Turismo del Gusto Magazine 5 - Gennaio 2021

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N °5 Rivista bimestrale Gennaio/Febbraio2021

Testata giornalistica registrata Tribunale di Torino n. 5849 del 26.03.05 Direttore Responsabile Roberto Rabachino

Prosecco Doc Rosé e Prosecco Doc Caratteristiche, numeri, previsioni per il futuro

Cognac Delamain

Celebrato il 100° anniversario dalla nascita del Pale & Dry

Green Pea Retail Park

A Lingotto Torino 15.000 m² di prodotti sostenibili e rispettosi del pianeta

L’unicità del nuovo KIKU Apple Gin Le distillerie Roner lanciano sul mercato un London Dry Gin

Cucina italiana e Dieta Mediterranea Intervista a Claudio Chinali, executive chef di Eataly Istanbul

Editore e Amministrazione Gold Guest Italia srl – Torino – Italia



Direttore Responsabile Roberto Rabachino direttore@turismodelgusto.com

Redazione Centrale Gladys Torres Urday Laura Norese Paolo Alciati redazione@turismodelgusto.com

Editore e Amministrazione Gold Guest Italia srl – Torino – Italia https://goldguestitalia.blogspot.com

Amministrazione Gold Guest Italia srl Ufficio Reg. delle Imprese di Torino n. 09067570011 del 4/3/2005 – Prot. CEW/7251/2005/CTO0412 info@goldguestitaliasrl.it P.IVA 09067570011 – Cod. Fiscale 09067570011 – Cap. Soc. versato 10.000 euro.

Grafica e Impaginazione Martina Rabachino m.rabachino@turismodelgusto.com

Hanno collaborato a questo numero Jimmy Pessina, Paolo Alciati, Redazione Centrale, Carmen Guerriero, Silvia Donatiello, Franca Dell’Arciprete Scotti Registrazione Testata giornalistica registrata Tribunale di Torino n. 5849 del 26.03.05 Pagine elettroniche allegate alla rivista Il Pinzimonio Piacere Torino

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Direzione Commerciale c/o Gold Guest Italia S.r.l. - Torino +39 335 6063373 direzione.commerciale@turismodelgusto.com


Contenuti #TuttoDrink

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Drink&Cinema: La Poderosa

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Bollicine italiane sulla vetta del mondo

con Claudio Chinali

Irpinia: intervista a Raffaele De Lisio

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Cognac Delamain celebra il 100° anniversario dalla

Bianco d’Alba

nascita del Pale & Dry

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Louis Roederer, a partire dalla prossima

vendemmia 115 ettari saranno bio

40 50 54 60 71

#TuttoFood

Prosecco Doc Rosé e Prosecco Doc: le prime vendite Barolo Pianpolvere Soprano 2016 L’unicità del nuovo KIKU Apple Gin La neve a Sugarlandia – Reale o immaginario? Ramsbury Single Estate: Gin e Vodka Ecosostenibili

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Cucina italiana e Dieta Mediterranea in Turchia

Dawn to Earth: Fiera Internazionale del Tartufo

Riserva San Massimo, biodiversità e

salvaguardia delle colture

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Green Pea Retail Park a Torino Lingotto


#TuttoTravel

120 128

È Barolo la Città Italiana del Vino 2021 Samarcanda, la città raccontata nei viaggio di

generazioni di esploratori e viaggiatori

142 152 162

L’Arcipelago delle Isole Pelagie Cucina di lago nel Trasimeno umbro Un belvedere sulla storia, il percorso di Unamuno a

Gran Canaria

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Il turismo attivo in Italia, Umbria

#Degustando

190 192

Pedro Ximénez – “Cardenal Cisneros” Alto Adige DOC – “Sandbichler

Gewürztraminer” 2019

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Montepulciano d’Abruzzo DOC – 2018 Cannonau di Sardegna DOC – “Naniha” 2018



#

TuttoDrink 8 12

Drink&Cinema: La Poderosa

Bollicine italiane sulla vetta del mondo

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Irpinia: intervista a Raffaele De Lisio

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Cognac Delamain celebra il 100° anniversario dalla nascita del Pale & Dry

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Louis Roederer, a partire dalla prossima vendemmia 115 ettari saranno bio

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Prosecco Doc Rosé e Prosecco Doc: le prime vendite

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2016

Barolo Pianpolvere Soprano

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L’unicità del nuovo KIKU Apple Gin

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La neve a Sugarlandia – Reale o immaginario?

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Ramsbury Single Estate: Gin e Vodka Ecosostenibili


: a em

n i &C

k n i Dr rosa e d o P a L

Un cocktail ispirato al film “I Diari della motocicletta� di Walter Salles, 2004 A cura di Redazione TDG

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Ispirazione Drink ispirato al film di Walter Salles ‘I diari della motocicletta’ che racconta un episodio del giovane Ernesto ‘Che’ Guevara, interpretato da un mimetico Gael García Bernal, il lungo e avventuroso viaggio intrapreso dal futuro guerrigliero e politico, attraverso l’America Latina, in sella alla sua motocicletta, una Norton 500 m18 del 1939, soprannominata ‘La Poderosa’.

VIDEO

Partendo da un grande classico drink come l’Espresso Martini, il bar manager di Baccano a Roma, Alessio Giovannesi, ha creato un suo twist personale, a base del gin inglese Ramsbury, per un ottimo e robusto tonico, utile al Comandante per riprendere il suo viaggio, anche a piedi. Il tutto al sapore di Ramsbury, Single Estate Gin inglese prodotto con 9 componenti botaniche: ginepro, mela cotogna, coriandolo, angelica, radice dell’iris (giaggiolo), liquirizia, limone, arancia e cannella, distillate insieme con alambicco tradizionale per gin in rame.

Bartender Alessio Giovannesi Bar Manager del Ristorante Baccano di Roma, entrato in 70ma posizione nella classifica del The World’s 50 Best Bars 2019

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Il cocktail La Poderosa

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Ingredienti 60 ml

Ramsbury Gin

30 ml

Cordiale di amaretti homemade

1 tazzina

Caffè espresso

Garnish

Amaretto

Bicchiere

Coppetta

Preparazione Prima di realizzare il drink, realizzare il cordiale di amaretti mettendo in infusione 200 grammi di amaretti in una bottiglia di gin per 12 ore. Quindi, versare tutti gli ingredienti in uno shaker e agitare per 15 secondi, per poi versare in una coppetta precedentemente ghiacciata, filtrando tutto con un passino. Guarnire con un amaretto.

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BOLLICINE ITALIANE SULLA VETTA DEL MONDO Il Trento DOC di Cantine Ferrari e l’Asti DOCG “Acquesi di Cuvage trionfano a The Champagne & Sparkling Wine World Championships 2020

A cura di Paolo Alciati

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È

un fine d’anno importante e di grande soddisfazione per due campioni dell’enologia italiana: infatti, dopo il grande successo di medaglie – ben 9 d’oro e 5 d’argento – le Cantine Ferrari festeggiano un nuovo trionfo a The Champagne & Sparkling Wine World Championships 2020, i “Campionati del Mondo” delle bollicine, inoltre per il secondo anno consecutivo la piemontese Cuvage è stata eletta Campione Mondiale degli spumanti aromatici. Questa sesta edizione dello “Champagne & Sparkling Wine World Championships”, la celebre competizione fondata da Tom Stevenson, autorità leader al mondo per lo champagne e le bollicine, ha visto la partecipazione record di ben 1.073 vini provenienti da 30 Paesi e il risultato trionfante dell’Italia che, con 47 ori su 128 e 111 argenti su 237 complessivi, ha superato anche la Francia.

Alfeo Martini AD MONDODELVINO

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L’etichetta più iconica della Casa, il Ferrari Brut Trentodoc, in versione magnum, che già si era aggiudicato il titolo di “Best in Class” per la Trentodoc, è stato incoronato “Best Italian Sparkling Wine” – miglior bollicina italiana – il 10 dicembre nella cerimonia virtuale organizzata in diretta web dal concorso. È questo un momento d’oro per l’etichetta storica del Gruppo Lunelli, che nell’ultimo mese è anche stata consigliata ben due volte dal New York Times, nell’ambito di un’ampia e interessante riflessione sulle diverse identità delle bollicine a livello internazionale.

Trento DOC Brut Ferrari

Formato 0,75L

Gradazione 12,5%

Colore Brioso giallo paglierino acceso dal perlage fine e persistente

Bouquet Fresco e intenso, con un’ampia nota fruttata di mela golden matura, fiori bianchi e una delicata fragranza di lievito

Bocca Ottima sapidità cui segue un'agrumata freschezza che comunque lascia avvertire morbidezza e rotondità di gusto, verso un finale che sa di mare.

Abbinamento Aperitivo, Pesce, Salumi

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Siamo particolarmente orgogliosi di questo risultato perchĂŠ da sempre pensiamo che la qualitĂ del nostro lavoro si debba giudicare valutando tutta la nostra gamma di etichette e, soprattutto, la costanza qualitativa nel tempo, espressa dai non millesimati. Matteo Lunelli, presidente delle Cantine Ferrari

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“

Cantine Ferrari

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Altro motivo d’orgoglio per le bollicine italiane è il successo dell’etichetta dell’azienda piemontese Cuvage che per il secondo anno consecutivo conquista il World Champion Sparkling Aromatic, il più alto riconoscimento dedicato alle migliori bollicine aromatiche del pianeta. Particolarmente ricco il medagliere della cantina di Acqui Terme che vince ben tre “ori” assegnati ai vini Asti DOCG “Acquesi”, Asti DOCG “Acquesi” (Magnum), la linea di territorio prodotta con metodo Martinotti, e Cuvage Asti DOCG “Millesimato 2014”. Il Cuvage Asti DOCG “Acquesi” ancora una volta porta in alto l’arte spumantiera piemontese della cantina Cuvage. Un prestigioso riconoscimento per la cantina del gruppo Mondodelvino già Campione del Mondo nella stessa categoria per il 2019. Proveniente da uve coltivate nei vigneti sulle colline intorno alla città di Acqui Terme, terroir storicamente vocato alla spumantistica, l’Asti DOCG fa parte della linea di vini di territorio a marchio Acquesi ed è prodotto da un’accurata selezione complementare di uve di Moscato Bianco, coltivate nei terreno marneo-calcarei della catena collinare che si estende dalla zona di Acqui fino a Cossano Belbo, con picchi in vigneti della zona di Mango, e realizzato con il Metodo Martinotti lungo (con affinamento minimo di 4 mesi in autoclave). L’azienda piemontese esprime la sua eccellenza in un ricercato equilibrio fra storia, innovazione e tecnologia, dando vita alle due linee di prodotto “Cuvage Metodo Classico” e il Metodo Martinotti “Acquesi” per una produzione di 700mila bottiglie (90% Acquesi e 10% Cuvage). Cuvage, giovane tenuta fondata nel 2011 ad Acqui Terme, interpreta in chiave moderna l’antica tradizione spumantistica nata in Piemonte nel 1895.

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Stefano Ricagno AD CUVAGE


La punta di diamante della cantina piemontese.

Asti DOCG - Acquesi Formato 0,75L

Gradazione 11 %

Colore Bianco aromatico e dolce, dal colore giallo paglierino.

Bouquet Profumo fresco e intrigante con sentori di fiori bianchi, pesche e scorza di agrumi.

Bocca In bocca ha un sapore morbido, pieno, armonico.

Abbinamento Pasticceria secca, crostate o pesche ripiene.

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IRPINIA Intervista a Raffaele De Lisio

A cura di Carmen Guerriero

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Montemarano è una graziosa cittadina dell’Irpinia, in provincia di Avellino che, per tanti motivi, vale bene un viaggio!

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ondata, secondo lo storico Appiano d’Alessandria, dal valoroso generale sannita Mario Egnazio, artefice della famosa sconfitta delle schiere romane nei pressi del monte Toro, Montemarano è giustamente famosa per essere uno dei 17 Comuni della DOCG Taurasi, pregiato vino rosso ottenuto da uve di vitigno Aglianico, principe di queste terre, dalla grande forza e complessità.


In Irpinia, nel giro di relativamente pochi anni, lo sviluppo dell’enologia, soprattutto del Taurasi, è riuscito a trasformare semplici comunità contadine, dedite alla coltivazione dellavite ed alla produzione di uve, prevalentemente da conferire, in una costellazione di piccole e medie aziende agricole che, oggi, hanno ridisegnato il paesaggio, producendo e commercializzando in proprio i lorovini di qualità, definiti da grande impegno, esperienza e passione. Come l’Azienda Agricola Adelina Molettieri, che insieme a Teobaldo Acone, Ambasciatore di Città del Vino, attivo da oltre 40 anni sul territorio irpino, ho visitato a Montemarano, in contrada Chianzano, nel segno del programma di valorizzazione del territorio e delle eccellenze irpine attraverso un sistematico screening territoriale di produttori e prodotti. L’azienda, a conduzione familiare, è condotta dai figli di Adelina, Raffaele De Lisio, insieme al fratello Marco, enologo della cantina, i quali hanno reimpiantato le antiche vigne paterne, innestando vitigni di Aglianico che hanno resistito indenni agli attacchi della fillossera agli inizi del 1900.

Negli anni 80/90 si vendeva molto vino sfuso, specie ai ristoratori del Laceno, molto frequentato all’epoca. Solo dal 2007 abbiamo intrapreso l’imbottigliamento, ma con parsimonia, pur avendo grandi richieste, restiamo contenuti nella produzione per privilegiare sempre la qualità.

Teobaldo Acone e Raffaele De Lisio

Raffaele De Lisio

Raffaele De Lisio

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Biologica certificata dal 2019, l’azienda ha circa quattro ettari e mezzo in attuale produzione, con sistema di allevamento a guyot – cordone speronato, conservando, con fierezza, piccoli appezzamenti con l’antico sistema irpino di allevamento di vite cosiddetto a “tennecchia”, a testimonianza dell’antica tradizione di queste preziose terre, cuore dell’areale della docg Taurasi.

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LE ETICHETTE Irpinia rosato biologico dop Quattro le etichette prodotte, tutte da Aglianico 100%: Campania IGP Aglianico, Cesinè Irpinia Aglianico Doc, Taurasi Docg e Rosato dop Biologico.

Profumi intensi di frutta di bosco, fragoline e lamponi, il Rosato è caratterizzato da una bella acidità che smussa le inevitabili spigolosità tanniche, tipiche dell’Aglianico, discreta persistenza, colpisce soprattutto il bel colore carico, cosiddetto “buccia di cipolla, grazie alla macerazione sulle bucce per 5/6 ore, almeno per l’annata 2019 che è stata molto calda, mentre per la 2018, più fredda, sono occorse 12 ore” – precisa Raffaele. ”Fermentazione spontanea, solo tre travasi, è stato messo in bottiglia a distanza di circa 8 mesi dalla fermentazione, quindi è stato molto sulle fecce fini ed ora, questo che stiamo degustando, è stato tre mesi in bottiglia ad affinarsi. Penso che darà il meglio di sé a Natale”.

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Taurasi Docg

Cesinè Irpinia Aglianico doc

Dpo la fermentazione in acciaio per 20 giorni circa, è affinato per 16/18 mesi in botti di rovere da 35hl e successivo passaggio di 1 anno in acciaio ed, infine, un altro anno circa in bottiglia. Il 2013 ha un bel colore brillante rosso rubino, naso avvolgente di frutta rossa, more in primis, e fiori, violette, di bosco, note vagamente balsamiche di erbe del sottobosco, come la pungente freschezza di erica, richiami speziati di liquirizia.

Dopo la fermentazione per circa 24 giorni in acciaio, viene affinato in bottiglia per 14/16 mesi e matura in grandi botti di rovere da 35 hl per circa 22 mesi, poi ulteriori 6 mesi in barriques ed, infine, 14 mesi serbatoi di acciaio, prima della sosta in bottiglia.

È secco, caldo, equilibrato nella sua struttura, ben bilanciata da freschezza e morbidezza tannica, caratterizzata dalla tipica chiusura graffiante del tannino. Buona la persistenza con una piacevole sapidità che invoglia la beva.

Il colore è un bel rosso rubino intenso, con bagliori vividi e lucenti, consistente, al naso è complesso, ricco di frutta rossa matura, marasca, more, fiori rossi, viola in primis, spezie calde come cannella, vaniglia, note di chiodi di garofano, cacao e vago sentore di cuoio. E’ secco, caldo, morbido, fresco, tannicità equilibrata che rende la beva elegante, con notevole persistenza e finezza per momenti di vero piacere.

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COGNAC DELAMAIN

100° anniversario della nascita del Pale & Dry Il Cognac PALE & DRY XO CENTENAIRE distribuito da Sagna per l’Italia. A cura di Redazione TDG

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n assemblaggio di acquaviti provenienti da diverse zone della Grande Champagne invecchiate per almeno 20 – 25 anni. Un cognac moderno proveniente da un terroir nobile, che Dominique Touteau, il Maître de Chais, ha trasformato, sublimandone il carattere e accentuandone la sensualità, mantenendo il suo patrimonio sensoriale di note floreali e agrumate, di albicocca e di vaniglia. Questa nuova versione del Cognac Delamain presenta una gradazione alcolica maggiore (42°C) ottenuta con l’aggiunta di acqua e del 15% in volume di acquaviti, chiamate “les faibles”. L’affinamento avviene in vecchi fusti di legno, senza zucchero né coloranti aggiunti. Pale & Dry Centenaire è proposto nel nuovo formato da 50 cl, contenuto in un cofanetto di lusso. Una novità tutta da scoprire insieme ad una nuova esclusiva linea di distillati, frutto di un sapiente lavoro di invecchiamento portato avanti nel corso delle ultime decadi.

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PLEIADE TESORI DELLA GRANDE CHAMPAGNE serie limitata

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I nuovi ed esclusivi cognac sono distillati rari che si distinguono per le diverse botti impiegate e per il periodo di invecchiamento. Il nome “PLEIADE” si riferisce al gruppo di stelle che con la loro luminosità ha guidato i marinai sin da tempi dell’antica Grecia.

Le tre collezioni Pleiadi hanno la caratteristica di essere prodotti in

Un singolo millesimo o

Da un singolo cru o

Affinati in una singola botte

Senza dolcificanti né coloranti aggiunti

Realizzate in serie limitata

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COLLECTION RÉVÉLATION Very Old Cognac

Singola Vigna MALAVILLE (cask n° 709-01)

Prodotto dal vigneto di 20 ettari “Bellevigne” nel villaggio di Malaville, nel cuore del Grande Champagne, uno dei più bei terroir del Cognac.

