Report about the Domus dei Pesci at Ostia Antica archaelogical site

Page 1

Domus dei Pesci (IV, III,3) Relazione

Laboratorio di Restauro Architettonico 2M - Prof. Arch. Antonio Pugliano, Arch. Alessandra di Tommaso, Arch. Gianluca Fiore Studentesse: Serena Mastrobattista, Valentina Merino Vazquez


Indice Introduzione 1. Analisi storica generale 1.1 Ostia antica

4

1.2 Gli scavi 1.2.1 Scavi ad Ostia nell’Ottocento

9

1.2.2 Scavi nel Novecento 1.3 Cronologia relativa alla storia di Ostia e alle fasi di scavo

13

2. Informazioni storiche inerenti il caso di studio 2.1 Le domus tardoantiche

14

2.2 Le case ostiensi

19

2.3 La decorazione marmorea delle domus tardoantiche

23

2.4 La Domus dei Pesci (IV, III, 3) - Descrizione dell’impianto

24

2.5 La Domus dei Pesci (IV, III, 3) - Fasi costruttive

26

2.6 La Domus dei Pesci (IV, III,3) - Sondaggio stratigrafico

29

2.7 La Domus dei Pesci (IV, III, 3) - Cronologia documentaria

34

2.8 La Domus dei Pesci (IV, III, 3) - Rilievo

35

2.9 La Domus dei Pesci (IV, III,3) - Rilievo e datazione delle murature

36

3. Eidotipi

37

4. Documentazione fotografica 4.1 Fotografie della domus subito dopo gli scavi

45

4.2 Fotografie della domus allo stato attuale

46

4.3 Fotografie del plastico di I. Gismondi

60

5. Indice delle Tavole

61

6.Bibliografia

62


Introduzione La progettazione si occuperà della conservazione e della valorizzazione dei caratteri architettonici

della stessa con materiali e tecniche costruttive compatibili con il cantiere storico;

dell’edificio. In questo senso, la Domus dei Pesci sarà inserita all’interno di un percorso di cui faranno

-

Rimessa a piombo dei muri fuori asse;

parte le principali domus tardo antiche:

-

Valorizzazione dello spiazzo antistante il protiro con ripristino della quota del lastricato romano;

-

-

Sistemazione degli impianti

naria, di Amore e Psiche, dei Dioscuri;

-

Individuazione di un percorso di visita che si snodi attraverso i seguenti ambienti:

-

II gruppo: Domus sul Decumano, Casa presso il Serapeo, Domus delle Gorgoni;

a. Protiro;

-

III gruppo: Domus della Caupona del Pavone, del Pozzo, Domus su via degli Augustali.

b.

I gruppo: Domus del Tempio Rotondo, del Protiro, delle Colonne, dei Pesci, della Fortuna Anno-

Ambienti di servizio: ricomposizione didattica del vano adibito a cucina, del forno (D) e della

Nello specifico, gli interventi all’interno della Domus dei Pesci riguarderanno:

cisterna (E);

-

La liberazione dei vari ambienti dalla vegetazione;

c. Vestibolo;

-

Il restauro e la valorizzazione delle pavimentazioni e delle superfici lapidee;

d.

Ambulacro e cortile con eventuale rimessa in funzione delle fontane;

-

Lo smontaggio della copertura del vano H (stanza con pavimento in opus sectile) e rifacimento

e.

Ricomposizione tipologica del tablino (vano N).

Domus del I gruppo Domus del II gruppo Domus del III gruppo


1. Analisi storica generale 1.1 Ostia Antica [...]Silva Maesia Veientibus adempta usque ad mare imperium prolatum et in ore Tiberis Ostia urbs condita, salinae circa factae, egregieque rebus bello gestis aedis lovis feretri amplificata. Tito Livio, Ab Urbe condita 1,33 Tito Livio data la prima espansione di Roma verso la costa tirrenica all’età del quarto re, Anco Marzio, fra il 640 e il 616 a.C. Questi avrebbe fondato la città nell’angolo fra il mare e il Tevere, ma alcuni studiosi non escludono che l’area potesse essere già stata occupata precedentemente dagli etruschi, e dagli stessi romani lungo la sponda destra del fiume, e che si trattasse, più che di una nuova fondazione, di una operazione di fortificazione, di lavori uso porto per le operazioni sia fluviali che marittime, e di adattamento delle saline, forse già esistenti, alla produzione abbondante del sale. Si ebbe in questo modo la fondazione della prima colonia romana: colonia ad Ostia Tiberis. Non è provato che la colonia arcaica si trovasse nella stessa posizione della attuale Ostia antica. Alla fine del IV sec. a.C. la colonia assunse la forma e la funzione di un castrum permanente, con percorsi interni che si incrociavano ad angolo retto

fig.1 - Assetto topografico della fondazione riportato nella pianta di I. Gismondi: nel punto in cui sorge Ostia antica confluivano la via Ostiense e la via Laurentina inoltre nei pressi si trovava una sorgente.

e definivano la scansione degli spazi. L’area per la sua posizione favorevole era stata sempre, anche se occasionalmente, frequentata e quindi presentava una sorta di viabilità “storicizzata” cui si sovrappose in parte il rigido impianto dell’accampamento, spezzando la continuità di alcuni tracciati che rimasero comunque in uso, condizionando, di fatto, i percorsi primari di Ostia nella sua successiva espansione. Di particolare importanza fra i tracciati originari c’erano quello che dalla foce del Tevere si dirigeva verso est (la via Laurentina) e quello con andamento est-ovest che portava al litorale (la via Salaria, dal nome delle saline, poi chiamata Ostiense) ; davanti alla porta occidentale e meridionale i differenti orientamenti delle strade definirono agli incroci aree trapezoidali irregolari, che si mantennero per sempre invariate e destinate all’utilità pubblica. I lati lunghi del castrum, pressoché paralleli al fiume Tevere, misuravano 193,94 m e i lati corti, ortogonali ad essi, misuravano 125,70 m; la città distava dal Tevere e dal mare circa 225 m, anche se non può essere stabilita con certezza la linea del litorale dell’epoca. La colonia per alcuni suoi fattori (la posizione, le fortificazioni di cui è munita, le dimensioni) sembra essere stata realizzata per un atto intenzionale dei Romani, che volevano affermare anche la loro potenza navale, dopo la conquista di Veio (369 a.C.); a questo periodo si può risalire osservando il materiale, il tufo fidenate, con cui sono costruite le mura (in blocchi squadrati), ed i resti di ceramiche ritrovati durante gli fig.2 - Schema della localizzazione del castrum nella pianta di I. Gismondi, sulla destra la Via Ostiense, scavi. Sembra certo che in origine si trattasse di un presidio militare a difesa delle importanti e molto antiche da sud invece la via Laurentina, si osservi come la costruzione del castrum abbia comportato l’interruzione dell’antico tracciato della via Laurentina. saline presenti sulle rive del Tevere, sulle quali evidentemente Roma intendeva mantenere il monopolio,

4


e dello scalo portuale tiberino, l’unico per gli approvvigionamenti e oltretutto in attività crescente per i tratta, secondo Giannini di una fase di espansione in cui prevale la tipologia a domus di tipo italico. sempre più dinamici traffici con la Magna Grecia. Progressivamente si andò definendo anche un nucleo Calza, invece data la fase di espansione all’età Sillana (80 a.C. ca.) che vede la costruzione della nuova commerciale e residenziale di pari passo con l’allargamento delle frontiere: così, dall’originario rettangolo, cinta muraria della città, che si estendeva a est, a sud e a ovest dell’insediamento racchiudendo un’area di entro il quale la popolazione doveva essere assai scarsa, si passò piuttosto celermente ad un insediamento circa 70 ettari, mentre il lato verso il fiume a nord era lasciato senza mura. Le nuove mura comprendevano abitativo non schematico e non condizionato da alcun impianto. Non è comunque da escludere che in

tre porte:

concomitanza con la creazione dell’accampamento fossero sorte al di fuori di esso abitazioni di tipo

1. Porta Romana, verso la via Ostiense;

rurale, poi incorporate nell’inarrestabile trama edilizia. La posizione del castrum permise che la porta 2. Porta Laurentina, lungo il cardine massimo, munita di due torri delle quali si è conservato solo il nucleo; settentrionale fosse anche l’accesso al e dal porto, mentre la via Ostiense assunse il ruolo di asse stradale 3. Porta Marina, lungo il Decumano a ovest verso il mare, fiancheggiata da due torri in opus quadratum. principale. Nel frattempo, il porto fluviale si ingrandì: vennero posizionate nuove banchine di attracco e Le mura sono costruite in opus reticolatum a riseghe. La costruzione della cinta sarebbe probabilmente vennero costruite nuove infrastrutture che regolarizzarono la fascia immediatamente parallela al Tevere.

dovuta al fatto che durante le guerre civili dell’inizio del I sec. a.C., Ostia si schierò con Silla e per

In questa fase, di impianto, Giannini, diversamente da Calza, Becatti e Pavolini, che ipotizzano quattro questo fu saccheggiata dalle truppe di Mario, il cui compito fu semplificato dalla quasi totale mancanza porte poste al centro dei quattro lati, individua tre porte lungo le mura, ciò perché dalla lettura del tessuto di fortificazioni. Quindi, conclusasi la guerra, Silla volle munire la città di un nuovo circuito murario che, non emerge, a suo parere, la sua necessaria esistenza, non essendone stata trovata alcuna traccia. In questa ovviamente, racchiuse tutte le zone urbanizzate assumendo di conseguenza un andamento irregolare, e fase egli ipotizza l’esistenza di due tipi di abitazioni: le domus o case a recinto, e delle corticelle militari.

che, in previsione di una nuova espansione, venne costruito ad abundantiam. Questa ipotesi è basata sul

In una seconda fase, che poteva aversi pressapoco nel periodo delle guerre puniche, il polo portuale sul fatto che sono stati rinvenuti tra i resti di Ostia alcuni monumenti di età sillana di là dal castrum verso Tevere viene incentivato, e la lottizzazione a domus si estende anche fuori dalle mura del castrum. Si ovest, cioè verso il mare; ciò dimostra che l’ampliamento della città non si verificò solo verso l’entroterra

fig.4 - Ipotesi ricostruttiva dell’assetto della porta romana dopo l’età domizianea elaborata da I. Gismondi

fig.3 - Vista delle mura del catrum in tufo

5


ad est, cioè verso Roma, ma interessò anche la zona litoranea, sotto la spinta della consistente pressione demografica che stava portando al totale intasamento degli isolati esistenti. Tuttavia, studi più recenti hanno dimostrato che la costruzione della nuova cinta muraria risale in realtà al 63 a.C., quando Cicerone era console. La regolarità di alcuni cippi in travertino su cui si conserva un’arcaica iscrizione (CIL XIV 4702 = I2 2516) del Pretore Caninio del II o del principio del I sec. a.C. e contenente l’aggiudicazione al demanio dello Stato della zona tra il decumano e il Tevere (la zona, cioè, venne interdetta alle costruzioni private) assicura che anche l’espansione di Ostia non è avvenuta a caso, ma è il risultato di una pianificazione urbana ben precisa, tendente a posizionare edifici pubblici e privati in tutta la zona limitrofa al fiume. E’ probabile che le antiche mura del castrum abbiano continuato a difendere la città ormai ingrandita ancora per tutto il II secolo, ma è certo che esse servirono in parte da appoggio per piccoli locali commerciali o, ancora, vennero sfondate in alcune zone sviluppando un diverso sistema di circolazione. In epoca augustea si cominciò a dare unità all’insieme delle costruzioni realizzando un foro proprio all’incrocio delle originarie arterie principali stabilite dall’impianto del castrum, che diede nuovo prestigio al centro città che da tempo aveva perso le sue caratteristiche; nella zona proibita all’iniziativa privata, venne costruito il complesso del teatro e del retrostante piazzale porticato, in modo che, nelle aree immediatamente adiacenti, venissero riqualificati gli edifici vecchi e ne venissero costruiti di nuovi

fig.5 - Veduta del Foro

conformi alla nuova identità di quello spazio. La fascia verso il Tevere era riservata per lo più alle attrezzature portuali e commerciali. Inoltre sembra di poter individuare, nella trama cittadina di alcune zone, impianti di lotti di forma quadrangolare (in genere 60-80 m di lato) attestati sulle vie più importanti e suddivisi in strisce di circa 15 m di larghezza e di profondità variabile, forse destinati a domus di dimensioni standard, cioè di tipo medio; in alcuni casi le strisce centrali vennero utilizzate per sviluppare viabilità secondarie o interne. Le domus ostiensi non subirono rilevanti trasformazioni morfologiche fra la tarda repubblica e il primo secolo dell’impero. Molto diffuso era poi il tipo edilizio dell’insula, una casa pluriplano ad appartamenti singoli. Segue dunque una fase di pianificazione che si svolge durante il primo impero, quando la città assume un carattere urbanistico proprio, imposto sia dalla sua accresciuta importanza come città portuale e commerciale, sia dalle nuove tecniche di pianificazione che a Roma furono applicate solo parzialmente dopo l’incendio neroniano. Ad Ostia inoltre mancava un vero e proprio porto che fosse in grado di ricevere le grandi navi cariche, e già Cesare aveva pensato alla costruzione di un porto nei pressi di Ostia, ma si dovette aspettare l’impero di Claudio per vederlo realizzato nonostante le effettive difficoltà di realizzazione, economiche e pratiche.

fig.6 - Ipotesi ricostruttiva del teatro di Ostia elaborata da I. Gismondi

6


Contrariamente a quanto ci si poteva aspettare, il decollo del nuovo polo commerciale non solo non tolse Contemporaneamente, in città, a causa della forte pressione demografica, c’era bisogno di nuove abitazioni, importanza al vecchio porto tiberino, che continuò a funzionare e fu oggetto di diversi ampliamenti, ma di infrastrutture, di botteghe, di alberghi, di locande, di officine e di uffici per accogliere gli ospiti. addirittura diede avvio alla sostanziale trasformazione dell’antico centro da mercantile a residenziale; il Vennero così ristrutturate le vecchie domus, fermo restando lo schema compositivo tradizionale, e lungo progetto di Porto non prevedeva l’insediamento abitativo se non limitatamente agli addetti alle dogane le strade principali, in particolare sull’arteria est-ovest (il decumano), ne vennero costruite di nuove. e ai magazzini, quindi era inevitabile che l’incremento demografico conseguente all’organizzazione e al Nell’uno come nell’altro caso, il pianterreno era occupato dalla taberna, del tutto svincolata funzionalmente funzionamento dell’enorme macchinario si riversasse su Ostia. Nel periodo fra Claudio e Nerone vennero dall’abitazione interna e perciò versatile e facilmente affittabile; in genere la vocazione di questi vani era apportate numerose modifiche alla città costruendo l’impianto degli acquedotti con la relativa rete idrica commerciale, ma non di rado il loro uso era misto (officina/bottega-abitazione o solo abitazione). Le e i magazzini annonari sia pubblici che privati. Le strade, molto ampie che avevano un andamento tabernae, che costituiscono un’untà residenziale minima, potevano essere ad una fila di stanze semplici generalmente rettilineo e sulle quali si affacciavano portici e tettoie sporgenti, di conseguenza, vennero (larghe ca. 5 m. e profonde fra 5 e 10 m.), oppure a fila semplice di stanze doppie, ossia con retro. Esse trasformate sia perché il tracciato e la manutenzione dell’acquedotto imponevano regolamenti ben precisi, sono costituite da una cella chiusa su tre lati il cui lato aperto è rivolto verso uno spazio comune, sul quale sia perché dovevano essere svolte senza intralcio le operazioni di carico e scarico. Ostia richiamava anche si aprono tutte le tabernae aggregate a formare strutture lineari, seriali, aperte o chiuse. Esse dispongono molti affaristi, commercianti, imprenditori che vi si recavano occasionalmente, ed era anche centro di quasi sempre di un mezzanino e si tratta di vani voltati a botte. villeggiatura estiva: la spiaggia ostiense, infatti, attraeva per la sua vicinanza all’Urbe e per la bellezza del Vennero inoltre costruiti molti mitrei, edifici termali pubblici, diversi templi (anche se ne rimanevano paesaggio. Sul litorale si estendeva una linea ininterrotta di ville, tanto che il tratto che andava da Ostia alcuni di età repubblicana) oltre a vari sacelli e due santuari (uno dedicato alla Bona Dea, l’altro alla a Lavinium sembrava una città; queste notizie sono desunte da Plinio, il quale ha lasciato una minuta Magna Mater), numerosi horrea, magazzini di derrate agricole, edifici pubblici di carattere sontuoso, cui descrizione della sua villa Laurentina, dai frequenti soggiorni dell’imperatore Claudio o dalle visite di si devono aggiungere piazze, portici e fori minori oltre che numerose opere d’arte e suppellettili minori. Marco Aurelio.

