180608
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Modulo prestampato
Il Presidente della (Repubblica/ Camera/ Regione/ altro/), nell'esprimere la Sua commossa partecipazione alle famiglie dei (tre/quattro/ cinque/ sei/ altro/) onesti lavoratori testé drammaticamentedeceduti, esprime l'auspicio che simili (drammatici/ tragici/intollerabili/ altro/) episodi non abbiano a ripetersi mai più e cheil Governo, le Istituzioni e le Forze Politiche e Sociali senza distinzioni di schieramento e di ruolo si attivino improrogabilmenteper porre finalmente termine a questa situazione indegna di un Paese civile.
Al sicuro Promemoria Morire di lavoro
I soldi tuoi? Forse arrivano domani
Una pulizia di ordinaria amministrazione al depuratore. Qualcosa va storto e gli operai non hanno nemmeno le mascherine per intervenire. Muoiono in sei. >> pagina 4
Catania. I lavoratori della Multiservizi (la ditta che pulisce i palazzi della città) sono sotto il Comune, a protestare. “I nostri soldi! Quando ci pagate?”. E' una scena normale. >> pagina 8
La sinistra pestata e il partito dei poveri Crolla la sinistra in Sicilia e stravincono i peggiori. Tre quarti degli elettori votano per i successori ed emuli di Cuffaro. Moltissimi non votano per niente. >> pagina 3
E finalmente Andreotti chiede scusa agli italiani
Dopo aver visto “Il Divo” Andreotti si era arrabbiato molto e – cosa rara l'aveva fatto vedere: “Quel regista è un mascalzone!”. Poi, riflettendoci meglio, ha pensato che... >> pagina 11
|| 18 giugno 2008 || anno I n.7 || www.ucuntu.org ||
Libertà di stampa
Eccone un altro... www.bengodi.org “L'Angolo Ottuso” è un giornale di satira in Puglia, fatto con le gabbie-base di “Ucuntu”. Al limite, potresti farlo anche tu...
|| 18 giugno 2008 || pagina 02 || www.ucuntu.org ||
Sicilia
La sinistra pestata e il partito dei poveri che non c'è Crolla la sinistra in Sicilia e stravincono i peggiori. Tre quarti degli elettori votano per i successori ed emuli di Cuffaro. Moltissimi non votano per niente. E' solo una faccenda “politica”? O il guasto è ancora più in fondo? Di chi è la colpa? E soprattutto: adesso, che cosa bisogna fare?
Io non credo che Falcone sia un cre-
credo che Roma sia come Kabul da
prenda le sue responsabilità - io mi
tino come dice l'autorevole giudice Car-
mandarci i soldati. Non credo che
prendo le mie - perché domani chi verrà
nevale. Mi dispiace sinceramente che
bisogni cancellare tutti i reati fino al
dopo di noi ci giudicherà freddamente e
l'abbiano ammazzato, e così per Borsel-
2002. Credo che bisogna dare più mezzi
con attenzione.
lino, Livatino e gli altri. Io penso che i
a polizia e carabinieri (adesso, manco i
giudici siano meglio dei mafiosi e per
soldi della benzina) per prendere i
me l'eroe non è Mangano ma Borselli-
delinquenti
***
farci
In Sicilia, la sinistra non è mai stata
no. Mi dispiace che un sacco di esseri
chiacchiere sopra. Credo che chi fa cose
pestata come ora. I giochi e le stupidag-
umani siano annegati in mare dalle parti
sporche debba finire in galera, piccoli e
gini che erano consentiti prima ora non
nostre (quasi quattrocento, dicono i
grossi, comprese le più alte autorità se
sono possibili più. Nessuno deve più
giornali) mentre io andavo a votare, e
fanno reati. Non ho paura degli
venire a dire “io corro da solo”. Nessu-
questo perché la legge dice che devono
scippatori, ce l'ho di quelli che danno
no deve più dire “io sono democratico,
venire di nascosto. Mi dispiace che fra
fuoco agli operai o ammazzano la gente
io sono di sinistra” per far politica a
loro c'erano così tanti bambini. Mi fa
nelle cliniche private.
