Vain Creative Issue no. 4° - ITA

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TREVOR WAYNE FIORI DI LATTA

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FRANCESCO DE BENEDITTIS






Indice


FIORI DI LATTA P.11

I SIMBOLI Segno distintivo di ogni artista

LA POTENZA

P.37

Simbolica del makeup P.20

TREVOR WAYNE Modello e artista di Los Angeles P.25

FRANCESCO DE BENEDITTIS P.41


www.harim.it




Fiori di latta By Angelica Grittani

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fiori e il loro significato, la bellezza che spunta nuovamente ogni stagione, lo stupore davanti a un bocciolo, una nuova vita che sorge dal terreno. C’è sicuramente un inno alla natura nelle sculture multiformi e floreali dei Fiori di Latta, un’idea che riprende la “Flora Meccanica Futurista” disegnata da Oswaldo Bot nel 1930 e che nel 1986 Gherardo Frassa trasforma in realtà. In occasione della mostra “Futurismo e Futurismi” che si tenne a Venezia, egli realizzò per l’inaugurazione alcuni centrotavola ispirati proprio a quei famosi disegni. Nel 1987, dalla mente creativa di Gherardo Frassa ed Emilio Tadini, nascono il logo “Fiori di Latta” e una serie di cento opere intitolate “Fiore”, rigorosamente realizzate in latta; oniriche, fantasiose e animate da un piccolo folletto. Dal 2010 il marchio “Fiori di latta” ha aperto un laboratorio artistico a Milano, dove Gherardo Frassa si avvale della collaborazione di altri rinomati designer (come Angelo Barcella, Andrea Branzi, Pierluigi Cerri, Clara Rota e Franca Silvia) e in quattro anni ha realizzato svariate opere e pezzi unici che fioriscono ogni volta nel giardino ironico dei Fiori di Latta, portando una ventata di fantasia e originalità.




Quale messaggio volevano trasmettere inizialmente Gherardo Frassa ed Emilio Tadini con le scritte di latta “Fiore”? Alcuni di questi fiori sono ancora in catalogo e in realtà non sono fiori veri e propri ma sono fiori surreali all’interno di vasi che contengono non il fiore raffigurato ma la scritta fiore. Sono sempre caratterizzati da un folletto, personaggio molto ricorrente nell’opera di Tadini e nei nostri fiori è magnetico, calamitato in modo da poterlo posizionare dove si preferisce e spostarlo all’occorrenza. Questa serie di fiori è la somma artistica di Tadini con Frassa e arriva a spezzare gli schemi classici, di mera riproduzione della natura. Non è possibile riprodurre fiori di latta uguali a quelli di madre natura perché la natura è troppo bella per essere copiata, ma si cerca sempre di dare un significato che vada oltre, che ci riporti un’interpretazione più umana. Come nel caso della serie dei quadrifogli o del filo d’erba: non sono semplici riproduzioni di qualcosa che c’è in natura, con l’aggiunta di un piccolo cartellino in latta che dà un titolo all’opera, come “La chance vegetale” o “L’elogio dell’erbavoglio”, si offre un’interpretazione ironica e inaspettata che porta un sorriso a chi osserva. I simboli più ricorrenti nella bottega di “Fiori di latta” sono proprio i fiori (rose, tulipani, papaveri, fili d’erba, cactus, ecc.). Per ogni collezione c’è un designer che mette la sua fantasia in un oggetto così particolare. In che cosasiriconoscelafirmastilisticadeidesigner? Le varie opere sono dettate dallo stile dei designer, che mantengono la loro propria personalità e originalità: per esempio nella collezione “I colori del deserto” di Clara Rota, che è un’artista che lavora con la carta, si nota come i cactus siano disegnati e come pur essendo realizzati in latta, sembrino veramente ricavati dalla carta. Nella collezione “Ombres des chats” la silhouette felina di Angelo Barcella è sinuosa, elegante, sembra proprio ricordare il movimento di un gatto nero e questo è stato ottenuto attraverso lo studio dei movimenti e delle fattezze dei gatti.

