A T I U T A GRA
COPI
VELA, CHE PASSIONE
I VIAGGI DI LYCIA A SCUOLA DI MTB
PEDALANDO SI
IMPARA AMBASCIATORE VS
FULVIO VALBUSA I MAGHI DELLA BMX
SALTO IN ALTO Alla scoperta della bicicletta pi첫 amata dai giovani VS - VERO SPORT MAGAZINE ANNO 1 - NUMERO 1 / LUGLIO 2011
Distribuzione gratuita - Free Magazine Pubblicazione trmestrale - In attesa di registrazione presso il Tribunale di Verona
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NON MANCARE ALL’EVENTO DELL’ANNO
DOMENICA 2 OTTOBRE 2011
GARDALAND HALF MARATHON
GARA COMPETITIVA con partenza ore 10:00 dal Ponte Visconteo a Borghetto di Valeggio sul Mincio
DUO HALF MARATHON
CORSA A COPPIE NON COMPETITIVA aperta a tutti, senza obbligo di visita medica agonistica. La coppia potrà percorrere la distanza della Gardaland Half Marathon in due frazioni rispettivamente di 14 km (prima frazione) e 7 km (seconda frazione).
ARRIVI
L’arrivo è situato dopo l’attraversamento del Parco di Gardaland, in zona parcheggi, per dare la possibilità ai partecipanti e ai loro familiari di scegliere di utilizzare l’ingresso a tutte le attrazioni del PARCO GARDALAND ad un prezzo speciale riservato.
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DIRETTORE ZENO DELAINI
VS - VERO SPORT MAGAZINE ANNO 1 - NUMERO 1 / LUGLIO 2011 Pubblicazione trimestrale In attesa di registrazione presso il Tribunale di Verona Edizioni Mediaprint Srl San Giovanni Lupatoto - Verona Direttore responsabile Zeno Delaini Progetto grafico e impaginazione UNIT|ADV Contributi Zeno Delaini Fabio Fraccaroli Andrea Scott Gregori Simone Incontro Massimo Lenotti Carmen Santi Filippo Zaccaria Matteo Trombacco Stampa e distribuzione Mediaprint Srl Sede Operativa di San Giovanni Lupatoto Via Brenta, 7 – 37057 Verona tel. 045 9698045 www.mediaprint.org Pubblicità e abbonamenti Mediaprint Srl tel. 045/9698045 info@mediaprint.org Lorenzo Recchia tel. 393 5248677 lorenzo@mediaprint.org
L’EDITORIALE Bar sport Ci sono idee che nascono davanti ad un caffè fumante, bevuto rubando un po’ di tempo alla frenesia quotidiana. Idee frutto di un impulso un po’ irrazionale, di un moto quasi naturale dello spirito. Questa rivista è una di quelle idee. Nata quasi per caso, o per destino, alla luce filtrata dalle veneziane di un bar-distributore. Una domanda: cosa ne diresti di fare un magazine che dia voce allo sport vero, alla vera filosofia e passione che anima migliaia di sportivi? E una risposta: perché no, mi sembra una bella idea, sai quante persone amano lo sport senza essere per forza di cosa atleti. Ed eccoci qua, a riempire pagine di storie, di esempi, di vita vissuta. Testimonianze che spero possano aprire nuovi orizzonti a voi che ci leggete, far ritrovare la voglia di fare una passeggiata, una corsa, una partita Lasciamoci coccolare da un o una pedalata. Ma anche qualcosa buon bicchiere di vino per in più: a far riaccendere la curiosità, brindare alla nuova avventura a non fermarsi alle apparenze, a trovare e ritrovare quei valori che lo sport ci insegna e che valgono nella vita di tutti i giorni: impegno, sacrificio, voglia di farcela e gioia di vivere. A non scansare quel po’ di irriverenza che occorre per vivere, per accettare una sfida. Bandite le lamentele. Rimboccarsi le maniche e tanto sudore. Impareremo da Roberta Mancini, sportiva non vedente, che non ci sono ostacoli insormontabili, da Fulvio Valbusa, ex fondista campione olimpico, che cultura sportiva e valori della vita hanno tanto in comune. Da Alberto Penati, velista, e Marco Marchese, tri-atleta, che la passione può portare lontano, compiendo piccoli miracoli. Ci contagerà l’allegria e la gioia di Manuel De Vecchi e la sua Bmx. Insomma ci auguriamo vi lascerete contagiare da una irrefrenabile voglia di Vero Sport: fatto di onestà, sana competizione, divertimento. E, in questa occasione, perché no... lasciamoci coccolare da un buon bicchiere di vino per brindare alla nuova avventura. Buona lettura.
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IN QUESTO NUMERO
SOMMARIO 01.11
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START 6 LA VERSIONE DI BUBO
APPUNTAMENTI 42 LA LEGGENDA DI CHARLY
DUE RUOTE 21 LESSINIA LEGEND 13 A SCUOLA DI MTB 15 AI FRANCESI ANCORA GLI GIRANO... 16 LA BICI FA MIRACOLI
FOTOSTORIA 44
ALTERNATIVE 21 LA GRAMMATICA DEL MOVIMENTO 22 LE STELLE STANNO A GUARDARE LA PROVA 27 GLI SPARI SOPRA
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MANGIOERGOSONO 47 ALIMENTAZIONE SECONDO NATURA
CAVOLI A MERENDA 33 DEL CAMMINO
CONTROCORRENTE 30 GLI OCCHI DELLA TIGRE
VERSUS 49 UNA GIORNATA DI STRAORIDNARIA NORMALITÀ
PERCORSI 35 A VELE SPIEGATE 38 IN VIAGGIO PER SPORT
ULTIMO METRO 50 WINDSURF UN NUOVO CONCETTO NELL’ANDARE A VELA
Oversize Il segreto della longevità : “No sports , just w hisk y and cigars ” (N iente sport solo w hisk y e sigari) . Winston Churchill
Metalli pesanti prima l’argento alle olimpiadi di nagano ‘98 e poi il coronamento di una carriera con l’ oro a torino 2006
Una chiacchierata con l’ex campione di sci di fondo veronese che si è prestato ad essere, per VS, ambasciatore del vero sport. Perché anche se hai messo al collo una medaglia d’oro, l’umiltà è sempre al primo posto TESTO ZENO DELAINI
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FULVIO
VALBUSA La versione di
Fulvio Valbusa ha gli occhi buoni e la determinazione della gente di montagna. Della sua montagna, quella di Bosco Chiesanuova. Non sta fermo nemmeno quando parla: si inclina in avanti quando arriva al dunque del discorso, al concetto importante. Forse un retaggio di quando pigiava la neve sulle piste da sci e continuava, cocciuto, a mangiare la pista. “Per arrivare - spiega - è la voglia di andare fino in fondo che fa la differenza, è la testa che comanda ad un certo punto, il fisico passa in secondo piano”. Il “Bubo” è stato un campione, con tanto di medaglia olimpica d’oro, ma ha l’umiltà di un ragazzo alle prime armi, tanto che quando racconta la sua visione dello sport, lo fa partendo dai suoi allenatori: “Non posso dimenticare il grande saggio: Iarmo Punkinen, allenatore finlandese. All’epoca, ero appena approdato alla squadra nazionale a circa diciannove anni. All’epoca era consuetudine chiamare allenatori
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info@confinivaganti.it
www.confinivaganti.it
CONFINI VAGANTI Confini Vaganti è un’associazione che propone attività di incontro con l’ambiente naturale. La natura è proposta come valore da conoscere, apprezzare e rispettare, come luogo di crescita della persona ed ambito privilegiato per la conoscenza di sé. La dimensione di avventura è un elemento importante della proposta dell’associazione. Avventura intesa come “territorio sconosciuto”, concetto secondo il quale l’uomo, sia esso bambino o adulto, può imparare a conoscere se stesso. L’ Associazione è prioritariamente impegnata in tre ambiti importanti: - ambito educativo scolastico (o realtà assimilabili) - ambito del tempo libero per persone diversamente abili - ambito della solidarietà internazionale con ex bambini soldato.
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“Un viaggio di mille miglia comincia sempre con il primo passo”.
FU LV I O VA L B U S A S TA R T
“quando RItrovo qualche compagno o avversario ricordiamo i tempi delle competizioni con gioia, abbiamo ancora nel cuore quella che è stata tutta la nostra vita” Torino 2006 Eccoli i Quattro moschettieri dello storico Oro nella staffetta 4 x 10 Km: Zorzi, Piller Cottrer, il nostro Valbusa e Di Centa
provenienti dai paesi nordici. Così, la nostra nazionale si affidò ad un allenatore finlandese, un monumento per lo sci nordico. Mi aspettavo una macchina da guerra, disciplina, rigore, metodo. Mi spiazzò, solo in parte aveva e adoperava queste caratteristiche, il suo lato preminente era quello umano. Lo ricordo come fosse ieri: al terzo giorno di allenamento mi guardò negli occhi e mi disse con il suo inconfondibile accento: Valbusa, ricordati che è meglio un buon riposo di un cattivo allenamento. Lo aveva capito osservandomi che ero distrutto, era inutile insistere, dovevo riposare. C’era la consapevolezza che ogni essere umano e, quindi, ogni sportivo è unico e va conosciuto, compreso come atleta e come uomo”. Perché per Valbusa, qui tra i monti per tutti semplicemente Bubo, prima del risultato viene il divertimento: “Senza dubbio - riattacca - ancora oggi, quando trovo qualche vecchio compagno o avversario ricordiamo i tempi delle competizioni con gioia, abbiamo ancora
nel cuore quella che è stata tutta la nostra vita. E a conferma delle sue parole cita un altro suo maestro, Alessandro Vanoi, ct della squadra nazionale italiana: “Uno che se gli attacchi al collo tutte le medaglie che ha vinto non cammina più. Il più grande allenatore italiano, ex pugile, pesi welter, mi ripeteva sempre che la competizione sportiva non è tutto, lo sport è fatto di tante componenti, deve essere un cammino sereno, una crescita fisica, umana e spirituale. Solo dopo sportiva. I risultati gli hanno dato ragione. Le tabelle le faceva perché doveva farle, ma poi guardava, ascoltava, giorno per giorno, conosceva i suoi ragazzi. Oggi, alcuni allenatori inviano le tabelle d’allenamento via mail ai propri ragazzi e tanti saluti, li mettono a dieta… Ragazzini di quindici anni, li fermano solo quando, come dicono loro, vanno in over training (affaticamento da eccesso di allenamento, ndr). Dei bambini? Ma che è sta roba?”. È più forte di lui, l’agonismo lo riversa nella dialettica e prosegue: “Non è ammissibile: i giovani devono divertirsi, poi più avanti si vede come vanno le cose. Oggi aiuto Scandola, l’allenatore che mi ha cresciuto, e trovo grande soddisfazione con i ragazzi, incentivarli ad amare e capire la cultura dello sport vero mi appaga. L’agonismo deve essere sano, la competizione è insita nell’uomo ma non va esasperata. Devono essere felici di fare fondo, bici, nuoto o quello che gli pare”.
