Ucuntu n.9

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Terra di lupi Colorare il mondo? Basta un fiore

Bavaglio: ne chiude un altro Catania, “silenziato” Step1 Step 1, il web-magazine universitario di Catania, chiude. A guadagnarci è, come al solito, il quotidiano locale La Sicilia, che rafforza il suo monopolio. Ma ormai il modello da seguire è quello Birmano. A quanto pare >> pagina 4

Ho iniziato coi fiori che nessuno voleva, poi ho imparato a fare i bouquet, poi...”. Adesso nello stradone desolato c'è quella macchia di colori gentili. E anche questo è qualcosa... >> pagina 6

Le elezioni? Noi continuiamo a resistere

Va bene, lavoro continua a non essercene e promesse invece ce ne sono un sacco. Va bene, “tanto non cambierà mai niente...”. Un momento. Chi l'ha detto che prima o poi non può cambiare. Forse dipende da noi. >> pagina 7

|| 03 luglio 2008 || anno I n.9 || www.ucuntu.org ||


Ridi, ridi...

Maurobiani.splinder.com || 03 luglio 2008 || pagina 02 || www.ucuntu.org ||


Promemoria

Facciamo un viaggio al tempo degli orchi? Come verremo ricordati, quelli della della nostra generazione?

cante) e in genere incontreremmo facce tranquille e sodsod-

Non è una domanda domanda tanto per aria: se fossimo stati invitati invitati

disfatte di sé. Può darsi che parleremmo di politica: ma fra

a casa del signor Muller a Berlino Berlino avremmo avuto il

gente educata, su questo punto, non ci si accalora mai

piacere di conoscere conoscere una persona educata e perbene,

troppo. E poi, la politica, politica, lasciamola a chi la fa di mestiere: mestiere:

buon padre di famiglia, ottimo lavoratore, lavoratore, con la sua brava brava

noi abbiamo fin troppe cose a cui pensare. pensare. Il mutuo, mutuo, il

Volkswagen , i suoi marmocchi simpatici e la sua fafa-

dentista, il meccanico, la pagella del bambino... bambino... Così,

migliola complessivamente felice. felice. Faremmo un giro in

sorridendo svagati, si farebbe ora di pranzo: in un locale

centro (traffico ben regolato, molto verde, nessun mendimendi-

caratteristico, caratteristico, accogliente e pulito come tutto il resto.

Più tardi, quando sei ritornato nel tempo tuo, ti accorgi che hai fatto visita alla famiglia degli orchi, nella città degli orchi, nel paese degli orchi. I Muller infatti sono una qualunque famiglia berlinese del 1936 e in quanto tale hanno dirette e personali responsabilità - come oggi sappiamo nello sterminio di milioni e milioni di esseri umani. Personali? Beh, il figlio dei Muller è militare, ma presta servizio nella Wehrmacht, mica nelle Ss. Hans e Annaliste sono regolarmente iscritti, è vero, alla Hitlerjugend e alla Lega delle Ragazze: ma che fanno di male? Campeggio, raccolta di abiti vecchi e qualche chiacchiera ogni tanto. E tutto è così normale: lo sguardo dei bambini, la risata di Muller, le strade. Non ci sono mendicanti, non c’è gente strana. Noi tuttavia sappiamo - venendo da un’altra epoca ed essendo dunque osservatori disinteressati - che il mondo del ‘36 sarebbe stato impossibile senza il consenso dei Muller. E dunque non ci sentiamo autorizzati a stringere le mani che ci vengono porte (borghesemente: perché i Muller, l’abbiamo detto, non sono dei fanatici del Partito) per l’addio. Le mani restano là, protese senza risposta a cercare una comprensione, e i visi sfumano mentre