vantaggio esclusivo della propria classe
schifo la gente come Bossi che ha detto tante cose schifose contro i meridionali, e preferirei crepare piuttosto che allearmi con lui. Rido in faccia a quelli del partito di Scapagnini, che prima si sono mangiati mezza Catania (manco pagavano le bollette per i lampioni) e poi sono venuti a cercaci il voto come se niente fosse. Non ce l'ho con gli zingari, coi negri, con gli ebrei e coi gay, ce l'ho solo coi delinquenti e chi gli tiene mano. Non
davvero
e
non
Siamo in pochi in Sicilia a pensarla così, a quanto pare. E va bene. Ma io un domani non voglio essere confuso con tutti quegli altri siciliani che si vedono ora. Un popolo ignorante e poverissimo, com'eravamo in Sicilia fino all'altra generazione, giustificazioni ne aveva moltissime, finché la miseria è durata. Ma gente coi telefonini e le automobili, coi satellitari ai balconi e le magliette fir-
sociale, la media e a volte non tanto media borghesia. Sinistra, come in passato, dev'essere il partito dei poveri, prima di ogni altra cosa. Si può ripartire solo da qui. “Io l'avevo detto” non serve a niente, non è il momento. Si può ripartire dai quartieri, dall'impegno di base, dall'informazione. E' una strada lunga e difficile, e non per tutti. Chi vorrà prenderla, si decida ora.
mate, di giustificazioni non ne ha più. Perciò ora ciascuno individualmente si
|| 18 giugno 2008 || pagina 03 || www.ucuntu.org ||
Riccardo Orioles
Promemoria/morire di lavoro
Mineo, strage di operai ma alla tv è silenzio Una pulizia di ordinaria amministrazione al depuratore. Qualcosa va storto e gli operai non hanno nemmeno le mascherine per intervenire. Muoiono in sei. «Li abbiamo trovati uno accanto all'altro, alcuni bocconi e altri a faccia in aria in fondo alla vasca, coperti da un sottile strato di fango - dice Salvatore Spanò, comandante dei vigili del fuoco di Catania - Quasi certamente hanno tentato di salvarsi prima di rimanere intrappolati dentro quella “camera della morte”». «Forse hanno sottovalutato i rischi che correvano calandosi nella vasca. Hanno visto i colleghi in difficoltà e hanno deciso di aiutarli, senza pensare che potevano morire». Come molti anche Nuccio Valenti, della Cgil di Catania, ieri sera è corso al depuratore di Mineo non appena saputo della tragedia. «Una tragedia scoperta per caso», dice. «I lavoratori non sono tornati a casa per mangiare a fine turno, e le famiglie hanno chiesto informazioni agli altri dipendenti del centro, che sono andati sul posto. Per quanto ne sappiamo potrebbero essere morti nel corso della mattinata». Come è possibile che nessuno si sia accorto di quanto era accaduto? Perché le vasche si trovano fuori dal paese, in campagna. C'erano due operai specializzati di una ditta del ragusano che dovevano calare le pompe nelle acque di decantazione dei residui fangosi, metterle in una cisterna e portarle via. Teoricamente in questa vasca dovevano starci solo loro. Non si spiega come ci siano andati a finire anche i quattro dipendenti comunali che, uno dopo l'altro, ci sono entrati.
