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SCHEDA INFORMATIVA SULLA SISTUAZIONE ECONOMICA E SOCIALE MONDIALE RAPPORTO 2007 DEL CONSILIO ECONOMICO E SOCIALE DELLE NAZIONI UNITE
Il fattore invecchiamento avrà un impatto profondo sulle società e dovrà essere tenuto in grande considerazione dagli operatori politici del ventunesimo secolo. Nei paesi industrializzati, così come in molte aree dei paesi in via di sviluppo, la percentuale della popolazione anziana sta aumentando rapidamente. L’invecchiamento è un riflesso del successo riscosso nella battaglia per lo sviluppo umano, essendo il risultato del minor tasso di mortalità (di pari passo con una diminuzione della fertilità), e di una maggiore longevità; esso è anche fonte di nuove opportunità, collegate alla partecipazione delle generazioni ormai non più giovani in campo sociale ed economico, in senso lato. Nei paesi, principalmente nelle aree in via di sviluppo, che godono di una generazione di giovani ancora in fase di crescita, c’è ancora spazio per opportunità di sviluppo economico. L'invecchiamento pone anche sfide importanti, soprattutto per quanto riguarda la tenuta finanziaria dei sistemi pensionistici, i costi della sanità e l’inserimento a pieno titolo della popolazione anziana nella società, come suo elemento di sviluppo. Il Rapporto Mondiale sullo Sviluppo Economico e Sociale 2007 analizza le sfide e le occasioni che l’invecchiamento demografico porta con sé, allo scopo di facilitare il dibattito attraverso la promozione del Piano d’Azione Internazionale di Madrid sull’Invecchiamento, documento che è stato adottato il 12 aprile 2002, con unanime consenso dalla Seconda Assemblea Mondiale sull’Invecchiamento. Il Piano di Madrid costituisce, dunque, la cornice per inserire la questione dell'invecchiamento nell’ambito del più ampio dibattito internazionale sullo sviluppo e sull’attuazione di politiche nazionali all’altezza della sfida a costruire modelli di società a misura di tutte le età. Il Piano pone come priorità: l'inserimento del tema dell’invecchiamento nell'agenda internazionale sullo sviluppo; la promozione della salute e del benessere, nonché la creazione di ambienti idonei e di sostegno per gli anziani.
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Invecchiamento della popolazione mondiale Per effetto della vistosa riduzione di mortalità e fertilità, la distribuzione dell’età della popolazione mondiale sta attraversando una fase di profonda trasformazione, spostandosi gradualmente verso la vecchiaia. Questo cambiamento è comune a tutte le aree del mondo. Le accresciute aspettative di vita e la riduzione del periodo fertile sono i fattori principali che portano alla“transizione demografica”. A livello mondiale, si assiste ad un aumento delle aspettative di vita, che sono passate dai 47 anni del periodo 1950-1955 ai 65 anni del periodo 2000-2005, e si prevede che raggiungeranno i 75 anni nel quinquennio 2045-2050. Nell’arco di tempo che va dal 1950-1955 al 2000-2005, la fertilità complessiva è scesa da 5.0 a 2.6 figli per donna e le previsioni arrivano fino a 2.0 figli per donna nel 2045-2050. In diverse parti del mondo, non solo nei paesi industrializzati ma anche in molti dei paesi in via di sviluppo, il dato relativo alla fertilità è sceso attualmente a meno di 2 figli per donna, andando così al di sotto del livello necessario per il ricambio generazionale nel lungo periodo. La transizione demografica si articola in tre fasi. Durante la prima, si verifica un ringiovanimento della distribuzione d’età dovuto al fatto che, in proporzione, aumentano i bambini per effetto del prolungamento della sopravvivenza nei primi anni di vita. Durante la seconda, a causa della diminuzione di fertilità, si verifica una riduzione della proporzione della popolazione in età infantile, accompagnata da un aumento proporzionale di adulti in età lavorativa. Durante la terza fase - che solitamente si raggiunge dopo lunghi periodi di fertilità e riduzione della mortalità- si riducono, in proporzione, la popolazione infantile e quella adulta in età lavorativa, mentre, comincia ad aumentare solo la popolazione anziana. Il picco ascendente della popolazione adulta durante la seconda fase della transizione è temporaneo e dura, generalmente, circa 50 anni, un tempo comunque sufficiente a provocare conseguenze importanti nei paesi interessati. In teoria, questo bonus demografico offre buone possibilità per uno sviluppo economico più veloce. Comunque, vedere il frutto dei potenziali benefici dipende dalla capacità di generare impiego produttivo ed opportunità d’investimento e, in fin dei conti, dal fatto che sussistano le condizioni politiche e sociali per un ambiente di crescita e sviluppo sostenibili. Nella terza fase, il rapido invecchiamento della popolazione può condurre a particolari sfide di natura politica, dal momento che si renderanno necessari importanti adeguamenti in diversi ambiti per far fronte al venir meno della forza-lavoro e alla crescente domanda di servizi sanitari e di sostegno agli anziani.
Il rapido invecchiamento della popolazione nei paesi in via di sviluppo I paesi industrializzati in genere sono ormai entrati nella terza fase della transizione demografica e si caratterizzano per un'età notevolmente più avanzata rispetto ai paesi in via di sviluppo. Nei paesi con economie in transizione, si osserva che prevale, generalmente, un’età più giovane che nei paesi industrializzati, eppure già significativamente più vecchia che nei paesi in via di sviluppo. La maggior parte dei paesi in via di sviluppo si trova all’interno della seconda fase di transizione demografica, ma la maggior parte degli anziani vive in questi paesi e, per il 2050, il 79% della popolazione ultrasessantenne, che si calcola sarà circa 1 miliardo e 600 milioni, si troverà proprio in quelle aree (figura O.1). Per di più, i paesi che hanno vissuto l’esperienza di una diminuzione rapida della fertilità -si pensi ad Asia orientale e zona del Pacifico così come all'America Latina e Area Caraibica- si troveranno a fronteggiare un processo d’invecchiamento della popolazione più veloce di quello cui sono stati sottoposti, in passato, gli attuali paesi industrializzati. Al contrario, la maggior parte dei paesi africani, è entrata solo di recente nella seconda fase di transizione demografica e si prevede che la popolazione di quell’area rimarrà relativamente giovane fino a ventunesimo secolo inoltrato. Figura O.1 Dimensione e distribuzione della popolazione mondiale ultra sessantenne per gruppi di aree geografiche 1950, 1975, 2005, 20225 e 2050 • • •
Paesi in via di sviluppo Economie in transizione Paesi industrializzati
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Fonte: Nazioni Unite (2005 a) Nota: (1) il grafico illustra le stime (fino al 2005) e le proiezioni a con una variazione media (dopo il 2005) (2) Le percentuali sono indicate all’interno delle colonne
Le differenze di genere negli anziani Poiché le donne vivono solitamente più a lungo degli uomini, li sopravanzano di molto nella vecchiaia. Quindi, la popolazione anziana femminile, proporzionalmente, ad aumentare in modo significativo a mano a mano che l’età avanza. Nel 2005, le donne dai 65 anni in poi hanno superato, complessivamente nel mondo, gli uomini per 4 a 3, e dagli 80 anni in poi, nella misura di 2 a 1. Tuttavia, nei paesi industrializzati, a causa in parte della riduzione anticipata della situazione di vantaggio femminile, la differenza tra il numero di uomini e donne in età avanzata si attenuerà in qualche modo entro il 2050. Nei paesi in via di sviluppo, invece, lo squilibrio tra il numero di donne e uomini anziani crescerà ulteriormente a causa del divario ancora ampio fra i sessi nelle aspettative di vita.
