Firenze e il suo fiume a 50 anni dall’alluvione DIspLUVIO “La lotta contro la distruzione del suolo italiano sarà dura e lunga, forse secolare. Ma è il massimo compito d’oggi, se si vuole salvare il suolo in cui vivono gli italiani…” .
II Belpaese, si sa, è tanto bello quanto fragile: se queste due parole avessero costituito nella storia del nostro territorio i riferimenti di una politica attenta avremmo saputo far crescere un atteggiamento di consapevolezza e responsabilità collettiva e individuale verso l’ambiente e il patrimonio culturale italiano. Come conseguenza, in questa ottica, avremmo potuto far fronte agli eventi eccezionali con una programmazione che è il contrario di risposte – quali sono invece state – dettate dall’emotività e sull’onda dell’emergenza. Una logica dal respiro corto. Quegli eventi avrebbero potuto, altresì, essere colti come un’opportunità per costruire una linea di demarcazione – quel Displuvio, appunto – che separa e distingue la risposta all’emergenza da un progetto di prevenzione. Dall’alluvione di Firenze, dalle quali partono le riflessioni di questo libro, agli ultimi e recentissimi eventi disastrosi in altre parti d’Italia i fatti dimostrano che una cultura della prevenzione dei rischi non ha a tutt’oggi messo radici nel nostro Paese. E quanto mai attuale è – purtroppo – ancora il richiamo di Luigi Einaudi. Era il 1951.
Firenze e il suo fiume a 50 anni dall’alluvione - DIspLUVIO
Dalla lettera di Luigi Einaudi ad Alcide De Gasperi, 1951, scritta al termine di un viaggio dalle zone del Polesine colpite dall’alluvione in “Lo scrittoio del Presidente, 1948-1955”.
Firenze e il suo fiume a 50 anni dall’alluvione DIspLUVIO
ISBN 978-88-99695-22-4
9 788899 695224
Euro 20,00 (i.i.)
A cura di Barbara Nozzoli e Rossella Rossi
Prefazione di Mariella Zoppi
Testi di Stefano Bertocci, Gabriele Corsani, Alberto Di Cintio, Manlio Marchetta, Emanuela Morelli, Barbara Nozzoli, Chiara Odolini, Rossella Rossi, Roberto Erich Trevisiol, Stefania Vitali, Mariella Zoppi Immagini di Adriano Bartolozzi e Piero Roselli
ANGELO PONTECORBOLI EDITORE FIRENZE
Firenze e il suo fiume a 50 anni dall’alluvione DIspLUVIO
Firenze e il suo fiume a 50 anni dall’alluvione DIspLUVIO A cura di
Barbara Nozzoli e Rossella Rossi
Prefazione
Mariella Zoppi
Testi di
Stefano Bertocci, Gabriele Corsani, Alberto Di Cintio, Manlio Marchetta, Emanuela Morelli, Barbara Nozzoli, Chiara Odolini, Rossella Rossi, Roberto Erich Trevisiol, Stefania Vitali, Mariella Zoppi Postfazione di Adriano Bartolozzi Immagini di Adriano Bartolozzi e Piero Roselli
ANGELO PONTECORBOLI EDITORE FIRENZE
Unità di Ricerca PPcP
Paesaggio, Patrimonio culturale, Progetto
Gli autori degli scritti contenuti in questo volume – docenti e ricercatori – fanno parte dell’Unità di Ricerca Paesaggio, Patrimonio culturale, Progetto (PPcP) del Dipartimento di Architettura dell’Università degli Studi di Firenze. Gli studi e le ricerche che vengono svolti all’interno dell’Unità sono indirizzati prevalentemente ai temi dell’ambiente, del paesaggio e del patrimonio artistico e culturale in un’ottica di sostenibilità, scelte consapevoli, qualità del vivere e dell’abitare, nuove progettualità. Particolare interesse viene dedicata anche ai temi della prevenzione e riduzione dei rischi fisici e ambientali.
