilità a bassa capacità di portata, di lunghezza limitata, la cui componente principale è quella attiva (pedonale e ciclabile). Fa parte di questa seconda categoria anche la mobilità veicolare privata, con valori per12
centuali che possono essere molto diversi da città a città. Componenti essenziali di questa seconda categoria di mobilità sono le dotazioni in termini di aree di sosta, fondamentali in ambito locale. Altro carattere che distingue le due tipologie di mobilità è l’incidenza degli spazi dedicati alla stessa in rapporto alla super cie complessiva. Possiamo de nire tale indicatore come un “indice degli spazi di mobilità” (ISM) che, al pari di un indice super ciale, è dato dal rapporto tra spazi occupati dai sistemi di mobilità e spazi totali. Nel primo caso si ha a che fare con un denominatore molto grande, da cui deriva che l’indice delle aree dedicate alla mobilità è basso ed è incentrato prevalentemente su elementi lineari (assi di usso) che diventano areali in prossimità dei nodi. Nel
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secondo caso si ha a che fare con ambiti urbani di piccola e media dimensione per cui l’indice delle aree dedicate alla mobilità è più elevato in quanto è più tta la rete locale di distribuzione dei mezzi. Essa, inoltre, anche se ancora prevalentemente lineare, tende a permeare lo spazio locale in modo più continuo. È evidente, quindi, la dimensione pervasiva assunta dagli spazi dedicati alla mobilità all’interno dei sistemi urbani. Come possono tradursi queste considerazioni in indirizzi di piano? Per quanto detto in precedenza, è necessario analizzare gli elementi fondamentali che compongono un piano ed ipotizzare le possibili traiettorie evolutive di ognuno di essi. Consideriamo tre elementi fondamentali come l’edi cio, la strada e le aree di sosta. Il sistema urbano ha come elemento fondamentale l’edi cio. Esso può essere considerato come il mattoncino Lego che si utilizza per costruire la città. L’edi cio diviene quindi il punto di partenza per attuare un cambiamento radicale anche relativamente agli aspetti connessi alla mobilità. Se si considera un edi cio tradizionale si ha che fare con un volume nel quale ogni persona o famiglia è tendenzialmente connessa ad un veicolo (Fig. 8) (1). Le politiche pubbliche di potenziamento del trasporto collettivo possono in uire su questa situazione al punto da fermare la tendenza all’incremento del parco circolante e da invertirla (2). Questa inversione consente il recupero di spazi all’interno dell’edi cio e il loro riuso per altre funzioni (3), connesse o meno alla mobilità, ma svolte in modo innovativo: basti pensare ad una piccola otta di veicoli elettrici in sharing utilizzabili a rotazione dagli utenti dell’edi cio. In prospettiva l’edi cio, nato per essere occupato da persone ed autoveicoli, si trasforma racchiu-
dendo al suo interno funzioni diversi cate connesse all’abitare, come la presenza di mezzi non inquinanti, nuovi servizi di gestione della mobilità intelligente o la produzione di energia (4). Se dall’edi cio si passa alla strada come spazio pubblico utilizzato per la vita urbana e per la mobilità, il ragionamento che viene fuori è identico. Anche questo spazio può subire un processo evolutivo: in questo caso si tratta di modi care la percentuale di utilizzo della sezione stradale da parte dei veicoli privati espandendo gli spazi per la mobilità attiva e per quella non inquinante. Il ragionamento può essere portato ad estremi ancora più radicali se si ipotizza di combinare lo spazio della carreggiata con la utilizzazione di veicoli a guida autonoma (Figura 9). I progetti delle case automobilistiche e di alcune aree metropolitane avanzate come quelle californiane prevedono scenari secondo i quali un veicolo può percorrere in modo autonomo il percorso che va da un punto A ad un punto B dopo aver scelto la migliore alternativa di percorso. È evidente che la predisposizione di carreggiate riservate a questa tipologia di veicoli, soprattutto nelle parti di città dove si prevede la loro massima concentrazione (aree centrali o aree destinate ad attività produttive e di servizio), rappresenta un modo per incrementare al massimo livello di efficienza la durata temporale del percorso e la sicurezza in un ambiente complesso come quello urbano. Per realizzare questo obiettivo è necessario combinare all’interno dei mezzi in circolazione due tecnologie che potranno avere un forte impatto sulle città: le tecnologie che utilizzano fonti energetiche non inquinanti e le tecnologie di connessione ICT. Un terzo protagonista del panorama urbano mo-
6 - Tipologia di spostamenti connessi ad un ambito urbano. 7 - Indice degli spazi di mobilità (ISM) come rapporto tra la super cie dedicata (SSM) e la super cie territoriale (ST).
8 - Trasformazione d’uso dell’edi cio. Fonte: http:// cargocollective.com.
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9 - Mutamenti di funzione nello spazio pubblico stradale. Fonte: http://cargocollective.com. 10 - Cambiamenti nella mobilità e razionalizzazione dello spazio nelle aree di sosta. Fonte: www.archdaily.com.
derno sono le aree di sosta e di parcheggio. Sia nella forma a raso, sia in quella multipiano queste dotazioni sono sicamente invasive ed ingombranti. La combinazione delle pratiche di sharing (che tendono a ridurre il numero di veicoli circolanti) con le tecnologie ICT (che hanno l’obiettivo di incrementare l’efficienza spazio-temporale dei percorsi) può ridurre signi cativamente la durata media di un percorso e quella di ricerca di parcheggio, con la conseguenza di rendere super ua una signi cativa aliquota di super ci destinate alla sosta. Ciò si traduce nel fatto che questi spazi potranno essere riconvertiti ad usi urbani più sostenibili (Fig. 10).
Considerazioni nali Le azioni relative alla componente mobilità riportate nella Tabella 1, insieme alle azioni appartenenti alle diverse componenti che entrano all’interno di un piano di trasformazione urbana, possono essere considerate come la base necessaria per realizzare nuovi modelli insediativi. Questo piano rientra in un processo di innovazione dell’intervento nella città che si fonda sull’applicazione diffusa di tecnologie di controllo ambientale e di contenimento dei consumi energetici, sul ritorno nella città dei processi industriali a tecnologia avanzata – la “fabbrica 4.0” (Con ndustria, 2015) –, sulla utilizzazione di sistemi informativi capaci di incrementare i processi conoscitivi e di 14
uso efficiente della città. Rientrano in questo processo anche il controllo e la gestione dei fenomeni naturali ed atmosferici e l’applicazione di principi di gestione dei rischi ai processi di governance urbana. Obiettivo di queste innovazioni è portare gradualmente la città verso la neutralità in termini di consumo delle risorse in modo da incrementare la sua sostenibilità complessiva. Questo è possibile se c’è una visione sistematica che supera il singolo elemento urbano ed espande le caratteristiche di sostenibilità all’intera struttura attraverso l’utilizzo di azioni che vanno in due direzioni: da un lato le azioni di piani cazione locale che dovranno essere disegnate e realizzate con il vincolo della minimizzazione dell’impatto; dall’altro, l’azione sulla restante parte della città, sulla quale è necessario prevedere programmi di retro tting con l’obiettivo di ridurre gradualmente gli impatti negativi. In questo modo è possibile programmare le trasformazioni urbane utilizzando tecniche e tecnologie indirizzate verso una piani cazione Near Zero Energy (Planning) (NZEP), ossia formulando piani ad impatto quasi nullo sul sistema ambientale ed agendo con continuità sulla città esistente sulla base di principi di razionalità ed attenzione alle risorse disponibili. Tale obiettivo può essere raggiunto se la mobilità, componente ad elevato impatto sul funzionamento delle città, fa la sua parte modi cando le modalità nelle quali si realizza. È evidente che ciò si tradurrà nella necessità di
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forti investimenti economici, ma è altrettanto evidente l’esigenza di muoversi in questa direzione trasformando quella che è un bisogno sempre più impellente in una occasione di rilancio e di sviluppo economico e sociale. © Riproduzione riservata
Sitogra a http://w ww.archdaily.com/777791/smart-moves-for- cities-the-urban-mobility-revolution-will-start-with-these3-projects.
11 - Shanghai, stazionamento di bike sharing nei pressi dell’area residenziale di Fu Xing Park. Foto dell’autore. 12 - Barcellona, Avinguda Diagonal, la sede del tram. Foto dell’autore.
http://www.karanshah.co/2030-urban-mobility-project/. http://cargocollective.com/jgsoares/SHARED-MOBILITY.
Bibliogra a
http://www.scoop.it/t/new-mobility-solutions.
Camagni R., Gibelli M.C., Rigamenti P. (2002). “Urban mobility and urban form: the social and environmental costs of different patterns of urban expansion”. Ecological Economics, 40, 199-216.
http://www.domusweb.it/it/architettura/2014/07/01/the_interlace.html.
Con ndustria (2015). Fabbrica 4.0. La rivoluzione della manifattura digitale. Milano: Il Sole 24 Ore.
h t t p : // f o r u m . s k y s c r a p e r p a g e . c o m / s h o w t h r e a d . php?t=224028.
ISPRA (2016). Italian Greenhouse Gas Inventory 1990-2014. National Inventory Report 2016. Rapporto 239. ISPRA, Roma.
http://www.lealbere.it/?g=le-albere
https://www.portlandoregon.gov/bps/65670.
Maternini G. (cur.) (2014), Trasporti e città. Mobilità e piani cazione urbana. Forlì: EGAF. Mazzeo G. (2016). La città leggera - Smart City e urbanistica attuativa. Napoli: FedOAPress.
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Autonomous driving e le innovazioni nella mobilità e nella forma urbana di Raffaele Galdi
Osservare, piani care, programmare e gestire la mobilità urbana del futuro è la principale s da che esperti e policy maker dovranno affrontare cercando di elaborare approcci innovativi capaci di intercettare i cambiamenti in atto. Questo perché i paradigmi e i modelli di consumo dei servizi di mobilità stanno cambiando alla stessa velocità evolutiva delle tecnologie che stanno alla base del settore e di pari passo con nuove abitudini espresse dagli utenti, che stanno pian piano lasciando la posizione di meri fruitori di servizi in favore di quella di parziali erogatori dei servizi stessi. La piani cazione della mobilità, e conseguentemente anche la piani cazione urbana, dovranno quindi raccogliere questa s da, trovando il modo di denire azioni e politiche che sappiano tenere insieme le diverse forme di mobilità urbana innovativa, abbandonando schemi operativi tradizionali che non si adattano alla contemporaneità, sviluppando nuovi modi d’uso sia dei servizi che della città. Questo soprattutto alla luce di tecnologie, quali quelle della guida autonoma, che avranno una forza disruptive tale da rivoluzionare i modelli di uso, erogazione e fruizione dei servizi di mobilità, a cui dovranno seguire nuove modalità di pensare, piani care e progettare sia i trasporti che soprattutto gli spazi urbani.
Tecnologie quali strumento per la rivoluzione della mobilità urbana Fino al primo decennio del 2000 i sistemi urbani basavano le loro forme di trasporto e mobilità su due elementi centrali: uno di erogazione prettamente pubblica, ossia il trasporto pubblico locale tramite mezzi differenti quali bus, tram, treni e metropolitane, e un altro prettamente privato, centralmente basato sull’auto o comunque un mezzo di proprietà di un singolo. A questi due elementi si affiancava una forma ibrida, ossia un mezzo privato che eroga un servizio pubblico, quali i taxi. Banalmente quindi un cittadino per muoversi da un punto A ad un punto B poteva scegliere esclusivamente tra un mezzo pubblico e la propria auto. Questo paradigma è quello su cui la mobilità urbana si è basata per decenni, in una dicotomia che si dimostrava ssa, ossia erano inesistenti o poco rintracciabili forme di fruizione ibride, tali per cui un utente di TPL difficilmente utilizzava il proprio mezzo privato, spesso anche perché tale soggetto sceglieva il mezzo pubblico come unica opzione non possedendo una auto, e maggiormente il sin-
Autonomous driving and the innovations in mobility and in the urban development by Raffaele Galdi The growth and the evolution of the technologies are enabler to change how ho urban mobility is used by the citizen of the contemporary city, and the autonomous driving is the major innovation that is expected to express that change. The main challenge of the future urban mobility is to understand how to create an integrated system that is able to offer different solution to the different needs expressed by the citizen. But as the driverless car is almost ready to run on the roads of our city, is time to nd ways to help this disruptive innovation to set its place around a driverless city, understanding how streets and parking area may be redeveloped as is to expect a less need due to less cars around. The article tries to explain what is to expect for the driverless car in term of new urban mobility system and new occasions for to develop a proper resilient city.
Nella pagina a anco, in alto: Google Car (fonte: Google); in basso: Intersezione con auto driverlsess (Fonte IBM).
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1 - Evoluzione delle tecnologie dell’auto autonoma (elaborazione dell’autore).
golo privato quasi mai lasciava la propria auto per prendere un mezzo pubblico. I due modelli quindi operavano parallelamente non avendo mai punti di incontro o scambio. Con l’evoluzione tecnologica e le innovazioni organizzative le forme e i modelli di mobilità urbana hanno subito una radicale cambiamento, e pian piano si sta rompendo questa dicotomia che ha contraddistinto il trasporto urbano nelle città. L’elemento che ha spinto questa piccola grande rivoluzione è appunto la tecnologia: non solo quella applicata sui mezzi, ma principalmente quella digitale che ha funzione di enabler per nuove tipologie di servizi di mobilità. La diffusione dei device mobili quali gli smartphone, le tecnologie ITS, come quelle basate su GPS e di traffic planning hanno messo in campo nuove opzioni, che hanno rotto il legame diretto tra mezzo e suo proprietario, dando vita a forme di condivisione. Parliamo quindi centralmente dei servizi di sharing, intesi quali il car o bike sharing, e i servizi di ride sharing. Se nei primi il mezzo che tipicamente era di proprietà privata e utilizzato esclusivamente dal suo proprietario, viene ora condiviso da più soggetti, nel secondo caso invece sono i tragitti ad essere condivisi, ossia un soggetto offre la possibilità di condividere un viaggio (urba18
no o extraurbano) con altre persone che devono svolgere quello stesso tragitto. Le forme di sharing mobility sono differenti nella loro conformazione e caratterizzazione puntuale, ma nel loro complesso hanno ibridato i servizi di mobilità, dove l’accezione centrale si osserva nella espressione per cui quelli che erano tipicamente semplici fruitori di mobilità, oggi possono essere soggetti erogatori degli stessi servizi. Questo però rappresenta solo il prodromo di una più ampia e radicale innovazione che si prospetta nei prossimi 15/20 anni, che amplierà le forme di innovazioni e romperà ulteriormente gli schemi operativi, compositivi e funzionali della mobilità urbana. Questa innovazione si basa, anche in questo caso, sulle evoluzioni tecnologiche, ed è la guida autonoma, o anche detta autonomous driving.
Autonomous driving, una rivoluzione già pronta La s da del futuro della mobilità risiede in un’innovazione che appare tanto utopistica, quanto realistica. Questa è rappresentata dalla possibilità
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2 - IBM Commuter pain index (Fonte IBM Global).
che un mezzo, un veicolo, non sia necessariamente guidato da una persona, da un conducente, ma che possa muoversi autonomamente, quindi senza il controllo umano ma comandato dalle tecnologie informatiche e digitali. L’autonomous driving è in realtà molto di più: è un processo incontrovertibile che non coinvolge solamente un mezzo, ossia un veicolo, al quale le tecnologie permettono di spostarsi da solo, ma riguarda l’intero ecosistema urbano entro il quale tale mezzo si potrà muovere, sia da un punto di vista morfologico e compositivo, sia per il modello di fruizione dei tessuti urbani e della città nel suo complesso. Il punto di partenza sono le tecnologie che permetteranno la realizzazione di quello che a molti è sembrato un sogno futuribile e mai realizzabile, ma che è già quasi realtà, dal momento che molte di queste tecnologie sono presenti e disponibili. La driverless car, infatti è il culmine di un processo evolutivo che è già avviato e che pian piano farà sì che il controllo del veicolo passerà da un conducente umano ad uno digitale. É un processo che si muove per livelli e che si basa sulle tecnologie ITS che si applicano in maniera diretta all’automazione dei veicoli. Un veicolo autonomo deve, come un normale veicolo guidato
da un uomo, essere in grado di raccogliere una serie di informazioni che vanno dalla funzionalità del veicolo, allo stato delle infrastrutture su cui viaggiano, alla presenza di ostacoli. Queste informazioni, che un conducente di un veicolo tradizionale apprende attraverso la vista, un veicolo autonomo le deriva tramite l’utilizzo di sensori che rappresentano di fatto l’occhio che conduce, assiste e potenzialmente guida il veicolo stesso. Questi sensori sono la base tecnologica dell’automazione dei veicoli e ad oggi sono ampiamente diffusi. L’utilizzo e l’applicazione di queste speci che tecnologie avviene in maniera incrementale, dando di fatto il via alla costruzione di un percorso che parte da un veicolo privo di automazione ad un veicolo a completa automazione. Si parla di sei livelli di automazione, in base alla presenza di speci che tecnologie e al loro grado di impegno. Il percorso è quindi avviato ed è già iniziato da tempo e un numero sempre maggiore di vetture di lusso o medio segmento offrono, ad oggi, tecnologie semi-automatiche come il cruise control con cui l’auto può mantenere una velocità ssa, o le telecamere posteriori aiutano nelle manovre di retromarcia, o ancora i sensori interni ed esterni aiutano nel parcheggio e a non uscire di strada. Questo permette di dire che le prospettive che il mercato dell’auto sia rivoluzionato con l’introduzione delle driverless car sono più vicine di quanto si possa pensare. Continuando su questa strada, quella della self driving car è una certezza che arriverà entro un paio di decadi. C’è chi stima un tempo maggiore o minore, ma l’unica certezza è che arriverà, e il processo di trasformazione sarà graduale, non tanto per cause tecnologiche (le tecnologie sono attualmente già disponibili), ma per motivi regolamentari e sociali con la realtà esistente. Secondo Navigant Research, il trend crescente dovrebbe portare ad un mercato di 85 milioni di veicoli autonomi venduti annualmente per il 20351 su scala globale. Secondo Transparency Market
3 - Penetrazione delle tecnologie nel parco auto da 2017 al 2050 (elaborazione dell’autore).
1 Navigant Research (3Q 2015). Report “Advanced Driver Assistance Systems and the Evolution of Self Driving Functionality: Global Market Analysis and Forecasts” (website).
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Research2, è stimato che il mercato delle global connected car raggiungerà i 131,9 miliardi US$ nel 2019, crescendo ad un CAGR del 34,7 % dal 2013 al 2019. Un altro studio, promosso da Pike Research, individua come la diffusione sempre più massiccia di Sistemi di Trasporto Intelligenti garantirà al mercato delle tecnologie e dei servizi ITS un valore di 20 miliardi di euro nel 2020. Per McKinsey3, i veicoli a guida autonoma potrebbero avere un impatto tra i 200 miliardi e 1,9 bilioni di dollari all’anno entro il 2025 assumendo che, tra il 75–90% di auto vendute tra il 2017 al 2020 del top di gamma e il 20–30% di fascia media, saranno dotate di capacità di guida autonoma. Questo si traduce in circa 10–20% delle 1,2 miliardi di auto private previste sulla strada al 2025, che dovrebbero avere abilità di guida autonoma almeno in metà di tutte le situazioni di traffico. L’analisi in ne ritiene possibile che, tra il 2015 e il 2025, dal 10 al 30% dei veicoli pesanti venduti saranno parzialmente autonomi. Secondo un’indagine4 del World Economic Forum & Bcg, il mercato dei veicoli autonomi raggiungerà gradualmente il 25% delle nuove vendite: la penetrazione di mercato dipenderà fortemente dai premi assicurativi e dalle norme sulla sicurezza. Nei prossimi anni i veicoli completamente autonomi (L5) vedranno la luce per il 2025, con un prezzo di 10 mila dollari superiore rispetto allo stesso modello non autonomo. Come per le precedenti innovazioni tecnologiche (ad esempio l’ACC e CC) si stima un periodo di 1520 anni per una penetrazione del mercato globale pari al 25%. Il grado di penetrazione dei veicolo autonomi raggiungerà il 12-13% delle vendite entro il 2025. Entro il 2035, la penetrazione dei veicoli autonomi potrebbe raggiungere il 25%, di cui circa il 10% sarà pienamente autonomo e il 15% parzialmente autonomo. In un report di KPMG sui veicoli connessi e autonomi, la società stima che la tutti i veicoli, prodotti in UK, saranno dotati di un livello di automazione L3 entro il 2027 e per il 2020 ci sarà un livello di penetrazione del 25% dei veicoli pianamente autonomi. Questo evidenzia come nell’arco di meno di 15 anni potrà esserci un completo rinnovamento delle forme di uso e consumo della mobilità urbana, con effetti che toccheranno vari ambiti. Questo anche perché sono molte le aziende che si sono lanciate verso questo tipo di sistemi, e si sta assistendo anche a una rivoluzione nella rivoluzione, con la presenza di nuovi attori non direttamente legati al settore automotive che giocheranno un ruolo centrale nello sviluppo della driverless car. Saranno infatti le realtà tecnologiche ad avere un’importante posizione, come il gigante Google che ha già investito nel progetto driverless car, inizialmente utilizzando un prototipo della Toyota Prius riadattato alla sue necessità e più recentemente sviluppando 100 prototipi self-driving, completamente elettrici, con un range di autonomia di circa 160 km, che possono essere controllabili con uno smartphone. La Google car, monta un sistema dotato di sensori, telecamere e sistemi di posizionamento, in grado di vedere no a 183 metri in ogni direzione, navigando agevolmente le
strade urbane (EV City Casebook, 2014). Inoltre dal 2016 Fiat Chrysler Automobiles (FCA) ha sviluppato una partnership proprio con Google e sono stati prodotti alcuni esemplari di minivan Paci ca che si guidano da soli grazie alle tecnologie Waymo5 del gigante di Mountain View. Iniziative in questa direzione sono state intraprese anche del colosso Apple, che ha de nito il piano Titan per sviluppare la sua auto. Si tratta di un progetto prioritario per l’azienda di Cupertino che vedrà la luce per il 2019 con l’obiettivo è quello di realizzare una vettura ecologica di prossima generazione, non necessariamente driverless, anche se l’obiettivo di lungo termine sembrerebbe essere quello. Nel 2016 la Apple ha parzialmente deciso di dedicarsi solo alle tecnologie delle driverless car, senza necessariamente realizzare i veicoli ma sviluppando collaborazioni successivamente. Numerose case automobilistiche stanno scendendo in campo, anche in Europa il gruppo francese PSA Peugeot-Citroen sta testando la sua tecnologia driverless, avendo ottenuto l’autorizzazione a far circolare 4 prototipi su strada aperta per il 2015 e una quindicina per il 2016, è riuscita a far attraversare l’autostrada Parigi–Bordeaux senza alcun intervento umano ad uno dei suoi prototipi. Tesla Motors sta sviluppando queste tecnologie, che sono in parte già presenti nei modelli di auto già prodotti, e l’obiettivo è quello di rendere tali funzioni più avanzate. A febbraio del 2017 anche Ford6 ha annunciato che nei prossimi cinque anni investirà un miliardo di dollari nella startup di sviluppo di intelligenze arti ciale Argo AI, cosi come il gruppo Volkswagen7 investirà circa 165 milioni di euro nell’azienda cinese Mobvoi. In Italia il progetto di Vislab, uno spinoff universitario recentemente acquisito da Ambrella, ha suscitato molto interesse riuscendo a brevettare un software in grado di far percorrere ad un’auto più di 13.000 km da Parma a Shanghai completamente in modalità driverless. Anche la società che si occupa di ride sharing, Uber, ha messo in piedi una struttura che si occupa della guida autonoma che rappresenterebbe una delle innovazioni più importanti per il proprio business dal momento che renderebbe super ua la presenza di autisti che nello schema operativo di Uber rappresentano un costo. In relazione a questo a ne del 2016 ha avviato dei test reali per le strade della California utilizzando una Volvo XC90 che hanno viaggiato per le strade di San Francisco con dei sistemi autonomi applicati sui tetti delle auto, facendo anche dei servizi ai passeggeri. Ne è nata anche una disputa con lo Stato, in quanto la società ha operato senza adeguati permessi, che lo Stato richiede in termini di assicurazione dei veicoli, cosi come richiesto ed effettuato da altre compagnie cui lo stato della California ha permesso di effettuare test per le strade.
2 Transparency Market Research (Settembre 2013). “Connected Car Market - Global Industry Analysis, Size, Share, Growth, Trends and Forecast, 2013- 2019”. 3 McKinsey (2013). Disruptive technologies: Advances that will transform life, business, and the global economy. 4 BCG Perspectives (2015). Revolution in the Driver’s Seat: The Road to Autonomous Vehicles.
5 https//.medium.com/waymo/a-first-look-at-our-waymo-fully-self-driving-chrysler-pacifica-hybrid-minivans 5677e5e67750. 6 https://www.nytimes.com/2017/02/10/technology/ford-invests-billion-arti cial-intelligence.html?_r=0 7 http://www.cnbc.com/2017/04/06/volkswagen-expandsfootprint-in-china-with-arti cial-intelligence-venture.html
I potenziali impatti della driverless car Con l’aiuto dell’auto driverless è previsto un impatto positivo in termini della sicurezza di pedoni e
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4 - I superblocks di Barcellona (Fonte Comune di Barcellona).
passeggeri nei veicoli, dal momento che la maggioranza degli incidenti sono causati da distrazione, stanchezza o eccessiva velocità. La guida affidata ai sistemi tecnologici garantirà una maggiore attenzione evitando il rischio di sinistri causati dalla distrazione del guidatore. Le sperimentazioni sono proprio concentrate su questo punto al ne di so sticare i sistemi di guida autonoma per trovare i modi adatti per rispondere ad eventi imprevisti potenzialmente causati da pedoni o altri soggetti sulla strada. La difficoltà sta infatti nel gestire il rapporto tra computer e uomo, nella gestione di imprevisti, educando il computer a sviluppare la stessa so sticata attenzione - e si parla per questo di “intelligenza arti ciale” - che potrebbe avere un conducente umano nel gestire una situazione di rischio imprevisto, come ad esempio un attraversamento improvviso. Questa forse è la fase più complessa del percorso verso la guida autonoma. Se infatti sicuramente il viaggio si trasformerà in un’esperienza totalmente diversa, potendo il viaggiatore dedicarsi ad attività maggiormente produttive, lavorando o facendo altre attività, sarà necessario che questa tenga conto delle dinamiche della strada garantendo altissimi livelli di sicurezza, e le prerogative che questa sicurezza potrà esserci sono molto chiare. Impatti potenzialmente positivi potranno esserci anche da un punto di vista ambientale. Come evidenziato in uno studio del Luglio 2015 di Berkeley Lab8, le grandi città potrebbero ridurre le emissioni, eliminando il concetto di “passeggero singolo”, e creando un sistema di trasporto basato un sistema di taxi autonomous driving con motore elettrico, portando ad una riduzione delle emissioni no al 94% per il 2030. Questo signi ca che lo sviluppo 8 Greenblatt, Jeffery B., Samveg Saxena (2015). “Autonomous taxis could greatly reduce greenhouse-gas emissions of US light-duty vehicles.” Nature Climate Change.
della driverless car potrà essere tassello utile a rientrare nei target di riduzione delle emissioni e degli inquinanti atmosferici previsti a livello nazionale e internazionale, sia per il motore elettrico che questi veicoli avranno, sia per le forme innovative di mobilità sempre più indirizzate verso la maggiore condivisione del mezzo, a fronte di una sensibile riduzione dei veicoli privati e del fenomeno del passeggero singolo. Meno passeggeri singoli signi cherà anche una riduzione della congestione urbana anche grazie al fatto che le tecnologie di navigazione GPS che guideranno le driverless car lo faranno seguendo percorsi ottimizzati sulla base di informazioni che costruiscono l’itinerario per raggiungere la destinazione sulla base di informazioni ottenute in tempo reale dalle infrastrutture, dalle otte di veicoli, dagli altri conducenti che utilizzano smartphone, dai servizi meteorologici o ancora dai sensori di velocità del veicolo. Se questi strumenti sono disponibili e già utilizzati grazie agli smartphone da 180 milioni di automobilisti, le evoluzioni e la diretta applicazione di queste tecnologie sui veicoli a guida autonoma permetteranno importanti riduzioni della congestione urbana, liberando le strade da un numero di veicoli sempre maggiore, e di conseguenza innalzando la qualità di viaggio e spostamento degli utenti. Questo inoltre produrrà un ulteriore effetto su quelle che sono le attività e le esperienze di viaggio, che non saranno più ridotte al muoversi da un punto A ad un punto B. Di fatto, non guidando, il conducente e i passeggeri potranno dedicare il proprio tempo ad altre attività come scambi sociali, riposo, hobby, riducendo i fattori di stress che minano salute e produttività lavorativa delle persone. Proprio la riduzione dello stress è un fattore interessante in termini di qualità di vita delle persone che abitano le aree urbane maggiormente traffi21
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5 - La WAYMO di FCA (Fonte FCA).
cate. L’IBM (IBM Global Commuter Pain Survey, 2011)9 ha sviluppato degli studi che analizzano, in sintesi, quello che è il grado di disagio che gli automobilisti percepiscono alla guida della loro auto. Quello che emerge è che nelle capitali mondiali, soprattutto nei paesi emergenti, in cui si sta assistendo ad una repentina crescita del numero dei veicoli sulle strade, gli autisti percepiscono il disagio e lo indicano come fattore di stress.
Guida autonoma e città, una relazione nuova Finora sono stati citati potenziali effetti che la diffusione dell’autonomous driving potranno avere sull’ambiente e la qualità urbana. L’impatto forse più dirompente potrà essere invece proprio sulla città, sulla sua forma e i suoi spazi, in relazione al progressivo cambiamento delle modalità di spostamento all’interno delle aree urbane. Se infatti uno degli impatti maggiori delle driverless car sarà quello di ridurre il numero dei veicoli che circoleranno sulle strade di Milano, Los Angeles Londra, Pechino, e delle altre città del mondo, questo implicherà che grandi parti di queste città dovranno trovare nuovi modi di uso e adattarsi ad un cambiamento importante. Questo è immaginabile in relazione al fatto che meno auto private in circolazione porterebbero ad una minore necessità di parcheggi, strade più libere e quindi nuove conformazioni e conseguenti nuovi usi. Questo vuol dire che gli spazi n ora dedicati alla circolazione e alla sosta dei veicoli potranno essere reinventati in
9 L’indice tiene conto di diversi fattori di disagio calcolati e percepiti: i tempi medi di percorrenza per recarsi al lavoro, il tempo perso negli imbottigliamenti, la percezione del prezzo dei carburanti, la percezione dell’evoluzione delle condizioni del traffico, la sensibilità degli automobilisti alle fermate frequenti in una situazione di congestione, lo stress al volante, il nervosismo al volante, l’impatto del traffico sulle condizioni di lavoro, la % di automobilisti costretti a non muoversi più a causa delle cattive condizioni del traffico.
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un nuovo spettro di funzioni sociali10. (Ratti, Seanseble Lab, 2016). La s da quindi sta nel rintracciare forme di resilienza urbana tali da far fronte ad una spinta innovativa generata da nuovi modelli di mobilità guidati dalle nuove tecnologie della driverless car. Questo perché per parlare di guida autonoma bisogna non solo osservare le dinamiche tecnologiche applicate alle auto, ma attuare le adeguate progettualità anche ai sistemi urbani entro i quali queste auto dovranno muoversi. Si è quindi davanti ad una fase potenzialmente rivoluzionaria che porterà a cambiare sia i modi i cui ci si muove nella città, ma anche come la si vive, e quindi la si progetta nel suo complesso. Questa s da dovrà quindi essere portata avanti da diversi punti di vista e soggetti: non solo dalle industrie automotive e dai giganti tecnologici che metteranno sulle strade le driverless car, ma anche da progettisti, urbanisti, architetti, e soprattutto policymaker, che dovranno adattare la città a quella che potenzialmente è una rivoluzione che non ha precedenti. Questo perché la driverless car porta con sè dinamiche del tutto innovative e potenziali effetti che nora non sono stati affrontati. La tecnologia abilitante delle auto autonome implica sicuramente una nuova forma di offerta e consumo della mobilità urbana basata sempre meno sul possesso del mezzo e sempre più sulla sua condivisione. Primo passaggio quindi è quello di porre le basi di questo nuovo modello di mobilità urbana, con la costruzione di un sistema uido, continuo e senza tagli, ossia un sistema di seamless mobility che permetta agli utenti di servirsi dei servizi di mobilità di auto autonome condivise, basato potenzialmente su servizi a chiamata, in cui si prenota un’auto che verrà a prendere l’utente nel punto A per condurlo nel punto B, sviluppando quindi un servizio assimilabile al ridesharing, ma senza la presenza di un conducente umano. Questo sistema dovrà quindi essere integrato con gli altri sistemi di mobilità 10 “Cities should take back their parking spaces” Carlo Ratti, The Washington Post, 4 Marzo 2016.
TRASPORTI & CULTURA N.47 pubblica, siano essi urbani o sovraurbani, con gli altri modi di trasporto (gomma, ferro, bicicletta) costituendo un modello ibrido, integrato e multiforme che offra diversi servizi adatti alle diverse domande di mobilità espresse dagli utenti. Si parla di una completa ride nizione dei modelli di mobilità urbana che superano la dicotomia trasporto pubblico di linea e mobilità privata, sviluppando un sistema integrato, e continuo. Questo modello, che è già di fatto esistente in molte realtà mondiali, produrrà una riduzione dei mezzi privati in circolazione rendendo le strade e le aree a parcheggio libere da un gran numero di auto, permettendo di immaginarne un uso nuovo. Questi spazi potranno quindi essere deputati ad attività ad uso pubblico e sociale, restituendoli di fatto alla città e ai suoi abitanti. E quali potrebbero essere le nuove destinazioni e i potenziali usi di questi spazi e delle strade? Alcune realtà urbane stanno già provando ad immaginare a come potranno essere riconformati e ridestinati gli spazi, attraverso preliminari politiche di allontanamento del traffico veicolare dai contesti residenziali, con l’obiettivo di avviare già un processo di innovazione. Uno dei casi più interessanti è quello che stanno implementando a Barcellona, con lo sviluppo del progetto Superblocks11, in cui in più isolati dell’Eixample di Cerdà viene limitato l’accesso dei veicoli. Nello speci co nove isolati verranno idealmente raggruppati da un perimento esterno intorno al quale potranno circolare auto e mezzi pubblici, che però non potranno accedere all’interno del superblock a meno che non siano residenti. Si terrà quindi fuori il traffico di attraversamento, e all’interno potranno transitare solo i veicoli autorizzati con una velocità massima di 10 km/h. Questa implementazione si basa anche su una ride nizione dei modelli di trasporto pubblico locale per garantire la presenza di una fermata ogni 300 metri, per favorire l’uso dei servizi. Questo sistema quindi permetterà di ripensare l’uso della strada, che tornerà nelle mani dei residenti, permettendo la realizzazione di sistemi ciclopedonali liberi e non protetti, e il recupero dei bordi degli isolati per realizzare aree verdi, spazi pubblici per la socialità e la convivialità, con attività che potranno localizzarsi direttamente sulle strade. Barcellona in questo caso può essere un primo esempio o paradigma da cui partire ed ampliare azioni e progetti di recupero urbano come conseguenza di una riduzione del numero di veicoli. Se, infatti, questo esempio si basa su una scelta di limitare il veicoli in accesso ad aree residenziali e non, la prospettiva dell’auto autonoma che porterà in molti a superare il principio di possesso verso quello del consumo in forma condivisa del veicolo, porterà alla effettiva riduzione dei veicoli e alla progressiva liberazione degli spazi.
Conclusioni La rivoluzione dell’auto autonoma dimostra nelle sue preliminari potenzialità una prospettiva innovativa per la città che, grazie alle tecnologie, potrà e dovrà ride nire sia le forme di uso e consumo dei servizi di mobilità, sia gli spazi entro cui questi tipicamente si producono e fruiscono. Se, infatti, a livello micro l’epicentro della trasformazione 11 Superblocks – Ajudamento del Barcelona, 2016.
della mobilità è la driverless car, per realizzare pienamente l’autonomus driving è necessario che a livello macro si parli di driverless city: la quali cazione della città del futuro svolge un ruolo fondamentale nel garantire che la mobilità sia fruibile in modalità self driving. La predisposizione di smart intersection, in grado di far accedere all’incrocio in modo dinamico è solo un esempio di una più ampia strategia di efficientamento dell’utilizzo delle infrastrutture pubbliche, della massimizzazione della capacità, e della riquali cazione, recupero e ri-destinazione d’uso degli spazi pubblici. È quindi una questione di economia e piani cazione dei trasporti, ma anche di progettazione e piani cazione urbana. Le basi da cui partire sono molteplici, ma rientrano in gran parte nel concetto di resilienza urbana ossia nella capacità della città di far fronte alle innovazioni, ad inglobarle operando secondo forme di partecipazione, inclusione e collaborazione, evitando azioni e approcci frammentari, ma piuttosto sviluppando una visione strutturale e strategica. La guida autonoma ha poi la potenzialità di generare un impatto unico, proprio in relazione alla ride nizione della forma urbana, in quanto questo processo potrà di fatto destinare all’uso pubblico e sociale parti di città tipicamente dedicate ad un uso a-sociale e individuale, ossia quello dello spostamento solitario su un mezzo privato, restituendo alla collettività spazi che nora potevano essere de niti pubblici ma destinati ai singoli, intesi come singoli passeggeri o autisti. © Riproduzione riservata
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Politiche innovative di mobilità sostenibile La sharing mobility nelle università italiane di Massimiliano Rossetti, Mario Boffi e Matteo Colleoni
La mobilità rappresenta, unitamente alla nascita e alla diffusione delle nuove tecnologie dell’informazione, uno dei tratti peculiari delle società contemporanee. Un tratto che ha trasformato la vita degli individui, ampliandone i tempi e gli spazi di azione, così come i caratteri delle città in cui essi sempre più numerosi vivono e si muovono. La metà della popolazione italiana vive oggi in città di dimensioni medio-grandi che gravano su una frazione contenuta del territorio nazionale, città che si caratterizzano sempre più come luoghi della mobilità (Colleoni e Boffi 2016). Innanzitutto perché le popolazioni che risiedono al loro interno si muovono più delle altre per raggiungere località che presentano un maggior livello di interconnessione. Ma anche perché le città medio-grandi richiamano quote crescenti di popolazioni che ne usano temporaneamente gli spazi per studiare, lavorare, accedere ai servizi o trascorrervi il tempo libero (Martinotti 1993, Nuvolati 2007). La consapevolezza delle esternalità generate dalla mobilità urbana ha portato a proporre politiche idonee a rispondere alla crescente domanda di mobilità delle popolazioni urbane e, nel contempo, a tutelare l’accessibilità e a garantire la qualità dell’ambiente in cui esse vivono (Commission Expert Group on Transport and Environment 2000; Banister 2005; Black 2010). Rivolte alla complessità dell’ambiente urbano, le politiche per la mobilità sostenibile si con gurano come vere e proprie politiche urbane. Intervenendo sui modi, sulle reti e sui nodi del trasporto cittadino esse contribuiscono alla governance urbana proponendo misure e interventi nalizzati a garantire l’accesso alle risorse e agli spazi urbani e a vigilare sulla tutela della loro qualità. Nella convinzione che vivere e muoversi in ambienti di buona qualità contribuisca a migliorare la qualità di vita di chi vive o abita temporaneamente la città. Nell’articolo sono riportati i risultati della prima Indagine nazionale sugli spostamenti e sulla mobilità condivisa degli studenti e del personale docente e tecnico-amministrativo nelle Università italiane. Condotta nell’ottobre del 2016 su un campione di 37 Università, l’indagine è stata realizzata dal Coordinamento nazionale dei mobility manager di Ateneo con il supporto della Rete delle Università per lo sviluppo sostenibile (RUS). Successivamente alla presentazione dei dati sugli spostamenti nelle Università italiane, l’articolo si sofferma sulla sharing mobility nelle Università di Milano, la città che più delle altre presenta un’elevata offerta e domanda di servizi di mobilità condivisa. Lo studio qui sintetizzato si inserisce tra gli interventi per la tutela del diritto alla mobilità e all’istruzione degli studenti, all’interno di un nuovo scenario che
Innovative policies for sustainable mobility. The sharing mobility in italian universities by Massimiliano Rossetti, Mario Boffi and Matteo Colleoni The Network of the Mobility Managers in Italian universities, which belong to the RUS (Network of sustainable universities in Italy), has carried out, for the rst time in October 2016, an online survey about university commuting. Thirtysix Universities joined the survey and almost 70.000 questionnaires have been collected. The main aims of the survey are to collect Italian updated and comparable data on home – university trips and make available those data which are able to orient the mobility management policies in order to promote accessibility and sustainability in Italian universities. Particular attention is given to the sharing mobility as an innovative and alternative solution able to reduce the negative impact on the environment and the gap between private mobility and public transit. In this scenario the University is not anymore only a mobility attractor itself (with over 1,6 million of students) but it is likely a stakeholder who contributes in the urban planning of mobility and accessibility policies. A brief overview on the Milano case, which can be considered as the sharing mobility capital, has been presented. Although the survey shows that the commuting trips to Milano universities are largely covered by public transit, there are cases where the private vehicles and the sharing mobility, mostly as complementary transport modes, show a signi cant usage rate. The opinion connected to the sharing mobility services has been investigated with particular attention to the students of Milano universities. Nella pagina a anco: bicicletta e tram: due esempi di mobilità sostenibile.
