La via speciale S.Natale 2016

Page 1

LA VIA

Speciale S. Natale 2016

BELLEZZA

tanto antica e sempre nuova


SOMMARIO 3.

Editoriale: Si salvi chi vuole

don Umberto

4.

Pietre vive: la bellezza dei mosaici

Marilisa Ghedini

5.

La bellezza, vita stessa della Chiesa

6.

Educare alla bellezza

Chiara Gamba

Non è bello ciò che è bello, ma che bello che bello che bello

Gabriele Ziliani

La vera bellezza nel vestire è avere personalità

Giulia Sarsi

L’ amore realizzato è la bellezza

Erika Negroni

7. 8-9. 10-11. 12.

Alla ricerca di un nuovo umanesimo, incontro con Carlo Petrini

13.

Cucinelli: la bellezza salverà il mondo

Davide Narcisi

14.

Nascosta ma presente

don Umberto

15.

La nostra pagina della cultura : un libro, un film, un teatro.


SI SALVI CHI VUOLE Don Umberto

La bellezza è salvifica. Per questo è un tema pertinente al Natale. Celebrare il Natale per i cristiani significa infatti celebrare l’inizio della salvezza. È così che l’angelo Gabriele spiega a Giuseppe il perché del nome Gesù: “egli salverà il suo popolo dai suoi peccati”. C’è bisogno di salvezza; lo sentiamo, lo avvertiamo. E tanti si propongono come salvatori. Ma io ripenso a quella domanda che Dostoevskij, nel suo romanzo L’idiota, pone sulle labbra dell’ateo Ippolit al principe Myskin: “E’ vero, principe, che voi diceste un giorno che il mondo lo salverà la bellezza? Signori – gridò forte a tutti – il principe afferma che il mondo sarà salvato dalla bellezza … Quale bellezza salverà il mondo?” Ecco la domanda. Da quale bellezza saremo salvati? Il principe rimase in silenzio, ma era accanto,con infinita compassione, ad un giovane che stava morendo di tisi a diciotto anni … È la bellezza dell’Amore, silenzioso e senza parole, l’unica che può salvarci. Ma essa si nutre, e si espande in tutte le altre forme con le quali la bellezza si rivela. A Dostoevskij fa eco un altro grande scrittore

russo Solzenicyn che disse: “Il mondo moderno, che sta minando il grande albero dell’essere, ha spezzato i rami del vero e del bene. Rimane solo il ramo della bellezza e ad esso solo tocca ricevere ora tutta la linfa dal tronco”. Alla bellezza quindi si è ancora sensibili. Così come alle sue sfaccettature. Ad alcune di esse vogliamo dedicare questo numero speciale della via di Natale. La bellezza così come ne parla la Bibbia; la bellezza nell’arte; la bellezza estetica nella moda; la bellezza nella cultura; la bellezza come principio educativo; e infine una riflessione più profonda: se sia possibile una bellezza oggettiva, universale, evidente a tutti. Forse è un numero un po’ pretenzioso,

“Più cresce in te l’amore più cresce la bellezza perché la carità è la bellezza dell’anima” (S. Agostino)

ma certamente non banale. È un piccolo tentativo di portare lo sguardo su quella bellezza che genera fiducia, slancio, creatività. C’è in giro troppa negazione della bellezza. Non in senso estetico ma morale. È la mediocrità e l’ignoranza che avanzano; il calcolo egoistico che prende il posto della generosità, l’abitudine ripetitiva e vuota che inaridisce la novità del cuore e della vita. Siamo chiamati tutti ad irradiare bellezza. Ma per farlo abbiamo bisogno di contemplarla e di sentirla viva intorno a noi. L’augurio di questo Natale è che ciascuno possa trovare quella bellezza da cui essere salvato.

Beato Angelico, Annunciazione (1440 ca.), affresco -3-


PIETRE VIVE La bellezza dei mosaici

Quando si parla di bellezza ci si puó riferire ad ambiti differenti della cultura e della vita, si perchè bello puó essere un film, un quadro, una parola detta con una voce calda e rassicurante, il sorriso di un bambino, la stretta di mano con qualcuno che ha rischiato la vita ma c’è l’ha fatta. Insomma ciò che é bello trova il suo fondamento nell’amore, nella ricerca di una verità e nella passione che ci si mette per farla emergere. Giovanni Paolo II nel 1999 nella lettera agli artisti dice “La bellezza è in un certo senso l’espressione visibile del bene, come il bene è la condizione metafisica della bellezza”, e poi evidenzia l’importanza dello stupore che genera un entusiasmo che puó diventare via d’uscita nei momenti difficili della vita ed apertura verso il futuro. All’inizio del mese di dicembre si sono vissuti due momenti, rivolti appunto al futuro, che hanno coinvolto la nostra

comunità per prepararci alla edificazione della nuova chiesa. Il 5 dicembre abbiamo incontrato padre Marko Rupnik, l’8 dicembre invece i ragazzi della cresima hanno fatto una uscita a Bologna per vedere San Luca e la chiesa del Corpus Domini decorata da Rupnik. Ha stupito gli accompagnatori vedere con quanta attenzione, silenzio e curiosità i ragazzi della cresima si siano approcciati ai mosaici, e alla loro età si sa che hanno ben altri interessi, ma i loro sguardi sono stati catturati dalle pietre, dalle immagini, dall’oro e scoprire che la loro nuova chiesa sarà molto simile li ha invogliati a stare nella chiesa che nascerà. Questa è la prova di quanto sia potente ció che é bello, non ha bisogno di tante parole, è evidente già al primo sguardo, genera stupore e meraviglia. La Bellezza ha questo potere perché è in grado di trasfigurare la realtà e di trasformare le nostre vite, i nostri

Maria Elisa Ghedini

fallimenti, i nostri peccati grazie alla presenza dello Spirito Santo che opera nelle pietre ma anche nei nostri cuori. Questo è anche il cuore dell’intervento di padre Marko che ha parlato in teatro del significato simbolico dell’edificio della chiesa, mettendo al centro il tema del passaggio dalla realtà umana a quella divina, dal peccato al perdono, dalla morte alla vita eterna. È in questo passaggio che noi scorgiamo la bellezza di un Dio che trasfigura le nostre vite ma anche di un artista che si lascia guidare dalla preghiera e dallo Spirito di Dio per trasfigurare la materia e farla così diventare strumento di incontro e conversione. Le pietre sono uniche e pregiate, come unica e pregiata è la vita di ogni uomo che è amato da Dio per ciò che è, ma può anche essere trasformato grazie all’incontro con l’amore del Padre che passa attraverso la bellezza che é per tutti e in tutti.

immagini: mosaici di padre Marko Rupnik presso la chiesa Corpus Domini di Bologna -4-