E per dire che oggi si deve invertire la rotta, che c’è troppo stress e che contano troppo le attrezzature e il merchandising, adopera ancora le parole di un altro dei suoi tanti insegnanti: “Il vecchio Modesto diceva sempre: oggi i ragazzi sono nati nell’erba lunga. Intendeva dire che hanno tutto, sci per ogni neve, preparatori, accompagnatori, perfino chi gli sgancia gli sci. Così perdono il gusto della sfida vera, quella con se stessi. Perdono la passione, il rito di prepararsi gli sci da soli e via dicendo. Sono valori universali, trasversali a tutte le discipline sportive. Oggi metto a disposizione la mia esperienza per loro, per aiutarli e vedo che se coltivate ci sono ancora le cose belle, sane. Le medaglie non sono solo trofei, sono la testimonianza di valori condivisi, non sono cose inerti, devono testimoniare l’amore per lo sport. Ho in mente un ragazzino di tredici anni che si allena con me, sale sul furgone e non vede l’ora di arrivare sulla pista: testa bassa, vuole andare, ama la fatica, il sacrificio, è testardo e non pensa mai alla marca degli sci che ha sotto i piedi”.
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LEGGENDA 10
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PER ANIMA E CORPO
LESSINIA
LEGEND A quindic’anni dalla sua nascita è divenuta una vera e propria classica: è la ‘Lessinia Legend’ che, quest’anno, è tornata a Velo Veronese, dov’era nata. Ci siamo fatti raccontare la magia dell’MTB da Luca Poltronieri, uno degli organizzatori della manifestazione sportivo-culturale lessinese TESTO MATTEO TROMBACCO
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2 chilometri la ‘Classic’, 75 la ‘Marathon’: sono stati questi i due percorsi che hanno dato vita alla ‘Lessinia Legend 2011’, svoltasi lo scorso due giugno nel territorio di Velo Veronese, in provincia di Verona. A fare da cornice, unica, di questa manifestazione Mtb (abbreviazione di mountain bike), che si svolge regolarmente ormai da quindici anni, il Parco naturale regionale della Lessinia che, tra malghe, rifugi, sentieri e panorami mozzafiato, ha accolto i numerosi atleti che si sono presentati alla partenza: un percorso affascinante, quello della Lessinia Legend, che, tra salite, ‘muri’ e discese vertiginose, partita da Velo Veronese ha toccato Conca dei Parpari, Dosso Alto, Località Merli e Grietz, la sommità del
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Monte Tomba, il punto più alto di tutta la gara, San Giorgio, l’alta Val d’Illasi, San Mauro di Saline, il monte San Moro e Località Tezze. A vincere la competizione, quest’anno, per gli uomini Pierluigi Bettelli del Team Scott e per le donne Michela Benzoni della Lissone Mtb: di fatto, a vincere sono stati tutti coloro che, agonisticamente o meno, hanno partecipato, e condotto a termine questa corsa che può ormai essere definita, a tutti gli effetti, una delle classiche estive per eccellenza del territorio della Lessinia. “Il nome ‘Lessinia Legend’ non è un’esagerazione - spiega Luca Poltronieri, classe 1960, ciclista agonista dal 1971 ed attualmente titolare del negozio/officina ‘Bike Store Verona’, nonché di un noleggio Mtb a Malga Vazzo, a Velo Veronese ed organizzatore della corsa -: nata negli anni Novanta, assieme a molte altre gran fondo, l’aquila della ‘Legend’ (il simbolo della corsa, ma soprattutto del Parco della Lessinia) quest’anno è tornata a volare qui, tra i nostri monti, all’interno del nostro Parco. Merito di tutto ciò, oltre al gran numero
contro l’immensità degli elementi naturali. Quando pedalo in montagna - dice divertito Luca - mi sento un po’ come un camoscio… a pedali!”. E dove si può praticare, in provincia di Verona, l’Mtb? L’Mtb, in provincia di Verona - chiosa Luca -, è praticabile ovunque! Siamo una provincia con migliaia di alternative sterrate, dalle colline della città agli argini dei corsi d’acqua, dai monti che ci circondano fino alle alture del Monte Baldo e del Carega. Tutti noi del ‘settore’, infatti, ci stiamo dando da fare per rendere sempre più conosciuta la nostra splendida provincia, anche con l’uso delle cosiddette gare, che non sono altro che un mezzo per ‘mappare’ tutto ciò che sia ciclabile”. Che sia per partecipare ad una gara o per una semplice passeggiata, quindi, l’importante è salire in sella ed immergersi nella rigogliosa natura, non solo della Lessinia, ma di tutta la nostra provincia.
VELO VERONESE Velo Veronese è un vasto comune della Lessinia centrale. Il suo territorio occupa una superficie di circa 19 Kmq e si estende sulla dorsale tra la Valle di Illasi e la Valpantena ad un’altitudine che varia tra i 700 ed i 1435 metri sul mare. I suoi confini vanno dal comune di San Mauro di Saline a sud a quello di Roverè Veronese a nordest, a quello di Selva di Progno a nord-ovest. Accanto al nucleo abitato più consistente - quello del capoluogo che dà il nome al comune - vanno enumerate una trentina di contrade e contradine fra cui Baltieri, Battisteri, Campe, Camposilvano, Comerlati, Carrà, Croce, Foi, Garzin di Sotto, Menotti, Pozze, Purga, Riva, Salaorno, Scrivazzi, Stauder, Taioli, Tecchie, Tezze di Sopra, Tezze di Sotto, Valle di Velo, Valle e Viaverde, per non contare le singole case sparse a punteggiare di presenze umane un paesaggio che è quello tipico della Lessinia centrale.
“La MTB è uno sport, ma è anche un’attività catartica, nella quale si è da soli contro l’immensità degli elementi naturali” di sportivi che, da anni, partecipano alla corsa, il sostegno incondizionato del sindaco di Velo, il biker e sciatore Emiliano Ferrari che ha fatto qualunque cosa per rendere la ‘Legend’ un successo. Ad affiancare il sindaco, il ‘Lessinia Tour’, il nuovo comitato organizzatore che, dall’anno prossimo prometterà di porre in essere una gran quantità di proposte ed idee innovative ed interessanti”. Ma cosa vuol dire correre, o anche solo fare una ‘passeggiata’, in mountain bike? “Quando si pedala, meglio, ma non necessariamente in montagna - spiega Luca, mentre prepara una bici assieme al socio ed amico Nicola Begnoni - si ha la possibilità di entrare in risonanza armonica con la natura: il silenzio consente di ascoltare il proprio respiro, la solitudine di pregare (per chi lo desidera!), l’ascesa di avvicinarsi al cielo. È uno sport, ma è anche un’attività catartica, nella quale si è da soli
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MACELLERIA POLLERIA SALUMI PER INIZIARE
A SCUOLA DI MTB TESTO ANDREA SCOTT GREGORI
La carne migliore dal tuo macellaio di fiducia!
Flash Polisportiva Fumane A ndrea Gregori M ob . 3 4 0 8 7 00677 valpolicellabike .it
Sono ben 41 i ragazzi e ragazze dai 10 ai 13 anni iscritti al primo corso di Mtb organizzato dalla sezione ciclistica della Polisportiva Fumane. Un successo oltre le previsioni che vede il tutto esaurito in entrambe le sedi di svolgimento site in Fumane e Cavalo. Organizzato in via sperimentale dalla sezione ciclistica, affiliata al CSI di Verona, l’attività è strutturata e pianificata in base alla esperienza acquisita da tanti anni di pratica sportiva a livello agonistico e non, ponendo in primo piano l’aspetto educativo, tecnico e del comportamento dell’utente rispetto alla natura e le persone. I primi quattro appuntamenti prevedono infatti lo svolgersi di lezioni di teoria finalizzate alla conoscenza del mezzo, del codice comportamentale sulla strada e sui sentieri (norme NORBA e CAI), cenni di alimentazione e fisiologia ed esercitazioni tecniche sull’equilibrio, il superamento degli ostacoli, l’uso dei cambi e dei freni, l’andare in gruppo, svolte tutte in luoghi delimitati. Le successive lezioni prevedono la messa in pratica delle conoscenze e abilità acquisite, percorrendo sentieri individuati appositamente con difficoltà crescenti in proporzione alle abilità del gruppo. In questa fase i ragazzi saranno assistiti da vari mtbiker della sezione ciclistica della Polisportiva Fumane a garanzia della sicurezza e in modo da dare la massima assistenza tecnica in caso di difficoltà. I corsi avranno termine entro la prima settimana di luglio ma l’intenzione è di riproporne di nuovi e di proseguire con i ragazzi che hanno già iniziato inserendoli in una apposita sezione giovanile in modo da dare continuità all’iniziativa per tutto l’anno. Andare in MTB è l’occasione per conoscere la natura e imparare a rispettarla, per vincere la pigrizia, respirare bene ed essere fuori dall’insopportabile traffico veicolare, per essere più sani e forti. Le nostre zone sono una palestra formidabile per questo sport. I corsi sono gratuiti, è richiesta solo la quota per il tesseramento al CSI.
