Scrittori in erba

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LA STORIA DI ANNA AGNESE MARCHESINI

Anna era una bambina vivace ed educata, una bambina semplice e simpatica, con una storia triste e malinconica. All'età di 3 anni, era andata con suo padre al LUNA PARK, mentre la madre era fuori città per lavoro. Al ritorno, verso casa, il padre uscì fuori strada con la macchina, e morì; la bambina si salvò. La madre, Elisa, in questi anni di solitudine con la figlia aveva trovato un fidanzato, Riccardo. Riccardo era divorziato, ma teneva con sé suo figlio

di

5

anni,

Leonardo. Riccardo ed Elisa, con i figli, abitare

andarono in

ad un

appartamento in centro città, sopra a una piazzetta. La piazza era quasi sempre soleggiata, con qualche ombra di alberi. Intorno alla piazza c'erano dei negozi di abbigliamento, il comune ed una gelateria. Anna, era un po' trascurata dalla sua famiglia; così scendeva giù in piazza a giocare a campana. Dopo qualche giorno, Elisa scoprì di essere incinta: tutti furono felici della notizia, a parte Anna. Anna era sempre triste, ma quando nacque il suo fratellino, Mattia, la sua vita cambiò perché iniziarono a darle attenzioni. Elisa e Riccardo si sposarono e vissero sempre felici e contenti. 2


P'AN-KU E NU-KUA ANGELA CERADINI

P'an-ku era magro, abbastanza alto, aveva i capelli neri e li portava sempre dietro le orecchie. Aveva un po' di barba che, come i capelli, era nera color carbone. La sua pelle era chiara e con dei punti più rosei, come le guance. La sua bocca era strana perchè aveva i denti appuntiti, che spuntavano fuori dalla bocca, le labbra non avevano un colore preciso, non si vedeva bene perchè erano talmente fini che non si poteva distinguere. Quei denti incutevano terrore perchè sembravano un po' da vampiro, ma P'an-Ku era buono. Aveva gli zigomi molto scolpiti e sembrava che avesse fatto la chirurgia plastica. In testa aveva delle piccole corna rosse, sembravano da diavoletto, ma P' an-Ku era buono. Il suo corpo era scolpito da piccoli muscoli, non aveva scarpe o pezzi di legno ai piedi, aveva solo dei pantaloncini rossi, anzi una fascia rossa avvolta tra le gambe e il fondoschiena. Nu-Kua era una dea, una dea bellissima che aveva lunghi capelli neri come il carbone e gli occhi azzurri, color ghiaccio. La sua pelle era candida, bianca e fredda come la neve, infatti, se toccavi la sua pelle lasciava dei frammenti di ghiaccio. Le sue labbra erano color sangue, molto delineate; Nu-Kua, però, possedeva un corpo da drago dai colori molto accesi: rosso, arancione, giallo e tanti altri. P'an-Ku le disse: "Ciao sono P'an-Ku , tu come ti chiami?" Nu–Kua rispose: "Io mi chiamo Nu–Kua e sono mezza donna e mezza drago. Non ti spaventare, non ti mangio, sono erbivora!". P'an-Ku: "Non ti preoccupare non mi fai paura, anzi, ti trovo molto 3


carina, a parte il corpo, sei favolosa!!". Nu–Kua: "Tu come hai fatto a creare la terra??" P'an-Ku: "Ascolta la mia storia: ho trentaseimila anni, il mio respiro si mutò in venti e nubi, la mia voce in rimbombo di tuono, il mio occhio sinistro divenne il sole e quello destro la luna, le quattro membra diventarono le direzioni: nord, sud, est ed ovest, le mie parti del corpo si mutarono e diventarono le montagne. Il mio sangue e i miei umori diventarono i fiumi: He e Jang, i nervi e le arterie, le vene della terra, i muscoli le zolle dei campi, i capelli e i baffi gli astri e le costellazioni; i miei peli furono la vegetazione, i miei denti e le ossa divennero i metalli e le pietre e infine il mio sudore formò la pioggia. E tu come hai fatto?" Nu-Kua:"Io raccolsi una zolla di fango e la modellai; con me aveva in comune solo la testa, mentre il corpo era diverso perchè possedeva gambe e braccia. Il mio essere cominciò a muoversi e a parlare ero felicissima! Poi ne modellai altri e, quando presero vita, tutti incominciarono a danzare. Per me il mondo non era più triste perchè le mie creature l'avevano popolato." P'an-Ku:"Ti amo!" Nu-Kua:"Anch'io!"

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I TRE REGNI E IL LIBRO MAGICO ASIA FRACCAROLI

Fuori era già buio e la mia cena era già in tavola. Continuavo a girare e rigirare la forchetta nel piatto, ma non avevo fame. La mamma mi aveva detto che, se non avevo fame, potevo andare in camera. La pancia mi brontolava, ma non per la fame: pensavo che sarei andata a dormire. Mi buttai sul letto, fuori dalla finestra la luna faceva capolino e un grande silenzio avvolgeva tutto il giardino. Solo il rumore del vento faceva fischiare gli alberi, e non riuscivo a dormire. Chiusi gli occhi, mi giravo e mi rigiravo, ma niente. Mi alzai e andai alla finestra. In giardino c'era buio e tanta calma. Tra le rose del giardino vidi una luce, incuriosita infilai le pantofole e scesi le scale; aprii la porta e uscii in giardino. Fuori c'era solo il rumore del vento, ma della luce non c’era traccia. Feci per tornare sui miei passi e una voce mi chiamò. Mi girai e rividi la luce, che scomparve tra gli alberi. La rincorsi e mi trovai in un posto sconosciuto: sembrava un bosco, gli alberi erano blu e l’erba rossa, i fiori sembrava mi guardassero, erano molto alti e di colori sgargianti. La luce si faceva piccola e si allontanava tra gli alberi. Mi affrettai a rincorrerla e mi portò in una casetta: le luci erano accese, così bussai. Ad aprirmi arrivò un folletto piccolo e grassottello. Mi fece entrare come se mi aspettasse. Mi fece accomodare vicino al fuoco e mi diede una tazza di cioccolato caldo. “Ti aspettavo!”, mi disse. “Tu sei la bambina della profezia e salverai 5