Progetto editoriale: Angelo Pontecorboli
Tutti i diritti riservati Angelo Pontecorboli Editore, Firenze www.pontecorboli.com – info@pontecorboli.it ISBN 978-88-99695-22-4
Sommario
7 Mariella Zoppi Introduzione
11
Rossella Rossi L’alluvione raccontata dai giornali nazionali ed esteri: una analisi retrospettiva
19
Gabriele Corsani Riflessioni e proposte di Edoardo Detti dopo il 4 novembre 1966
31
Barbara Nozzoli L’alluvione e il patrimonio artistico: gli appelli e le iniziative di Carlo Ludovico Ragghianti
43
Mariella Zoppi Dopo le acque e il fango, la Firenze di oggi
51
Alberto Di Cintio Dopo 50 anni ... le speranze tradite
69
Emanuela Morelli Arno: costruttore di paesaggi urbani fiorentini
97
Manlio Marchetta, Stefania Vitali Nascita, sviluppo, riforma e declino dei quartieri nati dall’alluvione del ’66
125
Stefano Bertocci, Chiara Odolini, Roberto Erich Trevisiol Via Palazzuolo: il rilievo e l’urbanistica per la definizione dei capisaldi di Resilienza Urbana
137 Adriano Bartolozzi Postfazione
Introduzione
Questa raccolta di scritti, contributi e riflessioni a mezzo secolo dalla grande alluvione del 1966, ha l’obiettivo di recuperare il senso del rapporto fra la città di Firenze e il suo fiume, che pur nella diversità di vita che ha contraddistinto le due sponde, si pone come identità unica, con il fondante carattere di “essere attraverso”. L’Arno non solo percorre Firenze, ma la definisce, la permea, la struttura. L’Arno, i suoi ponti e le sue sponde identificano Firenze almeno quanto le architetture di Filippo Brunelleschi o di Arnolfo di Cambio. Firenze nasce, in fondo, come ponte sull’Arno: guado, passaggio, sosta in una terra che si impantana, ma che si afferma attraverso la capacità d’inventiva, di tessere rapporti e commercio e di produrre cultura da parte dei suoi abitanti. I ponti sembrano scrivere la storia della città con la varietà delle loro vicende che raccontano di un’incredibile capacità di sopravvivenza come il Ponte Vecchio, di grandi architetti come Bartolomeo Ammannati e di pazienti ricostruzioni e attenti restauri come il Ponte a Santa Trinita, di distruzioni e di sostituzioni come per il Ponte Rubaconte (oggi alle Grazie) con le sue celle o per quello delle Catene (oggi della Vittoria) che segnava la fine dell’abitato a valle in corrispondenza delle Cascine, fino a quelli novecenteschi come il Ponte all’Indiano, quello di Varlungo o il ponte Vespucci dalle linee essenziali capolavoro dell’immediato dopoguerra e opera di Gori e Morandi.