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COLLECTION PLENITUDE Cognac Vintage 1980 (cask n° 212-01)

Nasce in vigne nella frazione di Mainxe, tra Jarnac e Segonzac. Il 1980 ha un significato speciale per Dominique Touteau poiché è l’anno in cui è iniziata la sua avventura con Delamain. Per 40 anni questa botte, sigillata con la cera, non è mai stata spostata dalla cantina.

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COLLECTION APOGÉE Ancestral Fût n°370-01

Prodotto dal vigneto di 20 ettari “Bellevigne” Proviene da una sola botte e rappresenta la massima espressione dell’invecchiamento dell’acquavite della Grande Champagne. Un raro cognac ritenuto così eccezionale, così perfetto da essere presentato intatto, senza alcun assemblaggio o riduzione. Affina in botti di rovere “Roux” da 350 litri (provenienti dalla foresta di Tronçais) e successivamente in una damigiana da 30 L. Quest’unica botte è custodita nella cantina più emblematica della Casa, il Grand Chai, vicino alla finestra esposta a sud. Con l’affinamento, ne deriva un cognac di straordinaria eleganza e raffinatezza. nel villaggio di Malaville, nel cuore del Grande Champagne, uno dei più bei terroir del Cognac.

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COLLECTION APOGÉE Vintage 1965 Dame-Jeanne n° 339-01

Il Verrières del 1965 rappresenta un anno importante per la storia di Delamain, è l’epitome di ciò che può essere ottenuto con la migliore acqua sino alla massima maturità, un’evoluzione sotto l’egida Delamain. Questa botte straordinaria è rimasta nello stesso angolo della cantina, beneficiando delle variazioni di temperatura e flusso d’aria anno dopo anno, evolvendosi in un cognac di intensità e ricchezza sublimi. Racconta Dominique Touteau: “Nato nel 1965, questo cognac fa parte del tessuto stesso di chi siamo. Ha avuto il posto d’onore nel “Grand Chai”, impassibile, per tutto il suo periodo di invecchiamento. A 50 anni, raggiunto il suo apogeo unico e fu trasferito in una damigiana da 30L, materializzando così nel tempo i suoi magnifici aromi di albicocca, mela cotogna candita e noci.”

Tutti i distillati suggeriti in questo articolo sono distribuiti da SAGNA S.p.A.

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Louis Roederer

a partire dalla prossima vendemmia 115 ettari saranno bio

A cura di Redazione Centrale TDG

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razie a strategiche e illuminate scelte, Louis Roederer è riuscita a costruire in Champagne un’ineguagliabile parco di vigneti oggi pari a 242 ettari suddivisivi in 410 diversi appezzamenti che attraversano la Montagne de Reims, la Vallée de la Marne e la Côte des Blancs.

ph: Emmanuel Allaire

La storica Maison di Reims ha completato il processo di conversione biologica dei vigneti più storici di proprietà.

Un importante patrimonio preservato dalla storica Maison, un legame eccezionale e profondo con la terra fondato sul rispetto e sull’ascolto. L’etica eco-sostenibile di Louis Roederer è infatti sempre stata parte integrante della filosofia produttiva che, partendo dalla cura dei vigneti, ha sempre guardato al futuro. Come eloquentemente dimostra la scelta di iniziare il percorso per l’ottenimento della certificazione biologica intrapresa vent’anni fa. La vite trae infatti la sua forza dalla selezione massale, dalla potatura delicata, dalla cura quotidiana e da pratiche rispettose dell’ambiente.

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La Maison guidata da Frédéric Rouzaud, è stata pioniera in Champagne quando nel 2018 ha avviato il processo di certificazione biologica per metà delle vigne, le più storiche, della proprietà. Il processo di conversione, arrivato alla sua fase finale, interessa 155 ettari di vigneti, quasi la metà della Casa, che oggi si fregiano della certificazione biologica riconoscibile in Francia dal simbolo ‘AB’ (Agriculture Biologique). Quest’importante attestazione, il culmine di vent’anni di lavoro dello chef de caves Jean-Baptiste Lécaillon e del suo team, sarà ufficiale a partire da Marzo 2021. Saranno quindi le uve raccolte nella prossima vendemmia ad essere certificate biologiche.

Frédéric Rouzaud (ph: Leif Carlsson)

ph: Emmanuel Allaire

Jean Baptiste Lecaillon (ph: Luc Manago)

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“È una convinzione profondamente radicata nella mia famiglia da generazioni che dobbiamo tutto alla Natura; quando la ascoltiamo e le doniamo quelle giuste attenzioni e cure di cui ha bisogno, ci restituisce il dono di un terroir al culmine della sua espressione, fonte di grandi vini pregiati. Ottenere la certificazione biologica per gli storici vigneti Louis Roederer è per noi motivo di grande orgoglio e gioia. È anche un formidabile incoraggiamento per tutti noi a continuare questo approccio alla vigna artigianale, impegnativo ma gratificante.” Frédéric Rouzaud, Presidente e CEO di Louis Roederer

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PROSECCO DOC ROSÉ E PROSECCO DOC:

le prime vendite Caratteristiche, numeri, previsioni per il futuro. A cura di Redazione TDG

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Il Prosecco DOC Rosé rappresenta l’evoluzione di un vino già famoso nel mondo: il Prosecco DOC.

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l suo successo va ricercato in una formula fatta di tradizioni secolari, saperi antichi tramandati da generazioni uniti alla vocazione enologica di un territorio per molti aspetti unico al mondo, a cavallo tra Veneto e Friuli-Venezia Giulia: la Dreamland. Il Prosecco DOC Rosé rappresenta un modo nuovo e differente di vivere l’incontro, la condivisione, i momenti di relax e disimpegno, la socialità in generale. Il suo colore evoca già una personalità originale che sa muoversi in ogni ambiente con sorprendente classe ed eleganza. Il 25 novembre 2020 è stata una giornata storica per il Consorzio di tutela del Prosecco DOC che ha celebrato il suo nuovo nato, il Prosecco DOC Rosé, con un primo lancio riservato alla stampa effettuato in diretta dal palco del Teatro Dal Monaco di Treviso. L’evento in teleconferenza è stato seguito in diretta dalle Case Prosecco, dalle sedi operative del Consorzio dislocate nel mondo, che da New York, Londra, Amburgo, hanno coinvolto giornalisti e operatori selezionati nel proprio bacino di competenza.

All’anchorman poliglotta Pietro Polidori, è stato affidato il compito di guidare in tre lingue diverse il fitto programma arricchito da interventi istituzionali e tecnici, testimonianze glamour e intermezzi musicali. Una rassegna ricca di endorsement nazionali e internazionali, dal Giappone agli USA, che ha coinvolto chef, sommelier, Master of Wine e influencer, che hanno voluto salutare a modo loro il neonato Prosecco DOC Rosé. Il Presidente del Consorzio Stefano Zanette ha tracciato un excursus storico di questa grande denominazione riportando i motivi degli attuali risultati e le ragioni che hanno portato alla scelta di includervi la nuova tipologia rosé. Successivamente si sono avvicendati con le proprie testimonianze personaggi del calibro dello chef Carlo Cracco -che ha illustrato una ricetta appositamente elaborata per essere abbinata al Prosecco Doc Rosé- e Lidia Bastianich che da New York ha attestato il grande in Interesse e la grande attesa degli americani per il Prosecco DOC Rosé.

Sono intervenuti esperti internazionali di lifestyle come l’influencer italiana Giulia Gaudino o la scrittrice e fumettista giapponese Mari Yamazaki, e stelle della lirica del calibro di della soprano Federica Gasparella e dal baritono Nicola Zanibon, accompagnati al pianoforte da Paolo Polon.

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“La nostra presenza in questo teatro esprime la nostra vicinanza al territorio, alla cultura e all’arte, oltre che allo sport.”

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Il Direttore Luca Giavi ha dettagliato l’intensa attività di tutela e promozione portata avanti dal Consorzio. “Al territorio al quale apparteniamo – e al quale dobbiamo tanto – dimostriamo la nostra riconoscenza attraverso iniziative di sostegno e collaborazione come questa, avviata con il Teatro Stabile Veneto. Il nostro obiettivo, ora, è quello di intensificare le operazioni di valorizzazione delle peculiarità delle diverse aree della nostra denominazione, a cominciare dalla provincia di Trieste dove la denominazione Prosecco trova le sue radici”. Il Vice Direttore Andrea Battistella ha portato la sua esperienza di enologo nel guidare la degustazione alla scoperta del Prosecco DOC rosé: dalla corretta apertura della bottiglia, passando per l’analisi del colore, che ricorda il bocciolo di rosa e i fiori di ciliegio e degli aspetti sensoriali, suggerendo agli ospiti collegati on line di “cercare con il naso le delicate note di fragola e lampone e con il palato la cremosità delle bollicine insieme a raffinatezza ed eleganza delle sensazioni gustative garantite da una permanenza sui lieviti. Il gran finale è stato affidato al Presidente Stefano Zanette, tradotto in simultanea sia in Inglese che in Tedesco “Ringrazio innanzitutto i tanti soggetti che hanno consentito di raggiungere questo importante risultato: Enti Locali, Nazionali e Comunitari, i nostri produttori, le Associazioni di categoria e il Consiglio d’amministrazione, con i quali abbiamo condiviso il percorso, lavorando coesi con l’obiettivo di tutelare e valorizzare le nostre produzioni. Ora tutta la nostra attenzione e le nostre energie andranno nella direzione della sostenibilità, più precisamente verso l’ottenimento della certificazione di sostenibilità dell’intera denominazione - ha dichiarato Zanette innalzando il calice di rosé- e il mio più vivo auspicio è che ben presto ci si ritrovi per brindare dando il benvenuto al Prosecco Doc Green, anzi: sempre più green!”.

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I NUMERI DEL PROSECCO DOC ROSÉ

Ad oggi si contano

Mercati esteri principali (in ordine decrescente):

12,2 milioni

USA

di bottiglie di Prosecco Doc Rosé imbottigliate a partire dal 25 novembre

UK Canada

85 aziende

Paesi nordici

coinvolte nella nuova produzione.

Francia Asia Orientale Stime

Canali distributivi

2020

GDO

20 milioni di bottiglie imbottigliate e vendute entro il 31.12

55-60% assorbito dalla Grande Distribuzione Organizzata

2021

Horeca

40-50 milioni di bottiglie imbottigliate e vendute entro il 31.12.2021

30-35% destinato al mondo della Ristorazione

Italia

In azienda

15-20% la quota assorbita dal mercato domestico

1% vendita diretta in cantina

Export

Altro

Tra l’80 e l’85% la quota destinata ai mercati stranieri

10-15% (es. vendita on line)

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Ad oggi si contano 85 aziende per un totale di 12.200.000 bottiglie prodotte, ed è ragionevole supporre di giungere a 20 mln di bottiglie entro il 31/12/2020. Dai dati raccolti presso gli operatori in questi primi mesi, appare che la quota destinata all’export sia più alta rispetto a quella riservata al Prosecco DOC. Calcolando che tale quota export si attesti all’80% dell’intera produzione, possiamo ragionevolmente ipotizzare che 16 milioni di bottiglie di Prosecco DOC Rosé varcheranno i confini nazionali entro la fine dell’anno in corso.

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COME RICONOSCERE IL PROSECCO DOC ROSÉ Contrassegno Sul collarino di ogni bottiglia è applicato un contrassegno per garantire qualità ed autenticità.

Produzione Sul collarino di ogni bottiglia è applicato un contrassegno per garantire qualità ed autenticità.

Vista Rosa tenue con perlage fine e persistente, grazie ad una maggiore sosta sui lieviti (60 gg).

Uve Uve con cui è prodotto: Glera (minimo 85%) e Pinot Nero (vinificato in rosso, tra il 10% e il 15%).

Olfatto Fiori bianchi, mela, agrumi, frutta rossa (come fragola e lampone).

Spumantizzazione La spumantizzazione avviene con fermentazione naturale attraverso il metodo Martinotti/Charmat.

Millesimato Il Prosecco DOC Rosé si fregia del titolo ’Millesimato’ perché sempre e solo prodotto con almeno l’85% di uve della stessa annata: caratteristica riportata in etichetta.

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Gusto Rotondo, morbido e con maggiore struttura rispetto alla versione bianca.


ALTRE CARATTERISTICHE

Area di Produzione / Clima I vitigni che danno origine al Prosecco si trovano esclusivamente nei territori dell’Italia nord-settentrionale, tra le Dolomiti e il mar Adriatico. Grazie alla particolare interazione tra clima, suolo e tradizione vinicola nasce il Prosecco DOC, un vino unico.

Cenni storici “Ed or ora immolarmi voglio il becco con quel meloaromatico Prosecco”; così recitava Aureliano Acanti nel suo “Roccolo Ditirambo” nel 1754. Il Prosecco, però, era conosciuto già dai romani come cita Plinio nella sua “Historia Naturalis”, ma è verso la fine dell’Ottocento che, grazie alla spumantizzazione, il Prosecco diventa come oggi tutti lo conosciamo.

Fattori Umani Nella fertile area del Prosecco, l’arte nella coltura dei vigneti, sviluppata nei secoli, e la particolare tecnica di produzione dei vini spumanti, affinata negli ultimi anni, si sono unite alla passione dei produttori dando origine a un vino di qualità eccellente.

AREA DOWNLOAD

Consorzio di tutela Prosecco DOC

Riconoscere il Prosecco DOC Rosè

Treviso

Riconoscere il Prosecco DOC

prosecco.wine

Scheda Prosecco DOC Rosè

info@consorzioprosecco.it +39 0422 1572383

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Stefano Zanette con Prosecco Doc RosĂŠ

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OSA IL R OSA:

INNAMORATI DEL NUOVO PROSECCO DOC ROSÉ. Il Prosecco DOC Rosé rappresenta l’evoluzione di un vino già famoso nel mondo: Prosecco DOC. Il suo successo va ricercato in una formula fatta di tradizioni secolari, saperi antichi tramandati da generazioni uniti alla vocazione enologica di un territorio per molti aspetti unico al mondo, a cavallo tra Veneto e Friuli-Venezia Giulia: la Dreamland. Il Prosecco DOC Rosé rappresenta un modo nuovo e differente di vivere l’incontro, la condivisione, i momenti di relax e disimpegno, la socialità in generale. Il suo colore evoca già una personalità originale che sa muoversi in ogni ambiente con sorprendente classe ed eleganza.

S i co ntra d d isti n g u e

U n gusto unico in different i t ipo l o g i e.

d a l co ntra sseg n o.

Il Prosecco DOC Rosé è prodotto solo nella tipologia Spumante

Sul collarino di ogni bottiglia è applicato

e nelle versioni più secche: dal Brut Nature all’Extra Dry.

un contrassegno per garantire qualità Da degustare con tutt i i sensi.

ed autenticità.

Vista: rosa tenue con perlage fine e persistente, grazie Vi t i gni e meto do d i

ad una maggiore sosta

p ro d u z io ne: un connub i o

sui lieviti (60 gg).

fel i ce. E g u stoso. Il Prosecco DOC Rosé nasce dal connubio

Olfatto: si ritrovano

tra uve Glera (minimo 85%) e Pinot Nero

i principali descrittori del

(vinificato in rosso, tra il 10% e il 15%).

Prosecco, ovvero fiori

La spumantizzazione avviene con

bianchi, mela e agrumato,

fermentazione naturale attraverso

arricchiti da sentori di

il metodo Martinotti/Charmat.

frutta rossa, come fragola

Il Prosecco DOC Rosé si fregia del

e lampone, conferiti dal Pinot Nero.

titolo ’Millesimato’ perché sempre

Gusto: rotondo, morbido

e solo prodotto con almeno l’85% di uve della stessa annata:

e con maggiore struttura rispetto

caratteristica riportata in etichetta.

alla versione bianca.

Residuo zuccherino

BRUT NATURE 0 g/l

EXTRA BRUT 3 g/l

EXTRA DRY

BRUT 6 g/l

12 g/l

17 g/l

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Barolo Pianpolvere Soprano 2016 Sagna ha realizzato un nuovo progetto esclusivamente per il mercato italiano. A cura di Redazione TDG

I

l Barolo realizzato in collaborazione con Rodolfo Migliorini – già noto per aver firmato gli spumanti di Podere Rocche dei Manzoni – è una una versione più giovane del noto Barolo Pianpolvere Soprano Riserva. Il vino è prodotto dalle uve provenienti da un’antica polveriera risalente ai tempi di Napoleone, situata a Monforte d’Alba. Questo cru è considerato dagli addetti di settore una tra le zone più vocate delle Langhe. Dopo circa 20 anni dall’acquisto della vigna, Migliorini ha sposato e applicato i principi della biodinamica in vigna, dove non vengono utilizzati pesticidi e mezzi meccanici. Le vigne sono state reimpiantate e ora hanno finalmente raggiunto un’età consona alla realizzazione di un vino dall’invecchiamento più breve (4 anni) rispetto alla Riserva (che affina tra i 7 e i 10 anni). Il Barolo Pianpolvere Soprano 2016, pur nella sua diversità, rimane fedele al terroir mostrandone tutte le sue migliori virtù.

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Rispetto per la natura, per l’ambiente e per i consumatori Il Barolo Classico 2016, un’annata strepitosa, si caratterizza per la grande struttura ed eleganza, una fantastica bevibilità apprezzabile già da subito. Un vino complesso dai profumi di bacche mature, con note balsamiche e iodate, dotato di una capacità di invecchiamento sbalorditiva.

