T&C nr.31 TRASPORTI PER LE METROPOLI DEL FUTURO

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Rivista quadrimestrale settembre-dicembre 2011 anno XI, numero 31

5 TRASPORTI PER LE METROPOLI DEL FUTURO di Laura Facchinelli

Direttore responsabile Laura Facchinelli Direzione e redazione Cannaregio 1980 – 30121 Venezia Via Venti Settembre 30/A – 37129 Verona e-mail: info@trasportiecultura.net laura.facchinelli@alice.it per invio materiale: casella postale n. 40 ufficio postale Venezia 12, S. Croce 511 – 30125 Venezia Comitato Scientifico Giuseppe Goisis Prof. Ord. di Filosofia Politica, Università Ca’ Foscari, Venezia Cristiana Mazzoni Parigi - Prof. HDR, Ecole Nationale Supérieure d’Architecture, Strasburg Marco Pasetto Prof. Ord. di Strade, ferrovie e aeroporti, Università di Padova Franco Purini Prof. Ord. di Composizione Architettonica, Università La Sapienza, Roma Enzo Siviero Prof. Ord. di Tecnica delle costruzioni, Università IUAV, Venezia Maria Cristina Treu Prof. Ord. di Urbanistica, Politecnico di Milano La rivista è sottoposta a referee Traduzioni in lingua inglese di Olga Barmine La rivista è pubblicata on-line nel sito www.trasportiecultura.net 2011 © Laura Facchinelli Norme per il copyright: vedere a pag. 101 Editore: Laura Facchinelli C.F. FCC LRA 50P66 L736S Pubblicato a Venezia nel mese di dicembre 2011 Autorizzazione del Tribunale di Verona n. 1443 del 11/5/2001

ISSN 2280-3998

7 FIGURE E IMMAGINI DELLA MOBILITÀ NEI PROGETTI PER LA METROPOLI CONTEMPORANEA IL CASO DI PARIGI di Cristiana Mazzoni

15 VIABILITÀ E TRASPORTI PUBBLICI A BERLINO, UNA CITTÀ CON UN’ENERGIA EFFICIENTE di Sabina Santovetti

85 PAESAGGI FUTURI. LE DISCIPLINE INSIEME, APPASSIONATAMENTE di Laura Facchinelli

91 SOUNDSCAPE: SOUND(MUSIC) OF LANDSCAPE di Laura Scala

97 QUANDO L’INGEGNERIA È UN’OPERA D’ARTE di Laura Facchinelli

23 PROSPETTIVE ATTUALI E FUTURE DEI TRASPORTI IN BULGARIA di Alberto Rossi

29 LA LINEA C DELLA METROPOLITANA DI ROMA di Roberto Sorge

39 UNA METROPOLITANA SUBLAGUNARE A SERVIZIO DELLA GRANDE VENEZIA di Gianni Fabbri

47 IL NUOVO GOLDEN HORN METRO CROSSING BRIDGE NELL’ECCEZIONALE SKYLINE DI ISTANBUL di Enzo Siviero e Alessandro Stocco

59 DUBAI E IL SUO FUTURO di Roberto Ceccon

65 PROGETTARE IN CINA Intervista a Tobia Zordan a cura di Laura Facchinelli

75 CANADA, LE CITTÀ SOTTERRANEE di Oriana Giovinazzi

Questo numero della rivista è stato realizzato in collaborazione col prof. Enzo Siviero, Università IUAV, Venezia Il disegno in copertina è di Giulio Federico



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Trasporti per le metropoli del futuro di Laura Facchinelli

Il mondo viaggia, anzi corre su web. Ecco la ragione della nostra scelta di pubblicare la rivista Trasporti & Cultura on-line. Vogliamo comunicare con il numero più ampio possibile di persone in tempi brevi, e questo risulta sempre più difficile con una rivista “fisica”, stampata su carta. I contenuti della rivista seguono, come sempre, il filo conduttore delle infrastrutture di trasporto intese come elementi fondamentali per la modernizzazione, ma anche potenzialmente critici per la vivibilità di un territorio, e in particolare per il paesaggio. Ad ispirarci - nella trattazione degli argomenti - è sempre una concezione multidisciplinare, e in particolare la connessione fra gli aspetti tecnici e le aperture alle diverse espressioni della cultura. In questo momento di grave crisi economica, certuni pensano che la cultura sia un lusso, e come tale che debba lasciare il passo ad esigenze più immediate e concrete. Ma noi siamo convinti che la cultura, nel senso più ampio del termine, è necessaria alla nostra vita. Ed ecco la novità nella scansione della rivista on-line. Ci sono due sezioni, che ricalcano la duplicità insita nel nome stesso della testata. La prima sezione prende in considerazione i “trasporti”e sviluppa (com’era già nella versione cartacea) il tema monografico scelto per ciascun numero; la seconda sezione è dedicata alla “cultura”, nel senso che aggancia il leit-motive del paesaggio declinandolo secondo molteplici chiavi interpretative. Il tema monografico di questo numero pone in primo piano lo sviluppo dei trasporti – infrastrutture e servizi – in alcune grandi città. Lo sguardo spazia al di là dei confini nazionali. Ecco due metropoli europee, Parigi e Berlino: la prima raccontata attraverso i grandi progetti per la mobilità, la seconda nella concretezza ed efficienza del servizio di trasporto pubblico. Ecco un paese dell’Europa orientale, la Bulgaria, a noi in gran parte sconosciuto, eppure molto dinamico in termini di realizzazione di infrastrutture. Due le città italiane sulla scena: Roma, con la linea C della metropolitana, e Venezia, con l’audace, e assai discusso, progetto della sublagunare. Poi si torna verso oriente, a Istanbul, col progetto di un ponte sul Bosforo: è significativo che un organismo internazionale come l’UNESCO abbia preso posizione sul progetto iniziale di quest’opera, facendo affidare a una commissione internazionale di esperti la scelta di una struttura in armonia, per forma e materiali, con l’ambiente visivo circostante. Il passo successivo porta agli Emirati Arabi, e precisamente a Dubai, dove si sta puntando su un vasto piano di infrastrutture. In Cina, la progettazione oscilla fra punte di eccellenza e ordinarie carenze in termini di procedure e di qualità dei materiali: per capire meglio questo paese, grande quanto un continente, abbiamo intervistato un ingegnere italiano che insegna in una università di Shanghai. Infine ci accostiamo al Canada, dove lo scenario muta radicalmente con la realizzazione, in particolare a Montréal e Toronto, di vere e proprie città sotterranee, iniziate negli anni ’60 e oggi in piena espansione. Sono modelli organizzativi interessanti non solo per le potenzialità di sviluppo urbano ed economico, ma anche come modalità alternativa per vivere il centro della città Fra i punti di vista della “cultura”, ne abbiamo scelto due che, a nostro avviso, spalancano nuovi orizzonti. È audace l’idea dell’opera di ingegneria che si propone come momento di creazione artistica nel paesaggio. La questione merita di essere approfondita. La sensazione è che questa dimensione potrebbe offrire all’arte nuove prospettive. Un’altra proposta suggestiva è quella del paesaggio non più inteso solo come fatto visivo, ma anche ascoltato nelle sue espressioni sonore. È una dimensione da esplorare, fuori dalle vie battute. Anche per comprendere le radici di alcune composizioni musicali dei tempi recenti. Siamo consapevoli che proposte come queste seducono un numero limitato di persone. A noi va bene così. Non abbiamo “suggeritori” né richieste esterne da soddisfare, ma solo stimoli che vogliamo cogliere, idee trasversali, folgorazioni che ci spingono a indagare. In assoluta libertà. È questa la ricchezza che vogliamo

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Figure e immagini della mobilità nei progetti per la metropoli contemporanea. Il caso di Parigi di Cristiana Mazzoni

Vivere, abitare, lavorare, spostarsi nella metropoli è un tema che, negli ultimi decenni, ha suscitato vivi dibattiti. Se ormai la questione dei centri storici - il cuore delle nostre città da ripensare nelle sue forme e nei suoi contenuti come indicato nel lontano dopoguerra da Ernesto Natan Rogers1 - sembra oggi risolta nelle sue grandi linee, la questione degli spostamenti legati al tragitto casa/lavoro o lavoro/loisir alla scala del territorio metropolitano presenta in sé nodi che sembrano indistricabili. Appartiene al primo caso l’esempio dei recenti lavori effettuati nei centri storici di città come Bordeaux, Nantes, Strasburgo, Lille, Lione, Marsiglia. La diminuzione del traffico legato ai veicoli privati e l’incentivazione dei mezzi pubblici su rotaia o su gomma di tipo innovativo - tram urbani o autobus BRT - ha avuto un impatto positivo sulle forme di vita urbana e sulla qualità stessa dello spazio pubblico. A tali esempi sono legati i nuovi piani della “mobilità dolce”, che prevedono ampi spazi pubblici destinati a percorsi pedonali o riservati a piste ciclabili che, nei centri densi, incrociano le nuove linee del tram. Ma se soluzioni di questo tipo si adattano bene a città che non hanno ancora superato il milione di abitanti, con una densità abitativa che rimane relativamente equilibrata tra il centro metropolitano e le centralità più periferiche, esse si rivelano insufficienti e desuete in città come Parigi che, nella loro estensione globale, hanno superano i dieci milioni di abitanti e presentano uno squilibrio importante nell’accessibilità dei diversi centri urbani che gravitano intorno al cuore metropolitano. I progetti legati al concorso per la Grande Parigi presentano una sintesi interessante delle problematiche emerse nel corso degli ultimi 40 anni: dal piano di Delouvrier del 1965 al piano della Regione del 2007, piano che non è mai stato approvato dallo Stato ed è stato spiazzato dal concorso internazionale promosso nel 2008 dal Ministero della Cultura, “Le Grand Paris de la région parisienne”. Attraverso un breve cenno sull’evoluzione storica delle più importanti forme di mobilità collettiva e una presentazione di alcune proposte inerenti ai progetti del concorso della Grande Parigi, cercheremo di centrare l’attenzione sulle figure e le immagini legate, in senso lato, alla tematica dello spostamento nella metropoli contemporanea2. 1 Ernesto Nathan Rogers, « The Heart : a Human Problem », in J. Tyrwhitt, J.L. Sert, E.N. Rogers (dir.), The Heart of the City : towards the humanisation of urban life, atti del CIAM 8, London, Lunds Humphries, 1952, pp. 69-73 ; riedito in E. N. Rogers, « Il Cuore: problema umano della città », Esperienza dell’architettura, Milano, Skyra, 1997, pp. 257-260 (prima edizione Einaudi, 1958) 2 Vedi le nostre ricerche e pubblicazioni recenti sul tema.

Figures and images of mobility in projects for the contemporary metropolis. Paris as a case study by Cristiana Mazzoni With a short survey on the historic evolution of the most important forms of collective mobility, and a presentation of several proposals stemming from the projects for the competition “Le Grand Paris de la région parisienne” (launched in 2008), the author concentrates her attention on the figures and images in various ways related to the theme of moving in the contemporary metropolis. The Subway and the Streetcar offer an opportunity to review the experience of the past. Over the last decades of the twentieth century, the Subway lines extended out into the various municipalities of the first suburban belt and created transfer points to the streetcar lines, built in the 1990’s. The projects consider the theme of how underground lines meet ground-level or elevated forms of transportation on tracks or on wheels. The regional and high-speed lines have been the catalysts for various ways of moving. On the metropolitan scale, the first plans that take into consideration the relationship between the city core of Paris and the vast outlying suburbs were drawn up in the 1960’s. For the past two decades, the debate has focused on the densification and capillarity of the suburban lines. The projects for Grand Paris developed in 2009 have highlighted the image of modernity conveyed by the combination of high speed, local networks and the network of pedestrian and bicycle paths that structure the territory. N ella pagina a fianco: progetto per una nuova stazione TGV nel territorio periferico della Plaine Sant-Denis, a monte della gare de l’Est e della Gare du Nord a Parigi. Progetto dello studio Portzamparc, 2009.

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Il Metrò e il Tram: un’occasione per rivisitare l’esperienza del passato Abbiamo già avuto modo di rilevare l’importanza del cantiere legato alla costruzione della linea Metropolitana di Parigi, inaugurata in occasione dell’Esposizione Universale del 1900. Se all’epoca Londra, New York, Berlino e Chicago, propongono ormai da decenni ai loro abitanti questo nuovo mezzo di trasporto, a Parigi tale inaugurazione tardiva è dovuta sia alle lunghe e interminabili polemiche tra l’amministrazione municipale, lo Stato e le compagnie ferroviarie per la sovvenzione dei lavori e la gestione delle infrastrutture, sia alla presenza di un sistema composito di circolazione delle persone all’interno della città: dal 1851 esiste la Petite ceinture, una ferrovia urbana di superficie che forma un anello in corrispondenza dei limiti amministrativi della città; dal 1867 la Senna offre 47 scali per battelli adeguati al trasporto del-

carrozze e omnibus che devono fare i conti con i grandi lavori di installazione delle fognature e dei tubi d’acqua e gas in tutta la capitale. E subito il Metrò entra a far parte del mito della città, come immagine di progresso tecnico e sociale e come nuovo luogo pubblico in cui tessere incontri. La letteratura dell’epoca, le canzoni popolari, la poesia e la cinematografia testimoniano della dimensione figurativa attribuita a questo nuovo mezzo di trasporto, decantato come simbolo della nuova metropoli: “Métro, symbole fabouleux de Paris, ruban qui attache, sans qu’ils le sachent, les Parisiens dispersés”3 . In due decenni, le linee si moltiplicano e disegnano una rete, essenzialmente sotterranea, composta da stazioni distanziate tra loro di circa 700 metri e disposte nella trama urbana in modo tale che nessun punto di Parigi disti più di quattrocento metri da una stazione e che nessun tragitto all’interno della capitale implichi più di due cambi4. La maggior parte di esse è costruita tra il 1900 e il 1914, con cantieri spettacolari che occupano intere carreggiate e che implicano l’applicazione

1 - Progetto di riuso degli spazi pubblici della città di Bordeaux con l’inserimento delle nuove linee del tram nel centro storico e lungo le rive della Garonna. Progetto dello studio Corajoud, 1999.

le persone; dal 1855, migliaia di omnibus trainati da due cavalli e dotati di 25 posti a sedere fanno concorrenza a tram e carrozze private. La prima linea metropolitana, che collega la Porte Maillot alla Porte de Vincennes, è inaugurata in un momento in cui i giornali denunciano la scontentezza dei parigini per i ritardi nei trasporti, per il pericolo delle strade, per l’enormità del traffico di Mazzoni C., Tsiomis Y., Paris Métropoles en miroir, Paris, La Découverte, in corso di stampa ; Mazzoni C. (dir), Lebois V., Levy A., Molinier A., La métropole en projet. Identités et forces structurantes des territoires dans la construction de Paris-Métropole, gruppo di ricerca “L’architecture de la grande échelle”, Ministère de la Culture, Bureau de la Recherche Architecturale, 2009.

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di nuove e raffinate tecniche, soprattutto per l’attraversamento sotterraneo della Senna. Il collegamento con i comuni limitrofi è attuato à partire dal 1934, data in cui iniziano i lavori di proseguimento delle vecchie linee. Ma, contrariamente a Londra o a Berlino, dove la Metropolitana s’inoltra nel 3 “Métro, simbolo favoloso di Parigi, laccio che unisce, senza che se ne accorgano, i Parigini dispersi”, Alexandre Arnoux, Paris ma grand ville, Flammarion, Parigi, 1949, cit. in Roger Henri Guerrand, Mémoires du Métro, La table ronde, Parigi, 1961, pag. 172. Cf. Mazzoni C., “Parigi, il Métro. I. Gli inventori di fine Ottocento. II. Nuove tendenze nelle stazioni Météor”, Trasporti & Cultura, n. 7, septembre-décembre 2003, pp. 8-19. 4 La distanza media delle stazioni della Metropolitana di Londra è 1551 m, mentre quella di Mosca è di 1606 m.


TRASPORTI & CULTURA N.31 territorio extraurbano, a Parigi i treni metropolitani si fermano a qualche chilometro dal confine amministrativo della città, rappresentato dalla cintura dei viali periferici. In questi stessi anni è smantellata l’intera rete del tram, che, nonostante il disegno caotico dei diversi percorsi, assicurava il collegamento tra il centro e l’immediata periferia. Oggi, i nuovi progetti legati a tale forma di trasporto urbano tendono a rilevarne il valore simbolico e figurativo che era stato loro attribuito all’inizio del XX secolo. La costruzione della linea 14 - Météor - inaugurata nel 1998, è stata accompagnata da ampi studi sulla valorizzazione dell’immagine legata al nuovo Metrò, dotato di treni automatici e di nuove e ampie stazioni. Numerosi articoli hanno vantato le scelte tipologiche degli spazi destinati ai percorsi del pubblico e l’uso di materiali di qualità, che mettono in luce un approccio di progetto attento alla percezione dello spazio da parte dei suoi molteplici utilizzatori, all’opposto delle scelte funzionaliste degli anni 19605 . Nell’arco degli ultimi decenni del XX secolo le linee della

to che disegnano il territorio. Il progetto di Christian Devillers per l’anello del tram dei boulevard des Maréchaux (T3) indica la necessità di ripensare lo spazio urbano dei viali con l’integrazione di spazi destinati a verde pubblico, a piste ciclabili e a percorsi pedonali. In corso di realizzazione, tale intervento legato a una forma di mobilità percepita come moderna, anche se legata a tecniche del passato, permette di rivalutare l’immagine dei quartieri per alloggi sociali costruiti negli anni 1930. Nello stesso modo, i progetti di Panerai e Xavier Fabre per l’anello situato nella prima corona di comuni periferici propongono una nuova immagine forte della linea metropolitana, interamente sopraelevata e inscritta nel tracciato delle strade esistenti. Tale idea è ripresa da Christian de Portzamparc, che propone di integrare una linea automatizzata di traffico pubblico su rotaia nel tracciato del boulevard periferico. Designata dalla stampa locale come l’icona dell’intero concorso per la Grande Parigi, tale immagine rimanda però alle difficoltà poste dai mezzi di trasporto su rota-

2 - La linea regionale RER e la Senna (foto di C. Mazzoni).

Metropolitana si sono estese ai numerosi comuni della prima fascia periferica e hanno creato punti d’interconnessione con le linee tramviarie, costruite dagli anni 1990. Nei progetti è preso in considerazione il tema dell’incontro delle linee ipogee con altre forme di trasporto su rotaia o su gomma al livello del suolo urbano o sopraelevate, e del valore tipologico e urbano non solo di tali luoghi d’incontro ma anche delle diverse linee di traspor5 Cfr. Didier Bernard, Yo Kaminagai, L’architecture et les aménagéments des stations de Météor, « Revue générale des chemins de fer », n° 6, giugno 1996, pagg. 61-68. Pascal Grassart, Météor : des stations bien dans leur style, in « La Vie du Rail et des transports », n° 2464, ottobre 1994.

ia se esse non sono pensate, nello stesso tempo, come fattori legati alle specificità della forma urbana, geografica e sociale dei luoghi attraversati, e alle pratiche di vita ad essa associate. Dietro tale icona si profila l’interrogativo sul valore del disegno architettonico e del suo ruolo nel progetto del territorio, legato alla pratica di competenze e di mestieri diversificati. L’esperienza del Grand Paris ha mostrato il rischio che l’architetto agisca, alla scala metropolitana, come un demiurgo i cui “segni” acquisiscono velocemente un alto valore di scambio, senza rinviare a figure e immagini ricche di senso etico e “politico”, secondo l’accezione antica e nobile del termine. Abbiamo già 9


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3. Studio per una nuova linea circolare all’altezza dei comuni della prima corona periferica Fabre/Panerai, 2007.

avuto modo di sottolineare che questo approccio nuoce non soltanto all’immagine di un mestiere, ma anche a ogni tentativo di sottolinearne il senso attraverso il dialogo e la distribuzione di competenze all’interno di un dispositivo complesso di attori. Gli spazi e gli oggetti rappresentati nei progetti diventano allora l’espressione delle singolarità dei progettisti piuttosto che luoghi identitari forti, che si proiettano nel futuro come espressione di un mondo dalle molteplici configurazioni. Un secondo rischio è rappresentato dalla tecnicità eccessiva delle soluzioni proposte nei progetti. Come rileva il filosofo e storico della città Paul Blanquart, i progetti legati alla mobilità degli ultimi cinquant’anni ci hanno abituato a muoverci incanalati in strutture tubolari che non ci permettono una fruizione sensibile della città e una percezione positiva dell’immagine dei punti

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d’arrivo o di partenza del nostro tragitto6 . Tali luoghi sembrano rispondere unicamente a una logica funzionale di regolazione dei flussi e non a una ricerca del senso percettivo e sensibile del rapporto tra chi è in movimento e lo spazio che lo circonda. Ma la più grande difficoltà da sormontare è data dall’estendersi dello spazio metropolitano intorno al nucleo denso: la Parigi intramoenia. Il moltiplicarsi esponenziale delle distanze, la mancanza di un vero piano strategico riguardante l’insieme del territorio, che tenga conto delle specificità delle tessere di mosaico di cui esso è costituito e che rispecchia il mosaico sociale della moltitudine d’individui che lo occupa non può trovare una risposta soddisfacente unicamente nella figura del Metrò e della sua rete, come all’inizio del XX secolo. 6 Paul Blanquart, Une histoire de la ville, pour repenser la société, Paris, La Découverte, 1997.


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4. Progetto del nuovo Metrò aereo sul boulevard périphérique. Progetto dello studio Portzamparc, 2009

Le linee regionali e l’alta velocità, catalizzatori di diversi modi di spostamento Alla scala metropolitana, i primi piani che prendono in considerazione il rapporto tra la Parigi intramoenia e il vasto territorio periferico risalgono agli anni 1960. Se le riflessioni e i disegni del gruppo di esperti diretto da Robert Prost, confluiti nel piano del 1934, avevano posto le basi per la strutturazione del territorio attraverso la rete stradale e autostradale - realizzata poi nel secondo dopoguerra -, è il piano delle Villes Nouvelles del 1965 - dovuto al prefetto Paul Delouvrier - che propone per la prima volta una soluzione per il collegamento dei centri urbani periferici con il nucleo metropolitano. Esso è varato ben cinquant’anni dopo il dibattito e i piani per la Grande Berlino, che avevano permesso di pensare i diversi nuclei del territorio metropolitano collegati da una rete ricca e differenziata di trasporti ferroviari. Negli anni 1960, il dibattito francese mette finalmente in luce la necessità della costruzione di una rete ferroviaria regionale che colleghi le Villes Nouvelles, le nuove città costruite nella periferia metropolitana, al centro urbano denso rappresentato da Parigi. La linea RER (Réseau Express Régional) non sarà realizzata come previsto, cioè secondo una maglia che avvantaggia i collegamenti diretti tra i centri

periferici. In tale disegno, l’insieme delle reti regionali attraversa il cuore di Parigi senza privilegiare la periferia rispetto al centro. La stazione delle Halles, completamente ipogea, diventa il nuovo simbolo del progresso della città fordista legato al tipo di mobilità delle persone che abitano nella regione parigina e lavorano nei settori specializzati del centro. L’importante “nodo” delle Halles, che presenta in sé un groviglio di linee della Metropolitana e di linee regionali, è sovrastato dal nuovo imponente centro commerciale, costruito in seguito allo spostamento del vecchio mercato alla periferia di Parigi e al risanamento dei quartieri limitrofi considerati come malsani. Oggi, nella nuova città post-fordista, in cui i settori e i modi di vita si confondono, si sovrappongono, si mescolano secondo schemi che non corrispondono più alla specializzazione spaziale e temporale del secondo dopoguerra, né il modello delle Halles, né quello delle linee e stazioni regionali RER periferiche rispondono più alla nuova domanda di fabbisogni emergenti e all’immagine a essi legata. Da due decenni, il dibattito si orienta sulla densificazione e la capillarità delle linee periferiche: i piani regionali del 1995 e del 2007 mostrano la necessità della costruzione di nuove tangenziali ferroviarie che si diramino nel territorio metropolitano e che colleghino tra loro i vari centri esistenti, o di anelli periferici che formino una rete di vasi comunicanti con le linee esistenti. I progetti per il 11


TRASPORTI & CULTURA N.31 Grand Paris del 2009 si sono innescati in tale dibattito sulla modernizzazione del tipo di mobilità collettiva iniziato negli anni 1990 e hanno accentuato l’immagine di modernità data dall’incontro tra l’alta velocità, le reti locali e la trama di percorsi pedonali e ciclistici che strutturano il territorio. La maggior parte di tali progetti propone una riflessione sul modello globale da adottare alla scala metropolitana e sul tipo di rete di trasporto collettivo regionale che meglio si adatta alle problematiche dell’accessibilità dei territori periferici. I differenti modelli proposti per la lettura del territorio alla grande scala - la “Metropoli lineare” (gruppo Grumbach), la “Metropoli policentrica compatta” (gruppo Rogers), la “Metropoli multipolare proliferante” (gruppo Porztamparc), la “Metropoli dolce” (gruppo Geipel), la “Metropoli porosa” (gruppo Secchi-Viganò), ecc. - mettono in luce la necessità di riflettere sulle specificità dei differenti settori attraversati e sul ruolo che tale rete capillare di trasporti può avere nella pianificazione territoriale. La presenza, nel paesaggio metropolitano, di diversi strati e spessori, di forme di dispersione ma anche di raggruppamento intorno a nuove zone industriali o artigianali, di poli « d’eccellenza», di centri logistici o settori destinati allo svago,

5 - Progetto per l’inserimento del tram (T3) dei boulevard des Maréchaux à Parigi. Studio Devillers.

6 - Progetto del nuovo Metrò aereo sul boulevard périphérique. Progetto dello studio Portzamparc, 2009.

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di imponenti nodi infrastrutturali accanto ai centri storici o ai quartieri dei Grands ensembles, ha provocato un forte cambiamento dei modi di spostamento rispetto alle pratiche correnti nella città storica compatta che caratterizza il cuore metropolitano. Se nel corso degli ultimi cinquant’anni, è prevalsa la scelta per la costruzione di infrastrutture legate agli spostamenti con mezzi individuali su gomma, dagli anni 1990, la tendenza si è invertita e ha lasciato spazio alla riflessione sulla “porosità” necessaria del territorio: una porosità che, paradossalmente, è raggiunta grazie sia alla lentezza del pedone e del ciclista, sia alla grande velocità legata alle reti del TGV, connesse con gli aeroporti e con la rete ferroviaria regionale. Alcuni progetti del Grand Paris riprendono le scelte fatte negli ultimi piani dalla Regione, che prevedono di collocare le stazioni dell’alta velocità in zone strategiche: aeroporti e centri urbani densi. Tali luoghi diventano i catalizzatori dell’insieme delle nuove forme di spostamento, con la conseguenza di un cambiamento repentino del valore di mercato del suolo. Gli architetti fanno l’ipotesi che attorno alle nuove stazioni e lungo le reti ferroviarie si sviluppino quartieri residenziali inseriti nel verde, con la possibilità di rendere sempre più


TRASPORTI & CULTURA N.31 compatto il territorio metropolitano disperso e di annullare gli effetti negativi della ferrovia attraverso la costruzione di nuove piastre che colleghino le diverse parti del territorio. Se il piano regionale del 2007 prevedeva di favorire, attraverso tali scelte, le zone già densamente abitate in modo da poter migliorare le condizioni di vita e di lavoro di chi vive in tali settori, il piano attuale dello Stato, ispirato ai progetti per il Grand Paris, mette essenzialmente in risalto scelte economiche legate a una politica concorrenziale. In esso, le stazioni legate all’alta velocità e alle reti regionali sono collocate in nuovi settori di sviluppo economico e finanziario altamente specializzati. Paradossalmente, tali scelte coinvolgono anche vecchi settori industriali e abitativi come la Plaine Saint-Denis, in cui il dibattito degli ultimi decenni del XX secolo aveva messo in luce la necessità di un approccio di conservazione delle tracce storiche sociali, geografiche e morfologiche, locali. Il progetto attuale della costruzione di una nuova stazione dell’alta velocià nel sito Pleyel annulla, con un solo gesto volto alla costruzione di un nuovo cluster economico e finanziario in concorrenza con la Défense, vent’anni di dibattito e di studi sulla storia locale che hanno coinvolto architetti, urbanisti, sociologi, antropologi, economisti. I progetti del nuovo Metrò, delle reti regionali battezzate “Grand Huit” e delle stazioni che vi si inseriscono, hanno il merito di mettere in dialogo, nel territorio metropolitano, i settori in trasformazione con i settori consolidati, dislocati o diffusi attraver-

so una riflessione sulle nozioni di limite, di soglia, di spessore, di interfaccia. All’interno dei quartieri, i limiti o le soglie tra le varie parti del mosaico metropolitano devono essere ricomposte dalle reti dei percorsi che introducono il movimento a carattere lento e che possono dare un nuovo valore alle pratiche di vita negli spazi pubblici e collettivi. Alla grande dimensione, le reti di trasporto di diverso tipo devono permettere all’insieme dei territori di essere finalmente pensati, com’era stato il caso per la Grande Berlino negli anni 1910, come parti di un sistema unitario in cui la moltitudine e le differenze, sia sociali che politiche, geografiche, economiche o morfologiche possono trovare una loro risposta. É senza dubbio questo il messaggio più importante trasmesso dal dibattito recente sulla costruzione della nuova Grande Parigi. Riproduzione riservata ©

7 - Progetto dello Stato per una linea regionale sotterranea lunga 130 km. che collega i nuovi poli di eccellenza del territorio metropolitano parigino (Grand Huit), e l’anello proposto dalla Regione che collega i comuni esistenti. Le Monde, 30 aprile 2009.

