GLI ANIMALI PARLANTI TRIMESTRALE
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AUTUNNO 2009
ANNO 1 | N. 4
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€ 7.00
GLI ANIMALI PARLANTI S O M M A R I O 4
A LUCCIOLE SPENTE PAROLE | Barbara Pizzo ILLUSTRAZIONE | Daniela Volpari
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FIABASTROCCA DI BALÌ PAROLE | Lino Ottomano ILLUSTRAZIONE | Cristina Amodeo
PENNA & MATITA
8
SCRITTURE DI IERI, IMMAGINI DI OGGI
Fedro L’ILLUSTRATORE | Arianna Papini L’AUTORE |
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POSTER
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LA STORIA CHE NON C'È PAROLE | Eleonora Bellini ILLUSTRAZIONE | Giovanna Lopalco
14
LA GABBIA DEI CONIGLI PAROLE | Mauro Scarpa ILLUSTRAZIONE | Martina Merlini
16
LA STORIA DELLA GALLINA PINA PAROLE | Samuele Larocchia ILLUSTRAZIONE | Cecilia Botta
ILLUSTRAZIONE |
Philip Giordano
18 STELLARIUM FRAMMENTI DI LIBRI E TEATRO
COLLABORATORI:
PROGETTO GRAFICO:
Lea Barletti, Andrea De Ferraris, Dario Goffredo.
Farm - Comunicazione e progetti culturali www.farm37.it
SCRITTORI E ILLUSTRATORI:
Cristina Amodeo | cri.amodeo@hotmail.it Eleonora Bellini | eleonora.bellini@libero.it Laboratorio di Carta Trimestrale | anno 1 - n° 4 | autunno 2009 c/o Manifatture Knos Via Vecchia Frigole, 34 73100 Lecce redazione@unduetrestella.org www.unduetrestella.org
UNDUETRESTELLA
DIRETTORE RESPONSABILE:
Cecilia Botta | cecilia.webnet@libero.it
CON LA COLLABORAZIONE DI:
Giovanna Lopalco | giozoe@email.it
Manifatture Knos www.manifattureknos.org
Martina Merlini | m.merlini@hotmail.it Lino Ottomano | linotto1973@libero.it
Unduetrestella - Laboratorio di Carta è un progetto nato
Arianna Papini | ap@ariannapapini.com
da un’idea di Cosimo Lupo, Paolo Guido e Alessandra Lani.
Mauro Scarpa | uomodeglispecchi@libero.it
Vito Greco | vito@unduetrestella.org
Daniela Volpari | danielavolp@alice.it
Cecilia Maffei | cecilia@unduetrestella.org
Erik Chilly | erikchilly@libero.it
PUBBLICATO DA:
Samuele Larocchia | neko7@libero.it
COORDINAMENTO REDAZIONALE:
Marco Carrozzini | marcocarrozzini@gmail.com
(L'ora del thè! - Acrilico e collage)
Philip Giordano | sigur451@gmail.com
Barbara Pizzo | barbarapizzo@libero.it
DIREZIONE ARTISTICA:
Maddalena Gerli | maddapollon@hotmail.com
Lupo Editore www.lupoeditore.com
Osvaldo Piliego | redazione@unduetrestella.org
Antonietta Rosato | redazione@unduetrestella.org
COPERTINA:
ABBONAMENTI:
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SI RINGRAZIA:
Si ringrazia il Museo di Storia Naturale di Calimera (Lecce), Giusi Ferrari per www.animalmente.it e il Prof. Livio Sossi per il sostegno e i preziosi consigli.
assenso dell’editore. In attesa di registrazione. Finito di stampare nel mese di ottobre 2009.
IO, IL MIO CANARINO E IL RESTO | Osvaldo Piliego ILLUSTRAZIONE | Maddalena Gerli PAROLE
(Merenda al volo - Acrilico e collage)
Quando ero piccolo avevo un canarino. Ero sicuro mi parlasse e ogni giorno chiacchieravamo del più o del meno. Una mattina ero un po’ triste e lui mi disse: “non temere, finché ci sarò io non ti accadrà nulla di brutto”. Il mattino dopo volò via.
che essi hanno ancora molto da dirci e, proprio come nelle favole di Fedro, interagiscono con l’uomo trasformandosi talvolta in grandi saggi, altre in oracoli, altre ancora in profeti per indicargli la retta via, metterlo in guardia, ammonirlo.
Il cane dei vicini mi disse che aveva seguito una rondine, di quelle appena tornate per la primavera alle porte. Quel canarino volato via fu il mio addio all’infanzia, tra le canzoni disperate dei gatti alla luna e i bisbigli delle cicale - che anche se non vedi tramano di un mondo fatto di cose piccole - io crescevo.
In altre storie invece, gli animali costituiscono semplicemente un universo chiuso, una comunità i cui membri interagiscono tra di essi e mai con gli uomini; a voler osare una lettura tra le righe si direbbe che l’uomo non ha forse più bisogno di “pareri esterni”? Non abbiamo voluto cimentarci in ulteriori interpretazioni, preferendo lasciare al lettore eventuali congetture.
Lontano da quel mondo che sulla strada si è perso, distratto dalla vita che si ostina ad ascoltare la gente sognavo di cavalli che piangevano il loro destino. Quello dei recinti, che per altri sono gabbie, sbarre, stanze dove la vita è costretta. E da subito, o quasi, ho scoperto che solo l’immaginario non ha catene e che è rifugio dove tutti possiamo nasconderci e farci raccontare storie fantastiche da chi del mondo ha conservato la vera natura: gli animali. A loro è dedicato questo nuovo numero di UnduetreStella; abbiamo provato a dare voce agli animali e abbiamo scoperto
Nei racconti e nelle immagini di questo numero la natura riprende la parola e in un attimo riscopriamo un idioma universale, un linguaggio antico che credevamo dimenticato ma che ci accorgiamo, sorprendentemente, di saper ancora comprendere. Basta solo fare silenzio, porgere l’orecchio... stare ad ascoltare.