Ma perché si trovavano lì? Perché sovrintendevano il lavoro. Uno era il sorvegliante dell'impianto, un altro l'addetto alla sicurezza e gli altri due erano tecnici del comune. Si tratta di una lavorazione pericolosa? C'è soprattutto un problema di esalazioni e di fanghi, per questo vengono impiegate ditte specializzate. Il problema è che non c'è informazione. Si dovrebbe sapere che in caso come questo non si può scendere tutti, uno dopo l'altro, dentro la vasca. Invece, a quanto pare, è proprio quello che è successo. A quanto pare, però, neanche i due operai specializzati avevano le protezioni necessarie? Vi risulta che nell'impianto non venivano rispettate le misure di sicurezza? No. Questi sono impianti comunali, non c'è un problema di profitto. Probabilmente ieri c'è stata una sottovalutazione dei rischi. Se non fosse stato così probabilmente non si sarebbero calati tutti nella vasca. [C.L. 12.06 – ilmanifesto.it]
*** Giuseppe Zaccaria, di 47 anni; Giovanni Natale Sofia, 37; Giuseppe Palermo, 57; Salvatore Pulici, il più giovane, di 37 anni. «Tutti sposati e con figli, mandavano avanti le famiglie con il loro solo stipendio», ha spiegato il primo cittadino Castania. Poi ci sono i due morti originari di Ragusa, dipendenti della ditta di spurgo Carfì srl, che ha sede a Pozzallo: Salvatore Tumino e Salvatore Smecca, entrambi di 47 anni; l'ultimo, secondo quanto dichiarato dal procuratore di Caltagirone Onofrio Lo Re, sarebbe stato assunto il giorno precedente o addirittura lo stesso della tragedia. Elemento che indicherebbe la «precarietà» dei servizi offerti dalla Carfì: si potrebbe trattare di un lavoratore in nero, messo in regola subito dopo la morte? «E' un punto su cui dovremo fare chiarezza», ha concluso il procuratore dopo che nel pomeriggio sono stati annunciati i nomi dei sette indagati per l'ipotesi di «omicidio colposo plurimo»: il sindaco di Mineo, il direttore dell'ufficio >>>
|| 18 giugno 2008 || pagina 04 || www.ucuntu.org ||
Promemoria/morire di lavoro
Vignette di flickr/rododentro tecnico del Comune, Marcello Zampino, quattro assessori - Giuseppe Mirata, Giovanni Amato, Antonino Catalano e Giuseppe Virzì - e Salvatore Carfì, titolare dell'omonima ditta di spurgo. *** A un certo punto deve essere successo qualcosa cosicché i due operai avrebbero chiesto agli impiegati una scala. «Ma nella vasca non ci sono scale fisse - confermano il sindaco e il direttore tecnico - perché dentro il depuratore è vietato l'accesso». A comprare la scala in paese, probabilmente su richiesta di Zaccaria, secondo il sindaco sarebbe stato allora uno degli altri due impiegati, Palermo e Sofia, recatisi poi anche loro al depuratore. «Ma tutto questo era gestito in autonomia dal personale delegato - insistono sindaco e direttore tecnico - Della scala noi non sapevamo nulla quando è stata acquistata». [a. sciotto 13.06 – ilmanifesto.it]
*** Alle 12.15 gli operai avevano già finito. Afa, caldo e puzza. Era stata una giornata di duro lavoro. Avevano da poco informato il comune che stavano per concludere tutte le operazioni per le quali due operai erano stati chiamati da Ragusa. Tumino, uno dei due che lavoravano per la ditta Carfì di Pozzallo, era già sul camion quando qualcosa non ha più funzionato. Il tubo che collegava la vasca di decantazione a quella che conteneva i fanghi, forse si era otturato. Si sarà proposto Pulici, il custode dell'impianto, l'unico con gli stivali, a cercare di far qualcosa per cercare di stasare il tubo, il naspo. È stato il primo a morire, asfissiato, era riuscito a far qualcosa forse ma un potente getto di liquami e sostanze tossiche lo aveva già stordito e fatto scomparire sotto il fango. Tumino si era accorto che qualcosa non andava, era sceso di corsa dal camion ancora acceso correndo verso le urla del collega. Loro due sono stati i primi a morire. Probabilmente svenuti per le
schifezze che stavano respirando. Gli altri quattro saranno sopraggiunti appena dopo e anche per loro, senza alcun strumento di sicurezza, senza una mascherina protettiva, ad uno ad uno saranno morti per svenimento e asfissia, cadendo tragicamente nel posto sbagliato. In una vasca piena di liquami, abbracciati come per salvarsi. In Italia, dove di lavoro si muore. [luca salici] *** Dico, ma come funziona con questa società dell’informazione? Me lo chiedo oggi, ad una settimana esatta dalla strage di Mineo. Sei lavoratori morti dentro una vasca di depuratore per una operazione di pulizia di routine. Asfissiati tutti e sei da fango, melma e gas dopo un'intensa giornata di lavoro. Una strage senza precedenti che coinvolge un'impresa privata (la Carfì di Pozzallo per la quale lavoravano Tumino e Smecca) ma soprattutto una istituzione, il comune di Mineo dove erano dipendenti >>>
