Vain Creative Issue no. 2° - ITA

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C R E AT I V E

ESTHER STOCKER L’ o c c h i o p e r d e la percezione dello spazio.

ALINA S T E FA N E S C U FA S H I O N PHOTOGRAPHER Fo t o g r a f a r e l’emozione.

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FRIDA KAHLO


Frida Kahlo Autoritratto con vestito di velluto, 1926 Olio su tela, cm 79,7 x 59,9 Collezione Privata © Banco de México Diego Rivera & Frida Kahlo Museums Trust, México D.F. by SIAE 2014





CREATIVE

Indice


CREATIVE

ESTHER STOCKER L’occhio perde la percezione dello spazio. P.11

LA CREATIVITA’ Al femminile. P.26

DOVE REAL BEAUTY SKETCHES Siamo più belle di quanto pensiamo. P.28

ALINA STEFANESCU Parla di sè. P.31

Indice ELIE SAAB Sinonimo di perfezione. P.53

CHANEL N°5 Un distillato di arte e cultura. P.55

FRIDA KAHLO Roma, scuderie del quirinale. P.59


www.harim.it




Esther Stocker By Angelica Grittani

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uando si osserva un’opera dell’artista Esther Stocker, classe 1974, artista di fama internazionale nata in Italia a Silandro, ma vissuta a Vienna, si nota come l’occhio perda la percezione dello spazio, colpito da un flusso di linee geometriche e illusioni ottiche che destabilizzano il contesto. Inizialmente pittrice, Esther Stocker ha cominciato con tele di cotone e colori acrilici, cercando di dare forma bidimensionale alle linee, utilizzando bianco e nero come colori predominanti e dipingendo griglie sovrapposte a formare pattern geometrici, ma che non seguono una logica strutturata e determinata. L’artista in persona, in un’intervista per Sight Unseen*, afferma che inizialmente dipingeva ritratti ma quando ha iniziato a disegnare linee in bianco e nero, si è resa conto di come questo stile minimalista per lei era sufficiente per instaurare una relazione tra l’artista e il suo pubblico. Questo suo essere lineare e semplice ha portato nei fruitori la domanda di quali fossero le motivazioni che la spingevano ad esprimersi in quel modo. Queste sue caratteristiche sono derivate anche dal mondo dei fumetti, da cui l’artista si sente molto affascinata, colpita da come in questi l’essenzialità di linee e parole possa essere un mezzo d’espressione così diretto e di come la complessità possa vivere in pochi segni grafici. Le forme dei suoi quadri prendono vita e dimensione nelle sue installazioni, per offrire uno sguardo tridimensionale al suo lavoro, attraverso il quale gli osservatori possono camminare, perdersi, toccare con mano nello spazio queste “geometrie libere”. Si tratta di arte astratta, che prende vita sui pavimenti e sulle pareti di edifici, musei e gallerie, senza regole precise se non quello di offrire un differente punto di vista all’osservatore, che si rende conto delle griglie ottiche, ma che non riesce a trovare una linearità, proprio perché, come dice l’artista, la bellezza di queste opere è l’irriconoscibilità e il mistero della rappresentazione che possa far sforzare i fruitori nel ristabilire un ordine dal caos, o di perdersi in questo gioco. La resa tridimensionale è effettuata da tavoli, legni e altri oggetti, che interagiscono con lo spazio, in maniera unica e casuale. La percezione dello spazio allude ad una geometria rigorosa, tuttavia Esther ci lascia sorpresi quando scopriamo che le linee si frammentano, che si nasconde una libertà sostanziale nello spazio, sia una prospettiva del tutto soggettiva. L’artista stessa afferma di voler lasciare libero il pubblico di interpretare e di immaginare, che la sue realtà strutturali non sono rigide, ma bensì espansive, come se fossero in movimento perlomeno nella percezione visiva di chi osserva. In Italia ha avuto la possibilità di esporre con diverse mostre personali, tra le sue installazioni più famose La solitudine dell’opera (Genova, 2010) e Destino Comune (Roma, 2011).

Esther Stocker, Untitled, 2011, acrylic on canvas 30x40cm.©Esther Stocker, Courtesy Galerie Alberta Pane




Esther Stocker, exhibition view “Form Follows Vision,Galerie Alberta Pane, 2012.©Takeshi Sugiura; courtesy Galerie Alberta Pane



Esther Stocker, exhibition view “Dirty Geometry”, 2011, Galerie Alberta Pane, Paris.©Takeshi Sugiura, Courtesy Galery Alberta Pane.