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Viabilità e trasporti pubblici a Berlino, una città con un’energia efficiente di Sabina Santovetti

Chi non conosce Berlino oggi, dovrebbe visitarla, e a chi la visita o la vive anche per un breve periodo, è immediatamente trasmesso quel forte e frizzante senso civico e sociale che ogni bella città dovrebbe portare dentro di sé. Perché le città sono la comunità, sono le nostre case, i nostri luoghi d’incontro, di lavoro, di evasione, di apprendimento, dove abitano emozioni che si traducono principalmente in infrastrutture e servizi pubblici efficienti e integrati, progettati per aiutare tutti i cittadini nei collegamenti, così da permettere loro di fruire al meglio del loro tempo come della loro vita. Non c’è nulla di peggio per ognuno di noi che rimanere incastrati nel traffico, come a Roma o a Milano. Traffico caotico e paralizzante che ci impedisce di arrivare in tempi brevi alle nostre destinazioni prefisse; che toglie spazio alle nostre vite, già così difficili e nevrotiche, e che distrugge la nostra salute fisica e mentale. Perché il traffico è sinonimo di mancanza, inefficienza, a volte anche ignoranza, nella pianificazione e nell’amministrazione della città e soprattutto oggi mancanza di attenzione verso le difficili sfide che il crescente surriscaldamento globale obbliga le amministrazioni pubbliche ad affrontare. È emerso dalla classificazione degli agenti inquinanti che la combustione utilizzata dalle automobili è la principale causa dell’inquinamento, essendo alla base della quasi totalità delle particelle dannose presenti nell’aria e che per quanto riguarda la sola anidride carbonica, il traffico è responsabile del 40% della sua emissione. Il traffico inoltre ormai è sintomo di inefficienza della pianificazione e costruzione della rete dei trasporti pubblici integrata con il sistema viario automobilistico e commerciale. Berlino invece è una città organizzata, accogliente, interessante, dinamica, ordinata, pulita, contemporanea e proiettata nel futuro tanto da classificarsi, ai primi di settembre, come città con l’aria più pulita d’Europa. Confermata l’anima verde della Germania, è oggi la capitale di una delle nazioni europee più importanti a livello politico, ma innanzitutto economico. Uscita sconfitta da entrambi i conflitti mondiali è stata in grado di rialzarsi in fretta e tornare leader in vari settori industriali, oltre a diventare uno tra i migliori modelli di città sostenibile in Europa e nel mondo. Ricordiamo ancora che la città fu quasi completamente distrutta durante il secondo conflitto mondiale dalle Forze Alleate: 50.000 edifici furono rasi al suolo e altri 200.000 furono più o meno gravemente danneggiati. Nel 1949 fu poi divisa in Germania occidentale e Germania orientale e ricostruita completamente una prima volta, per poi subire una nuova rinascita e ricostruzione con la sua riunificazione

Circulation and public transportation in Berlin, an energy-efficient city by Sabina Santovetti Berlin is a well-organized city, friendly, dynamic, orderly, clean, contemporary and projected towards the future, and was ranked, in early September, as the city with the cleanest air in Europe. The territory of the city is intersected by a network of federal roads, the Bundesstraße. The main circulation arteries support heavy but fluid traffic, along tree-lined roads. The system of urban highways is made up of eight routes. The city itself is constantly changing on the basis of its expansion and needs. The national and international railroad traffic makes almost exclusive use of the Hauptbahnhof, Ostbahnhof, Gesundbrunnen, Spandau and Sudkreuz stations, which serve at the same time as important regional traffic nodes. From 1993 to 2006, a new intersection-station was built, the Lehrter Bahnhof, which distributes railroad traffic on five levels. The urban public transportation is very efficient and capillary, and includes the S-Bahn (Stadtschnellbahn), U-Bahn (Untergrundbahn, the equivalent of our subway), buses and streetcars. The same ticket is valid for every form of transportation, which all together form a network of interconnected systems with uniform service standards. The city of Berlin is crossed by the Sprea river and a large number of canals that are almost all navigable.

Nella pagina a fianco: vollta integrata nella hauptbahnhof di Berlino

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TRASPORTI & CULTURA N.31 dal 1990. In questo importante processo di cambiamento una speciale attenzione fu data alla viabilità e ai trasporti pubblici, e oggi anche il cittadino e il turista inesperto lo percepiscono e ne fruisce positivamente.

Strade

1 - Schema delle autostrade e strade federali.

2 - Rete ferroviaria

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Il territorio della città è attraversato da una rete di strade federali, Bundesstraße, che s’identificano nella segnaletica stradale con la lettera B: (B1, B2, B5, B96, B96a, B101, B109, B158 e B179) e da numerose tratte di autostrade urbane indicate come Stadtautobahn, costruite soprattutto negli anni ’60 e ’70 nei settori occidentali della città. Le arterie stradali principali sostengono un traffico intenso ma scorrevole, e viali alberati fanno da spartitraffico ai sensi di marcia ampi e generosi sempre di tre o più corsie. La prima autostrada della città fu costruita nel 1921, la cosiddetta A.V.U.S., AutomobilVerkehrs-und ÜbungsStraße, che oggi fa parte dell’A115. A grande distanza dalla città, nel periodo nazionalsocialista, fu ancora costruita la parte meridionale ed orientale del raccordo anulare A10, che fu poi completato negli anni settanta. Invece nel secondo dopoguerra, l’aumento del traffico automobilistico suggerì la costruzione di una rete di autostrade urbane, stabilita, nei settori occidentali, dal Piano Regolatore approvato nel 1965 che portava il nome di Autogerechte Stadt, che significa “città dedicata all’automobile”. Moltissime città europee seguirono questa strada e nello stesso Piano Regolatore berlinese del 1965 si stabilì anche la dismissione delle linee tranviarie di Berlino Ovest. Ma all’epoca non si aveva idea che l’aumento vertiginoso della popolazione ed il surriscaldamento globale del pianeta avrebbero dovuto fare i con-

ti con la combustione da idrocarburi e tante città che hanno seguito lo stesso percorso oggi devono rammaricarsi di questa scelta. Fortunatamente nel settore orientale della città progetti analoghi al Piano del 1965 furono continuamente rimandati per mancanza di risorse economiche e dalla fine degli anni settanta la costruzione di nuove tratte di autostrade urbane fu bloccata, a causa dei fenomeni di degrado e di congestione che esse provocavano. Il problema del traffico invece di limitarsi, si acuiva. Attualmente, il sistema delle autostrade


TRASPORTI & CULTURA N.31 urbane berlinesi si compone di otto percorsi indicati con la lettera A: A10, A100, A103, A111, A113, A114, A115, A117; e si prevede un prolungamento della A100 in direzione est prevista originariamente come anello completo. La città è in perenne metamorfosi in base all’espansione e alle richieste.

Ferrovie La rete ferroviaria berlinese invece è amministrata dalla Deutsche Bahn con alcune linee minori, di

importanza regionale, concesse ad altre società. Il traffico nazionale ed internazionale, compresi i treni Inter City Express, quelli EuroCity e InterCity, usano quasi esclusivamente le stazioni Hauptbahnhof, Ostbahnhof, Gesundbrunnen, Spandau e Sudkreuz, essendo nel contempo anche importanti nodi del traffico regionale. La stazione invece del Giardino Zoologico di Berlino, Berlin Zoologischer Garten, che era la stazione centrale di Berlino ovest, non lo è più dal 2006, dopo l’apertura della nuova Hauptbahnhof che in tedesco significa “stazione centrale” e anche dalla stazione

3 - Una fermata dell’autobus nel centro di Berlino.

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TRASPORTI & CULTURA N.31 Südkreuz. Infatti, poco dopo la caduta del muro e la riunificazione del 1990, gli urbanisti del Senato berlinese dovettero aggredire il problema dell’organizzazione dei trasporti della città e in quell’occasione prese forma l’idea di una rete di trasporti “a fungo” che prevedeva una nuova, moderna stazione di intersezione su più livelli. Dopo due anni d’intenso lavoro, nel giugno 1992, il Governo Federale decise la costruzione di una nuova stazione di intersezione al posto della vecchia Lehrter Stadtbahnhof. Nell’anno successivo fu indetto il concorso per il progetto Lehrter Bahnhof, vinto poi dallo studio di architetti di Amburgo Gerkan, Marg e Partner (GMP). Il progetto prevedeva la distribuzione del traffico ferroviario su cinque livelli: i livelli principali sono costituiti dalle due banchine a fianco delle quali scorrono i binari della S-Bahn, la ferrovia veloce urbana, sistemate sulla sopraelevata all’altezza di 10 m sopra il livello stradale, nonché da cinque banchine situate alla profondità di 15 m. I binari che raggiungono la Potsdamer Platz vengono canalizzati nel Tiergarten Tunnel sotto l’edificio del Reichtag ed il fiume Sprea; a nord della stazione sono congiunti con il Nord Ring. Un progetto organico ed efficiente che prevedeva anche le stazioni per il Transrapid e per la linea metropolitana U5, Kanzler-U-Bahn. La costruzione venne realizzata per fasi e ci sono voluti quattordici anni per completare l’opera. Nel 1995 si cominciò con lo scavo del tunnel “Tiergarten”, terminato nel 2005 con il completamento dell’ultimo lotto sotto la Lehrter Bahnhof. Il tunnel è costituito da quattro canne per i treni regionali e per quelli a lunga distanza, da due canne per la linea ferroviaria sotterranea U-Bahn, ed inoltre da un tunnel stradale che viene ventilato attraverso

4 - Navigazione sulla Sprea.

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una torre di circa 60 metri. Durante lo scavo del tunnel avvenuto dal 1996 al 1998 fu necessario deviare il corso della Sprea ed i lavori subirono un anno di ritardo a causa delle infiltrazioni d’acqua nel cantiere. Nel 2001 iniziò la costruzione vera e propria del nuovo tracciato della S-Bahn, dei viadotti destinati a scavalcare, dell’area della stazione, e anche del vicino porto fluviale, per una lunghezza complessiva di 450 metri. Per seguire il tracciato della SBahn, i viadotti sono in curva e, nel punto centrale, si allargano fino a 70 metri per poter ospitare i marciapiedi. Questa è stata una grande sfida progettuale in quanto non ne esistono di simili. Il salone principale della stazione è sormontato da una tettoia in vetro tubolare ad andamento curvilineo, delle dimensioni di ca. 85 x 120 metri, realizzata nel 2002. Un impianto fotovoltaico è integrato nella superficie vetrata. Il montaggio della struttura in acciaio e vetro ha comportato considerevoli problemi e la copertura a vetri è stata notevolmente accorciata in corso d’opera. Finalmente, nel 2003, l’avanzamento dei lavori di costruzione dei viadotti e della tettoia principale è giunto ad un punto tale da consentire il trasferimento del traffico ferroviario sul nuovo tracciato facendo sì che si potesse finalmente demolire la vecchia Lehrter Stadtbahnhof che interferiva con il cantiere della nuova stazione. Inoltre sopra gli atri principali sono state costruite due strutture di acciaio, simili a dei ponti, che offrono una superficie di 44.000 m² adibiti ad uffici. I lavori sono stati iniziati nel 2005 ed i ponti d’acciaio sono stati prima costruiti in verticale e successivamente, in due weekend in luglio e agosto 2005, sono stati collocati sopra il tetto della stazione con una tecnica assolutamente innovativa. I ponti, con un peso di


TRASPORTI & CULTURA N.31 1250 t ciascuno, sono stati abbassati con un cavo a 6 m all’ora. Ci sono voluti 14 anni per costruire questo snodo importantissimo della città e nel 2006 la stazione è stata inaugurata dal cancelliere Angela Merkel.

Trasporti pubblici La rete dei trasporti pubblici urbani è molto efficiente e capillare. Le linee urbane, esclusa la rete S-Bahn, sono gestite dalla Berliner Verkehrsbetriebe Gesellschaft, B.V.G., mentre le linee suburbane da svariate società. Tutte sono però perfettamente integrate nel consorzio V.B.B., Verkehrsverbund Berlin-Brandenburg e tutti i mezzi sono accessibili con lo stesso biglietto e formano una rete di sistemi connessi con degli standard di servizio uniformi. La S-Bahn che è l’abbreviazione di Stadtschnellbahn, “ferrovia celere urbana” è un servizio ferroviario urbano, prevalentemente esterno, gestito dalla società omonima S-Bahn Berlin, controllata dalla Deutsche Bahn. Anche la S-Bahn è integrata nel consorzio di trasporti Verkehrsverbund BerlinBrandenburg, V.B.B.. La rete copre tutta la città come i dintorni e si compone di 15 linee, fra loro sovrapposte nelle tratte centrali, come anche di una ferrovia circolare, indicato come Ringbahn. La S-Bahn viaggia, fra venerdì e sabato e fra sabato e domenica, senza interruzione notturna. Nelle altre notti è necessario servirsi dei mezzi notturni della B.V.G. ma nella città nessuno rimane mai a piedi, provare per credere. La U-Bahn, è la nostra metropolitana, abbreviazione di Untergrundbahn, “ferrovia sotterranea”, che viene gestita sempre dalla B.V.G.. Essa viaggia

prevalentemente sottoterra, anche se vi sono alcuni tratti in trincea, in superficie o in viadotto. Per il cittadino questi cambiamenti visivi sono molto emozionanti e nella progettazione si dovrebbe tenerne sempre conto. Viaggiare a lungo sottoterra può risultare frustrante. La rete è composta da 10 linee, si estende per 152,5 km e 173 stazioni con maggiore densità nella zona occidentale della città, quella che prima della caduta del Muro veniva identificata come Berlino Ovest. La maggiore compagnia cittadina di autobus a lunga percorrenza è la “Berlin Linien Bus”, colloquialmente chiamata anche “BerLinienBus”. La copertura di rete della B.L.B., molto estesa in Germania, conta anche un gran numero di città in quasi tutti i paesi europei. A Berlino ci sono tre aeroporti: l’aeroporto Otto Lilienthal di Tegel, il principale, a 8 km dal centro; l’aeroporto di Schönefeld, fuori dal territorio urbano, a 24 km dal centro servito da un servizio pubblico integrato che porta in città al massimo in venti minuti; e l’aeroporto di Tempelhof che, essendo nel centro della città, è stato definitivamente chiuso il 30 ottobre 2008 e oggi è palcoscenico per manifestazioni. È in previsione la completa ricostruzione dell’aeroporto di Schönefeld, che verrà notevolmente ampliato e rinominato come l’Aeroporto Internazionale di Berlino-Brandeburgo” B.B.I. in quanto servirà l’intera regione ed il nuovo scalo permetterà anche la chiusura di Tegel, dopo quella già avvenuta di Tempelhof, la cui posizione, vicina ad aree urbanizzate, era fonte di numerosi problemi. La città di Berlino è fondata sul fiume Sprea ed i suoi innumerevoli canali che sono quasi interamente navigabili anche da navi pesanti. La città è servita da un porto principale, e tre minori: Wes-

5 - Autobus verde

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6 - Lungo la Friedrichstrasse 7 - Taxi-bicicletta

thafen, il Porto ovest che è il più grande della città con un’area di 173,000 m² ed è adibito al trasporto di cereali e merci pesant. Poi il Porto Sud, Südhafen, con un’area di circa 103,000 m²; Il Porto est, Osthafen, di 57,500 m², che è ancora in uso ma va verso opere di riqualificazione urbana; ed infine Hafen Neukölln, Porto Neukölln, con solo 19.000 m² che è il porto più piccolo della città e viene usato per il trasporto di materiali da costruzione. La rete tranviaria berlinese, inaugurata nel 1865, un tempo estesa in tutta la città con una rete di oltre 630 km nel 1930, serve oggi prevalentemente i quartieri orientali, ex Berlino Est, essendo stata sostituita, negli ex settori occidentali, da linee di U-Bahn o dagli autobus. Nella parte occidentale finora sono stati costruiti solo alcuni tratti nuovi, in parte sul percorso di linee chiuse negli anni ‘60 o disattivate ancora prima. Esistono progetti per diversi prolungamenti della rete, soprattutto verso i quartieri occidentali, ma la scarsità di risorse economiche ne limita la possibilità di realizzazione. Attualmente la rete consta di 22 linee urbane, gestite dalla B.V.G.. Di queste, 9 linee, dette MetroTram sono più frequenti e l’attesa minima è di 10 minuti nelle ore diurne viaggiando 24 ore al giorno. Vi sono poi due linee extraurbane, esercite da due diverse società: la linea 87 e la 88. La rete di autobus copre l’intera città con numerose linee urbane e suburbane. Tutte le linee urbane sono gestite dalla BVG. Vi sono, analogamente alla rete tramviaria, 17 linee MetroBus, con frequenza minima di 10 minuti e servizio continuato 24 ore al giorno. Vi sono inoltre 13 linee dette Bus Express, linee X, generalmente interperiferiche o dirette verso gli aeroporti, che effettuano solo le fermate principali. Le linee notturne, da N1 ad N9, sostituiscono le linee della U-Bahn durante la notte eccetto nei fine settimana dove i trasporti sono efficientissimi. Le linee N a due cifre, complessivamente 39, servono i quartieri non serviti da altri collegamenti notturni MetroBus o MetroTram, assicurando, anche nelle zone più periferiche e meno densamente servite, un servizio “porta a porta”. Vi sono 6 linee di traghetto Fähre, contraddistinte dalla lettera F (F10, F11, F12, F21, F23, F24) che at20

traversano i fiumi e i laghi berlinesi nelle zone più periferiche, dove naturalmente non ci sono ponti. Tutti i berlinesi ne usufruiscono e non sono solo linee turistiche, come per esempio a Roma e Parigi.

Mobilità sostenibile La rete di piste ciclabili è fittissima ed i ciclisti sono i veri re delle strade. A detta di tutti i berlinesi, più importanti dei pedoni. Provate a camminare su di una pista ciclabile e finirete per essere investiti e multati. E la ragione viene data molto più spesso ai ciclisti. Sulle strade principali, parte del marciapiede, su entrambi i lati, è spesso adibita a pista ciclabile. La divisione è evidenziata solo dalla diversa pavimentazione, spesso di colore rosso scuro, senza altre segnalazioni. Le biciclette sono molto diffuse in tutta la città, e possono essere affittate ovunque, ma i berlinesi ne posseggono tutti una. Ci sono parcheggi per le bici in tutte le stazioni, ed è possibile portarsi la bici sulle reti S-Bahn e UBahn, anche se a volte è necessario scendere o salire le scale della stazione, dove però esistono dei comodi ascensori per i disabili e per loro, i ciclisti. Le carrozze inoltre dei trasporti S o U hanno uno spazio per le biciclette importante. Nell’intervista a cura di Francesco Erbani al più noto studioso di storia dell’architettura, Leonardo Benevolo, con voce fortemente provocatoria, ma a ragion veduta, Benevolo dichiara “la fine della città”, in quanto “la sempre più frequente dissociazione fra la disciplina collettiva che l’urbanistica propone e l’individualità della progettazione architettonica è spesso schizofrenica”. Ma se è assolutamente veritiero poter affermare ciò per un paese come l’Italia, egli stesso ammette che in altri paesi europei le due istanze si sono riuscite a combinare senza creare la drammatica paralisi avvenuta in Italia. Berlino ne è uno esempio e l’impegno etico sociale è all’ordine del giorno dove le strategie di pianificazione urbanistica prevedono soprattutto il benessere del cittadino in quanto fruitore e contribuente. Ai primi di settembre Berlino si è classificata pri-


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ma in graduatoria come città con l’aria più pulita di Europa. Su 17 metropoli analizzate - Berlino, Copenhagen, Stoccolma, Vienna, Zurigo, Amsterdam, Lione, Glasgow, Graz, Parigi, Bruxelles, Londra, Madrid, Stoccarda, Dusseldorf, Milano e Roma - quest’ultime sono risultate le ultime in classifica, mentre al primo posto si è classificata la capitale tedesca. Nell’ambito della campagna Soot-free for the Climate! nel 2009 è stata sviluppata una graduatoria The European City Ranking – Best practices for clean air, che ha valutato le strategie implementate dalle amministrazioni locali tra il 2005 ed il 2010, quando i nuovi limiti europei per ridurre le emissioni di PM10 sono entrati in vigore. L’iniziativa voleva stimolare il confronto e promuovere azione per il raggiungimento degli standard imposti dalle normative europee e Berlino si è aggiudicata il primo posto soprattutto per l’ azione presa

a livello amministrativo per ridurre i particolati nell’aria. Ma molte altre sfide e vittorie si vuole aggiudicare questa città, e per accelerare sulle eco-energie, Berlino vuole prestissimo ripensare alla propria infrastruttura elettrica ed il ministro dell’Economia Rainer Bruederle sta preparando un pacchetto di misure che semplifichi l’espansione della rete energetica nazionale. Per ora non esiste ancora nessuna stima di quanto l’operazione potrebbe costare, ma Bruederle ha confrontato il piano con quello della ricostruzione nell’ex-Germania Est dopo la riunificazione. “La portata della sfida è paragonabile con i requisiti necessari per l’allora costruzione di infrastrutture”, afferma il ministro. “Si tratta di fornire una rete elettrica adatta alla conversione degli approvvigionamenti energetici. Un pacchetto di misure dovrebbe garantire una semplificazione delle procedure di pianificazione e approvazione, assicurando anche una maggiore accettazione da parte dell’opinione pubblica e le condizioni ottimali per gli investimenti”. Oggi la Germania punta alle rinnovabili ed il Cancelliere federale Angela Merkel, proprio alcune settimane fa, ha spronato tutto il paese ad accelerare la transizione verso un mix energetico ad alto tasso di rinnovabili per abbandonare progressivamente il nucleare. Chi non ha ancora visitato Berlino è invitato ad utilizzare tutti i trasporti pubblici. che sono la sua forza, come la forza di tutte le città efficienti ed ecologiche, e sempre di più lo diventeranno se si vogliono affrontare le difficili ed urgenti sfide del cambiamento climatico. E speriamo presto, per Berlino, in un servizio integrato di servizi pubblici a fonti energetiche pulite.

8 - Rete della U-bahn.

9 - La rete S-Bahn e U-Bahn.

Riproduzione riservata ©

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Prospettive attuali e future dei trasporti in Bulgaria di Alberto Rossi

La Bulgaria costituisce un Paese chiave per il sistema dei trasporti a livello europeo e i trasporti costituiscono un aspetto critico di fondamentale importanza per lo sviluppo della Bulgaria, rappresentando da ultimo circa il 12% del Prodotto Interno Lordo del Paese e impiegando circa 138.000 persone. Il Governo bulgaro è fermamente intenzionato a promuovere lo sviluppo e la modernizzazione dell’infrastruttura dei trasporti, la liberalizzazione del mercato dei servizi di trasporti e l’applicazione su larga scala della tecnologia dell’informazione e delle telecomunicazioni.

I Corridoi La Bulgaria è attualmente attraversata da ben 5 corridoi paneuropei, in particolare il corridoio IV (Norimberga – Praga – Vienna – Bratislava – Budapest – Bucarest – Craiova, Sofia/Salonicco – Plovdiv/Istanbul), il corridoio VII (il Fiume Danubio costituisce il confine settentrionale di quasi tutta la Bulgaria), il corridoio VIII (Durazzo/Tirana – Skopje – Sofia – Plovidv- Burgas – Varna), il corridoio IX (Helsinki – San Pietroburgo – Kiev – Chisinau – Bucarest – Dimitrovgrad – Alexandroupolis), il corridoio X (Salisburgo – Lubiana – Zagabria – Belgrado – Nis – (tratto C) – Sofia – Plovdiv – Dimitrovgrad – Istanbul). Al riguardo, vi è anzitutto particolare attenzione al corridoio IV che, partendo dal confine occidentale con la Romania, attraverso il traghetto da Calafat (Romania) a Vidin (Bulgaria) perviene alla capitale Sofia e da essa si dirama in direzione sud (Grecia) e Est (Turchia). In corso di realizzazione è il passaggio in prossimità della capitale Sofia, data anche la morfologia collinare dei dintorni. Grande sviluppo hanno avuto la costruzione dell’autostrada verso la Grecia, che comunque si ferma all’altezza della città di Dupnitsa, a circa 50 km. a sud si Sofia e circa 130 km dal confine greco. Verso est già esiste una autostrada che porta fino a 50 km ad est della città di Plovdiv, a meno di 100 km dal confine turco, verso il quale vi sono progetti di realizzazione. Il corridoio IV si interseca con i corridoi VIII e X nella parte occidentale della Bulgaria e, in parte, coincide a livello di realizzazione delle opere. Molto importante viene considerata la collaborazione con i Paesi frontalieri, dalla Romania (con la quale è in corso di progettazione e di prossima realizzazione il ponte sul Danubio: si conta di realizzarlo al massimo in 2 anni), ma non meno importante è la collaborazione con la Macedonia e la

Current and future prospects for transportation in Bulgaria by Alberto Rossi Bulgaria is a key country for the transportation system at the European level, and transportation is a fundamental aspect of the country’s development. Bulgaria is currently intersected by 5 panEuropean corridors: IV, VII, VIII, IX and X. The quality of railroad transport is not yet up to the finest European standards, and even the road infrastructure is weak, especially in suburban areas and on secondary roads. The port structures also require adequate investments. The airport in Sofia recently underwent a total renovation, but the other airports are in need of significant investments. The Bulgarian government intends to promote the development and modernization of the transport infrastructure, the liberalization of the market for transportation services and the wide-scale application of information and telecommunications technology. Considering the predominance of road transportation, the goal is to reinforce railroad and river transportation and redistribute transportation modes more generally. For passenger transportation, attention is being focused on the urban electric system, including the subway in Sofia. For road traffic, the axis connecting the country to Greece, Romania and Western Europe is important; the internal connection with the two ports of Varna and Burgas is strategic.

Nella pagina a fianco, in alto: corridoi di attraversamento della Bulgaria; in basso: una strada di Sofia.

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TRASPORTI & CULTURA N.31 Serbia, dalla quale provengono rispettivamente il corridoio VIII e X. Particolare cura viene riservata alla realizzazione delle arterie stradali che conducono verso le città del Mar Nero Burgas e Varna. Per quanto riguarda la realizzazione del corridoio VII (navigazione fluviale lungo il corso del Danubio) la Bulgaria deve recuperare molto tempo perso e l’opera da svolgere è ancora molto onerosa. Si tratta in particolare di prestare attenzione all’ammodernamento di alcuni porti fluviali (i principali sono Vidin, Russe e Lom), di modernizzare la flotta che viaggia lungo il fiume (tuttora piuttosto obsoleta) e di realizzare alcuni ponti (di quello di Vidin si è detto, l’altro ed unico ponte è quello di Russe che però necessita di una importante riparazione). Notevole attenzione è posta ai servizi di informazione fluviale per il transito sul Danubio. Anche il corridoio IX, che deve tagliare da nord a sud il Paese, sta subendo un certo ritardo. Al riguardo c’è veramente molto da fare. Si parte dal ponte sul Danubio di Russe, di cui si è detto, per raggiungere con adeguate arterie stradali le città di Veliko Tarnovo, Gabrovo, stara Zagora, Haskovo, Karzdhali, fino al confine greco dei Rodopi. Soprattutto a Sud si tratta di una zona di montagna (monti Rodopi), pertanto il percorso è accidentato. Esistono progetti ma per il momento la

Il sistema attuale dei trasporti

realizzazione deve ancora avvenire. Fra tutti i progetti collegati ai corridoi paneuropei, sicuramente quello del corridoio IX è il più arretrato anche perché non coinvolge i Paesi economicamente più forti dell’Unione Europea. É chiaro dunque che, dal punto di vista geopolitico, il maggiore sviluppo deriverà alla zona occidentale del Paese, grazie all’intersezione, già in corso di realizzazione, dei corridoi IV, VII e X che insistono in un’area abbastanza ristretta de territorio in questione.

do e del salario pro capite porterà a uno sviluppo del sistema dei trasporti. L’attuale composizione del trasporto delle merci in Bulgaria (dati 2008) è la seguente: - ferrovia (20 %), strada (65 %), trasporo marittimo (10 %), trasporto fluviale (5 %) - E per quanto riguarda i passeggeri (dati 2008): - ferrovia ( 4%), strada (63%), trasporto aereo (2%), trasporto urbano (31 %) - Occorre tuttavia osservare che la qualità del trasporto ferroviario non è ancora in linea

Il sistema nazionale bulgaro di governo dei trasporti è basato sul Ministero dei Trasporti, della tecnologia dell’informazione e delle comunicazioni, il quale, a sua volta, si è suddiviso in agenzie che regolano l’amministrazione ferroviaria, l’amministrazione del sistema automobilistico, l’amministrazione marittima, la tutela del fiume Danubio, l’amministrazione dell’aviazione civile, l’impresa di gestione dell’infrastruttura ferroviaria, l’impresa di gestione dell’infrastruttura portuale, l’autorità regolatrice del traffico aereo, l’agenzia delle infrastrutture stradali. Al di là delle strategie di coesione europea, vi sono comunque diversi fattori – a livello internazionale – che fanno propendere per una crescente importanza del sistema dei trasporti in Bulgaria: - la globalizzazione dei mercati e il ruolo di Paese di transito tra Unione Europea e Asia; - la stabilizzazione politica dei Balcani e la creazione di grandi opere, quali il tunnel ferroviario sotto il Bosforo, il ponte sul Danubio tra Vidin (Bulgaria) e Calafat (Romania) porta a un crescente ruolo della Bulgaria in termini di domanda di trasporti a livello internazionale; - lo sviluppo della Bulgaria come destinazione turistica porta senza dubbio a una crescente domanda in termini di trasporto; - la crescita del prodotto interno lor-

1 - Rete ferroviaria.

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TRASPORTI & CULTURA N.31 con i migliori standard europei e anche l’infrastruttura stradale non si trova in ottimo stato di conservazione, specialmente nelle aree periferiche e a livello di strade secondarie. Mancano inoltre adeguate tangenziali urbane. Anche le strutture portuali sono carenti e richiedono adeguati investimenti per il loro miglioramento. Al riguardo si ricorda che il maggior porto fluviale del Paese resta quello di Vidin che è di importanza strategica, essendo collegato con le tipologie di trasporto combinati Vidin – Passau (Germania) attraverso la Romania. Importanza strategica crescente avranno le infrastrutture e la ferrovia attorno alla città di Vidin. Si prevede la ricostruzione della esistente stazione per i passeggeri e una nuova stazione ferroviaria per le merci. Il tutto dovrebbe poi essere completato con la realizzazione di un nuovo aeroporto a Vidin, in grado di alleggerire il traffico dell’aeroporto di Sofia. La capacità dell’aeroporto internazionale di Sofia è stata infatti velocemente esaurita e ora sono necessari nuovi investimenti per l’ampliamento. Nuovi investimenti sono necessari anche negli aeroporti di Varna e Burgas. Gli aeroporti principali del Paese sono, nell’ordine, Sofia, Plovdiv, Varna e Burgas. Esistono tuttavia diversi scali minori aperti per turismo e trasporto di merci. L’aeroporto di Sofia ha recentemente beneficiato

pagnie di trasporto fluviale e marittimo risentono dell’obsolescenza dei mezzi di trasporto che, allo stato attuale, impone seri limiti alla competitività. Il governo bulgaro offre tutta la propria collaborazione e supporto ai programmi dell’Unione Europea relativi al sistema dei trasporti. In particolare il “greening tranport package” rivolto in generale all’ecosostenibilità del sistema dei trasporti, il progetto europeo di competitività del sistema ferroviario, il progetto per lo sviluppo dei sistemi intelligenti di trasporto (ottimizzazione dell’uso delle strade, sicurezza stradale, collaborazione tra amministrazioni, eccetera), le linee guida europee per il sistema dei trasporti marittimi, la strategia europea per il fiume Danubio, il programma per la sviluppo aereo comunitario, il programma “Marco Polo” per lo sviluppo intermodale, il programma per la mobilità urbana ecosostenibile, il programma TEN-T a servizio della politica comune europea dei trasporti. Sulla base di tutte le considerazioni precedentemente riassunte, il governo bulgaro, preso atto della predominanza del trasporto su strada, intende promuovere tutte le modalità di trasporto intermodale che permettano di potenziare il trasporto ferroviario e fluviale e di redistribuire complessivamente le modalità di trasporto. Per quanto riguarda il trasporto dei passeggeri, particolare attenzione viene prestata al sistema

2 - Rete stradale

di un rinnovo totale che lo ha reso del tutto competitivo rispetto agli standard internazionali del trasporto aereo. Gli altri aeroporti sono di status del tutto inferiore e necessitano pertanto di notevoli investimenti che il Governo bulgaro ha individuato come priorità anche attraverso l’uso efficiente dei fondi europei.

di trasporto urbano elettrico, compresa la Metropolitana di Sofia. Per questo settore è previsto un grande sviluppo (circa il 26% fino al 2020). Per quanto riguarda il traffico stradale particolare importanza è data all’asse Vidin – Sofia – Kulata, che costituisce il collegamento con Grecia, Romania e l’Europa occidentale. Inoltre è di importanza strategica il collegamento interno con i due porti di Varna e Burgas.