A LUCCIOLE SPENTE PAROLE
| Barbara Pizzo
ILLUSTRAZIONE
| Daniela Volpari
(È tardi! è tardi! - Acrilico)
Una volta, c’era, che il buio era davvero buio, qualche notte tanto fonda da apparire più che nera. Accadeva d’estate, tanto tempo fa. Non aveva colore il cielo, non la terra. Non scurivano le cose all’annottare. Semplicemente sparivano. Accadeva di colpo, talvolta, dopo il tramonto. Sparite, le cose, come ingoiate. Il bambino sapeva quelle notti, quando nel cielo la luna, dopo essersi fatta grande da poterla toccare, torna infine di nuovo piccina, come cucciolo d’uomo che cresce per farsi ancora infine bambino. Quelle notti che nel cielo, percorso ogni colore dal ghiaccio al miele caldo da farla arrossare, la luna si nasconde chissà dove, lei come il sole e tutte le altre stelle. Quelle notti che il cielo si svuota come una pancia vuota, che il cielo non è cielo e terra non è terra, che tutto pare immobile, pietra piante animali e tempo, che anche tempo e acqua e vento sembrano fermarsi, e tutto è zitto e zitti tutti, nemmeno un fiato. Il bambino temeva quelle notti. Aveva paura del buio. E il silenzio più profondo non aiutava il sonno. Quelle notti il bambino esercitava l’udito. Si sforzava di tenderlo, farlo sottile sottile, acuminato e scintillante come una lama che potesse penetrare quel silenzio senza forma né ombra a percepire un qualsiasi suono, anche il più tenue. Il crescere dell’erba, il posarsi di una foglia. Quella lama avrebbe brillato prima o poi, illuminato almeno un poco. Ne erano occorse tante, di quelle notti, tante e ancora una. Inaspettatamente gli sembrò di udire una voce. Il bambino non osava muoversi. Tese ancora più l’orecchio. La vocina sembrava lontana tanto era fioca. La vocina cantava. Il bambino non capiva le parole: troppo lontane. Eppure voleva, doveva coglierle. Fermo nel letto, spinse oltre il suo orecchio. Raggiunse la voce sul davanzale della finestra aperta per il caldo estivo. E ascoltò quelle parole. Era un canto leggero e buono, tremulo come luce di candela. La paura si era fatta piccola. Il bambino si alzò e a passi silenziosi si diresse alla finestra. La voce cresceva, da candela a lanterna. Ma quando fu alla finestra, la voce cessò di colpo. «No» sussurrò per non farsi sentire dai grandi nella stanza accanto. «No, per favore. Ti ho trovata e te ne vai?» Ancora non capiva, il bambino, a chi stesse parlando. Non capiva, ma si fidava di quella voce buona. Nel buio della notte non vedeva. Non avrebbe potuto dare volto a quella voce, né in quel silenzio capire se chi prima cantava fosse ancora lì. Il bambino comprese che senza la guida di quel canto non avrebbe ritrovato la strada. Cercò allora la voce più dolce e disse piano la sua paura: «Scusami, non volevo disturbarti. Io mi perdo in queste notti. Ci sei? Se solo cantassi ancora potrei
I RACCONTI
tornarmene a letto. Non dirò altro, lo prometto. Mai più una parola. Ti ascolterò da lontano, se solo me lo permetterai.» «Non mi farai male?» Il bambino s’illuminò. «Volevo solo conoscerti. Mi piace ricevere visite. Non capita spesso, sai?» «Io sono sempre qui.» «Davvero? Non è strano? Tutt’e due qui e non ci siamo mai visti.» «Io ti vedo tutte le sere, quando vai a letto.» La questione non era chiara. «Ma io come ho potuto non vedere te?» «Io sono una lucciola.» E la lucciola si raccontò al bambino. Una volta, c’era, che il buio era talmente buio da inghiottire ogni cosa. Accadeva, in quelle estati, che neppure le lucciole potessero illuminare. Stoppini spenti, piccole e scure, se ne uscivano dai rifugi al tramonto, innamorate della luce ma così delicate da non poter sopportare quella del giorno. Di notte intonavano un canto che l’uomo non poteva udire, che solo l’udito raffinatissimo del bambino poteva finalmente raggiungere. Il bambino sforzò di più l’orecchio. Oltre la finestra ancora il canto, intonato da miriadi di voci. Delicato come un vetro. Le lucciole cantavano ogni notte per luna e stelle, brillassero nel cielo, fossero nascoste dalle nubi o inghiottite anch’esse dal buio più buio. Amavano la luce. Come quella del sole la luce degli astri notturni, cui potevano esporsi senza timore. La notte cantavano e all’apparire dell’aurora bevevano gocce fresche di rugiada per poi andare a ripararsi. «Canterò per te, stanotte. Potrai tornare al tuo letto e prendere sonno. E se vorrai tornare a trovarmi, per tutta l’estate sarò qui, sul tuo davanzale.» Il bambino ringraziò. Salutò e tornò a letto, trovando facilmente la strada. Ma ancora non poteva dormire. Era sollevato dallo scoprire che anche le notti che il buio è più buio non tutto si ferma, era felice di avere una nuova amica. Voleva fare qualcosa per lei. Allora decise. Tornò il sole poi luna e stelle. Fu nella notte più luminosa che il bambino uscì dalla stanza. Non disse nulla all’amica, che continuava con le altre il canto. Salì le scale fino in soffitta, da lì al tetto e con lo sgabello più alto raggiunse le stelle. Sottovoce spiegò loro l’idea e via a letto. Quella volta che il sonno fu più profondo, sulla terra piovvero copiose lacrime di stelle. Le lucciole le bevvero con la rugiada del mattino. Da allora le notti d’estate brillano di stelle e di luna e di lucciole. E non c’è più notte tanto fonda da apparire più che nera.