Via della Libertà, 7 37055 Albaro di Ronco all’Adige - VR VERO SPORT 01/11 Tel. 045 7020009
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AI FRANCESI ANCORA GLI GIRANO...
A poche centinaia di metri dal centro di Peschiera del Garda c’è un luogo che presto potrebbe diventare la ‘mecca’ degli amanti delle bici. Un posto dove “Bartali batte Coppi”.. TESTO simone incontro
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perto dai gemelli Alberto e Gianmaria Pachera, accomunati dalla passione per i mezzi a due ruote e per gli oggetti testimonianza della storia, il Museo della Bicicletta che i due fratelli hanno inaugurato nel maggio del 2009 si trova in Vicolo di Via Barbarani a Peschiera del Grda. Non c’è alcuna indicazione in via Barbarani, ma solo una piccola insegna che indica il campanello accanto a un grande cancello. Bastano pochi passi per entrare nella storia della bicicletta. Sono presenti alcuni pezzi storici importanti di campioni ciclisti vittoriosi (come Tommaselli, Nervi e Bongioni) ed altri modelli, sia italiani che stranieri, molto interessanti che testimoniano l’evoluzione tecnologica e meccanica del mezzo, “fino ai primi anni Ottanta”, ci tengono a sottolineare i fratelli Pachera. Al Museo, infatti, non si trovano gli ultimi modelli che vediamo sulle strade del Tour. Al massimo ci sono esemplari ispirati al futurismo di Marinetti. La collezione conta 120 biciclette ma il numero
tende a crescere ogni settimana. L’esemplare più antico all’interno del Museo è il velocipede tipo Michaud (dal nome del meccanico francese che ha inventato i pedali, segnando la vera rivoluzione sulle due ruote) del 1860, assieme al modello per giovinetto Michaudina della stessa epoca, entrambi provenienti dalla Francia. C’è poi il biciclo dalla grande ruota anteriore del 1880, proveniente dalla Germania, con ruote e raggi di legno e cerchi in ferro. Per gli amanti del ciclismo, sono presenti vari modelli da competizione che presentano l’intera evoluzione tecnologica del cambio di velocità (dal giro ruota al moderno sistema a doppia leva con 20 differenti rapporti), oppure la tecnologia dei freni (dai sistemi antichi a tampone, al sistema Sachs a contropedale, al freno idraulico e quello a tamburo). Per chi ama la bici, il Museo della Bicicletta costituisce un’esposizione da vedere a tutti i costi. Siamo sicuri che se si pubblicizzasse un po’ di più oltre al passaparola, fuori dall’ingresso ci sarebbe ad ogni ora una lunga fila di ciclisti di tutta Europa. Il Comune di Peschiera non può perdere questa ghiotta occasione. E non solo ciclisti, infatti, come dice Alberto Pachera: “Gino Bartali batte Fausto Coppi”, indicando il campionario di lamette che ha come testimonial il ciclista toscano. “è stato Bartali il primo a percepire il valore della pubblicità”, continua il collezionista di Peschiera. Oltre alle bici, il Museo ospita infatti un ricco corredo documentario (giornali, riviste, opuscoli) e pubblicitario (foto, manifesti, targhe di ferro smaltato riproducenti le marche delle case produttrici). Inoltre sono presenti vari tipi di accessori (maglie, portafortuna, stemmi ed occhiali) e gadget. Infine una raccolta di “bolli” per la tassa di circolazione dei velocipedi. Per visite prenotarsi allo 045 7550201
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29 titoli italiani D I B MX
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LA BICI FA MIRACOLI
È uno dei più rappresentativi atleti italiani della BMX e, dopo numerose vittorie, ora sogna l’impresa alle Olimpiadi di Londra e la nascita di un gruppo di lavoro professionale italaino. Che ancora non esiste anuel De Vecchi è un ragazzo veronese di trent’anni, laureato in Economia aziendale, felicemente sposato con Anete, appassionato di BMX e molto caparbio. L’abbiamo incontrato per scoprire qualcosa in più di lui. Quando è nata la tua passione per la BMX e perchè? È nata nel 1988, grazie a mia nonna, che abitava vicino alla pista di Montorio Veronese. Un giorno mi chiese se volevo fare una ‘garetta’ con le bici… Ci sono andato e, vedendo i bambini che saltavano e si divertivano con queste biciclettine, mi sono innamorato subito!!! Quali i risultati di maggior prestigio della tua carriera? Ho vinto ventinove titoli italiani (sedici con la BMX, tredici con il Cruiser), ho partecipato alle Olimpiadi di Pechino piazzandomi decimo, ho vinto la medaglia d’argento ai Mondiali Cruiser nel 2008, il Campionato europeo Indoor nel 2007 e mi sono classificato terzo alla Coppa del Mondo a Salt Lake City nel 2007. A tutto ciò, va aggiunta una numerosa serie di piazzamenti importanti a livello europeo.
TESTO MATTEO TROMBACCO
Cosa vuol dire correre su una BMX? La BMX è uno sport estremo, ma al tempo stesso molto sicuro, perchè lontano dai pericoli della strada. Correre su una BMX significa correre con se stessi perchè è uno sport individuale (vittoria e sconfitta sono nelle proprie mani), significa correre contro
gli altri (si parte sempre in otto dal cancelletto di partenza, ma solo quattro passano al turno successivo), significa provare nuove emozioni ogni volta che si va in gara perchè tutte le piste sono diversissime tra loro e ci sono sempre ostacoli nuovi da affrontare. Significa dare tutto in trenta secondi: infatti dura solo trenta secondi una manche di gara, un mix tra potenza e tecnica. Quanto e come ti alleni? Mi alleno due volte al giorno, cinque giorni su sette, e alterno sedute di forza ed esplosività in palestra e sulla pista d’atletica, resistenza in bici da strada e tecnica in pista con la mia BMX Quali i progetti legati al futuro prossimo? Quali le speranze? I progetti sono di fare questi due anni preolimpici al massimo delle mie potenzialità e cercare di qualificarmi nelle prime undici nazioni nel ranking mondiale, senza dovermi giocare tutto in Inghilterra nel 2012, come avevo fatto per Pechino. Le speranze sono quelle di vincere una medaglia a Londra. E ‘da grande’, come ti vedi? ‘Da grande’ mi piacerebbe aiutare l’Italia del BMX, far crescere i futuri agonisti, allenarli e sfruttare la mia esperienza per farli migliorare. Mi piacerebbe, infine, riuscire a creare un gruppo di lavoro professionale come hanno già fatto altre nazioni, come Olanda o Germania, che, qui in Italia, ancora manca.
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Sempre in sella Dal 2010 De Vecchi corre per il Team Bmx Action Cremona, con il quale ha conquistato la semifinale mondiale bmx elite in Olanda
Perchè un ragazzo dovrebbe avvicinarsi al mondo della BMX? Perchè è la cosa più divertente che si possa fare in bici e la più completa e istruttiva. In molte altre nazioni hanno già capito che la BMX è la vera scuola del ciclismo e tutti i ragazzi dovrebbero praticarla. Poi, una volta cresciuti, starà a loro decidere se restare in BMX, se passare alla MTB o se passare al ciclismo su strada; ma, sicuramente, chi ha iniziato in BMX avrà una padronanza del mezzo superiore a chiunque altro, e questo lo si vedrà nei risultati. Inoltre è uno sport sicuro al cento per cento perchè si corre in mezzo alla natura, in percorsi sterrati e recintati, dove non ci sono macchine, marciapiedi o ostacoli artificiali. Quindi basta solo trovare la pista più vicina (basta guardare il sito www.bmxr.it dove c’è una mappa con tutte le piste d’Italia), e aver voglia di divertirsi: la bici viene data durante i corsi e anche l’attrezzatura per iniziare.
UNO SPORTA CHE ARRIVA DALLA CALIFORNIA Il BMX (abbreviazione di Bicycle Motocross) è una disciplina ciclistica nata negli Stati Uniti nel 1968 e rapidamente diffusasi nel resto del mondo nel corso del decennio successivo. Le biciclette per BMX sono monomarcia, piuttosto piccole e leggere, ma solide, con ruote dal diametro di 20 pollici (24 nella variante Cruiser). Il tracciato di gara è lungo dai 300 ai 400 metri con tempi di percorrenza medi tra i 35 ed i 50 secondi, caratterizzato da dossi, curve paraboliche e altri ostacoli simili a quelli dei tracciati da motocross. Gli atleti sono suddivisi in categorie in base all’età, al sesso, al tipo di bicicletta (BMX standard o Cruiser).
Un giro di pista ha tempi di percorrenza medi tra i 35 e i 50 secondi
NON SOLO VELOCITà: QUANDO LA BMX Dà SPETTACOLO
“VOGLIO ARRIVARE ALLE OLIMPIADI DI LONDRA 2012 E LOTTARE PER UNA MEDAGLIA”
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Al fianco della disciplina originaria della BMX, negli anni se ne sono create altre dette Freestyle, nelle quali non conta la velocità in cui si percorre la pista, ma le evoluzioni che si eseguono. Queste discipline sono: Street, che consiste nel compiere acrobazie di ogni sorta sfruttando gli elementi del paesaggio urbano, come panchine, corrimano, scale in marmo etc.; Flatland, dove l’atleta esegue delle evoluzioni continue con la sua BMX, senza dover mai toccare terra con i piedi; Dirt, simile al race per via del tracciato in terra. Questa disciplina non prevede un traguardo, ma solamente l’inventiva dell’atleta nel compiere le evoluzioni più spettacolari, usando le rampe in terra del tracciato; Vert, forse la disciplina più rischiosa di tutte quante, in quanto consiste nel compiere acrobazie con la BMX in half-pipe alti anche fino a dieci metri ed oltre.
