Non è un gioco da ragazze

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Valeria Sonia Aufiero

NON È UN GIOCO DA RAGAZZE

La motion graphic tra narrazione e visualizzazione



Valeria Sonia Aufiero

NON È UN GIOCO DA RAGAZZE

La motion graphics tra narrazione e visualizzazione


POLITECNICO MILANO SCUOLA DEL DESIGN A.A. 2014/2015 Corso di laurea in Design della Comunicazione Laboratorio di Sintesi finale "Genere alimentare, i media tra cibo e identitĂ di genere" Docenti: V.L. Bucchetti, E. Ciravegna, U. Tolino, P. Visconti Cultori della materia: A. Arduini, E. Zordan Elaborato di laurea a cura di Valeria Sonia Aufiero 21 Settembre 2015


ANALISI SULL’ESISTENZA DI UNO STEREOTIPO LEGATO AL GENERE E ALL’ALIMENTAZIONE VEICOLATO DAI GIOCATTOLI

INDICE

01 02

TEMA DI RICERCA Introduzione

9

Tema

10

Ricerca

12

Catalogazione

21

Tesi

26

ORGANIZZAZIONE DEI DATI Antiporta parlante

31

Struttura dei dati

33

Conferma visiva

42

Il Dettaglio

47

3


03 04 05 06 4

RACCONTO ANIMATO Concept

55

Realizzazione

48

Intenti

71

INTERPRETAZIONE CRITICA Concept

75

Realizzazione

78

RESTITUZIONE ALL’UTENTE Obiettivi

87

Oggetto-memoria

88

Libro catalogo

94

Spazio espositivo

99

Conclusioni

101

FOCUS ON LA MOTION GRAPHICS TRA NARRAZIONE E VISUALIZZAZIONE Introduzione

105

Componenti audiovisive

108

Componenti narrative

130

Conclusioni

143




TEMA DI RICERCA APPROCCIO ALLA TEMATICA E PARAMETRI UTILIZZATI PER L’ARTICOLAZIONE DELLA TESI

01



NON È UN GIOCO DA RAGAZZE

1.1 INTRODUZIONE IL CONTESTO Nel 2015, anno di Expo Milano, il tema dell’alimentazione ha assunto Dalla prospettiva del Design della Comunicazione, il DCxCG sviluppa progetti di ricerca nel campo delle Culture di genere.

una rilevanza presso i canali di informazione e l’opinione pubblica tale da stimolare numerose riflessioni intorno ad esso. Nell’ambito della facoltà di Design della Comunicazione al Politecnico di Milano, dove, l’attenzione nei confronti delle culture di genere è elevata, si è pensato di analizzare la tematica dell’alimentazione da questo punto di vista, cercando di individuare relazioni e punti critici nel rapporto tra queste due realtà. È questo l’obiettivo che il tema assegnato agli studenti del Laboratorio di Sintesi Finale, sezione C2, dell’anno accademico corrente (2014/2015) è stato quello del “Genere Alimentare - un progetto di comunicazione per documentare come i media raccontano le relazioni tra cibo e identità di genere.” Come si può osservare, tale brief introduce una terza dimensione, quella dei media. Quest’ultimi rappresentano difatti l’ambiente naturale entro il quale il designer della comunicazione opera e agisce, ed è quindi particolarmente importante richiamare, anche e soprattutto in ambito formativo, “ruolo e responsabilità del Design della comunicazione, che con il proprio compito di facilitatore rende possibile, funzionalmente e simbolicamente, l’accesso ai contenuti” (G. Baule, V. L. Bucchetti, 2012). Una delle principali funzioni dei mezzi di comunicazione è quella di creare dei codici e degli schemi comunicativi che aiutino la comprensione del contenuto trasmesso anche sul piano visivo oltre che concettuale. L’immediata conseguenza di questa caratteristica comporta però che ogni codice visivo trasmesso si cristallizzi, restituendo al fruitore informazioni convenzionali ma lontane da quello che può essere il loro corrispettivo nella realtà. Nel caso specifico della rappresentazione della donna, il potere dei media è stato e continua ad essere manipolato e stressato, restituendo così un’immagine falsata e sessista. Quando poi la presenza femminile viene messa in relazione col cibo il suo ruolo accentua il potere promozionale generalmente associato al soggetto femminile, toccando spesso anche corde esplicitamente legate alle sessualità e alla provocazione. 9


01

TEMA DI RICERCA

1.2 TEMA CARATTERISTICHE E RELAZIONI Quando si parla di media si pensa immediatamente a mezzi tradizionali come la stampa, la televisione o il cinema, senza considerare che esistono artefatti che diventano in sè mezzi di comunicazione per le loro caratteristiche. Esemplificativo di questa categoria è il gioco, inteso come strumento con il quale interagire. Un oggetto, progettato per essere funzionale, diventa, però, anche il testimone fisico di valori comunicativi che porta con sé. Appurato l’apporto comunicativo del gioco in quanto medium e messaggio, anch’esso, attraverso la sua “pelle”, definisce un immaginario che si fa inevitabilmente veicolo di stereotipi visivi.

ESISTE UNO STEREOTIPO DI GENERE LEGATO ALL’ALIMENTAZIONE E VEICOLATO DAI GIOCHI?

Per capire e analizzare come i media raccontano l’identità di genere in relazione all’alimentazione è necessario scomporre le tre tematiche al fine di individuare tutte le relazioni possibili. Il risultato più interessante è stato sicuramente la connessione esistente tra lo stereotipo di genere e il concetto di imitazione legato al gioco nell’alimentazione, che abbiamo visto riguardare trasversalmente ogni tipologia di gioco. È grazie a questo collegamento che è scaturita l’ipotesi principale intorno alla quale strutturare la fase di ricerca. 10


NON È UN GIOCO DA RAGAZZE

È stata esplorata pertanto la relazione tra alimentazione, genere e media in tutte le sue possibili declinazioni, con l’obiettivo di delineare i margini di un campo di indagine preliminare e appro fondire la conoscenza sull’argomento.

Lo schema mostra una riflessione sulle relazioni esistenti tra alimentazione e identità digenere, esplorando l’universo “gioco” a partire dalle forme di intrattenimento destinate all’infanzia fino a quelle rivolte al mondo degli adulti.

GIOCO alimentazione

genere

educazione

salute

imitazione

femminile

maschile

cura domestica

scoperta

cura della persona sostenibiltà

sfida avventura

MODELLI

STEREOTIPI

tipologia di gioco GIOCHI DI INTERAZIONE

CAMPO DI INDAGINE

GIOCHI DA TAVOLO

GIOCATTOLI

GIOCHI MULTIMEDIALI

dimensione temporale comunicazione del gioco destinatario ruolo sociale

11


01

TEMA DI RICERCA

1.3 RICERCA MODALITÀ DI RICERCA COSA

Per meglio comprendere la complessità dell’universo gioco si è deciso di classificare i giochi per tipologie, dividendoli per giocattoli, giochi da tavolo e videogames.

Giocattoli

COME

Giochi da tavolo

Videogames

Sono stati poi individuati serie di criteri che potessero restringere il campo del nostro agire ma, soprattutto che potessero effettivamente fornirci un campione rappresentativo del fenomeno “gioco alimentare”. Tali criteri sono stati definiti “filtri”, in quanto, grazie alla loro applicazione, abbiamo potuto concentrare i nostri sforzi sui giochi in grado di aiutarci nell’individuazione dello stereotipo ricercato.

L’OBIETTIVO DI RICERCA È L’INDIVIDUAZIONE DI UNO STEREOTIPO DI GENERE NEI GIOCHI LEGATI ALL’ALIMENTAZIONE

12


NON È UN GIOCO DA RAGAZZE

RACCOLTA DEL MATERIALE Volendo perseguire l’obiettivo di ricerca definito, sono stati presi in considerazione solo i giochi frutto del pensiero di un progettista e destinati alla vendita . Questi, grazie alla loro commercializzazione, sono in grado di entrare in contatto con un ampia fetta di popolazione. Per questo motivo, dalla nostra analisi sono stati esclusi a priori i giochi di interazione, frutto di una tradizione popolare e tramandati da individuo a individuo e i giochi online, in quanto il loro proliferare incontrollato e l’accesso gratuito che spesso garantiscono fa si che difficilmente raggiungano un buon grado di memorabilità presso il grande pubblico. FILTRO 1

Definite le tipologie di gioco da analizzare, il filtro principale utilizzato per decidere se inserire un gioco o meno nell’elenco del materiale da analizzare è stato la presenza di cibo o di azioni legate all’alimentazione.

FILTRO 2

Una volta definito questo criterio si è cercato di definire un metro ulteriore che permettesse di delimitare ulteriormente, con obiettività,il range di giochi da esaminare. Per questo motivo si è deciso di usare come filtro i rivenditori di giocattoli presenti su tutta la penisola, in quanto la loro distribuzione è omogenea, filtrata dalla richiesta di mercato e fruibile a livello nazionale. Le catene che rispondevano a queste caratteristiche erano: Città del Sole, Imaginarium, Toys Center, Gamestop e Che giochi.it.

FILTRO 3

Alla fase di ricerca e raccolta materiale è stato dedicato un periodo di tempo limitato, utilizzato come “periodo campione”. Sulla base dei criteri sopracitati sono stati analizzati 285 giochi, fra i quali 241 giocattoli, 16 giochi da tavolo e 28 videogiochi, utilizzabili su diverse console.

1. Cibi e azioni legate ad esso 2. Negozi presenti in tutta Italia 3. Periodo campione di 3 settimane

241

Giocattoli

285

Giochi

16

Giochi da tavolo

28

Videogames

13


01

TEMA DI RICERCA

1.1 Scaffali del punto vendita di “Toy Center” di via Novara 84, Milano.

1.2 Particolari di alcuni dei giocattoli presenti nel punto vendita di “Toy Center” di via Novara 84, Milano.

14


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I SOPRALLUOGHI Di supporto alla ricerca visiva, durante i sopralluoghi, sono stati raccolti materiali di ricerca ed effettuate interviste ai dipendenti dei negozi. La finalità era quella di di individuare nel modo migliore possibile i criteri sui quali si sarebbe dovuta basare l’analisi dei giochi selezionati.

Materiale visivo

Materiali di ricerca

Interviste ai dipendenti

Prima dell’Illuminismo il gioco aveva un’accezione negativa: era praticato Trascrizione del materiale raccolto al Museo del gicattolo di Cormano (Mi), in data 15/10/14.

principalmente dagli uomini e includeva attività pericolose e sinistre ( gioco d’azzardo, gare, giochi cruenti e pericolosi). Già in quel periodo diventa sempre più forte una tendenza implicita nel gioco, quella educativa. L’adulto progettava un gioco per trasmettere determinate informazioni al bambino; ogni giocattolo era costruito per un motivo ben preciso ( basti pensare alla celebre bambola vestita da suora della Monaca di Monza). Per quanto riguarda il gioco legato all’alimentazione, esistevano, nei primi dell’ottocento, due tipologie.

CUCINE IN MINIATURA

La prima era quella delle cucine in miniatura. Erano delle vere e proprie cucine inscala ridotta, perfettamente funzionanti. Erano accettati tutti i pericoli annessi a questa verosomiglianza: il bambino, col rischio di farsi male, diventava più responsabile. Ciò è legato ad una diversa concezione dell’infanzia, che vedeva il bambino molto meno ingenuo. Non a caso la cucinagiocattolo, come in generale tutti i giochi, ha subito una trasformazione verso la semplificazione, tanto dei materiali, quanto delle forme. La motivazione può essere ricercata non solo nell’evoluzione del design del prodotto, ma soprattutto nelle sempre più salda cultura relativa alla protezione del bambino, tramite numerose norme e restrizioni.

UTENSILI IN MINIATURA

La seconda tipologia è quella degli utensili in miniatura. Erano così realistici da poter essere utilizzati. Tutto ciò in base al discorso riportato sopra. L’illuminismo rafforza la concezione del gioco come conoscenza e scoperta. 15


01

TEMA DI RICERCA

1.3 Alcuni degli utensili giocattolo d’epoca esposti al Museo del Giocattolo di Cormano.

16


NON È UN GIOCO DA RAGAZZE

Prima di questo momento i bambini erano molto più liberi di giocare e di dare spazio illimitato alla loro fantasia; quando il gioco diventa un elemento formativo il giocattolo comincia ad essere spesso strumentalizzato. Questa strumentalizzazione diventa un modo per introdurre il bambino negli usi e negli schemi sociali (giochi militari per bambini, giochi di cucina per bambine).

LA CULTURA DELLA CASA DI BAMBOLE SI SVILUPPA IN ITALIA A PARTIRE DAGLI ANNI 60, CON L’AVVENTO DI BARBIE.

La presenza dell’alimentazione nel gioco assumeva delle caratteristiche legate alla concezione sociale dell’alimentazione: il cibo muoveva i popoli, era uno delle ricompense più importanti, perché garantiva la sopravvivenza. Nel gioco dell’oca, metafora del percorso di una vita priva di libero arbitrio e dominata dal destino, l’oca rappresenta il cibo nel giorno di festa. La cultura della casa di bambole si sviluppa in italia a partire dagli anni 60, con l’avvento di Barbie. Da questo momento in poi, quando il gioco diviene anche strumentalizzazione di tipo commerciale, si diffuse la tendenza ad allegare giocattoli alle confezioni di cibo, come premio per il bambino, con l’obiettivo di serializzare l’acquisto.

Per quando riguarda le interviste, le risposte ottenute hanno fornito spunti Trascrizione delle interviste ai dipendenti dei negozi visitati fatte in data 15/10/14.

interessanti per una riflessione sulla presenza degli stereotipi di genere e ci hanno permesso di comprendere come gli acquirenti vivono l’identità di genere, vale quindi la pena riportare queste testimonianze. D. Esistono, nel giocattolo, correlazioni tra alimentazione e identità di genere? CITTÀ DEL SOLE: «Il cibo è un articolo richiesto principalmente per le bambine, ma anche i maschietti amano giocarci. Capita difficilmente 17


01

TEMA DI RICERCA

1.4 Particolare di una casa delle bambole esposta al Museo del Giocattolo di Cormano. (1950 c.)

1.5 Alcuni degli utensili giocattolo d’epoca esposti al Museo del Giocattolo di Cormano. (1950 c.)

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NON È UN GIOCO DA RAGAZZE

che i bambini possano scegliere il gioco, soprattutto quando sono più piccoli. Così i genitori scelgono in base al loro vissuto e alle loro convinzioni. Molto spesso, però, il genitore ha l’occasione di vedere il bimbo appassionarsi al giocattolo/cucina o al giocattolo/cibo e, davanti a questa prova, il pregiudizio crolla». GIOCATTOLANDIA: «Il gioco legato all’alimentazione può essere considerato all’interno dei “giochi di ruolo”: il bambino imita la quotidianità attraverso il gesto dell’alimentarsi, e imita chi gli dà da mangiare, cioè i genitori. Prima vendevo molti più giochi legati anche alla preparazione del cibo, come ad esempio il Dolce Forno, ma adesso non esistono più. Il gioco di ruolo non ha un genere definito, infatti mi capita di vedere bimbi che desiderano le cucine. Questo desiderio però parte solitamente dai bambini, non dai genitori». D. Solitamente, consiglia giocattoli legati all’alimentazione a coloro che sono alla ricerca di prodotti destinati a bambini maschi? CITTÀ DEL SOLE: «Consiglio spesso i giochi legati all’alimentazione ai bambini. In questo modo si ha la possibilità di non precludere niente al bimbo e si crea una relazione di fiducia col cliente». GIOCATTOLANDIA: «Mi capita spesso di consigliare giochi legati all’alimentazione ai bambini, ma li filtro in base all’aspetto e in base all’età». D. Quali sono i giocattoli legati all’alimentazione che le bambine richiedono maggiormente? E quello richiesto dai bambini? E dal punto di vista dei genitori? C’è una preferenza particolare? CITTÀ DEL SOLE: «Il giocattolo di alimentazione più venduto qui è il set di frutta da tagliare. Ai bambini piace poter fare finta di tagliare la frutta: più è realistico il gioco, più viene apprezzato, soprattutto dai più piccolini». GIOCATTOLANDIA: «I giochi legati al cibo che vendo di più sono “La prova del cuoco” e il set Play-Doh. Il primo lo vendo come regalo, solitamente indirizzato alle donne. Se invece dovessi fare una stima della vendita di Play-Doh direi che il 60% del totale viene venduto alle bambine». D. Capita che il cliente definisca da “bambina” giocattoli che, nonostante nell’aspetto esteriore non rimandassero a un genere preciso, fossero legati al cibo? CITTÀ DEL SOLE: «I giochi con un aspetto neutro vengono spesso definiti 19


01

TEMA DI RICERCA

da bambina se legati all’alimentazione. Il packaging influenza molto il cliente, noi tendiamo a rivendere brand che puntino molto più sul gioco in sé. Siamo coscienti del fatto che molti brand puntino ad attrarre i bambini e i genitori tramite un packaging elaborato, ma noi rifiutiamo questa politica».

Oltre all’attività di ricerca sul campo, per poter acquisire basi teoriche Approfondimento bibliografico e relative considerazioni.

sull’argomento, si è reso necessario un approfondimento bibliografico. Esso è stato articolato consultando sia libri di carattere pedagogico/sociologico sul gioco infantile, sia articoli dedicati nello specifico al rapporto gioco-identità di genere. Il testo Enciclopedia dei giochi, di Giampaolo Dossena (1999) ha permesso di comprende che nel gioco tradizionale di interazione il legame tra genere e alimentazione è debole o del tutto assente. La lettura di testi di pedagogia ci ha fornito un apporto teorico per la formulazione dei parametri di catalogazione, ma soprattutto, ha fornito una conferma autorevole per quanto riguarda l’esistenza di stereotipi all’interno del gioco: «Già nell’età in cui i bambini iniziano a gattonare sono in grado di acquisire opinioni (il termine “acquisire” non è qui casuale), opinioni che diventano talmente tanto forti e radicate, da portare i bambini a rifiutare il gioco tanto amato, se questo non rientra tra i giochi “accettabili” per il suo genere sessuale. L’acquisizione di queste opinioni deriva proprio dagli stereotipi, oppure dagli “insegnamenti” - diretti e indiretti - che i bambini ricevono dagli ambienti circostanti» (tratto da G. Franciosi, Macchine e bambole). «Benché il giocattolo presentasse già connotazioni di genere nei secoli precdenti,in realtà è proprio quando diventa uno strumento prodotto in serie chesi cristallizzano maggiormente le differenze, non solo di genere ma anche più in generale rispetto all’ambito sociale. Se da un lato è il periodo in cui finalmente si studia il gioco e se ne sottolineano gli aspetti educativi, dall’altro è anche il momento in cui, essendo l’adulto a realizzare e commercializzare il giocattolo, questo diventa strumento di inculturazione. La produzione e distribuzione su larga scala dei giocattoli oggi favorisce, inoltre, la globalizzazione di concezioni e valori stereotipati» (tratto da P. Ricchiardi, A. Venera, Giochi da maschi, da femmine e... da tutti e due, 2005). Sebbene confermata dalle fonti, la nostra indagine sulla presenza di uno stereotipo di genere nel gioco è proseguita al fine di individuare l’entità del fenomeno e le modalità del suo manifestarsi.

20


NON È UN GIOCO DA RAGAZZE

1.4 CATALOGAZIONE MODALITÀ E ANALISI Una volta individuati i materiali adatti a comporre il nostro campione di analisi e una volta acquisite le conoscenze teoriche di base per poter comprendere il gioco e il suo universo, è cominciata la fase di catalogazione del materiale raccolto. Le attività principali di questa fase sono state la creazione di un archivio fotografico digitale, per raccogliere le immagini sia dei prodotti che delle loro confezioni, e la compilazione di schede appositamente progettate per trasformare in dati quantificabili le differenti evidenze e ricorrenze individuabili. La raccolta delle immagini è avvenuta grazie all’ausilio della rete. Non sempre è stato facile reperire il materiale fotografico necessario, ed è stato ancora più complicato raccogliere immagini di alta qualità tali da poter supportare la stampa. Grazie all’attività di ricerca sono state raccolte 539 immagini di prodotti, 396 immagini di packaging, 159 immagini di dettagli del gioco e 49 immagini raffiguranti insieme e prodotto packaging.

539

Immagini del prodotto

159

Immagini di dettagli

1143 Immagini

396

Immagini del packaging

49

Immagini di prodotto + packaging

21


01

TEMA DI RICERCA

Il materiale raccolto è stato successivamente schedato e analizzato in modo da comprendere meglio gli attributi significativi. I parametri utili per le schede d’analisi sono stati definiti a partire dal materiale scientifico e divulgativo riguardante il tema raccolto mediante le ricerche e i sopralluoghi.

1.6 Dossier di ricerca realizzato per la raccolta del materiale prodotto durante la fase della schedatura.

Ad ogni giocattolo è stata dedicata una scheda di analisi. La scheda di catalogazione è stata pensata per affrontare i diversi aspetti del gioco in relazione all’alimentazione e al genere. Il documento è diviso in tre settori. 22


Illustrazioni graziose

INDICI VISIVI LEZIOSO, FESTOSO, GOLOSO

Abbondante decorazione

Le candele sono accese, la torta è tagliata e il tè è servito: il servizio include dolce, teiera, tazze, bustine di tè, cucchiaini, zuccheriera e vassoio, tutto rigorosamente in legno.