il nostro regno dalla maledizione!”. Poi, continuò: “Il nostro era un regno felice; fate, elfi e folletti vivevano in armonia. Ma un giorno apparve un libro ricco di incantesimi. Tutti lo volevano, così litigarono e uccisero pur di averlo. Il libro sprigionò una maledizione: fate, elfi e folletti vennero divisi in tre regni e non poterono più unirsi. Tu sei la bambina che troverà quel libro e ci libererà!” “Non sono io, ti sbagli!”, gli dissi. “Tu lo sei, altrimenti non saresti arrivata qui!” L’indomani partimmo, attraversammo le montagne e poi i ruscelli e le cascate, fino ad arrivare al bosco del terrore. Io non volevo entrare, le gambe mi tremavano e non riuscivo a parlare. Pure il folletto aveva paura e gli tremavano i denti: quello stridio metteva i brividi. Dagli alberi, occhi indiscreti ci guardavano e noi, abbracciati, ci inoltrammo nella foresta. Non molto distante, un anziano signore dalla barba lunga stava seduto su una grossa pietra. Ci fermò e disse: “Cosa fate qui? Questo è il mio bosco e voi non avete il permesso di entrare!” “Stiamo cercando il libro!”, rispondemmo. “Ma tu sei la bambina della profezia!”, disse. E aggiunse: “Ti aspettavo! Ti condurrò io al libro. Lo troverai all’albero degli indovinelli, in una radura in fondo al bosco. Buona fortuna!” Ci incamminammo, ma eravamo già stanchi. Arrivammo alla radura, dove un albero gigante sovrastava tutti gli altri. Era una quercia, le sue radici passavano sopra la terra e il suo tronco era pieno di fessure: ci si poteva passare dentro. L’albero si svegliò e mi fece un inchino. “Sei arrivata”, mi disse, “sono secoli che ti aspetto! Sei pronta? Lo troverai!” 6


“SE E’ BUONO LO PUOI AMARE, SE E’ CATTIVO LO PUOI ODIARE, MA NON LO PUOI CAMBIARE”. “Lo so, lo so!”, disse il folletto. E’ un biscotto, quando l’ho assaggiato non lo posso cambiare”. “Ma no”, dissi io, “non c’entra, sarebbe troppo facile!” Rimasi a riflettere, non potevo sbagliare. “Lo so”, dissi. “L’ANIMO UMANO”. “Brava! Ora guarda dentro la fessura, lì lo troverai!” Allora, guardai e infilai la mano. Era un semplice libro di pelle marrone, sembrava

non

avere

niente

di

straordinario. L’albero mi disse che sarei dovuta andare alla fonte della verità: lì, sarei stata al centro dei tre regni… ma non avevo molto tempo, dovevo correre! Il folletto, con le sue gambe corte, non riusciva a starmi dietro, così lo caricai sulle spalle e corsi fino alla fonte. Aprii il libro ed una luce mi abbagliò. “LIBERA IL REGNO, RIDAI L’ARMONIA, UNISCI LE VITE CHE HAI PORTATO VIA”. Una luce invase tutto il bosco. I colori tornarono al loro posto, gli alberi verdi, l’erba e i fiori, tutto si colorò di luce. Le barriere crollarono e il regno tornò unito. Abbracciai

con

forza

quel

piccolo

folletto

perché

mi

aveva

accompagnata in quell’avventura. Le lacrime mi scendevano sul viso e non riuscivo a smettere di piangere. Gli occhi chiusi mi lacrimavano. “Non ti dimenticherò”, mi disse. 7


Aprii gli occhi per guardarlo e mi ritrovai distesa sul letto di camera mia. Fuori era quasi giorno, il vento si era calmato. Mi sedetti e rimasi a guardare la finestra. “E’ stato un sogno”, pensai. La mamma mi chiamò per fare colazione e mi accorsi che dovevo ancora preparare la cartella. Da sotto il cuscino spuntava un libro, che pensavo fosse di scuola. Lo presi: era il libro di pelle marrone, quello del sogno. Lo aprii, era mia storia, c’era io con il folletto, e il bosco, e l’oracolo, e la fonte… era magnifico! Era il mio libro, ed io l’avevo trovato.

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IL GATTO E IL TOPO AURORA FORNALÈ, CLAUDIA ROCCHETTA, FRANCESCO FANNA, MARCO MUSUMECI

C'era una volta una famigliola che viveva in un castello nella radura. In quella famiglia c'erano due sorelline che, un giorno, correndo nella radura, incontrarono un gatto e un topo. Bella prese il topo, mentre Rosella prese il gatto. Tornate alla dimora, i due animali cominciarono a rincorrersi, il gatto voleva mangiare il topo. Bella prese il topo come per proteggerlo e diede una mano pesante sulla schiena del gatto; Rosella, arrabbiata, prese il gatto, lo accarezzò dolcemente e lo portò in camera sua dove, con un tic, chiuse la serratura. Bella, purtroppo, quella notte dovette dormire fuori perché condivideva tutto con sua sorella, anche la camera. Al risveglio, il gatto e il topo erano scomparsi, le principessine si dettero la colpa a vicenda ma, dopo i litigi, unirono le loro forze e ritrovarono il gatto e il topo che, da quel giorno, vissero sempre insieme.

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ADAMO ED EVA CAMILLA GUGLIELMI

Un tempo lontano, Adamo ed Eva vivevano insieme d’amore e d’accordo. Un giorno, Eva volle cucinare la polenta, ma Adamo disse bofonchiando: “Eva, oggi non voglio la polenta; voglio la minestra d’orzo. Non mi piace la polenta!” Eva non lo ascoltò neanche per un minimo secondo, così gli intimò: “Adamo, non mi interessa! Vai subito a prendere il mais e il paiolo!” Adamo prese quello che lei gli aveva chiesto e, appena glieli portò, Eva, lesta come non mai, per preparare la polenta. Quando fu pronta, la mise sul tagliere e si disposero a cenare. Adamo non si degnò di toccar cibo, così Eva gli disse: “Adamo, sono stanca di andare sempre io a prendere l’acqua al fiume, quindi potresti andarci tu?” Adamo andò al fiume a prendere una bella quantità d’acqua per lui e la sua amata, anche con qualche mela appena colta. Però, quando tornò a casa, Eva aveva già finito di mangiare così gli disse: “Adamo, non ho più sete,

potevi

risparmiarti di andare a prendere

l’acqua

al

fiume, ma…” Adamo non la lasciò finire

di

parlare

ed

iniziò a lamentarsi: 10


“Però sono stato io a faticare per andare a prendere l’acqua al fiume per te e per me, incosciente!” Dopo quelle parole, Eva iniziò a piangere, così Adamo si pentì di averla insultata e la consolò. Dopo essersi riappacificati, si amarono.

