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SETTEMBRE 2012 NUMERO 108
SOMMARIO 7 | EDITORIALE
54 | THE OPPOSITE GAME
67 | FUORI
9 | ICON
foto Jolijn Snijders styling Ivan Bontchev
74 | ULTIMA FERMATA
11 | INTERURBANA
64 | UNDERGROUND JEWELS
al telefono con Anna Luccarini
di Federico Poletti foto Samatha Casolari
13 | PORTFOLIO
di Franco Bolelli
66 | NIGHTLIFE
60’s & 70’s a cura di Floriana Cavallo
di Lorenzo Tiezzi
19 | CULT di Michele Milton
23 | AZEALIA BANKS di Roberto Croci
27 | DESIGN di Olivia Porta
29 | ARCHITETTURA SPONTANEA di Susanna Legrenzi illustrazioni Tom Jay
P. 23
34 | FAVELA VERTICALE di Susanna Legrenzi foto Iwan Baan
41 | LIBRI di Marta Topis
42 | IMOGEN POOTS di Roberto Croci foto Trunk Archive/ Contrasto
P. 54
46 | MUSICA di Paolo Madeddu
48 | LONDON BEACH di Sasha Carnevali foto Mattia Zoppellaro/ Contrasto
P. 29
53 | DETAILS di Ivan Bontchev e Tatiana Uzlova
Cover: Azealia Banks Foto: Brooke Nipar/Contour by Getty Images
MENSILE, ANNO XII, NUMERO 108 www.urbanmagazine.it redazione.urban@rcs.it
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CAPOSERVIZIO Floriana Cavallo floriana.cavallo@rcs.it
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SEGRETARIA DI REDAZIONE Rosy Settanni rosy.settanni@rcs.it
ART DIRECTION Sergio Juan
FASHION a cura di Ivan Bontchev fashion.urban@rcs.it
PRESIDENTE Giulio Lattanzi DIRETTORE MARKETING Giancarlo Piana
URBAN
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EDITORIALE
FUORI DAGLI SCHEMI Un grattacielo destinato agli affari che si trasforma in una ripidissima favela di trenta piani. Piazzali abbandonati che si reinventano come aree relax. Oppure carcasse di autobus che diventano fruttivendoli a km zero. Esiste una seconda possibilità, non dev’essere tutto sempre com’è stato pensato e incasellato nella categoria prevista: per fortuna la realtà sta un passo più in là rispetto agli schemi. Come fuori dagli schemi è il talento emergente di Azealia Banks, a cui abbiamo dedicato la copertina. Qualsiasi etichetta le va stretta, quella di rapper compresa.
HANNO HANN HA NNO CO NNO NN COLLABORATO OLLLAB A OORRATTO NOI CONN NO CO OI Franco Bolelli Bruno Boveri Sasha Carnevali Samatha Casolari Roberto Croci
Tom Jay Susanna Legrenzi Paolo Madeddu Michele Milton Mirta Oregna
Federico Poletti Olivia Porta Sara Rambaldi Leo Rieser Laura Ruggieri
Jolijn Snijders Lorenzo Tiezzi Marta Topis Tatiana Uzlova Mattia Zoppellaro
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LOS ANGELES ICON
L’OGGETTO DEL MESE
PEZ SPACE GUN SCELTO DA QUENTIN TARANTINO “I giocattoli sono parte integrante della mia infanzia e della mia realizzazione artistica da adulto. Sono diventato regista – senza saperlo – giocando con le pistole a raggi x spaziali del serial televisivo Lost in Space e interagendo quotidianamente con G.I. Joe, il mio toy preferito. Se per i soldatini posso dire che sono stati i miei primi attori, grazie ai quali ho sviluppato un’affinità con il dialogo, devo assolutamente attribuire a sparatorie ‘intergalattiche’ lo sviluppo di un’immaginazione infaticabile! Per non parlare delle indigestioni di caramelle Pez che mi sono fatto! Proprio un’icona storicamente yankee”. •
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MEXICO CITY INTERURBANA DI SASHA CARNEVALI
AL TELEFONO CON
ANNA LUCCARINI QUALE FRASE TI SENTI DIRE PIÙ SPESSO DA QUANDO SEI IN MESSICO? “A horita te la mando”, tra pochissimo ti mando tutto… e ovviamente passano i giorni. I messicani sono lenti, ma mentre procrastinano usano molti vezzeggiativi e diminutivi. UN CLICHÉ CONFERMATO, DUNQUE. COSA TI HA COLTO DI SORPRESA INVECE, DELLO STILE DI VITA LOCALE? Cercando lavoro ho scoperto che i miei ospiti sono piuttosto nazionalisti: preferiscono dare lavoro ai messicani nonostante il tasso di disoccupazione sia piuttosto basso, intorno al 5%. Lo stipendio base di un impiegato si aggira sui 700 euro; e allora i messicani si arrabattano in cerca del soldino, usano la fantasia… hanno un atteggiamento scherzoso e aperto, sono un po’ i napoletani del Sud America. Sono molto disponibili, tranne che nel dare lavoro.
COM’È LA GIORNATA TIPO?
Alle 6.30 c’è già traffico, è una città sterminata e per arrivare in ufficio possono servire anche due ore. Alle 11 tutti per strada a mangiare un paio di tacos a testa come “spuntino”. L’ora di punta dei ristoranti va dalle 15 alle 17.30. Purtroppo non esiste il rito dell’aperitivo! CITTÀ DEL MESSICO È FAMOSA PER L’INQUINAMENTO: UN MITO DA SFATARE?
QUI ARRIVANO NOTIZIE DI CRONACA NERA AGGHIACCIANTI, ANCHE SE PIÙ DAL CONFINE CON GLI STATI UNITI. COM’È GIRARE NELLA CAPITALE, CI SI SENTE VULNERABILI? La cosa triste è che i narcotrafficanti ora si sono presi anche Acapulco, e in meno di un anno il turismo chic e internazionale è sparito. A Città del Messico la situazione invece è tranquilla, giro la sera da sola o con delle amiche senza alcun problema. CI DAI QUALCHE INDIRIZZO DA INSIDER? Il Blue Monk, situato nella colonia Anáhuac: il venerdì e il sabato i migliori jazzisti della città suonano dal vivo, ed è famoso anche per il suo karaage (pollo fritto alla giapponese, n.d.r.).
E POI? C’è Jules, un bar occulto, ovvero nascosto da un ristorante che non ha niente a che vedere con il bar. Al ristorante devi dare una “parola chiave” per entrare: a questo punto ti segnalano il posto che si trova in fondo a un corridoio, praticamente in un seminterrato. Lì un doorman ti chiede il nome per vedere se sei in lista, e se non lo sei non puoi entrare. Si dice che faccia i migliori cocktail della città e l’interno è arredato in bianco e nero con design molto moderno. La sola indicazione di cui dispongo è che si trova nell’area di Polanco… ma non l’ho ancora trovato!
Beh, quando ho fatto una puntata in centro a Milano lo scorso luglio mi sembrava di respirare aria fresca di montagna!
ANNA LUCCARINI, milanese, dopo aver lavorato come photo editor per Il Sole 24 Ore si è trasferita a Città del Messico dove, appurato che la sua figura professionale non esiste del tutto nell’editoria locale, da circa un anno si occupa di una campagna anti-lavoro minorile sponsorizzata da Save the Children e dall’Onu
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LONDON PORTFOLIO HANDCUFFED BLACKS WERE ARRESTED FOR BEING IN WHITE AREA ILLEGALLY, ERNEST COLE © THE ERNEST COLE FAMILY TRUST. COURTESY OF THE HASSELBLAD FOUNDATION
A CURA DI FLORIANA CAVALLO
60’S & 70’S
Sono gli anni in cui la fotografia supera il suo status di tecnica per elevarsi ad arte. Sono gli anni dei grandi contrasti di un vecchio mondo con il nuovo. Di balzi in avanti estetici e morali, di piccole grandi rivoluzioni. Sono gli anni in cui la geografia binaria disegnata dalla guerra fredda sovverte il concetto di vicino e lontano. Il Vietnam si trasforma nella tomba di una generazione mentre Kabul diventa quasi un sobborgo di Los Angeles. In mostra c’è la storia della fotografia che racconta la storia. • Everything was moving: photography from the 60s and 70s. Barbican Art Gallery, Londra, fino al 13 gennaio 2013. www.barbican.org.uk URBAN | 13
A YÉ-YÉ POSING (1963) MALICK SIDIBÉ © MALICK SIDIBÉ. COURTESY FIFTY ONE FINE ART PHOTOGRAPHY, ANTWERP
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PILGRIM AND AMBASSADOR, PRAYAG, UTTAR PRADESH (1977) RAGHUBIR SINGH © 2012 SUCCESSION RAGHUBIR SINGH
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YESTERDAY’S SANDWICH / SUPERIMPOSITIONS (LATE 1960S – LATE 1970S) BORIS MIKHAILOV COURTESY GALERIE BARBARA WEISS, BERLIN © BORIS MIKHAILOV, DACS 2012
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SARAH AND GEORGE MANYANI IN THEIR HOUSE, EMDENI EXTENSION, SOWETO (1972) DAVID GOLDBLATT COURTESY OF THE PHOTOGRAPHER AND GOODMAN GALLERY, JOHANNESBURG © COPYRIGHT 2012 DAVID GOLDBLATT
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ROMA & CO. CULT DI MICHELE MILTON
IL PROFUMO DI CINECITTÀ Cinecittà, Teatro #5, dove Federico Fellini girò tutti i suoi film, tranne l’ultimo. Oltre a essere il teatro di posa più grande d’Europa è stato anche sede della nuova campagna pubblicitaria di Hogan – AutunnoInverno 12/13 – protagonista l’attore Stephen Dorff. “Un onore visitare il luogo creativo di uno dei più grandi registi di sempre”, racconta Dorff. “E bravo il fotografo Alexei Hay a catturare la realtà del neorealismo di quei tempi, scegliendo la semplicità ed eleganza del suo ambasciatore Marcello Mastroianni. Hogan rappresenta proprio questo spirito casual-chic, che rispecchia il mio modo di essere”. Tra i suoi prossimi film, The Iceman, con Chris Evans, James Franco e Michael Shannon, presentato proprio al Festival di Venezia, Zaytoun diretto dal regista israeliano Eran Riklis e The Motel Life con Emile Hirsch e Dakota Fanning. (R.C.) www.hogan.com
YIN & YANG Per la prossima stagione Mykita lancia una collezione di occhiali in collaborazione con Bernhard Willhelm. Da questo eclettico tandem creativo è nata Rosi: dalle forme oversize, rappresenta la declinazione al femminile degli occhiali da sole con lenti a specchio colorate sviluppati in questi anni con il designer tedesco. I due colori del modello alludono all’ambiguità della nostra emotività: a seconda di dove e con chi ci troviamo o del nostro stato d’animo, assumiamo volti diversi. (Federico Poletti) www.mykita.com
TRENT’ANNI IN UN LIBRO Trent’anni di sperimentazione, ricerca e stile racchiusi in un libro che è un vero e proprio archivio di nome e di fatto. Stone Island, Archivio ’982-’012 (edito da Silvana Editoriale, 120 euro) racconta attraverso immagini nitide e dirette la storia del brand italiano che ha reinventato lo sportswear ed è disponibile a partire da questo mese nelle migliori librerie (oltre che nei flagship store e principali retailer Stone Island) del mondo. Trent’anni di immaginazione pratica e imprenditorialità visionaria per 644 pagine presentate (dagli art director Simon Foxton e Nick Griffith) in forma di galleria fotografica dove ogni scatto è affiancato da descrizioni particolareggiate e cronologie accurate. www.stoneisland.com
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MILANO & CO. CULT DI MICHELE MILTON
AUTUNNO A COLORI
AUTOSCATTI DA COLLEZIONE Cambio di rotta per l’advertising della collezione autunno/ inverno di Mauro Grifoni, affidato alla ventunenne d.j. , blogger, modella nonché fotografa nonché cool-hunter Cate Underwood. Creativa ondivaga originaria di Kiev e oggi tripartita tra Londra, Parigi e New York, Cate è stata ospite per due giorni da Mauro Grifoni e insieme al modello Vieri Mestriner ha indossato gli outfit che più le piacevano, diventando protagonista di autarchici autoscatti realizzati con la polaroid e l’Instagram del suo cellulare su cui nel layout finale ha aggiunto alcune personali riflessioni a margine. Headline: Cate Underwood: Self Portraits by Mobile Phone. In parallelo sulla piattaforma Followgram sono partiti tre contest fotografici ispirati ai temi della campagna da cui saranno selezionati i migliori scatti, esposti a seguire nel flagship store di Milano (via Santo Spirito 17). www.maurogrifoni.com
Blu Malibu, verde balsamo e mille altre tonalità classiche e no. Lana ultra-light tinta in capo effetto mélange. Vestibilità, versatilità, praticità per un look sofisticato e decontratto. Sono i wool-chinos di Closed, ovvero la proposta cardine della collezione Uomo Autunno-Inverno 2012-13 del celebre marchio, indicata per gli abbinamenti multicolor e multistrato di una stagione fredda che non per questo vuole, né deve, per forza essere soltanto grigia, ma colorata come una nuova primavera. Con la stessa tipologia di tessuto usata per i wool-chinos, Closed ha inoltre realizzato blazer, cravatte e bow-tie, in modo che ci si possa davvero sbizzarrire nei mix e negli accostamenti più sorprendentemente inediti. www.closed.com
ASH A BRERA Per tutti gli shoe addicted ASH inaugura a Milano il suo negozio monomarca in via Madonnina, angolo piazza del Carmine, nel cuore storico di Brera. Uno spazio di 100 metri quadri che accoglie le collezioni di calzature uomo, donna e bimbo. Una piccola sorpresa: in vendita anche la collezione di giacche e gilet in pelle ASH. Il marchio – nato nel 2000 dalla passione e dal know how di Leonello Calvani e Patrick Ithier – combina la qualità del made in Italy e della tradizione delle grandi concerie italiane con l’ironia e una certa allure francese. (F. P.) www.ashitalia.it
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© Azealia Banks, screenshot dal video di 212
NEW YORK MUSICA
AZEALIA BANKS TESTO ROBERTO CROCI
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“Rapper, singer, actress. This is who I am” mi dice descrivendosi, guardandomi con n gli occhi più grandi e penetranti che abbia mai visto. Azealia Amanda Banks, 21 anni, trecce innocenti alla Pocahontas ma che ama imprecare are e comporre a-la scaricatore di porto-ghetto blaster. Il suo stile è colorato, o, drammatico e innocente, da (Neighbor)Hood Bitch perfezionato nelle strade di Harlem. Inizia la carriera come Miss Bank$ mentre su Twitter si fa chiamare Young Rapunzel, votata come persona più cool nell’ultima lista di NME, Nuova FeMCee – equivalente femminile di MC – sulle orme di Aaliyah, la cantante hip hop scomparsa nel 2001, a soli 22 anni. “Ascoltavo Aaliyah quando ero piccolissima, ma ho ammirato tutte le altre che mi hanno preceduta: Salt-n-Pepa, Lauryn Hill, Queen Latifah e Missy Elliott, anche se non assomiglio a nessuna. Sono Azealia, la mia musica è unica, come lo è il twist rap-bitch-shit-house-heavy-pop delle mie canzoni, non seguo le orme di nessuno, senza offesa, però ho avuto talmente tanti c...i !@#$% nella vita che ho bisogno di sostenere la mia causa, la causa di Azealia. Dopo anni di sacrifici sono riuscita ad avere
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un lavoro decente, tetto & letto dove dormire e due soldi da parte, you know what I mean? This is my dream, e nessuna di voi motherfucking stronze là fuori mi ha aiutato a realizzarlo”. Lo scorso gennaio Azealia si esibisce alla sfilata di Thierry Mugler di Nicola Formichetti e viene celebrata dal NY Timess come “persona dotata di un senso dello stile unico”. Mentre anche kaiser Karl Lagerfeld l’ha fatta cantare nella sua casa (nel senso proprio di abitazione personale) di Parigi per il lancio della linea Karl per Net-à-Porter e l’ha voluta con la nuova canzone Fuck up the fun alla presentazione in Giappone della mostra creata con Carine Roitfeld, The little black jacket. Dopo l’esplosione virale del suo video 212, prefisso telefonico di Manhattan, in versione trecce, jeans short e Mickey Mouse al fianco di Lazy Jay, autore della base musicale, e il mega successo all’ultimo Coachella, Azealia è la uber badass chick dell’anno, cattivissima.