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1 - Mappa 1: distribuzione nazionale delle Università aderenti all’indagine
vede l’Università non più solo come soggetto passivo ma come un nuovo attore che partecipa alla programmazione delle politiche per la mobilità e l’accessibilità.
Politiche innovative di mobilità sostenibile I veicoli privati, che all’inizio del secolo scorso rappresentavano la minoranza dei mezzi di trasporto a motore e a metà del ventesimo secolo erano una prerogativa del mercato statunitense, hanno visto negli ultimi cinquant’anni una crescita sempre più sostenuta. Dal 1960 al 2010 il numero di automobili è aumentato di sette volte, da 100 a 700 milioni (Davis et al. 2011; LSE Cities 2014). Le conseguenze negative della crescita del trasporto veicolare privato su individui e ambiente urbano hanno ricevuto sempre più attenzione da parte degli analisti. Nei suoi studi sugli effetti dell’aumento della mobilità, Urry propone il termine auto-mobilità per de nire un tipo di società costruito sull’uso e sulla dipendenza dall’automobile (Urry 2000; 2004). Permettendo di tenere separata l’abitazione dal posto di studio o lavoro, l’automobile ha avuto la conseguenza di in uenzare la struttura degli insediamenti e dei servizi, la maggiore dispersione dei quali ne ha poi incrementato l’utilizzo creando le condizioni per la sua dipendenza. Automobile-city è il termine utilizzato da Newman e Kenworthy (1999) per de nire la città nella quale l’uso dall’automobile ha dato forma ad uno spazio urbano
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connotato da elevata dimensione, dispersione degli insediamenti e bassa densità. L’insostenibilità generale di questa situazione ha portato a proporre politiche nalizzate a rispondere alla crescente domanda di mobilità e a tutelare la qualità dell’ambiente oltre che l’accessibilità della città (Colleoni e Boffi 2014). Tra le diverse aree di intervento, l’ampliamento delle scelte modali è la nalità più frequentemente perseguita dalle politiche per la mobilità sostenibile. Esse sono nalizzate a contenere il possesso e l’uso dell’automobile migliorando l’offerta di trasporto pubblico dal punto di vista della diffusione territoriale, della frequenza temporale, della qualità e della spesa. Poiché la gestione dei servizi di trasporto pubblico ha costi molto elevati, viene considerata buona prassi indirizzare le scelte verso gli interventi più efficaci per il cambiamento modale. Tra questi, secondo Newman e Kenworthy (1999), vi sono il trasporto pubblico su rotaia che, all’elevata frequenza e capillarità di quello su gomma, aggiunge il vantaggio di essere più confortevole e ecologico. Oppure i servizi di trasporto essibili, quali i taxi collettivi, i servizi a chiamata e quelli in condivisione (sharing mobility), che consentono di bene ciare della essibilità del mezzo senza pagarne i costi di acquisto e mantenimento. Le politiche che ne promuovono l’uso sono quindi inserite in programmi più vasti di contenimento del possesso delle autovetture a vantaggio del loro utilizzo condiviso. Piuttosto che alternative al trasporto pubblico, esse suggeriscono usi integrati e complementari delle modalità di spostamento coerenti con l’obiettivo generale di migliorare l’accessibilità urbana. Come noto Milano è tra i casi europei più interessanti per lo sviluppo dei servizi di mobilità condivisa. A tal proposito l’Osservatorio Nazionale sulla Sharing Mobility1 de nisce il capoluogo lombardo un laboratorio internazionale all’avanguardia nell’offerta e nella domanda di servizi di mobilità condivisa. Bike sharing, car sharing free oating e station based, scooter sharing, sistemi di carpooling e ride sharing, bus/van sharing e park sharing sono termini divenuti di uso comune nelle scelte modali dei cittadini e degli abitanti temporanei di Milano. Essi hanno consentito di ridurre il possesso e l’uso delle autovetture private e di integrare, laddove più rari, i servizi di trasporto pubblico. Il loro successo (attestato dagli oltre 45.000 iscritti al sistema cittadino di noleggio biciclette tradizionali e elettriche e dagli oltre 370.000 utenti iscritti ai cinque servizi di car sharing cittadini) risponde ad una domanda di mobilità che rispetto al passato è diventata più multifunzionale e multidirezionale. Nuovi pro li di mobilità che considerano il possesso del veicolo privato un impedimento nella libertà di movimento e il raggiungimento delle diverse zone urbane l’esito della combinazione di scelte modali sempre più consapevoli. Un’apertura nei confronti delle nuove tecnologie, della conoscenza delle alternative modali e della propensione alla condivisione degli spostamenti che rappresenta sempre più una condizione imprescindibile per accedere e godere delle opportunità urbane nelle città contemporanee. 1 L’Osservatorio Nazionale sulla sharing mobility è promosso dal Ministero dell’Ambiente e dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile al ne di creare un tavolo di cooperazione tra gli operatori di mobilità condivisa, le Istituzioni, i Comuni e la società civile. Contenuti e nalità dell’Osservatorio sono riportati sul sito: http://osservatoriosharingmobility.it/
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2 - Gra co 1: mezzo principale utilizzato per raggiungere l’Università (valori percentuali).
3 - Gra co 2: conoscenza dei servizi di mobilità condivisa per ripartizione territoriale (valori percentuali).
Gli spostamenti e la mobilità condivisa nelle Università italiane Realizzata nell’ottobre del 2016 con il supporto di un questionario on line, l’indagine ha coinvolto un campione di 36 Università italiane con l’obiettivo di raccogliere dati nazionali aggiornati e comparabili sulla mobilità casa-Università e di disporre di informazioni utili a orientare le politiche di mobility management e a migliorare la mobilità di chi studia e lavora all’Università. Delle 36 Università che hanno aderito all’indagine, 14 sono collocate nel Nord Italia, 12 nel Centro, 6 nel Sud e 4 nelle Isole. Il tasso di risposta è stato del 5,7%, un valore assoluto prossimo a circa 70.000 casi (vedi Mappa 1). Un terzo del campione utilizza i mezzi pubblici (bus, tram, lobus e metro) per percorrere la maggior parte della distanza per raggiungere l’Università, il 27,5% il treno e il 18,8% l’autovettura privata (vedi Gra co 1). La mobilità attiva interessa il 16,6% (13% piedi e 3,6% bicicletta). L’attenzione esclusiva al mezzo principale spiega la quota molto contenuta di utilizzo dei servizi di sharing mobility (0,6%), evidentemente scelti in combinazione con altri mezzi/modalità prioritari. In sintesi, la ripartizione modale dello spostamento principale degli studenti e del personale docente e tecnicoamministrativo delle Università italiane assegna ai mezzi pubblici il 61% delle scelte, a quelli privati il 22% e alla mobilità attiva il 17%.
La collocazione geogra ca delle Università ha conseguenze signi cative sulla scelta modale, aumentando l’uso dei mezzi pubblici passando dal Sud e Isole (dove è pari al 47%), al Centro (59%) e al Nord Italia (66%). Opposta la dinamica della scelta dei mezzi privati che interessa circa un terzo dei rispondenti del Centro-Sud rispetto al 15% circa di quelli del Nord. Da segnalare, inoltre, la diversa ripartizione dei tipi di mezzi pubblici nel Nord e nel Centro-Sud, a favore dell’uso del treno nel primo caso e degli altri mezzi pubblici nel secondo. La mobilità attiva, in ne, interessa il 20% circa del campione nel Nord e nel Sud (e solo l’11% nel Centro), sebbene al Nord gli spostamenti prioritari in bicicletta interessino il 5,4% dei casi rispetto all’1% del Sud. A dispetto delle attese, non si osservano differenze signi cative tra le contenute scelte dei servizi di sharing mobility del Nord, Centro e Sud Italia e Isole. Lo share modale degli studenti è caratterizzato dall’utilizzo consistente dei mezzi pubblici (64%) a discapito di quelli privati (17,9%). Simile quello di docenti e personale tecnico-amministrativo, che però vede crescere l’uso dei mezzi privati (rispettivamente al 43% e al 49%) e diminuire quello dei mezzi pubblici (39,8% e 38,5%). Docenti e personale tecnico-amministrativo presentano tuttavia differenze nell’uso della mobilità dolce che, sebbene minoritaria, interessa il 16,2% dei docenti (un valore simile al 17% degli studenti) rispetto al 12% del personale tecnico-amministrativo. Da sottolineare anche il fatto che l’uso della bicicletta per recarsi all’Università è associato più ai lavoratori che agli studenti (che presentano un valore 27
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4 - Gra co 3: servizi di sharing mobility utilizzati per ripartizione territoriale Valori percentuali.
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pari a solo il 3,3% del campione). Sebbene sempre caratterizzata da percentuali molto contenute, la scelta dei servizi di sharing mobility appare più elevata tra studenti e docenti che tra il personale tecnico-amministrativo. Una sezione speci ca del questionario è dedicata alla conoscenza delle scelte di sharing mobility degli studenti e del personale docente e tecnicoamministrativo. Una prima variabile riguarda il numero di persone con cui viene condiviso il viaggio. Sette persone su dieci dichiarano di viaggiare soli nello spostamento casa-Università, con i valori relativamente più elevati di spostamenti condivisi con una o più persone in corrispondenza degli atenei del Sud Italia e Isole, degli atenei di piccole e medie dimensioni e dei ruoli di studente e tecnico-amministrativo. Le persone con le quali viene condiviso il viaggio sono soprattutto i familiari/parenti e i colleghi/ compagni di Università, con rapporti tra le Università delle diverse ripartizioni territoriali che vedono i primi soprattutto nel Sud Italia e Isole e i secondi nel Nord e Centro Italia e nei piccoli Atenei. Come atteso, gli studenti che dichiarano di condividere il viaggio con altre persone lo fanno a vantaggio di compagni di Università e amici mentre i docenti e, soprattutto, il personale tecnico-amministrativo nei confronti di familiari o parenti. Merita attenzione la bassa percentuale di personale tecnico e amministrativo che dichiara di condividere il viaggio con colleghi di lavoro (7,9%). Il 77% circa delle persone che hanno partecipato all’indagine dichiara di essere a conoscenza dei servizi di mobilità condivisa (con i valori più elevati nelle Università del Nord, 80%, nei mega atenei, 83% e tra i docenti e ricercatori, 91%. Vedi Gra co 2). Il servizio di sharing mobility più utilizzato dai docenti e dal personale universitario è in generale (non solo quindi con riferimento agli spostamenti casa-Università) il car sharing free oating (10% dei rispondenti), seguito dal ride sharing/car pooling
(7%) e dal bike sharing (6,5%). Dedicando attenzione alla ripartizione territoriale, si segnalano percentuali più elevate di utilizzo dei servizi di car sharing free oating nel Centro Italia (13,4%) e di bike sharing e di ride sharing nel Nord Italia (9,2% e 8,6%. Vedi gra co 3). Studenti e docenti, in ne, dichiarano percentuali di uso dei servizi di sharing mobility più elevate del personale tecnico-amministrativo, con i valori più consistenti per i docenti che fanno uso del car sharing e del bike sharing. La convenienza economica, il rispetto dell’ambiente, la possibilità di non pagare il parcheggio e la maggiore adeguatezza rispetto agli spostamenti personali sono le quattro motivazioni considerate più importanti nella scelta dei servizi di sharing mobility. Secondo i rispondenti, i quattro principali difetti dei servizi di sharing mobility sono l’assenza o la scarsità di mezzi disponibili, la non adeguatezza dei servizi rispetto alle necessità personali, i prezzi troppo elevati e la lontananza dall’abitazione. Dedicando attenzione alla soddisfazione generale nei confronti dello spostamento casa-Università (su una scala di giudizio da 1 a 10) si registra un valore medio pari a 5,8. Giudizi più positivi si segnalano in corrispondenza degli spostamenti con modalità attive e con i servizi di sharing mobility (rispettivamente pari a 7, 7,5 e 6,6) e, con differenze però più lievi, nelle Università del Nord (6,1) e tra i docenti (6,5). Sebbene i livelli di soddisfazione generale per lo spostamento casa-Università siano più elevati al Nord Italia, vi sono Università del Sud e delle Isole nelle quali essi presentano valori sostenuti, è il caso di Salerno, Potenza, Messina e Cagliari (vedi Mappa 2). Le principali difficoltà riscontrate nel percorso casa-Università riguardano la congestione da trafco, l’eccessivo affollamento dei mezzi di trasporto pubblico e la loro assenza o scarsa frequenza, regolarità e puntualità. La lettura dei dati per ripartizione territoriale mette in evidenza che l’affolla-
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La sharing mobility nelle Università milanesi coinvolte nell’indagine La mobilità generata dalle Università milanesi ammonta a circa 200.000 studenti e a 20.000 tra personale tecnico-amministrativo e docenti e ricercatori. Si stima che il 40% circa degli studenti abbia una frequenza universitaria assidua generando una consistente mobilità sistematica (vedi mappa 3). Nella tabella 1 sono riportati i valori relativi agli studenti delle Università milanesi che hanno aderito all’indagine (circa 10.000 studenti). La ripartizione modale indica chiaramente l’importanza del trasporto pubblico come modo di accesso prevalente all’Università. La mobilità attiva rappresenta una quota signi cativa di spostamenti a testimonianza della rilevante presenza di studenti domiciliati nei pressi delle Università. D’altra parte la mobilità privata rappresenta una quota modale marginale a causa della struttura urbanistica della città e dell’elevata offerta del trasporto pubblico locale e regionale. Dal punto di vista del genere non si evidenziano differenze signi cative in un tipo di scelta modale che sembra dipendere soprattutto dall’area di provenienza degli studenti e dall’accessibilità all’Università. La frequenza alle lezioni è invece un elemento che orienta le scelte modali, essendo la mobilità attiva e il trasporto pubblico più frequenti tra gli studenti molto assidui e il trasporto privato tra quelli meno assidui. Anche nelle Università milanesi indagate, la sharing mobility rappresenta una quota modale marginale (pari allo 0,6%, va precisato tuttavia come modo di trasporto principale). Il ruolo della sharing mobility cresce se si dedica invece attenzione alla modalità secondaria e ai motivi di spostamento diversi dalla mobilità casa–Università. L’indagine mostra un utilizzo del bike sharing e del car sharing molto basso per la tratta principale (253 studenti per il bike sharing e 40 per il car sharing) ma un valore molto più elevato per le tratte secondarie (1.649 studenti per il bike sharing e 1.462 per il car sharing). I servizi di sharing, in particolare car sharing e bike sharing, interessano una quota molto più elevata di studenti universitari se si dedica attenzione ai motivi di spostamento diversi dal commuting. Tra gli studenti delle Università milanesi gli utilizzatori delle diverse forme di mobilità condivisa sono più di 30.000, il 15% circa del totale. In particolare car
sharing e bike sharing rappresentano i servizi di sharing preferiti, rispettivamente dal 7,5% e 4,5% di utilizzatori, Dedicando attenzione ai giudizi sui servizi di sharing, apprezzamento viene espresso per la convenienza economica, il rispetto dell’ambiente, la possibilità di non pagare per il mantenimento dell’automobile, la presenza di mezzi più adatti agli spostamenti e il non pagamento del parcheggio. Ottengono invece percentuali più contenute di giudizi positivi la libertà di uso rispetto al mezzo privato, la possibilità d’uso delle corsie preferenziali e ZTL e l’opportunità di rinunciare al mezzo privato. Sul fronte degli aspetti critici gli studenti segnalano la scarsa disponibilità dei mezzi, il costo del servizio e i problemi riscontrati durante il loro utilizzo. Va in ne evidenziato il fatto che l’esperienza di utilizzo del car sharing ne modi chi in parte il giudizio: gli studenti che hanno fatto uso del servizio sottolineano infatti con maggior forza l’importanza di alcuni aspetti quali la possibilità di utilizzare le corsie preferenziali. Anche gli aspetti negativi vengono ridimensionati dall’esperienza, come risulta dai giudizi complessivamente meno critici di coloro che utilizzano il servizio rispetto a chi che non l’ha mai fatto. I risultati della cluster analysis mostrano la presenza di gruppi di soggetti i cui atteggiamenti nei confronti della mobilità condivisa dipendono, non tanto dal pro lo socio-demogra co e della provenienza geogra ca, ma dal fatto di aver o meno fatto esperienza di utilizzo del
5 - Mappa 2: distribuzione dnazionale dell’insoddisfazione negli spostamenti casa-Università
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6 - Mappa 3: bacino degli studenti delle Università aderenti all’indagine.
servizio. Mentre nel gruppo che non utilizza il car sharing prevalgono i giudizi critici, in quello composto da studenti che ne fanno un uso consistente (pari all’80%) le critiche lasciano spazio all’espressione di una soddisfazione generale.
Conclusioni 7 - Tabella 1: mezzo principale utilizzato in macro categorie, per Università di Milano aderente all’indagine (valori percentuali).
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Tradizionalmente considerate la principale causa dell’insostenibilità ambientale, le città stanno diventando il contesto privilegiato in cui sperimentare e diffondere soluzioni virtuose per la mobilità sostenibile e la qualità dell’ambiente urbano, quali le nuove forme di mobilità condivisa. Innanzitutto
perché è nelle città, in particolare di dimensioni medio-grandi, che l’emergenza ambientale causata dall’elevata densità veicolare privata ha reso improrogabile l’avvio di politiche per la mobilità sostenibile. Secondariamente perché nelle città, soprattutto dei Paesi più sviluppati, queste politiche hanno travato il contesto favorevole per sperimentare azioni innovative per la tutela e il miglioramento della qualità dell’ambiente urbano. Da luoghi di produzione le città si sono trasformate in luoghi di concentrazione dei servizi avanzati e direzionali, hub dell’innovazione che da un lato richiedono politiche idonee a supportarne l’azione (attraverso l’offerta di servizi e infrastrutture di qualità) e dall’altro forniscono il capitale umano adatto
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7 - Milano, la sede della Fondazione Giangiacomo Feltrinelli.
a gestire le nuove politiche urbane per la mobilità. Molte di queste politiche rivolgono una particolare attenzione alle nuove generazioni, più propense a far scelte modali e ad adottare stili di mobilità sostenibili. Per la prima volta dal secondo dopoguerra nei Paesi ad elevato livello di sviluppo i giovani tendono a preferire l’uso condiviso dei mezzi di trasporto al possesso esclusivo dell’autovettura privata. L’indagine realizzata nelle Università italiane ha mostrato che, pur con le attese differenze riguardanti la localizzazione territoriale e la dimensione dell’ateneo, gli studenti si muovono preferibilmente con i mezzi pubblici. Laddove considerati nelle loro combinazioni modali, i servizi di sharing mobility ottengono una quota signi cativa di scelte e percentuali ancora superiori di giudizi di apprezzamento (similmente alle modalità attive). A condizione che la diffusione dell’offerta consenta di sperimentarne l’uso e di apprezzarne i vantaggi e che l’impossibilità di inserirne la scelta all’interno di combinazioni intermodali fattibili non ne vani chi l’interesse.
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I nuovi spazi di lavoro e le esigenze di mobilità urbana di Niccolò Pieri
Nel suo libro La nuova geogra a del lavoro (Mondadori, 2014), Enrico Moretti scrive: Trascorriamo la parte migliore della nostra vita lavorando. Ogni mattina salutiamo i nostri cari e raggiungiamo i nostri uffici, i nostri studi, sportelli, fabbriche, laboratori; il posto, insomma, che chiamiamo –lavoro-. L’innovazione rappresenta uno dei maggiori fattori di cambiamento delle dinamiche di consumo e di produzione, con la sempre maggiore introduzione di strumenti di automazione e la necessaria specializzazione e riposizionamento della forza lavoro. I luoghi dove tale innovazione avviene sono fondamentali nel sostegno alle dinamiche innovative. Co-working, incubatori e spazi di collaborazione informale rappresentano luoghi di aggregazione ed agglomerazione dove avvengono scambi di conoscenze, agendo come moltiplicatori di capitale umano e di creatività. La crescente specializzazione delle generazioni più recenti, con una scolarizzazione superiore ed un capitale umano maggiore rispetto alle precedenti, hanno fatto proliferare questi spazi soprattutto all’interno delle realtà urbane, con conseguenze rilevanti sulle abitudini e le necessità di mobilità. L’obiettivo di questo contributo è quello di presentare tali fenomeni di condivisione e di sviluppo di nuove conoscenze alla luce degli impatti che essi, con gradi diversi ed ancora da de nire, hanno sulla mobilità urbana e sulle abitudini dei protagonisti di questo rinnovamento industriale, impropriamente spesso denominata “quarta rivoluzione industriale”. In una prima sezione verranno introdotte le nuove forme di aggregazione, di imprenditorialità e di impresa, alla luce delle letterature teoriche ed empiriche di riferimento; nella seconda sezione si evidenzieranno i maggiori trend della mobilità collegabili alle evoluzioni identi cate nel capitolo precedente; una terza parte si dedicherà alle conclusioni ed alle future direzioni della ricerca.
I nuovi luoghi di lavoro: nuove professionalità ed aggregazione Il panorama lavorativo urbano ha subito cambiamenti fondamentali con l’avvento dell’ultima crisi economica nel 2008. Tipologie lavorative che prima non esistevano o che non costituivano grandi porzioni dell’impiego hanno acquisito rilevanza, spingendo verso mestieri e professionalità sempre più individuali, basate su progetti o cosiddetti freelance e non più a tempo indeterminato (Osnowitz, 2010). I lavoratori della conoscenza, segmento che coinvolge molteplici professioni di stampo creati-
Innovative jobs and urban mobility needs by Niccolò Pieri The aim of this contribution is to brie y present the phenomenon of sharing and developing new knowledge in the light of impacts from habits of industrial digital evolution players, with different degrees yet to be de ned and object of recent research. Innovation is one of the key factors in changing the dynamics of consumption and production, with the increasing introduction of automation tools and the necessary specialization and repositioning of the workforce. The spaces where this innovation takes place are pivotal in supporting of innovative dynamics in urban areas. Co-working, incubators and informal collaboration spaces represent aggregative and agglomerative spatial areas where knowledge exchanges are taking place, acting as human capital and creativity multipliers. The growing specialization of the younger generations have proliferated within these spaces in urban realities, with signi cant consequences on habits and mobility needs.
Nella pagina a anco, in alto: i luoghi di aggregazioni possono essere formali, come incubatori o spazi di co-working, oppure informali come bar, caffè e librerie. Fonte: www. ickr.com. In basso: Ecosistema di Milano con in rilievo le infrastrutture di Trasporto ed i principali incubatori di impresa. Fonte: Elaborazione dell’autore su mappa delle piste ciclabili – Gruppo L’Espresso - 2015.
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1 - Fab-lab come luoghi di produzione condivisi. Fonte: unsplash.com 2 - Un esempio di spazio condiviso e innovazione di mobilità a Milano è Re-cicli, un caffè – officina di riparazione ed acquisto biciclette – luogo di lavoro. Fonte: tripadvisor.com
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vo non esclusivamente stricto sensu, sono spinti a ricercare nuove modalità di lavoro per affrontare stili di vita professionale non sedentaria oltre che frammentaria (Gandini, 2015). La nascita di nuovi luoghi di lavoro che sfruttano le modalità di condivisione degli spazi è stata vista come una risposta a queste esigenze. Il punto di partenza per comprendere il fenomeno della condivisione degli spazi e dei servizi che vi si sono sviluppati con il tempo è proprio la cosiddetta nascita della classe creativa, teorizzata da Richard Florida nel 2002, che prospettava una sostenuta crescita dei mestieri creativi quale leva per lo sviluppo dei primi decenni del XXI secolo. La trasformazione socio economica dei contesti urbani occidentali è al centro di una folta letteratura che, sospinta dalla “rivoluzione creativa”, de nisce le città creative come nodi di sviluppo e crescita economici. I settori più importanti di tale processo sono le telecomunicazioni, pubblicità, moda, design e tutte le professioni di natura consulenziale che gravitano attorno a settori tradizionali come manifattura, trasporti, logistica, educazione e nanza. Quelle stesse professioni che si caratterizzavano per una marcata stanzialità delle postazioni di lavoro hanno modi cato l’approccio alla localizzazione del lavoratore che, grazie alle nuove tecnologie, è oggi in grado di lavorare da remoto dalla propria abitazione o in località diverse dalle sedi del datore di lavoro. Questa “delocalizzazione professionale” non ha eliminato la necessità di sviluppare dei luoghi aggregativi dove poter svolgere i propri compiti e le proprie funzioni. Studi più recenti hanno indicato che la classe creati-
va, fulcro di questo cambiamento, è composta in maggioranza da gure professionali con necessità di intrattenere relazioni sociali per sviluppare il proprio bacino di clientela, sviluppando modalità imprenditoriali autonome e strategie individualistiche (Pratt, 2008). È rilevante sottolineare che molti lavoratori indipendenti che rispondevano ai requisiti creativi, sono poi diventati nel decennio successivo i protagonisti del movimento delle start-up, sviluppando progetti innovativi e con alto valore aggiunto, scollegati nelle prime fasi di sviluppo delle idee da grandi società, che in alcuni casi sostenevano le idee migliori attraverso iniezioni di capitale. Si è così sviluppato un innovativo paradigma di imprenditorialità trasversale, che coinvolge settori diversi e numerose fasi di produzione di servizi e prodotti. La rivoluzione smart, come spesso è stata denominata, impone la ricon gurazione dei rapporti interni alla città, sia con le innovazioni tecnologiche che stanno subentrando anche in settori tradizionali sia, in maniera predominante, con gli attori delle liere di produzione e servizi. Il concetto di smart city, altamente in azionato ed assurto a livello pubblicitario quale scatola di concetti da riempire per la con gurazione di reti economiche, virtuali, siche e sociali, va declinato in ogni aspetto della vita urbana. I luoghi e gli spazi funzionali di aggregazione innovativa sono de niti hub, o nodi, suddivisibili in: - Spazi di co-working; - Incubatori di impresa, sia sociale che esclusivamente for pro t; - Parchi tecnologici. Gli spazi di co-working sono anche de niti serendipity accelerator (Mariotti et Al., 2015) per i lavoratori della classe creativa e ad alto contenuto tecnologico, sfruttando i bene ci propri della prossimità geogra ca e relazionale. Il loro sviluppo, a partire dalla metà degli anni ’90 sulla costa Ovest degli Stati Uniti, e degli anni 2000 in Europa e quindi anche in Italia, ha preso piede grazie al riutilizzo degli edi ci lasciati vuoti dall’uscita delle manifatture dagli spazi urbani. Le esigenze di condivisione dei costi, di operare in realtà altamente interattive e la successiva immagine connessa con la tipologia dei lavoratori strettamente dipendente dal luogo di lavoro locational coolness, hanno costituito e tuttora svolgono da traino allo sviluppo di questi luoghi di produzione. Gli incubatori di impresa, sia sociale che a scopo di lucro, sono organizzazioni che sostengono la creazione e lo sviluppo di nuove forme di impresa innovative (Grimaldi e Grandi, 2005), attraverso la predisposizione di percorsi adatti per accompagnare verso la produzione ed immissione sul mercato di prodotti e servizi. Gli incubatori sono caratterizzati da un’elevata eterogeneità sia nella tipologia dei servizi che offrono sia nella modalità di erogazione. I parchi tecnologici sono luoghi destinati all’innovazione di prodotti che coinvolgono una componente fondamentale di produzione della conoscenza a scopi scienti ci e tecnologici. Sono luoghi la cui destinazione d’uso è generalmente impostata da esigenze pubbliche o industriali di aggregazione dei reparti di ricerca e sviluppo. Startupper, changemaker, professionisti creativi, app e web engineer hanno quindi trovato e contribuito a creare i loro ecosistemi di scambio e di produzione con gli spazi di co-working e, successivamente, incubatori ed acceleratori di innovazione, sia relativi a settori e segmenti di pure business oppure rivolti all’innovazione sociale, che coinvol-
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3 - Le città più innovative negli anni 2007, 2010 e 2015. Elaborazione dell’autore da http://www.innovation-cities.com/indexes
ge l’ampio settore del no pro t. I motivi dell’aggregazione di questi lavoratori in contesti urbani e localizzazioni speci che, sia formali che informali, è tuttora oggetto di studio e ricerca, ma si differenziano sostanzialmente in: - Necessità di aggregazione per il risparmio relativo all’utilizzo dello spazio con dinamiche di condivisione; - Sviluppo di servizi alle micro e medie imprese che hanno così trovato vantaggi nel rivolgersi a professionisti con specializzazioni differenziate con unica localizzazione e punti di riferimento; - Investimenti pubblici per sostenere lo sviluppo dell’imprenditorialità giovanile e settoriale; Investimenti di carattere immobiliare per la riquali ca e riutilizzo di spazi lasciati da settori industriali in declino o delocalizzati. Due fondamentali dinamiche di aggregazione si vengono quindi ad identi care: - Basata sulle esigenze delle persone e delle imprese, che potremmo de nire “endogena”; - Basata su investimenti diretti a riquali care aree o incrementare i valori del mercato immobiliare, attraverso la localizzazione di imprese e servizi ad alto valore aggiunto, quale volano dello sviluppo di singoli quartieri o aree urbane. Per quanto siano oggetto di ricerca e di indagine di stampo aziendalistico, questi nodi di aggregazione creativa e di imprenditorialità innovativa, non hanno ricevuto il medesimo interesse per quanto riguarda l’osservazione degli effetti di distribuzione del valore aggiunto sul territorio. Lo studio dei nessi tra innovazione, digitalizzazione e geogra e urbane mira alla comprensione delle relazioni intrinseche tra l’ambiente urbano ed i nuovi meccanismi di produzione. Il punto di vista che interessa questo contributo è quello della logistica e dell’accessibilità, che portano a risultati ambigui ed incerti (Armondi, 2015). La riprogettazione degli spazi, in funzione dei ussi di movimento, è per questo fondamentale ma di difficile esecuzione e comprensione per le continue modi che che si stanno imponendo nel panorama urbano. È altresì vero che spesso questi luoghi di lavoro e servizi condivisi trovano ospitalità in zone cittadine che hanno già cominciato dei percorsi di riquali cazione e, in molti casi, di gentri cazione.
La difficoltà nel mappare tali luoghi di lavoro è data anche dalla classi cazione ATECO che coglie le funzioni ed i settori tradizionali, che come accennato sono spesso residuali nel comporre i nuovi settori dove operano i lavoratori. Vi è quindi la primaria difficoltà nel determinare quali siano gli effetti diretti ed indiretti di queste nuove aggregazioni degli spazi di lavoro. Nella sola città di Milano sono presenti 68 spazi di co-working distribuiti in diversi Nuclei di Identità Locale e con diversi livelli di clusterizzazione (Mariotti et Al, 2015). Il caso di Milano è appunto emblematico in quanto sta emergendo come una delle realtà più rappresentative di questi fenomeno di trasformazione delle produzioni e delle dinamiche di adattamento spaziale (Morandi, Di Vita, 2015). I lavoratori attivi in queste realtà, appartenenti soprattutto alla categoria dei Millennials o XGenerations, hanno abitudini e necessità molto diverse rispetto alle generazioni precedenti. Le abitudini di mobilità, in particolar modo, risentono sia della maggiore sensibilità alle tematiche ambientali ed alla maggiore digitalizzazione.
Le nuove esigenze di mobilità Come affermato nel capitolo precedente, i lavoratori creativi che contribuiscono alla creazione dei nuovi luoghi di lavoro appartengono in maniera quasi totalitaria alle due coorti generazionali più numerose: la generazione dei Millennials, coloro nati dal 1977 al 1994 del ventesimo secolo e la Generazione X, nati tra il 1966 ed il 1976. Il possesso della licenza di guida viene utilizzato come indicazione dell’utilizzo della mobilità privata, nonché strumento per l’identi cazione di preferenze di mobilità. Coloro che non sono in possesso di licenza di guida utilizzeranno in maniera maggiore i mezzi pubblici oppure risiederanno in aree urbane vicine ai luoghi di lavoro ed ai servizi necessari. La generazione dei Millennials, in particolare, ha sviluppato differenti modalità di spostamenti ed utilizzo delle licenze di guida rispetto alle generazioni precedenti. A partire dall’inizio degli anni novanta si è assistito ad una progressiva e consistente diminuzione di possessori di patente di guida a 35
TRASPORTI & CULTURA N.47 livello internazionale, in maggioranza soggetti di sesso maschile (Delbosc & Currie, 2013; Kuhminof et al., 2012; Sivak & Schloettle, 2011). Negli Stati Uniti (dati SHWA) la percentuale dei patentati tra i 20 ed i 24 anni è diminuita dall’87% del 1994 al 78% del 2013; diminuzioni simili si sono registrate anche tra i 25 ed i 35 anni. In Germania, Regno Unito, Norvegia e Francia si assiste a trend paragonabili a quelli statunitensi, mentre in Giappone la percentuale dei patentati è sostanzialmente stabile. Due loni di letteratura scienti ca all’interno della ricerca di economia dei trasporti hanno provato a dare risposta a questo trend nella diminuzione di utilizzo della mobilità privata delle generazioni più giovani. Il primo si focalizza sulle differenze negli stili di vita e comportamenti che si sono sviluppati tra le generazioni più giovani e quelle precedenti, con i Millennials che presentano una maggiore scolarizzazione, un’entrata nel mondo del lavoro ritardata così come maternità e paternità, che si sono spostate in avanti nel tempo. Negli Stati Uniti, il 28% dei Millennials (tra i 18 ed i 33 anni nel 2014) hanno contratto matrimonio contro il 38% della generazione precedente (la Generazione X nel 1998); il 30% dei Millennials di sesso maschile risulta inoccupato nel 2014 contro il 20% dei coetanei nel 1998. Questa teoria suggerisce che il possesso della licenza di guida e la conseguente esigenza ed abitudine di mobilità sono diminuite nel passaggio generazionale perché gli studenti, i disoccupati o single hanno meno necessità di muoversi autonomamente utilizzando mezzi privati che rappresentano una porzione importante del reddito familiare. Un secondo lone di letteratura alternativo identica le diverse preferenze ed attitudini di mobilità e residenzialità: i Millennials, al contrario della generazione precedente, tendono a trasferirsi nelle città maggiori dove l’utilizzo della mobilità privata è meno importante e le destinazioni sono accessibili tramite il trasporto pubblico o modalità alternative (come i soft mode) (Buchholz & Buchholz, 2012; Florida, 2010; Kalita & Whelan, 2011). All’interno di una ricerca del 2015 condotta dall’Università della North Carolina – Chapel Hill da Noreen McDonald, sono stati misurati ed analizzati i cambiamenti nell’utilizzo della mobilità tramite motorizzazione privata tra la generazione dei Mil-
4 - Gra co dei cambiamenti nelle miglia giornaliere percorse dal 1995 al 2009 per gruppo di età e motivi di cambiamento: cambiamento nel tempo con effetti sulle generazioni più giovani, cambiamento con effetti su tutti i gruppi di età, cambiamenti relativi a stili di vita. Fonte: McDonald, 2015.
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lennials statunitense, identi cando alcune teorie che possono spiegare tali cambiamenti. Il declino risultante dalle analisi è originato dalla riduzione del numero dei viaggi e non dalla riduzione delle distanze in quanto la lunghezza degli spostamenti risulta rimanere costante se non in crescita dal 1995 al 2009. Soffermandoci sulle motivazioni degli spostamenti, è dimostrato come la diminuzione del consumo di mobilità privata è il risultato del declino negli spostamenti per le motivazioni indicate: lavoro, tempo libero e attività sociali, tempo libero, consumo, scuola e altro. Le miglia per uso personale sono diminuite del 45% tra i soggetti dai 19 ai 24 anni, del 30% tra i 25 ed i 30 anni, del 25% tra i 31 ed i 36 anni. Le miglia percorse per motivi lavorativi sono diminuite dal 15%, al 25% e 8% per i gruppi di età 19-36 e 37-42 rispettivamente. I trend di diminuzione dipendono quindi dalle motivazioni relative a cambiamenti di stili di vita e da preferenze di localizzazione (McDonald, 2015). In entrambi i casi si hanno impatti sulle scelte dei decisori pubblici e policy makers, che dovranno tenere in considerazione i cambiamenti nel comportamento di importanti porzioni della popolazione delle quali a tutt’oggi non si hanno sufficienti informazioni riguardanti le abitudini di mobilità, che andranno evolvendosi nei prossimi anni. Tale attitudine “avversa” alla mobilità privata nei Millennials deve rivestire un carattere di opportunità per investire in politiche di trasporto pubblico intelligente, soprattutto a livello urbano. In secondo luogo, le traiettorie di sviluppo degli spostamenti a lungo raggio della generazione dei Millennials, per quanto incerte nel loro andamento, devono ri ettere le reali necessità e svilupparsi con la necessaria attenzione alle minori tendenze all’automobilità delle generazioni precedenti. La sharing mobility riveste un’ulteriore fondamentale elemento per chiarire il quadro interpretativo. I nativi digitali, i Millennials ed anche una larga parte della Generazione X, utilizzano i sistemi di car sharing e bike sharing quale parte integrante del sistema pubblico di trasporto. Quanto n qui detto non indica assolutamente una diminuzione della diffusione dell’auto privata, quanto semmai del suo utilizzo all’interno dei contesti metropolitani. Il totale di auto private a livello globale è in aumento, con la conseguente
TRASPORTI & CULTURA N.47 occupazione di suolo pubblico e riduzione della salute pubblica. Le previsioni al 2050 indicano che a livello globale avremo 2,8 miliardi di unità di auto private (Meyer, Kaniovsky, Scheffran, 2012), quindi non è previsto un abbandono dell’auto privata, bensì un suo diverso utilizzo attraversi sistemi di sharing, appunto, e di sostenibilità come l’utilizzo di motori elettrici. La maggioranza delle auto trasportano il solo conducente per meno di un’ora al giorno, mentre un sistema economicamente più efficiente sarebbe quello di utilizzare i veicoli in circolazione con maggiore intensità (Baccelli, Galdi, Grea, 2016). In linea con il trend globale, i comuni di grandi dimensioni stanno attivando e supportando iniziative di car sharing in collaborazione con soggetti privati, mettendo in atto proprio dei partenariati pubblico-privato ad hoc e sfruttando inizialmente fondi ministeriali o sovranazionali, come progetti di ricerca e sviluppo della Commissione Europea (e.g. i progetti Horizon 2020 Socialcar e FP6 NICHES).
Mobilità innovativa e innovazione: conclusioni e spunti di studio Le nuove tipologie di “mestieri” necessitano di sistemi di mobilità più veloci ed elastici nel loro utilizzo. La condensazione di spazi innovativi in alcuni luoghi strategici delle città ha reso i ussi di trasporto urbani più uidi e diversi negli ultimi decenni. L’innovazione tecnologica ha svolto un ruolo molto importante nello sviluppo sia delle professionalità che dei mezzi di trasporto, quale ri esso delle esigenze di spostamento e di concentrazione delle attività nei contesti urbani. Le città, con particolare rilevanza negli Stati Uniti ed in Europa, sono state spinte dallo sviluppo dell’auto privata che non sta perdendo la sua prevalenza nel settore del trasporto privato ma è oggetto di innovazione tecnologica e di utilizzo. La modalità classica di spostamento one car – one owner – one driver non è più sostenibile dal punto di vista ambientale, ma lo è ancora meno dal punto di vista spaziale. Sono soprattutto i comportamenti delle generazioni più recenti che portano ad una riduzione drastica del trasporto tradizionale tramite automobilità privata. Alla domanda “hai un’auto?” fatta recentemente ad un designer in uno spazio di co-working, la risposta è stata “non ho bisogno di un’auto, ho uno smartphone”. I sistemi di mobilità, quindi, si muovono insieme alle piattaforme integrate costituendo un piano urbano virtuale ed interattivo. Sono quindi i lavoratori che si aggregano e si ritrovano nei nodi di innovazione, cioè spazi di condivisione, incubatori, co-working ed acceleratori, che dettano tendenze in molti settori quali la mobilità. Le soluzioni identi cabili da policy maker devono obbligatoriamente tenere in considerazione gli aspetti di preferenze di localizzazione e di cambiamenti negli stili di vita che, sia per motivi economici che sociali, hanno impatto sulle abitudini di trasporto, in particolare nelle aree urbane, nelle quali lo spazio a disposizione è sempre meno e a rischio. Per ogni utente trasportato per tragitto medio, un’auto occupa 160 metri quadrati a persona per circolare a 50 km/h, mentre un autobus ne occupa 4. Negli Stati Uniti un’auto rimane parcheggiata in media per il 96% della sua vita utile. A Los An-
geles, città diffusa e sviluppata con la mobilità privata, l’80% dell’area del Distretto Commerciale Centrale, il Central Business District, è destinata a parcheggi. In uno scenario base, a livello globale, dovremmo destinare tra i 45,000 e gli 80,000 chilometri quadrati a parcheggi entro il 2050: un’area equivalente alla Danimarca. Le innovazioni nel campo del trasporto urbano non sono ancora de nite dirompenti, in quanto i maggiori cambiamenti sono venuti, e giungeranno, da un riutilizzo più efficiente delle infrastrutture e dei mezzi già a nostra disposizione. Sono casi questi come il bus rapid transit, il bike sharing, adesso introdotto a Milano anche in forma elettrica, il car sharing, l’introduzione di smart card per l’accesso ai mezzi, lo sviluppo intelligente dei soft mode con corsie preferenziali. Dal punto di vista di policy zone a bassa o nessuna emissione sono già state implementate a Londra, Milano, ed altre città con risultati altalenanti. Le maggiori innovazioni, quindi, giungono dall’interrelazione tra settori, soprattutto dell’information and communication technology, digitalizzazone, elettri cazione delle reti e realtà virtuale. I servizi integrati possono svolgere nel futuro un ruolo predominante costituendo un asse intermodale di trasporto pubblico. Ignorare le richieste di una classe, quale quella creativa, che si sta allargando a grandi porzioni della popolazione, signi cherebbe non rispondere in maniera efficiente alle esigenze di pubblica utilità. © Riproduzione riservata
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Le innovazioni nella mobilità urbana e il loro impatto sugli strumenti di governance e piani cazione di Gabriele Grea
I sistemi di trasporto costituiscono un elemento fondamentale per la quali cazione di un ambiente urbano competitivo e sostenibile. Oggi, elementi innovativi di carattere tecnologico, sociale ed economico de niscono un nuovo perimetro – o ecosistema – entro il quale si evolvono e si confrontano i nuovi bisogni dei cittadini e dei city user da un lato, e lo sviluppo di nuovi servizi dall’altro. Le opportunità generate dalle principali dinamiche di innovazione nell’ambito della mobilità delineano due tendenze nell’evoluzione delle reti urbane, ovvero lo sviluppo di servizi seamless (dall’inglese “senza cuciture”, integrati e continui) e di soluzioni “CO2 neutrali”. Ad esse, si aggiunga per il policymaker una terza s da, ovvero quella di fornire servizi sempre più inclusivi ai cittadini anche grazie allo sviluppo di nuovi approcci tecnologici, migliorando l’accessibilità delle aree periferiche e allo stesso tempo ampliando le opzioni di mobilità disponibili per differenti gruppi di persone con particolare attenzione a quelle maggiormente vulnerabili. Tre sono i driver di innovazione alla base dei processi di trasformazione della mobilità urbana in atto: la diffusione dei veicoli elettrici quale risposta alle istanze di sostenibilità ambientale ed efficienza energetica identi cati dalle strategie di policy a livello locale e nazionale, comunitario e globale; la digitalizzazione, dei veicoli e dei servizi, dettata non solamente da dinamiche evolutive di prodotto ma anche e soprattutto dall’identi cazione di nuove proposizioni di valore legate all’importanza delle informazioni generate in mobilità; a questi si aggiunga, non meno importante e trasversale rispetto ai precedenti, l’affermarsi dell’economia collaborativa e della condivisione, in grado in molti settori di rivoluzionare i modelli di business tradizionali ma anche e soprattutto le abitudini e i comportamenti dei consumatori e utilizzatori. In questo contesto, comprendere il complesso sistema di opportunità e responsabilità all’interno del quale è necessario muoversi è per policymaker e piani catori estremamente importante, al ne di garantire alla società sistemi di regole eque, e condizioni ottimali al miglioramento del benessere collettivo attraverso il governo delle dinamiche di innovazione tecnologica e sociale.