Un altro pericoloso problema da affrontare era quello relativo agli incendi che potevano divampare

fig.7 - Veduta di Porto, Musei Vaticani

fig.8 - Karl Friedrich Schinkel, Ipotesi riscotruttiva della villa Laurentina di Plinio

7


facilmente e propagarsi da una casa all’altra, dal momento che diverse parti delle costruzioni erano ancora del Foro venne abbellita e allungata verso il Tevere per far posto al Capitolium; tutto il settore adiacente al in legno. I roghi spesso interessavano anche i magazzini annonari che contenevano anche e soprattutto fiume, destinato, come sempre, agli horrea e agli edifici pubblici, fu ulteriormente ampliato e ridisegnato gli approvvigionamenti di Roma; per questo, quando furono costruiti i nuovi horrea in muratura, fra gli in base a criteri di ortogonalità; ogni settore urbano fu dotato di un impianto termale, inteso come impianto espedienti antifuoco venne reso obbligatorio il raddoppiamento delle pareti perimetrali per quelli vicino o polivalente. Per il suo cosmopolitismo, Ostia accolse senza problemi parecchi culti di provenienza dentro l’abitato, come ricorda Tacito negli Annales (Liber XV, 43): Ceterum urbis quae domui supererant provinciale ed orientale, che convivevano con quelli tradizionali; ne sono testimonianza i molti mitrei non, ut post Gallica incendia, nulla distinctione nec passim erecta, sed dimensis vicorum ordinibus et ltis (diffusi a partire dal II sec.) o i resti di edifici ebraici e cristiani come basiliche ed oratori. viarum spatiis cohibitaque aedificiorum altitudine ac patefactis areis additisque porticibus, que frontem La fase successiva, a partire dalla fine del regno degli Antonini, è caratterizzata da un periodo di decadenza, insularum protegerent. [...] nec communione pareitum, sed propriis quaeque muris ambirentur [...]

l’abitato non si estese ulteriormente, ma si sviluppò la tendenza a moltiplicare le case nelle zone del centro

Durante il regno di Domiziano si diede avvio ad un nuovo piano regolatore che prevedeva: lo sviluppo già edificate, o con sopraelevazioni o con l’aggiunta di costruzioni di fattura sempre più scadente, di forme programmatico di un’edilizia intensiva; la regolarizzazione delle maglie stradali e la valorizzazione della e dimensioni varie, che ostruivano la sede stradale. Per questi motivi, spesso le vecchie strade, ormai viabilità principale; l’innalzamento di quota di tutta l’area urbana, forse per problemi statici del terreno assorbite dai nuovi isolati derivanti dall’accorpamento di più insulae, finirono per diventare dei passaggi poco coerente causati dalla costruzione dei nuovi edifici che arrivavano anche ai quattro piani, o forse coperti (viae tectae) che mutarono sensibilmente l’aspetto della città. I Severi realizzarono una nuova per il continuo innalzamento della falda acquifera che avrebbe altrimenti danneggiato le abitazioni e i via litoranea di collegamento fra Porto e i centri del meridione, ma non poterono progettare interventi magazzini annonari. In particolare, da sondaggi effettuati in varie aree, risulta che venne stabilito un di spicco, in quanto costretti a provvedere per lo più a riparare i molti guasti dovuti al tempo, dall’uso, livello di spiccato un metro mediamente più alto di quello originario, al quale si dovettero adeguare le dall’incuria e dai terremoti avvenuti in più riprese; in questi casi si preferì non recuperare alcune costruzioni nuove costruzioni e, presumibilmente, anche quelle preesistenti, con conseguente ritocco dei fronti stradali; di zone non centrali, evidentemente troppo danneggiate, le cui strutture residue furono impiegate come tuttavia, a giudicare dal piano di spiccato ancora più alto di edifici costruiti appena cinquanta anni dopo, stalle o laboratori, e ci si rivolse alla risistemazione di edifici più prossimi all’area mercantile e al Foro. in età adrianeo - antonina, sembra che l’espediente domizianeo non fosse stato risolutivo, oppure che

Il declino era ormai nell’aria e fu sancito nel 314 quando Costantino promosse Porto da Portus Ostiae a

nella dinamica progettuale si operasse per aree, di volta in volta tenendo presente le possibili variazioni Portus Romae (da quel momento fu Civita Flavia Costantiniana Portuensis) e ne riconobbe l’autonomia del terreno sia naturali, sia create dagli edifici esistenti: spesso costruzioni quasi contemporanee che si amministrativa affrancandola da Ostia, che, improvvisamente, si ritrovò sbalzata ai margini della vita fronteggiano hanno ingressi posti a quote differenti e quelle più moderne hanno addirittura le fondazioni politica ed economica dello Stato. La rarefazione del traffico mercantile rese più che sufficienti i magazzini scoperte e scale o marciapiedi di raccordo con il piano stradale.

ostiensi, destinati ormai unicamente all’approvvigionamento cittadino; il consistente il consistente calo

Traiano fece anche costruire nuovi bacini d’acqua e altre infrastrutture a Porto, il che, come in epoca delle presenze occasionali fu ben presto seguito dalla contrazione di quelle stabili. Per tutto il IV sec. e claudiana, ebbe come effetto un ulteriore incremento demografico cui seguì, inevitabilmente, una nuova fino agli inizi del V, l’amministrazione locale decise di mantenere in decorosa efficienza gli acquedotti e espansione edilizia, soprattutto ad ovest. Per quanto relativamente breve il periodo che vide regnare gli edifici pubblici principali, specialmente quelli sulle vie d’accesso; la maggior parte della popolazione Traiano, Adriano ed Antonino Pio fu il più vitale e decisivo per la città; in particolare, la fisionomia ultima ancora residente si spostò nei quartieri centrali e molte costruzioni vennero dismesse o utilizzate in altro di Ostia venne delineata e fissata da Adriano, sotto il cui impero tutta la città venne trasformata in maniera modo. Alcuni personaggi di ricchezza recente vollero reintrodurre nel panorama edilizio il tipo della domus radicale con interventi di diversa natura: vennero riallineate le fronti degli edifici già esistenti (perlomeno riveduto e modificato secondo le esigenze dell’epoca; a questo scopo vennero utilizzati i piani terreni di sulle vie principali) o con l’aggiunta di portici e/o con l’unificazione delle facciate; venne generalizzata case preesistenti particolarmente ampi o più idonee di altre alle necessarie ristrutturazioni. La crescente l’insula come abitazione-tipo. L’insula adrianea, a seconda delle dimensioni e del grado di signorilità, pressione di barbari non determinò una fortificazione di Ostia, al contrario di Porto che venne munita di poteva avere uno o più appartamenti per piano, illuminati da numerose finestre, funzionali, provvisti di un nuovo sistema di mura: questo fa supporre che, in caso di pericolo, la popolazione si rifugiasse nelle cucine e , in molti casi, di singoli servizi igienici, quasi sempre con un cortile o un giardino condominiale campagne circostanti o che chiedesse riparo nella città vicina; anche se non sono state rinvenute tracce di centrale, da utilizzare in vario modo ma concepito come ulteriore fonte di luce per i locali interni. L’area saccheggi, è poco probabile che gli invasori abbiano sempre trascurato l’abitato ancora vivace di Ostia,

8


che oltretutto si trovava in una buona posizione geografica rispetto al loro obiettivo costante, ovvero del sepolcro di Sant’Aurea; da questo momento la storia della città romana si concluse e iniziò quella del il porto commerciale. Dalla metà del V sec. fino al VII Ostia cadde nel degrado, fino all’annullamento borgo altomedievale che tuttavia non raggiunse mai una qualsivoglia importanza storica o strategica. e alla sparizione del nome, dal momento che, dopo l’invasione di Roma da parte dei Visigoti, la città rimase isolata ed ignorata dal governo centrale; infine, poiché il Tevere non era più navigabile a causa del progressivo insabbiamento della foce, il vecchio porto fluviale non ebbe più ragione di esistere; dell’abitato sopravvivevano ormai solo due nuclei distinti: uno litoraneo, sviluppatosi lungo il corso della

1.2 Gli scavi 1.2.1 Scavi ad Ostia nell’Ottocento

via Severiana e composto da alcune ville marittime, e quello urbano delle dimensioni di un villaggio e circoscritto all’area del Foro. Entrambi resistettero fino all’arrivo dei Saraceni. L’incuria aveva messo Fra l'ottobre del 1801 e novembre del 1805 il Papa Pio VII promosse una campagna di scavo a Ostia antica. fuori uso l’acquedotto, per cui furono scavati alcuni pozzi ove possibile e ciò provocò il crollo di alcuni La cosiddetta Grande Escavazione fu ideata da Carlo Fea, direttore generale per le antichità, e condotta edifici e l’innalzamento irregolare, e spesso considerevole, del piano di calpestio.

da Giuseppe Petrini. Gli scavi si svolsero nell'area attorno al Capitolium e nell'Insula del Larario (I,IX),

L’antica città era scomparsa sepolta dai detriti e dalla vegetazione, anche se non si può escludere che, in Caseggiato del Termopolio (I,II), Tempio Rotondo (I,IX,1), Basilica (I,XI,5), Caseggiato dei Triclini periodi successivi, qualcuno possa aver vissuto nell’area. Dopo l’invasione saracena, i pochi abitatanti si

(I,XII,1), Terme del Foro (I,XII,6) e in una parte dell'Insula dell'Invidioso (V,V). La prima planimetria di

trasferirono definitivamente verso l’interno, nel piccolo agglomerato di origine cristiana sorto nei pressi Ostia risale a questo periodo e fu elaborata da Pietro Holl.

«1. Antica strada fiancheggiata da portici - Cardo Massimo 2. Ruderi di antiche fabriche sul Tevere 3. Edificio quadrilatero con portici - Capitolium 4. Portico laterale al Sud-ovest Edificio - Foro 5. Fabrica circolare con peristilio - Tempio Rotondo 6. Avanzi di Terme - Terme del Foro 7. Strada lastricata di selci - Decumano Massimo 8. Anfiteatro - Teatro 9. Altre fabriche laterali all'edificio n. 3 - Caseggiato del Termopolio 10. Rovine di fabriche incerte 11. Altre rovine di fabriche da scavarsi»

9


Fra il 1824 e il 1829 furono attivi nell'area Pietro e Felice Cartoni che trovarono i bagni posti a nord della Domus di Apuleio (II, VIII, 5). Questi furono reinterrati e da allora non sono più stati scavati. Fra il 1831 e il 1834 il marchese Pietro Campana ha lavorato ad Ostia alle dipendenze del vescovo Bartolomeo Pacca. Egli condusse le indagini prevalentemente in «que' luoghi del circondario ostiense che sembrar potevano men devastati in ispecie da' recenti scavatori». Si scavò dunque nei dintorni dell'antica città dove si pensava che vi fossero dei sepolcri. In seguito si scavò anche nella città vera e propria, passando in seguito a cercare edifici suburbani «spettanti senza meno a ville di delizia che i contorni abbellivano di queste già fiorentissime spiagge». Nonostante gli scavi fossero diretti principalmente al ritrovamento di oggetti antichi, di alcuni dei sepolcri ritrovati Campana fece disegnare le piante. Per quanto riguarda gli scavi nel centro di Ostia si fecero nuove scoperte riguardanti la posizione di «nobili fabbricati di pubblico e privato uso», inoltre si arricchì la pianta della città attraverso la riscoperta di edifici meno conosciuti. Si attuò la liberazione del Capitolium «dagli interrimenti e dalle rovine prodotte per le ingiurie degli anni e forse più per quelle degli uomini». Si scoprirono durante gli scavi numerose strade delle quali si ignorava l'esistenza o non si conosceva abbastanza il tracciato. Lugi Canina elaborò la pianta fig.8 - Individuazione delle aree scavate nella pianta di I. Gismondi

di Ostia Antica indicando i nuovi ritrovamenti.

fig.9 - Pianta ricostruttiva di un edificio rinvenuto durante gli scavi, Pierre Adrien Paris, China e Matita, Tmpaio Rotondo (I, IX, 1). Durante gli scavi i pensionnaires si occuparono di studiare gli edifici rinvenuti e di elaborare delle ipotesi ricostruttive.

10


A. Fortezza di Ostia moderna edificata con buona architettura dal Sangallo sotto il pontificato di Sisto IV B. Chiesa di San Sebastiano C. Avanzi dei fabbricati che componevano la città edificata nel tempo della Repubblica Romana D. Teatro Ostiense, del quale ora rimangono solo pochi resti delle arcuazioni che sostenevano i gradi della Cavea, con alcune traccie della sua forma semicircolare. E. Resti di bagni scoperti e distrutti in questi ultimi anni. F. Avanzi di un grande fabbricato destinato probabilmente all'uso di terme. G. Tempio principale della città. H. Peristilio quadrato con una sala di forma mistilinea scoperto nel principio di questo secolo - Tempio Rotondo I. Grande porticato con camere annesse che serviva evidentemente agli usi dei commercianti. L. Grandi edifizi che servivano evidentemente ad uso di magazzini o granari. M. Altri fabbricati disposti in modo consimile dei descritti, di cui avanzano peraltro pochissimi resti. N. Grande piazza situata nella estremità inferiore della Città la quale serviva evidentemente per scaricare le merci. O. Diversi monumenti sepolcrali scoperti nel principio di questo secolo. P. Resti di antico fabbricato denominato comunemente Porta Marina.

fig.10 - Luigi Canina, Pianta di Ostia «Sono delineate in questa tavola le fabbriche principali che componevano l’antica Ostia, e sono supposte nel loro intiero stato, secondo la più probabile disposizione che presentano le rovine superstite. Ivi pure il corso del fiume si trova tracciato nel luogo ove si conosce dalla località aver percorso nei tempi antichi; ed il corso che tiene attualmente, prima di giungere ad incontrare le rovine di Ostia, è indicato con linee punteggiate»

11


«Le rovine dell'antica [Ostia] sorgono un mezzo miglio e più oltre [Ostia Moderna], e si riconoscono a tanti tumuli, o collinette, talvolta coperte di cespugli, di bronchi,e di arbusti, talvolta sormontate da ruderi informi, frai quali torneggia la cella quadrata di magnifico tempio. Esse si estendono dalla chiesa di San Sebastiano alla torre detta Bovacciana per un tratto di circa un miglio ed un quarto di lunghezza: e dal fiume così detta Torretta per poco meno di un miglio di larghezza. Non tutte però appartengono alla città propriamente detta, essendosi negli anni scorsi trovato un colombaio fra il teatro ed Ostia moderna, molto dappresso alla chiesa citata di S. Sebastiano. Dalla disposizione visibile della rovine, [...] risulta che la città aprivasi in una specie di semicircolo intorno al Tevere presso al cubito, che questo fiumi ivi forma in un angolo fra questo e il mare. [...] Di là da Tor Bovacciana, e dai ruderi della così detta Porta Marina, verso il mare non rimangono traccie di fabbriche; anzi può con sicurezza riconoscersi ivi il limite dell'antica spiaggia, che oggi per chi siegue la ripa del Tevere si è prolungatadi ben due miglia per i depositi accumulati dal fiume, che ha ivi distesa una specie di lingua.[...] Benché non rimangano avanzi riconosciute delle mura ostiensi, sulla loro esistenza non può cader dubbio, sì per l'uso costante de' Romani nel fondar le colonie, che per la importante posizione di questa: inoltre espressa menzione sen fa negli atti de' Martiri ad Ostia Tyberina [...], e da questi risulta che esistevano ancora nel secolo III, come, che fossero nel secolo IV smantellate, si trae dal passo di Procopio riferito nella storia». Il Nibby nel suo viaggio antiquario descrive dettagliatamente le rovine di Ostia, proseguendo da Porta Romana lungo il decumano massimo.

Altre campagne di scavo furono portate avanti nel 1855 sotto l'auspicio del papa Pio IX. Essi durarono fino al 1870, anno in cui si conclude il governo pontificio, e furono condotti da Pietro Ercole e Carlo Ludovico Visconti. Anche durante questi scavi fu prestata grande attenzione a iscrizioni, statue, mosaici e oggetti che furono portati al Vaticano e ai musei Lateranensi. Furono prelevati anche marmi e graniti da utilizzare come materiali da costruzione. La loro attività si svolse prevalentemente nel Campus della Magna Mater (IV, I), nelle necropoli di Porta Latina e Porta Romana e al Caseggiato dei Molini. Il Casone del sale è stato in parte ricostruito tra il 1865 e il 1868 per essere utilizzato come museo, ma ha assunto questa funzione solo nel 1934.

Ai tempi degli scavi condotti da Visconti l'area dell'antica città era coltivata a grano e vi dovevano essere anche piantagioni di cotone perché egli scrive «Prego l'E.V. di far presente al S. Padre che il cotone nel quale sono involti alcuni oggetti, è stato quest'anno stesso (1864) raccolto in Ostia dove alligna e prospera felicemente». Vi erano inoltre piantagioni di alberi fruttiferi, albucci, mori, gelsi, specialmente nella zona degli stagni che furono prosciugati nel 1859. La coltivazione del terreno e gli edifici nuovi impedivano il libero svolgimento degli scavi non essendo ancora stati espropriati. L'idea di espropriare i terreni arriva solo nel 1864. Per quanto il Visconti srciva e riscriva che «l'espropriazione è il solo mezzo per conseguire facilmente e perennemente lo scopo di conservazione e di ricerche delle rovine» le pratiche si trascinano a lungo senza che l'espropriazione abbia luogo. «La parte da espropriarsi sarebbe dall'antica porta della città [Porta Romana] comprendento la via che ad essa conduce, [Via dei Sepolcri] sino alle terme marittime [Palazzo Imperiale] area non grande nella quale è però incluso il tempio di Giove [di Vulcano], il teatro, il foro, l'Iseo, il Serapeo, il circo; e forse il tempio di Vulcano [?] di Marte [?] e quello del Sole; oltre una parte dello scalo sul fiume e molte nobili case». Molti dei mnumenti citati da Visconti, ai tempi degli scavi di Calza risultavano essere stati nuovamente interrati.

12


1.3 Cronologia relativa alle fasi di scavo Data

Descrizione

Riferimenti

Ottobre 1801 - Novembre 1805

Grande Escavazione di Papa Pio VII, ideata da Carlo Fea e condotta da Petrini

Meedelingen van het Nederlands Instituut te Rome, deel 58, pag 9

Dicembre 1855 - Giugno 1870

Scavi condotti da Pietro Ercole Visconti, sotto la spinta di Pio IX

Meedelingen van het Nederlands Instituut te Rome, deel 58, pag 9

1870

Da quest’anno gli scavi continuano sotto la guida di Pietro Rosa e Rodolfo Lanciani

1878

Il 2 gennaio inizia una nuova campagna di scavi. Esplorazione dell’isolato circoscritto dalla grande via di Vulcano, dalla via del Foro, dalla Via di Aquilina o delle pistrine e dal Nuovo Museo. La stagione si è conclusa il 30 aprile

Notizie degli scavi di antichità 1878

1880

Scavi nel teatro (Lanciani)

Notizie degli scavi di antichità 1880

1881

Scavi nel teatro, al tempio e nel foro (Lanciani)

Notizie degli scavi di antichità 1881

1882

Ritrovamento delle Scholae dietro al Teatro

Notizie degli scavi di antichità 1906 n.12

Dicembre 1885

Rinvenimento di un rettangolo di opera quadrata e massi di tufo

Notizie degli scavi di antichità 1885

30 Novembre 1885- 8 Maggio 1886

Lo scopo dello scavo era congiungere il Teatro con il tempio di Vulcano, si rivengono una Domus con mitreo annesso, quattro tempietti, uno stabilimento industriale, una piazza e una strada e una piscina pubblica (?)