UNDUETRESTELLA
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FIABASTROCCA DI BALÌ PAROLE
| Lino Ottomano
ILLUSTRAZIONE
| Cristina Amodeo
(No more fish - Acrilico e matita)
Giallo di piume con gli occhi nel sole l’uccello Balì ancora non sa Quel che tra poco gli capiterà! Poi ché volare è quel che un uccello al meglio sa fare, se ne va, complice il vento, a sbatter sui vetri d’un convento: “Ohi che botta!” lamenta tra sé E s’accorge che al BeCCO s’è schiacciata la E. Fra’ Ciribì, che d’uccelli s’intende, Osserva la scena ed esclama spiacente: “sei il terzo uccellino schiantato al mattino, di riserva le E finite le ho già, va bene se intanto ci metti una A?” Balì con la testa fece subito sì e al posto del BECCO eccovi BACCO! che mai stracco di vin, tutto per sghembo faceva volar il nostro uccellin, qua e là sproloquiando quel che, da sempre stretto, ora ubriaco pesca nel petto. A sera sfinito si disse tra sé: “qualcosa non va!” E toltosi BACCO che prima era un BECCO Girò e rigirò e un po’ l’aggiustò Sposta di qua poi sposta di là Sposta la O poi sposta la A E al posto di BACCO c’è ora la BOCCA Che parla che bacia e che fa la pernacchia A quel che leggendo il naso s’arriccia!
I RACCONTI
UNDUETRESTELLA
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ILLUSTRAZIONE
| Arianna Papini
(In Pace! - Acrilico su carta)
PENNA & MATITA SCRITTURE DI IERI, IMMAGINI DI OGGI
IL CORPO, LA FAVOLA, L’ANIMA, LA MORALE di
Giusi Ferrari - www.animalmente.it
Gli animali nelle favole ci sono sempre stati. Jean de La Fontaine infatti racconta in una sorta di lunga introduzione alle sue "Favole" di come l'Apologo si componesse di due parti, una che si può chiamare Corpo e l'altra Anima. Il Corpo è la Favola, l'Anima è la Morale. Aristotele nelle favole faceva entrare solo animali non ammettendo né uomini né piante. E la Morale come gli animali non poteva mancare. Che fosse espressa alla fine del racconto, come Esopo fece nel corso della sua vita (intorno al 552 a.C.) o spesso anticipata come la preferiva invece Fedro, fino a essere però a un certo punto eliminata come lo stesso La Fontaine ammise d'avere fatto. Ma gli animali rimasero. Gli animali sintetizzano caratteristiche che appartengono alla nostra vita istintuale. Ma non sono solo questo, come lascia capire James Hillman nel suo "Animali del sogno" quando spiega che "la psicologia ha un debito particolare nei confronti degli animali, se è vero che essi sono il sistema simbolico primordiale, e se la psicologia non ha completamente dimenticato che anche noi siamo animali (...) Chi sono, loro che hanno formato il massimo sistema simbolico della coscienza umana dai tempi di Altamira? E noi come viviamo con loro, ora che questa intimità con il loro mondo e con la nostra animalità ha ceduto completamente il passo alla separazione?". Favole che raccontano le nostre paure nell'evocazione di un animale "malvagio" dal quale fuggire o essere salvati. E favole che cercano la similitudine del nostro sentire nella tenerezza e nel desiderio di vivere. Le favole hanno seguito il tempo dell'uomo e la letteratura moderna prende spunto dalla sensibilità animalista o è espressione dei suoi passi.
BIO | FEDRO
ARIANNA PAPINI
Forma, colore, concetto, da dove inizi di solito a illustrare? Dipende dai periodi. Ogni evento della vita fa cambiare i miei colori più che le mie forme. Mio figlio Giordano mi ha portato l’intensità, mia figlia Rebecca il colore e il movimento. L’esperienza come volontaria con i bambini malati mi ha portato la capacità di attendere, fermarmi, ascoltare le piccole vibrazioni della vita, così, ad esempio, sono nati i quadri in cui le immagini galleggiano. Quella come arte-terapeuta mi ha legata maggiormente all’istintività nell’uso dei materiali, alla gioia del fare al di là dei risultati estetici. I laboratori con i bambini piccolissimi mi hanno portato la capacità narrante dell’immagine e il rapporto tattile con i supporti, così è nata l’esigenza di lavorare in tre dimensioni e con i materiali di riciclo. Sono gli incontri umani che rendono ricca l’arte, è qui che nasce l’esigenza di creare per comprendere la propria vita. Il mio processo creativo nasce quasi sempre dalla memoria e dal sogno, spesso sogno i miei quadri, con evidenza lancinante soprattutto negli sfondi, nel colore. Un esempio di questo è “La strega Turandot” che ha vinto “Lucca Comics” l’anno scorso. Turandot mi fa paura da sempre. Leggendo il bando mi sono addormentata. Ho sognato un azzurro intensissimo, forte, doloroso, rotto dal rosso vivo del sangue. Così è nato quel quadro. In che modo Fatatrac ha cambiato il tuo modo di lavorare? Oppure, eventualmente, in che modo non lo ha cambiato affatto? Fatatrac mi accompagna fin da bambina, ho iniziato a lavorare in casa editrice da giovanissima facendo di tutto, segretaria, magazziniera, ufficio stampa fino a direttore editoriale e artistico. Lì ho imparato che le mète si raggiungono dal basso, anche quelle che sembrano vicine, che la ricchezza della conoscenza è un percorso lungo e pieno di incontri. Il lavoro in Fatatrac più che cambiarmi mi ha accompagnato nella crescita umana e professionale, mi ha insegnato a pensare in maniera progettuale. Ho conosciuto tantissime persone splendidamente impegnate nell’educazione dei bambini, ognuna di loro mi ha lasciato un seme di ricchezza, un piccolo sasso di Pollicino che mi dà spesso la certezza di poter ritrovare la strada di casa.