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LA GRAMMATICA DEL MOVIMENTO Nata in Inghilterra negli anni Quaranta grazie al fisico e judoka Moshe Feldenkrais, la disciplina si è ben presto diffusa in tutto il mondo: è il feldenkrais, ovvero la conoscenza di sé attraverso il movimento TESTO Matteo Trombacco
È
una tecnica di educazione al movimento che sviluppa le capacità di percezione del corpo per ottenere un miglioramento funzionale della persona. Mira, inoltre, alla riprogrammazione del sistema nervoso centrale per migliorarne il funzionamento attraverso movimenti lenti che consentono di svincolarsi da schemi posturali e motorii scorretti dovuti a sforzi non adeguati, stress e problemi legati alla salute. Permette, infine, di controllare e ridurre gli sforzi muscolari inutili, sfruttando le naturali capacità di apprendimento e la consapevolezza del proprio corpo. No, non si tratta di una qualche modaiola disciplina orientale basata sulla meditazione ed insegnata da un guru indiano intriso di misticismo, ma del feldenkrais, disciplina chinestesica nata negli
anni Quaranta in Inghilterra ad opera del fisico, nonché cintura nera di judo, Moshe Feldenkrais. “Il feldenkrais - spiega Maria Raffaella Dalla Valle, una tra i primi italiani a conseguire il diploma feldenkrais a Londra - non è né scienza motoria né fisioterapia, ma un vero e proprio lavoro di educazione: una disciplina, quindi, che di fatto rappresenta una vera e propria ‘grammatica del movimento’. Ogni persona - prosegue Maria - possiede una propria storia corporea, fatta di piccole abitudini che influiscono su di essa: proprio per questo motivo il feldenkrais è una disciplina fondamentale perché insegna a conoscersi attraverso il movimento. Non è, quindi, una costrizione, ma una sorta di formazione: ascolto le mie abitudini e cerco di capire se ne posso trovare altre di
Flash “ Il corpo e il comportamento maturo” il libro del 1 9 4 9 di moshe felD E N F R A I S CH E P E R P R I M O I L L U S T R A Q U E S TA D I S C I P L I N A
più piacevoli ed adatte al mio corpo”. Mentre, quindi, con la fisioterapia si delega al medico la cura dei propri disturbi fisici, il feldenkrais aiuta chi lo pratica a ‘curarsi’, ‘semplicemente’ insegnando alle persone ad ascoltare i propri movimenti. Proprio per questo motivo questa disciplina non si basa su movimenti ripetitivi o esercizi da fare a casa, ma su gesti da applicare alla quotidianità: “Per questo - chiarisce Maria - ogni lezione è differente: il fine non è l’automatismo, ma la consapevolezza”. Ma a chi è rivolto il feldenkrais? “A tutti - risponde determinata Maria -: a sportivi, ballerini e cantanti, per perfezionare il gesto atletico, come alle persone ‘comuni’, che soffrono di mal di schiena, dolori, tensione, stress o difetti posturali. Per questo motivo il feldenkrais è un ‘danzare assieme’, assecondando la propria postura ed, al contempo, insegnando a muoversi in modo autonomo e corretto”. Una disciplina, quindi, adatta a tutti, il feldenkrais, perché propedeutica non solo allo sport, ma ad una vita sana e serena.
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DANZA SPORTIVA
LE STELLE STANNO A
GUARDARE La danza sportiva è una disciplina poco nota che coinvolge molti appassionati. Una pratica che richiede impegno, sacrificio e molto allenamento, ma che, parola di Nazzareno Carradori, regala soddisfazioni immense TESTO SIMONE INCONTRO FOTO AMEDEO VILLARI/VS PHOTO
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A LT E R N AT I V E
Figure in movimento Un’immagine relativa ai Campionati Italiani di danza sportiva
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utto è nato nel 1982 quando, con mia moglie, decidemmo di seguire la nostra comune passione: il ballo”. Esordisce così Nazzareno Carradori, classe 1964 di Corrubbio, quando parla della sua lunga esperienza, insieme alla moglie Silvana Spiazzi, nella danza sportiva a Verona, in Italia e in giro per l’Europa. Il mondo della televisione presto si dividerà tra Ballando con le stelle (Rai) e Baila (Mediaset) e il successo di pubblico è comunque garantito nella competizione tra ballerini. Cominciamo allora da qui la nostra conversazione con Carradori. Questi programmi fanno bene alla danza sportiva? Per Carradori non ci sono dubbi: “Al momento probabilmente sì. Sono eventi promozionali che fanno conoscere questa disciplina sportiva”, risponde Carradori, “Una volta parlavo di danza standard e tutti stavano zitti. Quando lo faccio ora, mi chiedono: “Ti vedremo presto a Ballando sotto le stelle?”. Carradori si emoziona spesso quando parla della sua passione ed inizia subito a raccontare com’è cominciata. “L’amore per il ballo è nato per fare qualcosa di diverso dal solito. Abbiamo mosso i primi passi con diversi corsi di ballo liscio. Abbiamo continuato con tanto studio e altrettanto sacrificio, con il ballo da sala e poi con il liscio unificato”, spiega Carradori, “Nel 1994 abbiamo avuto il primo contatto con il mondo del professionismo con i maestri veronesi Fracasso. Gara dopo gara, abbiamo avanzato di categoria e ottenuto una lunga serie di successi e, nel 2002, dopo un ottimo piazzamento a Cervia, abbiamo deciso di smettere”. Passano così alcuni anni ed è difficile per la coppia veronese non tornare sulle piste da ballo. Carradori, infatti, confessa: “La danza sportiva la fai con il cuore e poi ti prende testa e piedi”. È forse questa la migliore pubblicità di questa disciplina riconosciuta dal Coni. Dopo sei anni, ecco il ritorno della coppia CarradoriSpiazzi. Stimolati a riprendere le competizioni dai maestri Mario e Adriana Marchi e,
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successivamente , seguiti assiduamente dai maestri Cristian Corsi e Simonetta Ambrosini dello Studio DanzaVerona, in poco tempo e dopo una sconfitta pesante (sesti su sei coppie ai campionati regionali del 2008), comincia la risalita: 25° posto (su 70 coppie) al Campionato italiano del 2009 e l’anno dopo, sempre nel torneo nazionale, vicecampioni italiani Senior II, classe A. Il 2011 della coppia veronese li ha visti arrivare in finale tra i primi sei (classificandosi quinti) all’open internazionale di Rimini. A Wels, in Austria, a giugno, sono arrivati secondi. “C’erano solo 5 coppie italiane sulle 36 presenti alla competizione. Tutte e cinque sono arrivate alla finale che si disputano sempre in sei coppie. Ora siamo il Paese al top a livello mondiale”, afferma Carradori, “Al giorno d’oggi gli italiani sono tra i più forti. Non ci credete? Il primo campione non inglese è stato Augusto Schiavo, che ha fatto coppia con Caterina Arzenton, entrambi veronesi. Se poi volete vedere cosa significhi danza sportiva, andate su YouTube e digitate il nome del pluricampione del mondo “Mirko Gozzoli”. Resterete senza parole”. Ed ora, a che punto si trova la danza sportiva? Per Carradori siamo in un momento delicato e non è detto che tra qualche anno questa disciplina possa partecipare alle prossime edizioni olimpiche. In Italia però si sta disinvestendo sui giovani e, per questo secondo il ballerino veronese, si deve far in modo di cambiare direzione, perché la concorrenza dei Paesi dell’Est Europa comincia a farsi sentire. Prima di lasciare Carradori, gli chiediamo se, a 47 anni, abbia intenzione di smettere di ballare. Lui non ci pensa nemmeno un attimo e risponde: “L’ultima categoria della danza sportiva si rivolge agli over 62. è molto probabile che tra quindici anni mi vediate ballare in quella categoria insieme a mia moglie. Ogni volta che salgo sulla pista da ballo, mi trasformo e mi sento diverso da tutti”. Questo è il mondo di Carradori.
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“La danza sportiva la fai con il cuore e poi ti prende testa e piedi�
Sport & Show Quattro momenti della competizione svoltasi durante i Campionati Italiani di danza sportiva 2011 tenutisi a Rimini
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L A P R O VA
TIRO A SEGNO
GLI SPARI
SOPRA Chi pensa che sia uno sport pericoloso, per pochi intenditori o appassionati di armi, si sbaglia di grosso. Sembra proprio che non ci sia età, genere o disabilità che escluda dalla pratica di una delle attività sportive più sicure e antiche d’Italia TESTO E FOTO CARMEN SANTI
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iamo andati a visitare per voi il Tiro a Segno di Verona che conta oggi circa 2.000 iscritti; si tratta di uno dei poligoni più antichi d’Italia (il più antico tra quelli scaligeri) ed è sicuramente anche uno tra i più conosciuti: la sua fama è stata infatti accresciuta negli ultimi anni dalla medaglia olimpica vinta da Roberto Di Donna ad Atlanta nel ’96, che guadagnò l’oro nella gara di pistola a 10 metri. Ad accoglierci e illustrarci la storia, la disciplina e le attività, l’attuale presidente, Luciano Brunelli, durante le ultime gare regionali, che decreteranno i nomi di coloro che il prossimo autunno parteciperanno alle nazionali.
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UNO SPORT ANTICO E PIENO DI STORIA
Il campione Roberto Di Donna, sotto, atleta del ‘Tiro a Segno di Veronà, ha vinto uno storico oro alle Olimpiadi di Atlanta ‘96, nella disciplina pistola da 10 metri, e un bronzo nella pistola libera
La società di Tiro a segno fu fondata a Verona nel 1867 e il poligono era situato fuori porta San Giorgio nel vallo dei Bastioni di Valdonega. Il nuovo poligono (l’attuale) fu iniziato invece nel 1916, inaugurano nel ’21 e dislocato nei pressi dell’ex-forte austriaco fuori Porta Catena. Oggi al suo interno vengono praticate tutte le specialità, dall’aria compressa (pistola 10 mt e carabina 10 mt) alle discipline a fuoco: pistola libera (categoria uomini), pistola standard, pistola grosso calibro, pistola sportiva (categoria donne), carabina 3 posizioni (a terra, in ginocchio in piedi). Ma in realtà le specialità praticate sono molte di più (oltre 40) e sono tutte da scoprire per chi volesse cimentarsi in questa nuova attività.