Notizie degli scavi di antichità 1886

1888

Riprendono gli scavi nella zona tra la piazza del teatro e il tempio di Matidia. Si riconoscono due edifici: un edificio termale e la Statio Vigilum

Notizie degli scavi di antichità 1888

1906

Si rimettono in luce le Scholae dietro al Teatro e il mitreo del palazzo imperiale

Notizie degli scavi di antichità 1906 n.12

1907 - 1913

Dante Vaglieri è il Direttore degli Scavi

1907

Sterri in via delle Fontane, viene elaborata una pianta delle stanze trovate

Notizie degli scavi di antichità 1907, n.4

1914-1942

Guido Calza è direttore degli scavi

Archeologia al femminile, Laura Nicotra, pag 126

1916

Scavi nell’isola compresa tra l’area sacra del tempio di Vulcano, il decumano, la via della casa di Diana e la via normale a quest’ultima e al Decumano

Notizie degli Scavi di Antichità 1916

1918

Scavo a Ponente della Porta Romana sul lato settentrionale del Decumano

Notizie degli Scavi di Antichità 1918

1919

Scavo dell’area a occidente del Tempio di Vulcano, e della zona posta a settentrione della porta Romana

Notizie degli Scavi di Antichità 1920

1938-1942

Scavi condotti da Guido Calza

13


2. Informazioni storiche inerenti il caso di studio 2.1 Le domus tardoantiche In età tetrarchico–costantiniana, si assiste ad un progressivo adeguamento tipologico delle dimore di prestigio a morfologie costanti, che in parte attingono alla tradizione precedente, ma che risentono, in maniera sostanziale, della necessità di utilizzare un linguaggio architettonico e decorativo di per sé identificativo dello status dei proprietari; si tratta di un’esigenza evidente non solo nei settori di rappresentanza degli edifici, ma anche nella stessa concezione gerarchica che regola il rapporto fra gli ambienti. Pur riscontrandosi con numerose varianti dipendenti dalla tradizione architettonica locale, dai mezzi economici investiti nelle costruzioni e dalla loro estensione, alla fine del III secolo la casa privata di alto livello presenta elementi tipologici comuni nei diversi centri dell’impero, mostrando anche sotto questo aspetto il pieno inserimento delle aristocrazie locali nelle strutture politico-ideologiche del mondo romano. Inserite generalmente in un tessuto urbano regolare, le domus di questo periodo sono articolate attorno ad un peristilio e ad un cortile accessibile da un ampio vestibolo. Il settore d’ingresso comprende, di solito, un ambiente con i tradizionali sedili per i clientes lungo le pareti e con uno o più vani laterali per funzioni di servizio, probabilmente anche di sorveglianza, per l’ingresso principale. Il cortile, a peristilio completo o parziale, è spesso decorato da ninfei e fontane, la cui disposizione risulta condizionata dall’ubicazione delle stanze di rappresentanza, alle quali, in genere, faceva da sfondo: la corte, infatti, comunica sia con il settore di accesso che con l’ambiente di rappresentanza principale, su un percorso che può essere assiale o ad andamento spezzato. Nelle case più semplici questo vano principale risulta unico e, di conseguenza, veniva utilizzato sia come triclinio, sia come sala di ricevimento; negli edifici di maggiore impegno, invece, le sale di rappresentanza appaiono ripetute e distinte per funzioni ed occasioni d’uso. Tali sale sono prevalentemente a pianta quadrangolare, con ingresso semplice o distilo, ma già in questo periodo cominciano a diffondersi, anche nelle case private, stanze absidate e a pianta mistilinea, a volte riscaldate con ipocausto. Sulla corte centrale si affacciano altri ambienti con funzioni eterogenee, tra i quali i cubicola per il riposo; mentre in età imperiale questi ambienti erano riconoscibili sulla base della decorazione pavimentale, che segnalava la posizione dei letti, in seguito l’assenza di questo elemento rende difficile una loro distinzione rispetto ai vani con altre funzioni. L’uso di terme private, anche in questo periodo è limitato ai ceti elevati, ma spesso risultano ancora funzionanti gli impianti pubblici, almeno nei grandi centri. L’analisi della documentazione permette di studiare alcuni elementi fondamentali della casa urbana di età tardoantica e il primo aspetto importante riguarda il rapporto fra forme architettoniche e funzionali sulla base dei dati disponibili, sia archeologici che letterari.

1.

Vani d’ingresso: come nella casa di età imperiale, il settore d’ingresso della casa riveste un ruolo

fondamentale nella caratterizzazione del livello sociale dei proprietari: si tratta, infatti, della zona più frequentata dai visitatori esterni e, di conseguenza, insieme agli ambienti di rappresentanza, una delle più ricche di motivi ornamentali, facendo riferimento a modelli espressivi consapevolmente prescelti. Il percorso all’interno delle dimore di alto livello erano predefiniti, a partire dallo spazio antistante l’edificio e attraverso i vani di ingresso principali, secondo tragitti spesso sottolineati da una cura particolare nella decorazione parietale e pavimentale; tuttavia, questi percorsi non corrispondono semplicemente a necessità di carattere funzionale, ma sottolineano la successione gerarchica degli ambienti della casa, in un crescendo che culmina nel nucleo rappresentativo, comprendente una o più sale di ricevimento. Gi elementi monumentali distinguevano l’ingresso principale anche rispetto ai vani d’ingresso secondari. Nel V e VI secolo i vani d’ingresso non presentano caratteristiche planimetriche o decorative fisse e sono generalmente piuttosto semplici: la pianta è prevalentemente quadrangolare, a volte con sedili lungo le pareti per i clientes, spesso in collegamento con vani laterali di dimensioni ridotte, che, in alcuni casi, fungevano da alloggio per il custode addetto alla sorveglianza dell’entrata. Qualora il vano d’ingresso non era provvisto di sedili, è probabile che il luogo di attesa per i clientes fosse spostato in altre stanze più interne alla casa, come nel vestibolo dell’ambiente di rappresentanza. In alcune situazioni è possibile riscontrare l’uso di far precedere la facciata degli edifici da portici, come nella Domus sul Decumano ad Ostia, creando così una distanza e, allo stesso tempo, un riparo tra la fronte e l’asse viario antistante.

2.

Atrio: una dei fenomeni che contraddistingue la casa tardoantica è la progressiva scomparsa

dell’atrio di tradizione italica, elemento di collegamento tra le fauces e il tablinum: tale mutamento deriva dall’assimilazione dei modelli ellenistici di tradizione dinastica (Egitto, Pergamo, Macedonia), recepiti soprattutto dall’alta aristocrazia romana.

3.

Corte a peristilio: la casa a peristilio deriva dalla tradizione greca e, non a caso, prevale in

antitesi con il modello ad atrio, che non viene più adottato negli edifici di nuova costruzione, né in quelli ristrutturati. Già nel I secolo si attestano soluzioni che procedono in questa direzione, basti pensare alla Domus Tiberiana o alla Domus Flavia/Augustana, prive di atri, ma dotate di peristili. Nella dimora a peristilio di tradizione greca, che aveva trovato espressione soprattutto nei palazzi ellenistici, la corte è l’elemento aggregante dell’intero complesso, occupando un’area in genere molto vasta rispetto al resto della casa. La sua funzione era quella di creare un settore di smistamento dai vani d’ingresso verso le

14


altre parti dell’edificio, dando loro luce ed offrendo uno sfondo prospettico alle sale di rappresentanza. talvolta, alla tradizione planimetrica del triclinio di età imperiale e, in altri casi, a quella dell’aula basilicale L’impatto decorativo era accresciuto dalla presenza di fontane e ninfei connessi, come i pozzi, anche a di ricevimento dei palatia tetrarchici. Nel primo caso vengono adottati impianti rettangolari, trilobati o necessità di tipo funzionale, e dalla decorazione pavimentale a mosaico dei portici, inseriti a loro volta nel

polilobati, mentre nel secondo caso vengono preferiti i vani absidati. In genere, l’orientamento di questi

sistema privilegiato dei percorsi della domus. In edifici molto complessi le corti venivano moltiplicate e ambienti non sembra seguire una regola costante, nonostante i richiami della trattatistica tradizionale alla costituivano, insieme agli ambienti gravitanti attorno a ciascuna di esse, veri e propri quartieri accostati e necessità di conciliare la disposizione planimetrica con situazioni climatiche specifiche; risulta costante, definiti da scopi diversi. Anche la struttura a peristilio, nelle fasi cronologiche più recenti, mostra comunque invece, il rapporto di contiguità con la corte e, attraverso questa, una diretta comunicazione con il settore un decadimento e una trasformazione, evidenti soprattutto nell’uso di nuovi impianti planimetrici e di d’ingresso della casa. Quando il vano di rappresentanza si trova in un’ala laterale dell’edificio, si tratta nuove dimensioni, che condizionano in maniera rilevante il funzionamento stesso delle abitazioni.

quasi sempre di un’aggiunta all’impianto originario. Nella casa di prestigio dei ceti abbienti urbani di età tardoantica le funzioni del triclinio e dell’ambiente di ricevimento vengono spesso assunte da una sola

4.

Fontane e Ninfei: possono essere di varia natura: pubblici (situati prevalentemente sugli assi

stanza, che ne acquista anche le caratteristiche planimetriche e decorative, con un’amplificazione delle

principali o ai loro incroci, che denotano intenzioni monumentali e che si affermano maggiormente dimensioni e dell’allestimento architettonico. tra il II ed il IV secolo), promiscui (compresi negli edifici a destinazione pubblica, si distinguono dagli altri per essere pensati in funzione degli spazi che dovevano servire) oppure privati (servivano come

6.

Ambienti quadrangolari: nelle domus, la maggioranza delle stanze ha un impianto rettangolare o

ornamento alle domus ed in particolare al giardino o al peristilio, svolgendo una funzione importante nella quadrato, senza conservare elementi tipologici o decorativi di rilievo tali da permettere un’identificazione distribuzione degli ambienti della casa e nella scelta delle visuali da privilegiare. Ad Ostia, le vasche e della destinazione d’uso. Uno degli ambienti più difficilmente riconoscibili è il cubiculum, che in età gli ambienti dei ninfei sono rivestite sia sul pavimento, sia sulle pareti, di lastre rettangolari o composte tardoantica non presenta quasi mai tracce di della pedana rialzata, sulla quale era spesso sistemato il di frammenti giustapposti; di preferenza sono utilizzati marmi bianchi o le varietà grigie e/o venate degli letto, o una netta distinzione nella decorazione pavimentale. Sulla base della documentazione disponibile, stessi, quali il proconnesio, il lunense e il bardiglio di Luni, ma sono anche attestati il pentelico, il marmo

sembra poter riconoscere i cubicola nelle stanze che si affacciavano sulla corte a peristilio, a volte

bianco di Docimium e la varietà dolomitica del marmo tasio proveniente dal distretto di Vathy-Saliara. con l’intermediazione di un vestibolo di piccole dimensioni. Nelle case più ampie, con vani articolati Per l’incorniciatura delle specchiature, composte da più lastre che rivestono le pareti, gli zoccoli delle attorno a più di una corte e quindi con una netta distinzione fra ambienti privati e pubblici, le stanze da stesse e per i frammenti posti all’interno degli strati di allettamento sono utilizzati soprattutto marmi letto della famiglia del proprietario comunicavano con il cortile secondario, generalmente separato dal colorati come il cipollino, il verde antico, il pavonazzetto, il cipollino mandolato, l’africano, la porta settore d’ingresso. Sembra dunque che il principio fondamentale della dislocazione dei cubicola fosse santa, il giallo antico, la breccia di Sciro, il fior di pesco, la breccia corallina e la breccia nuvolata gialla. la salvaguardia della tranquillità e dell’intimità degli occupanti, soprattutto nel caso delle donne, per le Comunque, quasi tutte le lastre dovevano essere di reimpiego e provenire da altri monumenti di Ostia, quali potevano esistere appartamenti separati. Un altro appartamento indipendente rispetto al resto della come attesta il frequente spessore diverso fra lastre accostate. Inoltre, va osservato che le lastre policrome casa è rappresentato dagli hospitalia, realizzati anch’essi secondo il criterio di garantire una completa delle incorniciature minori spesso venivano accostate seguendo le stesse tonalità di colore, anche se erano autonomia gestionale. Altri vani con destinazioni precise sono noti dalle fonti, ma non possono essere di diversa qualità marmorea. Le vasche più grandi dei ninfei presentano spesso sul bordo colonnine per collegati facilmente ad una tipologia o ad una precisa ubicazione nell’ambito della domus. sostenere la copertura, come nella Domus dei Pesci e in quella del Ninfeo, in cui le colonnine sono di marmo lunense più o meno venato, sostenute da capitelli compositi a foglie lisce del tipo caratteristico del 7. IV-V secolo e prodotti da officine locali che impiegavano marmi di spoglio e di cava.

Ambienti termali: in età tardo-imperiale l’approvvigionamento idrico alle case avveniva dietro

pagamento di un canone ed era, per questo, prerogativa delle famiglie abbienti; così, fin dal IV secolo, si diffuse la tendenza a non utilizzare le strutture termali pubbliche, nonostante queste fossero oggetto

5.

Ambienti di rappresentanza: la sala di rappresentanza può presentare forme diverse che attingono, di restauri e ancora funzionanti in molti centri. Nello stesso periodo, le fonti sottolineano la scarsa

15


propensione mostrata dai cristiani per l’uso delle terme, in quanto considerate luoghi infestati dai demoni. 10.

Portico e vano-corridoio: rappresentano gli spazi di transizione coperti in un preciso sistema di

La diffusione di terme private, quindi, può essere spiegata sia come risposta dei ceti elevati all’emulazione circolazione all’interno della casa; di tale sistema è parte integrante l’aspetto decorativo dei vani, con nei confronti delle sedi di potere e al disgregarsi dei servizi urbani, sia come conseguenza di un’esigenza

una distinzione gerarchica accentuata dalla presenza di pavimentazioni musive. Corridoi di servizio sono

religiosa, nell’ambito degli ambienti cristiani. Ovviamente, la possibilità di costruire bagni all’interno ampliamente diffusi nell’edilizia residenziale tardoantica per collegare settori con funzioni diverse: anche di dimore private era una prerogativa di tipo elitario, condizionato dalla possibilità di garantire non solo in questo caso la decorazione di questi spazi risulta particolarmente curata, sottolineando l’esistenza di l’approvvigionamento idrico, ma anche il combustibile e la mano d’opera necessaria al funzionamento degli

percorsi privilegiati.

impianti; per questa ragione il livello architettonico di questo settore appare molto variabile, generalmente in forma più monumentale nelle residenze extra-urbane, dove esistono minori restrizioni di estensione, 11.

Cucina: difficilmente riconoscibile per l’estrema semplicità delle strutture, la cucina sembra essere

mentre in città, gli impianti termali occupano una superficie necessariamente più limitata. Infine, è generalmente collocata, almeno fino al VII secolo, al piano terreno delle case, in posizione perimetrale e importante notare come le fonti archeologiche spesso non consentono di distinguere i vani utilizzati per in collegamento con le sale destinate al banchetto. Dopo il VII secolo, invece, sono documentati esempi funzioni termali da quelli dotati di riscaldamento, aspetto non secondario nella lettura dell’articolazione ubicati al piano superiore, posizione che sembra permettesse una migliore areazione degli ambienti. Nella interna degli edifici e nella comprensione delle abitudini dei proprietari.

maggior parte dei casi non rimangono resti dei piani di cottura, evidentemente caratterizzati da strutture poco consistenti. S. Ellis, invece, ipotizza che nelle dimore dei potentes venivano serviti solo pasti freddi,

8.

Vano cappella: in età tardoantica, nelle case più rappresentative, viene inserita anche una cappella non cucinati in casa ma acquistati, già cotti, nei locali pubblici o che i membri dei collegia pranzassero

destinata al culto cristiano della famiglia; esiste già una tradizione della presenza di sacelli di culto pagano quotidianamente nelle loro sedi o ancora che, al posto di un focolare fisso, nelle case si utilizzassero all’interno di strutture palaziali, ville ed abitazioni: risulta quindi naturale una continuità nella pratica bracieri portatili, in metallo, di cui quindi non sarebbe rimasta alcuna traccia. In realtà, nessuna di del culto all’interno delle dimore private, con soluzioni architettoniche diverse a seconda dell’impegno queste soluzioni sembra davvero convincente: frequentare quotidianamente osterie e caupone doveva degli edifici. Fin dal IV è attestata la presenza di una cappella da un’indicazione di Ausonio, il quale, nel rilevarsi alla lunga davvero poco economico, e anche i collegia difficilmente avrebbero potuto offrire descrivere la sua giornata, racconta di aver l’abitudine, prima di uscire, di aprire un sacrarium, privo di ai loro affiliati, facilitazioni e pranzi stabili regolari. Quanto ai bracieri portatili, Seneca ne testimonia particolari aspetti decorativi; dalla stessa fonte risulta anche l’esistenza, nelle case dei patrizi, di cappellani con chiarezza la precisa funzione: non cuocere, ma semplicemente mantenere in caldo le vivande preposti al culto domestico. Le cappelle generalmente erano collocate vicino al peristilio o all’ambiente nella sala da pranzo fino al momento di servirle. Sembra inoltre molto probabile che presso le famiglie di rappresentanza, in una posizione facilmente accessibile dal settore d’ingresso, a volte attraverso un aristocratiche esistesse un personale impiegato stabilmente nelle operazioni legate alla preparazione e alla vestibolo.

somministrazione dei pasti. A Pompei la scelta del luogo da adibire a cucina nella casa era strettamente collegato alle sue funzioni, in quanto si tendeva a prediligere uno spazio generalmente isolato, spesso

9.

Vano scala: in età costantiniana le fonti accennano all’esistenza di scale a chiocciola per l’accesso periferico e coincidente con i limiti dell’abitazione, occultare così la parte ‘meno nobile’ della casa e

al piano superiore delle case di alto livello; tali scale erano spesso collocate vicino i vani d’ingresso, rispondendo ad esigenze pratiche, come la fuoriuscita dei fumi, lo scolo delle acque e il tentativo di oppure con accesso diretto dalla strada antistante l’immobile: in questo caso si suppone che la necessità di limitare al minimo i danni di un possibile incendio. Ad Ostia, invece, la mancanza di resti di focolari nelle un’entrata indipendente possa essere messa in relazione con il fenomeno della locazione degli immobili case è dovuta, probabilmente, al loro utilizzo come cave di materiali o a scavi e restauri. Tuttavia si sono e di camere al primo piano. L’articolazione dei piani superiori è nota quasi esclusivamente dalle fonti registrati alcuni casi in cui l’esistenza di una cucina dotata di un focolare in muratura è provato o almeno letterarie, non essendosi conservati gli alzati degli edifici; a volte si mantiene in altezza la suddivisione probabile. Ad esempio, nella pianta elaborata durante gli scavi condotti da Lanciani fra il 1885 e il 1886 degli ambienti del piano inferiore.

uno degli ambienti della Domus di Apuleio (II, VIII, 5), un locale viene definito “cucina […]divisa dal restante appartamento per mezzo di […] una fontanella-ninfeo”: si tratta di un ambiente piuttosto angusto,

16


accessibile da un breve corridoio che costeggia la fontanella. Durante gli scavi della via del Sabazeo è anche la presenza di botteghe accessibili dagli assi viari principali del sistema stradale. La vita di queste stata documentata l’esistenza di un ambiente, probabilmente una cucina, che presenta tutta una serie di strutture risultava indipendente da quella delle case confinanti, mentre sono frequenti i casi in cui, ad un caratteristiche interessanti: si tratta di un locale di circa 5 per 6 metri; addossati al muro di fondo sono abbandono delle unità commerciali, corrisponde un loro accorpamento agli stessi edifici residenziali, che stati rilevati due pilastrini, uno di larghezza esattamente doppia rispetto all’altro; in un angolo si trovava si ampliano e ricavano nuove comunicazioni con l’esterno. una vaschetta semicircolare foderata di cocciopesto e a sinistra dell’ingresso un’altra vasca, più grande e rettangolare. Il pavimento era in bipedali e/o in cocciopesto. Ancora, nella zona postica della domus del 15.