LA BELLEZZA, VITA STESSA DELLA CHIESA "Non è giunto forse il tempo in cui siamo chiamati a costruire delle chiese nelle quali si articoli in modo sensibile, attraverso l’architettura e l’arte, la grande memoria, la sapienza e la vita spirituale della Chiesa che accoglie in ogni tempo chi varca la sua soglia?" Un breve e umile viaggio nel pensiero di Padre Marko Rupnik sulla “via della bellezza”, alla luce del suo incontro con la nostra comunità lo scorso 5 dicembre e di brevi estratti della sua pubblicazione “L’autoritratto della Chiesa”. UNA CHIESA BELLA, CHE FACCIA INNAMORARE. Le pareti degli edifici religiosi sono sempre stati il telo sul quale la Chiesa ha dipinto il suo autoritratto. Tuttavia, oggi non è affatto scontato il rapporto tra l’arte, ormai sganciata dal concetto di bellezza, e la spiritualità, sempre più svincolata dallo Spirito Santo. “Se il presbiterio – ha sottolineato padre Rupnik – è praticamente l’unica cosa religiosa che ci è rimasta, la possibilità che si delinea è aprirlo agli artisti perché diventi non un generico luogo di espressione, ma lo spazio di un’arte purificata per una Chiesa capace di non escludere nessuno”. Una Chiesa che rivendica e rivaluta il vero valore della bellezza: “Ci hanno inchiodato sull’etica e sulla morale, sul bene, ma una Chiesa brava non attira nessuno, perché è solo una Chiesa bella che fa innamorare. La bellezza è la carne del bene e del vero, ed è questa la cosa davvero straordinaria”. Un bene, per essere veramente tale, ha bisogno di manifestarsi come bellezza, che emerge anche dai ricordi del gesuita: “Mio padre, anche se non era un padre della Chiesa, mi diceva sempre che se è vero quello che qualcuno ti vuole dire, lo si vedrà dal fatto che te lo dirà con amore e, quando te lo dirà, sperimenterai un rapporto bello con quella persona. Se, affermando una cosa, non facciamo trasparire la bellezza di

un rapporto, ciò che diciamo è frutto di una passione, di un’ideologia e non esprime la verità”. IL MONDO HA BISOGNO DI CHIESE (PER SPERARE IN UN FUTURO). “Qualcuno obietta che non si dovrebbe costruire perché fuori ci sono molti bisogni. Invece stiamo costruendo proprio perché ci sono grandi bisogni nel mondo. Ma se non sappiamo offrire nulla a Dio come pensiamo di poterlo offrire agli uomini?” Parole che spazzano via le sterili polemiche che accompagnano la nascita di ogni chiesa, soprattutto in tempi di difficoltà economiche: “Le chiese più straordinarie si sono costruite nei momenti più difficili”. E così sorgerà pure quella di Roveleto, intitolata a Santa Teresa Benedetta della Croce: “A terra sarà collocata la croce, rigida e geometrica a simboleggiare la morte - ha spiegato il gesuita -ma non poggerà direttamente sulla terra, sarà posta sopra una costruzione ovoidale, immagine organica che richiama la vita. Da fuori si vedranno morte e vita che si incontrano”. L’ARCHITETTURA SERVE A CRISTO. Ma come costruire una chiesa? Quali le regole architettoniche per creare lo spazio liturgico? Tutti quesiti affrontati -5-

dal teologo-artista alla luce di Cristo e lontano da ogni velleità di perfezione dove “è la liturgia che determina gli spazi, l’architettura serve a Cristo”. Al centro di tutto l’Eucarestia, che trasfigura tutte le cose e fa entrare in creazione nuova: “Quando varchiamo la porta di una chiesa deserta, le pareti e i muri devono continuare a celebrare, le pareti di una chiesa sono autoritratto della Chiesa stessa”, ha aggiunto il gesuita. “Dove apprendiamo la mentalità cristiana oggi? Sui libri di teologia forse, ma non in tante nostre chiese”. Ma basta buttare lo sguardo al passato per cogliere l’essenza dello spazio liturgico; “non alle chiese del ‘500 e ‘600, ma al modo in cui i primi cristiani hanno creato la liturgia”, ha precisato l’artista. Tempo in cui i cristiani passarono dalla celebrazione dell’Eucarestia in casa a quella nello spazio pubblico e il fulcro era l’Eucarestia stessa. “L’Eucarestia non è un celebrare nostalgico, ma una memoria del futuro - ha chiarito l’artista -; è l’ingresso nella casa del Padre. L’Eucaristia trasforma ed è la realizzazione della Chiesa”. Una Chiesa che oggi non ha più il volto delle imponenti basiliche del passato, ma quello del popolo cristiano: “Chiesa come casa di Dio? - ha interrogato padre Rupnik i presenti lo scorso 5 dicembre - No, come affermava San Giovanni Crisostomo, Chiesa come casa degli uomini”.


EDUCARE ALLA BELLEZZA Una sfida per il nuovo millennio Tutti gli uomini sono attratti dalla bellezza, tutti provano piacere alla vista di un bel paesaggio e sono istintivamente respinti da certe periferie industriali grigie e degradate; tutti si inteneriscono di fronte alla bellezza aggraziata di un cucciolo o di un bimbo; tutti ammirano una bella donna o un bell’uomo, un quadro di Botticelli o una statua di Michelangelo. La bellezza attira perchè procura piacere ai nostri sensi, è qualcosa di naturale. Perchè allora parliamo della necessità di educare alla bellezza? Se è qualcosa di naturale che bisogno c’è di educare? E perchè riteniamo compito dei genitori e della scuola questo tipo di educazione? Io come insegnante lo considero uno dei fini più alti del mio lavoro per almeno due motivi. In primo luogo perchè la bellezza non è sempre immediatamente riconoscibile: se tutti possono restare incantati di fronte al quadro di Botticelli, non tutti riescono a vedere la bellezza di un quadro astratto di un pittore del Novecento, o la bellezza di uno sguardo celato dietro un corpo dalle forme poco armoniose, o la bellezza di una formula matematica che in una sintesi folgorante spiega i meccanismi profondi della natura o di un’idea filosofica che cerca di dare risposta ad interrogativi profondi . A riconoscere queste forme di bellezza l’istinto non basta, ci vogliono guide, metodo, studio … In secondo luogo perchè, se la contemplazione della bellezza istintivamente procura piacere, la sua comprensione più profonda eleva la mente e l’anima, ispira cose grandi, genera la virtù. La contemplazione del bello della natura porta, come San Francesco, a lodarne il Creatore, la comprensione della Bellezza più profonda e vera guida a porsi domande sul senso profondo delle cose. Filosofi e pensatori nei secoli hanno, in modi diversi, sottolineato il profondo legame tra il bello,il vero e il bene. Ma anche in tempi recenti, un giornalista concreto e ben lontano dalle speculazioni astratte dei filosofi come Peppino Impastato l’ha scritto: “Se si insegnasse la bellezza alla gente, la si fornirebbe di un’arma contro la rassegnazione, la paura e l’omertà. (…) È per questo che bisognerebbe educare la gente alla bellezza: perché in