I TESTI DELLE TUE CANZONI, SESSUALMENTE PARLANDO, SONO MOLTO ESPLICITI. SEI COSÌ SENZA BARRIERE ANCHE NELLA VITA? “Yeah, di che cosa dovrei aver paura? Non ho bisogno di un uomo per gestire la mia carriera. Mi fa arrabbiare il fatto che molte donne non si rendano conto del potere che hanno, perché siamo state ingannate per centinaia di anni da uomini che ci hanno fatto credere di essere al potere. Dico sempre quello che penso, sono una persona energetica, segno zodiacale gemelli, dalla personalità complessa: sono spesso confusa, a volte mi sento ipocrita, qualche volta non so quello che voglio, altre volte ho le idee molto chiare, soprattutto sulla musica che voglio fare, voglio essere me stessa. La musica mi aiuta a sviluppare sensibilità particolari e ci fa esplorare luoghi astratti della nostra mente, dandomi l’opportunità di sfuggire dalle strutture sociali ed economiche della nostra società. Davvero, mi sono sempre chiesta come avrei fatto a levarmi di torno, e con la musica ho trovato una risposta. Non cercate di inscatolarmi in qualche genere, non seguo nessuno, il mio viaggio è diverso da chiunque altro, faccio whatever the fuck che mi pare”.
HAI STUDIATO RECITAZIONE ALLA FAMOSA LAGUARDIA HIGH SCHOOL OF PERFORMING ARTS, LA STESSA DI LIZA MINNELLI, AL PACINO, NICKI MINAJ E DELLO SHOW TELEVISIVO SARANNO FAMOSI. È STATO DIFFICILE FARSI NOTARE TRA TUTTI QUEI TALENTI? “Forse per molti è difficile, ma io non ho mai avuto nessun problema. Ho sempre avuto una personalità forte, ho sempre saputo farmi spazio quando era necessario. Forse do l’impressione di essere molto presuntuosa, in realtà ho semplicemente le idee molto chiare su quello che voglio. Mi piaccio, non ho nessun problema ad ammetterlo”.
QUANDO HAI COMINCIATO A FARE RAP? “Ho iniziato a recitare da bambina, ma dopo essere stata rifiutata a ogni audizione ho deciso di fare rap. A 16 anni, per divertimento, come valvola di sfogo a tutte le delusioni. Quando studiavo teatro a LaGuardia mi sono trovata un agente e ho iniziato a fare la freelance. Però non riuscivo a ottenere nessun ruolo e a quel punto ho provato a cambiare la mia vita, scrivendo canzoni – le prime erano R&B – che non ho mai registrato forse perché mi sentivo insicura rispetto alle mie abilità di cantante. Ecco perché sono passata al rap: sapevo che prima o poi avrebbe funzionato. Avevo un piano, farmi notare rappando e togliermi dalle palle dal mondo della recitazione. Finora ha funzionato”.
COM’È STATA LA TUA INFANZIA? “È stata dura, mio padre è morto a 63 anni di cancro al pancreas e mia mamma, che a quel tempo ne aveva 32, ha reagito in modo violento nei miei confronti perché era stressata dal lavoro. Mi ricordo poco, avevo due anni. A 18 vivevo da sola, non avevo i soldi per pagare l’affitto e mi hanno sfrattata. Sono scappata a Montreal per cercare di trovare il senso della vita. Da allora ho lavorato con molti uomini che si sono approfittati di me, hanno sfruttato le mie qualità creative, uomini manager che mi mettevano in testa idee sbagliate, che volevano farmi cantare le loro stupide canzonette. Li ho mollati tutti, la musica mi ha salvato la vita. La mia, non quella degli altri”.
FUTURO? “Smorgasbord. Voglio creare suoni che siano smorgasbord, una varietà che non trova eguali, che non si possono catalogare. Non voglio essere etichettata nella categoria elettronica, hip-hop. Il mio prossimo album – in uscita a inizio 2013 – sarà intitolato Broke with expensive taste, una musica che vi farà sentire vivi, la storia di una ragazza che cerca di sfondare nella città più difficile del mondo, New York. Alla fine dimostra a tutti quelli che non hanno creduto in lei che sudando sangue è riuscita a ottenere quello che voleva. She needs to get what she can get! Yo all!”. •
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DI OLIVIA PORTA
IL DIVANO DELLO ZIO SAM Ritrovato negli archivi di Gufram, il divano Leonardo disegnato dallo Studio dio 65 alla fine degli anni Sessanta è stato un messaggio di pace e libertà durante gli anni della guerra del Vietnam. Dal 13 ottobre al 3 febbraio 2013 sarà al Vitra Design Museum nella mostra Pop Art Design, una selezione di oggetti che racconta la relazione ione tra arte e design negli anni del Pop, mettendo in relazione opere artistiche di primo piano come quelle di Andy Warhol, Jasper Johns, Lichtenstein e Oldenburg urg con le creazioni di designer come George Nelson, Ettore Sottsass e Olivier Mourgue. urgue. www.design-museum.de
GENT DROOG FOR RENT
LONDON LONDON DESIGN FESTIVAL
È l’ultima idea in casa Droog: provare prima di acquistare. I creativi più famosi delle Fiandre hanno ridisegnato e arredato una casa nel centro ro storico a Gent in Belgio, al piano superiore del quartier generale di Sofie Lachaert. chaert. Uno studio più un appartamento su tre piani, da affittare anche insieme eme fino a ospitare quattro persone, completamente invasi da pezzi Droog. og. Per autentici fanatici del design!
Il Brompton Design District è una delle destinazioni di design più importanti del mondo e sarà una delle cinque mete da non perdere durante il London Design Festival, dal 14 al 23 settembre. Anche Peter Marigold ha scelto di esibirsi in questa zona, con una mostra organizzata dall’etichetta del cashmere inglese Oyuna. Nel reinterpretare la tradizionale tenda mongola, sfiderà il concetto di spazio interno-esterno, con un’installazione di scialli di cashmere.
www.droogforrent.com
www.bromptondesigndistrict.com www.londondesignfestival.com
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VENEZIA FENOMENI
ARCHITETTURA SPONTANEA
TESTO SUSANNA LEGRENZI ILLUSTRAZIONI TOM JAY
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“Abbiamo rotto con molte leggi. Eravamo pronti ad andare in prigione”. A Dallas, epicentro del Texas dei petrodollari, dal 2010 Andrew Howard, consulente IT, e Jason Roberts, pianificatore trasporti, sono Better Block, una piattaforma di urban guerrilla per la riqualificazione provvisoria di aree “critiche”. Il manuale d’uso prevede tempi di azione brevi (max 24 ore) e regole semplici. Roba del tipo: “Scegli un posto, crea una squadra, occupa negozi vuoti, costruisci ritrovi Pop-Up, pompa le tracce del tuo ipod, dai alla gente un motivo per restare (cibo, libri, scacchi), coinvolgi un artista, un designer, un architetto…”. Il risultato, raggiunto di volta in volta, è un sipario mobile: una campionatura di “se fosse” da costruire e condividere per strada con tattiche sovversive e fare corsaro. Da Dallas a Memphis, St. Louis, New York, Boston, il virus “Howard + Roberts” è stato di quelli a contagio veloce. Il messaggio, del resto, è molto chiaro: nella grande partita delle “città del futuro”, l’ultima rivoluzione americana parte dal basso. In un cenno è Archistar, goodbye. A fare luce sul fenomeno, dal 29 agosto al 25 novembre, è ora una mostra – Spontaneous Interventions: Design Actions for the Common Good – promossa dal Padiglione Stati Uniti per la 13esima Biennale di Architettura di Venezia. A raccolta, accanto a Better Block, ci sono 124 pratiche di “azionismo” metropolitano. Laboratori open source che, con regole più o meno ortodosse, hanno sfornato negli ultimi anni un’idea di città alternativa, animata da parklet pirata progettati
come oasi di incontro tra cofani di automobili parcheggiate (memorabile quello di Erik Otto per la Fabric8 Gallery di SF), piste ciclabili “sprayate” dal nulla, reti di condivisioni di architetture temporanee, aree verdi grandi come un palmo di mano, squadre di riparazione urbana disposte a liftare marciapiedi fessurati. Non mancano grandi festival-off come Art in Odd Places che ogni ottobre trasforma le rive newyorchesi dell’Hudson in una topografia vitale dei luoghi in abbandono. E gesti minimi come il poetico Red Swing Project: legno, corde, vernice rossa per una, mille altalene appese, nel cuore della notte, dove meno te lo aspetti, da Austin, Texas, al Tamil Nadu, nell’India meridionale. “Spontaneous Interventions è uno dei risultati del clima di stallo politico sociale” spiega, da New York, Cathy Lang Ho, commissario espositivo su mandato dell’Institute for Urban Design di New York. “Sulla scia della crisi finanziaria, in tutti gli Stati Uniti ci sono sempre più persone disposte a prendere l’iniziativa per arginare il declino delle città, senza restare in attesa di autorizzazioni o del cenno forte della pubblica amministrazione. I progetti raccolti in mostra sono la risposta ai problemi che la gente vede intorno a sé: risposte informali, certo. Ma anche una valida
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alternativa ai tradizionali approcci top-down”. È il caso di Fresh Moves Mobile Market, un esperimento promosso a Chicago da Architecture for Humanity in collaborazione con Food Desert Action. Fresh Moves Mobile Market è un negozio mobile di pomodori biologici, patate, broccoli, cavolo riccio... A ospitarlo sono vecchi bus della Chicago Transport Autorithy. Investimento base: 1 dollaro, la spesa affrontata per l’acquisto di un mezzo. Missione: distribuire prodotti freschi ai 550mila abitanti che vivono nei deserti alimentari della terza più importante metropoli degli Stati Uniti. Ospite di Oprah Winfrey, Steve Casey, deus ex machina dell’iniziativa, ha commentato: “Dalle nostre parti, il profumo di fritto è così spesso che è possibile sentirlo con le finestre chiuse”. Non molto tempo fa ha aggiunto: “Ieri ho visto un ragazzino di 14 anni che mangiava per la prima volta una mela”. Dall’altro capo degli iuessei, a dare la spinta è stato invece un architetto, Douglas Burnham, aka Envelope A+D, studio in un ex-magazzino di munizioni, cattedra al CCA. Teorizzatore di un’idea di urbanistica flessibile, Burnham ha preso in affitto un’intera area in abbandono nel cuore febbrile di San Francisco, Hayes Valley, convertendola in un hub urbano. “Il progetto è un esperimento di recupero” spiega. “Una vetrina senza una strada, una sorta d’improvvisazione urbana che potrebbe trovare casa in altre città. Il lotto è
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di proprietà pubblica. Il progetto iniziale era una giungla di condomini. Il crollo del mercato immobiliare ha fatto il resto”. Oggi su questo fazzoletto di terra è nato Proxy: Risto-Pop-Up in container, una galleria d’arte temporanea affidata ai giovani curatori del SFMoMa, una gigantesca birreria all’aperto, nell’insieme segnali del desiderio-necessità di accelerare il processo di trasformazione delle città. Anche la chef Alice Waters, vice-presidente internazionale di Slow Food, non è rimasta a guardare. Si dice sia lei l’ispiratrice dell’orto nel giardino della Casa Bianca che Michelle Obama ha molto sbandierato. Questa volta siamo a New York, dove la chef californiana con Edible Schoolyard ha trasformato, nel cuore di Brooklyn, la Public School 216 nel primo cortile scolastico commestibile. Un’aula a terra provvista di serra invernale, dove gli studenti possono preparare e consumare prodotti freschi, kilometro zero, frutto del loro lavoro.