Cortile: lastricato o in terra battuta, si tratta di una soluzione non monumentalizzata dello spazio

Tempio Rotondo, attiguo a un cortile scoperto, accanto a un ingresso secondario ed alla vera di un pozzo, aperto; spesso provvisto di un pozzo per l’approvvigionamento idrico, aveva prevalenti funzioni di si trova un ambiente al cui interno, nella parete sud, si apre il prefurnio da cui veniva riscaldata la stanza smistamento e di servizio. contigua; questo tipo di dislocazione all’interno della casa si ripete con certa frequenza per le cucine delle domus pompeiane, e l’uso della cucina anche come ambiente prefurnio è attestata in numerosi casi. Inoltre 16.

Percorsi all’interno della domus: l’analisi delle diverse tipologie di ambienti consente, almeno

all’interno dell’ambiente è stata rinvenuta, addossata alla parete di fondo, una banchina in cocciopesto e parzialmente, di ricostruire l’esistenza di percorsi privilegiati all’interno delle domus di prestigio, il pavimento, anch’esso di cocciopesto, si trovava a un livello inferiore di quasi un metro rispetto al resto realizzate secondo schemi planimetrici predefiniti e in parte comuni nelle stesse aree geografiche, della casa: questo naturalmente per permettere il funzionamento e la manutenzione del prefurnio. Sotto indipendentemente dalle specifiche caratterizzazioni architettoniche. La possibilità di riscontrare una la banchina correva un fognolo e l’impronta sulla parete cui la banchina si appoggia, di una struttura

successione preferenziale di spazi è di per sé indicativa di un livello sociale elevato, che prevede, se non

delimitata, sembra, da due mensole fissate con perno ad incastro e da un riparo grossomodo orizzontale, l’esistenza di un cerimoniale vero e proprio, almeno una prassi comportamentale che regola i rapporti farebbe supporre l’esistenza di una latrina o di un acquaio. Infine, nell’Insula delle Volte dipinte, vi sono

sociali secondo schemi formali. Nelle residenze private di maggior impegno si constata una certa varietà

due esempi di cucina, testimoniati da un bancone in muratura sulla cui fronte si aprono uno o due archetti, di soluzioni, riconducibili tuttavia alla stessa necessità di condurre il visitatore attraverso una serie di con il piano di cottura delimitato da una pulvinatura in coppi, analogo ai focolari dell’area vesuviana.

ambienti preferenziali, spesso riccamente decorati; negli edifici più modesti, invece, l’aggregazione dei vani avviene sulla base di istanze differenti che non prevedono l’adozione di espressioni architettoniche

12.

Latrina: la maggior parte delle latrine private era collocata vicino all’ingresso principale della rappresentative, procedendo piuttosto secondo schemi semplici. Nella maggior parte dei casi, comunque,

casa, in vani dalle dimensioni modeste, con scarico all’esterno dell’edificio.

si possono osservare due soluzioni architettoniche: una successione assiale di ambiente d’ingresso-corte a peristilio-sala di rappresentanza (che replica in scala ridotta la struttura dei palazzi imperiali), oppure

13.

Cisterna: l’approvvigionamento di acqua costituiva un elemento essenziale per lo svolgimento una disposizione non diretta, ma mediata da un percorso spezzato, di questi vani. Quando quest’ultima

delle attività all’interno della domus. Oltre che da pozzi, generalmente situati nelle corti centrali delle disposizione non è legata a cause contingenti, si può supporre che potesse esservi l’intenzione di sollecitare case, l’acqua veniva raccolta all’interno di cisterne, spesso collocate lungo il perimetro dell’edificio. l’aspettativa del visitatore, prolungando anche visivamente l’itinerario ideale verso il dominus: a creare In particolare, le cisterne ostiensi potevano essere alimentate da acqua sorgiva, da falde sotterranee, da questa prospettiva sono funzionali sia le differenze di quota, che i leggeri disassamenti tra le diverse acqua piovana o da acquedotti che convogliavano da grandi distanze acqua sorgiva, freatica o dai corsi parti del percorso. L’accesso può quindi essere indipendente dall’asse rappresentativo interno, che spesso fluviali. La raccolta poteva anche essere mista. Le cisterne erano tutte rivestite da uno o più strati di malta prevede uno o più sale di rappresentanza contrapposti ai lati del peristilio oppure affacciate verso un idraulica (opera signina o cocciopesto), avevano inoltra il fondo leggermente concavo e con pendenza per ninfeo decorativo nella corte principale, posto sempre sul lato opposto. Per quanto riguarda le percorrenze la fuoriuscita dell’acqua.

di frequentazione interna, che collegano gli appartamenti privati con quelli pubblici della domus, in certi casi anch’essi risultano accresciuti nel significato rappresentativo, utilizzando parte degli stessi corridoi di

14.

Taberna: in ambito urbano la presenza di isolati residenziali di forma regolare include generalmente rappresentanza. Gli appartamenti privati possono essere articolati attorno ad una seconda corte a peristilio

17


accostata quella principale, oppure possono essere costituiti da un sistema di ambienti intercomunicanti. maggiori problemi interpretativi riguarda il tentativo di stabilire una distinzione, tra le decorazioni figurate, Del tutto indipendenti e ricavati dagli spazi di risulta sono invece i percorsi di servizio, la cui analisi fra ciò che è pagano e ciò che è cristiano, ritenendo che queste immagini rispecchiassero in maniera diretta permette di riconoscere le aree destinate ai magazzini, alla cucina, agli impianti di riscaldamento, del tutto ed emblematica le istanze religiose dei proprietari. La questione risulta ancora aperta, dal momento che il esterni al nucleo centrale della dimora.

repertorio figurativo può servirsi di immagini non necessariamente connesse ad un culto religioso. Inoltre, l’ambito domestico, anche se più libero da costrizioni ideologiche rispetto alle espressioni figurative

17.

Decorazione ed arredamento: gli elementi di arredo delle case tardoantiche sono noti solo in pubbliche, rimane sempre legato a convenzioni iconografiche e a mode delle quali non si possono valutare

minima parte: la deperibilità dei materiali la continuità d’uso delle strutture, la generale tendenza al facilmente a posteriori significato e portata. Nella Domus dei Pesci, ad esempio, il mosaico pavimentale riutilizzo e i saccheggi limitano, infatti, la quantità degli oggetti rinvenuti ad oggi. Dai dati disponibili del vano d’ingresso ha indotto a pensare ad una committenza cristiana, forse allo stesso vescovo di Ostia, è comunque possibile ricostruire alcuni caratteri significativi dell’immagine esteriore della domus e che avrebbe amministrato il battesimo nella vasca semicircolare del cortile. In questo caso la simbologia dell’apparato decorativo e di arredo. Nel primo caso, sembrano prevalere soprattutto differenze dovute adottata nel pannello non contrasta ideologicamente con la decorazione del resto della domus, rendendo alle tradizioni architettoniche locali, con alcune costanti generali nella concentrazione di elementi e nelle plausibile l’attribuzione ad un proprietario cristiano, anche se non sembrano esservi elementi sufficienti scelte decorative del settore d’ingresso delle dimore di prestigio; la decorazione delle case ed il loro arredo per riconoscere il suo ruolo all’interno della comunità ostiense. Tra i soggetti pagani erano molto diffusi sembrano, invece, differenziarsi qualitativamente e quantitativamente a prescindere dall’area geografica quelli derivanti dal repertorio dionisiaco, spesso inseriti come elemento decorativo dei triclini e delle di pertinenza ed in base al livello sociale ed economico dei proprietari, almeno fino al VI secolo. In un sale di ricevimento, oppure allegorie legate a temi filosofici o mitologici. In molte situazioni i soggetti processo di riduzione di scala, dai triclini imperiali. •

rappresentati negli ambienti di maggior impegno erano realizzati anche con un intento glorificante nei

Porte e finestre: si sa ben poco delle porte d’accesso e di separazione; eseguite in legno e dotate di confronti del proprietario; a queste istanze di tipo celebrativo possono essere assimilati, ad esempio, i temi

serrature in metallo, si aprivano generalmente verso l’interno, come si deduce dalle tracce di scorrimento della caccia e quelli eroici. Oltre agli ambienti di ricevimento e ai triclini, mosaici pavimentali decoravano dei battenti conservatisi sulle soglie; i portoni d’ingresso erano a volte dotati di battenti. All’interno, le spesso i portici del peristilio e i corridoi di collegamento fra l’ingresso e i vani di rappresentanza, con porte potevano essere sostituite da tendaggi, frequenti soprattutto nelle sale di rappresentanza. Per quanto un’incidenza apparentemente minore dei soggetti figurati, ai quali si sostituivano motivi geometrici e concerne le ante non si sono conservati manufatti pertinenti ad una casa tardoantica, mentre esistono rari vegetali. esemplari provenienti da edifici di culto cristiani, in legno e riccamente decorati con pannelli figurati •

Pareti e soffitti: la decorazione parietale delle case sopravvive solo sporadicamente, sia per il

a soggetto religioso. Oltre ai manufatti in legno, si attesta anche l’esistenza di porte di avorio: si tratta parziale stato di conservazione degli alzati, sia per le spoliazioni subite dagli edifici dopo il loro abbandono, di esemplari con incastonature e rivestimenti che dovevano costituire un’eccezione, dal momento che soprattutto relativamente ai materiali marmorei di rivestimento. Sulla base degli esempi meglio preservati è vengono citati in relazione al lusso eccessivo delle dimore d’Antiochia, nelle quali sarebbero stati utilizzati evidente, tuttavia, che anche questo aspetto veniva particolarmente curato in quanto espressione di istanze anche mobili in oro ed argento. Le finestre sono ancora meno note: esse sono documentate soprattutto in ornamentali, ideologiche e celebrative: in questo senso risultava perciò complementare alla decorazione rapporto agli ambienti di rappresentanza, che dovevano essere ben illuminati; l’esistenza di vetrate è pavimentale, a volte certamente con associazioni connesse ad un medesimo programma figurativo documentata solo in rari casi. •

e secondo uno stesso criterio di gerarchizzazione degli ambienti. Sulla base della documentazione

Pavimenti: l’analisi delle decorazioni musive pavimentali e l’incidenza dei diversi temi negli archeologica, la forme decorative più diffuse erano quelle dipinte rispetto a quelle musive, riservate solo

ambienti delle case di prestigio sono fra gli elementi interpretativi più evidenti nella valutazione dei sistemi agli ambienti più importanti della domus perché più costose; in questo senso era molto usata la zoccolatura comunicativi e dei modelli di riferimento dei proprietari. La realizzazione di mosaici e pavimenti in opus

dipinta che simula un rivestimento marmoreo in lastre, applicate solo nel settore inferiore delle pareti degli

sectile o il rifacimento degli apparati decorativi forniscono indicazioni sulle maestranze, sui gusti della ambienti di rappresentanza, soprattutto in associazione con pavimentazioni in opus sectile. Tra i soggetti committenza, sulle tendenze ideologiche e culturali. Per quanto riguarda il periodo tardoantico, uno dei più semplici tra quelli documentati vi sono raffigurazioni pittoriche a carattere geometrico e vegetale

18


o, meno frequentemente, temi figurati che riprendono gli stessi soggetti del repertorio pavimentale. La terracotta o metallo, singola o in serie multipla. Più rari sono invece i lampadari in metallo, che venivano documentazione sui soffitti è ancora più limitata: da dati sporadici sembrerebbe comunque che anche appesi al soffitto, o i candelabri. Anche in età tardoantica, all’interno delle domus dei ceti elevati erano questo aspetto fosse di particolare attenzione e che i soffitti potevano essere decorati con mosaici o con collocate statue: spesso si trattava di opere recuperate da edifici e complessi monumentali precedenti, a cassettoni. •

volte con interventi di restauro ed adattamento, ma sono documentate anche sculture eseguite ex-novo.

Mobili e complementi d’arredo: anche in assenza di manufatti, si conosce dalle fonti l’esistenza Alla realizzazione di grandi cicli statuari soprattutto con soggetti di carattere pagano, si affiancava, in

di tavoli da pranzo, sedie, sgabelli, letti e casse. I tavoli dovevano essere prevalentemente rettangolari, continuità con la tradizione tardo-imperiale, una produzione di sculture a grandezza minore del vero o in legno, ma esistevano anche tavoli rotondi a tre gambe, a volte tornite e lavorate. Un tavolo da pranzo di piccolo formato, con esigenze rappresentative ridotte, ma con una diffusione maggiore: manufatti di particolare diffusione era quello setto “a sigma” per la caratteristica forma semicircolare: ampliamente sporadici sono stati rinvenuti frequentemente in contesti abitativi urbani ed extra-urbani; in parte queste utilizzato nelle dimore dei ceti elevati a partire dal IV secolo, era un mobile costituito da una tavola di statue rispondevano alle esigenze di una committenza interessata a soggetti con valore decorativo o con marmo o pietra, spesso con alveoli lungo il bordo e con una scanalatura che confluiva al centro del lato evidenti significati simbolici e culturali, come nel caso del gruppo di Amore e Psiche rinvenuto ad Ostia, rettilineo, posto più in basso probabilmente per favorire il deflusso dei liquidi versati durante il banchetto in altri casi risulta esplicito il riferimento di queste sculture ad un ambito religioso pagano. Esisteva, e dell’acqua usata per la pulizia. La lastra era sostenuta da elementi litici oppure, più spesso, lignei. I infatti, una specifica produzione locale di sculture facilmente trasportabili destinate ad acquirenti pagani tavoli a sigma erano collocati generalmente negli spazi semicircolari dei triclini absidati o polilobati, per lo svolgimento di pratiche religiose ormai prevalentemente private, a causa della forte opposizione al circondati da letti lignei accostati e disposti a raggiera in modo da permettere ai convitati di appoggiare paganesimo del cristianesimo. Un aspetto finora scarsamente considerato, riguarda invece la diffusione, il gomito su un cuscino addossato alla mensa. Le sedie più comuni sembrano essere state essenzialmente all’interno di abitazioni private, di statue a soggetto cristiano: parallelamente alla precedente esisteva il legno o in metallo, spesso con seduta impagliata. Forse esistevano anche manufatti di maggior pregio, infatti una produzione scultorea di soggetti neo-testamentari, anche se non rimane testimonianza sicura sul ma non ne resta alcuna traccia se non quella iconografica. Inoltre, la presenza di questi elementi nella sala contesto originario di tali manufatti. delle udienze degli edifici più importanti, non è stata comprovata da alcun ritrovamento. Ovviamente, all’interno delle case esistevano anche sedili in muratura: si trattava di basse panchine addossate alle 2.2 Le case ostiensi pareti d’ingresso. Anche nel caso di letti, di cui non si ha una documentazione archeologica precisa, se si escludono i contesti funerari, si può immaginare che ad una committenza con ampie disponibilità A Ostia, durante la prima età imperiale, la principale concentrazione di domus si ebbe ai lati del tratto economiche corrispondessero tipologie in materiali preziosi, con elementi decorativi complessi. Tra i meridionale del Decumano massimo, mentre la fascia verso il Tevere era riservata per lo più alle attrezzature mobili citati dalle fonti letterarie sono presenti soprattutto arche con serratura a chiave e ceste dove riporre portuali e commerciali. Le case più antiche si impiantarono in prossimità del centro cittadino, cioè del gli abiti. Gli armadi, invece, sembra potessero servire a custodire sia oggetti che libri, i quali potevano

vecchio castrum; di qui si estesero gradualmente verso la periferia, senza subire rilevanti trasformazioni

essere contenuti in nicchie praticate nelle pareti e chiuse da ante. Uno degli aspetti che più difficilmente si morfologiche fra la tarda repubblica e il primo secolo dell’impero. Il tipo meglio documentato è quello può immaginare a posteriori è il largo impiego dei tendaggi e tappeti come elementi di arredo delle domus della domus ellenistico-romana, i cui esemplari più signorili e situati nelle posizioni più favorevoli tardoantiche. Si trattava di oggetti che dipendevano dal desiderio di emulare modelli sociali di livello più costituivano le abitazioni delle poche famiglie aristocratiche locali. La pianta di queste dimore, unifamiliari alto. Oltre a conferire agli interni un’immagine di lusso ed opulenza, i tendaggi svolgevano anche funzioni e abitualmente a un solo piano, rispondeva in genere a criteri rigidamente fissati e standardizzati. Lunga pratiche, di separazione fra più parti di uno stesso vano e di riparo dalla luce solare; tende scorrevoli sono

e stretta si sviluppava in profondità, con una breve facciata sulla via. Ai lati dell’ingresso due botteghe

frequentemente raffigurate in mosaici, dittici ed altri manufatti, spesso annodate: erano probabilmente (tabernae) potevano essere date in uso a liberti o schiavi del proprietario, per la vendita al dettaglio dei stoffe seriche, a volte con frange. Un aspetto fondamentale della vita quotidiana era la possibilità di prodotti delle sue terre, o probabilmente dai generi derivanti dalle sue attività commerciali. L’ingresso, che illuminare artificialmente gli ambienti; l’oggetto più diffuso a questo scopo era la lucerna ad olio, in ad Ostia era di solito uno stretto corridoio (fauces), senza vestibolo, immetteva nell’atrio, il tradizionale