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LA PICCOLA GIULIA CAMILLA GUGLIELMI

C’era una volta, una bambina di nome Giulia, che abitava in una casa piccola e vecchia. Alla bambina piaceva molto giocare all’aperto con Fluffy, il suo cagnolino. Dopo qualche giorno, però, Giulia non era più felice come prima perché i suoi genitori non la facevano mai uscire di casa per andare dai suoi amici. Mentre si dondolava sull’altalena pensava a come poter divertirsi da sola, decise di uscire e si inoltrò nel bosco. I suoi genitori erano preoccupati perché si stava facendo buio e la loro bambina non era più in cortile. Intanto, Giulia si era persa nel bosco; era sola, infreddolita e piangeva lacrime amare, perché non trovava più il sentiero che conduceva verso il villaggio, a causa di una farfalla di mille colori che l’aveva distratta. Giulia, durante il tragitto, trovò un sassolino che brillava come un diadema, lo raccolse e lo tenne con sé. Il mattino seguente i suoi genitori andarono a cercarla nel bosco insieme a Fluffy. Giulia, che aveva passato la notte nel bosco buio e pieno di pericoli, si svegliò e ripartì per cercare il villaggio. Ad un certo punto, il piccolo sassolino che aveva in tasca iniziò a brillare, indicando a Giulia la strada per condurla verso casa. I suoi genitori, disperati di non averla trovata, tornarono a casa. Dopo qualche ora, qualcuno suonò al campanello, la madre di Giulia aprì la porta e con stupore si trovo di fronte a sua figlia, così l’abbracciò con tutta la sua forza. Il giorno seguente, sua madre invitò a casa loro degli amici di sua 12


figlia per fare dei giochi all’aperto. Da quel giorno, la piccola Giulia fu felice e uscì solo con il consenso dei suoi genitori e in compagnia di Fluffy. Non giocò mai più da sola, così visse per sempre felice e contenta.

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L’ADDIO DI MIMMA CLAUDIA ROCCHETTA

C’era una volta una piccola ragazzina di nome Mimma, che era molto affezionata alla madre e a tutta la sua amata famiglia. Mimma passava immensi giorni ad ascoltare le fiabe che la sua mamma dolcemente le raccontava. Un giorno, però, scoprirono che Mimma aveva un grosso tumore al cuore che le impediva di vivere serenamente le giornate, per colpa dei dolori che le dava. Mimma, non essendo informata del tumore, giocava continuamente con il suo gatto grigio a cui voleva molto bene e giocava allegramente anche con Tito, il suo fratellino biondo, vivace, perspicace, molto intelligente e curioso. La mamma ed il papà, essendo preoccupati per la situazione della loro figliola, smisero di portarla a scuola, e la madre trepidante e ansiosa chiamò in ospedale per fare operare Mimma. Due giorni prima della data dell’intervento, Mimma mancò: quella sera, si era messa a letto per riposare e non si svegliò più. Mimma era ormai nell’aldilà, vagava a lungo nelle selve e giunse, infine, accanto ad un fiume, dove si aprì il difficile sentiero che conduceva alla dimora dei morti e penetrò nel regno delle tenebre. Senza rendersene conto, Mimma non esisteva più; Ade con voce forte e decisa disse: “Cara mia, mi dispiace dirtelo, ma tu non esisti più e dopo le mie parole tu sparirai definitivamente.” Mimma sbarrò gli occhi poco visibili, ed esclamò: “Oh, no! Come può essere successo!? Io non rivedrò più la mia famiglia!?” disse piangendo, sofferente. Ade disse: “Cara mia, dispiace a tutti quando qualcuno viene a mancare, ma questa è la vita e dobbiamo accettarla per com’è.” Mimma chiese se poteva avere ancora qualche minuto per parlare e Persefone, Caronte, Cerbero, ed Ade le diedero la parola. “Vi prego, abbiate pietà di me, voi non potete capire l’amore che lega me e la mia famiglia, è più forte di qualunque cosa al mondo, quindi, per l’amor di Dio, lasciate che io vada a salutarla per un’ultima volta, vi scongiuro …” disse, con una voce tremolante, inginocchiandosi davanti ad Ade. Ma Ade le spezzò il cuore dicendo: “Mi dispiace molto, ma noi non possiamo lasciarti andare.” Mimma scoppiò in un pianto di lacrime tristi, con una tristezza nel 14


corpo e con un sapore amaro in bocca. Tutti, Ade, Persefone, Cerbero, Caronte, i giudici infernali ed infine le ombre leggere, a quel vedere, si commossero; anche Ade si sentì intenerire il cuore. Così, giunsero ad un accordo: Mimma sarebbe andata a salutare i suoi cari, ma se non fosse tornata prima della fine della clessidra, i suoi cari non avrebbero più ricordato il saluto di Mimma. Mimma, con un sorriso molto evidente, ringraziò almeno dieci volte e partì come un razzo verso la sua amata famiglia. Arrivata in casa, si avvicinò al suo gattino peloso, lo accarezzò e lo salutò, si avvicinò a Tito e lo baciò sulla guancia, salutandolo; si recò vicino a suo padre e lo abbracciò, dandogli pure una grande carezza sulla fronte; abbracciò, baciò e salutò la madre dicendo: “Ciao mamma, non preoccuparti, sono sicura che prima o poi ci vedremo ancora. Sappi che ti voglio bene …” Una grande lacrima le bagnò il viso freddo. Salutò un’ultima volta la famiglia con un gesto e ripartì per l’oltretomba.

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LA MORTE DI OCEANO MANZANI EDOARDO

Poseidone, quando vide il grande titano Oceano chinarsi, gli balzò addosso e lo colpì al ventre: il tridente lo trapassò. Il titano rimbombò stramazzando, facendo soffrire il suo esercito. Così Poseidone, figlio di Crono, lo privò della vita col tridente e gli disse vantandosi: ”Oceano, tu speravi d’abbattere la mia reggia e togliere la libertà alle creature marine conducendole sul monte Otri! Stolto! Per loro i miei veloci ippocampi si tendono sopra i garretti a combattere: io col tridente eccello fra i tritoni che amano la guerra! Così li difendo dal giorno fatale e tu verrai mangiato dagli squali!”

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GLI UOMINI E ANIMALI ELISA PERPOLLI

A causa di mancanza di spazio, uomini e animali cominciarono a bisticciare tra di loro finché i primi, più astuti dei secondi, iniziarono a cacciare via i loro scomodi conviventi. Cominciarono ad insultarsi su chi doveva andarsene: “Tu, vecchio i****a, devi andartene non servi a niente, vecchio!” Il vecchio rispose: “Ma va, io non me ne devo andare! Sono una leggenda per Sachele! Perché non se ne vanno gli animali? Loro non servono!” Gli animali risposero: “No, non possiamo andarcene, perché non se ne vanno quelle s*****e piante?” Esse,

arrabbiate, presero tutti

gli

animali e scavarono un buco e li buttarono dentro; gli

uomini, per

l’accaduto, dissero delle menzogne alle piante, ma venne il vecchio e disse: “Chi se ne deve andare siete tutti voi! E solo tre uomini resteranno: i tre più calmi di tutti!” Gli uomini cominciarono di nuovo con gli insulti e il vecchio se ne andò nel buco, così non avrebbe più sentito gli uomini litigare. Una volta che il vecchio se ne fu andato, gli uomini, sapendo che lui non c’era più, aumentarono insulti e parolacce. E continuarono cosi fino alla fine dei tempi.