uomini e donne non si insinui più l’abitudine e la rassegnazione ma rimangano sempre vivi la curiosità e lo stupore“. Ma per passare dal semplice godimento estetico all’amore per la verità e la giustizia non basta l’istinto. Ci vogliono buoni maestri e tanto impegno. Insegnare letteratura in un liceo vuol dire confrontarsi ogni giorno con la bellezza: la bellezza di pagine immortali, capaci di emozionare, commuovere, sconvolgere, indignare; la bellezza di parole che in un istante rivelano un’anima, una situazione; l’armonia musicale di un verso, la capacità di evocare un’immagine che si schiude nella mente con tutti i suoi colori; la bellezza intellettuale di idee strordinarie e potenti capaci di cambiare il mondo … Ma vuol dire anche confrontarsi con adolescenti spesso apparentemente refrattari e annoiati, a volte ribelli, sempre impegnati in un un processo di crescita che li rende irrequieti e distratti . A loro interessa “piacere” agli amici, al ragazzo o alla ragazza di cui sono in quel momento innamorati; vogliono sentirsi ed essere riconosciuti grandi; i loro problemi, nel migliore dei casi, sono i rapporti con i genitori e con i coetanei, la fatica di crescere. Come coinvolgerli? Come entusiasmarli? E vuol dire anche confrontarsi con i nostri limiti e la nostra fatica. Ogni ora di lezione dovrebbe essere un’ora preparata e vissuta con amore appassionato sia per loro, i nostri ragazzi, sia per gli argomenti di cui parliamo. Ma non è sempre così, spesso siamo stanchi, affannati, preoccupati per mille cose; nel migliore dei casi di ore di lezione dobbiamo prepararne quattro – cinque ogni mattina. E le nostre lezioni risultano noiose e poco significative. E vuol dire soprattutto confrontarsi con un contesto sociale e culturale in cui alla bellezza, nonostante le apparenze, non si dà grande importanza. Bisogna affrontare ostacoli ardui da superare. Il primo è la diffusa mentalità utilitaristica, per cui conta solo ciò che serve concretamente, a trovare un lavoro, a fare soldi, ad avere successo. “Prof. ma a cosa ci serve studiare la letteratura?” E’ la domanda più frequente con cui dobbiamo fare i conti. Per non parlare del la-6-

Chiara Gamba tino o del greco, lingue “bellissime”, con letterature che sono il fondamento della nostra cultura, ma oggettivamente di scarsa utilità nel mercato del lavoro di oggi. Il secondo ostacolo è rappresentato dalla superficialità dilagante. I ragazzi, come tutti noi, sono abituati a “navigare”, non sono abituati a fare immersioni in “profondità” per inseguire una bellezza che illuminerebbe la vita ma va ricercata con fatica. La bellezza che inseguono loro, come tanti, è quella effimera ma sfavillante e seducente del mondo dello spettacolo, quello delle modelle o delle attrici, quella dei calciatori dai fisici palestrati Il terzo ostacolo è la volgarità diffusa, nel linguaggio, nelle immagini, anche nei suoni sguaiati o assordanti di molti contesti in cui vivono. Un ultimo ostacolo ancora è rappresentato dal nichilismo, la tendenza a non dare valore a nulla, perchè niente conta o vale per chi a 15-16 anni crede di aver già provato tutto o avuto tutto ed è annoiato di tutto. Educarli alla “Bellezza” non è facile, quindi, ma non è impossibile, perchè se ben sollecitati quasi tutti i ragazzi riescono ad appassionarsi e ad emozionarsi davanti al Bello. Quando leggo in classe pagine di grandi scrittori si crea un silenzio irreale, si percepisce un’attenzione densa di curiosità e di emozione. E i ragazzi partecipano, lasciandosi trascinare dalle parole che diventano veicolo di sentimenti e suscitano ammirazione e riflessione. Quando ci si reca in museo o si visitano monumenti e i ragazzi riconoscono opera già studiate , spesso li ho visti entusiasmarsi, non solo di fronte alla bellezza esteriore di ciò che guardano ma perchè comprendono l’idea che sta dietro l’opera. La cupola del Brunelleschi non è solo bella nella forma ma è bella in quanto realizzazione di un’idea straordinaria. I ragazzi, a cui sono stati forniti gli strumenti culturali necessari, lo capiscono e si commuovono. Educare alla “Bellezza” è quindi una sfida difficile e impegnativa ma necessaria: il nostro tempo ha un disperato bisogno di giovani capaci di vedere il bello e disposti ad impegnarsi seriamente per rendere un po’ più “bella” la loro vita e il mondo in cui vivono.


N O N E ’ B E L LO C I O ’ C H E E ’ B E L LO ma che bello che bello che bello

Gabriele Ziliani

Riflessione sulla bellezza da Nino Frassica ad Anna Frank. Ci piace dare ascolto a Umberto Eco. pensiero razionale, della creazione di avere uno sguardo davvero cattolico, Impariamo da lui che bello è ciò che ci sistemi filosofici e politici perfettamen- cioè universale, sulle cose. La bellezza e piace, ma senza che da esso ci debba ve- te organizzati. Così nella loro mente e il concetto che si ha di essa dipendono nire un vantaggio. Bello e buono sono ai loro occhi bello è ciò che riflette nel- certamente dall’ occhio di chi guarda. due concetti che si intersecano, ma noi le forme l’ordine e la misura. Lo sono Ma l’occhio è per così dire il diaframparliamo di bellezza quando godiamo le proporzioni delle essenziali colonne ma, lo schermo, sul quale vengono in qualcosa per quello che è senza voler- dei templi dorici o le loro sculture, es- contatto e si incontrano il mondo filo possedere e senza doverlo per forza seri umani o dei dalle fattezze immobi- sico, esteriore e il nostro mondo più desiderare. Pensiamo a un tramonto li ed equilibrate, pronti ad affrontare il profondo, interiore. Penso che questo che ci si offre in tutto il suo splendore mondo con la forza delle idee. possa riconoscere la bellezza di quello o a un famoso affresco, per perché in entrambi, nel creavedere il quale facciamo un to e nel nostro cuore, c’è l’imlungo viaggio. In entrambi i pronta della Bellezza Somma. casi traiamo un godimento La natura, l’arte, i volti, le cose senza possedere o desiderasono belli perché Dio è bello. re di possedere il tramonto o E noi lo apprezziamo perché il capolavoro. anche noi abbiamo la stessa E se guardiamo a questo suo origine. Ciò non avviene in aspetto per così dire disinmodo monolitico ed ha milteressato la Bellezza ci è già le sfaccettature, come d’altra simpatica! Tutti cerchiamo parte tutto ciò che riguarda la sempre ciò che ci è utile, e profondità dell’uomo. Per noi spesso spasimiamo per averquesta varietà non è relativilo. Invece è bello qualcosa smo, ma ricchezza di Dio e liche, se fosse nostro, ci ralbertà dell’uomo. legrerebbe, ma che rimane E il triplice “che bello!” di Frastale anche se appartiene a sica non ci dice che il bello non Monreale Cattedrale. qualcun altro. esiste perché ognuno lo vede Però molteplici e diverse La creazione degli astri, mosaico (XII secolo) - particolare diversamente, ma ci grida delsono le idee di ciò che è bella stupenda ricchezza e varietà lo. Epoche e culture diverse hanno rite- Duemilaquattrocento anni dopo, l’arte del Creato e della capacità dell’uomo nuto belle cose completamente diverse. del 900 registra lo smarrimento e il di- di meravigliarsene, di apprezzarlo e di E’ il concetto di fluidità della bellezza, sincanto dell’uomo moderno e, stanca farne entrare la bellezza dentro di sé. così ben sintetizzato nell’ aforisma del del troppo perfetto che è diventato le- Certo la capacità di “vedere” la bellezza titolo. Il triplice “che bello!” sembra zioso, torna a trovare belle le forme tal- è un dono che si possiede, ma si può detto da tre, da cento, da mille persone volta sgraziate dell’arte primitiva per- anche educare e sviluppare. E si tratta diverse, che ci dicono nel tempo e nello ché vi coglie un fremito espressivo più di un circolo virtuoso. La bellezza che spazio che il bello è relativo all’ occhio vero, meno costruito e più “spirituale”. entra in noi attraverso gli occhi ci rendi chi guarda e che non esiste la bellez- Fino ad arrivare, poi a ritenere belli co- de migliori e ci aiuta a notare di più il za assoluta. lori pure e forme astratte, che riescono bello che c’è nel mondo e a scoprire più Ed effettivamente sempre nei secoli è a “toccare” corde profonde della nostra bella la vita. cambiato il concetto di bellezza. Fac- psiche o della nostra anima, come ben Lo aveva ben capito la piccola ragazza ciamo solo due esempi. ci spiega Kandinsky nel suo Lo spiri- ebrea di Amsterdam, Anna Frank. SpeI greci, dopo aver vissuto i secoli delle tuale nell’arte. rimenta le peggiori prove e brutture passioni primordiali e della sottomis- Quindi esistono mille bellezze che si della vita, ma ripete a se stessa e consione alle dure leggi della violenza de- negano a vicenda e per ciò stesso la segna a noi questa stilla, chiedendoci gli uomini e della necessità del destino, vera bellezza non esiste? Non proprio. di ricordarla: “Pensa a tutta la bellezza hanno sperimentato la grandezza del Noi cristiani siamo fortunati. Possiamo ancora intorno a te e sii felice”. -7-