noi torniamo nel nostro tempo. Nel “nostro” mondo, muoiono trentamila bambini al giorno per cause prevedibili e facilmente evitabili. Seicento milioni di bambini sopravvivono con meno di duemila lire al giorno. Ma questi sono numeri, non vogliono dire niente. Il fatto reale è che, se esci di casa e invece di svoltare da una parte svolti dall’altra, ogni due o tre bambini che incontri uno non ha mangiato. Ogni tanto - diciamo ogni tre o quattro minuti - uno di questi bambini che stai guardando attentamente per capirci qualcosa scivola improvvisamente per terra e non si muove più, perché è morto. E siamo in un sogno didascalico, ancora, dunque del tutto asettico e pulito. Il bambino per terra, nella realtà, evacuerebbe liquidi disgustosi prima e durante il morire. Da una parte, e tuttavia impossibilitato a intervenire, ci sarebbe un altro essere umano per il quale il bambino morente era il centro del mondo, e che in questi istanti sta vivendo l’orrore puro. Ci sarebbero puzza e grida, e rumori casuali. E tutto questo sta avvenendo davvero, in questo preciso istante, e riusciamo a tollerarlo soltanto facendo finta che non sia così. Ma inganniamo noi stessi. Il mondo

vero è quello. Questo - quello di questo monitor - è meno vero di esso. Mi fermo qui, perché questo è un ragionamento impossibile da portare avanti oltre un certo grado. Ho bisogno - come te, e come tutti - di un certo livello di rimozione, perché altrimenti mi sarebbe difficilissimo vivere normalmente senza diventare asociale. Ma quelli che verranno dopo di noi compagni posteri, diceva Majakowskij non avranno di questi problemi. Loro vorranno semplicemente studiare scientificamente il nostro mondo, freddamente: perché ormai tanto tempo sarà passato. Studieranno di noi come noi studiamo gli assiro-babilonesi, apprezzando al loro giusto valore tanto gli inni cosmici ad Enkhidu quanto i prigionieri impalati. E, forse, decideranno che siamo stati più o meno la stessa roba che i tedeschi del trentasei. Parleranno di Olocausto, come noi ne parliamo. Si meraviglieranno grandemente, con aria di sufficienza, per la nostra acquiescenza. “Come hanno fatto a non ribellarsi?” diranno, senza voler sapere di noi altro che questo. Riccardo Orioles

|| 03 luglio 2008 || pagina 03 || www.ucuntu.org ||


Bavaglio

100.000 euri a €iancio e manco una lira per Step 1 Step 1, il web-magazine universitario di Catania, chiude. A guadagnarci è, come al solito, il quotidiano locale La Sicilia, che rafforza il suo monopolio. Ma ormai il modello da seguire è quello Birmano. A quanto pare Step1, il web-magazine universitario di Catania, chiude. Non ha una sede, non ha un centesimo, non ha attrezzature. Insomma non ha nulla di quello che serve per proseguire il suo serio lavoro di giornalismo d’inchiesta. Vedi lo smascheramento del caso dei "Rom-rubabambini" cresciuto e rapidamente sgonfiato su "La Sicilia" (e ripreso da tutti). Intanto, grazie a una delibera del 30-01-2007, rinnovata il 21-12-2007, l’Ateneo catanese (60mila euro) e l’Ersu (40mila euro) danno un totale di 100mila euro l'anno a "La Sicilia" per avere copie gratuite nelle Case dello studente e quattro pagine settimanali dedicate all’Università. Di pochi giorni fa "La Sicilia" titolava che "l'Ateneo Catanese è al 10° posto nella classifica dei mega-atenei". Poi leggi meglio, e scopri che la classifica è fatta su 11 mega-atenei: decima su undici c'è Catania. Ciancio e Università, insomma (a giudicare da questi titoli) si vogliono molto bene. E capirai: come prova d'affetto centomila euro l'anno non sono una nocciolina. Soldi regalati a un