Esther Stocker, Untitled, 2011, acrylic on canvas, 60x90cm.ŠEsther Stocker, courtesy Galerie Alberta Pane.


Esther Stocker, Untitled, 2011, acrylic on canvas, 140 x 160 cm ©Esther Stocker, courtesy Galerie Alberta Pane.

Esther Stocker, Untitled, 2011, acrylic on canvas, 140 x 160 cm ©Esther Stocker, courtesy Galerie Alberta Pane.



Esther Stocker, Untitled, 2013, sculpture, print on paper, epoxide resin, glass fiber, wood, 40x50x40cm Š Meinrad Hofer.


Esther Stocker,Degrees of Freedom 6, 2012, c-print, 60x90.ŠEsther Stocker, courtesy Galerie Alberta Pane




Esther Stocker, Untitled, 2013, sculpture, print on paper, epoxide resin, glass fiber, wood, 70x90x100 cm.Š Meinrad Hofer. / GALERIE ALBERTA PANE.


Creativit D al 22 Febbraio 2014 al 5 Marzo 2014, al GAMeC Centro Arte Moderna di Pisa, si è tenuta una mostra tutta al femminile, “La Creatività al femminile (Made in Woman)”, inserita nel progetto“Donne in Arte / Universo Artistico Femminile Contemporaneo”. Obiettivo di questa rassegna è dare largo spazio alla creatività femminile, valorizzando la realtà artistica contemporanea. Sono infatti tutte artiste del ‘900, secolo in cui la donna ha mostrato le proprie capacità. Abbiamo visto grandi donne elevarsi in vari settori, dalla scienza, fino all’arte, dove hanno saputo distinguersi grazie alla grande sensibilità, riuscendo a far percepire e comprendere alcune emozioni attraverso modi insospettabili e totalmente innovativi. Il percorso espositivo di questo evento è un vero e proprio inno a tutte le capacità artistiche femminili, regalando a queste un intero spazio espositivo, attraverso questa loro grande forma espressiva datagli da una visione del mondo che distingue il femminile dal maschile. Possiamo trovare opere di pittura, scultura, fotografie di artiste anche estere: Art_Missy, Bernardi Debora, Cataldi Pina, Ceccarini Maria Paola, Di Ciolo Cecilia, Di Cocco Siberiana, Donadio Genny, Giampaoli Aurora, Gong Minghan, Hu Huiming, Lia Bo Fisher, Luongo Marilena, Martel Martine, Mongelli Patrizia, Pecchia Lucia, Pizzato Marina, Ristori Adriana, Rombolini Michela, Sandroni Lucia, Simoneschi Sonia, Toccafondi Mara. Un’occasione per dar valore all’espressività della donna e iniziar a far comprendere come la fragilità, emotività e delicatezza possano essere un punto di forza.

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La creatività AL FEMMINILE By Cristina Giannini

Pina Cataldi - Pandora Athena Maria Paola Ceccarini - Ruggine dell’anima - olio su tela - 80x80 Hu Huiming - Toccare la vita 2014 - 100x60cm - pittura a olio su tela preparata di cotone con colla di coniglio e gesso bolognese Patrizia Mongelli - Introspezione Acrilico su tela - 60x80 Patrizia Mongelli - Introspezione Acrilico su tela - 60x80 Lucia Sandroni - Magici colori d\’Africa olio su tela 70x100 - tecnica a spatola Sonia Simoneschi - Io sono il Mare Mara Toccafondi - LO SGUARDO CELATO Olio su tela - 50x60 Cecilia Di Ciolo - Marea Mista - 50x70



Benessere

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Dove Real Beauty Sketches SIAMO PIU’ BELLE DI QUANTO PENSIAMO By Serena Secco

