Dono, 1993
Restauri
Dono, 1995
Nutrire e affilare la mente (particolare), 2007
Progetto I.S.I.A. Pozzo dell’anima, 2008
Infrastrutture culturali
Enzo De Leonibus
Cuscino per il mio amore, 2006
Memoria dell’aria (particolare), 1995
Enzo De Leonibus (Spoltore (PE) 1955)
Premio internazionale Nord-Sud
Vario ART
Vive e lavora a Cappelle sul Tavo Lives and works in Cappelle sul Tavo Bagno per nuovi neogiacobini, 1985
Enzo De Leonibus / Le ragioni del cuore
Heart’s reasons
Quando arte e vita si incontrano, spesso sembrano produrre effetti opposti. Ad esempio, stando alle vicende delle avanguardie storiche, assistiamo alla formazione di una polarità fra esasperato individualismo e azione collettiva (ultimamente, con sempre più chiari intenti di analisi e critica sociale). In sintesi, da una parte troviamo l’estremismo narcisistico della Body Art; dall’altra, l’assunzione della realtà come repertorio creativo (Happening, Situazionismo, ecc.). Non scopriamo nulla di nuovo, se diciamo che questa è una dicotomia del tutto fittizia, e che si risolve in unità nella figura dell’artista. Nel primo caso, con maggiore incidenza fisica (all’estremo, con vere e proprie modificazioni anatomiche). Nel secondo, invece, grazie al suo ruolo di catalizzatore, ad un tempo regista e attore, colto nell’atto di cambiare una situazione data (anche in funzione direttamente politica). Esiste però una terza via. È il modello duchampiano, che sta comunque all’origine di tutte queste pratiche. Si tratta, in pratica, dell’applicazione di una matrice artistica al tessuto esistenziale dell’autore nella sua integrità. Non sempre, però, è una scelta. Più spesso è un imperativo che dalla sfera estetica si allarga a quella etica, della condotta personale. In tal caso, allora, diventa una condizione definitiva, inappellabile, ineludibile. Enzo De Leonibus si trova esattamente in quest’ultima situazione. Da diversi anni, ormai, le sue esperienze artistiche travalicano i confini che dovrebbero dividere i due territori. Tuttavia, niente gli è più estraneo del decadentismo di D’Annunzio. L’illustre conterraneo, infatti, puntava a fare della propria vita un’opera d’arte, esemplare per originalità, ricchezza, varietà. Per Enzo De Leonibus, al contrario, è più corretto parlare di “opera-mondo”. La sua poetica, effettivamente, incontra la vita vissuta, ma la trasforma in un universo stereometrico, dove l’identità di pensiero e azione artistica è applicata alla quotidianità. Il che, ripetiamo, non significa estetizzare la vita. Né, tanto meno, rappresenta l’irruzione della realtà nell’opera. È, invece, un tipo di progettualità basata su principi artistici, che indirizza (o fagocita) ogni attività, si tratti di oggetti propriamente artistici, di iniziative curatoriali o vicende personali. In sintesi, è la realizzazione di un’opera – colta nel suo farsi – su scala esistenziale, la cui conclusione, probabilmente, si prolungherà ben oltre la vita stessa dell’autore. Non essendoci soluzione di continuità nel corpus delle opere, non ha nemmeno più senso erigere steccati fra i diversi linguaggi. Sculture, foto, video, infatti, rispondono solo ad una suprema istanza di chiarezza. Enzo De Leonibus, che appartiene all’antica aristocrazia artigianale, padroneggia le tecniche e, di volta in volta, impiega quella più idonea a manifestare il suo doloroso bisogno di realismo. (È, questo del realismo, un argomento su cui ritorneremo più avanti. Per ora, ci basti sapere che De Leonibus è da sempre fedele ad un assunto di “oggettività” alieno da ogni astrazione puramente formalistica.) Personalmente, considero AMORE MIO una pietra miliare nel percorso di Enzo De Leonibus. Perché condensa tutti gli aspetti di cui abbiamo parlato finora. È una installazione video che assume una realtà di fatto, tangibile, come campo di riferimento. Mostra un’iconografia familiare, ma ha un valore metaforico così intenso, che la proietta direttamente nell’empireo della poesia. Secondo il progetto originale, AMORE MIO è costruito intorno ad una grande proiezione a parete, coronata, a terra, da una decina di monitor. Le immagini, nel buio, trasmettono il palpitante silenzio di alcuni cuori malati, ripresi nel corso di operazioni cardiache. La modificazione ambientale, provocata dall’intrinseca solennità dell’opera, si trasmette al nostro apparato percettivo. Restiamo sospesi, quasi incantati fino allo smarrimento, in un vortice di tessuti vibranti, di fibre e colori saturi. Pur essendo un’opera ricca di pathos, comunque, non c’è uno sviluppo narrativo. Ri-
When art and life meet, they often seem to produce opposite effects. For example, if we look at the historical avant-garde, we are witnessing the formation of a polarity between exaggerated individualism and collective action (most recently, with increasingly clear intentions to analysis and social critique). In short, on the one hand there is extremism narcissistic Body Art, on the other, the assumption of reality as a creative repertoire (Happenings, situations, etc.) Coccia. We are not discovering anything new, if we say that this is an entirely fictitious dichotomy, and that it is resolved in the unity of the artist - in the first case, with a higher physical incidence (in the extreme, with real anatomical changes), in the second case, due to his role as a catalyst, as both a filmmaker and actor, caught in the act of changing a given situation (also in a directly political function). But there is a third way. Duchamp is the model, the origin of all these practices. It is, in practice, the application of an artistic matrix to the existential fabric of the author in his entirety. Not always, though, is there a choice. More often it is an imperative that the aesthetic sphere extends to ethical personal conduct. In this case, then, it becomes a permanent condition, final and inescapable. Enzo De Leonibus is located in the latter situation. For several years now, his artistic experiences have gone beyond the boundaries that should divide the two territories. However, nothing is more alien to him than the decadence of D’Annunzio. His illustrious fellow-countryman, in fact, aimed to make his life a work of art, exemplary in originality, richness and