LA VERA BELLEZZA NEL VES “A t u p e r t u c o n S i l v i a M o n t i c e l l i , Collegare moda e bellezza risulta a tutti immediato e spontaneo: il mondo della moda cerca di esaltare la bellezza in tutte le sue forme ma anche di far conoscere aspetti e sfaccettature prima mai visti e spesso al limite dell’assurdo. Non tutto ciò che viene proposto ci piace, certo, ognuno usa la propria soggettività per giudicare e per scegliere il capo di abbigliamento che preferisce indossare e che sente più vicino alla propria persona, ed usa la stessa soggettività per dare una propria definizione di bellezza. Proprio per questo, parlare dell’argomento può risultare difficile ed il timore è quello di cadere nella banalità. Abbiamo tentato di affrontare l’argomento con Silvia Monticelli, membro attivo della nostra comunità grazie all’importante servizio che svolge per l’associazione Semi di Lino e nel mondo della moda da quasi 30 anni.

Cosa si intende per bellezza nella moda? Fornire una risposta a questa domanda è difficile perché si rischia di cadere nel banale, ma soprattutto perché credo non esista un’unica risposta. In quasi 30 anni di lavoro ho capito che la bellezza non è mai insita in un capo, ma ha a che fare con i sensi, con il proprio io. Per questo la bellezza di un abito è soggettiva, qualsiasi abito può essere bello se ci fa sentire bene o solo per come ci fa apparire agli occhi degli altri. Ti è mai capitato di vedere un abito indossato da una persona e pensare che non ti piaccia e poi vedere lo stesso

Cosa ti ha portato a lavorare nel mondo della moda? La moda è stata inizialmente solo un mezzo per avere una vita indipendente, successivamente ho capito quanto mi appassionasse questo mondo. A 22 anni ho lasciato l’università e sono andata a lavorare da una nota stilista di Milano, Luisa Beccaria, la quale cercava semplicemente una commessa. In breve tempo riuscii a diventare responsabile della produzione e la mia esperienza si rivelò così più importante e formativa. Dopo circa 3 anni, cambiai ambito per inserirmi nello staff del commerciale di uno show room di Milano, e iniziai da lì quel percorso che continuo ancora oggi. Da 18 anni ho a Milano con una socia un mio show-room da cui produciamo e distribuiamo abbigliamento donna in Italia e all’estero.

capo indossato da qualcun altro e scoprirne la bellezza? In realtà per te in quel momento non è bello il vestito in sé, ma è bello il sentimento che ti crea. La bellezza crea uno stato d’animo positivo, la bellezza è sempre legata alla personalità: la vera bellezza nel vestire è conoscere sé stessi, anche se qualcuno crede che sia il vestito a dare personalità. Ciò che indossi è come tu ti presenti al mondo e lo stile scelto cambia con il cambiare della tua persona e degli stati d’animo che vivi in quel momento. -8-

Tutti noi abbiamo nei nostri armadi capi che fino a poco tempo prima ci piacevano tantissimo e che poi improvvisamente non ci sentiamo più di indossare, semplicemente perché non ci rappresentano più. Possono ricordarci un certo momento della nostra vita creando sentimenti positivi, ma non possiamo più indossarli perché ci sentiamo e siamo diversi. La bellezza nel vestire non è coerenza, non è noia, è semplicemente un insieme di elementi che creano armonia con la nostra persona. La moda vuole indirizzare ad un certo concetto di bellezza, vuole imporre uno stile? La moda lancia delle tendenze certamente, ma lascia comunque la libertà di scelta. Se guardiamo le collezioni che ogni stagione ci vengono proposte abbiamo ampia scelta, possiamo avvicinarci al genere che più ci rappresenta. Nelle fiere di settore a cui partecipo a Milano e a Parigi gli stili e le tendenze proposte ogni stagione sono molteplici, si va dal minimal all’etnico, dal rock agli anni ’70 o ’80, e mi capita spesso di trovare la bellezza in capi imprevisti, a volte assurdi o imperfetti e per questo molto più interessanti. Oggi la moda tende ad offrire veramente tutto e forse troppo, siamo arrivati ad un eccesso di produzione. Solo in Italia ci sono migliaia di negozi di abbigliamento di tutti i livelli pienissimi di merce, e a volte mi chiedo se nelle nostre città ci siano sufficienti persone per comprare ed indossare questa quantità enorme di vestiti. Mi dici questa cosa con tono dispiaciuto e anche un po’ infastidito, dico bene? Si, questa affermazione aprirebbe temi


T I R E E ’ AV E R E P E R S O N A L I TA’ il mondo della moda visto dal di dentro” molto più grandi da affrontare come quello del consumismo, ma sintetizzando il mio pensiero posso dire che ormai la grande distribuzione non è più interessata a creare il vestito bello, che duri, che sia di buona fattura, oggi ciò che importa è vendere grandi quantità di merce. Basta riflettere sul fatto che anche i più grandi marchi, a parte poche eccezioni, non sono più guidati da creativi ma da finanziarie.

che le faccia sentire bene?