giornale palesemente schierato, con ampie marchette per i politici, con editoriali spietatamente di parte (attualmente per Lombardo) e parecchie notizie date a metà, o del tutto false: "La Sicilia" 17-05-2008: “Chiusa l’indagine ministeriale, al Porto di Catania tutto in regola”, è raggiante Santo Castiglione, commissario dell’ente di gestione del porto. Falso, perché al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, dice il comitato Porto del Sole, non ne sanno nulla dell’esito dell’inchiesta. A parte i 100mila euro, c'è pure una docenza a Scienze della comunicazione per un suo giornalista. Fino al 2007 c'è stato un "corso di giornalismo" modello Ciancio, promosso insieme. Un sito fresco e libero come Step1, fatto dagli studenti, a un livello professionale non inferiose (mettiamola così) de "La Sicila" viene invece abbandonato e lasciato senza il becco di un quattrino. Certo: è un sito fatto bene, una voce libera che dà fastidio. In una città come Catania, col monopolio dell'informazione e senza

libertà di stampa, gli intellettuali della città - che teoricamente dovrebbero risiedere all'Università - dovrebbe pur dire qualcosa sul "giornalismo" fatto a questa maniera. Non solo quello di Ciancio: persino Repubblica qui (stampata da Ciancio) si autocensura, vietando la distribuzione della sua stessa cronaca regionale per non far concorrenza a quella di Ciancio. E invece, gl'intellettuali, zitti e mosca. Altro che "seguir virtute e canoscenza": molto più comodo vivere come bruti. Alla faccia delle numerose epigrafi ai Benedettini, sul Valore della Cultura e cose del genere. Ma la Facoltà di Lingue non era a favore della lotta dei monaci birmani, per esempio? Certo. Ma la Birmania sta in Birmania e noi stiamo qui. Ma forse, a pensarci bene, anche Catania sta in Birmania. Almeno un po'. *** A suo tempo intervistammo l'ex pro-rettore Pioletti e il rettore Recca, in un'inchiesta sulla mancata convenzione universitaria coi Teatri catanesi: >>>

|| 03 luglio 2008 || pagina 04 || www.ucuntu.org ||


Bavaglio

“Non c’è Università che non faccia convenzioni con i grossi quotidiani. La Sapienza, ad esempio, ce l’ha con il Messaggero”. “Fino a due anni fa si pagava molto di più: 47mila euro l'anno per tre pagine e sessantamila le pubblicità delle varie facoltà. Ora sono solo sessantamila: un risparmio!". "E poi l’Ateneo è fatto da diverse teste. C’è pluralità, dialettica, ci sono iniziative antimafia, come la vista alla tomba di Giuseppe Fava nella ricorrenza della morte. O i convegni sulla Costituzione o per l’anniversario dei Siciliani. O Umberto Santino invitato a un convegno sulla mafia. Prima questcose non c’erano. L’Università è aperta ad ogni iniziativa, senza distinzioni di colore politico”. “Comprare pagine dalla Pubblikompass (ndr: agenzia pubblicitaria di Ciancio) costerebbe di più. E poi noi possiamo fare la

convenzione solo con La Sicilia, vista la sua distribuzione sul territorio. E’ una scelta di mercato” dice Mariano Campo, direttore responsabile del Bollettino d’Ateneo (il giornale ufficiale dell’Università). “E’ una convenzione finalizzata all’informazione, non è promozione, è una bacheca ”. *** Franco è uno studente di Lingue e Letterature straniere, molto vicino alla laurea: “I ragazzi qui al monastero dei benedettini (ndr. sede delle tre facoltà umanistiche) sanno le cose, voglio dire i concerti, o gli incontri, o le borse di studio, dai manifesti attaccati all’ingresso, dalla bacheca vicino al bar fatta coi volantini appiccicati con le puntine o con lo scotch, e dal passaparola”. Roberto, al secondo anno

di giurisprudenza, “Io guardo il sito Unict.it. Basta. Qui La Sicilia non la legge nessuno”. “C’è il monopolio dell’informazione a Catania? Non è colpa nostra. Se le cose stanno così come dite, e l’attività di Ciancio è problematica, che se ne occupi la magistratura. Ciancio, che io sappia, è un uomo libero. Io so solo che quando mi sono insediato come rettore e ho visto le cifre che venivano date dall’Ateneo alla Sicilia, ho fatto un salto sulla sedia. Si doveva risparmiare, e abbiamo fatto la convenzione che conoscete”, dichiarò il rettore Antonio Recca, di fronte alla sua stanza.