variety. For Enzo De Leonibus, by contrast, it is more correct to speak of “world-work.” His work indeed encounters real life, but transforms it into a stereometric universe, where the identity of thought and artistic action is applied to daily life. Which, again, does not mean aestheticising life. Nor, a fortiori, does it represent the intrusion of reality into the work. Instead, it is a type of project based on artistic principles, which directs (or absorbs) all activity, whether this be art objects, curatorial or personal affairs. In a nutshell, it is the realization of a work - captured in the making - on an existential level, the conclusion probably extending well beyond the life of the author. There being no interruption in the corpus of works, it does not even make sense to erect barriers between different languages. Sculptures, photographs, videos, in fact, serve only to a supreme instance of clarity. Enzo De Leonibus, who belongs to the ancient artisan aristocracy, masters the techniques and, in turn, uses the most appropriate one to express his painful need for realism. (It is this realism we will return to later. For now, we need to know that De Leonibus has always been faithful to an assumption of “objectivity” alien to any purely formalistic abstraction.) Personally, I consider MY LOVE a milestone in Enzo De Leonibus’s development, because it condenses all the aspects so far discussed. It is a video installation that assumes a tangible reality as a reference field. It shows well-known iconography, but has such an intense metaphorical value that it is projected directly into the empyrean of poetry. According to the original project, MY LOVE was built around a large wall projection crowned, on the ground, by a dozen monitors. The images in the dark transmit the throbbing silence of the sick hearts of patients, filmed during heart surgery. The environmental modification, caused by the intrinsic solemnity of the work is transmitted to our perception. We remain suspended, as if spellbound, in a swirl of vibrant fabrics, fibres and saturated colors. . Although it is a work full of pathos, however, there is no narrative development. Using oft-abused categories, we could say that MY LOVE is “representation” rather than “communication”. It is a symbol, not an allegory. While we admire, we are transported into the mainstream of life. The Universal essence of life. This is not an allusion to emblematic, particularly exemplary lives, to magnify to the whole world. Instead, it is a
VARIO ART 48X67 De Lonibus (2).indd 1
Oasis for birds, 2005
correndo a categorie abusate, potremmo dire che AMORE MIO rientra nell’ambito della “rappresentazione”, più che in quello della “comunicazione”. È un simbolo, non un’allegoria. Durante la visione, infatti, veniamo trasportati nel flusso della vita. Nell’essenza universale della vita. Non si tratta di un’allusione a qualche vita emblematica, particolarmente esemplare, da magnificare al mondo intero. È invece, una sintesi rigorosa, lucida fino alla crudeltà, dell’esistenza. Anzi, dell’Esistenza. Il cuore, dunque. Per i poeti romantici (e tutta la melassa consumistica) è la sede degli affetti. Per gli scienziati è un muscolo retrattile, centro della circolazione sanguigna. Per i mercanti di organi, un articolo in catalogo fra tanti. Ma per gli altri, è l’organo vitale per antonomasia. Ecco dove comincia la ricerca di Enzo De Leonibus. Da quel dato comune che unisce tutta l’umanità. Senza distinzione di razza, ceto, religione. Però, trattandosi di un artista della sua levatura, non possiamo limitarci al messaggio esteriore, di ecumenica uguaglianza fra tutti i popoli della terra. Per Enzo De Leonibus, come abbiamo anticipato, il dato di partenza è sempre oggettivo. Qui si tratta della rappresentazione – quanto mai “realistica” – del nostro apparato vitale. La riproduzione, cioè, della struttura anatomica che rivela l’identità di tutti gli appartenenti al genere umano. E l’immagine di ritorno, mediata dall’arte, ci restituisce una sorta di ritratto collettivo dell’umanità. (E del ritratto ha tutte le caratteristiche. Dalla somiglianza fisionomica alla compostezza compositiva. Dal contegno araldico alla lugubre capacità profetica.) A ben vedere, proprio di questo si tratta. Quelle che separano i popoli sono divisioni culturali, barriere artificiali. Il cercare la base di un possibile equilibrio (tra i conflitti bellici, economici, politici) dovrebbe partire esattamente da qui, dalla nostra natura, anonima perché assoluta. Dal cuore, infine. Perché, come diceva già Pascal: “Il cuore ha le sue ragioni, che la ragione non conosce.” Maurizio Coccia
Disegno, 2010
Titolo titolo, 1993
Amore mio, 2004
rigorous, cruelly lucid synthesis of existence. Existence. The heart, then. For Romantic poets (and all consumer sugariness) it is the seat of the emotions. For scientists it is a muscle, the centre of blood circulation. For the merchants of organs, one of many items in the catalogue. But for others, is the vital organ par excellence. Here’s where Enzo De Leonibus begins his research. From that common factor that unites all humanity. Without distinction of race, class or religion. However, as we are dealing with an artist of such stature, we cannot just accept the obvious message of ecumenical equality among all peoples of the earth. For Enzo De Leonibus, as we said earlier on, the starting point is always objective. Here is the “realistic” presentation of our living apparatus, the reproduction, that is, of the anatomical structure which reveals the identity of all members of the human race. And the image portrayed, mediated by art, gives us a sort of collective portrait of humanity (with all the features of a portrait - from facial resemblance to the composure of composition, from the heraldic attitude to the grim prophetic capacity.) On closer inspection, that’s just what it is. What separates peoples is cultural divisions, artificial barriers. The search for the possible basis of a balance (between economic and political wars) should start up right here, from our nature, which is anonymous because it is absolute. And also from the heart. Because, as Pascal said: “The heart has its reasons which reason knows not.” Maurizio Coccia