Per ulteriori informazioni Località Bussia 32 | 12065 Monforte d’Alba (CN) Italy pianpolveresoprano.it Distribuito in Italia da Sagna S.p.A

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L’UNICITÀ DEL NUOVO KIKU APPLE GIN Le distillerie Roner, dopo due anni di studio, lanciano sul mercato un London Dry Gin ottenuto dalla distillazione della mela KIKU dell’Alto Adige. A cura di Redazione Centrale TDG

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Le distillerie Roner hanno annunciato il lancio sul mercato di un prodotto molto speciale

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KIKU APPLE GIN Ottenuto dalla distillazione delle mele KIKU, una varietà che cresce ai piedi delle Dolimiti e che a maturazione completa sviluppa un cuore particolarmente dolce che richiama il miele, questo gin si affianca ai tanti distillati prodotti da Roner e in modo particolare al gin Z44. La sua particolarità sta nel fatto di essere unico al mondo: l’idea di distillare la mela con il metodo London Dry, che non consente l’aggiunta di aromi in quanto sapori e profumi possono essere ottenuti unicamente dalla macerazione di tutti i suoi ingredienti, è infatti stata messa a punto dopo due anni di studio e lavoro del mastro distillatore. Tra le botaniche utilizzate c’è una mix di erbe mediterranee ed alpine che vanno dal ginepro appena colto, alla lavanda o alla cannella. Tutte queste sono in grado di esaltare la mela ed il risultato è sorprendente: il suo gusto esotico, accompagnato dalla dolcezza, suscita infatti emozioni mai provate prima. Il prodotto, imbottigliato nel formato 0,5 l e completo di astuccio regalo, è in vendita anche sull’ecommerce www.roner.com/it/shop. Max Morandi, brand ambassador spirit

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SCHEDA PRODOTTO KIKU APPLE GIN

Kiku Apple Gin

Formato 0,5L

Gradazione 42%

Colore Brillante, limpido, cristallino

Bouquet Dolce, fresco, fruttato, ricco di sfumature (si va dal profumo delicato del miele a note più decise) grazie al gusto di una mela KIKU completamente matura

Gusto Intenso, rotondo, molto morbido da bere e persistente. Le botaniche sono in armonia tra loro e sono bilanciate con il gusto della mela

Accostamento gastronomico Maggiorana, anatra arrosto, noci, uva e noce moscata

Abbinamenti Questo London Dry può essere gustato puro, dato il suo forte carattere, oppure in miscelazione per un gin tonic utilizzando la “Tyrol Tonic” per un gusto 100% altoatesino.

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La neve a Sugarlandia Reale o immaginario? Don Papa svela scenari ghiacciati inspiegabili dalla sua Casa sull’isola tropicale

A cura di Redazione Centrale TDG

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um Don Papa, il rum premium small batch che arriva dalle Filippine, ha fotografato alcuni scenari invernali inspiegabili vicino alla sua Casa sull’Isola tropicale di Negros nelle Filippine, nota localmente come “Sugarlandia”. Una serie di immagini, catturate dal celebre fotografo e film-maker Yuval Hen (Madonna, FT – How to spend It), sarà rivelata a inizio dicembre. Gli scenari incredibili e surreali sono stati catturati nel corso di uno shooting sull’Isola per i cocktail di Natale a base Don Papa, dei twist su alcuni grandi classici invernali – The Don’s Midwinter Dream, Rumpapapumpum, Negrense Tropics and Mulling over Sugarlandia. I modelli, truccati e vestiti dal direttore creativo e stilista Ann Shore (Italian Vogue, FT), hanno percorso la lussureggiante giungla tropicale ricoperta, per la prima volta in assoluto, di neve e ghiaccio. I locali descrivono l’Isola di Sugarlandia come “il vivere un sogno nel quale spesso occorre guardare due volte le cose per essere certi di ciò che sta accadendo. Un luogo dove possono succedere cose strane ma meravigliose.”

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È successo solo una volta. Questo è tutto ciò che sappiamo. Le terre tropicali, in una curiosa girandola, hanno visto inspiegabilmente: neve. Ha ricoperto gli alberi più rossi del fuoco. Ha raffreddato l’erba. Ha ricoperto di ghiaccio gli uccelli dalle grandi piume e ha trasformato i ruscelli in vetro. E coloro i quali hanno visto tutto ciò, sono rimasti stupefatti nel vedere lussureggianti campi verdi ricoprirsi della più soffice e più bianca neve. I brindisi più puri sono stati offerti, delizia riscaldante per conservare nel cuore la meraviglia di quella notte. Una serie di 13 fotografie di Yuval Hen sarà svelata sui canali Facebook e Instagram di Don Papa a inizio dicembre. Anca Bautista, poetessa Filippina che descrive lo scenario nevoso e mistico di Sugarlandia

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Rumpapapumpum Un twist su un classico, re immaginato da The Don. La noce moscata cade come la neve sulla superficie spumosa del drink. Curiosamente dolce, inaspettatamente magico. Avrà protagonista nella campagna social Walter Gosso, Advocacy Manager Rinaldi 1957 e Brand Ambassador Don Papa. Versare 45 ml di Don Papa 7 anni, 5 ml di Rum Overproof, 20 ml di sciroppo di canna da zucchero, 15 ml di panna, 135 ml di crema di nocciole e congelare. Togliere dal freezer 10 minuti prima del servizio. Shakerare per “risvegliare” il drink, versare in tazza con lo zabaione sulla superficie. Decorare con noce moscata grattugiata e una cannuccia di carta colorata. Avrà protagonista nella campagna social Walter Gosso, Advocacy Manager Rinaldi 1957 e Brand Ambassador Don Papa.

Mulling over Sugarlandia Il cuore pulsante di Sugarlandia in inverno. Speziato, leggermente acido e meravigliosamente rosso. Riscaldato dagli aromi caldi della cannella. Avrà protagonista nella campagna social Ilaria Bello, Brand Ambassador Rinaldi 1957. Versare in uno shaker 30 ml di Don Papa 7 anni, 20 ml di succo di limone, 15 ml di sciroppo di canna da zucchero, 20 ml di Vin Brulè e 20 ml di albume fresco, quindi shakerare senza ghiaccio. Aggiungere il ghiaccio e shakerare vigorosamente. Filtrare in un bicchiere highball. Infuocare la polvere di cannella facendola cadere sul drink, insieme a un rametto di rosmarino.

Negrense Tropics Il Daiquiri invernale con Don Papa. Tropicale, fresco e festoso. Qui, dove le orchidee fioriscono. Avrà protagonista nella campagna social Walter Gosso, Advocacy Manager Rinaldi 1957 e Brand Ambassador Don Papa. Versare in uno shaker 50 ml di Don Papa 7 anni, 25 ml di succo di lime, 20 ml di sciroppo di zucchero speziato. Aggiungere il ghiaccio e shakerare in maniera vigorosa. Filtrare in una coppetta ghiacciata, guarnire quindi con una cannuccia di zucchero natalizia e un fiore di orchidea.

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The Don’s Midwinter Dream Un Old Fashioned dai toni caldi e deliziosi. Adatto a una languida notte passata davanti a un caminetto acceso. Non dimenticate le ciliegine. Avrà protagonista nella campagna social Marco Riccetti, Brand Ambassador Rinaldi 1957. In un mixing glass, versare 50 ml di Rum Don Papa 7 anni, 20 ml di Granatina, 1 dash di Bitter allo zenzero e mescolare. Filtrare in un bicchiere ghiacciato con un solo grande cubo di ghiaccio. Riscaldare 5-10 ml di Rum Overproof, infuocarlo, e versarlo gentilmente sul cocktail. Decorare con un paio di ciliegine al Maraschino.

Note Rum Don Papa, il primo rum premium small batch dalle Filippine, sta raggiungendo un successo globale che ha scavalcato i confini nazionali filippini. Distillato e invecchiato sette anni in botti di quercia americana sull’Isola di Negros occidentale, localmente nota come Sugarlandia, viene distillato a partire da purissima canna da zucchero. La qualità dello zucchero di canna dell’Isola di Negros è eccelsa ed è alla base del finale ricco e profondo di Rum Don Papa. Un finale che riporta note di vaniglia, miele e frutta candita.

Per ulteriori informazioni https://www.rinaldi1957.it/home www.instagram.com/Rinaldi_1957 www.facebook.com/Rinaldi1957

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Ramsbury Single Estate Gin e Vodka Ecosostenibili Rinaldi 1957 di Bologna distribuisce in Italia il Gin e la Vodka delle Tenute Ramsbury, la “Single Estate Gin� del Wiltshire.

A cura di Redazione Centrale TDG

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RAMSBURY: SINGLE ESTATE GIN

“Single Estate Gin” è un espressione che sta a significare che tutto avviene nella tenuta che si estende per 19.600 acri. I terreni hanno una forte presenza di gesso, materiale che conserva l’umidità meglio di altri. I campi coltivati sono intervallati da piccoli boschi. Il limpido e incontaminato fiume Kennet dona l’acqua che viene usata in distilleria e per la crescita di piante e l’allevamento di animali da fattoria.

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ECOSOSTENIBILITÀ, KM0

A Ramsbury il processo produttivo è circolare: tutto viene riutilizzato senza sprecare nulla, con l’obiettivo della sostenibilità totale dell’organizzazione nei confronti dell’ambiente. Ad esempio, le acque utilizzate per la produzione vengono bonificate attraverso una serie di canneti naturali prima di essere rimesse nell’ecosistema. Per la distillazione di entrambi i prodotti viene utilizzato unicamente il grano della pregiata varietà Horatio (usato per l’alta pasticceria). In etichetta viene indicato in quale campo è cresciuto il grano (con coordinate GPS), quando è stato seminato e quando è stato raccolto.

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UNA VODKA MORBIDA E PIACEVOLE DAL CARATTERE DISTINTIVO.

INFORMAZIONI TECNICHE Grado alcolico:

Processo di produzione:

Note di degustazione:

43 % vol. – 70 cl. •

• • •

Per realizzare unavodka Single Estate pura, l’alcol neutro (96,5% vol.) è ottenuto grazie a rettificazioni in colonne di rame (copper still) da 43 piatti.

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• • •

Il grano Horatio che cresce nei migliori campi intorno alla distilleria viene mietuto e macinato in giornata; A questo viene aggiunta l’acqua del fiume Kennet filtrata con il gesso; Il Master Distiller aggiunge il lievito; Inizia la fermentazione del “mash” (come nella produzione del whisky che però usa il malto d’orzo); Il “mash” viene distillato per produrre un alcolato al 76%; Segue una diluizione; Infine il prodotto è riscaldato in un alambicco di rame tradizionale (copper pot still).

Colore: trasparente e limpido.

Olfatto: gradevole, di biscotto, molto elegante. L’alcol di frumento è morbido e fine. Si percepiscono immediatamente note di aromi freschi e floreali.

Gusto: frutta secca e poi anice, elegante e ricco in bocca quasi come il cioccolato fondente. Il grano Horatio dona a questo prodotto una gamma ampia di sentori rispetto ad altre vodka super premium.


GIN DALLE 9 BOTANICHE DI RAMSBURY

INFORMAZIONI TECNICHE

Grado alcolico: 40 % vol. – 70 cl.

Produzione: •

Componenti botaniche •

Ginepro;

Mela cotogna;

Coriandolo;

Angelica;

Radice dell’Iris (Giaggiolo);

Liquirizia;

Limone;

Arancia;

Cannella.

Le componenti botaniche sono distillate insieme con alambicco tradizionale per gin in rame da 140 litri (small batch);

Il distillato viene riscaldato, condensato, portandolo all’86% vol. alcolico;

La diluizione è effettuata con acqua del fiume Kennet filtrata con il gesso;

Successivamente il gin è filtrato e imbottigliato a mano.

Note di degustazione: •

Colore: trasparente con notevole limpidezza e brillantezza.

Olfatto: il ginepro si infonde delicatamente con i sentori erbacei e fruttati della mela cotogna. Il distillato presenta delicate note agrumate, speziate e di legno. Angelica, agrumi e cannella, creano un aroma equilibrato e complesso.

Gusto: toni floreali e di mele cotogne croccanti si compenetrano perfettamente con quelli salati del ginepro. Il finale è rinfrescante, dolce e speziato. La morbidezza ben bilancia l’esperienza gustativa.altre vodka super premium.

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Per ulteriori informazioni

Ramsbury Vodka Ramsbury Gin info@rinaldi1957.it 051-4217811

www.instagram.com/Rinaldi_1957 www.facebook.com/Rinaldi1957

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Cucina italiana e Dieta Mediterranea in Turchia con Claudio Chinali

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Dawn to Earth: Fiera Internazionale del Tartufo Bianco d’Alba

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Riserva San Massimo, biodiversitĂ e salvaguardia delle colture

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Green Pea Retail Park a Torino Lingotto

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Cucina italiana e Dieta Mediterranea in Turchia con Claudio Chinali Intervista a Claudio Chinali, executive chef di Eataly Istanbul A cura di Carmen Guerriero

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a sempre la cucina italiana, con la sua filosofia semplice, equilibrata e sana è l’emblema della Dieta mediterranea, non una dieta stricto sensu, ma un preciso stile di vita per coltivare la salute perfetta. Pasta, pane e pizza, più che alimenti, rappresentano un linguaggio internazionale in cui si esprime la cultura gastronomica italiana, grandemente apprezzata anche in Turchia, dove sempre più chef italiani decidono di lavorare.

Chi è Claudio Chinali? Napoletano d’origine, studi in ingegneria ed esperienze in cucine pluripremiate, come quella Chef Igles Corelli e Chef Bruno Barbieri, al seguito del quale, nel 2009, approda ad Istanbul, oggi è Ambasciatore del Gusto ed executive Chef italiano di Eataly Istanbul, famosa catena internazionale dedicata alle eccellenze agroalimentari italiane. “Nel 2009 sono venuto ad Istanbul per un evento e mi sono innamorato di questa fantastica città, e, a differenza di quello che facevano i miei colleghi che andavano in Francia, o in Spagna o Inghilterra, sono rimasto, perché penso che la Turchia abbia molte più radici culturali simili a quelle italiane di quanto possiamo immaginare"

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Cos’è stato determinante a convincerla a voler restare in Turchia? A ragione per cui arrivai in Turchia fu senza dubbio una questione gastronomica, dopo la mia prima visita nel 2009 mi sembrava evidente che per avere una formazione piu’ completa della cultura mediterranea dovessi venire qui per qualche anno. In realtà, dopo 3 anni, nel 2013 stavo per sposare un progetto in Uk ma quando ho saputo che Eataly stava per aprire a Istanbul ho fatto di tutto per entrare nel progetto. Credo fortemente che essere uno chef italiano senza prodotti di qualita’ sia un gap impossibile da colmare e Eataly mi offrì l’opportunita’ e la fortuna di lavorare con l’eccellenza italiana della gastronomia”. Qual è il prodotto italiano più apprezzato dalla clientela turca? La risposta piu’ scontata potrebbe essere la pizza o la pasta al Pomodoro, ma credo che il prodotto, inteso come ingrediente, sia senza dubbio il parmigiano reggiano insieme al Grana Padano”. Quali sono i prodotti turchi che, all’occorrenza, meglio possono rispondere alle esigenze di qualità necessari nella composizione di piatti italiani particolari? Sicuramente qui tutto cio’ che e’ fresco ha un’ottima qualita, però, se vogliamo parlare di alta qualità, sul mercato turco ci sono carne di agnello, pesce azzurro, cereali , frutta secca, legumi , frutta e verdure che poi sono alla base della dieta mediterranea, senza dimenticare l’olio extravergine di olive, che in certi casi e’ davvero eccellente.

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Qual è il piatto italiano che maggiormente propone nel suo menù per rappresentare la cultura gastronomica italiana? Sicuramente gli spaghetti di Gragnano 100% grano italiano, con pomodoro e basilico, anche se e’ difficile sceglierne uno. Quali piatti della cucina turca apprezza di più e perché? Prima di lavorare per Eataly ero il corporate di un azienda turca estremamente famosa per l’offerta tipica dei suoi ristoranti, che si chiama Borsa, dove ho apprezzato sicuramente molti piatti, tra cui preferisco gli “zeytınyağli”, antipasti di verdure cotte in olio di olive, l’agnello al forno tandir con pure di melanzane e riso pilav speziato ai fegatini, e le alici panate in farina di mais e cotte in tortiera tipiche del mar nero. Che tipo di clientela predilige la sua cucina? Veramente e’ molto trasversale, la cucina italiana è amata da tutti, sicuramente pero’ la clientela stabile è quella che ama venire in Italia in vacanza o che ha rapporti commerciali con il Bel paese. Quando si vive all’estero ci si rende conto di quanto siamo fortunati a essere Italiani. Negli ultimi anni, durante i viaggi di lavoro in Turchia, ho avuto modo di constatare una certa evoluzione del concept di ristorazione turca, con propensione all’elaborazione di ricette semplici tradizionali, ma con una raffinatezza tutta italiana, mi sovviene Neolokal ad Istanbul o Corvino (ristorante turco dal nome e style italiano) a Kuzguncuk, anche se da Ciya Sofrasi ho sperimentato i sapori tipici.


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Se un giorno dovesse decidere di lasciare la Turchia, quali prodotti porterebbe nel cuore e nel suo bagaglio professionale? Sono tantissimi, sicuramente tutta la frutta secca, ma se dovessi sceglierne uno credo sia il beyaz peynir di Ezine ! Tutti conoscono la feta turca, ma il beyaz peynır turco e’ assolutamente di una categoria a sè, di un intensita’ inarrivabıle! Un’altra cosa che mi porterei come bagaglio professionale e’ la cottura in olio delle verdure, una tecnica delicata con cui dare gran sapore a tutte le verdure. Ama sperimentare, l’ha detto chiaramente. Nuovi progetti per il prossimo futuro?

Quali sono le ultime tendenze del momento e quali ristoranti ne sono migliore espressione, almeno ad Istanbul o nelle principali città turche? Come dicevo la tendenza culinaria e’ quella di riportare la tradizione classica ad un livello piu’ alto, sia da un punto di vista estetico che tecnico, soprattutto con prodotti di grande qualita’ e maggiore attenzione. Quanto e come questa brutta emergenza ha cambiato la situazione e le aspettative dei ristoratori italiani ed, in generale di tutti in Turchia?dalla clientela turca? Moltissimo, la cucina italiana all’estero e’ una cucina conviviale, in cui il ristorante e’ il vero nucleo dell’esperienza. Inoltre oltre alla crisi sanitaria si e’ aggiunta una crisi valutaria che ha fatto crollare la lira turca, rendendo quasi impossibile l’importazione di moltissimi prodotti che sarebbero stati troppo cari per il mercato locale. È ovvio che questa situazione non ha toccata solo i ristoranti italiani, ma un pò tutti e, sfortunatamente, molti ristorante stanno chiudendo o hanno già chiuso.

