Virologia (2)

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STRUTTURA E CLASSIFICAZIONE o Sono parassiti endocellulari obbligati o La riproduzione dei virus avviene per assemblaggio piuttosto che per scissione binaria o VIRIONE: è la particella completa, la sua funzione è quella di introdurre il proprio acido nucleico nell’ospite 1. Ac nucleico: • DNA, singolo, doppio filamento. Lineare o circolare • RNA, positivo (come mRNA) o negativo (neg di mRNA). Doppio, singolo filamento o “ambisenso” 2. Rivestimento esterno: • PROTEICO, (capside), i virus con capside nudi resistono ad ambienti sfavorevoli • MEMBRANACEO, (pericapside ossia envelope), la struttura membranacea del pericapside può mantenersi solo in acqua. Non resiste ad ambienti sfavorevoli. 3. Enzimi vari

CAPSIDE o Si forma da proteine strutturali che si autoassemblano, se si assemblano secondo simmetria elicoidale sono detti PROTOMERI, se sia assemblano senodo simmetria icosaedrica sono detti CAPSOMERI. •

PROTOMERI, disposizione elicoidale che segue l’andamento dell’ac nucleico. La maggior parte di questi virus è dotato di pericapside. Infatti di solito si forma prima un nucleocapside ed escono dalla cellula per gemmazione. CAPSOMERI, distribuzione di tipo cristallino  hanno 20 facce triangolari equilatere. Esoni e pentoni tipo “pallone da calcio”.

o Le funzioni del capside sono: • Proteggere l’ac nucleico dall’ambiente. • Consentire l’adesione del virione su specifici recettori di membrana citoplasmatici della cellula ospite. •

PERICAPSIDE o Composto da lipidi, proteine e glicoproteine o La maggior parte dei virus composta da pericapside è di forma sferica •

Le glicoproteine agiscono per lo più come VAP (proteine virali di attacco), determinando anche la reazione immunitaria. LE VAP CHE SI LEGANO ALLE EMAZIE SONO DETTE EMOAGGLUTININE (HA)

• •

I virus liberati come tali per lisi della cellula sono i VIRUS NUDI I virus che hanno il pericapside sono detti RIVESTITI


ACIDO NUCLEICO Costituisce il genoma e contiene tutte le informazioni genetiche necessarie alla replicazione, ma è molto labile rispetto agli agenti denaturanti, e non può penetrare da solo nella cellula ospite. La capacità di codice del menoma virale in genere è molto limitata, infatti per molti virus, non supera le 6-8 proteine: STRUTTURALI

Fanno parte del Virione

FUNZIONALI

fanno parte della replicazione

VIRUS A DNA: Parvoviridiae  B19 Papovaviridiae  HPV  più di 70 tipi Herpesviridiae  HSV1  HSV1-2-VZV Hepadnavirus  HBV VIRUS AD RNA: Picornavirus  HAV Caliciviridiae  HEV Togaviridiae  rosolia Flavoviridiae  HCV Reoviridiae  rotavirus Orthomyxoviridiae  influenza Retroviridiae  HTLV, HIV1-2 •

REPLICAZIONE VIRALE o Il virus è un’entità biologicamente inerte:  NON ha metabolismo  NON si accresce  NON si riproduce o Per mostrare attività biologica deve NECESSARIAMENTE entrare in una cellula batterica e riprodursi. o LA REPLICAZIONE IMPLICA UNA ALTERAZIONE DEL METABOLISMO DELLA CELLULA OSPITE.


Il ciclo di replicazione è diviso in due fasi: FASE PRECOCE

FASE TARDIVA

. il virus deve riconoscere la cellula, . attaccarsi, . penetrare, . rilasciare il genoma, . e a volte portare il genoma nel nucleo.

. . . .

inizio della replicazione, sintesi di macromolecole assemblaggio, rilascio

Questo periodo è detto eclissi. È da notare che molte della particelle prodotte sono difettose. La replicazione comprende tre fasi: FASE PRIMARIA

FASE REPLICATIVA

FASE DI RILASCIO

. ADSORBIMENTO . PENETRAZIONE

. SINTESI . DUPLICAZIONE AC NUCLEICO

. ASSEMBLAGGIO . MATURAZIONE

. SCAPSIDAMENTO

1. adsorbimento: ancoraggio del virione a specifici recettori cellulari; il legame delle VAP ai recettori cellulari è il fattore che determina inizialmente quali cellule possono essere infettate da un virus (trofismo). 2. penetrazione: i virus nudi entrano per VIROPESSI, cioè endocitosi. I virus con pericapside fondono le loro membrane 3. scapsidamento: esposizione dell’ac nucleico; deve essere tirato fuori il menoma, a volte è contemporaneo alla penetrazione a volte è successivo 4. sintesi macromolecolari: . Il genoma è inutilizzato finchè non viene trascritto ad mRNA. . la sintesi di mRNA è differente per virus a DNA o RNA, oppure per essere positivi o negativi: . virus a DNA o RNA+, iniziano subito la sintesi . inoltre, vengono prima espresse proteine utili al processo replicativi e poi proteine di struttura . dividiamo la replicazione di DNA e di RNA:


virus a DNA, richiede DNA polimerasi DNA dipendente dell’ospite per piccoli virus, grandi virus hanno la loro. Questa replicazione avviene nel nucleo. I virus a dna sono molto pericolosi in quanto il loro genoma può rimanere latente e causare infezioni persistenti (e.g. Herpes) virus ad RNA, è un genoma instabile, pericoloso perché dà cambiamenti repentini ad ogni ciclo degli antigeni. Tutti i virus ad RNA- hanno il pericapside, inoltre hanno bisogno di una trascrittasi. I RETROVIRUS possiedono RNA+ ma prima devono portarlo a DNA (grazie alla trascrittasi inversa). Il cDNA entra nel genoma cellulare e nuovi mRNA virali sono prodotti pe splicing. 5. assemblaggio: il processo di assemblaggio inizia quando gli elementi necessari vengono sintetizzati e la concentrazione di proteine strutturali è sufficiente per dirigere il processo dal punto di vista TERMODINAMICO. Durante l’assemblaggio vengono fatti diversi errori, cioè virioni vuoti o contenenti genomi non validi. 6. rilascio: lisi cellulare, gemmazione, esocitosi. In base alla relazione strutturale tra mRNA e genoma virale e in base al tipo di genoma ed alle diverse modalità di replicazione sono state definite: 7 classi per i virus vertebrati

CLASSIFICAZIONE DI DAVID BALTIMORE • • • • • • •

I: dsDNA viruses (e.g. Adenoviruses, Herpesviruses, Poxviruses) II: ssDNA viruses (+)sense DNA (e.g. Parvoviruses) III: dsRNA viruses (e.g. Reoviruses) IV: (+)ssRNA viruses (+)sense RNA (e.g. Picornaviruses, Togaviruses) V: (−)ssRNA viruses (−)sense RNA (e.g. Orthomyxoviruses, Rhabdoviruses) VI: ssRNA-RT viruses (+)sense RNA with DNA intermediate in life-cycle (e.g. Retroviruses) VII: dsDNA-RT viruses (e.g. Hepadnaviruses)



I: dsDNA • •

La prima classe comprende i virus a DNA bicatenario, cioé la quasi totalità dei virus a DNA. Se la sintesi di mRNA virale può essere realizzata dalla RNA-polimerasi della cellula ospite, che ha sede nel nucleo, come avviene per Herpesvirus, Adenovirus e Papovavirus si definisce la sottoclasse 1°a dove i virus svolgono la maggior parte degli eventi replicativi nel nucleo della cellula. Gli altri virus, con genoma a DNA bicatenario, come i Poxvirus e gli Iridovirus, possiedono una propria RNA-polimerasi associata al virione, che consente loro di replicarsi a livello del citoplasma. Questi costituiscono la sottoclasse 1°b. II: ssDNA

