INFORMALMENTE MOSTRA FOTOGRAFICA
UNIVERSUD è un’ associazione di giovani architetti e studenti che promuove eventi e ricerche sul tema dell’informalità urbana e sui processi di urbanizzazione. Universud nasce nel 2015 a Ferrara dentro le quattro mura del dipartimento di architettura. I suoi fondatori sono ragazzi e ragazze, colleghi dal primo anno di università, uniti dalla curiosità e dalla passione per determinate dinamiche che si manifestano nella città e per tutti i suoi meravigliosi ingranaggi. Dopo i primi anni di studi universitari, infatti, è cresciuta la necessità di approfondire, o addirittura introdurre, tematiche che ancora trovavano poco spazio nei programmi didattici tradizionali, ma che, a nostro parere, sono oggigiorno protagoniste dei dibattiti sulla pianificazione e progettazione urbana . In particolare abbiamo recentemente voluto focalizzarci sul significato odierno di informalità urbana studiandone i processi di urbanizzazione sia nelle grandi città del mondo sia, in scala più contenuta, nelle nostre realtà medio/
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piccole italiane. Crediamo che contribuire nel studiareediffondere questi attuali fenomeni urbani sia non solo estremamente interessante e stimolante per la nostra futura professione di architetti e urbanisti, ma altrettanto utile per la comunità nella qualeviviamoe con la quale ci confrontiamo. Nel novembre 2015 abbiamo sviluppato il primo progetto con il workshop LIMITIURBANI. L’ idea era di mettere in relazione temi come quelli dell’informalità urbana e della cooperazione internazionale in un contesto di dibattito, condivisione e conoscenza tra studenti e professori, il tutto in quattro giornate di conferenze e laboratori. Il workshop partiva dalla premessa che lacittà, storicamente, può essere considerata come il luogo dove le persone si organizzano a formare collettivi, comunità, per assicurarsi una qualità della vita migliore e ordinata. Tuttavia, i recenti processi di urbanizzazione e di progettazione di spazi urbani hanno spessoun carattere
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diesclusività, dimenticando la centralità e l’importanza delle persone nel processo di creazione della città. LIMITI URBANI ha fatto emergere quindi una questione: fino a dove la sociale/spaziale integrazione e cognizione di quella parte della societàemarginata dovrebbe essere considerata un requisito per una futura società sostenibile? Una delle tematiche che l’Associazione Universud ha avuto l’occasione di esplorare è incentrata sulla lettura critica dei fenomeni urbani, restringendo il campo alla scala della città italiana, secondo l’analisi di modalità e strumenti differenziati per la percezione dello spazio. In quest’ottica abbiamo tracciato un percorso di approfondimento per cercare di delineare e comprendere gli aspetti chiave della rappresentazione (e quindi dell’interpretazione) dei fenomeni urbani. Il processo di conoscenza, partito con la partecipazione critica alla mostra Gabriele Basilico. Ascolto il tuo cuore, città
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ha avuto seguito in un concorso fotografico e si concretizza oggi in questa pubblicazione, sintesi del lavoro dell’ultimo anno. La fotografia è un mezzo potente e molto attuale di “Rappresentazione della realtà”. I diversi livelli di interpretazione del linguaggio fotografico (dalla lettura superficiale di “ciò che semplicemente è nell’inquadratura”, all’interpretazione della composizione in chiave artistica, fino alla più profonda comprensione del contesto, delle ragioni e del significato dello scatto) permettono di affrontare il fenomeno urbano secondo diverse sfumature. Nasce così il progetto INFORMALMENTE, un’indagine artistico– concettuale sui significati di informalità urbana, citymaking ed appropriazione dello spazio come principi di costruzione della città.