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Per il futuro prossimo, sto lavorando all’apertura del nuovo ristorante interno a Eataly, di cui non voglio ancora condividere il nome, in cui affiancherò alle eccellenze italiane i prodotti dei produttori di eccellenza turchi, per esaltare ancora di piu’ il concetto di cucina italiana. Per il futuro piu’ lontano, ho, invece, in mente un grande progetto che vada a rompere un po il concetto di confini politico nazionali e che porti un bel messaggio di umanita’ concetto ultimamente spesso dimenticato.

Manca poco al Natale…. Panettone anche in Turchia? Il panettone è il dolce tipico di Natale e quest’anno sarà molto speciale con 3 gusti diversi, utilizzando il miglior prodotto artigianale turco insieme alla tradizione italiana: sarà fatto con farina italiana, burro di Ezine arance candite di Adana, uvetta di Manisa e miele dalla zona di Firtina. Mi occupo di tutto ciò è produzione alimentare, sia per la ristorazione, sia per il mercato, utilizzando le eccellenze turche e quelle italiane per un’offerta gastronomicamente italiana. Prima della pandemia abbiamo servito 7 milioni e mezzo di clienti, quindi credo che la cucina italiana piaccia!


Caprese di crostacei, Pomodori confit Çanakkale, gambero Karabigacrudo, mozzarella bufala (ph: Harungltrk)

Linguine Gragnano, olio d’oliva Ayvalik, pesto di pasley e gamberetti crudi karabiga (ph: mf_barranco)

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Grazie, chef Chinali per questa speciale testimonianza di “italianità” in Turchia. Arrivederci ad Istanbul!

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Dawn to Earth: Fiera Internazionale del Tartufo Bianco d’Alba A cura di Redazione Centrale TDG

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La 90ª edizione si avvia alla conclusione premiando Norbert Niederkofler, Chef tre stelle Michelin del ristorante St. Hubertus e cofondatore di Care’s

I

n quella che passerà alla storia come l’edizione del coraggio, la Fiera Internazionale del Tartufo Bianco d’Alba – capace quest’anno di innovarsi e trasformarsi con grandissima flessibilità, visti i continui mutamenti di scenario imposti dal diffondersi della pandemia da Covid-19 – chiude in bellezza, annunciando un nuovo corso. Cala il sipario sulla 90ª edizione, dedicata al tema “mondo”, e proprio al mondo ci si apre ulteriormente, affiancando alla centralità dell’enogastronomia l’attualità di una sfida quanto mai contemporanea: quella della sostenibilità.

È questo il cuore di “Dawn to Earth”, il laboratorio che nasce dalla collaborazione tra la Fiera Internazionale del Tartufo Bianco d’Alba e il curatore gastronomico Paolo Vizzari, con il supporto di Microsoft 365, con la volontà di tirare una riga che colleghi Alba (con le Langhe, il Roero e il Monferrato) al resto del Pianeta, usando il Tartufo Bianco d’Alba come ambasciatore e la sua fiera annuale come casa condivisa da mettere a disposizione per dare risalto ai più validi progetti a sfondo etico nel panorama mondiale dell’alimentazione, della biodiversità, dell’alta finanza e dell’ICT.

L’esposizione mediatica del wine&food a livello mondiale ha imboccato negli ultimi anni un sentiero virtuoso che punta su etica e sostenibilità come concetti portanti di una vera e propria rivoluzione umanistica. Sospinti dalla fama dei grandi chef e dalle luci dei riflettori che il settore è in grado di attirare, vanno moltiplicandosi i progetti no profit con l’ambizione di cambiare alcuni aspetti discutibili della nostra società.

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Presentato ufficialmente il martedì 8 dicembre, in collegamento dal Truffle Hub, presso il Castello di Roddi, “Dawn to Earth” si propone di lavorare alla ricerca dei “game changer” di ogni continente per offrire loro supporto, rete e campagne di racconto o promozione volte ad aprire a un pubblico più ampio il loro messaggio e la natura dei loro sforzi. Nell’Edizione Zero di quello che è destinato a diventare un appuntamento annuale e un’occasione di festa all’interno del palinsesto della Fiera, in quest’anno così particolare si è deciso di premiare lo chef che in Italia ha lavorato con maggiore intensità per rendere il pubblico più sensibile ai temi che legano la cucina alla natura, Norbert Niederkofler, con il team di ragazzi insieme ai quali – oltre a tenere vive le tre stelle Michelin del ristorante St. Hubertus di San Cassiano – ridisegna ogni anno i contorni di due eventi dalla forte matrice etica, Care’s e Cook the Mountain.

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Questa edizione della Fiera è stata una grande sfida, che abbiamo superato con successo. Abbiamo realizzato una storica edizione del Palio degli Asini intorno al Duomo e in streaming. A seguire abbiamo vissuto tre settimane di fiera importanti, garantendo piena sicurezza ai turisti in presenza, e a seguire la Fiera è andata avanti in digitale.

Dichiarano Carlo Bo ed Emanuele Bolla, rispettivamente Sindaco e Assessore a Turismo e Manifestazioni della Città di Alba. "La comunità albese ha fatto un grande sforzo e insieme siamo riusciti a realizzare questa novantesima edizione, che è stata una grande vetrina di visibilità non solo per le eccellenze legate al mondo del Tartufo Bianco d’Alba, ma anche per l’identità della nostra città. La nostra è una comunità che non molla e che sa affrontare le sfide in modo serio e determinato. Questa Fiera rappresenta un simbolo di speranza che ci fa guardare con fiducia alla prossima edizione, quella del 2021, con la consapevolezza che la promozione del territorio non può prescindere da una crescente attenzione alla tutela del paesaggio, mettendo al centro dell’agenda sostenibilità e biodiversità in tutti i loro diversi aspetti”.

avvio a un nuovo corso, diventando portatori di un messaggio culturale globale – aggiunge Liliana Allena, Presidente dell’Ente Fiera Internazionale del Tartufo Bianco d’Alba –. Questo standing acquisito ci porta a pensare allo sviluppo futuro che la Fiera potrà avere, mettendo a disposizione di tutti l’autorevolezza e il prestigio del Tartufo Bianco d’Alba per affrontare con credibilità i temi della contemporaneità e in particolare quello dello sviluppo sostenibile”. “Invece di scrivere nuovi canoni per quello che è giusto, Dawn to Earth cerca di riconoscere e sottolineare il lavoro di chi ha cominciato ad affrontare questi temi prima che diventassero moda, e lo fa a partire da un progetto italiano capace di comunicare con l’estero all’insegna dei valori sani della Nuova Cucina Mondiale”, afferma Paolo Vizzari, Curatore gastronomico.

“La Fiera ha iniziato a ragionare su questi temi in tempi non sospetti, lanciando il progetto ‘Breathe the Truffle’, per la salvaguardia e il ripristino degli ambienti tartufigeni. Ora, grazie al patrimonio costruito negli anni, dopo la svolta gastronomica, del richiamo mediatico della Fiera del Tartufo Bianco d’Alba, vogliamo dare

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L’esperienza dell’Ente Fiera Internazionale del Tartufo Bianco d’Alba rappresenta un caso virtuoso nel comparto fiere ed eventi, fortemente impattato dall’emergenza sanitaria, perché ha saputo cogliere in maniera particolarmente virtuosa l’opportunità di ripensare e arricchire la propria proposta in ottica digitale.

Dichiara Luba Manolova, Direttore della Divisione Microsoft 365 di Microsoft Italia Siamo orgogliosi di aver collaborato con loro, insieme a Si-Net, per supportarne il percorso di innovazione, aiutandoli ad abilitare nuove esperienze per valorizzare la tradizione. Grazie al giusto mix di eventi fisici e digitali, phygital appunto, è possibile coinvolgere un pubblico sempre più ampio”. “Per anni ho viaggiato, cercato, fatto domande, alla ricerca di un equilibrio (trovato), che sintetizzo in una parola: rispetto – chiude infine Norbert Niederkofler, Chef tre stelle Michelin del ristorante St. Hubertus e cofondatore di Care’s –. In primis per la natura, e non a caso da questo amore sono nati due progetti: Cook the mountain, per valorizzare i prodotti e i ritmi della vita di montagna, e Care’s, un convegno in cui riuniamo amici e cuochi per parlare di sostenibilità, ecologia e solidarietà. Sono fiero di questo riconoscimento, proprio perché va a premiare l’attenzione a questi valori condivisi che sono la chiave per un futuro migliore per tutto il Pianeta”. Appuntamento al 2021, dunque, con la 91ª edizione: l’inaugurazione è prevista per venerdì 8 ottobre, con apertura al pubblico per i 9 weekend successivi, da sabato 9 ottobre a domenica 5 dicembre.

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L’unicità del nuovo KIKU Apple Gin Le distillerie Roner, dopo due anni di studio, lanciano sul mercato un London Dry Gin ottenuto dalla distillazione della mela KIKU dell’Alto Adige.

Le distillerie Roner hanno annunciato il lancio sul mercato di un prodotto molto speciale: si tratta di KIKU Apple Gin. Ottenuto dalla distillazione delle mele KIKU, una varietà che cresce ai piedi delle Dolimiti e che a maturazione completa sviluppa un cuore particolarmente dolce che richiama il miele, questo gin si affianca ai tanti distillati prodotti da Roner e in modo particolare al gin Z44.

La sua particolarità sta nel fatto di essere unico al mondo: l’idea di distillare la mela con il metodo London Dry, che non consente l’aggiunta di aromi in quanto sapori e profumi possono essere ottenuti unicamente dalla macerazione di tutti i suoi ingredienti, è infatti stata messa a punto dopo due anni di studio e lavoro del mastro distillatore. Tra le botaniche utilizzate c’è una mix di erbe mediterranee ed alpine che vanno dal ginepro appena colto, alla lavanda o alla cannella. Tutte queste sono in grado di esaltare la mela ed il risultato è sorprendente: il suo gusto esotico, accompagnato dalla dolcezza, suscita infatti emozioni mai provate prima.

Il prodotto, imbottigliato nel formato 0,5 l e completo di astuccio regalo, è in vendita anche sull’ecommerce www.roner.com/it/shop al prezzo di 41,50 euro.

SCHEDA PRODOTTO KIKU APPLE GIN Tipologia: London Dry Gin | Provenienza: Alto Adige, Italia Gradazione: 42% vol. | Contenuto: 0,5 l Profumo: dolce, fresco, fruttato, ricco di sfumature (si va dal profumo delicato del miele a note più decise) grazie al gusto di una mela KIKU completamente matura Gusto: intenso, rotondo, molto morbido da bere e persistente. Le botaniche sono in armonia tra loro e sono bilanciate con il gusto della mela Colore: brillante, limpido, cristallino Accostamento gastronomico: maggiorana, anatra arrosto, noci, uva e noce moscata Abbinamenti: questo London Dry può essere gustato puro, dato il suo forte carattere, oppure in miscelazione per un gin tonic utilizzando la “Tyrol Tonic” per un gusto 100% altoatesino.

Press Office: EZIO ZIGLIANI | ezio@eziozigliani.com | +39 030.8140097 | +39 3347579711 Distillerie Roner | Via Zallinger, 44 | 39040 Termeno BZ | www.roner.com

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Riserva San Massimo

biodiversità e salvaguardia delle colture A cura di Paolo Alciati

Circondato da una natura incontaminata e lontano da strade di passaggio, il territorio agricolo della Riserva San Massimo dà vita a tre varietà di riso di altissima qualità la cui coltivazione avviene esclusivamente all’interno della Riserva: il Riso Carnaroli Autentico, sia classico sia integrale, il Rosa Marchetti e il Vialone Nano e, per garantire sempre un prodotto di eccellenza, seleziona solo le migliori sementi certificate 100% Carnaroli. È evidente al primo assaggio la differenza tra quest’ultimo riso e varietà succedanee quali Karnak, Carnise e Carnise precoce, che possono a loro volta essere vendute con denominazione di vendita “Carnaroli”.

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er questo motivo il Carnaroli Autentico di Riserva San Massimo verrà utilizzato nella nuova edizione di MasterChef Italia, in onda da metà dicembre su Sky. Il loro riso, prodotto d’eccellenza per la preparazione dei risotti, sarà presente nella dispensa del cooking show più amato d’Italia e protagonista di alcune sfide in MasterClass. L’Azienda Agricola ha fatto una scelta di qualità: coltivare solo Carnaroli in purezza in un territorio di circa 100 ettari, nonostante i tempi di maturazione di questo riso siano i più lunghi in assoluto – il ciclo vegetativo dura circa 165 giorni – e i rischi di produzione molti. Il terreno che ospita l’Azienda Agricola San Massimo – un’ansa del fiume Ticino che nel corso degli anni ha modificato il suo percorso – si è rivelato di straordinaria fertilità. In tutta l’area si ritrova la presenza di un substrato torboso molto ricco, composto da resti vegetali e microorganismi che, a causa dell’acidità mantenuta dall’acqua, non si decompongono completamente, rendendolo così fecondo e consentendo di concimare poco i terreni, utilizzando ad integrazione, solo in alcuni casi, sostanze organiche (vinacce, sovesci e altre materie vegetali). L’essenziale protezione della biodiversità e la salvaguardia delle colture tradizionali all’interno della Riserva San Massimo sono testimonianza del rispetto delle misure conservative proposte dalle politiche agricole comunitarie e della scelta impegnativa ma gratificante della famiglia Antonello – da decenni proprietaria della Riserva – che si è dedicata a tutelare la bellezza del luogo ed a sostenere le coltivazioni autoctone.

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Ma non è solamente l’habitat in cui cresce questo riso a renderlo unico. Per garantire un prodotto di eccellenza, molta attenzione è dedicata a tutte le fasi di lavorazione: il processo di produzione, dalla trebbiatura al confezionamento, avviene ancora in modo artigianale. Ciò permette al riso di mantenere integri il sapore, la fragranza e tutte le qualità organolettiche acquisite durante la crescita in questo habitat assolutamente naturale.

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Raggiunta la giusta maturazione, il risone (il riso grezzo non ancora pilato) viene raccolto e subito essiccato in cascina, a basse temperature. La Riserva San Massimo, infatti, nonostante la normativa permetta ancora di essiccare il riso a gasolio, a fiamma diretta – con i fumi che raggiungono il chicco, lasciando residui e modificandone il sapore – essicca a gas metano, grazie a uno scambiatore termico che evita il contatto tra esalazioni e chicchi di riso. Oltre a garantire la salubrità del riso, questo metodo di essiccazione rende possibile l’utilizzo di temperature moderate, che mantengono integro e compatto ogni singolo chicco. All’interno della Riserva, un elemento naturale – l’acqua – è vera e propria linfa vitale: la Riserva si trova all’interno della Valle del Ticino, una realtà estremamente rara dal punto di vista paesaggistico. Il fiume che le dà il nome infatti è uno dei pochi corsi d’acqua di pianura ancora in grado di “divagare”, cioè modificare il proprio percorso dando vita a piccole diramazioni, lanche, stagni e tantissime “zone umide” temporanee. Inoltre, il territorio è ricco di risorgive: dai ghiacciai delle Alpi, attraversando terreni di natura molto diversa, l’acqua emerge in superficie costretta dall’incontro con le terre impermeabili della bassa pianura Padana. Nella Riserva le polle, le risorgive, sono numerose e l’acqua sgorga purissima, limpida e ricca di sali minerali con temperatura costante (9°-12°) e una portata sufficiente a mantenere in vita in ogni stagione il substrato vegetativo presente all’interno delle aree boschive. Quest’acqua, che si arricchisce delle sostanze organiche che incontra attraversando i 400 ettari di foresta e il ricco terreno torboso, finisce la sua corsa allagando le risaie in modo

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naturale permettendo quindi di godere di una totale autosufficienza idrica approvvigionando direttamente tutti i campi, sempre ugualmente pura e ricca di sostanze organiche.

ecologiche, faunistiche, botaniche e, più nello specifico, per l’alta diversità strutturale del suo soprassuolo e la complessità delle funzioni biologiche cui adempie.

L’inesauribile riserva d’acqua di cui gode l’Azienda, permette a molte specie animali di portare a termine il proprio ciclo vitale anche in casi di siccità e garantisce la presenza di tantissime rane nei campi, che contrastano in modo naturale il punteruolo d’acqua, un coleottero che si nutre delle radici del riso.

Tutto questo grande e suggestivo ecosistema forestale e i campi che lo circondano è stato dichiarato Sito di Interesse Comunitario nel 2004 e successivamente Zona di Protezione Speciale.

I fontanili, inoltre, garantiscono la vitalità e la mobilità di specie ittiche, anfibie, insetti e uccelli, sia nidificanti sia svernanti.

La scelta della Comunità Europea di tutelare questo luogo ben si sposa con la salvaguardia della biodiversità che da anni è compiuta dalla proprietà, la quale dedica attenzioni costanti, tempo e ricerche al miglioramento del contesto ambientale nel suo insieme.

Nel punto di incontro tra terreno permeabile e impermeabile, fra alta e bassa pianura, l’acqua sotterranea riaffiora dando vita alle cosiddette risorgive. Questi punti di emersione vengono comunemente chiamati sorgenti, se la “venuta a giorno” dell’acqua capita in corrispondenza di scarpate, oppure polle se l’affioramento si trova a livello del piano di campagna. I fontanili devono invece la loro origine all’intervento dell’uomo. Sono vasche di raccolta d’acqua realizzate nel terreno, generalmente a scopo irriguo, scavando in prossimità delle falde acquifere non affioranti oppure progettate sfruttando come punto di partenza una risorgiva esistente. Quello che colpisce nella varietà del paesaggio della Riserva San Massimo, è l’imponenza della foresta naturale che si sviluppa senza soluzione di continuità per circa quattrocento ettari. Ontani neri, querce, pioppi e salici crescono a ridosso dell’antico terrazzo fluviale del Ticino, su un terreno solcato da fossi, lanche e paludi. Si tratta di una foresta igrofila, un “unicum” su scala internazionale per caratteristiche

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Da più di 10 anni sono piantumati oltre 80 km lineari di alberi da frutto a maturazione differenziata – meli, peri, pruni, ciliegi, albicocchi – che crescono in modo completamente naturale, lungo i sentieri e i bordi dei campi coltivati, i cui frutti non vengono raccolti arricchendo quindi il terreno di sostanze nutrienti naturali e incrementando le risorse alimentari per i molti animali selvatici della Riserva e per gli uccelli migratori che ogni anno transitano sulla Pianura Padana.