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pesso noi donne ci lasciamo incantare da pubblicità che ci convincono di non essere abbastanza magre, belle o conformi ai canoni di bellezza che ci vengono imposti al giorno d’oggi. Senza dubbio essere ipercritici verso sé stessi non fa bene, ma soprattutto ci porta ad avere un’immagine distorta di noi, dove tutte le imperfezioni vengono amplificate e non sono più viste come l’insieme di caratteristiche che ci contraddistinguono. Noi donne siamo i giudici più severi di noi stesse, ci bastano pochi secondi davanti allo specchio per poter fare un elenco infinito di difetti: quelle rughe che incorniciano i nostri occhi, quelle macchioline della pelle sulle guance, il mento troppo sporgente, il naso storto. E non c’è trucco che possa coprire la nostra insicurezza se siamo noi stesse a vederci brutte. Cosa succederebbe se a guardare il nostro viso non fossimo noi, ma un estraneo, che ci vede per la prima volta? Il nuovo progetto di Dove consiste proprio in questo. Quest’azienda, leader mondiale nella produzione di creme e prodotti per il corpo, punta da sempre a valorizzare la “vera” bellezza femminile, proponendo modelle un po’ più in carne e anche di una certa età, molto più vicine alle “Donna” come realmente è. Dove si è servita di un disegnatore forense dell’FBI, Gil Zamora, per realizzare il documentario “Dove Real Beauty Sketches” , che mostra come si percepiscono le donne rispetto a come esse vengono viste da coloro che le circondano.


Gil le aspetta in uno splendido loft, una tenda fa in modo che lui non possa vederle. Il disegnatore accoglie una donna per volta, le pone poche domande grazie alle quali comincia a tracciare un ritratto. Appena finito lo schizzo i due si congedano ed entra un’altra persona, alla quale é stato precedentemente richiesto di parlare e interagire con la stessa donna che è appena uscita dallo studio. Zamora pone le stesse domande e realizza un altro disegno. Una volta finito anche quest’ultimo ritratto la donna viene fatta rientrare nel salone e le viene mostrato il risultato, spiegandole che la prima bozza è stata creata tramite la descrizione che lei ha dato di sé, mentre la seconda è stata realizzata tramite quella di un’altra persona che la vedeva per la prima volta. I risultati sono sempre molto diversi e fanno davvero riflettere. Una delle caratteristiche che si possono cogliere più facilmente è che nel caso dell’autoritratto la persona appare sempre più triste, più spenta e più “bruttina”. La riflessione generale con cui si chiude il documentario è che le donne dovrebbero essere grate per la propria bellezza naturale, ma soprattutto ne dovrebbero essere più consapevoli. “You’re more beautiful than you think” , “Sei più bella di quanto pensi” n.d.r., è lo slogan di questo progetto che ormai è diventato virale in rete. Continuando nel proprio impegno per far sentire le donne più belle non solo grazie ai propri prodotti di bellezza, la Dove ha appena lanciato il suo nuovo Progetto Autostima, una nuova campagna per rendere le donne più sicure di sé e del proprio aspetto fisico.



Alina Stefanescu By Angelica Grittani

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Alina Stefanes ALINA STEFANESCU Parla di sè

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lina Stefanescu è una donna dal forte carisma e molto sicura di sé, ma anche una persona timida, che riesce a gestire meglio le emozioni attraverso l’obiettivo di una macchina fotografica. La sua passione più grande è la fotografia di moda, un traguardo professionale che ha raggiunto dopo tanto studio e dopo l’esperienza di lavoro come art director e produttrice internazionale, a Londra e Los Angeles, per il brand di jeans che ha lanciato. Ci racconta come si è avvicinata alla fotografia, quali sono le sue passioni e che cosa la spinge a cercare di catturare sempre un’emozione, quasi come una catarsi artistica che le permette di aprirsi e di esprimersi ogni volta in maniera del tutto nuova.

