Disegno di Valentina Ferro
Università : Variabile tendente al mosso, con vaste aree di non-rassegnazione sparsa – E siamo ancora all'estate... luglio 2010/ uni_verso / pagina 1/
Persone, non burattini
La violenza che ci fanno Da tempo ormai il governo porta avanti decreti di legge che hanno permesso, e permettono ancora, riduzioni dei finanziamenti all’università. Per questo motivo le università pubbliche non riescono più ad andare avanti in condizioni normali e dignitose e si trovano costrette a prendere misure drastiche, come l'eliminazione di corsi di laurea, se non si trovano addirittura costrette alla chiusura. Di questo passo solo pochi privilegiati potranno permettersi il "lusso" di crearsi il futuro che preferiscono. Quella che si sta attuando altro non è che una violenza al sapere, levandoci la possibilità di studiare e lavorare dignitosamente e formarci culturalmente. Di fronte alla consapevolezza della gravità di ciò che sta accadendo nascono spontanei movimenti di protesta ed opposizione, portati avanti da persone che non intendono restare inerti mentre si vedono strappare via i loro diritti, persone pronte a dimostrare di non essere disposte a far parte di quel gioco di burattini di cui ci vogliono schiavi. c Ferro ___________________________________
“Chi crolla?” “L'università o il governo?” L'Università è un posto fuori norma, la sua complessità non rientra nello spirito del tempo. Occorre semplificare, l'efficienza -misurata non si sa come - ce lo impone. I ricercatori secondo la Gelmini sono inutili, aboliti. Per legge. I ricercatori dimostrano la loro "utilità" decidendo di non tenere le lezioni per le quali non sono stati assunti e non sono pagati. L'Università crollerà o crollerà la Gelmini e il governo Berlusconi che dell'università - e non solo - se ne frega? Non lo sappiamo. Protestiamo perchè il nostro compito è sempre quello di resistere un minuto in più dei cattivi, e in questa resistenza progettare l'altro mondo possibile. Nicola Varsallona ___________________________________
“Inutile la Ricerca?” “E noi come ci faremo sentire!” Se ti dicono "inutile" dopo anni di gratuiti sacrifici, un minimo t'incazzi. Se vogliono abolirti per legge dovresti smontare l'universo. Il governo ha detto che i ricercatori non dovranno più esistere. I ricercatori hanno scelto di non sacrificarsi più per farsi sentire. In questa protesta ci sono anche gli studenti, il cui futuro è già stato cancellato per legge (30). Ma non ce ne siamo accorti ancora. La spirale sacrificio/competizione finora ci ha distratto troppo. Ma oggi siamo solidali con i ricercatori, come in mille altri posti dell'ingiustizia, perchè il suo opposto esiste ed esisterà sempre. Arturo Giunta ___________________________________ luglio 2010/ uni_verso / pagina 2/
LETTERA DEI RICERCATORI DELL'UNIVERSITA' DI CATANIA Quattro stralci per ricordare
“Il paese europeo che investe di meno nella ricerca e nell’Università” L’università italiana vive una fase di tremenda crisi. (...)Il governo, ha ridotto del 20% i finanziamenti all’università. Le conseguenze sono un aumento costante e progressivo delle tasse universitarie, diminuiranno le borse di studio, le mense, le case dello studente, verranno tagliati molti corsi di laurea. Senza queste forme di assistenza solo le famiglie ricche potranno affrontare la scelta di una formazione universitaria dei figli. Questo non è giusto, non è civile, non è dignitoso. *** “Con questa politica l’Italia diventerà presto un paese sottosviluppato” Il 40% di quelli che giustamente chiamate “professori” sono precari, “contrattisti”, il cui posto di lavoro è messo a rischio dai tagli ai finanziamenti dell’Università pubblica previsti dal governo già a partire da quest’anno. E forse voi ignorate che senza quel 40 % l’offerta didattica rischierebbe di essere affidata a soggetti estranei all’università e assolutamente non qualificati. *** “Senza attenzione al futuro, c'è il rischio del collasso” Noi ricercatori siamo stati assunti e siamo valutati solo per fare ricerca. La Gelmini ci vuole mettere ad esaurimento, senza riconoscere il lavoro didattico che svolgiamo da diversi anni. Abbiamo deciso di attenerci a quello che la legge prevede per il nostro ruolo: di rifiutare gli insegnamenti, di mostrare a tutti che l’Università rischia il collasso. Molti associati e ordinari stanno aderendo alla nostra protesta, rifiutando di assumere i nostri insegnamenti scoperti. *** “La protesta di tutti” Vogliamo una università che aiuti il paese a crescere, una università che dia benessere e futuro ai nostri giovani. il futuro e il benessere non ce li regalerà certo la televisione! Per questo vi chiediamo di sostenere la nostra protesta. La nostra protesta è a vostra disposizione; la nostra protesta ha un senso se diventerà la protesta degli studenti, delle famiglie, di tutta l’università. Non lasciamo che rubino il nostro futuro!