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PER UN ARROSTO ENRICO GIRIMONDO, RICCARDO GATTI, CLAUDIA ROCCHETTA

Ai margini di una trafficata metropoli vi era un prato fiorito con una casa abbandonata, dove viveva uno scorpione di nome Hammer. Un giorno il Germano Reale gli venne a proporre un'idea: andare dall'arrogante martin pescatore per ucciderlo. “E cosa ci guadagnerei io?”. disse lo scorpione. “Ci

guadagneresti

un

bell'arrosto!”,

ribatté

il

Germano.

“Ok, ci sto!”, affermò lo scorpione. “Lasciamo questa catapecchia piena di edera e andiamo dal martin pescatore.” Arrivati in città, si fecero una birra e chiesero al barista dove alloggiava l'arrogante martin pescatore. Il barista, intimorito, disse loro dove si trovava la stanza del martin pescatore. Arrivati alla stanza dell’arrogante martin pescatore, bussarono gentilmente alla porta con il mitra in mano. Il martin pescatore aprì e chiese: "Cosa vuole..." Iniziarono a sparare senza pietà, lo uccisero e così ebbero il loro cenone natalizio a base di arrosto di martin pescatore!

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L’ANELLO PREZIOSO ENRICO GIRIMONDO

C’era una volta un padrone che, dovendo fare un lungo viaggio, affidò il castello al suo servo più fidato: ”Finché sarò via, dovrai occuparti del castello; quando tornerò, ti ricompenserò con molte monete d’oro. Però, mi raccomando: non aprire la teca con il mio anello.” Dopo queste raccomandazioni il padrone partì. Un giorno, vinto dalla curiosità, il servo aprì la teca: non l’avesse mai fatto! Un enorme falco entrò nella stanza e rubò l’anello. In quel mentre entrò il padrone. Vedendo la scena, si arrabbiò e bandì il servo dal castello. IL giorno stesso il servo partì a malincuore. Più tardi, gli venne in mente che, se avesse ritrovato l’anello, sarebbe potuto tornare. Capì, dopo poco, che il falco era l’aiutante della strega e che quindi lei aveva l’anello. Subito, gli si fece chiaro il da farsi e partì per l’antro della strega. Dopo varie peripezie e con l’aiuto di

una

cicogna

amica

arrivò

all’antro della strega, Cornelia. Appena

passò

l’ingresso

vide

l’anello, l’afferrò e si mise a correre. La strega se ne accorse e mandò il falco ad inseguirlo. Fortunatamente, il servo fu più veloce e, preso un fucile, abbatté li falco. Dopodiché tornò al castello dove fu accolto con tutto rispetto, persino il padrone si congratulò, lo reintegrò a corte e lo promosse a capo della servitù. 19


IL SUCCESSO DI PAMELA FRANCESCO FANNA

Una volta, in un paesello di campagna, viveva una pittrice abbastanza famosa per i suoi paesaggi, il suo nome era Pamela Landy. Aveva due figli: uno grande di quasi diciott’anni, Arthur, e una figlia di cinque anni, Lucy. Il marito di Pamela stava molto male e aveva sempre bisogno di cure. Purtroppo, come tutte le cose, le medicine non erano gratis e quella famiglia non poteva permettersi il lusso di comprarne tante. Gli ultimi quadri da lei dipinti erano rimasti invenduti e, per questo motivo, i soldi per le medicine erano finiti. Una sera, a Pamela venne in mente un’idea: doveva cambiare tipo di dipinti. I paesaggi non andavano più di moda e serviva un quadro più specifico e semplice. Il giorno dopo, mentre usciva per andare a prendere il pane con gli ultimi soldi rimasti, vide sua figlia che giocava a campana. Pamela aveva visto spesso Lucy giocare, ma non aveva mai pensato di dipingerla. In fretta e furia andò a prendere colori e pennelli, si sistemò su una sedia accanto alla figlia e inizio a stendere il colore su una tela di seta bianca. Dopo un’ora, il quadro era finito, asciutto e incorniciato. Pamela lo mise quindi in un cassetto e andò a prendere il pane. Poiché la famiglia abitava molto lontano dal panettiere, Pamela rientrò la sera tardi e andò subito a letto.

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Il giorno dopo, andò in cerca di successo ad un circolo di critici d’arte. Quando

scoprì

la

tela,

essi

rimasero

senza

parole.

Erano

letteralmente sbalorditi di quel capolavoro. Poco tempo dopo, in quasi tutta Europa, si venne a sapere di quel quadro. Il successo era salito alle stelle. Con la fama, si trovarono i soldi per le medicine e il marito di Pamela guarì. La sua famiglia visse per sempre felice, ricca, e contenta.

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L'INVASIONE ALIENA GABRIELE REGGIANI

Il 18 ottobre dell'anno 3014 tutto era silenzioso... troppo silenzioso per essere le quattro del pomeriggio, l'ora di punta per il traffico. Per scoprire cosa stava succedendo, dobbiamo tornare indietro di un anno. Quindi il 18 ottobre del 3013, ore quattro del pomeriggio, solito traffico infernale, ma tutto e tutti a un certo punto si fermarono... cadde sulla terra qualcosa di mai visto prima, che fino a quell'ora esisteva solo nei racconti di fantascienza. Era una navicella a forma di cerchio che, posatasi sulla terra, si aprì sparando fuori una luce accecante. Da quella strana, stranissima navetta uscì un essere verde con due occhi grandissimi, due piedi palmati...insomma un alieno!!! Quando toccò terra, alzò due dita lunghe e ossute: l'indice e il medio. “Ma che fa? Vuole forse dire che è venuto in pace?”, si domandava la gente lì presente. Ben presto se lo chiesero tutte le persone del mondo, visto che la notizia si era già diffusa su tutte le TV. Ogni trasmissione fu interrotta da questa notizia: gli alieni sono scesi sulla terra!!! Si diffuse il panico. Ovviamente i più vicini all'alieno scapparono. Il povero alieno e i suoi amici erano evitati e temuti da tutti. Ma un giorno, il gruppo di alieni localizzò l'unica famiglia che non aveva la tv e non sapeva cosa sono gli alieni: la famiglia Jhonson. Arrivarono e videro tutti che festeggiavano il compleanno di Carl Jhonson, padre della famiglia. Si unirono alla festa e si divertirono un sacco. 22