Ognuno è un individuo e deve vestirsi come si sente. C’è chi si sente di cambiare continuamente e chi no, entrambi gli atteggiamenti possono essere corretti, non sempre il continuo cambiamento rispecchia poca personalità. Per me l’importante è guardarsi allo specchio e riconoscere sé stessi, ma capire chi siamo richiede anni e anni. A chi di noi non è mai successo nella sua vita di aver trovato rassicurazione in un vestito solo per piacere a qualcuno, Come ti comporti da produttrice ri- per essere accettati o per dimostrare spetto a questa cosa? chi eravamo a chi avevamo vicino? Ma la vita è cambiamento, anche con Questo esubero di offerta, in un mo- tutte le sue problematiche, quindi la mento già economicamente difficile a continua ricerca di qualcosa che ci faclivello globale, ha contribuito a porta- cia sentire bene è per me stimolante e re anche nel mio settore una profonda divertente. crisi. Ovviamente da produttrice ho l’esigenza di vendere, ma sono convinta Credi di avere una idea ben chiara di che possa essere fatto in modo etico. cosa significhi per te bellezza? Nel mio piccolo questo significa produrre rispettando chi lavora per me, Oggi ho un’idea ben chiara, ma domascegliendo materie prime prodotte adeguatamente, di conseguenza rispettando il mio cliente finale. Tutto questo può incidere nel breve termine su quantità e guadagni, ma abbiamo riscontrato che a lungo termine paga sempre. Quando hai fornito la tua definizione di bellezza l’hai legata alla personalità; pensi che questa necessità di continuo cambiamento anche nel vestire rispecchi oggi una poca stabilità nella personalità delle persone data da mille problematiche diverse ed una continua ricerca di qualcosa -9-

Giulia Sarsi ni potrebbe già essere cambiata. Come già detto la bellezza se segue la tua personalità, è mutevole. Nel momento in cui credi di averla chiusa in un termine, in un concetto, non la riconosci più. Non bisogna chiudersi ma continuare a cercarla. Solo due valori strettamente legati alla bellezza per me non cambieranno mai: un vestito per essere bello non deve mai essere volgare, e deve sempre essere adeguato alla situazione ed al contesto in cui ti trovi. Nella società dell’immagine ogni valore sembra acquistabile, anche e soprattutto un capo bello. Ma io credo che la bellezza non sia misurabile in termini di valori economici, e questa è anche la filosofia che portiamo avanti da quattro anni con “Semi di lino”, dove cerchiamo, e crediamo, di creare dei pezzi belli e speciali, riciclando e ridando vita a materie prime accantonate da altri, tirandone fuori un valore e una bellezza che nessuno vedeva più.


L’A M O R E R E A L I Z Z AT O A t u p e r t u c o n P. M i l a n Ž u s t "Le persone che vivono le relazioni d’amore diventano belle, e questa bellezza attira". Parole di P. Milan Žust che le relazioni fraterne le vive ogni giorno al Centro Aletti e sulle quali "scommette" e si "spende" come consigliere del Superiore Generale della Compagnia di Gesù per le relazioni ecumeniche con le Chiese orientali non cattoliche. Con lui abbiamo colloquiato di bellezza, sentieri di vita e dialogo tra cristiani di varie confessioni. da ormai più di 16 anni è la mia casa, e tre anni dopo ho cominciato ad insegnare alla Facoltà di Missiologia della Pontificia Università Gregoriana, della quale sono da quasi due anni anche il decano. Nel frattempo (2006-2013) ho lavorato per 7 anni nel Pontificio consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, soprattutto per le relazioni con le Chiese ortodosse dei paesi slavi.

P. Milan Žust da Lubiana a Roma, passando per Parigi, sono alcuni dei “sentieri” che ha percorso... Ci racconta qualcosa di lei? Ho vissuto la mia infanzia in un piccolo paesino nelle colline vicino alla capitale slovena e ho imparato molto dai miei genitori, che mi insegnavano la vita cristiana più con l’esempio che con le parole. Sulla base di questa esperienza, e attraverso gli incontri e colloqui con un padre gesuita, è maturata in me la vocazione religiosa e a 19 anni sono entrato nel noviziato dei gesuiti. Dopo i primi studi filosofico-teologici a Lubiana, e vari aspetti di pratica pastorale a Gorizia, ho continuato i miei studi teologici a Innsbruck, Roma e Parigi, concludendo con un dottorato sulla vita e pensiero teologico-spirituale di Pavel Florenskij, sacerdote russo ortodosso. Nell’anno 2000 sono arrivato a Roma al Centro Aletti, dove

Secondo P. Florenskij la Chiesa è bella perché è la comunione delle persone. “Se non c’è la bellezza della relazione, non c’è la verità. La verità rivelata è l’amore — Cristo — l’amore realizzato è la bellezza”. “Rubo” delle parole di padre Rupnik a proposito del teologo e religioso russo Pavel Florenskij, sul quale lei ha fatto la sua tesi per il dottorato in teologia. Cosa manca alla Chiesa oggi che “sembra” non far più innamorare? Credo che la nostra Chiesa ha tutto il necessario per la salvezza, ma alcuni aspetti sono diventati molto deboli. Dopo la divisione tra la Chiesa d’Occidente e le Chiese orientali, ciascuna sviluppava di più alcuni aspetti, mentre altri diventavano sempre più deboli, fino al punto che la difficoltà non è stata solo lo scandalo a causa della divisione, ma anche una certa debolezza di ciascuna Chiesa particolare (a causa della debolezza in alcuni campi di pensiero e di vita ecclesiale). Noi in Occidente, tra l’altro, siamo deboli per quanto riguarda il simbolo, l’immagine e la precedenza da dare alle perso-

- 10 -

ne rispetto alle norme e insegnamenti. Sono gli aspetti che favoriscono la comunione che cresce a partire dall’accoglienza dell’altro e dall’adesione libera all’altro (qui per “altro” s’intende sia le Persone divine, sia quelle umane). Inoltre, ci troviamo nell’imbarazzo davanti alle antinomie (paradossi, contraddizioni) che porta la vita e siamo di solito tentati a eliminarle. Secondo l’esperienza e l’insegnamento di Florenskij, invece, sono proprio queste antinomie un aspetto essenziale della nostra vita e anche del nostro pensiero. Ci aiutano anche a non fissarci sulle idee, sulle norme o sugli insegnamenti, ma a dare precedenza alle persone e alle relazioni con loro. Le persone, che vivono le relazioni d’amore, diventano belle, e questa bellezza attira. Florenskij fa una bella riflessione sull’amicizia e sulla fraternità: per poter essere fratello di tutti, abbiamo bisogno di qualche amico, qualche relazione più stretta; ma l’amicizia sarà trasparente e feconda solo se apre alla fraternità con tutti. Sono due aspetti della comunione che si completano e si sostengono reciprocamente. “Cerco di propagare - ha detto di se stesso pochi giorni prima di morire, il card. Tomáš Špidlík - la bellezza che salva, una visione teologica dove prevale un approccio simbolico, liturgico, e dove l’immagine visuale è uguale alle testimonianze di fede dette o scritte”. Ci aiuta a capire questa “bellezza salvifica”?