Notevole è la concorrenza tra operatori del trasporto su strada (compagnie di autobus e di camion per il trasporto delle merci), mentre le com25


TRASPORTI & CULTURA N.31

I progetti In particolare, i progetti di sviluppo futuro si possono riassumere come segue. - Manutenzione efficiente, modernizzazione e sviluppo dell’infrastruttura dei trasporti - Data la scarsità di fondi, questo obiettivo potrà essere conseguito rideterminando le priorità e privatizzando la gestione di strutture di non essenziale importanza per la Nazione. É essen-

3 - apparecchio della compagnia Bulgaria Air.

4 - La stazione ferroviaria di Burgas.

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ziale pure condurre un’accurata analisi costibenefici. Al riguardo esistono 4 assi prioritari di trasporti nazionali e diversi progetti europei collegati con i corridoi paneuropei. Gli assi in questione riguardano lo sviluppo dell’infrastruttura ferroviaria soprattutto nel tratto Sofia – Plovdiv e modernizzazione delle tratte Svilengrad – confine turco, Plovdiv – Burgas, Sofia – Dragoman, Vidin – Sofia. Per quanto riguarda le infrastrutture stradali, particolare attenzione


TRASPORTI & CULTURA N.31 viene prestata alle tratte Vratsa – Botegrad, Vidin – Montana, Kardjali – Podkova, tangenziale di Sofia, completamento delle autostrade Struma, Maritsa e Trakia. É inoltre progettato l’ampliamento della metropolitana di Sofia fino all’aeroporto e altre destinazioni della cintura urbana. Si intende inoltre costruire dei terminal intermodali nelle città di Sofia, Russe, Plovdiv e terminal container nei porti di Burgas e Varna. -

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Integrazione del sistema di trasporto bulgaro nel sistema di trasporto europeo - L’integrazione nel sistema di trasporti europeo comporta per la Bulgaria la possibilità di procedere alla modernizzazione della propria infrastruttura a un costo nettamente inferiore. In questo senso è prioritario velocizzare e rendere più facili tutte le procedure, in modo che la Bulgaria possa utilizzare i Fondi Europei strutturali e di coesione in modo molto più completo. Al riguardo particolare attenzione è posta agli assi “TEN-T” determinati dalla Commissione Europea. L’obiettivo di questa misura è quello di creare condizioni adatte per il coinvolgimento del sistema di trasporti bulgaro nel processo di globalizzazione, con vantaggio per la favorevole posizione geografica del Paese. Ciò dovrà portare a un utilizzo efficiente dei fondi europei di coesione territoriale e sviluppo regionale, alla modernizzazione del sistema dei trasporti, al miglioramento della qualità del sistema nell’ambito dei corridoi europei, al miglioramento del sistema di trasporto fluviale e intermodale. Predisposizione di un ambiente imprenditoriale trasparente, armonizzato e competitivo con riferimento al mercato dei trasporti - Ciò è fondamentale perché il sistema dei trasporti influenza tutte le restanti variabili economiche ed è collegato alla totalità dei settori dell’economia. Al riguardo verranno proposte misure di ulteriore liberalizzazione e gestione privatistica dei beni di proprietà dello Stato nel settore dei trasporti. Inoltre dovranno essere assicurate condizioni trasparenti e armonizzate per la competizione tra differenti modalità di trasporto. Le aziende di proprietà pubblica operanti nel settore dovranno dotarsi di una struttura manageriale nella quale la funzione dello Stato è quella di supervisione e controllo Finanziamento sufficiente per lo sviluppo del settore dei trasporti. Assorbimento efficiente dei fondi europei - I finanziamenti devono essere indirizzati a costruzione, modernizzazione, mantenimento, riparazioni delle infrastrutture, rinnovo dei mezzi di trasporto, servizi di trasporto pubblico, ricerca e sviluppo nel settore dei trasporti. Le fonti devono provenire dal bilancio statale e dai fondi europei, ma anche da concessioni e forme di project financing, nonché da prestiti bancari dalla banca europea degli investimenti e altre istituzioni similari. Al riguardo dovranno essere favorite tutte le forme di partnership pubblico-privato, attraverso l’aumento delle concessione, l’attrazione di investitori privati nel settore portuale e aeroportuale, il miglioramento di tutti i sistemi di analisi che permettano di valutare la profittabilità nonché in genere la sostenibilità delle varie iniziative in tema di sviluppo dei trasporti.

trasporti sull’ambiente e sulla salute umana - Si tratta di favorire l’uso di carburanti da energie rinnovabili, nonché lo sviluppo di forme di trasporto ecocompatibili. Particolare attenzione verrà prestata agli standard europei per gli scarichi dei mezzi pesanti, al trasporto ferroviario nonché allo spazio di trasporto nel fiume Danubio. Dovranno essere drasticamente ridotti tutti gli scarichi inquinanti confluenti nel Mar Nero. Verranno favoriti i trasporti con mezzi alimentati ad elettricità e con energie rinnovabili in genere. Si ricorda che la Bulgaria ha aderito al protocollo di Kyoto e alla convenzione quadro delle Nazioni Unite in tema di cambiamenti climatici. -

Sicurezza del sistema dei trasporti.- É importante lo studio e l’analisi degli incidenti per proporre adeguate azioni. I risultati attesi riguardano il raggiungimento di un rispetto totale degli standard di sicurezza europei per le diverse forme di trasporto con conseguente auspicata riduzione del numero di incidenti e dei decessi da essi derivanti. Dovranno essere promosse autorità indipendenti di emanazione statale che permettano di eseguire più efficaci controlli sullo stato delle infrastrutture nonché sul comportamento degli operatori e lo sviluppo di adeguate azioni e programmi per l’ottenimento della riduzione del numero degli incidenti stessi.

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Predisposizione di un sistema di trasporti di alta qualità e accessibile in tutte le regioni del Paese - Questo obiettivo è in linea con le direttive europee e potrà essere conseguito attraverso adeguati studi e attraverso la creazione di un sistema intelligente di trasporti. In linea di principio tale linea guida di azione intende promuovere la facilità di accesso alle aree meno sviluppate del Paese, a migliorare la qualità complessiva del sistema dei trasporti come chiave per lo sviluppo regionale. Lo Stato in pratica dovrà rimborsare le aziende che opereranno in condizioni economiche poco vantaggiose anche attraverso contributi in conto capitale diretti all’acquisizione di più moderni mezzi di trasporto.

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Sviluppo sostenibile del trasporto urbano per le persone - É fondamentale ridurre la congestione nelle città, ottimizzare l’uso del mezzo privato, ridurre il rumore e l’inquinamento nelle aree urbane, creare un sistema di trasporti urbano accessibile a persone con ridotta mobilità, famiglie e bambini. Le aziende operanti in tale settore dovranno dotarsi di un adeguato sistema di controllo di gestione che permetta alle autorità di valutare il grado di raggiungimento degli obiettivi.

Si può dunque complessivamente affermare che la Bulgaria rappresenta, nell’Europa di oggi, un territorio estremamente interessante per tutti gli operatori del settore, dato il ruolo cruciale del Paese e dato il complessivo ritardo nello sviluppo rispetto ad altri territori europei. Riproduzione riservata ©

Riduzione dell’impatto negativo del settore dei 27


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TRASPORTI & CULTURA N.31

La linea C della Metropolitana di Roma di Roberto Sorge

La nuova Linea C della metropolitana di Roma è la più importante opera pubblica attualmente in fase di realizzazione in Italia. La terza metropolitana di Roma, quando sarà completamente realizzata raddoppierà lo sviluppo della rete metropolitana esistente, avvicinando sempre di più la città allo standard delle altre capitali europee e con la conseguente riduzione del traffico automobilistico, dell’inquinamento e dei tempi di spostamento. Porterà quindi concreti e significativi benefici alla città, che si rifletteranno sia sul sistema dei trasporti sia sulla qualità della vita dei cittadini. La sua progettazione e la sua costruzione rappresentano una vera e propria sfida ingegneristica in quanto la nuova linea: - ha caratteristiche uniche al fine di salvaguardare il patrimonio storico-monumentale e archeologico delle aree percorse, patrimonio che ha richiesto accurate indagini preventive propedeutiche alla realizzazione delle stazioni e delle gallerie; - attraversa la città da nord-ovest a sud-est incontrando situazioni e problematiche di varia natura che necessitano di soluzioni specifiche e difficilmente standardizzabili; - è realizzata per tratte con fasi di progettazione e costruzione differenziate.

Il valore urbanistico della Linea C La Linea C, prima linea di trasporto urbano su ferro a spingersi oltre il raccordo anulare, avvicinerà il centro storico alla periferia sud-est di Roma, favorendo l’inversione di un’impostazione che da sempre assegna all’area centrale tutte le funzioni amministrative, politiche e commerciali. La Linea C è uno degli elementi strategici nella costruzione di un nuovo modello di metropoli cui Roma aspira: una città policentrica, in cui le diverse funzioni, oggi assolte da un centro monolitico intorno a cui gravita il resto della città, si riorganizzino secondo un nuovo modello di sviluppo a più “poli”. La nuova linea costituirà un collegamento integrato, veloce e frequente tra centro e periferia e tra alcuni punti nodali della città.

Line C of the Subway in Rome by Roberto Sorge The new Line C of the subway in Rome is currently the most important public work under construction in Italy. When it is completed, it will double the size of the existing metropolitan network, aligning the city to the standards of other European capitals by reducing automobile traffic, pollution and the time it takes to get from one place to another. Line C, the first urban transportation line on tracks to reach beyond the beltway, will bring the historic city centre closer to the southeastern suburbs of Rome, and will reverse the pattern that has always kept the administrative, political and commercial functions in the city centre. Thanks to integrated, rapid and frequent connections between the centre and the suburbs, and between several critical points, it will be possible to achieve a poly-centric city, in which the diverse functions are reorganized into a new model of development with a larger number of “hubs”. The design and construction of the subway line is also an engineering challenge, given the need to preserve the historic, monumental and archaeological heritage of the areas involved. Preliminary explorations were required before proceeding to build the stations and tunnels. In addition, the line had to contend with a variety of situations and problems of various nature that required specific nonstandardized solutions.

La Linea C e il centro storico La salvaguardia dei monumenti - Far convivere il patrimonio storico e la modernizzazione: è questa la grande sfida della Linea C, che lungo il suo percorso incontra palazzi storici e monumenti di grande pregio.

Nella pagina a fianco, in alto: lavori in corso alla Stazione San Giovanni; in basso: indagini in via del Fori Imperiali.

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TRASPORTI & CULTURA N.31 Il centro storico di Roma è patrimonio dell’UNESCO e per garantirne la tutela in relazione alla costruzione della nuova linea metropolitana è stato istituito un Comitato Tecnico Scientifico, in cui operano studiosi di livello internazionale, con il compito di garantire un alto livello qualitativo delle metodologie di studio ed analisi relative alle possibili interazioni della nuova linea con il patrimonio storico-monumentale. Il CTS, che opera sia in fase di progettazione che di realizzazione, coordina e vigila sull’attività di gruppi di lavoro di specialisti che svolgono una serie di attività finalizzate a definire lo stato di 40 edifici di pregio storico-artistico (fra cui il Palazzo della Cancelleria, Palazzo Venezia, Palazzo Sforza Cesarini, la Chiesa di Sant’Andrea della Valle) e i 13 monumenti (fra cui il Colosseo, la basilica di Massenzio, la Colonna Traiana e il Vittoriano), in relazione alla costruzione della nuova metropolitana. L’archeologia - Una delle difficoltà incontrate a Roma nella definizione di un’efficiente rete di metropolitane è derivata dal valore delle preesistenze archeologiche nel sottosuolo, emergenti ogni qualvolta si procede ad uno scavo, non solo nel centro storico, ma sostanzialmente in tutta l’estensione della città, fino alla più estrema periferia, come testimonia il ritrovamento dei resti di una necropoli Eneolitica in località Pantano, al confine est del comune di Roma. Per tutelare questo immenso patrimonio archeologico tutte le fasi della progettazione sono state precedute da accurate indagini sul campo nelle aree dove sorgeranno le stazioni ed i pozzi di ventilazione (le gallerie non sono interessate da questa tematica poiché si sviluppano ad una profon-

1- Il percorso della linea C.

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dità compresa tra i 25-30 metri, quindi al di sotto dello strato archeologico). Sull’intero Tracciato Fondamentale sono stati realizzati oltre 400 carotaggi con recupero della colonna stratigrafica, accompagnati dalla lettura archeologica dei terreni attraversati.

Il sistema di automazione integrale La linea C è un sistema di trasporto rapido di massa, di elevata portata e frequenza; la tecnologia di sistema adottata è quella dell’Automazione Integrale con treni driverless, cioè senza guidatore a bordo. La gestione e l’esercizio del Sistema è allineata con i più avanzati livelli tecnologici già presenti su varie linee metropolitane nel mondo, ovvero l’assenza del macchinista a bordo del treno e la presenza di Agenti Itineranti con funzione di sorveglianza e assistenza ai passeggeri, in grado di compiere interventi a bordo in caso di necessità. Le banchine di stazione saranno chiuse verso la via di corsa da Porte Automatiche di Banchina, scorrevoli e sincronizzate con l’apertura delle porte del treno. Il driverless è lo standard del futuro, un sistema innovativo che è già stato realizzato ad Hong Kong, Lille, Parigi e soprattutto a Copenaghen (riconosciuta come migliore metropolitana al mondo), la cui particolarità è il fatto che i treni non avranno il conducente a bordo: il Sistema di Automazione Integrale infatti sostituisce completamente l’operatività del macchinista alla guida e quindi deve:


TRASPORTI & CULTURA N.31 azionare il veicolo, instradare il veicolo in linea, regolarne la velocità e calcolare le frenate perché il treno si fermi precisamente in corrispondenza delle porte di banchina. Tutto ciò grazie ad un programma operativo che esegue le funzioni di routine necessarie per gestire il servizio di trasporto, ma è anche in grado di riconoscere situazioni anomale e di attuare le dovute contromisure. Il Sistema di Automazione Integrale permette: - massimo grado di sicurezza, - elevata frequenza dei treni, - massima regolarità del servizio, - avvio automatico del servizio, - rilevazione continua della posizione dei treni, - flessibilità al servizio, consentendo un pronto incremento della frequenza dei treni quando lo richiede l’aumento della domanda nelle ore di punta, - controllo automatico della direzione di marcia, della velocità e della distanza tra i treni, - regolazione del traffico in base al programma di esercizio, - visualizzazione della circolazione e dello stato del sistema.

I treni Ogni convoglio, ciascuno con 204 posti a sedere, è composto da 6 carrozze e potrà portare fino a 1.200 passeggeri. Completamenti climatizzati, i convogli saranno dotati di un avanzato sistema di informazione audio-video ai passeggeri e di videosorveglianza per garantire i più alti livelli di sicurezza. Il design degli interni è stato progettato con par-

ticolare cura; i volumi disponibili sono sfruttati al massimo e prevedono ampi spazi destinati ai portatori di handicap e alle biciclette. La velocità di crociera sarà di 35 km/ora, quella massima di 90. É quasi completata la costruzione dei primi 13 convogli presso gli stabilimenti Ansaldo Breda di Reggio Calabria, di cui 9 sono già stati consegnati presso il Deposito Officina di Graniti, che ha funzione di ricovero di tutta la flotta e sarà gestito al 90% in maniera automatica e attrezzato con aree di stazionamento, zone automatiche di lavaggio e di soffiaggio sotto cassa e le officine di manutenzione. Il Deposito Officina di Graniti: Dirigenza Centrale Operativa - Il Deposito/Officina della Linea C si trova in località Graniti sulla via Casilina, rappresenta il cuore operativo e tecnologico della nuova linea della metropolitana di Roma ed è stato realizzato sulla base degli standard previsti dal Sistema di Automazione Integrale, per cui anche all’interno del deposito la manovra dei treni e il loro stazionamento avviene senza l’intervento dell’uomo. Esteso 216.670 m², il deposito di Graniti è destinato ad accogliere l’intero parco rotabile della linea C (inizialmente 13 treni, con possibilità di espansione fino a 46 treni). In un apposito fabbricato (Dirigenza Centrale Operativa) è collocato il Posto Centrale Operativo, da cui saranno guidati e controllati a distanza i treni dell’intera Linea C. Il Posto Centrale Operativo del sistema di trasporto è dunque il cuore del sistema metropolitano. Il personale-chiave è composto da addetti specializzati che controllano sia il movimento dei treni, sia la sicurezza dei passeggeri, tramite telecamere

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TRASPORTI & CULTURA N.31 nelle stazioni ed a bordo treni (elevata security); i passeggeri possono essere costantemente informati circa tutte le situazioni di potenziale pericolo tramite un sofisticato sistema di diffusione sonora; inoltre i passeggeri hanno la possibilitĂ di comunicare con il centro di controllo o con gli agenti di stazione tramite citofoni posti sia a bordo treni, sia nei principali luoghi delle stazioni. In caso di irregolaritĂ i supervisori intervengono tempesti-

2 -Panoramica della Stazione Mirti

3 - Stazione Malatesta.

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vamente per ristabilire il servizio normale prima possibile, avvalendosi anche di personale itinerante che in pochi minuti è in grado di intervenire in qualsiasi punto della linea e delle stazioni.


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La costruzione

stazione la struttura di questa è ormai terminata.

La Linea C si sviluppa in massima parte in sotterranea, ad eccezione di circa 10 km iniziali a cielo aperto, sul vecchio tracciato della linea ferroviaria Roma/Pantano. Correrà in due gallerie a singolo binario affiancate, che saranno collegate con la superficie solo in corrispondenza delle stazioni e dei pozzi di ventilazione. I lavori di costruzione prevedono essenzialmente tre operazioni: - stazioni e pozzi di ventilazione, - scavo profondo delle gallerie, - realizzazione degli accessi alle stazioni. Per la costruzione delle gallerie, allo stato attuale complete fino alla stazione di San Giovanni, sono state impiegate 4 TBM, Tunnel Boring Machine, macchine tecnologicamente avanzate che scavano il terreno e contemporaneamente costruiscono gallerie. Le TBM sono lunghe 90 m, hanno un diametro di scavo di 6,70 m, scavano ad una velocità media di 8/10 m al giorno, con punte di 30 m. Lo scavo delle gallerie avviene a 25-30 m di profondità, al di sotto dello strato archeologico che si trova mediamente tra i 6 e i 10 m, ma che in alcune zone può raggiungere i 18 m, come nell’area fuori dalle Mura Aureliane fra San Giovanni e Porta Metronia. Le TBM sono veri e propri cantieri mobili che avanzano nel sottosuolo, portando con sé tutte le attrezzature necessarie allo scavo, allo smaltimento dei detriti e alla realizzazione del rivestimento della galleria. Questo metodo costruttivo garantisce inoltre la massima sicurezza del personale impegnato nella costruzione. La TBM è dotata di una testa fresante circolare protetta da uno scudo, munita di artigli d’acciaio e dischi rotanti che frantumano la roccia. Agganciati allo scudo ci sono diversi carri che ospitano il nastro per il trasporto del materiale scavato, i gruppi elettrici e idraulici e tutte le apparecchiature di supporto. Dietro allo scudo un braccio meccanico installa il rivestimento definitivo costituito da conci, elementi prefabbricati in calcestruzzo sagomati ad arco, che assemblati fra loro formano gli anelli di sostegno della galleria. Dopo il passaggio della TBM la galleria è sostanzialmente finita, completa del suo rivestimento e pronta per essere attrezzata con i binari e tutti gli impianti tecnologici. Il tutto avviene quindi in condizioni di sicurezza per gli operatori, ma soprattutto per la cittadinanza poiché, grazie a questa tecnologia, i risentimenti in superficie sono talmente ridotti da poter essere considerati nulli.

Il tracciato in superficie - Sulla Linea C vi sono 10 stazioni nella tratta in superficie esterna al Raccordo Anulare. Gli interventi realizzati per questa tratta sono stati di restyling di precedenti stazioni che venivano utilizzate da un treno locale. L’adeguamento di queste stazioni alle esigenze della nuova linea metropolitana ha comportato significativi interventi sia per quanto riguarda le opere civili sia per la parte impiantistica, i sistemi di sicurezza, controllo e comando di sistema. La caratteristica principale è l’installazione delle Porte Automatiche di Banchina. Queste sono costituite da una parete in vetro e alluminio con aperture alternate a tamponature e funzionamento automatico sincronizzato con l’arrivo dei treni. I binari della nuova metropolitana sfruttano nella parte al di fuori del GRA il preesistente sedime della vecchia linea ferroviaria. Gran parte del percorso esterno della Linea C da Monte Compatri-Pantano a Giardinetti (circa 8 km) è schermato con barriere antirumore in pannelli fonoassorbenti rivestiti in lamiera d’acciaio e lastre in polimetilmetacrilato (plexiglass). In pratica si tratta di un tunnel fonoassorbente e trasparente che ridurrà l’impatto acustico nelle zone in cui la linea attraversa zone densamente abitate.

La costruzione delle stazioni inizia con la realizzazione dei diaframmi, che costituiranno le pareti esterne di una grande scatola di cemento armato: in questo modo si contiene il terreno circostante allo scavo e si impediscono i cedimenti. Le macchine che realizzano i diaframmi scavano verticalmente e sostituiscono temporaneamente la terra con fanghi speciali; fatto lo scavo si immergono le gabbie di ferro nell’intercapedine e si getta il calcestruzzo. A quel punto si scavano queste scatole in discesa eseguendo i solai in cemento armato ai diversi livelli, sino a raggiungere l’ultimo solaio di fondo che chiude la scatola. Sopra questo solaio di fondo sono eseguite le banchine e sarà eseguito l’armamento con le rotaie che consentiranno ai veicoli di transitare. La costruzione delle gallerie e delle stazioni procede contemporaneamente: quando la TBM arriva in

Lo stato di avanzamento A quattro anni dall’apertura dei cantieri, lo stato di avanzamento delle attività previste per la realizzazione della prima tratta attualmente in costruzione, da stazione Monte Compatri-Pantano a Stazione San Giovanni, è dell’80%. Sono 37 i cantieri in attività, di cui 22 cantieri di stazione, 12 cantieri

4 - Stazione Mirti, interno.

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TRASPORTI & CULTURA N.31 dei pozzi, 3 altri cantieri: Deposito Officina di Graniti, Sottopasso via Torrenova–via Laerte, Variante altimetrica del Torraccio di Torrenova. Inoltre sono stati aperti 40 cantieri di indagini archeologiche lungo l’intera linea, ad oggi tutti chiusi. Sono stati già realizzati: - il 100% della progettazione esecutiva, - l’80% delle opere civili, - il 50% dell’impiantistica,

5 - Stazione Grotte Celoni.

6 - Le TBM a pozzo Malatesta.

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il 60% medio delle 11 stazioni sotterranee, il 95% del restyling di quelle esterne, l’80% della fornitura dei primi 13 treni driverless, È inoltre ultimata la costruzione degli edifici del Deposito Officina di Graniti indispensabili per la prima fase di attivazione della linea. È iniziata l’istallazione degli impianti e delle attrezzature per la guida a distanza dei treni. È terminato lo sca-


TRASPORTI & CULTURA N.31 vo delle gallerie da Giardinetti a San Giovanni: lo scavo delle due gallerie della Linea C sulla tratta Giardinetti-San Giovanni (parte interrata della tratta dal capolinea di Monte Compatri-Pantano a San Giovanni) è stato completato. Le TBM hanno infatti sfondato l’ultimo diaframma e sono sbucate nel pozzo di San Giovanni, realizzando un avanzamento complessivo, nelle due gallerie, di 19 km. Al termine dello scavo le gallerie, grazie al

Il committente Roma Metropolitane svolge per conto del Comune di Roma tutte le funzioni connesse alla realizzazione, all’ampliamento, al prolungamento e ammodernamento delle linee metropolitane della Città di Roma, dei “corridoi della mobilità” e dei sistemi innovativi di trasporto, nonché di ogni altro intervento concernente il trasporto pubblico

7 - Stazione Grotte Celoni: porte di banchina e scala mobile.

procedimento meccanizzato, risultano interamente rivestite in cemento armato.

Il General Contractor, Metro C scpa La formula scelta per realizzare la Linea C è la formula del General Contractor (art. 9 del D.Lgs. 190/2002), lo strumento organizzativo più flessibile per realizzare opere civili complesse e grandi infrastrutture con un rapporto ottimale tra tempi, costi e qualità. Il General Contractor è un insieme articolato e complesso di risorse professionali e finanziarie che: - si costituisce come interlocutore unico del Committente per realizzare il progetto, garantendo qualità, tempi di realizzazione e costi certi, - si assume ogni responsabilità, individuando una nuova figura di impresa che non può e non deve operare come semplice costruttore. La società di progetto Metro C scpa e formata da 5 importanti società che operano a livello internazionale nel settore delle gradi infrastrutture: Astaldi SpA, Vianini Lavori SpA., Ansaldo STS, CCC (Consorzio Cooperative Costruzioni), CMB (Cooperativa Muratori e Braccianti di Carpi).

in sede propria da realizzarsi nella Città di Roma e delle relative opere connesse e/o complementari. Roma Metropolitane costituisce un’emanazione organica del Comune di Roma che, essendo titolare dell’intero capitale sociale, esercita nei suoi confronti un’attività di direzione e coordinamento. Il Comune di Roma rimarrà l’unico proprietario della Società fino all’ultimazione delle sue attività istituzionali. Per la realizzazione della Linea C, Roma metropolitane si costituisce come Committente di Metro C scpa e svolge il ruolo di Alta Sorveglianza su tutte le attività, dalla progettazione all’esecuzione, esprime inoltre la figura del RUP, Responsabile Unico del Procedimento.

Da Fori Imperiali a Farnesina: la proposta di project financing Metro C scpa, per conto della costituenda ATI tra Astaldi S.p.A. (mandataria), Vianini Lavori S.p.A., Consorzio Cooperative Costruzioni, Ansaldo STS, il 17 settembre 2010 ha sottoposto all’Amministrazione Comunale e a Roma Metropolitane l’ipotesi di assunzione di ruolo di concessionario. La proposta è stata accolta favorevolmente e conseguentemente l’ATI ha sviluppato una vera e propria proposta per l’affidamento in concessione delle attività di progettazione, realizzazione, direzione

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8 - Treni al deposito Officina di Graniti.

9 - I monumenti di competenza CTS.

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TRASPORTI & CULTURA N.31 dei lavori e forniture necessarie al completamento della linea C dalla Stazione Farnesina alla Stazione Fori Imperiali (esclusa) e gestione dell’intera Linea. Lo sviluppo della progettazione della tratta “Farnesina-Fori Imperiali”, oggetto della proposta, costituisce un’evoluzione degli scenari progettuali definiti nei precedenti progetti preliminari redatti da Roma Metropolitane, nei Progetti Preliminari della tratta T2, da Colosseo a Clodio/Mazzini, e della tratta T1, da Clodio/Mazzini a Farnesina. I principali aspetti che caratterizzano il Progetto Preliminare della tratta “Farnesina-Fori Imperiali” sono: - lo Studio di Interazione Linea – Monumenti, - la necessità di salvaguardare le preesistenze archeologiche, - l’inserimento dell’opera nel territorio. Queste tematiche, che in particolar modo in questo contesto interagiscono fortemente fra di loro, hanno influenzato e guidato il lungo e complesso processo di definizione e caratterizzazione dell’opera. La tratta, che ha una lunghezza di 7 km, si sviluppa dal centro verso le zone settentrionali della città, sotto attraversa tre volte il Tevere, interagendo con dei quartieri della Capitale diversi tra di loro soprattutto nell’organizzazione territoriale e nella caratterizzazione urbanistica. Sono previste sette stazioni, di cui una di interscambio con l’esistente Linea A a Ottaviano, e sette pozzi di intertratta. La zona più centrale dell’ansa barocca, da piazza Venezia sino alla zona di Castel Sant’Angelo, in pieno Campo Marzio, è il rione più antico di Roma, che può vantare alcuni fra i monumenti più famosi al mondo, con un tessuto edilizio ricco di emergenze monumentali, percorso da una fitta rete di strette strade, incernierate sulle preesistenti vie romane. I rioni di Borgo e di Prati, caratterizzati da un tessuto urbano nato per accogliere le strutture amministrative del Regno d’Italia e quelle residenziali dei funzionari dello stato, precedentemente area di esercitazioni militari, è contraddistinta dalla presenza di una serie di caserme ubicate fra viale Giulio Cesare e il parallelo viale delle Milizie. Il quartiere Flaminio, nato all’inizio del secolo scorso e che sin dalle origini, in occasione dell’Esposizione Internazionale del 1911, si è caratterizzato come area dalla vocazione culturale e di intrattenimento sportivo, tendenza interrotta solo in occasione del primo conflitto mondiale con la realizzazione di numerose caserme nel triangolo fra via Flamina, viale Pinturicchio e viale del Vignola, e che poi ha ripreso le sue originali caratteristiche prima con la realizzazione dei complessi sportivi e le unità abitative in occasione delle Olimpiadi del 1960 e, recentemente, con la realizzazione dell’Auditorium, ai piedi dei Parioli, e del MAXXI. Infine, al di là di Ponte Milvio, c’è l’area della Farnesina, fra il M.A.E. e l’omonimo stadio, area che si estende fra il quartiere della Vittoria e quello di Tor di Quinto e che ha un tessuto urbano strutturato sui numerosi impianti sportivi. Riproduzione riservata ©

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Una metropolitana sub-lagunare a servizio della Grande Venezia di Gianni Fabbri

Un’infrastruttura come la ferrovia metropolitana, per avere senso, deve essere al servizio di un’idea (di futuro) di città. Tanto più questo principio vale per una città unica e particolarissima come Venezia dove i problemi dell’accessibilità si intrecciano inevitabilmente con rilevanti problemi di impatto ambientale e di salvaguardia dei caratteri storicomorfologici. Quali sono allora gli elementi portanti di un’idea di città che rendono opportuno (ed economicamente sostenibile) un progetto di metropolitana per la città lagunare? Sinteticamente: - se pensiamo a un destino alto di Venezia come città cosmopolita, capitale della cultura e dell’arte, essa deve essere in connessione “sistemica” con la rete infrastrutturale della viabilità su gomma e su ferro, con i poli portuale e aeroportuale, per connettere ad essi i principali poli funzionali della città di terra e di acqua (aree direzionali, Università, musei, centri espositivi e congressuali, ecc.); - se pensiamo che per l’obiettivo di cui sopra sia necessario realizzare una “massa critica” mettendo in rete il sistema insediativo policentrico veneto (Città Metropolitana), si rende necessario superare gli effetti negativi della condizione di “discontinuità fisica” tra la città d’acqua e le città di terra rendendo fluidi i collegamenti e compatibili i tempi di percorrenza; - se pensiamo che sia necessario superare la condizione otto-novecentesca del ponte trans-lagunare e dei terminals di Piazzale Roma e Santa Lucia come unici punti di accesso alla città d’acqua, con le conseguenti gerarchie funzionali e l’abnorme crescita del traffico acqueo motorizzato; dobbiamo introdurre una tecnologia alternativa, non invasiva e non autoreferenziale. Se questo è l’orizzonte di rifermento allora quel progetto dventa attendibile e forse necessario.