Come il fiume accompagna la vita della città così il filo conduttore che unifica questo volume sono le significative e impeccabili foto di Adriano Bartolozzi, che scandiscono i giorni delle acque e del fango ordinate nella sequenza temporale dello sbigottimento collettivo alle piogge incessanti, delle prime reazioni dopo le circospette ricognizioni dei danni fino al lavoro comune di recupero e ripristino per il ritorno alla normalità. Sono infatti scandite dall’ordine cronologico e testimoniano la curiosità documentaria di un giovane ricercatore universitario attento osservatore di quanto sta avvenendo intorno la lui, nella sua città dove eccezionalità e quotidianità convivono (o forse dovremmo dire convivevano) in una simbiosi straordinaria. Gli scritti, a cura dell’Unità di Ricerca Paesaggio, Patrimonio culturale e Progetto (PPcP) dell’Università di Firenze, danno conto del dibattito successivo su Firenze partendo da quelli che affrontano le reazioni all’indomani dell’evento di cui Rossella Rossi propone una lettura critica dei reportage della stampa nazionale ed estera, che testimonia la vicinanza dell’opinione pubblica mondiale aldilà delle retoriche che troppo spesso tendono a prendere il sopravvento sui fatti, mentre Gabriele Corsani coglie il tema dall’interno e interpreta le riflessioni di Edoardo Detti in relazione all’applicazione del PRG del ’62 e ai tentativi di sovvertimento che si andavano profilando per il centro storico e le colline. 7
Barbara Nozzoli riporta all’attenzione il tema del rapporto tra Firenze e l’arte contemporanea ripercorrendo le iniziative e l’appello di Carlo Ludovico Ragghianti agli artisti subito dopo l’evento. A questi si affiancano gli scritti che si soffermano sull’analisi delle incerte e ricorrenti ambiguità della pianificazione urbana, in cui costante appare il pervicace tentativo di scardinare il suo principale strumento regolatore, il piano del ’62, e con esso la struttura sociale che in quel piano si era riconosciuta e spontaneamente si era aggregata in comitati (i Quartieri) che si erano formati nella solidale reazione della popolazione alla calamità e avevano proseguito il loro compito in quella che può essere definito come uno dei primi grandi cantieri di partecipazione popolare. Sono questi i temi trattati da Mariella Zoppi, Alberto di Cintio, Manlio Marchetta e Stefania Vitali, completati dal saggio sul paesaggio urbano
di Emanuela Morelli che approfondisce non pochi aspetti della relazione profonda e spesso conflittuale fra la città e il suo fiume. Un complesso di riflessioni che costituisce la parte centrale del libro e che si pone come un percorso di riflessione e di riordino di quanto è avvenuto a Firenze nell’ultimo mezzo secolo e che diventa una sorta di verifica sulle aspettative e le speranze sul futuro della città che si erano generate nel post-alluvione e che non sempre hanno avuto un percorso lineare o positivo. Il volume si conclude con uno sguardo ai problemi del futuro, attraverso lo studio di Bertocci, Odolini e Trevisol in cui via Palazzolo, una strada problematica del centro storico, è presa come esempio applicativo in cui rilievo e urbanistica collaborano per definire i principi e le azioni da mettere in campo per prevenire ed, eventualmente, affrontare possibili scenari di possibili esondazioni.
Mariella Zoppi
Responsabile scientifico dell’Unità di Ricerca PPcP
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Foto di Adriano Bartolozzi
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Foto di Adriano Bartolozzi
10
L’alluvione raccontata dai giornali nazionali ed esteri: una analisi retrospettiva Rossella Rossi
A cinquanta anni dall’alluvione di Firenze una riflessione su ciò che venne pubblicato da alcuni giornali italiani e dell’Europa del nord all’epoca dell’evento. L’analisi degli articoli della stampa nei giorni dell’alluvione a Firenze offre un esempio di come i mass media nazionali e stranieri rispondono ad un disastro. Gli articoli vengono poi paragonati con quelli sulla bomba del Georgofili del 1993 ritenendo che da tale raffronto si possa trarre una ancora più chiara indicazione su quali aspetti vengono privilegiati dai giornalisti italiani e quali invece da quelli esteri nell’occasione di un evento disastroso, seppur di diversa natura e dimensione. Un ulteriore aspetto che viene affrontato in questo scritto è capire come le notizie di un disastro come quello del 1966 sarebbero riportate ai giorni nostri, indagando così sui modi con i quali la narrazione giornalistica dei disastri è cambiata negli ultimi 50 anni.