Non tutte le pratiche partecipative in mostra hanno risultati sul terreno della concretezza. A New Orleans, per esempio, Rob Walker ed Ellen Susan hanno dato vita a nuovo progetto di narrazione urbana ai confini della fiction: Hypothetical Development Organization. Come procedono? “Per prima cosa individuiamo aree urbane cadute in disuso, le più impopolari. Quindi ne progettiamo un futuro, palesemente inverosimile. Poi affidiamo a un artista il compito di creare un rendering basato su un concetto immaginario, realizzando, infine, dei banner pubblicitari da affiggere in prossimità dell’area”. La raccolta fondi del fanta-studio – nello spirito dei tempi – è avvenuta su Kickstarter.com, la celebre piattaforma di crowdfunding. Capitale iniziale: «4.197 dollari, sborsati da 80 sostenitori generosi”. Al momento, Hypothetical Development Organization ha sfornato una ventina di progetti di riconversione. Se si potesse scegliere, il suggerimento è un palco al Theatre Escape. Inutile chiedere l’indirizzo. “Parigi, 1968, Base Lunare Clavius, Martin County, in Kentucky? Questo edificio può essere rimontato ovunque tu voglia andare” affermano Walker & Susan, lasciando pensare che la città del futuro, in fondo, non è poi così lontana da quella che ci portiamo nell’anima, prima che sulle strade. •
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CARACAS CREATIVE LAB
FAVELA VERTICALE TESTO SUSANNA LEGRENZI FOTO IWAN BAAN
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Un hub dalle ambizioni muscolari: 45 piani di vetro e acciaio nel centro di Caracas. Sulla carta, è il simbolo del potere economico della Nazione. Il collasso delle banche venezuelane nel 1994 ne cambiano destino, trasformando l’icona liberista in un monumento accidentale al disastro finanziario. Oggi Torre Confinanzas – o Torre de David – è il più grande slum verticale dell’America Latina. Profilo smangiato su un lato; un ventre di oltre 2mila 500 occupanti, tensione costante tra privilegio e difficoltà, zero ascensori, zero ringhiere, il vuoto da vertigine di una parete mancante. Una sorta di città nella città, in regime di autogoverno con nuove regole, nessuna regola. Emblema di quella che oggi viene definita “città informale”, la torre di chi ha osato troppo e chi costruisce il quotidiano sul nulla è ora uno dei casi-studio in mostra a Common Ground, la Biennale di Architettura di Venezia guidata da David Chipperfield. Il progetto – Gran Horizonte: Building Participation – è firmato da UrbanThink Tank, collettivo multidisciplinare impegnato nell’investigazione di nuove pratiche partecipative. Dietro a Urban-Think Tank c’è anche Justin McGuirk, ex direttore di Icon Magazine, ex columnist del quotidiano britannico The Guardian, oggi alla guida di Strelka Press (www.strelka. com), nuova piattaforma editoriale dedicata ad architettura, design e città. Lo intercettiamo a Londra, dove vive e lavora con lo sguardo puntato sull’America Latina. Il futuro, pare, abita lì.
CARACAS VS VENEZIA: TORRE CONFINANZAS APPRODA ALLE CORDERIE DELL’ARSENALE. CHE COSA CI ASPETTA? Non voglio rovinare la sorpresa! Diciamo solo che miriamo a un ibrido tra un’arepera tradizionale (un ristorante venezuelano che serve arepa, focacce di farina di mais) e un appartamento di Torre de David che si affaccia sul “Gran Horizonte” di Caracas. Credo sia importante precisare che il grandioso orizzonte del titolo ha un significato metaforico, non letterale: è un rimando diretto al sud economico che guarda all’equatore politico.
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BOGOTÁ, MEDELLÍN, ORA CARACAS: CHE COSA TI HA SPINTO IN SUD AMERICA? Un progetto in progress: un libro sull’architettura attivista in America Latina. Una scena ibrida che abbraccia da un lato nuove forme di architettura sociale generate dal basso, dall’altro una nuova generazione di architetti capaci di dialogare con quella che definiamo città informale. Nomi? Urban Think Tank in Venezuela, Alejandro Aravena in Cile, Jorge Mario Jauregui in Brasile, Teddy Cruz in Tijuana/San Diego, per citarne alcuni.
CARACAS, IN UN COLPO D’OCCHIO. Una megalopoli con un patrimonio meraviglioso ma in progressivo declino. L’atmosfera predominante è caotica, talvolta straniante. Le baraccopoli sulle colline creano un senso di realtà alternativa premendo con prepotenza sulla città formale. Per certi versi, Caracas è la città moderna per eccellenza. Dal punto di vista economico, al giorno d’oggi, le città del sud economico sono le uniche a fare dell’informalità una condizione dominante, perché hanno imparato ad accettarla e ad adattarla ai propri bisogni.
TORRE CONFINANZAS È UN CASO EMBLEMATICO: UN’ESPERIENZA AL LIMITE MA ANCHE UN LABORATORIO SOCIALE. In primo luogo, diciamo che Torre Confinanzas non dovrebbe esistere, ma in un modo o nell’altro c’è. È un’eccezione all’interno delle logiche di mercato, resa possibile solo da un regime populista che tollera l’espropriazione.
Vive una condizione fragile e forse temporanea, ma proprio per questo è un importante laboratorio urbano, dove si respira una tensione costante tra privilegio e difficoltà.
CHE COSA TI HA PIÙ COLPITO? Se sali trenta piani di scale, impari a rispettare la determinazione delle persone che lo fanno parecchie volte al giorno. Torre Confinanzas – nonostante l’altezza sperticata – non ha un solo ascensore. Un dettaglio che stravolge non solo le regole di progettazione di un grattacielo ma è un emblema evidente della rottura della logica tradizionale della città: quello che puoi vedere da lontano è diverso da quello che scopri da vicino, la facciata in vetro liscio in realtà è una facciata piena di lacune e muri di mattoni grezzi. Un alveare.
NUOVE REGOLE; NESSUNA REGOLA: COME SI AUTOGOVERNA LA COMUNITÀ?
architetti sono stati notoriamente assenti negli ultimi 40 anni sul fronte di un tema complesso come quello delle città informali. È anche vero, però, che la nuova generazione di architetti attiva sulla scena sudamericana – gli studi cui accennavo prima – può ambire a un ruolo fondamentale per queste comunità, può contribuire alla loro trasformazione. Né i governi, né il mercato immobiliare possono stare al passo con una crescita del genere. Ciò che è da capire è quale modello usare per assistere o migliorare queste esperienze di autogestione.
GRAN HORIZONTE È ANCHE UN RISTORANTE DI CARACAS: CI HAI MAI MANGIATO? Ci ho mangiato molte volte. Uno dei piatti migliori è quello nazionale, il pabellon criollo – riso bianco, fagioli neri e carne mechada – una rappresentazione della mescolanza razziale dei venezuelani. O se vogliamo, una metafora in un piatto del progetto espositivo di David Chipperfiled: Common Ground, terreno comune. •
C’è un’organizzazione civica che gestisce l’acquisto degli appartamenti, una sorta di associazione autonoma per le case popolari, che comunica via sms e utilizza metodi non ortodossi per fornire ai residenti i servizi, come l’acqua e l’elettricità. Tutto il resto è autogestito come un barrio verticale, con negozi, dentisti e parrucchieri su tutti i piani.
ZONE D’OMBRA? Penso sia importante non idealizzare la Torre. Da un lato, è ovviamente un simbolo di redistribuzione, un caso interessante di design partecipativo, open source. Dall’altro, una volta occupata, è diventata una delle tante “gated community”, una comunità chiusa, con le guardie di sicurezza a proteggere gli interessi dei residenti.
IN QUESTO MOMENTO DI GRANDE FRAGILITÀ ECONOMICA, È PENSABILE CHE QUESTO NUOVO TIPO DI COMUNITÀ URBANE SI SOSTITUISCANO ALLA COMUNITÀ DEI PROFESSIONISTI DEL PROGETTO? Be’, diciamo che le comunità creative hanno dimostrato di potersela cavare egregiamente senza gli architetti, come del resto hanno fatto nei secoli. E che gli
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GUANGZHOU LIBRI DI MARTA TOPIS
I DIECI FIGLI CHE LA SIGNORA MING NON HA MAI AVUTO ERIC-EMMANUEL SCHMITT EDIZIONI E/O, 2012 144 pp., 16 euro Già dal titolo si immagina l’argomento del romanzo, ma è lo svolgimento ciò che ne fa la differenza. Schmitt – che i più ricordano per la trasposizione cinematografica de Monsieur Ibrahim e i fiori del Corano – prendendo le mosse dalla legge cinese che per regolare la crescita demografica del paese impone alle famiglie l’obbligo del figlio unico, ha costruito la deliziosa storia della signora Ming, inserviente alle toilette maschili di un grande albergo, e del suo incontro con un uomo d’affari francese. A lui, di volta in volta, la modesta signora racconta la storia dei suoi dieci incredibili figli: i gemelli acrobati, il giocatore compulsivo, quella con l’ossessione di uccidere la moglie di Mao, e così via. La narrazione resta in equilibrio fra finzione (accettata comunque da entrambi) e realtà, infarcita senza pesantezza di massime di Confucio, fino all’arrivo della prima figlia Ting Ting al capezzale della madre investita in strada. E qui anche l’uomo d’affari cambierà il punto di vista sulla vita e sulla paternità, fino ad allora rifiutata. Illuminante.
RITRATTO DI FAMIGLIA CON SUPERPOTERI STEVEN AMSTERDAM ISBN, 2012 3320 pp., pp 15,90 euro L’autore, cresciuto a Manhattan, per anni ha disegnato mappe turistiche e copertine di libri. Oggi vive a Melbourne dove scrive (questo il suo secondo romanzo) e fa l’infermiere. Con un curriculum del genere, il risultato è un libro curioso che ruota attorno alla domanda sibillina: “Che cosa faresti se avessi dei superpoteri?”. Amsterdam racconta la vita di sette membri di una famiglia lungo tre decadi, partendo dal punto di vista della piccola Giordana, figlia di Ruth che ha appena lasciato il marito alcolizzato portando i figli ignari in vacanza. Giordana vorrebbe sparire, così il cugino Alek di 7 anni le dice: “Allora, dimmi quale preferisci delle due: saper volare o essere invisibile?”. Lei sceglie la seconda, e come lei gli altri membri riceveranno superpoteri in contrappasso alle loro vite. Ma purtroppo nemmeno i superpoteri risolvono la vita quotidiana.
SOFIA SI VESTE SEMPRE DI NERO PAOLO COGNETTI MINIMUM FAX, 2012 200 pp., 15 euro Nove racconti nel migliore stile di Cognetti, che finalmente torna sugli scaffali dopo il Manuale per ragazze di successo e Una cosa piccola che sta per esplodere, e non delude. Ancora una volta il giovane autore milanese (classe 1978) sceglie l’universo femminile (ma come fa un uomo a descriverlo così bene?) e la formula del racconto, che tratta con realismo e dovizia di dettagli. Sofia Muratori, protagonista del libro, viene descritta lungo tre decenni della sua vita, affrontandone ogni periodo come storia a sé stante, dalla nascita (Prima luce) a quando vive la prima infatuazione per l’amico-pirata Oscar (Una storia di pirati), o adolescente ribelle finisce in clinica per tentato suicidio (Due ragazze orizzontali), fino al bilancio della prima maturità. Che è forse anche la maturità del nostro autore. Da non perdere.
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LONDON CINEMA
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IMOGEN POOTS Bellezza neoclassica e mente veloce, è una delle giovani attrici più richieste del momento. Terrence Malick compreso. Ma niente baci sul set
TESTO ROBERTO CROCI FOTO TRUNK ARCHIVE/ CONTRASTO
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Act the way you’d like to be and soon you’ll be the way you act. (Leonard Cohen) Imogen Poots ama citare Leonard Cohen, sua icona da sempre. “Uno dei piaceri nascosti è la musica di notte, svegliarsi alle 3 del mattino e ascoltare le parole di Mr. Cohen. Lo adoro: se mai dovessi incontrarlo, sverrei dall’emozione”. Spesso si giudicano le capacità degli attori emergenti in base al cast con cui lavorano e, se questa fosse una regola per determinarne il talento, Imogen Poots non avrebbe nessun problema a essere in cima alla lista delle più richieste di Hollywood, avendo lavorato al fianco di Michael Douglas, Christopher Walken, Colin Farrell, Anton Yelchin, Christian Bale, Michael Fassbender e Natalie Portman, sua attrice preferita. Cresciuta a Chiswick, sobborgo di Londra, in una casa stracolma di libri, Imogen – Immie, come la chiamano gli amici – inizia a recitare sin da bambina in un gruppo teatrale. “Andavo sempre a teatro con mia madre Fiona e mio fratello Alex. Mio padre Trevor è produttore televisivo, lavora con Sir David Frost, quindi in famiglia posso tranquillamente parlare di lavoro perché non solo vengo capita ma supportata”. Il suo primo ruolo importante lo ottiene a 14 anni, per la serie tv, Casualty. “Il regista ha dovuto spiegarmi cos’era la sindrome da shock tossico, un’infezione molto rara che colpisce soprattutto le donne mestruate. Non è stato facile!”. Nel ruolo seguente è lesbica, in V for Vendetta, dei fratelli Larry & Andy Wachowski (poco importa che Larry sia diventato nel frattempo Lana). “Niente baci! Per le scene più sexy sono stata sostituita da una controfigura. Sono fortunata ad avere una famiglia che mi consiglia ed evita di farmi sfruttare. In questo mestiere è facile che qualcuno cerchi di approfittarsi di te e che ti fotta”. Con 28 settimane dopo, Centurion e Jane Eyre inizia a farsi conoscere dal grande pubblico. Una cosa è subito chiara: nonostante il volto angelico e lo sguardo penetrante di una bellezza neoclassica, il suo linguaggio e velocità di pensiero sono decisamente rinfrescanti. Scambiamo quattro parole al Comic-Con di San Diego prima che si eclissi totalmente per via di una decina di progetti che la vedranno protagonista, nei prossimi 16 mesi, in film i cui temi spaziano tra mondo porno (Paul Raymond story di Michael Winterbottom), musica (classica in A late quartet di Daniel Algrant e rock&roll con All is by my side negli anni pre-fama di Jimi Hendrix e Keith Richards), amore, filosofia e verità (in Knight of cups di Terrence Malick, in uscita il prossimo anno).