31/08/16 10:29
Dono, 1993
Restauri
Dono, 1995
Nutrire e affilare la mente (particolare), 2007
Progetto I.S.I.A. Pozzo dell’anima, 2008
Infrastrutture culturali
Enzo De Leonibus
Cuscino per il mio amore, 2006
Memoria dell’aria (particolare), 1995
Enzo De Leonibus (Spoltore (PE) 1955)
Premio internazionale Nord-Sud
Vario ART
Vive e lavora a Cappelle sul Tavo Lives and works in Cappelle sul Tavo Bagno per nuovi neogiacobini, 1985
Enzo De Leonibus / Le ragioni del cuore
Heart’s reasons
Quando arte e vita si incontrano, spesso sembrano produrre effetti opposti. Ad esempio, stando alle vicende delle avanguardie storiche, assistiamo alla formazione di una polarità fra esasperato individualismo e azione collettiva (ultimamente, con sempre più chiari intenti di analisi e critica sociale). In sintesi, da una parte troviamo l’estremismo narcisistico della Body Art; dall’altra, l’assunzione della realtà come repertorio creativo (Happening, Situazionismo, ecc.). Non scopriamo nulla di nuovo, se diciamo che questa è una dicotomia del tutto fittizia, e che si risolve in unità nella figura dell’artista. Nel primo caso, con maggiore incidenza fisica (all’estremo, con vere e proprie modificazioni anatomiche). Nel secondo, invece, grazie al suo ruolo di catalizzatore, ad un tempo regista e attore, colto nell’atto di cambiare una situazione data (anche in funzione direttamente politica). Esiste però una terza via. È il modello duchampiano, che sta comunque all’origine di tutte queste pratiche. Si tratta, in pratica, dell’applicazione di una matrice artistica al tessuto esistenziale dell’autore nella sua integrità. Non sempre, però, è una scelta. Più spesso è un imperativo che dalla sfera estetica si allarga a quella etica, della condotta personale. In tal caso, allora, diventa una condizione definitiva, inappellabile, ineludibile. Enzo De Leonibus si trova esattamente in quest’ultima situazione. Da diversi anni, ormai, le sue esperienze artistiche travalicano i confini che dovrebbero dividere i due territori. Tuttavia, niente gli è più estraneo del decadentismo di D’Annunzio. L’illustre conterraneo, infatti, puntava a fare della propria vita un’opera d’arte, esemplare per originalità, ricchezza, varietà. Per Enzo De Leonibus, al contrario, è più corretto parlare di “opera-mondo”. La sua poetica, effettivamente, incontra la vita vissuta, ma la trasforma in un universo stereometrico, dove l’identità di pensiero e azione artistica è applicata alla quotidianità. Il che, ripetiamo, non significa estetizzare la vita. Né, tanto meno, rappresenta l’irruzione della realtà nell’opera. È, invece, un tipo di progettualità basata su principi artistici, che indirizza (o fagocita) ogni attività, si tratti di oggetti propriamente artistici, di iniziative curatoriali o vicende personali. In sintesi, è la realizzazione di un’opera – colta nel suo farsi – su scala esistenziale, la cui conclusione, probabilmente, si prolungherà ben oltre la vita stessa dell’autore. Non essendoci soluzione di continuità nel corpus delle opere, non ha nemmeno più senso erigere steccati fra i diversi linguaggi. Sculture, foto, video, infatti, rispondono solo ad una suprema istanza di chiarezza. Enzo De Leonibus, che appartiene all’antica aristocrazia artigianale, padroneggia le tecniche e, di volta in volta, impiega quella più idonea a manifestare il suo doloroso bisogno di realismo. (È, questo del realismo, un argomento su cui ritorneremo più avanti. Per ora, ci basti sapere che De Leonibus è da sempre fedele ad un assunto di “oggettività” alieno da ogni astrazione puramente formalistica.) Personalmente, considero AMORE MIO una pietra miliare nel percorso di Enzo De Leonibus. Perché condensa tutti gli aspetti di cui abbiamo parlato finora. È una installazione video che assume una realtà di fatto, tangibile, come campo di riferimento. Mostra un’iconografia familiare, ma ha un valore metaforico così intenso, che la proietta direttamente nell’empireo della poesia. Secondo il progetto originale, AMORE MIO è costruito intorno ad una grande proiezione a parete, coronata, a terra, da una decina di monitor. Le immagini, nel buio, trasmettono il palpitante silenzio di alcuni cuori malati, ripresi nel corso di operazioni cardiache. La modificazione ambientale, provocata dall’intrinseca solennità dell’opera, si trasmette al nostro apparato percettivo. Restiamo sospesi, quasi incantati fino allo smarrimento, in un vortice di tessuti vibranti, di fibre e colori saturi. Pur essendo un’opera ricca di pathos, comunque, non c’è uno sviluppo narrativo. Ri-
When art and life meet, they often seem to produce opposite effects. For example, if we look at the historical avant-garde, we are witnessing the formation of a polarity between exaggerated individualism and collective action (most recently, with increasingly clear intentions to analysis and social critique). In short, on the one hand there is extremism narcissistic Body Art, on the other, the assumption of reality as a creative repertoire (Happenings, situations, etc.) Coccia. We are not discovering anything new, if we say that this is an entirely fictitious dichotomy, and that it is resolved in the unity of the artist - in the first case, with a higher physical incidence (in the extreme, with real anatomical changes), in the second case, due to his role as a catalyst, as both a filmmaker and actor, caught in the act of changing a given situation (also in a directly political function). But there is a third way. Duchamp is the model, the origin of all these practices. It is, in practice, the application of an artistic matrix to the existential fabric of the author in his entirety. Not always, though, is there a choice. More often it is an imperative that the aesthetic sphere extends to ethical personal conduct. In this case, then, it becomes a permanent condition, final and inescapable. Enzo De Leonibus is located in the latter situation. For several years now, his artistic experiences have gone beyond the boundaries that should divide the two territories. However, nothing is more alien to him than the decadence of D’Annunzio. His illustrious fellow-countryman, in fact, aimed to make his life a work