L’elettri cazione della mobilità La mobilità elettrica rappresenta oggi, tra le alternative tecnologiche proposte dal settore automotive, la soluzione più efficace e promettente nel contribuire alla diminuzione delle emissioni inquinanti, in particolare nelle grandi aree urbane. Inol-
Titolo Innovation in the urban Autore mobility and potential impacts on governance and planning tools Fuga. Qui aborers picimin conemo od maio ipis Gabriele re lam dolo quiam ut rem repe plab by Grea
ipsaperum anda idignimet poritam vendio quatissiment officia velias aut oditi quunt repro vellatur am inverchit exped quat aut pa transport cum con coremporro expelitatum quam As systems represent a key factor autat quuntur, quunt si odis reptat for theetdevelopment of alabor competitive perero blabo. Nemporio te digendaera and sustainable urban environment, nes eat ex estioraerae laciet unt technological, social and volum economic facesto volecup innovations havetaerspi great inendundis uence ondunt the et eos numet, cusant restiaas cus mobility services market wellidunto as on qui ratquamneeds ra accust repraes tiamus. citizens andearum expectations. Borit non endissincit exerumq In fact,hitaque the opportunities generated by the uisqueinnovations am, aturi dolescite simpos main in mobilitycomnis are sketching et offi ciu stiumqu rerumque two main trends inamustiu the evolution of et ut et aut archili gentur mostem venistiundi services and networks, the development voloreicil maximil ipsanihthrough itemos aestiandae of seamless approaches verum dolor alibus of neICT atiore ilis eum re broader application technologies que integration volorem eturia nos mi,and et volorest, and practices, the take sim enim nobitia temquo id qui quiaspeditat up of co2 neutral solutions, based on low eos disquos ut rerem sam iusa consed emission technologies combined with que licitius, as etpractices volectem ratio test,effi vellibus, sustainable and energy cient apis nonsed quaestemque pediciendam, solutions. nullupttrends inulparum ipictat. These can today be connected to Faccabo. Ecae nis eatent etur? three main drivers, whichvolorum policymakers Ucientinctus sitas quiate nullabo must observe rerum, and accompany in order to remque adtheir ma eff volorenda corum, maximize ects on local andcomnim global reicia cus, optatquam sinctor communities, being thesimus electricum, cation epudaercius, ommolo berume et of hilictate process of eets, the digitalization vendipsandem et aborat rem fugiass vehicles and the raise of collaborative iminumet and expediti dolorem economy sharing of resourcesharuptas in restor mint es secumet ommo mobility, bothin urban and longmodipsam distance quis doluptiatur sequi nobis accus atat mi, travel. voluptati volor aligenimet quaepudant labo. Nam vendae lique vitaeptaquis molupie ntibusamus volore, offictio dolupta tisimeniant omnis re dollab ipsunt quisque di dolorehenis demporepudis alibus dipidi qui que verovit ibuscius, quidenet, od eribearum aut que dolest et, odigeni andebit volorum ipis et exera samus cum nos et fuga. Us, consequia volorem oluptio quam voluptatur, omnimporecus dest, in et ipiciis citiam sit elitibu sandis venissitis aut experias rerio blandio. Ribusci mpore, iur sanissequae vendis suntium et quaesto mod quam, ut il es mo voluptae
Nella pagina a anco, in alto: biciclette in città; in basso: ricarica di un’autovettura elettrica.
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TRASPORTI & CULTURA N.47 Lo sviluppo di nuovi e appropriati modelli di business per la mobilità elettrica costituisce un elemento facilitatore del processo di diffusione dei veicoli elettrici, attraverso la capacità di accompagnare la delicata traduzione dei vantaggi tecnologici in valore aggiunto per il cliente nale. I paradigmi che caratterizzano i principali modelli innovativi per i servizi di mobilità applicabili all’auto elettrica sono così sintetizzabili: - l’uso efficiente della capacità dei veicoli: modelli innovativi di mobilità quali il car sharing o la gestione delle otte aziendali sono orientati all’ottimizzazione dell’utilizzo dei veicoli, e nel caso dell’auto elettrica potrebbero risultare particolarmente efficaci poiché in grado di abbinare i minori costi operativi caratteristici della mobilità elettrica a un’efficiente condivisione dei maggiori costi ssi; - l’adozione di un modello di utilizzo esteso e il possibile uso secondario delle batterie: con l’obiettivo di migliorare l’efficienza economica del sistema, i veicoli elettrici possono da un lato essere caricati nei momenti di minore domanda di energia da parte del sistema (ad esempio le ore notturne) e restituire energia al sistema nelle ore di punta, secondo un modello V2G (Vehicle To Grid power); inoltre, le batterie usate una volta dismesse dai veicoli, potrebbero contribuire all’accumulazione di energia da distribuire al sistema, aumentando così il loro valore residuo; - il miglioramento dell’accettazione da parte degli utenti nel breve periodo: limiti dell’offerta legati ad esempio all’autonomia dei veicoli possono essere superati attraverso formule di vendita che prevedano la possibilità di utilizzo periodico di veicoli tradizionali a combustione interna per i viaggi più lunghi; questo è solo un esempio di possibili strategie customer oriented tese ad aumentare i livelli di accettabilità dell’auto elettrica da parte della domanda.
1 - Olli minibus a guida autonoma sviluppato da Località Motors (fonte Località Motors). 2 - La prima stazione di ricarica elettrica a Barcellona (fonte Rudolf Simon).
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tre, essa risulta essere lo strumento più efficiente per contribuire al raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione de niti a livello internazionale e comunitario, da quelli dell’accordo globale sul clima di Parigi alla EC Climate Action. I veicoli a trazione elettrica sono infatti i naturali candidati alla mobilità del futuro in particolare per quanto riguarda la mobilità urbana e metropolitana, grazie a una serie di vantaggi quali la possibilità di funzionare con un’ampia varietà di fonti di energia primaria, riducendo la dipendenza dal petrolio e migliorando la sicurezza degli approvvigionamenti energetici, e grazie alla possibilità di ottenere rilevanti vantaggi ambientali e di efficienza energetica rispetto ai veicoli convenzionali a combustione interna. La diffusione dei veicoli elettrici infatti, combinata all’incremento della generazione di energia da fonti rinnovabili e alla creazione di reti intelligenti per la distribuzione e la gestione dei ussi energetici, è in grado di innescare un meccanismo virtuoso nella direzione di una mobilità a emissioni zero. Guardando all’Italia, già oggi il contributo delle fonti rinnovabili al mix energetico nazionale supera il 40%, con importanti prospettive di crescita e soprattutto di integrazione.
Il mercato europeo dell’auto elettrica è tuttavia ancora ad uno stadio iniziale e nel 2015 ha raggiunto, pur presentando dinamiche di crescita molto rapide, l’1% delle vendite totali di veicoli. Le analisi del potenziale di sviluppo del mercato oggi devono tener conto di tre fattori fondamentali, ovvero l’elevato costo, l’ansia legata alla limitata autonomia delle batterie, non ultima la bassa conoscenza dei veicoli elettrici e delle loro potenzialità Per quanto riguarda il primo elemento, l’unità di calcolo per il confronto è il cosiddetto total cost of ownership: in esso si includono le voci di costo di acquisto, di manutenzione, dei carburanti nell’arco di vita del veicolo (e talvolta anche di assicurazione e nanziamento). Il fenomeno della range anxiety invece dipende da due ordini di fattori: l’autonomia del veicolo (espressa in chilometri percorribili con un “pieno” di carburante o energia) e la disponibilità e capillarità della rete di rifornimento/ricarica. In ne, quando parliamo di informazione asimmetrica in materia di mobilità elettrica intendiamo il generale gap di conoscenza da parte degli utenti potenziali delle principali caratteristiche della mobilità elettrica, dei suoi bene ci e della sua compatibilità con le abitudini di mobilità prevalenti della maggior parte degli individui. Le previsioni di sviluppo tecnologico e industriale porteranno nei prossimi anni i veicoli elettrici ad essere sempre più competitivi in termini di auto-
TRASPORTI & CULTURA N.47 nomia e prezzo, anche e soprattutto grazie all’evoluzione delle batterie a ioni di litio che saranno sempre più efficienti e prodotte su ampia scala nei prossimi anni (basti vedere, a titolo di esempio, i piani di Tesla per la sua gigafactory nel deserto del Nevada). L’obiettivo di raggiungimento della cosiddetta range parity ossia combinato ad una diminuzione signi cativa attesa del costo nale dei veicoli elettrici, sembrano disegnare scenari ottimistici per il futuro. Non va dimenticato tuttavia come queste dinamiche tendenziali, sulla carta favorevoli alla competitività della mobilità elettrica, debbano essere supportate da strategie di accompagnamento tese ad assicurarne la realizzazione e massimizzare l’impatto sul territorio e per i cittadini. L’elaborazione di piani integrati per il supporto alla domanda, all’offerta e alla ricerca e sviluppo deve essere ispirata da chiari e dichiarati obiettivi ambientali, di competitività e di sviluppo socioeconomico sostenibile di lungo periodo.
Le dinamiche di digitalizzazione, veicoli e servizi I veicoli connessi (o connected vehicle) costituiscono una delle componenti del mondo dei sistemi di trasporto intelligenti, ovvero gli ITS, progettati e realizzati con l’obiettivo di risolvere le problematiche connesse al mondo della mobilità grazie all’interazione con le tecnologie sviluppate nell’ambito dell’informatica e delle telecomunicazioni. La funzione primaria dei sistemi intelligenti è quella di garantire la comunicazione tra l’infrastruttura e il veicolo I2V, viceversa (V2I), e V2V per la raccolta e la diffusione delle informazioni e l’abilitazione di servizi accessori. Gli obiettivi ultimi dei sistemi intelligenti di trasporto sono principalmente quelli di sicurezza stradale e salvaguardia dell’ambiente, a cui si affiancano applicativi in ambito di gestione del traffico, sistemi di pagamento, gestione dei parcheggi e telematica automotive. Alcune analisi1 stimano il mercato delle “global connected cars” superiore ai 131 miliardi US$ prima del 2020, mentre altre fonti prevedono l’effetto dello sviluppo dei Sistemi di Trasporto Intelligenti sul mercato delle tecnologie e dei servizi ITS pari a 20 miliardi di euro nel 2020. Il progressivo processo di automatizzazione della guida di autovetture, sempre più autonome e intelligenti, costituisce una delle frontiere più avanzate dello sviluppo dei veicoli connessi. Già oggi, un numero sempre maggiore di vetture del segmento medio-lusso offre tecnologie semiautomatiche: con il cruise control le auto possono mantenere una velocità ssa, le telecamere posteriori aiutano nelle retromarce, sensori interni ed esterni aiutano nel parcheggio e a non uscire di strada. L’evoluzione naturale delle vetture connesse in veicoli autonomi dipende in maniera rilevante più da aspetti di carattere normativo, infrastrutturale e di accezione sociale più che da aspetti tecnologici (le tecnologie sono già in gran parte attualmente disponibili). Inoltre, se l’auto senza conducente è il fulcro del processo di digitalizzazione della mobilità privata, per realizzare pienamente l’autono-
mus driving è necessario anche un adeguamento del contesto infrastrutturale. La predisposizione di intersezioni intelligenti, in grado di far accedere ad un incrocio stradale in modo dinamico, è solo un esempio nella strategia di utilizzo innovativo di spazio e infrastrutture, al ne di massimizzarne la capacità e riquali care destinazioni e usi dello spazio pubblico. Secondo Navigant Research2, il trend crescente dovrebbe portare ad un mercato di 85 milioni di veicoli autonomi venduti annualmente per il 2035 su scala globale. Spesso si associa al concetto di driverless car quello di vettura elettrica, ipotizzando che in futuro lo sviluppo della prima sia accompagnata dal graduale successo della seconda: senza considerare le implicazioni ambientali e di policy, da un punto di vista tecnico effettivamente l’integrazione tra l’auto intelligente è la trazione ICE è di gran lunga più complicata proprio perché il motore è più complesso, essendo costituito da una serie di parti moventi che provocano rumore e attrito. La
1 Transparency Market Research (Settembre 2013). “Connected Car Market - Global Industry Analysis, Size, Share, Growth, Trends and Forecast, 2013- 2019”.
2 Navigant Research (3Q 2015). Report “Advanced Driver Assistance Systems and the Evolution of Self-Driving Functionality: Global Market Analysis and Forecasts”.
3 - Stalli di bikesharing a Dublino (fonte web). 4 - La ricarica di una auto elettrica (fonte web).
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5 - Veicoli carsharing elettrici in ricarica a Berlino (fonte Car2go).
6 - La complessa rete autostradale di una metropoli (fonte McKinsey).
semplicità tecnica del motore elettrico si integra meglio con un sistema computerizzato in grado di superare i limiti e le efficienze della guida umana: basti solo pensare ai miglioramenti nel consumo di batteria adottando uno stile di guida precon gurato. Il veicolo elettrico rappresenta la piattaforma ideale per i veicoli autonomi, vista la maggiore reattività dei loro componenti rispetto ad un motore ICE e soprattutto la loro controllabilità, sia per quello che riguarda la regolazione di velocità, adattandosi alle dinamiche del traffico, che per l’approvvigionamento di carburante. Ci sono forti sinergie tra l’elettri cazione del veicolo e l’automazione e in alcuni casi d’uso la com42
plementarità di tali tecnologie è molto elevata: in manovre a bassa velocità, per il parcheggio in spazi ridotti e per predisporre il veicolo alla ricarica induttiva. Con l’aiuto dell’auto driverless è previsto inoltre un impatto positivo in termini di sicurezza, visto che la maggioranza degli incidenti sono causati da distrazione, stanchezza o velocità eccessiva. Anche da un punto di vista ambientale, l’impatto sarebbe positivo. Infatti, secondo uno studio del 2015 di Berkeley Lab3, lo sviluppo nelle grandi città di 3 Greenblatt, Jeffery B., Samveg Saxena (2015). “Autonomous taxis could greatly reduce greenhouse-gas emissions of US light-duty vehicles.” Nature Climate Change.
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sistemi di trasporto basati su mezzi autonomi con motore elettrico potrebbero arrivare a ridurre le emissioni no al 94% entro il 2030. Guardando al panorama dei servizi di mobilità in ambito urbano, emerge come piattaforme tecnologiche e di comunicazione per l’organizzazione e la gestione degli spostamenti e servizi di condivisione siano in divenire l’elemento catalizzatore di un nuovo modo di vivere la mobilità. Allo stesso tempo le piattaforme tecnologiche costituiscono un potenziale moltiplicatore delle opportunità di mercato per tutti i segmenti del trasporto, inclusi quelli più tradizionali (ferroviario, trasporto pubblico locale, taxi, etc.). Un concetto che caratterizza il processo di innovazione della mobilità urbana è quello della cosiddetta Mobility as a Service (MaaS), ovvero l’affermazione di un modello di distribuzione dei servizi di mobilità che consente di soddisfare i bisogni dei cittadini attraverso un’interfaccia unica, tramite un unico service provider che agisce da catalizzatore dell’offerta, fornendo una esperienza lineare e immediata all’utente nale. L’approccio MaaS si basa sulla possibilità di acquistare “pacchetti di mobilità” che consentano l’utilizzo di qualsiasi tipologia di servizio per raggiungere una destinazione in una logica di intermodalità ma anche di competizione trasparente. Affinché questo approccio possa avere successo e per ampli care i bene ci per il cittadino, è fondamentale che gli elementi di offerta raggiungano un grado di integrazione tale per cui treni, metropolitane e servizi di super cie, bike e car sharing, ma anche taxi e servizi di ride sharing forniti da piattaforme specializzate quali Uber e BlaBlaCar, risultino come componenti organiche a un’offerta unica. Il cambio di paradigma proposto è dettato dalla strategia dei servizi MaaS di diventare completamente sostitutivi dell’autovettura di proprietà,
combinando servizi di trasporto di massa e opzioni condivise di vario genere in una logica sempre più organica di integrazione. In particolare, l’approccio Mobility as a Service si basa sul concetto di roaming, analogo a quello di comune uso per il mercato della telefonia, mettendo in rete tutti i servizi dell’ecosistema di mobilità su base non esclusiva e secondo uno schema collaborativo. L’assetto di mercato secondo il quadro regolatorio auspicato dalla logica MaaS prevede la presenza di una pluralità di “integratori”, che competono sulla base dell’offerta e delle strategie di pricing e customizzazione dei pacchetti di mobilità offerti agli utenti. Ma l’elemento fondante di tale approccio è la totale trasparenza e accessibilità alle fonti informative e ai sistemi di acquisto e pagamento dei differenti servizi (anche quelli offerti da eventuali competitor) sulla base di open API4 che consentano l’interazione con le basi informative diverse necessarie a rendere i servizi integrati e dunque fruibili. Il potenziale ruolo dell’informazione nel contesto competitivo che caratterizza la mobilità urbana è di primaria rilevanza. In altri ambiti, aziende come Google e Facebook sono in grado di generare valore dagli enormi volumi di dati creati ogni giorno dagli utenti con i loro comportamenti, grazie alle so sticate tecniche di raccolta e analisi sviluppate. Queste informazioni consentono alle imprese di bene ciare di supporti di market intelligence in tempo reale che permettono di migliorare la capacità decisionale e di adattamento. Il mercato dei cosiddetti Big Data5 è stato stimato
7 - Infrastrutture ed energia nelle città intelligenti (fonte McKinsey).
4 Application Programming Interface, ovvero l’interfaccia che consente ai programmatori di interagire con i sistemi informativi dei differenti servizi. 5 Per Big Data si intendono ussi di data estesi in termini di volume, velocità e valore tali da richiedere lo sviluppo di metodologie di analisi e tecnologie dedicate per la loro valorizzazione. I dati generati dagli utenti in mobilità e dai loro comportamenti, raccolti tramite l’utilizzo dei sistemi di geore-
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8 - Veicoli carsharing elettrici in ricarica a Milano (fonte Share&go).
nel 2013 intorno ai 56 miliardi di Euro, e in continua espansione con tassi vicini al 10% annuo. Oggi i cittadini generano dati muovendosi, consumando energia, beni e servizi, comunicando e in molti altri modi, oggi l’informazione e pervasiva della quotidianità di ciascuno e la capacità di raccogliere e analizzare tali informazioni è un fattore chiave di successo non scevro da criticità e necessità di porre cautele. La trasparenza costituisce un elemento fondamentale che deve essere garantito a tutela di cittadini e city user, ma anche di coloro che operano in un ambiente competitivo. Allo stesso modo una delle condizioni di vitale importanza per lo sviluppo di comunità intelligenti è la condivisione dei dati e delle informazioni. Sempre in materia di informazione, gli Open Data6 generati dai servizi pubblici e privati nelle città sono un elemento di ricchezza dell’ecosistema urbano poiché costituiscono la base informativa per migliorare la conoscenza e l’accessibilità dei sistemi di mobilità, per monitorarne l’andamento e coadiuvarne l’integrazione, per operare scelte di piani cazione e rimodulazione sulla base dell’evoluzione degli spazi e dei tempi della città. L’equilibrio, fra la natura e gli obiettivi dello sfruttamento dei Big Data e dei modelli di business da essi derivati con i principi fondanti di una strategia basata sui dati Open, è particolarmente delicato nella maniera in cui condiziona l’assetto competitivo dei mercati all’interno di ambienti avanzati, quale quello delle smart city. Obiettivo delle policy di sistema deve essere quello di massimizzare i bene ci e le libertà del cittadino attraverso la promozione di approcci collaborativi, sostenendo ferenziazione presenti nei loro device mobili, ne costituiscono una esempli cazione. 6 Per Open Data si intendono dati liberamente accessibili nel contesto di una pubblica amministrazione trasparente e aperta ai cittadini in tema di partecipazione diretta al processo decisionale, anche attraverso il ricorso alle nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione.
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allo stesso tempo un ambiente competitivo e costantemente in evoluzione.
Governare la mobilità del futuro Al ne di governare con efficacia e lungimiranza il processo di transizione disegnato dalle dinamiche di evoluzione precedentemente descritte, i policymaker a livello sia nazionale che locale devono essere in grado di de nire e sviluppare vision e strategie di lungo periodo a partire da obiettivi chiari, coerenti e raggiungibili. Nazioni come la Germania e l’Olanda stanno elaborando piani di azione strategici basati su obiettivi di switch off tecnologico legati al processo di decarbonizzazione e al miglioramento della performance ambientale dei sistemi di mobilità, ssando un limite temporale al mercato dei veicoli a benzina e diesel (il 2030 in Germania, il 2025 in Olanda). Allo stesso modo, città come Amburgo, Madrid e Oslo hanno impostato una strategia di mobilità che prevede l’estensione di aree car free e disincentivi alla mobilità privata a favore di modalità sostenibili e soluzioni condivise. A partire dagli obiettivi individuati come prioritari e strategici per le comunità e i territori coinvolti, per de nire piani di azione efficaci, è necessario innanzitutto elaborare una mappa funzionale delle strategie e delle misure da mettere in atto per il loro raggiungimento, tenendo in considerazione stakeholder, liere produttive e dinamiche socio-economiche su cui le policy a supporto della mobilità sostenibile hanno effetti, evidenziando intensità, probabilità e direzione di questi ultimi. Decarbonizzazione della mobilità, miglioramento della qualità dell’area e valorizzazione costituiscono le categorie di obiettivi particolarmente condivise e coerenti con l’idea di sviluppo durevole e sostenibile che caratterizza l’ambiente urbano intelligente.
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9 - Veicoli connessi e sicurezza stradale (fonte Trasparancy Market Research, 2013).
Per perseguire gli obiettivi di riduzione delle emissioni globali (decarbonizzazione), le strategie da adottare dovranno ad esempio comprendere azioni a sostegno al ricambio del parco veicolare in chiave sostenibile, e contemporaneamente di sviluppo di reti infrastrutturali a servizio delle opzioni di mobilità a basse emissioni. Per quanto riguarda la riduzione delle emissioni locali (qualità dell’aria nelle città), oltre a quanto già citato è opportuno evidenziare l’importanza di azioni sistematiche volte a sviluppare approcci di piani cazione sostenibile dei sistemi e delle infrastrutture di trasporto (e.g. la redazione di Piani Urbani della Mobilità Sostenibile e loro evoluzioni, l’integrazione con altri strumenti di piani cazione delle reti energetiche e delle misure ambientali, etc.), nonché concentrare gli sforzi sullo sviluppo di sistemi di mobilità integrati in grado di migliorare l’efficienza e l’efficacia delle soluzioni di trasporto condiviso e collettivo. Questa terza tematica strategica è l’elemento fondamentate per il perseguimento di obiettivi di riduzione del trafco, particolarmente rilevanti in ambito urbano e metropolitano e che riguardano sia l’ambito della mobilità passeggeri che quello delle merci. In ne, gli obiettivi di miglioramento della competitività del settore dei trasporti e della mobilità (effetti socio-economici), e la sua estensione ai principali settori economici ad essa connessi, richiedono un approccio integrato che tenga conto delle strategie già citate (ricambio del parco, infrastrutturazione, piani cazione sostenibile), alle quali si aggiunga un approccio deciso, focalizzato e integrato funzionale allo sviluppo e alla promozione di programmi di ricerca che migliorino il posizionamento strategico delle realtà produttive nazionali, e favoriscano lo sviluppo e l’industrializzazione di prodotti e servizi di mobilità efficienti e competitivi in grado di generare sviluppo socioeconomico durevole e sostenibile.
Bibliogra a “ L’e-mobility - Mercati e policies per un’evoluzione silenziosa”, O. Baccelli, R. Galdi, G. Grea – Bocconi - Enel Foundation Ed. Egea Dic. 2016. Mckinsey Global Ins tute (2013) Disrup ve Technologies: Advances that will transform life, business and the global economy. Transparency Market Research (2013). “Connected Car Market - Global Industry Analysis, Size, Share, Growth, Trends and Forecast, 2013- 2019”. Navigant Research (3Q 2015). Report “Advanced Driver Assistance Systems and the Evolu on of Self-Driving Func onality: Global Market Analysis and Forecasts”. Greenbla , Jeffery B., Samveg Saxena (2015). “Autonomous taxis could greatly reduce greenhouse-gas emissions of US light-duty vehicles.” Nature Climate Change.
Sitogra a http://www.lifegate.it/persone/stile-di-vita/oslo-amburgocitta-no-auto https://cities-today.com/public-transport-heart-tomorrowsurban-mobility/ http://money.cnn.com/2017/02/07/technology/car-data-value/index.html https://www.inmotionventures.com/car-sharing-economy/ http://www.todayonline.com/world/how-driverless-cars-areset-reinvent-and-humanise-our-streets
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Analisi del crowdshipping come soluzione innovativa per promuovere la crescita e la sostenibilità delle aree urbane di Edoardo Marcucci, Valerio Gatta, Eleonora Pieralice, Michela Le Pira e Céline Sasha Carrocci
Le inefficienze logistiche si traducono in ingenti spese che gravano sulle casse degli enti locali. In un mondo volto al progresso, la città del futuro non lascerà più spazio agli sprechi. Le risorse verranno utilizzate in modo intelligente e sostenibile, grazie all’organizzazione e alla collaborazione tra i diversi attori. Paradigmi economici innovativi stanno nascendo e si stanno sviluppando. Nel nuovo panorama spiccano i modelli economici collaborativi (sharing economy), che prevedono l’impiego delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione e, quindi, di internet per la condivisione di beni o servizi, altrimenti sottoutilizzati, in cambio di una rimunerazione (Rifkin, 2014). Tali modelli riconoscono che la qualità della vita in futuro dipenderà dall’abilità di conciliare lo sviluppo economico con la protezione dell’ambiente. Pertanto, i modelli economici collaborativi richiedono, prima di tutto, un cambiamento di tipo culturale. L’evoluzione consiste in un progressivo abbandono dei vecchi valori legati all’economia lineare ─ quali l’individualismo e il consumismo ─ per aderire ai valori della condivisone e della sostenibilità (Lacy e Rutqvist, 2016). Le numerose iniziative di economia condivisa sono ancora in fase sperimentale. In Italia nel 2016 sono risultate attive 138 piattaforme di sharing economy1 legate, ad esempio, al turismo, ai servizi alle persone e a scambio/affitto/vendita (e.g. Airbnb). La quota più importante riguarda il settore dei trasporti, con ben 25 piattaforme attive (e.g. BlaBlaCar). L’economia dei trasporti sta difatti cambiando, ispirandosi, per certi versi, e promuovendo il fenomeno della sharing mobility. A tal riguardo, il Ministero dell’Ambiente e la Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile hanno istituito l’“Osservatorio Nazionale sulla sharing mobility” con lo scopo di creare un tavolo di cooperazione tra gli operatori di mobilità condivisa, le Istituzioni, i Comuni e la società civile. La rivoluzione della sharing mobility è già in atto per il trasporto passeggeri, come testimoniato dal fenomeno Uber che, grazie al collegamento diretto tra potenziali clienti e autisti, permette la condivisione degli spostamenti e un miglior matching tra domanda e offerta di trasporto. Questo fenomeno è particolarmente rilevante dal momento che i trasporti in uenzano la qualità della vita delle città. A tal proposito, circa il 25% delle emissioni di CO2 prodotte nelle aree urbane sono attribuibili al settore dei trasporti, così come il 30-50% degli altri inquinanti2. 1 “La Mappatura delle piattaforme italiane 2016 presentata a Sharitaly” (h p://www.collaboriamo.org) 2 ALICE/ERTRAC (2014). Urban Freight research roadmap. (http://www.ertrac.org).
Analisis of crowdshipping as an Innovative solution to promote the growth and sustainability of urban areas by Edoardo Marcucci, Valerio Gatta, Eleonora Pieralice, Michela Le Pira and Céline Sasha Carrocci Logistical inefficiencies can be assimilated to taxes. In fact, in the case of Italy, each citizen pays around 700 euros per year due to road congestion that increases noxious emissions and lengthens travel times (Confcommercio and Isfort, 2015). The externalities induced by the vehicles in the cities can be decreased by reducing the total number of circulating vehicles and improving traffic management. Crowdshipping can jointly pursue both objectives by promoting better integration of freight and passenger transport. Entrusting part of the deliveries to crowd trips, many dedicated freight trips can be avoided. Crowdshipping is perfectly in line with the sharing economy paradigm supported by the European Union (Commissione Europea, 2016). Despite the enthusiasm this solution may evoke, many side effects must be considered and adequately dealt with. The paper analyzes several crowdshipping initiatives, highlighting the factors that contribute to either success or failure.
Nella pagina a anco, in alto: armadietti di sicurezza stazione di Zurigo; in basso: crowdshipper di Deliveroo a Roma.
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1 - Funzionamento del crowdshipping dal punto di vista dell’acquirente e del crowdshipper (fonte: canubring.com).
2 - Anno di nascita delle start-up di crowdshipping nel mondo (elaborazione propria).
Per il trasporto merci molto interessante è il cosiddetto fenomeno del crowdshipping. Crowdshipping o crowdsourced shipping letteralmente signica “spedizioni fatte per mezzo della folla”. Questo concetto fa riferimento a uno spostamento delle merci essibile, compiuto da un privato per conto terzi. Il consumatore che accetta di ricevere un pacco dal crowdshipper sta richiedendo un servizio di crowdshipping ( gura 1a). Il crowdshipper è, ad esempio, un individuo che, nel tragitto abituale casa-lavoro, decide di trasportare un pacco ordinato da un consumatore sulla rete ( gura 1b). Solitamente, domanda e offerta sono messe in relazione tramite una piattaforma online (United States postal service office of Inspector General, 2014). Il crowdshipping si inquadra tra i modelli economici collaborativi, in quanto permette di aumentare l’efficienza ambientale, sociale ed economica dei veicoli in movimento (Buldeo Rai et al., 2016). Di fatto, il crowdshipping riduce il numero dei viaggi complessivi effettuati grazie a un aumento del fattore di carico per veicolo. Lo spostamento congiunto di persone e merci si veri ca anche se si trasporta la spesa sul proprio veicolo rientrando a casa. Tuttavia, il potere di internet consente di trasformare ogni spostamento di una persona in un’opportunità per altri di ricevere/spedire merci da/ 48
verso qualunque meta nel mondo (Botsman, 2014). Inoltre, il crowdshipping offre una soluzione anche per la distribuzione delle merci nell’ultimo miglio (Briffaz e Darvey, 2016) che costituisce la principale s da della logistica urbana. Attualmente il crowdshipping è un fenomeno marginale e le reali potenzialità di up-scaling non sono completamente note. Tuttavia, il formidabile incremento delle start-up a cui si è assistito negli ultimi anni3 ( gura 2) induce a ritenere che numerose aziende stiano investendo nel settore. In particolare, le opportunità del fenomeno crescono in concomitanza con la crescita dell’importanza dell’e-commerce (Rougès e Montreuil, 2014). Sullo scenario mondiale si prospetta un passaggio da $1.34 miliardi di vendite online nel 2012 a $3.58 miliardi nel 2019 (E-Marketer, 2016). Il crowdshipping, grazie alla sua essibilità, consente di ridurre i problemi legati all’e-commerce. In riferimento a ciò, è stato stimato che circa il 40% degli acquirenti online non perfeziona l’acquisto a causa di problemi connessi all’orario e alla data stimata per la consegna4. 3 http://blog.shopgate.com/crowdshipping-im-e-commerce-jedermann-liefern-lassen. 4 Stima effettuata da GoFellow, un progetto di crowdshipping
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3 - Distribuzione geogra ca delle iniziative di crowdshipping nel mondo (elaborazione dell’autore).
Al di là dei potenziali vantaggi, l’introduzione del crowdshipping può incontrare vari ostacoli. Il primo riguarda il modello di business. Difatti, le iniziative di crowdshipping non fondate su un chiaro rientro economico non stanno diffondendosi (Cheal, 2015). Tali iniziative inquadrabili nel contesto della gift economy prevedono la prestazione del servizio sulla base di motivazioni sociali o solidali. Tuttavia, la cronaca recente ha evidenziato alcuni rischi più seri legati ai modelli del consumo collaborativo. Ad esempio, l’opposizione dei tassisti all’entrata sul mercato di Uber in Italia5 ha dimostrato quali reazioni possa provocare una parziale sovrapposizione di nuovi servizi con quanto già offerto sul mercato da parte di alcune categorie forti. Inoltre, soprattutto per i paesi in crisi economica, gli alti tassi di disoccupazione possono interferire fortemente con un corretto sviluppo dei modelli di consumo collaborativo. Pertanto, nella pratica, il fenomeno del crowdshipping potrebbe degenerare, in paesi in cui il precariato è diffuso, in un impiego di manodopera non assunta, priva di diritti e con l’obbligo di reperibilità continua6. Tali considerazioni sono alla base di alcune proteste avviate, ad esempio, nei confronti di shyp, instacart, deliveroo7 e foodora8. In ne, una attuazione non corretta del crowdshipping potrebbe provocare un aumento del numero dei viaggi dedicati, piuttosto che a loro riduzione con conseguenze negative, ad esempio, rispetto alle emissioni inquinanti. Questo articolo riporta un’analisi critica del crowdshipping, al ne di individuare gli elementi per la sua diffusione e per uno sviluppo corretto. L’analisi si basa su una ricerca condotta su 190 ini-
ziative di crowdshipping nel mondo, di cui 90 sono state approfondite e classi cate in base a sei caratteristiche essenziali: “clientela”, “determinazione del prezzo”, “campo d’azione”, “tipologia viaggio”, “modo di trasporto”, “merce trasportata” (McKinnon, 2016).
canadese presentato alla conferenza delle Nazioni Unite a Quebec City il 5 novembre 2012 (https://vimeo.com/gofellow). 5 La Repubblica, (21 febbraio 2017). Taxi rivolta a oltranza “oggi tutti a Roma via la norma pro-Uber”. 6 www.milkman.it/tag/same-day/ 7 http://novaramedia.com/2016/08/12/slaveroo-deliveroodrivers-organising-in-the-gig-economy/ 8 http://www.radio24.ilsole24ore.com/notizie/protesta-fattorini-bicicletta-foodora-140403-gSLArYJF3B?refresh_ce=1
Determinazione del prezzo - Nel crowdshipping il motivo che spinge alla collaborazione è principalmente economico. Il consumatore risparmia sul costo di trasporto del bene, mentre il trasportatore ottiene un controvalore, che può essere monetario o sotto forma di sconti (es: roadie), in cambio del servizio reso. Nella maggior parte dei
Analisi del crowdshipping Clientela - Il crowdshipping si sviluppa principalmente secondo i modelli di business C2C (customer to customer) e B2C (business to customer). Nel C2C un utente consegna al crowdshipper un pacchetto o un altro oggetto, come ad esempio un prodotto venduto ad un altro utente, un mazzo di chiavi, un documento urgente oppure un oggetto dimenticato in un albergo dall’altra parte del mondo. Il crowdshipper a sua volta lo porta dal punto A al punto B, dove il destinatario è pronto a riceverlo. Diversamente, nel B2C il richiedente acquista dei prodotti direttamente da un negozio, oppure li fa acquistare al crowdshipper, il quale si occuperà della consegna nale. Il B2C è il modello tipico utilizzato, ad esempio, per la fornitura della spesa o di cibi caldi, ma anche per fare shopping all’estero. Non si nota una forte correlazione tra le aree geogra che e il modello di business, ad eccezione del continente asiatico dove domina nettamente il B2C. Talvolta il modello può complicarsi leggermente, prevedendo che il crowdshipper si occupi solo del trasporto della merce oltremare mentre sia nel paese di partenza sia in quello di destinazione sono gli addetti della compagnia di crowdshipping ad occuparsi della consegna e del ritiro della merce (es: shypmate).