|| 03 luglio 2008 || pagina 05 || www.ucuntu.org ||

Giuseppe Scatà


Quartieri/1

“Voglio provare a colorare 'sta roba qua” All'angolo dello stradale, nel quartiere più periferico di Catania, c'è un'improvvisa macchia di fiori. E' il negozio di Massimo, che fa il fioraio. “Ho iniziato coi fiori che nessuno voleva, poi ho imparato a fare i bouquet, poi...”. Adesso nello stradone desolato c'è quella macchia di colori gentili. E anche questo è qualcosa...

L’angolo più fiorito e colorato di S.Giorgio si trova al numero 154 dello Stradale S.Giorgio ed è un negozio di fiori e piante ben curato gestito da Massimo Tosto, trentenne dall’aria sicura che nel suo mestiere è tosto di nome e di fatto, a giudicare dall’entusiasmo con cui i clienti presenti ne decantano la bravura. Parlare con Massimo per soli cinque minuti, senza che abbia da fare qualcosa nel negozio colmo di belle piante e composizioni floreali, è impossibile: è sabato ed i clienti fanno la fila per essere serviti, chiamandolo “l’artista della composizione”. Massimo non si vede ancora, sta “creando” nella sua stanza un mazzo di rose per una signora, ma quando appare dalla porta si mette subito in posa per la foto di rito, felice di poter mostrare le sue creazioni ai lettori de La Periferica. “Ho iniziato questo lavoro – racconta - a diciannove anni, frequentando il negozio di fiori di un amico. Giorno dopo giorno ne è nata una passione: all’inizio cercavo di dare una mano e preparavo dei mazzolini da

portar a casa con i fiori che rimanevano, quelli da buttare via. Poco a poco facendo una gavetta di cui sono fiero – sottolinea Massimo – ho imparato a fare i bouquet e ci stavo mezza giornata per realizzarli, perché volevo che fossero perfetti” - E poi? “Quando ho capito di aver superato in bravura tutti gli altri impiegati del negozio mi sono iscritto a scuola, conseguendo il diploma in arte floreale e un attestato di tecniche di confezionamento. Io – continua – ho sempre accettato le critiche ed i suggerimenti degli insegnanti, anche se alla fine ciò che importa è ottenere uno stile personale nel proprio lavoro. La gente – afferma – riconosce ovunque le mie creazioni, io non seguo il linguaggio dei fiori, ma lo creo, dando al cliente qualcosa che lo rende soddisfatto”. Dal 2005, anno in cui Massimo ha iniziato la vendita in proprio, ad oggi le soddisfazioni si sono succedute e secondo Massimo è tutta una questione di professionalità: “Molti si improvvisano in un mestiere, ma io mi

sono specializzato e quando al cliente presento il mio lavoro so che se paga 15 euro quel mazzo deve valerne 25 e non 10, come fanno in tanti. - Ma qual è il tuo segreto? “Il segreto? Realizzare una composizione come se la stessi facendo per me stesso. In questo modo faccio sempre il massimo e se non mi piace il risultato ricomincio, rimettendoci anche dei soldi a volte. Ho scelto di aprire la mia attività a S.Giorgio perché qui sono cresciuto, ma la gente viene a comprare da me anche dalle zone più inn della città. Quello che spero è che si investa in questa zona, per farla diventare autonoma: se c’è bisogno di un qualunque cosa bisognerebbe poterla comprare o ottenere qui e non doversi spostare in altre parti della città. Se i politici lavorassero nell’interesse della gente, tutta questa periferia potrebbe diventare un Comune a se stante e stare meglio. Ci vuole la testa – conclude Massimo – ed io ci spero…”. Cristina Perrotta

|| 03 luglio 2008 || pagina 06 || www.ucuntu.org ||


Quartieri/2

Catania Noi si resiste adesso e da qui Va bene, abbiamo perso le elezioni. Va bene, lavoro continua a non essercene e promesse invece ce ne sono un sacco. Va bene, “tanto non cambierà mai niente...”. Un momento. Chi l'ha detto che prima o poi non può cambiare. Forse dipende da noi. Forse se si resiste...