of art, exemplary in originality, richness and variety. For Enzo De Leonibus, by contrast, it is more correct to speak of “world-work.” His work indeed encounters real life, but transforms it into a stereometric universe, where the identity of thought and artistic action is applied to daily life. Which, again, does not mean aestheticising life. Nor, a fortiori, does it represent the intrusion of reality into the work. Instead, it is a type of project based on artistic principles, which directs (or absorbs) all activity, whether this be art objects, curatorial or personal affairs. In a nutshell, it is the realization of a work - captured in the making - on an existential level, the conclusion probably extending well beyond the life of the author. There being no interruption in the corpus of works, it does not even make sense to erect barriers between different languages. Sculptures, photographs, videos, in fact, serve only to a supreme instance of clarity. Enzo De Leonibus, who belongs to the ancient artisan aristocracy, masters the techniques and, in turn, uses the most appropriate one to express his painful need for realism. (It is this realism we will return to later. For now, we need to know that De Leonibus has always been faithful to an assumption of “objectivity” alien to any purely formalistic abstraction.) Personally, I consider MY LOVE a milestone in Enzo De Leonibus’s development, because it condenses all the aspects so far discussed. It is a video installation that assumes a tangible reality as a reference field. It shows well-known iconography, but has such an intense metaphorical value that it is projected directly into the empyrean of poetry. According to the original project, MY LOVE was built around a large wall projection crowned, on the ground, by a dozen monitors. The images in the dark transmit the throbbing silence of the sick hearts of patients, filmed during heart surgery. The environmental modification, caused by the intrinsic solemnity of the work is transmitted to our perception. We remain suspended, as if spellbound, in a swirl of vibrant fabrics, fibres and saturated colors. . Although it is a work full of pathos, however, there is no narrative development. Using oft-abused categories, we could say that MY LOVE is “representation” rather than “communication”. It is a symbol, not an allegory. While we admire, we are transported into the mainstream of life. The Universal essence of life. This is not an allusion to emblematic, particularly exemplary lives, to magnify to the whole world. Instead, it is a
VARIO ART 48X67 De Lonibus (2).indd 1
Oasis for birds, 2005
correndo a categorie abusate, potremmo dire che AMORE MIO rientra nell’ambito della “rappresentazione”, più che in quello della “comunicazione”. È un simbolo, non un’allegoria. Durante la visione, infatti, veniamo trasportati nel flusso della vita. Nell’essenza universale della vita. Non si tratta di un’allusione a qualche vita emblematica, particolarmente esemplare, da magnificare al mondo intero. È invece, una sintesi rigorosa, lucida fino alla crudeltà, dell’esistenza. Anzi, dell’Esistenza. Il cuore, dunque. Per i poeti romantici (e tutta la melassa consumistica) è la sede degli affetti. Per gli scienziati è un muscolo retrattile, centro della circolazione sanguigna. Per i mercanti di organi, un articolo in catalogo fra tanti. Ma per gli altri, è l’organo vitale per antonomasia. Ecco dove comincia la ricerca di Enzo De Leonibus. Da quel dato comune che unisce tutta l’umanità. Senza distinzione di razza, ceto, religione. Però, trattandosi di un artista della sua levatura, non possiamo limitarci al messaggio esteriore, di ecumenica uguaglianza fra tutti i popoli della terra. Per Enzo De Leonibus, come abbiamo anticipato, il dato di partenza è sempre oggettivo. Qui si tratta della rappresentazione – quanto mai “realistica” – del nostro apparato vitale. La riproduzione, cioè, della struttura anatomica che rivela l’identità di tutti gli appartenenti al genere umano. E l’immagine di ritorno, mediata dall’arte, ci restituisce una sorta di ritratto collettivo dell’umanità. (E del ritratto ha tutte le caratteristiche. Dalla somiglianza fisionomica alla compostezza compositiva. Dal contegno araldico alla lugubre capacità profetica.) A ben vedere, proprio di questo si tratta. Quelle che separano i popoli sono divisioni culturali, barriere artificiali. Il cercare la base di un possibile equilibrio (tra i conflitti bellici, economici, politici) dovrebbe partire esattamente da qui, dalla nostra natura, anonima perché assoluta. Dal cuore, infine. Perché, come diceva già Pascal: “Il cuore ha le sue ragioni, che la ragione non conosce.” Maurizio Coccia
Disegno, 2010
Titolo titolo, 1993
Amore mio, 2004
rigorous, cruelly lucid synthesis of existence. Existence. The heart, then. For Romantic poets (and all consumer sugariness) it is the seat of the emotions. For scientists it is a muscle, the centre of blood circulation. For the merchants of organs, one of many items in the catalogue. But for others, is the vital organ par excellence. Here’s where Enzo De Leonibus begins his research. From that common factor that unites all humanity. Without distinction of race, class or religion. However, as we are dealing with an artist of such stature, we cannot just accept the obvious message of ecumenical equality among all peoples of the earth. For Enzo De Leonibus, as we said earlier on, the starting point is always objective. Here is the “realistic” presentation of our living apparatus, the reproduction, that is, of the anatomical structure which reveals the identity of all members of the human race. And the image portrayed, mediated by art, gives us a sort of collective portrait of humanity (with all the features of a portrait - from facial resemblance to the composure of composition, from the heraldic attitude to the grim prophetic capacity.) On closer inspection, that’s just what it is. What separates peoples is cultural divisions, artificial barriers. The search for the possible basis of a balance (between economic and political wars) should start up right here, from our nature, which is anonymous because it is absolute. And also from the heart. Because, as Pascal said: “The heart has its reasons which reason knows not.” Maurizio Coccia