Informazioni

-

Momento di festa

VALORI

Packaging

CARATTERISTICHE

DESCRIZIONE

ATTINENZA ALLA REALTÀ massima

Strumento di preparazione, imitazione Intrattenimento

massima

Condivisione

RELAZIONE COL CIBO

FINALITÀ

LIBERTÀ DI AZIONE

INTENTI EDUCATIVI

Cognitive

Femminile

CAPACITÀ SVILUPPATE

GENERE PERCEPITO

Azzurro, rosso, arancione

COLORI

Centrale

Animali, motivi geometrici

Azzurro, rosso, beige

PRESENZA DEL CIBO

ILLUSTRAZIONE

Utensili, cibo

Tè, dolciumi

Stilizzato

FOTO

Animali, motivi geometrici

TIPO DI CIBO

ASPETTO

COLORI

IMMAGINI SUL SUPPORTO

Unisex

GENERE DICHIARATO

Legno

Collettiva

Francese

31-45 €

MATERIALI

PARTECIPAZIONE

NAZIONALITÀ

FASCIA DI PREZZO

Cibo, utensili

+3

Djeco

TIPO DI CONTENUTO

FASCIA DI ETÀ

CASA PRODUTTRICE

Città del sole

060

1.7 Campione di scheda di analisi.

FOX’S PARTY

NON È UN GIOCO DA RAGAZZE

23


01

TEMA DI RICERCA

SEZIONE 1

Il primo raccoglie, sotto la voce “descrizione”, le generalità del gioco, ovvero tutti quei dati oggettivi ricavabili dalla lettura delle etichette, delle informazioni sulle confezioni o sui cataloghi dei rivenditori. Tra questi dati possiamo considerare particolarmente rilevanti l’indicazione del brand del gioco, della fascia d’età a cui esso è destinato e il genere dichiarato

SEZIONE 2

dal rivenditore. Il secondo settore isola le caratteristiche visive del gioco preso in analisi. Si concentra quindi sull’aspetto esteriore dell’oggetto e del packaging: tipologia di contenuto, materiali, colori e decorazioni. Parallelamente alla catalogazione è stato stilato un glossario dei termini da utilizzare per indicare determinate caratteristiche durante la schedatura.

SEZIONE 3

La terza sezione analizza invece i valori di cui il gioco si fa portavoce. Le voci considerate riguardano principalmente gli intenti educativi e i messaggi di cui il gioco in analisi è veicolo, il cui insieme, unito alle caratteristiche visive, restituisce il genere di riferimento percepito. La scheda prevede uno spazio dedicato al materiale fotografico: i riquadri principali presentano il gioco e il suo packaging globalmente, mentre tre riquadri più piccoli permettono di fare dei focus su dettagli significativi. La scheda permette di concentrarsi su tre diversi livelli di lettura in modo uniforme per ogni campione analizzato, restituendo dati facilmente quantificabili. Di tale archivio esistono due versioni: una esclusivamente digitale, raccoglie tutte le schede di analisi compilate ed è stata impiegata per la raccolta quantitativa dei dati; la seconda, stampata, è stata creata con l’obiettivo di raccontare la fase di catalogazione in maniera più concisa.

SEZIONE 1

Informazioni di contesto (Casa produttrice, nazionalità, età)

Generalità

SEZIONE 2 Caratteristiche

SEZIONE 3 Valori

24

Tipologia e aspetto del gioco (Colori, materiali, decorazioni)

Finalità, funzione e relazioni (Intenti educativi, destinatario)


NON Ăˆ UN GIOCO DA RAGAZZE

1.8 La suddivisione cromatica delle schede contraddistingue le tre tipologie analizzate.

1.9 Alcune delle schede di analisi realizzate.

25


01

TEMA DI RICERCA

1.5 TESI RISULTATI DELL’ANALISI Considerate le diverse tipologie di giocattoli, la fase successiva all’analisi ha preso in considerazione solo la categoria dei giocattoli, perché era quella più numerosa e interessante da analizzare. Le ricorsività individuate erano diverse, ma quella che risulta più interessante è la corrispondenza fra l’età del destinatario e l’aumento del dato relativo al genere percepito femminile. Infatti, in parallelo alla crescita, il gioco legato all’alimentazione cambia. Per riuscire a verificare questa ipotesi e comprendere meglio il fenomeno sono stati confrontati tra loro i dati relativi a tre fasce d’età (che vanno dagli 0 ai 3 anni, dai 3 anni ai 6, e dai 6 in poi), scelte in base a fonti bibliografiche come “Giochi da maschi, giochi da femmine e...da tutti e due” di Ricchiardi P. e Venera A. M. e “Gioco e giocattolo per lo sviluppo della personalità del bambino”, con alcuni parametri di analisi presenti nelle schede.

+0

+3

+6

Anni

Anni

Anni

FEMMINILE

FEMMINILE

FEMMINILE

MASCHILE

MASCHILE

MASCHILE

UNISEX

UNISEX

UNISEX

su 40 giocattoli

su 118 giocattoli

su 69 giocattoli

Da questo è risultato che il gioco, infatti, nei primi anni di vita del bambino ha poche caratterizzazioni di genere: i dati raccolti lo definiscono realistico e i colori associati al cibo hanno tonalità calde. A partire dai tre anni i codici 26


NON È UN GIOCO DA RAGAZZE

visivi riconducibili al genere femminile iniziano ad essere più evidenti: lo stile morbido, ridondante e lezioso classifica i giochi di alimentazione come giochi “da bambina”. Gli alimenti, in particolare i dolci, gli utensili e le cucine sono rosa o hanno tonalità pastello. A sei anni i codici visivi e valoriali del gioco intensificano le tendenze alla caratterizzazione di genere: i riti tradizionalmente affidati alla figura femminile sono confermati dallo stile e dal mood del giocattolo. In questo modo il gioco, potenzialmente neutro e divertente per entrambi i sessi, diventa strumentale. Il potenziale educativo del gioco degenera così nella riproposizione e conferma dei seguenti stereotipi di genere:

CON IL CRESCERE DEL DESTINATARIO, IL GIOCO LEGATO ALL’ALIMENTAZIONE DIVENTA SEMPRE PIÙ INDIRIZZATO ALLA BAMBINA IN MODO INEQUIVOCABILE.

la gestione domestica e l’accudimento affidati al mondo femminile, l’espressione della femminilità ridotta a leziosità e frivolezza. La tesi quindi porta avanti l’idea che con il crescere del destinatario, il gioco legato all’alimentazione diventi sempre più indirizzato alla bambina in modo inequivocabile. A partire da da questo concetto, sono stati progettati diversi artefatti comunicativi in grado di raccontare questa evidenza, declinandola in base alle possibilità date dalle loro caratteristiche intrinseche.

27



ORANIZZAZIONE DEI DATI

02

VISUALIZZAZIONE INFOGRAFICA E DETTAGLIATA DELLE INFORMAZIONI RACCOLTE



NON È UN GIOCO DA RAGAZZE

2.1 ANTIPORTA PARLANTE

La prima fase di elaborazione progettuale della tesi individuata nella fase di ricerca è rappresentata dalla realizzazione di “un’antiporta parlante”. Tale termine è preso in prestito dall’editoria d’epoca, in cui il termine antiporta parlante indicava la pagina che precedeva quella del frontespizio. Nel nostro caso l’antiporta parlante consiste in una serie di quadri concepiti con l’obiettivo di rendere accessibili i dati tratti dal materiale di ricerca e di mettere in relazione gli stessi al fine di rendere comprensibili i fenomeni che ci hanno portato a formulare la tesi. Questi quadri dovevano essere pensati per essere fruiti in un contesto espositivo e quindi dovevano possedere coerenza logica e visiva fra loro. La visualizzazione dei dati avviene per mezzo di tre diverse tipologie di rappresentazione: la mappa sinottica, la tavola tassonomica e il mosaico. La prima consiste nella messa in pagina dei dati raccolti in maniera grafica e schematica, in modo da consentire una visione d’insieme delle evidenze riscontrate. La seconda tipologia prevede la raccolta e la catalogazione ordinata dei materiali, scelti ed abbinati secondo principi comuni. La terza consiste in una libera composizione di materiale fotografico in grado di generare significati per mezzo di associazioni visive e mentali. L’enorme quantità di materiale e dati raccolti e la complessità della rappresentazione di questi ultimi in relazione alla dimensione temporale, ha reso necessaria la realizzazione di 5 quadri: una prima mappa sinottica in grado di rappresentare i dati raccolti durante la catalogazione dei giocattoli da un punto di vista di paragone quantitativo; una seconda mappa, che ha l’obiettivo di mettere in relazione i dati con la dimensione temporale e il concetto di trasformazione del giocattolo; una prima tavola tassonomica, in grado di organizzare la visualizzazione del materiale fotografico sull’asse del tempo; una seconda tassonomia, per raccogliere i simboli ricorrenti dell’immaginario femminile nel giocattolo; infine un mosaico, con l’obiettivo di associare l’immagine del giocattolo a quelle dei suoi testimonial, evidenziando la loro trasformazione parallela.

31


ORGANIZZAZIONE DEI DATI

Non è un gioco da ragazze!

COME SI EVOLVE IL GIOCATTOLO NEL TEMPO? Distribuzione nel tempo degli indici visivi e valoriali dei giocattoli

LA RICERCA

NEGOZI SELEZIONATI

19.674

CRITERIO DI SELEZIONE FINALE

TIPOLOGIE DEI GIOCHI SELEZIONATI

CRITERI DI SELEZIONE

IMAGINARIUM TOY CENTER CITTÀ DEL SOLE GAMESTOP CHEGIOCHI.IT

CATEGORIA GIOCHI DI ALIMENTAZIONE

28 15 440

PERIODO DI RICERCA 3 SETTIMANE

Giocattoli

GIOCHI DISPONIBILI

Femminile

3

0

6

3

0

6

Stereotipo di genere

VIDEOGIOCHI GIOCHI DA TAVOLO GIOCATTOLI

TIPOLOGIA SCELTA

foto bimba

foto bimbo

foto bimbo/a

pers. femminili

gestione

creatività

accudimento

coordinazione

condivisione

gest. domestica

sperimentazione

goloso

lezioso

festoso

salutare

glamour

immaginazione

INTENTI EDUCATIVI

legno

sobrio

vivace

plastica

semplice

MATERIALI

CAMPIONE DEFINITIVO

GIOCHI SELEZIONATI

quotidiano

241

558

INDICI VISIVI

DISPONIBILITÀ MERCATO ATTUALE

INTENTI EDUCATIVI

C

INDICI VISIVI MATERIALI COLORI TIPOLOGIE

CIB O

Unisex

FASCE D’ETÀ

GENERE PERCEPITO

3

3

0

GIOCATTOLI

CIB O

0

3

6

0

TI EN BI AM

6

Distribuzione nel tempo delle quantità cromatiche

0

6

3

Distribuzione nel tempo delle quantità cromatiche

6

6

6

0

M

3

CUCINA

GENERE PERCEPITO F

U

0 IMMAGINE COLORI

CI TI

0

3

PERSONAGGIO FEMMINILE

CUC INA

6

6

TIPOLOGIA FASCIA D’ETÀ

0

3

CUC INA

QUAL È IL GENERE DEL GIOCATTOLO ALIMENTARE?

UTEN SILI EE LET TR OD O 3 M ES

6

0

AMBIENTE

UTENSILI

3

0

Gioco euristico

6

3

SCOPRIRE

FORME SEMPLIFICATE COLORI REALISTICI

6

0

O CIB

Nel gioco di alimentazione FORME ESSENZIALI COLORI CALDI

Giocattolo COLORI

INDICI VISIVI: COME SEMBRA?

Legno

Stoffa Metallo

INTENTI EDUCATIVI: COSA INSEGNA?

FIGURA FEMMINILE

A

Quotidiano

A

Immaginazione

B

Semplice

B

Condivisione

Bambino

C

Vivace

C

Gestione domestica

Bambina e bambino

D

Gestione

E

Sperimentazione

F

Creatività

G

Accudimento

D

Sobrio

E

Goloso

F

Lezioso Festoso Salutare

H

Coordinazione

H I

Glamour

CUCINA UTENSILI CIBO AMBIENTI MOSAICO: IL BIMBO CRESCE, IL GIOCO SI TRASFORMA

IMITARE

MODELLI REALI DA COPIARE ABBONDANZA DI DECORAZIONI

Nel gioco di alimentazione

6

Gioco creativo CREARE FORME STILIZZATE CREATIVITÀ INCORAGGIATA

Nel gioco di alimentazione

IMMAGINARIO STEREOTIPATO FORTI DISTINZIONI DI GENERE

ASSENZA DI DECORAZIONI

DECORAZIONI STILIZZATE COLORI IRREALI

DETTAGLI GRAZIOSI

CUCINARE DIVENTA UN GIOCO PER BIMBE

RUOLI STEREOTIPATI

MEZZO STRUMENTALE REALISTICO E QUOTIDIANO

SVILUPPO ABILITÀ E COORDINAZIONE

TASSONOMIA DEI DETTAGLI RICORRENTI: GLI INGREDIENTI DEL FEMMINILE

+3

+6

DOLCI LEGATI ALLA DONNA

Il gioco diventa

Unisex

TASSONOMIA DELLE TIPOLOGIE DI GIOCO: CATEGORIE ED EVOLUZIONE

+0

Gioco simbolico

FOTO E ILLUSTRAZIONE

COLORI

Bambina

G

3

Femminile

Packaging MATERIALI

Plastica

32

Distribuzione nel tempo delle caratteristiche dei packaging

IL GIOCO E L’ALIMENTAZIONE: QUALI SONO I DATI RILEVANTI? L’obiettivo della seconda mappa è quello di mostrare come i dati rappresentati nella prima tavola si distribuiscano in tre fasce d’età (dagli 0 ai 3 anni, dai 3 anni ai 6, e dai 6 in poi), e condizionino la relazione del bimbo e della bimba con il gioco legato all’alimentazione e lo stereotipo di genere. La prima mappa permette di visualizzare il “cosa” di questo fenomeno, mentre la seconda spiega il come, il quando e il perché.

Sin dai primi anni il gioco legato all’alimentazione è presente nella vita dei bambini e delle bambine, ma con il passare del tempo subisce notevoli ed significative evoluzioni. Con questa prima mappa si mostrano i dati utili per comprendere la complessità del tema, le evidenze rilevate , la loro distribuzione quantitativa e le relazioni presenti.

0

2.1 Le cinque tavole relizzate: la prima mappa sinottica, la seconda mappa sinottica, la prima tavola tassonomica, la seconda tavola tassonomica, il mosaico.

3

02

ASSENZA DI DECORAZIONI

PERDITA POTENZIALE PEDAGOGICO

SCOMPARSA DEL GENERE UNISEX

COMUNICA GLI STEREOTIPI DI GENERE PRESENTI NELLA SOCIETÀ TRASMETTE ALLE BAMBINE MODELLI DI RUOLO


NON È UN GIOCO DA RAGAZZE

2.2 STRUTTURA DEI DATI OBIETTIVI Le prime due tavole, le mappe sinottiche, sono il risultato diretto dell’attività di raccolta dati realizzata durante la fase di catalogazione. Il loro obiettivo è infatti quello di rappresentare per mezzo di un linguaggio grafico ed intuitivo le ricorrenze riscontrate nell’analisi dei giocattoli-campione, fornendo così un supporto autorevole e oggettivo alla tesi riguardo la presenza sempre più forte di stereotipi di genere parallelamente alla crescita del destinatario. Queste conducono l’osservatore dalla visualizzazione dell’analisi e catalogazione dei dati all’esplicitazione della tesi e del taglio critico adottato.

VISUALIZZAZZIONE La prima mappa sinottica è stata pensata per essere posizionata a capo della sequenza e, quindi, per introdurre il fruitore nell’argomento. Essa infatti fornisce una prima panoramica sui dati rilevanti da un punto di vista quantitativo, fondamentali per una comprensione della complessità del tema. Un breve testo introduttivo riassume il problema oggetto di analisi, spiegando gli obiettivi di entrambe le mappe sinottiche. Un primo blocco di informazioni, espresse per mezzo di un linguaggio che combina testo e icone, riassume i passaggi della fase di ricerca: essa racconta come dal consistente numero di giocattoli presenti nei negozi da noi selezionati come base per l’indagine, si sia giunti, attraverso l’applicazione dei filtri di ricerca (tematica dell’alimentazione, periodo campione e prodotti disponibili) alla definizione del campo di indagine. Tale premessa è indispensabile poiché essa introduce alla lettura delle infografiche, vere protagoniste della tavola. Le due strutture concentriche (una dedicata ai giocattoli, l’altra dedicata ai loro packaging) sono, infatti, in grado di rappresentare i dati significativi relativi a tutti i 241 giocattoli analizzati, 33


02

ORGANIZZAZIONE DEI DATI

permettendo al fruitore una prima comprensione del fenomeno e dei dati presi in considerazione, della loro distribuzione e della loro quantità. Entrambe le strutture propongono le stesse modalità di lettura. 1° LIVELLO DI LETTURA

L’elemento principale da cui si articola la lettura è la divisione dei cerchi in spicchi, ciascuno rappresentante una diversa tipologia di giocattolo. Ciascun spicchio può essere considerato un blocco indipendente dagli altri, anche se il loro essere organizzati in maniera identica, rende possibile la lettura complessiva e i paragoni.

2° LIVELLO DI LETTURA

Dal centro verso l’esterno sono riportate in sequenza i vari tipi di dati, lungo la circonferenza invece, è rappresentata la loro quantità relativa alla specifica tipologia di giocattolo. Per cercare di rendere il quanto più compatta e fluida la rappresentazione, è stato preferito per la descrizione dei dati, l’utilizzo

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NON È UN GIOCO DA RAGAZZE

di simboli, ricondotti poi al loro significato originario da una legenda, in grado di orientare il fruitore nella comprensione delle due strutture. Per quanto riguarda la prima struttura, a partire da quattro tipologie di giocattoli (Cucine, cibo, utensili ed elettrodomestici, ambienti) abbiamo rappresentato per ciascuno, a partire dal centro: il numero di giocattoli percepiti unisex, femminili o maschili (ciascuno rappresentato da una sottile linea), le diverse fasce d’età dei destinatari a cui i giocattoli sono indirizzati, i colori, i materiali, gli indici visivi e gli intenti educativi ricorrenti. Mentre i colori rappresentano sé stessi, i materiali sono simboleggiati da texture, mentre per gli indici visivi e gli intenti educativi si è scelta una rappresentazione che combina un codice colore a una serie di lettere.

C

Indici visivi e intenti educativi Rappresentano le caratteristiche del giocattolo, dal tangibile all’astratto.

Colori e materiali Rappresentano le caratterizzazioni fisiche del giocattolo.

CIB O

TI EN BI AM

Tipologie

CI TI

CUCINA

Rappresentano quali sono gli ambiti del mondo alimentare su cui si concentra il gioco.

UTENS ILI E ELE TTR OD O M ES 0

3

3

6 0

Fasce d’età

0

6

6

3

Rappresentano le fasce d’eta individuate. 0

6

3

Genere percepito

M

GENERE PERCEPITO F

U

Mostra se il gioco è considerato per bambine o per bambini.

35


02

ORGANIZZAZIONE DEI DATI

2.2 La prima mappa sinottica.

36


NON Ăˆ UN GIOCO DA RAGAZZE

IL PACKAGING

La seconda struttura raccoglie e organizza i dati relativi al packaging. Le voci analizzate in questo caso sono differenti: a partire dalle tipologie di giocattoli, abbiamo disposto il dato relativo alla presenza di un personaggio o di un ruolo femminile, i colori e infine la presenza di un bambino, una bambina o entrambi sulla confezione.

2.3 Particolare della prima mappa sinottica.

Queste due strutture non organizzano ancora le informazioni secondo la dimensione temporale, ma si pongono l’obiettivo di preparare il fruitore alla comprensione della tavola successiva, che richiede una certa familiarità con il fenomeno e i dati.

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02

ORGANIZZAZIONE DEI DATI

TAGLIO CRITICO La seconda mappa sinottica declina i dati visualizzati nella prima secondo il taglio critico individuato in fase di ricerca, cercando ovvero di dimostrare il cambiamento del giocattolo parallelo alla crescita dei bambini. Essa ha l’obiettivo di mostrare come le diverse ricorrenze si distribuiscano nelle tre fasce d’età individuate come critiche durante la fase di ricerca (dagli 0 ai 3 anni, dai 3 anni ai 6, e dai 6 in poi), rendendo più evidente la progressiva presenza degli stereotipi di genere. La tavola è organizzata in 3 fasce orizzontali destinate a essere lette da sopra a sotto, dove vi è la conclusione. 1° BLOCCO

Il primo blocco ospita due schemi che, tramite una visualizzazione per flussi, esplicitano la distribuzione dei dati. Per ciascun parametro è indicata la sua ricorrenza in relazione al genere percepito (femminile o unisex) nelle tre fasce di età. Nel grafico dedicato ai giocattoli (che rappresenta relativi materiali, indici visivi e intenti educativi) questa rappresentazione mette in evidenza come parametri come quotidiano e semplice, o immaginazione e condivisione diminuiscano, all’aumentare dell’età, per fare posto a lezioso, glamour e gestione domestica. Lo schema a flussi parallelo a questo approfondisce gli aspetti legati al packaging, dimostrando come anche le confezioni vadano a rafforzare la volontà di destinare i giocattoli alle bambine con la presenza di testimonial, figure e personaggi femminili.