del tipo tradizionale e le informazioni furono fornite al pubblico molto più lentamente di quanto saremmo in grado di fare adesso. Dal momento in cui la comunicazione satellitare è entrata in pieno uso tali riprese sono diventate comuni, ma ai tempi dell’alluvione del 1966 la tecnologia era ancora agli inizi, costosa e maggiormente non disponibile. Il disastro che colpì Firenze provocò comunque una reazione vivace della stampa, talvolta “un’oratoria infuocata” dovuta senz’altro al fatto della rilevanza mondiale della città e del suo patrimonio. A differenza della stampa quotidiana britannica e americana i giornali italiani non possono facilmente essere divisi in quelli di “qualità” e in quelli “popolari”. Il giornalismo italiano, beninteso a vari livelli e da varie angolazioni, cerca di informare piuttosto che intrattenere e generalmente produce una discreta quantità di notizie, commenti e critica con un contenuto d’informazione generalmente La stampa nazionale alto. Al tempo dell’alluvione del 1966 la stampa diMentre è possibile costruire una “narrativa ogget- chiaratamente di destra frequentemente viene usata tiva”dal reportage degli eventi, una tale impresa è per attaccare l’allora governo democristiano1 anche assai difficile dagli scritti giornalistici dato che in se va rilevata una diffusa e generale sfiducia nel simolti di essi i fatti sono stati mescolati con finzio- stema politico del paese come un commento edini, speculazioni alle quali si aggiunge spesso pregiudizio, denuncia e sensazionalismo. Una difficile 1 Nel 1966, con il secondo governo Moro, L’Italia viveva le miscela. La copertura giornalistica dell’alluvione fu prime esperienze del centro- sinistra 11
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In chiusura: proposte urbane basate sulla resi- Ringraziamenti lienza e su di un piano d’azione locale di contraIl lavoro è stato oggetto del corso di rilievo a.a.2015.2016 sto al cambio climatico Innanzitutto si deve chiarire, essendo ormai accettato nel consesso internazionale il passaggio, nelle modalità operative per affrontare il cambio climatico, dalla semplice mitigazione all’adattamento, a quale tipologia di Piani di Adattamento si vuol fare riferimento. Visto anche che tale tipo di piano deve essere principalmente riferito a una parte di città d’arte (nel nostro caso). In una prima approssimazione, tratta dalla recente letteratura di piano soprattutto anglosassone, possiamo definire questa generazione di Piani di Adattamento come Piani di Adattamento Trasformazionale. Questi sono piani in sintesi caratterizzati da alta operatività, alta partecipazione, alta adesione al contesto specifico ed infine alta capacità di trasformazione in corso di applicazione. L’undicesima edizione del Global Risk Report 2014 ha esplorato come i cosiddetti Rischi Globali stiano divenendo imminenti in maniera incrementale e come essi si materializzino in nuove e spesso inaspettate modalità. Modalità che vanno dal cambio climatico all’imperativo dello sviluppo di una Governance dell’acqua, dalle bibliche migrazioni in atto al ricorrente problema della crescita economica della quarta rivoluzione industriale. I rischi globali stanno minacciando le vite dei cittadini oltre al funzionamento delle istituzioni. Per cui ora noi dobbiamo andare necessariamente oltre la mitigazione verso l’adattamento e la costruzione di una nuova resilienza urbana. Sfortunatamente negli ultimi anni via Palazzuolo ha subito un drastico cambiamento sociale. Infatti, se un tempo era conosciuta come una via ricca di botteghe di artigiani ed artisti, oggi è più famosa per il forte degrado e la malavita. Molti dei suoi abitanti, non più soddisfatti del tipo di vita che ivi si conduce e dei continui disturbi da cui sono sottoposti, si sono riuniti in veri e propri gruppi di protesta. 134
(UNIFI-DIDA) ed al rilievo hanno partecipato come assistenti: Chiara Odolini, Erich Roberto Trevisiol, Monica Bercigli e Giacomo Talozzi, Pietro Becherini, Francesca Picchio. Si ringraziano: gli studenti del corso, gli assistenti e i quattro cittadini ed artigiani che ci hanno rilasciato le interviste (che a suo tempo ebbero modo di vivere direttamente l’alluvione nella via).