Forma urbana e sub-lagunare Nella Venezia pre-moderna la coincidenza tra isola (come aggregato di isole) e città ha fatto sì che la sua morfologia sia stata la sua invariante. Nelle continue modificazioni della sua consistenza materiale e della sua immagine, non vi è stata un’analoga alterazione della forma urbana, che è rimasta fissata nei limiti del rapporto tra terra e acqua. E questa forma ha mostrato di contenere in sè una forza attiva che ne ha determinato il carattere, cioè l’identità. Identità di spazi e di materiali, di luci e di colori, di riflessi e di suoni, di ambiguità e di impossibilità…

A subway under the lagoon to serve Greater Venice by Gianni Fabbri In pre-modern Venice, the urban form remained unchanged in its relationship between land and water. The modernity of the nineteenth-twentieth century on the other hand turned it into an isthmus: the island-city located at the centre of the void of the lagoon became a city-terminal, the end point of a route – infrastructural band – leading from the mainland to the Porto di Marittima, the railroad and automobile terminal, the island of the Tronchetto. The consequence, for the island city, was the exponential growth of motorized water traffic. Venice can once again become a “capital city”, founded on its historical and morphological peculiarity combined with a powerful cosmopolitan dimension. The theme of accessibility is fundamental. To recuperate its insularity, it is necessary to modify the dominant role of the isthmus formed by the railroad and automobile bridge, by creating a connection that provides a direct relationship to the largescale infrastructure system. Of the many possibilities at hand, the most pertinent is the metropolitan railway, with a typology that has already been adopted in various Italian and European cities, the “light rail system” with automatic driverless cars. It offers remarkable flexibility in terms of service, requires smaller tunnels, and provides good capacity and speed. The stations of the underground-lagoon subway are an important opportunity for a new urban street architecture.

Nella pagina a fianco, in alto: diagramma dei flussi pendolari da-per la città isola; in basso: una veduta della riva delle Zattere (foto Laura Facchinelli).

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TRASPORTI & CULTURA N.31 Da questo punto di vista l’intervento architettonico a Venezia è stato un intervento pienamente ed essenzialmente “decorativo”: che ha dato cioè compiutezza, piena espressione, a quei caratteri e ha realizzato il massimo di “artisticità” nel suo saper interpretare e rappresentare la morfologia. In questo senso possiamo anche parlare, per Venezia, di architettura come messa in scena. Sono stati gli interventi “moderni” che hanno superato quel limite tra terra e acqua e tentato di avvicinare (omologare) la condizione acquatica e insulare a quella della città “normale”, alla città di terra. E questo tentativo ha avuto proprio nelle trasformazioni dei modi e dei luoghi dell’accesso e della mobilità uno dei suoi strumenti più devastanti. La storia urbana di Venezia, nei due secoli trascorsi, è stata dominata dai progetti e dalle realizzazioni del sistema infrastrutturale di accesso all’isola, dalla realizzazione dell’istmo. Nella condizione di insularità, più che nelle città di terra, il/i luogo/luoghi delle relazioni con “l’altro da sè” assumono inevitabilmente un carattere di singolarità che va ben oltre il dato strettamente funzionale. In essi si addensa un’energia latente che è bisogno di figurazione, di rappresentazione del proprio legame con il mondo. Così è stato per Venezia. Prima nella sua condizione di città rivierasca in fieri con le Ville/Palazzi Fondaco disposti in

1 - Progetto tipo per una stazione della metropolitana: veduta a volo d’uccello.

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modo discontinuo lungo le rive dei fiumi-canali - i luoghi “privati” del sistema di rapporti (commerciali) col mondo -; poi con la formazione della città compatta al centro del grande vuoto lagunare in una condizione che garantiva la molteplicità degli accessi lungo tutto il suo perimetro; infine con il Bacino Marciano, luogo collettivamente convenzionato e designato a locus communis, via via consolidato e rappresentato nel suo ruolo di Porto-Porta della città. Ciò che ha invece caratterizzato la modernità otto/novecentesca è stata la creazione dell’istmo: dalla città-isola posta al centro del vuoto lagunare si è passati alla città-terminale di un percorso – fascio infrastrutturale – proveniente dall’entroterra; l’istmo ha ri-gerarchizzato su di sè tutto il sistema insediativo, con l’abbandono della dimensione lagunare e il subentro del dualismo Venezia-Mestre fondato sugli ossimori centro-periferia, culturaindustria, storia-modernità: è stato il più grande progetto di omologazione/interramento della storia di Venezia, dominato dalle nuove tecniche con la loro indifferenza alla storia e ai caratteri dei luoghi e con l’imposizione di forme intrinsecamente universalistiche e ubique. Il Porto di Marittima, i terminals ferroviario e automobilistico, l’isola del Tronchetto, il complesso sistema infrastrutturale di servizio e di accesso hanno realizzato nella Venezia-ovest una parte di città con regole proprie del tutto autoreferenziali.


TRASPORTI & CULTURA N.31 Questo trend tecnico e culturale ha avuto come conseguenza, nella città insulare, la crescita esponenziale del traffico acqueo motorizzato (e del conseguente moto ondoso) necessitato a connettere il più rapidamente possibile i terminals con i molteplici luoghi funzionali e abitativi. Si è trattato di una “deriva tecnicistica” che ha improntato di sè, come una malattia cronica che viene accettata e sopportata come inevitabile, il presente e il futuro della città: dal PRG del 1959 ai progetti per il Piano Particolareggiato di Piazzale Roma (1972-73) alla previsione di una nuova sistemazione viaria della testa di ponte elaborata dal Comune con Vittorio Gregotti (1981), fino alle scelte per l’area ovest configurate nel nuovo Piano Regolatore di Leonardo Benevolo (1996), in una rincorsa alla soluzione tecnologicamente più innovativa, ma sempre nella logica di accettazione (definitiva?) dell’istmo e del conseguente appannamento della natura insulare di Venezia. Resta invece sullo sfondo il progetto di concorso “Novissime” per la nuova Sacca del Tronchetto (1964!) e la geniale intuizione di Giuseppe Samonà di una Venezia restituita alla sua natura di isola con l’eliminazione dei ponti ferroviario e automobili-

stico e un sistema di accessibilità che indaga nuove tecnologie e nuove forme urbane. Una “deriva tecnicistica” che d’altra parte è stata ed è “consostanziale” all’idea di una città che ha perduto la condizione di “eccellenza”, di capitale capace di auto-governarsi, e ha subito un drammatico processo di decadenza venendo a far parte della numerosa costellazione di città medie (italiane e non) dove diverso è l’orizzonte di riferimento, l’idea di sè, le possibilità di progettare il proprio futuro. Ed è questo forse l’aspetto decisivo da rimuovere per porsi in una nuova prospettiva e disegnare un nuovo destino della città.

Venezia città capitale Parliamo dunque del destino possibile per una città che riconquisti il suo carattere di “città capitale”: una particolare “città capitale” non più fondata sulla dimensione politica e di governo di un impero ma fondata su un’assoluta singolarità storicomorfologica intrecciata ad una forte dimensione e tradizione cosmopolita. Parliamo del destino possibile per una città che riconquisti il suo carattere

2- Il sistema infrastrutturale dell’entroterra veneziano e l’ipotesi di tracciato della ferrovia metropolitana sublagunare.

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TRASPORTI & CULTURA N.31 di insularità non tanto attraverso la demolizione dei ponti translagunari (questione che va vista con prospettive temporali adeguate) quanto attraverso una permeabilità diffusa e una nuova gerarchia, articolata e complessa, dei suoi collegamenti con i bordi della laguna, con il territorio metropolitano, con il mondo; dove la discontinuità fisica dello spazio lagunare non coincida più con un handicap di accessibilità. Il recupero del carattere di insularità, un quadro di riferimento territoriale da città metropolitana, il pieno dispiegamento delle potenzialità singolarissime della storia, della cultura, della natura: questi sembrano essere gli assi portanti del “nuovo destino” di Venezia. Dal punto di vista dei ruoli e delle funzioni urbane l’ultimo decennio del ’900 e i primi anni del nuovo millennio sono stati contrassegnati da un processo trasformativo di notevole spessore e qualità con l’affermarsi nel cuore vivo di Venezia di una dimensione cosmopolita di vecchie e nuove istituzioni culturali e, allo stesso tempo, da una rinnovata percezione collettiva dei valori ambientali – storici e naturalistici – del suo territorio lagunare e di terra. Questo processo ha coinvolto non solo la città insulare ma l’intiero sistema insediativo gravitante su Venezia. La laguna con le sue isole ha riacquistato un ruolo naturalistico, paesaggistico ma anche economico, divenendo parte dell’offerta turistica. L’insediamento mestrino è uscito dalla dimensione di subalternità periferica e sta costruendo pezzi di una nuova identità. L’urbanizzazione diffusa tenta un suo riscatto con la formazione di grandi sistemi di verde. Dopo più di due secoli è riaffiorata l’idea di una “Grande Venezia” dove la città insulare è il perno di un sistema insediativo metropolitano e, allo stesso tempo, è città a dimensione-mondo. In questo quadro il problema dell’accessibilità as-

3 - Progetto-tipo per una stazione della metropolitana; piante

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sume una sua precisa fisionomia. I progetti infrastrutturali in corso di realizzazione nell’area veneta delineano un nuovo quadro dei collegamenti territoriali, in primis con il nuovo “passante” di Mestre, la linea dell’Alta Velocità e la rete su ferro del Sistema Ferroviario Metropolitano Regionale (SFMR). Per l’ambito insulare e lagunare si è venuta consolidando una rete di connessioni acquee (Fusina, Tessera, Cavallino) che intersecano una sezione dei flussi turistici ed è in corso la progettazione di un collegamento sub-lagunare Tessera-Arsenale (con probabile prosecuzione fino al Lido), in continuità con la nuova linea del tram di superficie Tessera-Marghera. Tuttavia sembra ancora mancare quell’idea generale d’insieme, in grado di dare una soluzione adeguata ai problemi di accessibilità che richiede la nuova dimensione di Venezia-città-capitale. Per riconquistare il carattere di insularità di cui si è detto è necessario modificare il ruolo dominante dell’istmo formato dal sistema infrastrutturale dei ponti ferroviario e automobilistico. Bisognerà dunque operare per una pluralità di soluzioni tecniche - tipi di percorsi, di tecnologie e di terminals - a seconda delle differenti domande o necessità di collegamento che scaturiscono dai diversi ruoli urbani: città capitale, città metropolitana, turismo ambientale, turismo di consumo, turismo culturale, residenzialità, ecc. In questo quadro diventa decisivo un sistema di collegamento veloce di Venezia con il territorio della città metropolitana e con … il mondo; un collegamento quindi che metta in relazione diretta con il sistema infrastrutturale di grande scala, che intersechi i principali flussi del pendolarismo da lavoro, culturale, residenziale ecc. e che interessi la principale struttura portante di una Venezia “capitale”; che sia insomma una vera alternativa ai due ponti e ai loro relativi terminals.


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4 - Progetto tipo per una stazione della metropolitana: spaccato assonometrico.

Questo collegamento deve prendere le mosse dalle “porte” esistenti o previste sul territorio – aeroporto, stazioni ferroviarie e linea SFMR, arrivi autostradali, parcheggi scambiatori, ecc. –; deve interessare i principali poli del sistema insediativo di terraferma come l’area Pili/San Giuliano con il Polo Scientifico-Tecnologico, le aree in via di riconversione “urbana” dell’ex prima zona industriale, le aree di via Torino con i nuovi insediamenti terziari e universitari; e poi, nella città insulare, la Stazione Marittima del Porto Turistico; il complesso portuale e universitario di santa Marta-San Basilio; i Gesuati, come porta verso il sistema museale (Gallerie dell’Accademia, Guggenheim, Punta della Dogana) e il “ventre” della città; il Bacino Marciano con l’Arsenale; l’area della Biennale; il Lido. Questi poli, veri e propri luoghi-funzione, vengono così a formare un sistema attrezzato est-ovest che ha una dimensione ben superiore a quella della città insulare e dello stesso ambito lagunare: un vero e proprio sistema dei luoghi centrali della Grande Venezia realizzato con una drastica riduzione dei tempi di collegamento, servendo attività ed eventi che vivono solamente in condizioni di elevata accessibilità. É evidente che questa soluzione non ha le caratteristiche di un’aggiunta, di una semplice integrazione dell’esistente: essa rappresenta una vera e propria rivoluzione del sistema dell’accessibilità, modificandone profondamente le gerarchie e disegnando una diversa organizzazione urbana. Per l’ambito lagunare essa inoltre comporta una importantissima riduzione del traffico acqueo motorizzato e, conseguentemente, del fenomeno del moto ondoso: l’uso dei mezzi acquei motorizzati dovrà riguardare esclusivamente il lento traffico locale di interconnessione. Come si è detto quest’ipotesi non esclude, anzi presuppone, l’esistenza di altri percorsi, altre infrastrutture, in un quadro di nuove gerarchie e di relative specializzazioni: altri rami di metropolitana sub-lagunare, come quello ipotizzato dal Comune di Venezia tra Tessera e Arsenale; il Ponte ferroviario e la Stazione, il ponte automobilistico e Piazzale Roma, i terminals di bordo laguna - Cavallino, Fusina, S. Giuliano, Tessera - e i relativi percorsi acquei, con ruoli complementari che, in questo

quadro, troveranno nuove configurazioni, misure e funzionalità. In tutte le fasi di grandi trasformazioni urbane cambiano il senso e il ruolo originari delle componenti infrastrutturali: ognuna di esse viene ad assumere una diversa identità, una diversa importanza; nuove componenti diventano necessarie; alcune di quelle pre-esistenti terminano la loro funzione…

Aspetti tecnici di una metropolitana sub-lagunare In questa singolarissima situazione, caratterizzata da una notevole discontinuità spaziale tra terraferma e isola, nonché da delicatissimi problemi di impatto ambientale, assume naturalmente la massima importanza la soluzione tecnica da adottare. Tra le varie possibilità esistenti la più pertinente è certamente la ferrovia metropolitana e, tra le possibili soluzioni tecniche, la tipologia già adottata in varie città italiane ed europee, quella cioè della “metropolitana leggera” con convoglio driverless automatizzato. Essa presenta notevole elasticità di esercizio, ingombri ridotti dei tunnel, dimensioni assai contenute dei manufatti stazione, buona capienza e buona velocità di funzionamento. Pendolarismo, dimensione e velocità del trasporto - Oggi mediamente la pendolarità giornaliera su Venezia-isola è di ca. 100.000 persone in entrata e altrettanti in uscita; di queste ca. 10.000 arrivano per via d’acqua dai terminals di terreferma e ca. 10.000 dai treni locali. In assenza di un’indagine specifica ad hoc, possiamo considerare in prima approssimazione che l’utenza della sub-lagunare possa intercettare un flusso di 50-60.000 utenti per senso di marcia, con 5-6.000 utenti/ora nelle fasce orarie di punta. Si può allora valutare un fabbisogno medio di 2.500-3.000 passeggeri/ora, corrispondenti, con vetture a capienza standard di 425 posti, a sei corse orarie ogni 10 minuti; nelle ore di punta (tre al mattino e tre al pomeriggio) si ha la necessità di 10-12 convogli/ora, vale a dire uno ogni cinque-sei minuti.

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5 - Progetti di tesi di laurea per la stazione sulla fondamenta di Santa Marta; a) La stazione come ampliamento della fondamenta (Alessia Dorigo e Valentina Biasuzzi).

É molto importante la velocità di movimento dei convogli. Ciò sia in linea generale per corrispondere al ruolo territoriale di questo collegamento che per avere tempi di percorrenza sufficientemente ridotti nel percorso tra i vari poli del sistema. Inoltre nella condizione “sub-lagunare” il tratto di percorso per collegare l’ultima stazione di terraferma con la prima della città-isola ha una lunghezza di ca. 4 km. É evidente che questa distanza comporta l’uso di un convoglio sufficientemente veloce che, nella soluzione tipologica sopra indicata, è di ca. 90 km/h. Modalità del collegamento e dimensioni dei manufatti - Con una frequenza dei mezzi come quella sopra soprarichiamata, è necessario avere due percorsi separati per i due sensi di marcia, quindi due “tubi”, che saranno tra loro comunicanti per motivi di sicurezza. Questa soluzione ha l’enorme vantaggio – rispetto a quella a unico tubo – di aver

6 - Progetto tipo per una stazione della metropolitana: studio per l’interno.

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bisogno di uscite di sicurezza e prese d’aria ogni 1.200 m. (contro i 600 del tubo unico). É evidente come tale soluzione riduca notevolmente i problemi di impatto ambientale nel contesto delicatissimo della laguna. Poiché il tipo di convoglio indicato ha dimensioni assai contenute (larghezza di ca. m 2,70, altezza di ca. m 3,40) il diametro del “tubo” è di ca. 5 m.. Con convogli a tre casse (425 posti) lunghi ca. 40 m. la dimensione del Camerone di incarrozzamento avrà una lunghezza all’incirca di 50-70 m. per una larghezza di 25-30 m., mentre la stazione di superficie può avere misure che si aggirano sui 15-20 x 30-40 m. Le stazioni della sub-lagunare: tipologia e requisiti - Le stazioni della sub-lagunare non possono che essere elementi “decorativi” della città storica esistente e della sua laguna. Esse, nel loro disporsi lungo i bordi della città insulare, sono un’impor-


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7 - Veduta dalla Ca’ d’Oro (foto Laura Facchinelli).

tante occasione per una nuova architettura della scena urbana; non un’architettura fatta di tanti nuovi singoli personaggi ma di segni “discreti” e ripetuti: prototipi, dunque, in grado di ripetere la figura base e di adeguarla ai diversi contesti. Le singole stazioni sono anche occasioni di ridisegno dei bordi della città; sono luoghi dove si ridefinisce il rapporto tra terra e acqua, tra percorsi pedonali e collegamenti acquei pubblici e privati; sono luoghi di condensazione e di organizzazione del movimento da/per la città. Nei luoghi-stazione confluiranno le barche, i taxi d’acqua, i mezzi pubblici per garantire l’accessibilità lenta e capillare; potranno quindi essere ordinatori di piccole darsene e di pontili per l’attracco dei mezzi acquei più grandi. Esse vanno dunque pensate in questa chiave, sia dal punto di vista dei servizi che della forma, come elementi descrittivi di un sistema urbano unitario; vere e proprie nuove porte della città. Ma nella stazione si compie un evento: si dà senso e rappresentazione a quel traumatico passaggio tra il sottosuolo/sottoacqua e l’emersione stupefacente nelle dilatate dimensioni della laguna, nell’improvvisa apparizione della città nell’acqua. Dal buio indefinito del “tubo”, dal paesaggio meccanico della stazione di arrivo si ascende verso la luce, i colori, il cielo, le figure architettoniche, il paesaggio lagunare. Questa emersione non può essere semplicemente un gesto funzionale, un evento meccanico: essa deve avvenire entro un percorso “rituale”, analogamente a quanto avveniva/avviene per le grandi scale degli edifici pubblici veneziani, veri e propri percorsi processionali di avvicinamento a una “meta”. L’atrio di superficie deve essere allora luogo di ontemplazione/spettacolarizzazione della città e della laguna.

claustrofobico e indifferente dei percorsi sotterranei. Le scale – mobili e fisse – con tutti i loro requisiti tecnico/normativi, i vani ascensore nel loro lento movimento ascensionale-discendente, vanno pensati come parte di uno spazio che si dilata o si restringe progressivamente; che accentua luminosità naturale e trasparenza man mano che si sale o, scendendo, diventa opaco e a luce artificiale. Se è vero in generale che una parte importante delle arti visive contemporanee ha una sostanziale “consanguineità” con gli spazi urbani del movimento e si presta a quella che viene definita la “percezione distratta” caratteristica di questi luoghi, tanto più ciò appare rilevante e “necessario” per una città come Venezia – città d’arte per eccellenza, sede della Biennale delle arti visive, ecc. - in quei singolarissimi luoghi dove la modernità tecnologica incontra l’invarianza morfologica e la sedimentazione della storia. Così tra i movimenti ascendenti/discendenti delle scale va pensato uno spazio che renda possibile collocare installazioni artistiche interpreti del carattere e del ruolo dei singoli luoghi-stazione, in un dialogo sorprendente con la storia urbana. Questi “requisiti” delle stazioni sono stati tradotti in un progetto di prototipo e su questa base sono stati elaborati progetti di tesi di laurea, in particolare per la fondamenta di Santa Marta (area universitaria) e per il terminal del Lido. Essi mostrano concretamente la possibilità realizzativa di manufatti che, nel dare risposta a tutte le esigenze tecnico-normative, hanno un basso impatto ambientale ma alta qualità di forma e di spazi. Riproduzione riservata ©

Analogo evento per il percorso inverso: abbandonare la scena della città-isola, il palcoscenico dei grandi spazi acquatici e precipitare nello spazio 45


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Il nuovo Golden Horn Metro Crossing Bridge nell’eccezionale skyline di Istanbul di Enzo Siviero e Alessandro Stocco

Un corretto approccio progettuale dell’attraversamento fonda i suoi principi sui risultati di una analisi ambientale, tipologica e socio-culturale, riconoscendo in questo modo una indispensabile forma di rispetto per il luogo. Il luogo inteso come lo spazio così come è percepito dalle persone che lo vivono. Luogo parte di un Paesaggio e decodificato come una determinata parte di territorio, così come è percepita dalle popolazioni, il cui carattere deriva dall’azione di fattori naturali e/o umani e dalle loro interrelazioni, in accordo con la Convenzione europea del Paesaggio1 . L’occasione culturale offerta dalla realizzazione del Metro Golden Horn Crossing Bridge in Turchia, nel cuore pulsante della metropoli di Istanbul, al progetto di infrastruttura, è quella di riconoscere l’infrastruttura parte del paesaggio, con tutte le potenzialità quindi per definire il luogo, secondo il suo naturale sviluppo funzionale, accompagnando l’utente della stessa, come le persone che vivranno il suo intorno, a riconoscerlo ed identificarlo secondo il trinomio identità-relazione-storia2 . Il Corno d’Oro, luogo di storiche e percepibili stratificazioni, è un’insenatura del Bosforo che divide il cuore di Istanbul formando un porto naturale: punto nodale nella storia dello sviluppo della città. Potendo considerare la città come luogo di scambi e di relazioni, il Corno D’Oro ne è paradigma, nella sua configurazione fisica e nella sua collocazione geo-politica: questo spazio ha ospitato i tre grandi imperi della storia (Romano, Bizantino e Ottomano) che con lo scorrere del tempo, hanno dato origine allo skyline unico e magnifico di Istanbul attraverso la costruzione degli edifici più prestigiosi e importanti della loro epoca sulle colline circostanti l’Halic.

Le aree di Istanbul iscritte nella World Heritage List Nel 1985 quattro “Historic Areas of Istanbul” sono state iscritte nella lista del patrimonio mondiale dell’umanità, la World Heritage List istituita dall’UNESCO, con i criteri (i), (ii), (iii) e (iv), di seguito riportati, sancendo definitivamente l’importanza culturale dell’area e della necessità del manteni1 European landscape Convention, Florence, 2000, - “Landscape” means an area, as perceived by people, whose character is the result of the action and interaction of natural and/or human factors. 2 Marc Augè, Nonluoghi. Introduzione a una antropologia della surmodernità. Traduzione a cura di D. Rolland, Elèuthera editrice, 1993

The new Golden Horn Metro Crossing Bridge in Istanbul’s exceptional skyline by Enzo Siviero and Alessandro Stocco The Golden Horn is an inlet on the Bosphorus that divides the heart of Istanbul and forms a natural port: a key point in the history of the city’s development. In 1985 four historic areas of Istanbul were listed as World Heritage Sites. Over the past ten years, Turkey has made remarkable efforts to modernize its transportation system. To implement public transportation, the Metropolitan Municipality of Istanbul has planned a subway that will connect the heart of the city to the Ataturk Airport. The Metro Golden Horn Crossing Bridge, located between the two shores of the Golden Horn, is the key to this development plan: it is conceived as a cable-stayed bridge, with a central span 180-meters long, two lateral spans 90 metres long and a swiveling bridge. As requested by the UNESCO committee, the Municipality of Istanbul commissioned a group of independent international experts to assess the environmental impact. The results have highlighted the need to review the architectural design of the bridge. The height of the pilings was lowered to 63 meters just above the surface of the water, and the height at which the cables are secured to the pylons was changed to 47 meters over sea level, lower than the altitude of the square in front of the Mosque of Suleyman, to limit the changes to the skyline. The bridge is currently under construction, but the design process is in continuous evolution. Nella pagina a fianco, in alto: rendering del nuovo Metro Golden Horn Crossing Bridge; in basso: il tracciato della linea nuova linea metropolitana.

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1 - L’eccezionale vista della penisola storica dal nuovo ponte sul Corno D’Oro.

2 - Vista notturna dello skyline della Penisola Storica dalla sponda del Golden Horn.

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mento degli eccezionali valori universali in essa contenuti. L’UNESCO è l’organizzazione delle Nazioni Unite per l’educazione, la scienza e la cultura ed ha lo scopo di incoraggiare l’adozione di politiche di protezione e valorizzazione dei beni ambientali e culturali presenti sul pianeta. I disastrosi risultati di un periodo di decadimento portato dai conflitti e dalle guerre che hanno interessato il primo Novecento hanno incoraggiato l’adozione, da parte dell’UNESCO nel 1972, della Convenzione per la Protezione del Patrimonio naturale ed artistico dell’Umanità, per la quale i governi che la ratificano, riconoscendo il valore assoluto ed universale del dato bene, si impegnano in una politica di protezione e promozione del monumento oggetto di tutela3 . La World Heritage List, la lista del patrimonio mondiale dell’umanità, ha lo scopo di elencare i beni sia materiali che immateriali che definiscono il patrimonio culturale eccezionale del mondo. L’iscrizione è un onore, ma per certi versi si configura come un dovere cui si impegna il governo in causa,

che dà diritto a mettere in atto un sistema di protezione, valorizzazione e monitoraggio chiamato Management Plan, ossia un piano di gestione, che definisca gli obbiettivi di un utilizzo sostenibile delle risorse presenti nel sito, nel rispetto di quelle eccezionali caratteristiche universali che ne hanno permesso l’iscrizione del bene o dei beni alla lista. Oltre alla World Heritage List esiste, infatti, una lista del patrimonio in pericolo, la Danger List, nella quale si può trovare iscritto il bene nel caso in cui queste eccezionali caratteristiche universali non venissero preservate; nel caso di un persistente degrado o addirittura della perdita di questi valori è prevista anche l’eventuale cancellazione. Il Management Plan, reso obbligatorio dal 19824, è uno strumento con il quale è possibile una rigorosa politica di valutazione e di monitoraggio sia da parte del governo che lo pratica sia da parte degli organismi ispettivi dell’UNESCO. Le caratteristiche di eccezionale valore universale (gli Outstanding Uniersal Value definiti ed aggiornati nelle più recenti Operationl Guideline del 2011) delle proprietà iscritte, vengono definite da

3 UNESCO, Recommendation concerning the Protection, at national Level, of the World Cultural and Natural Heritage, 1972

4 UNESCO, Operational Guidelines for the Implementation of the World Heritage Convention, 1982


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una serie di dieci criteri elencati nelle linee guida.5 Tra i dieci possibili criteri di iscrizione, la città di Istanbul ha iscritto quattro aree secondo i seguenti criteri. Criterio (i): la proprietà comprende monumenti unici, e capolavori di architettura universale, come S. Sofia, costruita da Anthemios of Tralles e Isidoro di Mileto nel 532-537, e la Moschea di Süleymaniye, un capolavoro delle architetture realizzate da Sinan. Criterio (ii): nel corso della storia, questi monumenti storici, hanno esercitato una notevole influenza sullo sviluppo dell’architettura, delle arti monumentali e nell’organizzazione dello spazio, sia in Europa che in Asia. Così come, le mura lunghe 6.650 metri di Teodosio II e la seconda linea di difesa, creata nel 447, fu uno dei riferimenti più importanti per l’architettura militare, ancor prima che Santa Sofia fosse modello di riferimento per un’intera famiglia di chiese e moschee, e prima anche dei mosaici dei palazzi e delle chiese di Costantinopoli influenze orientali e occidentali arte cristiana. 5 UNESCO, Operational Guidelines for the Implementation of the World Heritage Convention, 2011

Criterio (iii): Istanbul si configura come testimonianza unica per la civiltà bizantina e ottomana. Criterio (iv): il palazzo del Topkapi e la Moschea di Süleymaniye con i relativi annessi e pertinenze (Caravanserragli, madrasa, scuola medica, biblioteca, hammam, ospizio, cimitero ecc) offrono i migliori esempi di insiemi e complessi di palazzi religiosi del periodo ottomano. Il documento ufficiale relativo all’iscrizione6 afferma che questo orizzonte è il risultato di un processo di costruzione che dura da quando la città di Istanbul ha cominciato ad essere tale e per questo ancora oggi, nel suo lento mutare, continua a rappresentare. Queste quattro aree, parte concreta e tangibile dei valori universali eccezionali che detengono, sono parte fondamentale della eccezionale silhouette della penisola storica.

6 UNESCO Report about the Inscription of the Historic Areas of Istanbul in the WHL (ICOMOS - 1985)

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3 - Assetto della linea metropolitana e del nuovo ponte sul Corno D’Oro.

La questione infrastrutturale in un territorio di confine La Turchia si trova al centro di un importante incrocio di strade commerciali che collegano l’Europa all’Asia e per questo il Paese ha deciso di investire nello sviluppo di un efficiente sistema infrastrutturale che porterà, nel lungo periodo, benefici diretti ed indiretti anche sotto l’aspetto economico e sociale. Negli ultimi dieci anni si sono compiuti ingenti sforzi al fine di ammodernare e rendere più efficiente il sistema dei trasporti in Turchia raggiungendo importanti risultati. Il sistema autostradale é stato migliorato grazie ad una serie di investimenti che lo hanno reso il principale mezzo di trasporto per merci e passeggeri. Le autostrade si estendono per 63.889 km di cui 1.987 sono superstrade. Il 95% dei passeggeri e il 92% delle merci vengono trasportati utilizzando le infrastrutture stradali a discapito delle più economiche ed ecologiche linee infrastrutturali come le ferrovie per le merci e le metrovie per il trasporto pubblico. Oggi, soprattutto la “Hitoric Peninsula”, cuore di queste civiltà, è sotto la minaccia degli effetti negativi della globalizzazione che si mostrano nella pressione dello sviluppo urbanistico incontrollato e nell’aumento sconsiderato del traffico all’interno dell’area. Per invertire questa tendenza, negli ultimi anni, il governo nazionale ha cercato di migliorare il sistema dei trasporti ferroviari per renderlo maggiormente competitivo soprattutto nei confronti del sistema autostradale e di quello aereo. Con i progetti ora in atto e con quelli previsti per gli anni prossimi si prevede di aumentare i chilometri delle linee ferroviarie elettriche da 2.274 a 2.689. Inoltre, si prevede di modernizzare il parco locomotive che presenta un’età media che si aggira intorno ai 17- 20 anni. La Turchia nell’ambito del “Transport Infrastructures Needs Assesment” (TINA) ha indicato 33 progetti prioritari per un ammontare di 20 miliardi di Euro. I progetti hanno l’obiettivo primario di integrare il sistema dei trasporti dell’UE con quello turco; tra questi quelli considerati prioritari sono legati a ferrovie e aeroporti con il preciso scopo di

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ridurre la concentrazione di traffico sulle strade. Infatti, attualmente, il 52% dei turchi si sposta con auto e bus privati, il 42% con bus statali, il 3,3% con ferrovie e l’1,8% con aerei. Principalmente si vogliono realizzare reti ferroviarie ad alta velocità, reti di segnalamento computerizzato in varie tratte ferroviarie, centri logistici ferroviari in varie città.7 Puntando al perseguimento di questi obiettivi, al fine di limitare al massimo i danni derivanti da un incontrollato aumento del traffico e operando su questi importanti aspetti di sviluppo, la Municipalità Metropolitana di Istanbul ha predisposto un piano di implementazione del trasporto pubblico con il preciso obbiettivo di ridurre il carico di traffico. All’interno del piano di implementazione generale appare fondamentale quello del percorso metropolitano che collega il cuore della città, Taksim square, con l’importante aeroporto internazionale Ataturk. Questo progetto, una volta completato, permetterà il transito di circa un milione di passeggeri al giorno, diminuendo sensibilmente il livello di traffico nella metropoli. Il Metro Golden Horn Crossing Bridge, posizionato in questa linea metropolitana tra le due sponde del Golden Horn, è la chiave per realizzare questo importante piano di sviluppo strategico.