19


centro della casa. Dotato di un’apertura al centro del soffitto, questo era insieme fonte di luce per gli eccezione per piccoli rappezzi, chiusure e tramezzi in opera vittata. In particolare, molti dei complessi ambienti circostanti e luogo di raccolta delle acque piovane per le necessità domestiche, grazie alla vasca residenziali per le classi medie ed inferiori, che avevano caratterizzato Ostia in piena età imperiale, centrale (impluvium) comunicante con un cisterna. Ai lati si disponevano le stanze da letto (cubicola) e vengono abbandonati già nella seconda metà del II secolo, altri verso la fine dello stesso secolo, mentre le alae, due vani completamente aperti sull’atrio e destinati probabilmente al culto delle immagini degli alcuni, tra i più lussuosi, sopravvivono fino al IV secolo; degli altri, riuscirono a sopravvivere, in modo antenati. Al fondo dell’atrio, in asse con l’ingresso, c’era il soggiorno o tablinum. Ai lati del tablino, il

precario, alcune parti di singoli isolati, ma non si riuscì certo a mantenere in piedi il poderoso assetto

triclinio o triclini (sale da pranzo): tale specializzazione di funzioni non esisteva nel periodo più arcaico, urbanistico creato nel II secolo. A questa realtà si contrappone il fenomeno delle Domus signorili, che allorché tutta la vita familiare si svolgeva nell’atrio. L’intera ala posteriore delle principali domus ostiensi risentono fortemente dell’influsso della cultura ellenistica e orientali. Stando agli studi della Heres, le fu il risultato di un ampliamento verificatosi nella storia dell’architettura domestica romana a partire dal III prime domus con caratteristiche tradoantiche sorgono tra il 230 e il 250 d.C. in perfetta coincidenza con sec a.C., e consistente nell’aggiunta del peristilio (nucleo dell’abitazione ellenistica sprovvista di atrio) al le prime manifestazioni della crisi delle insulae e, in genere, della città. In particolare, a partire dal IV semplice schema originario della casa romana. Il peristilio, nel traferirsi in Occidente, aveva incorporato secolo, le abitazioni signorili erano abitate soprattutto dalle ultime famiglie di magistrati dell’annona, di l’hortus tradizionalmente situato sul retro della casa, e si era quindi trasformato in un giardino circondato commercianti di grano che, nella crescente miseria generale, detenevano ancora le fonti di guadagno e da un quadriportico. Sul territorio ostiense, oltre agli impianti di domus tradizionali, si affiancavano potevano permettersi di costruire o trasformare abitazioni secondo il gusto del tempo. Essendo dimore per anche le insulae, termine utilizzato per la prima volta da Cicerone per riferirsi ad un blocco abitativo, una sola, ricca famiglia, si svolgevano al piano terra senza piani superiori, tranne in qualche parte. In tutte generalmente a più piani, suddiviso in appartamenti (cenacula) da affittare separatamente. Tali caseggiati queste domus non si può ritrovare una pianta fissa e canonica perché non sorgono mai di getto, ma sono hanno per capisaldi gli elementi opposti della tipica domus pompeiana: 1.

sempre frutto dell’adattamento di edifici preesistenti, di trasformazioni e ampliamenti vari che creano

Sviluppo verticale maggiormente accentuato rispetto a quello orizzontale, fino al raggiungimento di una continua varietà di impianto. Esse sono, tuttavia, accomunate da molti elementi costanti. Infatti, il

tre, quattro piani sovrapposti. Molti muri, infatti, mantengono la stessa larghezza (60 cm) dalle fondamenta fulcro era costituito da un cortile centrale spesso porticato, sul quale si aprivano ninfei ed absidi, queste all’innesto del secondo piano, cosicché si può essere certi che molte delle case di Ostia raggiungessero i ultime utilizzate come esedra o come vestibolo; quando mancava il cortile, il perno dell’impianto era limiti di 16 e 18 m;

un vasto atrio rettangolare, dove spesso si trovavano banchine per sedersi; la corte comunicava con un

2.

Illuminazione esterna per mezzo di facciate su strada e su cortili interni aperti;

unico vano di rappresentanza, utilizzato anche come triclinio, a volte riscaldato, prevalentemente a pianta

3.

Costituzione di isolati composti da più appartamenti indipendenti e forniti di scale che vi danno rettangolare, come nella Domus di Amore e Psiche o nella Domus dei Pesci. A partire dalla fine del IV

accesso;

fino al VII secolo, contemporaneamente alla crescente contrazione della città, si assistette poi ad una

4.

Introduzione di portici e angiporti per mettere in comunicazione i vari caseggiati con le strade;

contrazione degli spazi interni delle case, che coinvolsero anche la struttura abitativa di prestigio, con

5.

Indipendenza dei singoli piani e dei singoli appartamenti fra loro;

una progressiva destrutturazione del modello originario. Il cortile porticato sembra essere l’elemento più

6.

Introduzione di portici, loggiati, meniani sulle facciate;

caduco del sistema elaborato in precedenza: esso infatti venne frazionato, utilizzato per ricavare nuovi

7.

Introduzione di cortili o di spazi aperti all’interno del caseggiato;

vani, chiuso tra le colonne e ridotto a volte ad un pozzo luce o ad un cortile che appare sostanzialmente

8.

Totale assenza di caratteristiche struttive dei vari ambienti nei singoli appartamenti, in modo che di servizio, più che rappresentativo. Il ruolo di maggiore rilievo, invece, venne assunto dagli ambienti di

l’inquilino può ricevere, mangiare, dormire, nell’uno o nell’altro degli ambienti del suo appartamento, ricevimento, ampi, decorati, absidati, trilobati o variamente articolati, in un sistema che accosta in maniera variando l’uso delle stanze secondo la sua volontà.

paratattica nuclei di ambienti e di funzioni, collegandoli o introducendoli sempre più spesso attraverso un

Successivamente, la crisi della seconda metà del III secolo ebbe sul tessuto delle grandi insulae di corridoio, il quale acquista una nuova funzione monumentale. Ad una sempre minore espansione areale abitazione un impatto brusco e drammatico, tanto che nessun nuovo caseggiato viene costruito nel tardo delle dimore corrisponde anche la tendenza a sviluppare gli edifici in verticale: questo aspetto, con il impero e nessuna delle unità abitative già esistenti mostra segni di sostanziali restauri in età tarda, fatta tempo si accentua e comporta a volte il trasferimento delle funzioni più rappresentative al piano superiore.

20


Da notare è che alcune domus tendono a disporsi nei pressi delle vie principali che costituiscono l’ossatura degli ambienti a cui danno luce. Piccole finestre sono quelle dell’ammezzato delle botteghe o quelle che della città tardoantica, ma non ad affacciarvisi direttamente, preferendo le vie traverse e le aree interne, servono a dar luce alle rampe delle scale. I vani di queste finestre erano foderati di cassettoni di legno ai sottolineando anche così il proprio carattere signorilmente appartato, estraneo al traffico e al rumore delle quali erano applicate le chiusure con protezione di lastre di selenite di cui parecchi avanzi furono rinvenuti strade maestre; ne è un esempio la Domus dei Pesci che costeggia via della Caupona e ha l’ingresso negli scavi. Le finestre hanno poi un arco di mattoni a monta molto depressa e lo spazio compreso tra il principale su una piazzetta interna.

sesto dell’arco e la sua corda è occupato da muratura ottenendo così la linea orizzontale. Il davanzale delle

Queste domus possono comunque essere divise in vari gruppi, corrispondenti a differenti livelli sociali dei finestre è alto circa due metri negli ambienti a piano terra sulla strada; di altezza normale sono invece i proprietari: 1.

davanzali delle finestre, sempre molto larghi, dei piani superiori.

I gruppo: comprende le case più grandi e più ricche (Domus delle Colonne, dei Pesci, del Tempio

Rotondo, del Protiro, del Ninfeo, della Fortuna Annonaria, di Amore e Psiche, dei Dioscuri), di cui le più antiche appartengono tutte al tipo a cortile quadrangolare centrale con portico a pilastri, poiché utilizzano 3.

Porte e serrature: lesene e colonne di mattoni fiancheggiavano le porte delle case ostiensi,

il piano terra di preesistenti insulae di questo tipo e anche perché si pongono nel solco della tradizione sormontate da un timpano, anch’esso di mattoni, con decorazioni. Nelle case signorili due sedili di pietra architettonica imperante ad Ostia nel II e nella prima metà del III secolo, mentre le più recenti presentano erano collocati ai lati del portale, oppure nelle fauces, per i clienti e i sollecitatori in attesa di essere un ambiente di disimpegno a corridoio allungato che sostituisce il cortile centrale.

ricevuti. La porta di strada era generalmente bivalve; i battenti, costruiti con tavole lignee grosse e robuste, e ornati di borchie metalliche, giravano su una soglia di pietra. Una incorniciatura sagomata li divideva

2.

II gruppo: domus, più modeste, con pianta condizionata in modo più diretto dalla disponibilità in due o tre riquadri, di cui quello inferiore era il più lungo. Sulle parti orizzontali della cornice correva

dello spazio e dalla distribuzione degli ambienti dell’edificio precedente; di questa categoria fanno parte una doppia fila di borchie, una fila semplice sulle parti verticali. Le borchie erano di bronzo o di ferro, a la Domus sul Decumano, la casa presso il Serapeo e la Domus delle Gorgoni.

sezione circolare, semisferiche o umbonate, fissate fortemente sul legno da perni in ferro. Di bronzo erano le cerniere e di ferro o bronzo i cardini, di solito grandi e pesanti. Inoltre la porta era assicurata da solide e molteplici chiusure: serratura, catenacci e sbarre. La serratura (sera) aveva lo scudetto di bronzo fissato

3.

III gruppo: raccoglie abitazioni più piccole e meno lussuose, cioè le Domus della Caupona del al battente da chiodi. In alto un gancio riuniva i due battenti della porta. Si bussava alla porta alzando e

Pavone, del Pozzo e quella di via degli Augustali. Tali domus occupano il solo pianterreno, mancano lasciando ricadere il battaglio, che era bronzeo e rappresentava di solito teste gorgoniche o ferine. Le porte ambienti riscaldati, ninfei o fontane, ma non si rinuncia al portale con protiro, alla sala di ricevimento con

interne erano sormontate da una architrave liscio che si prolungava un po’ oltre gli stipiti; erano invece ad

ingresso colonnato, alle decorazioni in opus sectile o ai mosaici bianconeri figurati.

arco, quando si tratta di piccole porte, come quelle dei locali adibiti a bagno. I battenti erano uno o due a seconda della larghezza del vano, di legno dipinto, divisi anch’essi in due o tre riquadri con modanature,

Le caratteristiche principali delle case ostiensi del III – IV secolo sono le seguenti: 1.

ma più leggeri di quelli delle porte esterne. In alcuni casi il riquadro superiore era sostituito da una grata

Tetti delle case: l’esistenza dei solaria (terrazze delle case e sui portici) è certamente provata. Ma in legno lavorata a giorno. Le cerniere erano lunghe fino a 20 cm. Anche alle porte interne erano spesso

probabilmente le terrazze non si estendevano su tutta l’area del caseggiato, ma si limitavano ad una parte applicate delle serrature e delle maniglie bronzee di diverse forme. di esse. Si suppone quindi l’uso più generale di una copertura a tetto. Che la copertura sia stata interrotta da cappe o comignoli per l’emissione del fumo, è accertato da ritrovamenti di tegole con un foro circolare 4. nel centro di circa 20 cm di diametro con bordo rialzato.

Soffitti: il soffitto a travatura lignea scoperta era largamente adottato, specialmente per atrii, portici

e peristili. Le travi erano incastrate nel muro in appositi fori praticati a intervalli regolari e lo spazio tra l’una e l’altra era riempito da un tavolato ligneo sostenuto dalle travi stesse. Uguale sistema si usava per

2.

Finestre: il numero e la distribuzione delle finestre è in accordo con il numero e la distribuzione fare i soffitti a cassettoni, di solito decorati con pitture; poi, con pannelli di legno, si nascondevano le travi

21


e con sottili travicelli si formavano i lacunari. Ad Ostia è stato rinvenuto anche un altro sistema: lungo tra l’ alcova e la parte che la precedeva, oppure simulava dei tappetini sulle soglie. Nelle case dall’età il muro delle stanze sporgeva una cornice in cotto, formata da successivi risalti dei corsi di mattone e flavia, accanto al mosaico, apparve l’opus sectile, nel quale si inserivano delle paste vitree, rosse, cerulee, ricoperta poi di intonaco; i travi poggiano sopra la cornice; quando questa non poteva aggettare a causa

verdi, bianche e perfino smalti dorati.Si trattava in gran parte disegni geometrici, ma non sono rari neppure

della vicinanza degli intradossi di porte o finestre, la sostituiva una trave lignea longitudinale sorretta da quelli floreali e ne esistono anche di figurati. mensole di legno o pietra infisse nella parete. I soffitti piani o a volta, coperti di intonaco e poi decorati, erano molto frequenti nei cubicola, dove era quasi sempre mantenuta una distinzione tra la parte nella 6.

Tendaggi: le larghe aperture che costituivano la porta fra atrio e tablino non erano chiuse da imposte,

quale veniva collocato il letto e la parte anteriore della stanza. La alcova vera e propria era coperta da una ma da semplici tende di stoffa colorata sospese a mezz’aria. Un telaio di legno, o un travicello incastrato piccola volta a botte, il resto della camera da un soffitto piano. Altri cubicola presentavano una striscia a circa due metri di altezza nelle colonne o nei pilastri che fiancheggiavano l’apertura, servivano a fissare piana tutto intorno e in mezzo un grande lacunare chiuso da una copertura curva e decorato con motivi la cortina (aulea), che scorreva mediante anelli di bronzo. Quando si voleva sollevare la portiera, la si mitologici o floreali. Molti ambienti erano completamente coperti da una volta a botte, oppure a sesto

appoggiava a delle mensole bronzee che erano fissate, a questo scopo, ai pilastri laterali. Per difendere poi

ribassato; erano frequenti anche volte a crociera impostate su pennacchi, per bagni e specialmente per i l’atrio dai raggi del sole, un’altra tenda era stesa sotto il compluvium. Anch’essa era scorrevole per mezzo calidarium. La decorazione poteva essere completamente a rilievi di stucco o ad affresco, ma molto spesso di anelli e la si poteva stendere e ritirare mediante un cordone, che veniva legato ad un anello fissato ad una le due tecniche si trovano riunite. Alcuni soffitti dipinti a disegni geometrici, di tinte vivaci su fondo colonna ad angolo. La tenda del compluvium era color porpora (Ovidio Met. X 595) e avvolgeva quindi scuro, interrotti da pannelli figurati, sembrano fatti a imitazione di quelli a cassettoni di stucco. In alcuni l’atrio di una luce rossastra. Altre tende stavano alle finestre all’esterno del davanzale, anch’esse attaccate ambienti, specialmente i più eleganti,oltre ad un medaglione centrale, altri pannelli minori erano distribuiti a una serie di anellini metallici posti a breve distanza l’uno dall’altro e scorrevoli lungo un cordone. Agli agli angoli e lungo i lati, dipinti con figure di divinità o allegoriche o con scene mitologiche, legati fra loro angoli della finestra erano quattro arpioncini ai quali si attaccavano i due anelli delle estremità della tenda. da un sistema decorativo a pittura e a stucco, con fasce, cordoni, rose e festoni pendenti. 7. 5.

Balconi: è stata rilevata l’esistenza di tre tipi di balconi. Il più semplice è quello pompeiano, in

Pavimenti : pavimentazioni più semplici ed altre più articolate coesistevano anche nella stessa legno, formato da un piano di travi orizzontali distanti circa una metro l’uno dall’altro, incastrati nella

casa. Il tipo più elementare di pavimento, il semplice battuto, o anche l’opus spicatum, venivano di solito muratura e sostenenti un semplice impalcato di legno. Una seconda forma è data da una serie continua di utilizzato in ambienti rustici o secondari, come stanze di servizio, dispense, corridoi, cucine, talora nelle volte a botte sostenute da grandi mensole di travertino incastrate fortemente nel muro in corrispondenza fauces e negli atri; erano poi frequenti le latrine e i corridoi pavimentati da semplici lastroni di terracotta. dei muri trasversali. Serve di coronamento una semplice cornice di mattoni, sporgenti circa 20 cm; il A volte, era usato come pavimento un piano cementizio, ma la tecnica più usata era sicuramente quella parapetto di cui non rimangono tracce, poteva forse essere in muratura; il piancito è formato da un piano dell’opus signinum: il cocciopesto, ora grossolano, ora fine, col fondo color rosso mattone, disseminato di tegoloni bipedali rivestiti di cocciopesto. Un terzo tipo ha la forma di un grande guscio con la linea di pietruzze bianche o di pezzettini di marmo, oppure ornato di disegni, in gran parte geometrici, formati d’imposta orizzontale e le generatrici dell’intradosso parallele a questa linea. Quando la linea d’imposta da tessere marmoree bianche o nere; il fondo è talora dipinto di rosso per far meglio risaltare le tessere. taglia a metà l’apertura di un vano, allora il guscio viene lunettato per sviluppare liberamente il motivo Per quanto riguarda i mosaici, i più frequenti sono quelli a tessere bianche e nere (opus tassellatum); delle finestre. Il coronamento di questo terrazzo è costituito da una cornice di mattoni e il piancito è in il disegno, spesso limitato a un emblema centrale e ad una fascia che lo circonda, riguardava motivi cocciopesto; il frontalino del gocciolatoio è formato da piattabande con le imposte in corrispondenza del geometrici, floreali o figurati, scene di caccia, di palestra, di navigazione. Vi sono anche mosaici colorati: piedritto del guscio, oppure il frontalino ha la forma di una gola dritta. le tessere sono fatte con marmo, anche di sette o otto millimetri di lunghezza e cinque di spessore. A volte, il mosaico disegnava il posto dei mobili, per esempio quello della tavola nel triclinio, mediante una 8.

Portici e botteghe: si ritrovano lungo le strade più larghe (Decumano e via del Tempio) ma anche

scacchiera, e il posto dei letti mediante rettangoli bianchi. Nei cubicola il disegno accentuava la divisione su quelle minori, come via della Fortuna. E’ naturale supporre che le case con portici avessero, al di

22


sopra di questi, dei terrazzi in forma di loggiati sostenuti da pilastri o da colonne come li ha immaginati il delle Colonne, la Domus di Amore e Psiche o la Domus dei Pesci), sono state ritrovate iscrizioni funerarie Gismondi. Quando la casa è a portici, le botteghe occupano tutta la fronte del piano terra.

utilizzate come lastre di rivestimento; è probabile che la spoliazione di questi sepolcri non sia avvenuta contestualmente alla creazione dell’una o dell’altra casa, ma che queste epigrafi provengano da settori di necropoli ostiensi caduti in disuso e che siano state raccolte e depositate in magazzini per essere vendute

9.