Movimento
Questo giornale per agire e raccontare Lo scopo di noi studenti è quello di studiare per crearci il nostro futuro. Quello che purtroppo non ci è dato è COME questo futuro debba essere: studiamo, facciamo contenti i nostri genitori, ma raramente ci chiediamo per chi e per cosa lo stiamo facendo Il nostro dovere di cittadini e di uomini, ancor prima di quello dello studio, è inizialmente quello di interrogarci, poi quello di agire propositivamente per cambiare ciò che non ci piace. Ed è per questo che noi vogliamo dare vita a questo giornale, nella speranza che voi che lo leggete condividiate il principio che ci muove, e siate stimolati ad esprimere un vostro parere su un argomento che vi sta a cuore. Tutto ciò che succederà in futuro non lo sappiamo, ma è sicuramente bello che a raccontarlo ci sia uno di noi! In questi giorni il focolaio delle proteste dell'autunno caldo del 2008 si sta ridestando e ad alimentarlo c'è un'altra componente, quella dei ricercatori e dei professori. Se un paio di anni fa erano gli studenti a scendere in piazza, ad occupare facoltà e rettorato, oggi la componente agguerrita ha qualche anno (e qualche qualifica) in più. Paradossalmente ora sono loro ad attendere la protesta degli studenti; studenti che, tra quelli delusi dagli esiti negativi delle precedenti lotte, e in maggior numero tra quelli che provano timore per il loro futuro e soprattutto vogliono pensare alla loro carriera universitaria, non sembrano convergere verso un ideale comune e tanto più verso un'opposizione forte ed unita. Come studente e come rappresentante studenti alla Struttura Didattica Aggregata di Fisica ( SDAF) di Fisica, ho vissuto intensamente le più disparate forme di protesta che si sono succedute in questi anni. L'onda ha dato un'enorme carica a moltissimi giovani che si sono trovati orgogliosamente a ribadire i loro diritti di cittadini. Dalla adesione e dalla determinazione delle proteste sembrava che fossimo prossimi ad una svolta, al riscatto di una generazione. Ma dopo qualche mese, ecco il risultato: calo delle proteste da parte degli studenti, e lo scandaloso silenzio dei professori, tra coloro che si sono rassegnati speranzosi (forse) di un futuro migliore e quelli che si sono venduti in cambio di qualche contentino all'italiana. Passa il tempo, e l'assuefazione ci avvolge, così come vuole chi ci governa. Ma ecco che ora, le coscienze dei ricercatori, supportate dai docenti, si svegliano come da un in-
cubo: “il tempo è davvero poco, c'è l'estate davanti, bisogna fare qualcosa, bisogna essere uniti”...Buongiorno gente!!! Finalmente abbiamo capito che siamo davvero al capolinea. Lo stato in cui oggi l'Università si trova non è che un tassello di un puzzle che i nostri governanti cercano senza remore morali di assemblare per creare una società fatta di gente che non si ponga domande, che sia addormentata: tu dormi e io ti rubo a casa, tu non te ne accorgi, e quando ti svegli mi ringrazi perchè sto lavorando per il tuo bene! Il primo tassello è quello della cultura, dell'istruzione. Tagliare, mutilare, colpire fino a indebolire anche i più duri, e con l'informazione manipolata, convincere gli italiani che i nostri politici sono degli eroi che lavorano per costruire uno stato più forte che deve fare fronte ai gravissimi problemi della “crisi”. Intanto l'Italia investe solo lo 0.8% del PIL per la ricerca! Ho assistito a diverse riunioni, sia tra studenti che tra ricercatori e docenti. Il mio corso di laurea, pur non essendo di certo il fiore all'occhiello della protesta nazionale, è un'isola felice rispetto allo stato di putrefazione di altri corsi e facoltà dell'Ateneo catanese. I ricercatori hanno deciso di rinunciare agli insegnamenti gratuiti, i docenti hanno sostenuto questa lotta non assumendosi l'incarico lasciato vacante. Durante l'ultima riunione della SDAF abbiamo deciso di non proclamare i bandi per il nuovo anno accademico, e il giorno dopo è stata boicottata l'elezione del nuovo presidente della SDAF. Nel resto dell'Università di Catania la componente ricercatori si sta muovendo energicamente svolgendo una vera e propria lotta contro i docenti e presidi politicizzati. Mancano all'appello