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TRASPORTI & CULTURA N.47 casi si adotta un meccanismo d’asta per determinare il controvalore del servizio: gli acquirenti del servizio postano le offerte iniziali sulla bacheca della piattaforma, e da qui si avvia il processo di negoziazione con i viaggiatori. In altri casi, sono i crowdshipper a pubblicare sulla piattaforma gli spostamenti che intendono fare, “vendendo” lo spazio disponibile nei loro mezzi di trasporto/valigie. I meccanismi d’asta sono tipici dei modelli C2C. Al contrario, nei modelli B2C i costi di trasporto sono prevalentemente ssi (alcuni prezzi di riferimento per il trasporto internazionale possono essere trovati sulla piattaforma canubring9). Qualora sia il negozio stesso a inviare la merce all’utente nale mediante il crowdshipper, i costi di trasporto sono spesso coperti dal negozio stesso o incorporati comunque nel prezzo dei beni. Nel trasporto di spesa o cibo caldo i prezzi sono sempre ssi. A prescindere da chi stabilisca il prezzo, i costi del servizio variano principalmente in base alla distanza percorsa, al tempo impiegato e al valore della merce trasportata. Dal lato dell’offerta, il crowdshipper può, in linea di principio, accorpare più consegne no a coprire o superare l’intero costo del suo viaggio. Il guadagno del crowdshipper può essere sso o variabile, ma solitamente non riesce a coprire il costo complessivo del viaggio con una sola consegna. Le iniziative di crowdshipping che non perseguono nalità economiche sono fondate sullo svolgimento del servizio in cambio di un ringraziamento, regali simbolici o scambio di favori (es: piggy bee, friendshippr). Tra le motivazioni non economiche che spingono a sostenere il crowdshipping la più importante è la causa ambientale, seguita da motivazioni di carattere sociale e solidale (es: taftaf e GoFellow). Talvolta, si cerca di favorire gli scambi non nalizzati al guadagno stimolando un atteggiamento competitivo tra gli utenti (es: bring. buddy) o introducendo premi e punteggi per ogni consegna effettuata o ricevuta (es: jadezabiore). Nonostante le buone intenzioni, l’analisi effettuata conferma che le esperienze di crowdshipping basate sulla gift economy non conseguono gli esiti sperati, in quanto i crowdshipper preferiscono afdarsi a piattaforme che garantiscono compensi monetari. La diffusione della gami cation, ovvero l’utilizzo di dinamiche proprie dei giochi in contesti non ludici, potrebbe favorire il successo di iniziative basate su compensi non monetari, promuovendo comportamenti sostenibili grazie alla partecipazione a un “gioco” (Marcucci et al., 2016). Campo d’azione - Le iniziative di crowdshipping si concentrano prevalentemente in America del Nord e in Europa (Figura 3). La maggior parte delle iniziative nasce negli Stati Uniti (18%) e in Francia (11%). Una delle possibili spiegazioni del successo del crowdshipping in queste aree potrebbe essere ricondotta alla forte coesione sociale. La collaborazione e il rispetto per l’ambiente nascono da un comune senso di appartenenza a un popolo e a uno speci co luogo geogra co (Rustagi e Veronesi, 2016). Il crowdshipping può essere effettuato a scala urbana, nazionale o internazionale. Spesso nelle consegne urbane si richiede la vicinanza del trasportatore alla zona da rifornire e tipicamente la distanza richiesta varia tra gli 8 e i 30 km10. La prossimità degli aspiranti trasportatori al luogo di incontro 9 http://www.canubring.com/content/prices 10 http://www.hitchit.co/
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con il destinatario nale garantisce la riduzione dei costi di trasporto e dei tempi di consegna. A livello urbano, come già anticipato, il crowdshipping è particolarmente utile per la fornitura di cibi caldi e per la spesa (es: dabbawala, amazon ex, Crowd Delivery, deliv, deliveroo, instacart, kanga, parcelgogo e postmates). Tra i servizi nazionali vi è amazon ex che per ora è attivo solo in città americane e cotransportage, che propone di sfruttare lo spazio inutilizzato dei veicoli pesanti in Francia. Al contrario, a livello internazionale, il servizio ha le migliori probabilità di successo per le tratte poco connesse e per le rotte più costose. Dove c’è inefficienza, c’è un’ottima opportunità per il crowdshipping. BuddyExpress consiglia il crowdshipping soprattutto per le rotte lunghe in Asia, Africa e America del sud. eShipp!, ad esempio, connette solo la Francia con Tahiti. I progetti internazionali si concentrano sulla vendita dello spazio residuo nella propria valigia (airfrov, airmule, backpack, beckfriends, bistip, boncarry, bring4u, buddyexpress, canubring, carrywithyou, eShipp!, ll up my luggage, friendshippr, kako express, pigeonship, you2you, zaagel, zaldee, lieferoo). Il vantaggio del crowdshipping internazionale consiste nella possibilità per l’acquirente di trovare prodotti unici locali, non disponibili nel suo paese o troppo costosi, a prezzi ragionevoli e in tempi rapidi. Utilizzando un qualunque spostamento effettuato nel mondo per trasportare merce, è possibile offrire un servizio difficilmente imitabile dall’offerta di trasporto convenzionale. Tipologia di viaggio - Due sono le tipologie di viaggio in cui è possibile collocare le iniziative di crowdshipping individuate: viaggio dedicato e non dedicato. Appare improprio includere l’utilizzo della folla per consegne dedicate di merce all’interno dei modelli economici collaborativi (De Stefano, 2015; Sundararajan, 2015; Lee e Savelsbergh, 2015). Per viaggi dedicati si intendono quei viaggi effettuati ad hoc da chi si offre di trasportare merce. Al contrario, i viaggi non dedicati non richiedono deviazioni o, al limite, richiedono solo una deviazione minima del proprio percorso per effettuare la consegna di un bene all’utente nale. Nei casi delle consegne dedicate il crowdshipper si distingue da un normale trasportatore in quanto non è legato a una società di trasporto da un rapporto di lavoro e, solitamente, può indicare liberamente la propria disponibilità rispetto alle consegne da effettuare e, quindi, al “lavoro” da svolgere. Il crowdshipping dedicato esiste solo a scala urbana. Per la consegna di cibi caldi o della spesa i viaggi sono al 100% dedicati. Poiché solitamente il costo a consegna è esiguo rispetto al lavoro richiesto (tra i 2 e i 4 euro), per garantirsi un guadagno il crowdshipper spesso ricorre ad un mezzo non motorizzato oppure accorpa un numero rilevante di consegne. I problemi legati al crowdshipping dedicato sono molteplici. In primo luogo il rischio di sfruttamento della forza lavoro11. Inoltre, soprattutto se il mezzo utilizzato per effettuare le consegne fosse motorizzato, l’esecuzione di viaggi dedicati aumenterebbe la quantità di emissioni nocive e, in funzione dell’ingombro del mezzo, anche la congestione. A fronte di una riduzione dei costi per l’acquirente, si avrebbe un peggioramento delle 11 https://www.theguardian.com/money/2016/jun/15/hetruth-about-working-for-deliveroo-uber-and-the-on-demandeconomy
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4 - Tabella 1: classi cazione delle iniziative secondo le sei caratteristiche essenziali individuate da Mc Kinnon (2016).
condizioni del lavoratore, del traffico e della qualità dell’aria. Ciò risulta in contrasto con l’obiettivo nale del crowdshipping, che mira a favorire una maggiore sostenibilità economica, sociale e ambientale delle consegne, incrementando al massimo l’efficienza degli spostamenti che verrebbero comunque effettuati per altri motivi. Al contrario, i viaggi non dedicati sono molto più efficaci. Il crowdshipper che percorre un tragitto abituale non sostiene spese aggiuntive, pertanto il rimborso che ottiene si traduce completamente in surplus. Modo di trasporto - ll crowdshipping non dedicato migliora l’efficienza degli spostamenti aumentando il fattore di carico per veicolo. Spesso la tipologia di veicolo utilizzato non viene speci cata dalle piattaforme e le modalità per effettuare il crowdshipping sono molteplici e, talvolta, anche molto creative. A livello urbano, il crowdshipping può essere effettuato con mezzi privati e/o pubblici e motorizzati/non motorizzati. Le automobili sono un mezzo di trasporto inefficiente per eccellenza a causa del basso fattore di carico. Secondo una stima dell’ADEME (Agence De l’Environnement et de la Maîtrise de l’Energie)12, in media ogni automobile produce 140 g di CO2 per km percorso. Utilizzando i dati della piattaforma colis-voiturage13, si può calcolare che per ogni km percorso in crowdshipping si risparmiano 10 g di CO2. In alcuni casi di iniziative di crowdshipping si ricorre all’uso del trasporto pubblico come nel caso dei dabbawala14 in India che costituisce, per molti aspetti, un modello di crowdshipping ideale. Infatti, i crowdshipper portano il pranzo, prendendolo da casa, ai lavoratori in ufficio utilizzando il treno, provvedendo anche al ritiro dei vuoti. Tuttavia, risulta ancora poco chiaro quali siano le condizioni contrattuali dei lavoratori e la loro speci cità legata al contesto indiano che non ne garantisce la facile trasferibilità in altri contesti. Il limite dell’uso del trasporto con mezzi pubblici è connesso al peso e alle dimensioni degli oggetti trasportabili. Con riferimento alla scala internazionale, prevale l’impiego del trasporto aereo. Merce trasportata - Alcune piattaforme urbane sono specializzate nel trasporto di cibo caldo o della spesa (es: instacart), tuttavia sono più frequenti le piattaforme che propongono la consegna di qualunque tipo di bene. Il crowdshipping è 12 h p://www.ademe.fr/ 13 https://www.colis-voiturage.fr/du-co2-en-moins.html 14 http://indiainout.com/dabbawala-sistema-di-consegneche-fa-gola-ai-giganti-delle-commerce/
utilizzato anche per il trasporto di animali (es: roadie, lieferoo e jadezabiore) e resi (es: hermes e stuff2send). Le restrizioni dipendono dalle leggi locali ma, generalmente, riguardano le merci pericolose o proibite (e.g. esplosivi ed armi) e, in alcuni casi, farmaci e oggetti che possano offendere la morale. Nel B2C le merci più vendute sono piccoli dispositivi elettronici, vestiti, scarpe o articoli di moda. Entrusters rende noti anche i rivenditori più frequenti, ovvero Amazon, Nike, Apple e Ralph Lauren15. Alcune piattaforme suggeriscono il trasporto di merci sostituibili e di poco valore piuttosto che merci con elevato valore affettivo o non sostituibili. Pertanto, vi sono servizi specializzati in trasporto di merce di valore mediante crowdshipping come, ad esempio, pigeonship che si specializza nel trasporto di merci rare. Alcune piattaforme introducono limiti alle dimensioni come OnMyWay di Amazon o Parcelgogo (ex tengasa.com), che richiede dimensioni massime di 30x30x30 cm. Altre piattaforme pongono restrizioni di peso, come ad esempio beck instant che accetta pacchi con un peso massimo di 7 kg. In ne, alcune piattaforme introducono limiti sul valore del contenuto.
Aspetti critici del crowdshipping: la sicurezza delle consegne Il problema principale di un servizio di crowdshipping è legato alla sicurezza personale e della merce da consegnare. Diversi sono gli strumenti di prevenzione utilizzati dalle piattaforme. Un elemento di garanzia è, ad esempio, la ducia riposta nei propri parenti o amici. Pertanto, alcune piattaforme (come friendshippr, packmule e parcelio) prevedono solo consegne effettuate da persone “ date” individuate mediante Facebook. Sempre per motivi di sicurezza personale packmule, grabr e zaldee consigliano di incontrarsi in luoghi pubblici o di spedire la merce per posta una volta arrivati a destinazione. La maggior parte delle piattaforme autorizza gli utenti a controllare il contenuto del pacchetto prima di accettare di trasportarlo. Sempre al ne di aumentare la sicurezza, eShipp! e BMTFT consigliano - e globshop impone - di far acquistare il prodotto in negozio direttamente da colui che lo trasporta. È interessante anche il caso di buddyexpress, che opera su tratte di lunga distanza e che consiglia di far controllare la valigia alle autorità aeroportuali, così che siano loro a veri 15 https://entrusters.com/
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5 - Immagine di protesta contro deliveroo (fonte http://www.rabble.ie/2016/ 07/20/a-taste-of-the-future/). 6 - Veicolo pesante con basso fattore di carico.
carne il contenuto. Inoltre, alcune app prevedono l’addebito del costo del bene sulla carta di credito del crowdshipper in caso di mancata consegna (es: shipzy). A Singapore, airfrov utilizza speci ci punti di raccolta dove le persone possono ritirare i pacchi, senza entrare in contatto con il trasportatore. In ne, un’idea interessante è quella di applicare al crowdshipping il modello di business di swapbox, che utilizza i “lockers”, ovvero degli armadietti appositi dove il trasportatore lascia la merce, che viene temporaneamente stoccata, nché non viene ritirata dall’acquirente. Lockers e punti di raccolta hanno anche il vantaggio di consentire a chi trasporta e a chi riceve di decidere l’orario in cui portare e ritirare la merce
Conclusioni L’analisi effettuata cerca di fare chiarezza sul crowdshipping, sulle diverse tipologie esistenti, e di capire quali siano le potenziali leve da utilizzare per favorirne lo sviluppo. Le condizioni minime per l’affermarsi del crowdshipping sono la presenza di un soggetto che desidera un bene e la disponibilità di un trasportatore a fornirglielo. L’obiettivo nale del crowdshipping è favorire una maggiore sostenibilità economica, sociale e ambientale delle consegne sfruttando, quando possibile, gli spostamenti che verrebbero comunque effettuati. Solo riducendo gli spostamenti ad hoc per il trasporto delle merci le città diventano più accessibili e si favorisce la mobilità sostenibile di merci e persone (Savelsbergh Van Woensel, 2016). 52
Qualora il mezzo utilizzato per effettuare le consegne fosse motorizzato, l’esecuzione di viaggi dedicati aumenterebbe la congestione provocando effetti nocivi in termini di benessere sociale e ambientale. A fronte di una riduzione dei costi per l’acquirente, si avrebbe un peggioramento del traffico e della qualità dell’aria e, potenzialmente, delle condizioni dei lavoratori che, solitamente nel crowdshipping, non sono legati ad una compagnia di trasporto da un regolare contratto di lavoro. La mancanza di contratto del crowdshipper può essere vantaggiosa, ma può anche presentare dei rischi. Da un lato il crowdshipper è libero di scegliere quando, come e quanto lavorare. Dall’altro, non essendo legato da contratto a un’azienda non è né tutelato, né gode dei diritti tipici dei lavoratori (McKinnon, 2016). Il crowdshipping non deve essere confuso con un lavoro vero e proprio. La rimunerazione è intesa piuttosto come rimborso di parte delle spese di viaggio che andrebbero, comunque, sostenute. Per il trasporto urbano, il crowdshipper dovrebbe utilizzare preferibilmente un mezzo pubblico o privato non motorizzato. L’esempio più virtuoso di crowdshipper è un pendolare che si muove con il trasporto pubblico o con la bici, che possa trasportare nei suoi spostamenti sistematici merce così da garantire un bilancio, sociale, ambientale ed economico sempre positivo. Chi si reca a lavoro in bici può tranquillamente trasportare piccoli oggetti o documenti, guadagnando inoltre un piccolo extra. In conclusione, il crowdshipping ha un enorme potenziale nel migliorare l’efficienza degli spostamenti effettuati quotidianamente dai cittadini,
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Confcommercio e Isfort (ottobre 2015). Una nota sui problemi e le prospettive dei trasporti e della logistica in Italia. Rapporto dell’ Ufficio Studi Confcommercio-Imprese per l’Italia e Isfort.
De Stefano, V. (2015). The Rise of the’Just-in-Time Workforce’: On-Demand Work, Crowd Work and Labour Protection in the Gig-Economy’.
7 - adesivo che consente la tracciabilità della merce. 8 - Armadietti di Amazon (fonte: http://www.chroniclelive.co.uk/whats-on/shopping/amazon-lockers-whatthey-how-11279730).
E-Marketer (2016). Worldwide retail ecommerce salesemarketer’s updated estimates and forecasts through 2019. Disponibile su: http://www.emarketer.com/public_media/docs/eMarketer_eTailWest2016_Worldwide_ECommerce_Report.pdf. Lacy, P., e Rutqvist, J. (2016). Waste to wealth: the circular economy advantage. Springer.
trasformando ogni movimento di persone in un possibile vettore per il trasporto delle merci. La condivisione degli spazi è un approccio win-win, il cui unico limite risiede nella sensibilizzazione della “folla”. È necessario capire quali sono le leve comportamentali che possano favorirne un corretto sviluppo. A tale scopo, apposite indagini sulle preferenze dichiarate di chi potenzialmente può usufruire di un servizio di crowdshipping, sia come utente nale sia come trasportatore, sono fondamentali per capire ex-ante l’attitudine al cambiamento e realizzare un servizio in linea con le esigenze della collettività. © Riproduzione riservata
Bibliogra a Botsman, R. (2014). “Crowdshipping: using the crowd to transform delivery”. AFR Boss Magazine. Buldeo Rai, H., Verlinde, S., Merckx, J. and Macharis, C. (2016) ‘Is the Crowd an Opportunity for Sustainable City Logistics’ Paper presented at the Logistics Research Network annual conference, University of Hull, September 8, 2016. Briffaz, M., e Darvey, C. (2016). Crowd-shipping in Geneva Exploratory and descriptive study of Crowd-shipping. Cheal, D., (2015). The gift economy (Vol.4) Routledge.
Lee, A., e Savelsbergh, M. (2015). Dynamic ridesharing: Is there a role for dedicated drivers?. Transportation Research Part B: Methodological, 81, 483-497. Marcucci, E., Gatta, V., Le Pira, M., (2016). Gami cation design, stakeholder engagement and behavior change in urban freight transport. Paper presentato alla conferenza 14th WCTR, 10-15 luglio 2016. Shanghai, China. McKinnon, A. C., (2016). Crowdshipping a communal approach to reducing urban traffic levels? Logistics white paper. Kuehne logistics university, Amburgo, Germania. Rifkin, J. (2014). The zero marginal cost society: The internet of things, the collaborative commons, and the eclipse of capitalism. Palgrave Macmillan. Rougès, J. F., e Montreuil, B. (2014, May). “Crowdsourcing delivery: New interconnected business models to reinvent delivery”. In 1 st International Physical Internet Conference (pp. 28-30). Rustagi, D. e Veronesi, M. (2016). Social Identity, Attitudes Towards Cooperation, and Social Preferences: evidence from Switzerland (No 01/2016). Savelsbergh, M., e Van Woensel, T. (2016). 50th Anniversary Invited Article—” City Logistics: Challenges and Opportunities”. Transportation Science, 50(2), 579-590. Sundararajan, A. (2015), “The ‘Gig Economy’ is coming. What will it mean for work?”, The Guardian, 15 July. United States Postal Service Office of Inspector General, (2014). Using the crowd to deliver packages. Disponibile su www.uspsoig.gov/ .
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L’accettabilità delle politiche di road pricing: suggestioni a partire dal caso di Milano di Marco Percoco
Gran parte degli agglomerati urbani di dimensioni medio-grandi, così come le megalopoli, sono caratterizzati da signi cative ricadute negative legate alla mobilità delle merci e delle persone. Congestione e inquinamento atmosferico sono infatti spesso temi di grande rilevanza nelle agende politiche dei governi locali, sebbene non sempre azioni concrete facciano seguito a dichiarazioni di principio. La ragione di una simile discrepanza tra intenzioni e azioni risiede, tra le altre cose, nella bassa accettabilità sociale delle misure attualmente disponibili per contrastare la produzione di esternalità negative. Negli ultimi 10-15 anni, un numero sempre crescente di città ha introdotto o sperimentato forme di pedaggio per l’ingresso nelle aree ritenute in sofferenza da un punto di vista ambientale o per l’elevata congestione. In Europa, Londra e Milano hanno introdotto schemi di tassazione degli ingressi nei centri urbani, con l’obiettivo di ridurre i ussi di traffico e ottenere, quindi, vantaggi in termini di contenimento delle esternalità (Percoco, 2013, 2014a, 2014b, 2017). È interessante notare come il caso italiano sia peculiare nel panorama europeo poichè, dopo l’introduzione dell’Ecopass nel 2008, la misura venne sottoposta a referendum nel 2011, ottenendo il favore dei votanti: un risultato senza precedenti, data la scarsa attitudine ad accettare misure simili da parte di chi quotidianamente usa le strade (Percoco, 2017). La letteratura economica e trasportistica ha di recente iniziato ad interrogarsi circa le motivazioni che spingono gli utenti a non accettare misure di road pricing, dati i bene ci sociali che deriverebbero dal pagamento di questa tassa. Diverse ipotesi sono state avanzate in letteratura, a partire dalla rilevanza della densità dei servizi di trasporto pubblico necessari per coloro i quali il road pricing renderebbe l’opzione del mezzo privato troppo costosa. L’incertezza e la distribuzione diseguale dei costi e dei bene ci pure rappresentano un forte deterrente per il supporto delle misure in esame (Percoco, 2017). In ne, la diffusione dell’informazione è stata pure ritenuta essere un elemento cruciale per il sostegno del pubblico. L’informazione è qui da ritenersi in una duplice accezione: a) diffusione della conoscenza circa le modalità di funzionamento dello schema di pedaggio; b) informazioni relative ai costi ed ai bene ci del road pricing. L’analisi dell’accettabilità dell’Ecopass di Milano costituisce il cuore e l’oggetto del saggio presente. In particolare, si presentano i risultati di una semplice analisi statistica spaziale dell’esito del referendum consultivo del 2011, analisi da cui è possi-
The acceptability of road pricing schemes: evidence from Milan by Marco Percoco External costs associated to pollution and congestion are of paramount importance in contemporary medium-sized and large cities. Policy makers have addressed those issues by using a variety of methods, although in recent years the introduction of road pricing schemes has been widely debated and sometimes implemented. In this paper, we consider the determinants of acceptability of such instrument with speci c reference to the case of Milan where a referendum approved the introduction of the Ecopass in 2011. We have found that spatial inequalities and the density of public transit supply are crucial determinants of the spatial variation in the acceptability of the Ecopass.
Nella pagina a anco: una veduta di Como, a Milano (foto di Laura Facchinelli).
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1 - Curve dei costi e della domanda di trasporto
bile evincere almeno due fenomeni. Innanzitutto, la densità dell’offerta di trasporto pubblico si presenta di fondamentale importanza nello spiegare la percentuale di voti favorevoli. In seconda istanza, una chiara divisione tra il centro e la periferia caratterizza la geogra a del voto, probabilmente ad indicare una non neutralità spaziale dello strumento.
La teoria statica del road pricing Prima di addentrarci nella presentazione del caso milanese e nell’analisi dei risultati del referendum, sarà utile contestualizzare l’Ecopass nell’ambito della teoria economica della congestione e dei possibili strumenti per ridurne di effetti negativi. Il semplice schema teorico di riferimento è quello delle esternalità negative in cui il problema della congestione è rappresentato come una crescente divaricazione tra i costi marginali privati e quelli sociali. La differenza è rappresentata proprio dai costi marginali esterni imposti alla collettività dalla congestione. Se si indica con T il numero di veicoli/ora che entrano in una data area e con AC(T) il costo medio per veicolo/km di viaggio, la situazione appena descritta può essere rappresentata in un diagramma come quello riportato in gura 1, ove AC(T) si mantiene costante no a un punto T0 che può essere considerato il punto di capacità massima dell’infrastruttura; da T0 in poi AC(T) cresce rapidamente con l’aumentare di T e della congestione. Se si suppone che il numero di utenti della strada dipenda dal suo costo di utilizzo, considerando che la fruizione del servizio sarebbe abbandonata in favore di altri modi, percorsi od orari se il costo divenisse troppo elevato, è allora possibile tracciare un’ipotetica domanda di trasporto come funzione del costo stesso del trasporto, rappresentata dalla curva D L’equilibrio è raggiunto, quindi, con un tasso orario di veicoli in ingresso pari a T1 e un costo per veicolo/km pari a AC(T1). Poiché AC(T0) è il costo in assenza di congestione, si avrà che AC(T1) – AC(T0) è il costo di congestione. 56
Considerando che AC(T) rappresenta una consueta curva dei costi medi, è assodato in letteratura che la relativa curva dei costi marginali cadrà al di sopra di essa, incrociandola solo nel punto T0 in cui inizia a crescere, come evidenziato nel diagramma dalla curva MC(T). Non potrebbe essere altrimenti: essendo MC(T) il costo aggiuntivo al costo totale dei viaggiatori dovuto all’ingresso di un nuovo utente, esso includerà oltre al normale costo medio pari a AC(T) anche il costo imposto a tutti gli altri utenti già in viaggio in termini di diminuzione della velocità media e, quindi, di aumento dei tempi di percorrenza. La percezione del costo da parte dell’utente è però relativa al solo costo medio privatamente sostenuto, così da spingere l’equilibrio in T1 e provocare un livello di congestione eccessivo. La considerazione del costo marginale, cioè del costo socialmente imposto attraverso la sua scelta di mobilità, porterebbe l’equilibrio in T2 con un livello di congestione inferiore. S’impone, quindi, la necessità di un meccanismo di razionamento nell’utilizzo della strada che, nella fattispecie, è individuato nello strumento della tassa di congestione. Il principio sul quale si basa questo strumento è analogo a quello della tassa pigouviana e, nello schema appena riportato, consiste nell’aumentare i costi di utilizzo di una grandezza pari a MC(T2) – AC(T2) per veicolo/chilometro. La tassa ottimale eguaglia dunque l’eccesso dei costi marginali rispetto ai costi medi nel punto di ottimo sociale T2. Le implicazioni di questa esposizione diagrammatica sono tanto semplici quanto potenti poichè l’introduzione di una tassa sulla congestione andrebbe a colmare la differenza tra costi privati e costi sociali e, data l’elasticità della domanda, a ridurre la congestione al suo livello ottimale. Questa struttura di road pricing comporta un’aderenza al principio di efficienza del “chi inquina paga”, ma non elimina completamente la congestione, la porta al suo livello ottimale, dati i costi e le preferenze dei consumatori.
L’introduzione del road pricing a Milano ed i suoi effetti Quanto sopra esposto in tema di contesto teorico relativo al road pricing va poi ulteriormente contesualizzato e riportato al caso di Milano. La prima speci cazione utile ad una migliore comprensione inerisce la tipologia di esternalità che si è inteso internalizzare. Il modello presentato nel paragrafo precedente riguarda la congestione, piaga certamente rilevante per Milano, ma probabilmente non determinante nella scelta politica di introdurre l’Ecopass. Come pure espresso nel nome dello strumento, furono le precarie condizioni ambientali ad ingenerare la volontà di affrontare la situazione in maniera radicale. Da un punto di vista meramente teorico, va detto che trascurabili sono le differenze tra congestione e inquinamento. La seconda, invero rilevante, speci cazione che va affrontata riguarda invece il quantum della tassa. Come espresso supra, il road pricing comporta l’applicazione del principio del “chi inquina paga” in base ai costi marginali esterni effettivamente prodotti. Risulta immediatamente evidente come l’applicazione pratica di questo principio si presenta particolarmente complessa, a meno di non dotare i veicoli di transponder e/o rilevatori di
TRASPORTI & CULTURA N.47 emissioni e poi tassarli per la quantità di esternalità effettivamente e marginalmente prodotta. In realtà, nel caso di Milano, come in quello di Londra, si è scelto di introdurre una tassa sostanzialmente ssa, quindi, simile ad uno strumento di “second best”. L’Ecopass era in vigore dalle 7,30 alle 19,30 nell’area di 8,2 kmq (rispetto ai 181 kmq totali) della città detta Cerchia dei Bastioni (con riferimento ai limiti delle mura cittadine durante la dominazione spagnola) corrispondente al centro storico. Ad essa si poteva accedere attraverso 43 varchi di cui 7 riservati al trasporto pubblico. L’ingresso era gratuito per le vetture meno inquinanti come le automobili a benzina Euro 3 e 4 e i veicoli diesel Euro 4 e 5 con ltro antiparticolato (ed Euro 4 senza ltro antiparticolato no al 1 giugno 2010), per tutti i veicoli elettrici e ibridi, per i motocicli e per tutti i veicoli dei disabili, taxi, noleggi con conducente, bus, veicoli di pubblico servizio o appartenenti a enti pubblici. Per quanto concerne gli altri veicoli, essi erano soggetti a un pedaggio crescente rispetto alla loro capacità di emettere inquinanti. Nella fattispecie i veicoli detti di “Classe 3”, che comprendeva automobili e veicoli commerciali a benzina Euro 1 e 2, erano soggetti a una tariffa di 2 euro al giorno; quelli di “Classe 4”, come le automobili benzina Euro 0, tutte le auto diesel senza ltro antiparticolato oltre che i veicoli commerciali Euro 0 a benzina ed Euro 3 diesel, dovevano pagare 5 euro al giorno; in ne le automobili diesel Euro 0 e i veicoli commerciali diesel Euro 0,1 e 2, appartenenti alla Classe “5” erano soggetti al pagamento di 10 euro. Va inoltre aggiunto che ai veicoli precedenti la normativa “Euro X” non era permessa l’entrata e che era possibile per i residenti all’interno della Cerchia dei Bastioni e possessori di un veicolo soggetto al pedaggio di acquistare un abbonamento annuale il cui prezzo era di 50 euro per la Classe 3, 125 per la Classe 4 e 250 per la Classe 5. Gli effetti dell’Ecopass non sono, però, ad oggi ancora chiari. Rotaris et al. (2010) effettuano una analisi-costi bene ci del programma da cui risulta un bene cio netto, per quanto riguarda la riduzione dell’inquinamento, di 9 milioni di euro. Danielis et al. (2011) ripropongono la medesima analisi utilizzando quasi tre anni di dati, confermando la presenza di bene ci netti sebbene in diminuzione rispetto all’analisi precedende. Tali analisi, però, considerano variazioni nelle concentrazioni di inquinanti stimate attraverso le statistiche descrittive pubblicate dall’AMAT, il cui potere identi cativo dell’effetto della politica è limitato Percoco (2013), utilizzando il Regression Discontinuity Design rileva che effetti positivi dell’Ecopass sulla concentrazione di inquinanti sembrano scomparire dopo solo una settimana dalla sua introduzione. È importante notare come questo articolo sia il primo che analizza gli effetti dell’Ecopass sull’inquinamento rilevato invece che sugli inquinanti emessi, dipingendo quindi un quadro più completo e realistico rispetto a quelli precedenti. Percoco (2014a) ha rilevato una caduta dei prezzi delle abitazioni all’interno della ZTL determinata da maggiori costi di trasporto superiori ai bene t percepiti dell’Ecopass, mentre D’Arcangelo e Percoco (2015) hanno strimato un effetto positivo sugli affitti. Già questa evidente discrepanza nel segno degli effetti sul mercato immobiliare dovrebbe lasciare intendere la complessità delle dinamiche socioeconomiche in atto con l’introduzione di una tassa
di modi care, anche solo teoricamente e nel lungo periodo, l’equilibrio urbano.
Analisi spaziale dell’accettabilità dell’Ecopass
2 - Distribuzione spaziale dei “Sì”. 3 - Distribuzione spaziale dei “Sì” e rete Metropolitana Milanese.
L’introduzione di una tassa pigouviana, il road pricing, qualore de nita in un’ottica di “ rse best”, rende il mercato, quello dei trasporti nel caso in ispecie, più efficiente. Tuttavia, è necessario ram57
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4 - Moran’s scatterplot. 5 - Moran’s scatterplot in logaritmi.
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mentare come l’efficienza economica si accompagni spesso ad una sostanziale iniquità. Ho già dimostrato in altra sede che l’accettabilità del road pricing dipende dall’asimmetria nella distribuzione dei costi e dei bene ci (Percoco, 2017). Ciò implica, da un punto di vista logico oltre che statistico, una profonda correlazione tra disuguaglianza spaziale e accettabilità sociale del road pricing. Il caso milanese è interessante poichè, attraverso il referendum, è possibile trarre una serie di corre-
lazioni con alcuni fenomeni spazialmente localizzati. In questa sede, in particolare, si affronterà la questione della rilevanza dell’offerta di trasporto pubblico al ne di massimizzare il consenso intorno all’Ecopass. La questione, all’apparenza, potrebbe sembrare ovvia ma, se contestualizzata nella teoria economica dei trasporti, potrebbe non esserlo. Il modello proposto nel secondo paragrafo di questo scritto prevede, infatti, che una parte dei consumatori pagherà la tassa (infatti, la congestione non viene eliminata in toto), mentre la rimanente deciderà di non utilizzare più l’automobile, magari usufruendo dei servizi pubblici. È solo per quest’ultimo gruppo che la densità del trasporto pubblico diventa rilevante. La dimensione di questo gruppo, ovvero di questo sottoinsieme della domanda, sarà poi funzione dell’elasticità della domanda e della qualità del servizio. I dati utilizzati nell’analisi seguente provengono dal servizio OpenData del Comune di Milano e considerano, come unità d’analisi, 1.245 sezioni elettorali. La gura 2 mostra la mappa della percentuale di voti favorevoli all’Ecopass per quantili della distribuzione. Risulta evidente l’assenza di un trend spaziale, sebbene una struttura radiale sembrerebbe emergere. Allo scopo di approfondire questo elemento, unitamente alla rilevanza dell’offerta di trasporto pubblico, la gura 3 riporta la stessa mappa per quantili della gura 2 insieme al percorso delle libee della metropolitana milanese e le relative fermate. Da questa emerge in maniera più chiara la struttura radiale e, soprattutto, sembrerebbe esistere un’associazione tra accettabilità ed accessibilità alla rete metropolitana. Da entrambe le gure si evince una maggiore concentrazione di voti favorevoli nel centro della città. La tabella 1 mostra, infatti, come la percentuale di voti favorevoli nelle sezioni elettoriali interne all’area Ecopass sia leggermente superiore rispetto alle sezioni esterne all’area trattata. Le suggestioni circa l’eventuale presenza di pattern spaziali necessitano di un’analisi formale e a tal scopo è stata costruita una matrice di contiguità spaziale con un queen criterion di ordine 1. La gura 4 riporta il Moran’s scatterplot in cui la percentuale di voti in ogni sezione elettorale è correlata con la media delle sezioni con nanti (lo spatial lag). Come si vede, la correlazione sembra essere molto debole con un coefficiente di poco superiore a 0.1. La gura 5 riporta la stessa tipologia di correlazione, ma con variabili espresse in logaritmi. In questo caso, la correlazione sembra essere più forte e con un coefficiente pari a 0.26. In ne, può risultare utile e informativa un’analisi dei trend spaziali locali a mezzo dei Local Indicators of Spatial Association, come riportato in gura 6 in cui sono identi cati i cluster spaziali di voto. Questi sono de niti in quattro categorie in base agli scostamenti rispetto alla media (sopra-high, sotto-low) della percentuale di voti favorevoli nella sezione e della media dei “sì” nelle sezioni circostanti. La gura mostra una interessante polarizzazione con una chiara geogra a centro-periferia, in cui il cluster dei voti favorevoli al di sopra della media cittadina è localizzata nel centro, mentre le periferie mostrano chiaramente la presenza di cluster con una percentuale di voti favorevoli inferiore alla media. Questa rappresentazione sembrerebbe indica-
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6 - Tabella 1, percentuale di voti favorevoli.
7 - Tabella 2, stime delle funzioni di regressione.
re una signi cativa discrepanza nella percezione dell’importanza dell’Ecopass, probabilmente una discrepanza dovuta ad una diseguale distribuzione dei bene ci e delle alternative al mezzo privato. Al ne di studiare in maniera più precisa le determinanti dell’accettabilità, la tabella 2 presenta stime di regressione lineare in cui la percentuale di voti favorevoli è regredita sulla densità di strade, densità della popolazione (elettori), un indicatore se la sezione è localizzata all’interno dell’area Ecopass e per la presenza di una fermata della metropolitana. Il modello (1) riporta stime OLS in cui i due indicatori presentano parametri positivi e signi cativi. A conferma delle intuizioni dell’analisi spaziale, i test sui residui riportano la signi cativa presenza di autocorrelazione spaziale. I modelli (2) e (3) presentano, quindi, stime di massima verosimiglianza del cosiddetto spatial lag model e dello spatial
error component model. Anche in questo caso, si conferma il segno e la signi catività della variabile relativa all’accessibilità della rete metropolitana, oltre che dei parametri relativi alla spatial dependence.
Conclusioni La gestione della mobilità secondo pricipi di sostenibilità ambientale sta attraendo sforzi considerevoli da parte degli amministratori locali. Tra le numerose misure prese in considerazione dalla letteratura e dalla politica, il road pricing sta conoscendo una lenta ma costante crescita nel percorso di implementazione in diverse metropoli, sebbene caratterizzato da forti problemi di accettabilità sociale da parte degli utenti della strada. Nel saggio presente si è affrontato il caso dell’ac59
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8 - Una veduta di Piazza Gae Aulenti a Milano (foto di Laura Facchinelli.
9- Cluster spaziali di voto.
cettabilità dell’Ecopass a Milano attraverso l’analisi dei risultati del referendum consultivo del 2011. Attraverso un’analisi statistica spaziale ed econometrica si sono messi in luce due distinti fattori che sembrerebbero in uenzare il favore nei confronti della tassa. Il modello centro-periferia della distribuzione spaziale dei “sì” sottenderebbe una 60
ineguale distribuzione dei bene ci e dei costi della tassa. Questa condizione peggiorerebbe ulteriormente la già nota regressività dello strumento. La capillarità del trasporto pubblico, quale alternativa al pagamento della tassa, è un importante strumento di policy per gestire la disuguaglianza emergente, oltre che l’accettabilità.
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In ne, è utile rimarcare l’importanza della comunicazione e della gestione dell’informazione per la costruzione del consenso e, in ne, per il successo stesso delle politiche. È ancora vivo il ricordo delle proteste legate alla costruzione della linea ferroviaria ad alta velocità tra Torino e Lione e di quanto queste abbiano trovato pure specchio e nutrimento nei mass media. Naturalmente, le misure di politica dei trasporti orientate alla sostenibilità non riescono a generare opposizioni radicali e veementi come quelle della TAV, ma è certo che l’accettabilità di tali misure passa anche per la gestione dei ussi informativi. L’esigenza di piani care la diffusione della conoscenza è ancora più forte oggi che nel 2003, data la centralità dei social network ed il potere moltiplicativo di questi sulla velocità di propagazione delle informazioni, caratteristica ad un tempo utile e pericolosa in termini di accettabilità.
Percoco, M. (2013), “Is road pricing effective in abating pollution? Evidence from Milan”; Transportation Research D, 25:112118.
10 - Veduta di Eataly Milano Smeraldo (foto di Laura Facchinelli).
Percoco M. (2014a), “The impact of road pricing on housing prices: preliminary evidence from Milan”, Transportation Research A, 67(September):188–194. Percoco, M. (2014b), “The effect of road pricing on traffic composition: evidence from a natural experiment in Milan, Italy”, Transport Policy, 31:55-60. Percoco, M. (2017), “Cost distribution and the acceptability of road pricing: evidence from Milan’s referendum”, Journal of Transport Economics and Policy, forthcoming. Rotaris, L., R. Danielis, E. Marcucci, J. Massiani (2010), “The urban road pricing scheme to curb pollution in Milan, Italy: Description, impacts and preliminary cost bene t analysis assessment”, Transportation Research Part A, 44(5).
© Riproduzione riservata
Bibliogra a Danielis, R., L. Rotaris, E. Marcucci, J. Massiani (2011), “An economic, environmental and transport evaluation of the Ecopass scheme in Milan: Three years later”; SIET Working Papers . D’Arcangelo F.M. e M. Percoco (2015), “Housing rent and road pricing in Milan: evidence from a geographical discontinuity approach”, Transport Policy, 44(November):108–116.
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Trasporti innovativi o non convenzionali come strumento per l’innovazione della mobilità urbana di Agostino Cappelli, Alessandra Libardo e Andrea Sardena
In sintesi i sistemi di trasporto di tipo tradizionale e più diffusi nel mondo presentano le principali caratteristiche e prestazioni riportate nella tabella 1. Si tenga conto che i valori indicati sono di puro riferimento e indicano le migliori condizioni medie ai ni della stima della capacità oraria per senso di marcia, in termini di posti offerti per ora e per direzione. Il confronto con la domanda realmente servita consente di calcolare il coefficiente di riempimento dei veicoli, che in molti casi può risultare anche molto basso e non solo nelle ore di morbida. Infatti, rilevanti quote della mobilità presentano punte di domanda in un’unica direzione (spostamenti pendolari, attrazione delle aree ad alta intensità di attività). I queste ore di punta i ussi sono fortemente squilibrati in un senso di marcia e questo determina che il sistema nella direzione opposta presenta tassi di riempimento molto bassi e spesso inferiori alle ore di morbida, dove più frequentemente i ussi sono meglio bilanciati e quindi i programmi di esercizio riescono meglio ad adeguare l’offerta di trasporto alla domanda da servire.
I trasporti e la struttura urbana Per de nire nettamente la differenza tra sistemi non convenzionali e innovativi è utile interpretare la città come articolata in tre diverse parti. La prima, “Area di nuova espansione e/o di completamento” è quella ancora da fare. Essa comincia lì dove, attualmente, sorgono cantieri di edi ci in costruzione; si estende alle aree non urbanizzate, sedi di prevalente attività primaria, di qualche nucleo secondario, di un basso livello di densità residenziale e di limitati servizi. La seconda, “la città esistente reinfrastrutturabile (Area di periferia urbana)” fa parte integrante della intera città esistente ed è de nita dal fatto che in essa eventuali ristrutturazioni del sistema di trasporto trovano come unici ostacoli i vincoli economici ed in alcuni casi le necessità di demolire fabbricati per costruire nuove infrastrutture. Ed in ne, la terza città, quella del “Nucleo storico o consolidato” de nita dal vincolo che ogni (o quasi) ristrutturazione infrastrutturale (ancorché fosse superato ogni problema di costi) è vietata. Il che può avvenire per rispetto ai singoli monumenti o a contorno d’uno solo di essi che costituisce la traccia nel tempo di una civiltà trascorsa, oppure per rispetto alle bellezze paesaggistiche o naturali. Dunque, le possibilità di intervento mutano da luogo a luogo nella città ed i metodi di risoluzione saranno diversi a seconda dell’area di intervento.
Innovative and non-conventional transport as tools to innovate urban mobility by Agostino Cappelli, Alessandra Libardo and Andrea Sardena “New transport systems” over the last twenty years have been proposed by the industry. These systems are efficient and reliable by means of automatic control of the new technologies but they are different from each other for many components, sometimes characterized solely by the presence of innovative elements in some embodiments of the system itself. It appears necessary to groped a systematization of the different alternatives of urban transport systems by separating the systems that have technological innovations in their realization and management (de ned as “Innovative”), from those that instead positively modify the mode of service to the user (de ned as “Not Conventional “). The memory examines some new urban transport systems by highlighting those which, by changing the mode of service and therefore performance for the user, are actually able to change the behavior and to increase the share of demand for public transport in the urban areas.
Nella pagina a anco, in alto: metropolitana automatica di Copenaghen (Ansaldo STS), sistema innovativo (fonte: Ansaldo STS Mediagallery). In basso: tram di Venezia su pneumatici con guida a monorotaia centrale, sistema innovativo (www. Avmspa.it).
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1 - Tabella 1, capacità dei sistemi di trasporto (valori di riferimento, propria elaborazione).