Nata nel ‘500 con il nome di “Tiro al tavolozzo” ed evoluta nella storia assieme al modificarsi delle armi da fuoco, venne definita con il nome di “Tiro a Segno” dal Ricasoli nel 1859. Qualche anno dopo, nel 1861, fu il primo governo italiano a decretare la possibilità di istituire in ogni comune una struttura dove si potesse praticare questa antica disciplina, incaricando lo stesso Garibaldi di presiedere alla creazione e organizzazione delle varie sedi mandamentali, promuovendone l’esercizio tra i giovani. Oggi il tiro a segno è una vera e propria disciplina sportiva divisa in varie specialità, ognuna delle quali comprende diverse categorie e fa parte a pieno titolo delle discipline olimpiche. Si tratta di una attività molto particolare ad alto contenuto tecnico, in cui sono richieste destrezza, autocontrollo e concentrazione per effettuare atti motori il più possibile esatti. Le medaglie olimpiche italiane Los Angeles 1932 Renzo Morigi (Oro, pistola automatica), Domenico Matteucci (Bronzo, pistola automatica) Montreal 1976 Roberto Ferraris (Bronzo, pistola automatica) Los Angeles 1984 Edith Gufler (Argento, Carabina aria compressa) Atlanta 1996 Roberto Di Donna (Bronzo, Pistola libera; Oro, Pistola aria compressa) Atene 2004 Valentina Turisini (Argento, Carabina sportiva 3 posizioni)
“CI SI GIOCA tutto sulla disciplina, sulla concentrazione e sull’autocontrollo” 28
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TIRO A S E G N O L A P R O VA
Dove si è svolta la prova Presso il ‘Tiro a Segno di Verona”, uno dei poligoni più antichi d’Italia, che conta oggi circa 2.000 iscritti www.tsn-verona.it
Se la perplessità viene della pericolosità dell’utilizzo di un’arma, il Presidente assicura che il tiro a segno è una delle attività sportive più sicure, alla quale ci si può approcciare fin da giovanissimi. All’interno del poligono vigono infatti delle regole severissime sull’utilizzo delle armi e non c’è pericolo di sorta; aleggia infatti un’aria di assoluto rispetto e serietà, poiché la disciplina e il controllo sono fondamentali non solo nell’attimo in cui si preme il grilletto mirando al bersaglio, ma in tutto l’iter che porta a quel momento. È una attività che gioca tutto sulla disciplina, sulla concentrazione e sull’autocontrollo e che anche a Verona sta raccogliendo, oggi, molte adesioni tra i più giovani. Si può iniziare dai 10 anni in poi, e il Poligono ci tiene a far sapere che è aperto a tutti, invitando chiunque fosse interessato ad andare a provare. Il contesto di Verona, inoltre, è particolarmente interessante e suggestivo anche dal punto di vista storico, oltre che essere conosciuto per le fucilazioni che avvennero in epoca fascista: la più nota quella di Galeazzo Ciano, fucilato proprio al poligono di Porta Catena l’11 gennaio del 1944 dalla neonata Repubblica Sociale. Insomma, a Verona è possibile praticare una disciplina sportiva di antica origine in un contesto storico affascinante; si tratta di un mondo tutto nuovo da conoscere ed esplorare nelle sue infinite possibilità. Un mondo aperto a tutti che si mette a disposizione di coloro che fossero interessati, per poter esso stesso crescere e far crescere tutti coloro che praticano oggi questo sport.
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C O N T R O C O R R ENTE
GLI OCCHI DELLA
TIGRE Considerazioni filosofiche sulla gestualità dello sport: la mediazione dei sensi e la sublimazione dell’istinto. Quando a vincere è l’animale che c’è in noi TESTO MASSIMO LENOTTI
Il numero 1 Il 4 luglio 2011 è stato un giorno storico per il tennista serbo djokovic: grazie alla finale vinta contro lo spagnolo Nadal sul Green di Wimbledon, si è conquistato il primato della classifica Atp
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Spesso mi sono chiesto se un canale sensoriale possa avere il primato sugli altri, se serva di più e se il nostro corpo e quello di tutti gli altri mammiferi vi facciano più affidamento durante ogni tipo di attività. Sebbene io concordi con una visione olistica in cui ogni parte è interconnessa e concorre nel produrre il risultato finale, ho una forte ammirazione per l’operato di quel magnifico organo che è l’occhio. Non si può fare a meno di notare
quanta intensità gli occhi possano emanare nelle più disparate situazioni: talvolta per un semplice fattore di colore, altre volte a testimoniare la totale concentrazione e consapevolezza dell’animo nell’attimo dell’azione. Un valido spunto inerente quest’ultimo aspetto mi è stato offerto mentre guardavo la finale di Wimbledon, domenica 3 luglio, tra Rafael Nadal e Novak Djokovic. Il secondo, risultato poi vincitore, ha decisamente testimoniato con la sua performance il primato della vista come senso e degli occhi come icona e veicolo di quella focalizzazione sulla preda distintiva dei predatori in generale e tipica dei felini. Il paragone tra Djokovic ed una tigre è quindi emerso con facilità, semplicemente pensando a come la pallina da tennis, alla stregua di una preda inconsapevole, divenga lo stimolo primario attraverso il quale vengano prodotte, a partire dalla vista, innumerevoli reazioni fisiologiche a cascata con il fine ultimo - proprio lo stesso della tigre - di aggredire il bersaglio. Osserviamo queste reazioni contemplando gli istanti precedenti l’impatto con la pallina ed immaginiamo di osservarla con gli occhi del tennista. Facciamo lo stesso, in parallelo, guardando la preda con gli occhi della tigre. 1. La pallina, colpita, sta avanzando verso la metà campo del giocatore / la preda si sta avvicinando allo specchio d’acqua per abbeverarsi: la cornea presente negli occhi del giocatore e del felino (nella tigre la visione è eccellente durante la notte grazie ad un sistema di amplificazione della luce diffuso nelle cellule della retina) convogliano i raggi di luce, prodotti
dalla pallina e dalla preda, sulla retina dove fotorecettori specifici innescano una reazione biochimica: l’embrione dell’immagine, un impulso bioelettrico, è stato creato. 2. Il giocatore prepara il colpo, approntando la strategia / la tigre sta fissando la preda; è completamente immobile ed aspetta il momento migliore per aggredirla. La corteccia cerebrale visiva del giocatore e della tigre codificano l’impulso elettrico nell’ immagine del bersaglio ed, integrandolo con altre aree cerebrali, producono innumerevoli, fondamentali informazioni: valutazioni sulla distanza, sulla difficoltà di esecuzione, accesso mnemonicoesperienziale (la tigre, ad esempio, sa che posizionandosi in un raggio di 3-10 metri di distanza dalla preda aumenterà enormemente le probabilità di riuscita). L’impulso viene inoltre impiegato dal cervelletto per approntare e coordinare quei patterns motori che in brevissimo tempo si tradurranno nell’azione finale. 3. Gli occhi del giocatore e la sua racchetta aggrediscono la pallina con enorme energia e determinazione / la tigre sopraffà la vittima con estrema velocità e forza. Un nuovo impulso, rappresentante l’azione selezionata e formata in tutti i suoi aspetti, viene inviato dalla area cerebrale motoria verso il basso, a raggiungere porzioni specifiche del midollo spinale e
cartotecnica
Sirio
Djokovic ha decisamente testimoniato con la sua performance il primato della vista come senso e degli occhi come icona e veicolo di quella focalizzazione sulla preda distintiva dei predatori in generale e tipica dei felini
conseguentemente gli organi effettori: il tennista applica quindi il giusto timing nel colpire la pallina ed adatta in ogni momento la sua posizione in funzione dell’impatto finale. Ogni segmento del suo corpo si muove in sintonia e come conseguenza del precedente per realizzare il programma primario. La tigre produce la sua propulsione verso la vittima in virtù della stessa sintonia: i potentissimi muscoli dei suoi arti posteriori le consentono balzi improvvisi, velocissimi e letali capaci di atterrare prede di stazza incredibilmente maggiore; da tale posizione la tigre finisce la preda strangolandola con le sue fauci. Tutto qui inizia dagli occhi. Occhi come motore creatore; non solo organi di percezione ma altresì di fecondazione di gesti immensamente belli ed essenziali nella loro esecuzione. Gesti regalatici dalla natura, la stessa madre di due protagonisti appartenenti a mondi solo apparentemente cosi differenti e distanti.
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Caminante no hay camino se hace camino al andar Camminatore, non c’è tragitto, il cammino si fa andando
Non è facile dire perché uno, uno come me e te, uno come noi, decida di mettere un piede dopo l’altro e fare prima un passo poi un altro e continuare così per un poco, o per un pò di più, e camminare, camminare, camminare… Georges Bataille, antropologo, scrittore e bibliotecario francese ha provato a raccontare la vertigine, più fisiologica che teoretica, del fatale passaggio dall’animale all’uomo; quando, abbandonando il portamento dell’ uomo di Neanderthal e di altri ominidi, l’Homo sapiens passò dalla posizione curva-orizzontale alla postura eretta. Fu un piccolo sconvolgente cambiamento che rivelò al nascente nuovo essere tutto un altro mondo: non più la bassa e limitante locale relazione con la terra i suoi fiati di polveri, odori sapori immediati, diretti tattili ma l’apertura alle distanze, privilegio (aberrante?) per la vista e le sue teorie. E l’uomo scoprì i piedi (privilegiando un capo, il proprio capo). La terra in basso, sotto, lui sopra (poco sportivamente) a dominare, a misurare a gambate, l’oceano di luoghi che, a quel punto, da quel punto, lo circondavano. Forse quel passaggio fu un errore, ma se sostituì alla natura, madre terra, il paesaggio con le sue prospettive, i giochi fra (apparentemente) vicino e (realmente) lontano, rivelò, potenzialmente arrichendolo, l’inevitabile distanza che come un destino separerà per sempre (anche se di poco) l’uomo dall’ambiente (naturale) che lo circonda. Dopo questo sconvolgimento evolutivo resta però, utopicamente, il cammino per provare d’accorciare l’ incancellabile distanza fra uomo e natura; facendoci piedi proviamo forse anche a ritrovare l’animale che un tempo fummo. Camminando cambiamo il ritmo, il passo ce lo da il nostro passo (timing), stiamo a passo del nostro spasso, l’occhio s’inclina e pian piano rinuncia ad anticipare, segue, si presta al gioco di ciò che viene, asseconda, assentendo, ciò che finalmente può tornare ad osservare, paziente e se ci sarà da apprendere, lo tornerà a chiedere (nuovamente) anche agli altri sensi (plurimi e potentemente
parziali, individuali ma propri: appropriati e approprianti). Ogni camminata è una questione tanto cinetica che sinestetica (d’interazione fra i sensi): che sarebbe un strada senza i suoi odori, i suoi rumori oltre che certo i suoi colori e luci? Il passo lo sa o come divenendo pratica ordinaria, pian piano (passo dopo passo) ce lo farà scoprire. O forse il cammino è musica? Un motivetto, un umore che ci dovrà avvolgere, e superate le prime note, l’inizio, morderci il passo, coinvolgerci, portarci, trasportarci, non solo perdere un abitudinale ritmo routine ma concederci come in una danza a tutto un nuovo spazio per il nostro tempo, dimentichi di quello che solitamente sorbiamo, altro vigore, un passo poi un altro e così via...