Il progetto del Golden Horn Metro Crossing Bridge e la valutazione di impatto La linea metropolitana a cui il ponte appartiene, rimanendo sempre nella parte europea, si muove su una direttrice est-ovest collegando il cuore della città con l’aeroporto di Ataturk; è previsto un collegamento con il lato asiatico, la linea con direttrice nord-sud, nella stazione di Yenikapi. Queste due direttrici metropolitane costituiscono le principali vie di comunicazione e principale mezzo di trasporto a Istanbul. La linea in questione è stata progettata per essere 7 Fonte Ministero Italiano delle Infrastrutture - www.ministeroinfrastrutture.it


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l’asse principale di trasporto collegando la zona sud della metropoli con il Central Business District ed il ponte sul Corno D’Oro è l’elemento chiave, per mettere in funzione tutto il sistema, dato che è l’ultimo anello tuttora in costruzione. Il ponte, elemento tecnologicamente molto avanzato e complesso, è concepito principalmente come cable stayed bridge, cioè come ponte strallato, con una campata centrale di 180 m e due laterali di 90 m. A questo sistema principale di 360 m si innestano un ponte girevole, che ha una luce principale di 70 m ed una secondaria di 50 m, ed i due viadotti laterali di approccio per una lunghezza complessiva di circa 1 km. La scelta di questa tipologia è stata fatta al termi-

ne di una serie di approfondite valutazioni sugli aspetti ambientali dell’area che hanno tenuto conto delle particolari condizioni ecologiche del sito, come anche del livello di fratturazione del suolo (disgregazione degli strati rocciosi più profondi) il cui effetto è l’amplificazione del livello di sismicità che già caratterizza l’intera area di Istanbul. Gli imbocchi dei tunnel sono stati completati già dal 2005 e da allora è in realizzazione il ponte, il quale ha subito numerose trasformazioni progettuali allo scopo di definire il minore impatto possibile in una continua ricerca progettuale nella variazione della forma e dell’altezza delle antenne e della forma dell’impalcato. Le due antenne che sorreggono la struttura rag-

4 - L’intenso traffico della metropoli di Istanbul.

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5 - Proposte progettuali per il ponte.

6 - Prospetto del nuovo Ponte sul Corno D’Oro.

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giungono un’altezza di 65 m fuori dall’acqua, inizialmente erano previste di altezza pari ad 88 m, mentre il tratto di connessione degli stralli con le antenne si attesta a quota 47 m fuori dall’acqua, partendo inizialmente da quota 80 m. La struttura del ponte è costituita da un sistema a lastra ortotropa formato da tre celle principali che supporta una doppia linea ferroviaria metropolitana e due camminamenti pedonali laterali. La caratteristica più interessante di questo ponte è che ospita, nel mezzo dell’attraversamento, la stazione della metropolitana così collocata al fine di limitare l’impatto dell’opera sul tessuto dell’edificato storico, specialmente nella sponda della penisola storica dove sono ancora presenti i vecchi insediamenti abitativi in legno, caratteristici di un’epoca costruttiva ormai abbandonata. Il ponte girevole si trova tra il ponte strallato e gli attacchi a terra sul lato Unkapani, con una lunghezza totale di 120 m è suddiviso in due campate di 50 e 70 m da un supporto centrale, che contiene i meccanismi di rotazione. L’angolo di apertura massima è di 90 º e consente alle navi ed ai tra-

ghetti di attraversare la linea. L’apertura del ponte girevole prevede due fasi principali: nella prima fase di apertura le 800 tonnellate di tutta la struttura vengono sollevate di 120 mm, quindi nella seconda fase avviene la rotazione di 90 °, il tutto in un periodo di tempo che richiede circa cinque minuti. L’area Istanbul è classificata ad alto livello di rischio sismico, e quindi le strutture sono state disegnate con livelli di sicurezza molto elevati. Il sistema fondazionale del ponte strallato comprende quattro serie di fondazioni profonde su pali che raggiungono lunghezze oltre i 100 metri di profondità. Il viadotto, su entrambe le sponde del Corno D’Oro, sono realizzate in cemento armato. Quello sul lato Unkapani ha sei campate che variano da 17 a 42 m per una lunghezza totale di quasi 169 m. Il viadotto di Beyoglu ha otto campate che variano da 23,5 a 45 m di lunghezza, per una lunghezza totale di 268 m. Le strutture d’ingresso alla stazione, presenti su entrambi i lati del Corno d’Oro, con tre piani fuori terra ed uno interrato piano, accolgono strutture


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7 - La stazione della linea ben visibile nella parte centrale del ponte.

8 - Il ponte girevole.

9 - Ingresso al percorso pedonale del ponte che colega la stazione.

ricettive e strutture atte al mantenimento ed al funzionamento della linea metropolitana. Questo ponte metropolitano, pur ponendosi come valida soluzione ai problemi di sviluppo della città, è sotto l’attento controllo del World Heritage Committee UNESCO (il comitato per il patrimonio mondiale). Il comitato UNESCO, sottolineando il carattere di intangibilità degli OUV (Outstanding Universal Values prima definiti) e preoccupato per il mantenimento dell’integrità degli stessi in relazione alla realizzazione del ponte, ha richiesto alla Municipalità di Istanbul la valutazione dell’impatto di questa nuova opera da parte di figure terze ed indipendenti. In questo senso la Municipalità, nel 2010, ha richiesto la consulenza ad un gruppo di

esperti internazionali indipendenti: Prof. Enzo Siviero, Prof. Jorg Schalich, Prof. Renè Walther ed il Prof. Marcus Binney. Questo primo comitato indipendente, nel lavoro autonomo dei singoli componenti, ha dato luogo principalmente a due diversi studi di impatto, condotti con approcci diversi e giunti a risultati simili. Nella seconda fase di lavoro, attualmente in corso, la Municipalità ha deciso di implementare la composizione del comitato indipendente che attualmente è composto dal Prof. E. Siviero, dal Prof. J. Schalich, dalla Prof. T. K. Kirova e dal Prof. M. Ibrahim. Questo secondo comitato ha deciso di operare congiuntamente riunendo le singole osservazioni dei componenti in un report globale. Questo re53


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10 - Il ponte prima e dopo l’intervento di mitigazione.

port di valutazione globale, al quale hanno collaborato, oltre ad Alessandro Stocco, Michele Culatti e Viviana Martini, è stato sviluppato all’interno dell’ambiente scientifico e culturale del Dottorato di Ricerca dell’Università di Nuova Gorica: “Economics and Tecniques for the Conservation of the Architectural and Environmental Heritage and Landscape” all’interno del quale Enzo Siviero ha costituito un gruppo di lavoro che ha focalizzato la ricerca nel particolare ambito denominato ‘Landscape and Infrastructure’.

I risultati della Valutazione di impatto L’indiscusso valore universale della città di Istanbul, che è chiaramente definito nei criteri di iscrizione che incorporano ed esplicitano gli OUV, così come l’importanza strategica e geografica della zona quale centro di un “naturale” sistema di sviluppo economico e sociale del paese, ha richiesto un approccio metodologico alla valutazione

11 - Rendering dell’ultima version progettuale del ponte.

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dell’impatto altamente interdisciplinare, che, attraverso l’analisi consequenziale di modelli, ha consentito il controllo del livello di interferenza tra la nuova infrastruttura ed il suo contesto, considerando fondamentale il rispetto dei valori universali che hanno permesso alla città di essere iscritta nella “World Heritage List”. L’impianto metodologico è stato costruito utilizzando alcuni parametri codificati in Italia per l’analisi degli impatti di nuove infrastrutture sul paesaggio provenienti dal “DPCM 12/12/2005” integrati con le recenti “ICOMOS Guidance on Heritage impact Assessment for Cultural World Heritage Properties” a definizione di un sistema in grado di valutare contemporaneamente gli aspetti legati all’integrità degli OUV, i cambiamenti in atto ed ai relativi effetti, i possibili benefici derivanti come, ovviamente, gli impatti negativi oltre che una loro possibile mitigazione o compensazione. In sintesi i risultati della valutazione hanno sottolineato che l’unione metafisica che si esprime nell’effettivo ruolo del ponte, attraverso il collegamento funzionale della linea, dovrebbe essere rivolto anche all’utenza “altra”; il ponte dovrebbe


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12 - Landscape Design - Individuazione dell’area.

assumere il vero ruolo che ha, concretizzandosi come portale di transito, come passaggio, unione, connessione tra due sponde idealmente unite non solo per la metropolitana ma anche e soprattutto per la sua funzione di collegamento pedonale a sottolineare l’importanza degli aspetti relazionali che l’opera deve assumere. I risultati hanno evidenziato che è necessaria una revisione architettonico-progettuale del ponte, tutt’ora in atto, mirata a raggiungere una maggiore attenzione nei confronti del pedone come osservatore, e come utente di uno spazio che deve configurarsi come luogo e quindi deve essere pensato ed attrezzato a tale scopo. Non solo quindi legato alla presenza della metropolitana. Le prime raccomandazioni e i suggerimenti di modifica derivanti dalla prima valutazione di impatto sviluppata nel 2010, sono state osservate e riportate sia a livello progettuale che a livello operativo: in questo senso sono stati modificati gli innesti dei piloni con il sistema delle fondazioni in modo da raggiungere maggiore permeabilità visiva. L’altezza delle pile, al limite delle possibilità strutturali, si è abbassata fino alla quota di 63 m sul pelo dell’acqua, ma ancora più importante, in quanto punto di maggiore impatto, sono state modificate le quote degli attacchi degli stralli ai piloni fino a raggiungere quota 47 m sul livello dell’acqua, inferiore alla quota della spianata delle moschea di Suleyman limitando in questo modo al minimo la modificazione dello skyline della penisola storica. É stato ridotto al minimo il diametro dei cavi che sostengono l’impalcato ed è stata ridotta anche la dimensione della copertura della stazione centrale del ponte, entrambi motivo di forte impatto del ponte sugli eccezionali valori universali dell’area. Questo approccio porterebbe il ponte ad assumere il ruolo di effettivo collegamento, capace di rispondere ad un tempo alle esigenze tecniche ed ancor più a quelle della percezione dell’intorno sia nel movimento che nello “stare”. Proprio in virtù dello studio di impatto, il processo di progettazione è in continua evoluzione, corretto sia dalle esigenze legate ai ritrovamenti archeologici fatti in situ sia dalle indicazioni del comitato indipendente.

Attualmente il 45% della parte metallica dell’impalcato è stata realizzata ed è pronta per il trasporto in sito ed il sistema fondazionale è completo al 95%. L’apertura della linea è prevista per il 2013. Attualmente, in seguito ai risultati della seconda valutazione di impatto che ha tenuto conto anche delle ultime modifiche apportate al progetto, sono in fase di sviluppo degli studi riguardanti gli aspetti relazionali dell’opera. Aspetti legati alla percezione dell’opera e del suo intorno, che deve essere coerente con l’assetto storico e culturale preesistente in quanto portatore dei principi identitari di questi luoghi. Dal punto di vista relazionale scenico e visivo si stanno elaborando degli studi riguardanti i terminali delle antenne con l’obbiettivo di raggiungere la maggiore coerenza possibile con le proporzioni del paesaggio che circonda il ponte al fine di non interrompere il dialogo tra le preesistenze storiche che lo formano. Dal punto di vista relazionale identitario, sono in fase di elaborazione degli studi di Landscape Design sugli intorni più prossimi al ponte con l’obbiettivo di cogliere la nuova opera come occasione di preservazione e di valorizzazione dei principi identitari che caratterizzano sia la città di Istanbul in generale che i luoghi direttamente interessati in particolare. Lo studio di Landscape Design, partendo da un’ampia ed approfondita analisi dei luoghi, definirà delle strategie operative e delle linee guida per lo sviluppo dei singoli interventi come per esempio per le aree verdi, per i percorsi culturali ed archeologici possibili e per le attività commerciali presenti che sono diretta testimonianza di un ritmo ed uno stile di vita caratteristico ed identitario di questi luoghi. Altri aspetti, legati al Landscape Design, in fase di studio e di elaborazione riguardano il colore e la luce del ponte in quanto elementi scenici e visivi capaci di grandi suggestioni e quindi fondamentali per un corretto inserimento dell’opera. Attraverso il colore si cercherà di definire un rapporto visivo, coerente con i colori del paesaggio che la circondano. Le tabelle cromatiche possibili saranno estrapolate da tre diverse campagne fotogra55


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13 - Rendering del ponte.

fiche panoramiche effettuate in momenti diversi della giornata. Ciascuna campagna fotografica consta di 6 punti di ripresa scelti in funzione della visibilità della nuova opera ed in funzione del significato storico e culturale che questi punti panoramici rappresentano. La scelta finale dei colori sarà preceduta da ulteriori due considerazioni: una relativa al fattore di mutevolezza dei cromatismi dell’area ed una relativa al significato dei colori all’interno della cultura turca.

Considerazioni conclusive

Nella pagina a fianco: vedute di Istanbul sotto la neve.

Il ponte per unire luoghi e creare relazioni sociali e visive che nella loro percezione sanciscono il momento storico di un’era in cui la comunicazione è divenuta, per la sua capacità di superare distanze mondiali senza limite temporale, il fulcro attorno a cui ruotano i rapporti di relazione. In questo emblematico caso è proprio il ponte, elemento di collegamento per antonomasia, a dare luogo ad una importante riflessione. Proprio l’occasione del Metro Golden Horn Crossing Bridge è lo stimolo che permette di acquisire la consapevolezza storica di questi anni, caratterizzati da un eccesso di tempo8 . Inseguiti dalla storia, della quale percepiamo il prossimo incedere, il ponte diviene tangibile e concreto tassello dell’eccezionale mosaico culturale e storico che forma la città di Istanbul. Oggi, insieme alle testimonianze millenarie delle ere che 8 Marc Augé, Che fine ha fatto il tempo, Elèuthera, 2009

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hanno caratterizzato i tre grandi imperi del mondo, la città di Istanbul, crocevia culturale e geopolitico tra le più importanti vie di comunicazione mondiali, ha posto questo ponte, collegamento metropolitano e pedonale tra le due sponde per l’utente, scenico e visivo con le spettacolari quinte sceniche dell’Asia e dell’Europa per l’osservatore, collegamento culturale in quanto offre l’occasione di preservare e valorizzare i principi identitari del luogo. Oltre la sur-modernità definita da M. Augè, consapevoli dell’eccesso di tempo in cui viviamo che ha portato il fatto storico nel quotidiano, il progetto di questa infrastruttura richiede il confronto diretto con l’essenza della storia. Necessario elemento infrastrutturale tecnologicamente avanzato, questo ponte deve entrare coerentemente nello skyline di Istanbul, eccezionale trasposizione scenica della storia della città, cogliendo l’occasione di un progetto di infrastruttura capace di raccogliere tutte le competenze specialistiche necessarie, formando ancora una volta un importante ponte tra le diverse discipline coinvolte. Riproduzione riservata ©


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Istanbul sotto la neve: un sogno impossibile e un ponte che nasce Nevica. Un’atmosfera surreale. I tetti imbiancati contrastano con i colori della città. Una coppia di gabbiani si aggira smarrita alla ricerca del nido ove hanno depositato le uova. La vita muta i propri ritmi. Lo sguardo curioso percorre i luoghi alla ricerca dell’usuale non più percepibile nell’immediato. I minareti svettano verso il cielo emergendo da candide cupole. I fiocchi di neve sembrano scandire il tempo nel suo lento scorrere. Il riflesso dell’acqua ti fa immaginare il ponte che sta per nascere. Emergendo dalle acque millenarie del “Golden Horn” una grande arcata richiama il mito di Leonardo con la sua forte idea progettuale di chiara ispirazione medievale. Ad esso fanno eco le più sobrie arcate multiple del progetto Michelangiolesco che si rifa ai canoni del Rinascimento. Il “Galata Bridge” nel vissuto collettivo ti rende partecipe delle intersezioni culturali che connotano la città. L’Ataturk Bridge con il suo intenso traffico veicolare ti fa percepire il continuo brulicare delle migliaia di persone nel quotidiano via vai. Ma è il nuovo “Halic Bridge”, ora in costruzione, che ti incuriosisce. Incorniciati dal candore della neve, due neri fori, veri e propri occhi accecati, che richiamano Polifemo, ti fanno immergere nelle viscere delle colline che fanno da sponda alle acque in una magia storicamente consolidata per i reperti archeologici ivi rinvenuti. La nuova linea metropolitana è ancora incompiuta. E chiede a gran voce di essere completata con il nuovo ponte strallato di moderna concezione. Da tempo affiorano dall’acqua i pali di fondazione in attesa di ricevere i basamenti delle pile. Sulle chiatte già sono presenti i primi tronconi che formeranno i futuri sostegni dell’impalcato. Già si immaginano i piloni che svettano in un dialogo sommesso con i minareti della grande Moschea. Nè competizione, nè gerarchie, ma solo il pacato discorrere tra modi diversi di interpretare la storia dell’Uomo. E ancora la luce e il colore faranno da suggestiva cornice alle essenziali geometrie statiche dell’intera opera. Ma oggi è la fioca luce del giorno nevoso a trasmettere l’emozione di un sogno che vive. L’inatteso evento che imbianca l’intera città porta scompiglio. Il traffico impazzisce. La gente si interroga. Dove vado? Come potrò muovermi? Quando sarà possibile? Arriverò o resterò inchiodato? Tutto questo ti spinge alla riflessione sulla inanità dell’uomo a fronteggiare eventi improbabili. Le vie sbarrate. Le auto ferme. I mezzi publici rallentati all’inverosimile. La città è l’ombra di se stessa. Il suo isolamento per la chiusura dell’aeroporto. Tutto rallenta. Tutto si ferma. E paralisi totale per milioni di persone. La Roma d’Oriente è assurdamente in ginocchio. Ma di lì a pochi giorni sarà la Roma d’Occidente a subire l’onta dell’emergenza “neve”. Un parallelo ideale di realtà non così dissimili. Su tutto e su tutti la verità emerge nella sua crudezza. Siamo irrimediabilmente inadeguati a gestire questi eventi, solo apparentemente eccezionali. Un paradosso della modernità che rivela un vero e proprio non essere. Enzo Siviero

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Dubai e il suo futuro di Roberto Ceccon

Gli Emirati Arabi Uniti (“EAU”) sono una confederazione di sette monarchie ereditarie, formatasi nel 1971 sotto l’impulso dello Sceicco Zayed bin Sultan Al Nahyan, emiro di Abu Dhabi il più grande e ricco emirato della confederazione. La nascita degli EAU segue l’uscita degli inglesi, presenti sin dal 1892 per proteggere quei territori dalla dominazione ottomana. Nel corso degli ultimi due decenni si sono particolarmente sviluppati, grazie alle risorse petrolifere interne, gli emirati di Abu Dhabi ( detentore di circa il 98% dei giacimenti petroliferi) e Dubai, che rappresentano ancora oggi le punte di diamante della confederazione. In particolare lo Sceicco Mohammed bin Rashid Al Maktoum, emiro di Dubai, ha dimostrato grande lungimiranza puntando su settori alternativi al petrolio quali ad esempio il turismo, facendone un vero e proprio business case. Ed è proprio per lo sfavillante sviluppo turistico di Dubai che il New York Times nominò nel 2006 lo sceicco Al Maktoum imprenditore dell’anno. L’intuizione nasceva proprio dalla limitata capacita di produzione petrolifera di Dubai ( circa 1% della produzione della Confederazione) per cui l’emirato aveva la necessità di puntare su altri settori per generare nuovi introiti. E così nacque nel 1985, con un investimento di soli 10 milioni di dollari, la compagnia aerea Emirates, che oggi si può annoverare tra le più rinomate compagnie aeree del mondo. Al tempo stesso fu lanciato un piano di investimenti per la costruzioni di giganteschi centri commerciali (mall) la cui area complessiva, oggi, rappresenta quattro volte l’area commerciale disponibile pro capite negli USA. Nel 2009 il gettito dei ricavi provenienti dal settore del commercio al dettaglio ha raggiunto circa gli 8 miliardi di dollari e si è ulteriormente incrementato anche negli ultimi due anni. I grossi flussi turistici su Dubai, in maggior parte provenienti dal mondo arabo e dall’Europa, garantiscono un tasso di occupazione di circa il 90% delle strutture alberghiere che nel pieno dello sviluppo del settore (1993–2005) sono passate da 167 a 409. A queste si aggiungono le realizzazioni compiute negli ultimi cinque anni, tra le quali primeggia l’Armani Hotel nel grattacielo Burj Kalifa con 160 suites e 144 luxury apartments. La crisi economica internazionale scoppiata nel 2008, tuttavia, ha inciso sensibilmente sulla crescita degli Emirati e, in particolare, l’Emirato di Dubai è stato fortemente colpito nel comparto immobiliare che è stato uno dei settori trainanti dello sviluppo dell’economia dubaita nel periodo che va dal 2000 al 2008 (in questo periodo, infatti, una considerevole parte delle proprietà immobi-

Dubai and its future by Roberto Ceccon The United Arab Emirates (UAE) are a confederation of seven hereditary monarchies, formed in 1971. Over the past two decades, the emirates of Abu Dhabi (which owns about 98% of the oil) and Dubai, which is still the flagship of the confederation, have used their internal oil reserves to implement significant development. The emir of Dubai in particular has demonstrated long-term vision by focusing on industries that represent an alternative to oil, such as tourism. The Emirates Airlines was founded in 1985 and is currently one of the best-known airlines in the world. At the same time, an investment plan was launched for the construction of giant shopping centres. The economic crisis has undoubtedly left its mark, but the level of development and growth has not come to a halt. The authorities of Dubai have developed a large-scale plan to intervene on the infrastructure. They have planned 500 km of new roads, 120 multi-level connections to be completed by 2020. The subway in Dubai, the first to be built on the Arab peninsula, will be complemented by a system of railway transportation (trains) that will connect it to the other Emirates. The Dubai World Central Airport is now close to completion, making it possible to handle 120 million passengers and 12 million tons of cargo per year.

Nella pagina a fianco, in alto: grattacieli a Dubai (foto dell’autore); in basso: mezzo di trasporto tradizionale (www.wikipedia.org)

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1 - La linea rossa della metropolitana di Dubai (www. wikipedia.org).

liari hanno subito una svalutazione di circa il 60%). Non va comunque dimenticato che lo sviluppo immobiliare di Dubai ha collocato questo emirato nel nucleo delle realtà più avanzate al mondo dal punto di vista architettonico, in considerazione delle sofisticate tecnologie costruttive che sono state utilizzate e che hanno portato alla realizzazione prima dello scenografico hotel Burj Al Arab ( mitico hotel a 7 stelle a forma di vela) ed ora al grattacielo più alto del mondo, il Burj Kalifa (oltre 828 m).

2 - Mappa della metropolitana.

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Oggi Dubai continua a rimanere, nell’immaginario collettivo, una realtà che suscita fascino e mistero, curiosità e diffidenza. Un po’ le medesime sensazioni che il mondo arabo, latu sensu, ha sempre prodotto nel mondo occidentale e che sono alimentate da un grado di crescita e benessere che continuano ad essere ostentati. Certamente la crisi economica ha lasciato il segno, ma possiamo dire, con ragionevole serenità, che il livello di sviluppo e crescita di Dubai e degli Emirati in genere non si è arrestato. Sia sufficiente


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3 - Il terminal 3 dell’aeroporto internazionale di Dubai

pensare che la popolazione ha raggiunto gli 8,26 milioni di abitanti nel corso del 2010, con un incremento del 64,5% in soli 4 anni. Il che depone a favore di una crescita in termini di attrazione di risorse umane e, di conseguenza, di concrete opportunità o prospettive di lavoro. Nel 2009 gli abitanti di Dubai ammontavano a 1.771.000 di cui 1.370.000 maschi e 401.000 femmine, con una densità media di 408 abitanti per km² (otto volte superiore alla densità media dell’intera confederazione) e una sostanziale pre-

valenza di expatriates rispetto alla popolazione emiratina (nationals). Molte, infatti, sono le nazionalità presenti in Dubai e negli Emirati in generale, con prevalente provenienza dall’area asiatica (India, Pakistan, Bangladesh, Filippine). Questa crescita demografica ha enfatizzato alcuni problemi infrastrutturali nell’emirato di Dubai, già appesantito da un sistema di rete stradale insufficiente a sostenere il traffico urbano. Attualmente i progetti realizzati e in corso di realizzazione a Dubai sono focalizzati per dare un’impronta più

4 - Pianta della città.

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TRASPORTI & CULTURA N.31 organizzata e razionale al trasporto, con l’obiettivo di ridurre sempre più la congestione del traffico e il tempo che si deve trascorrere in auto per andare e tornare dal lavoro (commuting time). Oggi, ricordiamo, Dubai è la città più “congestionata” del Medio Oriente; con un commuting time di 1h 45m, 541 auto ogni 1.000 abitanti e un’attesa, a parità degli attuali ritmi di crescita, di circa 5,3 milioni di auto registrate entro il 2020. Questi dati assumono un valore ancora più impressionante e decisamente significativo se confrontati con città come New York (444 auto ogni 1.000 ab.), Londra (345 auto

5 - Un bus a Dubai marina.

6 - Veduta panoramica. 7 -Nella pagina a fianco: l’hotel Burj Al Arab, a 7 stelle a forma di vela

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ogni 1.000 ab.) e Singapore (111 auto ogni 1.000 ab.). In questa situazione le Autorità dubaite hanno sviluppato un piano di interventi di grande portata e che oggi stanno dando i primi segnali positivi, operando sul sistema della rete stradale attraverso sistemi di raccordi multi-level, tangenziali, nuovi ponti, tram e la Dubai Metro. Sono in programma circa 500 km di nuove strade, 120 raccordi multilevel da realizzarsi entro il 2020 con un investimento di circa 12 miliardi di dollari.


TRASPORTI & CULTURA N.31 Oggi Dubai ha un sistema di trasporto pubblico gestito dalla Roads Transport Authority ( RTA) che serve, per mezzo dei propri autobus, oltre 30 milioni di passeggeri alla settimana. Ciononostante il sistema pubblico di trasporto su ruote non è ancora sufficiente per cui, negli ultimi tempi, è stato fortemente potenziato con l’acquisto di circa 1.700 autobus. Il trasporto cittadino è poi adiuvato da una rilevante flotta di taxi gestita da varie società locali, la più importante delle quali è la Dubai Transport Corporation che usa i caratteristici e confortevoli taxi color crema di Dubai. Attualmente circolano in Dubai circa 7.500 taxi, che sono facilmente utilizzabili a prezzi decisamente incredibili rispetto a quelli cui siamo normalmente abituati; basti pensate che una corsa, di circa 25–30 km, dall’aeroporto di Dubai fino alla parte opposta della città (Jumeirah beach) non costa più di15/18 euro. Dal 2009 è parzialmente operativa la Dubai Metro, mentre si attende il suo completamento per il 2012. L’infrastruttura è stata realizzata dal consorzio Dubai Rapid Link, guidato dalla giapponese Mitsubishi Heavy Industries, e comprende due linee: la Green Line che collega la località di Rashidija al centro di Dubai, e la Red Line che collega l’aeroporto a Jebel Ali. Sono state progettate altre due linee: la Blue Line e la Purple Line. La Blue Line

collegherà il Dubai International Airport al nuovo porto di Jebel Ali e al Dubai World International Airport; il percorso sarà di circa 47 km e attraverserà Dubailand (l’esatto numero delle stazioni non è ancora noto). La Dubai Metro è operata dalla società inglese Serco Group e copre attualmente 70 km di percorso con 43 stazioni di cui 10 sotterranee. La metropolitana di Dubai, la prima realizzata nella penisola araba, sarà affiancata anche da un sistema di trasporto su rotaia (treno) che collegherà anche gli altri emirati. Di sicuro interesse nel sistema dei trasporti è il comparto del trasporto aereo che vede nell’Emirato di Dubai il leader incontrastato del settore attraverso al compagnia Emirates Airlines che collega oltre 100 destinazioni distribuite tra 6 continenti. Il Dubai International Airport è uno degli aeroporti più affollati della regione medio-orientale con 105 compagnie operanti e una capacita di oltre 60 milioni di passeggeri all’anno. Il governo emiratino ha investito ingentissime risorse nel sistema del trasporto aereo potenziando la flotta con gli aeromobili di ultima generazione, quali i super jumbo A380-800s; attualmente la Emirates Airline dispone di una flotta di circa 150 velivoli. Accanto alla gestione dei flussi passeggeri vi è anche il sistema cargo che attualmente movimenta decine di milioni di tonnellate all’anno. Ed infine si deve ricordare il Dubai World Central Airport, la cui costruzione è iniziata nel 2005 ed è in via di ultimazione. Tale importante infrastruttura si colloca nell’area di Jebel Ali, ossia al lato opposto del Dubai International Airport e costituirà la nuova porta di ingresso di Dubai. Il nuovo aeroporto consentirà la gestione di 120 milioni di passeggeri all’anno, di oltre 12 milioni di tonnellate cargo e sarà parte di una “airport city” di circa 140 km², che disporrà di strutture civili e centri commerciali a servizio di circa 750.000 persone. Questo colossale progetto in via di ultimazione è stato voluto per dare un forte e deciso supporto a quei settori dell’economia che oggi rappresentano il cuore dello sviluppo di Dubai: il turismo e il commercio. Riproduzione riservata ©

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Progettare in Cina Intervista all’ing. Tobia Zordan a cura di Laura Facchinelli

Il prof. Tobia Zordan, ingegnere veneziano, insegna Tecnica delle Costruzioni presso il College of Civil Engineering della Tongji University di Shanghai con la responsabilità specifica di un corso di ponti e passerelle pedonali. Gli abbiamo chiesto di raccontarci la Cina, e in particolare lo sviluppo di questo paese, grande come un continente, nel campo della progettazione e delle infrastrutture. Partendo proprio dalla sua esperienza di docente. “Come premessa, dobbiamo tener presente che la classe dirigente attualmente alla guida del paese ha studiato in buona parte all’estero, e in Europa in particolare. Ci sono rapporti molto stretti a livello personale fra i docenti e gli amministratori, forse un senso di riconoscenza e di apprezzamento. Pertanto è naturale che, essendo queste persone in posizioni chiave, ci sia una posizione di apertura nei confronti degli stranieri, molto più che in passato. La mia esperienza è nel campo della facoltà di Ingegneria. Dal punto di vista tecnico il divario è colmato, e anzi in alcune cose i cinesi sono molto avanti: ma sono ancora in fase di trasformazione culturale, con lacune nel campo della creatività. Una volta che il percorso è fissato sono formidabili, ma peccano ancora (forse per poco) di inventiva nell’immaginare soluzioni innovative”. - Questo aspetto può derivare dall’educazione ricevuta? “La rivoluzione culturale è ancora molto presente: le generazioni più anziane l’hanno vissuta direttamente, i giovani ne hanno subito le conseguenze, che sono ancora pesantissime. La maggior parte dei cinesi è ancora abituata ad avere qualcuno che dice loro cosa fare, e questo forse infonde ancora sicurezza più che ripulsa. È anche abituato a non porsi troppe domande: se qualcuno di autorevole mi dice che devo fare una certa cosa, una ragione c’è e non sta a me chiederne il motivo. Vivendo in Cina, questo si sente molto”. - Ci può parlare della sua esperienza di docente alla Tongji University? “Questa esperienza è iniziata sei anni fa quasi casualmente. Io avevo finito il dottorato in Ingegneria delle strutture a Trento, col prof. Enzo Siviero. Poi avevo lavorato al Politecnico di Milano e all’Università di Trieste come professore a contratto. A un convegno ho conosciuto il prof. Airong Chen, allora Preside della Facoltà di Ingegneria della Tongji University. Si tratta di uno degli ingegneri più conosciuti in Cina, progettista, con altri ,del Sutong bridge, il ponte strallato attualmente più lungo al mondo, appena fuori dall’abitato di Shanghai. Lui mi ha proposto di andare nella sua Università, e io ho accettato. La Tongji University è la più importante facoltà di Ingegneria Civile della Cina da quasi vent’anni. All’interno c’è una società

Designing in China An interview with Tobia Zordan by Laura Facchinelli Tobia Zordan, a Venetian engineer, teaches the Science of Construction at Tongji University in Shanghai with a course on bridges and pedestrian walkways. We asked him to tell us about China, and in particular about its development in the field of design and infrastructure. At this time, China is very open to welcoming energies from the outside. The Chinese recognize that they need to learn to create in an original way and want their students to be trained to develop high-profile innovative solutions in engineering projects. The Government’s primary long-term goal is to offer a complete academic curriculum taught in English. An added value for the students is access to the laboratories. As for the infrastructure, eastern China – the coast that leads from Beijing to Taiwan, Hong Kong and Macao – is the most evolved and well served by infrastructure. Central China, and even more so the west, still faces the great challenge of building its infrastructure. There is an extraordinary program for the construction of roads and highways, with a large number of bridges, tunnels, retaining walls and other engineering works. But the prediction is that in the space of twenty years, China will face a huge problem regarding the durability of what it is building, because most of the works suffer insufficient quality control.