A completare il quadro è opportuno ricordare che lo spazio necessario per circolare è variabile in relazione al modo di trasporto: minimo per i sistemi su ferro (tranvie, ferrovie, metropolitane), massimo per l’autovettura, intermedio per l’autobus. La scienza dei trasporti propone quindi un accorto dosaggio tra modo e modo di trasporto, variabile a seconda di quale delle tre città stiamo considerando. L’obiettivo è ineccepibile, ma per avere possibilità di successo deve essere supportato da due condizioni. In primo luogo che si prenda piena coscienza della necessità di considerare, nell’analisi della situazione di fatto e nello studio dei provvedimenti da attuare, la struttura insediativa urbana; non è pensabile, infatti, pretendere di regolare la 64
mobilità soltanto attraverso la piani cazione dei trasporti, lasciando che logiche di governo di tipo diverso de niscano la dinamica degli insediamenti che determinano modi e volumi di mobilità. In secondo luogo che si prenda coscienza, da un lato delle attuali esigenze e peculiarità della domanda di mobilità, di come queste si siano modi cate nel tempo, e dall’altro che la possibilità di poter scegliere quasi sempre tra trasporto individuale e collettivo ha fatto lievitare il livello di servizio richiesto. Queste due condizioni impongono che la soluzione del problema vada ricercata mediante provvedimenti di modi ca della struttura urbana complessiva (insediamenti e trasporto). È inoltre essenziale un’attenta valutazione delle nuove peculiarità della domanda di mobilità: accessibilità
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2 - Tappeti mobili. Stazione Metro A, Roma, Piazza di Spagna (sistema non convenzionale). www.romametropolitane.it
e tempi di viaggio appaiono oggi, nel contesto urbano, le prestazioni che assumono importanza primaria nella valutazioni condotte dagli utenti sul livello di servizio offerto e quindi nella scelta tra modi di trasporto concorrenti. L’importanza relativa delle due prestazioni è anche connessa alla lunghezza dello spostamento: in campo urbano e metropolitano è preponderante la variabile accessibilità al modo di trasporto, in ambito suburbano ed intercity prevalgono considerazioni inerenti il tempo di viaggio assicurato. Si deve tener conto che la prestazione di accessibilità è naturalmente connaturata con il sistema di trasporto basato sull’uso dell’autovettura privata. Questa, infatti, assicura all’utente piena essibilità di orario, di percorso, di attestamento e, inoltre, non richiede trasbordi o “rotture di carico”. Sono caratteristiche che eliminano o riducono al minimo una somma di tempi cui l’utente attribuisce un costo elevato: di approccio al sistema di trasporto, di attesa per salire sul sistema, di trasbordo (eventuale), di spostamento nale dal punto di uscita dal sistema alla destinazione. Di contro il sistema di trasporto basato sull’autovettura privata presenta notevoli svantaggi. La capacità dipende quasi esclusivamente dalle dimensioni dell’infrastruttura di supporto, poiché i veicoli sono poco capaci e necessitano, per assicurare una buona qualità di servizio1, di bassa densità di de usso e di ampi spazi per la sosta; quindi il sistema è forte consumatore di suolo pubblico e male si adatta alle uttuazioni periodiche della domanda.
Ne consegue che strutturare lo spazio urbano a misura dell’autovettura privata non è possibile, né pensabile2. Tuttavia non appare credibile operare senza tenere conto che il servizio “porta a porta” offerto, perlomeno potenzialmente, dall’autovettura privata è ormai considerato una conquista dell’utente viaggiatore e che le sue resistenze psicologiche alla rinuncia sono, tuttora, molto rilevanti. Anche i recenti forti incrementi dei costi dei carburanti per autotrazione stanno spostando quote di domanda sul trasporto pubblico solo nelle aree centrali delle città di più grandi dimensioni, dove la qualità del servizio offerto è ritenuta accettabile o i costi del trasporto privato in termini di tempi di viaggio e parcheggio molto elevati. Da queste considerazioni negli anni sessanta del secolo scorso è partito un lone di ricerca di “nuovi sistemi di trasporto”, che presenta come obiettivo la sostituzione dell’autovettura privata, eliminandone in tutto o in parte gli svantaggi [Richards, 1969, De Falco, 1974]. Tali sistemi di trasporto sono in primo luogo classi cabili in funzione della tipologia del servizio offerto: - sistemi operanti su breve distanza, di tipo prevalentemente urbano, che richiedono media capacità e velocità commerciale non rilevante, ma forniscono un servizio “porta a porta” tra residenza e attività terziarie oppure tra più punti di un unico organismo complesso (centri direzionali, aeroporti, ere, ecc.); - Sistemi operanti su media distanza, di tipo su-
1 La qualità del servizio è fortemente variabile con il usso e a parità di infrastruttura di supporto, decade rapidamente all’aumentare della domanda (cfr Transportation Research Board (TRB) (1965): Highway Capacity Manual. Washington, D.C., U.S.A. (2010); Transportation Research Board (TRB) (2004): Transit Capacity and Quality of Service Manual [TCRP]. Washington, D.C., U.S.A.).
2 Non è possibile in particolare in Italia dove il carattere storico della città ed il livello di urbanizzazione lascia ben pochi margini all’espansione sica del sistema di mobilità. Pur tuttavia è da rilevare come anche i sistemi nati attorno ad una mobilità automobilistica, come la maggior parte degli insediamenti negli USA, presentano oggi una situazione di crisi e di ripensamento.
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TRASPORTI & CULTURA N.47 burbano-urbano, ad alta capacità e medio-alta velocità commerciale, aventi come scopo principale il collegamento tra residenze e luoghi di lavoro. Per quanto riguarda i valori di capacità la maggior parte di tali sistemi nora pensati o progettati e, in qualche caso, realizzati, presenta valori variabili tra 8.000 e 24.000 passeggeri/ora; si collocano quindi tra l’autobus (6.000 passeggeri/ora) e la metropolitana tradizionale (20.000 - 60.000 passeggeri/ora) e vanno ad inserirsi proprio in quel campo in cui opera l’autovettura privata, se teniamo conto che una strada a due corsie per senso di marcia è in grado di trasportare da 6.500 a 10.000 passeggeri/ ora, in funzione del coefficiente di riempimento dei veicoli 3.
Una de nizione utile ad interpretare il cambiamento I “nuovi sistemi” che, in particolare in Europa, negli ultimi venti anni sono stati proposti dall’industria meccanica, resi efficienti ed affidabili dalle nuove tecnologie di controllo automatico, risultano diversi fra loro per svariati aspetti, caratterizzati talvolta unicamente dalla presenza di elementi tecnologici innovativi in alcune modalità del sistema stesso. Appare allora utile tentare una sistematizzazione e a tal ne premettere che un qualsiasi sistema di trasporto è caratterizzato dalla presenza di tre soggetti ad esso interessati: - il costruttore, che realizza il sistema (via e/o veicolo); - l’esercente, che gestisce il sistema (veicolo e/o infrastruttura); - l’utente, che utilizza il sistema per soddisfare il proprio bisogno di mobilità: A questi tre soggetti corrispondono tre modalità del sistema: - la modalità di realizzazione, che regola il rapporto tra sistema e costruttore; - la modalità di esercizio, che regola il rapporto tra sistema ed esercente; - la modalità di servizio, che regola il rapporto tra sistema ed utente. Si propone che un nuovo sistema di trasporto venga ritenuto non convenzionale soltanto nel caso che esso presenti come una delle sue caratteristiche una diversa modalità di servizio. Poiché, come detto in precedenza, la maggior parte di questi nuovi sistemi appartengono alla sfera del pubblico-collettivo e tendono a fornire prestazioni competitive con quelle del trasporto individuale privato (autovettura), è opportuno evidenziare le differenze delle modalità di servizio nei due casi. Il servizio pubblico collettivo presenta tre elementi peculiari tutti riconducibili ad un concetto di discontinuità: - Discontinuità nello spazio - Il sistema è caratterizzato da una limitazione di accessibilità nel territorio in quanto esso è fruibile solo a partire da punti de niti (stazioni, fermate, ecc.). - Discontinuità nel tempo - Il sistema è caratterizzato da una frequenza di servizio comunque nita e limitata nel tempo. - Discontinuità di rete - Il sistema è caratterizzato 3 Tutti i valori di capacità sono espressi con riferimento ai due sensi di marcia.
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da itinerari rigidi e predeterminati, che utilizzano in modo parziale i cammini possibili nel territorio (rete) ed impongono una ulteriore discontinuità nel tempo e nello spazio a causa della necessità di trasbordo. All’opposto l’autovettura privata si caratterizza, in via di principio, per l’assenza di queste tre discontinuità: - è sempre accessibile senza discontinuità nel territorio; - ha frequenza di servizio in nita in quanto è sempre disponibile; - presenta completa essibilità di itinerario. Le limitazioni allo spazio di circolazione che possono derivare dal livello di saturazione sia delle aree di sosta sia della rete, pur penalizzando le prestazioni dell’autovettura, comunque non modi cano le caratteristiche del sistema in se stesso. A completamento si fa notare che le altre due categorie di trasporto tradizionale - quello pubblico individuale (il taxi) e quello collettivo privato (autobus turistici, aziendali e scolastici) - presentano comunque forme di discontinuità, certamente nel tempo e, a seconda della modalità di uso, anche nello spazio. Ne discende una nuova de nizione di Sistemi non convenzional” applicabile ai tutti i nuovi sistemi pubblici in grado di realizzare una diversa modalità di servizio intervenendo su una o più delle tre discontinuità, in modo da ridurre al minimo le penalizzazioni per l’utente e migliorare il livello di qualità offerto dal sistema collettivo. Di conseguenza, tutti i sistemi di trasporto in cui non si modi ca la modalità di servizio (rapporto utente-sistema), ma solo il modo di attuarlo (rapporto esercente-sistema) oppure la modalità di realizzazione (rapporto costruttore-sistema) non dovrebbero esser de niti non convenzionali, ma Sistemi Innovativi. Alla luce di tale de nizione, numerosi sistemi spesso presentati come nuovi o non convenzionali, ricadono piuttosto nella categoria dei sistemi innovativi poiché presentano soltanto modi che tecnologiche sul veicolo, sul sistema di regolazione della circolazione, sulle caratteristiche dell’infrastruttura, sul rapporto veicolo-via. Occorre, dunque, non confondere l’innovazione tecnologica, spesso presente nei sistemi non convenzionali, con l’elemento reale che li caratterizza come tali: la modi ca della modalità di servizio. Tutti gli interventi sui sistemi di trasporto tendenti a ridurre i consumi e le emissioni, ad aumentare l’automazione (per ridurre i costi di esercizio), a modi care in de nitiva la componente tecnologica, possono determinare la realizzazione di sistemi nuovi cioè innovativi ma non necessariamente non convenzionali.
Alcuni esempi di sistemi non convenzionali e innovativi secondo la de nizione proposta Gli esempi che si presentano sono stati selezionati al solo scopo di chiarire il signi cato della de nizione proposta e in base alle loro caratteristiche vengono associati alle diverse parti della città così come precedentemente indicate. Il nucleo storico - I sistemi di nuova concezione utilizzabili nei centri storici sono in genere (o dovrebbero essere) nalizzati a ridurre o eliminare la
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3 - Tabella 2, alcuni esempi di sistemi non convenzionali e innovativi.
circolazione privata dalle aree pregiate della città, per ridurre l’inquinamento ambientale attraverso forme di pedonalizzazione il più possibile spinte. È interessante notare come, nella de nizione data, sistemi già in uso possano rientrare nell’ambito dei non convenzionali, mentre altri, cui si attribuiscono alti valori di innovazione, appaiano inin uenti alla modi ca del servizio (unica variabile cui l’utente è sensibile), in quanto solo innovativi nella tecnologia di esercizio o di costruzione. I nuovi servizi di Car Sharing (ormai diffusi in molte città italiane) o le microautovetture, (Electric Micro Car) rientrano nei sistemi non convenzionali in quanto, basandosi sull’uso collettivo di una stessa autovettura, eliminano tutte e tre le discontinuità indicate tranne che per l’accessibilità iniziale e terminale ai parcheggi cui è possibile prendere possesso del mezzo. La diffusione e l’accessibilità ai terminali è condizione determinante per il successo del sistema. A differenza del Car Sharing, le microautovetture possono circolare soltanto nell’area in cui è istituito il servizio e pertanto risulta conseguente l’opportunità di chiusura quasi totale dell’area medesima alle autovetture private ed un livello massimo possibile di separazione tra il usso di microautovetture ed il usso di altri mezzi pubblici, individuali o collettivi. Il sistema di pagamento del noleggio è oggi molto semplice. Per il Car Sharing occorre abbonarsi al servizio e prenotarlo a mezzo telefono, per le microautovetture (come oggi già si fa per il bike sharing in numerose città) è sufficiente acquisire una scheda a microchip (prepagata o con addebito su conto corrente) munita di codice che registra i dati dell’utente e dell’uso del mezzo e abilita all’uso di tutte le autovetture del servizio. I sistemi a nastro di vario tipo, da quelli tradizionali (scale e tappeti mobili come nel caso delle città di Perugia e Potenza) a quelli che usano nastri per il movimento di veicoli (M.W.T - Moving Way Transit) sono, tra i non convenzionali, i più interessanti per applicazioni nelle aree urbane anche di pregio storico. Questi sistemi, di tipo continuo, eliminano la
discontinuità di tempo (in quanto, giunti al punto di accesso al sistema, sono sempre disponibili). Si pensi alle scale mobili e ai tappeti mobili così diffusi in tutti le aree ad alta intensità di movimenti delle nostre città, come le stazioni ferroviarie, gli aeroporti e i centri commerciali, ma anche come sistema di collegamento con parcheggi di scambio e con fermate di sistemi a medio alta capacità operanti su media distanza. I sistemi a nastro possono essere composti a formare linee estese con stazioni di testa e fermate intermedie oppure servire percorsi limitati, come aiuto pedonale su lunghi tragitti o per superare pendenze. Come sistema di trasporto urbano l’applicazione storica più signi cativa è quella delle scale mobili di Perugia (anni ottanta), che consentono la salita dai parcheggi di scambio al centro storico, attraverso un percorso in parte all’aperto ed in parte interno agli edi ci storici della città. Esempio più recente, ma di pari interesse e di analoga funzione, è quello di Potenza, dotato anche di stazioni intermedie e realizzato negli anni novanta. Si possono distinguere due categorie. La prima presenta come via di trasporto un elemento a nastro o a catena, a velocità costante o variabile, ma in ogni caso in movimento continuo, di supporto a cabine o sedili, che fanno da veicolo per l’utente. La velocità di traslazione della via di trasporto varia da 10 a 20 km/ora e la capacità del sistema è in genere intorno ai 10.000 passeggeri/ ora. Per quanto riguarda le fermate intermedie, in alcuni casi è la via di trasporto che rallenta alle fermate, permettendo così agli utenti di salire o di scendere dal sistema, in altri casi la via di trasporto marcia a velocità costante ed esistono dei nastri integratori che con progressive accelerazioni/decelerazioni si portano alla stessa velocità della via di trasporto, permettendo così la salita e la discesa dell’utente. Questa prima categoria si con gura dunque come una vera e propria strada pedonale mobile e rappresenta un sistema di trasporto complesso con cui si possono realizzare linee anche assai estese. La realizzazione in un centro sto67
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4 - Minimetro, Gruppo Leitner, sistema innovativo. Fonte: brochure del progetto, Leitner spa.
5 - Ultra PRT (Personal Rapid Transit), Heathrow Airport, Sistema non convenzionale. http://www.ultraglobalprt. com/w heres- it-us ed/he athrow-t5/
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rico di particolari caratteristiche ambientali è pensabile soltanto ponendo il sistema in sotterraneo o in aree protette e saparate. La seconda categoria comprende, sostanzialmente, i tappeti mobili nelle loro diverse versioni. Il sistema ha due stazioni di estremità in cui avviene la salita o la discesa. Nel caso di velocità del nastro interno a 5-6 km/ora l’accesso o la discesa avviene direttamente; per valori maggiori della velocità (in genere 10-12 km/ora) avviene mediante nastri acceleratori e deceleratori. La capacità è compresa tra 7.000-10.000 passeggeri/ora e il campo di applicazione utile è variabile tra 100 e 800 metri. Possono essere installati a livello di pavimentazione e dato che, in genere, sono di dimensioni accettabili, l’inserimento nell’ambiente urbano, anche storico, può essere preso in considerazione. Per le loro caratteristiche possono formare una rete discontinua composta da elementi lineari di lunghezza variabile, collocabili in modo da realizzare dei percorsi pedonali, in parte ottenibili anche mediante l’apertura degli spazi interni degli isolati e/o degli edi ci.
L’autobus a chiamata (dial-a-bus) è un sistema non convenzionale, utilizzabile nelle aree urbane centrali in particolare nelle fasce orarie di morbida della domanda (ottima esperienza è quella serale e notturna a Milano). Ulteriori elementi sono riportati nell’analisi delle aree periferiche e di nuovo insediamento. Gli altri sistemi che in questi anni si stanno inserendo nei nostri spazi urbani (ma diffusi nel mondo già a partire dagli anni settanta), tipo, le metropolitane a media o alta capacità a guida automatica (Brescia), le tramvie su pneumatici (Venezia/Padova) ed i people mover (Venezia/Bologna/Pisa) sono tutti sistemi innovativi, in quanto presentano modi che alle forme di costruzione o di gestione, ma non cambiano le regole di esercizio per l’utente. Il taxi collettivo può essere classi cato come innovativo quando si tratta di servizio a navetta su itinerari predeterminati e ssi nel tempo e accesso libero a più utenti in punti determinati del percorso; in questo caso modi ca solo forme di gestione e pur migliorando l’accessibilità presenta comunque le tre tipiche discontinuità dei sistemi collettivi. Se invece il percorso è libero, anche se coerente con le esigenze dei diversi passeggeri che salgono a bordo, assume le caratteristiche di non convenzionale. Aree di espansione periferiche - In queste aree urbane, i sistemi non convenzionali che possono trovare reale applicazione sono quelli appartenenti ai Personal & Group Rapid Transit (PRT e GRT), che uniscono la guida vincolata con infrastruttura leggera e l’automazione integrale (elementi di innovazione) a diverse forme di “personalizzazione” tendenti a ridurre o eliminare le discontinuità di rete e di tempo (non convenzionalità). Quasi tutte le alternative disponibili si basano su veicoli di piccole dimensioni (4–6 posti) che hanno a disposizione una rete, con un numero limitato di punti di accesso, in base alla quale l’utente può selezionare la propria destinazione nale. Il sistema ottimizza i diversi itinerari impostati dagli utenti presenti nello stesso veicolo e imposta le compatibilità delle percorrenze tra veicoli differenti (si caratterizza quindi come una sorta di “ascensore orizzontale”). In tal modo tende a essere il più possibile “personalizzato” o addirittura del tipo “porta a porta”; per questo motivo tali mezzi vengono spesso de niti anche come “taxi automatici”. Il loro funzionamento permane tuttavia nel campo dei trasporti pubblici collettivi a guida vincolata e densità controllata con veicoli generalmente dotati di motori elettrici oppure connessi all’infrastruttura attraverso motori lineari (levitazione magnetica). In questa categoria vengono inseriti in genere dei sistemi ad automazione integrale che sono intermedi tra i PRT e le metropolitane leggere (Light Transit) ed in questo senso si possono classi care solo come innovativi. Tuttavia lo “Skybus” sperimentato a Pittsburg negli anni sessanta e il Metrò di Costa nel suo progetto iniziale (Rimini-Riccione) possono essere classi cati come non convenzionali. Infatti in questi ultimi due progetti ogni veicolo si può muovere singolarmente sulla rete stradale ordinaria come un autobus tradizionale mentre sulle direttrici fondamentali si possono accoppiare diversi veicoli, a formare “treni di autobus” che si muovono su sede riservata e a guida vincolata regolati con un sistema di controllo automatico in grado di gestire in maniera integrale il movimen-
TRASPORTI & CULTURA N.47 to dei treni, la sicurezza di linea e la sicurezza del veicolo. Tale organizzazione del sistema lo fa divenire non convenzionale, in quanto, quando i treni di autobus si separano, ogni veicolo tende verso diverse destinazioni riducendo la discontinuità di spazio e di rete. Il Dial-a-bus (autobus a chiamata), già richiamato per l’impiego nelle ore notturne nelle aree centrali, riduce le discontinuità di rete e di tempo e quindi è non convenzionale secondo la de nizione data. Il sistema ha avuto interessanti applicazioni in alcune città italiane (Cremona, Firenze, Genova, Milano, Parma, Trento), anche se non tutte le applicazioni hanno avuto successo. L’organizzazione prevede un servizio che si colloca a metà tra l’autobus convenzionale ed il servizio di taxi, provvedendo al trasporto porta a porta (su itinerari prestabiliti ma con raggi d’azione limitati), su chiamata telefonica o telematica dell’utente. Il dial-abus è dunque un sistema personalizzato e essibile di trasporto pubblico collettivo che presenta signi cativi vantaggi per l’utenza offrendo un servizio capillare, la quasi totale assenza di attese, di percorsi a piedi e di trasbordi. Questo uso non convenzionale dell’autobus può risolvere efficientemente il problema del trasporto per servizi non radiali, in aree a bassa densità o in situazioni di bassa domanda di trasporto, ad esempio di notte.
Note nali Come si è mostrato nelle analisi esposte, secondo la de nizione proposta, buona parte degli interventi di nuovi sistemi di trasporto realizzati ed in atto si presentano come innovativi, con nuove tecnologie di realizzazione e di esercizio, ma le modalità del servizio rimangono quelle dei sistemi tradizionali. L’utente potrà ovviamente apprezzare la novità e la comodità dei veicoli, la bellezza architettonica delle stazioni e delle opere d’arte, ma per i suoi bisogni di mobilità avrà a disposizione comunque sistemi collettivi caratterizzati dalle tre caratteristiche di discontinuità, forse migliorata quella di tempo se le frequenze dei nuovi servizi, dato l’automatismo, saranno minori. A anco di questi esistono però tutta una serie di sperimentazioni di sistemi non convenzionali che, anche se di minor impatto nell’immaginario collettivo (in quanto a invasività e costi di realizzazione), pur tuttavia si presentano come maggiormente rispondenti a speci che esigenze degli utenti in determinate aree del paese. A nostro parere solo i sistemi non convenzionali si presentano quindi come opportuni strumenti di progetto di una Smart City. © Riproduzione riservata
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Politiche innovative per una logistica urbana sostenibile di Edoardo Croci e Denis Grasso
La logistica urbana delle merci rappresenta un fattore decisivo per la competitività delle aree urbane. Il benessere e il grado di sviluppo delle città infatti dipende direttamente dall’ampiezza e dall’efficienza della circolazione delle merci al suo interno (McKinnon A., Cullinane S., Browne M., Whiteing A., 2010). Le aree urbane, infatti, necessitano di una logistica urbana che sia allo stesso tempo efficiente ed efficace, in grado cioè di soddisfare le esigenze del cliente garantendo che venga consegnata la giusta quantità di merce, nel posto esatto, nei tempi richiesti e con le caratteristiche di qualità inalterate. Le aree urbane sono tuttavia anche gli ambiti territoriali in cui si manifestano con maggiore forza gli impatti ambientali e sociali legati alla distribuzione delle merci, in primo luogo legati alla congestione, all’inquinamento dell’aria e acustico, ai con itti nella gestione e nell’utilizzo alternativo di spazi (Croci E., Grasso D., 2014). Secondo le più recenti statistiche europee, i volumi di merci movimentati nelle aree urbane sono cresciuti più velocemente di quanto abbiano fatto le attività economiche in generale. Infatti i veicoli merci rappresentano oggi tra l’8 ed il 15% del usso totale di traffico all’interno delle aree urbane europee e “contribuiscono in modo sproporzionato alla congestione urbana e all’aumento delle emissioni acustiche associate nella maggior parte dei casi alle attività di ricerca di un’area per la sosta per le attività di consegna e ritiro” (Commissione Europea, 2015). Questi dati evidenziano la centralità e l’importanza del tema della logistica urbana sostenibile nella de nizione di politiche pubbliche nalizzate al miglioramento del benessere e della salute nelle aree urbane. Le inefficienze del settore logistico infatti, soprattutto nelle attività di ultimo miglio, sono ancora molte, con margini di intervento e di miglioramento ampi e ancora in parte da esplorare.
Innovative policies for sustainable urban logistic by Edoardo Croci and Denis Grasso Urban logistics is an area of relevant policy innovation in order to reduce operators’ inefficiencies and negative externalities. Municipalities experience difficulties in overcoming barriers to improve logistics. The European Commission established urban logistics as one the innovation priority area in its 2014-2020 funding initiatives. This paper, starting from literature and factual data collected during two national research projects (Optilog and Urbelog) assesses the environmental, social and economic impacts in two Italian test cities of large and medium size (Milan and Cremona) of a set of innovative urban logistics policies involving vehicles, infrastructures and regulations. The results show the great potential of innovative policies.
Il ruolo delle politiche pubbliche per una logistica urbana sostenibile Il tema delle politiche pubbliche per il sostegno di una logistica urbana più sostenibile ed efficiente è al centro dell’agenda politica europea (Libro Bianco sui Trasporti, 2011). Il ne ultimo dell’intervento pubblico nel mercato della logistica urbana è il raggiungimento del livello più elevato possibile di efficienza del sistema, che si traduce in maggiore benessere colletti-
Nella pagina a anco, in alto: innovazione e logistica; per la Commissione Europea una priorità delle politiche ambientali sui trasporti. In basso: congestione urbana. La logistica incide per circa il 23% sulle esternalità negative complessive generate in Europa”.
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TRASPORTI & CULTURA N.47 vo grazie alla riduzione delle esternalità negative generate dal settore. Incrementare l’efficienza del sistema distributivo delle merci in ambito urbano signi ca intervenire prioritariamente sui seguenti aspetti (DG Move, 2012): - incrementare il fattore di carico dei singoli mezzi; - ridurre il numero di viaggi a vuoto compiuti; - ridurre/gestire i tempi di sosta dei veicoli commerciali nei punti di carico e scarico; - ridurre il numero di consegne singole a singoli clienti. Nonostante l’importanza e la centralità del tema della logistica urbana, “la maggior parte degli enti locali aventi competenze sulle aree urbane non ha sviluppato una politica coerente in materia di trasporto merci” (McKinnon A., Cullinane S., Browne M., Whiteing A., 2010) e anche dove lo ha fatto ha spesso seguito propri bisogni speci ci, senza un coordinamento centrale, portando a livello regionale e locale una iper-frammentazione del contesto regolatorio che ha spesso danneggiato gli operatori della logistica (Zanni E., 2012). Questi infatti si sono spesso trovati a dover operare in contesti profondamente diversi, anche all’interno della medesima città dove a volte ZTL contigue possono avere regolamenti differenti in termini di orari di ingresso e motorizzazioni consentite. Gli strumenti attraverso i quali le pubbliche amministrazioni possono attuare interventi di razionalizzazione della logistica urbana e riduzione degli impatti ambientali e sociali negativi generati dal settore sono molteplici e possono essere classi cati in cinque macro-categorie: - Interventi di natura economica basati sul mercato. Sono le misure scali come tasse, pedaggi, incentivi, permessi scambiabili, il cui obiettivo è quello di disincentivare le operazioni logistiche che generano le maggiori esternalità negative; - Interventi di regolamentazione di tipo command and control. Sono quel sistema di regole e divieti imposti dalle pubbliche amministrazioni al ne di indirizzare e controllare l’azione del settore privato, pena il pagamento di una sanzione qualora non vengano rispettate. Misure come nestre temporali di accesso al centro città, divieti di accesso o circolazione per veicoli con certe caratteristiche di peso e dimensioni, regole sul carico-scarico delle merci, Low Emission Zone sono i principali strumenti afferenti a questa categoria; - Interventi di piani cazione territoriale. Sono quelle misure atte a favorire e razionalizzare i servizi logistici attraverso la regolamentazione dell’uso del suolo e la piani cazione dello sviluppo degli spazi urbani. Tali misure riguardano ad esempio il contenimento della domanda di merci mediante un maggiore mix funzionale del territorio urbanizzato; - Interventi infrastrutturali. Sono quelle misure atte a creare infrastrutture più idonee al supporto di un più efficiente sistema di logistica urbana. Tali misure riguardano ad esempio la creazione di spazi dedicati e tecnologicamente evoluti di carico e scarico, Centri di Consolidamento in prossimità dei centri storici e interconnessioni tra sistemi di trasporto merci di lungo raggio come i treni con quelli di corto raggio; - Interventi di tipo tecnologico e gestionale. Sono quelle misure atte a migliorare le performance degli operatori privati attraverso l’implementa72
zione di sistemi di Information and Communication Technology (ICT) e Intelligent Transport System (ITS). Ad oggi, le politiche utilizzate per razionalizzare i servizi logistici urbani sono riuscite solo in parte a raggiungere i propri obiettivi (MDS Transmodal, 2012). Questo è dovuto ad una serie di limiti e criticità riscontrate nella de nizione ed attuazione di queste politiche.
La logistica urbana e le innovazioni nei modelli di business impiegati dagli operatori Il settore della logistica urbana e più in generale dei trasporti sia di merci che di persone in questi anni è attraversato da spinte innovative di vario genere, hardware e software si potrebbe dire, visto che hanno a che fare sia con i mezzi di trasporto impiegati che con i loro utilizzi e ancora di più con i comportamenti degli utenti che esprimono la domanda (I-Com, 2016). Nella maggior parte dei casi si tratta di evoluzioni molto rapide, spinte spesso da innovazioni tecnologiche in grado di offrire opportunità impensabili no a pochi anni prima. La rapidità di queste trasformazioni (si pensi ad esempio al boom dell’e-commerce), ha posto gli operatori della logistica e soprattutto le pubbliche amministrazioni davanti a s de per le quali non sempre hanno a disposizione strumenti di gestione adeguati. Le pubbliche amministrazioni, caratterizzate da tempi di elaborazione di piani e progetti piuttosto lunghi, spesso non sono riuscite a creare le condizioni normative e regolatorie necessarie a supportare la diffusione e l’affermazione delle soluzioni più innovative. Per questo motivo, la Commissione Europea ha riconosciuto l’importanza della ricerca e dell’innovazione nel settore della logistica, tanto che al tema sono stati dedicati fondi europei speci ci all’interno dei principali programmi di nanziamento alla ricerca. In particolare il tema della logistica sostenibile è presente nell’ambito del programma Horizon 2020. La Commissione Europea inoltre ha avviato nel 2015 la “Piattaforma Tecnologica Europea sulla Logistica” Alice (Alliance for Logistics Innovation through Collaboration in Europe), con lo scopo di promuovere la ricerca e l’innovazione a livello europeo sul settore. La logistica delle merci europea pertanto è stata riconosciuta a livello europeo come uno dei settori prioritari su cui la Commissione intende investire (Commissione Europea, 2015). Nonostante le numerose criticità e inefficienze ancora da superare, il settore della logistica urbana è stato riconosciuto dalla Commissione Europea come uno dei settori più ricettivi in termini di innovazione (Commissione Europea, 2015). Tale propensione all’innovazione del settore è dimostrata dai numerosi miglioramenti tecnologici ed organizzativi già introdotti dagli operatori logistici. Il quadro delle innovazioni apportate all’interno del settore della logistica urbana è molto vasto e comprende soluzioni profondamente diverse l’una dall’altra. Tuttavia tutte queste esperienze possono essere raggruppate in due grandi categorie tematiche: - innovazioni legate alle tipologie di veicoli utilizzati per le consegne all’interno delle aree urbane; - innovazioni negli schemi distributivi di ultimo
TRASPORTI & CULTURA N.47 miglio, legati soprattutto al tema del consolidamento dei carichi, alla riduzione delle mancate consegne a causa dell’assenza del destinatario e alla diffusione di nuovi modelli di business afferenti alla sharing economy. Queste categorie di innovazioni fanno spesso parte di soluzioni integrate in cui mezzi più efficienti, nuovi schemi di gestione delle consegne e nuovi business model vengono utilizzati congiuntamente al ne di ottimizzare le attività logistiche all’interno delle aree urbane.
Politiche di logistica urbana innovative: i casi di Milano e Cremona Nell’ambito del progetto OPTILOG1 sono stati simulati e valutati gli impatti derivanti dall’applicazione di quattro policy pubbliche innovative in materia di logistica urbana sostenibile di ultimo miglio. In particolare sono stati presi in considerazione i seguenti quattro scenari di policy: - scenario estremo “solo veicoli a zero emissioni”. Tale scenario prevede l’introduzione di un divieto totale di ingresso all’interno delle aree urbane centrali per tutti i veicoli merci leggeri (meno di 3,5 tonnellate) alimentati a combustibile fossile. In questo scenario è stato ipotizzato che tutte le consegne last-mile avvengono per circa il 60% con veicoli ZEV (Zero Emission Vehicle) completamente elettrici (es. furgoni elettrici) e per il restante 40% con cargo-bike; - scenario di ottimizzazione delle operazioni di consegna last mile. Tale scenario considera la possibilità di aumentare la saturazione dei mezzi attraverso un sistema centralizzato capace di governare il matching delle merci in funzione della tipologia, dei vincoli di consegna e della destinazione. In questi scenario si prevede pertanto di ottimizzare i carichi e le operazioni per effettuare tutte le consegne previste utilizzando una piattaforma informatica appositamente realizzata. Tale ottimizzazione agisce soprattutto sui trasporti in conto terzi, in quanto le consegne di ultimo miglio effettuate dai grandi operatori logistici si caratterizzano già per gli elevati livelli di ottimizzazione; - scenario pack station. Le pack station sono delle “cabine” automatizzate per la raccolta e 1 Il progetto Optilog (OPTImal and sustainable LOGistics in urban areas) è stato nanziato dal bando “Realizzazione di progetti di ricerca industriale e sviluppo sperimentale nel settore delle Smart Cities and Communities” della Regione Lombardia nell’ambito dei fondi MIUR “Smart Cities and Communities and Social Innovation”. Il progetto si è concluso nel 2016. Lo scopo del progetto è stato quello di sviluppare un’applicazione per il governo, il controllo e la gestione della city logistics, con l’obiettivo di ottimizzare la liera logistica di ultimo miglio, ovvero l’ultima parte della catena che riguarda il trasferimento della merce da origini esterne (città, interporti, hub intermodale) no all’utente nale. Uno speci co focus è stato dedicato alla de nizione e valutazione di politiche innovative in grado di conciliare la vitalità economica della città, con il suo sistema di approvvigionamenti, forniture e consegne, con la vivibilità, la salubrità e la difficile situazione del traffico urbano. Le sperimentazioni sul campo condotte nell’ambito del progetto hanno interessato quattro città lombarde (Milano, Cremona, Lecco e Bormio). I partner coinvolti nel progetto sono stati Project Automation (capo la), Italdata, Consorzio Milano Ricerche, Muoversi, Poliedra-Politecnico di Milano e Università Milano Bicocca. IEFE-Università Bocconi ha effettuato la valutazione ambientale, sociale ed economica delle soluzioni di progetto sviluppate.
la distribuzione self-service delle spedizioni di merci di piccole/medie dimensioni attive 24 ore su 24, 7 giorni su 7, 365 giorni l’anno. Le pack station sono solitamente localizzate in aree urbane ad alta frequentazione e consentono al destinatario nale di ritirare il proprio pacco non al proprio domicilio ma nella pack station più vicina, mediante un codice d’accesso riservato e personale a cui corrisponde una cassetta all’interno della pack station. Il destinatario nale potrà quindi ritirare in tutta tranquillità il proprio pacco senza gravare sull’operatore logistico, che in questo modo con una sola consegna avrà evaso al proprio compito. Oltre alla ricezione dei pacchi, le pack station possono funzionare anche per l’invio della merce; - scenario piazzole di carico scarico smart, ovvero stalli di carico scarico monitorati con telecamere in grado di rilevare e comunicare gli stati di occupazione abusivi o irregolari degli stessi ed eventualmente di prenotare l’uso degli stalli. Le attività di valutazione degli impatti ambientali e sociali di ciascuna di queste policy sono state condotte partendo sia da dati di letteratura che da dati reali rilevati sul campo nel corso del progetto (sia mediante appositi sensori installati sui veicoli commerciali degli operatori aderenti al progetto Optilog che mediante interviste e focus group con panel di operatori ed esperti del settore). Ulteriori attività di analisi e valutazione di queste policy innovative sono in corso nell’ambito del progetto di ricerca Urbelog2. Alcuni dei risultati preliminari di questo progetto sono stati qui utilizzati per aggiornare alcuni dei dati di letteratura utilizzati nel progetto Optilog. Questi dati sono stati in seguito omogeneizzati in dataset relativi a ciascuna delle singole policy individuate e impiegati all’interno di un modello del traffico3. Le simulazioni così condotte hanno permesso di caratterizzare i ussi veicolari, le loro velocità e la motorizzazione dei veicoli circolanti sulla rete stradale primaria nel corso della giornata per ciascuno degli scenari di policy individuati. I dati così ottenuti sono stati poi impiegati per stimare le variazioni nelle emissioni derivanti dal traffico stradale avvalendosi di un modello emissivo4. La riduzione delle esternalità negative generate dal settore della logistica urbana in seguito all’applicazione di ciascuna delle policy innovati2 URBeLOG (URBan Electronic LOGistics) è un progetto, avviato nel 2013, nanziato nell’ambito del bando “Smart Cities” del MIUR. URBELOG mira a realizzare e validare un sistema virtuoso di trasporto delle merci che renda più razionale, economicamente vantaggioso, efficiente ed eco-sostenibile il servizio distributivo dell’ultimo miglio. I siti pilota di URBeLOG sono le città di Torino e di Milano. I partener del progetto sono Telecom Italia (coordinatore), Iveco, TNT, FIT Consulting, Italdata, TeMA – Territorio Mobilità Ambiente, Politecnico di Torino, Scuola Superiore Sant’Anna e IEFE-Università Bocconi. 3 CARUSO (CAR Usage System Optimization) è un modello di assegnazione dei ussi veicolari per la stima del livello di carico veicolare sulla rete stradale. A partire dalla caratterizzazione degli archi stradali (lunghezza, velocità massima, senso di percorrenza, capacità, curva di de usso) e da misure sperimentali di traffico su alcune sezioni rappresentative, il modello calcola i ussi e le velocità dei veicoli sui singoli archi, nonché i percorsi di minimo costo e i percorsi alternativi più probabili. 4 TREFIC (TRaffic Emission Factors Improved Calculator) calcola le emissioni inquinanti dei veicoli secondo la metodologia ufficiale europea COPERT 4. Disponendo della classi cazione del parco circolante in termini di età, cilindrata, alimentazione, il modello utilizza i ussi e le velocità dei veicoli per ricavare la quantità di inquinante emessa su ogni arco stradale.
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1 - Riepilogo e descrizione sintetica degli scenari di policy elaborati per la città di Milano, con indicazioni sulle due differenti aree di analisi e le differenti tipologie di dati impiegati nelle attività di simulazione.
ve individuate, sono state calcolate a partire dalla variazione rispetto allo scenario Business As Usual di due dei principali parametri trasportistici ricavati dai modelli simulativi impiegati: le percorrenze annuali (chilometri percorsi annualmente) e le emissioni annuali (tonnellate di contaminanti emesse annualmente). Poiché alcune delle policy individuate non agiscono sulle percorrenze (ad esempio la sostituzione di veicoli alimentati a combustibile con veicoli ZEV), sono stati inseriti degli speci ci “fattori correttivi” in grado di quanti care i bene ci ambientali e sociali non direttamente connessi con le variazioni delle percorrenze come ad esempio gli impatti connessi all’utilizzo di tecnologie ambientali più pulite (es. veicoli ZEV) o tali da ridurre la congestione stradale (es. piazzole smart) o ridurre le emissioni inquinanti. A partire da questi dati sono così state calcolare prima le esternalità ambientali totali (comprensive di inquinamento atmosferico, cambiamento climatico, rumore, incidentalità e congestione) e poi quelle ambientali associate alle sole emissioni di contaminanti per ciascuna delle 4 policy innovative individuate. Le esternalità ambientali totali nello speci co, sono state calcolate mediante l’utilizzo della seguente formula: - E = Veickm x (EIA x fIA + ECC x fCC + ER x fR + EI + EC x fC) dove: 74
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E = Esternalità ambientali totali; Veickm = ussi veicolari merci annui, ovvero numero di chilometri percorsi annualmente dai veicoli merci; EIA = Esternalità ambientali connesse all’inquinamento dell’aria; fIA = fattore correttivo dell’inquinamento atmosferico; ECC = Esternalità ambientali connesse al cambiamento climatico; fCC = fattore correttivo del cambiamento climatico. ER = Esternalità ambientali connesse al rumore; fR = fattore correttivo del rumore; EI = Esternalità ambientali connesse all’incidentalità; EC = Esternalità ambientali connesse alla congestione; fC = fattore correttivo della congestione.
I valori economici delle esternalità utilizzati per queste stime sono stati ricavati dalla principale letteratura internazionale ed europea sul tema. Tali esternalità, in linea con le classi cazioni utilizzate nei principali studi sul settore, sono state calcolate distinguendo tra Light Delivery Vehicle (LDV), veicoli commerciali leggeri sotto le 3,5 tonnellate e Heavy Delivery Vehicle (HDV), veicoli commerciali pesanti con peso superiore alle 3,5 tonnellate.
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2 - Esternalità e costi ambientali e sociali evitati nei differenti scenari in Area C (fonte: elaborazione IEFE-Università Bocconi).
3 - Emissioni orarie stimate e riduzioni percentuali nei differenti scenari di logistica last-mile delle merci previsti in Area C (fonte: elaborazione IEFE-Università Bocconi).
4 - Riepilogo e descrizione sintetica degli scenari di policy per la città di Cremona, con indicazioni sull’area di indagine e l’indicazione delle tipologie di dati impiegati per la attività di simulazione.
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5 - Esternalità e costi ambientali e sociali evitati nel centro storico di Cremona (fonte: elaborazione IEFE-Università Bocconi).
6 - Emissioni orarie stimate e riduzioni percentuali nei differenti scenari di logistica last-mile delle merci previsti nel Centro Storico a Cremona (fonte: elaborazione IEFEUniversità Bocconi).
Risultati della valutazione degli impatti ambientali e sociali a Milano Per la città di Milano sono stati elaborati tre differenti scenari di policy per la logistica last-mile, ricorrendo sia a dati reali che a dati da letteratura (Figura 1). L’area di studio è l’Area C, Zona a Trafco Limitato (ZTL) “Cerchia dei Bastioni” che si distingue per l’applicazione di una tariffa d’accesso (road pricing) e di stringenti regole in termini di mezzi a cui è consentito l’accesso. I risultati delle attività di valutazione delle esternalità negative e delle emissioni inquinanti evitate all’interno di Area C grazie all’introduzione delle policy innovative individuate sono riportate nella Figura 2 e nella Figura 3. I risultati dalle attività di simulazione e valutazione mostrano come, per quanto riguarda l’Area C di Milano, l’applicazione del modello di ottimizzazione Optilog risulti essere particolarmente efficace sia in termini di riduzione delle esternalità ambientali e sociali totali che di quelle legate all’inquinamento dell’aria. Per le esternalità totali, in particolare, consentirebbe una riduzione dei costi ambientali e sociali pari a circa 14 milioni di euro in un anno. Si tratta di un risparmio economico consistente, soprattutto se comparato con i risparmi conseguibili con il divieto di accesso al centro storico di tutti i mezzi alimentati con combustibili tradizionali (31.077.662 €/anno) e con l’introduzione di 30 packstation nei luoghi di maggiore transito della città (2.934.581 €/anno).