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Foto di Adriano Bartolozzi
Solo alcune delle foto che accompagnano i testi di questo volume sono state scattate il 4 novembre 1966. La maggior parte sono dei giorni successivi, quando le acque si erano ritirate e il fango invadeva tutto: le strade, i piani bassi degli edifici, le botteghe, le cose. La città fu impegnata fino a Natale nel tentativo di uscire da quella melma grigia che l’aveva ricoperta. Non era facile fotografare in quei giorni. Non era facile perché, allora, ogni scatto richiedeva tempo e, soprattutto, non andava sprecato. Definire l’inquadratura, regolare la luce, valutare se il momento era quello giusto. Le pellicole erano care, ogni rotolino 6x6 conteneva solo 12 fotogrammi. “Andai da Bongi e comprai 3 rotolini, mi sembravano tanti. Poco dopo tornai…”. Ma non era facile anche perché le persone non ammettevano che qualcuno non lavorasse per loro, non aiutasse nella faticosa opera di rimessa in funzione della città, delle loro attività, delle case. La fotografia come documentazione doverosa è avvenuta dopo, allora era ancora legata al ricordo personale dei momenti felici: il dolore, la fatica non si fotografava, si subiva e si consumava con pudore. In quei giorni nessuno pensava a mettersi “in posa”, tutti lavoravano con coraggiosa e solidale disperazione come gli orafi del Ponte Vecchio con le botteghe sfondate dalle acque, erano chini a setacciare fango e detriti per recuperare quanto possibile delle loro merci preziose, piccoli oggetti. Fuori della melma tutto era grigio. I quadri, i libri, le panche del Duomo e del Battistero erano accatastate insieme ad un confessionale sul sagrato … si cercavano i rari ricoveri asciutti e sicuri che potessero ospitarli (Rondò di Bacco). Molta roba finiva in Arno. Firenze, aprile 2016
Adriano Bartolozzi
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Finito di stampare nel mese di ottobre 2016 Angelo Pontecorboli Editore - Firenze
Firenze e il suo fiume a 50 anni dall’alluvione DIspLUVIO “La lotta contro la distruzione del suolo italiano sarà dura e lunga, forse secolare. Ma è il massimo compito d’oggi, se si vuole salvare il suolo in cui vivono gli italiani…” .
II Belpaese, si sa, è tanto bello quanto fragile: se queste due parole avessero costituito nella storia del nostro territorio i riferimenti di una politica attenta avremmo saputo far crescere un atteggiamento di consapevolezza e responsabilità collettiva e individuale verso l’ambiente e il patrimonio culturale italiano. Come conseguenza, in questa ottica, avremmo potuto far fronte agli eventi eccezionali con una programmazione che è il contrario di risposte – quali sono invece state – dettate dall’emotività e sull’onda dell’emergenza. Una logica dal respiro corto. Quegli eventi avrebbero potuto, altresì, essere colti come un’opportunità per costruire una linea di demarcazione – quel Displuvio, appunto – che separa e distingue la risposta all’emergenza da un progetto di prevenzione. Dall’alluvione di Firenze, dalle quali partono le riflessioni di questo libro, agli ultimi e recentissimi eventi disastrosi in altre parti d’Italia i fatti dimostrano che una cultura della prevenzione dei rischi non ha a tutt’oggi messo radici nel nostro Paese. E quanto mai attuale è – purtroppo – ancora il richiamo di Luigi Einaudi. Era il 1951.
Firenze e il suo fiume a 50 anni dall’alluvione - DIspLUVIO
Dalla lettera di Luigi Einaudi ad Alcide De Gasperi, 1951, scritta al termine di un viaggio dalle zone del Polesine colpite dall’alluvione in “Lo scrittoio del Presidente, 1948-1955”.
Firenze e il suo fiume a 50 anni dall’alluvione DIspLUVIO
ISBN 978-88-99695-22-4
9 788899 695224
Euro 20,00 (i.i.)
A cura di Barbara Nozzoli e Rossella Rossi
Prefazione di Mariella Zoppi
Testi di Stefano Bertocci, Gabriele Corsani, Alberto Di Cintio, Manlio Marchetta, Emanuela Morelli, Barbara Nozzoli, Chiara Odolini, Rossella Rossi, Roberto Erich Trevisiol, Stefania Vitali, Mariella Zoppi Immagini di Adriano Bartolozzi e Piero Roselli
ANGELO PONTECORBOLI EDITORE FIRENZE