Nella pagina a fianco: il centro di Shanghai.

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1 - Lo sviluppo di Shanghai.

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di ingegneria di 800 persone, dove lavorano docenti e dottorandi, impegnata nei più prestigiosi progetti in fase di realizzazione nel paese. Il governo, quando vuole una progettazione di altissimo profilo si rivolge all’università: non solo alla Tongji, che è una università di eccellenza, ma anche ad altre (là è una prassi avere, all’interno, una società di ingegneria). L’università opera solo per grandi progetti: per esempio oggi sta facendo l’edificio più alto di Shanghai (680 metri); in passato ha partecipato alla progettazione del Sutong, che ha una campata centrale di 1.088 metri. Pertanto l’università, in Cina, si colloca come consulente di grandi società di ingegneria, nelle opere in cui l’ingegnere privato non va a collocarsi. Sei anni fa, nel 2006, ho iniziato dunque questa esperienza: unico docente straniero a Ingegneria”. - Perché un italiano? Anzitutto perché loro associano ancora l’Italia con l’idea della creatività. Riconoscono la necessità di “imparare” a creare in modo originale e desiderano che gli studenti siano educati ad individuare soluzioni innovative e di alto profilo all’interno di un progetto di ingegneria. A mio avviso questo atteggiamento nasconde una grande determinazione nel cercare di uscire dalle limitazioni state imposte dalla rivoluzione culturale…”. - Non vedono la maggiore libertà, in linea di principio, come un pericolo? “Questo fa parte di un concetto molto importante e sentito in Cina, che ha importanti ricadute all’interno del processo di democratizzazione che è in atto nel paese. Il concetto di democrazia ha ancora aspetti fumosi agli ochi di un popolo che non ne ha diretta esperienza. Le classi dirigenti stanno facendo dei passi molto importanti in questo senso, e i risultati sono tangibili: in sei anni ho visto molti e importanti cambiamenti. La grande paura è che un percorso troppo rapido porti a delle tensioni sociali troppo forti, che possano sfociare in disordini. Lo scopo principale delle classi dirigenti è quello di tenere unito il paese: vedono l’esperienza dell’ex-Unione Sovietica e la possibile frammentazione dello stato come un esempio da scongiurare a tutti i costi. La Cina è un paese talmente grande e pieno di contraddizioni e diversità che ritengo questi timori fondati. Importanti progressi sono in corso, ma è comprensibile il timore di eccessive accelerazioni che possano sfociare in tragici e imprevedibili epiloghi”. - Com’è stata la sua esperienza lavorativa all’interno dell’università cinese? “Il mio percorso è stato molto rapido, tanto che in poco tempo sono riuscito ad avere un contratto come Professore Ordinario, cosa che in Italia è impensabile. Questo è uno degli aspetti interessanti della Cina: quando si ritiene che una persona sia in grado di assumersi delle responsabilità, di portare avanti un progetto, gli viene data fiducia. Fatto salvo che il giorno dopo, se si sbaglia, la fiducia viene tolta. La mia esperienza è assolutamente positiva. Non sarei mai riuscito a fare, in Italia, quello che ho realizzato lavorando in Cina. Dalla Tongji ho avuto mandato di istituzionalizzare i rapporti con le università italiane: in Italia ci sono più di 10 dottorandi da Tongji. Abbiamo fatto degli accordi-quadro con l’Università di Cagliari, con l’Università di Roma Tre, con la Federico II di Napoli; abbiamo dottorandi anche allo IUAV di Venezia. Pertanto abbiamo avuto risultati positivi anche in termini di scambio sul piano scientifico. E abbiamo invitato vari docenti italiani a fare dei workshop a Shanghai”.


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Axim faccusapit, velis dolum sam, occulpa volut quam, occatus sint in pa quasperchil iuntia cuptur, am same est lique nis magnis es pratur aut apiscip santis verferum apicatenis et fugitatis magnam re ad mint. Accae velite volore molorrum que arum ulpa dolupta tempore, solori am, to de nost, cum senim cus nulparum vit hicil is doluptae et opta perspeles apicae veliqui coruptati cum doluptas ipsam nitatumet que et laccusdam aceptatur accupid eresto blant rersperatem voloreh endaerchil et lit aligniatat ventiuntet ligendene et volupitem et eum aut qui quia con conem ipsa solor aspictia aliae voluptates eat exceatur? Musciam enisquam estiatin cullorp oruntia musdandis apis reictota voluptatur magnihil ilis esequiantiis estruntion et mo digentis audae estiorem facerorit, tem ad mi, utatque natur aut mos explit, volesti corum re vitia nectur sum voluptum laute ipsuntem es illoresequis explige nimolor epelita testian dandenim sit, tota same nus, quatiam dolest, seque nobita ventin perum recabor auda volupta quatur? Quidebit porestium laut id ut ma doloritiist, nullis rerum rescia nienihilit, vellabo. Es quis nis ellatur, excestin re vendel et, is et ratque rempor rereperis aut et es dignia audae eium nihilist plaborem et, sequis maiostrum harcidem natur? Editati cumquis doloreic tempor aut dolupta et quae etus velibusape eos dus dit dolorro reremodis evel molupta quibusam dolupta spidem estissimus unti tempore soloribus, et quatum asintis et int aut voluptatus saerorum ut magnit, comniant est lab illaborecto te repelit quas est landi dolupic toritatint ulpa dolo doluptatur? Enis derovid exeritius aut rest, nusam verro estotae ius aut etur sandunt verum fugiam, odition poribus, occaes am ius aut verit ut verum ipsunt. Tium ratet aut vendios aperem facestiam, andae verem quasperro temporem illoreh enditiissi bea volorit, quiscit atiaspis deration cum

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2 - Veduta del Sutong Bridge.

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- In quali campi le università cinesi hanno bisogno di docenti provenienti da altri paesi? “In molte discipline – come l’economia e l’architettura - le università cinesi sono più avanti che nell’ingegneria. Il Governo Cinese ha come obiettivo prioritario e lungimirante quello di mettere a punto un’offerta formativa completa in lingua inglese. La stessa televisione cinese ha due canali in lingua inglese. In Italia si continua a non dare agli studenti lo strumento di base della globalizzazione: credo che l’università italiana stia perdendo la possibilità di essere competitiva, di esprimere se stessa: i nostri ragazzi, in futuro, saranno segregati svantaggiati in partenza nella competizione globale per un posto di lavoro qualificato”. - Nelle università cinesi ci sono differenze significative, rispetto ai paesi occidentali, nella formazione degli ingegneri e degli architetti? “Direi di no: siamo molto simili. Una cosa dà un valore aggiunto agli studenti cinesi: l’accesso ai laboratori. Sono rimasto impressionato dal fatto che la Tongji University abbia al suo interno tre gallerie del vento, che sono gestite per una parte consistente da studenti di master e dottorandi. Il laboratorio di sismica viene messo a disposizione degli studenti. Pertanto in Cina i laboratori sono strumenti didattici. Credo che a livello formativo questo abbia un valore straordinario. In Italia, invece, i laboratori restano appannaggio di pochi fortunati dottorandi e dei docenti, che fanno le loro ricerche”. - Dicevamo dell’apertura nei confronti degli apporti di altri paesi … “Credo che, in questo momento, la Cina sia molto aperta a ricevere energie dall’esterno. Dei cinesi, noi conosciamo il livello medio, ma la Cina è fatta anche di grandi eccellenze. Ho fatto varie conferenze in giro per le università cinesi, e ho consta-

tato che il livello può essere anche basso, ma nelle università di punta c’è davvero l’eccellenza. Io mio figlio lo manderei con grande convinzione a studiare a Shanghai; credo che l’Università Tongji dia una formazione di assoluto rilievo, che non è seconda a nessuna. Tongji sta vivendo un impetuoso processo di internazionalizzazione. Quando sono arrivato, non c’erano molte richieste di accordo con università straniere, mentre oggi ne arrivano quotidianamente da tutto il mondo. C’è dunque un innalzamento di interesse veramente esponenziale, negli ultimi anni, perché ci si rende conto di quello che sta avvenendo. Il tutto è forse iniziato in modo evidente con la missione cinese di Romano Prodi che ha posto le basi per degli scambi importanti, da cui sono nate poi delle scuole italo-cinesi e varie altre cose. Il Politecnico di Milano e il Politecnico di Torino hanno istituito le scuole congiunte di Ingegneria Meccanica ed Elettrica, e all’interno della Tongji esiste il college italo-cinese per le stesse specializzazioni. E credo che anche Ca’ Foscari sia entrata in questo college italo-cinese. Per l’Ingegneria Civile, invece, ancora non ci sono collaborazioni. Sul piano istituzionale, comunque, non sono stati compiuti passi avanti. D’altra parte vedo grande ritrosia a sbarcare in Cina anche da parte delle aziende italiane, perché hanno una grande paura di essere copiate”. - A che punto è, la Cina, dal punto di vista delle infrastrutture, e in particolare delle infrastrutture di trasporto? In che senso le differenze fra aree evolute ed aree arretrate? “La Cina dell’est è quella più evoluta: si parla della costa da Pechino scendendo fino a Taiwan, Hong Kong, Macao: quella zona è già infrastrutturata. La Cina centrale, e in particolare quella dell’ovest ha invece, di fronte a sé, la grande sfida dell’infrastrutturazione. Esiste un programma straordinario


TRASPORTI & CULTURA N.31 di strade e autostrade che prevede 85.000 km di arterie fino al 2020, con grandissimo numero di ponti, tunnel, di muri di sostegno e altre di opere di ingegneria, sia civile che idraulica. E sarà un impegno importante per tenere alto il numero dei giri del motore cinese. Riguardo alle ferrovie, si sta portando l’alta velocità in tutto il paese. Questa è una grande sfida. La Cina ha bisogno di occupare un grande numero di persone che si sta muovendo dalle campagne. La soglia di cui si parla, di una crescita che non può scendere al di sotto del 7% - a fronte dell’attuale, che si attesta sul 10% - è una cosa ritenuta, dai cinesi, di vitale importanza: è la soglia minima per dare occupazione alla grande massa di persone che si stanno muovendo dalla campagna verso le città. La Cina ha più di 100 città che hanno più di un milione di abitanti. Un dato impressionante. Shanghai ha, ufficialmente, 20-22 milioni di abitanti, ma tutti parlano di 30 milioni. È una città verticale. Ora c’è il problema di contenere questa transumanza. Si costruiscono quartieri dormitorio: si radono al suolo aree di città che si ritengono non abbastanza estese in altezza”. - Ma a Pechino ci sono ancora ampie zone popolari con edifici a un solo piano… “Mentre Shanghai è una città policentrica, Pechino è una città radiale organizzata attorno alla Città Proibita dove, fino a pochi anni fa, non ci potevano essere edifici più alti. Oggi, dall’interno della Città Proibita, non si possono vedere altri edifici, in segno di rispetto: pertanto a Pechino tutti gli edifici alti sono lontani dal centro”. - Ma la Città Proibita non ha un valore soprattutto storico ? “Certo, ed è stata conservata con cura. Teniamo presente che, per i cinesi, conservare vuol dire mantenere in perfetto e totale efficienza fin’anche arrivando a sostituire con una struttura perfetta-

mente uguale e di nuova fattura: pertanto si vedono edifici perfettamente conservati, che però sono nuovi. Un concetto che va contro il nostro modo di sentire, anzi ci fa rabbrividire”. - Questo è un tema molto interessante, che meriterebbe di essere approfondito. E tornando alle infrastrutture? “Molti tecnici delle infrastrutture ritengono che fra vent’anni la Cina avrà grandi problemi legati alla durabilità di quello che si sta costruendo. Le grandi opere, quelle veramente di punta, che però sono una parte minima rispetto a quello che si sta costruendo, vengono controllate dal punto di vista della qualità secondo criteri che, secondo noi, sono accettabili. Ma la maggioranza delle opere correnti - che però possono essere anche molto grandi, come ad esempio ponti strallati di 200 m di luce – hanno insufficienti controlli di qualità. Sono cioè opere nuove che nascono vecchie e immediatamente hanno bisogno di manutenzione. Per ora, di questo problema, i cinesi non si occupano, perché le manutenzioni tengono comunque impegnate le manovalanze. Però, proiettato su 85.000 km di strade dove ci sono centinaia di migliaia di ponti, il problema assume ben altre proporzioni. I cinesi stanno facendo le normative in corsa, con grande affanno e preoccupazione, perché cominciano a rendersi conto del problema. È un processo di sviluppo sostenibile? Se lo guardiamo coi nostri occhi, sicuramente no. Cosa farà la Cina fra vent’anni, quando si tratterà di mantenere in esercizio quello che oggi si sta costruendo, con un livello qualitativamente basso? Ripeto: le poche grandi opere hanno un livello qualitativamente alto: sono uguali alle nostre. Ma per il resto, si usano materiali scadenti, non c’è un controllo: se si va in un cantiere cinese la qualità dei calcestruzzi, l’acciaio delle armature ecc. sono a un livello

3 - Il Lupu Bridge di Shanghai.

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4 - Il programma di infrastrutturazione del Paese.

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molto preoccupante. Questi aspetti convivono. Le città cinesi non sono così mature: accanto agli uffici delle multinazionali esiste il micro-commercio”. - Come definirebbe il modello cinese di sviluppo delle città? Come si raffrontano ruolo pubblico e iniziativa privata? “Questa è una domanda difficilissima. Un dato che salta all’occhio è che il suolo rimane pubblico, per costruire occorre una concessione, che può essere rinnovata oppure no. L’orizzonte temporale più lungo mi sembra sia quello dei novant’anni. La

proprietà è personale, ma lo stato può riacquisire tutto a prezzi più bassi. È una situazione molto più precaria rispetto a quello che succede da noi. E con un incremento di prezzi che si fa insostenibile: comprare un appartamento in centro, per una persona che non sia ricca, è un grosso problema. Si capisce l’affollamento delle case: i genitori vivono con i figli e con i nipoti. Pertanto o si compra fuori o si accetta di condividere gli spazi”. - Nelle grandi città, quali sono le dimensioni dei problemi legati alla motorizzazione privata? Esiste un


TRASPORTI & CULTURA N.31 sistema efficace di trasporto pubblico? “Il sogno più grande per un cinese, in questo momento, è l’automobile. Le città cinesi però non sono state concepite a misura di automobile e mancano i parcheggi sia pubblici che privati Solo da poco si costruiscono case con i posti auto. Sento di colleghi che partono da casa due ore prima, lasciano la macchina a chilometri di distanza e prendono il taxi o l’autobus per arrivare al posto di lavoro. E le città cinesi non nascono per questi volumi di traffico. Per esempio Shanghai ha le cir-

convallazioni in cui il traffico è imbottigliato: le arterie vengono ampliate, ma ci sono punti con una circolazione talmente densa che si formano delle strozzature dove, a certe ore del giorno e per ore, non si passa”. - Ma non ci sono dei treni regionali, dei servizi pubblici urbani? “C’è la metropolitana, c’è il servizio pubblico, ma il cinese, appena può, acquista e usa l’auto. Tanto che, per contenere questo fenomeno, le targhe delle automobili vanno all’asta. Non si acquista l’auto con la targa: si acquista la targa e poi l’auto, e la targa può costare quanto se non di più della macchina. La targa è di proprietà e rappresenta il diritto di circolare. Dunque il cinese, pur di usare l’auto, accetta tutti i disagi del traffico. Tutto questo però non è sostenibile. L’inquinamento è enorme, ma non è solo legato alla circolazione stradale: dipende anche da altri fattori, come le fabbriche (la Cina è un paese che va a carbone). Però si stanno facendo grandissimi passi avanti per risolvere questo problema. Ci sono politiche di riconversione degli impianti. In questo momento, se parli di ambiente, in Cina tutti ti stanno a sentire: è il tema più caldo”. - Come vengono affrontati i temi dell’ambiente? Ci sono norme di legge? A che livello è la sensibilità dei cittadini? “C’è molta attenzione da parte delle Autorità. A livello delle università, delle istituzioni, delle amministrazioni il tema è molto sentito, data l’esigenza di rendere le città vivibili. Non tutti i cittadini, invece, si rendono conto del problema e questo è un problema educativo enorme”. - In Cina ci sono alcune “smart cities”, città fondate ex-novo, ad alto contenuto innovativo, volte a coniugare sostenibilità, sicurezza e qualità della vita. Ha avuto esperienze in questo campo? Ci può fare qualche esempio? “Non ho avuto esperienza diretta, ma è un esperimento molto importante, che loro ritengono di grande interesse. Ma accanto alle “smart cities”, che sono modelli limitati e di eccellenza, ci sono le “new towns” che tendono ad allontanare la popolazione dai centri congestionati, puntando sui collegamenti con treno, metropolitana e l’autobus. Questo mi sembra il fenomeno più interessante, perché si verifica su larga scala. Ci sono le città satellite che vengono confezionate senza i cittadini: vengono costruiti gli edifici, si curano anche gli arredi delle case, poi 100.000 persone vengono trasferite nel giro di due mesi, con assegnazione di un alloggio. Interi quartieri vengono, così, ricollocati. Io ho visitato alcune di queste città. Una, in particolare, Lingang, mentre si collaudava la segnaletica: c’erano le luci accese, le insegne luminose, i semafori, gli autobus vuoti con gli autisti che si fermavano e aprivano e chiudevano le porte: tutto doveva essere perfettamente funzionante perché nel giro di due mesi era atteso l’arrivo della popolazione: 300.000 persone ricollocate in poche settimane, una cifra impressionante. È questa, a mio avviso, una delle sfide più importanti della Cina di oggi. Si vuole delocalizzare, creare un ambiente più vivibile, con ampi spazi verdi. Ma la persona viene proiettata in un ambiente privo di carattere, privo di storia. Dopo il trasferimento, nelle aree abbandonate si abbattono le case per costruire edifici più alti”. - Si dà importanza alla qualità del progetto architettonico, all’armonia delle costruzioni? L’architetto può (vuole) ricercare la bellezza? “Nell’edificazione di massa non si guarda all’a71


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5 - I tipici problemi di qualità dei materiali.

spetto formale, né si fa riferimento a modelli progettuali: trattandosi di costruire molto e in tempi rapidi, si replica lo stesso edificio. Ma nei progetti importanti c’è grande attenzione alla qualità. Nella scuola di architettura di Tongji si conoscono i grandi architetti, e si producono cose di assoluto rilievo. Il modello occidentale è fortissimo: i migliori architetti cinesi sono quelli che fanno opere del tutto simili a quelle europee”. - Io ho sempre pensato che i paesi asiatici di grande civiltà, come la Cina e l’India, dovrebbero elaborare forme proprie. Invece non fanno altro che replicare le forme dell’Occidente… “Anche nelle dimensioni più piccole i cinesi sono molto sensibili, culturalmente, allo stile europeo,

6 - Veduta del Donghai Bridge.

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molto di più che a quello giapponese (che non cercano di emulare, per ragioni di rivalità) o a quello americano (che rifiutano a parole, anche se poi copiano il modello delle città verticali). - Nell’ambito europeo, quali i modelli più seguiti? “Il modello tedesco e francese sicuramente. L’Italia però è vista sempre come punto di riferimento: i cinesi ci parlano di Marco Polo, della moda, della Ferrari, e culturalmente ci sentono molto affini. Il modello è quello europeo, ma l’Italia è sempre in primo piano per la creatività”. - Cosa le ha dato, finora, la sua esperienza professionale in Cina? “Sono partito da una profonda delusione per il mondo accademico italiano e anche per il mondo


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7 - Ponti ordinari.

lavorativo italiano, dove non vengono date prospettive, non viene dato spazio ai giovani. A distanza di anni e col senno di poi, posso affermare che questa esperienza in Cina la rifarei di corsa. Attraverso l’Università sono stato coinvolto in alcune attività di progettazione. In quel paese, sul piano professionale, ci sono enormi opportunità, che però non sono facili: sarebbe molto ingenuo pensare che la Cina accolga tutti indiscriminatamente. La Cina rimane un paese molto duro e selettivo. Bisogna conoscerla e capirla per poterla vivere con entusiasmo e convinzione. I cinesi hanno molto forte il senso del sacrificio personale per il bene comune: si lavora anche il sabato e la domenica; si lavora di più, e questo è

uno dei motivi che stanno alla base della grande crescita. Nel campo dei diritti dei lavoratori e della libertà personale c’è però ancora molto da fare. Lo spirito di dedizione e di sacrificio però resta un valore culturale importante e scarsamente sentito dall’Occidente sazio e pago. Credo che questa sia forse la lezione più grande che possiamo trarre dalla Cina di oggi. Riproduzione riservata ©

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Canada, le città sotterranee di Oriana Giovinazzi

Per comprendere il modo in cui le infrastrutture hanno influenzato l’identità del Canada è sufficiente osservare il paesaggio di questo territorio molto esteso (9.984.670 km²) e scarsamente popolato (34.844.096 ab.), caratterizzato dalla presenza di immense distese di praterie e zone montuose, e sommerso a nord per buona parte dell’anno da ghiacciai. Nel corso dei secoli ragioni climatiche e geologiche hanno portato la popolazione a concentrarsi per lo più in insediamenti addossati al confine con gli Stati Uniti, mentre 2/3 circa dei canadesi si sono stabiliti a non più di 200 km dalla valle del fiume San Lorenzo e del bacino dei Grandi Laghi.

Le infrastrutture e il paesaggio canadese Il paese è un immenso arcipelago di isole e città satellite, caratterizzato dalla presenza di alcune regioni fortemente urbanizzate, cresciute rapidamente e in modo disordinato, che sono distribuite intorno alle grandi metropoli di Montréal, Toronto, Vancouver e Ottawa dove si concentra circa la metà della popolazione. La rete navigabile di corsi d’acqua, laghi, fiumi e canali, e le infrastrutture, ferrovie, autostrade e trasporti aerei, connettono questo esteso paesaggio di terre emerse e hanno restituito nel corso del tempo una certa coerenza ad un territorio particolarmente complesso. Negli anni ’50 la costruzione del canale navigabile del San Lorenzo ha garantito l’accesso di navi transoceaniche ai Grandi Laghi diventando la “porta” del Nord America nella geografia dei flussi commerciali internazionali, mentre il completamento delle opere nel 1959 ha consentito alle città più interne di guadagnare un affaccio sulla costa atlantica, attraversando anche 4.000 km di corsi d’acqua e un territorio esteso su 25.000 km². La costruzione della rete ferroviaria nazionale, di ponti e gallerie, è stata determinante per collegare il Canada orientale e la costa occidentale in forte crescita attraverso la Baia di Hudson. A garantire l’accesso a grande scala alle zone più remote del paesaggio canadese è stato il sistema autostradale. La Trans-canadian Highway (8.030 km di lunghezza) - principale arteria di attraversamento della regione più densamente popolata che si estende da Detroit a Montreal, completata nel 1971 - ha consentito la connessione tra i territori affacciati sull’Oceano Atlantico e quelli sul Pacifico, favorendo nel tempo la crescita di nuovi insediamenti urbani e la sviluppo del settore turistico.

Canada, the underground cities by Oriana Giovinazzi Canada is an immense archipelago of islands and satellite cities, with several highly urbanized regions around the great metropolises of Montréal, Toronto, Vancouver and Ottawa, where half of the population is concentrated. For the great metropolises with extreme climates, the underground could be an important resource that could modify the overall fruition of the urban structure, with an interesting impact on the organization of the territory and landscape. One of the major cities built underground at the international level is the Ville Souterraine or RESO in Montréal, 32 km of pedestrian paths and shopping malls, 12 square metres of multipurpose spaces perfectly integrated into 41 districts above ground. Built in the 1960s and later expanded, this complex, which has 120 entrances, is used by 500,000 people every day. Toronto, divided into two parallel cities, one on the surface and one underground, is internationally recognized for the PATH, one of the most extensive shopping complexes that is perfectly integrated with a pedestrian circulation system with facilities and vertical connections. The PATH plays an important role not only in the economic growth and urban evolution of Toronto, but is also an alternative way of experiencing the heart of the city. The Masterplan which was developed offers a targeted approach to growth and to the development of the underground city.

Nella pagina a fianco: Eaton Centre, i grandi magazzini di proprietà della famiglia canadese che realizzò il primo collegamento pedonale della futura città sotterranea di Toronto (Fonte: PATH Pedestrian Network Master Plan and Design Guidelines for PATH, Urban Strategies Inc., Toronto, 2012)

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TRASPORTI & CULTURA N.31 Le interazioni tra assi di attraversamento naturali e paesaggio, tra infrastrutture e territorio risultano evidenti. Il potenziamento di alcune reti infrastrutturali non ha compromesso l’efficacia del trasporto lungo l’asse fluviale, sbocco naturale verso l’Atlantico: al contrario l’uso dei corsi d’acqua come vie navigabili ha in molti casi favorito lo sviluppo di altre reti infrastrutturali che nel tempo si sono affiancate ad esso (Rail Canadian National, Highway 401 e Highway 20, King’s Highway della Trans-canadian, etc.).