Cosa si intende con la parola “informalità”? La città informale è solo l’antagonista di un processo pianificato o è anch’essa, nella sua spontaneità, un luogo positivo di costruzione dell’urbano? La nostra ricerca, partita circa due anni fa dallo studio di alcune realtà informali in Sud America, si è focalizzata su questa dialettica informalità–formalità. Questo tipo di prospettiva ha sollecitato una serie di interrogativi che hanno finito con il trascendere il semplicistico contesto del Sud Globale per arrivare alla consapevolezza che le dinamiche informali di costruzione delle città, non solo sono un aspetto costituente di ogni contesto urbano, ma possono essere altrettanto grande fonte di ispirazione per una ridefinizione del concetto di cittadino. Una ridefinizione, in questo caso, che vedrebbe il cittadino passare da cliente della città e del suo governo a costruttore, da CITYUSER a CITYMAKER. Osservando i problemi contingenti di molte città e di molti territori infatti, dalla crisi dei migranti al diritto alla casa, sembra
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emergere la necessità di un riposizionamento dei poteri utili alla produzione di welfare che accomuna molte realtà europee alle grandi città del cosiddetto “Sud”, alle prese con una crescita urbana che non solo chiede di essere gestita, ma altrettanto di essere umanizzata. Un riposizionamento quindi che necessita una riflessione preliminare sull’effettivo diritto del cittadino ad incidere sullo sviluppo del proprio territorio. Le dinamiche di costruzione della città sono un insieme di fenomeni stratificati e complessi che non ha senso indagare esclusivamente attraverso concetti puri come “informale” o “formale”. I processi di attivismo urbano sono infatti molteplici, dai più spontanei a quelli promossi attraverso la collaborazione, in varie forme e su livelli differenti, tra cittadino ed amministrazione comunale. La spontaneità dell’azione informale, infatti, può incontrare un riconoscimento pubblico ed acquisire così maggiore sistematicità ed efficacia.
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C’è un limite a nostro avviso che pone tuttavia uno spartiacque fondamentale tra azione spontanea e “politica pubblica”. Comprendere questo confine, per quanto vago, è fondamentale per riconoscere quali interessi muovano la produzione dell’ambiente urbano e quali soggetti siano realmente dotati di questo potere. Esiste una differenza infatti, per quanto sottile, tra riconoscere l’informalità e pretendere di governarla. Governare significa innanzitutto stabilire ciò che è legittimo e ciò che non lo è; potersi esprimere oltre ciò che è convenuto, al contrario, è l’unica garanzia di una città che sia veramente per tutti. Non possiamo a questo proposito trascurare infatti come tanti piccoli pezzi di questo universo di iniziative e movimenti non sempre siano riconosciuti dall’autorità e anzi a volte, dalle occupazioni dei centri sociali a scopo abitativo agli artisti di strada (solo per fare un paio di esempi), vengano apertamente dichiarati illegali nonostante tra i loro propositi ci sia quello di costruire, migliorare,
INFORMALITÀ aumentare quel patrimonio comune che chiamiamo città. Lo scopo della nostra indagine non è certo quello di individuare chi siano i “buoni” o i “cattivi” all’interno di questo processo. Governare la città non significa controllare l’informale, certo, ma escludere la possibilità di un incontro tra realtà di questo tipo e l’azione istituzionale sarebbe, a nostro avviso, superficiale. Ciò che più ci interessa sottolineare invece è come tutte queste attività, nonostante le differenze, concorrano verso un obiettivo comune: la città come proiezione delle comunità che la compongono.
• Quindi. Quali sono queste realtà? Cosa c’è di positivo nascosto nell’universo delle attività urbane informali? Quali spunti potrebbe o dovrebbe prendere l’autorità da queste realtà? Come potrebbe integrarle in una nuova politica pubblica, senza la pretesa di prenderne il controllo? Come si può immaginare il ruolo non istituzionale del cittadino come “costruttore”? Nella sfida lanciata la scorsa primavera abbiamo chiesto ai partecipanti di dare una propria risposta a queste domande. I risultati di queste riflessioni - valutati da una giuria composta da membri dell’associazione e dai fotografi professionisti Giacomo Brini e Giovanni De Sandre - sono condensati sulle pareti della Velostazione Dynamo e completati con il contributo di diverse associazioni locali. L’obiettivo della mostra infatti, oltre a quello di tastare il battito della percezione pubblica sul concetto di informalità come citymaking, è quello di esplorare nuove metodologie per la lettura della città e dei suoi processi. •
LA MOSTRA
1° premio
Francesco Castagna
Milano, an urban playground
• Sto facendo un lavoro su tutte le attività ludico, ricreative e sportive in Milano, specie quando rappresentano un modo di ri-appropriarsi della città originale, insolito e sorprendente. Cerco di evidenziare il lato un po’ surreale, anarchico e gioioso, pur sempre possibile (e per chi scrive anche un po’ doveroso) anche in una metropoli. •
2° premio
Gaetano Massa
HIP HOP JAM IN NAPLES
• Questo piccolo portfolio descrive la realtà delle feste hip hop che si tengono tra Napoli e provincia. Durante queste “jam” si dà sfogo a quelle che sono le quattro discipline della cultura hip hop ovvero graffiti, sfide di freestyle al microfono, breakdance e dj’s, oltre ad attività collaterali quali bmx e skating. Gli eventi sono per lo più organizzati in quartieri di periferia e durante queste occasioni gli spazi urbani diventano luoghi di aggregazione e socialità. •
3° premio
Elena Spadea
BARRIO PIRATA SAN LÁZARO
• Una bambina si inerpica, in ciabatte, per una ripidissima strada su cui si affacciano abitazio terra e plastica; in lontananza un susseguirsi indistinto di mattoni, cemento, lamiera, asfalt nessuno ha deciso che dovesse nascere, nessuno l’ha pensata. Per questo è definita città inla vera forza di questa realtà non è legata ad una pianificazione urbana, ma a ciò che ha sp •
oni che sfidano ogni regola e norma strutturale; una mucca al guinzaglio pascola tra erba, to, erba. San Lázaro è un alternarsi di elementi che non rispondono all’idea comune di città; -formale. Ma se si va oltre alla definizione di ciò che è formale o informale, si comprende che pinto queste persone a conquistare uno spazio e crearvi una comunità: il diritto dell’abitare.