Hai viaggiato e vissuto in Italia, Londra e America. I tuoi viaggi che visione dell’arte e della moda ti hanno dato? Sicuramente vivere a Londra e Los Angeles per più di 13 anni mi ha influenzato molto, sono entrambe città che vivono di arte, specialmente Los Angeles. Quello che mi piace di più e che apprezzo delle grandi città è la libertà nel vestirsi, senza seguire le mode ad ogni costo, ma piuttosto cercando nuove ispirazioni e tendenze. È una caratteristica che si avverte anche solo camminando per le strade: la voglia e lo spirito di rinnovamento è palpabile. Per lo più a Los Angeles ho scoperto una grande passione per il Vintage, ma quello che mi piace sono le rivisitazioni in chiave moderna del vintage, come i remix delle vecchie canzoni. Lo stile di Lana Del Rey è un esempio perfetto di questa visione moderna del vintage, un’interpretazione che si mostra come un’influenza nel nostro modo di vestire non come tendenza teatrale. Mi piace poter aggiungere dei pezzi, degli elementi vintage al mio look e poterlo indossare ogni giorno, non solo in certe occasioni a tema vintage. Mi piace sentirmi libera di vestire come voglio, senza costrizioni: il lavoro che faccio e i posti dove ho vissuto mi hanno dato la possibilità di esprimermi anche dal punto di vista dell’abbigliamento. Sono stata molto fortunata a trasferirmi in Italia, perché per me è una possibilità di crescita, di fare una nuova esperienza da cui trarre solo beneficio. Inoltre in Italia lo stile è unico e la qualità dei tessuti e dell’abbigliamento è molto apprezzata così come l’eleganza dei vestiti. Mi piace osservare le persone: ogni donna, dalla più giovane alla più grande è sempre molto attenta nel vestire, con un’eleganza personale che si nota anche nel modo di camminare.


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Quando ti sei avvicinata alla fotografia? Lavoravo come direttrice artistica del mio brand (Alina Jeans), quando stavo cercando disperatamente un nuovo modo per esprimermi attraverso l’arte. Così tre anni fa mi sono avvicinata alla fotografia, quasi come per una sorta di naturale sviluppo del mio lavoro che già si esprimeva nell’ambito della moda e delle foto. Ho frequentato un corso di fotografia che mi è piaciuto molto, e ho iniziato a studiare, ad approfondire le tecniche e le luci, importanti per ogni fotografo. Questa passione mi ha portato a sperimentare, facendo ritratti per acquisire sicurezza, per poi inserire questo mio interesse nel lavoro di art director, fotografando personalmente le modelle. Ogni volta che fotografo è una scoperta e c’è sempre qualcosa di nuovo da imparare. Tramite il web ho anche avuto la possibilità di conoscere e di scoprire in Italia una grande realtà di fotografi, modelli, make-up artists di talento, con cui ho avuto il piacere di lavorare, da cui ho preso ispirazione e che mi hanno dato supporto per la mia attività e attraverso cui sono cresciuta molto. Direttrice artistica, produttrice, regista, fotografa: sei un’artista completa ma al medesimo tempo hai lanciato una tua linea di jeans, fungendo da manager. Come riesci a gestire queste attività così diverse fra loro? Sono sempre spinta da una grandissima voglia di imparare e quando parto con un progetto sono determinata a portarlo avanti. La passione per il lavoro che faccio mi dà sempre la forza di trovare soluzioni creative e di lottare per ottenere quello che voglio. Mi piace esprimermi attraverso le emozioni e le mie mansioni artistiche sono il mezzo che ho scelto per esprimermi. Sono elementi complementari per me: tecnica e creatività si sono affinate con il tempo, dandomi la possibilità di occuparmi di ogni aspetto del progetto creativo. C’è da dire che sono sempre stata fortunata ad avere al mio fianco persone molto capaci, che mi hanno sostenuto e che mi hanno insegnato molto. Mi piace molto ascoltare ed entrare in sintonia con le persone con cui lavoro, le idee creative prendono vita anche in questo modo, unendo più punti di vista e aprendosi agli altri. Per questo il mio lavoro è alla portata di tutti, sul set sono molto estroversa e aperta al dialogo. Il risultato è un miglioramento del lavoro, non in termini di tempo ma di qualità. Anche se il risultato finale non è quello che avevo immaginato inizialmente, sarà molto più completo grazie al supporto creativo del team.