Mi chiede dove si vede l’artista? In questo caso si ritrova nel saper cogliere un attimo, nel dare le giuste proporzioni all’opera, nell’interpretare il movimento, nella bellezza delle linee e delle forme, nella qualità del lavoro e nello studio molto attento su ogni singolo pezzo. Che significato vogliono trasmettere gli oggetti di ogni nuova collezione? Quello che questi fiori vogliono trasmettere è un messaggio di gioia, di buon umore, d’ironia. Noi proponiamo oggetti che pensiamo possano rendere lo spazio in cui viviamo più accogliente e personale, più originale semplicemente avendo due fiori su una mensola o un gatto che si arrampica sulla libreria. Come vengono realizzate le collezioni di “Fiori di Latta”? Sono pezzi unici, realizzati in serie molto limitate e sono tutti fatti a mano, per questo i petali dei fiori ad esempio non saranno mai uno uguale all’altro. Noi nasciamo come bottega artistica e artigianale e per questo difendiamo il Made in Italy, perché le nostre opere sono state realizzate interamente a mano dopo ore e ore di lavoro in laboratorio, i dettagli sono molto curati. I pezzi non sono numerati a parte le serie limitate, come quelle di Branzi, Cerri e i fiori futuristi, per questo l’essere unico per noi è più legato alla realizzazione e alla produzione artigianale, offrendo un valore aggiunto all’oggetto in sé. Per la primavera 2014 è stata ideata da Gherardo Frassa una serie di centrotavola davvero speciali: l’arte si unisce alla frutta in questo caso, come siete arrivati a questo connubio? La collezione si chiama “Frutteti: arte applicata alla frutta”, una collezione che richiama lo stile di fiori di latta con un che di fantastico. Questi frutteti sono delle silhouette morbide di rame e ottone applicate a un centrotavola in cristallo ed essendo molto duttili volendo si possono applicare anche ad altre fruttiere. Sono immagini di fantasia e si ispirano ai mobiles di Calder (Alexander Calder, scultore statunitense famoso per l’invenzione di grandi sculture di arte cinetica, ndr), per cui ritroviamo certe scene sospese come i ballerini di tango, le libellule, il cacciatore di cuori volanti che riprendono questa


tecnica e la applicano su un centrotavola decorato in modo da renderlo molto più particolare. Abbiamo presentato questa collezione all’evento FuoriSalone, durante la settimana del Salone del mobile 2014 ed è stata accolta molto bene dal pubblico e dagli addetti ai lavori. Nel vostro laboratorio di Milano, che da qualche anno si è trasformato da bottega artigianale a Art&Design Factory, ha avuto luogo la fusione del brand Fiori di Latta con Citazioni. Come viene vissuto lo spazio creativo? Il nostro laboratorio si trova all’interno di una corte di Corso San Gottardo, dove sono rimasti i luoghi di lavoro dell’antica Milano. Il nostro è uno spazio aperto, dove il pubblico può venire a vedere come viene realizzato l’oggetto, in quale contesto nasce e dove si respira ancora l’aria del lavoro artigianale; inoltre volendo si può anche acquistare direttamente dal nostro laboratorio. Dove si possono trovare gli oggetti creativi del vostro marchio? Come punto di riferimento a Milano citerei il magnifico negozio “Entrata libera”, uno spazio di 800 mq situato nel centro della città, dove ogni oggetto è valorizzato in maniera straordinaria. Abbiamo anche un sito di e-commerce dove vendiamo i nostri prodotti, ma non sono belli come dal vivo, la fotografia non gli rende giustizia (ride ndr). Una curiosità sui Fiori di Latta, che ci ha svelato Gianluca Bianchi durante quest’intervista: i tulipani della collezione “Tulipes messageres” sono stati ideati prendendo spunto dal cinema di Truffaut, in particolare dal film “Domicile conjugal” dove l’amante giapponese regala al suo amante francese un mazzo di tulipani, il quale li porta a casa e quando si schiudono dall’interno cadono messaggi d’amore. Una poesia che incanta e che rende la semplicità e la raffinatezza di questi oggetti/fiori un esempio d’ amore per ciò che fa sorridere e che lascia l’immaginazione libera di entrare nelle nostre case. Per scoprire di più sul giardino onirico dei Fiori di Latta potete visitare il sito: HYPERLINK “http://www. fioridilatta.com” www.fioridilatta.com





La potenza simbolica del Makeup attraversa le culture. By Serena Secco

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mmaginate che una persona vada al lavoro truccata da geisha: sarebbe davvero inappropriato; un determinato trucco, infatti, se contestualizzato correttamente, assume un valore ed un significato ben preciso. La parola “Geisha” significa “persona esperta nelle belle arti , nelle belle maniere”, infatti la Geisha è una professionista nell’arte di intrattenere ed allietare. Questo personaggio caratteristico del Giappone sfoggia un trucco tradizionale, l’oshiroi, che rispecchia tutta la complessità e la delicatezza del mondo giapponese. Innanzitutto il volto si copre il volto con uno strato di fondotinta bianco per assomigliare ad una maschera di porcellana, mentre la bocca va ridisegnata con linee ben precise e poi viene riempita con il rosso di Kyoto. Alle Maiko, ovvero le apprendiste Geishe, è consentito riempire solo il centro del labbro inferiore, finché non avranno completato i loro studi. Il rosso delle labbra viene ripreso anche nella parte esterna della palpebra: anche qui la quantità di rosso applicata farà capire all’osservatore quanto tempo manca alla Maiko per diventare una Geisha.