La riserva, grazia alla sua biodiversità, è il contesto ideale per la produzione biologica di miele di acacia e millefiori. Il processo è totalmente naturale e le api non vengono sfruttate: il miele di edera viene lasciato nelle arnie affinché se ne nutrano durante l’inverno e solo un 70% di quello d’acacia e millefiori viene prelevato. Riserva San Massimo sta lavorando a livello agroambientale su alcuni obiettivi: dal mantenimento delle attività agricole – sia per il loro valore di memoria materiale e storico-culturale sia per le ricadute positive che l’attività agricola a basso impatto determina a livello ambientale e faunistico – al consolidamento di una attività volta a conservare la preziosa diversità forestale per il miglioramento della diversità ecologica e faunistica e anche per un aumento della decomposizione della materia organica naturale che trasferisce al terreno sostanze nutrienti quali funghi e microorganismi per favorire un accrescimento sano della pianta migliorando la durezza del chicco. In questa alternanza ambientale – unica nel suo genere – la fauna selvatica trova condizioni ideali per compiere il proprio ciclo vitale, soddisfacendo tutti i bisogni in quello stato di

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naturale libertà che la caratterizza, cioè senza dipendere dalla gestione umana diretta: il tasso, il riccio, la volpe, la lepre, la puzzola, la faina, lo scoiattolo, il daino, il capriolo e la martora sono di casa. Nel cuore del bosco umido di ontani è inoltre presente una delle colonie di aironi nidificanti più importante d’Italia e durante la primavera, immergendosi nella foresta, è possibile ascoltare un vasto campionario di repertori canori attribuibili a oltre 50 specie di uccelli nidificanti e anche alcuni rapaci. Tutto l’anno, invece, nelle acque che nutrono il terreno dell’Azienda Agricola, è possibile riconoscere – ma non pescare – trote, anguille e altri pesci d’acqua dolce. La Riserva San Massimo è meta abituale di escursioni didattico-pratiche per studenti dell’Università di Pavia impegnati nei corsi di laurea in Biologia e Scienze Naturali. Info: www.riservasanmassimo.net


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LA RICETTA Riso Carnaroli alla Milanese con Midollo

Ingredienti per 4 persone

Preparazione

Riso Autentico carnaroli 300g

Brodo di carne di vitello

1 bustina di zafferano in polvere

Zafferano in pistilli (Spagnolo o Italiano) 2g

Facciamo scaldare l’olio extravergine in padella e rosoliamo uno scalogno tagliato a metà, una volta rosolato lo scalogno, lo togliamo stando ben attenti di non lasciare nessun pezzettino in padella.

Formaggio grana grattugiato 80g

Burro di malga 30g

Midollo cotto nel brodo 30g

1 scalogno

Olio extravergine d’oliva

Aggiungiamo Il Riso Carnaroli della Riserva San Massimo e tostiamolo fino a quando sarà traslucido, a questo punto si deve cominciare la cottura con il brodo un po’ alla volta e si aggiunge anche lo zafferano (in polvere e in pistilli). A cottura ultimata si deve mantecare il risotto con formaggio grana grattugiato e burro. Ora si possono preparare i piatti che decoreremo con tre fettine di midollo al centro del risotto, e qualche pistillo di zafferano intorno al piatto.

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Bevi responsabilmente

OGNI PROSECCO DOC È IL FRUTTO DI GRANDE PASSIONE, SAPERI E CREATIVITÀ. MA SOLO SE HA ORIGINE QUI.

SOLO PROSECCO DOC ORIGINALE HA IL CONTRASSEGNO. Quando brindate, siate originali: scegliete il vero Prosecco DOC, solo quello in bottiglia, proveniente dal territorio unico delle nove province di Veneto e Friuli Venezia Giulia, la Dreamland. Lo riconoscete dalla bottiglia col contrassegno sul collarino. E dal suo gusto inconfondibile.

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Green Pea Retail Park a Torino Lingotto L’apertura di Green Pea a Torino: 15.000 m² di prodotti sostenibili e rispettosi della terra, dell’aria, dell’acqua e delle persone.

A cura di Redazione Centrale TDG

Green Pea, primo Green Retail Park al mondo dedicato al tema del Rispetto, ha aperto il 9 dicembre a Torino, di fianco al primo Eataly aperto nel 2007 al Lingotto. Green Pea, ovvero pisello verde.

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“Questo piccolo legume è il simbolo del Rispetto rotondo come la Terra e verde come dovrebbe essere il nostro Pianeta. Negli anni ’20 deve diventare cool, comportarsi bene e il Pea Dot vuole essere il simbolo di questa inversione di rotta nella produzione e nel consumo. È un’assoluta priorità: dobbiamo smettere di consumare o consumare con Rispetto. Green Pea risponde con un’idea: è il momento di valorizzare il lato bello e piacevole del buon comportamento nel Rispetto della Natura”. Francesco Farinetti, Presidente e AD di Green Pea

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È il terzo progetto imprenditoriale della famiglia Farinetti dopo UniEuro e Eataly.

Un Green Retail Park di 5 piani con oltre 100 partner

Il pensiero fondante è “From duty to beauty” (Dal dovere al piacere): 15.000 m² su 5 piani, dedicati a cambiare il rapporto con l’energia, il movimento, la casa, l’abbigliamento e il tempo libero.

Il piano 3 è il luogo dedicato alla Bellezza: le migliori firme italiane dell’abbigliamento – Ermenegildo Zegna, Brunello Cucinelli, Herno e SEASE – proporranno concept store dedicati a Green Pea. Parallelamente, cosmesi, libri, cultura e cibo, insieme: da un nuovo format di Sartoria Cosmetica con Allegro Natura a un Bistrot Pop – 100 Vini e Affini – bistrot di nuova concezione, vero e proprio laboratorio di ricerca che punta ad aprire frontiere inesplorate nel campo della liquoristica, della birra, della miscelazione e della proposta gastronomica in collaborazione con Fontanafredda e Affini e a un ristorante stellato – Casa Vicina – gestito dalla famiglia Vicina (di cui parliamo in un articolo a parte).

Il piano 4 ospita un esclusivo ma inclusivo Club sul Rooftop dedicato all’Ozio Creativo, con l’alkemy Spa, Cocktail Bar e la prima infinity pool di Torino affacciata sull’arco alpino: l’Otium Pea Club, curato da To Be.

I partner sono oltre un centinaio e su ogni prodotto in vendita è apposto simbolicamente un pisello verde. L’offerta è suddivisa a tema sui 5 piani dell’edificio: Life, Home, Fashion, Beauty e Otium Pea Club. •

Il piano 0 è dedicato al tema Life: proposte dei Main Partners FCA, Iren, Enel X, TIM, UniCredit, Mastercard, FPT Industrial e, come Partner tecnologico, Samsung. E poi il Green Pea Discovery Museum, la Cit tà di Torino, Smat, Argo e la Lavanderia Naturale Iride.

Il piano 1 è dedicato al tema Home: oltre 40 Partner tra i quali Whirlpool, Valcucine, Roda, Gervasoni, Riva 1920, Pianca, Rubelli, Artemide, Driade e FontanaArte, sotto la guida del Home Brand Director Pierangelo De Poli.

Il piano 2 è dedicato al Fashion: i migliori marchi della moda sostenibile italiana e internazionale tra i quali Borbonese, Timberland, PT Torino, Patagonia, ESEMPLARE, oscalito1936, Drumohr, Giampaolo, Ecoalf, North Sails, Dedicated e Ortigni sotto la guida del Fashion Brand Director Roberto Orecchia. E poi sartoria del passato e del futuro, con la avatar factory Igoodi.

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Green Pea è stato creato come luogo di “bellezza e di rispetto” per dare vita a un nuovo modo di consumare: con ogni acquisto si può diventare parte del cambiamento. Sono state create esperienze, ideati eventi e messi a disposizione tutti i servizi necessari per permettere di rendersi conto della bellezza del vivere Green: • 66 negozi • Un museo • 3 luoghi di ristorazione • Una piscina • Una spa • Un club dedicato all’Ozio Creativo.

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In totale, 72 luoghi di Bellezza e Rispetto in cui scoprire prodotti studiati per durare a lungo e che, giunti a fine vita, si possano riutilizzare o riciclare, perché Green Pea è convinta che la lunga durata dei prodotti sia uno degli aspetti fondamentali del tema della sostenibilità, concetto legato a un’idea molto antica: il tempo. È un concetto che ci parla di “quanto a lungo può durare” qualcosa. L’origine della parola nasce in riferimento a uno dei pedali del pianoforte, che in inglese si chiama sustain, quello che serve per allungare le note, per farle durare nel tempo. La struttura di Green Pea è stata progettata come un elemento innovativo e resiliente, sostenibile in ogni suo dettaglio, in modo da permettere all’edificio di respirare e far respirare, in armonia con l’essere umano e con gli elementi naturali.

che garantiscono alta efficienza e riduzione delle emissioni di CO2 in atmosfera. L’edificio è infatti alimentato tramite pozzi geotermici, pannelli fotovoltaici e solari, elementi per la captazione di energia eolica e per il recupero dell’energia cinetica. Queste soluzioni energetiche, che hanno portato Green Pea ad una certificazione ITACA con punteggio superiore a 3, sono rese accoglienti e parlanti dall’intero edificio. Se si vuole approfondire, nel Green Pea Discovery Museum, che accoglie tutti i visitatori di Green Pea, si trovano percorsi adatti a tutte le età per scoprire il funzionamento di queste tecnologie nel modo più efficace: attraverso esempi da toccare con mano.

Un edificio che invita le persone alla scoperta del mondo della sostenibilità, dimostrandone la bellezza. “Visitare Green Pea – afferma Francesco Farinetti – è un po’ come camminare nel nostro Manifesto, attorniati da più di 2.000 alberi, piante e arbusti e una struttura avveniristica che è essa stessa il manifesto di Green Pea. L’abbiamo prima immaginato e successivamente costruito come l’edificio più sostenibile e più bello possibile, per una continua ricerca di bellezza e anche per uno scopo pratico: riuscire a trasmettere i valori in cui crediamo rendendoli tangibili e accoglienti per le persone, con l’obiettivo di rendere concrete queste parole: from duty to beauty”. Progettato secondo i concetti fondamentali della sostenibilità e del rispetto anche nelle parti più tecniche dell’edificio, il building Green Pea dimostra l’efficacia della produzione di energia attraverso l’impiego di fonti rinnovabili

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“Riteniamo che, in un modello sociale basato sui consumi, occorra indirizzare il commercio verso valori utili al benessere vero, il quale può esistere solo se in equilibrio con gli altri umani. Lo scenario non è complicato da leggere. Il problema principale consiste nella compatibilità tra le attività volte al miglioramento della vita e la salute del pianeta. Il 90% degli scienziati ci dice che il nostro modo di consumare è diventato incompatibile: da un lato produciamo energia immettendo nell’atmosfera una quantità di CO2 eccessiva che altera il clima, da un altro lato costruiamo oggetti e produciamo cibo inquinando terra, acqua e aria, da un altro ancora non smaltiamo i rifiuti in modo corretto, infine sopprimiamo alberi. Quando il 90% degli scienziati dice una cosa normalmente ci azzecca. È giunto il momento di modificare il nostro modo di consumare. Green Pea nasce per questo, si pone l’obiettivo di dimostrare che vi è la possibilità, subito, di vivere in armonia con il pianeta senza rinunciare al bello. Poiché ci sembra di aver raggiunto questo scopo già con Eataly per quanto riguarda il cibo, dunque l’agricoltura, ora ci proviamo con le altre principali attività di consumo: muoversi, abitare, vestirsi e poi stare puliti, in forma e sapienti. È un progetto nuovo, dunque incominciamo da Torino, la città italiana che inventa… da sempre”.

Oscar Farinetti, fondatore di Eataly e Green Pea

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La Ristorazione da Green Pea

Il ristorante “Casa Vicina”, 118 anni di storia e una stella Michelin, è il fulcro e la colonna portante di tutta l’offerta gastronomica calda del progetto “Green Pea”. Si tratta di una nuova sfida per la Famiglia Vicina ristoratori da ben 5 generazioni. Il ristorante si trova al 3° piano con vista sulla collina di Torino, su una superficie di circa 300 mq tra sala ristorante – strutturata su due aree, la principale da 50 posti e la sala privata RiVal da 20 – e cucina. L’ambiente molto luminoso, è stato studiato per trasmettere agli ospiti la filosofia di rispetto e integrazione dell’uomo con la natura e la messa a valore della “cultura” e della “poesia” e, dalla primavera all’autunno, è a disposizione anche un dehors esterno. La cucina, luogo creativo per eccellenza, è “a vista” sulla sala principale. Diverse le nuove proposte gourmet che si affiancano ai piatti iconici. “Sono sempre alla ricerca di stimoli nuovi e accattivanti che diano ulteriore verve e carattere ai piatti. In questi mesi con il mio team abbiamo elaborato proposte inedite da mettere in menù che esprimono la nostra visione “green” della cucina. Non mancano comunque i piatti classici come la Bagna Caoda da bere, il tonno di coniglio e le ricette “di famiglia” alle quali riserviamo sempre un posto d’onore.” commenta lo Chef Claudio Vicina.

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Le nuove ricette

Tra le nuove ricette vi sono • La “Zuppetta di piselli e ragù di mare” un omaggio a Green Pea sia per la cromia a predominanza verde sia per la scelta della verdura, ovvero il pisello. • Un richiamo alla bagna cauda da bere con emulsione di verdura abbinata ad un ragù di mare (cozze, seppioline, gamberi e polipo), • “La mia finanziera” implementazione della scaloppa o della piccata alla finanziera con i piselli frullati e sferificati come variante alla classica verdura di accostamento. • Per concludere con i “Profiteroles come vuoi tu” ulteriore rivisitazione a livello internazionale della storica “bignola” torinese. Si tratta di profiteroles espressi ripieni di una crema chantilly ai quali è possibile aggiungere a proprio piacere alcune salse (fondente amaro, nocciola, cioccolato al latte e pistacchio).

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Gli ospiti potranno scegliere tra tre menù – alla carta, degustazione, gastronomico – per sperimentare diverse esperienze culinarie che spaziano dai piatti della tradizione piemontese ad alcune tipicità internazionali riviste in chiave contemporanea. La carta dei vini racchiude un’accurata selezione di proposte italiane e internazionali, effettuata da Stefano Vicina, Sommelier e Maître di Sala, e particolare attenzione è stata posta nella scelta dei vini biologici e in conversione. Le oltre 700 bottiglie sono esposte nella bella cantina a vista posizionata all’ingresso del ristorante.


Per prenotazioni a Casa Vicina al Green Pea ristorante@casavicina.com casavicina.com +39 011 6640140 | WhatsApp: +39 340 4212 590

Green Pea

Via Nizza, 230, 10126 Torino (TO)

@greenpeaofficial @greenpeaofficial

@casavicina @casavicina

ph: Fabio Oggero

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TuttoTravel 120 È Barolo la Città Italiana del Vino 2021

128 Samarcanda, la città

raccontata nei viaggio di generazioni di esploratori e viaggiatori

142 L’Arcipelago delle Isole Pelagie

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Cucina di lago nel Trasimeno umbro

162 Un belvedere sulla storia, il percorso di Unamuno a Gran Canaria

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Il turismo attivo in Italia, Umbria

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BAROLO Città del vino 2021 Una sfida culturale e ambientale per la prima “Capitale della Cultura Enologica” del Belpaese

A cura di Redazione Centrale TDG

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n nuovo concorso tra Città del Vino con uno sguardo al domani e alla ripresa economica ed enoturistica, duramente colpita dal Covid 19, per tutto l’anno mostre d’arte contemporanea nelle cantine, gemellaggi internazionali, convention, seminari e tanto altro. Con il Patrocinio del Ministero per le Politiche Agricole Alimentari e Forestali. Il riconoscimento di “Città Italiana del Vino 2021” è stata assegnato sabato 7 novembre, a Barolo (Cuneo).

(Fi), Taurasi (Av) e Tollo (Ch). A Duino Aurisina e Montepulciano, la commissione ha riconosciuto però una menzione speciale per la validità del progetto culturale che sostenuto le rispettive candidature. Il programma vincitore di Barolo, che prevede vari eventi come mostre, seminari, Lectio magistralis, installazioni artistiche e tanto altro, è stato sviluppato dal Comune in collaborazione con la Barolo&Castle Foundation, che è anche il braccio esecutivo del calendario di appuntamenti della Città Italiana del Vino 2021.

Insieme al Comune delle Langhe gareggiavano per il titolo i territori di Bianco (Rc), Duino Aurisina (Ts), Montepulciano (Si), Montespertoli

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"Siamo molto contenti che sia stato premiato il nostro dossier e lo sforzo di coinvolgimento del territorio e delle istituzioni locali e regionali, che ci supporteranno nel programma di appuntamenti ed eventi previsti per il 2021. Il 2020 è stato un anno molto difficile e crediamo che questa iniziativa sia un forte messaggio di speranza e ripartenza" Renata Bianco, sindaca di Barolo

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“Questo concorso tra i Comuni a vocazione vitivinicola ed enoturistica intende mettere in risalto l’influenza della cultura del vino nella società, nel paesaggio, nella cultura e nell’economia locale – sottolinea il Presidente di Città del Vino, Floriano Zambon -. È un’occasione per promuovere modelli virtuosi di gestione del territorio e valori culturali e di sostenibilità che da sempre contraddistinguono la nostra Associazione.

Convention d’Autunno delle Città del Vino; ma anche mostre d’arte contemporanea in alcune cantine del Barolo, in collaborazione con Artissima, la principale fiera italiana di settore. E naturalmente, se la situazione sanitaria lo consentirà, grandi degustazioni di Barolo. Il programma sarà pubblicato nei prossimi giorni sul sito internet ufficiale, in fase di realizzazione.