|| 18 giugno 2008 || pagina 05 || www.ucuntu.org ||
Promemoria/morire di lavoro
flickr/famchinaski
www.kanjano.org
Palermo, Sofia, Zaccaria e Pulici. Uno di loro era precario. Insomma tanti spunti di cui parlare. È la fotografia ultima di un'Italia alla deriva, c'è tutto per un professionista dell'informazione: sicurezza sul lavoro, la strage, il precariato, la realtà di un piccolo paese di provincia che rappresenta l’Italia intera. Cinicamente, come pensano i giornalisti, si potrebbe pensare che alla fine c'è solo un morto di differenza tra questa strage e quella della Thyssenkrupp. Ma non può esistere un confronto tra la copertura informativa realizzata nel caso dell'incendio divampato nel torinese e quella avvenuta a Mineo. La notizia è già scomparsa, completamente dalle cronache dei giornali, spazzata via dalle elezioni, dalle nozze di Briatore, dalle partite dell'Italia e dalla visita del presidente Bush a Roma e del pranzetto preparato in suo onore durante la passeggiata al quirinale. Perché? Chi ha paura di Mineo? [luca salici]
|| 18 giugno 2008 || pagina 06 || www.ucuntu.org ||
“Fondata sul lavoro”
“Resto vivo stasera?” La roulette russa dell'operaio Sono tutti commossi. Il ministro convoca “le parti sociali”. Poi si scopre che il vero obiettivo è abolire le sanzioni a carico degli imprenditori. Intanto ogni giorno muoiono tre o quattro operai. “Morti bianche”, le chiamano. O “tragici incidenti”. O “fatalità”
E' una roulette russa. Nessuno può sapere esattamente a chi toccherà, ma è
recitano una commedia dell’assurdo. All’assemblea di Confindustria, il
contrattazione individuale. Può farlo senza problemi. È dall’addio di Cofferati
certo che tutte le mattine, in Italia, almeno
capo di questi guitti, Silvio Berlusconi, ha
che il sindacato non fa muro ed apre
tre-quattro lavoratori escono di casa per
detto che la relazione della Marcegaglia,
continuamente all’avversario intere
andare in fabbrica, o in cantiere, e
un morto in fabbrica il giorno precedente,
praterie dove scorrazzare. I leader di Cgil,
rientrano in una bara (incidenti d’auto
sarà il suo programma di governo: nessun
Cisl e Uil sono sempre più inascoltati e
esclusi). L’11 giugno i morti sul lavoro
presidente del consiglio era mai arrivato a
meno credibili (i fischi di Mirafiori non
sono stati undici: i sei asfissiati in una
tanto. Il lavoro non conta più, i lavoratori
hanno suscitato alcun sospetto in Epifani,
vasca di depurazione del Comune di
non esistono, sono carne da macello. Fino
Bonanni e Angeletti). Se si toglie la Fiom
Mineo (Catania), poi uno a Imperia,
a qualche tempo fa potevano pretendere
– che non a caso l’astuto Epifani tenta da
Udine, Nuoro, Modena, nel Monferrato.
una vita dignitosa, ora devono lottare per
tempo di normalizzare – nelle tre
Le chiamano “morti bianche” per evitare
una vita e basta, come nell’Ottocento. Era
confederazioni il “buonismo” ha sostituito
che si parli di omicidi. Nessuno ha mai
meglio ai tempi della schiavitù, c’era
il conflitto assai prima che nascesse il Pd.
pagato, spesso il padrone non porge
maggiore protezione, ha scritto Dario Fo.
nemmeno le sue scuse ai parenti della
È fin troppo facile prevedere che, con
La Confindustria invita i suoi imprenditori a non pagare il pizzo, ma
vittima. I lavoratori possono continuare a
questo governo, la pistola a tamburo della
non chiede loro di rispettare le norme di
morire.
roulette russa girerà più veloce. La
sicurezza. C’è una logica in questo: là si
politica del lavoro del nuovo secolo parla
risparmiano soldi, qui si spendono.