L’aumento dei rapporti di dipendenza Nella maggior parte delle società, uno degli effetti dell’invecchiamento demografico è che il numero della popolazione attiva, che lavora e genera ricchezza, si riduce in proporzione alla parte di popolazione che non lavora più e dipende dai redditi altrui. I rapporti di dipendenza mettono a confronto la dimensione di alcuni gruppi all'interno di un contesto sociale ritenuto economicamente dipendente (praticamente, i ragazzi al di sotto di 15 anni e gli anziani oltre i 65 anni) con un altro gruppo considerato, invece, economicamente attivo. A causa della penuria di dati, i rapporti di dipendenza vengono calcolati, di solito, solo sulla base delle fasce d'età. Nel periodo compreso tra il 1975 e il 2005, il rapporto di dipendenza complessivo a livello mondiale è calato da 74 a 55 soggetti dipendenti per ogni 100 persone in età lavorativa, e ciò grazie a una diminuzione sensibile della dipendenza infantile. Ma già ci si attende che la tendenza al ribasso si esaurisca nel prossimo decennio e si verifichi una controtendenza. Si prevede, infatti, che il rapporto di dipendenza complessivo sia di 53 soggetti dipendenti ogni 100 persone in età lavorativa nel 2025, arrivando a 57nel 2050, proprio per la crescente dipendenza di tutti i soggetti che volgono alla vecchiaia. Nei paesi industrializzati, si stima che il rapporto di dipendenza complessivo abbia raggiunto un livello storicamente basso nel 2005; le proiezioni tracciano, però, per il futuro, una costante crescita del rapporto di dipendenza per gli
stessi, presi come raggruppamento, a causa dell’aumento continuo del rapporto di dipendenza degli anziani (figura O.2a). Nei paesi con economie in transizione, la tendenza nei rapporti di dipendenza non è molto diversa da quella dei paesi industrializzati. Parzialmente diversa, invece, è la situazione dei paesi in via di sviluppo sia per quanto riguarda l’esperienza storica, sia per le prospettive future. Il loro rapporto di dipendenza complessivo, tra il 1950 e il 1975, era molto più elevato rispetto ai gruppi dei paesi industrializzati, soprattutto a causa di un’elevatissima dipendenza infantile (figura O.2b). Dal 1975 circa, tuttavia, i rapporti di dipendenza infantile e complessivo hanno cominciato a ridursi, e ci si aspetta che questa tendenza perduri fino al 2025, per riprendere a crescere successivamente, in vista della prevedibile rapida ascesa della dipendenza senile.
L'invecchiamento demografico è un fenomeno inevitabile Nell’arco dei prossimi decenni, ci si attende che un rilevante grado d’invecchiamento demografico investa tutte le aree del mondo. Le azioni politiche volte ad incoraggiare la maternità in paesi a basso tasso di natalità, anche se hanno riscosso qualche successo, non saranno in grado di cambiare questa previsione. Inoltre, benché il considerevole aumento dei flussi migratori, a livello internazionale, possa incidere sulle tendenze relative alla popolazione attiva dei paesi industrializzati, pare che non ci siano validi motivi per pensare che i futuri livelli di migrazioni internazionali possano avere un impatto in modo decisivo sul grado d’invecchiamento demografico previsto per questi paesi. Poiché è chiara l’effetto dei cambiamenti in atto sulla struttura dell’età della popolazione, essi possono essere previsti con largo anticipo. Le risposte istituzionali dovrebbero, idealmente, essere attuate tempestivamente, per rendere più agevole il processo di adattamento a questi cambiamenti demografici di lungo periodo. Anche se l’invecchiamento demografico è un fenomeno inevitabile, i suoi effetti dipendono dall’efficacia delle misure intraprese per affrontare tutte le sfide che esso prospetta.
Figura O.2a
Figura O.2b
Rapporti di dipendenza infantile e senile
Rapporti di dipendenza infantile e senile
1950-2050, paesi industrializzati
1950-2050, paesi in via di sviluppo
Anno Per 100 persone di età fra 15 e 64 anni
Anno Per 100 persone di età fra 15 e 64 anni
Fonte: UN/DESA Nota: Rapporti di dipendenza infantile e senile riferiti a popolazione di età rispettivamente0-14 anni e 65 anni e oltre, rispettivamente, come rapporto della popolazione attiva di età 15-64 anni d’età. Il rapporto di dipendenza complessivo è la somma dei due
Tuttavia, si può affrontare questa sfida garantendo al crescente numero di persone che si avviano alla vecchiaia un sostegno adeguato per gli anni a venire, la possibilità di accedere ad un impiego dignitoso nel caso in cui dovessero averne bisogno o intendessero rimanere economicamente attivi, e un'assistenza sanitaria adatta. A meno che la crescita economica non acceleri in modo sostenuto, il problema dell’invecchiamento imporrà sforzi economici maggiori per la popolazione in età lavorativa (in termini di maggiori tasse e altre forme contributive), in modo da riuscire a mantenere un trasferimento stabile di risorse ai gruppi di persone anziane.
Invecchiamento e ambienti di vita in mutamento L'ambiente sociale in cui si muove la popolazione anziana è soggetto ad un rapido cambiamento. La dimensione della famiglia si riduce, il ruolo delle famiglie numerose diminuisce e la percezione relativa al sostegno intergenerazionale e all'assistenza degli anziani sta cambiando ad un ritmo sostenuto.
Sistemi di vita che cambiano Gli anziani che vivono da soli, nel mondo sono 90 milioni, un rapporto di 1 a 7 che è aumentato nell’ultimo decennio, nella maggior parte dei paesi. Anche se il tasso medio di cambiamento incide in misura piuttosto modesta, è verosimile che questa tendenza continui, con conseguenze importanti a livello sociale, in particolar modo per le donne, perchè è più probabile che trascorrano la vecchiaia da sole (figura O.3). La vita da soli, che può risultare in crescente isolamento, rende più difficile ai membri della famiglia occuparsi dei propri anziani e aumenta la necessità di ulteriori servizi di supporto per permettere alle persone anziane di restare nella propria casa. I paesi in via di sviluppo potrebbero avere difficoltà ad offrire questo genere di servizi; in tali aree geografiche, la grande maggioranza degli anziani vive con i propri figli adulti. E’ il caso di circa tre quarti di persone di oltre 60 anni che vivono in Asia ed in Africa, e di due terzi di popolazione ultrasessantenne dell’America Latina. La proporzione della popolazione anziana che vive da sola è ancora relativamente bassa, meno del 10%, ma sta aumentando nella maggior parte dei paesi in via di sviluppo. Figura O.3 Proporzione della popolazione ultrasessantenne che vive sola, divisa per area geografica e sesso, 2005
Uomini Donne
Mondo Europa
Asia
Africa
America Latina e Caraibi
Nord America
Fonte: UN/DESA
Le implicazioni di tali mutamenti nella composizione della famiglia e nei sistemi di vita per il sostegno e l’assistenza degli anziani, dipendono, naturalmente, dal singolo contesto. Nei paesi in cui gli anziani hanno un limitato accesso a sistemi istituzionali di tutela sociale, essi devono necessariamente dipendere dalla famiglia e dalla comunità locale. Tuttavia, questi meccanismi si stanno progressivamente inceppando, a causa non soltanto di fattori quali le suddette tendenze demografiche e la crescente partecipazione delle donne alla forza lavoro, ma anche di un diverso modo di intendere l’assistenza ai genitori e agli anziani in genere. I cambiamenti nelle condizioni di vita degli anziani hanno riflessi politici profondi nei paesi industrializzati e in quelli in via di sviluppo. I primi devono, da un lato, ampliare la fornitura di servizi istituzionali di assistenza a lungo termine agli anziani, compresa la vita in strutture istituzionali; dall’altro, sviluppare servizi alternativi che consentano alle persone anziane d’invecchiare nella propria casa se lo desiderano. I paesi in via di sviluppo devono fronteggiare sfide ben più impegnative, poiché devono ancora arrivare ad offrire le infrastrutture base (acqua, servizi igienici, ecc) e i servizi sociali, così da permettere un’assistenza a lungo termine di natura istituzionale più completa e lo sviluppo di nuove forme di assistenza a carattere privato.