Una mamma della scuola Andrea Doria, ci sventolò davanti il buono libro per la figlia che la giunta Scapagnini diminuì da 36 a 18 euro. Un’altra mamma ci fece notare il lago che si formava quando pioveva proprio davanti la Doria in via Cordai, e quando non pioveva restavano crateri degni di un vulcano. Un ragazzino con la bicicletta arrivò da noi al doposcuola con le ginocchia tutte sanguinanti, era caduto dentro uno dei tanti crateri disseminati nel quartiere. Un’anziana donna di nostra conoscenza fu ricoverata in ospedale con il femore rotto; il buio della strada, per la luce tagliata, aveva nascosto la fine del marciapiede. Un papà ci fece entrare in casa per farci vedere la cacca del topo che aveva deciso di abitare in casa anziché stare nella discarica vicina, in via Gramignani. Un vecchio pensionato svenne per il caldo facendo la fila fuori dall’unico ufficio postale della zona in via Plebiscito, fortunatamente la sua tempra di vecchio manovale lo ha salvato e il nipotino al doposcuola ritornò contento per non aver perduto il nonno. Una mamma si era messa a fare pulizie

presso alcune famiglie “bene” della città per “sbarcare il lunario” perché aveva il marito a casa con le costole fratturate in un incidente di lavoro, ma essendo a nero non gli toccava neanche un centesimo e non poteva denunciare nessuno per non perdere il precario lavoro. Una bimba di 7 anni fu investita in via Cordai da una vespa guidata, fortunatamente, da un tranquillo signore e il trauma cranico si è risolto in 5 giorni di ospedale (un attimo prima però a passare era un ragazzotto, come tanti, che sfrecciava con una grossa moto alla velocità di almeno 90 chilometri orari). Una signora, dopo una giornata di pulizie nelle case altrui, ci raccontava che in effetti il suo stipendio reale era meno della metà di quello ufficiale, ma “spatti c’ava diri grazie”. “Stamattina non mi hanno chiamato come manovale – dice un ragazzo che frequenta il Gapa – Sugnu peri peri ppa strada” a cercare di far passare il tempo e la rabbia. Un ferramenta accoglie i clienti come extraterrestri, tanto sono diventati rari dopo che i

Mega Brico-Center sono spuntato dappertutto come i funghi. Lo sguardo preoccupato di un giovane barbiere del quartiere fa intendere che “ormai non c’è nenti chi pigghiari, semu pessi”. Ce n'è tante di queste storie. Dopo queste elezioni comunali abbiamo riconsegnato la città a coloro che non hanno fatto nulla per dare risposte concrete a queste storie, anzi le hanno aumentate sia per numero e sia per gravità. A parole però, nell’ultimo mese di campagna elettorale, i problemi sembrano magicamente risolti. Ma c'è da credere a queste belle promesse? Secondo noi invece bisogna ripartire da quelle storie di uomini e donne semplici che non si sono persi d’animo e che non vogliono mollare, che ancora credono in un futuro migliore per loro e per i loro figli. Noi vogliamo ricominciare perché vogliamo uscire dal buio del “tanto non cambia niente”. Noi vogliamo riorganizzarci, perchè le risposte concrete ai veri problemi del quartiere e di Catania le dobbiamo trovare insieme. Toti Domina

|| 03 luglio 2008 || pagina 07 || www.ucuntu.org ||


Ridi, ridi...

maurobiani.splinder.com || 03 luglio 2008 || pagina 08 || www.ucuntu.org ||


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