ministro del Welfare, Sacconi, ha
chiaro: incrementare ulteriormente la
D’altronde, secondo molti industriali,
convocato le parti sociali annunciando
flessibilità e, dunque, la precarietà,
nonché per lo spudorato Sacconi, che lo
piani straordinari. Poi si è scoperto che il
aumentare – attraverso la detassazione –
dichiara apertamente, la responsabilità del
vero obiettivo è abolire le sanzioni nei
le ore di straordinario e, dunque, la fatica,
milione di incidenti sul lavoro all’anno è
confronti degli imprenditori che non
minare il livello nazionale di
dei lavoratori, stupidi e imprudenti. Se
rispettano le norme di sicurezza. Fa venire
contrattazione e, dunque, il potere
muoiono se la sono cercata
i brividi, ma è così: l’Italia è un grande
contrattuale dei lavoratori. La
palcoscenico dove attori di quart’ordine
Confindustria propone addirittura la
Il giorno dopo la strage di Mineo, il
|| 18 giugno 2008 || pagina 07 || www.ucuntu.org ||
Riccardo De Gennaro.
Diritti negati
“I soldi tuoi? Forse arrivano domani....” Catania. I lavoratori della Multiservizi (la ditta che pulisce i palazzi della città) sono sotto il Comune, a protestare. “I nostri soldi! Quando ci pagate?”. E' una scena normale. “Sai cosa mi disse, quello? Dammi i soldi e ti facciu travaggiari!”. “Domani sarete pagati!”. “Dov'è la carta scritta?”. “Non ce n'è!”. “Ma abbiamo i creditori sottocasa!”. “Come facciamo?”. Il lavoro in Sicilia – quando va bene – funziona spesso così
“Prendiamo ottocentocinquanta euro al mese per 36 ore a settimana. Questo non è uno stipendio, è un sussidio. E
marea umana. Sono tutti lavoratori della
urlano addosso. La sindacalista dice, anzi
Multiservizi.
grida “Come si permette?! Noi lavoriamo
Gli impiegati sono sempre pagati in
sempre per voi! E rischiamo la pelle!”,
siamo tutti abusivi. Il contratto c’è
ritardo, e non ce la fanno più. Il ragioniere
“Ma quale pelle! Quella gliela mettiamo
scaduto a Dicembre, siamo illegali”.
capo Nicotri giura pure sull’anima dei
noi!”, le risponde l’impiegata della
suoi genitori e dei figli e si bacia le dita.
Multiservizi.
Attraversiamo via Etnea, la via principale di Catania, che scorre in mezzo
La gente gli urla contro. Un uomo,
al centro storico e tiene sempre davanti a
facendo il gesto della conchiglia, tende il
sé la cima dell’Etna. Sono all’in piedi,
braccio e gli fa “Fateci entrare! Che ci
dietro a una motoape, insieme a due
avete oro là dentro? Tutti i soldi sono lì, e
“Se ne trattiene un quinto...”
impiegati della Multiservizi - la società
ve li siete mangiati. Ci avete l’oro, i nostri
Ritorniamo sulla motoape. Almeno
che ha in gestione le pulizie degli edifici
stipendi, fateci entrare!”. Spingono tutti.
lassù fa fresco, perché il movimento fa
pubblici - e a delle bandiere della cisl e
“Ci prendete in giro! La scorsa settimana
vento. “E suona il clascon!”, fanno al
della cgil.
ci avete detto la stessa cosa! I chiacchiri
collega che guida. “Chi l’avrebbe detto
nun fanu sugu (le chiacchere non fanno il
che invece delle scope e della spazzatura,
sugo, il cibo)”. Il ragioniere capo si scusa,
un giorno ci saremmo salite”, dicono tre
suda, si sbraccia, il volto dell’uomo, con
donne, impiegate, senza stipendio pure
la sua bocca enorme, gli è a pochi
loro, che abbiamo appena caricato sulla
sede della banca centrale del Banco di
centimetri. Gli urla contro. Lui dice: “Io
motoape: “Tutti abbiamo delle finanziarie
Sicilia. Il ragioniere capo del comune di
sono l’unico che non c’entra con questa
o assicurazioni. La Multiservizi ci
Catania gli ha appena detto che i loro
storia”.
trattiene un quinto dello stipendio e non lo
“I soldi della paga? Sono in banca...” Stiamo andando in via S.Euplio, alla
soldi dello stipendio di Maggio sono in
Ma che impiegata, se è senza contratto?