E’ LA BELLEZZA del Centro Aletti di Roma Ho imparato molto da padre Špidlík, con il quale ho vissuto 10 anni nella stessa comunità. Ci sono vari aspetti della bellezza che lui viveva nelle relazioni con noi e con tante altre persone. Si percepiva un buon equilibrio tra il rapporto con il Signore e con le persone: qui, tra le relazioni con noi del Centro Aletti, e con tante altre persone che incontrava nel suo insegnamento e nella sua vita apostolica. Gli incontri erano per lui la base di tutto; infatti, quando uno gli chiedeva di scrivere una dedica nel suo libro, p. Špidlík spesso scriveva: “La vita eterna sono gli incontri”. Sono stati gli incontri con certi maestri e amici che lo hanno formato per una vita nuova, e così lui formava anche noi in seguito: con la vita e con gli incontri, sostenuti con un pensiero teologico-spirituale nello stesso tempo semplice e profondo. Questo pensiero in lui maturava grazie all’incontro con le persone e alla tradizione dell’Oriente cristiano, che è una parte della nostra tradizione comune e che purtroppo noi nell’Occidente abbiamo dimenticato, disprezzato o non abbiamo mai conosciuto. E si tratta di nuovo di un incontro, di un arricchimento reciproco che dà più vita. Un aspetto molto forte del suo essere radicato in Cristo era per me anche il fatto che era molto gioioso, capace di scherzare e di creare buona atmosfera, nonostante avesse dei dolori fisici for-

Erika Negroni

ti alle gambe, a causa di una malattia. Avendo unito questi dolori a Cristo, in Lui diventavano trasfigurati e così p. Špidlík con il suo atteggiamento positivo creava la comunione tra le persone, mentre avrebbe potuto rimanere solo e amareggiato. Ma se fosse rimasto da

solo con le sue ferite e i suoi dolori, ciò avrebbe potuto creare isolamento o persino il conflitto. La bellezza (e la complessità) di essere Chiese sorelle. Più volte lei è intervenuto su ecumenismo e dialogo tra i cristiani di varie confessioni, sulla “speranza” di poter essere cristiani d’Oriente e di Occidente uniti in una comunione visibile e non solo data dal Battesimo. Quale strada imboccare? Unica via è quella di Cristo: solo in Lui, grazie allo Spirito Santo, possiamo rivolgerci al Padre e riconoscerci come fratelli e sorelle. Se siamo veramente in comunione con Cristo, in Lui siamo già uniti anche agli

- 11 -

altri cristiani. Se malgrado questo noi cristiani rimaniamo divisi, questo vuol dire che il nostro rapporto con Cristo non è ancora maturo, che il nostro battesimo non è ancora vivo. Le difficoltà principali, però, non sono quelle che riguardano gli insegnamenti, come molti potrebbero credere. Ciò che oggi ci divide più fortemente sono i pregiudizi a causa delle ferite del passato. Questa sfiducia reciproca provoca anche difficoltà nel dialogo teologico. Più che le persone diventano importanti gli insegnamenti, perciò la questione non è tanto di chiarire gli insegnamenti degli uni e degli altri, ma prima di tutto di riacquistare la reciproca fiducia che è stata persa lungo i secoli. Non si tratta principalmente di far capire agli altri che cosa intendiamo con i nostri insegnamenti, e tanto meno, di voler convincere loro che abbiamo ragione noi. Per poter guadagnare di nuovo la fiducia, sarebbe opportuno far loro sperimentare che sono da noi amati e che siamo pronti persino a rinunciare a qualcosa affinché si possano sentire ancora più accolti. Gli ultimi papi e tante altre persone di varie confessioni hanno fatto gesti importanti in questo senso. Questo certamente non possiamo farlo da soli, solo con le nostre forze; ma sono convinto che con Cristo e in Lui, grazie allo Spirito Santo, siamo capaci di farlo e così crescere nella maggiore unità visibile della Chiesa.


ALLA RICERCA DI UN NUOVO UMANESIMO Carlo Petrini ospite a “Conversazioni 2016” “Questa enciclica è di una bellezza straordinaria, espressa bene e con giudizio, ma non è presa in considerazione, anche in tanti ambienti cattolici. Tutti amano il cantante, ma nessuno conosce la canzone”, Parole chiare e dirette di Carlo Petrini, fondatore di Slow Food e Terra Madre, “eco-gastronomo”, che pur definendosi agnostico non credente dichiara la sua passione e la sua stima per un Papa che in “Laudato Sii” denuncia a gran voce la preoccupante situazione climatica ed ambientale. Petrini, l’unico italiano che nel 2008 è stato inserito dal quotidiano inglese “Guardian” tra le 50 persone che “potrebbero salvare il pianeta”, lunedì 12 dicembre nel nostro teatro del centro parrocchiale, ha dialogato con il vasto pubblico presente di enciclica e ambiente, all’interno dell’iniziativa culturale “Conversazioni con l’autore”.

del papa ha ottenuto eco prima a Parigi poi a Marrakech - ha sottolineato il fondatore di Slow Food - ma da tanti non è stato preso in considerazione”. Tema urgente, che se trascurato, a pagarla non sarà solo il Pianeta: “Papa Francesco riconosce al mondo ecologista di aver fatto grande parte del lavoro ma inserisce il concetto di ecologia integrale, perché non si ferma ai danni ambientali e capisce che a pagarli sono gli uomini, in primis i poveri”.

forzate, con il falso mito che l’industria risolva tutto. Siamo noi i primi colpevoli: se io decido di mangiare i prodotti locali faccio la differenza e qui non c’entra la politica. Pensiamo anche ai milioni di tonnellate di cibo che finiscono nella spazzatura: questi sono i nostri comportamenti”. SULLE TRACCE DI UN NUOVO UMANESIMO.