31/08/16 10:29
Dono, 1993
Restauri
Dono, 1995
Nutrire e affilare la mente (particolare), 2007
Progetto I.S.I.A. Pozzo dell’anima, 2008
Infrastrutture culturali
Enzo De Leonibus
Cuscino per il mio amore, 2006
Memoria dell’aria (particolare), 1995
Enzo De Leonibus (Spoltore (PE) 1955)
Premio internazionale Nord-Sud
Vario ART
Vive e lavora a Cappelle sul Tavo Lives and works in Cappelle sul Tavo Bagno per nuovi neogiacobini, 1985
Enzo De Leonibus / Le ragioni del cuore
Heart’s reasons
Quando arte e vita si incontrano, spesso sembrano produrre effetti opposti. Ad esempio, stando alle vicende delle avanguardie storiche, assistiamo alla formazione di una polarità fra esasperato individualismo e azione collettiva (ultimamente, con sempre più chiari intenti di analisi e critica sociale). In sintesi, da una parte troviamo l’estremismo narcisistico della Body Art; dall’altra, l’assunzione della realtà come repertorio creativo (Happening, Situazionismo, ecc.). Non scopriamo nulla di nuovo, se diciamo che questa è una dicotomia del tutto fittizia, e che si risolve in unità nella figura dell’artista. Nel primo caso, con maggiore incidenza fisica (all’estremo, con vere e proprie modificazioni anatomiche). Nel secondo, invece, grazie al suo ruolo di catalizzatore, ad un tempo regista e attore, colto nell’atto di cambiare una situazione data (anche in funzione direttamente politica). Esiste però una terza via. È il modello duchampiano, che sta comunque all’origine di tutte queste pratiche. Si tratta, in pratica, dell’applicazione di una matrice artistica al tessuto esistenziale dell’autore nella sua integrità. Non sempre, però, è una scelta. Più spesso è un imperativo che dalla sfera estetica si allarga a quella etica, della condotta personale. In tal caso, allora, diventa una condizione definitiva, inappellabile, ineludibile. Enzo De Leonibus si trova esattamente in quest’ultima situazione. Da diversi anni, ormai, le sue esperienze artistiche travalicano i confini che dovrebbero dividere i due territori. Tuttavia, niente gli è più estraneo del decadentismo di D’Annunzio. L’illustre conterraneo, infatti, puntava a fare della propria vita un’opera d’arte, esemplare per originalità, ricchezza, varietà. Per Enzo De Leonibus, al contrario, è più corretto parlare di “opera-mondo”. La sua poetica, effettivamente, incontra la vita vissuta, ma la trasforma in un universo stereometrico, dove l’identità di pensiero e azione artistica è applicata alla quotidianità. Il che, ripetiamo, non significa estetizzare la vita. Né, tanto meno, rappresenta l’irruzione della realtà nell’opera. È, invece, un tipo di progettualità basata su principi artistici, che indirizza (o fagocita) ogni attività, si tratti di oggetti propriamente artistici, di iniziative curatoriali o vicende personali. In sintesi, è la realizzazione di un’opera – colta nel suo farsi – su scala esistenziale, la cui conclusione, probabilmente, si prolungherà ben oltre la vita stessa dell’autore. Non essendoci soluzione di continuità nel corpus delle opere, non ha nemmeno più senso erigere steccati fra i diversi linguaggi. Sculture, foto, video, infatti, rispondono solo ad una suprema istanza di chiarezza. Enzo De Leonibus, che appartiene all’antica aristocrazia artigianale, padroneggia le tecniche e, di volta in volta, impiega quella più idonea a manifestare il suo doloroso bisogno di realismo. (È, questo del realismo, un argomento su cui ritorneremo più avanti. Per ora, ci basti sapere che De Leonibus è da sempre fedele ad un assunto di “oggettività” alieno da ogni astrazione puramente formalistica.) Personalmente, considero AMORE MIO una pietra miliare nel percorso di Enzo De Leonibus. Perché condensa tutti gli aspetti di cui abbiamo parlato finora. È una installazione video che assume una realtà di fatto, tangibile, come campo di riferimento. Mostra un’iconografia familiare, ma ha un valore metaforico così intenso, che la proietta direttamente nell’empireo della poesia. Secondo il progetto originale, AMORE MIO è costruito intorno ad una grande proiezione a parete, coronata, a terra, da una decina di monitor. Le immagini, nel buio, trasmettono il palpitante silenzio di alcuni cuori malati, ripresi nel corso di operazioni cardiache. La modificazione ambientale, provocata dall’intrinseca solennità dell’opera, si trasmette al nostro apparato percettivo. Restiamo sospesi, quasi incantati fino allo smarrimento, in un vortice di tessuti vibranti, di fibre e colori saturi. Pur essendo un’opera ricca di pathos, comunque, non c’è uno sviluppo narrativo. Ri-
When art and life meet, they often seem to produce opposite effects. For example, if we look at the historical avant-garde, we are witnessing the formation of a polarity between exaggerated individualism and collective action (most recently, with increasingly clear intentions to analysis and social critique). In short, on the one hand there is extremism narcissistic Body Art, on the other, the assumption of reality as a creative repertoire (Happenings, situations, etc.) Coccia. We are not discovering anything new, if we say that this is an entirely fictitious dichotomy, and that it is resolved in the unity of the artist - in the first case, with a higher physical incidence (in the extreme, with real anatomical changes), in the second case, due to his role as a catalyst, as both a filmmaker and actor, caught in the act of changing a given situation (also in a directly political function). But there is a third way. Duchamp is the model, the origin of all these practices. It is, in practice, the application of an artistic matrix to the existential fabric of the author in his entirety. Not always, though, is there a choice. More often it is an imperative that the aesthetic sphere extends to ethical personal conduct. In this case, then, it becomes a permanent condition, final and inescapable. Enzo De Leonibus is located in the latter situation. For several years now, his artistic experiences have gone beyond the boundaries that should divide the two territories. However, nothing is more alien to him than the decadence of D’Annunzio. His illustrious