Partecipazione e importanza degli anziani Dal momento che gli anziani continuano a rappresentare una porzione sempre maggiore della popolazione totale, essi possono risultare potenzialmente anche più influenti all’interno della società. L'importanza e la partecipazione delle persone anziane varia molto nei diversi paesi; in alcuni, gli anziani hanno un notevole peso politico e sociale, perlopiù connesso alla cospicua concentrazione di risorse economiche e una tradizione di partecipazione politica; in molti altri paesi, tuttavia, le persone anziane non sono organizzate, e si trovano, perciò, in grande difficoltà nel dar voce alle proprie istanze e fare in modo che esse vengano affrontate nel dibattito pubblico e nell’agenda politica. Sia le organizzazioni internazionali, sia le organizzazioni non governative, stanno promuovendo attivamente le associazioni delle persone anziane come meccanismo attraverso il quale influenzare l’attuazione delle politiche che li riguarda. Gli sforzi fatti al fine di rideterminare il ruolo degli anziani dovrebbero essere accompagnati da programmi educativi di ampio respiro che comprendano elementi basilari come l'alfabetizzazione e una continua informazione , anche sui diritti umani.
Combattere l’abbandono e l’abuso Nonostante sia difficile individuare un comportamento scorretto, esistono testimonianze di abuso sulle persone anziane e di abbandono che generano una diffusa preoccupazione a riguardo. Gli abusi sugli azioni vengono segnalati all’interno delle famiglie, nei contesti comunitari e nei centri di accoglienza e case di riposo, sia nei paesi industrializzati sia nei paesi in via di sviluppo. I fattori di rischio spesso sono legati ad una mancanza di cure, ad un’educazione poco adeguata di chi dovrebbe prestare loro assistenza, ad una disattenzione delle strutture istituzionali, all’esistenza di stereotipi negativi sul ruolo dell’anziano in società e a condizioni di povertà in generale. Un passo importante per garantire e proteggere i loro diritti umani, riducendo il rischio di azioni illecite nei loro confronti e rafforzando il loro status, è stato compiuto nella dichiarazione universale dei diritti umani ( Assemblea generale, soluzione 217 A (III)) . Alcuni paesi necessiterebbero anche di leggi sussidiarie, che definiscano meglio l'ambito legale in cui agire, in modo da proteggere i loro diritti, prevenire comportamenti scorretti e sostenere le opportunità di partecipazione a tutti gli aspetti della vita sociale. Anche se purtroppo, un ambito legale migliore non risolverebbe del tutto il problema: le società dovrebbero sviluppare adeguati meccanismi per prevenire le discriminazioni sull’età nel mercato del lavoro, per assicurare solidarietà intergenerazionale attraverso la creazione di sistemi pensionistici e per assicurare un adeguata assistenza sanitaria a lungo termine. La reazione della politica in risposta ai casi di abbandono e abuso dovrebbe essere quella di assicurare un dialogo aperto al fine di permettere un facile accesso alle informazioni e alle effettive modalità per denunciare tali casi. Inoltre, i governi dovrebbero promuovere un’immagine positiva delle persone anziane, attraverso formazioni nazionali e iniziative educative, e dovrebbero dare una adeguata preparazione a coloro che si prenderanno cura degli anziani.
Invecchiamento, forza lavoro e crescita produttiva Con l'invecchiamento demografico, la quota di persone in età da lavoro sta diminuendo e la forza lavoro stessa sta invecchiando. Questo fenomeno si registra soprattutto nei paesi con bassi tassi di natalità che per la maggior parte sono paesi industrializzati. Al contrario, i paesi con livelli relativamente alti di natalità, che sono soprattutto le economie povere, continueranno ad avere una forte crescita di forza lavoro fino al 2050, quando, forse, saranno in grado di accelerare la crescita economica.
Le implicazioni dell'invecchiamento della popolazione L’invecchiamento demografico peserà sulla crescita economica, se non verrà incentivata la crescita della forza lavoro e se non verranno fatti grandi sforzi per aumentare la produttività lavorativa. In molti contesti, l'aumento nella produttività lavorativa sarà necessaria per completare quelle misure che contribuiscono ad arginare la diminuzione di forza lavoro. Per esempio, considerando che tutti gli altri fattori siano uguali, per controbilanciare l’impatto negativo di una forza lavoro in diminuzione, il Giappone dovrà assicurarsi una crescita produttiva del 2,6% all’anno per poter sostenere una crescita pro capite del 2% all'anno nei prossimi cinquant’anni. Per affrontare lo squilibrio causato dall'invecchiamento della popolazione, servirà più dell'80% della crescita richiesta nella produttività ( rif. schema 0.4). Si prevede una situazione analoga, anche se con dati minori, per gli altri paesi che stanno subendo un invecchiamento demografico, come l' Italia e la Germania ed anche gli Stati Uniti d'America. Comunque, la crescita di produttività richiesta in tutti questi casi rientra nei limiti degli standard storici.
Schema O.4. L’impatto dell’invecchiamento demografico sui tassi annuali richiesti in media della crescita della produttività lavorativa per Germania, Italia, Stati Uniti d’America e Giappone, 2000-2050
percentuali
Effetto invecchiamento Altri fattori di disponibilità di lavoro Risorse: UN/DESA. Note: L’effetto invecchiamento è calcolato sulla base di un esercizio basato sui fatti. La crescita di produttività richiesta per generare un certo livello
di crescita del PIL pro capite in un’ottica che anticipi i cambiamenti nella struttura dell’età demografica viene conparata con la crescita di produttività richiesta per mantenere lo stesso livello di crescita del PIL pro capite in assenza di tali cambiamenti. Se ne ricava che il rapporto tra la popolazione attiva e quella di coloro che sono a carico è stata tenuta costante rispetto al livello considerato nel 2000.