Gli occhi devono assumere un’espressione dolce ma anche sensuale e un po’ civettuola, quindi si stende una linea di eye-liner nero per allungare la forma dell’occhio, dopodiché si applica del mascara per infoltire le ciglia. Tutti questi passaggi e le distinzioni fra apprendiste e Geishe esperte ci fanno capire che questa forma di trucco è un vero e proprio rituale e ha una fortissima valenza simbolica, infatti è in grado di suscitare rispetto ed ammirazione. Lo stesso vale per il famosissimo popolo dei Maori, originario della Nuova Zelanda, ma in questo caso non si parla di trucco ma di tatuaggi, i Moko, che ricoprono il corpo e perfino i visi di questi guerrieri. C’è un simbolo diverso per ogni avvenimento importante nella vita di un guerriero, come ad esempio per il passaggio dall’infanzia all’età adulta. Inoltre, dato che la popolazione Maori è sparpagliata fra diverse isole della Polinesia, in ognuna di esse si realizzano questi tatuaggi seguendo schemi ben precisi, così grazie alla tipologia di tatuaggio si può capire il luogo di provenienza di un guerriero. Le donne invece, per mostrare che sono legate ad un guerriero, portano un segno sul mento. Ed ecco una piccola curiosità: perfino gli uomini più “moderni” sono vittime delle simbologie del make-up! Quante volte abbiamo visto scene in slow motion di uomini muscolosi su campi da football che si disegnano due righe nere sugli zigomi? Questo tipo di trucco è visto come un segno di aggressività, per far sapere agli altri di essere “pronti all’attacco”. In realtà l’origine di questo gesto è ben diversa: le due tracce nere venivano disegnate sotto agli occhi perché assorbissero i raggi del sole, in modo da avere meno fastidio agli occhi sul campo da gioco.

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Trevor Wayne Il Modello e Artista di Los Angeles By Selena Magni

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Trevor Wayne Come descriveresti la tua arte? La mia arte è una ritrattistica dai colori piatti e fumettistici, dalle linee spesse. Mi hanno detto che sono un misto di Warhol, Lichtenstein e Mad Magazine. Per me è stato il complimento più grande che potessi ricevere. Banane, hot-dog, icone e cartoni. Cosa vuoi esprimere con questi temi? Il mio umore. La pop art deve essere divertente! Voglio rendere l’arte di nuovo divertente. Voglio che le persone sorridano e si sentano bene guardando i miei lavori. Sei un artista, un attore e persino musa di molti artisti. Qual è il tuo segreto nel fare tante cose così differenti? Non sono sicuro ci sia un segreto, se non il mio amore per tutte le forme d’arte. Sono felice di farle! Quindi mi metto in gioco! Come fai a sentirti così a tuo agio con il tuo corpo? Non mi sento a mio agio. Ho le mie insicurezze e complessi come tutti. Cerco semplicemente di metterli da parte e creare un’immagine che rappresenti qualcuno un pochino diverso. Pin-up e boylesque. Diventeranno un nuovo stile di spettacolo? Lo sono già! Ma io non faccio esibizioni live, io sono più un tipo da fotografia. Pensi che questo tipo di burlesque si farà strada? Penso che può farlo, sarebbe bellissimo vedere più performance in stile cabaret da parte di uomini.







Segui il tuo cuore o il tuo cervello quando crei dei pezzi d’arte? Seguo il mio senso dell’umorismo! I tatuaggi sono un modo per esprimere la tua personalità. Cosa rappresentano i tuoi tatuaggi? Sono tutti così diversi. Sono più legati a quando li ho fatti, al momento, al luogo e all’artista che me li ha fatti, mio amico. Li ho da anni, non ci penso nemmeno più. Qual è il ruolo dell’arte oggi? Documenta le menti all’interno delle nostre culture individuali e si fa vetrina delle loro speranze, paure, realtà, fantasie e ispirazioni. Quali sono i tuoi artisti preferiti? La mia ispirazione sono sempre stati i cartoni del sabato mattina.