Le città sotterranee

1 - La mappa della Ville Souterraine o RESO di Montrèal, una delle maggiori città realizzate in sottosuolo a livello internazionale (32 km di percorsi pedonali, 12 km² di spazi multi-funzionali). (Fonte: Arrondissement de Ville Marie, Montréal, 2003)

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Per le grandi metropoli dai climi estremi, come per la maggior parte delle città del Canada caratterizzate da inverni lunghi ed estati calde ed umide, il sottosuolo può rappresentare una risorsa importante in grado di modificare la fruizione complessiva della struttura urbana, con impatti interessanti sull’organizzazione del territorio e sul paesaggio. Se reti metropolitane su rotaie, passanti ferroviari, sezioni stradali sotterranee, parcheggi garantiscono la riduzione del carico urbanistico e di importanti quote di traffico, consentendo in superficie una migliore fruizione degli spazi e una maggiore qualità ambientale in nuclei densamente urbanizzati, la realizzazione di vere e proprie città sotterranee climatizzate assume una valenza ulteriore in particolari contesti, come quello canadese. Le underground city - sistemi spesso articolati di gallerie, connettori e spazi pedonali che corrono nel sottosuolo del centro cittadino e a cui si accede da appositi ingressi in superficie – permettono, rimanendo all’interno di una determinata area, di utilizzare connessione tra nodi della mobilità esterni e interni (terminal ferroviari, stazioni della metropolitana, dei bus, etc.) e di accedere alle consuete funzioni urbane, offrendo allo stesso tempo spazi pubblici e di aggregazione sociale, gallerie

commerciali, servizi di ristorazione, uffici, attività ricreative e strutture culturali, etc. Le connessioni fra tessuto urbano di superficie, attività commerciali e direzionali, nodi di interscambio e reti infrastrutturali sotterranee sono state realizzate nelle grandi metropoli di Montréal, Toronto, Vancouver a partire dagli anni ’60 con l’obiettivo di offrire servizi di mobilità più rapidi ed efficienti, ipotizzando allo stesso tempo un utilizzo multifunzionale di tali spazi con una particolare attenzione allo studio dei percorsi e dei flussi pedonali, alla progettazione architettonica, ai sistemi informativi e alla sicurezza, alla percezione dello spazio chiuso e all’illuminazione, nonché alle esigenze diversificate degli utenti. La Ville Souterraine di Montréal - Una delle maggiori città realizzate in sottosuolo a livello internazionale è la Ville Souterraine o RESO di Montréal che connette complessivamente 32 km di percorsi pedonali e gallerie commerciali, coprendo una superficie di 12 km² occupati da spazi multifunzionali perfettamente integrati sia strutturalmente che funzionalmente con 41 quartieri in superficie. Risultato di una partnership pubblico-privata e di un progetto per la realizzazione di una torre direzionale e di un centro commerciale, il primo percorso pedonale tra la Central Station, Queen Elizabeth Hotel e Place Ville-Marie risale al 1962. La nascita del vero cuore della città sotterranea è da attribuire tuttavia alla realizzazione della metropolitana nel 1966, con la costruzione di nuovi collegamenti tra la Bonaventure Station, lo Chateau Champlain Hotel, la torre per uffici di Place du Canada, la Central Station e la Windsor Station, e successivamente tra Square-Victoria Station, la Tour de la Bourse e l’edificio della Montreal’s Stock Exchange. Lo sviluppo successivo della Ville Souterraine è stato affidato alla Montreal Urban Community Transit Commission, insieme alla gestione dei di-


TRASPORTI & CULTURA N.31 ritti di superficie negli spazi sovrastanti le uscite della metropolitana. La realizzazione del Complexe des Jardines nel 1974 è divenuta l’occasione per ampliare la città sotterranea tra Place-des-Arts e Place-d’Arms. Tra il 1984 e il 1992, l’espansione della rete (da 12 ai 22 km) ha portato alla realizzazione di tre grandi centri commerciali nell’area di Peel Station e McGill Station attraversando Cours Mont-Royal, Place Montréal-Trust e Promenade Cathédral. I progetti del ’90 hanno ulteriormente incrementato l’estensione del RESO: 1000 De La Gauchetière, 2050 René-Lévesque, Montreal World Trade Center, Royal & Sun Alliance, Tour La Maritime, Place Canada Trust, Tour Scotia, il tunnel tra Eaton Centre e Place Ville-Marie e la costruzione del Belle Centre. Nel 2003 la riqualificazione del Quartier International de Montréal ha contribuito alla valorizzazione e all’ammodernamento di alcuni percorsi pedonali della rete, facendo ipotizzare inoltre un’ulteriore espansione del RESO fino a 35 km con il collegamento al Computer Science e al Visual Arts Complexe. Questo complesso sistema di interrelazioni tra esterno e interno è dotato attualmente di 120 punti di ingresso e utilizzato da 500.000 persone ogni giorno; connette i principali terminal ferroviari della città, 10 stazioni della metropolitana, un nodo interscambio degli autobus, 1.600 negozi, 200 ristoranti, 60 complessi commerciali e residenziali, 40 istituti bancari, 30 cinema, grandi hotel, centri direzionali, università, strutture culturali, spazi pubblici e parchi urbani. La gallerie sotterranee sono caratterizzate da una forte identità e da atmosfere diversificate: progettate contemporaneamente agli edifici fuori terra con il contributo di numerosi architetti, sono state arricchite di opere d’arte, colori, materiali innovativi, giochi di acqua e luce grazie all’intervento di alcuni artisti. Il PATH di Toronto - Divisa in due città parallele, una di superficie e una sotterranea, Toronto è nota a

livello internazionale per il PATH, uno dei più estesi complessi commerciali perfettamente integrato con un sistema di percorsi pedonali attrezzati e di collegamenti verticali che garantiscono connessioni rapide con la linea della metropolitana e con diverse modalità di trasporto in superficie. Distribuiti lungo la rete si trovano più di 50 edifici, torri e uffici, 1.200 attività commerciali, 20 parcheggi, 5 stazioni della metropolitana, 2 grandi magazzini, 6 alberghi, un terminal ferroviario; sulla rete sono distribuiti 125 punti di accesso e 60 punti di intersezione. Realizzato a partire dagli anni ’60, il PATH si estende attualmente per 28 km su una superficie di circa 371.000 m² che accoglie ogni giorno 100.000 utenti. Negli anni ‘50 fu la famiglia canadese Eaton a comprendere per prima i potenziali vantaggi economici, sia per la propria catena di grandi magazzini che per i clienti, prodotti dalla costruzione sotto James Street di un collegamento protetto tra l’azienda e i punti di vendita al dettaglio. Già nel 1917 risultavano completati 5 percorsi sotterranei per la connessione tra diversi edifici adiacenti nel centro urbano della città. Nel 1929 il Canadian Pacific Railways utilizzò la stessa tecnica per costruire un collegamento sotterraneo tra il Royal York Hotel e la Union Station. Dopo la Seconda Guerra Mondiale il centro di Toronto fu interessato da alcuni cambiamenti significativi e da interventi di riqualificazione urbana determinati dalla forte crescita demografica e dalla rinascita economica, tra i quali il completamento del sistema della metropolitana nel 1954 e della Gardiner Expressway nei primi anni ’60. Risale al 1970 il collegamento tra la torre direzionale Richmond-Adelaide e il complesso alberghiero Sheraton Hotel. A partire da questo momento la Città di Toronto fu direttamente coinvolta nella pianificazione della rete pedonale. Le nuove infrastrutture consentirono alla popolazione di risiedere nella periferia della metropoli potendo raggiungere con facilità il

2 (a sin. in alto) - La stazione di Verdun lungo la Linea Verde della metropolitana di Montrèal. (Fonte: www.metrodemontreal.com). 3 (a dx in alto) - La stazione della metropolitana di MCGill a Montrèal. (Fonte: Joe Lodge, www.flickr.com) 4 (a sin. in basso) - La distribuzione verticale dei collegamenti all’interno della Ville Souterraine di Montrèal: a partire dal basso il livello della metropolitana, quello per i collegamenti con la città di superficie e la rete stradale, e successivamente quello delle gallerie commerciali e degli spazi complementari. (Fonte: http://www.geosmontreal. com/files/montrealpic_undergroundcity.jpg) 5 (a dx in basso) - Uno degli ingressi alla città sotterranea di Montrèal, l’Atrium, che all’interno di Le 1000 de la Gauchetière, uno dei più alti grattacieli della Città d’Acqua, ospita una pista di pattinaggio sul ghiaccio. (Fonte: Axel Drainville, www.flickr. com)

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6 - La Allen Lambert Gallery, nota anche come “cattedrale di cristallo del commercio”, progettata dal’’architetto Santiago Calatrava per collegare Bay Street e Heritage Square in prossimità di Brookfield Place, uno dei maggiori complessi direzionali del centro urbano di Toronto (Fonte: PATH Pedestrian Network Master Plan and Design Guidelines for PATH, Urban Strategies Inc., Toronto, 2012)

centro della città per lavoro. Furono realizzati inoltre i primi moderni grattacieli, tra cui le sedi dei quattro maggiori istituti bancari del paese e il Financial District delimitato da Yong Street, University Avenue, Front Street e Queen Street. In questo periodo il Toronto City Planning Department incoraggiò i grandi proprietari immobiliari e gli imprenditori ad includere nei loro progetti percorsi pedonali di collegamento alla rete sotterranea, offrendo specifici incentivi finanziari. Nel 1983 il completamento della connessione tra RichmondAdelaide Centre e First Canadian Place consentì per la prima volta di percorrere senza uscire in superficie il tratto che separa la Union Station dalla City Hall. Nel 1987, in risposta alla crescente complessità ed estensione della rete, la Città di Toronto 78

assunse il ruolo di leadership come agenzia per il coordinamento del PATH, la gestione e lo sviluppo della città sotterranea. Nei dieci anni successivi la rete continuò ad espandersi: in particolare lo sviluppo proseguì inglobando Scotia Place nel 1988 e BCE Place nel 1990, e negli anni successivi Metro Toronto Convetion Centre, Metro Hall, CBC Building, CN Tower, Rogers Centre, Air Canada Centre. Tra il 1990 e il 2010 il PATH ha acquisito circa 4.300 m di nuovi percorsi; le estensioni più recenti riguardano Bay Adelaide Centre, Simcoe Place, RBC Centre, Ritz-Carlton, 25 York, Maple Leaf Square, 1 King West, Wellington Street, etc.


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7 - Il Masterplan elaborato di recente da un team multidisciplinare di esperti con la finalità di guidare lo sviluppo futuro del PATH e la riqualificazione dei percorsi esistenti, anche mediante il supporto di Linee-guida per quanto riguarda la progettazione degli spazi (Fonte: PATH Pedestrian Network Master Plan and Design Guidelines for PATH, Urban Strategies Inc., Toronto, 2012)

Vision 2031: Toronto investe sulla città sotterranea Il ruolo attuale e futuro del PATH - Il PATH si estende attualmente da Union Station a sud a Dundas Street a nord, a ovest dall’University Avenue a Yonge Street, attraversando numerose proprietà pubbliche e private. Un accordo tra le parti garantisce, durante le ore di apertura della metropolitana, l’accesso pubblico alle proprietà private attraversate. La CN Tower e il Roger Centre sono collegate alla rete a partire dalla Union Station mediante una passerella sopraelevata chiusa, la Skywalk. La rete sotterranea garantisce connessioni con altre modalità di trasporto e destinazioni anche

in superficie (Toronto Pearson Airport, Rail Link, metropolitana e tramway della Toronto Transit Commission, rete ferroviaria extraurbana della GO Transit, linee degli autobus, traghetti, etc.), insieme ad un efficiente sistema di percorsi orizzontali e verticali che avvengono all’interno di ambienti protetti, climatizzati e illuminati. Il PATH svolge un ruolo importante non solo per quanto riguarda la crescita economica e l’evoluzione urbana di Toronto, ma anche in quanto modalità alternativa di vivere e di fruire il centro della città: si attesta infatti come una componente chiave per quanto riguarda la mobilità sul territorio, ma anche come un immenso centro commerciale in grado di offrire agli utenti spazi pubblici di alta qualità e servizi efficienti, attirando residenti, 79


TRASPORTI & CULTURA N.31 aziende e turisti. La città sotterranea è destinata a crescere in modo incrementale nei prossimi 20 anni con uno sviluppo analogo a quello del decennio scorso e con notevoli impatti economici (incremento del 25% delle entrate annuali relative alle vendite e della superficie lorda affittabile di circa 70.200 m², 5.290 posti di lavoro), ma non soltanto in risposta alle esigenze di mercato e per iniziativa di soggetti privati (32 società coinvolte), e in assenza di obiettivi strategici e di una visione complessiva di lungo termine come è accaduto in passato. Il Masterplan Study PATH - Con questa finalità nel febbraio del 2010 è stato elaborato il Masterplan Study PATH, completato in circa 12 mesi con la consulenza di un team multi-disciplinare che ha lavorato in collaborazione con la City of Toronto Planning Division. Guidato da Urban Strategies, azienda canadese leader nei settori della pianificazione, della progettazione urbana e della consultazione, il team si è avvalso della collaborazione di N. Barry Lyon Consulting per le competenze relative al mercato immobiliare e di BA Group con esperienza nel settore dei trasporti per la pianificazione pedonale. Il Masterplan ha fornito un contributo determinante alla revisione periodica (5 anni) del City Official Plan, coinvolgendo inoltre in un processo di pianificazione partecipata proprietari immobiliari e imprenditori, associazioni di quartiere e agenzie per lo sviluppo, residenti e soggetti a diverso titolo interessati. Workshop, feedback e interviste, che hanno coinvolto la comunità locale in ogni fase del processo di consultazione, sono stati organizzati per l’elaborazione alcune Linee-Guida, finalizzate a identificare priorità e indirizzi condivisi per l’evoluzione futura della rete. Il piano propone una visione al 2031, indicando problematiche e opportunità, obiettivi e raccomandazioni sia per quanto riguarda la riqualificazione e valorizzazione dei tracciati esistenti che per la progettazione di nuovi percorsi e l’implementazione del PATH nel lungo termine. L’espansione della città sotterranea interesserà non solo gli ingressi di centri commerciali,

8 (a sin.)- La Grand Hall della Union Station (1920), la principale stazione ferroviaria di Toronto utilizzata ogni giorno da 200.000 passeggeri e collegata con le stazioni della metropolitana mediante i percorsi pedonali del PATH (Fonte: PATH Pedestrian Network Master Plan and Design Guidelines for PATH, Urban Strategies Inc., Toronto, 2012) 9 (a dx)- Il Palais de Congrès all’interno del Quartiere Internazionale di Montrèal, collegato alla metropolitana (fermata Place-d’Armes) e alla città sotterranea di Montréal è stato costruito sopra la Ville-Marie Expressway, una delle principali strade a scorrimento veloce del centro urbano. (Fonte: Eric Michiels, www.flickr.com)

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complessi direzionali e alberghieri, ma consentirà collegamenti sempre più numerosi con insediamenti residenziali, strutture culturali, campus universitari, parchi urbani e spazi pubblici, attirando una gamma diversificata di utenti e incrementando il numero di destinazioni sul territorio metropolitano. Secondo le previsioni del Masterplan, il PATH sarà dotato di 45 nuovi punti di accesso e di 30 km di nuovi percorsi; emergeranno inoltre nuove aree satellite in corrispondenza dei principali nodi di transito e lungo le linee della metropolitana: Entertainment Distric (Osgoode Subway Station Portal), St. Lawrence Neighbourhood (Berczy Park Portal), Ryerson University (Dundas Station Portal), John Street Cultural Corridor (Metro Hall Portal) e Queens Quay (PATH Portal). In particolare, riconoscendo la crescente attrattività residenziale e turistica del waterfront e le potenzialità di sviluppo di queste aree - evidenziate gia nel 2000 dalla Toronto Waterfront Revitalization Task nel New Toronto Waterfront Official Plan and Urban Design Study - il Masterplan indica tra le priorità la riqualificazione delle aree ferroviarie dismesse a sud di Front Street, di 45 Bay Street e/o 141 Bay Street, offrendo opportunità per nuove connessioni in prossimità di Queens Quay e di altre destinazioni sul fronte d’acqua. Nel lungo termine un nuovo percorso sarà realizzato sul lato est di Yonge Street a sud della linea ferroviaria per garantire lo sviluppo urbano del litorale. A partire dall’Air Canada Centre l’estensione del PATH a sud sarà invece assicurata attraverso lo sviluppo di 90 Harbour Street e l’espansione di Waterpark Place. Strategie e indirizzi per l’implementazione del PATH - Per garantire funzionalità, accessibilità e qualità alle nuove direttrici, nonché la valorizzazione dei percorsi esistenti, il Masterplan fornisce una serie di indirizzi strategici da adottare per la progettazione futura della rete sotterranea: - incrementare i collegamenti e la capacità della rete: la progettazione dei nuovi percorsi dovrà avvenire a partire dall’analisi dei flussi di utenti del PATH e dei volumi di traffico sul-


TRASPORTI & CULTURA N.31 le linee della metropolitana e sugli altri sistemi di trasporto urbano di superficie, in modo da rispondere all’effettiva domanda di mobilità sul territorio e alle nuove esigenze determinate dallo sviluppo urbano di Toronto; - assicurare che lo sviluppo della rete sotterranea non comprometta nel lungo termine l’implementazione del PATH e il “modo di vivere” la strada: le connessioni verticali e gli ingressi al PATH devono integrarsi con ambiti e infrastrutture di superficie e non pregiudicare la vitalità economica e sociale delle strade; - pianificare una rete integrata ed efficiente di collegamenti: il PATH deve fornire un elevato numero di connessioni che consentano agli utenti di pianificare il percorso più conveniente e comodo per spostarsi nel centro urbano e raggiungere la propria destinazione, anche mediante l’utilizzo di altri sistemi di trasporto; - mantenere una stretta relazione tra PATH e vendita al dettaglio: la rete sotterranea si è avvalsa fin dalle origini di una stretta collaborazione tra settore pubblico e settore privato, in particolare le partnership tra proprietari immobiliari, aziende del trasporto pubblico e Amministrazione Comunale ne hanno determinato il successo; - utilizzare tecnologie innovative per orientamento e segnaletica: la navigazione lungo i percorsi del PATH deve avvenire in sicurezza e risultare semplice e accessibile per tutti gli utenti, pertanto occorre adottare misure specifiche finalizzate al miglioramento della mappatura della rete, della progettazione grafica, della segnaletica e dei riferimenti visivi, anche mediante il supporto di nuove tecnologie e di sistemi intelligenti; - garantire un servizio di alta qualità: le stazioni della metropolitana e gli spazi pubblici annessi al PATH dovranno essere progettati secondo stardards elevati e sostenibili. Lo studio fornisce inoltre alcune Linee-Guida relative alla progettazione di intersezioni, percorsi, collegamenti, illuminazione, e al design destinato a caratterizzare gli spazi comuni in futuro.

Gli obiettivi per la pianificazione della città sotterranea - Un ruolo fondamentale nel processo di espansione del sistema sotterraneo viene attribuito allo sviluppo di collegamenti con altri sistemi di trasporto, in particolare ai terminal ferroviari e alle stazioni della metropolitana, in quanto punti di accesso alla rete. Interventi di miglioramento e di progettazione rientrano tra le priorità indicate nel Masterplan e dovranno tener conto dei volumi di traffico pedonale garantendo un’elevata qualità degli spazi pubblici. Il PATH dovrà assicurare collegamenti pedonali, orizzontali e verticali, e un’efficace integrazione con le altre modalità di trasporto, in particolare in prossimità di aree residenziali ad alta densità. I punti di ingresso al PATH possono diventare un’occasione per la creazione di gateway a fruizione pubblica tra la città di superficie e quella sotterranea. Il miglioramento dell’interfaccia del PATH con alcuni componenti complementari, quali aree di sosta, chioschi informativi, spazi per eventi e per la socializzazione, gallerie d’arte, installazioni temporanee, giardini d’inverno, giochi d’acqua e di luce, nonché l’utilizzo di elementi di design, di trattamenti interni e materiali di finitura di impatto, rientrano tra le priorità indicate dal Masterplan. Gli interventi di riqualificazione e i progetti per nuovi percorsi devono essere finalizzati a garantire la sostenibilità della rete sotterranea e standard avanzati di accessibilità, devono pertanto minimizzare l’impatto ambientale, ridurre il consumo di energia, adottare moderni sistemi costruttivi e materiali innovativi. Il PATH svolge un ruolo importante per lo sviluppo economico e turistico di Toronto. La connettività della rete sotterranea deve essere incrementata e migliorata in quanto prerequisito per proprietari, imprenditori e operatori per attrarre nuovi clienti, per rispondere alle esigenze di lavoratori e residenti, per offrire ai turisti modalità alternative di vivere la città. Il Masterplan fornisce un approccio mirato alla crescita e allo sviluppo della città sotterranea, indicando inoltre direttrici e priorità di espansione

10 - Una delle intersezioni del PATH che da King Street consente di raggiungere il First Canadian Place nel distretto finanziario della città e Adelaide Street (Fonte: PATH Pedestrian Network Master Plan and Design Guidelines for PATH, Urban Strategies Inc., Toronto, 2012).

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che non compromettano la vitalità dei percorsi di superficie, soprattutto in corrispondenza di aree a bassa densità. Il successo della visione futura richiederà uno sforzo in termini di investimento e di collaborazione tra le diverse parti interessate (Amministrazione Comunale, proprietari immobiliari, imprenditori, operatori, associazioni di residenti, agenzie turistiche, etc.) e l’integrazione con gli altri strumenti urbanistici, in particolare con il City Official Plan. 82

Il sottosuolo, una risorsa per la città contemporanea? Poiché le potenzialità di espansione e di sviluppo delle grandi metropoli si avvicinano alla saturazione, il sottosuolo potrebbe offrire straordinarie opportunità per l’evoluzione futura dei centri urbani, e rappresentare la soluzione ideale per la riduzione dei volumi di traffico, la salvaguardia di aree di


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Nella pagina a fianco, in alto: Una veduta dal lago del waterfront di Toronto oggetto di un processo di riqualificazione e nel prossimo futuro raggiungibili attraverso Queen’s Street dalla città sotterranea; in basso: Il percorso sotterraneo che collega il Quartier International alla stazione del metro SquareVictoria di Montréal (Fonte: Stéphane Batigne, Commons Wikimedia) In questa pagina, in alto: la Skywalk che collega la Union Station alla CN Tower e al Roger Centre attraverso una serie di percorsi pedonali interni (Fonte: Raysonho@ Grid Engine, Wikimedia Commons) ; in basso: ingresso alla stazione della metropolitana di Dundas Square e alla rete sotterranea (PATH). Sullo sfondo uno degli autobus della Toronto Transit Commission (Fonte: Secondarywaltz, Commons Wikipedia).

interesse architettonico e naturalistico, il risparmio energetico, la protezione da eventi meteorologici e situazioni climatiche particolari. L’estensione dei sistemi infrastrutturali sul territorio rappresenta oggi uno dei maggiori fenomeni del paesaggio contemporaneo, e il caso canadese senza dubbio è una delle più interessanti e significative esperienze di una sua potenziale reinterpretazione, una conferma evidente e tangibile del fatto che un’infrastruttura può riunire in sé significati

diversi in quanto opera di ingegneria, struttura nel paesaggio, manufatto architettonico, contenitore funzionale, spesso risultato di un processo politico e di un presupposto economico, ma anche di un’esigenza pubblica e di un bisogno sociale. Riproduzione riservata ©

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Paesaggi Futuri. Le discipline insieme, appassionatamente di Laura Facchinelli

Dall’esperienza della rivista Trasporti & Cultura è nata l’idea di un movimento di sensibilizzazione sul tema del paesaggio. Il Manifesto del movimento Paesaggi Futuri è stato letto pubblicamente il 7 maggio 2004 a Venezia, Ateneo Veneto, in chiusura di un convegno dal titolo “Paesaggio Italia e mobilità”, organizzato in collaborazione con la sezione veneziana della Federazione Italiana Donne Arti Professioni Affari – BPW. La finalità ideale del movimento è quella di sottolineare il diritto della collettività, e il corrispondente dovere degli amministratori della cosa pubblica, di tutelare il paesaggio e, in senso ampio, la cultura del nostro paese. È la stessa finalità che ha sempre ispirato la rivista e le iniziative collegate, dal Premio Trasporti & Cultura ai convegni.

Il gruppo di studio A distanza di qualche anno, Paesaggi Futuri è diventato un gruppo di studio interdisciplinare. Alla base, una concezione più ampia di paesaggio. Il termine “paesaggio” si presta infatti ad una interpretazione più complessa, con richiami simbolici che, dall’orizzonte visivo, si possono estendere all’intero spettro delle percezioni sensoriali, ma possono anche scendere nel profondo della soggettività umana, scavando nelle emozioni, nelle elaborazioni della mente, nelle esigenze spirituali. Per tutte queste ragioni, ha assunto la denominazione Paesaggi Futuri un piccolo gruppo che si dedica, dai primi mesi del 2010, allo studio delle trasformazioni. Da alcuni decenni è in corso una trasformazione sempre più rapida, travolgente, irreversibile. La sensazione è quella di una realtà esterna molto dinamica, dietro la quale tendono a consumarsi i valori, Il gruppo è costituito da professionisti, studiosi, docenti ecc., persone interessate a conoscere, a capire, confrontando la propria esperienza professionale e umana con quella di persone che operano in altre discipline. Si tratta di un gruppo in evoluzione, basato su una relazione di amicizia, che crea un ambiente favorevole a un confronto di idee aperto e costruttivo. All’inizio il tema degli incontri era libero, poi si è preferito scegliere, di volta in volta, un argomento da approfondire: dal cinema, all’arte, dalla letteratura alla filosofia, dalla psicologia alla cultura del mondo islamico. Nasce l’idea di organizzare incontri aperti al pubblico. Nella primavera del 2011 si svolgono due convegni sul mondo della comunicazione: il primo punta l’attenzione sulla carta stampata, il secondo sulla televisione. Filo conduttore: il nostro mondo

Paesaggi Futuri. From the Manifesto to research studies on our era of transformation by Laura Facchinelli The experience of our magazine Trasporti & Cultura fostered the idea of a movement to create awareness about the theme of landscape. The Manifesto of the ‘Paesaggi Futuri’ movement, publicly announced in Venice in May 2004, emphasizes the right of the people, and the corresponding duty of those who administer the public heritage, to preserve the landscape and in a wider sense, the culture of our country. This is the same aspiration that has always inspired our magazine and the initiatives related to it, from the Trasporti & Cultura Prize to our conferences. Since then, over a distance of several years, Paesaggi Futuri has become an interdisciplinary research group. The focus is a more ample conception of the landscape, with symbolic connotations that, from a visual point of view can extend to the entire range of sensory perceptions, but also plunge far into the depths of human subjectivity. In spring 2011, the group organized two conferences on the world of communication: one dedicated to the printed press, the second to television.

Nella pagina a fianco: due momenti del convegno La comunicazione giornalistica come fattore di trasformazione. In alto Giuseppe Goisis e Mirella Siragusa; in basso, con Goisis, Gianluca Amadori e Laura Facchinelli

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TRASPORTI & CULTURA N.31 in rapida trasformazione, che si rispecchia, ma al tempo stesso è influenzato direttamente proprio dai mass media.

Primo convegno sulla Comunicazione

1 - La locandina del primo convegno sulla comunicazione. 2 - A centro pagina: Laura Facchinelli con Orazio Carrubba.

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La comunicazione giornalistica come fattore di trasformazione: questo il tema del primo incontro, che si è svolto il 30 marzo 2011 presso l’Università Ca’ Foscari, palazzo Malcanton Marcorà. Giuseppe Goisis, docente dell’Ateneo, ha ricordato come già il filosofo Kierkegaard considerasse i giornali un fondamento della modernità. Nell’odierna società della comunicazione e connessione, chi ha il megafono ha una posizione non simmetrica: si pone pertanto un problema di comunicazione giusta. Ed ecco il nodo centrale, quello della deontologia: a parlarne è stato Gianluca Amadori, presidente dell’Ordine dei Giornalisti del Veneto. In democrazia il cittadino deve farsi un’idea corretta di quello che accade, pertanto occorrono regole. Per i giornalisti il rispetto delle regole è la deontologia: una questione delicatissima, sulla quale l’Ordine – che

già nella legge istitutiva del 1963 conteneva i principi-base della professione – si è dato una serie di norme che riguardano vari aspetti dalla tutela della persona (trattamento dei minori, tutela della privacy ecc.) e vari aspetti di interesse della collettività (es. l’informazione economico-finanziaria). Ma i casi di cattivo giornalismo non mancano e quindi bisogna proseguire nella missione di trasparenza e rigore. L’Ordine si impegna anche nella formazione, ma gli stimoli devono venire anche dalla società civile. Come viene affrontata la cultura nei giornali quotidiani: questo il tema sviluppato da chi scrive. Le pagine della cultura sono eredi della storica terza pagina, ma oggi il mondo della comunicazione è dominato dalla televisione, che influenza anche la carta stampata, mentre si galoppa verso il futuro con Internet e giornali su supporto informatico e via aggiornando. Sulla carta stampata, la situazione va dall’ampiezza e molteplicità degli interventi nei quotidiani nazionali agli spazi minimi delle testate locali: il tutto sotto la spinta della cronaca e di interessi non sempre coincidenti con la qualità. Alcuni giornalisti sono anche scrittori, da sempre, e dal giornale al libro l’orizzonte cambia, lasciando il campo alla creatività. La saggista Matilde Caponi si è soffermata sugli autori che hanno avuto una


TRASPORTI & CULTURA N.31 rilevanza anche sul piano letterario: Edmondo Berselli (si pensi alla “Biografia morale di un cane”), Indro Montanelli (sceneggiatura del “Il Generale Della Rovere”), Dino Buzzati (“Il deserto di Tartari”), Curzio Malaparte (“La pelle”), fino al recente Aldo Cazzullo (“Viva l’Italia”) e Oriana Fallaci (“Un cappello pieno di ciliegie”), Eugenio Scalfari (“Per l’alto mare aperto”, Tiziano Terzani (“L’ultimo giro di giostra”), e Federico Rampini (“L’impero di Cindia”). Infine la psicologa psicoterapeuta Mirella Siragusa ha svolto una riflessione su “Rapporti personali, affettività, soggettività: la crisi nell’era della tecnologia e della comunicazione”. L’individuo non vive la propria soggettività, come invece avveniva fino a qualche decennio fa, ma è immerso in un contesto in cui la tecnologia e l’informazione hanno un ruolo predominante: questi sono condizionamenti non solo per il modo di pensare, anche per il modo di vivere la propria emotività. Quest’ultima resta sacrificata nel momento in cui gli strumenti tecnologici (cellulare, computer, mass media), da mezzi, si trasformano in vero e proprio scopo di vita. Il dibattito è stato molto ampio, con grande interesse da parte dei presenti.

Secondo convegno sulla Comunicazione Il secondo convegno sul tema della comunicazione, che si è svolto il 26 maggio 2011, è stato dedicato al tema “La televisione, specchio e motore della società in trasformazione”. Tema attualissimo e molto sentito, dato il ruolo importante che la televisione, di fatto, svolge nella nostra vita: da un lato, infatti, è lo specchio del nostro modo di essere, dall’altro influenza le nostre scelte, le nostre idee e i comportamenti. Da tempo siamo consapevoli di quali forze (soprattutto politiche e commerciali) orientino i palinsesti televisivi, e di quanto sia difficile (forze impossibile) per noi opporci a tali meccanismi per veder realizzata una programmazione libera e di qualità. L’unica arma della quale disponiamo, probabilmente, è il senso critico. Incontri di studio come questo possono servire proprio ad accrescere conoscenza e consapevolezza. Dopo le riflessioni introduttive del prof. Giuseppe Goisis, la giornalista Maria Luisa Vincenzoni è entrata nel cuore del problema, parlando di “Libertà dell’informazione e qualità della programmazione

3 - La locandina del secondo convegno dedicato alla televisione.