Che significato ha per te la creatività? Per essere creativi bisogna avere un’apertura mentale che permetta di essere stimolati e spinti ad esprimersi. È un’apertura nei confronti degli altri, che ci permette di mostrarci per quello che siamo, senza maschere ne filtri, per arrivare a toccare il pubblico. Cercare di mettere se stessi in ciò che si fa, mostrando la verità un po’ come fanno gli attori, che per arrivare a trasmettere delle emozioni vere: lavorano su se stessi e sull’espressione perché per impressionare il pubblico non basta solo avere la tecnica, ma bisogna aprirsi agli altri per raccontarsi senza inibizioni. Secondo me in questo modo tutti possono essere creativi, abbandonando i loro freni e le loro insicurezze, per mostrare la loro parte più vera e profonda. Quale carattere devono possedere le donne nei tuoi scatti? Come riesci a trasmettere la bellezza? Le donne nei miei scatti riescono a trasmettere un’emozione, questo è il mio obiettivo principale, e cerco di svolgerlo trovando una sintonia con loro per capire meglio che cosa voglio ottenere, che stile e che sguardo sto cercando, che tipo di donna devono impersonare. È molto importante parlare con le modelle, conoscerle e avvicinarsi a loro per creare una specie di intimità che verrà risaltata nelle fotografie. La bellezza è una caratteristica soggettiva, insita in ognuna di noi: ogni donna a suo modo è bella e se crede in se stessa e nelle sue qualità questa bellezza verrà fuori. Il mio lavoro è quello di mostrare questa bellezza anche dove è nascosta, mettendo a fuoco sui particolari, sugli aspetti che quella persona non sa nemmeno di possedere. Non sempre ci vediamo belli, ma nelle foto la bellezza appare, anche inaspettatamente. Questa possibilità è raggiunta attraverso la sensibilità del fotografo ma anche dalla tecnica, sfruttando le angolazioni giuste, le pose più adatte e le luci che esaltano i pregi della modella che stiamo fotografando. In che modo riesci a comunicare alle modelle le tue intenzioni durante gli shooting o nei video? Preferisco lavorare più volte con la stessa modella, mi piace che si instauri un rapporto di fiducia e di intimità che può portare allo scatto perfetto. La sintonia è molto importante, sono una persona che ascolta molto e si mette in gioco anche quando sto lavorando. La maggior parte delle modelle con cui lavoro sono anche mie amiche. La comunicazione tra un fotografo e il soggetto fotografato è unica, a volte contano più gli sguardi e la sensibilità delle parole.



Quali sono le tue icone o donne di oggi da cui trai ispirazione? Ammiro come fotografa italiana Nima Benati, per la sua bravura e per essere riuscita così giovane a intraprendere questa strada e ad avere successo come fotografa, è un esempio di umiltà e non può non piacere! Un’altra fotografa che ammiro molto è Ellen Von Unwerth. Nella moda ammiro molto la stilista Michelle Siwy, la ex designer di Siwy Jeans per la sua passione per il vintage, mentre adoro Diane Von Furstenberg per il suo lavoro teso sempre a ispirare le donne ad essere forti e femminili. Che consiglio daresti ai giovani fotografi che vorrebbero intraprendere questa carriera artistica? Il mio consiglio è che nonostante le insicurezze, soprattutto all’inizio di questo lavoro, bisogna cercare di rimanere se stessi e non cercare di accontentare sempre gli altri. Perché in questo mondo si troveranno tante persone pronte a criticare, a dirci cosa andrebbe fatto e in quale modo, ma mantenere una propria identità aiuta a non perdersi, anche quando le persone vorrebbero da noi qualcosa di diverso. Dal punto di vista pratico è molto importante lo studio, l’approfondimento della tecnica, facendo corsi e studiando sui libri dei grandi fotografi.
















Elie Elie Saab S I N O N I M O D I P E R F E Z I O N E By Gaia Bregalanti

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Saab

lie Saab, nato a Beirut nel 1964, crea a soli nove anni il suo primo abito per la sorella minore. A 18 crea la sua maison e si impone rapidamente come esperto dell’Alta Moda. Elie Saab non è da considerarsi come uno stilista qualunque, ma come un’artista, un’artista del sublime. Abiti da sposa, abiti da sera, abiti “da principessa”, Elie Saab è il maestro incontestato di creazioni eccezionali che esaltano la donna e ne accentuano la sensualità. Lavora meravigliosamente i ricami e i drappeggi sontuosi che adatta direttamente alla silhouette femminile, senza disegni o modelli. Come un vero architetto del corpo, associa Oriente e Occidente, fasto e purezza: fili d’oro, perle e persino pietre preziose adornano abiti dai tagli perfetti e moderni. “La mia sola ambizione è di inserire la bellezza nella vita delle donne”, così dice lo stilista libanese. Molte celebrità si affidano alle sue creazioni per sentirsi magnetiche e radiose sul red carpet e agli Oscar, è anche stilista personale di molte principesse. Il suo modo unico di vestire la donna con eleganza e semplicità senza mai essere ripetitivo o banale dovrebbe permettergli di avere un posto speciale nel cuore di tutte noi. La sfilata firmata Elie Saab è indubbiamente una delle più attese, un sogno ad occhi aperti. Le opere d’arte del designer donano una ventata di eleganza e raffinatezza, trasformano coloro che vestono in donne romantiche e distinte. Le linee semplici, talmente candide da essere così tanto delicate, e quel vedo non vedo, conferiscono anche sensualità. Ancora più invidiati e sognati degli abiti da sera, sono gli abiti da sposa. Le modelle che in passerella indossano l’abito bianco, ricordano delle dee di mitologie di antiche civiltà, sembrano riflettere una soffusa luce lunare. Armonia delle forme, elegante classicità, armonie delle forme, delicatezza e maestosità caratterizzano le opere firmate Elie Saab. I dettagli sono importanti, i tessuti preziosi e i volumi studiati, ma sempre e comunque sapientemente calibrati tra effetto sorpresa e libertà di movimento. Il forte impatto è quello che colpisce e che fa innamorare noi donne di questi abiti, che sono sinonimo di eleganza e perfezione.