Una dieta equilibrata è alla base di una buona prestazione sportiva Camminando scoprirci soli (noi e i nostri piedi) a farci portare dai nostri pensieri che potrebbero essere anche un dialogo (sopra i piedi che macinano) perché, se pur soli, si può camminare anche in più di uno (peripatetici non pentiti ma essenzialmente liberi nella nostra ora d’aria in compagnia...). Dove stiamo andando? Dove andremo a parare? Dove ci porteranno i nostri piedi (aiutati dalle gambe)? Importa? Non siamo sempre un pò già persi appena cominciamo a partire? Anche se ci muoviamo per andare da qui a là, in vero, andando (prima di compiere ciò che ci siamo prefissati) non sappiamo mai del tutto ciò che ci spetta (o ci aspetta), ogni singolo momento, ogni minuscolo istante (e il nuovo ritmo che il passo impone ci aiuta a
riscoprire il breve farsi del tempo) ogni secondo potrà portarci (come un nuovo passo in più) qualcos’altro attendibile inatteso, allentante quanto aleatorio (anche nella sua probabile prevedibilità). Camminiamo, cammino dopo cammino. Osservo un bimbo, vitale, vispo mai fermo (fin tanto, per lo meno, che non dorme) ma che ancora non sa camminare, sgambetta se lo si aiuta o gattona se vuole andar da solo. Ma allora quando abbiamo imparato a camminare da soli? Quel piccolo cruciale momento che ci siamo lasciati andare (come fra breve farà questo bimbo che osservo compiaciuto) quando è stato? Camminando (prima della vertigine che ci fatto non più animali ma uomini) non rammemoriamo (inconsci) anche questo personalissimo momento, fatalmente consegnato all’oblio, quando nessuna mano, o cosa ci sosteneva e muovevamo (letteralmente) i nostri primi (primissimi) passi (passetti). Possiamo anche solo immaginare il peso di quei originari primi movimenti d’autonomia, quando il bimbo sapendo camminare comincia a trovare quello vuole, volontariamente si farà la sua volontà nutrendo le sue voglie (al principio di piacere ci portano i nostri piedini, non per niente già da subito con tutta la titubanza delle gambette di un neonato, neofito al scegliersi persino da che parte andare...) Ma il camminate non è solo un uomo (che fu animale) o il bimbo (che fu un tempo) è anche il solo e semplice camminare senza scopo, luogo o dove, il fare due passi senza pretese (ma magari non troppo teso) si va, si cammina, la testa è anche altrove (occhio a dove metti i piedi) attento e distratto, distraibile, estraibile da tutto ciò che si stava facendo, dicendo, pensando, passando andando (potrei continuare così ancora per molto o per un pò, servirebbe?) Andiamo? andiamo...
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PERCORSI
Numeri
“Si parte col cuore ma si arriva con la testa, in barca come nella vita” Alberto Penati
L’ oceano ricopre il 70% della superficie terrestre , ovvero 360.700.000 di km ²
A VELE
TESTO ZENO DELAINI
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P E R C O R S I A L BERTO PENATI
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i sono storie che testimoniano come tutto sia possibile, a condizione di credere davvero in ciò che si fa. Di ascoltare quella voce che arriva dalle profondità dell’anima. Alberto Penati, velista ed editore, è uno di quelli che quel sibilo l’ha ascoltato e seguito. “Non esageriamo, non vorrei passare per un eroe omerico chiosa inforcando gli occhiali- certo che, ad un certo punto, tutte le sfaccettature della mia vita sembra abbiano trovato la giusta collocazione. Ma non è stato per magia, è stato frutto di tanto duro lavoro”. È così che, oggi, Antonio si divide tra la sede della sua casa editrice, la piccola Grecia come la chiama lui, e il lavoro di cartografo e velista. “Questo ufficio lo amo perché assomiglia ad una abitazione greca ed invece è proprio nel cuore antico di Verona. In quanto all’attività cartografica, stiamo mettendo in cantiere tante cose e, contemporaneamente, prepariamo il Lycia (l’imbarcazione con cui Penati ha circumnavigato il globo, ndr) per la navigazione che ci condurrà fin sul Mar Nero”. E a sentirlo parlare nel bell’edificio di Veronetta, felicemente fresco nonostante la caldana estiva, vien da chiedersi se non sia il set di un film, ma ci pensa lui stesso a mettere le cose al giusto posto: “Non sono viaggi turistici, ne di piacere. Gli
SICUREZZA A BORDO Arca Sas, in collaborazione con la casa editrice Edizioni il Frangente e Garmin Marine, effettuerà una serie di rilevamenti per la realizzazione di una guida nautica dal titolo La Costa Punto per Punto. Oltre ad effettuare i rilevamenti necessari di coste e porti, verranno individuati dei WTP utili alla navigazione. Durante le crociere e le campagne di rilevamento a bordo delle unità di ricerca vengono approfondite le tematiche inerenti la cartografie elettronica e tradizionale e le relative pratiche.
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Se si perde il controllo dell’imbarcazione non c’è elettronica che tenga. Per questo siamo meticolosi nel nostro lavoro, verifichiamo con mano, per dare informazioni reali e certe
definirei, piuttosto, in parte storici e in parte cartografici. Andiamo proprio per mappare gli attracchi, gli approdi, monitorare le profondità. In sostanza raccogliamo e verifichiamo le informazioni sul posto per stilare i nostri portolani, veri manuali di navigazione. Lavoro che stiamo conducendo in partnership con Garmin, leader nel settore delle tecnologie Gps”. E a questo proposito ci tiene anche a svolgere una funzione pedagogica, spiega: “Oggi con l’aiuto dell’informatica e della cartografia elettronica, alcuni sono portati a pensare che navigare sia semplice che sia una cosa alla portata di tutti, non è così. Cambiano le strumentazioni, ma deve sottostare ad una vera cultura della navigazione”. Cultura che comporta rispetto per il mare, studio, preparazione meticolosa: “Come in tutte le cose della vita, oggi cerchiamo insistetnetmente di sensibilizzare le associazioni, facciamo corsi di aggiornamento, cose pratiche. Se si perde il controllo dell’imbarcazione non c’è elettronica che tenga. Per questo siamo meticolosi nel nostro lavoro, verifichiamo con mano, per dare informazioni reali e certe”. Ma non serve andare lontani per assaporare il gusto dell’avventura, aggiunge Penati: “Abbiamo il Lago di Garda a due passi, un paradiso. Ma può trasformarsi in inferno, sia dal punto di vista meteorologico che per altri tristi episodi ben noti alla cronaca. Giusy Mele, una collega, sta lavorando ad un portolano del Lago di Garda che uscirà in tre lingue, molto dettagliato e specifico. Vorrei sottolineare nuovamente il fatto che la nostra attività è anche quella di creare cultura della navigazione a tutti i livelli per evitare che le persone ledano la propria o l’altrui incolumità”. Assume un tono quasi severo, tanto ci tiene all’argomento, poco dopo aggiunge: “Una delle ultime tappe del prossimo viaggio, sarà Trebisonda, città situata sulla costa nord-orientale della Turchia sul Mar Nero, qui si verificano improvvisi e impressionanti cambi di vento, da cui il detto, perdere la Trebisonda. In casi come questi, l’elettronica è solo un insieme di lucine su di un monitor se non si ha la preparazione per leggere correttamente ciò che ci dice. Si parte col cuore ma si arriva con la testa, in barca come nella vita”.