• • • • •

La seconda classe comprende i virus con genoma a DNA a singolo filamento positivo. La seconda classe comprende i virus (+) come i Parvovirus. La replicazione avviene nel nucleo e prevede la sintesi del filamento complementare del DNA; la doppia elica di DNA viene poi usata come stampo per la sintesi degli RNA messaggeri e dei nuovi genomi virali. A differenza dei virus a DNA a doppia elica, quelli a filamento singolo codificano soltanto le proteine del capside. Essi si affidano ai sistemi cellulari per ciò che concerne la loro replicazione e trascrizione. III: dsRNA

• • •

La terza classe comprende i virus con genoma ad RNA bicatenario (es. Reovirus). Il genoma di questi virus è suddiviso in 10-12 segmenti contenuti in un doppio capside isometrico. Ogni segmento è detto "minicromosoma", perché é trascritto separatamente e dà luogo ad un singolo RNA messaggero monocistronico. Poiché non esistono enzimi cellulari per la trascrizione diretta di RNA in RNA, sono necessari enzimi virali associati ai virioni che, dopo la penetrazione e lo scapsulamento trascrivono il filamento genomico negativo (-) per produrre mRNA. IV: ssRNA+ •

• • •

La quarta classe comprende i virus con genoma ad RNA a singolo filamento positivo(+). Di questa classe fanno parte i Poliovirus, i Picornavirus e il virus dell’epatite A (sottoclasse IVa). All’estremitá 3’ il genoma é poliadenilato mentre all’estremitá 5’ é legato covalentemente ad una piccola molecola proteica. Dopo lo scapsidamento, questa proteina viene rimossa da una proteasi cellulare ed il genoma può quindi legarsi ai ribosomi e funzionare come RNA messaggero. La trascrizione origina un’unica proteina, corrispondente alla capacità codificativa totale del virus. Questa molecola proteica viene detta "poliproteina", perchè in seguito a tagli operati da proteasi cellulari vengono generate diverse proteine funzionali più piccole.


• •

Una di queste è l’RNA-polimerasi RNA-dipendente, necessaria per la replicazione del genoma, che avviene all’interno di un "complesso replicativo". Viene sintetizzato un filamento ad RNA negativo(-) che funziona da stampo. Alla sottoclasse IVb appartengono i Togavirus che necessitano di due o più cicli di traduzione per produrre l’RNA genomico. V: ssRNA-

La quinta classe comprende i virus con genoma a RNA a singolo filamento negativo (-). Di questa classe fanno parte Orthomyxovirus, Paramyxovirus e Rhabdovirus. • In questo caso il genoma non può legarsi ai ribosomi ma deve prima essere trascritto in molecole complementari ad opera di una RNA-polimerasi RNAdipendente associata al virione. • La sottoclasse Va (Orthomyxovirus) presenta un genoma segmentato. • La sottoclasse Vb (Rhabdovirus) presenta un genoma non segmentato. VI: ssRNA-RT virus •

• •

• •

La sesta classe comprende i virus con genoma "diploide" cioé formato da due identiche molecole di RNA monocatenario tenute insieme in un dimero speculare a livello delle rispettive estremità 5’ da legami a idrogeno, mentre le estremità 3’ delle due molecole sono libere. A questa classe appartengono i Retrovirus. In questo caso il genoma ha la stessa polarità dell’RNA messaggero, ciò nonostante non funziona da mRNA, ma viene trascritto in un filamento complementare di DNA da una DNA-polimerasi RNA-dipendente associata al virione, detta "trascrittasi inversa". o Successivamente una delle subunità di questo enzima funziona da RNasi, depolarizzando il filamento di RNA genomico presente nell'ibrido RNA/DNA. o Lo stesso enzima agisce poi da DNA-polimerasi DNA-dipendente e duplica il filamento di DNA negativo (-). o Infine, il DNA a doppio filamento migra nel nucleo della cellula dove viene integrato in uno dei cromosomi (legame covalente al DNA cellulare). Questo DNA a doppio filamento che contiene l’informazione genetica virale viene detto "provirus" per analogia con il profago dei batteri e si comporta come un insieme di geni cellulari. In particolare, il suo filamento negativo (-) può essere trascritto in molecole di mRNA ad opera della RNA-polimerasi cellulare. VII: dsRNA-RT virus

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La settima classe comprende i virus con genoma a DNA a doppio filamento con intermedio a RNA. A questa classe appartengono gli Hepadnavirus. Anche in questo caso é coinvolta una "trascrittasi inversa" che interviene all’interno della particella virale in maturazione.


MECCANISMI DELLA PATOGENESI VIRALE: la risposta immunitaria è la migliore terapia ma è anche uno dei fattori maggiormente responsabili della patogenesi virale 1. infezione del tessuto bersaglio, penetrano atrraverso discontinuità della cute, mucose o per inalazione e poi vengono trasportati dal cicolo ematico e linfatico 2. patogenesi virale, l’infezione virale ha tre evoluzioni possibili:   

INFEZIONE FALLITA  detta ABORTIVA MORTE CELLULARE  detta LITICA INFEZIONE SENZA MORTE  detta PERSISTENTE

Le infezioni persistenti comprendono: infezioni, CRONICHE, (non litiche produttive) LATENTI RICORRENTI TRASFORMANTI INFEZIONE LITICA: • • • •

Alcuni virus producono o hanno già proteine citotossiche Alcuni bloccano la crescita e la riparazione cellulare Alcuni fanno aggregare le cellule tra loro a formare sincizi. Possono indurre apoptosi, ma non è molto conveniente per i virus

INFEZIONE NON LITICA (persistente): • • •

Possono essere latenti Virus oncogeni, causano la trasformazione o immortalizzazione delle cellule. I virus rendono immortali le cellule: . attivando o fornendo geni che stimolano la crescita . rimuovendo i meccanismi di inibizione che limitano la sintesi di DNA . prevenendo l’apoptosi . i più famosi sono HTLV1, HHV8, HPV

ONCOGENESI DA VIRUS: introduzione a livello genetico di alterazioni morfologiche, biochimiche e biologiche, stabilmente trasmissibili alla progenie cellulare, con queste due proprietà:


. capacità di crescita illimitata in coltura, e perdita della INIBIZIONE DA CONTATTO (le cellule non smettono di dividersi anche se a contatto con altre cellule) . possibilità di causare la formazione di un tumore se inoculate in un ospite appropriato [INIZIATORE] [PROMOTORE] Prima esposizione esposizione ad al virus oncogene induce modifiche ereditarie

CELLULA BERSAGLIO

un secondo agente det. la progressione verso il tumore

CELLULA TUMORALE

EFFETTI SULLE CELLULE: . La replicazione virale induce nella cellula ospite: • modificazioni della MORFOLOGIA cellulare, • alterazioni METABOLICHE, • GENETICHE • e REGOLATORIE che spesso hanno come conseguenza la morte della cellula ospite (effetto citocida) o la sua trasformazione. . L’effetto citopatico induce diverse modificazioni morfologiche: •

Degenerazione palloniforme con conseguente lisi cellulare

Formazione di cellule giganti multinucleate (sincizi)

Formazione di ammassi di costituenti virali nel nucleo e nel citoplasma della cellula (inclusioni)

. Spesso i virus alterano la capacità della cellula di sintetizzare macromolecole (DNA, RNA e proteine) e pertanto la cellula non ha più la possibilità di riparare i danni indotti dall’invecchiamento o dal virus stesso. . A volte si verificano alterazioni cromosomiche che, se l’infezione abortisce e la cellula sopravvive, MODIFICANO stabilmente l’assetto genetico della cellula. . Nelle infezioni TRASFORMANTI , la cellula infetta NON MUORE, ma subisce la trasformazione ed assumere le caratteristiche delle CELLULE TUMORALI.