PENNA & MATITA
| Erik Chilly
Fedro nacque tra il 20 e il 15 a.C. in Macedonia e fu il primo e più celebre favolista latino. Per quanto abbia scritto moltissimo della sua figura si sa davvero molto poco e le notizie che lo riguardano sono poche e incerte. Scrisse cinque libri di fabulae (Phaedri Augusti liberti fabulae Aesopiae) ma di queste solo poco meno di un centinaio sono giunte fino a noi; si pensa che molte di esse, per ragioni didattiche e moralistiche, siano state sottoposte nei secoli a tagli e ingiustificati rimaneggiamenti. Le sue favole sono ancora oggi universalmente note e, ormai, proverbiali. Portatrici di una saggezza a volte ironica, altre cinica e amara, gli scritti di Fedro cominciano un nuovo genere, quello della favola morale in versi che avrà eredi illustri come la Fontaine, Trilussa, Anouilh.
QUANDO L’ARTE NASCE DA UN SOGNO Arianna Papini è una di quelle personalità artistiche a tutto tondo, è pittrice, scrittrice ed eclettica illustratrice, cura la direzione artistica ed editoriale di Fatatrac, una tra le realtà più interessanti del panorama editoriale italiano.
ILLUSTRAZIONE
di
Vito Greco
Per quanto ancora potrà volare la colomba di In pace? E il gatto… reggerà a lungo il peso degli altri? La colomba dovrà volare all’infinito, purtroppo. L’uomo è l’animale più terribile e più affascinante che ci sia, capace di amore e di odio immensi. Trovo difficoltà a volte nello stare in questo mondo, di fronte a certe immagini in televisione piango a lungo, devo sfogare la disperazione di sentirmi inutile di fronte all’orrore, soprattutto quando si tratta di bambini e animali, lo faccio attraverso l’arte con immagini e parole. È molto faticoso ma è anche una grande ricchezza. Sono convinta che chi crea può fare politica, eccome. Per quanto riguarda il gatto… Mi viene in mente la mia laurea in Architettura, quando iniziai gli studi mi entusiasmava l’idea di poter creare spazi per le persone, luoghi in cui pacificamente trovare se stessi e gli altri. Mi sono quasi subito imbattuta in una mentalità diversa, costruire su luoghi in cui era bene non costruire, progettare senza partire dalle persone, dalle loro forme fisiche e psichiche imperfette e dunque così importanti. Ho faticosamente ma anche con grande professionalità portato a termine l’università. Solo dopo mi sono resa conto che fare libri come lavorare in setting di arte-terapia, quello sì che è creare luoghi per le persone! Non vorrei fare calcoli ma direi che sì, il gatto staticamente regge, anzi, penso che possa reggere anche molto altro sopra la sua testa pensante e istintiva. Ci credo fino nel profondo di me stessa. Ci consiglieresti un tema per i prossimi numeri di UnduetreStella? Parlate della scuola! Questa scuola primaria così tartassata. Parlate di una scuola fatta di persone e non di numeri, di come i tagli ministeriali la stiano affossando, di genitori e insegnanti che non avranno più un luogo di incontro speciale, di bambini che non troveranno più a scuola l’esperienza del teatro, della natura, dello sport, della biblioteca. Di come non vi sarà più l’attenzione al numero di bambini nelle classi con handicap. Succede adesso, ed è la distruzione. Occorre che tutti noi denunciamo questo, ognuno con le sue capacità narrative e comunicative. Un Paese che non investe nei bambini e nella loro formazione è un Paese senza speranza di futuro. Credo che il mondo possa cambiare, credo nella capacità delle persone di fare, oltre l’umanamente possibile. E credo che i bambini siano l’unica possibilità di trovare la via della pace e della conoscenza reciproca, al di là delle diversità di luogo e di linguaggio. Per saperne di più: www.ariannapapini.com
UNDUETRESTELLA
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ILLUSTRAZIONE
| Philip Giordano
(Tea time - Acrilico su legno)
LA STORIA CHE NON C'È PAROLE
| Eleonora Bellini
ILLUSTRAZIONE
| Giovanna Lopalco
(Vieni a star da me - Pittura,collage digitale)
C’era una volta un piccolo paese, metà azzurro come il mare e metà giallo come il sole. Dato che era un paese da favola, aveva anche altre metà: una rossa come i tetti, una bianca come le case, un’altra verde come le foglie delle querce e degli ulivi. Quando il sole era alto ed il caldo era intenso, nel paese si diffondeva un canto, prima sommesso e poi sempre più alto e deciso. Era il canto della cicala, che abitava sull’ulivo più vecchio e alto, piantato in mezzo alla piazza principale del paesello. Lei, la cicala, insediata sopra quell’antico venerabile ulivo, si sentiva molto importante: Io canto sul ramo più alto dell’ulivo più alto e il mio canto si espande ovunque perché io sono al centro del paese - questo era il suo ritornello preferito. I bambini giocavano nella piazza e ogni tanto guardavano all’insù per scoprire su quale ramo si nascondesse la cicala canterina. - Come sono importante! - pensava lei - Tutti mi cercano! - e friniva con più ardore e passione. Appena scendeva la notte, faceva due gargarismi e andava subito a dormire per poter cantare meglio e ancora più forte il giorno seguente. Una mattina, non appena la nostra cicala ebbe iniziato il suo canto, se ne udì, poco lontano, uno nuovo e diverso, un po’ tenero e un po’ tremulo, ma altrettanto appassionato. - Cos’è questo rumore? Da dove viene? Perché offusca la mia voce? - si chiese la cicala e frinì con più foga. L’altro canto non cessò. L’altro canto era di una giovane capra, bianca e linda come la capretta di Pinocchio, che si ergeva al di sopra della grande porta di ingresso del paese. Il suo belare si intrecciava con quello della cicala, lo inseguiva per le vie del paese, sopra ai refoli d’aria che uscivano dai portoni e dai cortili, s’infilava dentro le finestre aperte, riecheggiava sulla piazza, svolazzava attorno al vecchio ulivo. “Bé, bé, beééé; frin, frin, friìììn” volteggiavano a braccetto i due canti. Eh, i due canti sì, ma le due cantanti, no. - Smettila, essere belante! - strillò la cicala. - Smettila tu, stridula cantante! - rispose stizzita la capra.