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4 e 5 - due momenti del convegno dedicato alla televisione.

televisiva”. Per la qualità dell’informazione è fondamentale la qualità dei giornalisti, quindi la loro preparazione culturale e professionale. Orazio Carrubba, direttore della Scuola di giornalismo Dino Buzzati ha affrontato proprio il tema “Formazione dei giornalisti, tecnologia e deontologia”. Laura Facchinelli ha condotto una ricerca su “Come viene affrontata la cultura in televisione”. In TV ci sono pochi spazi nelle ore di punta e i tempi sono 88

strettissimi. Ci si affida, per lo più, al personaggio famoso. Si parla (poco) di arte e di libri. Quanto alle altre espressioni d’arte, scarseggiano i concerti, non si vedono balletti, il teatro è inesistente. Lo stesso cinema, che sarebbe congeniale alla TV, è programmato a caso: non ci sono rassegne sistematiche (per regista o per tema) e la qualità è molto discontinua. Come considerazione generale, la cultura non va intesa come genere destina-


TRASPORTI & CULTURA N.31 visione”, soffermandosi anche sulle relazioni di dipendenza che si creano fra soggetto e televisione. Nella società moderna, caratterizzata dalla velocità dei cambiamenti, c’è un conflitto fra l’eros e la tecnologia. Per definizione la tecnologia richiede regole ed ordine mentre l’eros è la forza che attrae ed unisce, ma anche sconvolge. Soprattutto l’eros richiede tempo per far lavorare la nostra immaginazione e dare significato alle esperienze che stiamo vivendo. Ma il tempo è diventato un bene raro. Tutto appare effimero e sono saltati gli usuali punti di ferimento, cosicché il futuro si presente incerto e fa paura. Sembra quindi che l’unico tempo importante sia il presente. Nel mondo contemporaneo c’è anche una mancanza reale di comunicazione che si accompagna ad una carenza emotiva e spirituale. Se ci fosse un po’ più di gioia nel comunicare e nel vivere, forse molte persone non passerebbero tante ore davanti alla televisione. La natura umana ha bisogno dell’altro e, spesso, l’altro viene sostituito dagli oggetti tecnologici, in primis proprio dalla televisione. I due primi convegni organizzati dal Gruppo di studio Paesaggi Futuri hanno confermato l’importanza dell’interdisciplinarietà come terreno di confronto e di ampliamento di orizzonti. La ricerca proseguirà affrontando altri temi, sempre avendo come cardine le trasformazioni. E tenendo ferma anche l’esigenza di una deontologia professionale, anzi, in senso più ampio e profondo, di una moralità personale. Si tratta di operare per dare un senso autentico alla propria vita, tenendo presente il tutto: noi e gli altri. Con l’ideale di un mondo migliore. Riproduzione riservata ©

to a una cerchia di eletti: possiamo dire che tutti i generi sono potenzialmente culturali. Non si tratta di inserire la cultura come “tema” esplicito di una trasmissione. Il problema sta nella “cultura” di chi fa la televisione, dietro e davanti alla telecamera. Occorre, a monte, un rispetto per il pubblico che oggi, francamente, sembra pressoché inesistente. In chiusura, la psicologa Mirella Siragusa ha analizzato “Come viene rappresentata la vita in tele89


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Soundscape: sound(music) of landscape di Laura Scala

In lingua inglese, c’è paesaggio e paesaggio: da landscape a cityscape, da seascape a moonscape, fino a soundscape, il suffisso -scape (dal greco skopéo: osservo) indica la scena, la vista o la rappresentazione di qualcosa, dalla terra alla città, dal mare alla luna, fino al suono stesso. Spazio e suono, paesaggio e musica, landscape e soundscape hanno reciproche e intense implicazioni. Soundscape significa panorama musicale,1 che traduciamo con paesaggio sonoro: lo si ‘vede’ ascoltando, lo si coglie attraverso le orecchie, occhi senza palpebre; contraddistinto da eventi uditi, non da oggetti2 visti, è in continua trasformazione. Il neologismo è stato coniato, alla fine degli anni Sessanta, dal compositore canadese Murray Schafer, che lo definisce in The tuning of the world (1979): “The sonic environment. Technically, any portion of the sonic environment regarded as a field for study. The term may refer to actual environments, or to abstract constructions such as musical compositions and tape montages, particularly when considered as an environment3.” Lo spazio sonoro non pone una distanza tra uditore e paesaggio, ma li rende, in un certo senso, inseparabili. Schafer rivoluziona4 la concezione del mondo intero, interpretandolo come una composizione musicale: “Ecco la nuova orchestra: l’universo sonoro! Ed ecco i nuovi musicisti: chiunque e qualsiasi cosa sappiano emettere un suono!5” L’obiettivo di Schafer è studiare il rapporto tra uomo e suoni dell’ambiente circostante, considerando gli apporti di varie discipline scientifiche, sociali ed artistiche. Albert Mayr ritiene utopica questa idea di “bauhaus acustico” (movimento in cui collaborano diversi esponenti di svariate competenze) nella ricerca di Schafer, ma fondamentale per intraprendere un percorso non autoreferenziale6. 1 Third Barnhart Dictionary of New English, Hw Wikson Co, June 1990 2 Schafer, R. Murray Il paesaggio sonoro, Milano Ricordi, UNICOPLI, le Sfere, 1985, trad. it., p. 24 [Schafer, R. Murray The Tuning of the World, New York, Knopf, 1977] 3 Schafer, R. Murray Op. cit., p. 372 [Schafer, R. Murray, The Tuning of the World New York: Knopf, 1977] “L’ambiente dei suoni. Tecnicamente, qualsiasi parte dell’ambiente dei suoni considerata come campo di studio e di ricerca. Il termine può applicarsi tanto ad ambienti reali, quanto a costruzioni astratte, quali le composizioni musicali o i montaggi e missaggi di nastri magnetici, in particolare quando vengono considerati come parte dell’ambiente.” 4 Giametta, Stefania La descrizione del paesaggio sonoro: tecniche e strumenti: dal descrittore acustico al descrittore sonoro, tesi di dottorato di ricerca in urbanistica, tutor Fabrizio Paone, coordinatore Bernardo Secchi; Università IUAV, Venezia, Facoltà di Architettura, 2006 5 Schafer, R. Murray Op. cit., p. 16. 6 Intervista ad Albert Mayr/Sara Lenzi, http://www.soundsign.

Soundscape: the sound (music) of landscape by Laura Scala Soundscape means musical landscape: you ‘see’ it by listening. This neologism was coined at the end of the Sixties by Canadian composer Murray Schafer. Schafer revolutionized the concept of the world, which he interpreted as a musical composition: his objective was to study the relationship between man and the sounds of the environment that surrounds him, considering the contributions of various scientific, social and artistic disciplines. The relationship between landscape and music has always been very tight. The ‘Rumorism’ of the Futurists introduced the new music of space. Various experiences would be developed over the course of the twentieth century. The soundscape became the expressive, syntactic and communicative material that could be used to make music. The landscape, and in particular but not exclusively the urban landscape, greatly influenced musical production. The potential of cities, in the sense of urban bodies, were understood by Luigi Nono, who elaborated this concept with respect to Venice and its phonic richness. Venice’s sound ‘episodes’ also inspired Bill Fontana. Since 2010, an electro-acoustic music workshop has been at work at the Music Institute of the Fondazione Giorgio Cini, with a project on the Venetian soundscape that combines the processes of documentation and composition.

Nella pagina a fianco: due inquadrature di Venezia dall’alto (foto Laura Facchinelli).

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1, 2, 3 e 4 - Progetto sul soundscape veneziano: momenti di rilevazione dei suoni. Foto di Alberta Ziche.

La relazione tra paesaggio e musica è, da sempre, molto stretta. La musica è rivelatrice della propria epoca. Se il flauto e il corno da caccia evocano il paesaggio sonoro pastorale, l’orchestra riflette la maggior intensità della vita cittadina: soltanto nel XIX secolo i suoi strumenti sono stati rafforzati e studiati scientificamente, per renderla competitiva con la rumorosa disseminazione sonora della fabbrica. I compositori stessi, veri e propri architetti di suoni, riflettono nella musica le trasformazioni ambientali, a loro contemporanee. Come ci ricorda Schafer, Handel è uno dei primi7 a subire l’influenza del trambusto dell’attività urbana, prendendo ispirazione dai canti e dai rumori di strada, mentre il carattere aggressivo dei nuovi strumenti d’orchestra sembra congeniale al temperamento bellicoso di Beethoven. Nel Novecento, il rumorismo dei Futuristi introduce la nuova musica dello spazio (prodotta da e in questo stesso mondo)8 : Luigi Russolo riutilizza per primo i suoni dell’ambiente e i rumori, scissi dalle loro fonti, a scopo musicale.9 Edgard Varèse, Henry Cowell, John Cage e molti altri si avvicinano sempre più a questa musica dello spazio10. Cage è il primo, nella storia musicale dell’Occidente, a rendere il paesaggio sonoro protagonista assoluto, permettendo ai suoni di essere se stessi, con il suo 4’ 33’’ di “impossibile silenzio” (1952): il rumore della città penetra nella sala da concerto, diventando musica dello spazio e del tempo in cui viviamo.11 Cage opera una decostruzione del conflitto tra musicale e non musicale, intenzionale e non intenzionale, suono voluto e non voluto; rinnova la convenzionale diinfo/recensioni/il-paesaggio-sonoro-secondo-albert-mayr 7 Schafer, R. Murray Op. cit., pp. 149 e seguenti. 8 Favaro, Roberto Spazio sonoro : musica e architettura tra analogie, riflessi, complicità Marsilio, Venezia 2010, pp. 27 e seguenti. 9 Radicchi, Antonella, L’immagine sonora della città, in “Urbanistica: bollettino della sezione regionale piemontese dell’Istituto nazionale di urbanistica” . - N. 146, 2011, pp. 96-100 10 Favaro, Roberto Op. cit., pp. 29 e seguenti. 11 Ibidem, p. 31

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stinzione tra artefici e consumatori di suono e spazio12. Inoltre, con Pierre Schaeffer, negli anni della formazione del gruppo parigino di musica concreta (1952), è possibile inserire in una composizione musicale qualsiasi suono tratto dall’ambiente e inciso su nastro. Il paesaggio sonoro diventa materiale espressivo, sintattico e comunicativo a cui attingere per fare musica: Murray Schafer, Barry Truax, Hildegard Westerkamp e Pauline Oliveros introducono, in contesti diversi, il concetto di “soundscape composition”, che implica l’acquisizione di materiale sonoro ambientale attraverso la registrazione. La compositrice Hildegard Westerkamp considera 12 Ingham, J., M. Purvis e D. B. Clarke. Hearing places, making places: sonorous geographies, ephemeral rhythms, and the Blackburn warehouse parties, in “Environment and Planning D: Society and Space” 17,1999, pp. 283–305.


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le passeggiate sonore come escursioni “in cui lo scopo principale è ascoltare l’ambiente.” (Soundwalking, Sound Heritage, 1974). Il musicista canadese Barry Truax realizza diverse composizioni elettroacustiche fondate sui suoni dell’ambiente circostante: in Basilica, ad esempio, ascoltiamo le sonorità delle campane della cattedrale di Quebec City; in Temple percepiamo il riverbero della cattedrale di San Bartolomeo, a Busetto (Italia); in Steam si sentono fischietti e corni da nebbia del paesaggio sonoro canadese13. La Oliveros pone al centro della sua ricerca l’investigazione del processo di ascolto, che si articola attorno all’attenzione quotidiana dei suoni prodotti dallo spazio circostante14. 13 http://www.sfu.ca/sonic-studio/excerpts/excerpts.html 14 Oliveros, Pauline in Cox, Christoph e Daniel Warner, cur. Audio Culture. Readings in Modern Music New York - London: Continuum, 2004, pp. 102 e seguenti.

Il concetto di “ascolto profondo” (deep listening), da lei sviluppato, illustra un modo ‘diverso’ di affrontare il mondo sonoro che ci circonda, più attento, concentrato, analitico. Il paesaggio, in particolare urbano, ma non solo, ha influenzato molto la produzione musicale: la città è diventata la più grande orchestra di ogni possibile (imprevedibile) atto sinfonico15. Le potenzialità della città, intesa come corpo urbano, sono comprese da Luigi Nono, che spinge questa riflessione su Venezia e sulla sua ricchezza fonica. Venezia è ciò che è per la somma completa di tutte le sue evenienze sonore, per la musica delle mura e dell’aria, della basilica e delle calli, degli animali e delle ‘strade’, ma anche per la sua storia, le sue lingue, i suoi incroci di razze e dimensioni poetiche.16 Nono non vede semplicemente la città, la ascolta17. Attraverso di lui possiamo a nostra volta ascoltarla: gli echi delle ‘campane’ presenti in ...sofferte onde serene... per pianoforte e nastro magnetico ne sono una testimonianza. Venezia bisogna vederla e sentirla, nella sua continuità ininterrotta, come sostiene Sergio Bettini.18 Per l’artista Bill Fontana, l’impronta acustica di Venezia è straordinariamente trasparente e nitida. I suoni della vita di tutti i giorni, i passi della gente, le voci, le campane, i piccioni, le gondole, i motoscafi, i vaporetti ed i traghetti creano un paesaggio sonoro impressionista, che non viene macchiato dal rumore di fondo comune 15 Come scrive l’urbanista Kevin Lynch, “ad ogni istante, vi è più di quanto l’occhio possa vedere, più di quanto l’orecchio possa sentire, qualche area o qualche veduta rimangono inesplorate...” (Lynch, Kevin L’immagine della città Padova Marsilio,1964, trad. it. [Lynch Kevin, The image of the city, Cambridge (Mass.), The Technology Press & Harvard University Press, 1960]) in Favaro, Roberto Op. cit. 16 Favaro, Roberto Op. cit., p. 210. 17 Goffi-Hamilton, Federica Carlo Scarpa and the eternal canvas of silence, in Architectural Research Quarterly, Volume 10, Issue 3-4, September 2006, pp. 291-300, Published online by Cambridge University Press, 21 May 2007, http://journals.cambridge.org 18 Bettini, Sergio Venezia, Istituto Geografico De Agostini, Novara 1953 (1942), pp. 9 e seguenti.

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5, 6 - Altri momenti di rilevazione e archiviazione dei suoni di Venezia. Foto di Alberta Ziche.

agli ambienti urban19i. In occasione della 48esima edizione della Biennale, Bill Fontana, consapevole delle caratteristiche acustiche della città, realizza l’Acoustical Views of Venice. L’intervento raccoglie i suoni di dodici siti chiave veneziani e li trasmette simultaneamente dalla Punta della Dogana, con un collage-audio, creando una rappresentazione dinamica, multifocale e stratificata della città. Il pubblico sente ciò che vede e viene capovolta, ancora una volta, come in Cage, la predominanza, comunemente stabilita, della vista sull’udito20. Fontana lavora con il quotidiano e ridefinisce la comprensione del mondo che ci circonda. Venezia - date le sue caratteristiche urbane - è ancora al centro di un partecipato interesse nei confronti delle sue sonorità. Dal 2010 è stato avviato, all’interno del laboratorio arazzi, un laboratorio di musica elettroacustica ospitato dall’Istituto per la Musica della Fondazione Giorgio Cini, un progetto sul soundscape veneziano. “Fino ad oggi sono state effettuate varie sessioni di registrazioni, in collaborazione con gli studenti dell’Accademia di Belle Arti di Venezia guidati dal docente di Sound design Davide Tiso, gli studenti del Conservatorio di musica “C. Pollini” di Padova guidati dal docente

di Elettroacustica Matteo Costa e gli studenti del Conservatorio di musica “B. Marcello” di Venezia guidati dal docente di Musica elettronica Paolo Zavagna.”21 Un progetto che vuole coniugare attività documentativa ad attività compositiva; il sito www.veneziasoundmap.org, aperto ai contributi degli utenti, raccoglie infatti non solo i suoni del paesaggio sonoro veneziano, ma anche tutte le composizioni che con essi verranno liberamente realizzate. Al progetto hanno partecipato anche il fotografo Riccardo Zipoli, che ha accettato la sfida di ‘fotografare il suono’ e con l’astrattezza delle sue immagini evoca metaforicamente l’astrattezza del suono, e “la regista Alberta Ziche, che ha seguito tutte le fasi del lavoro e realizzerà su di esso un documentario di cui si può vedere un breve estratto in anteprima su http://vimeo.com/17981041.” 22 “Il paesaggio sonoro del mondo è un’unica immensa composizione musicale che si dispiega senza interruzione attorno a noi. Noi siamo contemporaneamente gli ascoltatori, gli esecutori e gli autori di questa composizione. Il concerto dell’universo è un concerto permanente e i posti in sala sono gratuiti...” 23 Riproduzione riservata ©

19 Fontana, Bill in Drutt, Matthew, Associate Curator for Research, Guggenheim Museum, New York. http://resoundings. org/PDF/Acoustical_Visions.pdf 20 Belgiojoso, Ricciarda Costruire con i suoni Franco Angeli, Milano 2009 (Città tempo architettura. Studi ; 6), pp. 80 e seguenti. Fontana va oltre il lavoro di Cage, curando il rapporto tra rumore e spazio. Con un’operazione molto semplice, interviene sulla relazione tra sorgente sonora e ambiente di diffusione. Indaga sulla percezione del rumore, si interroga su come rendere più vivibile l’ambiente costruito, su come sviluppare la sensibilità della collettività nei confronti dell’ambiente sonoro urbano, su come ridisegnare il soundscape della città.

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21 Morelli, Giovanni e Zavagna, Paolo Il paesaggio sonoro di Venezia. Per una mappatura dei suoni della città lagunare in Venezia “Musica e Dintorni”, n.38, gennaio/febbraio 2011, pp. 64-65, http://www.euterpevenezia.it/attivita/rivista.area. download.38.html 22 Morelli, Giovanni e Zavagna, Paolo Op. cit.. 23 Schafer, R. Murray Op. cit., pp. 285 - 286.


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7 - Veduta dall’alto della Fondazione GIorgio Cini, dove è stato elaborato il progetto sul soundscape veneziano.

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Quando l’ingegneria è un’opera d’arte di Laura Facchinelli

Si può pensare che un ponte, frutto di rigorosi calcoli strutturali, oltre ad assolvere un compito funzionale sia anche un’opera d’arte? Secondo Javier Manterola sì. Javier Manterola è un ingegnere, ma anche un uomo di vasta cultura umanistica. Il suo libro Ingegneria come opera d’arte (Jaca Book, 2011) parla di ponti, ma anche di scultura e di opere di Land art. Connessioni nuove, ai limiti dell’azzardo. Ma no, ai limiti della creazione di una nuova disciplina. In ingegneria la forma è il contenuto: questo il concetto in premessa. La storia delle costruzioni vede, fino al XIX secolo, un modo di intendere l’architettura concentrato sull’uso della pietra: sono queste le opere che entrano nei libri di storia dell’arte. Ma agli inizi del XIX secolo scendono in campo gli ingegneri, che scardinano l’apparato concettuale dei predecessori, introducendo nuovi materiali come ferro e acciaio. Così appaiono edifici industriali e ponti che non assomigliano in nulla a quelli precedenti, e con i principi elaborati fino ad allora, non si può comprendere il nuovo sistema. Ma all’interno di quel nuovo universo, si cominciano a fare confronti, a considerare alcune strutture migliori di altre. Manterola sostiene che “l’arte degli ingegneri”, con la propria evoluzione, col proprio linguaggio, deve diventare parte della cultura generale.

Saper vedere l’ingegneria Per sostenere la sua tesi, nel primo capitolo del libro, intitolato “Saper vedere l’ingegneria”, Manterola analizza sul piano estetico tre categorie di strutture: strade, dighe e ponti. Nelle opere lineari, una prima dimensione estetica – nota l’autore – deriva dalla sovrapposizione di una geometria matematica al terreno, che è creato dalla natura. “Questa combinazione, se ben disegnata, può essere bellissima, ancor più se non si compiono oltraggi smisurati al terreno, scavi enormi, ferite irrecuperabili. Se ciò non avviene, la combinazione migliora il paesaggio, lo rende addirittura più bello di com’era allo stato naturale”. Si tratta – osserviamo noi - di un concetto che raramente viene preso in considerazione: restiamo ancorati all’idea che la natura sia il bene assoluto, e che l’intervento costruttivo costituisca, comunque, un oltraggio al quale ci si deve rassegnare … Manterola nota che, mentre le antiche strade, dovendo sostenere velocità inferiori, potevano aderire meglio al suolo, la geometria delle strade moderne aderisce con molta difficoltà a quella del

Javier Monterola (Pamplona, 1936) è ingegnere civile e professore orginari della Escuela Superior de Ingegnieros di Madrid. È autore di numerosi progetti di ponti e strutture che gli sono valsi, nel corso della carriera, importanti riconoscimenti. Tra le sue opere più significative, è da ricordare il Ponte Ing. Carlos Fernández Casado, che è tutt’oggi il ponte strallato più lungo della Spagna. Manterola ha progettato vari ponti nelle città di Saragozza (ponte della TAV sull’Ebro), Cordoba (Puente de Andalucía), Siviglia (Puente de las Delicias), Bilbao ecc. È autore di numerosi libri.

Javier Manterola, Ingegneria come opera d’arte, Jaca Book, 2011, € 35.00

Nella pagina a fianco, in alto: passerella di Ripshorst (sul canale del Rin-Horne, a Oberhausen) disegnata da Jörg Schlaich ; in basso: ponte di Endarlatsa (Baztán, Navarra) di Javier Manterola.

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1 - La diga di Aldeadávila, in Spagna. 2 - Il ponte di Salginatobel, di Robert Maillart. 3 Nella pagina a fianco: raccordi e svincoli autostradali.

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terreno naturale, dal quale tendono a staccarsi: il risultato finale dipenderà dal talento del progettista. Non esistono regole, ognuno deve trovare il proprio stile, la propria concezione estetica”. Una dimensione creativa. “Raccordi e svincoli autostradali producono geometrie complesse che traducono in velocità l’incontro tra le strade e si combinano con il terreno imponendovisi, utilizzandolo quasi come la tela di un quadro”. Non ci si pensa, ma “le geometrie stradali possono essere bellissime: bisogna solo abituarsi a guardarle”. Molti sono gli esempi, che l’autore accompagna con immagini fotografiche: per le strade come per le dighe, dove “la questione artistica acquisisce dimensioni gigantesche”. La mente va ad interventi artistici come quello del danese Olafur Eliasson, che ha utilizzato come elemento scultoreo la caduta libera di 132 mila litri d’acqua da un’altezza di 35 metri dell’East River a New York. Christo si è ispirato alla forma della diga nella Valley Courtain realizzata a Rifle, in Colorado. Manterola contempla e analizza il rapporto tra gli spazi situati ai due lati della diga: lo spazio concavo e quello convesso, elementi sui quali ha lavorato l’artista Richard Serra. Il paragone con opere d’arte sta a dimostrare che le opere che gli ingegneri hanno creato “presentano evidenti analogie formali con sculture che indagano la geometria” (una sezione del libro è dedicata proprio al rapporto fra ingegneria e scultura). Fra le dighe più interessanti, quella di Aldeadávila sul fiume Duero. I ponti, secondo Manterola, sono le opere più riconoscibili, quelle con maggiore storia e tradizione, alle quali è più facile attribuire una dimensione estetica. Due gli aspetti da considerare: il disegno, che ne dà il valore estetico, e l’inserimento nel paesaggio. Esemplare, e riconosciuta, la perfetta relazione col paesaggio del ponte di Salginatobel di Roberto Maillart. E tuttavia è difficile stabilire in cosa consiste la relazione fra ponte e paesaggio. Le situazioni sono molteplici, a partire dal ponte su un fiume molto ampio, e molteplici le soluzioni che si possono adottare. Poi c’è il disegno del ponte in sé. Tenendo presente che la caratteristica fondamentale nella configurazione di ponti e dighe è “la presenza, nella loro forma, della resistenza e dell’elemento costruttivo”. Oggi l’ingegneria è in grado di risolvere qualsiasi problema di resistenza.

Si tratta di superare le forme classiche per sperimentare formule nuove. Senza fare – commenta Manterola - come gli architetti, che si pongono per lo più solo problemi formali, senza vere conquiste sul piano tecnico.

Il ponte: spazio ed estetica Un ponte – spiega Manterola – è il risultato della materializzazione di una via che scavalca una gola, una discontinuità tra la geometria del cammino e il territorio naturale. Il ponte è la struttura che serve per oltrepassare questa discontinuità. Non c’è una stretta relazione fra tipologia di luogo e tipologia di ponte. L’autore analizza le diverse situazioni nelle quali i ponti si collocano: dal superamento di una gola scoscesa al contesto urbano, e per quest’ultimo le esigenze sono differenti passando dal nucleo urbano centrale ai quartieri periferici, col grande capitolo dei ponti urbani su fiumi. Quando il fiume si trova all’interno della città, si pone attenzione ai materiali e alle decorazioni. Analizzando i ponti delle grandi città europee, si rileva che ciascun ponte è stato “una risposta data in un particolare momento storico, utilizzando la migliore tecnologia nel tentativo di esprimere l’idea del bello della cultura del periodo”. Oggi, al posto dell’ornamento, si punta piuttosto su un disegno sofisticato o spettacolare. La creazione di un ponte – scrive Manterola - è senza norme, e dunque libera. L’interazione con lo spazio circostante è molto personale. “È una creazione capace, come nessun’altra, di unirci con il cosmo, con il genius loci, che sa interpretare. Quando questo accade, la guida del disegno appartiene ai più profondi fondamenti dell’arte”. L’arte cambia nel tempo, ma non si può parlare di un’influenza degli stili artistici sulla forma delle strutture tecnologiche. Si può dire, invece, che la forma di una struttura tecnologica (si pensi a un Concorde) ha cambiato la concezione estetica del mondo moderno, e che l’inserimento della geometria pura di una strada sul terreno possa generare una vera e propria opera d’arte. Il mondo dei ponti invece è stato influenzato, nella storia, dall’evoluzione dell’architettura edile. Questo fino all’inizio dell’800, quando la progettazione dei ponti ha trovato una propria strada. Protagoni-


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sti gli ingegneri, che si interrogavano sull’essenza, le modalità, la realizzazione della resistenza, puntando sull’austerità delle forme, sulla bellezza legata alla “verità strutturale”. Ma dopo un secolo e mezzo di costruzioni dalle forme nuove e originali – dice l’autore – da quarant’anni reiteriamo lo stesso repertorio, e non c’è più tensione creativa. Ci sono varie tendenze. Ci sono i ponti progettati da scultori (ad esempio Siah Armajani), che guardano all’estetica, a scapito degli aspetti propriamente strutturali. Ci sono i ponti progettati da architetti, poco vicini alla tecnologia degli ingegneri (il padiglione-ponte di Zaha Hadid per l’Expo 2008 di Saragozza costituisce un esempio dello squilibrio di un progetto puramente estetico, che lascia agli ingegneri il compito di risolvere il problema della resistenza). Poi ci sono i ponti progettati da architetti che sono vicini al lavoro tecnologico degli ingegneri (un esempio splendido, la passerella basculante del porto di Newcastle, progettata da Gordon Clark). Nuove strutture resistenti realizzate da ingegneri: questo è un capitolo interessante. Negli ultimi trent’anni del ‘900 e nei primi anni 2000 c’è stata una formidabile evoluzione tecnologica, che ha permesso di sviluppare infinite possibilità. In primo piano l’adozione di materiali con grande capacità di resistenza, cemento e acciaio, con conseguente messa a punto di forme resistenti essenziali, tecnologicamente perfette, economiche, standardizzabili. Col conseguente rischio di sclerotizzazione. Ma alcuni ingegneri (come Jörg Schlaich) hanno saputo superare le forme strutturali classiche per arrivare a nuovi modi di configurare la resistenza, con risultati di grande valore.

Rapporto fra struttura e forma Generalmente non si pensa che un ponte o una diga possa essere un’opera d’arte. Anche perché tendiamo a dividere le costruzioni e gli oggetti in compartimenti stagni: consideriamo esteticamente quelli che di per sé appartengono al mondo delle opere d’arte, partendo dalle categorie ereditate dal passato. Ma l’arte oggi è un’altra cosa dal passato. Nell’800 e nel ‘900, l’ingegneria ha dato vita a un

vero e proprio atto creativo, senza guardare al passato. Il lavoro dell’ingegnere si realizza, oggi, in tre ambiti. Primo: l’ingegnere offre all’architetto la possibilità di configurare spazi non immaginati prima. Ma secondo Manterola, una vera collaborazione fra ingegneri e architetti non esiste più, in quanto l’architetto pecca di un formalismo ed estetismo esagerati, e il ruolo dell’ingegnere si riduce, troppo spesso, a quello di risolvere i problemi tecnici dell’architetto. La prospettiva di sviluppo, per il lavoro ingegneristico, è legata al progresso scientifico e tecnico. La ricerca punta su nuovi materiali da costruzione. Alcuni, molto sofisticati, presentano condizioni di rigidezza e flessibilità che cambiano a seconda delle esigenze esterne, Certi materiali saranno in grado di autorigenerarsi. Con le strutture intelligenti, le potenzialità della costruzioni vanno al di là di ogni attuale immaginazione. Secondo Manterola, l’ambito più importante, nel lavoro degli ingegneri, consiste nel configurare il nostro mondo costruttivo, resistente ed estetico. L’ingegneria, per risolvere i problemi che si presentavano, ha via via prodotto nuove forme: si pensi ai ponti strallati o sospesi; si pensi alle dimensioni sempre maggiori, che distinguono l’ingegneria dall’architettura. Peculiare dell’ingegneria è anche la relazione fra struttura, terreno e paesaggio. La forma e geometria del terreno suggeriscono la configurazione di un ponte: terreno e ponte interagiscono dunque a livello di forma. Un ponte si incastra nel terreno e il terreno lo sostiene: i punti di contatto, come le spalle dei ponti, sono anche i luoghi dell’invenzione. La relazione fra terreno e struttura è ancora maggiore in una diga: in questo caso la forma stessa della diga è una risposta alla forma dei pendii e il collegamento degli archi dev’essere adeguato. Altri tipi di relazione intercorrono fra terreno e strada, fra terreno e ferrovia. E quando un tracciato è ben inserito, diventa un’opera di Land Art. Nella Land Art (Richard Serra, Christo) l’opera dell’artista non è ubicata sul terreno, ma considera il terreno stesso come parte dell’opera. Analogamente l’ingegneria mette in relazione l’opera pubblica col terreno quando progetta e realizza le vie di comunicazione, quando realizza ponti e dighe. Un ponte o una diga può essere un’opera d’arte – sostiene Manterola – non tanto perché possa essere assimilato a un’opera di scultura: è proprio il mondo generato dagli ingegneri ad essere caratterizzato da grande forza e personalità in senso creativo. Questo si realizza quando il disegno è guidato da un’intenzione, da una finalità che li rende significativi. “Noi ingegneri - conclude l’autore – spesso non vediamo al di là del nostro naso e invece dovremmo guardare più avanti: non dobbiamo soltanto risolvere i problemi funzionali, ma configurare, in maniera sempre pertinente, lo spazio in cui viene installata l’opera”. “Dobbiamo cercare, pensare di più. Non è sufficiente trovare soluzioni senza considerare i problemi nella loro totalità”. Riproduzione riservata ©

Nella pagina seguente: progetto di Zaha Hadid nel Mobile Art Pavilion di Parigi (foto Laura Facchinelli).

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Autori Cristiana Mazzoni - docente Ecole Nationale Supérieure d’Architecture de Strasburg Sabina Santovetti – Architetto, Roma. Alberto Rossi - Servizi per L’internazionalizzazione europea s.r.l. Roberto Sorge, Responsabile Ingegneria Metro C scpa. Gianni Fabbri - architetto, Venezia Enzo Siviero - docente di Tecnica delle costruzioni, Università IUAV, Venezia Alessandro Stocco –Architetto, Phd Student ETCAEH presso l’Università di Nova Gorica, Partner Progeest Srl Padova Roberto Ceccon – avvocato, professore a contratto di Diritto Commerciale e internazionale, Università di Padova e Trento Oriana Giovinazzi – dottore di ricerca in Pianificazione territoriale, Università IUAV, Venezia Laura Scala – laureanda in Architettura per la città, Università IUAV, Venezia

Copyright Questa rivista è open access, in quanto si ritiene importante la libera diffusione delle conoscenze scientifiche e la circolazione di idee ed esperienze. Gli autori sono responsabili dei contenuti dei loro elaborati ed attribuiscono, a titolo gratuito, alla rivista Trasporti & Cultura il diritto di pubblicarli e distribuirli Non è consentita l’utilizzazione degli elaborati da parte di terzi, per fini commerciali o comunque non autorizzati: qualsiasi riutilizzo, modifica o copia anche parziale dei contenuti senza preavviso è considerata violazione di copyright e perseguibile secondo i termini di legge. Sono consentite le citazioni, purché siano accompagnate dalle corrette indicazioni della fonte e della paternità originale del documento e riportino fedelmente le opinioni espresse dall’autore nel testo originario. Tutto il materiale iconografico presente su Trasporti & Cultura ha il solo scopo di valorizzare, sul piano didattico-scientifico i contributi pubblicati. Il suddetto materiale proviene da diverse fonti, che vengono espressamente citate. Nel caso di violazione del copyright o ove i soggetti e gli autori avessero qualcosa in contrario alla pubblicazione, si prega di darne immediata segnalazione alla redazione della rivista - scrivendo all’indirizzo info@trasportiecultura.net – e questa provvederà prontamente alla rimozione del materiale stesso, previa valutazione della richiesta.. 101


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