I I simboli Il segno distintivo di ogni artista By Rossella Scalzo

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simboli sono una forma di comunicazione chiara e diretta. Attraverso un simbolo, sia esso un insieme combinato di lettere, un disegno o uno schizzo, si possono comunicare tantissime cose diverse. Dai geroglifici egizi sino alle emoticon del web 2.0, i simboli rappresentano il modo più immediato per esprimere e comunicare qualcosa. Per questo diventa importante per chiunque voglia farsi conoscere attraverso quello che realizza, che si tratti di uno stilista, un designer, un pittore, un artigiano o un creativo in generale, trovare un simbolo che possa essere associato al suo operato. Il simbolo, per un creativo, è ciò che rende il suo lavoro unico e riconoscibile agli occhi del pubblico. Grazie al simbolo un artista firma la sua creazione con un segno distintivo che lo renderà per sempre suo e diverso dagli altri. Sin dai tempi antichi gli artigiani incidevano il simbolo delle corporazioni a cui appartenevano sulle loro opere, per segnalare l’appartenenza al proprio ordine e allo stesso tempo per distinguerle da quelle delle altre congregazioni. Al giorno d’oggi lo scopo dei simboli è cambiato ma la valenza è rimasta la stessa. Il simbolo è segno di riconoscimento e autenticità; ancor di più in un’epoca dove tutto scorre veloce, dove chi osserva viene colpito molto più da un immagine che da mille parole, il simbolo è diventato una necessità per distinguersi dalla massa e attirare l’attenzione su di sé. Così come il simbolo, anche il logo funge da tratto distintivo che deve racchiudere non solo gli scopi di ciò che rappresenta, un’azienda o un artista, ma anche il suo stile e i suoi valori. È anch’esso simbolo di autenticità e di fiducia. Il logo può essere una scritta, uno slogan ma anche semplice disegno. Il monogramma è un simbolo molto usato, si ottiene sovrapponendo o combinando due o più lettere. Spesso i monogrammi vengono realizzati utilizzando le iniziali del nome dell’artista o dei maggiori rappresentanti di un’azienda, combinando le lettere in un gioco di forme, da sole o insieme a figure più o meno complesse. È importante studiare un simbolo che possa esprimere nella maniera più diretta quelli che sono i caratteri essenziali di un artista. Inoltre, non bisogna sottovalutare l’importanza giocata dai colori. È vero che bianco e nero sono minimali e universali, simboli di massima eleganza, ma colori diversi possono attirare maggiormente l’attenzione e allo stesso tempo permettere una più chiara distinzione.





Francesco De Benedittis Compositore e musicista By Angelica Grittani

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rancesco De Benedittis è un artista, compositore e musicista italiano, titolare di una casa di produzione a Fano, “Naїve Recording Studio” . Autore di testi per cantanti fra cui Francesco Renga, Nek, Marco Carta, Max Gazzè, ha raggiunto il successo con “L’essenziale” di Marco Mengoni canzone che ha vinto il Festival di Sanremo nel 2013.

Da dove nasce la tua passione per la musica? Per me è stata una passione trasmessa dall’amore che hanno i miei genitori verso la musica, in particolare per la musica classica. Quando ero bambino sono cresciuto ascoltando i requiem di Mozart e di Verdi o anche cantautori italiani come Battisti e De Gregori. Sono sempre stato un amante più delle sonorità che della composizione, rimanevo molto affascinato dai suoni. Dopo sono venute le parole e le frasi. Mi chiedevo sempre come facessero a nascere le canzoni che ascoltavo, che avevano la capacità di tirarmi su di morale e di riflettere i miei stati d’animo in una maniera incredibile. Hai scritto molte canzoni anche per artisti internazionali, come Sylvie Vartan, Kelly Joyce, Tina Arena. Come hai vissuto quest’esperienza internazionale? Ho avuto l’occasione di scrivere una canzone “french beat” per Kelly Joyce (“Vivre la vie” ndr) che è stata accolta molto calorosamente dal pubblico francese. È stata un successo, ho avuto la fortuna di arrivare in cima alle classifiche e sono riuscito ad attirare l’attenzione di Sylvie Vartan, cantante icona francese che, oltre a chiedermi se potevo scrivere qualche pezzo per lei, mi ha voluto in tour per quasi un anno come tastierista. Hai collaborato con Marco Mengoni scrivendo la canzone “L’essenziale” che ha vinto Sanremo 2013 e anche con Max Gazzè nella sua hit “Sotto casa”. Per te cosa rappresenta questo traguardo? Per gli autori, Sanremo rappresenta una chimera. Molti inseguono quest’obiettivo professionale. Anche per me era così, volevo almeno una volta nella vita provare a partecipare al Festival di Sanremo ma lo volevo fare con la canzone più adatta, e proprio l’anno scorso mi sono ritrovato con due canzoni in gara, delle quali una ha vinto e l’altra ci è andata davvero vicina. Posso dire di essere molto soddisfatto e ho sicuramente raggiunto l’obiettivo che desideravo.