Questa ricerca dimostra che le misure atte a stimolare la crescita produttiva dovrebbero contemplare soprattutto il modo di arginare le possibili conseguenze negative dell'invecchiamento della popolazione nella crescita economica. Sono state proposte anche altre soluzioni che andavano ad influenzare direttamente la risorsa lavorativa, ma, ciononostante, alcune di queste sembrano non essere efficaci. Per i paesi industrializzati viene spesso citata l’immigrazione internazionale come possibile risorsa da cui attingere forza lavoro, ma non ci si aspetta che un paese ammetta l'enorme numero di immigrati che servirebbero a fermare il fenomeno dell’invecchiamento della popolazione. Per esempio, per controbilanciare la crescita nel rapporto tra la popolazione attiva e quella di coloro che sono a carico, l’Unione Europea dovrebbe permettere un regolare afflusso di 13 milioni netto di immigranti l’anno per i prossimi cinquant’anni, mentre sia il Giappone che gli Stati Uniti dovrebbero assorbire dieci milioni di immigranti l’anno. Naturalmente questi casi implicherebbero una crescita molteplice negli attuali livelli di immigrazione. Un’altra possibilità è il trasferimento di funzioni e servizi interni all'azienda a un fornitore estero, ma sarebbe inutile per contrastare il divario dovuto all’invecchiamento tra la popolazione attiva e quella di coloro che sono a carico. Se da una parte il trasferimento potrebbe risolvere la mancanza di personale proprio grazie allo spostamento della produzione all’estero, dall'altra non aiuterebbe a ridurre le pressioni sul sistema pensionistico, poiché il lavoro, e di conseguenza il piano contributivo su cui si basa questo sistema, non crescerebbe. L’analisi rivela che la più grande risorsa per contrastare i cambiamenti progettati nella crescita della forza lavoro è l'aumento della partecipazione delle donne e degli anziani al mercato del lavoro. Inoltre, molti paesi possono ancora usufruire di considerevoli opportunità per far approvare tutte quelle norme volte ad aumentare la partecipazione dei lavoratori anziani, ovvero quelli tra i 55 e i 64 anni, facendo sì che l’età effettiva di pensionamento sia più in linea con l'età di pensionamento prescritta dalla legge. Oltre alla soppressione degli disincentivi nei confronti di una occupazione prolungata, c’è una vasta gamma di altri fattori da rivedere: sarebbe utile cambiare le consuetudini sul posto di lavoro per soddisfare meglio le
necessità dei lavoratori una volta invecchiati, migliorare le condizioni lavorative per ottenere un rendimento maggiore durante il corso della vita, contrastare le discriminazione basata sull’età e promuovere un’immagine positiva dei lavoratori anziani. Inoltre, i lavoratori anziani si troverebbero in una posizione migliore, tale da prorogare la loro carriera, se potessero avere una continuità di studio e la possibilità di frequentare corsi di aggiornamento. Certi accorgimenti potrebbero favorire la crescita economica nei paesi che stanno invecchiando, anche se non in modo decisivo. La ricerca dimostra come, nel caso della Germania , per esempio, il rendimento pro capite crescerebbe da 1,7% a 1,8% all’anno tra il 2000 e il 2050, se la partecipazione della categoria dei lavoratori tra i 55 e i 64 anni arrivasse allo stesso livello della categoria dei lavoratori tra i 15 e i 54 anni; gli effetti sarebbero simili negli altri paesi in cui si assiste all’invecchiamento demografico. In generale, comunque,le preoccupazioni riguardanti un veloce declino della crescita economica in tali paesi sono decisamente infondate : secondo le proiezioni delle Nazioni Unite, se i miglioramenti della produttività continueranno nell’immediato futuro così come previsto, vorrà dire che i problemi relativi all'invecchiamento della popolazione non sono poi insormontabili.
Uno spiraglio demografico di opportunità? I paesi che presentano l’ incremento di una forza lavoro relativamente giovane potrebbero essere in grado di accelerare la crescita. In ogni caso, al fine di cogliere i vantaggi di una situazione demografica positiva, i governi coinvolti si troveranno ad affrontare delle questioni completamente differenti dalle attuali: piuttosto che concentrarsi sull’incombente mancanza di personale, dovranno restare concentrati sulla creazione di adeguate opportunità lavorative, soprattutto nei riguardi del previsto numero crescente di giovani lavoratori. Incentivare i tassi di occupazione nell’economia tradizionale potrebbe elevare i gettiti fiscali e preparare il terreno per lo sviluppo di progetti per il sostegno sociale, laddove tali progetti siano attualmente incompiuti, permettendo ai lavoratori più anziani di andare in pensione con una sicurezza finanziaria maggiore. Anche la crescita produttiva ricopre un ruolo fondamentale nello sviluppo delle economie con un surplus di lavoro e con mercati di lavoro molto ampi, poiché permetterebbe non solo di espandere l'invecchiamento demografico, ma anche di elevare gli standard di vita generali, riducendo la povertà.
Invecchiamento, consumo e crescita Da molti punti di vista, l’invecchiamento demografico potrebbe avere risvolti sui modelli di consumo, di investimento e di risparmio. È di cruciale importanza capire se l’invecchiamento possa modificare davvero questi equilibri e, se così, in che modo possa farlo, per poter anticipare la crescita economica e lo sviluppo che ne deriverebbero. Sebbene la teoria economica non sia priva di concetti evidenti che spiegano questa relazione, nella realtà è piuttosto difficile prevedere come questo andamento influenzerà i modelli di consumo e di crescita.
Cambiare i modelli di consumo Una delle più famose nozioni della teoria economica dice che i modelli di consumo e di risparmio cambiano durante le vita delle persone: il concetto è che i bisogni e i gusti cambiano durante il ciclo della vita. Infatti, è stato dimostrato che le persone anziane spendono una somma maggiore delle loro entrate per la casa e per i servizi di assistenza rispetto alla generazione più giovane. Basandosi sull'attuale andamento di consumo tra le persone di 65 anni o tra gli anziani residenti nei paesi industrializzati, è possibile anticipare che la domanda per le spese sanitarie e le cure a lungo termine aumenteranno sensibilmente, laddove le spese per le abitazioni e l’energia aumenteranno, a causa del maggiore tempo passato in casa dai pensionati. Al contrario, si potrebbe assistere ad una diminuzione delle spese per il divertimento e per i trasporti, mentre la quota di consumo di beni comuni, come il cibo e il vestiario, resterebbe relativamente costante. L’ invecchiamento demografico porterebbe quindi a sostanziali cambiamenti nella composizione della domanda di beni e servizi. Uno sguardo più attento agli attuali andamenti rivela come la variazione dei modelli di consumo sia differente a seconda del paese in cui accade e spiega in che modo questi cambiamenti avvengano in maniera dilatata nel tempo. Oltre a ciò, i livelli di consumo sono molto più legati al guadagno che alla struttura demografica. La complessità della vita reale non permette di prevedere i futuri andamenti del consumo, così come è difficile immaginare il grado di crescita dei guadagni delle persone anziane nei prossimi anni.