La famiglia e gli alieni divennero grandissimi amici e quegli stranissimi esseri, non avendo una casa, si stabilirono lì. Ma gli extraterrestri non erano lì per fare amicizia, ma per costruire una nuova arma: lo ZPQR2.0, un’arma potentissima! Avrebbero dovuto testarla su qualcuno e la sfortunata fu Lailana Smith, la moglie di Carl: venne presa in esame, ma non la stavano studiando...no... niente di tutto questo. Dovevano spararle addosso un proiettile e vedere se cedeva. Scesero giù di sotto, in cucina, dove Lailana stava cucinando degli hamburger. La videro e, presa la mira, spararono un colpo... ma era qualcosa di più rispetto a un colpo, era più un qualcosa di magico. Da quell'arma nera e opaca con otto canne, uscirono otto proiettili tutti insieme, che si unirono formando un mega-proiettile. La povera Lailana morì all'istante. Gli alieni non la nascosero nemmeno, così, se qualcuno entrava e la vedeva, avrebbe chiamato l'F.B.I.

e

li

avrebbero

scoperti. Ma non credo che quel giorno qualcuno avrebbe fatto in tempo a tornare a casa...

perché

in

quel

modo ebbe inizio l'invasione aliena. In meno di cinque ore non c'era nessun essere umano sulla terra. O almeno così si credeva. A dire la verità, era rimasta ancora una famiglia, a Philadelphia, la famiglia Adams. Ma la storia stava per cambiare, in una scuola, con un evento comune. Un baby-alieno cadde, grazie allo sgambetto di un compagno. Il vero problema fu che questo baby-alieno doveva 23


andare in guerra contro l'ultima famiglia rimasta e lo scherzo dell'amico portò seri danni ai suoi poteri. L'alieno andò comunque a combattere, ma c'era un problema: era da solo perché gli altri erano occupati. L'altro problema era che, ogni volta che sparava un colpo addosso a un membro della famiglia Adams, veniva fuori un altro umano! E via via discorrendo si formarono miliardi di umani, che insieme sconfissero gli alieni e si ripresero la terra. FINE, O FORSE NO…

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AMABILIS E L’AMORE PER FIDELIS LIA ELECTRA QUIRICONI

C’era una volta una fata di nome Amabilis che, con il suo assistente, un folletto di nome Fidelis, lavorava da tempo a una pozione miracolosa. Amabilis era molto affezionata a Fidelis e vivevano nel bosco in una grotta. La pozione avrebbe dovuto far rinascere le piante ma, ogni volta che Amabilis provava, le piante morivano. In cima alla montagna più alta viveva, invece, lo stregone della città: nessuno aveva il coraggio di salire lassù. Sapevano solo una cosa di lui: si chiamava Osbor. Un giorno, Osbor venne a sapere della fata Amabilis e della sua pozione e la volle. La notte, entrò nella casa della fata e, invece di prendere la pozione, prese Fidelis. La mattina seguente, Amabilis non vide più il suo amico da nessuna parte, ma sentì la sua voce gridare: ”Amabilis, Amabilis, sono sulla montagna di Osbor!!!”. A quel punto, tutto divenne chiaro agli occhi della fata: teneva troppo a Fidelis e doveva salvarlo!!! La fatina si incamminò e, alla fine, arrivò. Vide Osbor e disse: ”Ridammi Fedelis!!”. Ma lui ribattè : “Prima devi superare delle prove!” La fata accettò. Doveva superare degli ostacoli di lava, uccidere una ragazzina innocente della città e far diventare la sua pozione ancora più letale di prima, altrimenti Osbor avrebbe ucciso Fidelis. 25


Amabilis vide tutto il percorso e capì che non poteva farcela, allora si ritirò dal patto ma, prima di andarsene, disse: “Per questo ti pentirai!”... E scappò. Per

strada

trovò

un

vecchio

signore, vestito di stracci, che la fermò e le disse: “Io sono il servo ufficiale di Osbor e ti ho visto parlare con lui perché volevi riprenderti qualcuno o qualcosa. Ti voglio aiutare dandoti dei poteri per sconfiggerlo. So che ti stai chiedendo perché non l’ho sconfitto io, ma la risposta è che io sono un mago e i poteri non hanno effetto su di me. Quindi, ora li do a te.” L’anziano prese un liquido viola e lo sparse attorno ad Amabilis. Appena Osbor la vide tornare, si stupì. Lei gli diede un pugno micidiale e Osbor si risvegliò in prigione. Alla fine, Amabilis e Fidelis vissero per sempre felici e contenti ed alla pozione non fecero più caso, perché se l’era presa il mago.

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I PROMESSI SPOSI LUCA MORANDO, ANGELA CERADINI, MARCO MUSUMECI, ELISA PERPOLLI

Il grande squalo Luca possedeva il circo più grande di Mosca. Durante il tour a Londra, si innamorò della tigre Angela e i due si sposarono. Durante il viaggio di nozze al mare, conobbero la volpe Elisa che abitava in una villa grande e carina. Mentre questi tre amici passeggiavano alla diga del Vayont, conobbero il gatto Marco che la mattina faceva una nuotata alla diga. Dopo alcuni giorni, lo squalo e la tigre andarono a cena a lume di candela. Durante la serata, il gatto confessò il suo amore alla volpe che rimase

scioccata

e

poco

dopo

svenne. Durante la luna di miele del gatto e della volpe, andarono nella villa fantastica, lussuosa, con meravigliosi campi da golf, dello squalo e della tigre. Mentre cenavano, i due chiesero al gatto e alla volpe se volessero unirsi al loro circo e dissero che la prossima tappa sarebbe stata Londra. I due accettarono e partirono tutti insieme per Londra il giorno seguente. Prima dello spettacolo, i quattro amici visitarono la città. Videro tante cose tra cui: il Big Ben, Piccadilly Circus, il Tower Bridge, la Tower of London, la London Eye, il Tamigi, la chiesa in cui si sposarono William e Kate, il Museo delle Cere, il Bridge Museum, la National Gallery, Saint James’ Park e Buckingham Palace. Arrivato il giorno dello spettacolo, ne fecero uno così bello che diventarono famosi in tutto il mondo e guadagnarono talmente tanti 27


soldi che lo squalo e la tigre si presero una Ferrari California, mentre il gatto e la volpe si comprarono una Porsche Cayenne.