Angiporti e Scale: l’angiporto è in Ostia un passaggio coperto che unisce le due facciate della casa come crustae marmoree o messe a disposizione dei costruttori e dei restauratori. La spoliazione e la raccolta

sia che il caseggiato sia tra due strade, sia che stia tra una strada e una area privata. Talvolta si aprono sotto di lastre riguardò anche importanti monumenti pubblici di Ostia che avevano perso la loro funzione, come di esso gli ingressi agli appartamenti del piano terra. Le scale, per via dell’altezza delle scale ostiensi, i Fasti Ostienses. Ancora, l’età diversa a cui sono attribuibili le sculture ritrovate nelle domus, fa pensare sboccano direttamente sulla strada e sul cortile interno, e la loro distribuzione è studiata in modo da alla possibilità che anch’esse provenissero da magazzini in cui erano state raccolte statue antiche che rendere indipendenti le comunicazioni tra i varii appartamenti. Le scale sono tutte in muratura e la loro poi venivano rivendute. Allo stessa maniera, esistevano magazzini che trattavano materiali diversi dal forma predominante è quella con branche comprese fra le due pareti in muratura. A sostegno dei gradini è marmo, ad esempio i laterizi: in particolare la pratica di riuso delle tesserae di reticolato e di mattoni risale preferibilmente adoperata la volta a botte saliente. I pianerottoli sono sostenuti da volta a botte, lunettata fin dal III secolo. In diversi magazzini venivano stoccati anche elementi architettonici ex novo; a questo o no, secondo i casi, oppure da piccole volte a crociera. Gli scalini sono di travertino o di mattoni, oppure

proposito sono molto interessanti i capitelli compositi a foglie lisce, scolpiti appositamente in marmo

collo spigolo in legno. Ai piani si sale generalmente con una sola branca di scale, e, di solito, le branche lunense per la caratteristica architettura delle domus tarde e che si distinguono facilmente dagli elementi e i ripiani sono ciascuno sopra la medesima colonna. Decorativamente dove non vi siano portici, le scale di reimpiego per lo stile e le dimensioni standard (altezza media 27-30 cm, ovvero un piede), derivanti quasi sempre sono contrassegnate sulla facciata, da lesene e timpano, come gli ingressi delle abitazioni a da una produzione in serie. Il prevalente impiego di capitelli non rifiniti, proprio nella seconda metà del piano terra e come queste avevano la loro porta a due sortite.

IV secolo e nei primi decenni del V, dovette essere determinato da esigenze di risparmio di tempo nella loro lavorazione, in un periodo di grande richiesta parte di una committenza, per lo più privata, che non

10.

Igiene della casa: in ogni casa vi erano due tipi di canale di scarico : uno formato da un incasso poteva rivolgersi a grandi officine, impegnate soprattutto nell’edilizia pubblica di committenza imperiale.

rettangolare nella muratura ricavato in costruzione e in cui dovevano essere applicate delle tegole chiuse Anche se la loro origine fu dovuta ad esigenza tecniche, i capitelli compositi a foglie lisce divennero da murature o da intonaco nella parete esterna; l’altro ottenuto murando nel muro tubi di coccio. Il primo comunque una forma decorativa indipendente, utilizzata non solo ad Ostia e Roma, ma in altre aree del tipo fa giustamente pensare a scarichi di latrine.

Lazio, in Toscana, Campania e in Africa. Per quanto riguarda le basi delle colonne, esse presentavano una scotia, a volte piuttosto alta, e un toro superiore dai profili schematici: la prima aveva una concavità poco

2.3 La decorazione marmorea delle domus tardo antiche

accentuata, il secondo aveva ancora la forma cilindrica della fase di semilavorazione. A volte elementi nuovi venivano accostati ad altri di reimpiego, come le basi con i tori dall’accentuata curvatura risalenti

I mutamenti economici e le trasformazioni urbane che investirono Ostia in seguito all’accrescimento del al I o II secolo e riutilizzati sotto i fusti all’entrata del grande salone della Domus dei Pesci; queste basi prestigio di Porto, quale magazzino delle merci destinate a Roma, determinarono cambiamenti anche sembrano derivare da due piedistalli intagliati contemporaneamente e che sono stati segati poco sotto il nell’organizzazione delle attività edilizie: i cantieri diventarono quasi sempre di piccole dimensioni e ci coronamento al momento del riuso. si impegnò soprattutto nel restauro degli edifici pubblici ancora in uso e nella ristrutturazione di impianti più antichi di domus e di luoghi di culto mitraici o cristiani. Nelle case tarde ostiensi sono scarsamente testimoniati capitelli ionici e basi di importazione tasia o proconnesia, come quelli ritrovati nel deposito del tempio dei Fabri Navales e databili al IV – V secolo, o comunque basi ed elementi architettonici realizzati con materiali diversi dal marmo lunense. Inoltre, in molte domus tardoantiche (fra cui la Domus

23


2.4 La Domus dei Pesci (IV,III,3) – Descrizione dell’impianto

L’ingresso, ubicato verso la piazzetta a nord più vicina al Foro, era situato ad un livello pavimentale particolarmente alto rispetto a quello dello spiazzo. Una gradinata, di cui parla Becatti e di cui oggi non

Tipici esempi di architetture del tardo impero sono la Domus dei Dioscuri, la Domus di Amore e Psiche, resta traccia, conduceva all’entrata: un’ampia porta fiancheggiata da due lesene laterizie con gradinata la Domus dei Pesci, la Domus delle Colonne. Tali dimore si estendono sia nel quartiere a sud del tratto e soglia di travertino, che immette nel vestibolo A con una piccola porta laterale che doveva funzionare orientale del Decumano Massimo, lungo la via della Fortuna Annonaria, lungo la Semita dei Cippi, sia ad quando si teneva chiusa quella maggiore. Il vestibolo, le cui pareti erano intonacate e dipinte, è decorato ovest del tratto meridionale del Cardo Massimo lungo la via della Caupona del Pavone, sia nel quartiere sul pavimento da un mosaico a grosse tessere bianche frammiste a giallo antico, portasanta e bordatura a tessere nere, che presenta al centro, entro una cornice nera a denti di lupo, un riquadro in serpentino verde

occidentale della città.

La Domus dei Pesci, venuta in luce durante la campagna di scavi del 1938-1942, deve il suo nome nel quale è raffigurato un calice bianco con all’interno un pesce in serpentino rivolto verso destra, mentre dall’emblema centrale del mosaico del vestibolo ed è limitata a sud da via della Caupona del Pavone, a altri due pesci in porfido rosso sono ai lati del calice, in posizione araldica. L’inconsueta raffigurazione è nord si svolge lungo una piazzetta rettangolare sulla quale si apre l’ingresso principale, mentre negli altri stata interpretata come una conclamata affermazione di cristianesimo da parte del proprietario della ricca due lati si addossa ad altre due case coeve. La domus è stata ricavata, come quella adiacente delle Colonne, casa; Becatti considera l’emblema quasi un saluto, una protezione divina. Nella prospettiva dell’esegesi in un’abitazione preesistente a cortile porticato, forse della prima metà del III secolo , che è stata in parte cristiana R. Meiggs elabora una articolata ipotesi tentando di porre in relazione la Domus dei Pesci con trasformata con muri di opera listata a filari di tufelli rettangolari alternati a filari di mattoni. Dell’impianto la storia di Gallicanus. Egli infatti sostiene di poter riconoscere in questa domus l’abitazione di Hilarinus, primitivo rimane soprattutto il cortile interno e l’ambulacro su due lati, mentre un radicale rifacimento resa più spaziosa con i donativi di Gallicanus. Gallicano infatti deve essere stata una figura preminente tra i personaggi della prima chiesa ostiense. Abitando ad Ostia egli sarebbe diventato amico di Hilarinus

hanno subito gli elementi intorno.

e avrebbe provveduto a sue spese all’ampliamento della casa di quest’ultimo per offrire ospitalità ai pellegrini, e avrebbe eretto una chiesa, che viene detta dedicata a San Lorenzo. Sotto Giuliano, in seguito alla confisca dei beni dei cristiani, Gallicano, fuggito ad Alessandria, sarebbe stato perseguitato e ucciso. La stessa fine avrebbe patito Hilarinus. La critica moderna ha assunto atteggiamenti diversi nei confronti di questo racconto. Grégoire e Orgels identificano Gallicano con il console del 330. L’Hilarinus di Ostia sarebbe invece da identificare con Hilarianus, console cristiano nel 332. Champlin invece pensa di poter storicizzare la figura di Gallicano, riconoscendolo nel console del 317 Ovinius Gallicanus, già noto in età tetrartica a Teano. Tuttavia non vi sono numerose incongruenze storiche che non permettono di storicizzare questa narrazione. La valenza cristiana della domus dei Pesci è stata recentemente messa in discussione dal Brenk il quale nega che il pesce abbia un valore eucaristico collegato al calice, pur riconoscendovi, se mai, una sorta di ambigua illusione, che pone, in ogni caso, irrisolti problemi di iconografia e di contenuti. fig 1. Pianta della domus elaborata da Becatti. Si osservi

come

dell’ambiente tamponata

l’apertura P

risulti

Certo è che comunque la casa non si differenzia, a giudicare almeno da una statuetta di Fortuna che vi è stata ritrovata, dalle altre domus tardoantiche ostiensi. L’interpretazione cristiana dell’emblema ha inoltre condizionato la lettura delle fasi edilizie dalla domus, essendo chiaro che tali simboli, se cristiani, difficilmente avrebbero potuto ritenersi così orgogliosamente presentati prima dell’affermazione definitiva del cristianesimo. Due scalini marmorei fiancheggiati da semicolonne laterizie (una volta stuccate) scendono nell’anticamera

24


B, che presenta un mosaico bianco sul pavimento e le cui pareti erano ugualmente intonacate; un’ampia analogo a quelli della Domus delle Colonne e del Tempio Rotondo, con un cortile centrale ai cui lati si porta con gradino immette nell’ambulacro del cortile interno, che è pavimentato da un mosaico geometrico aprono, delle stanze tutte messe in comunicazione tramite un ambulacro avvolgente su tre lati: si tratta di con poligoni curvilinei bianchi su fondo nero. A sinistra si apre la saletta C, cui si sale per un gradino una caratteristica costante delle domus tardoantiche ostiensi, in cui il cortile a peristilio o porticato viene rivestito in marmo e che era riscaldata da coppie di tubature fittili su tre lati, con tracce di zoccolatura e di separato in due aree (ambulacro e zona centrale) da setti murari finestrati inseriti fra le colonne o i pilastri, pavimento marmorei. Il riscaldamento era praticato dall’ipocausto nel piccolo ambiente più basso (D) che mentre l’area centrale si arricchisce di fontane, ninfei pozzi e vasche. Nel lato nord del cortile è stata aveva ingresso esterno e nel quale si trova anche un forno in muratura rivestito internamente in pietra

trovata una statuetta di Fortuna con cornucopia. Un piccolo recesso (I) con soglia marmorea e pavimento

lavica. Accanto, a un piano rialzato, c’è la cisterna (E); si tratta di un serbatoio voltato alimentato da a mosaico a grosse tessere, si apre nell’ala nord del cortile e l’ala opposta è, invece, occupata da una acquedotto di forma quadrangolare con muratura in opera listata, costruito in epoca tarda (IV secolo) che stanzetta (M) con pavimento ad un piano rialzato da suspensurae con tubature fittili lungo la parete sud del doveva servire, quale piccola conserva d’acqua, ad alimentare le varie vasche del cortile. Con grande cortile per il riscaldamento che si effettuava tramite un ipocausto ricavato nel piccolo vano L; mentre probabilità la cisterna era alimentata dal grande serbatoio del Viridarium (Reg. IV, IV 8-9), ma non si all’ipocausto si accedeva dal cortile, alla stanzetta M si entrava con un alto gradino dal grande salone N esclude anche l’immissione di acqua piovana. (Dimensioni: larghezza esterna m. 3.50; Interna m. 2.50. che si apriva nel lato sud del cortile, occupando tutta la larghezza dell’ambulacro primitivo. Questo è Lunghezza esterna m.3.20; Interna m. 2.30. Altezza m. 1.20; capacità 6325 litri). A destra dell’ingresso c’è l’ambiente più nobile e grandioso della domus con un ampio ingresso diviso da due colonne marmoree in l’ambiente F che aveva le pareti intonacate. Nella testata est dell’ambulacro vi è la saletta H, servita da bigio antico (forse proveniente da Lesbo, alt. cm 290, diam. inf. cm 37) di riuso, con basi attiche in marmo un’ampia porta da cui riceveva luce; essa è decorata da un finissimo pavimento in opus sectile a marmi lunense, anch’esse di reimpiego, dotate di sottoplinto di diversa altezza (a sinistra: alt. cm 16,8, alt. plinto policromi (giallo antico, portasanta, fior di pesco ed altri) levigati a formelle geometriche con croci di cm 3,8, alt. sottoplinto cm 5, lato sottoplinto cm 57), che in origine doveva costituire il coronamento del Malta inscritte e un rettangolo centrale con disco in granito, rettangoli policromi e pelte. Si tratta di un piedistallo insieme a cui erano state intagliate le basi e che poi fu segato al momento del riutilizzo; i pavimento di grande accuratezza tecnica e di semplice e raffinata eleganza. Le arcate del cortile originario capitelli delle colonne (alt. cm 35) sono una variante schematica dello stile composito e presentano due vennero tutte chiuse nell’impianto della domus tramite leggere tamponature laterizie, che forse presentavano giri di otto foglie senza nervatura; altre caratteristiche dei capitelli sono: una sbozzatura dei viticci fioriti delle aperture in alto, caratterizzate da strette banchine alla base verso l’ambulacro che costituivano sedili tre le foglie della seconda corona; l’orlo del kalathos separato dall’echino tramite un astragalo liscio; all’ombra del corridoio; fu lasciata aperta solo l’arcata dinanzi all’ingresso. Il cortile era pavimentato con l’echino liscio alle cui estremità, su ogni lato, si sovrappongono le semipalmette nascenti dal disco liscio un mosaico bianco-nero a scacchiera che, insieme a quello dell’ambulacro, era forse preesistente delle volute; un canale delle volute riempito da un elemento decorativo liscio (da cui doveva ricavarsi la all’abitazione perché presenta tessere piccole usate soprattutto nel III secolo. Nel centro del cortile (G) c’è fronda vegetale); una piccola foglia protezionale delle volute sotto gli spigoli dell’abaco; un abaco dai lati una vasca quadrata rivestita in marmo con dado marmoreo centrale sormontato da una piramide a gradini, concavi modananti con sottile ovolo superiore e cavetto e con disco al centro da cui doveva intagliarsi il anch’essa marmorea, costituenti cascatelle per l’acqua che sgorgava dalla sommità. Ma all’angolo nord- fiore dell’abaco. I capitelli, quasi identici a quelli di San Paolo fuori le Mura datati da Deichmann tra il ovest di questa vasca si addossò una posteriore e più ampia vasca semicircolare in muratura, posta fra due 390 e il 400, sono attribuibili alla prima metà del III secolo e sono forse di reimpiego dalla fase originaria pilastri del portico e che conserva ancora il fondo rivestito di marmi disegnanti nel centro un disco fatto di della domus. Ai lati delle colonne vi sono ante a semicolonne laterizie stuccate con sfaccettature piane più lastre irregolari tra le quali una che recava scolpito un delfino, asportata tempo fa. Questa vasca era dipinte di giallo. Due bassi parapetti in muratura chiudevano le due aperture laterali, la soglia una sorta di piccolo ninfeo absidato. Una terza fontana si trova sul lato est del cortile ed è costituita da un dell’intercolumnio centrale è marmorea ed aveva un leggero listello verticale esterno per impedire che basamento rivestito di marmo e sormontato da una nicchia, intonacata e delimitata da due lesene, che l’acqua piovana dal cortile entrasse nella sala, che si trova ad una quota più bassa. La sala conserva resti doveva contenere qualche statua e da una vasca quadrangolare rivestita in marmo e addossata al podio di una zoccolatura marmorea ed uno splendido pavimento musivo bianco-nero scompartito da una treccia (Dimensioni: lunghezza esterna: 2.40 m, interna: 1,60 m; larghezza esterna: 1.50 m, interna: 0.90 m; in 48 formelle decorate da vari motivi, geometrici e figurati stilizzati, fra cui una con due pesci affrontati altezza totale: 2.20 m, altezza vasca: 3.61 m). La Domus dei Pesci, presenta, in questo caso, uno schema

con tridente. Una porta laterale con soglia marmorea mette nell’ambiente di passaggio O, ricavato

25


nell’ambulacro, con pavimento a mosaico geometrico e diviso in due sezioni da due ante; molto caratterizzata da un percorso spezzato, che utilizza il cortile come “elemento di raccordo” In questo caso, probabilmente esso fu creato per funzionare da anticamera alla sala N. Dal vestibolo P una porta immette

questo tipo di percorso rivela l’intenzione di stupire il visitatore prolungandone l’attesa. In tal senso

nel piccolo sottoscala adiacente, con pavimento di cocciopesto; la scala era esterna ed indipendente dalla andrebbero anche interpretate le differenze di quota tra gli ambienti attraversati. Finalizzata sempre a far domus, come la taberna a destra dell’ambiente P. Due stanzette intercomunicanti (Q ed R) si aprivano con

colpo sull’osservatore doveva essere la decorazione marmorea delle pareti e dei pavimenti; specialmente

soglie marmoree sull’ambulacro ovest e, dalla seconda, si innestava una scala in muratura che saliva al per i rivestimenti parietali, l’evidenza di fori per grappe sulle pareti mostra come anche il programma piano superiore che si svolgeva in quest’area; tale scala ne ha modificato una preesistente, con scalini in ornamentale della casa seguisse lo stesso intento della celebrazione della propria condizione agiata. travertino, che saliva dal piccolo vano S, una sorta di uscita di servizio verso la piazzetta. Tutta la domus, quindi, gravitava attorno al cortile centrale che serviva da sorgente di luce per quasi tutti gli ambienti, fatta eccezione per il protiro che si affacciava su strada. Durante gli scavi sono emersi circa 25 frammenti di 2.5 La Domus dei Pesci (IV,III,3) – Fasi costruttive iscrizioni funerarie, delle quali una adoperata come chiusino dell’acqua e altre messe in opera come rivestimenti dei pavimenti e delle pareti.