Risultati della valutazione degli impatti ambientali e sociali a Cremona Il secondo caso studio riguarda il centro storico della città di Cremona, una città di medie dimensione con poco meno di 72.00 abitanti. Anche in questo caso sono stati valutati tre differenti scenari di policy (Figura 6). Le simulazioni condotte per la città di Cremona si sono basate sui dati di traffico reali rilevati dall’amministrazione comunale nel corso del 2013 e su scenari di policy de niti sulla base delle indicazioni fornite dagli stessi amministratori comunali 76
coinvolti durante il progetto. Le analisi condotte (Figura 5 e Figura 6) evidenziano come anche nel caso di Cremona i risultati ottenibili in termini di riduzione delle esternalità negative e delle emissioni inquinanti derivanti dall’applicazione di policy innovative in materia di logistica urbana sostenibile di ultimo miglio siano rielevanti. I risultati delle attività di valutazione mostrano come anche a Cremona l’introduzione di un modello di ottimizzazione della logistica last-mile sia in grado di generare signi cativi risparmi economici in termini, sia di minori esternalità negative prodotte che di riduzione delle emissioni inquinanti. Secondo le valutazioni economiche condotte, l’introduzione di un modello di ottimizzazione potrebbe generare risparmi economici in termini di minori esternalità ambientali e sociali pari a 1.078.444 di euro all’anno. Anche l’introduzione di 30 piazzole di carico scarico smart nel centro storico della città è in grado di generare riduzioni delle esternalità (431.799 €/anno), grazie soprattutto alla minore congestione stradale. Più modesti invece i risultati conseguibili mediante l’installazione di 15 packstation in luoghi della città ad alta frequentazione (246.579 €/anno).
Conclusioni La logistica urbana è caratterizzata da elevati livelli di inefficienza (Commissione Europea, 2015) soprattutto per quanto riguarda le attività in conto proprio. Questo vale anche per le città di Milano e Cremona a cui le attività di valutazione qui presentate fanno riferimento. I dati presentati in particolare consentono di quanti care con un buon grado di approssimazione il rilevante potenziale in termini di bene ci ambientali e sociali ottenibili mediante l’attuazione di politiche di logistica last mile innovative, sia in città di grandi dimensioni come Milano che di media dimensione come Cremona. Particolarmente efficaci, sia in termini di riduzione delle esternalità ambientali e sociali che di riduzione delle emissioni inquinanti nell’aria, risultano essere le misure di ottimizzazione delle attività logistiche, a conferma delle evidenze contenute in letteratura circa l’importanza di promuovere soluzioni di logistica urbana sostenibile in grado di far convergere gli sforzi degli operatori logistici e delle amministrazioni pubbliche. Gli operatori logistici, in particolar modo, sono chiamati ad innovare i loro modelli di business,
TRASPORTI & CULTURA N.47 adottando ad esempio nuovi mezzi ecologici, ricorrendo maggiormente alle tecnologie informatiche per ottimizzare i loro piani di consegna e cooperando maggiormente tra loro nella de nizione di modelli più sostenibili. Tuttavia lo sforzo più rilevante per la promozione di una logistica urbana sostenibile è richiesto al settore pubblico. Come evidenziato dalla Commissione Europea infatti “la maggior parte degli enti locali aventi competenze sulle aree urbane non ha sviluppato una politica coerente in materia di trasporto merci” e anche dove lo ha fatto ha seguito propri bisogni specici, senza un coordinamento centrale, portando a livello regionale e nazionale ad una iper-frammentazione del contesto regolatorio che complica e rallenta ogni innovazione e cambiamento.
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Door to door. Futuro del veicolo, futuro urbano di Dominique Rouillard e Alain Guiheux
Una trasformazione tecnica, sociale e architettonica è in compimento mentre viene scritto questo saggio. Ha come origine l’associazione dei veicoli elettrici, ecologici o meno inquinanti1 all’introduzione della comunicazione digitale a bordo. Essa viene sviluppata dalla società dei ussi intelligenti e della condivisione; genera una modi ca immediata dei modi di pensare il progetto urbano e architettonico aumentando l’importanza acquisita dall’accessibilità. L’accessibilità domina tanto la mobilità quanto la prossimità e obbliga a ripensare le situazioni urbane. L’accessibilità teorizza i futuri modelli di sviluppo. Indicheremo con “auto-mobilità” tutti i modi e i veicoli di spostamenti individuali o personali che si distinguono dal “trasporto in comune”. L’automobilità non si limita allo spostamento in automobile, su una vettura privata, nel senso tradizionale del termine. Si intende piuttosto come la qualità prima del trasporto automobilistico: il “porta a porta”, il molto concorrenziale trasporto door-todoor, di cui il Rapporto Buchanan dichiarava l’insuperabile convenienza2. Che il veicolo sia personalizzato nell’uso e non più, soltanto, nel possesso (il veicolo detto di servizio); che sia pertanto messo in comune attraverso una pratica di noleggio breve dell’automobile (car sharing) o, meno performante per il porta-a-porta, attraverso la condivisione di cortesia di un’automobile privata (car pooling), declinando la guida in taxi sotto tutte le sue forme, è ciò che de nisce l’originalità dell’auto-mobilità di oggi3. 1 Si può fare riferimento a forme di energia quale l’aria compressa (veicolo prodotto dalla società AirPod), la pila a combustibile, o l’energia termica a bassissimo consumo. Ricordiamo che, dagli anni ’80, esistono dei veicoli che consumano meno di 2 lt. ogni 100 km. Volkswagen ha presentato al Salone di Ginevra del 2011 un veicolo che consuma 0.9 lt. ogni 100 km. Al Salone Mondiale dell’automobile di Parigi del 2014, Renault ha commercializzato l’Eolab, veicolo “sobrio” che consuma 1 lt/100 km. 2 Colin Buchanan, Traffic in Towns, The specially shortened edition of the Buchanan Report, Harmondsworth, Penguin Books, 1963. Il Rapporto Buchanan, dal nome di Colin Buchanan che dirigeva il gruppo di lavoro presso il Ministero dei Trasporti in Gran Bretagna, è stato, per gli urbanisti e le autorità amministrative tanto in Europa come negli Stati Uniti, il riferimento principale per la concezione della città degli anni Sessanta e Settanta a partire dal problema posto dall’uso crescente dell’automobile. Il testo è tradotto in Francia dal 1965 (L’automobile dans la ville, étude des problèmes que pose la circulation dans les zones urbaines). [Tr. it : Il traffico urbano. Studio dei problemi a lungo termine connessi al traffico nelle aree urbane / rapporti del Gruppo Direttivo e del Gruppo di Studio istituiti dal Ministero dei Trasporti ; tr. it. di Alessandro Orlandi, Bologna Patron 1976, 272 p. NdT] . 3 Un approccio all’auto-mobilità che si avvicina all’accezione che ne viene data qui si ritrova nell’opera di Melvin Webber. Webber parlava infatti degli “auto-like transportation”, “autolike vehicles”, “auto-like systems” etc., con dando negli sviluppi
Future of vehicle, future of the city by Dominique Rouillard and Alain Guiheux Electric/environmentally friendly vehicles that are equipped with embedded digital communication, in the era of intelligent ows and the Internet of Things, are transforming contemporary architecture and the city. “Door-to-door. Future of the Vehicle, Future of the City” rethinks urban situations, theorizes and imagines future development models and the new architectural programs that stem from them. It proposes and presents “access spaces”, the extension-multiplication of “door-to-door” accessibility in six European metropolises and the repair function of these new tools of connected “auto-mobility”, solving urban dysfunctions through their use. The parking facility becomes a program of the future for architecture, while the Electric/Environmentally friendly Connected Vehicle (VEC), a tool soon to be automated, neither noisy nor dirty, moves alongside humans, nature and animals in buildings - the sharing of presences and activities in a “large common space”.
Nella pagina a anco: i Veicoli Ecologici e Comunicanti, VEC. Silenziosi, economi in energia, non inquinanti, leggeri, agili, di piccole dimensioni, connessi, automatici, condivisibili. Una, due tre o quattro ruote. © Architecture Action
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1 - Guadagno ottenuto con la connettività. Un VEC che procede a 15 KM/h per dieci minuti moltiplica l’accessibilità del territorio di Lille Métropole per 2,83 rispetto a un pedone sulla stessa distanza nel tempo. A Berlino, territorio meglio servito dai mezzi pubblici su sedi dedicate, questo guadagno è di 1.74 © Architecture Action.
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Le direzioni o trasformazioni strategiche collegate o interdipendenti agli sviluppi dell’auto-mobilità sono in atto. Questa ricerca creativa tratta del futuro che è già in corso di realizzazione. Nel 2012 la prima vettura senza conducente è stata autorizzata a circolare in Nevada. Otto Google cars avevano già percorso 800.000 km nel 2013, la loro commercializzazione è stata annunciata per il 2017, al massimo nel 2020. Qui non si fa appello a una tecnologia di rottura4,
né a uno scenario in prospettiva. Sviluppiamo degli schemi argomentati incrociando tecnologie e correnti di pensiero dominanti, tenendo intanto presente che i costruttori propongono dei prototipi o piccole serie per modalità avanzate di propulsione, come Honda e General Motors per quanto riguarda l’idrogeno5. Biciclette elettriche, solowheel, ciclomotori, scooter, minicar senza patente e “vasetti di yogurt”, vetture adattate per disabili, piccole vetture giapponesi (kei 6), il successo della FIAT 500: la
tecnologici del futuro o facendo riferimento ai piccoli veicoli del terzo mondo. Cfr: Melvin Webber, “The Joys of Automobility”, in The Car and the City (a cura di Marvin Wachs e Margaret Crawford), Ann Arbor, The Michigan Press, 1992, p. 274-2. 4 La pila a combustibile, per esempio, è montata in piccola serie sulla IX35FCEV de Hyundai. Si sottolinea egualmente che esistono dei veicoli ad energia solare, tecnica a sua volta presente nella competizione per studenti Eco Marathon indetta dalla Shell.
5 http://www.chicagotribune.com/classi ed/automotive/chihydrogen-or-electric-vehicles-story.html 6 Il termine Kei designa in giapponese ciò che è leggero, carino. La vettura Kei “è pratica, poco costosa, poco ingombrante. E consuma poco” Cfr. l’articolo di Philippe Jacqué et Philippe Mesmer, « Le Japon à l’ère de la “smart mobilité” », in Le Monde, 21 novembre 2013.
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2 - Berlino, mappa dell’accessibilità.
moltiplicazione delle mobilità individuali di prossimità sviluppa le trasformazioni intraprese da molti decenni, che hanno visto imporsi gli scooter e le biciclette, prima che la Smart e altre utilitarie o superutilitarie diventassero onnipresenti. A questo si aggiungono oggi l’elettricità, da un lato, che rende gli spostamenti in città non inquinanti e silenziosi insieme all’emergenza di prodotti convincenti e di tendenza e, d’altra parte, la comunicazione che queste nuove vetture integrano.
Il contesto sociale si orienta alla valorizzazione dell’uomo “aumentato”, animato dagli esoscheletri che lo rimettono in movimento o che gli permettono di portare dei pesi. L’accettazione di questi veicoli può quindi radicarsi in questa idealizzazione dell’uomo aumentato e post umano7, all’oppo7 Transumanismo o postumanismo, postcyborg, nanotecnologie, biotecnologie, informatica e scienze cognitive (NBIC) occupano la scena intellettuale, scienti ca e mediatica dall’inizio degli anni 2000.
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3 - Dalla città alla metropoli. Bicicletta sperimentale a idrogeno. Bordeaux ma Ville, Salon des Transports Intélligents (Salon ITS) ottobre 2015. © Ph. Dominique Rouillard. 4 e 5 - In questa pagina, a destra: un’urbanistica di qualità e di sensazioni. Il piano della circolazione cambia l’ambiente della città più che il disegno delle strade e delle piazze. © Architecture Action.
sto dell’immagine di handicap che accompagna in genere questi veicoli piccolissimi. La città più antica, o l’urbano della ne del XIX secolo, devono la loro esistenza alla possibilità dello scambio – dei beni o delle informazioni – e della sua massimizzazione in un minimo di tempo8. Tale elemento originario si estende all’insieme della vita urbana, che è prima di tutto fatta di spostamenti di persone e di oggetti, di ricezione di informazioni tanto leggibili, visibili che sensoriali9. Eppure, i modelli urbani dopo la prima crisi petrolifera sono stati fondati su un New Urbanism planetario, all’interno di un grande intervallo fra una dreamland futurista e una dreamland passeista. Il modello dei ussi fa oggi ritorno, in una forma coerente con la domanda o le ingiunzioni della società degli scambi che è in cammino: fare un progetto urbano signi cherà prima di tutto elaborare un piano delle accessibilità potenziali verso delle polarità attrattive o necessarie. La mobilità–accessibilità non è più un dato parallelo all’architettura o all’intervento a grande scala: essa si è trasformata nel programma primario, la struttura del futuro, il concetto dell’urbano contemporaneo. La mobilità rinvia immediatamente a una concezione degli spostamenti in termini di velocità e dunque di infrastrutture, mentre l’accessibilità si de nisce attraverso ciò che è raggiungibile (il lavoro, il tempo libero, il domicilio), generalmente posizionato su una viabilità ordinaria. Tale distinzione mette in concorrenza i VEC (veicoli ecologici o elettrici comunicanti) e i trasporti in comune di base, che si tratti del tempo o degli investimenti in infrastrutture10. 8 “La ricerca di una connettività a buon mercato è in realtà la sola ragione per la quale tutte le città sono state costruite (…) Se non fosse stato per i costi, non ci sarebbero mai state città“, Melvin Webber, “The Joys of Automobility”, art. cit., p. 276. 9 Abbiamo dato inizio alla ricerca su “un’urbanistica delle sensazioni” con: Alain Guiheux, “Le retrait de l’architecte”, in Traverses 43, fév. 1983 ; prefazione alla traduzione in francese di Collage City (éd. Centre G.-Pompidou, 1993); “Tract pour une ville contemporaine somptueuse“, in La ville. Art et Architecture en Europe. 1870-1993 (a cura di J. Dethier et A. Guiheux, Paris, éd. Centre G.-Pompidou, 1994). 10 Per delle ri essioni interlocutorie sull’efficacia delle infrastrutture, in particolare quelle stradali, si rinvia ai lavori di Yves Crozet e all’intervista: http://www.millenaire3.com/ uploads/tx_ressm3/Yves_Crozet_mobilite_2012_01.pdf
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Il nuovo immaginario sociale che associa sviluppo sostenibile e condivisione è in azione; favorevole alla generalizzazione dell’auto-condivisione, lo sarà anche per lo sviluppo dei nuovi veicoli. Questo modello che si auto-avvera determina la città dell’auto-mobilità, che così si diffonde e si realizza. La ricerca- ction, gli scenari-prodotto, funzionano quindi in “modalità provvisoria”: saranno realizzati, qui o altrove, una sola o numerose volte, adesso o fra trent’anni. Essi contribuiscono a produrre la tendenza e la sua critica allo stesso tempo. La ricerca- ction diffonde i VEC e ne stabilisce le conseguenze per l’architettura e l’urbanizzazione: il futuro viene inventato mentre si produce. Non si tratta dunque di previsione o di anticipazione: le innovazioni tecnologiche sono state effettuate, attraverso prodotti che possono essere variabili, che possono funzionare o meno, ma che escludono qualsiasi idea di utopia tecnica. Bisogna quindi porsi in una situazione di produzione, e non più solamente di stand-by: la produzione ha posto ne allo stand-by. Abbiamo già dimenticato quanto i computer e gli smartphone ci abbiano cambiato. Non abbiamo più memoria delle modi che dei cambiamenti che essi hanno introdotto nei nostri comportamenti e nei nostri usi della città. La ricerca- ction mostra simmetricamente quali cambiamenti materiali e teorici siano introdotti dai nuovi veicoli che percorrono le strade. L’introduzione delle nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione (TIC), a partire dagli anni Ottanta, ha trasformato molto più i comportamenti degli abitanti del pianeta urbano che i territori e gli edi ci. Infatti, l’architettura delle reti di informazione si è sovrapposta alla città e alle sue reti siche; in seguito le informazioni si
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6 , 7, 8 e 9 - La città è l’insieme dei punti che raggiungiamo nella nostra vita quotidiana (© P-H-Chombard de Lauwe, 1953 - A&P Smithson, 1958 - A. Buchanan, 1963 - Architecture Action « La ville de chacun », 2004).
sono integrate – incastrate 11 - negli oggetti, senza modi care i suoli e i fronti delle città. È questa la prima e corposa trasformazione: in tale ibridazione, la città e i suoi edi ci possono diventare una “super cie neutra12” su cui si dispiega la nuova architettura della comunicazione. Le reti digitali hanno in ne steso sugli antichi strati un nuovo livello di realtà che ignora la geologia anteriore, e vi si sovrappone quindi senza danneggiarla. La città materiale è ormai semplice supporto inerte degli avvenimenti: essa non viene invitata ad aver parte nelle nuove eccitazioni tecnologiche, a meno di trasformarsi essa stessa ancora più totalmente in strumento comunicante. A questa posizione che abbiamo proposto dalla 11 Vedere in particolare la nozione di “informatica pervasiva“ in Jean Daniélou, con François Ménard, Gabriel Dupuy e Dominique Lorrain, L’art d’augmenter les villes, (pour) une enquête de la ville intelligente, Paris, PUCA, sett. 2013, p. 90. 12 Dominique Rouillard, Superarchitecture. Le futur de l’architecture 1950-1970, Paris, Éd. de la Villette, 2004.
metà degli anni Ottanta13, aggiungiamo una “analisi materiale”, cioè lo studio delle trasformazioni concrete sospinte dall’evoluzione dei Veicoli Ecologici Comunicanti, l’esempio più potente dell’interazione fra la pratica della città e le TIC. Cosa diventa l’urbano nel momento in cui l’accesso diviene uno dei suoi tratti dominanti14? L’immenso accrescimento dei dati che misurano la città ha aumentato la nostra conoscenza dell’urbano e, in particolare di ciò che ne costituisce il cuore: gli spostamenti e gli scambi sui quali i TIC hanno concentrato l’attenzione. 13 Alain Guiheux, « Neutralité », in Lieux ? de travail (a cura di A. Guiheux), Paris, éd. Centre .G.-Pompidou, 1986, p. 15-25. 14 “La mobilità della popolazione dell’ Île-de-France in un giorno lavorativo è passata, fra il 2001 e il 2010, da 3,50 a 3,87 spostamenti a persona al giorno. Tale evoluzione viene moderata riducendosi all’intervallo 2,31 a 2,37 spostamenti a persona al giorno se si eccettuano gli spostamenti a piedi”, La mobilité en Île-de-France, Institut d’Aménagement et d’Urbanisme (IAU), Enquête globale transport n °1, sept. 2012, p. 5. http://www.iauidf.fr/ leadmin/NewEtudes/Etude_941/ Enquete_globale_transport_HD.pdf
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Dopo lo storytelling urbano
10 - La ricerca determina la modi ca dei territori urbanizzati sotto l’azione dei VEC, della Condivisione e delle Mobilità. © Architecture Action.
11 - I concetti dei nuovi territori urbanizzati. © Architecture Action.
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Con l’invenzione del centro commerciale, dell’autostrada o dei grandi poli residenziali nel secolo XX, e oggi dei nuovi veicoli, l’architettura e l’urbanistica conoscono delle trasformazioni reali, che possono essere comprese e orientate. È questa evidenza di un’evoluzione programmatica che si può seguire attraverso l’accessibilità, una con gurazione in cui si sfugge alle promesse pubblicitarie del “futurismo” ambient, questa sorta di irrealtà contemporanea comunicante15. “Futuro del veicolo, Futuro urbano” accompagna le trasformazioni intraprese, le alimenta attraverso un processo del tutto opposto alle utopie pubblicitarie, alle mode e alle tendenze apparse come un ri esso automatico, ri esso che associa in modo del tutto naif i nuovi strumenti digitali e le nuove forme o scene dell’architettura. Oggi estremamente presente e ancorato nei nostri modi di pensare, l’appello al futuro è lì per scongiurare il fatto che l’architettura, più che il design, si ritrova scostata, esclusa, dalle trasformazioni tecniche e sociali. L’architettura e il design ricompaiono allora come medium di accompagnamento. L’architettura aveva sognato di trasformarsi, di recuperare sul suo ritardo, aggrappandosi alle nuove tecniche, alla biologia, all’informatica o alla cibernetica, poi alle tecno scienze e in seguito al virtuale. Ma la città cibernetica o “aiutata dall’informatica” (Computer (Aided) City16), progettata negli anni Sessanta, non soltanto è rimasta un momento dimenticato nella storia dei passati futuri dell’architettura, ma non ha fatto ritorno neanche mentre gli architetti scoprivano il digitale nel quotidiano, come realtà e non più come ction o futuro. Allora l’architettura cibernetica e l’architettura virtuale non sono state altro che delle sculture da consumare, e sono presto divenute noiose. Il futuro in questo caso non è che un sintomo di ritardo, completato talvolta attraverso le immagini, strisce di fumetti richieste agli architetti e che con gurano la maniera in cui i media dell’automobile immaginano la città a venire. L’immaginazione del futuro urbano è stata rilanciata dal ritorno dello spostamento come tema architettonico, dando luogo all’invenzione di “prodotti urbani”. L’automobile sui tetti o che sale alle grandi altezze dei grattacieli attraverso un labirinto di rampe riuscirà a realizzarsi in qualche megalopoli. Questa iconogra a “tendenziale” contribuisce a forgiare lo spirito del tempo e dunque a installarlo nella coscienza degli architetti e dei loro clienti. La situazione creata dall’arrivo dei veicoli individuali comunicanti concerne però direttamente l’urbano. Come l’automobile del secolo XX, l’auto-mobilità ha allo stesso tempo degli effetti sull’urbanizzazione, sui programmi degli edi ci, sui modi di vivere nel quotidiano. Si tratta di pensare i capovolgimenti del nostro ambiente al di là dell’agitazione creativa che rinasce ad ogni apparizione 15 A proposito di questo nuovo futurismo, cfr : D. Rouillard, « Le futur au travail », in Imaginaires d’infrastructures, Paris, L’Harmattan, 2009 e « Future was back », in Action Architecture (a cura di A. Guiheux), Paris, Éd de la Villette, 2011. 16 Cfr: Computer City (Dennis Crompton, 1964), Computer Aided City (Isozaki, 1972). Prima di essi, i progetti di megastrutture avevano già introdotto la nuova tecnologia digitale, che restava però marginale e non essenziale al funzionamento interattivo della città; disincarnata, senza immagine. cfr.: D. Rouillard, Superarchitecture. Le futur de l’architecture 1950 – 1970, op. cit., in particolare il capitolo « L’ordinateur de la mégastructure ».
delle trasformazioni tecnologiche. La ricerca creativa e narrativa è la nostra risposta. L’assunto principale è dunque il seguente: la mobilità ha accompagnato le mutazioni del territorio a partire dalla comparsa delle ferrovie e dell’automobile; con i veicoli ecologici/elettrici comunican-
TRASPORTI & CULTURA N.47 di reti e un approccio spaziale. Si tratta di due opposte strutture di rappresentazione, che si trascrivono nelle carte e negli schemi. Il pensiero che si struttura attraverso reti a scale diverse descrive la realtà di funzionamento delle metropoli contemporanee, mentre l’approccio spazialista rinvia alle matrici politico amministrative e simboliche, ai mercati immobiliari dei territori e allo zoning del passato. Nell’ambito del contesto IoT 17i nuovi veicoli, intelligenti e interconnessi, accelerano l’oscillazione verso l’urbanistica delle reti e più ancora verso un cambiamento radicale di approccio che si produce ormai rapidamente. La ricerca si pone di fatto in opposizione alle visioni spazialiste del territorio18, che non rendono conto dell’incredibile differenziazione che compone il dedalo degli spostamenti. In ne, tali visioni sono mantenute in una tradizione rassicurante del senso comune, che bisogna però egualmente rinviare mettere in relazione alle ragioni dei piani catori e dei promotori immobiliari che danno manforte vengono in aiuto degli urbanisti. L’urbano che viviamo è quello degli spostamenti che compiamo durante l nostra vita quotidiana. Gli spostamenti de niscono “la città di ciascuno19” che è differente per ognuno di noi; essi determinano le nostre relazioni e i nostri scambi, la nostra rete di vita. La principale caratteristica dell’urbano è l’estensione eccezionale delle scale di connessione, dei ussi di persone e di oggetti, di energia, di acqua e anche di cibo 20. La tradizione “spazialista” è sempre pronta a rinascere e affermare il suo bisogno di unità e di forma, di pieni e di vuoti, quando è l’esplosione in mille frammenti delle mobilità che caratterizza l’urbano contemporaneo. Il processo spazialista perdura perché esso è profondamente ancorato nel pensiero comune dei politici, degli amministratori, degli architetti. Si potrà notare che fra le pratiche dei politici, dei piani catori e promotori, degli urbanisti, non si fa altro che giungere, in de nitiva, a delle operazioni su parcelle commercializzabili. Dall’estensione urbana alla parcella, parliamo sempre di un suolo da delimitare e ritagliare. Un impatto critico immediato del ritorno dell’approccio dell’urbano in termini di ussi e di rete mette quindi in causa il processo progettuale nella totalità del suo sviluppo: da dove cominciare a pensare e programmare? Nella ricerca mostriamo delle ipotesi, rappresentate e progettate, proposizioni anticipatrici che stimolano più di quanto non simulino le evoluzioni in corso nei territori urbani. È una ricerca che funziona grazie alla stimolazione come strumento di interpretazione: una postura ri essiva che si autoprotegge dall’utopia cercando di cogliere nel progetto ciò che bisogna far compiere. Gli architetti hanno prodotto tutte le utopie, o tutte le visioni del futuro, e in un certo senso non si sono
ti, è l’accessibilità a divenire l’attore centrale della trasformazione dei comportamenti. Un grande paradigma tanto dell’urbanistica che del progetto urbano riposa da più di un centinaio di anni sull’opposizione e le diverse omologie e inversioni fra un approccio relazionale in termini
17 Internet of things; Internet degli oggetti. NdT 18 “Comment se fait-il que la métaphore du bassin soit aussi résistante à la réalité de la société mobile, et à quoi sert cette mysti cation par la géographie de grand-papa?“, Martin Vanier, “Des bassins, encore des bassins, toujours des bassins “, in Cahiers de l’IAU ; “Coupes et découpes territoriales – Quelle réalité du bassin de vie?“ http://www.iau-idf.fr/savoir-faire/ nos-travaux/amenagement-et-territoires/les-bassins-de-vie/ des-bassins-encore-des-bassins-toujours-des-bassins.html 19 A. Guiheux, D. Rouillard, Planète urbaine, Paris, Cité des sciences et de l’industrie de La Villette, 2004. 20 È questo l’asse scelto dal gruppo di John Urry. Cfr Living in cities, Foresight, Government Office for Sciences, 2014 (www. gov.uk/go-science).
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12 - Dal passo del pedone ai VEC, lo stesso universo di mobilità. © Architecture Action. 13 - A centro pagina, in alto: il grande spazio comune. Lo spazio pubblico del futuro, spazio totale. © Architecture Action. 14 - A centro pagina, in basso: Suwon, Ecomobility Parade 2014. Anche l’esterno è un grande spazio comune. © ICLEI, Suwon, Corea del Sud.
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sbagliati. Kurokawa21 ha descritto nella totalità la città giapponese con in suoi neuroni architettonici e introduce il concetto di metapolis, così come Archigram ha descritto la città-rete che conosciamo. Gli scenari che seguono sono per conseguenza in fase con la vita contemporanea che inventa le sue nzioni attraverso lo spirito del tempo. La fantasmagoria è un motore di trasformazioni dell’urbano che si costituisce modi cando gli immaginari precedenti, così sottoforma di un « soft futurism ». Tutti i costruttori di automobili producono i loro veicoli elettrici, nessuno vuole correre il rischio di non pro ttare della transizione energetica. La diversi cazione dei tipi di veicoli - dall’auto elettrica al monopattino elettrico – è un’evidenza mondiale, supportata dai governi statali, o per esempio da grandi gruppi come La Poste, in Francia, che ha organizzato intorno a questo tema la produzione di 20.000 veicoli elettrici 22. La condivisione dell’auto
elettrica è adottata da tutte le grandi metropoli e promossa dai grandi marchi dell’auto. Le “città elettromobili23 ” garantiscono e confermano il suc-
21 A. Guiheux, Kurokawa, Paris, éd. Centre G.-Pompidou, 1997. 22 Cfr.: “3 questions à Christelle Chabredier” », in Les voix de la mobilité durable. Une démarche inédite, Paris, éd. Le Groupe La Poste, 2012; e Les voies de la mobilité durable. Le livre blanc (a cura di Vanessa Chocteau), Paris, Greenovia, 2012. Vedi egualmente: Anne Michel, “La poste veut faire évoluer ses bureaux dans les villes” (Le Monde, 27 mars 2014), a proposito
della trasformazione degli uffici in “relais poste” nell’era del digitale. 23 A partire dal 2010, l’Avère organizza i “Trophées des villes électromobiles”. Associazione nazionale per lo sviluppo della mobilità elettrica, creata in Francia nel 1978 sotto la spinta della crisi petrolifera, l’Avère è rimasta in pausa sino al lancio promozionale del veicolo senza combustibili fossili che il
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visione e la mobilità si fonda su tre ambiti interdipendenti: 1. lo sviluppo di mercato dei VEC è in parte tecnico- nanziario (la capacità delle batterie, il peso dei veicoli, le dimensioni e il design, i punti di ricarica, i costi di produzione). L’obiettivo del governo cinese è di mettere in circolazione più di 5 milioni di veicoli interamente elettrici entro il 2020, quello della Germania di metterne un milione, etc. Intorno al 2030, si immagina con ottimismo che il 50% dei veicoli venduti saranno elettrici o equivalenti ecologici (di fatto una percentuale bassa dei veicoli in circolazione). Da qui al 2025, è probabile che, sotto la pressione sociale per la difesa dell’ambiente, solo i camion elettrici potranno accedere a Parigi. Questa prospettiva è vicina ai tempi di concezione progetto/realizzazione delle operazioni di urbanistica, relativamente alle programmazioni di piani cazione e di architettura. I progetti di oggi saranno in uso nell’era delle nuove mobilità. 2. La forza della condivisione e della fabbrica dell’adesione o del consenso, o ciò che partecipa della “fabbrica dell’oggetto desiderabile24, detto in altri termini la valorizzazione dei VEC attraverso la condivisione. La questione è stata trattata dagli economisti, i pubblicitari creatori delle mitologie di consumo e dai loro critici25. 3. Lo sviluppo della mobilità di prossimità – l’accessibilità – attraverso i VEC. Se la trasformazione dello Zeitgeist fa sì che i parigini, gli abitanti di Los Angeles o i newyorchesi utilizzino di fatto la bicicletta più di quanto non facessero prima, se si assiste al ritorno degli scooters mentre i ciclomotori erano quasi scomparsi in Europa, allora è ragionecesso dello Zeitgeist. Il sistema formato dai VEC, lo Zeitgeist della condigoverno francese ha effettuato nel 2009. È intanto stato costituito un ramo europeo di Avère e, dal 2013 l’associazione incoraggia lo sviluppo di “Avère régionales”. Fra le principali attività di Avère si trova il lavoro di promozione e visibilità per la valorizzazione della mobilità elettrica e dei veicoli che la permettono. Parola d’ordine: “Saper fare è bene, fare sapere è meglio”. (Joseph Beretta, presidente di Avère France, 4e Trophée, Lille 11 dic. 2013).
15 - Il parcheggio come avvenire. Il parcheggio diviene quindi, effettivamente, un museo. (F. Lloyd Wright, Hilla Rebay et Solomon R. Guggenheim, 1945) © Solomon R. Guggenheim Museum Archives, New York.
24 Cfr : Edward Bernays, Propaganda, Comment manipuler l’opinion en démocratie (New York, 1928), trad. Paris, Zones, 2007 ; The Engineering of Consent, 1947 (University of Oklahoma Press, 1955) ; Edward Herman et Noam Chomsky, Manufacturing Consent. The Political Economy of the Mass Media (1988), trad. La fabrique du consentement. De la propagande médiatique en démocratie, Agone, 2008. 25 Le imprese lavorano al condizionamento della domanda attraverso un’arte della persuasione in cui la pubblicità è uno strumento fra gli altri. I VEC hanno la speci cità di contribuire a un’ideologia del “minore consumo” che si iscrive nell’evoluzione generale delle percezioni e delle aspirazioni.
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TRASPORTI & CULTURA N.47 vole immaginare quali trasformazioni urbane potrà generare la domanda di accessibilità26. La dinamica di questi tre poli determina il ritmo degli avvenimenti urbani che ne derivano o che li favoriscono. L’urbano e l’architettura si modi cheranno per accogliere i VEC e produrre dei nuovi programmi; simmetricamente, viceversa, la buona accoglienza dell’urbano nei confronti di questi nuovi veicoli favorisce la presenza dei VEC. L’insieme costituito dal Plateau de Saclay, Versailles, Saint-Quentin-en-Yvelines e in particolare da Satory, che ha fatto l’oggetto di un progetto del territorio di interesse nazionale a sud di Parigi (OIN, 2209) è uno dei siti di studio della ricerca. I progetti-concept che presentiamo sono spesso legati all’assemblaggio dei programmi. La multiprogrammazione è divenuta un modo di vivere. Aspettare il treno, spostarsi, viaggiare non sono più attività primarie cardine esclusive e si sviluppano mentre pratichiamo la lettura, il lavoro, la ristorazione, gli acquisti su smartphone o altro ancora. Le interruzioni durante gli spostamenti sono occasioni per fare altre cose. Dalle fermate dell’autobus agli hub internazionali, ogni stazione è un punto di valorizzazione di altre attività compatibili. La conseguenza è immediata: lo smart-building è prima di tutto una concatenazione di programmi. Questi assemblaggi di programmi si stabiliscono sulle stazioni di inter-multimodalità, compresi in primo luogo la condivisione dell’automobile, l’integrazione della condivisione dell’automobile come trasporto in comune vero e proprio. Le trasformazioni urbane spesso si appoggiano a con gurazioni mentali o spaziali più antiche che non erano state sviluppate ulteriormente, che esse rinforzano o fanno rinascere. Alcuni sfalci darwiniani abbandonati sono rianimati dai VEC. La città-natura è un archetipo immemore e sempre pronto a rinascere. Nell’urbanistica degli ambienti, la velocità, il rumore e l’inquinamento si trasformano in potenti regole per la fabbrica dell’urbano e danno luogo a piani urbani immateriali. I nuovi hub sviluppano egualmente dei temi preesistenti. Le trasformazioni sono anche lo spostamento o l’estensione di pratiche che esistono spesso anteriormente, in contesti speci ci, come i veicoli elettrici nelle aerostazioni o nei depositi nelle aree di stoccaggio per esempio, oggi vocati a generalizzarsi. Le fonti e i paralleli da individuare sono numerosi, tanto nei progetti non realizzati che nel continente urbano. In n dei conti, un “grande spazio comune” ai veicoli e agli uomini, silenzioso e boni cato, uttuante, totale e neutro, ipersensibile e iperleggibile si palesa come riconoscibilità del futuro urbano immediato. Lo “zoning automobilistico” non ha più corso, né nelle città né nella viabilità ordinaria, né fra le automobili che non avranno più luoghi extraterritoriali. Gli acquisti su internet producono i loro effetti sulla concezione e la presenza dei commerci nell’urbano che diventano luoghi di esperienza (il prodotto più venduto al mondo) e di eventi. Che cosa diventano i luoghi del commercio se vuoti? Pensiamo alla loro riutilizzazione attraverso lo spazio pubblico, come aumento dello spazio pubblico. 26 L’uso delle due ruote motorizzate e delle biciclette a pedalata assistita è aumentato in Île-de-France, mentre l’uso dell’automobile è stabile o in diminuzione. Gli spostamenti a due ruote motorizzati sono aumentati del 34% fra il 2001 e il 2010. (Inchiesta “Déplacements” 2010, fonte: IAU).
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16 - Nella pagina a anco, in alto: Tour-villas (torre-villa) oggi. © Architecture Action. 17 - Nella pagina a anco, in basso: parcheggio-rampemultiattività. © Architecture Action. 18 - In questa pagina: la riparazione dell’urbano. L’alveare di VEC o l’economia dell’infrastruttura. (Versailles - Plateau de Saclay) © Architecture Action.
Parallelamente, per i grandi ipermercati e i loro ettari di parcheggio comincia l’obsolescenza. Cosa divengono queste nuove aree urbane dismesse, queste nuove aree commerciali dismesse, che hanno rimpiazzato le aree industriali dismesse? Riguardo all’architettura, l’ingresso dei veicoli come funzione in sé e per sé all’interno degli edi ci determina una totale deviazione della concezione progettuale. Il parcheggio diviene il cuore dei progetti, la logica interna e propria della loro organizzazione. Il parcheggio come progetto diventa centrale: parcheggio-museo; parcheggio–ufficio; parcheggiospazio pubblico: parcheggio-edi cio commerciale; parcheggio-passeggiata; parcheggio-alloggio. Altra implicazione delle trasformazioni in corso, la capacità endemica dei VEC di diffondersi nel contesto ed estendere le distanze che si possono raggiungere modi ca in profondità la nostra idea di prossimità, che non si può più restringere a cerchi di 500 mt. Si tratta piuttosto di poli più larghi che si dovranno adesso immaginare, con delle modi che consistenti nella nostra maniera di fare e programmare la città, insieme più dispersa e concentrata, sempre più rizomatica. Le nostre percezioni del periurbano ne vengono così rimesse in discussione. La prossimità è un’idea che si fa sfuggente all’interno di un territorio omogeneo. Le reti autostradali integrate, come i veicoli IoT, paci cati e sicuri, si integreranno nell’urbano generalizzato, annullando la cesura che sono le grandi arterie infrastrutturali. I VEC confermano la vittoria dell’urbanizzazione diffusa e globale del territorio. È probabile che vedremo scomparire le accezioni negative al suo riguardo: la dispersione urbana non è un più un dato signi cativo nel momento in cui qualsiasi servizio è raggiungibile in meno di dieci minuti. I VEC sono dei riparatori dell’urbano, essi rimediano agli errori urbani. Essi sono dunque degli strumenti dell’infrastruttura, allo stesso titolo delle autostrade, ponti e opere d’arte. E in conseguenza, essi vi si sostituiscono in maniera vantaggiosa. La capacità dei VEC di riparare la città è una terapia urbana indolore: costruiremo sempre meno infrastrutture. L’omeopatia dei VEC risulterà economi-
ca rispetto ai Ponts et Chaussées. I nuovi veicoli in seno all’urbano connesso praticano l’arte dell’alveare, essi possiedono un’intelligenza dell’economia delle infrastrutture. Le trasformazioni introdotte sono spesso egualmente delle invenzioni che modi cano le nostre maniere di pensare l’architettura e l’urbanistica. Con i VEC si introduce un’equivalenza fra l’edi cio e il veicolo, questi due prodotti diventano intercambiabili, rimettendo così in causa le nostre categorie per pensare l’urbano. È un’altra città quella che i veicoli automatici e altri robot di consegna o taxi fanno avverare, altrettanto intrigante dei Real Humans di Lars Lundström, allo stesso tempo più calma e più esperienziale nei centri città, dove il consumo ha lasciato il posto al divertimento. La smart city informata e trasformata dai dati, insieme alla città attraversata in permanenza dai veicoli automatici e dai robot che circolano senza guidatore, creano un nuovo ambiente urbano che avrà perso in questo una parte della sua mitologia “essenzialista”. Allontanandosi progressivamente dai Piani Regolatori, la città che si realizza diventa essa stessa uno strumento di servizio comparabile ai nostri oggetti tecnici, quotidiani ma nondimeno sempre più attraenti. © Riproduzione riservata Il testo è l’introduzione a Dominique Rouillard, Alain Guiheux Door to door. Futur du véhicule, futur urbain, Paris, Archibook, dicembre 2015.
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Visioni di città: espansione urbana e mobilità futura. Casi studio in Europa di Oriana Giovinazzi
Oltre il 50% della popolazione mondiale vive oggi in città; nel 2050, secondo le stime dell’ONU, si prevede che costituirà il 75% del totale. Il numero di chi sceglie di vivere in città - tornato a crescere negli anni 2000 - è destinato ad aumentare dai 2.5 miliardi attuali ai 5 miliardi nel 2030, no a raggiungere i 6.3 miliardi nel 2050. Proprio i cambiamenti demogra ci saranno all’origine di una serie di s de che interesseranno nei prossimi decenni le città, con fenomeni diversi cati che vanno dall’invecchiamento della popolazione in alcuni contesti, alla riduzione del numero di abitanti, da processi di sub-urbanizzazione nelle periferie ad un’intensa urbanizzazione nei grandi centri urbani in espansione. La crescita della popolazione urbana non riguarderà esclusivamente le grandi città delle economie emergenti ma, secondo i dati delle Nazioni Unite, anche il 77% delle 169 città europee con oltre 300.000 abitanti, e in particolare le capitali in cui si concentrano i due terzi della popolazione. I numeri in gioco sono certamente impressionanti, e senza dubbio sorprendenti saranno gli effetti in termini di estensione delle reti infrastrutturali, delle volumetrie e degli spazi pubblici. Una s da anche di carattere sociale ed ambientale per le città che, ri ettendo sul loro futuro, devono garantire ai tutti gli abitanti un ambiente attraente e sostenibile, dotato di servizi dedicati e di connessioni efficienti sul territorio.