intere facoltà, come Economia, Lettere e Filosofia, Giurisprudenza, mentre altre registrano ben poche adesioni alle proteste. Statistiche alla mano, Catania è tra le tra le piazze meno attive. Nel resto d'Italia le proteste stanno crescendo, a partire dal blocco delle lauree della facoltà di Ingegneria di Napoli. La situazione catanese è la solita: molti ricercatori e studenti si stanno mobilitando, ma ci sono troppi professori politicizzati che fanno di tutto affinchè tutto passi con un tacito assenzo. A mio avviso però la componente attiva dovrebbe agire con dura fermezza. In una riunione dei ricercatori al Dipartiluglio 2010/ uni_verso / pagina 3/
mento di Fisica, ho sperimentato in questi anni diversi tipi di protesta: manifestazioni, occupazioni, articoli sulla stampa, programmi alla radio. Sembrava si stesse aprendo un mondo inaspettato. Invece la nostra lotta ha avuto un esito vano, o comunque al di sotto delle aspettative, perchè non è cambiato niente, l'Università va sempre più a rotoli. Su una cosa siamo tutti d'accordo: le ragioni della lotta devono arrivare alle famiglie, all'opinione pubblica. I ricercatori catanesi hanno scritto una lettera aperta agli studenti e alle famiglie, che considero veramente bella ed esauriente. Ma inutile. Come fare arrivare la protesta alle famiglie? Come sensibilizzare la gente totalmente estranea all'università alla catastrofe che si profila? E allora dico che per fare parlare di qualcosa bisogna creare fastidio alla gente, bisogna toccarli nel privato e sconvolgere un po' la loro vita, altrimenti nessuno si muoverà e tutto andrà in porto come il nostro governo vuole. Qualcuno pensa che già il fatto che gli studenti sappiano che il prossimo anno molti suoi insegnanti ricercatori saranno rimpiazzati da gente sconosciuta, e quindi che la qualità dell'insegnamento crolli, sia già un valido argomento per fomentare la protesta. Cosa propongo? BLOCCO DEGLI ESAMI DI PROFITTO E DI LAUREA AD OLTRANZA. Lo dico da studente che deve dare l'ultimo esame e sta scrivendo la tesi. Questo metodo credo sia l'unico efficace perchè entra dritto nelle famiglie: se io dico a mio padre che non mi posso laureare allora si chiederà che sta succedendo di così grave all'università, e magari vedrà con un occhio diverso le manovre del governo fino ad ora considerate sacre, e magari parlando con amici e parenti riuscirà a convincerli di quello che sta succedendo. Ovviamente questa proposta è alquanto impopolare, e non solo tra i miei colleghi, ma anche tra i ricercatori e i docenti. La maggior parte vuole evitare il blocco delle lauree perchè crede che gli studenti non possano pagare un prezzo così alto.. Ma riflettiamo: se invece tutto rimane così e vedremo violentare la nostra cultura e quindi la nostra dignità di cittadini giorno dopo giorno, questa è una cosa che va a favore degli studenti? É ovvio che siamo arrivati ad un punto della storia italiana in cui è necessario, altrimenti sarà troppo tardi. *
SCHEDE
La protesta in Italia
Questa pagina fornisce informazioni sul grado di diffusione della protesta contro il DDL 1905/2009. Dal sito del Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca (MIUR) complessivamente risulta che in Italia sono presenti 66 Atenei, corrispondenti a 533 Facoltà. I dati raccolti riguardano 39 atenei, per un totale di 268 Facoltà. Abbiamo raccolto dati relativi a 14606 ricercatori, di cui 9107 (il 62.35 per cento) Ateneo
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% indisponibilità 67.63% 53.62% 81.68% 3.23% 67.53% 69.30% 75.55% 76.64% 41.49% 89.29% 66.31% 41.42% 65.64% 89.70% 70.09% 68.09% 64.54% 86.01% 62.66% 75.26% 75.05% 64.29% 77.16% 63.43% 64.98% 30.25% 86.79% 38.47% 90.57% 70.68% 84.62% 66.08% 85.71% 76.79% 65.44% 52.36% 43.50% 90.00%
# ric. censiti 658 138 131 31 1152 469 319 107 605 28 469 548 163 233 107 351 595 243 316 877 501 448 591 391 414 238 53 1744 106 133 338 286 189 112 136 867 354 20
72.41% 145 Iniziativa a cura del Coordinamento dei Ricercatori Torinesi e Rete29AprileRete29Aprile . I dati presenti in questo sito possono essere liberamente riprodotti a condizione che ne venga citata la fonte.
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