MECCANISMI DIFENSIVI DAI VIRUS: o Si dividono in meccanismi innati e adattativi, lo scopo dei meccanismi innati è principalmente quello di limitare e rallentare la diffusione dell’infezione, dando tempo al sistema immunitario di attivare la risposta adattativi che mette fine all’infezione. o Risposta innata:  Alcuni meccanismi sono indipendenti dall’infezione (fattori genetici, barriere, cellule NK)  Altri sono attivati dall’infezione (febbre, infiammazione, IFN) o Risposta adattativa:  Anticorpi e linfociti citotossici, rimane come memoria MECCANISMI INNATI

Preesistenti all’infezione: • •

Barriere anatomiche o Cute, mucose, la cute è formata da cellule morte e le mucose sono ricoperte da muco Inibitori specifici o Molti inibitori mimano i recettori delle cellule a cui i virus si legano, intrappolandoli. o Comunque l’efficacia di questo meccanismo è lagata alla carica virale. Fagocitosi o La fagocitosi può costituire a seconda dei casiun ottimo metodo difensivo oppure uno strumento di diffusione usato dai virus o I macrofagi poosono produrre IFN.

Attivati dall’infezione: •

Febbre o Indotta dai pirogeni endogeni, o Virus che ri riproducono alle alte temperature sono più virulenti o Uso cauto degli antipiretici

Infiammazione o Alterazione circolatoria, edema, accumulo di leucociti o Si abbassa il pH e la tensione di O2


Risposte antivirali:

• • • • •

Produzione di IFN di tipo 1, TNFα, IL12 Attivazione delle NK, che uccidono le cellule infettate Killing mediato da cellule T verso cellule infettate Titolo virale Titolo anticorpale, il loro ruolo è quello di conferire protezione ad un successivo incontro col virus. Può durare anche degli anni.

Una delle prime risposte è quindi la produzione di IFN di tipo 1: queste stimolano la produzione di proteine antivirali: 1. sequestro proteine del nuclocapside 2. sequestro proteine del capside 3. diminuizione della traslazione 4. aumento dell’apoptosi 5. aumento della degradazione dell’RNA l’IFN, rafforza queste vie ed incrementa l’espressione di MHC-I. IFN α/β  IFN γ  . . . .

genera l’ambinte che darà risposta Th1 e sviluppo CTL attività antivirale upregolazione di MHC-II (presentazione dell’antigene) Ig opsonizzanti

Ruolo antivirale delle Ig: •

attività neutralizzante(se sono già presenti nelle mucose) servono ad impedire l’adesione tra virus e cellule epiteliali o la produzione secondaria di Ig neutralizzanti blocca l’infezione delle cellule adiacenti Ig non-neutralizzanti o Attivano il complemento o Opsonizzazione o ADCC di cellule infette


Sistema dell’interferone: l’interferenza virale è un fenomeno per cui l’infezione da parte di un virus rende la cellula dell’ospite resistente ad una seconda infezione dello stesso (o un altro) virus. Il sistema interferon, difende altre cellule dopo che una cellula infetta ha scatenato l’attivazione degli interferoni. INTERFERONI È un sistema precoce, la somministrazione di IFN dà resistenza all’infezione: non inattiva i virus direttamente ma rende le cellule resistenti alla replicazione virale. Si parla di famiglia di IFN, suddivisibili in tre classi: α,β,γ. Le caratteristiche generali sono: 1. proteine inducibili 2. non possiedono attivazione antivirale diretta 3. la loro produzione non è specifica di specie per il virus “inducente” 4. posseggono specificità di specie per le cellule che le hanno prodotte 5. la loro presenza in circolo è limitata, ma la loro azione è durevole Interferone β: indotto da: ac nucleici esterni, virus, RNA a: cellule epiteliali, fibroblasti, macrofagi Interferone α: indotto da cellule ex, tumorali, batteriche, infetta da virus a: cellule dendritiche, macrofagi, monociti Interferone γ: indotto da: antigeni particolari, mitogeni per cell T su: linfociti, macrofagi inoltre il gamma ha anche azione immunomodulante potenziando la risposta di β ed α. Azione: 1. il virus a contatto con le mucose, induce la produzione nei fibroblasti e cell epiteliali di IFNβ 2. nel circolo ematico incontrando le cellule linfoidi, il virus induce IFN α 3. con il procedere dell’infezione, si attivano sistemi specifici ed i linfociti Tsensibilizzati producono IFNγ: con azione di potenziamento.



VIRUS DELLE EPATITI: HAV, Epatite A: Trasmissione: 1. cibi ed acqua contaminati da materiale fecale 2. molluschi crudi o malcotti (questi concentrano virus e batteri delle acque contaminate) 3. acquedotti/fogne  endemia Generalità: • • • • • •

si consiglia la vaccinazione incubazione media 15 gg la malattia può decorrere in forma asintomatica, oppure con ittero, nausea, vomito, cefalea, … NON CRONICIZZA E COMUNQUE LE FORME FULMINANTI SONO RARE La diagnosi è legata alla ricerca di anticorpi IgM anti-HAV  le IgM poi scompaiono! Le IgG rimangono tutta la vita, dando una buona immunità. Si usa l’ELISA

HEV, Epatite E: Trasmissione: 1. acque contaminate Generalità: • •

incubazione 3-8 settimane le manifestazioni cliniche sono come quelle dell’HAV, ma il decorso può essere meno grave: nel 2-3% dei casi si forma la malattia fulminante

• • •

NON CRONICIZZA La diagnosi si basa sulla ricerca delle IgG e IgM con ELISA NON ESISTE VACCINO

HBV, Epatite B: Trasmissione: 1. sangue contaminato e derivati del sangue 2. contatti personali molto stretti che coinvolgono il liquido seminale, saliva, secrezioni vaginali 3. Fattori di rischio sono: nascita, promiscuità sessuale, tossicodipendenza Esiste un vaccino.


Struttura: •

Le cellule infette producono tre forme morfologicamente distinte: 1. VIRIONI COMPLETI (40 nm), detti anche “particelle di Dane” 2. PARTICELLE SFERICHE (20 nm), in quantità 10^4-10^6 maggiore rispetto al virione completo 3. FORME TUBULARI (20 nm), presenti in quantità ridotta

le particelle di Dane sono rivestite da un pericapside, che contiene le glicoproteine derivate dal gene S: • proteina S • proteine pre-S2 nel loro insieme sono indicate come HAsAg • proteine pre-S3

l'eccesso di HbsAg prodotto dagli epatociti nel corso d'infezione si aggrega a formare le tipologie di 20 nm/HBsAg e' presente in quantita' molto elevate nel siero • il capside e' icosaedrico e contiene una singola protena C → HbcAg • il genoma e' a DNA PARZIALMENTE BICATENARIO ha due codoni di inizio: il secondo codifica per la proteina C, il primo per HbeAg, proteina associata al nucleocapside. HbeAg e' solubile nel siero ed e' indicatore di replicazione virale. 1. Nell'adsorbimento sono implicate le proteine pre-S 2. l'envelope viene perso ed il core deve arrivare al nucleo dove il DNA genomico subisce trasformazioni 3. il DNA viene trasformato nella forma matura, attraverso la rimozione delle strutture sul 5' e riparazione del filamento incompleto 4. la proteina pre-S1 inserisce il nucleocapside (core) nell'envelope → gemmazione 5. puo' anche avvenire un processo di integrazione del DNA di HBV. In genere quando c'e' l'integrazione si ha la malattia cronica, comunque sono necessarie alcune decine di anni, in genere 3. l'HBV non ha oncogeni.