Risparmio e invecchiamento Un’altro concetto teorico spiega il modello di ciclo vitale del risparmio, che postula come gli individui producano più di quello che consumano durante la loro vita lavorativa, con la conseguente creazione di un avanzo, che può essere utilizzato per crescere i figli a carico e/o per risparmiare, al fine di
assicurarsi un’entrata dopo il pensionamento. In quest' ottica, le economie che presentano alti indici di figli a carico dovrebbero avere un tasso di risparmio nazionale relativamente basso. Al contrario, le economie con un alto tasso di popolazione in età lavorativa possono potenzialmente crescere in maniere più veloce, sia perché questa struttura demografica genera un avanzo maggiore, sia perché i risparmi saranno più alti, poiché i singoli individui risparmieranno in anticipo per il loro pensionamento. Inoltre, se i singoli individui percepiranno che le aspettative della loro vita si stanno allungando, potrebbero essere inclini a risparmiare di più durante gli anni lavorativi, per poter finanziare un pensionamento più lungo. Oltre a ciò, anche se l’invecchiamento esercita una certa influenza, molti altri fattori si combinano nel determinare il comportamento del risparmio e i livelli di risparmio nell'economia. Questi fattori includono il livello e la distribuzione dei ricavi nell’economia, il valore dei beni che le persone raggiungono e la loro distribuzione, la percezione del futuro, il sistema pensionistico attuale e le previsioni per le cure delle persone anziane in caso di malattie croniche. Le ipotesi del ciclo vitale si applicano, poi, sui risparmi familiari o sui risparmi singoli, che avranno un peso sul sistema pensionistico, anche se tale effetto potrebbero essere minore dell’impatto che il progetto pensionistico potrebbe avere sui modelli di risparmio del governo e delle industrie. Ciò che appare chiaro è che sempre più risparmi famigliari sono destinati a fondi pensione e altri fondi di investimenti finanziari in vista della pensione. Gli investitori istituzionali, che solitamente manovrano queste tipologie di risparmio, ricoprono già un ruolo chiave nel mercato finanziario. Questi investitori amministrano non solo una grossa cifra di risparmi famigliari dei paesi industrializzati, ma sempre più spesso anche i risparmi dei paesi in via di sviluppo, dove si è accresciuta l'importanza del sistema pensionistico capitalizzato amministrato privatamente. Gli investitori istituzionali possono essere decisivi nell’accrescere i mercati finanziari e nel fornire ulteriore moneta liquida per i progetti di investimento a lungo termine. Allo stesso tempo, comunque, essi operano soprattutto al di fuori del meccanismo di regolazione e supervisione del mercato finanziario, poiché solitamente è un meccanismo riservato al sistema bancario. Le operazioni del mercato finanziario che riguardano i fondi pensionistici devono essere controllati, in modo da non aggravare l'instabilità finanziaria: siccome i crescenti investimenti finanziari sono intermediati al di fuori del sistema bancario, il controllo delle autorità monetarie sulla crescita del credito tende ad indebolire l’efficacia delle politiche monetarie. Si necessita di maggiori misure di regolazione, possibilmente di tipo internazionale, per evitare effetti destabilizzanti sul mercato finanziario delle operazioni dei grandi fondi pensione e per tutelare da possibili rischi la sicurezza dei redditi delle persone anziane.
Sitema previdenziale a sostegno del reddito: una garanzia per la vecchiaia
Lo standard di vita molto spesso peggiora per le persone anziane, poiché il calo di nuove opportunità economiche e l’indebolimento della forza vitale espongono la persona all’indigenza con l’avanzare dell’età, per quanto tali presupposti varino notevolmente nei diversi contesti e gruppi di anziani. Le strategie relative ai mezzi di sussistenza tendono a differenziarsi di conseguenza. Nelle economie industrializzate le pensioni rappresentano la principale fonte di sostentamento e di tutela per la vecchiaia, mentre nei paesi in via di sviluppo poche persone anziane hanno la possibilità di accedere alla pensione e si è costretti a confidare in altre fonti di reddito. Infatti, l’80% della popolazione mondiale non è tutelata contro i rischi legati a salute, invalidità e reddito. Ciò implica che solo nei paesi industrializzati circa 342 milioni di persone anziane al momento sono privi di una adeguata previdenza sociale a sostegno del reddito, numero destinato a crescere fino a 1,2 miliardi entro il 2050, se il raggio di copertura previdenziale destinato a garantire tale previdenza agli anziani non verrà esteso. La transizione demografica rappresenta un enorme compito che riguarda la garanzia di disponibilità e sostenibilità pensionistica e di altri sistemi atti a fornireuna previdenza sociale a sostegno del reddito per un numero sempre più crescente di anziani nei paesi industrializzati e non. Nel Survey si giunge alla conclusione che con un giusto approccio il compito è affrontabile.
Indigenza e vecchiaia E’ evidente che le persone anziane che vivono in paesi dove vigono un sistema pensionistico di tipo formale e un piano di trasferimento statale sono meno soggetti a impoverirsi rispetto alle generazioni più giovani della medesima popolazione. Nei paesi in cui vige un sistema pensionistico a copertura limitata, l’indigenza in vecchiaia tende a raggiungere la media nazionale. Naturalmente la probabilità di diventare povero in età avanzata non dipende soltanto dalla copertura pensionistica. Generalmente il grado di povertà tra le persone anziane varia con il tipo di istruzione, il sesso e il modo di vivere e un’istruzione migliore diminuisce le probabilità di diventare poveri in vecchiaia. Alle donne accade più frequentemente che agli uomini. In mancanza di una copertura pensionistica formale, la maggioranza delle persone che vivono nei paesi industrializzati si ritrovano a doversi confrontare con una notevole insicurezza economica durante la vecchiaia. Per le fasce non protette – piccoli agricoltori, braccianti e lavoratori del settore informale – il concetto di pensionamento è inesistente. Non svolgendo un lavoro formale, non si qualificano per la pensione e se non riescono ad accrescere in maniera sufficiente il loro patrimonio sono costretti a continuare a confidare nelle loro
forze. Situazione che si presenta alquanto precaria per le persone molto anziane (per coloro che superano gli 80 anni di età) che non sono nelle condizioni fisiche di lavorare come i più giovani. E’ probabile che coloro che nei primi anni di vita lavorativa erano già poveri, lo restino anche in età avanzata; e coloro che superano la linea limite dell’indigenza, ma che non sono in grado di mettere da parte dei risparmi per cautelarsi in vecchiaia, rischiano altrettanto di vivere in povertà. Spesso le persone anziane possono contare sul supporto della famiglia e della comunità per sopravvivere o per integrare il loro reddito, ma gli anziani soli, o perché vedovi, o perché senza figli (in particolare le donne), si confrontano con un rischio maggiore di indigenza. Affidarsi alla famiglia non sempre protegge le persone anziane dall’indigenza, perché spesso le famiglie stesse vivono in ristrettezze economiche. Le difficoltà nel fornire un adeguato sistema previdenziale che preveda degli inteventi a sostegno del reddito risultano essere maggiori nei casi in cui ci sia un livello d’indigenza particolamente diffuso.
Approcci a largo raggio e multi-settoriali per un migliore sistema previdenziale a sostegno del reddito I sistemi pensionistici privati o statali rappresentano il principale strumento politico per affrontare l’indigenza e la vulnerabilità in vecchiaia. Idealmente dovrebbero garantire le prestazioni previdenziali a sostegno del reddito in vecchiaia a tutti con vantaggi che pongano i beneficiari al di sopra del livello minimo di standard di vita socialmente accettabili. Pertanto, la copertura pensionistica è limitata in molti paesi in via di sviluppo. Il mercato lavorativo, che nei paesi industrializzati e ben regolamentato, ha permesso di fornire a quasi tutta la popolazione dei piani pensionistici di tipo contributivo basati sull’occupazione. Coloro che non hanno diritto alle pensioni contributive sono normalmente supportati da piani di sostegno per la vecchiaia di tipo non-contributivo. La sostenibilità dei sistemi pensionistici esistenti è messa in discussione sia nei paesi industrializzati che in quelli in via di sviluppo. Longevità, progettazione di piani inadeguati, cattiva amministrazione, crescita economica insufficiente e una generazione di impiegati scarsamente formati hanno indebolito la capacità finanziaria di tali sistemi in alcuni contesti. Aumentare gli indici della popolazione anziana a carico comporta ulteriore pressione sui sistemi di sostegno sia formali che informali, se non è possibile accelerare e sostenere la crescita economica. Accessibilità, disponibilità e sostenibilità sono il nocciolo del piano e della riforma del sistema pensionistico. Infine, il piano relativo ai sistemi di prestazioni previdenziali del reddito degli anziani è specifico per ogni nazione e deve riflettere le scelte e le preferenze della relativa comunità. E’ auspicabile adottare un approccio stratificato verso i sistemi pensionistici in
fase di sviluppo, costruito sulle procedure esistenti in molti paesi, per ottenere sistemi previdenziali a sostegno del reddito finanziariamente attuabili, accessibili ed equi.