Della prima fase, che per Becatti corrisponderebbe al primo impianto della domus, mentre per Pavolini fig. 2 Schema dell’andamento delle due

sarebbe riferibile a un’insula con cortile porticato preesistente, resta ben poco dopo la radicale trasformazione

rampe di scale con ipotesi del loro pro-

che l’edificio subì in età tardo antica. A tale fase sarebbero ascrivibili i pilastri in opera laterizia del cortile

seguimento verso un secondo livello.

interno e tratti del muro perimetrale nord e sud in opera mista. Questo originario impianto è stato datato

Entrambe confluiscono sul pianerottolo,

da Calza al II sec. d.C., datazione con la quale concorda Pavolini. Becatti invece attribuiva l’edificio

per cui è ipotizzabile che in una deter-

alla metà del III sec. d.C., a seguito dello studio dei mosaici geometrici del cortile e dell’ambulacro, a

minata fase potessero coesistere.

piccole tessere bianche e nere che egli riteneva in fase con il primo impianto dell’edificio. Tale datazione era coerente con quella dei muri perimetrali proposta da Gismondi che vi riconosceva un’opera mista particolare che riutilizza tessere in reticolato provenienti da edifici in rovina, disponendole in vario modo, associate a laterizi. Recentemente il persistere dell’opera mista ancora nell’edilizia privata di epoca tarda è stato messo in rilievo da J.H. Van Dalen, che riporta gli esempi della domus delle Gorgoni (175-200 d.C. ca.), della domus dei Pesci (250 d.C. ca.), della casa di Annio (Antonino Pio) e di quella del Tempio Rotondo (300-325 ca.). Al secondo momento progettuale e costruttivo risalirebbe la costruzione degli

Ogni accorgimento dell’impianto della domus doveva servire a stupire l’ospite: dall’ingresso monumentale ambienti a nord, il rifacimento degli ambienti intorno al cortile, in particolare la saletta H, e la sala N. al percorso “discendente” che sottolinea l’entrata e il passaggio da una stanza all’altra; questo preciso Questa, l’ambiente più nobile della domus, sfrutta tutta la larghezza dell’ambulacro primitivo, presenta programma intenzionale sembrerebbe comprovato dal fatto che, mentre tutti gli altri intercolumni del un mosaico scompartito da una treccia bianca su fondo nero in formelle quadrate decorate da vari motivi cortile erano stati chiusi da tramezzi, rimaneva aperta solo l’arcata dinanzi all’anticamera; di qui lo e un ingresso monumentale scandito da due colonne di marmo, le cui aperture laterali erano chiuse da sguardo di chi entrava poteva, finalmente, spaziare nel cortile, dove veniva colpito dalla magnificenza bassi parapetti in muratura. Anche nel cortile intervengono modifiche: oltre all’aggiunta della fontana della decorazione marmorea delle fontane, dal prospetto del ninfeo a nicchia absidata, dalla sala principale, semicircolare, si chiudono, con tramezzi laterizi, le aperture tra i pilastri, ad eccezione di quella di fronte il cui accesso era nobilmente scandito da colonne. Quest’ultimo ambiente non si presenta in asse con alle nuove stanze A e B che fungono da entrata monumentale alla domus. Con le nuove stanze aggiunte l’ingresso, ma leggermente disassato rispetto ad esso: si tratta di una delle soluzioni adottate dall’edilizia sul lato nord, la domus raggiunge una superficie di più di 400 mq, senza contare la presenza di un secondo privata tardoantica nella scelta dei percorsi preferenziali attraverso i quali guidare i visitatori, quella cioè piano sull’ala occidentale della casa, a cui si accedeva tramite una scala in mattoni tuttora riconoscibile

26


nell’ambiente R. Calza pensa che la seconda fase sia databile alla fine del III sec., o all’inizio del IV sec.. I risultati raggiunti con lo studio analitico delle murature hanno portato T. L. Heres a datazioni differenti rispetto a quelle comunemente acquisite. A differenza della maggior parte delle domus tardoantiche, quella dei pesci sarebbe sorte ex novo in una zona libera da preesistenze e non avrebbe sfruttato o incluso strutture precedenti. Farebbe parte della “prima generazione” di domus ostiensi, quelle cioè costruite tra la tarda età severiana e quella costantiniana e caratterizzate da una pianta simmetrica, consistente in un cortile circondato da porticati ad arcate laterizie. Scendendo in una analisi strutturale della domus, la Heres legge nei paramenti murari della casa una storia edilizia articolata in quattro fasi cronologiche molto ravvicinate tra loro. Nel primo periodo gli intervalli tra i preesistenti pilastri in sottili mattoni rossi costituenti l’affaccio occidentale della domus delle Colonne databili alla fine del II sec. d.C. vengono colmati con muratura di laterizi gialli più spessi, costituendo così un muro continuo che marca un limite del lotto e l’inizio della fabbricazione della nuova unità immobiliare (ca. 240 d.C). La costruzione sarebbe seguita nel decennio successivo, quando si innalzano i muri perimetrali settentrionale e meridionale, l’ambulacro, i pilastri divisori tra quest’ultimo e il cortile, le stanze che gli si aprono intorno, e le prime due fontane. Nel terzo periodo, solo pochi anni dopo, i cambiamenti sarebbero stati minori, fino all’ampliamento con la creazione, nel quarto periodo, tra il 260 e il 270 d.C., degli ambienti a nord del muro perimetrale settentrionale, tra cui il vestibolo e l’anticamera. Questa trasformazione è relizzata in opera vittata del tipo chiamato dall’autrice A, in cui ad un filare di laterizi segue un filare di tufelli rettangolari, il cui uso generalizzato risalirebbe alla metà del III sec. d.C. fig 1. Pianta della datazione delle murature elaborata da T. L. Heres

27


fig. 2. EtĂ severiana

fig 4. 240 d.C.

fig. 3. 230-240 d.C

fig. 2-3-4-5-6 Datazione delle murature della domus dei Pesci secondo le indicazioni fornite da T. L. Heres. fig. 5. 250 d.C.

fig. 6. 275-300 d.C.

28


2.6 La Domus dei Pesci (IV, III,3) - Sondaggio stratigrafico

Successivamente, dopo aver rasato la struttura precedente in reticolato, venne realizzato il muro in opera mista, dotato di fondazione a vista in opera vittata. In connessione con questo intervento costruttivo il piano di calpestio è ancora in battuto, il che suggerisce che anche in questa fase l’area indagata fosse scoperta. Lo studio dei materiali contenuti negli strati connessi alla costruzione in opera mista consente una datazione alla fine del III secolo d.C. (Periodo 4). L’ultima fase edilizia, quella relativa all’ampliamento della domus con la costruzione degli ambienti A e B in opera vittata (Periodo 5), va quindi datata successivamente alla fine del III secolo d.C. e l’indagine del materiale rinvenuto indicherebbe una datazione non troppo discosta da questo termine, all’inizio del IV secolo d.C.. Tuttavia, la seriazione cronologica ricavata dallo scavo dell’ambiente non necessariamente può applicarsi al contiguo ambiente A. Il confronto tra i due pavimenti musivi mostra infatti delle significative differenze che, in mancanza di verifiche, non consentono di considerarli coevi. Il mosaico dell’ambiente B si discosta da quello coi pesci sia per le dimensioni più piccole delle tessere, sia per l’assenza di cromatismo. Viene da pensare che il mosaico dei pesci vada fatto risalire ad un intervento ancora successivo e, se a tale intervento si accompagnò anche una riparazione degli altri pavimenti della casa, non si può escludere che a questa ultima fase edilizia possano ricondursi i frammenti ceramici del V secolo rinvenuti nello scavo dell’ambiente B. L’ambiente B della pianta che figura nel lavoro di Becatti è larga circa 3,80 m. e lunga 4,40 m. Lo scavo è arrivato fino alla US 85 (Unità stratigrafica) al livello del mare costituito dalla duna sabbiosa e privo di

fig 1. Pianta dell’anticamera B

componenti artificiali.

Un sondaggio stratigrafico ha interessato l’anticamera B. La stanza appartiene alla seconda fase costruttiva, -

Periodo 1: a questo periodo appartiene la prima unità stratigrafica, un riempimento artificiale della

ed è quindi caratterizzata dalla nuova tecnica edilizia, l’opera vittata, che però si addossa, sfruttandolo superficie orizzontale (US 83), collocato immediatamente al di sopra dello strato di sabbia vergine e come suo limite meridionale, al muro perimetrale settentrionale in opera mista, del primo impianto del che giunge fino a un metro di spessore. Questo strato è composto da terra argillosa molto compatta, complesso. Questo muro rappresenta quindi un punto di tangenza tra le due fasi. Si è potuto verificare con concentrazioni di resti organici e artificiali. Si pensa che si tratti di terra prelevata da un deposito che il primo intervento documentato risale all’età domizianea. Lo scavo ha infatti rilevato che il muro in alluvionale. Si deve trattare di una operazione di riporto per rialzare il piano di frequentazione. Manca un opera mista che funge da muro perimetrale settentrionale del primo impianto della domus è sovrapposto piano battuto di calpestio, per cui sarebbe forse da considerare in connessione alle sequenze del periodo ad un muro in reticolato di eguale andamento e probabilmente di analoga funzione perimetrale, come successivo. indicherebbero sia le solide fondazioni, sia l’assenza di un vero e proprio piano pavimentale (Periodo 2). Nello scavo sono poi stati riconosciuti una serie di battuti che si sovrappongo l’uno all’altro e che -

Periodo 2: il secondo periodo è caratterizzato da strati di rialzamento in funzione della creazione

corrispondono ad ulteriori fasi di vita della zona indagata, evidentemente sistemata a giardino, come di una struttura muraria in opera reticolata con fondazione di altezza complessiva 1,90 metri, in opera indica la presenza di canalette, buche di palo e buche più ampie per l’alloggiamento di piante erbacee o di cementizia gettata contro terra. Questa è realizzata con due tecniche differenti, la parte inferiore è stata piccolo fusto. Quest’uso dell’area indagata sembra protrarsi per oltre un secolo, almeno fino alla metà del gettata in un cavo che scende fino alla superficie della duna sabbiosa, la terminazione superiore invece è III sec. d.C., e presuppone che il muro in reticolato sia rimasto in uso fino ad allora (Periodo 3, fasi I-IV).

stata realizzata entro una cassaforma lignea, di cui sono visibili le impronte di alcune tavole. La fossa di

29


fondazione del muro è stata scava da m. 1,55-1,70 s.l.m., quota alla quale è stato trovato un sottile battuto di terra sabbiosa e priva di materiali. La fondazione non ha un profilo perfettamente verticale, ma tende a restringersi verso il fondo. Sulla fondazione (m. 1,84 s.l.m.) si imposta un muro in opera reticolata, rasato ad un’altezza di 52-54 cm a causa della sovrapposizione di una muratura in opera mista. I cubilia del reticolato (lato ca. cm 9) sono legati da una malta grigia molto compatta. Il primo piano di calpestio si trova alla quota di spiccato della muratura (m. 1,90 s.l.m.)L’imponenza dell’interro (spessore massimo 94 cm.) e la cronologia ricavabile dai materiali suggerisce la relazione con la grande operazione di rialzamento del piano urbano di Ostia in età domizianea. Allo stesso periodo è databile quindi la struttura in reticolato; le dimensioni delle sue fondazioni e la mancanza di un vero e proprio piano pavimentale fanno pensare che si tratti di un muro perimetrale, il cui lato evidenziato si affacciava su un’area aperta che doveva essere sistemata a giardino.

-

Periodo 3: si protrae per quasi un secolo (inizio II secolo- inizio III secolo d.C.) ed è caratterizzato

da una serie di battuti che corrispondono ad altrettante fasi di vita della zona indagata, da interpretare come sistemazioni a giardino, a causa della presenza di canalette, buche di palo e buche più ampie dove

fig 2. Sezione a-b

potevano essere alloggiati arbusti. Durante questo periodo il muro in reticolato doveva continuare ad essere in uso. 1.

Fase I : si tratta di una sequenza di battuti e canalette che sono ancora in probabile connessione con

il muro in reticolato; la cronologia degli strati rinvenuti riconduce all’inizio del II secolo d.C., indicando quindi una sistemazione molto ravvicinata dell’area a giardino. 2.

Fase II: segue un ulteriore rialzamento (spessore massimo 15 cm) con US costituite da una matrice

argillosa e materiale archeologico rappresentato per lo più da frammenti di intonaci, al di sopra è stata messa in luce una serie di battuti molto compatti e dello spessore di pochi centimetri. Sembra trattarsi di successive azioni di ripristino del piano di calpestio, forse in connessione con risistemazioni dell’area a giardino, di cui rimangono tracce in negativo, in forma di buche e canalette. La cronologia dei materiali rinvenuti sembra circoscrivibile alla seconda metà del II secolo d.C. 3.

Fase III: vi è una cesura cronologicamente significativa con il battuto successivo databile all’inzio

del III secolo d.C. e costituito da terra argillosa con numerose componenti artificiali. (2,46 mt slm) 4.

Fase IV: si ripristina l’orizzontalità dell’area a una quota di 2,78 m slm, colmando il dislivello

che si era andato a formare nella zona meridionale. La datazione di questo strato di rialzamento e delle successive fasi a giardino è circoscrivibile alla prima metà del III secolo d.C. Ad esso si sovrappone una piano di calpestio costituito da un battuto tagliato da una canale con andamento est-ovest. Seguono altri

fig 3. Sezione d-g

30


battuti che ricalcano i precedenti. L’ultimo strato relativo a questo periodo, è posto ad una quota di ca. 3,10 m slm. Si tratta di un battuto che copre tutto l’ambiente e risulta tagliato a sud dal cavo di fondazione del muro in opera mista che si imposta sul precedente muro in reticolato.

-

Periodo 4: si realizza la fondazione a vista. Per la costruzione della parte inferiore della stessa è

stato effettuato un taglio che h interessato le sequenze stratigrafiche precedentemente descritte e che ha comportato la rasatura del muro in reticolato su cui è stata impostata la nuova struttura, la quale sembra ricalcarne perfettamente l’orientamento. Il cavo (prof 60 cm, largh, sup, 48 cm), dai margini piuttosto netti, si restringe leggermente verso il basso. La fondazione (alt 1 metro) è realizzata in opera vittata, caratterizzata dall’alternanza di sei filari di laterizi (spess. Cm 2,5-3) e di sei che riutilizzano cubilia di reticolato disposti orizzontalmente, legati da malta di colore grigio molto compatta. La misura di tali elementi (lato cm 7) impedisce di ritenerli provenienti dalla struttura precedente. Il cavo è stato riempito con due gettate differenti per composizione e colore. Ricolmata la fossa di fondazione, due strati di rialzamento (ognuno di spessore massimo 30 cm) hanno sollevato il piano fino alla quota di 3,50 m slm corrispondente allo spiccato del muro e al nuovo livello di calpestio. E’ probabile che da questo piano si

fig 4. Sezione h-e

sia costruito l’alzato del muro in opera mista. Alla quota di 3,42 mt slm il muro presenta l’alloggiamento di una soglia che conduceva all’ambulacro della domus. Questa fu successivamente asportata e ricollocata ad un livello superiore (3,60 m slm) mediante una piccola gettata di cementizio realizzata contro terra (spess. 18 cm) quando il piano pavimentale del vano fu rialzato). Il più antico piano di frequentazione correlato con il muro in opera mista è il battuto posto al livello della soglia originaria. L’assenza di un vero e proprio pavimento fa pensare che ancora in questa fase l’area in esame fosse scoperta. Lo studio dei materiali negli strati connessi alla costruzione del muro suggerisce una datazione entro la fine del III secolo d.C.

-

Periodo 5: questo è il periodo della definitiva trasformazione della domus nelle forme che presenta

attualmente. In particolare nel vano studiato vengono erette le pareti nord, est e ovest, con fondazioni gettate contro terra. Quella della parete ovest (alt ca. 1 m) è sormontata da un marcapiano in bipedali che manca invece nella fondazione della parete est. La fondazione della parete nord sembra essere stata costruita avendo in progetto la presenza di un’apertura, visto che è più alta ai lati (prof. Mass 1 mt) rispetto al tratto mediano, dove non scaricava il peso di una muratura. Sull’angolo nord-ovest del vano è stata evidenziata una concentrazione di malta e materiale edilizio molto compatta, che, data la probabile connessione con un foro per lo scolo dell’acqua che attraversa il muro, potrebbe essere interpretata come una moderno intervento conservativo, inteso ad evitare il ristagno d’acqua sul mosaico. Successivamente

fig 5. Prospetto della parete sud

31


alla creazione dei muri in vittato è stato innalzato notevolmente il livello pavimentale, mediante uno strato (spess. Mass. 40 cm) composto di varie gettate. Conseguentemente è stata rialzata anche la soglia in travertino della parete sud fi cui si è detto sopra. Al di sopra poggia direttamente lo strato di preparazione del mosaico, costituito di sabbia e calce, privo di materiali ceramici (spess. 12-18 cm, m 3,83 slm). La parte più superficiale, lungo i margini più superficiale, lungo i margini dell’ambiente e al centro, in corrispondenza di un’ampia lacuna evidenziata sul pavimento musivo, si presenta poco conservata. Al di sotto del mosaico si trova uno strato perfettamente orizzontale che copre tutto l’ambiente ad eccezione di un tratto ad est dove emerge una struttura in cementizio a mo’ di bancone caratterizzato dall’impronta di sbatacciature lignee nella faccia verso ovest. L’analisi dei materiali permette di proporre una cronologia agli inizi del IV secolo d.C..

fig 6. Particolare della parete sud

fig 7. Periodo 4. Particolare del rialzamento della soglia

fig 8. Periodo 5.Parete ovset. Partocolare delle fondazioni.

32


fig 9. Periodo 5. Parete nord, particolare delle fondazioni.

fig 11. Periodo 5. US 3

fig 10. Periodo 5. Particolare dell’angolo nord-ovest.

fig 12. Strato di preparazione del mosaico.

33


2.7 La Domus dei Pesci (IV, III, 3) - Cronologia documentaria Data

Descrizione

Riferimenti

81-96 d.C Epoca Domizianea

Primo intervento documentato in corrispondenza dell’anticamera (muro in reticolato)

Notizie dagli scavi di antichità, Serie IX, Volume XV-XVI, 2004-2005

I-II sec. d.C.