Patogenesi ed immunita': 1. la risposta immunitaria della persona all'infezione determina il tipo di malattia: • ACUTA, CRONICA / SINTOMATICA, ASINTOMATICA 2. il virus inizia a replicare entro 3gg dal contagio, ed i sintomi possono non essere osservati fino a 45gg circa 3. il virus replica negli epatociti procurando un effetto citopatico minimo 4. l'infezione procede senza causare danno al fegato o senza sintomi 5. l'immunita' cellulo-mediata e l'infiammazione sono responsabili nel causare i sintomi e nella risoluzione dagli effetti davanti all'infezione da HBV eliminando gli epatociti infettanti. 6. Durante la fase acuta, il parenchima del fegato mostra cambiamenti gegenerativi → rigonfiamento cellulare e necrosi: la risoluzione della malattia riporta il fegato alle condizioni normali le infeziuoni fulminanti, attivazione di infezioni croniche, coinfezione con virus δ portano a danno epatico permanente e cirrosi. Sindromi cliniche: Infezione acuta: lungo periodo d'incubazione, manifestazione clinica insidiosa 1. sintomi sono (nel periodo prodromico pre-ittero): febbre, malessere, anoressia 2. segni della FASE ITTERICA sono: • urine scure (BILIRUBINEMIA) • feci chiare, mucose pallide • ITTERO 3. fase della convalescenza: ▪ o guarigione o malattia cronica Epatite fulminante: 1% dei casi ⅓ → cirrosi, malattia attiva Infezione cronica: 5-10% ⅔ → ''portatori sani'' Carcinoma epatocellulare: la trasformazione neoplastica avviene per espansione clonale degli epatociti trasformati finche' l'HCC non e' evidenziabile.


Solitamente l'epatite B, come altre malattie che provocano danno alle cellule epatiche, può essere sospettata a seguito della presenza di ittero, bilirubinuria (color marsala delle urine) e feci acoliche o ipocromiche (per deficit di stercobilina). Questi segni evidenti di danno epatico però possono anche non presentarsi, impedendo l'avvicinamento del paziente a una struttura sanitaria. Sempre presente è invece l'innalzamento delle transaminasi riscontrabile dopo prelievo ematico con aumenti di ALT e AST superiore a 2000 UI/l e rapporto AST/ALT superiore a 1. Altro valore alterato è quello della bilirubina sia nella sua forma diretta che indiretta. La corretta diagnosi di epatite B può però essere fatta solamente mediante dosaggio dei markers virali specifici, ovvero: • •

HBsAg: antigene Australia o di superficie, positivo al contatto col virus anche nel periodo antecedente alla manifestazione dei segni e sintomi della malattia; HBsAb: anticorpi contro l'antigene di superficie prodotti dai linfociti B, positivo dopo la guarigione da fase acuta della malattia o nei soggetti vaccinati;


• •

HBcAb: anticorpi contro l'antigene del core virale (HBcAg), può esistere di due diverse classi di immunoglobuline: la classe IgM è dosabile in fase acuta mentre la classe IgG lo è per tutta la vita; HBeAg: antigene non corpuscolato del core virale; indica attività della malattia e della replicazione virale, è presente in fase acuta e nel portatore cronico attivo; HBeAb: anticorpo contro l'antigene non corpuscolato del core virale, compare nell'epatite acuta quando comincia a risolversi; può essere presente anche nel portatore cronico sia attivo che inattivo.

Lettura dei markers HBV HBsAg HBsAb HBcAb HBeAg HBeAb Risultato + + Infezione in corso + Vaccinazione + + + Replicazione virale attiva + + + Infezione superata recente + + Infezione superata + Infezione superata da molti anni

NB: HBsAg = Hepatitis B surface antigen mentre HBsAb = Hepatitis B surface antibody Al soggetto vaccinato può essere eseguita la titolazione del HBsAb, che indica quantitativamente gli anticorpi specifici, se è prossima allo zero o negativa è indicato un ulteriore richiamo.


HCV, Epatitite C: Trasmissione: 1. simile a quella da HBV (sangue e rapporti sessuali) ma con un potenziale maggiore nello stabilire epatiti persistenti e croniche. E' causa di epatiti NON A/ NON B Genoma: RNA+ La patogenicita' e' data dal fatto che HCV rimane associato alle cellule e previene la morte cellulare dando sviluppo di malattia epatica piu' avanti nella vita. Il danno cellulare e' dato dalla risposta immunitaria •

C'e' un'alta incidenza di infezioni croniche asintomatiche

Le sindromi cliniche sono:

la diagnosi si basa su metodiche ELISA. HGV, Epatite G •

sostanzialmente un virus fratello di dell'HCV

HDV, Epatite D • •

causata da HDV o agente delta HDV e' la causa di circa il 40% delle epatiti fulminanti Trasmissione:

simili ad HBV: sangue, seme, secrezioni vaginali


La peculiarita' di HDV sta nel fatto di essere un “parassita” dei virus! Usa le proteine di HBV e della cellula bersaglio per replicare e produrre la sua unica proteina. HbsAg e' essenziale per il rivestimento del virus Il genoma e' ssRNA circolare: .

• •

puo' replicare e causare malattia in una persona con infezione attiva da HBV. L-infezione da virus delta puo' essere: 1. COINFEZIONE HBV + δ

incubazione lunga

CIRROSI

2. SUPERINFEZIONE HBV cronico + δ

incubazione breve

3. INFEZIONE ACUTA epatite acuta → epatite fulminante

INFEZIONE DELTA CRONICA


PAPOVAVIRIDIAE PAPILLOMAVIRUS UMANI, HPV: • • •

possono essere divisi in cutanei e mucosali capside icosaedrico → 2 proteine genoma → circolare dsDNA Replicazione:

1. I geni precoci del virus stimolano la crescita delle cellule, che facilita la replicazione virale 2. l'aumento delle cellule indotto dal virus causa ispessimento delle strato basale e spinoso VERRUCHE, PAPILLOMA 3. la cellula basale differenzia 4. i geni tardivi contenentiproteine strutturali sono espressi solo nello strato superiore completamente differenziato 5. il virus si assembla nel nucleo 6. il virus e' liberato nello strato finale di cellule morte •

gli HPV infettano e si replicano nelle cellule dell'epitelio squamoso della cute (VERRUCHE) e delle membrane mucose (PAPILLOMI GENITALI, ORALI e CONGIUNTIVALI) per indurre proliferazione epiteliale. INOCULAZIONE NELL'EPITELIO

mano, piede gola e cervice MOLTIPLICAZIONE LOCALE risoluzione Verruca trasformazione cellulare

Le proteine E6 ed E7 di HPV-16 ed HPV-18 sono ONCOGENI in quanto legano ed inattivano p53 e p105RB

• HPV-16 e 18 causano displasia e papillomi cervicali almeno l'85% dei carcinomi cervicali contiene DNA di HPV integrato Trasmissione:

1. 2. 3. 4.

contatto con oggetti inanimati contatto diretto e lacerazione mucose rapporti sessuali nascita


NB. almeno 20 milioni in USA sono infetti da HPV •

col metodo di Papanicolau si releva la displasia e/o neoplasia cervicale → si colorano le cellule coilocitiche (hanno il citoplasma vacuolizzato)

POLYOMAVIRIDIAE, BKV e JCV • sono meno complessi degli HPV, piu' piccoli e non causano malattie (in genere) • il genoma e' sempre dsDNA circolare (piu' piccolo di HPV) e possiede REGIONI PRECOCI, TARDIVE e NON-CODIFICANTI. Proteine non-strutturali T - antigeni “T” e “t”

3 proteine del capside virale VP1, 2, 3

origine di replicazione, sequenze di controllo

il DNA messaggero il nucleo, i geni precoci codificano “T” e “t”, che promuovono la replicazione (T si lega a p53 e p150RB inattivandole). Cellule permissive permettono anche l'espressione di geni tardivi, costruendo nuovi virioni. Cellule non permissive consentono l'espressione solo di geni precoci e potenzialmente guidano la cellula verso la trasformazione oncogenica. • JC e BK penetrano attraverso il tratto respiratorio, infettando poi i linfociti e poi il rene. . la replicazione virale e' soppressa negli immunocompetenti, . negli immunocompromessi (e.g. AIDS) si puo' avere: .. viremia da JC ed infezione dell'SNC. JC attraversa la barriera emato-encefalica e si replica nell'endotelio dei capillari. • La leucoencefalopatia multifocale progressiva (LEMP), e' una malattia demielinizzante subacuta causata da JC solo nei soggetti immunocompromessi (→ AIDS) • la diagnosi di LEMP da' aspettativa di 1-4 mesi di vita (massimo 2 aa) • diagnosi → PCR


PARVOVIRIDIAE B19, • • •

sono i virus a DNA più piccoli l’unico è B19 Causa della della 5° malattia, ERITEMA INFETTIVO, quinto degli esantemi dell’infanzia

Gli esantemi sono: varicella, rosolia, roseola infantum, morbillo, eritema infettivo •

Comunque è causa di malattia anche negli adulti

Struttura e replicazione: o o

o

VIRIONE ICOSAEDRICO NO ENVELOPE GENOMA: ssRNA lineare +

Codifica: . 3 proteine strutturali . 2 proteine non-strutturali Ha un trofismo per le cellule della linea eritroide Midollo osseo

Cellule eritrioidi del fegato fetale

cellula della leucemia eritroide

Il DNA penetra nel nucleo e diventa dsDNA, alle estremità del genoma ci sono sequenze palindromiche.