Accesso universale alle pensioni di vecchiaia Come principio generale tutti i sistemi pensionistici dovrebbero avere lo scopo di fornire, in minima parte, una forma di previdenza di base a sostegno del reddito per tutte le persone anziane, obiettivo raggiungibile con la creazione, o l’espansione laddove già presente, di un fondo base che garantisca un minimo reddito pensionistico. Questo meccanismo universale di assicurazione può essere di tipo contributivo o non-contributivo in base al contesto. Nei paesi dove domina l’impiego formale potrebbe essere sufficiente un solo fondo al fine di assicurarsi una previdenza a sostegno del reddito in vecchiaia e il metodo di finanziamento potrebbe basarsi su contributi connessi al salario, come avviene in molti paesi industrializzati. Nei paesi in cui domina il settore informale o vi coesistono entrambi, il piano pensionistico base dovrebbe essere composto da due elementi: un piano essenzialmente noncontributivo che offra vantaggi minimi finanziati da tasse e, ove fattibile, da contributi da parte di chi può permetterseli; un piano interamente contributivo. In molte situazioni i piani pensionistici non-contributivi risultano accessibili, perfino nei paesi a basso reddito. Un semplice calcolo matematico rivela che abolendo l’estrema povertà in vecchiaia fornendo una pensione equivalente a 1 dollaro al giorno a tutti gli ultrasessantenni costerebbe meno dell’1% del PIL annuo in 66 paesi in via di sviluppo su 100 (ved. Fig. 0.5). Si prevede che per tali paesi i costi di un piano pensionistico base, malgrado l’invecchiamento rapido delle popolazioni, risulteranno essere relativamente moderati entro il 2050. Tuttavia, l’accessibilità a tali piani dipende da quanto è prioritario politicamente garantire una previdenza minima a sostegno del reddito in vecchiaia, a passo con la crescita economica. Inoltre, specialmente nei paesi a basso reddito, sussiste una domanda concorrenziale sulle scarse risorse del governo. Tabella 0,5 Simulazione costi per i paesi in via di sviluppo relativi alle pensioni sociali universali destinate a preservare le persone anziane dall’indigenza estrema, 2005 e 2050
Per esempio, in Camerun, Guatemala, India, Nepal e Pakistan il costo di un piano pensionistico universale di base, come quello delineato poc’anzi, rappresenta il 10% del totale dell’imposta fiscale. In Bangladesh, Burundi, Costa d’Avorio e Myanmar equivale al budget previsto per la salute pubblica. Il metodo di finanziamento del piano pensionistico base necessita di essere determinato in stretta correlazione con il processo di allocazione delle risorse, inclusa l’assistenza allo sviluppo, per altri piani di tipo sociale.
Sostegno dei sistemi pensionistici Gran parte della discussione concernente i sistemi pensionistici si concentra sulla sostenibilità finanziaria dei piani alternativi, in particolare su due tipologie di finanziamento. Uno è il piano PAYG (“pay-as-you-go”), nel quale i contributi pagati dalla corrente generazione di lavoratori sono erogati ai pensionati come sussidi. L’altro è un piano di accantonamento fondi nel quale i sussidi sono finanziati dal capitale e ritornano su contributi precedentemente investiti. Nei dibattiti relativi alla riforma pensionistica è stata spesso messa in discussione la sostenibilità del piano PAYG, poiché più alti indici della
popolazione anziana a carico implicano che meno lavoratori contribuiscono in proporzione al numero dei beneficiari. Le riforme dei sistemi pensionistici di tipo contributivo hanno intrapreso due direzioni: rafforzare i sistemi già esistenti modificandone i parametri basilari (riforme parametriche) e trasformare radicalmente il progetto del sistema (riforme strutturali). Le riforme parametriche sono state attuate in ciascun piano PAYG e sono più diffuse di quelle strutturali. Alcuni paesi hanno introdotto delle misure su entrambe le componenti dei piani, entrate e uscite, per garantirne l’accessibilità e la sostenibilità, e in particolare sono state adottate misure che riguardano l’innalzamento dell’età effettiva di pensionamento. Negli Stati Uniti sarà innalzata a 67 anni entro il 2027 e a partire dal 2009 in Francia il numero degli anni contributivi aumenterà in base alla longevità. Inoltre, alcuni paesi stanno prendendo in considerazione di eliminare gli incentivi fiscali per il prepensionamenti previsti dai loro piani pensionistici, misure che mirano ad affrontare il problema dell’allungamento degli anni di pensionamento quale conseguenza della longevità e dell’accorciarsi della vita lavorativa. In molti paesi il pensionamento posticipato e il prolungarsi dell’attività lavorativa conduce alla lunga a mantenere accessibile il sistema PAYG. Altri paesi si sono concentrati piuttosto sulle riforme strutturali, che negli anni ’80 e ’90 svariati paesi hanno adottato nei loro piani proponendo un pensionamento base e sono passati da un programma PAYG con vantaggi ben definiti a un piano pensionistico contributivo mediante accantonamento. Nel 1980, per esempio, il Regno Unito di Gran Bretagna e dell’Irlanda del Nord hanno in parte realizzato ciò. Il Cile ha adottato un approccio più radicale e ha sostituito il piano PAYG statale con un obbligatorio piano pensionistico mediante accantonamento privato e svariati paesi latino-americani hanno fatto altrettanto. Con questo tipo di piano l’indennizzo in vecchiaia dipende dall’ammontare dei contributi versati e dal ritorno sugli investimenti fatti su tali contributi. Si pensava che a causa della capitalizzazione dei contributi pensionistici tale sistema avrebbe stimolato il risparmio nazionale, nonché la crescita economica. Sebbene il piano mediante accantonamento si è mostrato essere più accessibile, e abbia raggiunto maggiori mercati finanziari, non vi è alcun segno evidente che la sua introduzione sia risultata proficua in termini di risparmio e crescita. Mentre i sistemi mediante accantonamento a capitalizzazione individuale in principio possono essere sostenuti finanziariamente, la trasformazione di un sistema PAYG in sistema mediante accantonamento comporta delle implicazioni negative per le finanze pubbliche, poiché gli obblighi pensionistici assunti col vecchio sistema devono essere tuttavia rispettati, nonostante i contributi vengano incanalati verso quello nuovo. Sebbene l’ampia presenza di buoni del Tesoro nel portafoglio dei fondi pensionistici contribuisca a finanziare questi costi fiscali, l’effetto non è irrilevante in termini macroeconomici, poiché il crescente debito pubblico rischia di intaccare i tassi di interesse e di aumentare di conseguenza i costi fiscali di transizione con implicazioni sugli investimenti privati. Inoltre, con un
piano pensionistico mediante accantonamento presentato come sistema a fondo unico, i rischi economici si spostano totalmente sui pensionati stessi e, fino a quando ciò dipenderà dagli indici di ritorno sugli investimenti pensionistici, non è garantita una completa previdenza a sostegno del reddito per la vecchiaia. È importante sottolineare che questi piani non sono immuni alle pressioni esercitate dalla crescita della popolazione disoccupata. In effetti, molte riforme hanno trascurato il fatto che, indipendentemente dal tipo di meccanismo finanziario adottato, tutti i piani si confrontano con la difficoltà a essere sostenuti. Ogni patrimonio legato alla pensione acquisito dall’attuale forza di lavoro – che sia un patrimonio finanziario, come nel caso del piano pensionistico mediante accantonamento, o da ricevere dallo stato mediante il piano PAYG – rappresenta un diritto di indennizzo futuro, quindi, è necessario attuare una ridistribuzione del reddito tra i pensionati e la popolazione attiva. L’aumento dei rapporti di dipendenza senile comporta il fatto che se si vuole offrire un sistema previdenziale equo a sostegno del reddito è necessario o aumentare i contributi pensionistici devoluti dai lavoratori o stimolare la crescita. Complessivamente, comunque, le dinamiche demografiche non rappresentano un problema irrisolvibile per i piano pensionistici. I sistemi di pensionamento dovrebbero essere progettati su misura in ciascun paese, ma costruiti o riformati su principi base, di cui la sostenibilità finanziaria è solo uno. La solidarietà intergenerazionale e la sufficienza di benefici per offrire una sufficiente previdenza a sostegno del reddito per tutti dovrebbero essere ulteriori principi guida. Infatti, di recente, i processi di riforma pensionistica non si focalizzano più sui piani mediante accantonamento, considerati punto centrale del sistema della previdenziale nazionale e recenti riforme riconoscono la necessità di un approccio stratificato, con alla base un piano di previdenza sociale che garantisca una copertura universale e affronti direttamente i problemi dell’indigenza nella vecchiaia. Promuovere l'assistenza sanitaria e le cure a lungo termine durante la vecchiaia