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Chanel Chanel n°5 UN DISTILLATO DI ARTE E CULTURA By Eleonora Milano

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primi anni 20 del Novecento sono caratterizzati da una rivoluzione culturale che ha plasmato e trasformato tutte le arti in maniera irreversibile. Questo momento di mutamenti viene fomentato dall’avvento di alcune teorie, come quella della relatività introdotta da Einstein o la nuova interpretazione della psiche fornita da Freud. Parigi è il centro propulsore della rivoluzione ed è proprio in questa città che Chanel inizia ad allacciare rapporti e amicizie con artisti che la formeranno, condizionandola e animandola con forza.

n°5

Nel 1921 lancia “n 5”, il suo primo profumo, concepito come manifesto di un contesto estremamente creativo e dinamico. Chanel decide di dare un carattere minimalista sia al nome dell’essenza sia al flacone, che si presenta come un rettangolo dal taglio netto, celato da un cartone bianco e orlato di nero: un’eleganza che fa eco alle linee dei suoi abiti; persino il catalogo di profumi del 1924 segue gli stessi principi estetici. Il suo successo sta nelle proporzioni adeguate, quelle stesse proporzioni ricercate dall’intera sua epoca e che si esprimono non solo nell’architettura modernista, ma anche, con linee e motivi geometrici, nella pittura. Tutto questo emerge dalla realizzazione del profumo stesso, infatti, la bottiglia richiama una fiaschetta, il packaging cubista è un esempio di decostruzione post-figurativa, l’etichetta evoca il Dadaismo e, infine, il catalogo dei profumi è puro Mondrian. E’ evidente come Chanel abbia trasferito nelle sue creazioni i caratteri del vivissimo ambiente intellettuale nel quale si muoveva . Lo stesso “N° 5” compare nelle opere d’arte a lei contemporanee, basta osservare “Ticket”, l’opera di Picabia del 1922, oppure il mockup di Ernst per la cover di “Manifeste We “ del 1920. “N°5” dunque non è solo un profumo, ma un distillato di arte e cultura che ha segnato un’intera epoca.

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Frida Kahlo By Valentina Sorrenti

Frida Kahlo Autoritratto con collana di spine, 1940 Olio su tela, cm 63,5 x 49,5 Harry Ransom Center, Austin © Banco de México Diego Rivera & Frida Kahlo Museums Trust, México D.F. by SIAE 2014

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Frida Kahlo Frida Kahlo in mostra

ROMA, SCUDERIE DEL Q U I R I NA L E

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ue città italiane stanno per inaugurare un ambizioso progetto artistico: le “Scuderie del Quirinale” di Roma e il “Palazzo Ducale” di Genova ospiteranno due mostre sull’artista messicana Frida Kahlo. La prima è dedicata al rapporto tra questa artista e la sua cultura; la seconda invece indagherà sull’influenza artistica proveniente dalla sua vita privata, al centro della quale lei metterà sempre il marito Diego, di cui dice: “Ho subito due gravi incidenti nella mia vita... il primo è stato quando un tram mi ha travolto e il secondo è stato Diego”.