Una donna vestita di nero porta una
da ai nostri creditori. Lo trattiene per sé.
banca, e che glieli daranno. L’ha detto
valigetta. “Voi siete dei farabutti”, le fa
Dice che lo fa per pagare gli altri. E noi
davanti al portone del Palazzo degli
un’impiegata, “Voi del sindacato! Non
abbiamo i creditori sotto casa. Siamo
Elefanti, protetto da una schiera di
fate niente per noi. E noi qui disperati”.
morosi. Mi dice lei come facciamo?”
poliziotti che facevano da diga a una
Nasce un litigio. Poi una baraonda. Si
|| 18 giugno 2008 || pagina 08 || www.ucuntu.org ||
Diritti negati
Arriviamo alla banca. Sembra l’assalto
di Verga, che si ripete”. Mi avvicino a un
una lavoratore. Tanto, non ho né penna, né
a Fort Knox. E invece si aspetta una
uomo con la telecamerina “Sei de La
fogli, ne macchina fotografica, né
risposta. Esce fuori il segretario generale
Sicilia? No, perché non mi hanno fatto
telecamerina. “I sono un affiliato”, mi
del Comune: “E’ tutto a posto, domani
entrare come giornalista e non sarebbe
dice, “Un che?”, “Uno che viene qua al
avrete il denaro”, “Ma vogliamo vedere
giusto se…”, “No, lavoro in proprio. Sono
Comune e dice datemi i soldi e io vi
una carta scritta”, “Non ce n’è”. Va via
della scientifica”, “Ah, bene”, dico io.
faccio lavorare. Prendi Sant’Agata (la
sorridendo.
Quindi tutti stavano sotto all’elefante.
Torniamo al Palazzo degli Elefanti.
patrona di Catania). Sopra che c’è? Dio, e
A far che? Urlano, litigano, applaudono,
la mafia, no? Vedi questi?”, esce fuori dei
Sorpassiamo il trenino bianco che porta in
piangono. Vogliono gli assegni nel
dollari dal portafoglio. Prende una
giro i turisti:”Questo è meglio del
pomeriggio. Un uomo, con la testa quasi
banconota. La strappa in due: “Se tu vai
trenino!”, fa una signora, col volto
ai piedi del Liotru (L’elefante simbolo
da un americano, lui non ti capisce,
coperto da una bandiera del sindacato che
della città) grida di aspettare, di avere
parlate due lingue diverse. Ma se tu hai un
svolazza al vento. Poi mi guarda e mi fa:
pazienza. E’ un sindacalista. Tutti gli
pezzo di questo, e lui l’altro, vi
“Ma lei dove li prende gli appunti? E’
danno addosso. C’è un macello. Dicono
riconoscete subito. Me l’ha insegnato mio
giornalista per davvero o si sta facendo la
che aspetteranno tutto il giorno e la notte.
nonno. Ecco che ci faccio qua”. E lancia i
passeggiata?”. D’altra parte non ho la
Molti di loro sono in affitto e a
due pezzi in aria. Io ci rimango di sasso. Il
penna e sono lì per caso. Sorrido.
monoreddito.
compare lo spinge per una spalla e gli
ammassati sotto l’Elefante. Hanno
“Lasciatelo stare. E' coi padroni...”
abbandonato l’ingresso del Comune. Lo
Un uomo grasso, con un altro accanto,
Al Palazzo degli Elefanti sono tutti
dice di andare. Un poliziotto dietro ride. Un lavoratore della Multiservizi mi dice subito “Questo è ricoverato all’ospedale
volevano forzare, tanto che quando il
si avvicina, parla con un altro uomo con la
psichiatrico”, e si allontana. Guardo la
ragioniere capo voleva rientrare ha
tuta da lavoro, e gli dice che non si fa
metà del dollaro per terra. E dico tra me e
bussato al portone, e non gli aprivano. Poi
così, che non è il modo di protestare,
me, perché tutti erano impegnati a urlare,
timidamente ha fatto capolino il cappello
“Lasciatelo stare. E’ coi padroni”, dice
per i soldi che gli spettano, “Ma quale
di un vigile urbano. Spaventatissimo. Mi
qualcuno. Lui continua a demoralizzare.
pazzo…”.
sono detto: “Questa è la novella “Libertà”
Gli chiedo chi è e che fa, e mi spaccio per
|| 18 giugno 2008 || pagina 09 || www.ucuntu.org ||
Giuseppe Scatà
Ridi, ridi...