2.4 Particolare dei flussi di dati.

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NON È UN GIOCO DA RAGAZZE

2.5 La seconda mappa sinottica.

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02

ORGANIZZAZIONE DEI DATI

2° BLOCCO

La seconda fascia orizzontale permette di visualizzare come la distribuzione e la quantità dei colori cambi durante le tre fasce d’età, sia per quanto riguarda i giocattoli che per quanto riguarda il packaging. Anche in questo caso è stata utilizzata una rappresentazione per flussi, organizzata però in maniera differente rispetto la precedente: sull’asse orizzontale si sviluppa il parametro del tempo, mentre sull’asse verticale sono disposti, per ogni fascia d’età, i colori in ordine di ricorrenza. Ne consegue rappresentazione fluida intuitiva, in cui la posizione e lo spessore del flusso di colore restituisce il cambiamento nel tempo. Possiamo così osservare che, se inizialmente i colori maggiormente diffusi sono il rosso e il verde, arrivati alla fascia +6 possiamo vedere che questi che fanno poi posto a colori tradizionalmente abbinati al genere femminile come il rosa e il lilla. Questa tendenza è ancora più evidente nello schema dedicato al packaging.

+0

+3

+6

Anni

Anni

Anni

UNISEX

Giocattolo

Packaging

40

FEMMINILE


NON È UN GIOCO DA RAGAZZE

La questione dei motivi per cui rosa=femmina, rimane ancora aperta e dibattuta in letteratura. Mentre c’è chi sostiene (come la dottoressa Anya Hurlbert dell’università di Newcastle) che tale preferenza sia eredità dell’epoca preistorica, in cui la donna, dedita alla raccolta, doveva essere in grado di individuare frutta e bacche mature, altre correnti di pensiero vedono tale predilezione come il frutto di convenzioni socio-culturali: «Un esempio su tutti è il colore rosa: una femminuccia che sia fin da piccola circondata da oggetti di questo colore, vestita e accessoriata di rosa, tenderà a fare di questo il suo colore preferito. Tale preferenza tuttavia è fortemente influenzata dalla mancanza di contatto con altri colori» (tratto da G. Franciosi, Macchine e bambole). Una questione come questa sarebbe troppo estesa per essere affrontata in questa sede, ciò che è da osservare è l’uso strumentale di questo colore reso evidente dall’imposizione sempre più forte della sua presenza e la progressiva volontà di associare il giocattolo alimentare all’universo femminile per mezzo di questo strumento legato alla percezione.

IL GIOCATTOLO DIVENTA MEZZO STRUMENTALE, COMUNICA GLI STEREOTIPI DI GENERE E TRASMETTE MODELLI DI RUOLO.

3° BLOCCO

Nella parte finale della mappa, per mezzo di uno schema che dispone sull’asse orizzontale le fasce d’età e su quello verticale il genere percepito e si serve di linguaggio iconico, sono state riassunte e concettualizzate le evidenze emerse dall’analisi dei dati. A 0 anni il gioco permette di scoprire: le forme sono semplici, i colori vivaci e le decorazioni assenti. A 3 anni il gioco permette di imitare gli adulti, e cominciano a fare la loro comparsa ruoli e immaginari stereotipati. A 6 anni il gioco alimentare permette di creare, ma è destinato esclusivamente alle bambine: il genere unisex scompare. Il giocattolo diventa appieno un mezzo strumentale, comunicando stereotipi di genere.

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02

ORGANIZZAZIONE DEI DATI

2.3 CONFERMA VISIVA OBIETTIVI Due quadri dell’antiporta parlante sono stati concepiti con l’obiettivo di fornire una conferma visiva di quanto osservato nelle mappe sinottiche: si tratta della prima tavola tassonomica e del mosaico. Entrambi infatti sfruttano direttamente il materiale dell’archivio fotografico da noi creato al fine di raccontare la trasformazione del giocattolo nel tempo. Mentre la tavola tassonomica si serve delle immagini dei prodotti, nel mosaico sono utilizzate le immagini provenienti dall’universo comunicativo del giocattolo: packaging, cataloghi e pubblicità.

CATEGORIE ED EVOLUZIONE La tassonomia è la disciplina della classificazione. L’obiettivo della prima tavola tassonomica è infatti quello di presentare una serie di elementi disponendoli secondo principi di comunanza e gerarchia. In questo caso essa doveva mostrare l’evoluzione dei vari tipi di giocattoli nel tempo: a tale fine si è scelto un sistema che incrocia un asse verticale ed uno orizzontale. Su quello orizzontale è rappresentato il parametro età, mentre su quello verticale possiamo trovare le tipologie di giocattoli già incontrate nelle mappe sinottiche. Grazie a questo sistema, con una semplice lettura per righe da sinistra a destra, possiamo percepire a colpo d’occhio il cambiamento del giocattolo man mano ci si avvicini alla fascia di età +6: Da forme essenziali e colori vivaci, si passa gradualmente a forme più morbide e ridondanti e a colori associati alla femminilità. Questa forma di rappresentazione ci aiuta a comprendere anche quali siano le tipologie di giocattolo più diffuse in ciascuna fascia d’età e le caratteristiche che assumono in base al destinatario. Per esempio, possiamo osservare come il cibo-giocattolo passi dall’essere molto diffuso e dotato di caratteristiche che lo rendono realistico e vivace nella fascia +0 all’essere quasi assente o, se presente, tinto di rosa in modo surreale con la crescita del parametro età. 42


NON È UN GIOCO DA RAGAZZE

2.6 La prima tavola tassonomica.

43


02

ORGANIZZAZIONE DEI DATI

Questa tavola, forse meno affascinante e complessa da un punto di vista grafico, è in realtà particolarmente efficace e puntuale nel descrivere il fenomeno da noi individuato in fase di ricerca, costituendo un artefatto facilmente accessibile e comprensibile anche da un pubblico senza conoscenze di base sull’argomento o senza familiarità con le rappresentazioni infografiche.

2.7 Particolare che mostra l’evoluzione del giocattolo.

IL GIOCO SI TRASFORMA La tipologia del mosaico consiste in libera composizione di materiale fotografico, che ha l’obiettivo di generare significati e messaggi tramite la messa in pagina, l’associazione e la composizione di immagini. Grazie a questo artefatto abbiamo potuto associare le immagini di giocattoli a quelle appartenenti all’universo comunicativo del giocattolo, selezionate tra il materiale dell’archivio in base alla loro rappresentatività relativamente alle caratteristiche della fascia d’età che rappresentano: infatti esse sono disposte su un ideale linea del tempo, dove l’estremità sinistra corrisponde al parametro +0 e quella destra al parametro +6. Possiamo osservare come i testimonial associati al giocattolo subiscano anch’essi una trasformazione strumentale nel tempo. All’inizio possiamo infatti trovare sia bimbi che bimbe. Il loro aspetto è semplice e il loro abbigliamento è considerabile normale per un bimbo di quell’età. Man mano che il testimonial cresce però, 44


NON È UN GIOCO DA RAGAZZE

2.8 Il mosaico.

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02

ORGANIZZAZIONE DEI DATI

la figura del maschietto scompare, per lasciare spazio alle sole bambine. Esse sono abbigliate “come principesse” e i colori che le contraddistinguono sono le tonalità del rosa, del lilla e del bianco. Anche dal punto di vista fisionomico corrispondono ai classici standard della bellezza contemporanea: sorriso smagliante, occhi chiari, boccoli biondi e nasino all’insù. Possiamo quindi osservare che la progressiva genderizzazione del giocattolo si affianca alla stereotipizzazione del testimonial femminile che lo accompagna, nonostante ci si trovi ancora nel mondo dell’infanzia, dove il richiamo alla bellezza stereotipata e “sessualizzata” della donna dovrebbe essere completamente assente.

2.9 Testimonial del “Dolce party” della Giochi preziosi. Qui emergono tutti gli elementi stereotipati rilevati con l’analisi del materiale.

Capelli biondi e boccoli

Sorriso smagliante

Prevalenza del colore rosa

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NON È UN GIOCO DA RAGAZZE

2.4 IL DETTAGLIO

L’ultimo quadro, appartenente alla tipologia della tavola tassonomica, è stato pensato da un punto di vista differente rispetto alle tavole precedenti. Se queste avevano come obiettivo quello di dimostrare per mezzo dei materiali e dei dati raccolti la progressiva genderizzazione del giocattolo alimentare in parallelo alla crescita del destinatario, la seconda tavola tassonomica intende approfondire quali siano gli elementi in grado di caratterizzare il giocattolo come “da bambine”. In questo caso è stato necessario attingere sia alle voci individuate nella fase di catalogazione, sia all’archivio fotografico. Dal primo abbiamo potuto estrapolare quali fossero i motivi decorativi più ricorrenti associati alla percezione femminile del giocattolo. Abbiamo così individuato quattro diversi elementi: fiori, cuori, cupcake e fiocchi.

2.10 - 2.25 Alcuni esempi di decorazioni presenti sui giocattoli appartenenti alle categorie fiori, cuori, cupcake e fiocchi.

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02

ORGANIZZAZIONE DEI DATI

DALLA FOTO ALL’ILLUSTRAZIONE Durante questa fase sono però emerse delle problematiche, legate al supporto fotografico. La prima e più limitante è stata quella della qualità del materiale: la risoluzione delle fotografie non era sufficiente da permettere ingrandimenti su dettagli anche molto piccoli rispetto la dimensione totale dell’oggetto raffigurato. In secondo luogo, la tridimensionalità dei giocattoli in quanto oggetti, rendeva difficile il riconoscimento dei dettagli decorativi, se estrapolati dal contesto. Per questi motivi si è scelto di procedere con un’operazione che potesse permetterci di uniformare il materiale. Si è scelto di impiegare la tecnica dell’illustrazione digitale, o disegno vettoriale, che ha permesso di annullare qualsiasi problematica relativa alla qualità del materiale. L’operazione di vettorializzazione delle decorazioni è risultata più semplice quando si trattava di decori stilizzati o già sotto forma illustrativa, mentre senz’altro più complessa quando questi erano fotografici, scheumorfici o addirittura oggetti tridimensionali. In questo caso è stato necessario ricondurli a forme più facilmente riproducibili digitalmente.

2.26 - 2.27 Illustrazione del passaggio dal materiale fotografico al disegno digitale.

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NON È UN GIOCO DA RAGAZZE

2.28 La seconda tavola tassonomica.

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02

ORGANIZZAZIONE DEI DATI

Il risultato di questa fase è stato un insieme di simboli omogeneo, che è stato possibile organizzare sulla tavola secondo una griglia ordinata. Quattro blocchi separati raccolgono tutte le decorazioni trovate per ciascuna tipologia, disposte in ordine cromatico. In questo modo è possibile cogliere immediatamente qual è la tipologia di decorazione maggiormente presente e le dominanze cromatiche. I fiori risultano i più diffusi, in quanto la loro comparsa è evidente già nella fascia d’età +3. È proprio a causa del loro apporto che molti giocattoli potenzialmente neutri nel colore e nelle forme assumo un aspetto grazioso e delicato, classificandosi come “da bambine”. Anche i cuori compaiono già nella fascia d’età intermedia, mentre per quanto riguarda fiocchi e cupcake, essi sono in numero leggermente inferiore in quanto sono decorazioni tipiche dell’ultima fascia d’età. L’ordine cromatico ci permette di cogliere, anche in questo caso, che i colori maggiormente utilizzati sono quelli tradizionalmente abbinati all’immaginario femminile come il rosa o il lilla. Se presenti, gli altri colori assumono comunque toni pastello e delicati.

È ANCHE A CAUSA DELLE DECORAZIONI CHE MOLTI GIOCATTOLI ASSUMONO UN ASPETTO GRAZIOSO E DELICATO, CLASSIFICANDOSI “DA BAMBINE” E TRASMETTENDO MODELLI DI RUOLO.

Quest’ultimo quadro chiude il percorso espositivo offerto dall’antiporta parlante: al fruitore, a questo punto, sono stati forniti tutti gli strumenti per la comprensione del problema e per una sua interpretazione critica personale.

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NON Ăˆ UN GIOCO DA RAGAZZE

2.29 Particolare della tavola tassonomica che mostra l’andamento cromatico degli elementi.

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RACCONTO ANIMATO

03

NARRAZIONE DELLA PROBLEMATICA



NON È UN GIOCO DA RAGAZZE

3.1 CONCEPT OBIETTIVI La seconda elaborazione progettuale, realizzata con l’obiettivo di raccontare ancora una volta la tesi relativa alla trasformazione del giocattolo alimentare parallelamente alla crescita del bimbo e della bimba, consiste in una Motion graphics. Anch’essa doveva essere pensata per essere usufruita in un contesto espositivo, e quindi concepita in linea con il mood stabilito nella progettazione dell’antiporta parlante. Nonostante l’argomento non differisca dalla prima fase di elaborazione progettuale, sono le proprietà intrinseche del mezzo di espressione a determinare una diversa modalità di racconto della problematica. La tipologia di artefatto comunicativo della motion graphics, attraverso grafica animata, combina suono, movimento, forma e colore e dà la possibilità di organizzare i contenuti all’interno di una narrazione. Con l’obiettivo di mostrare come il gioco, potenzialmente neutro, venga reso, parallelamente alla crescita del bimbo e della bimba, un gioco femminile, abbiamo deciso di rendere protagonisti dell’animazione quei giocattoli la cui trasformazione nel tempo emerge maggiormente.

3.1 Una delle schermate iniziali della motion graphic.

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03

IL RACCONTO ANIMATO

METAFORA E IMMAGINARIO Al fine di rendere fluido il racconto di questo cambiamento è stato dapprima necessario individuare una metafora che rendesse immediatamente comprensibile come gli elementi che identificano l’immaginario femminile si applicano al giocattolo determinandone la trasformazione nel tempo. La metafora concettuale scelta è quella della fabbrica: essa fa in pratica quello che lo stereotipo fa a livello mentale. La produzione avviene secondo modelli sempre identici, che nel caso della fabbrica ottimizzano la realizzazione dei prodotti mentre nel caso dello stereotipo, se da un lato aiutano la comprensione, dall’altro rinchiudono i concetti dentro schemi precostituiti. Questa metafora è stata collegata ad un immaginario di riferimento che rappresenta la produzione in serie di dolciumi, ritrovando così riferimenti appartenenti al mondo audiovisivo in grado di aiutare nella concezione di uno stile grafico coerente con gli intenti.

3.2 Another Christmas Carol, Le bureaux, 2014.

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3.3 La Fabbrica di Cioccolato, Tim Burton, 2005.

3.4 Ralph Spaccatutto, Rich Moore, 2012.

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03

IL RACCONTO ANIMATO

3.2 REALIZZAZIONE PRE-PRODUZIONE Una volta stabilite le linee guida del Motion Graphic, è cominciata la fase di pianificazione che si è servita di due particolari strumenti tipici del lavoro PARTITURA

in ambito audiovisivo. Il primo, la partitura, consiste in uno schema dalla doppia lettura: sull’asse orizzontale è rappresentato il lasso di tempo destinato all’animazione, nel nostro caso 100’ secondi circa, su quello verticale sono indicati i principali elementi protagonisti del racconto.

3.5 La partitura.

STORYBOARD

Si è rivelata particolarmente utile per pianificare in anticipo la distribuzione del minutaggio a nostra disposizione, evitando sequenze troppo lunghe e dando alla narrazione il giusto ritmo. Grazie alla partitura è stati possibile individuare gli stacchi netti tra un’animazione e l’altra, operazione fondamentale per la divisione del lavoro all’interno del team. Il secondo strumento necessario per gestire la realizzazione vera e propria della Motion Graphic è lo storyboard, la stesura per immagini della sequenza di scene che andranno a comporre l’artefatto. Grazie allo storyboard è stato possibile

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NON Ăˆ UN GIOCO DA RAGAZZE

coordinare la rappresentazione degli ambienti e degli oggetti sulla scena da un punto di vista grafico, in modo da poter distribuire la realizzazione delle animazioni senza rischiare di produrre scene disuniformi tra loro. Ăˆ con questo strumento che è stata stabilita la struttura logica della narrazione, i passaggi chiave da evidenziare e gli espedienti grafici per differenziare le diverse informazioni del racconto.

3.6 2 frame esemplificativi dello storyboard realizzato.

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03

IL RACCONTO ANIMATO

STRUTTURA NARRATIVA La struttura narrativa è ideata secondo uno schema regolare che alterna le trasformazioni dei giocattoli a pause narrative che corrispondono a delle informazioni per il fruitore dell’artefatto. Tale struttura è preceduta e seguita rispettivamente da un introduzione e una conclusione organizzate dal punto di vista concettuale in modo molto simile: combinano e animano insieme parti scritte e materiale fotografico, per inserire, nel primo caso, le osservazioni tratte dalle precedenti fasi di lavoro, quella di ricerca e quella di rappresentazione dei dati, e nel secondo caso le riflessioni critiche emerse a seguito del racconto animato.

intro

trasformazione

trasformazione

conclusione

0:00

INTRODUZIONE

1:47

La Motion Graphic si apre presentando allo spettatore alcune premesse per la comprensione del problema. Dapprima, per mezzo di informazioni testuali, viene spiegato il potenziale educativo del giocattolo in ciascuna delle tre fasce di età oggetto di analisi; immediatamente dopo viene però mostrato, per mezzo di materiale fotografico, quelle che realmente succede: il progressivo diventare “da bambine” degli oggetti mostrati. Tale momento ha l’obiettivo di creare curiosità e attesa nello spettatore, che si aspetterà, a seguito di questa introduzione, di conoscere i meccanismi

CONDIZIONE INIZIALE

a causa dei quali si verifica il fenomeno. Successivamente comincia la narrazione vera e propria: vengono presentati tre giocattoli della fascia d’età +0 (appartenenti alla tipologia del cibo, degli utensili e delle cucine) accompagnati da due sagome, l’una di una bambina e l’altra di un bambino, riempite entrambe a metà, ad indicare l’equilibrio nelle percezione di genere degli oggetti in questione. Un cambiamento di sfondo introduce l’ambiente della fabbrica e da questo momento in poi i giocattoli subiscono

PRIMA TRASFORMAZIONE

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delle trasformazioni passando attraverso differenti macchinari. La prima a trasformarsi è la mela, che passando in un imbuto, diventa


NON È UN GIOCO DA RAGAZZE

un dolcetto a forma di cuore, a rappresentare il passaggio dalle forme semplici ai simboli del femminile. Segue la trasformazione dello spremiagrumi che, dopo una “doccia” di fiori, si trasforma in una teiera, a simboleggiare il progressivo decorarsi dei giocattoli. Termina la prima sequenza di trasformazioni il passaggio della cucina attraverso una gigantesca rotella (resa volutamente ambigua: sega, fiore o caramella?) che la rende decorata CONDIZIONE INTERMEDIA

e tondeggiante, a rappresentare il passaggio verso mood leziosi. A questo punto, con un cambio di sfondo e l’apparizione delle due sagome “indicatrici” di genere, lo spettatore viene informato di stare osservando giocattoli appartenenti alla fascia +3. La sagoma della bambina appare più piena, mentre di conseguenza quella del bambino è quasi svuotata.

SECONDA TRASFORMAZIONE

Un nuovo cambio di sfondo riporta la narrazione presso la fabbrica, dove i giocattoli subiscono nuove trasformazioni. L’ordine seguito nella prima fase di trasformazione viene rispettato anche nella seconda: il primo giocattolo a trasformarsi è quello è il dolcetto, che transitando all’interno di un forno, da cuore diventa cupcake, a rappresentare l’estetizzazione del cibo. La seconda trasformazione riguarda la teiera, che dopo essere stata immersa in un grande secchio, ne esce completamente colorata di fucsia, a simboleggiare l’utilizzo strumentale del colore. Infine l’ultima trasformazione vede protagonista la cucina, che dopo essere passata attraverso un complesso marchingegno, risulta decorata e abbinata a noti personaggi, rinchiudendo la figura femminile

CONDIZIONE FINALE

entro ruoli stereotipati. Terminate le trasformazioni, viene nuovamente informato lo spettatore della fascia di età a cui i giocattoli mostrati appartengono, quella +6, e vengono mostrati gli indicatori di genere, che vedono la sagoma della bambina completamente riempita, mentre quella del maschietto completamente vuota. Tale immagine avvia la fase conclusiva del video: la sagoma del bambino scompare lasciando spazio all’immagine

CONCLUSIONE

della bambina. A questo punto lo spettatore viene coinvolto direttamente e dopo la visione di alcuni esempi di giocattoli fortemente orientati verso il genere femminile, gli viene lanciata la provocazione “Cucinare è da ragazze?” al fine di stimolare una riflessione a conclusione di quanto appena visto.

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03

IL RACCONTO ANIMATO

3.7 Le informazioni descrivono il potenziale educativo del giocattolo nelle differenti fasce d’età .

3.8 Le immagini fotografiche raccontano la trasformazione che il giocattolo subisce.

3.9 Sono presentati i tre giocattoli della fascia +0 destinati alla trasformazione. Gli indicatori di genere segnano lo stesso livello per maschile e femminile.

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NON Ăˆ UN GIOCO DA RAGAZZE

3.10 Il primo giocattolo, la mela, si trasforma in un cuore.

3.11 Il secondo giocattolo, uno spremiagrumi, si trasforma in una teiera a fiori.

3.12 La cucina, da avere forme semplici e colori vivaci, assume uno stile grazioso.

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03

IL RACCONTO ANIMATO

3.13 Sono presentati i tre giocattoli della fascia +3. Il livello dell’indicatore di genere femminile è cresciuto, mentre quello del maschile è diminuito.