menzione
Serena Vittorini ..
Foo dekk?
• Foo dëkk significa “dove abiti” ed è la domanda che vuole essere da stimolo per una riflessione odierna più appropriata nei confronti della città e di chi la vive. Credo che l’unica soluzione ad una condivisione reale e pacifica della socialità e dello spazio comune sia la consapevolezza storica (nella foto il ragazzo di colore ha alle spalle un edificio di costruzione fascista) e la volontà di ripensare il contesto non distante o separato da noi, ma come qualcosa che ci appartiene e definisce.
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menzione
Carlo Ciliberto
IN RITARDO
• Questo scatto prova a mettere in discussione l’idea di piazza come archetipo di luogo pubblico, destinato a funzioni sociali formali e strutturate. Nella piazza principale di Santiago, in Cile, un uomo sta compiendo con la massima naturalezza un gesto tipico dell’intimità domestica (forse è in ritardo per il lavoro?) spostando di fatto il confine tra l’idea di azioni private e pubbliche. Egli fruisce in maniera radicale di ciò che lo spazio urbano offre, inserendosi perfettamente tra ciò che è definibile convenzionale e non.
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menzione
Antonella Cantelli
IBLA-BODIES
• La visione di informalità mia e del fotografo Emiliano Tumino, nel progetto tutt’ora in corso, partito circa un’anno fa di “Ibla-bodies” vuole esaminare attraverso pittura e fotografia, il concetto di cittadino come costruttore, diventando una parte integrante del tessuto urbano in cui vive. Le persone sono il primo “arredo urbano” che forma la città, le peculiarità della stessa si riflettono sul vissuto della gente che vive ogni giorno le strade, i palazzi, le chiese, i monumenti. Nella realizzazione e ideazione questo concetto viene esasperato trasformando i soggetti ripresi in un vero e proprio tassello di città fondendo il paesaggio all’uomo, mettendo in mostra, se pur in maniera meramente visiva, il legame che ognuno di noi si porta dentro.
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menzione
Matilde Capelli
FRONTIERE DOMESTICHE
• 100 giorni, 8 ore, 30 minuti e 32 secondi. Vivo per terra, sulla strada, sulle scalinate. La città è il contenitore della mia fame e del mio sonno. Forme che respirano con me, e il loro alito atttraversa ogni mio vuoto. Con queste cinque foto ho voluto rappresentare la mia idea di “informalità”. Quella che ci perdiano tutti i giorni perchè la sua apparente povertà ci fa girare la testa altrove. E imbullonare la città nelle sue forme consuete.
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menzione
Susana Gonzalez Carillo
RUIDOS URBANOS
• Ruidos urbanos rappresenta come all’interno delle città con un contesto sociale diverso - in questo caso Barquisimeto, una città venezuelana - siano in atto dinamiche di vita differenti dal mondo europeo. Luoghi dove la vita e il commercio informale fanno parte della giornata e nessuno se ne rende conto, trattandosi di fenomeni che ormai sono parte della propria città e delle sue dinamiche, generando in questo modo un vero e proprio “rumore dentro la città”, formando delle immagini di essa e della sua identità. Questo lavoro è stato fatto per evidenziare l’esistenza di un’altra vita parallela a quella che le persone del luogo riescono ad immaginare, e come anche questa vita formi parte dell’immagine della città e dei diversi “Ruidos Urbanos” che si generano dentro di essa stessa.