La s da delle città tra crescita demogra ca, espansione territoriale e competitività urbana Per immaginare le città del futuro non sarà sufficiente ragionare sulla densità demogra ca in crescita, ma occorrerà ri ettere anche su un contesto territoriale che - necessariamente mutato a partire da un’espansione per lo più sica - porterà ad avere come riferimento nuovi con ni anche dal punto di vista sociale, economico, culturale e ambientale oltre a cambiamenti che richiedono nuove politiche e modelli di governance più essibili e multilivello, una coerenza tra iniziative settoriali e territoriali, la complementarità tra diversi approcci funzionali, etc. Gli effetti legati alla crescita demogra ca, l’espansione urbana contemporanea spesso incontrollata e la diffusione di insediamenti minori nelle periferie, senza dubbio distanti dal concetto di città storica, rappresentano infatti una minaccia per lo sviluppo territoriale sostenibile sia in termini di
Visions of cities: urban expansion and future mobility. European case studies by Oriana Giovinazzi Over 50% of the world population now lives in cities; in 2050, according to UN estimates, it is expected that it will constitute 75% of the total. The demographic changes will produce urban expansion and the effects in terms of increased infrastructure networks, massing and public spaces will be astonishing. A challenge from a social and environmental perspective as well for cities that will have to think about their future. The new development phase will also lead to greater urban competitiveness, where size, accessibility, organizational models and efficiency will make the difference. To imagine the city of the future, to plan development with a medium-tolong term perspective, allowing them not only to grow but also to compete, means to begin thinking strategically, to adopt an approach that is both holistic and systemic, and takes the various phenomena into consideration by studying not only their components but mutual interaction as well. While the theme of urban planning is central to de ning a long-term strategic vision for the city, infrastructure plans are an important aspect in the search for solutions that can anticipate change and bene t from new opportunities.
Nella pagina a anco: la stazione della Docklands Light Railway a Canary Wharf, Londra. In basso: Londra, un treno della Docklands LightRailway.
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TRASPORTI & CULTURA N.47 consumo di suolo e di sfruttamento delle risorse, che di costi necessari per garantire infrastrutture e servizi pubblici, nonché un’equa ridistribuzione di bene ci alla comunità. La scelta di un’espansione tendenzialmente verticale, rispetto alla più tradizionale e progressiva densi cazione orizzontale della città, consente di ridurre la super cie occupata e le esigenze legate al trasferimento, di conseguenza anche i livelli di inquinamento, l’estensione delle reti infrastrutturali e il consumo energetico, restituendo inoltre usi diversi cati ed altamente accessibili in quanto concentrati in uno spazio limitato, incrementando così la vitalità e in un certo senso anche il livello di sicurezza. Per questa ragione sempre più spesso ai margini dei centri urbani sorgono nuovi city hub, complessi ad alta densità prevalentemente direzionali ma aperti a nuovi stili di vita e a destinazioni d’uso molteplici (residenziale, commerciale, alberghiero, ricreativo, etc.), attrattivi e adattabili. Sono generalmente collocati in prossimità dei principali nodi di interscambio modale e altamente connessi, caratterizzati dalla presenza di spettacolari edi ci high-rise e da una particolare attenzione ad innovazione, ricerca tecnologica ed efficienza energetica, ma richiedono ingenti investimenti a lungo termine - spesso sostenuti da privati - per interventi di rigenerazione urbana, opere infrastrutturali, servizi essenziali. La nuova fase di sviluppo con cui le città dovranno misurarsi produrrà inoltre una maggiore competitività urbana, in cui dimensioni, accessibilità, modelli organizzativi ed efficienza faranno la differenza, e in cui alcune città saranno in grado di offrire opportunità e servizi, attirando nuovi abitanti, mentre altre, pur garantendo migliori qualità di vita, si svuoteranno andando incontro ad un progressivo declino. Se i cambiamenti in atto stanno già producendo sul piano economico profondi squilibri sociali, la disparità di reddito e la segregazione territoriale rappresentano di certo una forte minaccia per le città del futuro, coinvolte tra l’altro in importanti processi di trasformazione strettamente connessi agli impatti prodotti dai comportamenti umani in relazione alla crescita demogra ca (rischio ambientale, condizione climatico-energetica, ussi migratori, rivoluzione industriale 4.0, digitalizzazione, etc.).
Le città in una visione di lungo periodo: il ruolo della piani cazione 1 e 2 - Amsterdam Sloterdijk Station.
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Immaginare le città del futuro, piani carne lo sviluppo con una visione di medio-lungo periodo che consenta non solo di crescere ma anche di competere, signi ca avviare una ri essione strategica, che adotti al tempo stesso un approccio olistico e sistemico, e che prenda in considerazione i diversi fenomeni studiandone non solo le componenti ma anche le interazione reciproche (crescita demogra ca, dinamiche economiche, processi produttivi, comportamenti sociali, struttura organizzativa, modelli gestionali, politiche di investimento, sistemi di connessione, forme di comunicazione, etc.). La piani cazione urbana dovrà quindi misurarsi con una maggiore complessità e con nuove criti-
cità rispetto al passato, ma rappresenterà anche il fattore discriminante per garantire la competitività delle città in espansione, insieme al marketing territoriale. La de nizione di strategie pertinenti che tengano conto di peculiarità e speci cità dei contesti, consentirà di sfruttare il potenziale generato dalle differenze dimensionali, demogra che, socio-economiche, culturali anche in termini di innovazione e creatività. La capacità di disegnare e programmare lo sviluppo, guidare la trasformazione, avviare politiche di investimento, piani care la resilienza farà la diffe-
TRASPORTI & CULTURA N.47 loro e ricorrenti nei piani urbani presi in esame. I piani sono demogra camente espansivi e prevedono tendenzialmente, accanto ai processi di trasformazione, anche fenomeni di nuova urbanizzazione. Uno o più piani sono nalizzati ad affrontare le tematiche legate alla digitalizzazione, alla rivoluzione industriale 4.0, all’innovazione e quindi al progetto della smart city. Non mancano i piani orientati alla sostenibilità e alla resilienza per gestire i rischi climatici e idrogeologici, per ridurre i livelli di inquinamento e le emissioni; i piani infrastrutturali a cui fanno riferimento lo sviluppo edilizio e i sistemi della mobilità; in ne i piani orientati a de nire aspetti formali e architettonici per tradurre in soluzioni alcune questioni legate alla crescita demogra ca, all’uso del suolo, alla sostenibilità ambientale, alla qualità della vita, etc. Le politiche urbane più recenti sono tendenzialmente orientate verso: la realizzazione di città smart, vivibili, intelligenti e sostenibili, capaci di integrare per quanto riguarda la mobilità infrastrutture tradizionali e nuove tecnologie; sistemi di trasporto innovativi, strumenti avanzati di comunicazione, progetti e nuove idee che tendono a perfezionarsi prendendo ad esempio alcuni modelli di riferimento; e in ne all’utilizzo di big data a cui è possibile accedere in tempo reale e senza soluzioni di continuità attraverso la rete wireless mediante schede touch o telefoni cellulari. Un’attenzione particolare merita la possibilità di utilizzare i dati disponibili proprio per migliorare la fornitura dei servizi legati al trasporto, nonché la piani cazione di infrastrutture e sistemi di mobilità, anche attraverso la validazione di modelli di simulazione dinamici che mediante software di programmazione replicano il comportamento reale per dare risposta ad esigenze attuali e future.
La mobilità del futuro: dai piani infrastrutturali alle nuove tecnologie
renza in termini di opportunità e di qualità della vita. Gli strumenti nalizzati alla de nizione di una visione di città in chiave demogra ca, infrastrutturale, ambientale, insieme ai modelli gestionali utilizzati per una riorganizzazione degli assetti urbani in termini di sviluppo sostenibile, avranno pertanto un ruolo determinante. A catalogare di recente alcune di queste vision del futuro è stato il Cresme (Centro ricerche economiche e sociali del mercato dell’edilizia) in una ricerca - “World Cities Vision 2030-2050” - in cui sono state identi cate alcune componenti integrate tra
Se il tema della piani cazione è al centro della de nizione di una visione strategica di lungo periodo, i piani infrastrutturali ne costituiscono un aspetto rilevante. La pressione esercitata dall’urbanizzazione di alcuni contesti su risorse e infrastrutture, le esigenze in continua evoluzione e le aspettative in termini di spostamento inducono necessariamente alla ricerca di nuove soluzioni, e ad un approccio che da reattivo rispetto alla domanda deve diventare proattivo, anticipando il cambiamento e avvalendosi di nuove opportunità. Favorire da un lato il coordinamento tra le parti interessate, superando eventuali con itti, per arrivare a costruire una visione condivisa da tutti gli attori coinvolti, e dall’altro consentire una concorrenza leale tra diversi modi di trasporto e modelli di business, appare il prerequisito non solo per garantire l’efficienza ma anche per creare il networking del sistema e promuovere l’innovazione. A rappresentare negli ultimi anni un valore aggiunto per gli utenti è stata in particolare la mobilità integrata, che consente di viaggiare senza soluzione di continuità utilizzando diverse modalità di trasporto, sistemi informativi in tempo reale, tariffazione unica, piattaforme online, programmi di delizzazione e sconti, con la possibilità di programmare e prenotare l’intero 93
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3 - Stoccolma, la linea n. 7 del tram che attraversa il centro urbano.
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viaggio. Diverse misure di restrizione della mobilità e moderazione del traffico hanno contribuito al miglioramento della qualità della vita, educando gli individui ad optare per soluzioni di trasporto più sostenibili, pubblico-multimodali, incentivando l’uso di sistemi alternativi a quello privato. Ad interessare più di recente il mercato legato alla mobilità - portato a privilegiare un approccio più sociale e ambientale che economico, quindi maggiormente orientato all’utente - anche la fornitura di servizi condivisi ed integrati (mobility sharing) e di soluzioni innovative, tra cui: sistemi elettronici già in uso alle fermate dei trasporti pubblici per indicare orari di arrivo e coincidenze dei mezzi lungo i percorsi; approcci so sticati che sperimentano tipologie di autovetture in grado di spostarsi nel traffico senza autista, utilizzando il GPS e diversi sensori; strategie demand-responsive che consentono ai fornitori di servizi di adeguare i diversi tipi di veicoli, nonché di modicare il servizio e il prezzo, rispetto alle esigenze di spostamento stimate o rilevate; no all’utilizzo di tecnologie innovative, tra cui il GNSS e il GPS, che collegate in rete ad un centro di controllo permettono di riconoscere posizione, direzione e velocità dei veicoli in circolazione, restituendo servizi di mappatura personalizzati. Strumenti che se pur nalizzati alla fornitura di informazioni e comunicazioni in tempo reale agli utenti, sono in grado di in uenzare la domanda e il comportamento degli stessi. Risultati interessanti sono stati registrati anche in termini di sicurezza e trasparenza per quanto riguarda l’utilizzo di sensori di videosorveglianza, carte prepagate, abbonamenti, mentre le campagne dedicate ad inquinamento, congestione, salute, accessibilità insieme ad altri strumenti di comunicazione hanno incrementato la consapevolezza dei vantaggi di una mobilità smart e delle
conseguenze prodotte dalle scelte degli utenti. Non solo la quantità e la qualità delle reti infrastrutturali presenti in un contesto urbano, ma soprattutto l’indice di connettività delle città in espansione, può incidere in modo determinante sulla crescita economica, sociale e culturale, così come dimostrato da una ricerca dell’Ericsson Networked Society Lab, Networked Society City Index 2016, condotta su circa 40 città in tutto il mondo per quanto riguarda le prospettive di uno sviluppo urbano sostenibile. Dalla studio è emersa una forte correlazione tra sviluppo economico-sociale e utilizzo dell’Information and Communications Technology (ICT), che rappresenta oggi un prerequisito alla creazione di città smart. Occorre quindi sottolineare l’importanza di ripensare i contesti urbani proprio nell’ottica di poter sfruttare nel miglior modo possibile le potenzialità offerte dall’ICT, ad oggi nalizzata prevalentemente all’ottimizzazione di sistemi e di comportamenti già in essere.
Gestire la mobilità nei processi di espansione urbana: casi studio in Europa Piani cazione territoriale e gestione della mobilità, che avranno sempre più un ruolo decisivo non solo nel disegno dell’uso del suolo ma anche nel controllo dell’espansione urbana, possono contribuire in modo determinante a rigenerare i tessuti urbani, sostenere la crescita della popolazione, migliorare la produttività economica, favorire l’inclusione sociale, restituire qualità ai territori e incrementarne il valore immobiliare. La scelta delle misure più idonee a perseguire tali nalità è strettamente connessa a contesti e speci-
TRASPORTI & CULTURA N.47 cità locali, ma certamente può avvalersi di buone pratiche e lezioni apprese. Le agende politiche di alcune città europee in cui sono in atto processi di espansione, chiamate in questi anni a ridisegnare radicalmente i propri sistemi di mobilità, sono orientate per lo più verso l’implementazione del trasporto pubblico, la qualità e l’estensione del servizio, l’integrazione modale e la sostenibilità, riconoscendo protagoniste del prossimo futuro tendenze ed innovazioni tecnologiche legate alla rivoluzione digitale, insieme al design che avrà un ruolo fondamentale sia nella transizione verso sistemi di trasporto più in linea con le esigenze degli utenti e dell’ambiente, sia nella progettazione delle nuove soluzioni. Se l’obiettivo primario delle strategie relative alla mobilità urbana è quello di soddisfare le esigenze legate allo spostamento di persone e cose, quello nale deve essere comunque il miglioramento della qualità della vita e l’incremento della competitività del territorio. Amsterdam - È tra le prime città del mondo in termini di sostenibilità e di qualità della vita, ma anche di capacità di adattamento a trasformazioni, esigenze e tendenze contemporanee in cui capitale intellettuale, tecnologie e innovazione possono trasformarsi da risorse in opportunità. Caratterizzata da un approccio equilibrato allo sviluppo, da un’economia digitale tra le più avanzate e da una particolare vitalità imprenditoriale, culturale e artistica, che la rendono altamente competitiva, Amsterdam attrae residenti e visitatori, imprese, forza lavoro altamente quali cata e giovani talenti. La chiave del successo, come nel caso di altre città europee, è in realtà quella di aver de nito una visione condivisa di lungo periodo, con obiettivi strategici riconosciuti da tutti gli attori, ma anche olistica e orientata ad uno sviluppo urbano sostenibile. Amsterdam ha de nito le sue strategie per il futuro adottando la Structural Vision Amsterdam 2040 e ad una scala più vasta l’Amsterdam Vision 2020 e il 2025 Metropolitan Region Amsterdam Scenario; guardando alle diverse prospettive, la città ha lavorato sulla piani cazione territoriale a partire dai punti di forza e dalle possibilità di miglioramento, restituendo una visione che è stata capace di interpretare le complessità del territorio. Città digitale e hub logistico, Amsterdam ha abbracciato le nuove tecnologie in diversi settori urbani (sicurezza, acqua, energia, ri uti, dati, mobilità, etc.) sapendo cogliere e sfruttare le opportunità offerte per la crescita sociale ed economica, per l’innovazione e per la competitività. Una delle trasformazioni urbane più interessanti che la città sta vivendo riguarda la riscoperta del waterfront - le rive dell’IJ e lo specchio d’acqua dell’IJmeer (1300 ettari di cui 520 ettari di supercie d’acqua). Quest’area con la Vision 2030: Port of Amsterdam non solo ha acquisito un ruolo e un valore importante nel processo di espansione territoriale - con grandi opportunità in termini di sviluppo urbano anche per quanto riguarda le aree industriali dismesse - ma sta diventando un asse centrale per quanto riguarda i ussi di traffico nel contesto metropolitano (A10 Ring Road; linee ferroviarie per Schiphol, Haarlem e Zaanstad; stazione metropolitane di Teleport Sloterdijk e Isolatorweg; traghetti North Sea Canal e Ij, etc.). In un tessuto urbano in cui si tende all’intensi cazione dell’uso del suolo ma anche alla tutela del
paesaggio, la s da principale è senza dubbio lo sviluppo infrastrutturale e la gestione del trasporto pubblico, in un giusto equilibrio tra i diversi sistemi di mobilità per soddisfare una domanda in continua crescita, ma anche per incrementare affidabilità, sicurezza e qualità del servizio, riducendo sensibilmente le emissioni inquinanti e promuovendo una mobilità verde.
4 - Golden Horn Metro Bridge ad Halic, Istanbul. 5 - İstanbul Metro LeventHisarüstü Rail System Line. 6 - Istanbul metro–Funikuler kabatas taksim.
Stoccolma - Tendenzialmente orientata alla sostenibilità e all’inclusione è la visione futura che Stoccolma propone nella Vision 2040 - A Stockholm for everyone, che con lo sviluppo di nuove aree verdi e di piste ciclabili punta a ridurre l’utilizzo dei veicoli privati e ad abbattere del 50% le emissioni inquinanti entro il 2040. La città ha gestito l’aumento della domanda introducendo misure nalizzate a ridurre la congestio95
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7 - Amburgo, U-Bahn Station Überseequartier.
ne e il traffico, a promuovere il trasferimento modale verso il trasporto pubblico o comunque verso modalità di trasporto ecologiche, a ridurre il limite di velocità in corrispondenza dei centri urbani e a scegliere la mobilità lenta, ottenendo risultati interessanti in termini di capacità e qualità dell’intero sistema dei trasporti. Il contesto geogra co e urbano molto particolare su cui è sorta ed è cresciuta la città, un gran numero di isole collegate da diversi ponti, comporta senza dubbio una s da più complessa rispetto a quella di altre metropoli europee per quanto riguarda la mobilità e la qualità della vita nei prossimi decenni. Gli obiettivi che Stoccolma, Capitale Verde nel 2010, si pre gge di raggiungere, descritti anche nello Stockholm Environment Programme 2012–2015, riguardano la riduzione delle quantità di combustibile fossile, la progressiva sostituzione della mobilità privata con quella pubblica, l’incremento dei veicoli verdi e dei sistemi condivisi, il miglioramento della rete ciclabile, la riorganizzazione e il rinnovo progressivo della otta del trasporto pubblico su strada, l’utilizzo di sistemi informativi innovativi, etc. Istanbul - Si attesta come una della maggiori metropoli del nostro tempo, con una popolazione di circa 13,8 milioni di persone, di cui due terzi distribuiti sulla parte europea del Bosforo e un terzo sulla parte asiatica. Una città in forte espansione che, pur tutelando storia e cultura, si trova oggi ad affrontare alcune problematiche legate alla trasformazione, tra cui la necessità da un lato di rinnovare le ferrovie suburbane e dall’altro di ampliare il sistema del trasporto pubblico costruendo un’estesa rete metropolitana. La municipalità ha di recente presentato la Rail Vision 2023, un progetto per il futuro del trasporto ferroviario che prevede la costruzione di circa 640 km di nuove linee ad integrazione della rete già esistente (141 km). Un progetto certamente ambizioso almeno quanto il tunnel Marmaray sotto il Bosforo, realizzato con ingenti investimenti per collegare l’Europa e l’Asia. Per soddisfare l’aumento della domanda di mobili96
tà legata alla crescita demogra ca e all’espansione urbana, Istanbul non si limita tuttavia alla creazione di un sistema metropolitano destinato a costituire l’asse principale dell’intera rete dei trasporti - incrementandone la quota modale (70% circa degli spostamenti) e riducendo gli spostamenti su strada (30% circa) - ma punta anche a soluzioni di trasporto di massa che consentano, in attesa della realizzazione delle grandi infrastrutture, di rispondere alle esigenze di mobilità nel breve termine. Il prolungamento del BRT System (Metrobus), che ha raggiunto nel 2017 un’estensione di 50 km lungo i quali sono dislocate 45 stazioni, è ancora in corso. La città sta lavorando per migliorare il trasporto su autolinee, in particolare per aumentare la velocità commerciale e la qualità del servizio, mediante l’impiego di una otta di nuovi mezzi (1.700 autobus), l’introduzione di tariffe integrate a zone, smart card, sistemi informativi e tecnologie che restituiscono in tempo reale la situazione trasportistica. Londra – Se pur il sistema della mobilità londinese si attesta di gran lunga sopra la media di altre capitali europee in termini di performance, la città si trova ad affrontare in questi anni un progressivo aumento del numero di abitanti. Secondo le previsioni relative ai prossimi 20 anni, alla popolazione attuale, che conta circa 8,6 milioni di persone, si andrà ad aggiungere un milione di nuovi abitanti, con importanti effetti sul sistema dei trasporti. Londra nel prossimo futuro dovrà quindi essere in grado di soddisfare una crescente domanda di mobilità, con politiche ed azioni che interesseranno anche la rete infrastrutturale e che sono delineate nel London Infrastructure Plan 2050. In una città che può contare oggi su sistemi di mobility sharing particolarmente efficienti, su un utilizzo crescente del trasporto pubblico, su un’elevata capacità e frequenza dei mezzi, il futuro è certamente rappresentato dall’innovazione e dalle nuove tecnologie. L’obiettivo è quello di migliorare l’affidabilità e incrementare l’efficienza del sistema di trasporto, rendendo il servizio pubblico più accessibile e fa-
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8 - Amburgo, HafenCity Universität U4 Station.
cilmente utilizzabile da tutti. A gettare le basi in questa direzione sono stati in particolare i Giochi Olimpici del 2012, divenuti catalizzatori di ingenti investimenti, utilizzati ad esempio per la realizzazione della nuova ferrovia suburbana, la London Overground, o per l’estensione della Docklands Light Railway. Gli effetti registrati in questi anni vanno dalla diminuzione della congestione in corrispondenza degli hub del trasporto ad un aumento consistente della mobilità lenta. Tra le nuove misure adottate di recente per migliorare la gestione dei ussi di traffico anche la Congestion Charge che prevede - a fronte del transito in alcune aree del tessuto urbano - il pagamento di un pedaggio, e i cui ricavi vengono reinvestiti nell’acquisto di mezzi del trasporto pubblico, con risultati interessanti anche in termini di riduzione delle emissioni inquinanti e degli spostamenti con veicoli privati. È guardando al lungo periodo che Londra ha investito nella realizzazione di un progetto ambizioso, una nuova linea ferroviaria ad alta frequenza, la Crossrail, che da est a ovest attraversa 118 km di cui 49 in tunnel, e che a partire dal 2019 sarà in grado di trasportare circa 200 milioni di persone all’anno, producendo inoltre consistenti bene ci in termini economico-sociali. Amburgo – Piuttosto che estendere i propri con ni verso le periferie consumando nuovo suolo, la città ha scelto di rigenerare un’area portuale dismessa a 10 minuti dal centro urbano, il quartiere di Hafencity, che ospiterà nei prossimi anni 6.000 nuove abitazioni, uffici per 50.000-70.000 nuovi posti di lavoro e oltre 30.000 persone. Il piano che disegna il futuro della città, Hamburg Hafencity, se da un lato punta sullo sviluppo del waterfront, dall’altro prova a rispondere alle esigenze che in termini di mobilità questa scelta comporta, in particolare: la necessità di nuove infrastrutture e di efficienti collegamenti con la regione metropolitana; l’integrazione in un sistema dei trasporti efficiente ma piuttosto complesso; l’implementazione del trasporto pubblico; l’utiliz-
zo di sistemi di mobilità a basso impatto ed altamente innovativi. L’integrazione di HafenCity nel centro della città ha senza dubbio la massima priorità e rappresenta la s da principale in un contesto in cui gli ostacoli da superare sono molteplici, dalla situazione geogra ca (l’area si estende su un’isola affacciata sul ume Elba) che richiede la ristrutturazione o la realizzazione di nuovi ponti, al sistema stradale che attraversa le zone portuali, progettato per scopi per lo più industriali e commerciali e con la nalità di garantire una separazione dal tessuto urbano. La città, che già dispone di una rete del trasporto pubblico ampiamente sviluppata ed efficiente, ha quindi deciso di investire nell’estensione delle infrastrutture oltre i con ni di HafenCity, in particolare verso est e sud, e nell’implementazione di nuovi servizi di trasporto (stazioni, rete metropolitana, linea traghetti, autobus). Un ruolo importante nel disegno della mobilità futura è da attribuire in particolare all’arteria centrale che attraversa il quartiere, la linea U4 della metropolitana (Versmannstraße). Destinata ad essere utilizzata da circa 35.000 utenti al giorno, connessa ai tre principali hub trasportistici di Amburgo (Jungfernstieg Station, Central Station e Berliner Tor Station) e alle linee U1 e U3 della metropolitana, rappresenterà un grande vantaggio per l’insediamento nel quartiere di privati e nuove imprese, che attorno ad essa vedranno realizzati progressivamente ulteriori collegamenti e nodi di interscambio. La posizione centrale, il tessuto urbano a maglia ne, il mix funzionale (lavoro, tempo libero, uso residenziale, attività commerciali, etc.) e un sistema di car sharing e rent-a-bike già molto efficiente, fanno di Hafencity un quartiere a brevi distanze, che sarà caratterizzato dalla presenza di lunghi percorsi pedonali e ciclabili, lontani dal traffico e affacciati sul paesaggio d’acqua. © Riproduzione riservata
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Mobilità innovativa nelle città di domani il caso Jumèirah Central a Dubai di Diego Deponte, Samuele Camolese e Roberto Morandi
Ri ettendo sulle più recenti applicazioni di mobilità innovativa e smart mobility a Dubai e, più in generale, negli Emirati Arabi, si è immediatamente portati a pensare a soluzioni rivoluzionarie e, certamente, molto costose. Il pensiero può spaziare dai considerevoli investimenti ipotizzati per realizzare una linea hyper-loop che, a partire dal 2020 dovrebbe essere in grado di collegare Dubai e Abu Dhabi in 12 minuti, all’importante e articolato processo di sviluppo e ricerca che sta interessando l’ambito dei veicoli ad alta dotazione tecnologica. Basti pensare agli ultimi investimenti nello sviluppo di tecnologie di guida automatica – i cosiddetti Connected and Autonomous Vehicles (CAVs) o driverless vehicles – o al progetto pilota recentemente annunciato che vedrà entro l’estate 2017 l’attivazione di un servizio taxi realizzato attraverso l’utilizzo di droni monoposto radiocomandati. Tuttavia, dietro a questi maestosi e affascinanti investimenti in soluzioni innovative, si nasconde l’altra faccia di Dubai, una città fortemente congestionata, in cui circa l’86% degli spostamenti giornalieri è compiuto mediante veicoli privati e circa la metà della rimanente parte avviene in taxi. Secondo il TomTom Traffic index del 20171, Dubai è la città più congestionata del Medio Oriente. Attualmente il traffico si concentra in particolare lungo Sheikh Zayed Road, il tratto urbano dell’autostrada E11 che connette Abu Dhabi a Ras AlKhaima. Questo corridoio autostradale rappresenta l’asse portante della mobilità veicolare urbana e percorre l’intera area metropolitana da Nord a Sud, con una sezione stradale che arriva a 8 corsie per senso di marcia nelle sezioni più ampie. Circa 400.000 veicoli la attraversano in un giorno medio feriale, con picchi in ora di punta di 35.000 veicoli/ direzione2. Per quel che riguarda il sistema di trasporto pubblico, a fronte di circa 2.5 milioni di abitanti e 14 milioni di visitatori l’anno, sono attualmente in esercizio solamente due linee di metropolitana che si sviluppano lungo la direttrice Nord-Sud, e che sono percepite più come un mezzo di trasporto destinato ai turisti o alle classi medio basse della società che non come un sistema di trasporto per spostamenti sistematici. Completano il quadro dei trasporti collettivi una linea metrotramviaria moderna e una complessa rete di trasporto pubblico su gomma. La prima è 1 Un indice di congestione sviluppato da TomTom sulla base dei dati raccolti dai dispositivi installati sui veicoli. L’indice è calcolato considerando i dati raccolti nel 2016 da utenti distribuiti in 390 Città sparse in 48 Paesi, per un tempo di viaggio complessivo pari a circa 730.000 anni. 2 Dati raccolti da RTA (Road and Transport Authority) nel corso di campagne di rilevo periodiche.
The mobility paradigm of Jumèirah Central by Diego Deponte, Samuele Camolese and Roberto Morandi Jumeirah Central - Dubai Holding’s latest urban master plan - will be the new heart of Dubai. Developed in line with the city regional hub strategy and tourism vision, it consists of a multi-functional transit oriented development that will comprise 4.2 million m2 of office, retail, hospitality and residential. All stakeholders conceived it as a unique opportunity to envisage a new virtuous approach to urban developments in Dubai. This opportunity is pursued by setting out a rm framework of sustainability, viability, connectivity and vitality of the urban built environment with the aim of designing a real community, a driven smart city which will be socially engaging and culturally rich. Jumeirah Central’s is designed considering a people- rst’ approach of integrating the most responsible urban planning with resilient mixed-use vitality stems from the ideology of creating much more than just an attraction to be seen, but rather a city to be lived. Thanks to this approach Jumeirah Central represents a huge innovation in Dubai’s Transport and Urban planning, forcing to challenge the traditional approaches, introducing innovative design and analysis methodologies and highlighting the importance of soft modes and walkability even in a car-oriented city. It is estimated that this new approach will reduce private vehicles usage from current 86% city average to 50% in Jumeirah central, also thanks to Dubai future PT network expansion.
Nella pagina a anco: vista sezione stradale (Fonte: autori); dettagli di segregazione (Fonte: autori).
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1 - Elaborazione gra ca della distruzione dei ussi di persone (elaborazione autori).
2 - La proposta di rete di trasporto pubblico (Elaborazione autori).
però caratterizzata da una via di corsa completamente segregata, con una conseguente inefficiente gestione dei nodi di intersezione con le correnti di traffico veicolare e una poco agevole accessibilità alle fermate per i pedoni. Per quanto riguarda il trasporto pubblico su gomma, la rete è formata da 109 linee che offrono una buona copertura del territorio. Nel 2015 circa 135 milioni di passeggeri hanno usufruito del servizio, con una media giornaliera di circa 350.000 passeggeri trasportati: tale numero rassicura sulla possibilità di sviluppare strategie di trasporto pubblico funzionanti, pur 100
rimanendo una goccia nel mare a confronto al numero di spostamenti che giornalmente si veri cano in città. Un ulteriore aspetto del trasporto pubblico che spesso viene sottovalutato a Dubai è il cosiddetto “ultimo miglio”, ossia il tratto di spostamento che connette la fermata del sistema di trasporto pubblico con la destinazione nale. Spesso è proprio questo ultimo tratto del percorso, pur rappresentando una porzione minima dello spostamento complessivo, a determinare la scelta modale dell’intero tragitto, dato che la scarsa accessibilità
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3 - Flussogramma perdonale per modalità di trasporto (Elaborazione autori)
dei nodi della rete di trasporto induce potenziali utenti a preferire altri sistemi. Fortunatamente l’attuale quadro di mobilità sta gradualmente cambiando e, anche a Dubai, si stanno consolidando strategie e piani di sviluppo atti a migliorare i sistemi di trasporto collettivo sia in termini di offerta sia di capacità al ne di attrarre nuove quote di domanda. In particolare, RTA (Road and Transport Authority, l’ente governativo cui fa capo la piani cazione e la regolamentazione di tutti i settori di trasporto urbano) ha recentemente redatto un piano strategico3 che si pone l’ambizioso obiettivo di trasformare Dubai in una città smart, integrata e capace di offrire servizi di mobilità ben armonizzati tra loro e sostenibili sia dal punto di vista ambientale sia da quello nanziario. Naturalmente, come in tanti altri contesti urbani contraddistinti da importanti livelli di congestione, questi obiettivi di ampio respiro rischiano di rimanere valide e condivisibili intenzioni ma, senza un’efficace e realistica strategia di implementazione e di credibili linee guida attuative, rischiano di rimanere solo sulla carta. RTA si è attivata per arrivare a coprire almeno il 30% degli spostamenti giornalieri attraverso sistemi di trasporto pubblico entro il 2030, tenendo anche conto delle stime di crescita della popolazione (si prevede una popolazione di circa 5.8 milioni di persone per il 2030). Per raggiungere questo risultato è stata piani cata la realizzazione di più di 300 km di nuove linee di metropolitana, portando la rete dagli attuali 70 km a circa 420 km di sviluppo complessivo entro il 2030. Tale progetto di potenziamento della metropolitana, armatura infrastrutturale cruciale per pre gurare un nuovo modello di mobilità, attualmente sta però subendo ritardi non trascurabili, dato che 3 RTA Strategic Plan 2014-2018.
le prime due linee di progetto (le linee 1 e 2), originariamente ipotizzate in esercizio rispettivamente nel 2009 e nel 2010, sono state ultimate circa tre anni più tardi e per le successive l’orizzonte temporale non sembra essere ssato con precisione. Nel 2013 è stato annunciato un piano di sviluppo in 3 fasi che prevedeva la realizzazione di circa 24 km di nuove infrastrutture entro il 2020, di ulteriori 91 km entro il 2025 e dei rimanenti 221 km entro il 2030. Per il momento, però, l’unico reale intervento di potenziamento riguarda l’estensione della linea 1 che, con 7 nuove stazioni, andrà a connettere la città con il sito che ospiterà l’Esposizione Universale del 2020. In questo quadro di scarsa attrattività del trasporto pubblico, caratterizzato da un indirizzo piani catorio in cui la tensione verso un radicale cambiamento in chiave sostenibile e multi-modale si scontra con la difficoltà di declinare in attuazione alcune fra le best practice e strategie comunemente applicate nel campo della mobilità urbana, potrebbe sembrare quasi utopico discutere di sistemi altamente innovativi e tecnologie di guida automatica. In questo contesto si inserisce il progetto di sviluppo urbanistico di Jumeirah Central, il più recente e moderno intervento di trasformazione urbana sviluppato dalla società Dubai Holding. Il nuovo comparto insediativo è strategicamente localizzato nel futuro centro di Dubai, esattamente a metà strada tra la città esistente e le porzioni territoriali verso cui Dubai si sta espandendo. Jumeirah Central punta a diventare una nuova centralità urbana in grado di pre gurare interessanti linee di sviluppo per quel che concerne sia l’integrazione fra sviluppo urbanistico e sistemi di trasporti, sia la visione globale di Dubai quale hub internazionale di rilevanza mondiale. Lo sviluppo di Jumeirah Central copre una supercie territoriale di circa 2 kmq lungo l’asse viabi101
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4 - Facade Value Index (Elaborazione autori).