fellow-countryman, in fact, aimed to make his life a work of art, exemplary in originality, richness and variety. For Enzo De Leonibus, by contrast, it is more correct to speak of “world-work.” His work indeed encounters real life, but transforms it into a stereometric universe, where the identity of thought and artistic action is applied to daily life. Which, again, does not mean aestheticising life. Nor, a fortiori, does it represent the intrusion of reality into the work. Instead, it is a type of project based on artistic principles, which directs (or absorbs) all activity, whether this be art objects, curatorial or personal affairs. In a nutshell, it is the realization of a work - captured in the making - on an existential level, the conclusion probably extending well beyond the life of the author. There being no interruption in the corpus of works, it does not even make sense to erect barriers between different languages. Sculptures, photographs, videos, in fact, serve only to a supreme instance of clarity. Enzo De Leonibus, who belongs to the ancient artisan aristocracy, masters the techniques and, in turn, uses the most appropriate one to express his painful need for realism. (It is this realism we will return to later. For now, we need to know that De Leonibus has always been faithful to an assumption of “objectivity” alien to any purely formalistic abstraction.) Personally, I consider MY LOVE a milestone in Enzo De Leonibus’s development, because it condenses all the aspects so far discussed. It is a video installation that assumes a tangible reality as a reference field. It shows well-known iconography, but has such an intense metaphorical value that it is projected directly into the empyrean of poetry. According to the original project, MY LOVE was built around a large wall projection crowned, on the ground, by a dozen monitors. The images in the dark transmit the throbbing silence of the sick hearts of patients, filmed during heart surgery. The environmental modification, caused by the intrinsic solemnity of the work is transmitted to our perception. We remain suspended, as if spellbound, in a swirl of vibrant fabrics, fibres and saturated colors. . Although it is a work full of pathos, however, there is no narrative development. Using oft-abused categories, we could say that MY LOVE is “representation” rather than “communication”. It is a symbol, not an allegory. While we admire, we are transported into the mainstream of life. The Universal essence of life. This is not an allusion to emblematic, particularly exemplary lives, to magnify to the whole world. Instead, it is a
VARIO ART 48X67 De Lonibus (2).indd 1
Oasis for birds, 2005
correndo a categorie abusate, potremmo dire che AMORE MIO rientra nell’ambito della “rappresentazione”, più che in quello della “comunicazione”. È un simbolo, non un’allegoria. Durante la visione, infatti, veniamo trasportati nel flusso della vita. Nell’essenza universale della vita. Non si tratta di un’allusione a qualche vita emblematica, particolarmente esemplare, da magnificare al mondo intero. È invece, una sintesi rigorosa, lucida fino alla crudeltà, dell’esistenza. Anzi, dell’Esistenza. Il cuore, dunque. Per i poeti romantici (e tutta la melassa consumistica) è la sede degli affetti. Per gli scienziati è un muscolo retrattile, centro della circolazione sanguigna. Per i mercanti di organi, un articolo in catalogo fra tanti. Ma per gli altri, è l’organo vitale per antonomasia. Ecco dove comincia la ricerca di Enzo De Leonibus. Da quel dato comune che unisce tutta l’umanità. Senza distinzione di razza, ceto, religione. Però, trattandosi di un artista della sua levatura, non possiamo limitarci al messaggio esteriore, di ecumenica uguaglianza fra tutti i popoli della terra. Per Enzo De Leonibus, come abbiamo anticipato, il dato di partenza è sempre oggettivo. Qui si tratta della rappresentazione – quanto mai “realistica” – del nostro apparato vitale. La riproduzione, cioè, della struttura anatomica che rivela l’identità di tutti gli appartenenti al genere umano. E l’immagine di ritorno, mediata dall’arte, ci restituisce una sorta di ritratto collettivo dell’umanità. (E del ritratto ha tutte le caratteristiche. Dalla somiglianza fisionomica alla compostezza compositiva. Dal contegno araldico alla lugubre capacità profetica.) A ben vedere, proprio di questo si tratta. Quelle che separano i popoli sono divisioni culturali, barriere artificiali. Il cercare la base di un possibile equilibrio (tra i conflitti bellici, economici, politici) dovrebbe partire esattamente da qui, dalla nostra natura, anonima perché assoluta. Dal cuore, infine. Perché, come diceva già Pascal: “Il cuore ha le sue ragioni, che la ragione non conosce.” Maurizio Coccia
Disegno, 2010
Titolo titolo, 1993
Amore mio, 2004
rigorous, cruelly lucid synthesis of existence. Existence. The heart, then. For Romantic poets (and all consumer sugariness) it is the seat of the emotions. For scientists it is a muscle, the centre of blood circulation. For the merchants of organs, one of many items in the catalogue. But for others, is the vital organ par excellence. Here’s where Enzo De Leonibus begins his research. From that common factor that unites all humanity. Without distinction of race, class or religion. However, as we are dealing with an artist of such stature, we cannot just accept the obvious message of ecumenical equality among all peoples of the earth. For Enzo De Leonibus, as we said earlier on, the starting point is always objective. Here is the “realistic” presentation of our living apparatus, the reproduction, that is, of the anatomical structure which reveals the identity of all members of the human race. And the image portrayed, mediated by art, gives us a sort of collective portrait of humanity (with all the features of a portrait - from facial resemblance to the composure of composition, from the heraldic attitude to the grim prophetic capacity.) On closer inspection, that’s just what it is. What separates peoples is cultural divisions, artificial barriers. The search for the possible basis of a balance (between economic and political wars) should start up right here, from our nature, which is anonymous because it is absolute. And also from the heart. Because, as Pascal said: “The heart has its reasons which reason knows not.” Maurizio Coccia