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PERCORSI
Dal Sinai a Sharm el Sheik spinti da una passione comune: il Triathlon. Ecco la storia raccontata dal diretto protagonista Marco Marchese
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arco Marchese ha fatto del suo amore per lo sport una professione... divertente. Le motivazioni che lo hanno spinto a praticare il triathlon sono state dettate dalla voglia di divertirsi. Voglia che lo ha portato anche a vestire la maglia della nazionale di questa disciplina, dal 1994 al 2002. “Provenivo da un’esperienza agonistica legata al nuoto, disciplina che mi ha regalato molte soddisfazioni ma ha richiesto, anche, tanti sacrifici racconta - vedevo questi ‘pionieri’, parliamo della seconda metà degli anni Ottanta, che si divertivano e per quanto assurdo possa sembrare, li invidiavo bonariamente perché potevano chiacchierare mentre praticavano la corsa o la bicicletta. In allenamento s‘intende. Cosa impossibile, per ovvi motivi, nel nuoto”. Altro fattore determinante ci ha spiegato, è stato che il nuoto richiede una dedizione totale, è una missione. O, per lo meno, lo è stato per lui. Il triathlon, invece riprende Marco - l’ho vissuto come un gioco, e col tempo ho costruito con questo sport un rapporto basato sul piacere”. Qual è la prima immagine che ti viene in mente pensando al triathlon? Direi che mi sono ritagliato una parentesi divertente. Occupa tutto il tuo tempo? Diciamo che mi occupo di tante cose: il mio lavoro presso l’Assessorato allo sport del Comune di Verona, i viaggi dedicati al triathlon e il
TESTO ZENO DELAINI
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P E R C O R S I M ARCO MARCHESE
nuoto. Viaggi? Mi occupo della parte ‘sportiva’ dei viaggi, collaboro con un’agenzia e portiamo in giro per il mondo dei pazzi scatenati a divertirsi a correre, nuotare e andare in bicicletta. Chi è il viaggiatore/sportivo tipo? Persone di tutti i generi. L’amatore che si avvicina al triathlon si approccia a una sfida, arrivare al traguardo è un sogno per molte persone, un sogno che si realizza nel momento in cui tagliano il traguardo. In quell’istante capiscono che tutto è possibile. Nella nostra filosofia non c’è la pesantezza di un agonismo spinto, prevale il divertimento, la gioia, lo stare insieme, sfidare se stessi, sentirsi bene con gli altri, costruire qualcosa di bello. Un clima goliardico, sportivo. Nel vero senso della parola. Sono sempre di più le forme di turismo legate allo sport. Come ti è venuta questa idea? Un’intuizione. In Italia siamo gli unici. Fu in occasione di un invito rivoltomi da un amico a partecipare ad una gara amatoriale a Sharm
El Sheik. Ci andai, tirandomi dietro un po’ di amici, così per dare il buon esempio. Il coinvolgimento superò le mie aspettative e anche l’aspetto organizzativo mi coinvolse. Il ricordo più intenso? La pedalata che facciamo nel deserto, in Egitto, sono ormai 14 anni che la ripetiamo. Quando la proposi mi diedero del pazzo, mi dissero che non mi rendevo conto di che cosa avrei trovato. E, invece, pian paino tutto andò bene. Una risposta splendida anche dalle autorità locali che si sono sempre più impegnate per agevolare la nostra manifestazione, comprese le forze dell’ordine che si adoperano sempre molto generosamente. Cosa ti ha insegnato questa esperienza? Ho imparato che lo sport può cambiare le cose, può farti superare gli ostacoli. Anche i più difficili. Qual è lo sport con cui sei cresciuto? Il nuoto: ho cominciato a nuotare tardi, per gli
Quando 14 anni fa proposi la pedalata nel deserto mi diedero del pazzo, mi dissero che non mi rendevo conto di che cosa avrei trovato. E, invece, tutto andò bene.
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standard, verso i 10 anni e ho manifestato buone attitudini da ranista, in modo naturale. Fin da piccolo ero attratto dal nuoto e da tutti gli sport in generale. Soprattutto da quelli individuali. A dirla tutta, da ragazzino, fu il cronometro a stregarmi. Cosa ti ha insegnato lo sport? La Determinazione. All’inizio non capivo cosa significasse questa affermazione. La ritenevo una frase fatta e non del tutto vera. Col tempo, crescendo, ho ribaltato completamente le mie convinzioni. Lo sport mi ha insegnato tantissimo. Capacità di soffrire, non solo fisicamente, di puntare ad un traguardo, prepararmi per raggiungerlo, maggior resistenza fisica e mentale. Riesco a tenere ritmi molto stressanti senza sentire la fatica, a lavorare tanto anche se dormo poco. Ma l’aspetto più in portante è la determinazione, è un’arma in più a proprio favore, una cosa più sottile che coinvolge tutto l’essere. Mi pongo una meta e mi ingegno per raggiungerla.
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A P P U N TA M E NTI
A festeggiare il primo lustro della Leggendaria Charly Gaul - Trento Monte Bondone lo scorso agosto c’erano 2.200 ciclisti. Quest’anno la festa si rinnova per la sesta edizione, onorando Trento e la sua montagna tra trekking, bici da corsa e mountain bike. Dimenticando i cronometri
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l prossimo 31 luglio sarà il grande giorno del Monte Bondone. Lo dice il nome stesso della “Leggendaria Charly Gaul Trento Monte Bondone”, in cui protagonista in gara sarà, oltre ai ciclisti, proprio lui, il Monte Bondone. “Monte Bondone Day” è la giornata in cui la grande montagna di Trento potrà essere “esplorata” in bici da corsa durante l’evento su strada, ma non solo, perché anche i bikers e gli appassionati di trekking saranno più che benvenuti. Per coloro che sceglieranno di correre insieme ai ciclisti della “Leggendaria Charly Gaul 2011”, ma senza alcuno stress da cronometro, il “Monte Bondone Day” propone 58 km che dopo lo start in Piazza Duomo correranno prima fino in Piana Rotaliana e, una volta ritornati nel capoluogo, si arrampicheranno sulla salita intitolata a Charly Gaul, alla volta di Vason. Il dislivello complessivo da affrontare è di 1.641 metri, ma questo non deve assolutamente spaventare, poiché lungo tutto l’itinerario vi saranno diversi ristori dove si potrà sostare e recuperare le forze prima dei tornanti successivi e l’arrivo in quota. Qui si potrà prendere parte al pasta party di fine giornata, il cui buono è incluso nel pacco gara insieme a prodotti locali e una maglia tecnica. Come detto, il “Monte Bondone Day” 2011 si rivolge anche agli amanti della mountain bike ed ai “camminatori”. I primi si ritroveranno alle 9,00 di domenica 31 luglio a Prà della Fava - Candriai, e, immersi nella rigogliosa vegetazione, scaleranno in
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Flash T utte le informazioni necessarie sono reperibili sul sito w ww.bondoneday.it
Y A D E N O D N O B E fuori strada ben 12 km curati dall’Elite Bike School Trentino. Anche qui non mancheranno i ristori sia durante che alla fine della pedalata. Per quanto riguarda invece la versione trekking del “Monte Bondone Day”, i partecipanti si ritroveranno alle 8,00 alla stazione a monte della funivia Trento-Sardagna e percorreranno quasi 1.000 metri di dislivello. Ci sarà a disposizione anche una navetta per il comodo rientro in zona partenza.
Le iscrizioni per il “Monte Bondone Day” in mtb o con le scarpette da trekking ai piedi, ammontano a 5 €, mentre per la prova su bici da strada, la quota da versare è di 33 €. L’atmosfera di un evento come il “Monte Bondone Day” è quella del divertimento sportivo che si mescola in maniera straordinaria alla bellezza dei paesaggi attraversati in sella o a piedi, e ai profumi e sapori trentini che inebriano i partecipanti e, è proprio il caso di dirlo, non lasceranno nessuno a bocca asciutta. Per partecipanti ed accompagnatori, durante il sabato sarà anche possibile partecipare a visite gui
date al Castello del Buonconsiglio, al Giardino Botanico delle Viote, al centro storico di Trento ed alle Gallerie di Piedicastello.
PROGRAMMA ATTIVITà PER PARTECIPANTI ED ACCOMPAGNATORI 30 / 31 LUGLIO 2011 30.07.2011 Ore 10.00 - Visita guidata del Castello del Buonconsiglio (ritrovo: Ufficio Informazioni via Manci, 2) Ore 11.00 - Visita guidata del Giardino Botanico Alpino delle Viote (ritrovo: Giardino Botanico Alpino Viote di Monte Bondone) Ore 15.00 - Visita guidata del centro storico e de “Le Gallerie di Piedicastello” (ritrovo: Palazzo della Regione, piazza Dante) Ore 18.00 - Presentazione del percorso, consigli tecnici e sui ristori (Palazzo della Regione, piazza Dante) 31.07.2011 Ore 11.00 - Visita guidata del Giardino Botanico Alpino delle Viote (ritrovo: Giardino Botanico Alpino Viote di Monte Bondone)
IO SONO LEGGENDA
“Leggendaria” è l’aggettivo che caratterizza il nome della Granfondo Charly Gaul di quest’anno, un titolo scelto non a caso, se si pensa all’impresa sportiva che sta alla base della granfondo trentina. Protagonista di tale impresa fu Charly Gaul, nato l’8 dicembre 1932 a Pfaffenthal, in Lussemburgo, e salito agli onori delle cronache a suon di imprese sportive, per quella che si può definire come la perfetta incarnazione del grimpeur. Tra le epiche immagini che lo ritraggono in bianco e nero, la più significativa è datata 8 giugno 1956, quando l’angelo della montagna arrivò primo e solitario in vetta al Monte Bondone, conquistando vittoria di tappa e successo finale del Giro d’Italia, la seconda volta per un corridore non italiano (il primo fu lo svizzero Hugo Koblet nel 1950). Un’impresa ai limiti dell’umano.
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FOTOSTORIA
Le attuali tecnologie video, oggi ci consentono di catturare le immagini piÚ folli, che prima era impossibile senza un ingombrante macchina fotografica e attrezzature molto costose. Ho sempre voluto mostrare il windsurf da dentro e cercare di coinvolgere lo spettatore a provare ciò che un surfista prova ogni volta che cavalca un’ondaUno dei migliori surfisti del mondo
Fabrice Beaux surfista/documenarista campione degli Stati Uniti nel 2000
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Beaufort la Scala che misura l’ intensità del vento descrivendone gli effetti sul mare , suddivisa in dodici gradi a seconda della forza del vento
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L’alimentazione naturale, biologica, integrale Dai cereali integrali prodotti ricchi di fibre naturali
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MANGIOERGOSONO
ALIMENTAZIONE SECONDO NATURA I TESTO FILIPPO ZACCARIA ASSOCIAZIONE CULTURALE ‘LA BIOLCA’
Bisogni necessari e futili La prima e fondamentale esigenza è certamente l’alimentazione
l problema alimentare (da carenza) apparentemente oggi non esiste, le società cosiddette evolute, ricche hanno dimenticato il problema alimentare. Noi quindi ci troviamo ad avere comportamenti, comunque alimentari, ignorando che le nostre abitudini, mi riferisco soprattutto all’Europa e al Nordamerica e qualche isola di ricchezza sparsa per il mondo, possono essere tra le principali cause della distruzione del pianeta.