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listico di Sheik Zayed Road ed è caratterizzato da un articolato e ben bilanciato mix funzionale per una capacità edi catoria di circa 4.2 milioni di metri quadri di super cie lorda di pavimento ripartita tra uffici, strutture commerciali, ambiti residenziali, offerta ricettiva ed altre vocazioni efficacemente interconnesse fra loro grazie ad una densa rete formata da circa 8 km di strade pedonali (parzialmente a clima controllato) ed attrazioni o elementi di intrattenimento di vario genere. Lo sviluppo, caratterizzato da elevati standard qualitativi, è stato progettato per diventare una nuova destinazione di respiro internazionale per residenti e turisti, contribuendo a fare di Dubai una città moderna e globale e contribuendo a innovare alcuni dei punti fermi della progettazione che hanno generato parte delle problematiche descritte in precedenza. Per poter rispondere dal punto di vista progettuale a queste aspirazioni, la vision di sviluppo si basa sui principi cardine riconosciuti e valorizzati in tutte quelle realtà urbane che hanno scelto di investire in uno sviluppo durevole e, contestualmente, nella qualità dello spazio pubblico senza il timore di stravolgere l’approccio piani catorio e le metodologie di analisi e valutazione tradizionalmente utilizzate a Dubai o in altri contesti analoghi. Tale approccio, caratterizzato da una forte valenza di innovazione rispetto al contesto di applicazione, ha individuato nella pedonalità e nell’integrazione dei sistemi di trasporto gli elementi centrali del disegno urbano intorno ai quali far gravitare morfologicamente e funzionalmente l’intero Master Plan ed offrire quindi un nuovo quartiere urbano caratterizzato da elevati livelli di accessibilità, fruibilità, qualità urbana e comfort. Fra questi particolare rilievo assume il tema della pedonalità, modello ormai diffuso in Europa dove le città sono spesso caratterizzate dalla presenza di centri storici con un tessuto che ben si presta ad un uso car-free, ma che rappresenta un modo nuovo e totalmente sconosciuto per approcciarsi alla città a Dubai. Il nuovo comparto mira proprio a questo risultato: una maglia viaria minuta, rami cata e fortemente connessa che si interpone alla rete viaria
principale. A tal riguardo, è interessante fare un breve cenno all’evoluzione del progetto, soprattutto considerando quanto fossero diversi sia l’impianto, sia la vocazione originari dello sviluppo urbanistico pre gurati verso metà del 2015, quando l’operazione era conosciuta con il nome di Mall of the World e, come il nome permette di intuire facilmente, ambiva a diventare il centro commerciale più grande al mondo. Al suo interno, in un ambiente completamente chiuso e climatizzato, avrebbero trovato spazio funzioni commerciali, un parco a tema, una sala conferenze e diverse strutture ricettive destinate a coprire una super cie lorda di pavimento complessiva pari a circa 4.2 milioni di metri quadrati. Ai tempi si stimava che questo enorme distretto dello shopping e dell’entertainment avrebbe attirato mediamente 440.000 visitatori al giorno, generando il movimento di circa 79,300 veicoli tra l’interno e l’esterno del sito durante la sola ora di punta e richiedendo una dotazione di sosta variabile tra i 70.000 e i 90.000 posti auto, in funzione dello standard utilizzato per la stima. Riguardo alle strategie di accessibilità e, più in generale, di mobilità, l’approccio consisteva nel potenziare l’impianto stradale afferente al comparto, in modo da garantire una complessiva capacità infrastrutturale in grado di assorbire le consistenti quote di domanda indotte dal compendio urbano con adeguati livelli prestazionali. Tuttavia, procedendo in tal modo, sarebbe risultata necessaria la realizzazione di imponenti dotazioni infrastrutturali le quali, oltre a scontrarsi inevitabilmente con qualsiasi logica di piani cazione virtuosa in ambito urbano, avrebbero fortemente minato la sostenibilità economico- nanziaria dell’intero progetto. In particolare, l’intervento più impattante avrebbe riguardato proprio la principale arteria viabilistica di Dubai, la già citata Sheikh Zayed Road, che lungo la sezione che lambisce l’ambito di trasformazione presenta attualmente una sezione di 6 corsie per senso di marcia, cui si aggiungono due controviali da 3 corsie e rampe di connessione alla viabilità locale. Il progetto iniziale prevedeva il potenziamento di
TRASPORTI & CULTURA N.47 questa già impressionante infrastruttura, attraverso l’interramento delle 12 corsie in galleria arti ciale per il traffico espresso, la ricon gurazione di un sistema viario a raso con 3 o 4 corsie per senso di marcia ed intersezioni ravvicinate al ne di garantire accessibilità al sito e, in ultimo, una direttrice in viadotto con tre corsie per senso di marcia. Per rendere sostenibile sotto tutti i punti di vista Jumeirah Central e avvicinarlo agli standard qualitativi richiesti in termini di qualità urbana per residenti e visitatori, sono stati necessari essenzialmente due tipi di interventi: misure atte a ridurre la complessità dei sistemi di accesso al sito ed azioni tese alla progettazione di un ambiente urbano vivo e vibrante, in grado di incentivare un uso pedonale degli spazi. Questi due macro-interventi si declinano in una serie di misure pratiche più o meno articolate. La riduzione della complessità e dell’impatto dei sistemi di accesso, in particolare per quanto riguarda le infrastrutture stradali, passa principalmente per la riduzione del numero totale di spostamenti generati e attratti compiuti con veicoli privati, mentre la vivibilità dell’ambiente è necessariamente correlata alla progettazione degli spazi. Questi aspetti sono strettamente interconnessi tra loro, dal momento che ogni azione su uno di questi punti va necessariamente ad in uenzare gli altri. Per razionalizzare il progetto sono state identi cate diverse tematiche su cui intervenire per garantire un approccio innovativo che consentisse di raggiungere gli obiettivi pre ssati. La prima tematica è strettamente metodologica e attiene alle modalità con cui il Trip Generation, ossia la stima del numero di spostamenti giornalieri, e il Parking generation, cioè la stima della domanda di sosta, vengono effettuati. Spessissimo tali stime sono sviluppate affidandosi totalmente a indicazioni provenienti da codici e regolamenti locali o a informazioni provenienti da letteratura. I dati contenuti nelle diverse pubblicazioni sono però basati sull’osservazione di spostamenti generati da singoli edi ci esistenti, quindi non sono adatti, per de nizione, per applicazioni a un progetto che si pone come fortemente innovativo rispetto al contesto in cui si colloca. È perciò necessario implementare un approccio analitico e di calcolo che sia innovativo almeno quanto le proposte progettuali che si vogliono valutare. La seconda tematica è legata all’importanza della de nizione di un mix funzionale che permetta di massimizzare il numero di spostamenti interni. Questo approccio ha un doppio vantaggio: da un lato aiuta a ridurre il volume di traffico verso l’esterno del comparto, dall’altro va ad incrementare i movimenti all’interno del Master Plan, favorendo la vitalità dell’area. È perciò fondamentale proporre molte funzioni diverse e, inoltre, assicurarsi che tali funzioni siano ben distribuite nello spazio in modo da minimizzare la distanza per favorire la pedonalità quale predominante modalità di spostamento fra le diverse funzioni. Grazie alla ricerca di un mix funzionale ben bilanciato, con variazioni di densità attentamente studiate e creazioni di micro-polarità ad alta densità, è stato possibile ridurre il numero di spostamenti veicolari originati e diretti all’esterno del comparto durante l’ora di punta a circa 25.000, mantenendo invariate le volumetrie complessive di progetto. Per contro si è generata una domanda di mobilità interna di circa 60.000 spostamenti in ora di punta. Questi spostamenti interni, mediamente brevi, potranno essere indirizzati verso la mobilità dolce, contribuendo quindi ad aumentare signi ca-
tivamente la fruibilità dello spazio pubblico grazie al gran numero di persone in circolazione. Inoltre, la presenza di molte funzioni diverse determina la presenza di molti utenti differenti, con differenti necessità e diversi orari di accesso al sito. I circa 36.000 residenti, 64.000 impiegati e circa 180.000 visitatori giornalieri garantiscono un’attivazione continuativa dell’intero compendio urbano nell’arco dell’intera giornata. Un terzo tema fondamentale è quello dell’accessibilità al trasporto pubblico locale; infatti, come illustrato precedentemente, senza un’adeguata accessibilità da parte dell’utenza anche un sistema di trasporto molto efficiente rischia di risultare poco utilizzato. Per tale motivo è necessario assicurarsi che la maggioranza degli edi ci ricada entro distanze limitate dalle fermate del trasporto pubblico e lavorare in termini di piani cazione urbanistica concentrando le densità maggiori e le funzioni più attrattive in prossimità delle fermate principali. Nel caso speci co di Jumeirah Central, da ogni edi cio o spazio pubblico è possibile accedere ad una fermata del trasporto pubblico entro i 200 metri di distanza e le aree a maggiore densità sono concentrate in prossimità delle fermate della metropolitana e del tram. Inoltre sono stati inseriti una gondola (speci ca categoria di funivia urbana) che svolgerà il ruolo di sistema di trasporto interno e sono stati identi cati dei percorsi da dedicare a veicoli driverless, nché la tecnologie disponibili non consentiranno una loro completa integrazione nel traffico urbano. Oltre a queste modi che, atte a intervenire direttamente sulle quantità in gioco, vi sono poi una serie di interventi indiretti che si possono riassumere in una migliore progettazione degli spazi e delle connessioni. Risulta infatti super uo ricordare che strade progettate pensando alla mobilità pedonale e all’intermodalità e, in generale, ad un ambiente più piacevole e sicuro, aiuteranno a spingere le persone che si muovono internamente al sito verso modalità dolci o verso il trasporto pubblico. Inoltre un tessuto urbano confortevole a pedonalità privilegiata contribuirà ad attivare un meccanismo virtuoso che favorirà anche la domanda, andando ad aumentare la propensione alla pedonalità e attirando più persone. Inoltre, questo può contribuire a incrementare la presenza di turisti, meglio disposti a passeggiare per lunghi tratti, ma in luoghi piacevoli, sicuri e caratterizzati dall’elevata qualità urbana. Per migliorare il disegno urbano vanno considerati diversi fattori, che vanno da una scala urbanistica e arrivano no a dettagli di progettazione. Il design deve rendere possibile la fruizione di questi spazi nelle diverse condizioni climatiche, con elementi di arredo urbano che rendano confortevole la mobilità dei cittadini. La presenza di panchine, fontane, spazi ombreggiati, spazi naturali, adeguata pavimentazione, illuminazione adatta costituiscono quindi elementi strategici per migliorare le condizioni d’uso e vivibilità dei luoghi. A questo deve corrispondere una progettazione stradale capace di agevolare la mobilità pedonale minimizzandone le distanze. A tal riguardo, uno dei primi temi su cui si è intervenuti riguarda la dimensione degli isolati e, conseguentemente, la distanza delle intersezioni. Infatti è tipico delle grandi città del medio oriente avere isolati molto grandi e non permeabili, mentre, per favorire la mobilità pedonale, è ideale garantire la presenza di intersezioni ravvicinate in modo da assicurare un’elevata permeabilità. A tal proposito le linee
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TRASPORTI & CULTURA N.47 guida LEED ND suggeriscono una densità di intersezioni di almeno 54 per kmq come riferimento generale. Inoltre, sempre in merito alle intersezioni, è di fondamentale importanza curarne le caratteristiche geometriche: in tal senso, intersezioni troppo ampie, con rami di svolta dedicati caratterizzati da raggi di curvatura troppo accentuati, scoraggiano la circolazione pedonale e in alcuni casi creano seri problemi di sicurezza. Altri dettagli di progettazione da non sottovalutare per favorire la mobilità pedonale e la circolazione all’interno dell’area di progetto sono legati alla de nizione degli allineamenti degli edi ci e degli elementi di circolazione e all’attivazione dei “piani terra”. Nel primo caso edi ci e spazi di circolazione devono essere reciprocamente disposti in modo da garantire sempre una buona visuale ai passanti; infatti, linee visuali lunghe e che si focalizzano su elementi particolarmente affascinanti o attrattivi incentivano la circolazione pedonale. In ne è molto importante per il comfort dei visitatori che i piani terra degli edi ci siano attivi, ovvero ospitino funzioni attrattive e quindi generino a loro volta mobilità. Al contrario è fortemente sconsigliabile dedicare più del 20% del perimetro di una edicio ad accessi carrabili o aree di carico e scarico. Grazie all’attuazione di queste strategie è stato possibile ottenere una ripartizione modale con meno del 50% degli spostamenti compiuti in auto, come dimostrato anche dalle risultanze mo-
dellistiche del modello di simulazione approvato da RTA. In conclusione, preme sottolineare i tre concetti fondamentali emersi nel corso dello sviluppo del progetto di Jumeirah Central. In primo luogo è evidente come il carattere di innovazione di un progetto sia strettamente legato al contesto in cui si va ad inserire e che, per contro, anche una tecnologia di trasporto avanzata, se non adeguatamente integrata nella rete di mobilità, rischia di generare bene ci limitati. Risulta poi evidente come la piani cazione dei trasporti non possa essere trattata come un tema isolato ma debba sempre essere studiata con un approccio olistico e integrato che vada a comprendere il più possibile tutte le discipline progettuali, in particolare la piani cazione urbanistica e la progettazione degli spazi pubblici e delle infrastrutture di trasporto. In ne, ogni volta che si introduce un approccio o una tecnologia che si allontanano da un approccio più tradizionale è necessario ri ettere attentamente sulle metodologie di calcolo e progettazione utilizzate per assicurarsi che siano in grado di valutare e quanti care adeguatamente gli effetti positivi e negativi delle innovazioni proposte, supportando i decisori sia pubblici che privati nel prendere decisioni informate e consapevoli. © Riproduzione riservata
5 - Nella pagina a fronte, in alto: rendering di progetto (5+ Design). 6 - Nella pagina a fronte, in basso: dettagli di trascuratezza dell’ultimo miglio (Elaborazione autori). 7 - In questa pagina: rendering di progetto (5+ Design).
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The next frontier in mobility di Aisin Group alla Milano Design Week di Cecilia Saibene
Nell’ambito della Milano Design Week, dal 4 al 9 aprile, Aisin Seiki Co. Ltd. ha realizzato un’esposizione estremamente creativa. La Triennale di Milano ha ospitato la mostra The Next Frontier in Mobility. L’azienda giapponese Aisin Seiki, Co., Ltd., si occupa principalmente di componenti automobilistiche, parti del motore, tecnologie di trasmissione e informatiche, sistema frenante, telaio, aperture quali porte e tettucci apribili. La produzione di AISIN si rivolge però anche ad altro genere di prodotti domestici, quali letti per esempio, con un principio di fondo: la ricerca del benessere. Alcuni criteri guidano l’opera di AISIN: l’impegno rivolto al progresso della società secondo un’idea di sviluppo precisa che mira alla creazione di valore aggiunto per il cliente; lo sviluppo costante e la crescita nel mercato globale mantenendo legami e valori nelle culture locali; l’armonia con la società e la natura, operando responsabilmente; la creazione di un ambiente di lavoro che promuove il progresso continuo sviluppando la creatività e l’iniziativa dei singoli dipendenti. Aisin Seiki, Co., Ltd. Partecipa a Milano Design Week dal 2014, e quest’anno è stata la quarta volta. Nelle tre edizioni passate AISIN ha promosso principalmente prodotti per l’uso domestico, ma quest’anno è tornata alle origini e ha deciso di puntare alla sua principale produzione, componenti per automobili, che rappresenta il 90% del giro d’affari. Il tema della mostra The Next Frontier in Mobility esprime l’aspirazione di AISIN alla creazione di una nuova era della mobilità fondata su un diverso rapporto tra uomo e vettura. AISIN, in questo senso, opera principalmente in tre settori tecnologici fondamentali per lo sviluppo di un nuovo concetto di mobilità, Automatic Driving, Connected e Zero Emission, e in occasione della Milano Design Week 2017 ha intrapreso un intenso dibattito con i creativi per scoprire quali proposte potessero venire alla luce considerando i tre settori chiave dal punto di vista del design. La scelta, quindi, è stata quella di comunicare il lavoro dell’azienda attraverso un approccio creativo e innovativo, capace di suggestionare e trasmettere il messaggio anche ai “non addetti ai lavori”. L’approccio creativo guida il lavoro di AISIN. Il mondo dell’automobile sta cambiando considerevolmente e l’utilizzo delle nuove tecnologie sta costruendo un orizzonte interessante. Si è costruito così il concept che guida l’esibizione: il rapporto friendly tra uomo e automobile veicolato da prodotti creati per emozionare, lavorando all’incrocio tra tecnologia, arte e design.
The Next frontier in mobility by Aisin Group at the Milano Design Week by Cecilia Saibene During the Milano Design Week 2017, from April 4th to 9th, at the Triennale of Milan, was held the show “The Next Frontier in Mobility” of the Japanese group Aisin Seiki, Co., Ltd.. The theme of the exhibition expresses AISIN’s idea of a new era of mobility based on a different relationship between man and car. In this framework, AISIN is mainly involved in three key technology sectors for the development of a new concept of mobility: “Automatic Driving”, “Connected” and “Zero Emission”. The highly creative exhibition has been structured in three installations designed to impress the visitor, that he feels in harmony with a new concept of mobility. The installations are titled: Visible Motion, Cocoon e Transfer. The theme is certainly relevant in today’s debate: smart mobility in our cities. But is this really the new frontier? The issues are complicated and they concern different levels: economic, social, urban and environmental. A broad, transversal and integrated re ection is needed.
Nella pagina a anco: Cocoon di Hideki Yoshimoto, il rapporto tra automobile e passeggero attraverso la luce.Transfer di Shingo Abe.
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TRASPORTI & CULTURA N.47 to stimolare l’osservatore attorno all’idea dell’oggetto automobile. Cosa rappresenterà in futuro l’automobile per l’uomo? AISIN ritiene che sarà una sorta di estensione dell’uomo, un’automobile vicina al passeggero in grado di interagire con lui. L’installazione, di Hideki Yoshimoto, si intitola Cocoon e vuole simboleggiare proprio il valore dell’automobile del futuro in relazione al passeggero. Un’automobile bianca, immobile nello spazio, all’interno della quale la luce modella forme uttuanti no a costruire il pro lo del passeggero, immerso in un ambiente amichevole e confortevole. Si arriva in ne all’ultima sala, scura, in cui ha dominato una grande proiezione ottenuta attraverso due proiettori. Quest’ultima opera è Transfer di Shingo Abe. L’alta de nizione veicola l’idea di AISIN rappresentando la visione del futuro che scaturisce dalle nuove tecnologie applicate al campo della mobilità. Si rappresenta il uire della tecnologia: le tecnologie esistenti reagiscono chimicamente trasformandosi in tecnologie di nuova generazione che mirano ai concetti di Automatic Driving, Connected e Zero Emission. I cambiamenti apportati alla vettura da queste reazioni chimiche della tecnologia e degli spazi tecnologici che si espandono senza limiti e i nuovi paesaggi che da essi nascono sono stati rappresentati gra camente dalle animazioni che scorrono davanti al visitatore. La mostra è decisamente una magni ca opera d’arte evocativa, ricca di spunti, ma apre certamente molte questioni.
1 - Transfer, l’alta de nizione veicola l’idea di AISIN rappresentando la visione della città del futuro. 2 - Transfer, nuovi paesaggi tecnologici della mobilità.
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L’esposizione, estremamente creativa, è stata strutturata attorno a tre installazioni che intendono suggestionare il visitatore, stimolandolo e facendolo sentire in armonia con un nuovo concetto di mobilità. Accedendo alla prima sala ci si trovava di fronte una enorme vasca inserita in un ambiente chiaro e minimale. È Visibile Motion di Satoshi Yoshizumi. La vasca riempita di un uido speciale riproduce, attraverso una tecnologia d’avanguardia originalmente contenuta all’interno della vettura, il “movimento perfetto” metafora del rapporto tra uomo e mobilità. La super cie di contatto tra lo pneumatico e la strada diventa forma tridimensionale che appare e scompare all’interno della vasca tracciando un elegante arco e correndo via lasciando traccia del movimento. Lo spettatore vive così un’esperienza suggestiva sentendosi parte della relazione uomo-mobilità attraverso questo movimento. Proseguendo nella sala successiva AISIN ha volu-
Il tema di fondo è certamente rilevante nel panorama attuale: la mobilità smart all’interno delle nostre città. Ma è davvero questa la nuova frontiera? Il 2% della super cie terrestre è coperta da città, e il 50% della popolazione mondiale si concentra in esse, e il dato è destinato ad aumentare. Infatti, si stima che entro il 2050 la popolazione concentrata nelle aree urbane sarà pari al 70%, con almeno 27 megacity da 10 milioni di persone. La smart city è l’obiettivo di ricercatori e istituzioni e questo concetto intercetta anche il tema della mobilità. Si tratta di rendere intelligenti gli apparati pensati per città molto diverse, riducendo le diseconomie. Nelle città e nelle aree metropolitane la dimensione della mobilità smart assume un ruolo fondamentale. Come gestire la concentrazione, aumentare l’accessibilità diffusa, ridurre rischi e agevolare gli spostamenti? Ritengo che la via sia l’integrazione tra mobilità differenti. E così diversi oggetti e diversi soggetti entrano a far parte di un discorso ampio, le auto, le strade, i segnali stradali, i parcheggi, gli edi ci, i semafori, ma soprattutto le persone e i relativi comportamenti. È smart una mobilità contestuale, in grado di differenziare le soluzioni in relazione alle situazioni, agli ambienti e alle esigenze espresse da popolazioni sempre più varie con risorse molto diverse. É importante identi care modalità di interazione tra tutte le componenti in gioco e tra modalità differenti di trasporto, perché non sia solamente ed esclusivamente valida la via della mobilità dolce, perché non sia solamente l’automobile tecnologica a guidare la nuova era della mobilità. L’innovazione tecnologica apporta quotidianamente cambiamenti e produce soluzioni, rendendo l’auto sempre più intelligente e connessa per
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3 - Visible Motion di Satoshi Yoshizumi, nella grande vasca si intuisce la forma tridimensionale del contatto tra pneumatico e super cie stradale. 4 - Transfer, il uire della tecnologia.
5 - Transfer, nuove tecnologie applicate alla mobilità.
migliorare l’efficienza della guida umana. Sono molti gli studi in questo campo e tante le applicazioni che mirano alla “guida autonoma” come nuovo paradigma, ma forse gli algoritmi non risolveranno qualsiasi problema. Sarà importante saper integrare soluzioni, governare le trasformazioni, istruire ed educare, responsabilizzare le persone. Mobilità è un concetto complesso che comprende differenti modalità di trasporto, pubblico e privato, dolce o pesante ma che lavora anche su piani differenti come quello economico, sociale oltre che urbanistico. Così come è complessa l’espressione smart city e come lo è la parola sostenibilità, tanto utilizzata ma anche della quale tanto si abusa. Le questioni che si sollevano parlando di mobilità e nuove frontiere sono molte e sono molto com-
plicate. Le applicazioni tecnologiche alla mobilità sono un tassello importante, soprattutto per quanto concerne la sicurezza, ma non esauriscono l’insieme di questioni. AISIN opera in questo settore e lo fa al meglio, è sicuramente importante la ricerca in questo settore. Un altro merito è stato quello di stimolare la ri essione su temi rilevanti per la città del futuro, tra gli altri la ricerca del benessere, in una delle sue possibili declinazioni, e questo è stato fatto secondo una modalità coinvolgente attraverso la mostra The Next Frontier in Mobility. © Riproduzione riservata
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Torino, il nuovo Museo dell’Automobile di Donatella Biffignandi
Si chiama sempre Museo dell’Automobile, anzi, Museo Nazionale dell’Automobile di Torino. Ma chi ricorda il Museo che chiuse nel 2007 si troverà di fronte a qualcosa di completamente nuovo ed inaspettato, sia all’esterno, per le profonde modiche all’edi cio originario, sia all’interno, per un percorso scenogra co di inusuale ricchezza ed articolazione. Le personalità che concorsero all’organizzazione del “vecchio” Museo (in realtà, nuovissimo per l’epoca, dal punto di vista architettonico ed espositivo), ossia l’architetto Amedeo Albertini, che progettò l’edi cio di corso Unità d’Italia, e il dott. Carlo Biscaretti di Ruffia, primo conservatore, che vide nalmente elevata al rango di esposizione museale la sua collezione di cimeli e documenti, erano uomini del primo Novecento. Albertini pensò all’automobile come oggetto da esporre immergendolo nel suo habitat naturale: la strada, gli spazi aperti, l’orizzonte. Immaginò dunque un edi cio tutto a vetri, modernissimo, in cui sembrava annullarsi la sensazione di coercizione spaziale: le macchine, esposte l’una accanto all’altra, avevano come sfondo il cielo e la collina di Torino. Pavimento e pareti erano volutamente anonimi, pure quinte di contorno, che non dovevano distrarre il visitatore da ciò che si trovava al centro dell’attenzione. Cioè l’automobile: imponente, “parlante”. La sua forza evocatrice bastava per incutere un senso di timore reverenziale. Le vetture suscitavano rispetto, ammirazione, curiosità. Bastava leggerne la potenza, la velocità, la marca, il nome, e ci si sentiva appagati. Una Packard, era una Packard; per una Isotta Fraschini, bastava il nome. Eravamo negli anni sessanta: il Museo fu inaugurato nella sua sede di corso Unità d’Italia l’anno prima della celebrazione del Centenario dell’Unità, in una zona che fu urbanisticamente rivoluzionata, anzi plasmata, dal Centenario, tanto da chiamarsi da allora in poi “Italia61”. Tutto era architettonicamente rivoluzionario, in quella zona: la monorotaia del Laghetto, la funicolare al Parco Europa, il Circarama, il Palazzo a Vela, il Palazzo del Lavoro…e il Museo dell’Auto. Un Museo si pone sempre, per sua stessa missione, come tramite tra noi e la memoria; è la rappresentazione plastica del nostro rapporto con la memoria e con il passato. Il museo di allora ci collegava con un mondo che molti dei visitatori avevano visto, e sperimentato da giovani: un mondo senza auto. Presentava un oggetto con cui non tutti avevano quotidiana dimestichezza, e che ancora poteva parere misterioso, quasi magico, che disponeva ancora di una propria, autonoma, forza evocatrice. Il resto, il contorno, ce lo metteva il visitatore; bastava una cartina, ed era subito
Turin, the new Automobile Museum by Donatella Biffignandi The National Automobile Museum in Turin was reopened and completely renovated in 2011. Compared to the previous Museum, the visitor is now confronted with something new and unexpected, both outside, given the profound changes to the original building, and inside, thanks to the unusually rich and articulated scenographic itinerary. The “old” museum was inaugurated the year before the celebration of the Centennial of the Unity of Italy. The rst rumours, the rst criticisms about the way the Automobile Museum was set up began to emerge in the 1980s. The need to intervene on the building itself was recognized, and a competition was launched. But most importantly the exhibition itinerary needed to be renovated. The commission fell to François Con no, who had already designed the new exhibition at the Cinema Museum. It seemed natural to view the histories of the automobile and cinema as parallel. The entire project for the scenography is based on this continuous parallel: the automobile in cinema, the cinema of automobiles. As a result thirty mini-projects have been produced, thirty reconstructions of memory tied together by cinema.
Nella pagina a anco, in alto: Itala mod. 35/45 HP (Pechino-Parigi) del 1907; in basso: La pelle vetrata che ricopre l’esterno dell’edi cio. In questa pagina: La carrozza di Bordino del 1854 nella sezione “I cavalli diventano fantasmi”. Fonte delle immagini che accompagnano questo articolo: Museo dell’Automobile (fotografo Andrea Guremani). 1 - Nella pagina seguente, in alto: la sezione “Il grande garage del futuro”. 2 - Nella pagina seguente, al centro: la Cisitalia mod.202 del 1948. 3 - Nella pagina seguente, in basso: la Cadillac 62 Special del 1958. 4 - A pag. 118, in alto: l’onda del design. 5 - A pag. 118, al centro: la Fiat 500 del 1962 appartenuta a Sandro Pertini ed esposta in Autorino. 6 - A pag. 119, in basso: visione notturna del museo.
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TRASPORTI & CULTURA N.47 Pechino-Parigi; era sufficiente una ruota di legno, e all’immaginazione appariva il mujiko che l’aveva costruita. Poche cose come il nostro rapporto con la memoria sono cambiate così tanto negli ultimi decenni. Nessun oggetto, oggi, trattiene più in sé la medesima potenza evocativa di allora, da solo. Abbiamo bisogno di essere condotti, guidati, nella ricostruzione del passato, che nel frattempo si è allontanato da noi alla velocità della luce. Non è soltanto una questione di tempo che è trascorso, portandoci dagli anni sessanta del Novecento, agli anni dieci e venti del duemila. È il Novecento che si è allontanato da noi, sprofondando in un buio e in una lontananza che vengono squarciati soltanto da uno sforzo ri-creativo che da soli non siamo più in grado, non siamo più in condizione, di fare. Siamo gli del Novecento, ma gli orfani. Le prime voci, le prime critiche sul modo con cui era allestito il Museo dell’Auto cominciarono a circolare negli anni Ottanta. Si iniziò a dire, sempre più insistentemente, che le vetture erano sistemate come in un garage; che non c’era vita in loro, nulla che riconducesse alla loro esistenza “di prima”. Iniziarono a circolare le prime proposte. Ma era difficile capire cosa fare, come farlo, quale doveva essere l’obiettivo da porsi. Creare delle scenogra e di contorno? Certo, e fu fatto spesso, per mostre temporanee, o per zone parziali dell’esposizione permanente. Gigantogra e, lmati, pannelli, targhe, manichini, ambientazioni. Ma era ancora un procedere per tentativi. E intanto si diventava sempre più consapevoli della necessità di un intervento anche sull’edi cio-contenitore. Questo fu oggetto di un concorso, vinto dal progetto che sposò con maggiore convinzione e determinazione il rispetto dell’architettura originaria con l’esigenza di un ampliamento e ammodernamento della super cie da destinare all’esposizione. Era però il ripensamento globale ed organico del percorso interno a suscitare le maggiori preoccupazioni. Grazie al concorso di molte forze, come già era successo negli anni cinquanta, ci trovavamo di fronte ad una occasione unica, imperdibile ed irripetibile: rinnovare il Museo, dargli una seconda vita, e un’altra anima. Il nome di François Con no si impose da solo. Nel 1999 aveva rmato il nuovo allestimento del Museo del Cinema, proprio nella nostra città. Il cinema: un’arte che nacque alla ne dell’Ottocento. Come l’automobile. Che rivoluzionò la comunicazione, la narrazione, l’immaginazione. Come l’automobile, che rivoluzionò il concetto di tempo e di distanza, i rapporti tra gli uomini, le cose, i luoghi. Il cinema ci ha cambiati dentro, e ci ha regalato innumerevoli momenti di emozione, e di crescita interiore. Il cinema ci ha portati dentro il mondo, ci ha permesso di vivere, come la letteratura di cui è fratello, una serie in nita di vite diverse. E anche in questo è profondamente vicino all’automobile, che ha permesso a tutti noi una mobilità impensabile ai nostri avi, una libertà di cui le saremo per sempre debitori. E sia il cinema, sia l’automobile, hanno trovato a Torino un ambiente particolarmente favorevole, tanto da affermarsi come in nessun’altra città d’Italia per buona parte del secolo scorso. Parve naturale vedere nell’automobile e nel cinema due storie parallele, che si sono incrociate mille volte. Si scoprì presto che Con no era appassionato di automobili, e che vedeva in loro un’altra forma di “movimento”, così simile al cinema, da poter essere ricreata e rievocata proprio attraverso il 112
TRASPORTI & CULTURA N.47 cinema. L’intero suo progetto scenogra co si posa su questo continuo parallelo: l’automobile nel cinema, il cinema dell’automobile. E dal rapporto con la sua immaginazione, uno dopo l’altro sono scaturiti trenta mini-progetti, trenta ricostruzioni della memoria, trenta mondi possibili, tangibili, da toccare, dentro cui immergersi, trenta realtà, virtuali da un lato, autentiche dall’altro. Tutte legate l’una all’altra grazie al cinema. Grazie a queste trenta ambientazioni diverse, ora il Novecento è di nuovo di fronte a noi. É non soltanto evocato, ma ricostruito davanti a noi, che non saremmo più capaci di immaginarlo da soli. Vediamo, tocchiamo gli uomini e le donne che lo hanno vissuto, riscopriamo i loro orizzonti, proviamo le loro emozioni, che diventano le nostre. Capiamo cosa è stata l’automobile, come è nata, come si è perfezionata, come è stata usata e da chi, come si è diffusa, e come potrà essere nel nostro futuro. Il legame con il passato, e con la memoria, è di nuovo qualcosa di vivo, che ci arricchisce e ci emoziona. Non è pensato solamente per i giovani, più abituati ad essere guidati sul lo della memoria dalla tecnologia, ma per tutti noi, che siamo stretti tra un passato che ci sfugge e un futuro che ci fa paura. E che proprio per questo amiamo essere presi per mano, e ricondotti lungo un cammino a ritroso che ci restituisce alla nostra memoria, e ad un mondo che ci appartiene. marzo 2011 © Riproduzione riservata
Questo testo risale al momento della riapertura del museo dopo l’importante intervento di trasformazione. L’autrice, che da molti anni era responsabile del Centro di Documentazione, richiamava vicende legate in modo signi cativo a Torino, città dell’automobile. Per conoscere le collezioni del museo, la sua organizzazione, le iniziative, le dotazioni tecnologiche a servizio dei visitatori, si può consultare il sito internet www.museoauto.it
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GRAArt. A Roma i viadotti diventano opere d’arte di Laura Facchinelli
C’è qualcosa di nuovo, sulle strade attorno a Roma. Di nuovo e di straordinario. Le strade diventano luoghi dell’arte e, in senso più ampio, luoghi della cultura. Proprio in questi mesi vengono, infatti, completati dieci grandi murales realizzati sulle infrastrutture adiacenti al Grande Raccordo Anulare. A idearli è stato David Diavù Vecchiato, esponente di spicco dell’Urban Art in Italia e fondatore di MURo (il Museo di Urban Art di Roma). David ha proposto questa impresa ad ANAS e ha trovato una risposta positiva. Così è partita la realizzazione. “Per interpretare liberamente un’infrastruttura importante come il Gra – spiega il curatore - ho immaginato un’opera d’arte collettiva in cui ogni artista, prima di intervenire sul muro, fosse spinto alla ricerca dell’identità del territorio in cui quel muro si trova e venisse ispirato dunque da storie e leggende, lavorando con spirito di curiosità ed empatia. Credo che riportare nelle periferie alcuni simboli della Città Eterna che in fondo le appartengono, attraverso un’arte visiva che è nata dal basso, e ha ormai conquistato molti muri urbani, sia una bella rivoluzione di cui in questo momento Roma ha bisogno». I dipinti, infatti, rappresentano miti, leggende ed aneddoti, spesso poco considerati se non addirittura dimenticati, delle aree della città in cui sono stati realizzati e di cui aspirano a diventare un simbolo. I murales di GRAArt sono stati affidati ad artisti internazionali provenienti da Uruguay, Venezuela, Francia, Spagna, Italia, che si sono avvalsi della consulenza della scrittrice di best-seller Ilaria Beltramme.
Gli artisti, le loro interpretazioni
In Rome the viaducts have become works of art Laura Facchinelli There’s something new out on the streets around Rome. In recent months, ten large murals have been completed on the infrastructures adjacent to the Grande Raccordo Anulare. They were conceived by David Diaviù Vecchiato, the founder of MURo (the Museum of Urban Art of Rome), who proposed the project to ANAS. And so the painting began. These paintings represent myths, legends and anecdotes, often neglected or forgotten, from the areas of the city in which the murals were painted and of which they aspire to become a symbol. The murals have been commissioned by GRAArt to international artists from Uruguay, Venezuela, France, Spain, Italy. The idea of taking art out of museums, to bring it to life on the streets, is an interesting one. Art becomes a tool to enhance the suburban areas: by interpreting the “history” of these places, it can help create a sense of belonging. For Italy, this is a new endeavour that could continue on other streets around the capital
La migliore guida alla conoscenza dell’opera è la presentazione di David Diavù Vecchiato nel sito internet del progetto www.graart.it. Colectivo Liquado, “I guardiani di Ottavia” - Si tratta del primo murale realizzato per il progetto GRAArt, situato nella zona fra via Trionfale e Ottavia. Gli artisti sono uruguayani. “Abbiamo condotto Florencia e Camilo a visitare il vicino Ipogeo degli Ottavi, tomba della piccola Octavia Paolina – spiega il curatore – e gli abbiamo raccontato che in quest’area di Roma c’è anche il carcere minorile di Casal del Marmo… Paulina, alla sinistra del murale, e suo padre Felix, a destra, sono ora i guardiani di questo passaggio”. Camilla Falsini, “La vita e la morte” – La zona è la via Appia, strada dei sepolcri e del mausolei. “L’artista ha scelto dunque il simbolo ideale, quello dei bucrani – teschi di animali, principalmente di bue,
Nella pagina a anco, in alto: David Diavù Vecchiato, Enea, Anchise e ... foto di GIorgio Sivestrelli); in basso: Colectivo Liquado, I guardiani di Ottavia (foto di Eleonora Grieco). In questa pagina: il simbolo gra co di GRAArt.
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TRASPORTI & CULTURA N.47 dei buoi che veniva sparso sui campi come augurio di fertilità.
Maupal (Mauro Pallotta), “Obelisco Nasone” – Intervento ironico, fra storia ufficiale e cultura popolare: una tipica fontanella pubblica romana, comunemente detta “nasone” trasformata in monumentale obelisco. Il richiamo è a papa Sisto V, costruttore di strade, che completò l’Acquedotto Felice (al quale si arriva percorrendo la Tuscolana). Il “nasone” rappresenta il momento in cui l’acqua arriva dagli acquedotti a Roma, a disposizione di tutti. Veks Van Hillik, “Shewolf Queen” – L’artista francese opera lungo la via di Boccea, sotto il GRA, inventando due enormi animali che sembrano uttuare nell’aria. Sono una lupa e un coniglio. La lupa, albina, ha gli occhi rossi: “Lei, che è simbolo della città eterna – scrive il curatore – in questo grande murale si trasforma nell’aliena, nella diversa, nella discriminata” in questo Agro Romano, “monumento naturale ferito da costruzioni esteticamente disturbanti che in passato he hanno s gurato parte del paesaggio”.
Lucamaleonte, “Il martirio di Ru na e Seconda” – L’artista dipinge con un segno gra co in bianco e nero che richiama le incisioni di altri tempi, ingrandendone il segno. Le due mani legate sono un particolare del “Martirio delle sante Ru na e Seconda”, dipinto secentesco che racconta il sacri cio delle due sorelle cristiane avvenuto, proprio in questa zona, nel 257 d.C. Julieta XLF, “Untitled” – L’artista spagnola dipinge, all’uscita del GRA per San Pietro/Vaticano, due animali d’invenzione: una lupa e una sirena con ali e testa d’uccello. “L’abbraccio tra queste due creature di un’altra dimensione ci racconta l’incontro e lo scontro tra Oriente e Occidente, che fu origine della cultura etrusca…”. Chekos, “Ventrem Feri Imperium” – Siamo nei pressi di Tor Vergata, e l’artista dipinge un grande ritratto di Nerone, con richiami alla vicina arteria che collega Roma a Napoli e a quella che Plinio il Vecchio chiamava Campania felix. Kos Dos, “El sosiego de un futuro en deuda” – L’artista di Caracas raffigura Marte, dio della guerra; lo raffigura come busto fra umano e animale, disteso. Ci sono richiami all’imperatore Adriano e alla sua villa Adriana di Tivoli (siamo vicini alla via Tiburtina).
Nicola Alessandrini, “Lacrima Vergine” – Abbiamo due teste di cavallo che piangono. Sono due cavalli ispirati dal gruppo scultoreo della Fontana di Trevi. Quindi c’è il tema dell’acqua e delle sorgenti, in particolare dell’Aqua Virgo, unico acquedotto di Roma ancora funzionante.
1 - Camilla Falsini, La vita e la morte (foto di Sonia Di Santo). 2 - Lucamaleonte, Il martirio di Ru na e Seconda (foto di MIrko Pierri). 3 - Veks Van Hillik, Dhewolf Queen (foto di Mirko PIerri).
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che venivano riprodotti come elementi decorativi sui mausolei e sugli altari sacri cali – … Questi quattro enormi personaggi dalla testa d’ossa si presentano all’osservatore come due fazioni opposte che si stanno contendendo quei tre ori variopinti, dipinti dalla Falsini al centro del muro”. Dai bucrani escono lacrime di sangue: un richiamo al sacri cio di Massenzio, ma anche al sangue
David Diavù Vecchiato, “Enea, Anchise e….” - “Sulla direttrice che, idealmente, da Roma porta al mare – scrive l’artista-curatore - c’è un lo immaginario che unisce le coste del Tirreno ai colli della Città Eterna. La storia è quella della nascita stessa dell’Urbe, che qui diventa ancora più antica della leggenda di Romolo e Remo e attinge direttamente alla tradizione letteraria più alta, fra la ne dell’Iliade di Omero e l’Eneide di Virgilio”. Ascanio, glio di Enea, fondò Alba Longa, da cui provennero Romolo e Remo, e dove aveva radici la gens Iulia,
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4 - Nicola Alessandrini, Lacrima Vergine (foto di Giorgio Silvestrelli).
5 - Chekos, Ventrem feri imperium (foto di Sera no Murri). 6 - Maupal (Mauro Pallotta), Obelisco nasone (foto di Eleonora Grieco).
quella di Cesare e Ottaviano Augusto. Ed ecco che si scoprono nuovi legami fra queste periferie e la storia dell’Urbe. Cosa ci dice questo intervento artistico? Al primo posto metterei l’idea di portare l’arte fuori dai musei, di collocarla, anzi di farla proprio nascere sulle strade. Lungo le strade che intersecano il Grande Raccordo Anulare, infrastruttura guardata con interesse anche sul piano culturale (ricordiamo il lm Sacro Gra di Francesco Rosi, che nel 2013 vinse il Leone l’Oro alla Mostra del Cinema di Venezia). La Street Art, in questo caso, non ha semplicemente trovato un luogo per esprimersi: qui siamo di fronte a un cortocircuito singolare fra l’artista e il territorio. Nel senso che ogni opera è stata studiata a partire dalla storia, dalle leggende e dai personaggi, storici o popolari, che si sono sviluppati in quel luogo e hanno contribuito a costruirne il carattere. Altro elemento interessante: l’arte diventa strumento di valorizzazione delle periferie, un tempo disprezzate, ora riscoperte come luoghi straordinari, ricchi di energia e di potenzialità. L’arte, proprio attraverso l’interpretazione di queste “storie dei luoghi”, può contribuire a dare consapevolezza, quindi senso di appartenenza. Queste periferie potrebbero inoltre diventare motivo di attrazione per i turisti, offrendo una conoscenza di Roma attraverso le sue molteplici visioni, che comprendono anche il percorso intorno al GRA.
E veniamo a David Diavù Vecchiato. È lui l’ideatore di questa operazione, ed è anche l’anima della comunicazione sul progetto: nel sito www.graart. it è lui che presenta, uno per uno, i dieci murales. E non si tratta di un’operazione che si avvia a conclusione. Al contrario: lui ha in mente almeno un centinaio di strade dove ben si collocherebbero murales come questi. A rendere possibile questo grande intervento artistico intorno al GRA è stata Anas. Una decisione interessante, un’operazione nuova nel nostro Paese. Anas ha compreso l’importanza di andare al di là della semplice manutenzione. “Riteniamo - ha spiegato il presidente di Anas Gianni Vittorio Armani, in occasione della presentazione del progetto al Mibact, alla presenza del ministro Dario Franceschini – che la strada intrapresa due anni fa che ci ha portato a potenziare la manutenzione, investendo forze e risorse, debba correre parallela a quella della valorizzazione del ruolo delle infrastrutture: non solo dal punto di vista logistico ma anche di veicolo della cultura, dell’arte e del turismo”. Ogni opera è corredata di una targa con un QR Code che permette al visitatore di accedere al sito web dedicato e di leggere la storia che ha ispirato il murale e la biogra a dell’artista che lo ha realizzato. © Riproduzione riservata
Nella pagina seguente, in alto: Julieta XLF, Untitled (foto di Sera no Murri); in basso: Kos Dos, El sosiego de un futuro en deuda (foto di Mirko Pierri).
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Autori Oliviero Baccelli - Direttore del Centro CERTeT (Centro di Economia Regionale dei Trasporti e del Turismo), Università Bocconi e coordinatore del Master MEMIT in Economia e Management dei Trasporti, delle Infrastrutture e della Logistica Raffaele Galdi - Piani catore territoriale, laureato al Politecnico di Milano, Research Fellow presso CERTeT, Università Bocconi Giuseppe Mazzeo - Ingegnere. Ricercatore Consiglio Nazionale delle Ricerche. Docente di urbanistica, Università Federico II di Napoli e Università Parthenope di Napoli Mario Boffi - Professore di Sociologia dell’Ambiente e del Territorio, Università Milano-Bicocca; membro del Comitato Scienti co “Sostenibilità dell’Università di Milano-Bicocca” Matteo Colleoni - Docente di Politiche urbane, Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale, Università Milano Bicocca; vice Coordinatore del Corso di Dottorato Urban Studies. Mobility manager della stessa Università Massimiliano Rossetti - Sociologo urbano, collabora con il team di ricercatori del Centro di Ricerca POLARIS– Dipartimento di Scienze dell’Ambiente e del Territorio presso l’Università degli studi di Milano Bicocca Niccolò Pieri - DELoS PhD Candidate, School of Social Sciences, Università di Trento. CERTeT, Bocconi Gabriele Grea - Senior Researcher, CERTeT e docente di Mobilità Urbana Sostenibile, Master MEMIT, Università Bocconi Edoardo Marcucci - Professore Associato di Economia dei Trasporti, Università Roma Tre; visiting professor Molde University College, Norvegia Valerio Gatta - Ricercatore e docente, Università degli Studi Roma Tre Eleonora Pieralice – Ricercatrice, ISFORT (Istituto Superiore di Formazione e Ricerca per i Trasporti) Michela La Pira - Ingegnere dei trasporti, dottore di ricerca Università di Catania Céline Sasha Carrocci - Laureata in Scienze Politiche, collabora con gruppo di ricerca Trasporti e Logistica, Università Roma Tre Marco Percoco – Professore Associato in Economia regionale e dei trasporti, l’Università Bocconi Agostino Cappelli – Prof. Ordinario di Trasporti, Università Iuav, Venezia Alessandra Libardo - Architetto e ingegnere dei trasporti laureata allo Iuav ed a Roma La Sapienza, dottore di ricerca in ingegneria dei sistemi ferroviari Andrea Sardena - Docente a contratto di Trasporti, Università Iuav, Venezia Edoardo Croci - Direttore di ricerca e coordinatore dell’Osservatorio Green Economy allo IEFE (Centro di ricerca di economia e politica dell’energia e dell’ambiente), Università Bocconi Denis Grasso- Junior research fellow presso lo IEFE-Università Bocconi e PhD candidate in Hydro-Logic Design presso lo Iuav Dominique Rouillard – Docente presso Ecole Nationale Supérieure d’Architecture Paris-Malaquais; direttrice del LIAT (Laboratoire Infrastructure, Architecture, Territoire) Alain Guiheux – Docente presso Ecole Nationale Supérieure d’Architecture Paris-Val de Seine, già Conservateur en chef del département d’architecture del Centre Georges Pompidou Oriana Giovinazzi - Architetto, PhD in Piani cazione Territoriale e Politiche Pubbliche, Università Iuav di Venezia Diego Deponte – Ingegnere, partner e direttore tecnico della società di consulenza Systematica Samuele Camolese – Architetto, libero professionista, consulente nella società Systematica Roberto Morandi – Laureato in Ingegneria per l’Ambiente e il Territorio, collabora con società Systematica Cecilia Saibene - Dottore in Piani cazione urbana e politiche territoriali; tutor didattico di corsi della Scuola di Architettura e Società del Politecnico di Milano Donatella Biffignandi – già Responsabile Centro di Documentazione MAUTO, Museo Nazionale dell’Automobile di Torino
Questo numero della rivista è stato curato da Oliviero Baccelli e Raffaele Galdi, CERTeT, Università Bocconi
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