La patogenesi è dovuta alla lisi delle cellule precursori delle eritroidi: INFEZIONE + RISPOSTA IMMUNITARIA

Malattie: o o

ADULTI: poliartrite, può causare aborto (o almeno aumento del rischio) INFANZIA: quinta malattia, RASH su guance

Diagnosi: ELISA

FASE FEBBRILE INIZIALE

SECONDO STADIO (SINTOMATICO)


ORTHOMYXOVIRIDIAE, VIRUS INFLUENZA A, B, C •

Solo A e B causano malattie rilevanti nell’uomo o ENVELOPE o GENOMA: RNA segmentato a polarità negativa

Il genoma segmentato facilita lo sviluppo di nuovi ceppi tramite: MUTAZIONE e RIARRANGIAMENTO di segmenti genici tra diversi ceppi patogeni per l’uomo e gli animali

EPIDEMIE ANNUALI Mutazioni DRIFT (deriva) •

PANDEMIE PERIODICHE Riassortimento SHIFT (cambiamento)

Struttura e replicazione: o VIRIONI PLEOMORFI o L’envelope contiene due glicoproteine:

. EMOAGGLUTININA (HA) . NEUROAMINIDASI (NA)

o Due proteine della matrice: M1 ed M2 •

GENOMA: 8 segmenti nucleocapsidici elicoidali RNA(-) + nucleoproteina (NP)

HA 

. proteina di attacco del virus [si lega alle cellule epiteliali] . promuove la fusione tra l’envelope e la memb cell . agglutina gli eritrociti (umani) . stimola gli anticorpi


NA 

. possiede attività enzimatica . taglia acido sialico dai virioni appena formati e dai recettori delle cellule ospite. L’ attività sialidasica include una maggiore mobilità delle particelle attraverso il muco del tratto respiratorio e il rilascio della progenie del virione dalla cellula infettata. •

Infezione: 1. legame di HA su residui specifici di ac sialico 2. endocitosi e spogliazione 3. replicazione 4. uscita per gemmazione (budding) o inizialmente infetta ed uccide cellule che secernon muco: le cellule ciliate determinando la perdita di questo primo sistema di difesa. o La proteina NA facilita l’accesso ai tessuti o Guarigione  produzione di IFN e risposta cellulo-mediata

• •

Il virus A è una zoonosi, quindi è più soggetto a riassortimento, il B è principalmente umano La sindrome clinica ha il seguente decorso: INCUBAZIONE 3-4 gg  SINDROME INFLUENZALE  3-8 gg guarigione.


HERPESVIRIDIAE UMANI, 1. 2. 3. 4. 5.

HSV, HERPES SIMPLEX 1 e 2 VZV, VARICELLA-ZOSTER EBV, EPSTEIN-BARR VIRUS CMV, CITOMEGALOVIRUS HERPES 6, 7, 8 Generalità:

• • • • •

Hanno dimensioni notevoli Pericapside dsDNA codificano la loro DNA-polimerasi producono infezioni: o LITICHE o PERSISTENTI o LATENTI o IMMORTALIZZANTI, solo (EBV??) Sono ubiquitari

o La replicazione avviene in tre fasi: o GENI PRECOCISSIMI  proteine α, si legano al DNA e regolano la trascrizione o GENI PRECOCI  proteine β, fattori trascrizionali, enzimi o GENI TARDIVI  proteine γ, proteine strutturali VIRUS DELL’HERPES SIMPLEX, HSV o Ci sono due tipi, distinti seppur da proprietà minime o Il menoma codifica almeno 80 proteine, la metà delle quali sono necessarie alla replicazione virale, viene prodotta una DNA-polimerasi DNA-dipendente o HSV, generalmente instaura infezioni litiche in FIBROBLASTI e cellule EPITELIALI ed infezioni latenti nei NEURONI.


Trasmissione: 1. 2. 3. 4.

contatto diretto poiché l’infezione si ripresenta, la persona è contagiosa tutta la vita trasmesso con le secrezioni saliva, secrezioni vaginali  contatto orale, uso comune dei bicchieri, etc.

o HSV-2 è trasmesso anche per via sessuale e neonatale, infatti questa infezione è correlata con l’attività sessuale Gli HSV, inizialmente infettano e si replicano in cellule mucoepiteliali e stabiliscono poi un’infezione latente nei neuroni che innervano tali cellule. o HSV-1  parte superiore del corpo o HSV-2  parte inferiore del corpo

o Le sindromi cliniche sono: o VESCICOLA TRASPARENTE SU BASE ERITEMATOSA [è coinvolto il trigemino] o Le lesioni sono dolorose, ma la prognosi è benigna o ricorrente. VIRUS DELLA VARICELLA-ZOSTER, VZV o VZV, replica più lentamente, si replica in:  Fibroblasti (in vitro)  Cell. Epiteliali  Epidermide  Cellule T attivate


Trasmissione: o Inalazione o Contatto con vescicole cutanee o Contagio tra familiari Infezione: 1. 2. 3. 4. 5. 6.

infezione primaria: mucosa e respiratoria replicazione virale: polmoni diffusione ematica rash vescicolo-pustolare: derma latenza: gangli delle radici dorsali o nervi cranici riattivazione: il virus raggiunge il dermotomo specifico e causa rash [Herpes zoster] Sindromi cliniche:

Varicella: o infezione primaria da VZV, febbre + eritema maculo-papulare o incubazione 14 gg Herpes zoster: o riattivazione dell’infezione latente o un dolore acuto nel dermotomo precede le lesioni cutanee VIRUS DI EPSTEIN-BARR, EBV • •

parassita estremo dei linfociti B è fitogeno e immortalizza cellule B in coltura Trasmissione:

• •

SALIVA!! Circa il 70% della popolazione USA è infettato entro i 30 aa Morfologia:

• •

Il suo recettore è quello per il C3d, espresso sulle cellule B e cellule epiteliali dell’orofaringe e del nasofaringe. Il co-recettore è il MHC II Infezione:

• •

Manipola ed usa le differenti fasi dello sviluppo della cellula B per stabilire un’infezione che dura tutta la vita e promuovere la sua trasmissione. DECORSO DELL’INFEZIONE:


1. il virus può replicare nelle cellule B o nelle cellule epiteliali permissive per la replicazione di EBV 2. può determinarsi infezione latente in presenza di cellule T competenti 3. il virus può stimolare ed immortalizare le cellule B Sindromi cliniche: Linfocitosi classica: Aumento delle cellule mononucleate, ingrossamento organi linfoidi, malessere,

. le cellule T appaiono come LINFOCITI ATIPICI e diventano il 10-80% dei linfociti circolanti . inoltre il virus persiste nella cellula memoria Mononucleosi infettiva (positiva per anticorpi eterofili):

Malattia cronica: • •

malattia ricorrente ciclica stanchezza cronica, febbricola, cefalea

Linfomi: • • •

linfoma di Burkitt Africano  linfoma monoclinale delle cellule B linfoma di Hodgkin carcinoma nasofangeo (Asia)


CITOMEGALOVIRUS, CMV • •

é particolarmente importante come patogeno opportunista nei pz immunocompromessi il quadro clinico di CMV è di grave malattia per pz immunodeficienti o compromessi, come qualli con AIDS o neonati. Trasmissione:

1. sangue, tessuto, secrezioni corporee  vai congenita, orale, sessuale, trasfusione, trapianto Morfologia: •

cellule permissive per la replicazione  FIBROBLASTI, CELLULE EPITELIALI, MACROFAGI

cellule permissive all’infezione latente  LINFOCITI MONONUCLEATI (cellT), CELLULE STROMALI MIDOLLO SPINALE Infezione:

instaura rapidamente infezioni latenti o persistenti piuttosto che infezioni litiche il virus è riattivato dall’immunosoppressione

infezione congenita: è la causa più frequente di malattia virale congenita

infezione bimbi ed adulti: . a trasmissione sessuale . il titolo di CMV nello Sperma è più alto di qualsiasi altro liquido

infezione nel pz immunocompromesso

. sindrome mononucleosica Negativa ad anticorpi eterofili


VIRUS DELL’IMMUNODEFICIENZA UMANA, HIV HIV 1 ed HIV 2 appartengono alla famiglia dei Retroviridae, genere lentovirus. L’infezione da HIV provoca nell’ospite una progressiva compromissione delle difese immunitarie, soprattutto della componente cellulo – mediata con pressocchè totale inefficienza della risposta nei confronti del virus.

Morfologia: • • •

Il virus HIV è rivestito da un envelope provvisto di alcune glicoproteine tra cui gp 120, responsabile dell’aggancio del virus alle cellule provviste del recettore CD4 e possiede un nucleocapside, denominato core, che contiene il genoma (RNA virale) in cui sono rappresentati i geni costitutivi gag, env e pol che rispettivamente codificano le proteine: o del core , p24 e p17, o dell’envelope, gp 120, gp 41 o e della trascrittasi inversa.

NB. Vengono codificate anche altre proteine non strutturali con funzione regolatrice. [tat, rev, nef, vif]. Le funzioni di queste proteine sono a tutt’oggi oggetto di studio. Recentemente è stato attribuito alla proteina tat un ruolo importante nell’infettività del virus.


Infezione: 1. La penetrazione del virus HIV avviene mediante l’interazione di una glicoproteina dell’env (gp 120) ed il recettore elettivo rappresentato dai linfociti CD4, anche se recentemente è stato dimostrato che anche altre cellule ( monociti, macrofagi, linfociti B, cellule dendritiche, fibroblasti ) possano essere bersaglio del virus. 2. All’interno della cellula, il virus utilizza l’enzima “trascrittasi inversa” per operare la trascrizione del proprio RNA in DNA, 3. che a sua volta si integra in forma pro-virale nel genoma cellulare. 4. Una volta integrato, il DNA virale rimane permanentemente associato al genoma della cellula ospite, fino a che la cellula è in vita, in forma latente o rilasciando virioni.

Epidemiologia e trasmissione: La trasmissione del virus avviene per via ematica, sessuale e materno-fetale. Il virus dell’HIV 1 è diffuso in tutto il mondo mentre la variante HIV 2 sembra essere presente soltanto in alcune regioni dell’Africa equatoriale. Per un corretto inquadramento del problema epidemiologico è essenziale differenziare il numero dei casi di AIDS, concordato secondo i parametri stabiliti dal Centre Disease Control (CDC) (vedi Tab.1), da quello dei casi di malati con infezione da HIV, senza i segni clinici necessari a codificare la definizione di AIDS. In generale i dati mondiali sono attendibili per quanto riguarda i paesi industrializzati mentre sono spesso sottostimati in molte altre aree geografiche. Dal 1996 in Italia, così come in altri Paesi industrializzati si è osservato un fenomeno che ha cambiato l’evoluzione clinica del paziente HIV positivo; infatti, con l’introduzione delle terapie antiretrovirali è stata notevolmente modificata l’attesa di vita


dei pazienti, si è ritardata l’evoluzione dei soggetti infettati verso l’AIDS e si è osservato un marcato decremento dei decessi. NB. Nelle statistiche italiane è importante l’osservazione relativa all’incremento dell’infezione nel sesso femminile (negli anni 80 – 90 oltre l’80% dei casi di AIDS riguardava il sesso maschile) e della via di trasmissione eterosessuale. Classificazione della malattia da HIV secondo il CDC CD4

> 500 200 – 499 < 200

Categorie cliniche A B C _____________________________ A1 A2 A3

B1 B2 B3

C1 C2 C3

Le lettere A, B, e C identificano le condizioni di AIDS (definite sia da un punto di vista immunologico con CD4 < 200, sia in senso clinico con le malattie incluse nello schema tipo della classificazione AIDS) Diagnosi: La diagnosi dell’infezione da HIV è sierologica e si basa sull’identificazione degli anticorpi specifici. • Il test di screening per eccellenza utilizza la metodica E.L.I.S.A che presenta una sensibilità ed una specificità superiore al 99%. Falsi positivi si verificano in donne in gravidanza, in soggetti vaccinati di recente contro l’influenza o l’epatite B, nei pazienti politrasfusi o con patologie autoimmuni. • Test E.L.I.S.A. falsi negativi, si verificano molto raramente, soprattutto nel “periodo finestra” o nell’ultima fase di malattia quando la produzione anticorpale è molto bassa. • La positività del campione al test E.L.I.S.A. deve essere confermata con test Western Blot. • Altro test di screening può essere considerato il test E.L.F.A. che “cattura” la p 24 dell’antigene HIV. Questa tecnica viene usata nella diagnostica precoce ed è utile nel ridurre il periodo finestra. • Il test E.L.F.A. positivo deve essere confermato con un test standard (Western Blot o RIBA). • Il test Western Blot conferma la presenza di anticorpi verso antigeni del virus HIV separati in bande distinte mediante elettroforesi proteica su strisce di nitrocellulosa. • Un test Western Blot è considerato positivo quando sono presenti almeno due delle seguenti bande:p 24, gp 41, gp 120/gp 160. L’assenza di bande classifica il test come negativo. • Se è presente una singola banda o altre bande non comprese tra quelle che definiscono la positività del test questo viene considerato indeterminato.


• • •

Test indeterminati possono rappresentare reazioni anticorpali aspecifiche o verificarsi durante il periodo finestra. Il test RIBA è anch’esso considerato un test di conferma e determina la presenza di anticorpi verso HIV 1 ed HIV2. Il test di immunofluorescenza indiretta (IFA) , così come il Western Blot ed il RIBA, conferma la presenza di anticorpi anti HIV nel siero. Negli Stati Uniti, sono poi adoperati test rapidi che per mezzo di metodiche E.L.I.S.A. semplificate forniscono il risultato in pochi minuti. Tali test possono essere eseguiti su sangue, secrezioni orali e urine. I test risultati positivi con tali metodiche devono comunque essere necessariamente confermati con i test standard. La viremia ed il dosaggio dei CD4/CD8 sono di fondamentale importanza per il monitoraggio dell’infezione e per le scelte terapeutiche. La polymerase chain reaction (PCR) è una metodica in grado di rilevare anche modeste quantità di acido nucleico. Tale metodica viene utilizzata per il dosaggio “qualitativo” che permette una diagnosi precoce dell’infezione, utile soprattutto nei neonati da madre HIV positive, che per il dosaggio “quantitativo” attraverso il quale si effettua si osserva la progressione della malattia e l’efficacia della terapia antiretrovirale. Linee guida:

1. Anamnesi epidemiologica 2. Invito a sottoporsi al test 3. Prescrizione del test E.L.I.S.A In caso di risposta positiva del test E.L.I.S.A. e Western Blot: 1. Determinazione della carica virale 2. Studio immunologico (CD4/CD8) 3. Esami ematochimici di routine 4. Determinazione dello stato immunologico nei confronti dei virus B e C dell’epatite, CMV, Toxoplasma e di altri agenti infettivi soprattutto a trasmissione sessuale 5. Visita medica 6. Sostegno psicologico 7. Eventuale terapia antiretrovirale Manifestazioni cliniche delle principali patologie che definiscono l’AIDS: -

Tubercolosi Micobatteriosi atipiche Candidosi disseminata Aspergillosi Criptococcosi Istoplasmosi Coccidioidomicosi Polmonite da Pneumocystis carinii Infezione da Cytomegalovirus Toxoplasmosi cerebrale Sarcoma di Kaposi Linfomi cerebrali primitivi Linfoma di Hodgkin Carcinoma invasivo della cervice uterina Aids dementia complex Leucoencefalopatia multifocale progressiva (PML) Criptosporidiosi e microsporidiosi Isospoiasi cronica Infezione da Herpes simplex 1 e 2 Varicella zoster


Decorso clinico: La storia naturale della malattia ha diversi momenti critici; il primo è al momento del contagio che corrisponde clinicamente alla cosiddetta sindrome simil – mononucleosica. Il virus penetrato nell’organismo replica attivamente e si diffonde ai vari organi e tessuti.