3.14 Il cuore si trasforma in un cupcake.

3.15 La teiera si colora di fucsia.

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NON È UN GIOCO DA RAGAZZE

3.16 La cucina viene decorata con personaggi femminili.

3.17 Sono presentati i tre giocattoli della fascia +6. L’indicatore di genere femminile è completamente pieno, mentre quello maschile risulta ora vuoto.

3.18 La domanda “Cucinare è da ragazze?” è direttamente rivolta allo spettatore.

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03

IL RACCONTO ANIMATO

STRUTTURA VISIVA A partire dalle ispirazioni sono stati utilizzati una serie di espedienti visivi coerenti con il messaggio da veicolare. Pertanto è stato costruito un ambiente vettoriale su cui articolare la narrazione che, parallelamente al cambiamento del giocattolo, si carica di quegli indici cromatici e figurativi rintracciati nel materiale analizzato in grado di caratterizzare come femminile un oggetto. I giocattoli protagonisti, scelti in base all’evidenza del cambiamento all’interno della tipologia di appartenenza, invece sono stati utilizzati come fotografie, per dare all’osservatore una percezione di realtà legata alle proprietà di traccia proprie del mezzo fotografico. Infatti, se da un lato le modalità di trasformazione sono astratte e metaforiche, il cambiamento del giocattolo è reale.

ILLUSTAZIONI per lo sfondo (toni meno saturi)

FOTOGRAFIE per i giocattoli

ILLUSTAZIONI per i meccanismi (toni più saturi)

GLI SFONDI

Durante lo svolgersi del racconto, le due fasi di trasformazione non avvengono su sfondo neutro, bensì in differenti ambienti costruiti in vettoriale per simulare una fabbrica. Essi sono stati realizzati per accompagnare e accentuare la percezione di cambiamento, per cui gli espedienti grafici e visivi utilizzati per la loro rappresentazione hanno un significato ben preciso dal punto di vista plastico e simbolico. Il colore e le forme utilizzate a supporto dei “protagonisti” diventano infatti una modalità per raccontare in maniera

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NON È UN GIOCO DA RAGAZZE

più completa la progressiva caratterizzazione del giocattolo alimentare. Nel primo ambiente, quello che ospita i giocattoli appartenenti alla fascia d’età +0, anche se presente solo per pochi istanti, si può osservare l’utilizzato del colore giallo, percepito come neutro a livello di genere, mentre i macchinari e lo sfondo sono vivacizzati da forme semplici e geometriche, più vicine al mondo dell’alimentazione che a quello del giocattolo. L’ambiente intermedio, quello che ospita le trasformazioni dei giocattoli della fascia +3, comincia già a caratterizzarsi di quei colori e simboli individuati nella fase di raccolta dei dati come abbinati a una percezione femminile. Esso ha una tinta arancio pastello ed è decorato con fiori, il simbolo più ricorrente in questa fascia d’età. L’ultimo ambiente, quello destinato a ospitare i giocattoli della fascia +6, è invece fortemente stereotipato: il colore prevalente è il rosa e cuori e fiocchi decorano abbondantemente i meccanismi della fabbrica. Il mood restituito è quello glamour tipico del mondo dei giocattoli destinati alle bambine più grandi. Grazie a questo accorgimento è stata aumentata la percezione di questa trasformazione graduale: lo spettatore è accompagnato passo per passo nel nucleo della tematica.

Isolando gli elementi risulta evidente il cambiamento degli sfondi in relazione al passaggio d’età.

I TESTI

A tal proposito, la tipografia svolge, all’interno della narrazione un ruolo essenziale: essa funge da narratore. Dapprima aiuta lo spettatore introducendo la tematica; durante le trasformazioni, descrive su quale aspetto si vuole porre 67


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IL RACCONTO ANIMATO

l’attenzione, sottolineando i cambiamenti che avvengono sia dal punto di vista estetico che da quello valoriale; infine durante la conclusione aiuta lo spettatore nella rielaborazione critica di quanto visto. Anche l’utilizzo delle font di progetto è studiato. Il Lobster, script, è utilizzato nell’introduzione, per proporre un approccio leggero alla tematica ma, soprattutto, è utilizzato, per sottolineare le conseguenze delle trasformazioni. Il Brandon Grotesque invece è usato per i termini che indicano la condizione precedente alla trasformazione (di fatto più neutra dal punto di vista del genere) e nelle conclusioni, in quanto espressione di chiarezza.

3.19 - 3.21 Tre differenti esempi dell’utilizzo della tipografia.

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NON È UN GIOCO DA RAGAZZE

LA TECNICA La tecnica della Motion Graphic può avvalersi di differenti e specifiche tecniche di realizzazione. Il software indicato per elaborare grafica in movimento è After Effects, che rende possibile la combinazione di immagini raster a ambienti vettoriali per sfruttare così il potenziale di entrambi i linguaggi espressivi. LEMASCHERE DI RITAGLIO

Uno degli espedienti utilizzati per trattare le immagini fotografiche è stato quello della maschere di ritaglio. Questo strumento permette di nascondere o di coprire porzioni di un’immagine, così da simulare una sua trasformazione o il passaggio attraverso altri oggetti. Tale tecnica non sarebbe concepibile senza l’esistenza della struttura a livelli tipica dei prodotti per l’elaborazione grafico-audiovisiva di Adobe. Sfruttare le potenzialità del sistema a livelli per combinare insieme grafica, video e tipografia ha permesso di strutturare interazioni fra loro, ripensando il loro essere elementi isolati. Le maschere di ritaglio sono state utilizzate principalmente durante le trasformazioni, per permettere alle fotografie degli oggetti di “passare” attraverso i meccanismi e di uscirne “trasformati”, ovvero sostituiti dalla fotografia di un nuovo giocattolo. Le maschere di ritaglio sono state utilizzate anche per gli indicatori di genere, combinando due differenti grafiche vettoriali, la sagoma e il parallelepipedo indicatore di livello. Tali animazioni sono state rese più fluide sfruttando lo strumento del graph editor, che consente di modificare la curva di movimento dell’oggetto preso in considerazione.

3.22 Una delle scene in cui è stata utilizzata la maschera di ritaglio.

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03

IL RACCONTO ANIMATO

Un’altra tecnica sfruttata all’interno della Motion Graphic è stata quella della parallasse. Il suo scopo è quella di rendere percettivamente realistico il movimento di oggetti su uno sfondo. Per ottenere questo risultato è necessario animare quest’ultimo, simulando un cambiamento di paesaggio alle spalle degli oggetto, muovendo un livello di sfondo appositamente costruito per poter essere traslato lateralmente. Per raggiungere un maggior realismo, è necessario che questo si muova ad una velocità più lenta rispetto a quella degli oggetti che ospita.

3.23 E’ possibile notare, dalla differente nitidezza dei singoli oggetti, lo scarto di velocità che è stato applicato.

Queste due tecniche combinate ci hanno permesso di raggiungere i risultati tecnici necessari per favorire la corretta lettura e interpretazione del messaggio di base dell’artefatto, la cui caratteristica è senza dubbio la sua abilità di condensare in poco tempo l’intera problematica con un linguaggio semplice e facilmente comprensibile.

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NON È UN GIOCO DA RAGAZZE

3.3 INTENTI IL MESSAGGIO Al di là delle modalità di rappresentazione, narrative e tecniche, è importante sottolineare l’intento con cui la Motion Graphic è stata progettata. All’interno del percorso di elaborazione progettuale questo artefatto si colloca come il secondo di una sequenza di tre, tutti destinati all’esposizione. Se il primo, l’antiporta parlante, aveva solamente l’obiettivo di presentare la problematica della presenza di uno stereotipo di genere nei giocattolo alimentare spiegandone modalità e forma, lo scopo della Motion Graphic è differente. Il suo obiettivo in questo caso è quello di stimolare una riflessione dello spettatore, nel tentativo di spingerlo a formulare una prima opinione personale sull’argomento. L’artefatto spiega al fruitore, di fatto, che il giocattolo alimentare è pensato e progettato per essere femminile e mette in luce come gli utenti, sia bambini che genitori, considerino normale tale fenomeno. Con la domanda a conclusione del video lo spettatore viene direttamente invitato a ragionare sull’argomento: è ancora oggi possibile che cucinare e occuparsi della gestione domestica e dell’accudimento sia esclusivamente appannaggio del genere femminile?

È ANCORA OGGI POSSIBILE CHE LA GESTIONE DOMESTICA SIA ESCLUSIVAMENTE APPANNAGGIO FEMMINILE?

Anche se la realtà quotidiana è ben diversa, da progettisti, a seguito della visione di questo artefatto, il risultato auspicato sarebbe quello di una condanna nei confronti di questo approccio al giocattolo e del suo utilizzo strumentale. 71



INTERPRETAZIONE CRITICA LA PRESA DI POSIZIONE NEI CONFRONTI DEL PROBLEMA

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NON È UN GIOCO DA RAGAZZE

4.1 CONCEPT IL MESSAGGIO La riflessione elaborata nella conclusione del motion non è stata pensata per rimanere una questione aperta, un altro artefatto è stato pensato per affrontare questo argomento e per dare la possibilità di esprimere un punto di vista critico sulla questione: un manifesto. La sua concettualizzazione parte da una riflessione intorno al fatto che lo stereotipo della “donna dietro ai fornelli” viene inculcato nelle menti delle bambine e dei bambini sin dall’infanzia attraverso un mezzo apparentemente innocente, il giocattolo. Se i bimbi infatti imparano a considerare normale l’idea di non doversi curare della cucina e del cucinare, le bambine sono invitate ad occuparsi della gestione domestica. A partire da questa considerazione, abbiamo deciso, tramite il manifesto, di mettere in mostra come il giocattolo accompagni e rafforzi lo stereotipo sino all’età adulta, dove è convenzionalmente accettata l’idea che cucinare sia da ragazze e da donne, prendendo posizione contro questo cliché e invitando l’osservatore a fare lo stesso.

PRESA DI POSIZIONE CONTRO L’IDEA CHE CUCINARE SIA DA RAGAZZE E DA DONNE

L’obiettivo di questo artefatto è quello di mostrare le conseguenze dell’agire dello stereotipo di genere per mezzo del medium giocattolo, che porta da una parte alla trasmissione di valori lesivi per la dignità del genere femminile alla fascia più sensibile di individui e dall’altra al perpetuarsi di una visione stereotipata della società.

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04

INTERPRETAZIONE CRITICA

4.1 Il manifesto.

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cucinare è un gioco per tutti.

NON È UN GIOCO DA RAGAZZE

oco prima, dovere poi

SCELTE LINGUISTICHE RE ON FAR CRESCE

L’idea elaborata prevede l’accostamento di quattro figure: tre bambine,

O STEREOTIPO

ciascuna rappresentante una delle fasce d’età individuate e trattate nelle precedenti fasi di elaborazione progettuale, e una donna. È la prima volta che nei nostri artefatti compare la figura dell’adulto, rimasta sottintesa nelle altre fasi di lavoro, in modo da visualizzare le influenze che il medium-giocattolo veicola. La differenza principale fra le bambine

hi dovrebbero stimolare atività e la fantasia. realtà invece trasmettono lli di ruolo superati.

e l’adulto sta nel fatto che le prime hanno in mano dei giocattoli mentre

bia le regole: are è un gioco per tutti.

motivazioni. La prima è che il manifesto è un medium che viene solitamente

l’ultimo personaggio è stato rappresentato alle prese con una vera e propria cucina, per rendere ancora più straniante il passaggio da giocattolo a oggetto reale. La scelta di inserire la figura dell’adulto è stata fatta a partire da due fruito velocemente e per questo deve possedere la capacità di riassumere la problematica e trasmettere il proprio messaggio in maniera immediata. In secondo luogo, il destinatario dei nostri artefatti è proprio l’adulto, e inserire a questo punto la sua figura vuole essere un espediente per un coinvolgimento diretto dell’osservatore.

4.2 - 4.3 Dal giocattolo all’oggetto reale.

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04

INTERPRETAZIONE CRITICA

4.2 REALIZZAZIONE PRE-PRODUZIONE La prima e più importante scelta è stata quella di prediligere il linguaggio fotografico a quello illustrativo, in quanto, per merito dell’impressione di realtà dovuto al suo essere traccia diretta di quanto osservabile, conferisce maggior valore al rappresentato. Successivamente è stato necessario procurare gli oggetti e gli abiti scenici. L’intenzione è stata quella di accentuare paradossalmente l’atmosfera esageratamente femminile: per restituire questa immagine abbiamo scelto di abbigliare i personaggi come nelle rappresentazioni delle bambine e delle donne incontrate sui giocattoli e sui packaging: sono stati scelti abiti graziosi e delicati. I giocattoli acquistati per l’occasione sono particolarmente leziosi e “femminili”, ad alimentare il mood ricercato. Dal punto di vista di costruzione dell’immagine, i quattro personaggi sono disposti secondo una diagonale che parte da destra e dal fondo con la bambina più piccola e termina a sinistra e in primo piano con la figura della donna, articolando una costruzione in profondità, che ha l’obiettivo di guidare lo sguardo dello spettatore fino alle conseguenze finali dello stereotipo.

PRODUZIONE Gli scatti fotografici sono stati realizzati in uno studio fotografico professionale in una sola giornata di shooting, in modo da poter gestire la costruzione della scena sotto ogni aspetto. Sempre con l’obiettivo di alimentare l’atmosfera esageratamente stereotipata, abbiamo scelto di ambientare lo scatto su un fondale rosa. Per stagliare su tale sfondo, abbiamo scelto di utilizzare arredi di scena di colore bianco, anch’esso ampiamente utilizzato in abbinamento ai toni del rosa sui giocattoli destinati alle bambine. Per quanto riguarda l’illuminazione è stata scelta una luce diffusa e poco contrastata, in mododa restituire un idea di morbidezza 78


NON Ăˆ UN GIOCO DA RAGAZZE

4.4 Schizzo preliminare che inquadra la struttura del manifesto.

4.5 I giocattoli acqustati per la relizzazione della scena.

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INTERPRETAZIONE CRITICA

e delicatezza, tipica della rappresentazione commerciale della figura della bambina. Per ottenere questo risultato lo schema di illuminazione ha previsto l’utilizzo di due flash diffusi per mezzo di softbox. È stata posta particolare attenzione nell’evitare che le ombre generate dalla figura in primo piano andassero a coprire i soggetti più arretrati: per questo il softbox utilizzato a sinistra è più grande. L’inquadratura, per esigenze legate alle dimensione del set si stringe sui soggetti, senza lasciare alcun spazio laterale. La messa a fuoco è regolata per porre l’attenzione sul soggetto in primo piano, la donna adulta, in modo che lo sguardo si concentri più sulle conseguenze finali dello stereotipo che sul mondo dell’infanzia, che ha trovato ampio spazio negli altri artefatti.

4.6 Foto di backstage

POST-PRODUZIONE La fase di post-produzione, nell’era della fotografia digitale, ricopre un’importanza capitale, in quanto permette di perfezionare le immagini prodotte rendendole ottimali per la loro fruizione. La prima correzione eseguita digitalmente è stata la ricostruzione di alcune porzioni di sfondo, in quanto il set e il suo fondale, solitamente pensato per ospitare un solo soggetto, non era grande a sufficienza per ospitare addirittura quattro persone. La principale criticità di questa operazione è stata rappresentata dalla concomitanza tra l’assenza di sfondo e i capelli della donna, 80


NON È UN GIOCO DA RAGAZZE

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4.7 - 4.10 Il processo di post-produzione che ha portato all’immagine finale.

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INTERPRETAZIONE CRITICA

che ha richiesto particolare attenzione al fine di raggiungere un risultato realistico. La seconda azione di post-produzione è stata quella del montaggio di due fotografie differenti, in quanto i soggetti di sinistra si presentavano al meglio in uno scatto mentre quelli a destra in un altro. Per quanto le conseguenze di tale operazioni siano eclatanti, di fatto questa correzione risulta più semplice della prima citata. Successivamente sono state applicate correzioni per migliorare l’aspetto generale dell’immagine. La luce della scena è stata corretta e resa più intensa. È stata applicata una correzione mirata, per mezzo di una maschera, all’illuminazione della terza bambina da destra, che si trovava di fatto ad essere il soggetto più lontano dalle fonti di luce e quindi il suo volto risultava più in ombra rispetto agli altri. Dopo una rapida correzione della struttura delle ombre sul volto della donna e dopo aver scurito i capelli della seconda bambina da destra, in quando unico soggetto biondo è stata strutturata una griglia che divide l’immagine a metà sull’asse verticale, mentre sfrutta la regola dei terzi per la scansione orizzontale. Il claim e il bodycopy sono stati a questo punto inseriti, ponendo particolare attenzione alla leggibilità e alla gerarchia delle informazioni. A questo proposito è stato utilizzato solamente una delle font di progetto, il Brandon Grotesque, per ottimizzare la lettura.

IL MESSAGGIO Il claim e il bodycopy svolgono un ruolo fondamentale nella comprensione del manifesto progettato. L’immagine sola presenta solamente una situazione senza dare su di essa un giudizio. Per di più, quest’ultima è stata rappresentata volutamente in modo ambiguo: dal punto di vista visivo infatti l’immagine ricalca in pieno i canoni dello stereotipo di genere individuati durante la ricerca sulla tematica del giocattolo alimentare. Solo con il messaggio linguistico l’immagine assume il significato inteso in fase di progettazione, in un ottica di complementarietà tra immagine e testo. La frase «gioco prima, dovere poi» introduce la problematica e ha lo scopo di far correttamente interpretare il messaggio: i soggetti rappresentano una successione temporale. Il claim «Non far crescere lo stereotipo» esplicita la c. Infine il bodycopy annulla ogni ambiguità descrivendo nel dettaglio la tematica e proponendo una via di uscita: «cucinare è un gioco per tutti!». 82


NON È UN GIOCO DA RAGAZZE

4.11 Il risultato finale.

Gioco prima, dovere poi

NON FAR CRESCERE

LO STEREOTIPO I giochi dovrebbero stimolare la creatività e la fantasia. Nella realtà invece trasmettono modelli di ruolo superati. Cambia le regole: cucinare è un gioco per tutti.

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RESTITUZIONE ALL’UTENTE

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IL CONFRONTO E L’INTERAZIONE CON IL DESTINATARIO



NON È UN GIOCO DA RAGAZZE

5.1 OBIETTIVI Un progetto di comunicazione ha la capacità di modificare la percezione del destinatario riguardo la problematica di genere, ma deve trovare delle modalità che possano coinvolgere e modificare praticamente le abitudini e i pregiudizi. In questo modo la comunicazione si fa attrice, non solo mezzo.

COINVOLGERE E MODIFICARE LE ABITUDINI E I PREGIUDIZI.

L’ultima fase di elaborazione progettuale consiste infatti nella realizzazione di alcuni artefatti in grado di “consegnare” i contenuti e le riflessioni emerse nella fase di racconto della problematica all’eventuale visitatore della mostra. Gli artefatti dovevano possedere una propria autonomia e tenere viva nella memoria la tematica della progressiva genderizzazione dei giocattoli alimentari, considerando però la conoscenza preliminare acquisita durante la visita. Le forme da sfruttare per raggiungere questo scopo sono state quindi quelle del libro catalogo e dell’oggetto memoria. Mentre il primo, data la struttura in grado di ospitare moltissime informazioni, può raccontare in modo completo le evidenze emerse da i tre elaborati destinati alla mostra, l’oggetto memoria deve essere in grado di esprimere con un atto pratico la posizione finale assunta nei confronti del tema in quanto progettisti di artefatti comunicativi.

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05

RESTITUZIONE ALL’UTENTE

5.2 OGGETTO-MEMORIA PROGETTO E FUNZIONAMENTO Il primo artefatto elaborato è stato l’oggetto memoria, in quanto il suo concept parte direttamente dalle riflessioni sviluppate con il manifesto, e quindi assume il ruolo di collegamento diretto con la fase precedente di elaborazione progettuale. L’obiettivo con cui è stato sviluppato è quello di rendere tangibile la nostra opinione in modo che il destinatario dello stesso possa portarlo con sé e partecipare in prima persona all’abbattimento degli stereotipi di genere. Considerato l’obiettivo, l’idea è stata quella di concepire un oggetto che permettesse al fruitore, l’adulto, di interiorizzare il messaggio e di porsi in modo differente nei confronti del proprio bambino o bambina, regalandogli la possibilità di intervenire sul medium giocattolo personalizzandolo secondo la propria sensibilità e fantasia. È stato quindi progettato un artefatto dalla doppia funzione di pieghevole informativo e di giocattolo a forma di box-cucina che è possibile costruire personalmente dispiegando il pieghevole e richiudendolo per mezzo di linguette a formare un cubo. Da chiuso il pieghevole riporta il claim del manifesto, «non far crescere lo stereotipo», spiegando in un breve bodycopy rivolto direttamente ai genitori, che l’oggetto è destinato ai bambini e invitando a considerare il giocattolo alimentare come «un gioco per tutti». Una volta dispiegato, l’oggetto è completamente bianco se non per alcuni dettagli stilizzati in grado di caratterizzarlo come blocco-cucina, in modo che i bambini possano interagire con questo colorandolo. In questo modo le decorazioni e i colori perderanno il carattere strumentale che hanno assunto presso i giocattoli disponibili sul mercato, dando spazio alla sensibilità del bambino o della bambina e la possibilità ad entrambi di giocare a cucinare senza il filtro dello stereotipo. Nella volta del pieghevole sono ospitate le istruzioni per la fruizione dell’oggetto memoria, espresse sfruttando sia del testo che un linguaggio iconico.