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menzione
Martina Germanà, Camille Feghali
FRONTIERE DOMESTICHE
• In the heart of Beirut lies Shatila, a refugee camp that have merged with the city through out the last 70 years. Its inhabitants learned to turn the streets into their living rooms, where they casually perpetuate their daily practices.
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• Nel cuore di Beirut si trova Shatila, un campo profughi che negli ultimi 70 anni si é integrato con la città. I suoi abitanti hanno trasformato le strade nei prolungamenti dei loro salotti e vi hanno trasferito le loro attività quotidiane.
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partecipazione
Massimo Balugani
movida romantica
• Le città e ciò che contengono, dai parchetti di quartiere alle cattedrali, sono opere risultato delle mani degli uomini e dei rapporti sociali che tengono insieme la società. A volte questo processo è regolato, altre volte no. In questa fotografia si cerca di dare risalto a questo aspetto del citymaking: di come cioè spesso anche i grandi paesaggi delle nostre città possano essere il prodotto di socialità nascoste, informali, più o meno accettate, di qualcosa che va oltre le decisioni e la capacità delle istituzioni, ma che riguarda piuttosto la sfera personale della vita di ciascuno. Per questo si è scelto di accostare alle note forme delle cupole romane, quelle delle bottiglie di vetro di una serata tra amici.
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partecipazione
Francesco Bissoli
TANGO IN PIAZZA
• Riunirsi più o meno informalmente nell’agorà pubblica proponendo nuove forme di aggregazione, appropriandosi di quegli spazi cuore della città e della società. Un coinvolgimento a 360°, dove anche i passanti, gettando uno sguardo, diventano attori.
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partecipazione
VINO D’ANNATA
• Quando non puoi danzare tu, fai danzare la tua anima. Foto scattata nella città di Firenze.
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Agnese Ieva
partecipazione
Marco Maccagnani
città spazzatura
• Negli anni abbiamo assistito a comportamenti urbani ritenuti indecorosi e di inciviltà urbana, nonché di violazione delle norme igienico sanitarie, quali il malcostume di gettare l’immondizia in strada, nei vari angoli della città. Ora, con il passare degli anni, c’è stata un’evoluzione, un’inversione di tendenza: i rifiuti vengono differenziati per tipologia, riposti in sacchetti o recipienti di diverso tipo, di diverso colore, ma... lasciati in strada. E le strade, come una volta, tornano ad essere “informali” con pratiche popolari rese “legali”. •
partecipazione
Giulia Pagani
quartieri alt(R)I
• Una città nella città. Una nuova città. Quartieri che si contrappongono, generando situazioni imprevedibili e di ambiguità. Parliamo di luoghi a “bassa definizione”, nebulosi, confusi, spazi che fluttuano tra un dentro e un fuori intercambiabilmente. Case improvvisate, spazi privati che diventano pubblici e viceversa; luoghi d’incontro come il caffè, che si confondono tra le case. Panni al vento come bandiere che segnalano un evento. Luoghi fuori e dentro la città, scenari per inediti racconti di vita vissuta. •
partecipazione
Riccardo Pinato
uomo ignorato, soggetto vivo
• Ho scattato questa foto con il mio cellulare alcuni giorni dopo il mio arrivo in Australia alla ricerca di un lavoro, lontano da casa e con ancora addosso il magone della separazione. La città è Brisbane, metropoli capitale dello stato del Queensland meta di pellegrinaggio per molti ragazzi europei in cerca di opportunità. Mi ha colpito la performance silenziosa di questo artista nell’indifferenza dei passanti. Il senso di solitudine che rappresenta è anche il mio. Sentirsi senza pelle e vulnerabili. Quindi l’ho guardato e simbolicamente ho guardato in faccia la mia solitudine, collocando sopra il mio sguardo per esorcizzarla, fino a sentirmi meglio.