- Ignorante sarai tu, ridicolo insetto, che non hai neanche le zampe, né gli zoccoli duri e ardimentosi, né le belle corna e men che meno la bocca per cantare! - Per cantare non serve la bocca, ma dove vivi? E avanti così per tutta la mattina: botta e risposta, risposta e botta, le due cantanti non la smettevano più di litigare. Scese la notte e quelle continuavano a litigare. Ma la notte è di qualcun altro... La notte è dell’usignolo e quando si fa buio è lui che deve cantare. Così, appena fece buio, l’usignolo volò sulla torre più alta del paese e cominciò a cantare. Poveretto. La sua voce fu subito sovrastata da una raffica di frì frì e bé bé acuti e litigiosi. L’usignolo comprese subito che cosa era successo. Volò dalla cicala: - E’ scesa la notte, dunque perché frinisci ancora? - Perché io canto meglio e canto da sempre. Prenditela con la stupida capra. E’ lei che deve smettere e andare a nanna. Allora l’usignolo interrogò la capra: - E’ scesa la notte, dunque perché beli ancora? - Non belo, canto. Il mio canto è un belato beato, quindi belo quanto voglio e belo a perdifiato. - Ma la notte è fatta per il mio canto - ribadì usignolo. Poi tornò dalla cicala: - Sali sul mio dorso e vieni con me -. La cicala salì e usignolo volò di nuovo dalla capra, si posò sul suo capo, proprio in mezzo alle belle corna. Disse: - Eccoci qui tutti e tre. Chi siamo noi? Mi sapete dire chi siamo? - Insetti! - rispose sicura la cicala. - Mammiferi! - rispose senza esitazioni la capra. - Bravissime. Ed io? Chi sono io, me lo dite? - Tu sei… Tu sei un…tu sei uno sbagliato! Non hai le corna rispose la capra. - Tu sei… Tu sei un…tu sei uno sbagliato! Non hai le làmine rispose la cicala. - Allora anche voi siete sbagliate, perché non avete il becco concluse usignolo.
- Tu non canti, stridi! Mi hai fatto prudere l’orecchio, credevo che ci fossero entrati dei moscerini.
- Accipicchia! Non ci avevo mai pensato! - fece la cicala.
Io canto da molto prima di te - ribatté la cicala - senza di me tutti avrebbero una triste estate.
Così la lite finì. Tutto tornò tranquillo: ora la cicala canta di giorno, sotto il sole; l’usignolo canta di notte, sotto la luna. E la capra canta solo quando è ricca di latte, affinché sia munto e trasformato in deliziosi e profumati formaggini detti caprini.
- Che ne sai tu, oscuro insetto, di dove cantavo io prima? Tu che sai cantare solo con la pancia? Ascolta, ascolta il vero canto! - l’ammonì la capra; e sottintendeva: il vero canto è il belato. - Povera ignorantella - fece la cicala - il vero canto è il frinire delle cicale. Lo sanno tutti. Solo tu non lo sai, perché, per l’appunto, sei ignorante come una capra.
I RACCONTI
- Accipicchia! Non ci avevo mai pensato! - fece la capra.
[Il fatto è che un giorno una rana salterà fuori da uno stagno e si metterà a gracidare: - Già, ma chi è che deve comandare? -. E graciderà così forte che bisognerà continuare la storia. O scriverne un’altra. Ma io sarò stanca. Però potrete scriverla voi....]
UNDUETRESTELLA
| 13 |
LA GABBIA DEI CONIGLI PAROLE
| Mauro Scarpa
ILLUSTRAZIONE
| Martina Merlini
(I conti non tornano - Mixed media)
Chi li aveva chiusi in gabbia? Il lupo cattivo. C'era una volta un lupo cattivo e nel bosco aveva la sua tana. Un giorno fu svegliato dalle voci di due conigli, uno pauroso e l'altro meno. I due animali parlavano di cose serie e alzavano la voce a turno. "Tu sbagli, la libertà è quando puoi fare tutto". "Sbagli tu, la libertà è quando fai quello che ti piace". "Questa poi, la libertà è dire no grazie". "E invece la libertà è quando dici sì". Il lupo silenzioso saltò loro addosso, e con le zampe li bloccò per le orecchie. Non aveva molta fame e allora li mise nella tana, in una gabbia stretta e poca luce. "Li mangerò più tardi, ora voglio sonnecchiare". I due poveri conigli, vedendo il lupo dormire, ricominciarono a parlare piano. "Certo ci sarà una soluzione" esclamò il coniglio meno pauroso all'altro, che tra sé diceva "Sono finito". Parlarono tanto e parlarono ancora e non videro il lupo sbadigliare e stiracchiare le zampe. Falso allarme. Il lupo apre gli occhi e li richiude e si sente nella tana un gran russare. "Ci serve un piano" disse il coniglio meno pauroso. "Ho fame" pensava l'altro ad alta voce. Parlarono tanto e parlarono ancora, forse parlarono troppo. Il lupo aprì i suoi occhi grandi e vedendo i due conigli nella gabbia si fece una grassa risata. "Che ci fate ancora qui? La gabbia è aperta, non ve ne siete accorti?" I due conigli si guardarono sorpresi e, per davvero, la gabbia era aperta. Cosa fece il lupo cattivo? Il lupo cattivo li cacciò via e disse loro state attenti. "Se vi trovo nel bosco a parlare, vi mangio in un sol boccone". "Grazie grazie" si affrettò a dire il coniglio pauroso, e già se ne andava per il bosco. "Perché ci hai liberati?" chiese il coniglio meno pauroso. "La libertà è una gabbia aperta" rispose il lupo.