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NON È UN GIOCO DA RAGAZZE

5.1 L’oggetto-memoria.

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RESTITUZIONE ALL’UTENTE

5.2 - 5.7 Le fasi di montaggio dell’oggettomemoria.

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NON È UN GIOCO DA RAGAZZE

IL TEST Lo scopo dell’oggetto memoria è quindi quello di rendere possibile, anche solo con un piccolo gesto, l’invito fatto nel manifesto: personalizzando il giocattolo, il bambino e la bambina potranno decidere in prima persona come vedere il giocattolo, superando la strumentalizzazione che i prodotti presenti sul mercato subiscono. Per verificare che il nostro artefatto raggiunga effettivamente gli scopi prefissati e consenta nella pratica ai bambini di intervenirvi liberamente e senza condizionamenti, abbiamo deciso di testare il suo funzionamento realizzando un video in cui è stato possibile verificare cosa effettivamente succede quando l’oggetto memoria giunge nelle mani dei bambini.

5.8 Pablo e Ludovica, protagonisti del video-test.

I protagonisti dell’esperimento sono Pablo e Ludovica, entrambi di 6 anni. Abbiamo scelto e ricercato appositamente due soggetti di quest’età, in quanto risulta dalle nostre ricerche che è questa la fascia in cui si è maggiormente esposti allo stereotipo di genere. Una volta consegnato loro il pieghevole, ai bambini è stata lasciata un’ora di tempo per intervenire liberamente sulla mini cucina con matite colorate e pastelli a cera. Nonostante le differenze di approccio tra i due bambini, il risultato è stato abbastanza sorprendente. Nessuno dei due ha deciso di utilizzare decorazioni e colori che sono invece 91


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RESTITUZIONE ALL’UTENTE

risultati prevalenti nei prodotti presenti sul mercato. Pablo ha scelto di essere molto realistico nei suoi disegni, e a parte lo slancio iniziale, in cui riferendosi al mondo finzionale di Star Wars ha disegnato due spade laser, ha poi proseguito rappresentando pedissequamente padelle in nero e torte in marrone, ricordando le azioni effettuate a casa dalla madre. Ludovica ha utilizzato più liberamente lo spazio a sua disposizione. Nonostante i toni rimangano più tenui di quelli del maschietto, il rosa non prevale e non compaiono fiori e cuori. I soggetti da lei rappresentati sono meno collegati al reale rispetto a quelli di Pablo: ha disegnato alcuni animali, una principessa, dei palloncini e dei numeri. L’esperimento ha dimostrato che i prodotti presenti sul mercato non rispecchiano la reale visione dei bambini, che di fatto risulta più ampia di quello che il settore della produzione di giocattoli lasci intendere. L’utilizzo di stereotipi superati per porsi in linea con le richieste di mercato degli adulti risulta così ancora più evidente.

5.9 Pablo, Ludovica e il risultato finale.

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NON È UN GIOCO DA RAGAZZE

5.10 Confronto diretto tra i risultati ottenuti.

5.11 Ecco il risultato finale dell’estro creativo dei due bimbi. L’oggetto è stato personalizzato e le inclinazioni personali sono emerse.

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RESTITUZIONE ALL’UTENTE

5.3 LIBRO-CATALOGO CONCEPT E PROGETTAZIONE Il libro-catalogo è un artefatto progettato per raccontare i materiali raccolti secondo il taglio critico dato alla ricerca. Il libro è diviso in cinque capitoli, dove la prima e l’ultima sezione costituiscono, rispettivamente, l’introduzione alla ricerca e al problema e le conclusioni tratte alla fine del nostro lavoro. I restanti tre capitoli invece rappresentano le tre fasce d’età che hanno caratterizzato la nostra ricerca in tutti gli artefatti proposti nella mostra. In questo caso però, sono stati messi in evidenza in ogni capitolo gli aspetti principali che ci hanno permesso di individuare il cambiamento durante la crescita della bambina e del bambino, analizzati in una modalità nuova rispetto a quelle utilizzate nei precedenti lavori.

Ricerca

5

Forme

Realismo

Colori e materiali

Delicatezza

Decori

Femminilità

Indici visivi

Capitoli

Risultati

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Azioni e ruoli


NON È UN GIOCO DA RAGAZZE

5.12 Il libro-catalogo.

5.13 Particolare del taglio applicato alla copertina.

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RESTITUZIONE ALL’UTENTE

SCELTE TECNICHE I capitoli sono stati stampati su cinque diversi fascicoli, con l’intenzione di accentuare la differenza fra le diverse fasce d’età, collegate però allo stesso tempo dalla corrispondenza interna dei vari sottocapitoli. Per rilegare insieme questi fascicoli è stata utilizzata un tipo di rilegatura detta “copta” che, tramite un filo cerato, collega fra loro la prima e la quarta di copertina e i fascicoli. La scelta di questa rilegatura è dovuta principalmente al fatto che, mostrando il dorso e quindi il passaggio da un fasciolo ad un altro, dà la possibilità all’osservatore di notare già dall’esterno il passaggio cromatico dalla fascia +0 (giallo) alla fascia +3 (corallo) per finire col rosa nella fascia +6. Questa rilegatura permette inoltre di aprire completamente il libro e di poter sfruttare la struttura a doppia

5.14 Particolare della rilegatura copta che mette in evidenza la divisione dei capitoli per fascicoli.

pagina in tutta la sua potenzialità. La griglia interna è strutturata in modo che sulla sinistra siano ospitati i contenuti testuali e critici, mentre la parte destra è riservata al materiale fotografico a supporto delle affermazioni. Per differenziare i vari fascicoli fra loro abbiamo scelto di utilizzare quattro tipi di carte differenti. Per il primo e l’ultimo capitolo è stata utilizzata una carta uso mano (la Arco 120). Il capitolo “Realismo” invece, riferito alla fase +0, presentava una carta molto materica, ruvida, in continuità 96


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con gli aspetti messi in evidenza. Il secondo fascicolo è stato stampato su una carta più raffinata che al tatto risultasse più delicata, riprendendo il carattere principale del gioco in quella fase. Per il capitolo “Femminilità” invece è stata utilizzata una carta molto glossy, che ricordasse il materiale più ricorrente utilizzato nei giocattoli +6, cioè la plastica. Per ogni capitolo “età” una sezione è stata organizzata in modo diverso dalle altre, in modo da mettere in risalto questo aspetto attraverso soluzioni grafiche differenti, che ricordano quest’evoluzione. La tecnica del laser cut è stata utilizzata anche all’interno del libro, ripercorrendo il perimetro delle scritte introduttive di ogni capitolo, in modo da farle comunicare con il materiale disposto sotto e utilizzandoli per far comunicare gli indici visivi col il loro dettaglio distintivo. Il libro catalogo, con tutti i suoi specifici elementi sfruttati nel pieno delle loro potenzialità, è risultato essere un artefatto dotato di forte autonomia, in grado di raccontare ogni contenuto e ogni riflessione formulata nel corso dell’elaborazione progettuale senza omissioni.

5.15 Una delle doppie pagine dell’Introduzione.

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RESTITUZIONE ALL’UTENTE

5.16 - 5.21 Le copertine dei capitoli centrali e le rispettive pagine interne.

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5.4 LO SPAZIO ESPOSITIVO

L’ultimo artefatto progettato per la fruizione della mostra è la “stanza”, uno spazio di 30x30 cm che ospita tutti gli artefatti creati. Questa stanza è stata pensata nell’ottica di diventare uno spazio reale, che potesse raccontare la ricerca utilizzando una narrazione tridimensionale. Per questo motivo il percorso di lettura immaginato parte dalla parete sinistra, mostrando sia il percorso di ricerca con la rispettiva elaborazione critica che gli artefatti da un punto di vista cronologico.

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2

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Ricerca

Taglio critico

Presa di posizione

Per questo motivo troviamo, sulla parete di sinistra, le due mappe sinottiche scorporate, che raccontano quali sono stati i parametri di ricerca e a quali conclusioni ha portato la fase analitica iniziale. La parete centrale ospita invece il taglio critico, avvalendosi anche materiale fotografico raccolto. Quest’area combina parte della seconda mappa sinottica e parte della prima tassonomia, esplicitando in maniera chiara la timeline che mostra la trasformazione che il giocattolo subisce. Lo spazio superiore è dedicato alla motion. In questa parete si trova anche il libro catalogo, disponibile per essere sfogliato. L’ultima parete ospita il manifesto in tutta la sua interezza, con il claim in alto a sinistra. Sempre a sinistra, è possibile trovare una tasca che cointiene gli oggetti memoria, disponibili per i visitatori. ll pavimento, infine, è decorato dai simboli ricorrenti individuati. 99


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RESTITUZIONE ALL’UTENTE

5.22 La stanza, parete sinistra e centrale.

5.23 La stanza, parete centrale e destra.

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5.5 CONCLUSIONI Ad oggi il giocattolo alimentare conferma e rafforza l’idea che stare in cucina e occuparsi del cibo e della gestione domestica sia esclusivamente compito del genere femminile, non importa che si stia parlando di donna o bambina. Avendo però individuato quali elementi veicolano e rafforzano lo stereotipo, è possibile a questo punto intervenire su questi, ripensando il giocattolo in modo che le caratteristiche visive e i valori di cui si fa veicolo non siano più dei mezzi di strumentalizzazione, ma possano essere trasformati in caratteristiche che classificano il giocattolo alimentare come gioco adatto a tutti.

AVENDO INDIVIDUATO GLI ELEMENTI CHE RAFFORZANO LO STEREOTIPO È POSSIBILE INTERVENIRE SUGLI STESSI

Questa proposta non è lontana dalla realtà, in quanto esistono dei brand, come ad esempio Brio, Hape e Wonderworld, che ad oggi progettano giocattoli che non presentano alcuna caratteristica che indirizzi la percezione di genere. Questa è la prova di come alcune aziende siano già consapevoli delle potenzialità comunicative del giocattolo e del conseguente rischio di trasmettere e far radicare stereotipi di genere di cui tutta la società potrebbe risentire. Il percorso progettuale svolto ha permesso di comprendere quali siano gli elementi che veicolano lo stereotipo di genere nel giocattolo alimentare, e quindi da quali elementi comunicativi ci si debba difendere per creare un tipo di comunicazione sana, corretta e rispettosa della cultura di genere. 101



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FOCUS ON LA MOTION GRAPHICS TRA NARRAZIONE E VISUALIZZAZIONE



NON È UN GIOCO DA RAGAZZE

6.1 INTRODUZIONE COS’È UNA MOTION GRAPHICS? Da sempre l’essere umano vive nell’esigenza di stabilire un contatto intellettuale con l’altro; con questo obiettivo e dinanzi a questo costante bisogno, egli si è trovato a dover scegliere appropriati metodi e modalità di comunicazione. Da questo punto di vista “la magia” delle immagini in movimento è sempre stata un elemento di attrazione per l’uomo, fornendogli nuovi strumenti e potezialità per comunicare con l’ ambiente TECNICA

e il contesto circostante. La possibilità di progettare materiale visivo capace di articolarsi nello spazio e nel tempo è una sfida creativa che combina il tradizionale linguaggio del design grafico al dinamico linguaggio cinematografico, determinando un sistema di comunicazione ibrido. Il termine “motion graphics” venne utilizzato per la prima volta nel 1960, quando l’animatore americano John Witney fondò la sua compagnia, chiamandola “Motion Graphics”. Nel corso del tempo sono state attribuite a questo termine molteplici definizioni.

Motion-graphics design is not a single discipline. It is a con- vergence of animation, illustration, graphic design, narrative filmmaking, sculpture, and architecture, to name only a few. ( Woolman, Matt, Motion design,UK,RotoVison,2004. )

Lev Manovich definisce questo eclettismo “deep remixability”. Il termine utilizzato fa riferimento non solo alll’utilizzo di molteplici media, ma anche all’integrazione di diverse tecniche, metodi, e modalità di rappresentazione ed espressione.

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FOCUS ON

Today (2006) the term ‘motion graphics’ is often used to refer to all moving image sequences which are dominated by typography and/or design and embedded in larger forms”. (Lev Manovich)

SOLUZIONE COMUNICATIVA

Steve Curren fa un ulteriore passo in avanti, considerando la motion graphics non solo un’eclettica mescolanza di tecniche e metodi bensì una soluzione comunicativa.

Motion graphics is a term used to describe a broad range of solutions that graphic design professionals employ for creating a dramatic and effective communication design for film, television, and the internet. It combines talents such as design, film making, writing, animation, infor- mation architecture and sound design into a profession. (Steve Curren)

LINGUAGGIO

Partendo da queste definizioni è possibile individuare quali sono i punti nodali sui quali si articola l’architettura di una motion. Uno di questi è la componente audiovisiva. Immagini, testi e suoni divengono il lessico di un linguaggio universale, che può essere costruito per fornire informazioni, trasmettere emozioni, esprimere pura bellezza estetica. Comunicare mediante una motion riguarda tanto la questione del “cosa” interagisce all’interno dello spazio - elementi tipografici, iconici, astratti quanto “come” questi elementi dialogano tra loro. Il “come” fa riferimento al movimento di quelle che abbiamo definito essere le componenti lessicali della motion e alla loro grammatica, determinando sia la dimensione spazio-temporale che la sua velocità e ampiezza.

LINGUAGGIO VISIVO

Le forme in movimento possono generare un ampio spettro di nozioni ed emozioni, dalle movenze delicate fino alle drammatiche tensioni. Il tutto, combinato alle parole e al suono, amplifica la capacità di produrre significato, ampliando questo spettro di possibilità. Mentre percepisce informazioni visive, cinetiche e sonore simultaneamente, attraverso canali differenti ed entro un range di tempo, la mente cerca di organizzare questi “dati discreti” in una storia, quanto astratta questa storia

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STRUMENTO NARRATIVO

possa essere. È a questo punto che si snoda il secondo pilastro che caratterizza la motion graphics: il potenziale narrativo. Alla pari di un linguaggio, questa diventa un potente strumento di storytelling. Il modo in cui il suo lessico viene utilizzato produce significato, e consente inevitabilmente di costruire narrazioni. Inoltre, la possibilità di plasmare e riorganizzare ogni sua parte, quella che Manovich definisce “deep remixability”, fornisce maggiore elasticità nella manipolazione del tempo e di ciò che accade all’interno di esso. Ne consegue che la motion graphic,s servendosi di timeline differenti e fornendo la possibilità di manipolare con assoluta libertà tutti gli elementi che la compongono, diviene uno strumento dalle infinite potenzialità narrative.

Audio LINGUAGGIO VISIVO

MOTION

Immagini

GRAPHIC

STRUMENTO NARRATIVO

Movimento

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FOCUS ON

6.2 COMPONENTI AUDIOVISIVE

Il potere visivo delle immagini, la valenza connotativa del testo e l’unione di questi elementi sono alla base del graphic design. La loro combinazione col suono e interazione all’interno di una pagina o di una dimensione spaziotemporale genera invece un linguaggio visivo. In contrapposizione al design statico, che ispira o suggerisce storie, l’incontro e la relazione tra le informazioni visive e verbali con le dimensioni del movimento e del tempo dà vita alla motion graphics, con la conseguente possibilità di raccontare storie. Pertanto, la consapevolezza di quali sono gli elementi costitutivi di una motion graphics e delle loro caratteristiche è fondamentale per comprendere le potenzialità comunicative che questo linguaggio porta con sé.

LO SPAZIO L’aspetto formale della composizione spaziale gestisce l’organizzazione, la struttura e lo stile degli elementi che la compongono. La composizione spaziale agisce su di una superficie, detta campo, sulla quale tali elementi vengono organizzati. In ambito pittorico questo viene identificato con la tela bidimensionale. Nel graphic design è invece l’area visiva definita dalle dimensioni di un poster o da un’interfaccia. Nella motion graphics viene definito spazio l’ambiente all’interno del quale si svolge l’azione. Questo è identificato con il termine “frame”. Gli elementi che compongono lo spazio di una motion fanno riferimento ad un sistema spaziale di tipo planare. Matt Woolman afferma che “una linea che si muove in una direzione diversa rispetto alla sua direzione intrinseca genera un piano”. Tanto dal punto di vista grafico quanto da quello spaziale, i piani assumono una funzione fondamentale all’interno di una motion graphics, in quanto ne rappresentano i suoi blocchi costruttivi, al pari dei mattoni per una costruzione muraria. Il motivo di tale importanza 108


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è tanto tecnico quanto concettuale. Lev Manovich cita Adobe After Effects come il software nel quale i media ibridi “danno forma e prendono forma”. Questo dispone infatti di una struttura a livelli, in modo tale che gli elementi costituenti la composizione posso essere disposti su piani differenti e gestiti autonomamente. Per meglio comprendere basta immaginarla come un blocco di fogli trasparenti, uno parallelo all’altro, fluttuanti in un ambiente privo di gravità. Inoltre, questa struttura planare può orientarsi nelle tre diverse dimensioni, dando la possibilità di gestire lo spazio nella sua tridimensionalità.

Y Disegni tratti dalla tesi “Graphic film” di Adam Sheffield, 2007. Il primo mostra la struttura planare dello spazio in After Effects, la seconda introduce il concetto di gestione tridimensionale dei piani che costituiscono lo spazio.

Y

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X

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Articolazione dei livelli nella motion realizzata e risultato finale.

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Questa conformazione influenza non poco le possibilità compositive e la conseguente gestione dello spazio. Le motion graphics sono costruzioni digitali, non esistono in uno spazio fisico, di conseguenza non hanno limiti fisici. Lo spazio di una motion presenta un’altra importante peculiarità, che riguarda i margini che lo schermo impone. In questo casa non bisogna immaginare i margini come un confine ben definito, ma come delle linee di accesso. Ciò permette di prendere in considerazione la possibilità di un’infinita e indefinita area di visualizzazione che continua in tutte le direzioni. Questa caratteristica ci porta a dover prendere in considerazione non solo ciò che vediamo ma anche ciò che non vediamo, che può giocare un ruolo altrettanto importante sulla comunicazione della motion, influenzando gli elementi “visibili” nell’area di visualizzazione. Il termine spazio ha in realtà una connotazione più ampia: esso non indica strettamente l’area all’interno della quale si compongono e interagiscono i movimenti ma il risultato dell’interazione degli elementi che ospita. A tal proposito è possibile fare riferimento al concetto di composizione. La composizione, per definizione, è la disposizione di diversi elementi in uno spazio-formato (campo), per creare uno spazio organico e armonico, finalizzato ad un preciso scopo, secondo criteri tecnici e personali. Questa è regolata da una serie di principi che si accomunano a quelli della tradizionale grafica statica e che sfruttano i fondamenti della percezione visiva. Krasner identifica 5 principi base: unità, equilibrio, contrasto, gerarchia e ritmo.

L’UNITÀ “L’unità è il principio base che riguarda la coerenza del tutto, ovvero la percezione che tutte le parti funzionino insieme per raggiungere un’armonia complessiva.” (krasner, 2008)

Essa crea, all’interno della composizione, un senso di coesione ed una delle principali strade per cerare stabilità visiva. Fondata in germania nel 1912, la Gestaltpsychologie Schule esplorò come gli elementi di una composizione possono costituire un “tutto” integrato, raggiungendo la percezione armonica dell’insieme. Il principio sul quale si fonda questa teoria è che il tutto è maggiore della somma delle sue parti. 110


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L’essere umano percepisce l’insieme di elementi come un unica e complessiva dimensione, che assume pertanto un nuovo senso. Ad esempio, una chitarra è costituita da corde, un corpo, un manico e così via. Ciascuno di questi componenti è unico e può essere esaminato singolarmente. Possiede un suo senso e una sua peculiarità. Tuttavia solo insieme e combinati in un certo modo questi elementi assolvono la funzione di strumento musicale e compongono un tutt’uno, la chitarra, maggiore rispetto alla semplice raccolta delle singole parti. Questo principio generale fornisce uno scopo e una completezza tanto all’oggetto quanto alla composizione visiva ed è comunicato attraverso “segnali visivi” come l’equilibrio, la proporzione e la prossimità.

6.1 - 6.2 Design in Experiences, Bureau Hard Seiler, 2015. Qui notiamo le potenzialità visive della composizione per parti, sia nella struttura che nel significato trasmesso. Il risultato è qualcosa di più della sola unione delle parti.

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L’EQUILIBRIO L’equilibrio è il primo metodo per il raggiungimento dell’integrità visiva. Tutti noi cerchiamo, nella nostra esperienza, di conferire un senso di ordine alle cose, tanto in quello che vediamo quanto in quello che viviamo. Allo stesso modo, all’interno del frame, l’equilibrio spinge verso la percezione EQUILIBRIO SIMMETRICO

di coesione e stabilità dello spazio. L’equilibrio di una composizione viene definito simmetrico quando la divisione dello spazio è uguale sia nel peso visivo che nelle dimensioni, secondo l’asse verticale o orizzontale. Un equilibrio radiale è un tipo di equilibrio nel quale le immagini ristrutturano intorno a un punto focale centrale. L’equilibrio cristallografico contiene invece numerosi punti focali che sono disposti strategicamente all’interno di un pattern.