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• Il muro è un elemento fondamentale del lessico urbano. Spazio di divisione, di conflitto, spazio politico e di discussione, spazio d’arte: il muro è uno di quei luoghi in cui è più facile osservare lo stratificarsi della città, in tutte le sue contraddizioni e dimensioni. Dimensioni che finiscono inesorabilmente per oltrepassare la superificie-muro, e che spesso contengono un insieme di lotte, dialoghi, realtà che nulla hanno a che vedere con la riqualificazione o con la materia della città, ma che di questa si servono come di un supporto, uno spazio pubblico di espressione. E’ il caso del Movimento per l’Emancipazione della Poesia, una rete informale di scrittori nata in Italia ed in via di diffusione anche in Europa. •
WALLS
in mostra
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• Il Movimento per l’Emancipazione della Poesia si propone di restituire alla poesia il ruolo egemone che le compete sulle altre arti e al contempo di non lasciarla esclusivo appannaggio di una ristretta élite, ma di riportarla alle persone, per le strade e nelle piazze. Gli atti coi quali intendiamo fare ciò sono molteplici, e non disdegniamo la prepotenza di alcuni di essi, poiché contrariamente a una lenta e pacifica opera di sensibilizzazione, azioni di forte impatto sono in grado di sortire immediatamente il proprio effetto. Cerchiamo, laddove possibile, di far perno su quella proprietà intrinseca della parola scritta per la quale risulta impossibile per chiunque getti su di essa lo sguardo non leggerla, in quanto la parola si fa leggere e decodificare nel momento stesso in cui viene vista. tratto da Manifesto MEP
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• Esistono lotte urbane il cui fine è la conquista ed il miglioramento dello spazio urbano come luogo fisico. Interessanti da questo punto di vista sono sicuramente quelli che potremmo definire movimenti lenti. Si tratta di un insieme di iniziative, più o meno illegali, con il principale obiettivo di tutelare gli spazi lenti delle città come possono essere le ciclabili, i parchi, i giardini, gli spazi di condivisione abbandonati o vittime del crescente ingombro infrastrutturale delle metropoli. Tra queste emergono i Guerrilla Bikers. Nati negli anni Settanta in Olanda, per protestare contro l’accesso esagerato delle automobili nei centri storici, che aveva provocato solo nel 1971 circa 400 vittime minori di 14 anni, i Guerrilla Bikers sono un movimento di protesta di cicloattivisti nel mondo per chiedere più sicurezza per ciclisti e pedoni. La tecnica più semplice per la realizzazione delle loro piste clandestine consiste nel disegnare con la vernice una linea bianca sul manto stradale, ottenendo così una corsia ad hoc per le biciclette. Un’altra forma di azione non violenta diretta è rappresentata dagli esponenti del Guerrilla Gardening. Questo movimento utilizza lo strumento del giardinaggio per sollevare problematiche legate all’occupazione e all’abbandono della terra. Attraverso la semina e la piantumazione di nuovi spazi verdi gli attivisti cercano di coinvolgere le comunità locali, mostrando nuovi possibili modi di coniugare la questione ambientale in un contesto urbano. •
GUERRILLA URBANA
in mostra
guerrilla bike lane
• L’idea della Guerrilla Bike Lane è geniale e pacifica. E accende i riflettori sulla mancanza di spazi sicuri per i ciclisti, in un momento storico dove la bicicletta torna a diventare protagonista delle strade del mondo. Ci sono però casi in cui le azioni degli attivisti della Guerrilla, sia essa su due ruote o legata ad azioni di promozione del verde urbano, sono osteggiate dalle istituzioni, che reagiscono arrestandoli o multandoli. •
• Il termine “grottesco” in arte si riferisce ad un genere di arte romana, diffusa in epoca augustea, caratterizzata dalla raffigurazione di esseri ibridi, mostruosi e chimere. Riscoperta dagli artisti nel Quattrocento durante le loro missioni sotterranee tra le rovine imperiali, è un esempio utile a ricordarci come alcuni fenomeni urbani contemporanei siano, in effetti, antichissimi. E’ il caso dell’Urbex, attività che consiste nell’esplorazione di strutture costruite dall’uomo, spesso rovine abbandonate o componenti poco visibili dell’ambiente urbano. La fotografia e la documentazione storica sono ingredienti essenziali di quest ricerca, anche se talvolta queste pratiche possono condurre allo sconfinamento su proprietà private. Esempi di questa attività sono l’esplorazione di palazzi sia abbandonati che ancora abitati, di sistemi urbani di drenaggio delle acque, di tunnel di servizio, di passaggi sotterranei