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IL RAGAZZO DIVERSO MARCO MUSUMECI, AGNESE MARCHESINI

In un angolo di Shanghai, viveva una famiglia composta da 7 ragazzi cinesi. Il penultimo era diverso dagli altri: più abile e di carnagione scura, si chiamava Jey. Un giorno, di novembre, andarono a giocare dalla nonna e rimasero là

dormire.

Quella

sera

un

assassino entrò nella casa dei genitori e li uccise. Quando i ragazzi lo vennero a sapere, Jey triste e sconsolato si incamminò

verso

la

spiaggia.

Quando i ragazzi trovarono il fratello, Jey raccontò la sua idea: unire le forze e andare dallo zio, che come lavoro costruiva trappole. Si fecero dire dalla polizia dove abitava quell’uomo e, trovata la casa, posizionarono le trappole nel suo giardino e davanti alla porta. A quel punto i ragazzi riuscirono a catturare l’assassino e la polizia lo portò in prigione a rischio di morte. I ragazzi, senza genitori, andarono ad abitare dalla nonna per il resto della loro vita e non videro più in giro l’assassino.

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MIGUEL, LA TIGRE ABBANDONATA MARCO MUSUMECI, CAMILLA GUGLIELMI

Un giorno, nella calda savana, c’era una cucciolata di tigrotti. Il cucciolo più grande andò con la mamma a cacciare, ma ad un certo punto i bracconieri uccisero la madre. Tornando indietro, vide che la sua famiglia era scappata sentendo lo sparo. Dopo qualche giorno, una guida, passando per di lì, vide il tigrotto abbandonato, così decise di prendersene cura e chiamarlo Miguel. Dopo qualche anno, Miguel continuava a crescere, così il padrone gli insegnò le basi per sopravvivenza. Quando capì che le aveva imparate, decise di provare a lasciarlo nella savana per qualche giorno per vedere se riusciva a cavarsela da solo. Il padrone, dopo un po’ di tempo, andò a trovare Miguel, ma era sparito. Così urlò di gioia, capendo che era sopravvissuto. Dopo qualche anno, vennero al mondo Jack, Jons e Keira. Il padrone ogni anno andava a trovarli e vissero felici e contenti.....spero.

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UN EROE COME AMICO MARCO MUSUMECI

Di solito, a Natale, la strada che porta a casa mia è coperta di neve, ma quell’anno l’inverno era stato mite. Quella mattina andai a scuola, fu una giornata intensa ma divertente con baci e auguri di buon Natale. Tornai a casa e, salutato il mio cane, andai a mangiare. Finito di pranzare, mi misi la giacca e i guanti, presi un sacchetto per metterci dentro le selci e mi avventurai con Rocky nel bosco. Ne trovammo tante, però ad un certo punto il cielo si oscurò e cominciò a grandinare. Io e Rocky corremmo verso una casa abbandonata, per usarla come rifugio. Visto che non smetteva di grandinare, arrivati, ci mettemmo in un angolo coperto dal tetto. Subito presi un paio di ceppi e, appena inseriti nel camino, accesi il fuoco, vedendo e capendo che era ormai buio e dovevamo dormire in quel posto. Presi un vecchio materasso, lo misi davanti al camino, ci sedemmo e mangiammo uno dei panini che la mamma mi aveva messo nello zainetto. Finito di mangiare, mi sdraiai con Rocky e ci addormentammo. Il mattino seguente, mi svegliai e vidi che aveva smesso di piovere, così mangiai il panino che mi restava; sentii qualcosa muoversi tra le foglie secche. Un secondo dopo, strisciò fuori un serpente, ma Rocky, con un salto mozzafiato, lo afferrò e lo strangolò salvandomi. Dopo questo evento, ci avviammo verso casa e, quando arrivammo, raccontai tutto l’accaduto ai miei genitori mentre ci gustavamo i wurstel con le patatine. 31


Per Rocky, invece, un piatto extra di crocchette e come se non bastasse cominciò a nevicare. CosÏ uscimmo tutti assieme, compreso Rocky, a fare pupazzi e angeli con la neve.

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LA PRINCIPESSA SOFIA E LA SORELLA MATILDE PALMERSTON

Tanto tempo fa, una principessa di nome Sofia voleva preparare una pozione miracolosa per la sorella Francesca che era gravemente ammalata. Gli ingredienti per questa pozione erano: alcune foglie di menta, delle gocce di rugiada di primo mattino e delle bacche di biancospino, che erano molto pericolose e avvelenate. Allora decise di aspettare un giorno, per precauzione, ma disse anche che sarebbe partita la mattina seguente, senza problemi. La mattina, con un cestino in mano, Sofia s’avviò per il bosco senza avvisare nessuno, nemmeno il padre. La principessa prese la sua mappa, anch’essa speciale, perché era una mappa parlante. Sofia le disse:”Cara mappa, indicami la strada per arrivare al cespuglio di bacche.” Essa le rispose:”Potrai trovare il cespuglio solamente alla sorgente della cascata magica, però stai attenta, potresti trovare il minotauro, una specie di energumeno con fattezze umane.” La principessa rabbrividì al pensiero del minotauro, ma con coraggio proseguì il suo cammino. In lontananza, Sofia vide il rarissimo cespuglio di biancospino, così cominciò a correre per raggiungerlo. Arrivata prese il suo cestino e raccolse più bacche possibili, poi s’avviò a prendere le foglie di menta. Ma durante il tragitto incontrò uno gnomo e gli chiese:”Chi sei tu? “ Lui le rispose:” Sono uno gnomo, non voglio farti del male; poiché 33


non riuscirai a raccogliere in tempo le gocce di rugiada, te le dono io. Ti voglio ricordare che nel bosco si aggira il minotauro perciò stai molto attenta“. Finito di parlare, lo gnomo scomparve e Sofia cominciò a raccogliere le foglie di menta, riempiendo completamente il suo cesto. Aveva l’impressione di essere seguita, infatti si girò di scatto e vide il minotauro. Sofia cominciò ad urlare a squarciagola e, correndo, si diresse verso il castello, sperando di sfuggire al minotauro. Così fu e, tornata al castello, salutò tutti con un abbraccio e preparò

subito

la

pozione. Ci vollero ben due ore prima che la pozione

per

la

sorella

Francesca fosse pronta. Sofia

le

diede

immediatamente

la

pozione miracolosa, così guarì

in

un

batter

d’occhio. Francesca urlò a gran voce. ”La pozione ha fatto effetto!“ Per l’occasione, ci fu una grande festa in onore di Francesca, che ringraziò con un grandissimo abbraccio la sorella Sofia per il suo aiuto.