31/08/16 10:29
Dono, 1993
Restauri
Dono, 1995
Nutrire e affilare la mente (particolare), 2007
Progetto I.S.I.A. Pozzo dell’anima, 2008
Infrastrutture culturali
Enzo De Leonibus
Cuscino per il mio amore, 2006
Memoria dell’aria (particolare), 1995
Enzo De Leonibus (Spoltore (PE) 1955)
Premio internazionale Nord-Sud
Vario ART
Vive e lavora a Cappelle sul Tavo Lives and works in Cappelle sul Tavo Bagno per nuovi neogiacobini, 1985
Enzo De Leonibus / Le ragioni del cuore
Heart’s reasons
Quando arte e vita si incontrano, spesso sembrano produrre effetti opposti. Ad esempio, stando alle vicende delle avanguardie storiche, assistiamo alla formazione di una polarità fra esasperato individualismo e azione collettiva (ultimamente, con sempre più chiari intenti di analisi e critica sociale). In sintesi, da una parte troviamo l’estremismo narcisistico della Body Art; dall’altra, l’assunzione della realtà come repertorio creativo (Happening, Situazionismo, ecc.). Non scopriamo nulla di nuovo, se diciamo che questa è una dicotomia del tutto fittizia, e che si risolve in unità nella figura dell’artista. Nel primo caso, con maggiore incidenza fisica (all’estremo, con vere e proprie modificazioni anatomiche). Nel secondo, invece, grazie al suo ruolo di catalizzatore, ad un tempo regista e attore, colto nell’atto di cambiare una situazione data (anche in funzione direttamente politica). Esiste però una terza via. È il modello duchampiano, che sta comunque all’origine di tutte queste pratiche. Si tratta, in pratica, dell’applicazione di una matrice artistica al tessuto esistenziale dell’autore nella sua integrità. Non sempre, però, è una scelta. Più spesso è un imperativo che dalla sfera estetica si allarga a quella etica, della condotta personale. In tal caso, allora, diventa una condizione definitiva, inappellabile, ineludibile. Enzo De Leonibus si trova esattamente in quest’ultima situazione. Da diversi anni, ormai, le sue esperienze artistiche travalicano i confini che dovrebbero dividere i due territori. Tuttavia, niente gli è più estraneo del decadentismo di D’Annunzio. L’illustre conterraneo, infatti, puntava a fare della propria vita un’opera d’arte, esemplare per originalità, ricchezza, varietà. Per Enzo De Leonibus, al contrario, è più corretto parlare di “opera-mondo”. La sua poetica, effettivamente, incontra la vita vissuta, ma la trasforma in un universo stereometrico, dove l’identità di pensiero e azione artistica è applicata alla quotidianità. Il che, ripetiamo, non significa estetizzare la vita. Né, tanto meno, rappresenta l’irruzione della realtà nell’opera. È, invece, un tipo di progettualità basata su principi artistici, che indirizza (o fagocita) ogni attività, si tratti di oggetti propriamente artistici, di iniziative curatoriali o vicende personali. In sintesi, è la realizzazione di un’opera – colta nel suo farsi – su scala esistenziale, la cui conclusione, probabilmente, si prolungherà ben oltre la vita stessa dell’autore. Non essendoci soluzione di continuità nel corpus delle opere, non ha nemmeno più senso erigere steccati fra i diversi linguaggi. Sculture, foto, video, infatti, rispondono solo ad una suprema istanza di chiarezza. Enzo De Leonibus, che appartiene all’antica aristocrazia artigianale, padroneggia le tecniche e, di volta in volta, impiega quella più idonea a manifestare il suo doloroso bisogno di realismo. (È, questo del realismo, un argomento su cui ritorneremo più avanti. Per ora, ci basti sapere che De Leonibus è da sempre fedele ad un assunto di “oggettività” alieno da ogni astrazione puramente formalistica.) Personalmente, considero AMORE MIO una pietra miliare nel percorso di Enzo De Leonibus. Perché condensa tutti gli aspetti di cui abbiamo parlato finora. È una installazione video che assume una realtà di fatto, tangibile, come campo di riferimento. Mostra un’iconografia familiare, ma ha un valore metaforico così intenso, che la proietta direttamente nell’empireo della poesia. Secondo il progetto originale, AMORE MIO è costruito intorno ad una grande proiezione a parete, coronata, a terra, da una decina di monitor. Le immagini, nel buio, trasmettono il palpitante silenzio di alcuni cuori malati, ripresi nel corso di operazioni cardiache. La modificazione ambientale, provocata dall’intrinseca solennità dell’opera, si trasmette al nostro apparato percettivo. Restiamo sospesi, quasi incantati fino allo smarrimento, in un vortice di tessuti vibranti, di fibre e colori saturi. Pur essendo un’opera ricca di pathos, comunque, non c’è uno sviluppo narrativo. Ri-
When art and life meet, they often seem to produce opposite effects. For example, if we look at the historical avant-garde, we are witnessing the formation of a polarity between exaggerated individualism and collective action (most recently, with increasingly clear intentions to analysis and social critique). In short, on the one hand there is extremism narcissistic Body Art, on the other, the assumption of reality as a creative repertoire (Happenings, situations, etc.) Coccia. We are not discovering anything new, if we say that this is an entirely fictitious dichotomy, and that it is resolved in the unity of the artist - in the first case, with a higher physical incidence (in the extreme, with real anatomical changes), in the second case, due to his role as a catalyst, as both a filmmaker and actor, caught in the act of changing a given situation (also in a directly political function). But there is a third way. Duchamp is the model, the origin of all these practices. It is, in practice, the application of an artistic matrix to the existential fabric of the author in his entirety. Not always, though, is there a choice. More often it is an imperative that the aesthetic sphere extends to ethical personal conduct. In this case, then, it becomes a permanent condition, final and inescapable. Enzo De Leonibus is located in the latter situation. For several years now, his artistic experiences have gone beyond the boundaries that should divide the two territories. However, nothing is more alien to him than