Ci sono dei temi ricorrenti oppure ogni canzone è “cucita” addosso all’artista che la andrà a interpretare? Non ci sono temi ricorrenti nelle mie canzoni, sono una persona curiosa e spesso mi lascio trasportare da ciò che vedo o di cui parlo con le persone, con gli amici e con i colleghi. Non metto freni alla curiosità e alla voglia di conoscere ma scelgo spesso temi poco esplorati, “scomodi”. Se si parla d’amore preferisco che si tratti del lato più complesso e più oscuro delle persone, come per esempio i silenzi incomprensibili che ci separano. Le mie canzoni lasciano spesso all’ascoltatore una domanda, un pensiero che può portare a riflettere sull’argomento o a cercare di trovare una soluzione, insomma un finale aperto alle interpretazioni di ognuno! La capacità di sognare e la speranza sono sempre presenti nelle mie canzoni, per me sono elementi vitali e dovrebbero permeare la vita di tutti. Spero di poter far star meglio delle persone componendo musica. Quali sono le basi da cui partire per diventare compositori e autori di canzoni? Credo ancora nel sogno, nella speranza. Credere in qualcosa che ti dà gioia e provare a realizzarlo è sempre uno stimolo di crescita. Conta quello che vuoi fare e come lo vuoi fare. Ovviamente essere preparati e cercare sempre l’originalità sono aspetti da non sottovalutare. Oltre a essere autore sono anche produttore, quindi non solo scrivo le canzoni ma mi occupo anche della composizione, cerco di arrivare ad avere un prodotto finale completo. Credo sia molto importante associare il suono alle parole e ci si può avvicinare a questa realtà con strumenti come sintetizzatori, la computer music o l’elettronica che sono molto utili per gli arrangiamenti musicali e le composizioni a tutto tondo. Questi strumenti ti permettono di essere più accattivante quando realizzi una canzone e la rendono poi più vendibile alle case discografiche.

Oggi sei titolare di uno studio di registrazione “Naїve Recording Studio”, dove insieme ad altri musicisti e tecnici del suono vi occupate anche di corsi e seminari. Quanto conta una buona preparazione per fare questo mestiere? È un lavoro dove conta molto la passione, l’interesse verso la musica in generale. Più si è motivati, più si può arrivare a scoprire nuovi generi, a suonare diversi strumenti musicali, ad arrangiare le proprie canzoni con programmi ad hoc. Lo studio è ovviamente necessario per poter fare questo mestiere, ci sono tanti argomenti e tecniche da conoscere. Nel nostro studio organizziamo corsi propedeutici che partono dalla fisica acustica, importante per allenare l’orecchio, che è il principale strumento in questo lavoro, e arrivano fino al mixaggio e alla registrazione digitale, toccando temi come il campionamento, la frequenza, ecc. Cosa ne pensi delle nuove forme di ascolto digitali come Spotify o Soundcloud? Sono favorevole perché i tempi stanno cambiando e anche la musica si sta evolvendo. Oggi c’è la possibilità di fare un pre-ascolto online, attraverso questi programmi e anche se il mercato è molto ampio, secondo me le persone sono spinte ad acquistare ciò che gli piace veramente per poterlo mettere su Ipod, mp3 o cellulare e portarlo sempre con sé.






Creativity Comunicare con elementi espressivi: i simboli. I segni possiedono un carattere forte e sono condivisi nella società, da piccole comunità.

“Dalla bocca esce la parola, il segno e simbolo. Se è segno, la parola non significa nulla. Se invece è simbolo, significa tutto […]”. Carl Gustav Jung Il simbolo e il segno sono gli elementi primari della comunicazione scritta. Se è però possibile identificare il segno come una traccia, un’unità minima, che può esprimere un qualunque significato in base a chi lo interpreta, allora rappresenta tantissime cose, che siano reali o astratte. Attraverso i simboli si possono trasmettere valori, sentimenti, storie, si può trasmettere l’appartenenza ad un gruppo o a una comunità. Il simbolo è un segno che ha aspetto di convenzionalità perché chi lo usa gli associa un significato in cui si identifica e nello stesso tempo quel simbolo assume una valenza generalmente conosciuta e accettata da tutti come appartenente ad esso.



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