IMOGEN, COME LA PROTAGONISTA DI CIMBELINO, L’OPERA DI WILLIAM SHAKESPEARE? Yes. Si pronuncia Imma-gen. Però essendo un nome strano lo storpiano in continuazione, ma non mi preoccupo, mi prendo tutte le responsabilità, è solo colpa mia se ho un nome fondamentalmente ridicolo.
PERCHÉ ATTRICE? Ho sempre pensato fosse un buon modo per conoscere gente cool, creativa. Mi piace l’incertezza di questo mestiere, l’aspetto precario. Non è un lavoro normale, sicuro, continuativo, è un mondo pieno di imprevisti, di aspetti estremamente negativi, eppure, quando funziona, gratificante. Non è molto sano, ricorda l’effetto di un’assuefazione a qualche sostanza illecita.
anche uno spazio per uno studio. Amo l’arte, non nel senso convenzionale del termine, non in modo affettato, anche se ammetto una debolezza per la sofferenza struggente che provano tutti i grandi artisti, la tortura dell’aspetto creativo.
QUALI SONO I RUOLI CHE PREFERISCI? Quelli dove le donne non vengono considerate oggetti. Se una parte è troppo mono dimensionale non la posso accettare. Cerco sempre di essere un minimo femminista. Mi ispiro alle scelte coraggiose di Judi Dench e Maggie Smith, che hanno sempre cercato di cambiare, evolvere, sfidarsi. La vita è troppo breve per impegnarsi in ruoli in cui non credo.
PASSIONI? Senza musica non saprei come vivere. Sono grande ammiratrice e amica dei Mumford & Sons, adoro più di ogni altro artista Johnny Cash, mi piacciono Laura Marling, Joanna Newsom e il nuovo rinascimento del folk. Ascolto molto anche The Smiths e i vocalismi del Doo-wop anni ’50, perché uniscono rhythm & blues e rock ’n’ roll. Nel mio iTunes, non mancano mai Charles Bukowski e Allen Ginsberg, che mischiati in qualche playlist escono fuori quando meno me l’aspetto: è bello sentire l’inizio dell’Urlo – “Ho visto le migliori menti della mia generazione distrutte dalla follia, affamate isteriche nude...” – e subito dopo una canzone dei Depeche Mode. Di recente, ho dovuto imparare a suonare il violino. Inizialmente ho trovato divertente l’aspetto fallico del movimento dell’archetto! Poi mi sono appassionata (ride con ironia), vorrei diventare brava abbastanza per incidere un album.
HAI APPENA FINITO DI GIRARE UN BIOPIC SU TIM BUCKLEY. Il film si intitola Greetings from Tim Buckley. Faccio la parte di una ragazza che incontra Jeff Buckley, il figlio di Tim, mentre prepara un concerto in tributo del padre. Grazie a mio fratello ho ascoltato la musica di Jeff Buckley quand’ero bambina, quindi far parte di questo progetto mi ha riportato indietro nel tempo. Ho sempre amato la sua fantastica voce e le liriche delle sue canzoni. Pura poesia, era un uomo straordinario.
DI TERRENCE MALICK CHE COSA MI DICI? Non vedevo l’ora di lavorare con Terrence. L’ho trovato preparatissimo, studioso, filosofo, custode delle proprie idee. Ha uno stile di regia diverso da tutti quelli con cui ho lavorato finora, a volte in contrasto con i criteri di preparazione di noi attori: quando sei sul set con Terrence, dove di solito ci sono decine di persone coinvolte nel film, ti può capitare di ritrovarti da solo, al massimo con lui e il cameraman, a parlare, a camminare, alla ricerca di un momento vero, reale, invece che di un momento narrativo. Si gira tanto, più che con altri registi. Terrence è alla ricerca di momenti creativi, che magari nulla hanno a che fare con il film. Lui vuole che si reciti spontaneamente, senza sceneggiatura, senza pensare alla scena e soprattutto a dove si collochi. Spesso, quando fai un film con lui, non sai mai se rimarrai nel film o se verrai tagliato in montaggio. Nel mio film, per ora, ci sono Christian Bale, Natalie Portman e Cate Blanchett. Chissà, magari verrò tagliata anch’io. •
ISCRITTA AL COURTAULD INSTITUTE OF ART DI LONDRA, MA NON ANCORA LAUREATA. Ho saltato gli ultimi due anni di scuola perché mi sono ritrovata a recitare a tempo pieno. Vorrei continuare a studiare, anche se purtroppo devo ammettere che ho imparato più sul set che in aula. Comunque vorrei laurearmi, anche solo per poterlo dire a mamma.
DIPINGI ANCORA? Dipingo, disegno, ho comprato un piccolo appartamento a Fulham, dove ho
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NEW ORLEANS & CO. MUSICA DI PAOLO MADEDDU
LIBERAMENTE BLACK FRANK OCEAN CHANNEL ORANGE Def Jam
Se siete già convertiti da tempo, non abbiamo molto da dirvi, se non ricordare che il disco che ha steso tutti i critici del mondo o quasi (...l’unanimità non c’è mai. E del resto mai c’è stata, neanche per Elvis o i Beatles) è uscito il 12 luglio. Quindi nel momento più ingrato per arrivare al grande pubblico. Così, ricordando come in Italia Adele sia stata degnata di qualche considerazione quattro mesi dopo che era andata al n.1 dappertutto, abbiamo pensato di azzerare l’estate e resettare questa pagina come se Channel Orange, primo album solista del 24enne Christopher “Lonny” Breaux, componente saltuario degli Odd Future, fosse uscito ora. È assai vero che per le giovani stelle in ascesa i paragoni (Stevie Wonder, Prince, Pharrell Williams) si sprecano: l’entusiasmo dei media ormai non entusiasma più. Ed è assai vero che la stima dei colleghi in cima alla montagna non impressiona più come una volta: che abbia scritto per Kanye
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West e Jay-Z, che i Coldplay lo abbiano chiamato per il loro tour, sa molto di ennesimo dispiego di hype. Quindi, ci limitiamo a sottoporvi tre piccoli motivi di interesse. Il primo è che l’album si libera di un quintale di cliché della black music, specie quelli che da anni la rendono una specie di caricatura che sembra prodotta dai nazisti dell’Illinois. Il secondo è che Ocean pare un’esistenzialista che ha sbagliato decennio. Di sicuro Jimi Hendrix lo avrebbe frequentato. Il terzo è che non ha voluto il nome sul disco, e la sua etichetta ha dovuto insistere perché l’autore fosse citato negli spot pubblicitari. “Invidio i registi di film per come possono starsene ene nascosti durante la storia che raccontano”, ha detto al New York Times. “Piazzarsi al centro di quello che si fa è malsano”. Uno che dice questo in un’epoca in cui le popstar e i rapper usano il proprio nome come ritornello, nello, per noi è santo subito. •
ANIMAL COLLECTIVE CENTIPEDE HZ EUGENE MCGUINNESS THE INVITATION TO THE VOYAGE
Domino
Domino
WHO: Quattro secchioni che si
WHO: Ventisettenne nato alla periferia di Londra, da genitori irlandesi. Non vi viene ogni tanto il dubbio che la cosa che più ci rende simpatici gli irlandesi sia il fatto che non sono inglesi? WHERE: Al secondo album, dopo che il primo è stato salutato a sbuffi e alzate di spalle. “Troppo inglese”, hanno scritto i depressi dell’autorevole Pitchfork. Che detto di un irlandese, è un po’ come dire che Totti è troppo veneto o Formigoni è troppo napoletano. WHY: È evidentemente un entusiasta della musica vivace: pop-rock, vecchia disco, surf, funky. Non cambierà la vostra vita, ma può cambiare la vostra giornata.
WHAT: “Se dovessi riassumere me stesso in una sola parola, direi: veloce”. WHEN: Quando iniziate a pensare che forse Mastella non n era nemmeno così male.
sono dati nomi da secchioni (Geologist, Panda Bear, robe così). Si sono conosciuti in una scuola a Baltimora. Oggi vivono tutti lontani tra loro. Los Angeles, Lisbona, Washington. Uno solo è rimasto a Baltimora. Sembra la trama di IT di Stephen King, no?
WHERE: Al decimo album in 12 anni. Decimo??? Sì, decimo. Anche i Red Hot Chili Peppers ne hanno fatti dieci. Ma ci hanno messo 30 anni. Gli U2 ne hanno incisi 12. Dal 1980. Cosa stiamo cercando di dire? Mah, non è chiarissimo nemmeno a noi.
WHY: L’album precedente, Merriweather Post Pavilion, è stato salutato come un capolavoro neopsichedelico. A noi, qui, pareva un disco onesto, ben fatto - carino, toh. O la cosa non depone a favore degli altri dischi. O non depone a favore nostro. WHAT: “Abbiamo scritto il disco come una rockband in una stanza. Siamo tornati alle radici e ci siamo presi un angolo nel granaio di una delle nostre mamme: è stato come essere di nuovo una garage band”.
THE XX COEXIST
YEASAYER FRAGRANT WORLD
Young Turks
Mute
WHO: Tre ventenni conosciutisi in una scuola a pochi chilometri da Londra. Una situazione che conosciamo tutti, no? In ogni scuola c’è quella minoranza di ragazzi che cerca qualcosa di più profondo. E quella maggioranza di superficiali come noi e voi che li spinge a fondo con dei blocchi di cemento.
WHO: Cinque tizi, tre dei quali di
WHERE: Al secondo album, dopo un debutto salutato come capolavoro. Di questi tempi se il debutto non è salutato come capolavoro, al secondo disco non ci si arriva. WHY: Potrebbero essere il riassunto di dieci anni di gruppi indie. Austeri, preoccupati, depressivi e romantici. Chissà se finalmente possiamo liberarci di tutti gli altri.
WHAT: “Penso che alla gente abbia fatto piacere ascoltare qualcosa che non è stato prodotto per dare l’impressione che fosse stato inciso in una camera da letto. Peraltro, l’abbiamo inciso in una camera da letto”.
Baltimora. Cos’è, sta cosa con Baltimora, oggi? Ma il gruppo è nato a Brooklyn.
WHERE: Mica potevamo lasciarvi senza una band di Brooklyn. Se quest’autunno Brooklyn torna a essere il posto da sfigati che è sempre stato, siamo perduti. WHY: È un’idea di una linearità quasi imbarazzante: la musica alternativa non deve nascere nel centro, ma in una zona che si ponga come alternativa. Pensate a decine di band di Pomezia. “Ehi, raga, c’è una nuova band di Pomezia!”. “Eh, si sa, a Pomezia c’è una scena, c’è fermento”. (... Fermento? A Pomezia?).
WHAT: “Oggi non hai bisogno dei media. Non abbiamo bisogno di andare su Mtv, di essere su Rolling Stone o su NME. La gente viene a sapere le cose. Oppure non le viene a sapere, e fa lo stesso”. WHEN: Quando iniziate a pensare che forse Pannella non era nemmeno così male.
WHEN: Quando iniziate a pensare che forse D’Alema non era nemmeno così male.
WHEN: Quando iniziate a pensare che forse Berlusconi non era nemmeno così male.