EQUILIBRIO ASIMMETRICO

L’equilibrio di una composizione non sempre necessita di simmetria, in quanto gli elementi che la compongono, spesso, hanno peso visivo diverso. In questo caso si parla di equilibrio asimmetrico, un’impropria tipologia di equilibrio compositivo che determina una divisione dello spazio meno statica. Questo conferisce dinamismo all’organizzazione dello spazio e definisce l’enfasi di una composizione. L’asimmetria, garantisce un’enorme libertà compositiva, permettendo un migliore utilizzo dei vuoti. Ovviamente la componente temporale permette molteplici variazioni di equilibrio all’interno della stessa composizione.

6.3 - 6.6 Pure Geometry, Alexey Romanowsky, 2013. In questa motion graphic sono utilizzate tre differenti tipologie di equilibrio compositivo: simmetrico, radiale e asimmetrico.

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Simmetrico (orizzontale)

Simmetrico (verticale)

Radiale

Asimmetrico


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IL CONTRASTO L’espressività di una composizione visiva è invece garantita dalla gestione del contrasto. Questo introduce varietà, ed è un fondamentale strumento per l’interpretazione delle informazioni trasmesse. Esso può introdurre varietà, chiarificare o semplificare un concetto, intensificare il significato o raffinare un dato messaggio. Contrasto significa differenza; esso si contrappone infatti al concetto di affinità.

“Maggiore è il contrasto maggiore sarà l’intensità visiva, maggiore è l’affinità, minore sarà l’intensità visiva.” (Bruce Block, 2008)

Con il termine “intensità visiva” si intende quella proprietà della composizione che influisce sulla reazione emotiva dello spettatore, determinandone la tipologia e l’intensità. Maggiori sono gli stimoli visivi, più intensa sarà la reazione dello spettatore. Esistono differenti tipologie di contrasto, le principali sono: di scala, di saturazione, cromatico, formale, di superficie, di prossimità CONTRASTO DI SCALA

e di orientamento. Quello di scala è il più elementare ed il più utilizzato. Insieme al contrasto tonale e quello cromatico enfatizza i punti di interesse e crea, al contempo, l’illusione di profondità spaziale. Dal punto di vista percettivo, oggetti più piccoli appaiono più lontani rispetto ad oggetti di dimensione maggiore. Questo espediente è utilizzato per costruire effetti di senso catturando l’immaginazione dello spettatore. Ad esempio, estrapolare un oggetto dal suo contesto e affiancarlo ad ad altri oggetti, alterando le sue dimensioni, presuppone che questo perda il suo originale significato, drammatizzando il suo impatto all’interno della composizione.

CONTRASTO CROMATICO

Il contrasto cromatico, invece, può essere usato per creare un “mood”, simboleggiare concetti e visioni delle cose, esprimere emozioni e ottenere dal destinatario il feedback desiderato. E’ importante comprendere che il colore è strettamente legato al contesto, sia dal punto di vista compositivo che da quello concettuale. Un colore che riempie totalmente il campo visivo viene percepito in maniera diversa rispetto ad uno accostato ad altri colori. 113


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Il “contrasto di temperatura” tra tonalità calde e fredde viene utilizzato per suggerire prossimità o profondità spaziale. Le qualità cromatiche dello spettro freddo che va dal blu al verde gli permettono di indicare distanza, mentre toni caldi come il rosso e il giallo posso esprimere vicinanza. Effetti drammatici e di forte contrasto vengono invece resi dall’accostamento CONTRASTO FORMALE

di colori complementari (viola-giallo, blu-arancione). I contrasti formali vengono deliberatamente sfruttati per creare conflitti visivi. Anche la superficie delle forme può essere sfruttata per produrre enfasi e creare profondità spaziale. A queste tradizionali tipologie di contrasto visivo ne possono essere affiancate diverse: linee e masse, simmetria e asimmetria, ornamento e semplicità figurazione e astrazione, coesione e disparità. Il tutto, se utilizzato con consapevolezza, diviene strumento essenziale per garantire l’efficacia comunicativa di una motion graphics.

6.7 - 6.10 Video promozionale per Arte kurzschlus, 2007. La forte differenza di scala tra la figura umana e la camera da presa pone degli accenti su alcuni elementi, rompendo il senso logico dello spazio. Inoltre, trattandosi di una rassegna di cortometraggi, l’evidente scala ridotta diviene elemento. significante.

LA GERARCHIA La gerarchia è un principio base della composizione visiva, strettamente legato al contrasto. Una composizione dominata da corretti principi gerarchici presenta un’organizzazione chiara e sistematica degli elementi che la compongono, differenziati da un preciso ordine di importanza. In un progetto editoriale intestazioni, sottotitoli, paragrafi e note sono chiaramente

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differenziate da font, dimensioni, spaziatura, colori e così via. Nelle motion graphics gli elementi primari, secondari e terziari sono alla base della gerarchizzazione di una composizione. Gli elementi primari sono i più importanti e hanno il compito di catturare immediatamente l’attenzione dello spettatore e guidarlo entro ciò che sta guardando. Questi forniscono le informazioni principali e stimolano la risposta emozionale rispetto a ciò che viene comunicato. Le componenti secondarie rinforzano il messaggio complessivo, migliorando l’impatto dell’artefatto sullo spettatore. Infine gli elementi terziari, al pari delle note a piè pagina, fanno da supporto all’intera composizione. La gerarchia visiva viene organizzata sfruttando contrasti di forme, colori, peso, posizione, orientamento e così via. E’ infatti il contrasto che conferisce più o meno importanza agli elementi di una composizione, connettendo o separando le informazioni visive. La maggior parte delle possibilità compositive derivano dalla manipolazione del formato e della scala. Per formato si intende la dimensione degli elementi all’interno della composizione, mentre la scala descrive le relazioni esistenti tra questi elementi. Oggetti che sono in scala tra loro danno l’impressione di di appartenere ad un tutt’uno, di far parte dello stesso insieme; oggetti fuori scala mostrano un evidente disequilibrio. Il formato contribuisce concettualmente al messaggio che viene comunicato tramite la gestione dei pesi. Un oggetto appare “pesante” o leggero” in base alla quantità di spazio che occupa. Un altro aspetto molto importante della gerarchizzazione di una composizione è la gestione dei margini. Nella motion graphic i margini del frame offrono 4 punti di ingresso e uscita. Ad esempio, un oggetto che tocca il margine e il quale movimento è allineato ad esso rafforza la natura orizzontale e verticale del frame.

IL RITMO Il ritmo è determinato da espedienti come la ripetizione e la varietà. Soprattutto nel caso della motion, è importante fare una distinzione tra “ritmo pittorico” e ritmo sequenziale”. Il ritmo pittorico prende in considerazione le distanze e quali elementi sono ripetuti all’interno della composizione, quello sequenziale considera la continuità e la ricorrenza degli elementi 115


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nel tempo, tra un frame e l’altro. Per ora ci occuperemo del primo caso, il secondo verrà analizzato in seguito. Per ripetizione si intende la ricorrenza di uno o più elementi in una composizione. Attraverso variazioni, la ripetizione permette di conferire ritmo visivo. Artisti come andy Wharol hanno sfruttato appieno le proprietà del ritmo pittorico, mostrando come, in una ripetizione monotona dell’immagine, può convergere l’idea del consumismo di massa. Il ritmo può sfruttare la spaziatura fra gli elementi o gli elementi stessi, agendo sulla cromia o sulle dimensioni. Vi sono tre principali tipi di ritmo. Quello regolare, in cui gli intervalli tra gli elementi, e spesso gli elementi stessi, sono simili per dimensioni e lunghezze. Quello fluente, quando il senso del movimento ci è dato dal ripetersi di forme irregolari; e quello progressivo, che si ha in presenza di una sequenza di forme in una progressione di passaggi analoghi. Quando le dimensioni degli elementi variano gradualmente, parliamo invece di ritmo crescente o decrescente.

6.11 - 6.12 Nsd,V4W.ENKO, 2010. Si tratta di una compagnia di suondesigner che produce video musicali minimal. Qui il ritmo compositivo è diretta espressione di quello sonoro.

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LA FORMA Come abbiamo potuto vedere, in una motion graphics, lo spazio compositivo è costituito dall’insieme degli elementi che compongono l’area di visualizzazione, e le relazioni che intercorrono fra loro sono dominate dai fondamentali principi della composizione. Ma quali sono, per una motion, gli elementi di una composizione? Quali sono le loro proprietà e potenzialità? Come interagiscono tra loro e come vengono utilizzati nella dimensione spaziotemporale? La forma, insieme alla linea e al punto, è l’elemento basilare della comunicazione grafica. La motion graphic ssi serve di diverse tipologie di forma (bidimensionale, tridimensionale, fotografica, tipografica) e le loro proprietà visive influenzano inevitabilmente la struttura comunicativa della motion. Le possibilità che esistono quando grafica, riprese, fotografia e tipografia si incontrano sono infinite.

LIVELLI DI ICONICITÀ A.A. Moles, nel 1995, riferendosi alla classificazione delle rappresentazioni, parla di livelli di iconicità. Le categorie impiegate in questa classificazione si sviluppano lungo l’asse oppositivo iconico-astratto, definendo appunto la scala di iconicità. Egli ottenne 7 livelli di iconicità, che vanno dalla fotografia ritoccata all’astrazione perfetta, ovvero una rappresentazione che si svolge unicamente tramite segni convenzionali.L’utilizzo di forme grafiche differenti, dai diversi livelli di iconicità alla loro eventuale commistione, determina lo stile grafico di una motion graphic, influenzando la trasmissione del messaggio. Immagini bidimensionale, tridimensionali, riprese, possono assumere caratteristiche che vanno dal disegnato, fotografico, realistico, astratto, alla fitta stratificazione. Procedimenti come il taglio, la distorsione, l’alterazione dei colori e la destrutturazione possono rafforzare le loro proprietà espressive. Sia la semplificazione che l’esagerazione possono tradurre le principali forme di un’immagine in puri elementi strutturali. La delicata astrazione nella descrizione grafica dei soggetti dà una percezione molto diversa rispetto ad una dettagliata rappresentazione grafica e fotografica. Maggiore è l’astrazione, maggiore sarà la componente soggettiva ed espressiva della motion graphics. 117


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6.13 - 6.16 Dall’alto: Hangar_18, Mathieu Dellabe, 2010. Standing up for freedom, Amnesty International,2014. Thought of you, Ryan Woodward, 2010. Spheremetrical, Impactist, 2011.

FOTOGRAFIA RITOCCATA

ASTRAZIONE PERFETTA

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RELAZIONE TRA GLI ELEMENTI Tra gli elementi che definiscono lo spazio compositivo, possiamo distinguere lo “sfondo” dalle “figure”. Il primo definisce l’intera superficie della composizione mentre le seconde fanno riferimento ai soggetti che occupano tale spazio. Vi sono diversi modi di percepire la relazione tra sfondo e figure. Immaginando una linea che rappresenta un range di possibilità, alle due estremità vi sono da un lato, una netta distinzione tra sfondo e figura, dall’altro la completa eliminazione di figura e sfondo, dove lo spazio diviene ambiguo all’osservatore. RELAZIONE FIGURA-SFONDO

In una motion graphics, la relazione tra figura e sfondo può variare molteplici volte, in riferimento alla posizione, l’orientamento e la dimensione degli elementi. La possibilità di movimento degli elementi all’interno dello spazio fa sì che lo spazio tra fondo e figura diventi “intercambiabile”. In riferimento al rapporto tra fondo e figura possiamo parlare di spazio negativo e spazio positivo. Lo spazio positivo è l’area occupata in una composizione, quello negativo, l’area libera o vuota. Quest’ultimo può essere paragonato allo spazio bianco nelle pagine di un prodotto editoriale e risponde agli stessi principi e criteri che vengono applicati ai restanti elementi compositivi. Lo spazio negativo può infatti aggiungere o sottrarre alla composizione equilibrio, ritmo ed enfasi visiva. Lo spazio negativo concede all’occhio aree di respiro, rende la composizione meno densa, confusa o sovraccaricata. E’ importante comprendere che lo spazio negativo non è solo spazio vuoto ma serve da supporto alle componenti positive; anch’esso possiede un peso e una massa, per tanto può essere sfruttato come elemento a sé stante.

6.17 - 6.18 La linea, ep 4. Osvaldo Cavandoli, 1969. Qui lo sfondo non è solo campitura, ma risulta essenziale per la costruzione della figura.

Due metodi di costruzione dell’immagine nello spazio sono l’”affiancamento” e la “sovrapposizione”. 119


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“Spatial juxtaposition” is the placement of two or more elements that are related or unrelated in meaning in close proximity to suggest a new meaning.” (Krasner, 2008)

RELAZIONE TRA FIGURE

La sovrapposizione determina invece stratificazione di elementi posti su livelli diversi, ma nella stessa posizione. Esistono diverse tipologie di sovrapposizione, che sfruttano i diversi aspetti della conformazione planare dello spazio. Queste sono tre: opaca, traslucente e trasparente. La sovrapposizione opaca pone uno sull’altro gli elementi nella loro completezza, facendo sì che uno di loro venga coperto totalmente nella porzione di coincidenza. La sovrapposizione tralucente appare visivamente, come se della luce passasse tra i diversi piani. Ci sono vari livelli di traslucenza . Quando più elementi traslucidi sono stratificati, può verificarsi un effetto ottico noto come “ghosting”. Si tratta di un debole apparizione dietro l’immagine in movimento posta più in superficie. Quando i colori traslucidi si sovrappongono, si mescolano in tempo reale. La trasparenza è lo stato in cui gli elementi stratificati appaiono vuoti. La figura trasparente appare come una sagoma cava che consente a tutti i livelli di essere vista.Inoltre, le tre tipologie di sovrapposizione vengono solitamente utilizzate simultaneamente.

6.19 - 6.20 Rebrand di Mun2, Gretel, 2014. Qui il gioco di sovrapposizione diviene una costante espressiva.

GLI ELEMENTI TIPOGRAFICI Il testo è uno dei mezzi principali per costruire il messaggio in una motion graphics. Tuttavia questo assume valenza figurativa, al pari di un’immagine e viene pertanto trattato come tale, con gli stessi principi compisitivi. Il testo può limitarsi a esprimere concetti, dunque a fungere da “narratore” o caricarsi di quelle proprietà visive che lo rendono anche elemento figurativo. 120


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In una motion graphics il testo non si limita ad essere una statica forma di comunicazione ma sfrutta il tempo e il movimento implicati in essa. Ciò la carica di nuove dimensioni che migliorano ulteriormente il suo potere comunicativo. Il ruolo espressivo della tipografia in movimento permette di esprimere idee e concetti che prescindono dal significato linguistico delle parole che essa compone. Oltre al significato letterale può esprimere emozioni mirate, attraverso il suo impatto grafico e il suo movimento nello spazio. In molti casi non viene più letta come testo ma viene percepita come forme fisiche che creano esperienze semiotiche complesse, attraverso metafore e movimento. A prescindere dalla comunicazione, di una forma tipografica possono essere esplorate anche le basi puramente formali ed estetiche che essa porta con sé. All’interno di una motion siamo abituati a considerare i testi e le immagini come due elementi separati; in realtà gli elementi testuali possono essere considerati anche come elementi grafici puri, costituiti da forme positive e forme negative. Ad esempio, lettere come la “d” e la “o” contengono forme chiuse, a differenza della “w” o della “f”, costituite da forme aperte. Spazi chiusi e spazi aperti vengono sfruttati nell’affiancamento e la sovrapposizione delle forme. Perciò, lettere accostate tra loro creano forme negative che Krasner definisce infatti “counterforms”. Anche la scelta della font è importante, da un punto di vista concettuale, per la corretta trasmissione del messaggio.

“Type is like actor to me. It takes on characteristics of its own. Whens i was younger, I used to pick a word from the dictionary and then try to design it so that i could make the world do what it meant.” (Kyle Cooper)

6.21 - 6.22 Rebrand di Mun2, Gretel, 2014. Qui il testo viene trattato con puro elemento grafico.

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IL COLORE La gestione dei colori all’interno di una motion permette di creare uno stile, definire l’atmosfera, simboleggiare idee e concetti ed esprimere emozioni, al fine di avere la reazione prevista da parte dello spettatore. Molteplici studi hanno rilevato che la maggior parte degli esseri umani fanno valutazioni inconsapevoli di quanto visto entro 90 secondi dall’inizio della visione, e la loro prima valutazione e basata quasi esclusivamente sul colore. Pertanto, con la scelta della componente cromatica, bisogna prendere in considerazione il contesto sociale e psicologico in quanto la reazione dello spettatore è legata proprio all’aspetto psicologico del colore.La reazione psicologica al colore varia in base alla componente socio-demografica determinata dal target previsto. Diversi colori possono suscitare diverse risposte emotive. e anche variazioni minime producono notevoli differenze di significato. Ad esempio, universalmente, il rosso chiaro è associato ad emozioni allegre e sensazioni positive, mentre il rosso scuro e molto acceso induce all’ irritabilità. I toni giallo-verdi sono associati alla freschezza e alla giovinezza, mentre spesso associamo le sfumature scure del verde oliva alla morte e la decadenza; un cielo azzurro chiaro può produrre un senso di tranquillità, se questo diventa indaco scuro, un senso di malinconia pervade la nostra percezione. Abbiamo potuto notare come non solo le tonalità influenzano il significato dei colori, ma anche la loro luminosità e saturazione.

6.23 - 6.26 Ideation, Dakota Hopkins e Diana Han per il Sarasota Film festival, 2010. Qui l’utilizzo del colore risulta strettamente correlato al messaggio da comunicare.

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La percezione del colore varia anche rispetto al genere e alla cultura. Studi hanno dimostrato che l’uomo è attratto da toni scuri, colori saturi, mentre le donne preferiscono tinte leggere e delicate. È questo il principio utilizzato per la gestione del colore nella realizzazione della motion graphics durante l’elaborazione progettuale. Il concetto di fondo mette in evidenza la tendenza, sempre più marcata con la crescita del bambino e della bambina, a produrre giocattoli legati al mondo alimentare in modo tale che risultino adatti solamente alla sfera femminile. Ciò avviene in gran parte sfruttando la componente cromatica, secondo i principi sopracitati. La motion, che immagina un’ideale fabbrica di giocattoli “stereotipati”, utilizza quindi toni caldi e leggeri, saturazioni e contrasti delicati per mettere in evidenza, con una metafora, l’accentuarsi di questa tendenza.

Toni caldi Saturazioni delicate

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IL TEMPO Il tempo, è la componente principale che differenzia la progettazione grafica statica da quella sequenziale o dinamica. La componente temporale di una motion graphics è divisa in due parti: movimento e sequenza. IL MOVIMENTO

Il movimento fa riferimento alle azioni che si svolgo all’interno dell’area di visione, all’interno di ogni scena. Sono tre le cose che possono muoversi in una motion graphics: la camera, l’elemento stesso, il punto di attenzione dell’osservatore. I principiche dominano il movimento sono la cinetica, la direzione, l’orientamento e la trasformazione. La Sequenza fa riferimento al collegamento tra una scena e l’altra al fine di creare una composizione

LA SEQUENZA

narrativa. Una sequenza è dominata da principi come la struttura, le transizioni, il ritmo, la durata, le ripetizioni, le giustapposizioni e la gerarchia. Per comprendere come una motion graphic si relaziona con la componente temporale è necessario analizzare la sua relazione con il fattore “tempo”. Abbiamo parlato di frame per indicare l’area spaziale dove si organizza una composizione. Tuttavia, se consideriamo il tempo, per frame si intende anche la più piccola unità nella quale si può dividere una motion; si tratta dell’immagine statica che, composta insieme a quelle che la susseguono, crea una scena in movimento. Studi hanno dimostrato che il sistema ottico umano può catturare le immagini 18-20 volte al secondo. Un secondo è pertanto suddiviso in una quantità di frame (solitamente un range che va dai 18 ai 30 fps) necessaria a rendere la percezione del movimento.