Quando osserviamo i comportamenti dell’uomo-massa moderno scopriamo che la nostra società non conosce i propri bisogni o meglio non distingue i bisogni reali da quelli virtuali. Distinguere i bisogni necessari da quelli futili dobbiamo riscoprirlo se vogliamo affrontare il problema ecologico seriamente, in altre parole bisogna capire di quanto territorio l’uomo, come qualsiasi essere vivente ha bisogno, per sopravvivere per mangiare, vestirsi, abitare, muoversi. Quanto ambiente, ognuno di noi, può consumare o distruggere? Prendendo per buone le necessità primarie che l’uomo ha da sempre manifestato scopriamo le quattro fondamentali esigenze: Alimentazione, Abbigliamento, Abitazione, Ambulazione. Per soddisfare queste esigenze fondamentali l’umanità da sempre ha lavorato ed e arrivata a costruire tutto ciò che noi oggi conosciamo. La prima e fondamentale esigenza è certamente l’alimentazione che questo testo cercherà di approfondire, però una volta soddisfatta questa necessità primaria, le altre non sono da meno. Ad esempio l’abbigliamento, sul bisogno di coprirsi, di vestirsi s’è sviluppato da tempi primordiali il sistema tessile. La tessitura, molto lentamente, a cominciare da due bastoni che tenevano in tensione l’ordito su cui si sviluppava la trama, inizialmente una produzione tribale, poi artigianale e in fine industriale. Se consideriamo che nel 1700 in Inghilterra,
con la cosidetta rivoluzione industriale, le macchine tessili funzionavano non più manovrate da operai ma con schede perforate. Forse comprendiamo come il primo telaio con la sua trama e ordito conteneva in nuce il sistema binario usato oggi dai nostri moderni computer. Il passaggio, tra telaio e computer, ha richiesto rivoluzioni d’ogni tipo, prima in Grecia si passa dalla produzione tribale, famigliare a quella artigianale, per soddisfare la domanda mercantile, poi il nostro Rinascimento segna il passaggio dalla produzione artigianale organizzata a quella industriale con l’avvento della rivoluzione capitalistica che trasforma il valore d’uso in valore denaro, in fine la citata rivoluzione industriale. Il sistema tessile è stato prima teoricamente e poi concretamente il modello su cui si può dire s’è sviluppata l’industria moderna. Un altro esempio è l’abitazione, su questo bisogno di avere un riparo per la notte per il gruppo famigliare, si struttura la moderna edilizia. Dalla grotta o la capanna, al villaggio, la città palazzo, la città fortezza, alla moderna urbanistica delle aree metropolitane è un successivo susseguirsi di soluzioni per soddisfare un bisogno fondamentale. Pensate cosa è oggi il problema dei trasporti, eppure anch’esso parte da una esigenza fondamentale, ancestrale. Le popolazioni umane sono diventate residenziali relativamente tardi, forse da 8.000 o 10.000 anni, prima tribù di cacciatori o raccoglitori vagavano incessantemente per vasti territori disabitati, per procurarsi cibo, fibre tessili o trovare riparo. Quindi i nostri antenati erano fondamentalmente nomadi, anche se, non con esigenza di velocità a cui tendiamo oggi, certamente con una connaturata maggiore esigenza di mobilità. Probabilmente anche noi tra qualche tempo riscopriremo quell’antica
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“già Ippocrate indicava come criterio per tornare alla salute di corpo e spirito ‘la dieta’, che aveva il significato di ridare ordine alla giornata”
esigenza, vista la promessa di mobilità facile e veloce che i sistemi di trasporto moderni promettono ma, sempre più spesso, non mantengono. La nostra società attuale è diventata così complicata da far emergere altre due esigenze strutturali tipiche della civiltà moderna, ma che non sono sempre esistite: il sistema scolastico e il sistema sanitario. Le due nuove necessità sorte come conseguenza dell’evoluzione dei bisogni precedenti, anzi come rimedio all’incapacità di riconoscere bisogni reali da quelli irreali, essendoci perduti nel meandro sempre più complicato che ci siamo creati, allontanandoci sempre più dalla natura. Possiamo dire che il sistema sanitario diventa necessario per sopperire alla perdita di capacità nel riconoscere i bisogni concreti, non per nulla, già Ippocrate indicava il criterio fondamentale per tornare alla salute del corpo e dello spirito ‘la dieta’, che aveva il significato di ridare ordine alla giornata. D’altra parte la nostra condizione di vita è diventata così complicata che innalza sempre più il livello di abilità necessaria per destreggiarsi nel labirinto del nostro ambiente, sempre più lontano dalla natura, da implicare la necessità di elevare l’istruzione, le informazioni e complessivamente l’educazione per destreggiarsi in una giungla di linguaggi, di schemi, modelli interpretativi. Se non lo facciamo velocemente, rischiamo che una vita non sia sufficiente per apprendere le informazioni necessarie ed adeguate a sopravvivere nella città moderna. L’alimentazione rispetto ai bisogni che abbiamo velocemente elencato è il più importante e il più manipolato. Forse è il caso di fare chiarezza tra vero e falso.
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VERSUS ATLETI CONTRO
Una giornata di straordinaria normalità
Verona ha la sua campionessa in vasca Parliamo di Cristina Albicini, non vedente, che ai Campionati assoluti di nuoto che si sono svolti a Novara nell’estate del 2010, organizzati dal Comitato Italiano Paraolimpico, ha conquistato due medaglie d’oro e una d’argento. A conclusione dei tre giorni di gare, Cristina ha vinto un oro nei 100 stile libero, facendo segnare il nuovo record italiano assoluto in vasca lunga. Si è aggiudicata poi un altro oro nei 400 stile libero, migliorando il suo record italiano. Ai due ori ha aggiunto anche un argento, ottenuto nei 100 rana. Cristina si è allenata con Alberto Busatto del Gruppo Sportivo Disabili (Gsd), la società veronese di cui fa parte, con Michele Monchera. E al quotidiano L’Arena che le ha chiesto cosa aspettarsi per il futuro, Cristina ha risposto: “Il mio traguardo è migliorare ancora”.
L’estate di Verona si è aperta con un’impresa. Alessandro Furioni, 39 anni, non vedente di Malcesine, ha attraversato a nuoto il Lago di Garda in meno di quattro ore, oltre un’ora in anticipo rispetto al tempo massimo stabilito. Appoggiato alla sua tavoletta, il 2 luglio, Alessandro ha nuotato per 13 chilometri da San Felice del Benaco a Garda. “Quella che Alessandro ha compiuto si può considerate a tutti gli effetti un’impresa”, ci dice Roberta Mancini, presidente dell’Unione Italiana Ciechi ed Ipovedenti (Uici) di Verona, “ma non dimentichiamoci che spesso per un non vedente è un’impresa
Mancini è stata azzurra di pattinaggio artistico per molti anni; non ama parlare di sé, anche se dichiara che lo sport per lei è stata davvero una palestra di vita: “Lo sport l’ho vissuto, l’ho amato, l’ho anche odiato e, nel mio caso, è stato determinante anche nell’accettazione della mia attuale situazione”. Ma è vero che sono proprio i familiari i primi a limitare i non vedenti a praticare sport? La Mancini conferma che spesso - per senso di iperprotezione - accade proprio questo, ma le cose stanno cambiando. Gli sport per non vedenti e ipovedenti non mancano: da i tandem, alla maratona, passando per il torball. Verona punterà già da settembre su questa disciplina. La Mancini, prima di lasciarci, annuncia, infatti, che il 24 settembre a Verona nella palestra delle Scienze Motorie di Borgo Venezia si terrà un trofeo internazionale di torball e parteciperanno, oltre alla squadra di Verona, formazioni provenienti da Graz, Innsbruck e Bolzano. Simone Incontro
Lo sport è stato determinante anche sull’accettazione della mia attuale situazione attraversare una strada”. La Mancini ci accoglie nella sede dell’Uici e ricorda come non si ci debba far distrarre dalle imprese perché la realtà è praticare lo sport anche in modo tranquillo. “La normalità dello sport per un cieco o per un ipovedente ti arricchisce, ti dà stimoli, serve per integrarti, ti sprona ad uscire, ma con tutte le limitazioni del caso”, afferma la Mancini, “La cecità spesso è anche un’immobilità soprattutto perché hai paura di sbattere e di muoverti. Non si ha la percezione di quello che c’è attorno per cui è molto liberatorio muoversi”. Roberta
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WINDSURF Un nuovo concetto nell’andare a vela Così lo presentarono nel 1965 Jim Drake e Hoyle Schweitzer, gli inventori del windsurf. In realtà la vera rivoluzionaria innovazione fu il progetto di uno snodo che consentisse di spostare la vela avanti e indietro. Si ottenne così di rendere manovrabile questa piccola imbarcazione senza l’aiuto del timone. Da allora il windsurf ne ha fatta di strada. Milioni di appassionati di ogni età (dai 5 agli 80 anni) e di ogni sesso, sperimentano ogni giorno, in tutto il mondo, l’ebbrezza di scivolare sull’acqua. A sancirne il definitivo successo, l’inserimento tra gli sport olimpici di Los Angeles nel 1984. Parallela alla diffusione di questa attività sportiva, sia a livello amatoriale che professionistico, è stata l’evoluzione della tavola e dell’attrezzatura. Dopo i primi anni
Immagine tratta da Windsurfmania... e metodo di Marco Segnana e Harry Negri Libreria dello sport www.segnanasurf.it
A Los Angeles 1984 il Windsurf viene inserito tra gli sport olimpici: è la consacrazione pionieristici, la tecnica costruttiva ed i materiali utilizzati si sono evoluti in modo tale da consentire al windsurf prestazioni sconosciute ad altre imbarcazioni a vela (ricordiamo che il record mondiale di velocità è di oltre 80 chilometri orari, dato al 2006, ndr). Il processo evolutivo è stato talmente rapido e spinto alla ricerca della massima funzionalità, che il windsurf rappresenta, oggi, un miracolo di tecnica velica in continuo divenire. Inoltre, il vasto assortimento di windsurf in commercio consente, a chi si accinge ad acquistare una tavola a vela, di scegliere il modello più adatto alla sua abilità ed al suo peso, oltre alle diverse condizioni di mare o di lago da affrontare. Di conseguenza anche il metodo di conduzione e di insegnamento ha subito continue revisioni e perfezionamenti.
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