UNA SU 14 AMANDA PALMER “GROWN MAN CRY” DA “THEATRE OF EVIL” Cooking Vinyl
In questi giorni, davanti alle scuole che riaprono ci sono alcune decine di individui vestiti con impermeabile, scarpe, calzini – e nient’altro. Nessuno di loro è più esibizionista di “Amanda Fucking Palmer” (nomignolo di cui è assai orgogliosa). Se avete un’amica su Facebook che ogni giorno posta un’ottantina di foto e video che attestano che è una deliziosa, ironica mattacchiona, avete capito il tipo. Da quando poi ha mollato il suo maggiordomo Brian Viglione, con cui formava i Dresden Dolls, si mostra nuda più di Sara Tommasi, grida o scrive “Fuck!” a sproposito come i bambini, strabuzza gli occhi il triplo, ma non ha inciso album memorabili. La casa discografica, che non ha capito il suo genio, l’ha lasciata a casa. Lei ha fatto una colletta tra i fan, per pubblicare il capolavoro che il mondo crudele le
ha sempre impedito di pubblicare. E sapete, quelli che chiedono costantemente attenzione, beh, la ottengono. Ha tirato su un milione e 200mila dollari. Sicché, ha inciso questo album. È il capolavoro che il mondo crudele le aveva impedito di pubblicare? No. Come sempre è un disco in cui – in varie modalità – strilla: “Ehi! Guardatemi, tutti!”. Però come sempre, quando le tolgono il Prozac e le si scarica l’autocompiacimento, le saltano fuori pezzi da fermare il traffico. Uno è questo Grown man cry. Niente cabaret, niente circo, solo una canzone pop con un calibrato dosaggio di sofferenza. Un po’ Garbage, un po’ Hole. Roba che non si trova facilmente in giro, che merita attenzione. •
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LONDON CREATIVE LAB
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LONDON BEACH
TESTO SASHA CARNEVALI FOTO MATTIA ZOPPELLARO / CONTRASTO
L’ultima frontiera in fatto di grafica passa per The Beach, un piccolo spazio molto cool nel cuore di Shoreditch. Una libreria ma anche una sorta di hub creativo che connette le grandi agenzie con i talenti emergenti URBAN | 49
“We love Charlie at Beach, he makes great coffee!” mi dice un’amica londinese che frequenta quotidianamente tutte le gallerie della città. È vero, Charlie serve un gran buon caffè dalla macchinetta che doveva essere il cuore di un ambizioso angolo ristorativo (“poi abbiamo scoperto che non avevamo i permessi per preparare i tramezzini, così ne compravamo troppi e finivamo per mangiarceli tutti noi!”), ma non è certo perché si beve meglio qui che da Starbucks che Beach attrae ogni giorno un pubblico vivace ed eterogeneo (durante l’intervista si aggira con totale nonchalance un tipo che sembra il cowboy-narratore del Grande Lebowski, con tanto di mustacchi, stivali e cappello). Specializzata in grafica e in micro-edizioni artistiche così cool che ci vogliono i guanti di lana per sfogliarle, la galleria fondata un anno fa dagli skater Matt Lucas (24 anni) e Charlie Hood (27) con la passione del ping pong, dei disegni e delle linoleumgrafie si sviluppa su due piani: quello underground ospita lo spazio espositivo; quello su strada lo shop, con scaffali di libri e “zine” (riviste a tiratura limitata, prodotte direttamente e indipendentemente dagli artisti), più un murale che cambia con ogni mostra.
COME VI È VENUTA L’IDEA DI APRIRE UNA GALLERIA COSÌ DI NICCHIA? È stato molto veloce… hai presente quando sei al pub con un amico e siete entrambi un po’ brilli e fate discorsi del tipo “non sarebbe bello lanciare un business così e cosà”? Beh, io e Matt abbiamo avuto quella conversazione un po’ brilla nell’aprile del 2011 e tre mesi dopo eravamo aperti. Io lavoravo per un posto simile in East London che si chiama Concrete Hermit (ora solo on line, si definisce “post neo old skool”, n.d.r.), ma ci hanno influenzato anche Printed Matter, uno storico collettivo not-for-profit fondato nel 1974, OHWOW e Cinders – tutte gallerie di New York, una città dove sembra che il concetto di libro artistico sia capito e accolto molto meglio che altrove. Comunque le stampe portano più soldi dei libri. E del caffè.
SIETE A SHOREDITCH, CHE UNA DOZZINA DI ANNI FA SI È TRASFORMATA NELLA ZONA DEI CREATIVI E DELLE GALLERIE PER ECCELLENZA GRAZIE AL TRAINO DELLA WHITE CUBE. QUESTO NON VI FACILITA? Essendo molto specializzati attraiamo gente che viene apposta da noi a prescindere dalla location. Shoreditch è ancora un hub per le agenzie di creativi, ma gli affitti sono ormai troppo cari per gli artisti, che si sono fisicamente spostati verso l’outer-London, nei quartieri di Dalston e Peckham, che suggerisco agli amici italiani di andare a scoprire anche se non sono facilissimi da raggiungere: è il posto più cool del momento. Le gallerie invece stanno stranamente tornando a occupare Soho e Hackney.
E PER VOI NON È CARO L’AFFITTO? Altroché! Infatti abbiamo un’altra attività, meno visibile, che è poi quella che ci fa davvero tirare avanti: facciamo da tramite tra le agenzie e i graphic designer. Abbiamo una bella lista di contatti e il polso di tutti i nuovi talenti. Siamo molto attenti agli studenti e ai giovani, e abbiamo imparato a riconoscere le università che tengono i corsi migliori, come quella di Brighton o la Central Saint Martins e la Camberwell di Londra, che mette una bella enfasi sul “Do It Yourself” e l’autopubblicazione.
QUALCHE NOME SU CUI PUNTARE IN CASO DI SCOMMESSA? Tra i laureati di quest’anno Josh Checkley, James Jessiman, Lorna Scobie e Jack Felgate. E tra i “non-graduates” James Hines, il cui lavoro è sempre molto diverso eppure riconoscibile, e Lucas, che terrà una mostra da noi questo inverno, un graffitaro superintelligente che conosce molto bene la storia dell’arte.
CHI SONO I CLIENTI DELLA GALLERIA, INVECE? Il profilo è ampio, vendiamo anche on-line con particolare successo in Giappone, ma essenzialmente ci rivolgiamo a gente come noi, tra i 25 e i 40 anni: nessuno ha molti soldi da spendere e vogliamo che tutti si possano permettere libri e stampe. Che l’arte sia democratica insomma. Edizioni come quelle del tedesco Lubok, completamente fatte a mano, bellissime, consentono di possedere e collezionare con una trentina di sterline creazioni di artisti che altrimenti costerebbero una fortuna. Ogni tanto qualcuno mi chiede: “Posso ritagliare le pagine e appenderle al muro?”.
TI CHIEDONO IL PERMESSO? E TU CHE RISPONDI? Che sarebbe come uccidere un cigno!
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AVETE UN APPROCCIO MOLTO DIVERTENTE QUANDO SI TRATTA DI PROMUOVERE I VOSTRI EVENTI. PENSO A “THE PHOTOCOPY CLUB”, QUANDO AVETE ATTACCATO AL MURO FOTOCOPIE IN OGNI SCALA DI PEZZI MANDATI DAGLI ARTISTI… Si potevano comprare questi fogli firmati sul retro per una o due sterline, senza sapere se stavi comprando uno sconosciuto o un nome famoso, ma sapendo che stavi comprando qualcosa che ti piaceva davvero. Ora facciamo dipingere un murale diverso ogni mese dietro la mia scrivania… è un po’ un peccato, ma molti degli artisti sono graffitari abituati a vedere le loro opere sparire sotto le pennellate di qualcun altro.
DA UNA PARTE PEZZI CHE DURANO POCHE SETTIMANE E CHE NESSUNO PUÒ POSSEDERE, DALL’ALTRA LIBRI DA COLLEZIONARE E ACCAREZZARE PER SEMPRE… Ma a pensarci bene anche le zine nascono come messaggio politico indipendente, come modo immediato e cheap di far conoscere il proprio lavoro. In questo sono molto simili alla street art.
QUALCHE SUGGERIMENTO PER GLI APPASSIONATI CHE NON POSSONO VENIRE A TROVARVI A LONDRA? C’è un sito che si chiama Cover, da cui puoi scaricare screensaver firmati da artisti, e una app che si chiama Granimator che invece li elabora combinando varie opere.
TREND EMERGENTI? Pezzi che contengono testi, genere pop anni ’90, molto libero, finalmente oltre l’estetica svizzera e minimale dello stile Helvetica: ESPO e Ornimental Conifer ad esempio producono del materiale fortissimo. E soprattutto la “internet art”: tenete d’occhio Martin Cole (Upper-cut.net), che pone delle belle domande sul web, e Bonjour Jean-Jacques, due artisti di Parigi follemente giovani.
LA NAZIONE CHE PRODUCE PIÙ TALENTI? La Gran Bretagna! Non scherzo, è merito delle scuole che citavo prima.
UN’ULTIMA DOMANDA: PERCHÉ AVETE CHIAMATO BEACH UNA GALLERIA CHE CON LA SPIAGGIA SEMBRA AVERE PROPRIO POCO IN COMUNE? Because everybody loves going to the beach! •
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LONDON DETAILS 1
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RAINY NIGHT
DI IVAN BONTCHEV E TATIANA UZLOVA
1. g-star raw: trench corto beige, 229,90 euro, www.g-star.com 2. daks: trench doppio petto stampa Check, prezzo su richiesta, www.daks.com 3. burberry london: trench beige doppio petto con dettagli neri, 1095 euro, www.burberry.com 4. prada: trench con inserto pelliccia, prezzo su richiesta, www.prada.com
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PARIS FASHION
Mantella, missoni Camicia, bershka Short, g-star raw denim Scarpe, alberto guardiani
THE OPPOSITE GAME FOTO JOLIJN SNIJDERS STYLING IVAN BONTCHEV
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Felpa, mauro grifoni Pantaloni, markus lupfer Scarpe, dr. martens Cappello, ck calvin klein Bracciale, maison martin margiela
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Casacca, marni Pantaloni, moschino cheap & chic Cappello, mauro grifoni Scarpe, cheap monday
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Giacca, wolford Camicia e anello, cheap monday Short, alysi Scarpe, prada Collana, fracomina Calze, manila grace
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Cappotto, ottod’ame Camicia, g-star raw Pantaloni, asos Scarpe, united nude
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Giacca, pepe jeans T-shirt, koonhor Pantaloni, m. grifoni Cappello, sergio zambon
Giacca, kenz o Pantaloni e ca sacca, bottega ve neta
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Camicia, ck calvin klein Felpa, cos Shorts, mango Scarpe, cheap monday Guanti, frankie morello
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Cappotto, prada Pantaloni, sergio zambon Scarpe, marni Guanti, elisabetta franchi
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Giacca, c’n’c Camicia, frankie morello
ADDRESS LIST Alberto Guardiani, www.albertoguardiani.com. Alysi, www.alysi.it. Asos, www.asos.com. Bershka, www.bershka.com. Bottega Veneta, www. bottegaveneta.com. C’N’C, www.costumenational.com. Cheap Monday, www.cheapmonday.com. CK Calvin Klein, www.calvinklein.com. Cos, www.cosstores.com. Dr. Martens, www.drmartens.com. Elisabetta Franchi, www.elisabettafranchi.it. Fracomina, www.fracomina.it. Frankie Morello, www.frankiemorello.it. G-Star Raw Denim, www.gstar.com. Kenzo, www.kenzo.com. Koonhor, www.koonhor.com. M Missoni, www.m-missoni.com. Maison Martin Margiela, www. maisonmartinmargiela.com. Mango, www.mango.com. Manila Grace, www.manilagrace.com. Markus Lupfer, www.markuslupfer.com. Marni, www.marni.com. Mauro Grifoni, www.maurogrifoni.com. Moschino Cheap & Chic, www.moschino.it. Ottod’Ame, www.ottodame.it. Pepe Jeans, www.pepejeans.com. Prada, www.prada.com. Sergio Zambon, www.sergio-zambon.com. United Nude, www.unitednude.com. Wolford, www.wolford.com. Hair: Simone Prusso @ Atomo using Kevin Murphy. Make up: Luciano Chiarello @ Atomo. Models: Lera Tribel @ Next Models. Nathalia Oliveira @ Elite Milano. Assistente fotografo: Jacopo Vimercati. Assistente moda: Christian Di Perna
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© Samantha Casolari
NEW YORK FASHION
UNDER GROUND JEWELS Si trova sottoterra proprio come i tesori il nuovo atelier/scrigno che accoglie i gioielli di Bijules TESTO FEDERICO POLETTI
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Jules Kim, mente visionaria dietro al brand Bijules, non si limita a disegnare gioielli, ma fa di ogni creazione una vera e propria esperienza. Dal suo atelier sulla Bowery a New York realizza piccole opere d’arte da indossare che rispecchiano la bellezza del mondo caotico in cui viviamo. Materiali tradizionali, come l’oro e le pietre preziose, sono ripensati con forme nuove capaci di raccontare storie: corpi abbracciati, tagliati e ricurvi che prendono vita relazionandosi al corpo. Nella sua pratica artistica e come filosofia di vita tiene ferma una convinzione: “Combatto per oltrepassare i limiti e ridefinire i criteri della moda. L’integrità del mio design è più importante per me e per la mia carriera che ottenere risultati veloci”.
PARTIAMO DAL TUO NUOVO NEGOZIO SULLA BOWERY… COM’È NATA L’IDEA? “Bijulesterie ha aperto poche settimane fa, solo su appuntamento. È un luogo da scoprire nel senso letterale del termine perché è nascosto sotto la strada. Una destinazione nascosta per chi ama andare alla ricerca di posti speciali, non solo un manifesto in mattoni e cemento della mia estetica. Ma vi accolgo anche il lavoro di artisti come Sylvia Hommert fino ai profumi di Six Scents”.
RACCONTAMI LA TUA STORIA NEL CAMPO DELLA GIOIELLERIA. “Ho iniziato a creare gioielli all’età di otto anni nello scantinato del mio appartamento nell’East Village, realizzando tutto a mano! Ho studiato ‘gioiello’ alla Virginia Commonwealth University, dove mi hanno fatto capire davvero il materiale. Sono convinta che un designer debba conoscere bene quello che utilizza. Poi da Richmond mi sono trasferita a NY quasi 11 anni fa: da allora è stata una full immersion nel mondo della musica e della moda. Ho fatto un’esperienza ‘alternativa’ sulle piste da ballo e nei club a contatto con musicisti e dj che sono diventati miei amici e i migliori testimonial delle mie creazioni”.
DA DOVE ARRIVA L’ISPIRAZIONE? “Ho un approccio anarchico alla progettazione che rispecchia perfettamente la mia personalità. Non mi piace la parola ‘no’ e questo mi spinge a creare concetti e gioielli sempre originali. Come l’anello ‘single finger fit, multi finger look’ creato otto anni fa: solo oggi la sua forma è stata compresa ed è entrata a far parte di molte collezioni. Il mio lavoro sfida i principi della moda.