Invecchiamento e transizione epidemiologica L'invecchiamento demografico si accompagna a una transizione epidemiologica, ossia al fenomeno della riduzione dell'incidenza delle malattie infettive e dell'alta mortalità materna e infantile con l'affermarsi di patologie non trasmissibili, specialmente croniche. I mutamenti demografici e la transizione epidemiologica sono strettamente correlati tra loro. L'età media della popolazione è in aumento a fronte di un declino della fecondità e dell'incidenza delle patologie infettive quali causa di morte. Contemporaneamente, continua ad allungarsi nel tempo la durata della vita di coloro che sono sopravvissuti alle malattie infantili, con la conseguenza che il numero di anziani soggetti a malattie croniche supererà, alla fine, quello dei
giovani, determinando, probabilmente, una maggiore prevalenza di malattie non trasmissibili. Il processo di invecchiamento, quindi, accelera la transizione epidemiologica. Questi fenomeni, già a uno stadio molto avanzato nei paesi industrializzati, stanno facendo la loro comparsa anche nei paesi in via di sviluppo. L'accresciuta longevità è il frutto delle migliori condizioni alimentari e igienicosanitarie, della maggiore cognizione delle condizioni di salute nonché della rapida diffusione della scienza medica e delle sue applicazioni in campo sanitario. Nei paesi industrializzati, l'accresciuta longevità si accompagna a una “compressione della morbilità”, che si sostanzia in un allungamento della vita delle persone e in una contestuale riduzione del numero di anni trascorsi in cattive condizioni di salute. Nei paesi in via di sviluppo, la transizione demografica e quella epidemiologica hanno luogo a un ritmo più accelerato rispetto a quello sperimentato dai paesi industrializzati, a livelli reddituali comparativamente più bassi e con un sistema di protezione sociale molto meno esteso. Questo spiega perché in questi paesi non si sia ancora assistito a una compressione della morbilità. Il risultato che ne consegue è che gli abitanti di questi paesi, che godono di un'aspettativa di vita inferiore a quella dei paesi industrializzati, hanno maggiori probabilità di vivere in cattive condizioni di salute e più a lungo nell'arco della loro vita (vedi diagramma 0.6). Figura O.6.
L’invecchiamento nella maggior parte dei casi non è la causa principale dell'aumento dei costi sanitari L'invecchiamento demografico pone una serie di sfide ai sistemi sanitari nazionali. Nei paesi industrializzati, le preoccupazioni si incentrano sui crescenti costi sanitari e sulla necessità di mantenere l'assistenza sanitaria e
le cure a lungo termine, a favore di una popolazione sempre più anziana, a livelli adeguati e di qualità. La sfida, per molti paesi in via di sviluppo, è più impegnativa a causa del possibile doppio carico di costi sanitari da sostenere. Da una parte, questi paesi devono ancora risolvere molti problemi fondamentali legati alla salute, che interessano importanti settori della popolazione e che includono la mancanza di acqua potabile e di igiene, la malnutrizione, uno scarso accesso a una sana educazione riproduttiva e ai servizi sociali, nonché l'assenza di programmi di profilassi immunitaria. Dall'altra parte, il rapido invecchiamento demografico e il conseguente aumento della domanda di servizi sanitari sottopongono le risorse sanitarie disponibili a ulteriori forti sollecitazioni. L'adeguamento degli attuali sistemi di assistenza sanitaria e di cure a lungo termine ai mutamenti demografici ed epidemiologici in corso è un'impresa impegnativa, ma non certo impossibile. L'analisi contenuta nel presente rapporto, pur riconoscendo il peso che l'invecchiamento demografico esercita sull’aumento dei costi sanitari, esclude che, in alcuni contesti, esso possa essere il fattore trainante più importante. E' difficile fare una proiezione dei costi sanitari sul lungo periodo. Un approccio diffuso, il metodo attuariale, misura l'impatto del cambiamento demografico sulla base dell'andamento corrente dei costi sanitari. Il metodo epidemiologico, invece, tiene conto anche dei mutamenti previsti nei pattern delle patologie, ma viene applicato meno frequentemente a causa della scarsa disponibilità di dati. Nonostante la diversità di approccio, entrambi i metodi giungono alla conclusione che, nella maggior parte dei casi, il solo invecchiamento non sembra essere la causa principale dell'aumento dei costi sanitari. L'impatto demografico sulla spesa sanitaria dei prossimi cinquanta anni corrisponderebbe solo a pochi punti percentuali del PIL. Gli stessi studi, inoltre, dimostrano chiaramente che le spese sanitarie tenderanno, comunque, a crescere come quota del PIL. Altri fattori risultano essere più incisivi nel determinare l'aumento dei costi sanitari, come, ad esempio, il diverso approccio alle cure mediche da parte delle persone, i livelli retributivi più elevati del personale medico, l'inefficienza nell'erogazione dei servizi sanitari, l'introduzione di nuove tecnologie mediche, nonché l'aumento del prezzo dei farmaci e delle polizze sanitarie.
Le sfide per i sistemi di assistenza sanitaria e di cure a lungo termine L'invecchiamento demografico inciderà con tutta probabilità sui sistemi sanitari per altre due ragioni. In primo luogo, l'aumento del numero complessivo di casi di malati cronici e di soggetti affetti da disabilità richiederà l’apporto di nuove competenze specialistiche da parte dei professionisti e degli operatori sanitari. Questo rappresenta una grossa sfida per i paesi in via di sviluppo caratterizzati da una popolazione in rapido invecchiamento. La spesa sanitaria corrente pro capite, destinata agli anziani, tende a essere
relativamente bassa nei paesi in via di sviluppo (specialmente se paragonata a quella dei paesi industrializzati) e, generalmente, non si discosta molto dalla spesa media destinata ad altri gruppi d'età presenti in quelle società (diversamente da quanto avviene nei paesi industrializzati). Questa situazione è in parte il riflesso della carenza di assistenza infermieristica, di cure palliative e di terapie mediche intensive che di solito sono maggiormente disponibili per gli anziani dei paesi industrializzati. In secondo luogo, vi è la preoccupazione di come poter fornire cure a lungo termine a coloro che sono affetti da malattie irreversibili. La sfida consiste nel trovare soluzioni che tutelino la dignità e l'autonomia di coloro che necessitano di assistenza, consentendo loro di soggiornare in un ambiente familiare. La struttura tradizionale della famiglia e il ruolo delle donne, da sempre il perno principale dell'assistenza informale agli anziani, stanno cambiando e il numero di figli per famiglia sta diminuendo nella maggior parte del mondo, con il risultato che sarà sempre più difficile per molti paesi in via di sviluppo mantenere gli attuali modelli organizzativi di assistenza informale a lungo termine.