e simili. Per sua stessa natura l’urbex comporta diversi fattori di rischio, dai pericoli fisici veri e propri alla possibilità di infrangere la legge con relative sanzioni sia pecuniarie che penali. In diversi paesi, infatti, alcuni comportamenti connessi con l’esplorazione urbana possono violare leggi nazionali, regolamenti locali e interpretazioni più o meno libere delle normative contro il terrorismo, oppure possono essere anche considerati forme abusive di accesso o lesioni della privacy. INFORMALMENTE ha voluto esporre le fotografie di Lady Decay e Tesori Abbandonati, scatti rubati in Emilia Romagna ed altrove nell’assoluto rispetto dei luoghi visitati. Fotografie che ci ricordano di tutti quei luoghi, spesso di grande valore, persi nello spazio e nel tempo, che sarebbero forse da recuperare, proteggere o talvolta, semplicemente, da contemplare. •
URBEX
in mostra
TESORI ABBANDONATI
• Quel che interessa al nostro staff è proporvi e mostrarvi stralci urbani congelati nel tempo a testimonianza di come la natura si sia riappropriata degli spazi che le erano stati sottratti. Luoghi ormai decaduti, nei quali il tempo si è fermato, ma che, ancora colmi di ricordi, continuano a raccontare la storia del proprio territorio. Edifici lasciati all’incuria del tempo e della natura, ma soprattutto dell’uomo, piuttosto che riutilizzarli per attività di altro genere. Capita così di pensare come il limitare la cementificazione selvaggia degli ultimi decenni sia essenziale ed in alcuni casi non sembra poi così impossibile la riqualificazione di interi quartieri. Per preservare i luoghi in questione le ubicazioni, e in alcuni casi anche i nomi, verranno omessi. tratto da Manifesto Tesori Abbandonati
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in mostra
lady decay
• L’indagine fotografica mira a cogliere ed investigare luoghi a metà tra l’aperto ed il chiuso, interni in continuitá con l’esterno, la cui permeabilità si percepisce attraverso i materiali; spazi misteriosi, un parco acquatico abbandonato che oggi giace silenzioso facendosi inghiottire dalla natura anno dopo anno, una villa nel bosco che, dimenticata nel tempo, vive del fascino conservato da un susseguirsi discontinuo di utilizzi, da nobile residenza a ospedale dei nazisti durante la seconda guerra mondiale; spazi segnati da infiltrazioni d’acqua, umiditá, pesanti nevicate e violente scosse di terremoto. Il lavoro di Lady Decay è un’indagine fotografica che incontra la magia di questi luoghi abbandonati e misteriosi che proprio grazie al tempo mutano continuamente il proprio aspetto. •
• CITER - Laboratorio di progettazione urbana e territoriale Dipartimento di Architettura di Ferrara Il CITER è un laboratorio di ricerca che opera nel campo della progettazione urbana e territoriale e fornisce studi, ricerche e consulenze prevalentemente ad istituzioni, enti locali, organismi pubblici o privati collaborando con associazioni culturali ed ambientali. I principali temi di ricerca riguardano: la progettazione degli spazi pubblici, gli strumenti e i metodi dell’urbanistica, gli strumenti progettuali per la riqualificazione urbana, la progettazione urbanistica partecipata, le relazioni tra urbanistica e paesaggio, lo studio della città e del territorio. Dipartimento di Architettura “Biagio Rossetti” UNIVERSUD opera con il patrocinio del Dipartimento di Architettura dell’Università degli Studi di Ferrara che, in diverse occasioni, ha collaborato alla realizzazione di iniziative quali mostre e conferenze fornendo spazi ed aule. Università degli Studi di Ferrara L’Università di Ferrara ha giudicato meritevole il progetto “informal.mente” inserendolo nella lista dei progetti finanziabili dal Fondo Culturale per le associazioni dell’Ateneo ferrarese per l’anno accademico 2016-17. Prof. Arch. Camillo Boano – Development Planning Unit, The Bartlett University / Prof. Arch. Marcello Balbo – IUAV (Istituto Universitario Architettura Venezia) / Arch.tti Maurizio Pioletti, Enrico Dalla Pietà, Valeria Diminutto– Architetti Senza Frontiere Veneto / Prof. Alfredo Alietti– Dipartimento Studi Umanistici, Università degli Studi di Ferrara / Prof. Arch. Gastone Ave – Dipartimento di Architettura, Università degli Studi di Ferrara / Prof.ssa Benedetta Fontana – ISPI (Istituto Studi Politiche Internazionali) / Arch. Mariana de Souza Rolim– Mackenzie University, Sao Paulo / Giacomo Brini, Giovanni De Sandre – fotografi e giurati INFORMALMENTE / MeP– Movimento per l’Emancipazione della Poesia / Lady Decay – Urban explorer / Tesori Abbandonati – Urban explorers / D ynamo Velostazione Bologna •
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