PER TE NEW YORK È ANCORA UNA CITTÀ RICCA DI STIMOLI? “Non c’è posto al mondo in grado di competere con le veloci idee in movimento di questa città: mi permette di esprimere il mio spirito ribelle, oltre alle mie capacità intuitive e imprenditoriali. I newyorchesi creano le proprie opportunità e guardano al futuro con creatività”.
IN QUALE ALTRO POSTO TI PIACEREBBE VIVERE?
I TUOI PEZZI ICONICI?
“Voglio comprare una casa in Puglia e vivere lì durante il periodo estivo. Per adesso conto di passare ancora del tempo qui a New York”.
“Il ‘bar ring’ e il ‘nail ring’. Per questa stagione ho sviluppato alcune forme nuove, come il bracciale per mano e ‘bladerunner’, un anello composto di tre pezzi sovrapposti.
PROPRIO LA PUGLIA? COME TI È VENUTO IN MENTE? “Devo confessare che ho passato una bellissima vacanza in Puglia con il mio compagno che è italiano (ride). Lui è un talentuoso artista e fotografo e mi ha portato lì tempo fa facendomi apprezzare il ritmo della vita italiana”.
QUALI MATERIALI PREFERISCI?
UNA CELEBRITY ALLA QUALE VORRESTI FARLI INDOSSARE? “Beyoncè ha un mio nail ring di diamanti, Rihanna un bar ring, ho realizzato bocchini per sigarette per Grace Jones e gioielli per Daphne Guinness. Mi piace creare pezzi per chiunque li desideri… l’importante è che s’innamorino delle mie creazioni”.
“Amo l’oro. È come il burro, ricco e caldo. Il suo peso lo rende unico e speciale”.
QUALI SONO I TUOI PROGETTI FUTURI? COME HAI TROVATO UN EQUILIBRIO TRA DIMENSIONE ARTISTICA E PRODUZIONE? “Sin dall’inizio della mia avventura ho intuito l’importanza di creare una forte identità di marchio. Per questo ho sviluppato un vero linguaggio visivo che fosse efficace per la comunicazione del brand e dell’estetica Bijules. Ho lavorato sul trasmettere un’emozione, che è poi il vero motore per le vendite. Una consapevolezza che ha reso Bijules davvero speciale”.
“Ne ho molti. Sviluppare lo showroom appena aperto, nuovi progetti con Vibe Harslof di Copenhagen, una collaborazione con il produttore di musica elettronica Luca Venezia e creare una linea uomo per FOG qui a New York. E il lancio del nuovo sito di Bijules! Restate sintonizzati”. • www.bijulesnyc.com
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BOLOGNA & CO. NIGHTLIFE DI LORENZO TIEZZI
MILANO ILANO I AM A RICH BITCH Dopo aver fatto ballare Cannes, Ibiza e Formentera, la festa in rosa più scatenata di Milano torna in città. Cambia solo il locale: dal Vanilla la fashion crew di Ale Zuber si sposta in due locali diversi tra loro. Chi ama gli spazi underground, li trova ogni mercoledì al Divina, chi cerca quelli più fashion, di sabato si mette in coda all’Armani Privé. La musica è easy, o meglio, commerciale. In fondo è solo un pink party pieno di modelle e bella gente in libera uscita. Ma soprattutto di notte colore e leggerezza mettono il sorriso. richbitch.info
MARSEILLE & CO. MARSATAC Marsatac riempie di rock ed elettronica un week end del Paloma di Nimes e poi quello successivo si sposta al Dock des Suds di Marsiglia. Da un locale all’altro c’è solo un’ora di strada e c’è il tempo per rifiatare, per cui godersi qualcosa come 60 diverse performance in due settimane (dieci per sera) fa gola. Da Brescia arrivano gli Aucan, che col loro techno rock stanno seguendo le orme dei loro idoli Chemical Brothers. A rappresentare il lato più electro della scena francese c’è il solito Busy P (Ed Banger). Attesi anche i Kap Bambino, con i loro ritmi dark. Attenti che la cantante Caroline Martial spesso fa stage diving. 20-22 settembre, Nimes 27-30 settembre, Marsiglia www.marsatac.com
ROBOT BOLOGNA LOCATION VARIE Dopo il concerto di Alva Noto & Ryuichi Sakamoto il 27 settembre al Teatro Comunale, una preview perfetta per istituzioni e autorità, RoBOt fa davvero ballare Bologna. Tra Palazzo Re Enzo, il mitico Link e il più recente TPO passa un bel po’ della scena elettronica europea. C’è anche un pianista elegante dall’immagine forte come Francesco Tristano. Ma per il resto il cartellone è pieno di belle sorprese o per lo meno di artisti non ancora così noti in Italia. Si sperimenta, si cercano nuovi talenti con un contest ormai consolidato come call4RoBOt e si dà spazio alle performance e alle arti visive. Ma soprattutto, Shape, l’associazione che organizza il festival, sta sul concreto e offre un bel po’ di sano ritmo fatto da professionisti del settore come Gold Panda. Anche uno come Julio Bashmore è perfetto. Originario di Bristol, fa dischi da poco, ma ogni dj del pianeta potrebbe mettere in valigia la sua Au Seve. Per riportare in pista anche i più riottosi è utilissima. Anche il londinese Paul Rose, al mixer Scuba, in fondo, fa house music. Il ritmo è quello, i suoni pure. Solo che nel video della sua The hope, che già da sola è una cavalcata mozzafiato, al posto delle solite ragazze in bikini ha messo a bagno un elefante. La sensualità, sia chiaro, non manca ma la incarnano vere ballerine, tra l’altro piuttosto vestite. L’11 ottobre arrivano in console i misteriosi Tiger & Woods. La loro musica è un insieme ipnotico e sexy di sample anni ’70/’80. Qualcuno la chiama future boogie e in effetti è tutto tranne che il solito, noioso, revival. 27 settembre 10-13 ottobre www.robotfestival.it
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MILANO DISCOVERITALY MiTo si chiude con una festa in piazza Città di Lombardia dedicata alle canzoni italiane più leggere, quelle che negli anni ’70 e ’80 cantavano Tozzi, Celentano & Claudia Mori o Loredana Bertè. Le melodie di Non succederà più e Tu restano eterne, all’umile lavoro di renderle attuali a suon di cassa dritta pensano quattro dei dj italiani più sperimentali. Bertallot, Stefano Fontana e Boosta dei Subsonica spesso giocano con la forma canzone. Più difficile prevedere cosa combinerà quel vinilista di Coccoluto. 23 settembre h 22 www.mitosettembremusica.it
BAR, RISTORANTI & CO.
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MILANO RIENTRO IN CITTÀ
DI MIRTA OREGNA
PAROLA D’ORDINE: STAY LIGHT!
FLUID FRESH FOOD via San Giovanni sul Muro, 9 02-84931359 chiuso sabato e domenica
A
PAVÉ via Felice Casati, 27 02-94392259 chiuso lunedì, sabato e domenica sera Giovanni pasticcere, Diego ex commerciale informatico, Luca giornalista, media scarsa dei 30 anni, in tre – dicono – “fanno una torta piena”, e che torta! Il loro bel locale, aperto in silenzio prima dell’estate ma già chiacchierato su blog e social, si trova nella ex-casbah di via Casati e trasuda aria internazionale da tutti i mobili: un po’ San Francisco, dove ha vissuto e lavorato Giovanni (che vanta un curriculum di tutto rispetto), un po’ Australia, dove ha girovagato Luca, e tanta Berlino, che piace molto a Diego. Nel loro “salotto con laboratorio di pasticceria” si impasta al mattino per sfornare il pane caldo alle 16.30 in punto ma le leccornie cominciano a colazione con “la 160” (brioche e confettura di albicocche extra), proseguono a pranzo con i panini imbottiti (da provare quello con culatta di Langhirano e burro), hanno un exploit a merenda (sbrisolona, frolle e brownies da affogare nel latte e menta) per concludersi con il più vintage degli aperitivi (bianco amaro, mezzo e mezzo o Garibaldi con olive e patatine) magari da consumare sull’invidiabile tavolo social in materiale di riuso. Se la domenica prevedono la millefoglie farcita al momento, gli altri giorni eleggono il vinile della settimana e hanno in programma tornei di carte e incontri di knitting, anche perché qui, con divanetti, wireless e caffè, ci si sosta a lungo proprio volentieri. Consigliato per i nostalgici e tutti quelli che dicono “no!” a diete, merendine industriali e happy-hour della Milano da bere
Lunch. Di fronte al Teatro dal Verme, una micro “scatola” di 28 metri quadrati la cui nuova insegna in lamina di ferro mostra una forchetta al posto della “ì” di fluid. Entrati, vedrete alla parete le coppette simili a quelle del gelato, in più formati (dalla small, 250 ml, alla XXL, 1000 ml, dai 5 ai 10 euro) ma nelle vaschette dietro il bancone niente del genere, piuttosto farro, riso, couscous, verdure cotte e crude, mozzarelline, feta, olive, pollo al curry e così via per creare la vostra insalatona preferita. A completare l’offerta, molto esterofila e pronta per essere replicata in giro per la città, sushi preparato da sushi-man nel retro (il proprietario, ex-Parco Sushi, possiede anche il locale Sushi etc.), tramezzini di Tramezzino.it, zuppe (carote e zucca, asparagi e patate), frullati e macedonie e dolcetti anglosassoni (brownies, cup-cake ecc.). A Milano mancava!
RIOLO PIÙ via Savona, 13 02-39811896 chiuso domenica Merenda & aperitivo. Spuntata improvvisamente come un fungo dopo la pioggia tra i negozietti di via Savona, Riolo Più è una frullateria d’altri tempi. Piccola, semplice ma esplosiva in fatto di bontà. Dietro il bancone trovate Riccardo, ex manager con le bretelle e il pallino della frutta buona pronto a sciorinarvi con invidiabile flemma i gusti di frutta della giornata e gli abbinamenti consigliati: avocado e lampone, melone e ananas ma giammai pesca e mango (che va contro ogni regola), nemmeno fragola e lampone (che non ha senso). La sua geniale invenzione (per cui vedete davanti alla panchetta fuori dal negozio capannelli di gente tutte le sere) sono però i FruitShot, piccoli shottini a base di frutta con alcol: Rossini e Bellini con spumante, melone e vodka, polpa di fragola, gelato al cioccolato e rum, avocado e gin (1,50 euro a dose). Assolutamente da provare. Servono anche ottimi gelati, granite, yogurt con frutta, centrifugati e le nuove vaschette take out con insalate ovviamente alla frutta (feta e avocado).
DEL VUOTO
N’OMBRA N’ N ’O OM MBR BR RA AD DE EV VIN I via San Marco, 2 02-6599650 chiuso domenica Da oltre 40 anni, nella cornice storica del refettorio degli agostiniani, seleziona ottime etichette di vino e distillati (oltre 3mila), organizza corsi e degustazioni. Dopo la gloriosa epoca del sior Marini, colonna portante della sua scuola, oggi è il signor Corati che dirige i lavori e il locale: da qualche anno si è dotato di wine-bar e clientela à la page che qui si raduna fin dall’aperitivo. Così quest’estate, mentre la città era in vacanza, in silenzio ha compiuto una nuova ristrutturazione, con cucine moderne al piano inferiore e un lungo bancone-bar, dove ci si fa aprire qualche preziosa bottiglia custodita nel caveau (niente Enomatic qui, per carità!). Quanto alla selezione food la nuova stagione da bistrot è più curata: ai cavalli di battaglia (quiche, club sandwich e tartara di Fassona battuta al coltello) si aggiungono il torchon di foie gras fatto a mano e i migliori prodotti dell’autunno (funghi e tartufi in primis). Da non perdere conquistare un posto alle panchette con tavolino, sul marciapiede all’ingresso, per un aperitivo davvero “on the road”
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via Giambellino, 12 02-94555592 chiuso domenica Dinner. Ai confini estremi di Zona Tortona ha aperto il primo bistrot italiano dedicato alla cottura sottovuoto: l’idea è venuta veleggiando in Belize ad Andrea Colombo (che le macchine per il sottovuoto le commercia) ed Enrico Orlandelli (che dopo esser stato musicista dei Quartiere Latino, e interior designer, oggi alla sua terza vita è il direttore di sala del locale), e non è per niente male. La cucina sottovuoto, che sta prendendo sempre più piede, è pratica, igienica, fa utilizzo di una quantità minore di condimenti (un decimo) e mantiene al massimo le qualità organolettiche degli ingredienti (il gusto!): provate ad assaggiare il risotto alla parmigiana con lombatine di coniglio o la guancia di maiale con verdure e sentirete quanto sono teneri. Il locale (pareti in pigmento e ferro, un lampione come lampada, tavoli con legni di recupero, cucina a vista dietro un bancone in legno) apre sin dal mattino per le colazioni e non disdegna la pratica del drink pre e after-dinner. Mise-en-place informale con runner di jeans e conto finale sui 45/50 euro. Ottima opzione quando si va al cinema Ducale!