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UNA GIORNATA A SCUOLA MICHELA COTTINI

Mi svegliai di buon’ora, mi preparai la cartella e andai a scuola con la gatta Claudia. Entrammo in classe e iniziò la prima ora di lezione: grammatica. La cagnolina Marta continuava ad abbaiare, perché non sapeva come iniziare un esercizio, nel frattempo la volpe Teresa canticchiava sorridendo:

“E’

quasi

ricreazione

che bella colazione! Noi siamo qui

a

far

lezione

nella nostra nazione”. Alla

seconda

professoressa

ora,

entrò

la

di

religione

lo

scoiattolo

“Pregapernoi”, che

interrogò

Riccardo sulla religione islamica. Il poveretto tornò al banco con la coda tra le zampe, l’interrogazione non era andata proprio bene… La volpe, sorridendo sotto i baffi, canticchiava: “E’ quasi ricreazione, son

tutti

a

far

lezione,

io

son

gonfia

di

emozione

e per questo ho un po’ il fiatone!” Ad un certo punto, suonò la campanella e dopo cinque minuti entrò la professoressa “Parlatroppo” che ci disse: “Tirate subito fuori il libro di scienze; parleremo degli umani. Ah! Vi avviso che il professor “Acicalaca” non ci sarà per una settimana, perché ha una malattia contagiosa. Ha già infettato ben otto professori e professoresse e, 35


come sapete, siamo a corto di insegnanti e può darsi che vi dovrò fare parecchie volte lezione! Tutti in coro gridammo: “No,no,no!” Tutti, a parte il pappagallo Alessio che disse di sì. La profe parlò, parlò e continuò, fino quasi a farci addormentare. La volpe Teresa, quasi russando, canticchiò: “E’ quasi ricreazione, non vuol finire la lezione, mi si sta gonfiando il faccione, e voglio andare a ricreazione!” La professoressa ci divise in piccoli gruppi, per costruire un corpo umano da donare al museo. La volpe era assieme allo scoiattolo Riccardo e alla gatta Claudia. Teresa, svogliata, inventò la scusa di avere un terribile mal di pancia, andò in bagno e ci rimase tutta l’ora ad ascoltare la musica sull’MP3. Nel frattempo, i suoi due compagni lavoravano in fretta per finire in tempo il compito assegnato. L’orsetta Penelope chiese il permesso di andare in bagno e trovò la volpe Teresa che ballava sulla tazza del water. Penelope tornò in classe e disse alla gatta di andare in bagno a vedere come stava l’amica. Claudia, quando vide che la volpe li aveva imbrogliati si arrabbiò, lo disse a Riccardo e alla professoressa “Parlatroppo”. L’insegnante, per punizione, fece finire di costruire tutti i corpi umani dei compagni alla volpe e finché non avesse finito, non avrebbe potuto andare a casa. Da quel giorno, nessuno volle più giocare con la volpe Teresa.

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IL FOLLETTO NIKOLA BUBULJ

Un giorno Mirco andò nei boschi vicino a Pezza e incontrò il folletto Marco. Era notte e Mirco stava cacciando i cinghiali. Il fattore Mirco cominciò a spiare il folletto che stava cercando una pozione. Questa pozione doveva far ammalare tutti gli alberi, le viti, e gli ulivi della Valpolicella. Mirco uccise il folletto, ma alcune piante e alberi erano già sotto l’effetto della pozione velenosa. Mirco prese una medicina per curare gli alberi e le piante ammalate. Dopo qualche giorno, spuntarono i primi fiori e frutti della Valpolicella. Mirco fu felice che le piante fossero guarite e ritornò a caccia.

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L’UNIONE FA LA FORZA REBECCA FERRARI

Un’ape di nome Vanessa, un giorno, portò le sue tre apette (Trilli, Betty e Polly) a guardare il tramonto sul “Monte paludoso”. Giunte a destinazione, trovarono un meraviglioso prato luminoso e ricco di margherite, rose e viole profumate, così pensarono di farsi una bella scorpacciata di nettare. A tarda sera, si posarono su un quadrifoglio ed ammirarono il tramonto pieno di colori caldi. Arrivata la notte, sotto il cielo oscuro durante il ritorno a casa, Vanessa si impigliò nella ragnatela della malefica tarantola e Trilli, Betty e Polly, non sapendo cosa fare per aiutarla, andarono a chiamare le api d’un vicino alveare e pianificarono un modo per salvarla. Trovata la soluzione, tutte unite volarono verso la ragnatela formando un grande “mostro” che per occhi aveva due lucciole. Tutte insieme distrussero la ragnatela, liberarono Vanessa e fecero scappare la malefica tarantola. Le apette tornarono a casa felici e contente.

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L’AMORE PER UNA MADRE RIMANE SEMPRE REBECCA FERRARI

Un tempo, in un lontano regno, viveva una regina generosa, buona, ma ormai anziana. Ella, molti anni fa, mise al mondo tre figlie che però abbandonò davanti ad una piccola locanda in mezzo al bosco. Queste, al loro abbandono, tenevano fra le mani un carillon che suonava tre canzoni diverse: una parlava dell’aiuto, una della speranza ed una del coraggio. Diventate maggiorenni, le tre fanciulle scoprirono che i tre carillon contenevano dei messaggi d’aiuto.

“Aiuto voi chiederete Così la felicità avrete”. “IO con voi non sarò, perché presto morirò”. “Voi non mi conoscete, la vostra infanzia non ricorderete Dovete affrettarvi nell’intento, ormai malvagio sarà il vento”. “Ora per me l’ora è giunta, è arrivata la morte presunta”. Appena questi brani finirono, suonarono le campane al villaggio: era morta la regina. Le tre fanciulle rimasero sconvolte, la morte 39


presunta era arrivata. Esse andarono da un saggio che avrebbe dato loro spiegazioni. Arrivate a destinazione, trovarono in una tenda quest’uomo calmo, in pace, che stava meditando. La più giovane fra le tre, Esmeralda, si fece avanti e disse: ”Saggio uomo, tu che sai ciò che tutti temono, dacci un’illuminazione, una spiegazione a tutto ciò…”. L’uomo disse con tono forte: ”Le tenebre presto vi assaliranno, ma i figli della natura vi aiuteranno. Il demonio vi assalirà, ma un umano non sarà. Fate molta attenzione, usate questo come protezione”. Dopo la discussione alquanto tenebrosa, il saggio diede loro un falco dagli occhi bianchi. Le tre fanciulle rimasero stupite, ma non aprirono bocca. Uscirono dalla tenda e tornarono a casa. Nel mentre, il saggio andò nel suo rifugio dove si trovavano il suo enorme drago e dieci cimici addestrati per funzioni telecinetiche. Egli disse loro: ”Seguitele ed aiutatele nel loro crudele futuro”. Le tre fanciulle, tornate a casa, scoprirono insieme all’incredibile aiuto del falco che il messaggio apparteneva ad un ”membro dal sangue reale”.