Insignire Barolo del titolo di Città Italiana del Vino 2021 è un riconoscimento del lavoro e dell’impegno di un Comune che ha saputo valorizzare il legame del territorio con il vino e l’enoturismo, al centro di un’area, le Langhe, che è anche Patrimonio Unesco”. Barolo & Castles Foundation e in particolare il WiMu-Museo del Vino di Barolo (gestito dalla Fondazione) sono gli organi tecnici che supervisioneranno un articolato programma d’iniziative che mette a sistema tanti enti e istituzioni locali: l’Unione dei Comuni “Colline di Langa e del Barolo”, l’Ente Turismo Langhe Monferrato Roero, il Consorzio di Tutela Barolo Barbaresco Alba Langhe e Dogliani, la Strada del Barolo e grandi vini di Langa, l’Enoteca Regionale del Barolo, Slow Food, ma anche Artissima, la Film Commission Torino Piemonte, Opera Barolo, l’Associazione Culturale Castello di Perno, la Fondazione Bottari Lattes; il tutto con il sostegno della Regione Piemonte. Complessivamente sono previste 24 grandi iniziative nell’ambito del programma di “Barolo Città Italiana del Vino 2021”. Tra queste, per i temi della “memoria” e della “comunità”, la Hall of Fame, cioè la cerimonia d’ingresso nel Museo del Vino delle grandi personalità del vino italiano. Inoltre gemellaggi internazionali tra realtà museali e territori del vino; iniziative di avvicinamento tra campagne e città; la

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“Il tema di fondo della candidatura è un grande viaggio tra tradizione e modernità, che racchiude l’anima stessa del Barolo, un vino dalla storia antica che ha saputo rinnovarsi e aprirsi al mondo." Tiziano Gaia, referente della Fondazione Barolo&Castle e del comitato tecnico scientifico del WiMu Museo del Vino Sarà una sorta di viaggio nel tempo attraverso riti e feste tradizionali, stagionalità e recupero della memoria dei personaggi che hanno fatto la storia del vino. In questo lavoro di ricerca e approfondimento saremo accompagnati da antropologi e storici, ma non mancheranno i tributi ai grandi scrittori del territorio, Pavese e Fenoglio su tutti, intorno ai quali costruire un percorso di valorizzazione dei luoghi raccontati nelle loro opere, nelle quali il vino e la cultura contadina avevano un’importanza centrale”. “È stato difficile giungere alla scelta finale – conclude il presidente di Città del Vino, Floriano Zambon – a conferma della validità dei dossier presentati dai sette Comuni. Abbiamo comunque colto gli obiettivi che avevamo con l’avvio di questa prima edizione: mettere in risalto la cultura enologica ed enoturistica di un territorio, la sua influenza nella società e nell’economia locale; inoltre vogliamo promuovere quelle buone pratiche che valorizzano la biodiversità, la tutela dell’ambiente e che possano portare benefici permanenti in termini di servizi, infrastrutture, eventi”. Secondo lo spirito per cui è stato ideato dall’Associazione Città del Vino il concorso della “Città Italiana del Vino” tra i progetti e i territori deve fare da stimolo per le comunità locali, incoraggiare la partecipazione attiva dei cittadini, delle categorie sociali ed economiche e del volontariato, con uno sguardo oltre i propri confini, consolidando legami con altri territori vitivinicoli italiani.

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SAMARCANDA La cittĂ raccontata nei viaggio di generazioni di esploratori e viaggiatori A cura di Jimmy Pessina

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L’Uzbekistan? E dov’è?

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ra questa la domanda che più di frequente mi sentivo rivolgere quando parlavo del mio prossimo viaggio e c’era sempre qualche spiritoso che quanto cominciavo a spiegare che era la nazione dove si trova la mitica Samarcanda, la città raccontata nei diari di viaggio di generazioni di esploratori e viaggiatori, mi sorrideva dicendo “Ah, allora esiste davvero? Non è solo in una canzone di Vecchioni?”. Eppure, per me Samarcanda, è sempre stata una località speciale, che evocava i racconti delle “Mille e una notte” letti da bambino, silenzi infiniti del deserto, profumi d’oriente, storie di carovane lungo la via della seta, immagini di tappeti, di odalische, di palazzi principeschi, sempre in bilico tra leggenda e realtà. Un viaggio in Uzbekistan è bellissimo, soprattutto perché si tratta di una meta “esotica” ma non lontanissima: un viaggio fattibile senza troppi problemi, il periodo migliore per visitare il Paese è da febbraio a giugno, gli hotel abbastanza buoni e soprattutto molto cordiale la popolazione locale. L’Uzbekistan, si è aperto recentemente al turismo con itinerari di grandissimo interesse storico fino a poco tempo fa sotto l’egida sovietica, uno di questi è appunto l’Uzbekistan, Repubblica del Centro Asia con circa 28.000.000 di abitanti. Una rapida evoluzione è comunque in atto nel Paese, aiutata quest’ultima dall’entusiasmo ed energia della sua giovanissima popolazione che, quasi per il 50% è sotto i 20 anni.

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TASKENT Territorio molto vario, presenta zone desertiche e zone rese fertili dalle grandi opere di irrigazione del XX sec. che prelevano l’acqua dal lago d’Aral. Ricco di materie prime, tra le quali gas, greggio, carbone, giacimenti di oro, rame e minerali ferrosi, è purtroppo ancora privo della tecnologia per raffinare tali risorse in quanto esse erano, fino a poco fa, sotto totale controllo russo. Ora iniziamo in nostro viaggio dalla capitale della Repubblica Uzbeka: Taskent. Dopo anni di ateismo, primeggia nel paese la religione islamica, in ogni caso affatto integralista, tant’è che solo pochissime moschee sono attualmente luoghi di culto o scuole craniche, ma diventate musei o negozi. Gli uzbeki sono generalmente molto cordiali e disponibili verso gli ospiti, imparano velocemente le lingue straniere, per cui non è inusuale sentirsi rivolgere la parola in italiano. Amano farsi ritrarre, talora si mettono in posa davanti la macchina fotografica esibendo smaglianti sorrisi dai denti d’oro, che sembrano essere un vanto nazionale in quanto ne sono ben forniti anche i giovanissimi. Veniamo al nostro viaggio iniziando dalla capitale: Tashkent, ha oltre 2000 anni di storia, ma che nel 1966 la città fu rasa al suolo da un terremoto ed è stata ricostruita ex novo per farne una città modello sovietica. Abbondano quindi squadrati edifici in cemento, ampi viali, giardini dove un tempo dominavano statue di Lenin e Marx oggi rimosse e sostituite da quelle di Tamerlano. Da vedere la madrasa di Kukeldash recentemente restaurata con il contributo di

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vari paesi islamici, una cosa che avrò modo di notare più volte nel corso del viaggio dove in varie città avrei trovato edifici religiosi costruiti o restaurati dopo il crollo dell’Unione Sovietica con il sostegno finanziario di Sauditi o altri paesi islamici, come la piccola moschea Jami utilizzata in epoca sovietica come officina per la lavorazione di lamiere e oggi nuovamente aperta al culto Samarcanda.


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Il nome di questa città rievoca sicuramente i miti legati alla leggendaria Via della Seta. Il suo solo nome ci fa fare un balzo nel passato, al tempo in cui le carovane percorrevano la via della seta, trasportando in Europa i tesori del lontano Katai. Considerata storico crocevia di popoli e di merci, Samarcanda innalza verso il cielo turchino le sue moschee, madrase e mausolei che luccicano di smalti turchesi e azzurri. Nel Mausoleo Gur-Emir un riverente silenzio è d’obbligo dinnanzi al sarcofago in porfido nero di Amir Timur, (Tamerlano), uno dei massimi conquistatori del passato, che estese il suo impero all’Europa e all’India.

Da non perdere la Necropoli di Shakizinda, gioiello dei XV – XVI secolo, dalla bellezza mozzafiato, soprattutto all’ora del tramonto, quando il sole fa splendere le sue cupole turchine. È il primo sito uzbeko ad essere iscritto nel 1990 nel patrimonio dell’Umanità dell’UNESCO ed è formata da due città separate da una doppia cinta di mura. Luogo incantato risalente ad oltre 2.500 anni fa, è situato in posizione strategica, perché dai suoi torrioni si controllavano le vie carovaniere tra il Volga e l’Asia centrale e rappresentava inoltre l’ultima sosta prima del deserto iraniano.

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Attirato dalle esplorazioni archeologiche e visitato i Mausolei e moschee, ma ero a Samarcanda ed entrai in un bazar, quello di Siab, forse il principale e più brulicante, che si stende ancora oggi nei dintorni della moschea di Bibi Khanum, dove si trova di tutto, abbigliamento, pezzi meccanici, utensili oggetti per la casa anche se io continuavo a vedere con gli occhi delle mie letture stoffe e mercanzie in vendita all’epoca dei Khan.


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Khiva, che si raggiunge con un volo interno di poco più di un’ora da Tashkent. Questa è la meglio conservata tra le città della Via della Seta. Molto bella è la moschea Djumala. A Khiva il tempo sembra essersi fermato. Imponenti mura racchiudono 50 monumenti e moschee con cupole e minareti dai raffinati ricami, altri 250 tra abitazioni e palazzi nobiliari rivaleggiano con esse per grazia e leggiadria. L’azzurro delle ceramiche si alterna al bruno dei mattoni cotti, è veramente uno spettacolo unico! Bukara è come una favola scritta su di una pergamena che si srotola riga dopo riga sotto i nostri occhi. Inizia dalla Lyabi-Hauz, romantica piazzetta delimitata da scuole coraniche e formata da un piccolo lago. Nella luce del tramonto le forme nere e contorte dei gelsi millenari gettano ombre misteriose sull’acqua dorata. Prosegue in una vera caverna di Alì Babà, colma di autentiche meraviglie: per una volta in un bazar orientale le cianfrusaglie sono soffocate dalla bellezza. La seta fresca e variopinta dei ricami delle “suzanne” butta raggi di luce tra le ombre dei vicoli.

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È ricca di pregevoli monumenti di grande interesse storico/artistico: la possente Fortezza Ark, vera città nella città, le varie moschee e, persa in un labirinto di viuzze, la madrasa Chor-minor, unica parte sopravvissuta di un complesso più grande, e dall’architettura molto originale. La pergamena si srotola ancora e percorrendo una strada soleggiata e polverosa si intravvede la sagoma di una straordinaria cupola blu che si confonde con il cielo. Ammutoliamo perché ad ogni passo sfolgora una nuova cupola o l’arco di un portico con tutti i colori del mondo, finché la piazza del Minareto Kalon si rivela tutta la sua bellezza. Kalon in lingua tagika significa grande e grandi e splendidi sono piazza e minareto, tanto che nemmeno Gengis Khan ebbe il coraggio di toccarli. Dall’alto del minareto coni di luce rosata illuminano le 288 cupolette grigie e le tante luminosissime cupole blu della moschea. All’orizzonte, oltre la città, le antiche mura, si intravvede un pezzo di deserto. Nel cortile troneggia un gigantesco gelso e intorno riverberano le decorazioni ricchissime del portico. La città uzbeka è da noi conosciuta principalmente per i suoi famosissimi tappeti. Ora Bukara è una città tranquilla ma vivace, dove è possibile gustarsi il passeggio comodamente seduti nei bar all’aperto o dedicarsi allo shopping nei tanti negozietti presenti lungo le bellissime vie, tutte pedonali e pulitissime. Una vera e propria città-museo, che si raggiunge in autobus dopo aver attraversato il deserto di Kisil-Kum.

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L’ARCIPELAGO DELLE ISOLE PELAGIE La bianca Lampedusa, la nera Linosa e lo sperduto isolotto di Lampione a Raffaele De Lisio A cura di Jimmy Pessina

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Le isole di "Alto mare", significato di Pelagie in greco, sono situate a circa 200 chilometri a sud di Agrigento, tra l’isola di Malta, la Tunisia e la Libia.

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’arcipelago rappresenta il gioiello più meridionale del sistema nazionale delle aree marine protette italiane. Le Isole Pelagie racchiudono, in un unico arcipelago tesori e caratteristiche ambientali che appartengono a due continenti distinti: L’Africa e l’Europa. Quasi un ponte attraverso il bacino del Mediterraneo, esse testimoniano l’interdipendenza delle dinamiche ecologiche dalla quale non si può prescindere in nessun programma di protezione dell’ambiente. L’arcipelago comprende la grande isola, la bianca Lampedusa e due piccoli isolotti: la nera Linosa e lo sperduto isolotto di Lampione. Quest’ultimo, “abitato” solo da un faro, si immerge nel mare con pareti quasi verticali per circa 60metri di profondità ed è quindi un fondale incontaminato, vero paradiso per i subacquei che qui possono incontrare cernie aragoste, astici, corallo giallo e rosa e lo squalo grigio. Tutt’ora sede di attente politiche di tutela dell’ambiente. L’isola di Lampedusa è una tavola calcarea che termina, a nord, con un’impressionante falesia, mentre a sud la costa frastagliata e forma lunghi promontori e calette profonde che si chiudono con spiaggette di sabbia. Più vicina all’Africa che all’Italia (e, in effetti, poggia sulla piattaforma africana) è circondata da un mare spettacolare, dalle incredibili sfumature che vanno dal trasparente, al turchese, al verde smeraldo al blu.

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Gli abitanti ignorano completamente l’agricoltura, l’interno dell’isola, bianco ed ocra, pietroso ed arido, ha un aspetto desertico. Si occupano invece di pesca come testimonia l’importante flotta ancorata in una rada ben riparata. Nel 1843 l’isola apparteneva all’illustre famiglia di Lampedusa (e Giuseppe, autore del Gattopardo ne è il membro più noto), ma venne poi acquistata da re Ferdinando che vi installò un penitenziario e vi fece approdare alcuni coloni. Bellissimo è lo spettacolo che si presente agli occhi di chi, armato di maschera e pinne, naviga lungo le coste rocciose: donzelle pavonine dai colori sgargianti, scorfani, bavose sfingi (nascoste nelle piccole cavità degli scogli), stelle marine, salpe, le sottili aguglie, polpi, lepri e cetrioli di mare; spugne. Il fondale a tratti roccioso, o candido e sabbioso, si tinge improvvisamente di verde scuro. E la posidonia, la pianta acquatica chiamata anche polmone del Mediterraneo per l’ossigeno che rilascia nell’acqua, che forma vere e proprie praterie sommerse. Chi invece è dotato di bombole scopre un mare ricchissimo di coralli, spugne, madrepore, alcuni coloratissimi pesci pappagallo e, nei pressi di Capo Grecale (ma solo fino a 50 metri di profondità), le aragoste. Da non perdere il giro dell’isola in barca, è sufficiente recarsi al porto dove molte barche propongono il loro giro a prezzi contenuti. L’escursione dura normalmente tutta la giornata, con partenza intorno alle 10 e rientro verso le17. Il giro è descritto in senso orario. La costa bassa e frastagliata è ricca di insenature e calette tra cui spicca a Tabaccara, bellissima baia raggiungibile solo in barca, bagnata da un incredibile mare turchino, seguita dalla Baia dell’isola dei Conigli. Si

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giunge a Capo ponente, estremità occidentale dell’isola il panorama si trasforma: la costa che caratterizza tutto il lato nord dell’isola è un’alta parete scoscesa che si affaccia al mare con numerose e suggestive grotte.


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Subito oltre la bella Baia della Madonnina (così chiamata perché se ne ravvisa la forma in una roccia in alto), si incontrano gli imponenti scogli del Sacramento, di fronte l’omonima grotta molto profonda, e del Faraglione. L’estremità nord-orientale, Capo Grecale, ospita il faro, visibile fino a 60 miglia di distanza. Subito oltre Cala Pisana, la Grotta del Teschio “nasconde” una spiaggia di 15 metri di lunghezza raggiungibile attraverso un passaggio sulla destra. Dato che la strada che compie il giro completo dell’isola non è tutta asfaltata si consiglia di noleggiare dei motorini. Albero del Sole 133 metri, è il nome del punto culminante di Lampedusa. Una piccola costruzione circolare custodisce un crocifisso ligneo. Alle spalle del muretto di pietra , si gode una vista impressionante sul Faraglione, chiamato anche Scoglio vela, e sulle falesie, a strapiombo sul mare. Ritornando sui propri passi e imboccare la strada semi asfaltata, costeggiando una zona di rimboschimento della forestale. Alla fine del muretto di recinzione seguire un sentiero in terra battuta, vagamente tracciato, che porta fino a una piccola croce di ferro. A destra, un promontorio offre un’incantevole vista sullo Scoglio del Sacramento. In lontananza , sulla sinistra , l’isolotto di Lampione. Ritornando di nuovo sulla strada principale e proseguendo verso sud. Si raggiunge così l’Isola dei Conigli. L’ampia baia, coronata da bianche falesie e occupata, al centro, da un’isoletta, ospita la più bella spiaggia dell’isola. È un angolo caraibico, con una sabbia bianchissima che digrada dolcemente in un mare trasparente dai toni sfumati che vanno dal turchese allo smeraldo.

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Ogni anno, le tartarughe Caretta-Caretta vi vengono regolarmente a deporre le uova. Linosa, bella, nera di roccia lavica, staglia i profili dei suoi tre monti contro il cielo azzurrissimo. È un’isola di origini diverse, e si vede subito, i vulcani, ormai spenti, le hanno conferito un aspetto più inquietante. L’unico centro abitato, caratterizzato da graziose costruzioni dai colori pastello “profilate lungo spigoli, porte e finestre, si raccoglie intorno al piccolo porticciolo. Da qui si posso effettuare escursioni a piedi, alla conquista delle “vette”, o in barca. Orlata a scogli lavici, molto frastagliati, Linosa viene considerata un paradiso per le immersioni e per gli appassionati di “seawatching”, per la fauna e la flora.


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CUCINA DI LAGO NEL TRASIMENO UMBRO Poco esplorato, rispetto a borghi e colline della regione, il Lago Trasimeno può rappresentare una vera scoperta, naturalistica e gastronomica A cura di Franca Dell’Arciprete Scotti

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È

certamente il lago più grande dell’Italia Centrale, studiato in tutti i libri di geografia. Eppure il Lago Trasimeno non ha mai rappresentato una meta turistica di grande appeal. Sarà perché si trova in Umbria, regione che non manca di attrazioni! Tutti amiamo i cento borghi e cittadine pittoresche che costellano il territorio umbro, che ci raccontano storie medievali di silenzio, santità, miracoli. Sicuramente le prime visite in Umbria scelgono Perugia, Assisi, Gubbio, Spoleto. Solo in un secondo momento l’interesse si rivolge a mete meno conosciute e frequentate. Tra queste c’è senz’altro il Lago Trasimeno, una tale superficie acquorea da sfatare lo stereotipo dell’Umbria lontana dal mare e quindi povera di acque. Moltissime le attrazioni turistiche del Trasimeno, soprattutto per chi ama un turismo slow ed esperienziale, a contatto con la natura più autentica.