HONG KONG DI MIRTA OREGNA
FILO ART BAR alzaia Naviglio Pavese, 34 02- 39810893 chiuso lunedì Un po’ bar, un po’ galleria d’arte, ma soprattutto “filo”, perché il suo ideatore, Andrea Zerbetto, voleva un nome corto e facile da ricordare: in super-sintesi questa la filosofia del nuovo locale affacciato sul Pavese, un cocktail-bar con cucina (che aprirà in autunno) la cui progettazione è stata affidata agli architetti del MAR Office. Un bancone a triplo volume si solleva o abbassa per mostrare o nascondere le bottiglie degli alcolici, cambiando così la scenografia del locale. Nella sala interna, diversi tavolini e una panca lungo la vetrata d’ingresso, mentre superato il bagno cipria (molto Milano anni ’50) si esce nell’inaspettato cortile verde, punteggiato di tavolini rosso lacca, in una cornice di case di “vera ringhiera”. In lista, cocktail classici e vini al calice, mentre il cocktail di punta è il Long Island, come da ricetta originale, fresco e rinfrescante, non troppo per lasciar emergere il gusto del lemon-tea. Nell’ora della merenda selezione di tè e caffè speciali (come il caffè con latte di mandorla, panna fresca e petali di mandorla). Quanto all’arte, viene curata dalle ragazze di Doppio Zero, da poco rientrate da NY… Consigliato per un aperitivo intellettuale con mostra e vista Naviglio, che certo non è la Senna SSe enn nna ma ma ha ha sempre sseemp mpre re iill su ssuo uo perché pe
QB MERCATO CATO CA TO E C CUCINA UC U CIN CIN NA viale Pasubio, 8 02-89690509 chiuso lunedì sera / wi-fi C’è chi la definisce risto-bottega, a metà tra luogo di acquisto e consumo, c’è chi ci si rifugia volentieri per un aperitivo informale e “a colori” (vivaci come sedie e tavoli), ordinando un classico dalla carta dei cocktail o un analcolico (7 euro), sottofondo di musica ambient e piattini serviti (olive, pinzimonio, affettati e formaggi… secondo mercato!). Una volta a settimana, aperitivo a tema. Stay tuned sul sito! Da non perdere dopo cena, un bicchierino di rum agricolo J. Bally Rhum Ambré Agricole
AMMO CAFÉ 9 Justice Drive, Admiralty http://asiasociety.org Ammo nello slang sta per “munizioni” (ammunition), ma è anche l’acronimo di Asia, Modern, Museum and Original: ci troviamo infatti nella sede del nuovo Asia Society Hong Kong Centre, ricavato negli spazi di un ex-deposito britannico di munizioni, totalmente ristrutturato. Al suo interno lo scenografico Ammo Café, che porta la firma della interior designer Joyce Wang. Il legame con il passato, focus trasversale dell’intero progetto, qui viene simbolicamente rappresentato dall’utilizzo del rame, materiale industriale che va in felice contrasto con la lussureggiante vegetazione tropicale del giardino; mentre il coté food & wine è stato affidato a Tony Cheng, insieme al socio-chef Roland Schuller del The Drawing Room, mecca della più raffinata cucina italiana in città. Qui invece il menu è un cross-over continuo tra est e ovest: basta lanciare lo sguardo sulle accattivanti tapas proposte, dal cappuccino di seppia alle crocchette di Pata Negra, alle aragostelle avvolte in carta di riso vietnamita con basilico. Senza dimenticare la strepitosa lista di cocktail (inclusa una carta di soli Martini!). Consigliato per un tuffo nel passato di Hong Kong, galleggiando nel suo futuristico presente
TROPICAL ISLAND Bastioni di Porta Venezia s.n. ingresso Giardini Pubblici 02-29511599 chiuso lunedì / no wi-fi Isola di piacere nel traffico urbano, il chiringuito di Simone e dei suoi ragazzi si conferma il rientro perfetto post-vacanze. Dissetanti cocktail (7 euro) con frutta fresca (da non perdere l’Aloha con maracuja, ananas e vodka, o il Cogo con cocco, banana e rum) serviti ai tavoli del dehors coperto per l’aperitivo e in piedi negli affollati dopo cena. Da non perdere la serata gay-friendly del mercoledì: dalle 22 drink, musica, balletti e drag-queen
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NAPOLI DI CIRO CACCIOLA
EVA LUNA / IL TASCHINO piazza Bellini, 72 081-292372 sempre aperto / wi-fi Battezzata con una bellissima mostra su Moebius, la joint venture tra Eva Luna, storico spazio “al femminile”, e Il Taschino, snack bar tra i più dinamici e glam del rinascente centro antico della città, ha dato vita a uno spazio tutto nuovo, coniugando in un “unicum” strategico mondi e realtà differenti. Ne viene fuori un melting pot fresco e vitale, fra cultura e divertimento, un baretto/vineria ideale per l’aperitivo e il dopo cena più tardivo.
NEA via Costantinopoli, 53 081-0332399 sempre aperto Nel basamento della monumentale Biblioteca Universitaria Umanistica in piazza Bellini, sotto la bellissima scalinata fino a ieri barocca ma oggi forse più barock, da questa estate c’è Nea, dimensione nuova, di nome e di fatto, per confermare un’idea contemporanea, un po’ colta un po’ leggera, di art bar e lounge gallery. O viceversa? Di giorno, fino a che le porte della biblioteca restano aperte, vi si accede anche da piazza Bellini. Dal tardo pomeriggio in poi, l’unico accesso resta quello da via Costantinopoli, quando i tavolini all’aperto, a tinte forti, restano aldiquà del cancello creando un’oasi di qualità con vista sui giardini a ridosso delle antiche mura greco-romane, dando vita a una singolare terrazza giardino per consumare a pranzo uno snack veloce o una cenetta leggera, consultare libri e cataloghi presenti nel bookshop, navigare wi-fi, sfogliare riviste e volumi che capiterà di trovare sparsi sui tavolini e sulle sedute interne ed esterne. I menu sono contenuti su veri e propri libri, che poi si possono leggiucchiare o consultare. Il sistema luce è quasi un’installazione, site specific e delicato, con candele e lampadine a vista fissate in ghirlande di canapa. Consigliato per le “torte del giorno” e della casa, originali, dolci ma non troppo, preparate con frutta di stagione e confetture biologiche tipo: mandarini di Sorrento, fichi del Cilento e albicocche del Vesuvio
BUENOS AIRES DI MIRTA OREGNA
Da non perdere incontri, dibattiti, presentazioni di libri, piccole esposizioni, ma soprattutto le lunghe serate di chiacchiere che gli habitué del locale trasformano in momenti di varia umanità supportata dagli ottimi vini della cantina di casa
LA BALENA vico Giuseppe Maffei, 4 sempre aperto / no wi-fi La Balena è un progetto temporaneo attivo – per ora! – negli spazi dell’Ex Asilo Filangieri, già sede del Forum delle Culture. Spazio indipendente e controcorrente, organizza concerti ed eventi multimediali spesso di grande qualità sostenendo le attività con il bar aperto nel cortile della bellissima struttura a ridosso di San
Gregorio Armeno. Stupefacenti i prezzi delle bevande: tra i più bassi in circolazione. Da non perdere gli aperitivi del giovedì sera che mettono insieme le creatività più diverse: nel giro di poche ore vi può capitare di assistere a performance di abilità aeree, jam session polistrumentali, proiezioni e altre cose rare
SQUID via Napoli, 16 / Pozzuoli 366-1002427 sempre aperto / no wi-fi Le bellissime terrazze digradanti a mare, il panorama mozzafiato che mette insieme Capri e archeologia industriale e il bel tempo che resta almeno fino a fine ottobre hanno fatto di Squid, lido, fruit bar e ristorante, una delle location più coinvolgenti dell’estate 2012. Nato negli spazi dell’ex Salotto La Veronica, sul lungomare che collega Napoli a Pozzuoli, offre una dimensione di relax e di qualità a pochi minuti dal centro cittadino. Da non perdere il “Mercoledì Vero”, happy aperitiv in scena dal tramonto alla luna, con un sacco di buona musica, sette/otto piatti di cose fresche e leggere da mangiare “finger”, ristorante di pesce alla carta se proprio vuoi esagerare
FORNERÌA Malabia, 1825 +54-1148315447 http://forneria.com.ar Tra le ultime proposte di Palermo, quartiere “in” della capitale argentina, è nata Fornerìa, una cantina-bar che richiama le atmosfere (allargate) da parlour anni Cinquanta, strizzando l’occhio ai locali newyorchesi contemporanei. Gli arredi, progettati dallo studio di Mariana Flombaum, sono un mix equilibrato e armonico di pezzi di recupero (dalle piastrelle a scacchiera ai tavoli in legno e formica, dall’insegna al neon alle sedie diverse l’una dalle altre), che nell’insieme rendono il locale rilassato e informale. Quanto all’offerta (che copre tutta la giornata, dalla colazione al traguito, il bicchierino del dopocena), lo chef Daniel Lopez spazia tra i piatti della più classica comida argentina, dagli evidenti influssi made in Italy: milanesitas de mozarella, tortilla de papas alla spagnola, veggie ciabatta o con pastrami, bagel con salmone, pizza cotta nel forno a legna, pollo in più modi e “pesca del dia” al vino bianco, da accompagnare con una birra ghiacciata.
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Consigliato per un “cafecito” sul tetto-terrazza verde con vista mozzafiato sulla nevralgica plaza Armenia
TORINO DI BRUNO BOVERI E LEO RIESER
DI RITORNO DAL MARE IL PESCE LOW-COST
TRATTORIA L’AUSILIATRICE via Maria Ausiliatrice, 43 011-4364939 chiuso mercoledì
PETIT BALADIN via vvi ia SSaluzzo, 21/E ia 011-6983390 0 01 111-6 chiuso cch chiu hiu iu domenica, aperto solo la sera Baladin Ba B ala la è una garanzia: di sicuro la birra sarà buonissima. E poi Teo Musso (pure lui una u un na garanzia) le azzecca tutte: uno dei primi a credere nella produzione artigianale di birra di b e a raggiungere livelli d’eccellenza assoluta. E da lì ha aperto locali a Piozzo e in giro in g per l’Italia (con sconfinamenti oltremare), alleanze azzeccate (con Eataly). Insomma, se apre un nuovo locale c’è da fidarsi. Ed è così. Cibo da strada classico, ma IIn Ins ns non no n on solo. Ovviamente ci sono gli hamburger: classici, con la toma, con carne di agnello (una ((u un delizia…) o di pollo. E poi patatine fritte e crocchette normali o al cacio e pepe, maa trovate anche i “dorati” baccalà e patate (fish and chips), gnocco fritto con crudo m dii Parma, pane burro e acciughe (la merenda di una volta), gli arrosticini di pecora, il d di coniglio, lo stinco alla birra e un piatto vegetariano che cambia tutti i giorni. ttonno to o Tutto Tu T u buono, davvero buono. Sulle birre non ci dilunghiamo: tutto e il meglio della produzione di Casa Baladin, ma anche etichette ospiti all’altezza e cocktail originali per pr p r nire in bellezza. Prezzi contenuti e ragionevoli. fin fi n Consigliato per C cchi crede che gli hamburger siano una banalità e la birra si beva solo d’estate
CAFFÈ REGIO via Po, 3/a 011-8159025 sempre aperto / no wi-fi Locale elegante, giusto dietro l’omonimo teatro, con buona pasticceria e una prima colazione molto abbondante. All’aperitivo, sia che saliate gli scalini di marmo bianco per accedere alle salette immacolate del primo piano, sia che sediate nel dehors, vi verranno offerti al tavolino ricchissimi piatti freddi e caldi, senza dover sgomitare a un buffet. Cocktail internazionali (a 8 euro), champagne, barolo o barbaresco (10 euro). Da non perdere il supporto gastronomico all’aperitivo
A due passi dall’imponente Basilica, una piccola trattoria popolare, un po’ d’antan, ma con tanta clientela e, di conseguenza, materia prima fresca. Non aspettatevi grandi voli pindarici nel menu ma assaggiate le alici, il polpo con patate, l’insalata di moscardini e poi gli spaghetti allo scoglio, alle vongole, il pesce lesso con maionese, alla griglia e, per chi proprio non può rinunciare alla carne, perfino la milanese. Nel weekend anche la pizza. Conto assai lieve, intorno ai 20 euro con vino sfuso.
TRATTORIA DA LAURO via Airasca, 13 011-336922 chiuso domenica e lunedì È uno di quegli indirizzi prediletti da chi ama il sodo. Arredi semplici, porzioni abbondanti, ricette tradizionali. Qualche azzardo in più sui primi, dove agli spaghetti allo scoglio e alle trofie al pesto si aggiungono sformati di pasta sfiziosi tra cui segnaliamo una calamarata piccantina al punto giusto. Sul secondo si vira decisamente sul classico con un gustoso fritto di pesce e verdure di stagione. Volendo, qualche piatto di terra ben proposto e un bianco sfuso toscano niente male. Si sta sotto i 30 euro.
LA CUCINA DI LIDO corso Novara, 35 011-2075527 chiuso domenica e lunedì Lido (bel nome insolito, in comune con un mitico portiere del Toro anni Sessanta) Baggiani ha avuto per anni una gastronomia di successo in Borgo San Paolo, da alcuni ha aperto questo ristorantino, soprattutto di pesce, ma non solo, rinnovando e moltiplicando il successo. E il motivo è presto detto: pochi piatti, tutti freschi con materie prime scelte da lui in persona al mercato. Insalata di moscardini da urlo, agnolotti di branzino da stella Michelin, ombrina al forno come solo in Toscana. Prezzi popolari. Bravo Lido.
Gran Bar. Ora il nome è cambiato ma, come nelle migliori storie, il fine è sempre lieto. Bel dehors e interni condizionati, ma locale sempre pieno. Cocktail di ottima fattura (a partire da quelli tradizionali con base vermouth) accompagnati da focaccia calda, affettati, patatine fritte asciutte e pinzimonio. Da non perdere il Milano-Torino oppure il Negroni, fatti come si deve
COSMOPOLITAN via Franco Bonelli, 6 339-3682803 chiuso lunedì, aperto dalle 18 / no wi-fi
piazza Gran Madre, 10/a 347-6010570 sempre aperto dalle 18.30 in poi / no wi-fi
Il Cosmopolitan si ritaglia uno spazio tutto suo nell’ambito dei locali del quadrilatero, perché nell’aspetto e nell’atmosfera rimanda ai club dance degli anni Settanta. E infatti la musica è di alto livello, come pure i dj set dal vivo che partono dalle 22 in poi. Il proprietario è un discografico indie e quindi non è casuale… Ottima idea e piacevolissime serate.