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Pensarono subito che fosse stato della regina, vista la sua morte accaduta

contemporaneamente

all’ascolto

del

messaggio,

ma

preferirono continuare ad indagare. Una domenica, la festa del riposo, andarono nel bosco a raccogliere fiori; videro un cane lupo in avvicinamento e subito pensarono fosse affettuoso, ma dopo il suo ringhio, cambiarono idea. Rimasero lì paralizzate ed ammutolite, ma non sapevano che esso era lo stesso assassino della regina. Un povero cane posseduto dal demonio aveva negli occhi le tenebre, l’assoluta oscurità. Esso non vedendo nessun movimento decise di attaccare, fece un lungo balzo verso le tre fanciulle per azzannarle, ma il drago spuntò dal cielo ormai buio e gli scagliò contro un fascio di fiamme seguito dall’attacco

puzzolente

delle

dieci cimici. L’anima demoniaca fuggì da quel povero corpo canino; le tre fanciulle si diedero qualche occhiata ed in tutta velocità corsero al castello per dare un ultimo bacio alla persona che poi scoprirono essere la loro madre. Arrivate nella sala funebre del castello diedero un bacio sulla mano della loro amata madre e le misero sull’addome il falco dagli occhi bianchi che, appena toccò il suo corpo, creò una scia d’argento che la sollevò verso il cielo e la fece diventare una stella. Infine, le tre sorelle tornarono a casa e da quel giorno, ogni sera, suonavano il carillon davanti alla loro amata stella. 41


IL T-REX RICCARDO TOMMASI

Un giorno d'estate, uno scienziato fece un esperimento che trasformò una lucertola in un dinosauro, ma non andò a buon fine, perché il TRex non eseguiva i comandi. A quel punto, sterminò tutti tranne una famiglia, compreso il cane. Questi non sapevano se stare in casa, perché dai violenti passi che sentivano, il T-Rex l'avrebbe demolita insieme a loro. Allora, non sapendo cosa fare, i due ragazzini della famiglia si misero a giocare a calcio con una pigna: la porta era fatta da due alberi. Uno dei due fece goal e la pigna si trasformò in un umano perché, senza accorgersene, avevano giocato con due alberi magici e sacri. Cosi venne loro un'idea: fecero tanti umani, circa trentasette miliardi, e così, tutti insieme, sconfissero il T-Rex e si ricrearono tutti gli umani che popolavano il mondo.

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IL RITORNO DEI TITANI RICCARDO GATTI

Tanto tempo fa, nella non lontanissima Grecia, gli dei vivevano sull’Olimpo, tranne uno, Ade, che era stato esiliato per le sue malefatte nel regno dei morti a comandare le anime per l’eternità. Passarono gli anni e il grande dio dei morti, Ade, si innamorò di una delle tre streghe della morte di nome Persefone e i due regnarono sul regno dei morti. Un giorno Ade, stanco di vivere lì, richiamò tutti gli abitanti del regno dei morti e decise di ribellarsi a coloro che li avevano esiliati. Ade, però, pensò di aver bisogno di aiuto, ma non sapeva a chi chiedere perché sulla terra erano tutti buoni. Dopo aver pensato e ripensato per giorni e giorni, uno dei giudici infernali consigliò di chiedere aiuto ai titani, cioè le mostruose creature che un tempo furono esiliate da Zeus, quindi molto motivate a vendicarsi. Ade approvò il consiglio, ma non poteva chiedere aiuto ai suoi servitori, perché erano morti e non potevano uscire dagli inferi, però Ade si ricordò delle ombre leggere, quelle anime non ancora del tutto morte e che quindi potevano uscire dal regno. Insieme alle ombre leggere, si diresse verso una foresta sperduta, dove si trovava una fossa che portava dritta alla prigione dei titani e Ade, con l’aiuto delle ombre leggere, distrusse l’entrata della prigione. Da lì, uscirono quattro titani che urlarono in coro: ”Perché ci hai liberato? Cosa vuoi da noi?” 43


Ade rispose:” Voglio vendetta! Zeus deve pagare per quello che ci ha fatto”. Detto

questo,

si

incamminarono

verso

l’Olimpo

seminando

distruzione sulla loro strada e, arrivati ai piedi del monte, ebbe inizio una guerra tra dei e titani. Questi ultimi ebbero la meglio, riuscendo a catturare Zeus e a renderlo loro prigioniero e Ade gli ordinò: ”Libera Cerbero e Caronte, cosicché tutti i morti possano regnare sulla terra!” Zeus obbedì a malincuore e, da quel giorno, il male dominò sulla terra per l’eternità o, meglio, fino a quando non sarebbe arrivato un semidio di nome Ercole… Ma questa è un’altra storia.

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GIACOMO, PIETRO E LUCIANA SOFIA CARIGI

Un giorno di primavera, Giacomo, un ragazzo di 18 anni, scoprì che aveva una cotta per la sua amica Luciana di 17 anni e mezzo, allora lo andò a dire al suo amico Pietro, un altro suo amico di 18 anni, che gli rispose: ”Non è possibile! Anch’io ho una cotta per lei!!” A quel punto, Giacomo si arrabbiò così tanto che lo svelò a Luciana. Luciana, dispiaciuta, gli disse che aveva già un fidanzato di nome Tommaso. Giacomo corse da Pietro, dimenticandosi che si era arrabbiato con lui. Appena arrivato,

respirò

profondamente, prese una sedia e raccontò tutto a Pietro; rimasero lì per due ore e, alla fine, gli venne un’idea. Avrebbero dovuto andare là, ucciderlo di notte, poi mentire di non averlo ucciso e, infine, si mettersi d’accordo sull’altra faccenda. Arrivò quella sera, Giacomo e Pietro erano attrezzati al massimo; entrarono furtivamente nella casa di Tommaso e videro una sedia con un uomo seduto in lontananza, si avvicinarono e girarono la sedia di scatto! 45


Era un uomo fatto di paglia finta e si tranquillizzarono. Però non sapevano che dietro la tenda c’era Tommaso (perché anche lui si era organizzato bene), allora, mentre ci passarono davanti, Tommaso sparò. Luciana non seppe mai che erano morti perché Tommaso mentiva, dicendole che aveva regalato a Giacomo e Pietro un viaggio per tutta la vita in un paese lontano.

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