I RACCONTI
UNDUETRESTELLA
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LA STORIA DELLA GALLINA PINA PAROLE
| Samuele Larocchia
ILLUSTRAZIONE
| Cecilia Botta
(Ti va di parlare? - China, Photoshop)
La gallina Pina si svegliò presto quella mattina. Come sempre. Coó-Có-come sempre. Ma aveva un pensiero strano quella mattina. Un pensiero grigio e grande, tanto grande che occupava tutta la testolina della gallina Pina. Guardò l’uovo che stava covando. -Coó-Có-come sarai figlio mio?- chiocciò Pina. Coó-Có-come tutti, pensò poi. Con questo pensiero nella sua testolina visse il resto di quel giorno come una gallina. Come sempre. Come tutte le altre galline. Ma, quando chiuse gli occhi per dormire, per un attimo tornò quello strano pensiero grigio e senza nome. Poi si addormentò che era buio ormai. Covò per il tempo necessario. E per tutto il tempo fu accompagnata dal pensiero grigio. Una mattina il guscio si ruppe.
Coó-Có-com’è diversa la vita qui, pensò Pina, poi si addormentò che era buio ormai. Burro continuò a nuotare. Pina aprì gli occhi e le sembrò di essere finita in un cespuglio, solo che le foglie erano migliaia e i rami si incrociavano fitti fitti. -Dove siamo? -Questa è la giungla, mamma. Una scimmia dondolò davanti al becco di Pina: -Uelà, pollastra!- sghignazzò. -Tu chi sei?- chiese Pina scandalizzata. -Io sono la scimmia e vivo tra i rami- e le lanciò una buccia. Poi le parlò delle scimmie e degli altri animali che stanno nella giungla. Tutte cose che voi sapete, no?
-È proprio uno strano pulcino- pensò la gallina Pina.
Coó-Có-com’è ingarbugliata la vita qui, pensò Pina, poi si addormentò che era buio ormai.
In effetti era proprio strano. Somigliava ad un pulcino solo perché era tondo. Ma per il resto niente era come sempre.
Burro continuò ad andare.
Era grigio. Non aveva né piume né ali. Una strana coda. Quattro zampe. Quattro? Quattro. Quel becco che non beccava, tondo, lungo e molliccio. Grandi orecchie e un pigolio decisamente troppo forte. Pina non si preoccupò e lo chiamò Burro. Burro iniziò a crescere. E cresceva eccome! Ma né Pina né le altre galline del pollaio si insospettirono. Continuarono la loro vita come sempre. Solo ogni tanto si sentiva sussurrare un -Coó-Có-come è strano però- subito spento da un semino trovato nell’aia. Quando Burro era diventato più o meno quattrocento volte più grande di Pina le disse: -Mamma, sali sul mio dorso- e lei fece come le chiedeva. Burro scavalcò con un passo il recinto della fattoria e si mise a correre per i prati là intorno. Pina era stordita dal vento forte e dal panorama che vedeva da lassù. Poi si addormentò che era buio ormai. Burro continuò a correre.
Pina sognò di volare, si svegliò e continuava a volare! Intorno a lei solo aria ma le ali mica le muoveva. Sentì, solido, Burro sotto di sé e si calmò. -Dove siamo? -In cima ad una montagna, mamma. Un’aquila scese in picchiata, Pina s’abbassò giusto in tempo. -Inchinarsi, ecco il modo giusto di salutare una Regina- disse l’aquila. -Mi parli di lei, Maestà- fece Pina affascinata dal rapace. -Io sono l’aquila e regno nei cieli- e girando in cerchi, lontanissima lì in alto, le parlò delle aquile e degli altri animali che volano. Tutte cose che voi sapete, no? Coó-Có-come mi piacerebbe volare, pensò Pina, poi non si addormentò anche se era buio ormai. -Burro, tu chi sei? -Sono un elefante, mamma, e non vivo in un pollaio- e le parlò degli elefanti e le disse che lui non poteva tornare. -Adesso capisco- disse Pina anche se le veniva da piangere –io devo tornare, invece, e raccontare alle altre galline tutte le cose che ho ascoltato.
Quando Pina si svegliò Burro nuotava in una grande pozzanghera. Pina non ne vedeva la fine e scorgeva di Burro solo il dorso su cui stava e la testa che emergeva dall’acqua.
Burro l’accarezzò piano con la proboscide e l’accompagnò al pollaio.
-Dove siamo? -Questo è il mare, mamma. Un pesce venne a galla e la salutò: -Salve, blup signora. Blup. -Lei chi è?- fece Pina spaventata. -Io blup il pesce e vivo blup acqua- e tra blup e poche parole le parlò dei pesci e degli altri animali e delle piante che stanno nell’acqua. Tutte cose che voi sapete, no?
E la prima storia che i cuccioli di elefante e i pulcini ascoltano è quella della gallina Pina.
I RACCONTI
Da allora tutti gli elefanti tengono degli uccelli sul dorso. Da allora tutte le galline si raccontano storie sugli animali del mondo.