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Si può iniziare la scoperta a La Valle di San Savino di Magione, uno specchio d’acqua riconosciuto dal ’95 come Oasi naturalistica, una delle zone umide più importanti d’Europa, ideale per la pratica del birdwatching. In autunno e in primavera migliaia di aironi, gabbiani, cormorani, rondini, folaghe, provenienti dalle aree baltiche, sostano tra i canneti in cerca di cibo e riposo prima del grande balzo verso il Mediterraneo e il deserto africano. Patrimonio di inestimabile valore, il canneto è infatti l’ambiente ideale dove i pesci vanno a deporre le uova e dove, appunto, l’avifauna trova un sicuro rifugio. Tra gli indicatori di qualità c’è proprio il passaggio di rotte migratorie di centinaia di specie di uccelli: molti si fermano a nidificare, altri a svernare, altri ancora solo a rifornirsi di cibo, così che ogni stagione dell’anno permette scoperte diverse ed interessanti. E quindi, con ritmi davvero slow, è piacevole abbandonarsi a lunghe soste di osservazione con i binocoli forniti dalle guide dell’Oasi, che spiegano accuratamente abitudini e movimenti delle specie avvistate (www. oasinaturalisticalavalle.it). Un grandissimo lago come il Trasimeno ovviamente offre molte escursioni in barca alla scoperta delle isole. La bellissima isola Polvese, con i suoi suggestivi torrioni e un campanile immerso nel verde, é ricca di sentieri per un facile trekking.

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L’ISOLA MAGGIORE

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QUI IL TEMPO SI È FERMATO. E se in passato l’isola è stata frequentata dai Cavalieri Templari e San Francesco, oggi appare un’oasi appartata e sognante, perfetta per viaggi romantici.

gustosissime: tutte le variazioni di pesce persico, carpe porchettate, tinca in campione o affumicata, gamberi d’acqua dolce.

Un piccolo alloggio con poche camere, una chiesetta in alto, il palazzo del Capitano del popolo con la campanella di ordinanza, tante ceramiche colorate inserite sui muri delle case e una tradizione di bellissimi merletti irlandesi mantenuta dalle anziane signore del paese. E poi tanto verde dove perdersi, magari sulle orme dell’itinerario francescano che ricorda soste e miracoli. Per arrivare all’Isola Maggiore ci si imbarca a Tuoro del Trasimeno, dove una breve sosta ci ricorda un grande evento storico. È la battaglia del 217 a.C. in cui Annibale sconfisse i Romani presi alla sprovvista tra le colline in riva al lago, senza la possibilità di fuga. Le acque del lago e la pianura sulla costa conservano ancora, non del tutto portati alla luce, i reperti in metallo di questa epica vicenda. E poiché il servizio di traghetto ed escursioni è svolto prevalentemente dalla Cooperativa di Pescatori del Trasimeno, sarà questa l’occasione per godere le specialità gastronomiche della zona. Infatti questa, che è la cooperativa di pescatori d’acqua dolce più grande d’Europa, rifornisce pescherie e ristoranti, oltre a produrre in proprio prodotti a lunga conservazione. Ecco allora, sia sulle coste, sia nell’immediato entroterra, una grande abbondanza di ristoranti che valorizzano i pesci di lago. Sarà un’occasione proprio per assaporare specialità originali e

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Tra i ristoranti ne possiamo ricordare due per esperienza diretta.

Trasimeno Tuoro Volante Inn Il Volante Inn di Tuoro al Trasimeno offre un eccellente menu di pesce di lago: gnocchi alla tinca e uova di regina, taglierini al filetto di persico, persico alla trasimena, tegamaccio di anguilla, oltre a uno spettacolare antipasto misto di lago (www.volanteinn.it).

L’Acquario Il piÚ antico ristorante del centro storico di Castiglione del Lago, propone cucina tradizionale umbra con specialità di pesce di lago, spaziando da gamberi croccanti lardellati, a chitarrini con tinca affumicata ed erbette, a filetti di luccio con porri e mandorle (www.ristorantelacquario.it).

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I BORGHI INTORNO AL LAGO

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A cominciare dal più bello Castiglione del Lago, collocato su un promontorio della riva occidentale. Che ci offre un panorama spettacolare dal camminamento che unisce il mastio della Rocca del Leone, fatta costruire da Federico II di Svevia alle sale di palazzo Corgna. E’ questo il palazzo più importante di Castiglione, abitato dalla potente famiglia dei Corgna, imparentati con uomini d’arme e cardinali. E’ forse l’unica piccola “reggia” esistente in Umbria, con bellissime sale affrescate dal Pomarancio con soggetti mitologici. Uno dei momenti perfetti per la visita sarà il tramonto, quando il sole scende dietro i merli e la superficie dell’acqua diventa rosa e viola, confondendosi con le striature del cielo. Si comprende allora la scelta fatta da alcuni attori famosi che hanno voluto qui il loro buen retiro, come Greta Scacchi e George Lucas, e il fatto che il lago sia stato anche in passato perfetto set cinematografico per alcune scene del San Francesco di Liliana Cavani.

TUTTE LE INFO www.lagotrasimeno.net www.trasimenosapori.it www.porteapertealtrasimeno.it/urat www.umbriatourism.it www.umbriabenessere.eu www.umbriaction-italy.com

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UN BELVEDERE SULLA STORIA Il percorso di Unamuno a Gran Canaria Ovvero, come parlare di un’isola partendo da uno scrittore, e viceversa. A cura di Silvia Donatiello

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robabilmente, a descrivere la bellezza più nascosta di Gran Canaria meglio di chiunque altro è stato Miguel de Unamuno, al punto da spingere le stesse autorità dell’isola a dare vita al progetto il “Percorso di Unamuno a Gran Canaria” che comprende diverse iniziative:

La costruzione del belvedere di Unamuno ad Artenara, con una scultura dello scrittore

Il posizionamento nei pressi del “Parador de la Cruz” di Tejeda di una placca di bronzo con la figura di Don Miguel

L’apposizione di un’altra placca commemorativa nell’edificio di Teror nel quale pernottò il grande scrittore.

Questo percorso, inaugurato il 28 febbraio 1999, nel corso degli anni ha visto ciascuna tappa alimentare l’interesse e la curiosità verso le altre.

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CHI ERA MIGUEL DE UNAMUNO Lo scrittore, che meriterebbe maggior notorietà in Italia, ha fatto parte della Generazione del ’98 ed è stato il creatore del genere letterario spagnolo Nivola.

La nivola La descrizione della Nivola appare per la prima volta nel romanzo Nebbia, dello stesso Unamuno. Il genere fu creato per evidenziare la distanza dell’autore dalla corrente letteraria del Realismo, che caratterizzava la gran parte dei romanzi della fine del XIX secolo.

Questo contrasto, questa visione della vita come lotta, così presente nei suoi scritti e nel suo pensiero filosofico, è ben raffigurato dalle parole che usa per descrivere il paesaggio dell’interno di Gran Canaria:

Con questo nuovo genere letterario, Miguel de Unamuno si concentrò particolarmente sull’evoluzione e l’aspetto psicologico dei suoi personaggi, contrapponendosi al narratore onnisciente in terza persona tipico del Realismo.

“È un enorme sussulto quello che nasce dalle viscere della terra, sembra una tempesta pietrificata, ma una tempesta di fuoco, di lava, più che di acqua”.

L’idea quindi prevale rispetto alla forma, quasi annullando la distinzione tra autore e personaggi, che talvolta arriva a scomparire del tutto (come in Nebbia). Il suo pensiero nasce dal contrasto fra le istanze della ragione e quelle della vita in una visione di tragica lotta, senza tregua e senza pace. Così il suo modello ideale è la figura di Don Chisciotte, al quale cui dedica il famoso Vita di Don Chisciotte e Sancho del 1903. L’eroe di Cervantes viene ora inteso come suprema incarnazione dell’idealismo umano, che persegue una meta, ricercata e amata non come termine di possesso, ma come miraggio.

E, affacciandosi sugli immensi canyon che caratterizzano il paesaggio dell’isola, queste parole si insediano nell’anima oltre che nella mente di chi le ha lette, rimanendo impresse nello sguardo che spazia su questi paesaggi che sembrano arrivare direttamente dall’era giurassica, in un salto temporale di millenni. Unamuno raggiunse le Canarie in due occasioni. La prima visita, nel 1910, fu ideata per sostenere i “Juegos Florales” di Las Palmas, organizzati dalla società culturale “El Ricreo”. La sua permanenza si protrasse per un intero mese, e fu in quel periodo che scoprì le polverose strade di Gran Canaria, dei municipi di Teror, Moya, Cruz de Tejeda e Artenara.

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"Anche di una novella, come di un poema epico o di un dramma, si fa un progetto; ma poi la novella, il poema epico o il dramma si impongono a colui che se ne crede l’autore. O gli si impongono i personaggi, le sue creature immaginate. Così si imposero Lucifero e Satana dapprima, e Adamo ed Eva poi, a Geova. E questa sì che è una nivola, o un poema opico, o una tragedia! Così mi si è imposto Augusto Pérez" De Unamuno descrive il termine Nivola in un breve scritto pubblicato nel 1935

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Al termine del viaggio, Unamuno scrisse, fra altre, le seguenti parole, rievocando le impressioni del paesaggio insulare: “Y lo interesante aquí, en esta isla de la Gran Canaria, está en el interior, está en las dos grandes calderas de este enorme volcán apagado hace siglos.”. (“Le cose più interessanti qui, in quest’isola di Gran Canaria, sono nel suo entroterra, fra i due grandi crateri di questo enorme vulcano, spento da secoli.”) La sua seconda e ultima visita avvenne quattro anni più tardi, di sfuggita, mentre era diretto a Fuerteventura, isola nella quale fu esiliato a causa della sua opposizione alla dittatura di Primo de Rivera e dove restò finché non riuscì a raggiungere a Parigi, quattro anni dopo.

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La mappa delle cinque tappe

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LE CINQUE TAPPE Grazie a questo suo dialogo ininterrotto con il paesaggio circostante, che l’autore illustra così bene nelle sue opere, è stata creata una guida didattica alla scoperta dell’isola, attraverso cinque itinerari che portano il visitatore ad addentrarsi nella Gran Canaria più incontaminata e segreta per scoprire, con le parole di Unamuno, le origini del suo popolo e della sua società. Cinque giornate che toccano luoghi del nord e del centro dell’Isola e che includono le località di Las Palmas de Gran Canaria, la capitale, nella prima giornata; Teror nella seconda giornata, le cittadine di Moya e Agaete nella terza e las Cumbres, ossia le cime dell’interno di Gran Canaria nella quarta giornata.

1 Las Palmas de Gran Canaria

2 Teror

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L’altro paesaggio di Gran Canaria, il Sud, da Tafira a Telde concludendo il percorso a Maspalomas è il protagonista della quinta e ultima giornata. Questo itinerario seguito con la guida offre due vantaggi: conoscere la cultura e la storia, attraverso gli scritti di Unamuno e di autori e poeti canari, e scoprire un paesaggio percorrendolo nel presente e nel passato allo stesso tempo.

Moya e Agaete

4 Las Cumbres

La maggior parte di questi territori (circa il 46% della superficie di tutta l’isola) fa parte della Riserva della biosfera mondiale di Gran Canaria, dichiarata dall’UNESCO il 29 giugno 2005. Inoltre, da luglio 2019 i siti archeologici Risco Caído e i Monti Sacri sono diventati patrimonio mondiale dell’Unesco.

5 Maspalomas

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Il turismo attivo in Italia, Umbria Metti un fine settimana in Umbria A cura di Silvia Donatiello

Il turismo è a tutti gli effetti uno dei motori economici mondiali; nonostante il particolare momento che stiamo vivendo, il settore rappresenta circa il 10,4% del prodotto interno lordo (PIL) mondiale secondo quanto pubblicato dal World Travel and Tourism Council (WTTC). Il Turismo Attivo si inserisce come un’alternativa al modello turistico tradizionale, contribuendo alla protezione e conservazione dell’ambiente, alla realizzazione di infrastrutture, al rilancio dell’economia nelle aree meno connesse e alla creazione di posti di lavoro di qualità. Il comparto turistico in Italia ha incominciato a comprenderne il potenziale, e sempre più agenzie e tour operator stanno cercando di specializzarsi nel settore.

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I TOUR OPERATOR

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onostante il recente sviluppo del turismo attivo, alcuni di questi operatori, nati già molti anni fa, ne avevano già compreso le potenzialità e nel corso del tempo hanno saputo creare un’alternativa al modello tradizionale Durante il primo lockdown, molti di questi tour operator hanno deciso di creare ActiveItaly (www.activeitaly.it), una rete di imprese di turismo attivo e sostenibile con il fine, tra gli altri, di essere un rappresentante sul territorio italiano di questo settore. Uno di questi, Dreavel.com, con sede in Umbria, mi ha invitato, insieme ad altri operatori del settore, a un fine settimana alla scoperta della Valnerina, durante il mese di ottobre, in collaborazione con la Regione Umbria.

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DREAVEL.COM PER GLI AMANTI DELLO SPORT

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Dreavel.com è specializzato nell’offerta di servizi e pacchetti turistici incentrati prevalentemente sul territorio della propria regione (e anche di altre zone d’Italia) soprattutto in attività e sport outdoor, turismo esperienziale, percorsi enogastronomici e culturali, soggiorni benessere, cammini e pellegrinaggi, e un lungo eccetera. Potevo dire di no a un fine settimana in una delle regioni più belle d’Italia? Se siete appassionati di attività e di sport outdoor, l’Umbria è il posto giusto!

La nostra esperienza Il soggiorno è stato un alternarsi di sport, gastronomia, attività all’aria aperta, vini e passeggiate per le stradine di quelli che per me sono un vero museo all’aria aperta: i borghi d’Italia. Come esordio, al nostro arrivo, ci è stata offerta una degustazione di oli e vini locali della Tenuta Cavalier Mazzocchi 1919. La tenuta prende il nome da Edoardo, nominato cavaliere del lavoro, uno dei primi produttori del Ciliegiolo di Narni, che ha creato un movimento su questo antico vitigno autoctono e su cui il figlio Maurizio, insieme all’associazione dei giovani produttori, sta sperimentando e lavorando da anni per la produzione di Ciliegiolo di Narni IGT in purezza. Il Ciliegiolo di Narni è un vitigno unico nel suo genere, coltivato in una zona di antiche tradizioni vinicole che è stata proprio riscoperta e rilanciata dalla produzione di questo famoso vino.

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Questo vitigno è riuscito a sopravvivere all’estinzione solo grazie alla grande passione di un piccolo gruppo di produttori che hanno continuato a coltivarlo mentre, quasi dappertutto, veniva estirpato per fare spazio a varietà più commerciali. Il nome Ciliegiolo deriva dal caratteristico aroma che richiama proprio la ciliegia e la frutta rossa. Per anni usato come vino da taglio destinato a correggere la gradazione alcolica e il colore di altri vini, il Ciliegiolo di Narni si sta oggi riscoprendo come una delle eccellenze del territorio. A capo dell’azienda è Maurizio, enologo con esperienze internazionali e una grande passione per questa terra, che sta convertendo all’agricoltura biologica, oltre al Ciliegiolo IGt di Narni, vini bianchi molto originali la cui particolarità deriva da un terreno ricco di antichi sedimenti marini. Tra questi abbiamo provato il Raggio, un ottimo Vermentino, la cui nota marina è proprio la firma di questi vini bianchi del centro d’Italia. La mineralità del Raggio deriva da un terreno argillo-sabbioso di origine marina (Pliocene) che è stato arricchito di elementi minerali a causa del ritirarsi del mare, caratteristica che ritroviamo appunto in questi vini. L’azienda storica di Narni, oltre a farci degustare questi fantastici vini e l’olio extravergine di Oliva Dop Umbria Colli Orvietani (altro prodotto di pregio per cui è diventata molto conosciuta), ci ha spiegato che, inoltre, si sta dedicando anche al bellissimo progetto “grani antichi umbri”, un lavoro accorto di ricerca, selezione e coltivazione di grani antichi che vengono poi macinati in un piccolo molino non distante dall’azienda. Con un’accoglienza di questo tipo è difficile non dichiarare amore a prima vista alla destinazione!

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ESPERIENZA OUTDOOR IN VALNERINA

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Se il primo giorno è stato prevalentemente enogastronomico, forse per riprenderci dalle fatiche del viaggio (da Torino, Terni non è proprio dietro l’angolo), il secondo giorno è iniziato all’insegna dell’outdoor. La Valnerina è stata la protagonista di questo primo approccio outdoor. Arrivati sul fiume Nera, ci siamo divisi in due gruppi, uno a fare un’escursione in mountain bike lungo la Greenway del fiume, un percorso ciclopedonale che costeggia il fiume, attività a cui avrei volentieri partecipato in principio, e l’altro gruppo (il mio, per intenderci), nell’avventura del rafting.

Tengo a precisare che per me la massima espressione di sport estremo è lo shopping selvaggio, per cui il rafting non è compreso nelle mie attività preferite, forse perché reduce di un’esperienza di qualche anno fa in cui mio padre, per distrazione e mancanza di concentrazione, ha rischiato di farmi cadere nel fiume! Con questo (scarso) spirito di avventura addosso mi sono recata comunque con i miei compagni di squadra a fare questa esperienza e devo ammettere di essermi ricreduta: tra le attività all’aria aperta, il rafting è tra quelle più divertenti, amate e capace di regalare a tutti grandi emozioni! Questo sport abbina avventura e natura facendoli vivere da una prospettiva diversa: quella dai fiumi e l’Umbria è una terra ricca di corsi d’acqua e torrenti, un territorio assolutamente perfetto per la sua pratica. La Valnerina è caratterizzata da una natura rigogliosa e varia, le abbazie, gli eremi e i santuari presenti sul territorio rappresentano importanti testimonianze della storia che attraversa questa terra.