Datazione delle basi attiche delle colonne che segnano l’ingresso alla sala N

Notizie dagli scavi di antichità, Serie IX, Volume XV-XVI, 2004-2005

II secolo d.C

Notizie dagli scavi di antichità, Serie IX, Volume XV-XVI, 2004-2005 Calza e Pavolini datano a questo periodo l’impianto originario della Domus

161-175 193-235 Epoca severiana 210-235 Prima metà del III sec. 240 Metà del III sec. Metà del III sec. 240-250

Ritrovamento in opera nelle suspensurae della stanza riscaldata di sei bipedali muniti di bollo laterizio 211 di Faustina Minore

Scavi di Ostia, I. Topografia generale, pag. 226

Costruzione abitazioni lungo via della Caupona del Pavone

Scavi di Ostia, I. Topografia generale, pag. 153

Primo impianto, Domus dei Pesci e intorno

Scavi di Ostia, I. Topografia generale, pag.237

Pensabene data a questo periodo i capitelli che coronano l’ingresso alla sala N

Notizie dagli scavi di antichità, Serie IX, Volume XV-XVI, 2004-2005

Inizio della fabbricazione della nuova unità immobiliare (domus dei pesci) secondo la Heres

Notizie dagli scavi di antichità, Serie IX, Volume XV-XVI, 2004-2005

Fino a questo periodo area corrispondente all’anticamera sistemata a giardino, fino a questo periodo rimane Notizie dagli scavi di antichità, Serie IX, Volume XV-XVI, 2004-2005 in uso il muro in reticolato Becatti data a questo periodo l’impianto originario della Domus

Notizie dagli scavi di antichità, Serie IX, Volume XV-XVI, 2004-2005

Innalzamento dei muri perimetrali settentrionale e meridionale, dell’ambulacro dei pilastri, delle stanze che Notizie dagli scavi di antichità, Serie IX, Volume XV-XVI, 2004-2005 vi si aprono intorno e delle prime due fontane secondo la Heres

250

J.H. Van Dalen data a questo periodo la muratura in opera mista della domus

Notizie dagli scavi di antichità, Serie IX, Volume XV-XVI, 2004-2005

250-260

La Heres individua la terza fase, avvengono pochi cambiamenti

Notizie dagli scavi di antichità, Serie IX, Volume XV-XVI, 2004-2005

260-270

Quarto periodo secondo la Heres: creazione degli ambienti a nord del muro perimetrale settentrionale, vestibolo e anticamera, in opus vittata

Notizie dagli scavi di antichità, Serie IX, Volume XV-XVI, 2004-2005

250-300

Restauro della Caupona del Pavone

Scavi di Ostia, I. Topografia generale, pag.238

Fine III sec.

Realizzazione del muro in opera vittata sul muro in reticolato in corrispondenza dell’anticamera

Notizie dagli scavi di antichità, Serie IX, Volume XV-XVI, 2004-2005

Fine III sec.

Calza data a questo periodo la seconda fase di sviluppo della domus

Notizie dagli scavi di antichità, Serie IX, Volume XV-XVI, 2004-2005

Inizio del IV sec. Ampliamento della domus con la costruzione degli ambienti A e B in opera vittata (sondaggio stratigrafico) Notizie dagli scavi di antichità, Serie IX, Volume XV-XVI, 2004-2005 390-400 d.C

Becatti data a questo periodo i capitelli che coronano l’ingresso alla sala N

Notizie dagli scavi di antichità, Serie IX, Volume XV-XVI, 2004-2005

IV-V sec

Rifacimento Domus dei Pesci e domus contigue

1938-1942

Scavi condotti da Guido Calza, scoperta delle domus tardoantiche

Scavi di Ostia, I. Topografia generale, pag.238 G. Becatti, Case Ostiensi del Tardo Impero, Bollettino d’arte, n.2, 1948, pag. 102

34


2.8 La Domus dei Pesci (IV, III, 3) - Rilievo

35


2.9 La Domus dei Pesci (IV, III, 3) Rilievo e datazione delle murature


3. Schizzi ed eidotipi

fig.1 - Eidotipo delle paraste del protiro

fig.2 - Eidotipo delle colonne del vestibolo

37


fig.3 - Eidotipi delle fontane del cortile

38


fig.4 - Eidotipo delle colonne del vestibolo

fig.5 - Eidotipo dell’elemento piramidale della fontana rettangolare

39


fig.6 - Eidotipo delle colonne del tablino

fig.7 - Eidotipo della base della colonna (2) del tablino

40


fig.8 - Eidotipo della base della colonna (3) del tablino

fig.9 - Rilievo del cippo erratico posto fra le colonne del tablino

41


fig.10 - Confronto fra le quote del tablino e degli ambienti attigui. Visti i dislivelli e la posizione dei piani di imposta delle murature ipotizziamo che la quota attuale del tablino non corrisponda alla

fig.11 - Eidotipo e rilievo delle due

quota dell’ultimo piano pavimen-

rampe di scale negli ambienti R ed S

tale.

42


fig.12 - Analisi dello sviluppo urbanistico dell’intorno del caso di studio

43


fig.12 - Analisi delle datazioni degli edifici dell’intorno del caso di studio

44


4. Documentazione Fotografica 4.1 Fotografie della domus subito dopo gli scavi

1.

2.

1. Vista della corte interna. Si osservino l’elemento scultoreo posto nella fontana e la presenza dei capitelli sulla sommità delle colonne 2. Vista dalla corte interna verso l’atrio 3. Vista dal tablino verso la corte interna. Si notino il cippo sulla destra oggi collocato sulla soglia fra le due colonne e i resti di intonaco oggi, non più conservati, posti come rivestimento della semicolonna di ingresso al tabliano. 4. Vista dall’alto dell’ingresso della domus.

3.

4. 45


4.2 Fotografie della domus allo stato attuale

1. Vista del protiro della domus

3. Vista su via della Caupona del Pavone

2. Vista su via della Caupona del Pavone

4. Vista laterale del protiro, in primo piano i resti di un corpo scala

46


5. Vista dal fianco del protiro, in primo piano i resti di un corpo scala

6. Vista della cisterna e dell’ambiente in cui si trovano il forno e l’ipocausto. Ipotizziamo che nello spazio antistante i due ambienti si trovasse la cucina.

8. Vista del forno, questo si trova ad una quota inferiore rispetto all’ambiente antistante. 7. Vista della cisterna. Si trattava di un ambiente voltato.

47


9.

10.

9. Vista dell’interno del forno 10. Vista dell’ipocausto che riscalda il cubiculum (C) 11. Vista del lato destro del protiro, si osservi come probabilmente vi fosse un muro in opus vittatum che chiudeva l’ambiente

11. 48


13.

12

12. Vista del lato destro del protiro e del muro al quale probabilmente si addossava il muro che chiudeva l’ambiente 13. Vista de muro a cui si addossava il muro che chiudeva il fianco destro del protiro. 14. Vista dell’ambiente coperto pavimentato in opus sectile

14. 49


15. Cubiculum (C) con fusto di colonna erratico

17. Vista del tablino.

16. Vista del cortile

18. Dettaglio dell’ammorsatura della muratura alla base delle colonne del tablino. Risulta evidente che la muratura è stata aggiunta in un secondo momento.

50


19.

21.

19. Vista dell’ala sinistra del cortile (I), si notino le due cesure verso la cisterna. 20. Vista dell’ala destra del cortile (L). 21. Vista dell’ambiente L

20. 51


22. Vista del discendente nell’ambiente S

23. Vista della muratura entro cui si trova il discendente nell’ambiente S

24. Vista della muratura entro cui si trova il discendente nell’ambiente R

25. Vista della scala con gradini in marmo nell’ambiente S

52


26. Vista della scala con gradini in laterizio nell’ambiente R

27. Vista della volta sotto al pianerottolo

28. Vista della muratura in corrispondenza del pianerottolo delle scale. Si osservi come il doppio muro che costeggia le domus dei Pesci e del Garofano, dopo il pianerottolo diventi singolo.

29. Vista dell’impronta di una scala con accesso dalla via della Caupona del Pavone nell’ambiente J. Lato destro.

53


30.

32.

30. Vista dell’impronta di una scala con accesso dalla via della Caupona del Pavone nell’ambiente J. Lato sinistro. 31.Lacerti di rivestimento marmoreo nel tablino. 32. Tubuli nell’ambiente M 33. Muratura fuori piombo dell’ambiente P.

31.

33. 54


34. Vista da via della Caupona del Pavone della muratura corrispondente all’ambiente M. 35. Vista della fogna a cappuccina lungo la via della Caupona del Pavone. Si noti l’arco di scarico dell’impianto fognario e la cesura fra la muratura della domus dei Pesci e la muratura della domus delle Colonne. La quota del piano d’imposta della muratura indica che probabilmente la quota del piano di calpestio era più elevata.

36. Mosaico dei pesci nell’ambiente A

37. Mosaico dell’ambiente B in tessere bicrome dopo i restauri del 2002. Si osservi come oggi risulta più lacunoso rispetto a quando sono stati effettuati gli scavi.

55


38. Mosaico in tessere bicrome con motivo a scacchiera nella fontana circolare. Esso si trova al di sotto delle lastre della pavimentazione della fontana.

39. Mosaico in tessere bicrome dell’ambiente D.

40. Vista delle fontane del cortile.

41. Vista dell’uscita dell’acqua della fontana circolare. Questo elemento conduceva l’acqua nella fontana adiacente.

56


42. Fontana quadrata, rivestita in lastre di marmo 43. Vista dell’uscita dell’acqua nella fontana quadrata 44.Vista dell’uscita dell’acqua nella fontana quadrata 45. Elemento piramidale della fontana quadrata, è ancora visibile una porzione della fistula plumbea.

42.

43.

44.

45. 57


46. Elemento erratico. Fusto di colonna posto nell’ambulacro.

49. Elemento erratico. Modanatura in marmo nell’ambiente R.

47. Elemento erratico. Bacile nell’ala destra del cortile (L), esso non presenta fori per l’uscita dell’acqua.

50. Elemento erratico. Base di colonna in marmo nell’ambiente J.

48. Elemento erratico. Mensola nell’ambiente L. Se appartenesse a questo ambiente potrebbe indicare la presenza di una latrina.

51. Elemento erratico. Lacerti di soglie nell’ambiente J.

58


52. Soglia dell’ambiente P. Questa apertura è stata parzialmente tamponata in un secondo momento. Nella pianta di Becatti l’apertura è disegnata completamente tamponata.

53. Elemento erratico che si trova sulla soglia del tablino. Appena conclusi gli scavi, come risulta dal materiale fotografico, questo si trovava all’interno del tablino.

54. Ingresso alla domus del Garofano, anche in questo caso la quota di ingresso è molto più alta rispetto al piano di calpestio.

59


4.3 Fotografie del plastico di I. Gismondi fig.1 - La Domus dei Pesci nel plastico di I. Gismondi, ipotesi ricostruttiva, vista da ovest. Si osservi come nell’ipotesi di Gismondi la domus si sviluppasse in alcuni punti su due livelli come testimoniato dai resti di due scale interne. L’accesso al tablino è inoltre segnato con un timpano.

fig.2 - La Domus dei Pesci nel plastico di I. Gismondi, ipotesi ricostruttiva, vista da sud

60


5. Indice delle tavole

0.

Localizzazione del caso di studio ed indice degli elaborati

1.

Analisi del contesto

2.

1.1.

Il modello ipotizzato da S. Giannini

1.2.

Elementi della prima fase di Giannini riconoscibili nel tessuto

1.3.

Elementi della seconda fase di Giannini riconoscibili nel tessuto

1.4

Elementi della terza fase di Giannini riconoscibili nel tessuto

1.5

Elementi della quarta fase di Giannini riconoscibili nel tessuto

1.6

Analisi dell’area circostante la Domus dei Pesci e dell’isolato III sella regio IV

1.7

Analisi delle fasi di sviluppo dell’isolato ricavata dalle datazioni di Giannini e della Heres

Rilievo metrico 2.1.

Pianta in scala 1:100

2.2.

Prospetti e sezioni in scala 1:50

2.3.

Fotopiani in scala 1:50

2.4

Un sondaggio stratigrafico nell’ambiente B della Domus dei Pesci

2.5

3.

4.

5.

5.1 Fasi evolutive dell’edificio

6.

Note al rilievo

Rilievo dello stato di conservazione 3.1

Mappatura delle tipologie murarie riportante l’ipotesi di Heres

3.2.

Analisi delle pavimentazioni

3.3.

Studio delle pavimentazioni

Studio del sistema impiantistico 4.1.

Sistema idrico dell’isolato III e dell’area circostante

4.2.

Le fontane del cortile e l’impianto di riscaldamento del presunto triclinio invernale

Interpretazione critica del rilievo

5.2

Le fasi evolutive dell’edificio nel contesto urbano

5.3

Fasi evolutive dell’edificio: fase 1, fine del I secolo

5.4

Fasi evolutive dell’edificio: fase 2, inizio del II secolo

5.5

Fasi evolutive dell’edificio: fase3, metà del II secolo

5.6

Fasi evolutive dell’edificio: fase 4, seconda metà del III secolo - IV sec.

5.7

Ipotesi ricostrutiva: piante di tutti i livelli 1:200, prospetti e sezioni 1:100

5.8

Esploso assonometrico dell’edificio

Progetto di musealizzazione

6.1

Percorsi tematici di visita a scala urbana

6.2

Percorsi tematici di visita: percorso A

6.3

Percorsi tematici di visita: percorso B

6.4

Percorsi tematici di visita: percorso C

6.5

Percorsi tematici di visita: percorso D

6.6

Percorso di visita della Domus

6.7

Percorso di visita della Domus: il protiro e il vestibolo

6.8

Percorso di visita della Domus: il tablino

6.9

Percorso di visita della Domus: ipotesi ricostruttiva della pavimentazione del triclinio

estivo 7.

Progetto illuminotecnico

7.1

Illuminazione attualmente esistente

7.2

Percorsi di visita a scala urbana

7.3

Illuminazione urbana notturna

61


6. Bibliografia 6.1 Ostia antica Becatti 1948 = Becatti, Giovanni, Case ostiensi del tardo impero in Bollettino d’arte, n.2, 1948;

Nibby 1829 = Nibby Antonio, Viaggio antiquario ad Ostia, Roma, 1829;

Calza 1939 = Calza, Guido, I nuovi scavi di Ostia antica e l’esposizione universale in Capitolium n.2, anno XIV, Paribeni 1916 = Paribeni, R., Scavi eseguiti nell’area dell’antica città durante il mese di maggio in Notizie degli Roma, 1939;

scavi di antichità n.5, 1916

Calza 1916 = Calza, Guido, La preminenza dell’Insula nell’edilizia romana in Monumenti antichi, vol.XXIII, Paribeni 1918 = Paribeni, R., Scavi e restauri nei mesi di ottobre1917-marzo 1918 in Notizie degli scavi di antichità Milano, 1916;

n. 4-5-6, 1918

Calza 1923 = Calza, Guido, Le origini latine dell’abitazione moderna in Architettura e arti decorative, fasc. 1, 1923;

Paschetto 1912 = Paschetto, L., Ostia colonia romana, storia e monumenti, Pontificia accademia romana di archeologia, Roma, 1912;

Calza 1953 = G.Calza, G.Becatti, I.Gismondi, G.De Angelis D'Ossat, H.Bloch, Scavi di Ostia, I ,Topografia generale, Roma, 1953;

Pavolini 2006 = Pavolini, Carlo, Guida archeologica di Ostia, Editori Laterza, Roma-Bari, 2006;

Calza 1954 = Calza, Guido, Scavi di Ostia in Guida allo studio della civiltà romana antica, vol.II, Napoli, 1954;

Pavolini 2010 = Pavolini, Carlo, La vita quotidiana a Ostia, Editori Laterza, Roma - Bari, 2010;

11

Calza 1954 = Calza, Guido; Becatti, Giovanni, Ostia (88 illustrazioni), VI ed., Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, 1964;

Canina 1830 = Canina, Luigi, Indicazione delle rovine di Ostia antica e di Porto e della supposizione dell’intero loro stato delineata in quattro tavole dall’architetto Luigi Canina , Roma, 1830

Chiera, Di Tommaso 2004 = Chiera, Elisabetta M.; Di Tommaso, Alessandra, Ostia antica-Domus delle colonne, studi storici e tipologici per il restauro e la valorizzazione, Tesi di Laurea, 2004

Giannini 1970 = Giannini, Sandro, Ostia, Quaderno universitario degli studi di Genova, facoltà di Architettura, n. 4;

Mannucci 1995 = Mannucci, Vanni (a cura di), Atlante di Ostia antica, Soprintendenza archeologica di Ostia, Marsilio, Venezia, 1995;

6.2 Domus tardoantiche e domus dei Pesci AA.VV. - Sondaggio stratigrafico in uno degli ambienti della domus dei pesci (1995-1996) in Notizie dagli Scavi di Antichità, Serie IX , Volume XV-XVI, 2004-2005

Baldini Lippolis 2001 = Baldini Lippolis, Isabella, La domus tardoantica, forme e rappresentazioni dello spazio domestico nelle città del mediterraneo, Univerity press Bologna, 2001;

Felletti Maj 1940 = Felletti Maj, Bianca Maria, Civiltà Romana: la casa e l’arredamento, Casa Editrice Carlo Colombo, 1940;

Pavolini 1986 = Pavolini, Carlo, L’edilizia commerciale e l’edilizia abitativa nel contesto di Ostia tardoantica in Roma: politica , economia, paesaggio urbano, Editori Laterza, Bari, 1986;

Pensabene 2007 = Pensabene, Patrizio, Ostiensum Marmum decus et decor: studi architettonici, decorativi e ar-

62


cheometrici, L’Erma di Bretschneider, Roma, 2007;

Giuliani, 2006 = Cairoli Giulani, Fulvio, L’edilizia nell’antichità, Carocci, 2006.

Riva 1999 = Riva, Susanna, Le cucine delle case di Ostia, in Mededelingen van het Nederlands Instituutte te Rome, Vol. 58, 1999;

6.5 Mosaici

Tione 1999 = Tione, Raffaella, Le domus tardoantiche: nuovi elementi per l’interpretazione dell’edilizia

Fiori 2002= Fiori, Cesare, Vandini, Mariangela, Teoria e tecniche per la conservazione del mosaico, Il

abitativa attraverso la lettura stratigrafica degli elevati in Mededelingen van het Nederlands Instituutte

prato, 2002

Rome, Vol. 58, 1999; Tione 2004 = Tione Raffaella, Nuove soluzioni funzionali nelle domus tardoantiche di Ostia attraverso la lettura delle tecniche edilizie e delle tipologie architettoniche in Archivo Español de Arqueología n.77, Madrid, 2004;

6.3 Fontane e ninfei Neuerburg 1965 = Neuerburg, R., L’architettura delle fontane e dei ninfei nell’Italia antica, Gaetano Macchiaroli Editore, Napoli, 1965;

Ricciardi 1997 = Ricciardi, Maria Antonietta, La civiltà dell’acqua in Ostia antica, vol.1-2, Palombi Editore, 1997;

6.4 Riferimenti per ipotesi ricostruttiva Chitham, 1987 = Chitham, Robert, Gli ordini classici in architettura: i fondamenti storici, gli ordini nei loro particolari, l’uso degli ordini, Hoepli, 1987;

Palladio, 1642 = Palladio, Andrea, L’architettura divisa in quattro libri, Marc Antonio Brogiollo, Venezia, 1642;

Rusconi, 1590 = Rusconi, Giovannantonio, Dell’architettura, Venezia, 1590;

Serlio, 1584 = Serlio, Sebastiano Scamozzi, Giovan Domenico, Tutte l’opere di architettura dove si trattano in disegno, quelle cose, che sono più necessarie all’architetto: et hora di nuovo aggiunto (oltre il libro delle porte), gran numero di case private nella città, & in villa, et un indice copiosissimo, 1584;

63


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.