La storia inizia così: “La gallina Pina si svegliò presto quella mattina. Come sempre. Coó-Có-come sempre. Ma aveva un pensiero strano quella mattina. Un pensiero grigio e grande…..” UNDUETRESTELLA
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STELLARIUM FRAMMENTI DI LIBRI E TEATRO
LA FAVOLA DEL PESCE CAMBIATO | Emma Dante ILLUSTRAZIONI | Gianluigi Toccafondo CASA EDITRICE | Edizioni L’Arboreto ANNO | 2007 PREZZO | € 12.00 FORMATO | 21x26, cartonato, 48 pp., colori AUTORE
Duecento milioni di pesciolini corrono corrono a più non posso verso la meta; è la finalissima, o vinci o perdi. Farcela è quasi impossibile, troppi candidati e una gara estenuante. Che strani occhi hanno questi pesciolini esotici, chissà in che mare lontano si trova il loro habitat… noi
di
seguiamo la corsa del nostro eroe, il numero 211005 che, pieno di energia e speranza, non pensa ad altro che a superare tutti e alla fine ce la fa. Wow, che successo, tutti esultano e anche lui quasi non può crederci ma… d’un tratto si trova solo, e la piscina dove si è svolta la gara è di colpo buia, l’acqua è calda, un po’ brodosa; che razza di vittoria è questa? Bel festeggiamento, essere abbandonato, e ora si sente incollato a quella melma… il nostro pesciolino non sa di avere vinto il bene più prezioso al mondo, e non sa che presto l’aria sarà il suo elemento, e una montagna-mamma il suo nutrimento. Il nostro pesciolino ancora non sa di essere una bella femmina di essere umano.
L’AFRICA IN CITTÀ | Chiara Dattola CASA EDITRICE | Terre di mezzo ANNO | 2009 PREZZO | € 7.50 FORMATO | 18x17.5, brossurato, 36 pp., colori AUTORE E ILLUSTRAZIONI
Terre di mezzo è un’associazione ed una casa editrice. È facile riconoscere i suoi soci: li incontri per strada mentre vendono libri di fiabe, ricette e viaggi riguardanti i loro paesi di origine; sì, chi lavora per terre di mezzo è straniero, e viene spesso da molto lontano. Questo nuovo libro illustrato parla di una famiglia venuta dall’Africa, il cui figlio
di
| Miyazaki Hayao TRADUZIONI | B. Gigliuto CASA EDITRICE | Mondadori (collana cinema illustrati) ANNO | 2009 PREZZO | € 20.00 FORMATO | 21.5x27, rilegato, 151 pp., colori Ecco un coloratissimo libro della Mondadori, pubblicato in contemporanea con l’uscita nelle sale italiane del film di Hayao Miyazaki Ponyo sulla scogliera. E il libro ha il pregio di restituirci su carta la magia dei disegni del maestro giapponese dell’animazione. Ponyo sulla scogliera è una fiaba classica, intrisa di magia e amore per la vita. Quasi una trasposizione della Sire-
APRITE QUELLA PORTA! | Benoît Jacques Francesca Lazzarato CASA EDITRICE | Orecchio Acerbo ANNO | 2009 PREZZO | € 14.00 FORMATO | 16x20, cartonato, 112 pp., colori AUTORE E ILLUSTRAZIONI TRADUZIONI |
Esterno notte. Una casetta isolata in mezzo al bosco. All’interno, una luce fioca. Nel letto dell’unica stanza, infagottata, la Nonna. Come sempre aspetta Cappuccetto Rosso che le porti la cena. E, come sempre, lei è in ritardo. Puntuale invece, puntualissimo, il Lupo. Scaltro più della faina, pensa di aver trovato la chiave per farsi aprire la porta dalla Nonna. Sa che ha un debole per la buona tavola, la prenderà per la gola. Ed eccolo sciorinare un menu da far
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UNDUETRESTELLA
Cecilia Maffei
più piccolo si chiama Samba, ed è un vero portento in matematica. Marco è invece il suo compagno di classe un po’ somaro ma pieno di buona volontà, che un giorno chiede a Samba di dargli una mano con i compiti. Mentre si avvia verso la casa dell’amico, Marco pensa un po’ preoccupato alle voci che ha sentito circolare in classe: pare che i familiari di Samba siano persone strane, dedite a filtri, pozioni e incantesimi… quando la porta di quella casa si apre Marco non viene affatto smentito, ogni membro della famiglia di Samba è dedito ad attività molto speciali e la mamma è una vera e propria maga, sì, una maga delle ricette africane!
PONYO SULLA SCOGLIERA AUTORE E ILLUSTRAZIONI
Cecilia Maffei
di
Dario Goffredo
netta di Andersen in chiave giapponese. Dopo la complessità del Castello errante di Howl, Miyazaki ritorna ad una semplicità del segno grafico che ci restituisce intatta la forza della storia narrata. La trama è questa: Sosuke è un bambino di cinque anni che vive in un villaggio in riva al mare, in una casa a picco sulla scogliera. Un giorno Sosuke trova Ponyo, una pesciolina rossa, con la testa incastrata in un barattolo di marmellata e la salva. Nacse tra i due una grande amicizia, fatta di fiducia reciproca. Ponyo decide di diventare umana, ma suo padre, uno stregone prima uomo e ora pesce cerca di impedirglielo. Il finale non lo svelo, sappiate solo che è ricco di una magia immaginifica che non mancherà di sorprenderà e affascinare sia i più piccoli che i loro genitori.