L’infezione primaria dura circa 2 – 3 mesi ed è seguita da una cronicizzazione spesso asintomatica e di durata estremamente variabile. Il fatto che fosse estremamente variabile, inizialmente non ha reso comprensibile l’evolvere del rapporto virus - organismo. Infatti, non era facile spiegare perché alcuni soggetti andavano rapidamente in AIDS (anche entro 2 anni dal contagio) mentre per altri il decorso durava molti anni.

Esiste un periodo finestra in cui anche se c’è infezione non ci sono anticorpi riscontrabili

E’ stata dimostrata l’esistenza dei “progressori rapidi” e dei “long term”, ovvero di individui in cui si ha una risposta immunologia più consistente con conseguente lento decremento dei linfociti CD4 o addirittura di soggetti esposti al contagio ma non infettati.Quale sia il substrato immunitario che giustifica tale diversità evolutiva non è tutt’ora noto anche se sono stati ipotizzati numerosi fattori come virus difettivi, ovvero meno aggressivi nei confronti dell’ospite, alterazioni di recettori , esposizione multipla, varianti della trascrittasi inversa prodottosi in fase di replicazione virale ed altri ancora.


PERIODO FINESTRA: I soggetti con infezione recente da HIV possono avere un “periodo finestra” in cui, pur essendo infettanti ed avendo una attiva replicazione virale, risultano negativi ai test di screening perché non hanno ancora prodotto gli anticorpi specifici. La durata del periodo finestra è variabile; entro tre mesi dal contagio oltre il 50% dei pazienti risulta positivo al test, dopo sei mesi è positivo il 95% e soltanto in rari casi si ha una sieroconversione entro un anno dall’infezione. Terapia anti-retrovirale: La terapia antiretrovirale ha lo scopo di arginare la replicazione del virus HIV consentendo la ripresa del sistema immunitario. Se il trattamento è efficace, la carica virale nel sangue si riduce progressivamente e può nel tempo diventare “non rivelabile”. La scelta dei farmaci antiretrovirali deve tener conto di molti fattori, fra cui le condizioni cliniche del paziente, l’interazione con altre terapie farmacologiche, i numerosi effetti collaterali del farmaco, la possibile resistenza del virus. La terapia antiretrovirale deve essere “costruita” sul singolo paziente. I parametri principali che che indicano una buona efficacia terapeutica sono la riduzione della carica virale e l’incremento dei CD4. Un mancata risposta alla terapia può dipendere da vari fattori: 1. Resistenza del virus ai farmaci 2. Incostanza nell’assunzione dei farmaci 3. Insorgenza di effetti collaterali 4. Intolleranza soggettiva o mancata motivazione Farmacologia: I farmaci anti HIV appartengono a tre principali categorie: 1. Analoghi nucleosidici: Zidovudina (AZT, Retrovir), didanosina (ddI,Videx), zalcitabina (ddC, Hivid), stavudina (d4, Zerit), lamivudina (3 TC, Epivir), abacavir (ABC, Ziagen), tenofovir (TFD, Viread) 2. Inibitori non nucleosidici della trascrittasi inversa: nevirap (Viramune), delavirdina (DLV, Rescriptor) efavirenz (EFV, Sustiva) 3. Inibitori della proteasi: Indinavir (IDV, Crixivan), ritonavir (RT), saquinavir (SQ, Invirase e Fortovase), nelfinavir (NFV, Viracept), lopinavir/ritonavir (LPV/RTV, Kaletra)


GASTROENTERITI VIRALI, • •

Con il termine di gastroenterite si intende l’ infiammazione dello stomaco e dell'intestino tenue e crasso. Manifestazioni cliniche (le quali durano alcuni gg) sono: o VOMITO o DIARREA o CEFALEA o FEBBRE o BRIVIDO o DOLORE ADDOMINALE I sintomi possono apparire da poche ore a pochi giorni dall'infezione. Tale sintomatologia persiste generalmente per 2 - 3 giorni, ma in alcuni casi può durare anche 10 giorni.

NB. Le gastroenteriti virali possono rivelarsi gravi per i soggetti che non riescono a bere abbastanza liquidi da rimpiazzare quelli persi, oppure per i neonati, i bambini, gli anziani e gli immunodepressi

I principali virus responsabili di gastroenterite sono: 1) Rotavirus 2) Calicivirus 3) Adenovirus 4) Astrovirus Questi virus infettano gli enterociti dell’epitelio villoso del piccolo intestino; l’infezione delle cellulle di questo strato causa una trasudazione di liquidi e sali nel lume intestinale.

ROTAVIRUS, •

I rotavirus causano gastroenterite acuta.

E' la causa principale delle gastroenteriti nei bambini dai 3 ai 15 mesi di età.

Appartengono alla famiglia dei Reoviridae.

Sono stati identificati 6 gruppi sierologici di cui tre (gruppi A, B, C) patogeni per l’uomo: 1. A: I rotavirus di gruppo A causano gravi forme di diarrrea tra i neonati ed i bambini. Nelle zone a clima temperato sono presenti nei mesi invernali (novembre – aprile), nelle aree tropicali sono presenti tutto l’anno. 2. B: I Rotavirus appartenenti al gruppo B provocano diarrea negli adulti e possono causare gravi forme epidemiche (Cina).


3. C: I rotavirus appartenenti al gruppo C sono stati associati a rari e sporadici casi di diarrea nell’infanzia con piccoli focolai epidemici in Inghilterra e Giappone. Morfologia:     

I rotavirus sono virus a RNA appartenenti alla famiglia dei reoviridae. Presenta un doppio strato capsidico ed ha una struttura icosaedrica. Il capside esterno è costituito dalle proteine vp4 e vp7. Il core è costituito da 4 proteine:vp1,vp2,vp3,vp4 I rotavirus si replicano nel citoplasma della cellula infetta.

Infezione nei bambini: Il contagio è per via oro-fecale, la dose infettiva presunta è di 10 – 100 particelle virali e nelle feci di un soggetto infetto sono presenti da 100 a 1000 particelle/ml.  La maggior parte dei bambini viene esposta al virus entro i due anni. Recentemente è stato introdotto il vaccino che permette di immunizzare i neonati a partire dalla sesta settimana di vita.  Si somministra in due dosi tra i 2 ed i 4 mesi d’età, possibilmente prima del picco d’incidenza di questa patologia che si verifica tra i 6 ed i 24 mesi e può essere inoculato con le altre vaccinazioni.  Nei bambini vaccinati l’ospedalizzazione o la visita si sono ridotte di circa il 95%.  I bambini con il rotavirus hanno vomito e diarrea liquida per un periodo che va dai 3 agli 8 giorni, insieme a febbre e dolori addominali. Rotavirus può anche infettare adulti in stretto contatto con bambini infetti, anche se la sintomatologia negli adulti è più lieve. I sintomi dell'infezione da rotavirus appaiono tra 1 e 2 giorni dall'esposizione. La malattia è auto-limitativa e può presentarsi in forma lieve o grave dopo un periodo d’incubazione della durata di 1 – 3 giorni. NB.  La contaminazione delle mani rappresenta il mezzo più importante attraverso cui i rotavirus si diffondono e si trasmettono nelle comunità chiuse come i reparti pediatrici e geriatrici. Diagnosi:     

La diagnosi viene eseguita mediante l’identificazione del virus nelle feci. Il test EIA è il test più diffuso nei laboratori (rotavirus di gruppo A). Altro test disponibile ma meno sensibile è il test al latex La PCR permette di individuare i 3 gruppi di virus. L’immunomicroscopia elettronica è molto sensibile ma possibile esclusivamente in centri altamente specializzati.