Quando c'era Lui...
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|| 18 giugno 2008 || pagina 10 || www.ucuntu.org ||
Belzebù
E finalmente Andreotti chiese scusa agli italiani Un momento a suo modo storico. Dopo aver visto “Il Divo” Andreotti si era arrabbiato molto e – cosa rara l'aveva fatto vedere: “Quel regista è un mascalzone!”. Poi, riflettendoci meglio, ha pensato che...
Nei giorni scorsi il senatore a vita Giulio Andreotti ha chiesto scusa agli italiani. È la prima volta. Lo ha fatto dopo essersi pentito per aver definito il film di Sorrentino, che nella sostanza ricostruisce il decennio terminale della sua carriera politica, “una mascalzonata”. Dobbiamo considerare quelle scuse, in apparenza banali e affidate a “Sorrisi e Canzoni Tv”, sotto il profilo simbolico. Negare che il film sia una mascalzonata nei suoi confronti significa ammettere che i fatti rappresentati e i collegamenti proposti, sulla base peraltro di prove certe e documentate, hanno pieno fondamento. È probabile che il carico di segreti, menzogne, delitti e depistaggi che Andreotti si è portato nella sua gobba alla Riccardo III per decenni si sia fatto troppo gravoso per un uomo di quasi 90 anni e che dunque, come accade più esplicitamente nel film “Il divo”, il senatore a vita abbia voluto a suo modo “confessare”. Nessuno deve più aspettarsi che, dopo la sua morte, quando sarà, si troveranno carte contenenti le soluzioni alla catena di stragi, omicidi e complotti sui quali l’ombra del più potente uomo politico democristiano si è allungata a
partire dai primi anni del secondo dopoguerra. Né si deve pensare che quelle scuse siano incompatibili con la convinzione di Andreotti di aver sempre operato, anche nel male, per il bene del Paese e di aver in ogni momento dato una grande dimostrazione delle sue capacità di servitore dello Stato. L’autorizzazione a procedere del Parlamento in occasione del processo per mafia nei suoi confronti fu il suo solo vero incidente di percorso. Se fosse riuscito a strappare l’ennesimo no, Andreotti sarebbe forse diventato presidente della Repubblica e, successivamente, avrebbe potuto predisporsi a morire non con un prevedibile ghigno, ma con un sorriso a fior di labbra. Non è andata così. Pesa come un macigno su di lui il reato, seppure prescritto, di partecipazione ad associazione per delinquere di stampo mafioso fino al 1980, ma pesa soprattutto il giudizio morale del popolo italiano. A dispetto della considerazione che ha di sé, Andreotti non passerà alla Storia con un segno positivo sulla schiena. Sarebbe opportuno ne tenesse conto, soprattutto di fronte a se stesso. Non ha operato per il bene del Paese, ma per il mantenimento del potere, quel potere che
proprio la mafia gli tolse per sempre, il 12 marzo 1992, con l’uccisione del palermitano Salvo Lima, mafioso e capo della corrente andreottiana in Sicilia. Dopo quella morte, la carriera politica di Andreotti conobbe un rapido e inesorabile declino. Il film di Sorrentino rappresenta magistralmente l’uomo, la sua vita condotta nel più assoluto riserbo, senza arricchimenti, guidata – com’è stato detto – dalla costante preoccupazione di non lasciare tracce, se non qualche libro inutile e una battuta sul potere. Ma le tracce, quelle che contano, sono rimaste. Come predisse Moro con largo anticipo durante la prigionia, la vita di Andreotti non si conclude sugli altari, ma nella polvere della “triste cronaca che gli si addice”. Tutto ciò che è venuto dopo, compresa l’assoluzione al processo per mafia, non ha importanza. Il film di Sorrentino è molto bello. Ha il solo difetto di aver involontariamente contribuito ad alimentare il mito del sette volte presidente del consiglio, mentre sarebbe stato più opportuno cominciare fin d’ora a ridimensionarne la figura.
|| 18 giugno 2008 || pagina 11 || www.ucuntu.org ||
Riccardo De Gennaro
Ridi, ridi...
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