di
Antonietta Rosato
invidia al più raffinato degli chef! Ma niente, la porta resta chiusa. Ciò che il Lupo non sa è che le debolezze della Nonna sono due: la gola, sì, ma anche le orecchie. Insomma, la Nonna è più sorda di una vecchia campana. Grida, il Lupo. Urla, sbraita. Invano... Un esilarante Cappuccetto “nero” che, per sconfiggere il lupo, alla doppietta del cacciatore sostituisce l’arma dell’ironia e del sarcasmo. L’autore, artista e illustratore, pubblica libri dal 1989 per la casa editrice che lui stesso ha fondato: la“Benoît Jacques Books”, con questo libro al Salone del Libro di Montreuil, nel 2008, si è aggiudicato il premio Baobab, il più prestigioso riconoscimento francese per albi illustrati. Il booktrailer del libro è online sul sito della casa editrice: www.orecchioacerbo.com
STELLARIUM
ABBIAMO VISTO
di
Cecilia Maffei
IL SOGNO DEL POETA Federica Mancini e Silvia Corsi Roma | Cantieri dello Spettacolo Federica e Silvia si aggirano su un palcoscenico buio, dove non si vede a un passo, e in più sono vestite tutte di nero. Poi nell’oscurità compaiono forme di colori fluorescenti e brillanti che sembrano si muovano da sole… inizia lo spettacolo di “teatro nero”. Viene raccontata la storia di un poeta che perde qualcosa di molto importante, poi si addormenta e fa un sogno che lo aiuta ad andare in cerca del suo bene e infine a ritrovarlo. Alla fine dello spettacolo abbiamo chiesto alle due attrici: Ma cosa ha perso questo poeta? “Ad un certo punto della sua vicenda il poeta perde la sua immagine interiore. I bambini lo capiscono, mentre i grandi ci chiedono sempre spiegazioni. Forse perché noi parliamo la lingua delle emozioni e loro la comprendono. Per sapere cos’è la propria immagine interiore bisogna avercene una, o al limite averla ritrovata se la si è persa. Comunque, per venirti incontro te lo spiego: il poeta ha perso la fantasia, e la ritrova in sogno, sotto forma di immagini e musica”. E cosa sogna? “Ciò che gli appare in sogno e lo aiuta a ritrovare se stesso, è la storia della nascita e della crescita di un piccolo uomo, attraverso le conquiste e le imprese dell’infanzia e della giovinezza, dal primo battito cardiaco fino al momento in cui, grazie all’incontro con l’amore, un altro piccolo uomo viene generato, e la danza ricomincia.
FESTIVAL
di
Cecilia Maffei
L’ELEFANTE SMEMORATO E LA PAPERA FICCANASO Foggia | Compagnia Burambò Abbiamo chiesto ad una compagnia pugliese di teatro di figura, di rivelare qualcosa dello spettacolo che ha presentato al festival quest’anno, e che è perfettamente in tema con questo numero di UnduetreStella! Si tratta infatti di una storia di animali parlanti. Loro sono la Compagnia Burambò, lo spettacolo è L’elefante smemorato e la papera ficcanaso. Daria ci ha raccontato questo: “L'idea nasce da un libro, "Palloncini rossi elefanti bianchi" di Christine Nostlinger. Questo elefante è speciale perché conosce e parla la lingua degli uomini. Una lingua che egli usa in modo gentile e premuroso e che lo conduce tra le grinfie di esseri umani senza scrupoli, intenzionati a fare dell'elefante un fenomeno da baraccone. La storia racconta la difficoltà dell'elefante a gestire il suo essere speciale”. Maggio all'Infanzia per la compagnia Burambò è un appuntamento a cui non mancare, da diversi anni. “L'atmosfera che si ricrea è gioiosa, per i teatranti è una specie di raduno annuale durante il quale ci si incontra per lavoro e, al tempo stesso, per mangiare alla stessa tavola....sotto la stessa tavola infine, e non per ultima, scorre la tensione comprensibile tra chi sta in vetrina e chi si ferma a guardare!”
ABBIAMO VISTO
di
Lea Barletti
POLLICINO Claudio Casadio Bagnacavallo (RA) | Accademia Perduta C’è un grande tavolo, al centro della scena. Uno di quei bei, vecchi, resistenti tavoli di legno che troneggiavano nelle grandi cucine di una volta, al quale è facile immaginare seduta una nonna, intenta magari a pulire la verdura per la cena. E mentre pela patate e monda cavolfiori, la nonna potrebbe iniziare a raccontare “C’era una volta...Pollicino!”. Ed eccolo qui, Pollicino: l’attore/narratore Claudio Casadio, berretto di lana calcato in testa, sale sul tavolo e la magia ha inizio. E il tavolo diviene bosco, se vi si piantano dei ramoscelli, e sentiero lungo il quale seminare i sassolini per ritornare a casa, e poi è il primo piano della casa dell’orco, e sotto, sotto al tavolo, è il pianoterra...e cade la neve, una neve di piume, sul tavolo, e sui sette fratellini sperduti nel bosco. E la casa dei genitori è una casa di bambole, che si allontana dal tavolo-mondo lungo una corda, con una piccola carrucola, e resta là, sospesa in un altrove lontano un passo, mentre qui, sul tavolo, Pollicino e i suoi fratelli incontrano l’orco, e dall’orco si salvano, e sotto al tavolo trovano un tesoro, che è una vecchia valigia piena di luce... e poi? E poi il viaggio continua. "Pollicino" è uno spettacolo di Marcello Chiarenza, per la regia di Gianni Bissaca su musiche originali di Beppe Turletti.
UNDUETRESTELLA - LABORATORIO DI CARTA UnduetreStella è una rivista-laboratorio abbinata a un bando di concorso rivolto ad autori ed illustratori che ogni tre mesi sono invitati a cimentarsi su un topos delle letteratura per l’infanzia di tutti i tempi. Vuoi partecipare? Visita il sito www.unduetrestella.org NEL PROSSIMO NUMERO: SOTTO MENTITE SPOGLIE Un viandante vi ha dato un consiglio molto utile? Una vecchia donna che fila attrae la vostra curiosità? Un poverello vi ha chiesto di mostrarvi gentile e caritatevole? Non avete mai sospettato che chi si presenta in un modo nasconda in realtà un’altra identità? Guardatevi intorno, forse c’è un principe che si aggira in incognito, a testare la bontà dei suoi sudditi, o una maga si è travestita per compiere il suo rito, o magari qualcuno sta cercando di ingannarvi… occhio ai particolari, quindi, se vedete spuntare dei peli sospetti dalle orecchie della nonna, probabilmente qualcuno si sta celando… sotto mentite spoglie!
Il termine ultimo per la presentazione degli elaborati è il 30 NOVEMBRE 2009 STELLARIUM
UNDUETRESTELLA
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... se poi qualcuno volesse cavillare perchÊ gli alberi parlano, e non solo gli animali, si ricordi che scherziamo con favole, dove tutto è fantasia.
Fedro - Favole