Si chiamava Circus ed era uno degli indirizzi preferiti di quell’angolo di piazza Gran Madre un po’ più nascosto ed esclusivo del frequentatissimo
Da non perdere il Cosmopolitan, l’aperitivo preferito dalle (ex) ragazze di Sex and the City
WALLPAPER
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ROMA & CO. NIGHTLIFE
COROMANDEL
DI LAURA CONTRIBUTOR NAME DI RUGGIERI
via di Monte Giordano, 60/61 06-68802461 chiuso lunedì A due passi da piazzetta del Fico, una squadra tutta in rosa per questo neo bistrot in miniatura squisitamente eccentrico. Parisien nell’atmosfera e nel décor. Voluto e pensato da Katia Minniti, testa nella moda, cuore in cucina, che non voleva un ristorante ma un posto speciale. Ai fornelli c’è Gaia Giordano, chef che nella capitale si è fatta notare da tempo. Il format apparentemente è molto semplice: si cucina con grande attenzione a mercato e stagioni. Per la prima colazione il burro è francese, le farine quelle biologiche del Mulino Marino, la brioche alla farina di farro è da alta cucina. E lo stesso per i croissant, i biscotti, gli ottimi pancake. Selezionatissimi i caffè e i tè così come le marmellate, biologiche le uova. Tutto presentato in piccole alzate di porcellana o barattoli di vetro. A pranzo, tre piatti che variano ogni giorno e un dessert. È la sera però il momento forte: come in una casa, non c’è una carta ma un menu degustazione, senza scelta. Si può decidere però se mangiare quattro portate normal size (35 euro) oppure dimezzate (28), raddoppiare per un percorso degustativo di otto portate (55) o addirittura affrontare una vera e propria memorabile esperienza gourmand con ben 12 portate (70). Una cucina che attraverso l’essenzialità (piatti composti di due ingredienti principali) ricrea sensazioni di una ricercatezza a lungo meditata. Vi può capitare di assaggiare degli agnolotti con melanzane affumicate e pomodoro, un club sandwich di piccione, un tonno di coniglio, del pesce al vapore cotto tra foglie di limone. Si torna perfino a casa con un cadeaux: la tortina Coromandel con crema alla vaniglia. Consigliato per
il dopo cena che inizia alle 22.30: cinque dolci a scelta, vini o tisane in abbinamento
EATALY 1-2-3
DALLA PIZZA ALLA CUCINA GOURMET: GLI IMPERDIBILI NEL TEMPIO DEL CIBO EATALY ROMA piazzale XII Ottobre 1492 sempre aperto Il carrello è stracolmo di ogni ben di dio, che ti serva o no. Ti senti un po’ più consumatore consapevole e seppure food dipendente hai comprato qualcosa che premierà la gola pur pacificando la coscienza. Perché questo è il tempio del buono, del bello e del giusto (chissà?). Complimenti allora a Eataly, tanto più che ora hai anche voglia di mangiare e sei pronto a fare la fila alla cassa dopo aver conquistato un tavolo. Queste le nostre scelte tra i dieci ristoranti tra cui spaziare.
RISTORANTE "DELLA PIZZA E DELLA PASTA" I nostri due grandi classici. La pizza è rigorosamente napoletana: con il bordo alto e soffice, lievitata almeno 24 ore e con i grandi ingredienti di sole farine biologiche macinate a pietra del Mulino Marino, lievito madre naturale, pomodori e olio extravergine d’oliva rigorosamente di qualità italiana. Buonissima. Birre ma anche un calice di vino. Altro lato del bancone per la pasta di Gragnano: paccheri o rigatoni del Premiato Pastificio Afeltra, del Pastaio di Gragnano e di Garofalo, conditi con un ragout rigorosamente de La Granda o magari con un misto mare, per una sfilza di coperti a rotazione. Sei euro e mezzo per una margherita, 10 per un primo piatto abbondante, non necessariamente ineccepibile.
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FRIGGITORIA Sempre al primo piano non si può non farsi tentare dalla friggitoria, tanto più che in regia c’è Pasquale Torrente di Cetara, il maestro italiano dell’arte del “cuoppo”, la magica tradizione della costiera campana di produrre cibi fritti al momento servendoli nel cono di carta da salumiere come cibo di strada. Pesce freschissimo, come quello del fritto di paranza (12 euro), da non lasciarsi scappare le alici di Cetara sia nella versione con pane e burro sia fritte. Se volete “farvi del male”, ordinate il gran fritto reale a tre livelli (un plateau da perdere la testa a 40 euro). Si friggono anche ingredienti più insoliti come spaghetti e rigatoni o lo gnocco alla scorzetta di limone, una delizia.
RISTORANTE "ITALIA" 06-90279240 Se volessimo tentare il gran passo, salire all’ultimo piano nel girone dei più golosi, eccoci allora al Ristorante Italia con una scelta giornaliera di 20 piatti, 5 antipasti, 5 primi, 5 secondi e 5 dolci, ciascuno proveniente dalle 20 regioni italiane. Eclettismo nel rispetto delle tradizioni per mano di Gianluca Esposito, 30 anni, bolognese, cresciuto nel pianeta Eataly. Dalla sala, Roma ha il fascino metropolitano dei binari visti dall’alto e di una vecchia periferia ormai centrale sullo sfondo. A tavola apprezzerete dei ferritelli con calamaretti, peperoni di Senise, fiori di zucca, limone e peperoncino, del baccalà all’aquilana con passatina di zucchine a scapece, un bunet al cioccolato con caramello. Il prezzo sale fino anche ai tanto chiacchierati 20 euro per una cacio e pepe o ai 33 del baccalà.
ROMA & CO. NIGHTLIFE DI CONTRIBUTOR NAME
LOS ANGELES DI MIRTA OREGNA
ROSTI via Bartolomeo d'Alviano, 65 06-2752608 sempre aperto Marco Gallotta e Massimo Terzulli, patron di Primo al Pigneto, grazie anche alla mano felice di Roberto Liorni, “risto-architetto” molto presente sulla scena capitolina, hanno dato vita a Rosti, un nuovo volto del Pigneto: notti romane sì ma anche riti diurni di lunghe domeniche tra una colazione che non finisce mai e un pranzo col pollo e le lasagne (quelle buone!). Una merenda tra una partita a bocce in giardino e i bambini che giocano, mentre ai lunghi tavoli comuni (anche fino a 20 persone) ci sono la mamma e il food addicted sempre a caccia di novità, il giovane manager e l’artista squattrinato. Dove c’era una carrozzeria ora ci sono alberi da frutto, grandi cassoni con l’orto, le erbe aromatiche, il pergolato con le lampadine colorate. 700 metri quadri all’aperto e tre grandi spazi interni: un'isola di lento relax. Al lungo bancone centrale si servono cosce d’agnello e polli, porchettina di maiale, spuntature, salsicce di cinta senese fatte fare solo per Rosti, arrosti, e perfino stinco brasato. Una sfilza di hamburger, tre tipi di pastrami. Ma anche zuppe, sformati vegetariani, gratinati tra cui il raro gnocco alla romana (di semolino) e tanti fritti. Prezzi che non superano mai i 30/35 euro per mangiare tanto e bene. Consigliato per
le colazioni: italiana, inglese, nordica, iberica e vegetariana
ALMA 952 s. Broadway ave. +001-213-4440984 http://www.alma-la.com Ari Taymor, californiano doc con tanto di tattoo, ha iniziato a cucinare nella Baia di San Francisco, poi ha lavorato sotto insegne famose (Flour+Water, Plate Shop, Bar Tartine), si è spostato in Francia per uno stage, ha girato qualche stellato, per tornare in California e aprire il suo primo locale pop-up (come il collega Ludo Lefebvre!), seguito da un secondo pop-up e da Alma, la versione definitiva in Broadway a Los Angeles, sempre all’insegna di una “modern nostalgic american cuisine”, dove il cibo “ce lo si può permettere, deve essere buono e pure interessante”. Taymor, che la stampa americana ha già bollato tra i tanti adepti di Redzepi (quello di Copenaghen, numero uno al mondo), fa una cucina della memoria, evocativa, legata a prodotti sostenibili e produttori locali, e insieme alla giovane brigata ama studiare menu ad hoc (80 dollari) per ogni sua tavolata. Tra i piatti-top: la crema di grano estivo con gelato di nasturzio, l’anatra affumicata alla lavanda o il gazpacho di barbabietola con granchio, finocchio e limone sotto sale. Consigliato per
chi ha voglia di sperimentare l’ultima new-entry trendy ma “sostenibile” nello scoppiettante panorama angeleño della ristorazione
NO. AU.
COFFEE POT PARK
piazza Montevecchio, 16a 06-45652770 sempre aperto / wi-fi
largo Settimio Passamonti 333-9631319 sempre aperto / no wi-fi
Il posto ideale per un aperitivo finalmente di grande livello, scegliendo da una bella carta di affettati, bruschette, panzanelle, ma anche insalata di ostriche e pomodoro e perfino la simulazione di barbecue con il baccalà. Si beve altrettanto bene con ottime birre artigianali, vini bio e biodinamici di piccoli produttori, selezioni particolari.
È aperta fino a fine settembre questa terrazza caffè nel parco su una collinetta di San Lorenzo. Una console del dj su un vecchio carrettino dei gelati, qualche divano anni ’50, molte sedie spaiate, letti di ferro e cuscinoni a terra. Per l’aperitivo si propongono crudité con pinzimonio, tapas vegetariane e altro a mo’ di street food servito su vassoi di cartone ecosostenibile.
Da non perdere il Milano-Torino di Jerry Thomas, cocktail servito alla spina, con vermouth invecchiato
Da non perdere il Coffee Pot, drink a base di vodka con pestato di zenzero, cetriolo bitter e decorato con peperoncino piccante
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MILANO ULTIMA FERMATA DI FRANCO BOLELLI
EUROPEI DI PANCIA Credo che nessuno di noi abbia mai incontrato qualcuno a cui venga in mente di definirsi europeo. Però sempre più spesso quando ci si ritrova in America o in Asia abbiamo la sensazione che quello da cui siamo partiti e a cui torneremo sia un territorio molto più ampio di prima. Se una sensibilità europea sta in qualche modo prendendo forma, è perché tanti di noi hanno imparato a scavalcare i confini mentali ancor prima di quelli fisici. Mettiamoci i soggiorni di studio e la crescente frequenza e facilità dei viaggi. Mettiamoci – conta, credetemi – la libera circolazione dei calciatori comunitari e le dirette delle partite di tutti i campionati. Mettiamoci che il nostro rapporto con i consumi e il mercato dei prodotti si è fluidificato ed espanso. Frulliamo tutto questo con la natura di questa epoca tecnocomunicativa che spinge a connettere tutto con tutto, ed ecco come e perché la nostra idea di Europa ha fondamenta molto più concrete di pochi anni fa. Che questa percezione coinvolga anche chi – come il Regno Unito – nella moneta unica non si è neanche sognato di entrarci è la prova che tutto questo va molto al di là della logica politica e istituzionale. Perché ecco, se l’Europa fosse quella delle vecchie identità, allora sarebbe spacciata
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in partenza. Liberarsi della stupida, antibiologica idea delle radici sarebbe tanto meraviglioso quanto illusorio: sono passati soltanto vent’anni da quando Serbia Fateci caso: quanto più una città è e Croazia si dividevano drammaticamente, evoluta, quanto più è espressione del e – per dirne una fra tante – fra mondo globale, tanto più ogni volta che Inghilterra e Francia ci saranno sempre ci andate non potete non accorgervi che più problemi che fra Texas e Arizona. No, aumenta il numero di bambini che non si niente Stati Uniti d’Europa costruiti a riesce a definire in base ad alcuna identità tavolino. Ormai tutti i fenomeni sociali, etnica e razziale. È così a New York, comunicativi e comportamentali più a Los Angeles, e poi a Londra, e giù a rilevanti funzionano mescolando una forte scendere. Le grandi metropoli sono sempre spinta iniziale dall’alto verso il basso, più popolate da spettacolari frullati e poi un’espansiva spinta bottom up. Il genetici, seconda o terza generazione di problema è che nel caso dell’Europa la combinazioni dove le origini scivolano spinta dall’alto è stata tanto autoritaria sempre più sullo sfondo e nuove misteriose quanto scentrata. I poteri istituzionali sfumature conquistano la scena. Ok, non hanno pensato di costruire l’Europa a tutte riusciranno come Jessica Alba o come partire dalla politica e dall’economia: – permettetemelo – la spettacolare bambina evidentemente i poteri istituzionali non californiana di mio figlio (babbo milanese e sanno che le soluzioni non si trovano mai e madre di San Francisco ma taiwanese): però poi mai nello stesso cassetto dei problemi. questa condizione indefinibile e plurale sta Così tocca a noi – decine di migliaia di diventando non dico trendy ma in qualche singoli individui – mostrare che i problemi modo familiare. D’altra parte qualunque sono politici ed economici ma le soluzioni evoluzione in qualunque campo è sempre nascono dai comportamenti diffusi, da mille nata da connessioni al di là dei confini, scelte quotidiane. È davvero una tendenza e viceversa le culture più arretrate sono della nostra epoca: vince il network quelle difensivamente arroccate su se orizzontale, non l’autorità verticale. stesse. Per esempio le città di frontiera hanno sempre avuto una loro particolare
DON’T FORGET