ADENOVIRUS, Causa gastroenteriti principalmente in bambini con meno di due anni di età.  Gli adenovirus causano il 5 – 8% delle infezioni acute dell’apparato respiratorio nell’infanzia.  Virus a DNA a doppio filamento non racchiuso da un involucro lipidico ed a simmetria icosaedrica.  Sono noti 49 diversi tipi di Adenovirus patogeni per l’uomo.  E’ ubiquitario.  Nei climi temperati sono prevalenti in primavera o inizio estate ed in inverno.  Le infezioni possono verificarsi in qualsiasi periodo dell'anno. Patologie:  Vomito e diarrea appaiono circa 1 settimana dopo l'esposizione.  Gli adenovirus causano il 5 – 8% delle infezioni acute dell’apparato respiratorio nell’infanzia.  Altre patologie associate:      

1) febbre faringo-congiuntivale 2) congiuntivite follicolare 3) cherato-congiuntivite 4) diarrea acuta 5)encefalomielite La diagnosi di laboratorio può essere eseguita mediante coltura o per mezzo della titolazione anticorpale.

CALICIVIRUS,  Sono virus nudi, capside icosaedrico , genoma a RNA.  Vi sono almeno 4 sierotipi distinti che provocano gastroenterite: Norwalk, Hawaii, Snow Montain e Taunton, sierotipi 1, 2, 3, 4.  Il virus si replica nel citoplasma delle cellule. Epidemiologia:  Il virus di Norwalk è ubiquitario.  Focolai epidemici si verificano im particolar modo nelle comunità chiuse.  Il contagio è oro-fecale.  L’acqua, il cibo ed i frutti di mare contaminati costituiscono la principale fonte d’infezione.


Sintomatologia:  I sintomi appaiono tra 1 e 3 giorni dall'esposizione.  La sintomatologia è rappresentata da diarrea e febbre. Diagnosi:  La diagnosi è effettuata per mezzo della ricerca degli antigeni virali nelle feci o degli anticorpi circolanti con test immunoenzimatici.  Test più sofisticati sono rappresentati dalla PCR per la ricerca di RNA virale e dall’immunomicroscopia elettronica per l’identificazione del virus nelle feci. ASTROVIRUS,  Sono virus ad RNA di aspetto stellare.  La trasmissione è oro-fecale.  Il contaggio avviene soprattutto con l’ingestione di frutti di mare bivalve crudi.  L’incubazione è di 2 – 3 giorni.  La sintomatologia è rappresentata da diarrea, febbe ed a volte vomito.  La diagnosi si effettua con la ricerca degli antigeni virali nelle feci con la metodica EIA. La diagnosi differenziale delle gastro enteriti virali si effettua così:  Sintomatologia  Anamnesi  Esame colturale delle feci negativo  Esame parassitologico delle feci negativo  Esami ematochimici Cenni di terapia:  Le gastroenteriti virali nei soggetti immunocompetenti si autolimitano.  Non esiste una terapia specifica.  Gli antibiotici non hanno alcun effetto.  La terapia deve essere sintomatica con particolare riguardo alla reidratazione soprattutto nei bambini e negli anziani.


DIAGNOSI DELLE PRINCIPALI PATOLOGIE INFETTIVE IN GRAVIDANZA Complesso TORCH: • • • •

Toxoplasmosi Rosolia Cytomegalovirus Herpes

Torch è un acronimo che sta ad indicare un gruppo di infezioni che, se contratte dalla donna per la prima volta durante la gravidanza, possono provocare danni al feto Il termine T.O.R.C.H., usato per la prima volta nel 1971/2 e nato dalla fusione di Toxoplasmosi - Other (significa altre malattie) - Rosolia - Citomegalovirus - Herpes, sta ad indicare un insieme di infezioni che possono causare problemi al nascituro, se la mamma le contrae per la prima volta in gravidanza. Queste malattie, batteriche, virali e protozoarie (cioè dovute ad un protozoo), possono presentarsi senza sintomi e non danno problemi a un adulto con normali difese immunitarie. Per il feto, invece, possono risultare pericolose soprattutto se contratte nelle prime fasi dello sviluppo. Il rischio varia a seconda del batterio, del virus o del protozoo responsabile, e della settimana di gestazione: diminuisce con il progredire dell’epoca di gravidanza. Toxoplasmosi, Rosolia, Citomegalovirus, Sifilide, sono ricercati eseguendo l’esame contraddistinto dalla sigla T.O.R.C.H. Il complesso T.O.R.C.H. va controllato prima di iniziare la gravidanza: è un semplice esame del sangue e serve per sapere se si è protette o no nei confronti di queste infezioni. Se esistono gli anticorpi specifici (le difese contro queste malattie) non sono necessari altri controlli durante la gravidanza. Se ci si trova invece in una situazione di rischio (mancanza di anticorpi - difese) è possibile attuare una serie di misure preventive per non correre pericoli in gravidanza. Rosolia e Toxoplasmosi sono le infezioni che più frequentemente possono presentarsi in gravidanza e sono quelle che più spesso pongono problemi di interpretazione, non manifestandosi con sintomi chiari. Per la diagnosi ci si basa solo sugli esami di laboratorio che possono anche dare adito a interpretazioni errate: tali da suscitare allarme, soprattutto se eseguiti per la prima volta in gravidanza, non avendo esami precedenti a paragone. Soprattutto per queste infezioni è importante attuare le norme preventive possibili. L’Acronimo definisce un pannello di test per la determinazione di un titolo anticorpale diretto verso agenti infettivi: Toxoplasma Other = altri: Epatite B, sifilide, coxsackie virus, EBV, VZV, e parvovirus umano. Rubella Cytomegalovirus (CMV) Herpes simplex virus (HSV) Raggruppati assieme perchè possono causare una serie di difetti neonatali noti come sindrome TORCH: Nascite Premature, Ritardo di crescita intrauterina, Parto prematuro, Ritardo mentale, Corioretinite, Epatosplenomegalia, Ittero, Rash


. . . . .

Toxoplasmosi: Immunità permanente Non esiste il vaccino Screening anticorpale pregravidico Prevenzione nelle donne sieronegative Monitoraggio anticorpale per tutta la durata della gravidanza nelle donne sieronegative

. Screening pregravidico: 1°caso: IgG positive IgM negative Immune  Non occorre eseguire più il test 2°caso: IgG negative IgM negative non immune  Controlli periodici Rosolia: • • • • •

Immunità permanente Esiste il vaccino Screening pregravidico Prevenzione nelle donne sieronegative Monitoraggio anticorpale per tutta la durata della gravidanza nelle donne sieronegative

Screening pregravidico:

1° caso: IgG positive immune 2°caso: IgG negative non immune controlli periodici

IgM negative IgM negative

Citomegalovirus: • • • • •

Immunità permanente ma con la possibilità di reinfezioni Non esiste un vaccino Screening anticorpale pregravidico Difficile la prevenzione nelle donne sierologicamente negative Monitoraggio anticorpale durante la gravidanza

Screening pregravidico: •

1°caso: IgG positive IgM negative immune (ma è possibile una reinfezione) IgG> • 2°caso: IgG negative IgM negative non immune


Herpes: • • • • •

Herpes simplex di tipo 2 (herpes genitalis) Non rende immuni Non esiste vaccino Malattia infettiva a trasmissione sessuale Controllo alcune settimane prima del parto

Diagnosi sierologia: • Immunoenzimatica Diagnosi diretta: • Ricerca delle cellule infettate in I.F.A. con anticorpi monoclonali


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