Adeguamento delle politiche sanitarie L'invecchiamento demografico condizionerà sicuramente la spesa sanitaria senza necessariamente, in futuro, intaccare, in modo insostenibile, elevate percentuali di reddito nazionale. La composizione della spesa sanitaria potrebbe rimanere sostanzialmente invariata, data la crescente importanza attribuita ai servizi medici e di assistenza prolungata. D'altra parte, però, sarebbe auspicabile che i decisori politici, sia dei paesi industrializzati che di quelli in via di sviluppo, prendessero in considerazione strategie di intervento mirate alla prevenzione e all'educazione alla salute, disincentivando il fumo e l'alcol e incoraggiando l'esercizio fisico per ridurre l'obesità. Queste misure potrebbero ridurre il rischio dell'insorgenza in età avanzata di malattie croniche, come il cancro, il diabete e le malattie cardiovascolari. Un'altra priorità dovrebbe essere la terapia riabilitativa nelle malattie croniche. Il contenimento dei crescenti costi sanitari, associati all'invecchiamento demografico, può essere raggiunto grazie a tali interventi per il contributo che essi possono fornire nel rallentare l'evoluzione della malattia e della disabilità.
Adeguatezza del personale sanitario Uno dei problemi più pressanti, che riguarda sia i paesi industrializzati che quelli in via di sviluppo, è rappresentato dalla disponibilità di personale medico qualificato. Nei paesi in via di sviluppo, specialmente in quelli a basso reddito, la carenza di operatori sanitari qualificati è già evidente e peggiorerà nel
momento in cui il fenomeno del doppio carico di malattia diventerà più incalzante. Questi paesi avranno, inoltre, bisogno di un numero maggiore di figure professionali nel campo delle patologie croniche. Anche nei paesi industrializzati c'è una crescente domanda di personale ospedaliero specializzato e di strutture di lungodegenza, come risposta a una popolazione che diventa sempre più vecchia. Questa maggiore domanda ha già provocato una notevole fuga di operatori medici qualificati dai paesi in via di sviluppo. Emblematico è l'esempio delle numerose schiere di infermieri che, dopo aver concluso la loro formazione professionale nei Caraibi, si sono trasferiti in Canada, negli Stati Uniti e nel Regno Unito, contribuendo a innalzare al 42,4% il tasso medio di posti vacanti in otto dei paesi dei Caraibi per i quali sono disponibili i dati. Il soddisfacimento dei bisogni dei paesi con il doppio carico sanitario richiederà l'intervento di politiche dirette a incrementare le risorse disponibili per la formazione del personale medico e l'introduzione di incentivi, finalizzati ad attrarre un numero maggiore di lavoratori verso il settore dell'assistenza sanitaria e delle cure a lungo termine, in risposta alla domanda indotta dal fenomeno dell'invecchiamento demografico.
Necessità crescente di cure domiciliari a lungo termine Nei paesi industrializzati, il bisogno di assistenza a lungo termine deriva principalmente dal fenomeno dell’invecchiamento demografico. Un'importanza maggiore viene, attualmente, attribuita al servizio delle cure domiciliari come parte di un continuum di tipologie e livelli diversi di assistenza, come previsto dal Piano di Azione Internazionale sull'Invecchiamento di Madrid. L'assistenza domiciliare è attualmente sostenuta attraverso l'erogazione di una serie di incentivi finanziari e una rete variegata di servizi sanitari e assistenziali. Nei paesi in via di sviluppo, al contrario, l'invecchiamento non è che uno dei fattori che alimenta il fabbisogno crescente di cure a lungo termine. Il declino dell'importanza della famiglia estesa, in molti paesi in via di sviluppo, sta rendendo sempre più difficile poter fare affidamento in modo esclusivo su questa forma non istituzionalizzata di assistenza. La velocità di questo cambiamento varia da stato a stato, ma molti governi dovranno prendere in esame delle politiche che favoriscano la creazione di servizi di assistenza a lungo termine più formali, da affiancare alla famiglia attuale, o l'assistenza comunitaria a favore degli anziani.
Verso nuovi sviluppi Il Rapporto si occupa delle problematiche indotte dall'invecchiamento demografico e dai mutamenti nello stile di vita, con riguardo alla promozione
della crescita economica, della previdenza a sostegno del reddito a favore di tutti gli anziani, nonchè della salute e del benessere in età avanzata. Il Rapporto mette in evidenza l'importanza di queste sfide ma sottolinea che esse possono essere vinte attraverso politiche ben mirate e senza gravare eccessivamente sulle risorse disponibili. Un principio fondamentale di queste politiche è il pieno riconoscimento del contributo potenziale che gli anziani possono dare alla società. Sebbene il Piano d'Azione Internazionale sull'Invecchiamento di Madrid fornisca indicazioni per integrare la discussione dell'invecchiamento demografico nel dibattito internazionale sullo sviluppo e per l'implementazione delle politiche nazionali allo scopo di creare una società per tutte le età, è necessario, tuttavia, che i governi e la comunità internazionale moltiplichino gli sforzi per inserire la questione dell'invecchiamento nell'agenda internazionale sullo sviluppo. Nei paesi in cui manca un sistema pensionistico di base la povertà tra gli anziani tende a essere più elevata rispetto ad altri gruppi d'età, sarebbe opportuno che le politiche rivolte a migliorare la previdenza a sostegno del reddito a favore degli anziani comprendessero anche delle strategie per ridurre la povertà. Le politiche per l'occupazione dovrebbero concentrarsi sul miglioramento delle condizioni di lavoro e delle opportunità di impiego dei lavoratori più anziani, non solo allo scopo di accrescere le opportunità di una loro piena integrazione nella società, ma anche per sostenere il sistema pensionistico. Le politiche in materia di salute dovrebbero occuparsi in modo chiaro del doppio carico che grava su molti paesi in via di sviluppo. Questi paesi stanno ancora affrontando il problema del raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio, come la riduzione della mortalità materna e infantile e, allo stesso tempo, stanno apportando degli aggiustamenti ai loro sistemi sanitari per soddisfare i bisogni di una popolazione sempre più vecchia. La violenza contro gli anziani e la discriminazione basata sull'età sono problemi sperimentati da molti paesi. E' necessaria un'azione che ponga rimedio a queste tendenze negative e che promuova l'autonomia degli anziani, autonomia che è essenziale per assicurare loro la piena partecipazione nella società così come stabilito dal Piano d’Azione di Madrid. Inserire la questione dell'invecchiamento nell'agenda internazionale sullo sviluppo è cruciale al fine della realizzazione degli obiettivi identificati nel Piano d'Azione di Madrid. La creazione, come auspicato, di “una società per tutte le età” richiede non solo una salda collaborazione internazionale, per promuovere gli impegni assunti in quella sede, ma anche una collaborazione nazionale più approfondita a tutti i livelli di governo, della società civile, del settore privato e delle organizzazioni a favore degli anziani, allo scopo di mettere in pratica il Piano d’Azione.
José Antonio Ocampo Sottosegretario Generale
per gli Affari economici e sociali Maggio 2007.
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