Frida Kahlo Autoritratto con scimmie, 1943 Olio su tela, cm 81,5 x 63 The Jacques and Natasha Gelman Collection of 20th Century Mexican Art and The Vergel Foundation, Cuernavaca © Banco de México Diego Rivera & Frida Kahlo Museums Trust, México D.F. by SIAE 2014


Frida Kahlo L’amoroso abbraccio dell’universo, la terra (Messico), io, Diego e il signor Xolotl, 1949 Olio su tavola, cm 70 x 60,5 The Jacques and Natasha Gelman Collection of 20th Century Mexican Art and The Vergel Foundation, Cuernavaca © Banco de México Diego Rivera & Frida Kahlo Museums Trust, México D.F. by SIAE 2014

Frida Kahlo Autoritratto al confine tra Messico e Stati Uniti, 1937 Olio su piastra di rame, cm 31,7 x 35 Collezione Privata © Banco de México Diego Rivera & Frida Kahlo Museums Trust, México D.F. by SIAE 2014


La rassegna romana, prima retrospettiva di Frida in Italia, dal 20 marzo al 31 agosto, riunisce tra raccolte pubbliche e private 130 opere composte da disegni e dipinti. Accanto alle sue opere vi saranno esposti i lavori di artisti legati a Frida Kahlo come il marito Diego Rivera e Maria Izquierdo. La figura di Frida Kahlo è talmente affascinante da poter essere definita un’icona globale: precorritrice del movimento femminista, simbolo della cultura messicana, soggetto amatissimo dal cinema hollywoodiano, prima donna ispanica ad apparire su un francobollo americano e venerata ispiratrice dal merchandising di tutto il mondo. Frida Kahlo non è semplicemente un’artista: è uno dei personaggi più carismatici del panorama culturale del XX secolo perchè i suoi dipinti non sono solo il racconto della sua vita, segnata dal terribile incidente avuto all’età di 17 anni, ma anche lo specchio del mondo in cui ha vissuto, rappresentando così i cambiamenti culturali e sociali segnati dalla rivoluzione messicana, al riguardo della quale lascia queste bellissime parole:”... rebellion con todo lo que te encadena...”.



Diego Rivera Ritratto di Natasha Gelman, 1943 Olio su tela, cm 115 x 153 The Jacques and Natasha Gelman Collection of 20th Century Mexican Art and The Vergel Foundation, Cuernavaca © Banco de México Diego Rivera & Frida Kahlo Museums Trust, México D.F. by SIAE 2014


Frida Kahlo Autoritratto come Tehuana, (o Diego nei miei pensieri), 1943 Olio su tela, cm 76 x 61 The Jacques and Natasha Gelman Collection of 20th Century Mexican Art and The Vergel Foundation, Cuernavaca © Banco de México Diego Rivera & Frida Kahlo Museums Trust, México D.F. by SIAE 2014


Frida Kahlo Autoritratto con treccia, 1941 Olio su tela, cm 51 x 38,5 The Jacques and Natasha Gelman Collection of 20th Century Mexican Art and The Vergel Foundation, Cuernavaca © Banco de México Diego Rivera & Frida Kahlo Museums Trust, México D.F. by SIAE 2014



Frida Kahlo Moses o Nucleo Solare, 1945 Olio su tavola, cm 61 x 75,6 (IN MOSTRA SOLO A ROMA) Collezione Privata © Banco de México Diego Rivera & Frida Kahlo Museums Trust, México D.F. by SIAE 2014



Creativity Creative: arte al femminile. Una diversa sensibilità accompagna le arti visive: la femminilità, con una visione addolcita, si inventa nuovi stimoli.

“Fanno delle cose, le donne, alle volte, che c’è da rimanerci secchi. Potresti passare una vita a provarci: ma non saresti capace di avere quella leggerezza che hanno loro, alle volte. Sono leggere dentro. Dentro.” Alessandro Baricco Oggi è difficile capire come il ruolo della donna ha subito variazioni nell’arco dei secoli. Il ruolo della donna riconosciuto dalle società antiche era quello di colei che dedicava la vita ai lavori di famiglia, e altre mansioni casalinghe come il ricamo e la tessitura. Bisogna aspettare il XVI secolo affinché la donna riesca a farsi apprezzare nel mondo dell’arte non più solo come modella ma anche come artista. Da allora le donne hanno saputo contaminare l’arte e la creatività mostrando non solo una sensibilità diversa ma anche dimostrando di poter realizzare cose meravigliose.



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