“Abbiamo dimenticato la sapienzialità dei nostri nonni, dobbiamo rifiutare lo spreco e ingegnarci a ridurre l’impatto dei consumi. Le buone pratiche delle persone semplici hanno la potenCOMPLICI SIAMO TUTTI NOI za di fare politica. Ma la politica non l’ha ancora capito”. Un cambiamento “Questo sistema alimentare è crimi- di rotta che appare necessario per salnale, questa economia uccide, lo dice vare il mondo e chi lo abita: “Io sono papa - ha approfondito il relatore -. agnostico ma in questo Paese abbiamo Stiamo perdendo la fertilità dei suoli, perso la compassione, il soffrire perché tra non molto mancherà l’acqua: ben il l’altro soffre - ha dichiarato Petrini ac78% viene usata in agricoltura e in al- cennando alla situazione dei profughi cuni casa usata senza criteri”. che sbarcano sulle coste italiane -. Non FRANCESCO Uno sfruttamento delpossiamo assistere a NON E’ UN “PAPA VERDE” le risorse senza freni queste barricate, cerMA UN ECOLOGISTA a cui si sovrappone chiamo soluzioni, ri(INTEGRALE). quello capitalista: “il vediamo le leggi. L’ulatte viene pagato 28 nica voce è quella di “Quest’enciclica è innanzitutto una centesimi al litro agli questo papa”. dura ma obiettiva presa di coscienza allevatori, poi viene sulla realtà della nostra casa comune”, sgrassato, e così impoUn pontefice che a ha dichiarato Petrini. Così inquina- verito, e lo vendono a Petrini ha giocato un mento e cambiamento climatico, la spi- noi a 1€. Noi abbiamo perso tanto, in bello scherzo: “Poteva succedermi di nosa questione dell’acqua e la perdita virtù di un produttivismo che mette il tutto, tranne che a 67 anni mi telefodi biodiversità con le conseguenze del guadagno al posto dei contadini e degli nasse il Papa -ha dichiarato scherzosadeterioramento della qualità della vita allevatori”. Uno sfruttamento che mette mente-; a vent’anni distribuivo l’Avanti, umana, sono solo alcuni degli elemen- in crisi il mondo contadino, la cui forza oggi sono qui a parlare di un’enciclica”. ti che ha messo a fuoco per descrivere lavoro si è ridotta a poco più del 3%, Un papa che lo ha conquistato perché lo “sconquasso ambientale” (come più “ma il piatto va riempito e non mange- “lui tiene il piede fermo sui valori, ma volte lo ha definito), che ha già preso remo computer o comunicazione”. con un’apertura straordinaria al dialoil via. Tutti aspetti che Papa France- E i primi ad alimentare questo sistema go”. sco ha ben presente e davanti ai quali malato non sono i politici, ma i cittanon si può stare immobili: “Il monito dini: “Stiamo andando avanti a tappe - 12 -


L A B E L L E Z Z A S A LV E R A’ I L M O N D O Davide Narcisi

Brunello Cucinelli: la moda, il recupero del territorio e il bene dell’uomo Il lavoro, a servizio della bellezza. L’idea che abbiamo dell’imprenditore convenzionale è che esso sia orientato al mero profitto ed al successo della propria impresa. Cosa può legare, quindi, questo mondo economico e standardizzato a quello dei beni comuni? Nel caso di Brunello Cucinelli è senza dubbio la bellezza. La bellezza del territorio, delle sue tradizioni, delle storie di chi ha permesso a quelle comunità di resistere al tempo. “La bellezza salverà il mondo ogni volta che il mondo salverà la bellezza” si legge nelle pagine che presentano la filosofia aziendale della sua attività. Un impegno reale che ha portato l’imprenditore umbro a diventare un simbolo di capitalismo etico. Dal 1978 il “re del cashmere”, come è stato più volte definito dalla stampa nazionale e internazionale, ha sorpreso tutti con le sue innovazioni nel campo del tessile (sua l’idea “folle” di colorare il cashmere) e l’abilità di saper coniugare le esigenze della propria impresa a quelle del proprio territorio e della propria comunità. Cucinelli ai successi imprenditoriali (la sua azienda è quotata in borsa dal 2012) ha sempre legato il sogno di un capitalismo che valorizzi l’uomo: a seguito della quotazione in borsa, il manager ha diviso gli utili con i propri dipendenti. La bellezza (del bene comune) salverà il mondo. Dal borgo medievale di Solomeo, sede della sua impresa, lo stilista, ha esportato nel mondo l’immagine, come il recupero del territorio possa risultare funzionale all’attività lavorativa e viceversa. Un circolo virtuoso che pone al centro l’uomo e la sua

dignità, che nel lavoro si realizza. Ogni essere umano ha una quantità di genio in sé, di diversa intensità e di diversa natura. Sta a noi coglierla e metterla al servizio di tutti. Il piccolo paesino in provincia di Perugia in cui opera è l’emblema del recupero dell’ambiente cittadino: invece di costruire nuovi edifici per ospitare uffici e laboratori, l’imprenditore umbro ha riallocato e ristrutturato gli edifici già esistenti, realizzando un ambiente lavorativo accogliente e affascinante, che gode del supporto economico del proprio lavoro, in quanto gli

utili aziendali sono per la gran parte investiti per la sua cura e il suo miglioramento. Imprenditore-filosofo.“Il lavoro inteso come espressione del valore umano diviene anch’esso partecipe della spiritualità, e consegue il fine superiore del Bene supremo”, ama ricordare l’imprenditore. Nato e cresciuto in Umbria, ha respirato fin da bambino la filosofia francescana e fatto suo il messaggio del Poverello di Assisi: applicare a tutto ciò che si fa, il fine più alto, il Bene. Ma come si concilia tutto questo con un’impresa capitalistica d’avanguardia? “La creazione del profitto è congenita al tipo di attività”, precisa Cucinelli, “eppure per me non è tutto. Non vorrei vivere in un mondo dove ogni cosa si riconduce sterilmente al solo profitto. Il denaro riveste un vero valore solo quando è speso per migliorare l’esistenza e la crescita dell’uomo, ed è questo il nostro fine”. In ossequio a questo profondo convincimento

parte consistente dei profitti è reinvestita nell’azienda, e parte utilizzata per il restauro e la riqualificazione del borgo. Qui è sorto il nuovo sistema culturale denominato “Foro delle Arti”, di cui fanno parte il teatro, l’anfiteatro e il giardino dei filosofi (dove si tengono numerosi concerti e manifestazioni), luoghi a cui allude quando parla degli elementi e delle strutture che migliorano la vita dell’uomo.“Il fine dell’architettura nella storia, dagli etruschi fino a cinquant’anni fa, era la bellezza; ora sembra essere la novità”. L’impresa (umanistica) “Ho sempre coltivato un sogno, quello di un lavoro utile per un obiettivo importante. Sentivo che il profitto da solo non bastava e che doveva essere ricercato un fine più alto, collettivo. Ho capito che a fianco del bene economico si pone il bene dell’uomo, e che il primo è nullo se privo del secondo”. Una teoria coraggiosa, che nella pratica si concretizza in quello che lo stilista definisce “bene supremo”, il cui fulcro è l’Uomo: dare all’impresa un senso che vada oltre il profitto e reinvestire per migliorare la vita di chi lavora, per valorizzare e recuperare le bellezze del mondo convinto che l’ambiente sereno e la bellezza dei luoghi esaltino la creatività umana e sviluppino una comunità dove chi opera segue una scala di valori condivisa. “Credo nella qualità e nel bello del prodotto artigianale e penso che non possa esservi qualità senza umanità. Amo il misticismo leggero che pervade questa mia Umbria, quel misticismo che fu proprio del Poverello di Assisi, amante del bello e della semplicità; sono fiero di essere umbro, fiero della mia passione per la filosofia e il restauro e per tutto ciò che aiuti a restituire bellezza e dignità alle cose sepolte dall’oblio”.