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Ovviamente se uno non è un esperto, come la sottoscritta, il tratto di fiume Nera che precede la Cascata delle Marmore offre diverse esperienze di soft rafting divertenti e adatte a tutti, rese anche piacevoli dalla semplicità della pratica di questo sport: è sufficiente saper nuotare, essere in buone condizioni di salute e osservare alcune norme di sicurezza di base. Il fiume Nera e il fiume Corno offrono diverse opportunità per praticare il rafting in molte aree comprese tra il Parco Nazionale dei Monti Sibillini e la Cascata delle Marmore. Il nostro percorso di rafting soft che si è svolto nel tratto del fiume Nera tra il ponte di Ferentillo ed il ponte di Arrone, è adatto a tutti (anche a me!), e il divertimento è garantito! È un tratto di circa 5 km nel Parco fluviale del Nera, avvolti da una vegetazione senza paragoni. Se, come nel nostro caso, ad un certo punto del percorso inizia a piovere, l’esperienza è ancora più bella. Ci si ritrova circondati dall’acqua, dall’alto e dal basso in mezzo alla natura. Un momento sublime, in cui la magia della natura prevale su qualsiasi altro pensiero o sentimento, e la sensazione, credetemi è indimenticabile! Imprescindibile una visita al Borgo di Arrone, meraviglioso groviglio di irte stradine che arrivano al castello costruito sul finire del IX secolo da un nobile romano dal quale prese il nome. La parte alta dell’abitato, che conserva l’impianto urbanistico medioevale con le mura e i pittoreschi vicoli, è sicuramente la più suggestiva. Da non perdere la chiesa trecentesca di San Giovanni Battista con affreschi quattrocenteschi di scuola umbra.

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Con esperienze così intense vissute in così poche ore uno si ritrova poi seduto a tavola con l’appetito di un cinghiale scoprendo con piacere che questa selvaggina, oltre che un piatto tipico locale, era proprio la prelibatezza cucinata dai cuochi dell’agriturismo per farci recuperare le forze.

L’aspetto naturale più incredibile, ma meno conosciuto, è quello sotterraneo. Nel belvedere superiore si trova il pianoro dei “Campacci di Marmore” formatosi dalle acque del Velino che stagnavano nell’area fino al 271 a.C.; nel ventre di queste rocce, un poroso impasto di travertino, si sono formate grotte naturali decisamente suggestive.

In Umbria non solo si recuperano le forze, ma anche i chili faticosamente persi prima di visitarla: l’abbondanza dei piatti, la ricchezza dei loro salumi, delle loro carni e dei loro primi sono una vera delizia per i palati più esigenti. Un pomeriggio a passeggio per le colline di San Gemini e una cena alla Tenuta di Vallantica hanno coronato il resto della giornata. Il terzo e ultimo giorno è stato dedicato al trekking, nel parco della Cascata delle Marmore, un luogo a dir poco affascinante. Forse non tutti sanno che con i suoi 165 metri totali è la più alta cascata artificiale d’Europa. La natura che circonda la cascata è decisamente rigogliosa, la sua straordinaria ricchezza biologica è riconosciuta in Europa come Zona di Protezione Speciale. Vi si trovano forme primitive vegetali come alghe azzurre e verdi, muschi, licheni, numerose piante acquatiche e terrestri come le felci. Le specie zoologiche sono delle più varie: insetti, anfibi, pesci, rettili, piccoli mammiferi e uccelli. Per chi ama il birdwatching, qui è possibile osservare specie rare o uniche in Italia quali il Merlo acquaiolo e la Ballerina gialla, che si alimentano lungo le sponde del fiume Nera, le migrazioni invernali del Martin pescatore, la Rondine montana e il Passero solitario che nidificano nelle nude pareti rocciose.

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LA STORIA DELLA CASCATA

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La Cascata è una straordinaria opera di architettura risalente al 271 a.C. quando il Console Romano, Manio Curio Dentato, ordinò la bonifica della valle reatina del Velino, un’area di acquitrini dove era impossibile vivere. Tramite la costruzione di canali artificiali il corso del fiume venne deviato verso il fiume Nera, tra le non poche proteste degli abitanti di Terni che temevano inondazioni dovute alla enorme massa di acqua. Per raccogliere le acque e deviarne il flusso, nel corso dei secoli, sono stati costruiti diversi canali.

altri folletti, nei pressi della Cascata. È dotato di poteri magici che usa per fare scherzetti e dispetti ma senza nuocere particolarmente. Esce soprattutto di notte e si diverte a spaventare i viandanti: alcune volte appare con le sembianze di un grazioso bambino altre con quelle di un terribile gnomo rugoso! Per alcuni lo gnefro è un vero e proprio portafortuna da tenere in casa!

Pochi sanno però che i canali richiedevano continui interventi di manutenzione e che la potenza delle acque causava allagamenti e disastri in Valnerina. Solo nel 1787 le alluvioni cessarono. Per volontà di Papa Pio VI fu chiamato l’architetto e ingegnere Andrea Vici che creando il Canale Pio, intervenne direttamente sui balzi conferendo alla Cascata l’aspetto che oggi ammiriamo: 3 balzi, un flusso di acqua regolare e una potenza suggestiva! Oltre la storia, esiste però anche una leggenda sulla Cascata delle Marmore che vede protagonista la bellissima ninfa Nera che all’innamorarsi perdutamente del pastore Velino, suscitò la gelosia di Giunone. La Dea, per vendetta, trasformò Nera in un fiume e fu in quel momento che l’innamorato, deciso a seguirla a tutti i costi, si lanciò dalla rupe di Marmore formando il grande salto che possiamo ammirare alla Cascata delle Marmore. Un’altra leggenda ancor meno conosciuta è quella dello “gnefro”, il folletto o gnomo che nella cultura popolare della città di Terni popola la Valnerina. Lo gnefro è una creatura di bassa statura (meno di un metro) che vive insieme ad

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PER GLI APPASSIONATI D'ARTE

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La Cascata ha richiamato da sempre vere e proprie personalità. Plinio, Cicerone, numerosi Papi, Galilei, Vittorio Alfieri, Gioacchino Belli, Lord Byron e Leonardo Da Vinci che rappresentò la Cascata e il paese di Papigno nel dipinto “Paesaggio con fiume” del 1473, conservato a Firenze. Basti pensare che nel XVIII e XIX secolo la Cascata delle Marmore era una tappa obbligata del Grand Tour verso Roma. Forse non molti sanno invece che fra il ‘700 e l’800 la Cascata divenne una delle mete predilette per un incredibile numero di pittori europei appartenenti alla corrente dei “Plenaristi“. I pittori “en plen air” amavano dipingere paesaggi dal vero, all’aria aperta, molto prima dell’avvento della fotografia. Tra questi Turner, Corot, Courbet, Granet, Bidauld, Verstappen, Blechen, Palm le cui opere si trovano oggi in tanti musei del mondo. L’ultima mattinata è quindi trascorsa a camminare per questi luoghi incantati, per terminare con un pranzo sul lago di Piediluco e un tour in battello sul lago. Un finale in bellezza, perché l’Umbria ha proprio la capacità di riempirti gli occhi e lo spirito di bellezza, nella sua veste naturale e paesaggistica, in quella architettonica, nel calore della sua gente e con la bontà delle sue delizie enogastronomiche.

Info e siti web da consultare www.dreavel.com

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Pedro Ximénez – “Cardenal Cisneros”

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“Sandbichler Gewürztraminer” 2019

194 Montepulciano d’Abruzzo DOC – 2018”

196 Cannonau di Sardegna DOC – “Naniha” 2018

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Spagna Pedro Ximénez – “Cardenal Cisneros” Bodega Sánchez Romate Hermanos

Jerez de la Frontera – Cádiz (Spagna) – romate.com

Nel 1781 l’enologo Juan Sánchez de la Torre fonda una cantina per produrre vini pregiati nel comune di Jerez de la Frontera e oggi, dopo più di due secoli, la Sociedad Sánchez Romate Hermanos – una delle cantine più antiche della Spagna – è una delle poche rimaste nelle mani della famiglia fondatrice e continua a produrre vini secondo la stessa antica tradizione. Tre sono le tappe prestigiose per questa storica cantina: il 1887, anno in cui la quarta generazione dei Sánchez Romate decise di creare un brandy esclusivo per la famiglia e gli amici più intimi e naque così il Cardenal Mendoza Solera Gran Reserva, uno dei brandy più conosciuti al mondo; il 1909, quando fu nominata fornitore della Camera dei Lord del Regno Unito e il 1917 in cui divenne fornitore del Sacro Palazzo Apostolico del Vaticano. Sánchez Romate sviluppa una pratica di vinificazione particolare, grazie alla terra bianca di albariza – la marna gessosa che trattiene la preziosissima acqua nei caldi mesi estivi – la luce e l’aria dell’Andalusia occidentale e un microclima unico per la coltivazione dei vitigni Palomino, Airén e Pedro Ximénez. Tutte le fasi della produzione rispettano i metodi tradizionali: l’invecchiamento in botti di rovere americano, la distillazione dei brandy in Alquitaras di rame e il caratteristico sistema “soleras e criaderas

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Caratteristiche del vino

Questo vino fortificato prende il nome dal Cardinale Francisco Jimenez de Cisneros, il Grande Inquisitore, ed è prodotto con uve Pedro Ximenez molto mature appassite al sole per 20 giorni per concentrare zuccheri e aromi all’interno dell’acino. Invecchia con il tradizionale metodo solera, costituito da botti di rovere americano riempite fino a cinque sesti e disposte una sopra l’altra in quattro file. Per l’imbottigliamento lo Sherry più vecchio viene prelevato dal livello inferiore posto sul suolo – da cui “solera” – e quindi rabboccato con lo Sherry del livello superiore e così via fino all’ultima fila, quella più alta, che contiene lo Sherry più giovane.

colore

bouquet

Mogano scuro, denso, quasi impenetrabile.

Al naso è immediato il sentore di fichi secchi, uva passa, prugne, datteri e frutta secca. Evolve con note di caramello e cioccolato fondente.

sapore Ricco, intenso, vellutato e cremoso grazie a una grande concentrazione glicerica. Dolce, non stucchevole e con una leggera acidità. L’invecchiamento di oltre 15 anni l’ha reso molto equilibrato. Le sensazioni olfattive si ritrovano tutte al palato, arricchite da effluvi di caffè espresso e completate dal cioccolato fondente nel finale lunghissimo, intenso e di appagante soddisfazione.

abbinamento consigliato Ideale in abbinamento a formaggi stagionati o, meglio ancora, a erborinati come Gorgonzola, Bleu d’Aoste, Roquefort o Stilton. È ottimo come vino da dessert in accompagnamento ai dolci al cioccolato e alle paste secche. Delizioso sul gelato alla vaniglia. Preferisco suggerirlo come memorabile vino da conversazione – con cari amici – anziché vino da meditazione…a meditare, di questi tempi, ci si intristisce!

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Trentino Alto Adige Alto Adige DOC – “Sandbichler Gewürztraminer” 2019 H. Lun Cornaiano (BZ) – lun.it

Dici Alto Adige e pensi ai vini bianchi, straordinaria espressione dell’enologia italiana che da questa deliziosa regione, territorio ideale per la coltivazione della vite, protetto dai freddi venti del nord Europa dallo schermo delle Alpi Orientali, grazie ad un favorevole clima mite favorito dalle calde correnti provenienti dal lago di Garda e dal Mediterraneo e dalle perfette escursioni termiche, ricava prodotti di altissima qualità. E tra i produttori altoatesini, H. Lun è certamente una delle cantine più rappresentative. Fondata nel 1840 da Alois H. Lun, è la più antica cantina privata dell’Alto Adige, pioniera della vendita del vino in bottiglia. Dal 1998 è stata acquisita dalla Cantina Girlan, che ne ha garantito l’autonomia lasciando intatta la filosofia produttiva che contempla ben quattordici referenze per la linea “1840” e quattro per la linea d’eccellenza “Sandbichler, due vini bianchi – Pinot Bianco e Gewürztraminer – e due rossi – Pinot Nero Riserva e Lagrein Riserva.

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Caratteristiche del vino

Le uve sono sottoposte a severissime procedure di selezione nelle più belle vigne della zona di Mazzon e Villa, nei pressi di Egna, con una vendemmia ritardata per poterle raccogliere ad uno stato di maturazione ottimale. Macerazione, fermentazione e affinamento avvengono esclusivamente in tini d’acciaio per sviluppare aromi intensi e potenzialità di invecchiamento. La produzione è di circa 7.000 bottiglie per ettaro.

colore

bouquet

Giallo paglierino brillante tendente al dorato.

Profumi intensi erbacei e aromatici, floreali – rosa e garofano su tutti – e delicati di lychee.

sapore Al palato spiccano nette note aromatiche e fresche, ben bilanciato fra mineralità e acidità. La vendemmia leggermente tardiva sviluppa sentori tipici varietali con sentori di frutti esotici che regalano grande ricchezza gustativa. Un vino equilibrato, piacevolmente glicerico che imprime nella mente un duraturo e positivo ricordo e la curiosità di scoprirne l’evoluzione fra qualche anno.

abbinamento consigliato Molto ampio è la spettro dei possibili abbinamenti, dai crostacei ai primi di mare e ai pesci al vapore, ma anche antipasti di verdure, carni bianche, formaggi freschi e parmigiano giovane, salumi saporiti ma non piccanti, zuppe e piatti con spezie orientali come curry, noce moscata e zenzero, ma anche con il popolare sushi o con il ricercato Foie Gras.

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Abruzzo Montepulciano d’Abruzzo DOC – 2018 Azienda Agricola Contesa

Collecorvino (PE) – contesa.it

Contesa nasce nel 2000 dalla tenacia e dall’esperienza trentennale di Rocco Pasetti, enologo di spicco della realtà vinicola abruzzese. In cantina vengono utilizzate vasche inox a temperatura controllata per vinificare a basso impatto enologico e barrique e botti in rovere di Slavonia. In questi pochi anni di storia l’azienda è già arrivata a conseguire prestigiosi premi nazionali e internazionali per merito dell’alto livello dei suoi vini, espressione di qualità e tipicità. I 45 ettari di vigneti, adagiati sulle colline pescaresi tra il mare Adriatico e il massiccio della Maiella, sono condotti senza uso di antiparassitari e di diserbanti, circondati da olivi secolari, querceti e un laghetto collinare e beneficiano di una notevole escursione termica. La composizione prevalentemente argillosa con una piccola percentuale calcarea dei terreni permette di avere vini ricchi di estratti, pieni, di ottima longevità favorendo una gradazione alcolica maggiore e profumi intensi.

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Caratteristiche del vino

Da uve Montepulciano d’Abruzzo in purezza vendemmiate a metà ottobre, con le bucce poste a macerare insieme al mosto con un rimontaggio a cappello per una decina di giorni, ciò contribuisce a dare al vino il suo colore peculiare e a renderlo particolarmente ricco tannini e di aromi. Affi­na in botti di rovere da 30 hl per oltre 12 mesi e dopo l’imbottigliamento riposa almeno 4 mesi in bottiglia. Grado alcolico 13,50 % vol.

colore

bouquet

Rosso rubino con intensi riflessi granata.

Naso pulito, sentori intriganti di frutta rossa matura e frutti di bosco in confettura, bella intensità olfattiva e con note balsamiche e di cacao.

sapore In bocca ha tannini evidenti, caldi e morbidi, un sorso che rispetta la tipicità, di buon corpo e ricco di sapore e acidità, gradevole sia per struttura sia per intensità. La chiusura è elegante e di lunga persistenza.

abbinamento consigliato Montepulciano d’Abruzzo e arrosticini di pecora è binomio inscindibile; ma è ottimo anche con tutti gli arrosti tipici di questa terra meravigliosa come capra, agnello, selvaggina o con le classiche pallotte cacio e ova e tutti i primi con sughi intensi e succulenti a base di carne e parti grasse. Regge benissimo piatti speziati. Da non sottovalutare con pesci grassi come salmone o spada. Matrimonio d’amore pure con i formaggi intensi e pecorini stagionati.

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Sardegna Cannonau di Sardegna DOC – “Naniha” 2018 Tenute Perdarubia Talana (NU) – tenuteperdarubia.com

Storica cantina fondata nel 1945 a Cardedu (NU), viene ben presto apprezzata come ottimo produttore di Cannonau a “piede franco”, cioè non innestato su vite americana, ma con riproduzione costante dei cloni originari dei primi del ‘900. D’altronde dal loro territorio – l’Ogliastra – scaturisce una delle espressioni più autentiche di questo grande vitigno autoctono, il più antico nel bacino del Mediterraneo, tanto da essere considerato uno dei due vitigni simbolo dell’enologia isolana. Esaustiva è la frase che compare sul retroetichetta del loro Cannonau in purezza Naniha: “I vini delle Tenute Perdarubia nascono nel 1949 da vigneti di Cannonau su piede franco radicati nei terreni granitici dell’isola, protetti dalle rocce nella loro sfida al sole”. Ad oggi l’azienda dispone di circa 600 ettari, tutti a conduzione biologica, di cui 20 ettari di vigneti autoctoni e i rimanenti suddivisi tra uliveti, coltivazione di cereali antichi e boschi.

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Caratteristiche del vino

Il Naniha – da uve Cannonau in purezza coltivate in biologico – viene vinificato in tini d’acciaio rimanendo a contatto con le vinacce solo per breve periodo per poi maturare in acciaio e successivamente in bottiglia. Viene impiegato solo mosto fiore per una maggiore qualità del vino seppure a discapito delle rese. Grado alcolico 14% vol.

colore

bouquet

Rosso rubino con piacevoli rif lessi violacei.

Al naso colpisce per intensità e pulizia olfattiva, note evidenti di frutti di bosco rossi e leggera speziatura.

sapore Al palato ha buona struttura piacevolmente sostenuta da un tannino delicato, caldo e asciutto, spicca per morbidezza, armonia e gradevolezza di beva. Chiude con una lunga persistenza e un buon ricordo minerale.

abbinamento consigliato la freschezza e la sapida mineralità lo rendono adatto sia per un aperitivo gustoso, a base di prosciutto crudo, salumi e formaggi, sia a tutto pasto. È sicuramente ottimo con tutti i primi piatti di quel magnifico territorio rude e autentico che è l’Ogliastra, come culurgiones e maccaronis conditi con sugo di pomodoro e basilico ma, se ci si trova “in continente”, le paste ripiene di qualsiasi regione sono egualmente perfette. Ovviamente ideale è l’abbinamento con carni arrosto e al sugo e con formaggi di media e lunga stagionatura.

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