IL MOVIMENTO La cinetica è dunque uno dei principi che domina il movimento. Questa viene definita come la forza che produce, cambia o comporta il movimento degli oggetti. Nella motion graphics esistono tre tipi di cinetica: in tempo reale, implicita e astratta. Nel caso delle riprese video, l’azione si sta effettivamente verificando, pertanto il movimento viene catturato dalla camera, appunto, in tempo reale. Questo tipo di cinetica non si verifica solamente con le riprese video ma anche con oggetti disegnati, il quale movimento è attentamente studiato per essere reale. La cinetica implicita fa riferimento ad un movimento finto, che tiene comunque conto delle leggi della fisica e del tempo. 124


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Quella astratta prescinde da qualsiasi logica fisica o temporale ma è determinata unicamente dalle intenzioni creative ed espressive. LA VELOCITÀ

La cinetica rimanda necessariamente al concetto di velocità. Questa può essere lineare o non lineare. Se la velocità di un elemento è lineare, questo si muove nello spazio in modo uniforme, di conseguenza non si tratterà mai di un movimento realistico.Una velocità lineare viene applicata a quella grafica il quale movimento deve sembrare fluido o meccanico. Tale movimento mostra una natura sintetica, come può essere quella di un nastro o un fluido che si muove nello spazio astratto, Con velocità costante. Questo tipo di velocità è inoltre utilizzata per quegli oggetti che si muovono lungo una linea retta. Un percorso ricurvo implica necessariamente un tipo di velocità non lineare, che rispecchia maggiormente i principi che dominano il movimento

LA DIREZIONE

realistico. A tal proposito può essere introdotto il concetto di direzione. Nella comunicazione grafica statica la direzione fa riferimento alla lettura della composizione in relazione alla disposizione e al peso degli elementi. Pe la motion graphic, invece, la direzione, è il corso del movimento. Essa può essere dritta (orizzontale,verticale o diagonale), curva, e spaziale (in avvicinamento, in allontanamento). Per orientamento si intende invece la posizione direzionale dell’oggetto rispetto all’azione. La variazione degli elementi di una composizione, il loro cambiamento nel tempo, è una prerogativa essenziale di una motion graphics in quanto linguaggio narrativo. Le trasformazioni determinano dei cambiamenti nel tempo inerenti alla natura degli elementi che le subiscono. Questo processo può essere riduttivo, elaborativo o distortivo. Il processo riduttivo include la rimozione di parti dell’elemento in questione, come, ad esempio, il taglio. Quello elaborato prevede invece l’arricchimento tramite riempimenti, ingrandimenti o ripetizione degli elementi. Il distortivo comprende la frattura, rottura e deformazione degli elementi. Per quanto riguarda il punto di attenzione dell’osservatore, questo risponde a delle regole percettive ben precise. Sebbene l’uomo abbia una visione periferica, la sua attenzione può concentrarsi unicamente su una piccola area del campo visivo alla volta. Quando si ascolta una discussione si sposta lo sguardo da un volto all’altro, relativamente a chi ha la parola in quel dato momento. Non è possibile avere l’attenzione su due volti contemporaneamente, e la stessa cosa accade con gli elementi di una composizione. E’ però possibile controllare su quale parte dello schermo 125


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attirare l’attenzione, facendo uso tanto dei principi della composizione quanto del movimento degli oggetti. Quindi, da cosa è attratto l’occhio dell’osservatore? Il movimento è il primo elemento attrattivo; il secondo sono il colore e la luminosità. Pertanto, hanno maggiore potere attrattivo: gli oggetti che si muovono, l’elemento più luminoso e il colore più saturo. Questi, combinati insieme, permettono di dirigere completamente l’attenzione dell’osservatore.

LA SEQUENZA La sequenza controlla lo sviluppo di una motion graphic nel tempo, determinandone, prima di tutto, la struttura generale. La struttura fa riferimento all’aspetto e alla disposizione di una sequenza, a come il contenuto è organizzato e presentato. Uno dei migliori esempi di struttura è quello di Alexander Nevsky, regista russo e uno dei primi teorici dei media. Si tratta di una timeline nella quale la rappresentazione visiva delle componenti del film è sincronizzata in una sequenza di “corrispondenze audio-visive”, includendo le scene, la musica, “il diagramma della composizione pittorica” e il “diagramma del movimento”. Ciò dimostra quanto sia importante, nella progettazione di una motion graphic, la perfetta integrazione dei molteplici aspetti che la compongono.

6.27 Diagrammatic storyboard, Alexander Nevsky, 1938.

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La struttura di una sequenza può seguire un percorso lineare o non lineare. La struttura lineare è la disposizione seriale del contenuto. L’utilizzo di questo tipo di struttura, che segue la linearità di una narrazione composta da inizio, parte centrale e fine è più frequente in motion che usano esclusivamente riprese video o comunque materiale pre-prodotto, che necessita principalmente della messa in fila. Nelle sequenze non lineari, invece, le immagini sono legate tra loro con l’obiettivo d produrre significati che prescindono dalla sola narrazione cronologica e che pertanto si servono di anticipazioni, ricorrenze e così via. Il passaggio da una parte all’atra di una sequenza avviene tramite LE TRANSIZIONI

le transizioni. Le transizioni, grazie al loro innato dinamismo, sono un punto di forza per la motion graphic. Una transizione passa dall’essere il mero passaggio tra una parte e l’altra della sequenza ad elemento integrante della narrazione. Queste sono fondamentali nel definire la sequenza narrativa ed enfatizzare il contenuto; per la tipografia possono essere utilizzate anche al fine di influenzare e migliorare la lettura del testo. Per funzionare correttamente, una sequenza ha bisogno di essere dominata da un ritmo che scandisca la narrazione. Abbiamo già parlato di ritmo pittorico, in tal caso, invece, si fa riferimento al concetto di ritmo sequenziale. Il ritmo è il movimento caratterizzato dalla ripetizione della stessa azione oppure dall’alternanza regolare o irregolare di differenti azioni. Considerando che il ritmo si sviluppa attraverso il tempo, la velocità (o andatura) ne è caratteristica integrante. Il ritmo contribuisce a definire l’atmosfera generale della motion, conferendo peso e personalità agli elementi.

LE PAUSE

A tal proposito è possibile far riferimento al concetto di pausa. Questo, se usato correttamente, è un potentissimo strumento comunicativo. Le pause assumono la stessa funzione che ha la punteggiatura in un testo. In una motion graphic le pause, oltre a rendere meno meccanici i movimenti, permettono di creare tensioni e aspettative, mantenendo vivo l’interesse dell’osservatore. Il ritmo è fatto di ripetizioni e alternanze. Le ricorrenze, o ripetizioni, possono aggiungere enfasi o stabilire una gerarchia. Queste permettono inoltre di ridurre la durata percepita. Il ritmo visivo si presenta, ad esempio, quando la ripetizione di una parola o una sequenza di parole, avviene in modo costante, facendo sì che l’occhio dell’osservatore si abitui a questa ripetizione visiva.

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La chiave, nella gestione del ritmo, è il contrasto; questo può essere generato dal movimento degli elementi all’interno della sequenza ma anche dalla velocità stessa. Gli elementi di una composizione possono muoversi a velocità differenti; in questo modo viene resa la percezione di profondità, in quanto, elementi che si muovono a velocità differenti sembrano essere posti su diversi piani di distanza. Elementi che si muovono ad una velocità maggiore danno la percezione di essere può vicini allo spettatore rispetto ad elementi che si muovono a velocità minore. Questo accade perché, in teoria, elementi più vicini all’osservatore appaiono più grandi, pertanto hanno una distanza minore da percorrere. Tale fenomeno è conosciuto come movimento di parallasse. È importante analizzare anche la relazione tra il ritmo e la velocità degli elementi visivi (testo e immagine) che quelli della traccia audio. Tale relazione può essere sincrona o asincrona. Nella struttura sincrona ( o regolare) il ritmo e la velocità degli elementi visivi è in perfetta corrispondenza con quelli della traccia audio. In quella asincrona (o irregolare) il ritmo degli elementi visivi è in consistente, mentre la traccia audio è regolare e spesso predominante rispetto all’immagine. Questa relazione può presentarsi anche all’inverso. IL SUONO

Parlando di suono è possibile far riferimento al concetto di ampiezza. Questa indica l’intensità e la forza di un suono. La percezione del suono, in una motion graphics, avviene necessariamente in relazione con gli elementi visivi che vengono mostrati. Scala tipografica, peso e toni delle figure creano infatti una relazione visiva con l’ampiezza dell’audio. In una motion graphics possono essere presenti più tracce audio e queste, possono essere più o meno connesse a ciò che sta accadendo all’interno del campo visivo.

00:00 Diagrammatic storyboard di un frammento della motion graphics realizzata.

Frame Effetti sonori Traccia audio

Movimento

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00:58


NON È UN GIOCO DA RAGAZZE

Un altro dei principi che dominano la sequenza è quello della durata. Durata intesa come la quantità di tempo in cui gli elementi appaiono e restano all’interno del campo visivo, fermi o in movimento; essa è associata alla pausa, ovvero alla quantità di tempo che passa tra la comparsa di un elemento e quello successivo, o la ricomparsa dello stesso elemento. La durata e le pause hanno una stretta correlazione con il ritmo e la velocità di una sequenza. LA DURATA

La durata non solo determina la leggibilità di un elemento sullo schermo, ma ne definisce e rafforza anche il significato, stabilendo una gerarchia. In questo contesto le pause permettono all’osservatore di riflettere su quello che ha visto, prima che gli si presenti dinanzi la prossima immagine, una sorta di riposo visivo. Queste vengono anche utilizzate come strumento per creare aspettativa - cosa succederà dopo?. Tuttavia, una pausa troppo lunga rende la visione faticosa, mentre una troppo breve causa disorientamento e difficile comprensione. La fruizione di una motion graphics è un’esperienza dalla natura effimera e passeggera. Dopo la visione nulla rimane se non la sensazione derivata dalla percezione dell’esperienza. Le anticipazioni vengono pertanto usate per indicare una futura ricorrenza o semplicemente un evento futuro. L’anticipazione crea solitamente delle aspettative: anticipare un’immagine o un concetto fa sì che questo stesso concetto lasciato in sospeso venga ripreso successivamente, e risolto. Le ripetizioni servono quindi a riprendere un concetto e a ricordare all’osservatore ciò che è stato appena visto. Questi espedienti invitano a porre attenzione all’effettivo processo di costruzione di una storia, rompendo la tradizionale aspettativa nei confronti di una narrazione.

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FOCUS ON

6.3 COMPONENTI NARRATIVE LE STORIE Sebbene la nostra vita si sviluppi secondo una successione lineare, la nostra percezione del tempo è meno rigida. Per rendere la nostra esistenza più sopportabile, la nostra immaginazione ci dà infatti la possibilità di viaggiare nel tempo senza limiti fisici o spaziali. Questa unica quanto affascinante abilità umana di “riavvolgere” la linea del tempo ci permette di riflettere sul passato, analizzare il presente e immaginare il futuro. E nel momento in cui ne “catturiamo” e riproponiamo un piccolo frammento, stiamo raccontando una storia.

“Stories are the core of humanity. They are our most fundamental and richest means of exploring, shaping, and sharing our reality. Without our narratives, life would make no sense.” (Jacob Trolback)

Il fondamento di tutta la comunicazione visiva, tanto statica quanto in movimento, è avere qualcosa da dire. E, come abbiamo potuto notare dall’analisi della sua struttura intrinseca, una motion graphic si presenta come un strumento dalle molteplici potenzialità narrative. In una motion graphics gli eventi vengono “orchestrati” all’interno di un’unità o sequenza che si sviluppa nello spazio e nel tempo attraverso il movimento e il cambiamento delle forme. Questo linguaggio può essere usato, per raccontare storie, servendosi di diverse strategie e modalità. E’ importante sottolineare che fin dall’antichità l’essere umano ha sfruttato e arricchito l’arte della narrazione. Ma, cosa significa raccontare storie? E, soprattutto, quali sono quelle caratteristiche che rendono una motion graphic un potente strumento narrativo?

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NON È UN GIOCO DA RAGAZZE

CARATTERISTICHE “La narrazione è una tecnica, specifica e di capitale importanza, che il genere umano ha creato, partendo dalle proprie concrete necessità vitali, per risolvere basilari problemi di conoscenza e di comunicazione, al fine dapprima di garantire la propria sopravvivenza e quindi migliorare la propria esistenza. Tale tecnica ha la funzione di acquisire, organizzare, memorizzare e condividere conoscenze. Esse costruisce visioni del mondo.” (Davide Pinardi)

“Far from being one code among many that a culture may utilize for endowing experience with meaning, narrative is a metaled, a human universal on the basis of which transcultural messages about the nature of a shared reality can be transmitted”. (Hayden White,The content of the form, The Value of Narrativity in the Representation of Reality, Baltimore, 1987,pag I.)

La narrazione è un testo. Secondo la definizione di Charles Sanders Pierce, per testo intendiamo “un’articolazione di segni organizzata gerarchicamente secondo una precisa sintassi interna, la cui verità può cambiare in funzione del contesto in cui è collocata”. Per verità non si intende l’attinenza alla realtà bensì la sua coerenza d’insieme. I segni che possono costruire una narrazione sono caratterizzati da una straordinaria varietà di forme e sostanze, sono “qualcosa che sta per qualcos’altro per qualcuno”, per fare riferimento sempre alla definizione di Pierce. Sono pertanto interpretabili. Tuttavia questi non hanno valore assoluto, la loro interpretazione non è universale e istantanea. Il loro valore individuale o integrato si afferma totalmente soltanto all’interno della narrazione, perché strettamente legato al contesto in cui esso si manifesta. Il segno non funziona come elemento indipendente, pertanto, può essere “scomposto in elementi minori detti figure” e “integrato nell’unità maggiore del discorso”. Sulla base di quanto detto, al pari di una lingua naturale, tanto una rappresentazione grafica quanto immagini in movimento hanno le stesse possibilità di manifestare un’organizzazione narrativa “universale”.

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FOCUS ON

LO SCATTO ATTENZIONALE Perché una narrazione possa esistere deve essere avvenuto uno scatto attenzionale, un cilc che faccia emergere da un continuum indifferenziato quella narrazione che di lì a poco andrà a manifestarsi. Lo scatto attenzione viene infatti definito un elemento “prenarrativo”. Esso è infatti “il fattore che determina quella variazione di tensione, quel momento decisivo che introduce il salto qualitativo tra l’assenza di narrazione e l’inizio della narrazione. Lo scatto attenzione è spesso brevissimo, e sottrae il fruitore della narrazione alla sua dimensione di distrazione, assenza, alterità. Senza scatto attenzione non si ha narrazione. La sollecitazione dello scatto attenzionale si può fondare su un’anticipazione sintetica e radicale dell’imminente conflitto che verrà raccontato.

IL NARRATORE Le idee e gli oggetti del mondo non creano spontaneamente narrazioni se qualcuno di vivente non vuole crearle. Ogni narrazione ha dunque una o più persone che ne portano il carico. Se il narratore rappresenta e comunica una realtà tangibile, così facendo costruisce un ordine nuovo o differente da ciò che, fino a quel momento, poteva apparire sconosciuto, caotico o contraddittorio. Oppure, ristruttura un nuovo ordine dopo averlo messo in discussione. In ogni caso, la sua narrazione modifica i paradigmi conoscitivi e a volte anche il sistema ricettivo stesso di chi lo ascolta. La stessa cosa accade quando egli immagina e comunica una realtà di finzione: la sua narrazione apre ulteriori orizzonti, edifica nuove visioni, costruisce nuovi mondi, afferma nuovi condizionamenti. Una narrazione è simile a un processo seduttivo in cui il narratore conduce a sé il fruitore, ne diminuisce o aggiraa le resistenze istintive, ne condiziona - più o meno profondamente i comportamenti, le scelte, i sistemi di valori.

IL NARRATARIO Se il narratore è il seduttore, il sedotto è il narratario, ovvero lo spettatore 132


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della narrazione. Sta al narratario accettare la narrazione così come gli è proposta: un semplice rifiuto bloccherebbe l’intera operazione narrativa facendola crollare. Pertanto, non può esistere una narrazione senza almeno un narratario. Il narratore decide i tempi del gioco nella produzione di una narrazione, stabilendo regole e durata e rendendola portatrice di convinzioni ideologiche o esigenze materiali; il narratario ne interpeta i segni, la modifica in base ai suoi bisogni, la adatta ai suoi contesti e spesso la replica più o meno fedelmente. Una delle molte differenze sostanziali tra narrazione e semplice comunicazione sta proprio in questo ruolo del narratario. Nella prima, egli diventa in qualche modo coautore, nella seconda è il semplice e passivo terminale delle informazioni che gli vengono trasmesse. Dunque, “se la comunicazione è a una via sola, la narrazione è sempre IL PATTO FIDUCIARIO

a due vie”. Affinché una narrazione viva e si affermi deve crearsi, una frazione prima che essa possa iniziare per davvero, un patto fiduciario tra narratore e narratario. Si tratta dell’accordo sulle modalità e le regole della loro relazione.

Lo schema, tratto da “Narrare. Dall’Odissea al mondo Ikea” di Davide Pinardi mostra dinamiche alla base di una possibile narrazione.

DIFFERENZIAZIONE DALL’INDISTINTO SCATTO ATTENZIONALE AVVIO DELLA NARRAZIONE DEFINIZIONE DEL PATTO FIDUCIARIO VERIFICHE PERIODICHE DEL PATTO FIDUCIARIO MANTENIMENTO DELLE PROMESSE

NON MANTENIMENTO DELLE PROMESSE

ACCETTAZIONE DELLA NARRAZIONE

RIFIUTO DELLA NARRAZIONE

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FOCUS ON

LA CORNICE Come, relativamente alla sua struttura, una motion graphic ha dei confini definiti dai limiti del campo visivo, allo stesso modo, una narrazione possiede dei limiti entro i quali si sviluppa. A tal proposito è possibile parlare di cornice narrativa, ovvero il confine fisico o mentale che delimita e circoscrive un’organizzazione narrativa, distinguendola dall’indefinito. Esiste un dentro la narrazione ed esiste un fuori e tale distinzione risulta chiara con lo stabilirsi del patto fiduciario. Il territorio “dentro” spesso non appare definito da confini netti e ben identificabili, appare piuttosto come un’area percepibile ma non misurabile. Questo territorio, infatti, nasce spesso grazie allo stabilirsi di una convenzione tra narratore e narratario e i limiti concettuali di questo territorio costituiscono proprio le fondamenta del patto fiduciario. Sono questi che definiscono la coerenza e l’omogeneità della narrazione e solo all’interno dei suoi limiti gli elementi che la definiscono risultano essere omogenei e coerenti. Il narratore è dunque il primo e più immediato responsabile di questo terreno di gioco, “nella definizione delle sue caratteristiche, nell’identificazione della forma e della natura dei suoi limiti. Una cornice narrativa può essere definita dal sistema di segni utilizzato, dalle caratteristiche dell’intreccio, dalle tecniche narrative, dal medium di trasmissione e dalle modalità del conflitto. Infine, se un campo narrativo è solido e coerente con il patto fiduciario precedentemente stabilito, non patirà affatto di disomogeneità, incoerenze e discontinuità spazio-temporali. Se la cornice narrativa definisce un dentro alla narrazione, esiste inevitabilmente un fuori, ovvero tutto ciò che non fa parte di essa. Pertanto, un narratore non crea nel nulla bensì “narra un qualcosa all’interno di un qualcos’altro. Egli non colloca la cornice in un contesto vuoto e inesplorato ma pone qualcosa al suo interno, modificando sia esso stesso sia quello che vi viene posto. In sostanza, una narrazione si pone sempre in una dimensione relazionale articolata e preesistente da cui è modificate e contribuisce a modificare.

IL CONFLITTO Altro elemento indispensabile per l’esistenza di una narrazione è il conflitto. Ogni narrazione costituisce, in estrema sintesi, il racconto di un conflitto 134


NON È UN GIOCO DA RAGAZZE

o di una serie di conflitti, trascendenti o immanenti. In ogni narrazione è narrato infatti almeno un conflitto. Il termine conflitto non deve però essere inteso secondo il suo significato più immediato ma va interpretato in senso molto più ampio; si tratta in realtà di un confronto, “una dialettica fra due o più elementi contrapposti”. Una narrazione non racconta soltanto la fase finale di un conflitto bensì le sue dinamiche, le origini, le cause e le implicazioni. Un elemento caratterizzante della narrazione sta nel fatto che spesso non importa quale conflitto venga raccontato, ma come questo sia rappresentato, nelle sue cause, nelle sue articolazioni, nei contrasti che vi stanno alla base. Un conflitto necessita quindi di essere spiegato e articolato nelle sue fasi evolutive, tuttavia è importante sottolineare che, non necessariamente bisogna raccontarne l’esito. Infatti “narrare è sempre raccontare un problema, ma non necessariamente la soluzione del problema”. E’ possibile ma non obbligatorio arrivare alla soluzione di un conflitto, mentre è obbligatorio che un narratore comunichi il conflitto. In narratore deve necessariamente dare una soluzione al conflitto soltanto quando, nella stipula del patto fiduciario, ha garantito, implicitamente o esplicitamente, una sicura soluzione.

Lo schema, tratto da “Narrare. Dall’Odissea al mondo Ikea” di Davide Pinardi mostra l’evoluzione del conflitto all’interno di una narrazione.

1

PROPOSTA DI UN ORDINE ORIGINARIO

2

ALTERAZIONE DELL’ORDINE

3

SUPERAMENTO DELLA DIMENSIONE CONFLITTUALE

4

RITORNO AD UN EQUILIBRIO SUPERIORE ALL’INIZIALE

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FOCUS ON

I MONDI NARRATIVI Un conflitto narrativo è quindi la guerra tra due o più mondi. Le parti protagoniste del conflitto prendono il nome di mondi narrativi. I “contendenti” di norma si disputano qualcosa che vogliono conquistare a spese dell’altro o che non vogliono sottrarre all’altro; l’elemento conteso può essere materiale quanto immateriale. Anche gli obiettivi possono essere vari, dai più concreti a quelli più astratti. Tali ragioni, anche se distinte e differenziati devono necessariamente risultare in contrasto oggettivo o soggettivo con quelle dell’avversario, dimostrando la difficile compatibilità. Come nel caso dei conflitti nella vita reale, anche le contese narrative non sempre vengono combattute ad armi pari: spesso infatti sono asimmetriche. La semplice sproporzione delle forze è infatti un fattore fortemente emotivizzante. Gran parte del fascino della lotta sta infatti nella forte sproporzione tra le caratteristiche delle due parti e nella differente posizione strategica in cui si trovano. La struttura di un mondo narrativo si basa, sostanzialmente, su una serie di elementi basilari, utili sia per identificare e analizzare mondi già esistenti, nel caso di narrazioni di realtà, che per crearne di nuovi, nel caso di narrazioni di finzione. Tali elementi si raccolgono in queste fondamentali categorie sulle quali il mondo narrativo fa perno per gestire e articolare il conflitto con gli altri mondi.

Le sette categorie attraverso le quali un mondo narrativo prende forma.