Una storia di successo, all’insegna della bellezza e del rispetto del territorio. E' quella di Brunello Cucinelli, stilista e imprenditore italiano fondatore dell'omonima azienda, che nei prossimi mesi sarà ospite d'eccezione per il ciclo "Conversazioni con l'autore" a Roveleto di Cadeo. - 13 -


NASCOSTA MA PRESENTE La bellezza nella Bibbia

Sono diverse le occasioni in cui la Bibbia ci parla di bellezza, anche se non lo fa in modo evidente. In taluni passi se ne ha persino una certa diffidenza perchè si teme il pericolo dell’idolatria. Il libro della Sapienza, ad esempio, parla della bellezza delle creature come via per conoscere il Creatore, ma constata che spesso ciò non accade. Spesso ci si ferma a quella bellezza senza andare oltre.(Sap 13, 1-3) Forse è per questo che nel testo biblico la parola “bellezza” viene sostituita da altri termini quali “grazia” o “gloria” o anche “bontà”. Già a partire dalla Genesi quando Dio si compiace di ciò che ha fatto dice: “era cosa molto buona”; che in realtà potrebbe essere tradotta con “era cosa molto bella”.

Biblicamente parlando le due cose coincidono. A pensarci bene è in parte così anche nel nostro conversare comune, quindi nelle nostre convinzioni. Una persona buona è in genere anche una persona bella, nel senso più esteso del termine. Non sempre però è vero il contrario. Anche il Nuovo testamento conosce questa coincidenza: quando si parla di quella figura che abitualmente noi definiamo il “buon pastore”, il testo originale ha l’espressione “il pastore bello”. Così la Bibbia, anche se non parla della bellezza in modo astratto e tanto meno in senso estetico o cosmetico, in realtà, nascostamente, ne parla attraverso lo stretto legame tra ciò che è buono e ciò che è bello. Lo aveva perfettamente intuito S. Ago-

- 14 -

Don Umberto

stino che diceva: “Più cresce in te l’amore, più cresce la bellezza, perché la carità è la bellezza dell’anima”. Resta un’ultima considerazione: il brano evangelico della trasfigurazione. È per eccellenza il testo in cui la tradizione cristiana vede l’espressione della bellezza. Bello era Gesù trasfigurato. Ma bello anche il momento che stavano vivendo i tre apostoli con Lui. Lo esclama Pietro: “Signore è bello per noi essere qui”. La bellezza biblica si arricchisce così di una connotazione emotiva ed interiore legate a sentimenti di appagamento, felicità e pace. Gli stessi che anche noi sentiamo frequentemente e che la fede potrebbe darci.


Un libro, un film, un teatro La nostra pagina della cultura

IL LIBRO

Z. Fraillon, IL BAMBINO CHE RACCONTAVA STORIE ed. Corbaccio

Un racconto intenso, commovente. Una favola senza tempo che racconta di sopravvivenza e di coraggio. Ma soprattutto di bellezza: la bellezza della fantasia come forza per resistere al dolore. È la bellezza della storia, dei racconti come strumenti per inondare il cuore di luce anche in mezzo alle tenebre. Tutto sulle labbra di uno straordinario

IL FILM

re. Subhi, che con la sua fantasia costruisce mondi meravigliosi, inventerà delle storie che incantano Jimmie e che costruiscono intorno a loro l’idea di un futuro e di una vita possibile, anche quando la realtà mostra solo la sua faccia peggiore. Perché è il nostro sguardo a determinare quello che vediamo ed è la nostra capacità di narrare la nostra vita a renderla degna di essere vissuta. E nessuno, più dei bambini, sa trasformare il presente attraverso il filtro dell’immaginazione.

IL PADRE Un film di Fatih Akin (2014)

Presentato al Festival del cinema di Venezia 2014, Il Padre (The Cut) sembra riprendere le redini dei colossal. A Mardin in Armenia, nel 1915 durante una notte qualsiasi, la polizia turca rastrella tutti gli uomini armeni della città,

IL TEATRO

bambino nato in un campo di detenzione … Subhi è un bambino. Nato in un campo di detenzione dopo che la madre è fuggita dalla guerra che stava distruggendo il suo paese. La sua vita è dietro una recinzione, ma il mondo della sua immaginazione è molto più grande di quello della sua realtà. La notte il mare gli porta dei doni, sente il canto delle balene, gli uccelli gli raccontano le loro storie. Ma il dono più bello è la piccola Jimmie, una ragazzina trascurata e vivace, che gli appare una sera dall’altra parte della recinzione. Fra le braccia stringe un quaderno che le ha lasciato la madre prima di morire, ma Jimmie non sa legge-

compreso il fabbro Nazaret Manoogian (Tahar Rahim), il quale viene prelevato a forza dalla sua casa e allontanato dalla sua famiglia. Da qui la vicenda ruoterà sempre intorno alla volontà di Nazaret, di riallacciare il rapporto con la sua famiglia, andato a perdersi dopo il forzato allontanamento. Fatto schiavo dalla armate turche, umiliato e costretto ai lavori forzati, riuscirà infine a sfuggire dalla morte per pura fatalità, pur riportando gravi danni alle corde vocali. Una volta libero e non più in grado di par-

lare, Nazaret si lascerà trasportare dal desiderio di ritrovare le sue due amate figlie, tramite una lunga ed estenuante ricerca, che lo porterà ad attraversare l’Europa e a giungere in America; un viaggio, per la maggior parte, vissuto in condizioni disumane. Il viaggio verso l’occidente è coinvolgente, scenograficamente e fotograficamente strabiliante, allontanandosi dai soliti cliché.

PINOCCHIO, regia di A. Latella Al Piccolo Teatro Strehler dal 19 gennaio al 12 febbraio.

Pensiamo di conoscerla già bene la storia. E forse è vero. Pinocchio è un personaggio che non esiste ma appartiene a tutti: in questa memoria condivisa risiede la sua universalità,ma anche la sua capacità di richiamare l’infanzia. Eppure non è solo una fiaba, e non è solo

per adulti. Perché proprio dalle menzogne degli adulti Pinocchio fu abile apprendista. La versione proposta da Antonio Latella ce ne offre una inedita e curiosa lettura. Latella si pone davanti a Pinocchio cercando uno sguardo depurato dalle infinite interpretazioni depositatesi per 135 anni sul personaggio di Collodi; cercando, se esiste, quel che finora non è stato visto. «Non so quale Pinocchio racconteremo» ammette Latella, sollecitando la propria “curiosità” di artista e l’attesa di tutti, ma un punto di partenza è sicuro: delle menzogne degli adulti, Pinocchio fu abilissimo - 15 -

apprendista. Considerato una delle figure di spicco del teatro italiano, Latella vive e lavora tra Berlino e l’Italia. Studia recitazione presso la scuola del Teatro Stabile di Torino e la Bottega Teatrale di Firenze fondata da Vittorio Gassman.


www.parrocchiaroveleto.it

www.parrocchiaroveleto.it Responsabile don Umberto Ciullo via Emilia 144, 29010 Roveleto di Cadeo Pc tel. 0523 509943 www.parrocchiaroveleto.it stampa: Puntodigitale Roveleto di Cadeo


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.