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TOPOS

I luoghi di un mondo

LOGOS

L’insieme dei suoi linguaggi

ETHOS

I suoi valori identitari

EPOS

La sua memoria collettiva

GENOS

I suoi legami interni

TELOS

Le finalità e le aspettative

CRONOS

Le implicazioni temporali


NON È UN GIOCO DA RAGAZZE

LA FABULA Posto un conflitto e definiti i mondi narrativi che ne sono protagonisti, si passa all’articolazione dell’insieme degli eventi che descrivono tale contrapposizione, che costruiscono una storia. A tal proposito è possibile far riferimento al concetto di fabula. Si tratta del racconto immediato del conflitto attraverso la precisa esposizione delle sue fasi successive, descritte secondo un preciso ordine temporale. Questa illustra dunque il “sentiero spazio-temporale lungo il quale procede il processo dialettico che si vuole raccontare”; una sorta di messa in fila degli eventi secondo parametri puramente cronologici, che trascendono dalla loro naturae dal loro impatto psicologico.

L’INTRECCIO Posto un conflitto e definiti i mondi narrativi che ne sono protagonisti, si passa all’articolazione dell’insieme degli eventi che descrivono tale contrapposizione, che costruiscono una storia. A tal proposito è possibile far riferimento al concetto di fabula. Si tratta del racconto immediato del conflitto attraverso la precisa esposizione delle sue fasi successive, descritte secondo un preciso ordine temporale. Questa illustra dunque il “sentiero spazio-temporale lungo il quale procede il processo dialettico che si vuole raccontare”; una sorta di messa in fila degli eventi secondo parametri puramente cronologici, che trascendono dalla loro naturae dal loro impatto psicologico.

IL LINGUAGGIO Elemento che differenzia inevitabilmente l’aspetto di una narrazione è senz’altro il linguaggio utilizzato, ovvero le modalità di trasmissione. La motion graphic, della quale sono state precedentemente analizzate le caratteristiche strutturali e le conseguenti potenzialità comunicative, ne è una delle tante. Il mezzo con la quale una narrazione viene trasmessa e le modalità con le quali tale trasmissione avviene contribuiscono fortemente a definire la natura, l’identità e la valenza significativa di una narrazione. Non esiste infatti una rappresentazione di realtà o una costruzione di finzione 137


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FOCUS ON

che possa proclamarsi indipendente dalla base materiale che supporta la sua comunicazione; spesso è essa stessa che conferisce legittimità alla narrazione. La narrazione cambia dunque in relazione al supporto che la sostiene. D’altronde, come afferma Marshall Mcluhan in riferimento alla comunicazione pura, “il medium è il messaggio”. Ma non sempre e non nella stessa misura il mezzo determina il messaggio. Di fatti, più è forte l’identità di una narrazione, meno questa subirà le influenze del mezzo utilizzato. Dunque, si può in conclusione dire che “il mezzo non è la narrazione bensì la sua veste”.

Lo schema, tratto da “Narrare. Dall’Odissea al mondo Ikea” di Davide Pinardi mostra la ruota dei fattori di ogni narrazione. Gli elementi fin ora analizzati hanno un legame interdipendente e rappresentano la struttura ciclica diun’organizzazione narrativa, racchiudendo quella valenza universale che le permette di essere trasmessa attraverso mezzi e linguaggi differenti.

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UN COMMITTENTE Dà l’incarico ad un

CONFLITTO

NARRATORE

Che vada bene al

Affinché stabilisca un

PATTO FIDUCIARIO

MEDIUM DI TRASMISSIONE di un

con un

TECNICHE NARRATIVE

NARRATARIO

adatte al

affinché per mezzo di un

INTRECCIO

SISTEMA DI SEGNI

Attraverso delle

il narratore possa raccontare una

FABULA sceneggiata in un


NON È UN GIOCO DA RAGAZZE

LA MOTION COME NARRAZIONE Viste le componenti audiovisive e quindi le potenzialità strutturali del mezzo “motion graphic”, analizzate le peculiarità di una narrazione, è importante soffermarsi sul come la grafica in movimento si relaziona con il suo essere un potente strumento narrativo. Come visto in precedenza, una motion graphic ha la potenzialità di trasmettere informazioni visive, cinetiche e sonore simultaneamente, attraverso canali differenti ed entro un arco di tempo definito. Fondamentale è la “plasticità” della componente temporale e la conseguente possibilità, da parte del designer, di manipolare il tempo - nella sua rappresentazione e percezione attraverso il movimento, la sequenzialità e la multimedialità. La multimedialità consente di interagire con dati complessi, introducendo il concetto di rappresentazione multipla dell’informazione, ovvero la possibilità di collegare dinamicamente testi, immagini audio e video. Si tratta di un enorme vantaggio per il fruitore e al contempo di una grande sfida per il designer, in quanto, in un contesto dove i media sono proiettati verso l’interattività, l’informazione non è più fissa ma fluida. Ciò influenza inevitabilmente il rapporto tra la motion graphics e la sua dimensione narrativa.

STRUTTURA NARRATIVA Come nelle narrazioni tradizionali (libri, film ecc..) la struttura narrativa di una motion graphics è divisa in tre macroaree: Esposizione (inizio), Conflitto (parte intermedia) e Risoluzione (fine). Ogni storia, non importa quanto lunga o breve sia, ha un’esposizione, un conflitto e una risoluzione. Che si tratti di un documentario, uno spot pubblicitario, un film o un videogioco , questa caratteristica resta immutata. L’esposizione è dunque l’inizio di una storia, la sua contestualizzazione. Questa è seguita dal conflitto, le quali dinamiche e implicazioni sono state approfondite precedentemente. Il conflitto cresce di intensità al progredire della storia; la sua parte più intensa è chiamata climax. E’ all’esplodere del climax che comincia la risoluzione. Essa conduce alla conclusione di una storia, fornendo all’osservatore il tempo necessario per riprendersi dall’intensità del conflitto e riflettere su di esso. 139


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FOCUS ON

Lo schema, tratto da “The Visual Story ” di Bruce Block, mostra le tre macroaree della struttura narrativa classica di un prodotto audiovisivo esposizione (E), conflitto (CO) e risoluzione (R) e come queste si sviluppano nel tempo.

CL INTENSITÀ DELLA STORIA

CO R EX

LUNGHEZZA DELLA STORIA

STRUTTURA VISIVA A supporto della struttura narrativa vi è la struttura visiva. Essa definisce come gli elementi visivi di una motion concorrono e vengono organizzati a supporto della storia, consentendone la sua manifestazione. Le componenti visive vengono organizzate sfruttando le loro proprietà, in modo tale da comunicare la giusta emozione, stile o situazione di un determinato momento; queste diventano mezzo espressivo della narrazione che vi è alla base della motion. A tal proposito viene sfruttato il principio del contrasto analizzato precedentemente. Come già visto, mentre il contrasto genera elevata intensità visiva, l’affinità la fa diminuire notevolmente. Solitamente, ad un elevato contrasto tra le componenti del campo visivo corrispondono i momenti di maggiore enfasi di una storia. Il grafico che mostra l’articolazione delle componenti visive nel tempo, se relazionato a quello riferito alla struttura narrativa, consente di gestire e comprendere a fondo la relazione tra ciò che è mostrato e ciò che è raccontato.

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00:00 Lo schema, tratto da “The Visual Story ” di Bruce Block, è stato applicato alla motion graphics realizzata, in modo tale da mostrare la sua struttura nrrativa relazionandola a quella visiva.

01:47

INTENSITÀ DELLA STORIA

INTENSITÀ VISIVA

FORME

COLORI

MOVIMENTO

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FOCUS ON

6.28 Storyboard di The Little House, Bill Peet, 1954. La struttura narrativa e quella visiva precedentemente analizzate divengono supporto del racconto da realizzare. Nella fase preliminare della produzione, visione e narrazione si combinano in uno storyboard, strumento essenziale nella realizzazione di motion graphics.

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NON È UN GIOCO DA RAGAZZE

6.4 CONCLUSIONI

“Non si può non comunicare”, asserisce Paul Watzlawick nel suo primo assioma sulla comunicazione. Da sempre l’uomo comunica, e lo fa tanto consapevolmente quanto inconsapevolmente. Ma, nel momento in cui risulta essere consapevole della sua capacità di comunicare e soprattutto, di “creare” comunicazione, esplora tutti i mezzi in suo possesso per rendere l’esperienza comunicativa più ricca, ampliandone notevolmente le potenzialità. Per questo motivo è importante chiedersi come l’uomo racconta storie, e attraverso quali mezzi riesce a farlo. A tal proposito è nata l’esigenza dell’analisi di una motion graphic, tanto come mezzo e linguaggio, quanto come strumento narrativo. Sono state analizzate dapprima le caratteristiche strutturali, in modo tale da comprenderne l’anatomia, carpirne l’architettura, osservarne le modalità di azione, prendendo atto delle sue potenzialità. Successivamente, per meglio comprendere il processo che porta la motion a divenire portatrice di storie, è stata analizzata la narrazione, intesa come struttura universale, adattabile a molteplici mezzi e linguaggi. Abbiamo visto come nasce e come si evolve, e quali sono gli elementi che la rendono tale. L’obiettivo era quello di comprendere come si racconta e di cosa un motion graphic si serve per raccontare, dimostrando quanto questa si configuri come potente strumento narrativo.

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INDICE DELLE IMMAGINI 1. TEMA DI RICERCA 1.1 Toys Center di via Novara 83, Milano, fotografia del 13/10/2014. 1.2 Toys Center di via Novara 83, Milano, fotografia del 13/10/2014. 1.3 Giocattoli d’epoca del Museo del Giocattolo di Cormano, fotografia del 14/10/2014. 1.4 Giocattoli d’epoca del Museo del Giocattolo di Cormano, fotografia del 14/10/2014. 1.5 Giocattoli d’epoca del Museo del Giocattolo di Cormano, fotografia del 14/10/2014. 1.6 Dossier di ricerca, fotografia del 6/03/2015. 1.7 Schede di analisi prodotta il 21/10/2014. 1.8 Schede di analisi, fotografia del 6/03/2015. 1.9 Schede di analisi, fotografia del 6/03/2015.

2. ORGANIZZAZIONE DEI DATI 2.1 Mappe sinottiche, mosaico e tassonomie. Elaborati del 28/11/2015. 2.2 Mappa sinottica 1, fotografia del 29/04/2015. 2.3 Mappa sinottica 1, fotografia del 29/04/2015. 2.4 Mappa sinottica 2, dettaglio, fotografia del 29/04/2015. 2.5 Mappa sinottica 2, fotografia del 29/04/2015. 2.6 Tassonomia 1, dettaglio, fotografia del 29/04/2015. 2.7 Tassonomia 1, fotografia del 29/04/2015. 2.8 Mosaico, fotografia del 29/04/2015. 2.9 Testimonial Dolce Party, www.dolceparty.it, 2015. 2.10 Vassoio da tè, Sevi. Fonte: www.amazon.it. 2.11 Cucina princess, Faro. Fonte: www.chegiochi.it 2.12 Caravan estivo, Lego. Fonte: www.amazon.com 2.13 La casa di Minnie, Fisher Price. Fonte: www.amazon.it 145


2.14 Violet’s Tea Party, Djeco. Fonte: www.chegiochi.it. 2.15 Mini Delices Principesse Dolce Party. Giochi Preziosi. Fonte: www.ebay.it. 2.16 La fabbrica dei dolci Dolce Party, Giochi Preziosi. Fonte: www.amazon.it. 2.17 Set colazione glam Barbie, Mattel. Fonte: www.giocattolissimo.com. 2.18 Cestino da Picnic, Djeco. Fonte: www.cittadelsole.it. 2.19 Set da tè per due, Hape. Fonte: www.amazon.it. 2.20 Sforna Magie, Play-doh, packaging. Fonte: www.playdoh.it. 2.21 Mini cucina Minnie, Smoby. Fonte: www.chegiochi.it. 2.22 Macchina del gelato, Globo. Fonte: www.amazon.it. 2.23 Set sei gelati, Le Toy Van. Fonte: www.chegiochi.it 2.24 Set caffè e dolcetti Barbie&me, Grandi giochi. Fonte: www.ebay.it. 2.25 Tostapane Minnie, Smoby. Fonte: www.toyscenter.it. 2.26 Pastel cooker, Djeco. Fonte: www.chegiochi.it. 2.27 Cestino da picnic, Djeco. Fonte: www.littlecitizenesboutique.com 2.28 Tavola tassonomica 2, fotografia del 29/04/2015. 2.29 Tavola tassonomica 2, dettaglio. Fotografia del 29/04/2015.

3. RACCONTO ANIMATO 3.1 Non è un gioco da ragazze Motion Graphic fotografia del 9/07/2015 3.2 Another Christmas Carol, Le Bureaux (2008). Fonte: www.youtube.com. 3.3 La fabbrica di cioccolato, Tim Burton (2005). Fonte: www.digital-news.it. 3.4 Ralph spaccatutto, Rich Moore (2012). Fonte: www.youtube.com. 3.5 Partitura, fotografia del 9/07/2015. 3.6 Frame dello sroryboard, disegno del 10/12/2014. 3.7 Non è un gioco da ragazze Motion Graphic, Video del 17/12/15. 3.8 Non è un gioco da ragazze Motion Graphic, Video del 17/12/15. 3.9 Non è un gioco da ragazze Motion Graphic, Video del 17/12/15. 3.10 Non è un gioco da ragazze Motion Graphic, Video del 17/12/15. 3.11 Non è un gioco da ragazze Motion Graphic, Video del 17/12/15. 3.12 Non è un gioco da ragazze Motion Graphic, Video del 17/12/15. 146


3.13 Non è un gioco da ragazze Motion Graphic, Video del 17/12/15. 3.14 Non è un gioco da ragazze Motion Graphic, Video del 17/12/15. 3.15 Non è un gioco da ragazze Motion Graphic, Video del 17/12/15. 3.16 Non è un gioco da ragazze Motion Graphic, Video del 17/12/15. 3.17 Non è un gioco da ragazze Motion Graphic, Video del 17/12/15. 3.18 Non è un gioco da ragazze Motion Graphic, Video del 17/12/15. 3.19 Non è un gioco da ragazze Motion Graphic, dettaglio tipografico Video del 17/12/15. 3.20 Non è un gioco da ragazze Motion Graphic, dettaglio tipografico Video del 17/12/15. 3.21 Non è un gioco da ragazze Motion Graphic, dettaglio tipografico Video del 17/12/15. 3.22 Non è un gioco da ragazze Motion Graphic, dettaglio. Video del 17/12/15. 3.23 Non è un gioco da ragazze Motion Graphic, dettaglio. Video del 17/12/15.

4. INTERPRETAZIONE CRITICA 4.1 Manifesto Non far crescere lo stereotipo fotografia del 06/03/2015. 4.2 Manifesto Non far crescere lo stereotipo, dettaglio. Elaborato del 13/01/2015. 4.3 Manifesto Non far crescere lo stereotipo, dettaglio. Elaborato del 13/01/2015. 4.4 Schizzo a mano del layout del manifesto. Disegno del 8/01/2015. 4.5 Oggetti di scena, fotografia del 9/07/2015. 4.6 Backstage dello shooting, fotografia del 9/01/2015. 4.7 Il set allestito per lo shooting, fotografia del 9/01/2015. 4.8 Lo scatto selezionato per il manifesto, fotografia del 9/01/2015. 4.9 Lo scatto selezionato per il manifesto dopo la ricostruzione dello sfondo. 4.10 L’immagine per il manifesto dopo il montaggio di due differenti scatti. 4.11 Manifesto Non far crescere lo stereotipo. Elaborato del 13/01/2015.

5. RESTITUZIONE ALL’UTENTE 5.1 Oggetto memoria, fotografia del 6/03/2015. 5.2 Oggetto memoria, montaggio (fase 1). Fotografia del 6/03/2015. 5.3 Oggetto memoria, montaggio (fase 2). Fotografia del 6/03/2015. 147


5.4 Oggetto memoria, montaggio (fase 3). Fotografia del 6/03/2015. 5.5 Oggetto memoria, montaggio (fase 4). Fotografia del 6/03/2015. 5.6 Oggetto memoria, montaggio (fase 5). Fotografia del 6/03/2015. 5.7 Oggetto memoria, montaggio (fase 6). Fotografia del 6/03/2015. 5.8 Frame dal video-test dell’oggetto memoria. Video del 16/05/2015. 5.9 Frame dal video-test dell’oggetto memoria. Video del 16/05/2015. 5.10 Frame dal video-test dell’oggetto memoria. Video del 16/05/2015. 5.11 Frame dal video-test dell’oggetto memoria. Video del 16/05/2015. 5.12 Libro catalogo, fotografia del 6/03/2015. 5.13 Libro catalogo, detaglio. Fotografia del 6/03/2015. 5.14 Libro catalogo, detaglio. Fotografia del 6/03/2015. 5.15 Libro catalogo, detaglio. Fotografia del 6/03/2015. 5.16 Libro catalogo, doppia pagina interna. Fotografia del 6/03/2015. 5.17 Libro catalogo, particolare. Fotografia del 6/03/2015. 5.18 Libro catalogo, doppia pagina interna. Fotografia del 6/03/2015. 5.19 Libro catalogo, particolare. Fotografia del 6/03/2015. 5.20 Libro catalogo,doppia pagina interna. Fotografia del 6/03/2015. 5.21 Libro catalogo,particolare. Fotografia del 6/03/2015. 5.22 Modello dello spazio allestito, parete sinistra e centrale. Fotografia del 9/07/2015. 5.23 Modello dello spazio allestito, parete destra e centrale. Fotografia del 9/07/2015.

6. FOCUS ON 6.1 Design in Experiences, Bureau Hard Seiler (2015). Fonte: www.vimeo.com. 6.2 Design in Experiences, Bureau Hard Seiler (2015). Fonte: www.vimeo.com. 6.3 Pure Geometry, Alexey Romanowsky (2013). Fonte: www.motiongraphics.nu. 6.4 Pure Geometry, Alexey Romanowsky (2013). Fonte: www.motiongraphics.nu. 6.5 Pure Geometry, Alexey Romanowsky (2013). Fonte: www.motiongraphics.nu. . 6.6 Pure Geometry, Alexey Romanowsky (2013). Fonte: www.motiongraphics.nu. 6.7 Arte kurzschlus, (2007). Fonte: www.vimeo.com. 6.8 Arte kurzschlus, (2007). Fonte: www.vimeo.com. 148


6.9 Arte kurzschlus, (2007). Fonte: www.vimeo.com. 6.10 Arte kurzschlus, (2007). Fonte: www.vimeo.com. 6.11 Nsd,V4W.ENKO, (2010). Fonte: www.vimeo.com. 6.12 Nsd,V4W.ENKO, (2010). Fonte: www.vimeo.com. 6.13 Hangar_18, Mathieu Dellabe, (2010). Fonte: www.vimeo.com. 6.14 Standing up for freedom, Amnesty international, (2014). Fonte: www.youtube.com. 6.15 Thought of you, Ryan Woodward, (2010). Fonte: www.vimeo.com. 6.16 Spherimetrical, Impactist, (2011). Fonte: www.motiongraphics.nu. 6.17 La Linea, ep.4, Osvaldo Cavandoli, (1969). Fonte: www.youtube.com. 6.18 La Linea, ep.4, Osvaldo Cavandoli, (1969). Fonte: www.youtube.com. 6.19 Mun2, Gretel, (2014). Fonte: www.motiongrapher.com. 6.20 Mun2, Gretel, (2014). Fonte: www.motiongrapher.com. 6.21 Mun2, Gretel, (2014). Fonte: www.motiongrapher.com. 6.22 Mun2, Gretel, (2014). Fonte: www.motiongrapher.com. 6.23 Ideation, Dakota Hopkins e Diana Han (2010). Fonte: www.vimeo.com. 6.24 Ideation, Dakota Hopkins e Diana Han (2010). Fonte: www.vimeo.com. 6.25 Ideation, Dakota Hopkins e Diana Han (2010). Fonte: www.vimeo.com. 6.26 Ideation, Dakota Hopkins e Diana Han (2010). Fonte: www.vimeo.com.. 6.27 Diagramatic Storyboard, Alexander Nevsky (1938). Fonte: www.filmeducation.org. 6.28 The Little House, Bill Peet (1954). Fonte: www.michaelspornanimation.com.

149


BIBLIOGRAFIA AAVV Gioco e giocattolo per lo sviluppo della personalità del bambino, Unicopli, Milano, 1981. Anceschi, Giovanni L’oggetto della raffigurazione, ETAS, Milano, 1992. Appetecchi, Antonella La psicologia infantile, <http://www.psiconline.it/article.php> consultato nell'ottobre 2014. Baule, Giovanni; Bucchetti, Valeria Luisa (a cura di) Anticorpi comunicativi. Progettare per la comunicazione di genere, Franco Angeli, Milano, 2012. Block, Bruce The Visual Story. Creating the Visual Structure of Film, TV and Digital Media, Focal Press, UK, 2008. Krasner, Jon Motion graphics design. Applied history and aesthetics, Elsevier, UK, 2008. Pinardi, Davide Narrare. Dall’Odissea al mondo Ikea, Paginauno, Milano, 2010. Sheffield, Adam Graphic film, a new genre of moving image, Gratuation thesis for Auckland University of Tecnology, 2007. Woolman, Matt Motion Design. Moving graphics for television, music, video, cinema and digital interfaces, Rotovision, UK, 2004. 150




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