the decadence of D’Annunzio. His illustrious fellow-countryman, in fact, aimed to make his life a work of art, exemplary in originality, richness and variety. For Enzo De Leonibus, by contrast, it is more correct to speak of “world-work.” His work indeed encounters real life, but transforms it into a stereometric universe, where the identity of thought and artistic action is applied to daily life. Which, again, does not mean aestheticising life. Nor, a fortiori, does it represent the intrusion of reality into the work. Instead, it is a type of project based on artistic principles, which directs (or absorbs) all activity, whether this be art objects, curatorial or personal affairs. In a nutshell, it is the realization of a work - captured in the making - on an existential level, the conclusion probably extending well beyond the life of the author. There being no interruption in the corpus of works, it does not even make sense to erect barriers between different languages. Sculptures, photographs, videos, in fact, serve only to a supreme instance of clarity. Enzo De Leonibus, who belongs to the ancient artisan aristocracy, masters the techniques and, in turn, uses the most appropriate one to express his painful need for realism. (It is this realism we will return to later. For now, we need to know that De Leonibus has always been faithful to an assumption of “objectivity” alien to any purely formalistic abstraction.) Personally, I consider MY LOVE a milestone in Enzo De Leonibus’s development, because it condenses all the aspects so far discussed. It is a video installation that assumes a tangible reality as a reference field. It shows well-known iconography, but has such an intense metaphorical value that it is projected directly into the empyrean of poetry. According to the original project, MY LOVE was built around a large wall projection crowned, on the ground, by a dozen monitors. The images in the dark transmit the throbbing silence of the sick hearts of patients, filmed during heart surgery. The environmental modification, caused by the intrinsic solemnity of the work is transmitted to our perception. We remain suspended, as if spellbound, in a swirl of vibrant fabrics, fibres and saturated colors. . Although it is a work full of pathos, however, there is no narrative development. Using oft-abused categories, we could say that MY LOVE is “representation” rather than “communication”. It is a symbol, not an allegory. While we admire, we are transported into the mainstream of life. The Universal essence of life. This is not an allusion to emblematic, particularly exemplary lives, to magnify to the whole world. Instead, it is a
VARIO ART 48X67 De Lonibus (2).indd 1
Oasis for birds, 2005
correndo a categorie abusate, potremmo dire che AMORE MIO rientra nell’ambito della “rappresentazione”, più che in quello della “comunicazione”. È un simbolo, non un’allegoria. Durante la visione, infatti, veniamo trasportati nel flusso della vita. Nell’essenza universale della vita. Non si tratta di un’allusione a qualche vita emblematica, particolarmente esemplare, da magnificare al mondo intero. È invece, una sintesi rigorosa, lucida fino alla crudeltà, dell’esistenza. Anzi, dell’Esistenza. Il cuore, dunque. Per i poeti romantici (e tutta la melassa consumistica) è la sede degli affetti. Per gli scienziati è un muscolo retrattile, centro della circolazione sanguigna. Per i mercanti di organi, un articolo in catalogo fra tanti. Ma per gli altri, è l’organo vitale per antonomasia. Ecco dove comincia la ricerca di Enzo De Leonibus. Da quel dato comune che unisce tutta l’umanità. Senza distinzione di razza, ceto, religione. Però, trattandosi di un artista della sua levatura, non possiamo limitarci al messaggio esteriore, di ecumenica uguaglianza fra tutti i popoli della terra. Per Enzo De Leonibus, come abbiamo anticipato, il dato di partenza è sempre oggettivo. Qui si tratta della rappresentazione – quanto mai “realistica” – del nostro apparato vitale. La riproduzione, cioè, della struttura anatomica che rivela l’identità di tutti gli appartenenti al genere umano. E l’immagine di ritorno, mediata dall’arte, ci restituisce una sorta di ritratto collettivo dell’umanità. (E del ritratto ha tutte le caratteristiche. Dalla somiglianza fisionomica alla compostezza compositiva. Dal contegno araldico alla lugubre capacità profetica.) A ben vedere, proprio di questo si tratta. Quelle che separano i popoli sono divisioni culturali, barriere artificiali. Il cercare la base di un possibile equilibrio (tra i conflitti bellici, economici, politici) dovrebbe partire esattamente da qui, dalla nostra natura, anonima perché assoluta. Dal cuore, infine. Perché, come diceva già Pascal: “Il cuore ha le sue ragioni, che la ragione non conosce.” Maurizio Coccia
Disegno, 2010
Titolo titolo, 1993
Amore mio, 2004
rigorous, cruelly lucid synthesis of existence. Existence. The heart, then. For Romantic poets (and all consumer sugariness) it is the seat of the emotions. For scientists it is a muscle, the centre of blood circulation. For the merchants of organs, one of many items in the catalogue. But for others, is the vital organ par excellence. Here’s where Enzo De Leonibus begins his research. From that common factor that unites all humanity. Without distinction of race, class or religion. However, as we are dealing with an artist of such stature, we cannot just accept the obvious message of ecumenical equality among all peoples of the earth. For Enzo De Leonibus, as we said earlier on, the starting point is always objective. Here is the “realistic” presentation of our living apparatus, the reproduction, that is, of the anatomical structure which reveals the identity of all members of the human race. And the image portrayed, mediated by art, gives us a sort of collective portrait of humanity (with all the features of a portrait - from facial resemblance to the composure of composition, from the heraldic attitude to the grim prophetic capacity.) On closer inspection, that’s just what it is. What separates peoples is cultural divisions, artificial barriers. The search for the possible basis of a balance (between economic and political wars) should start up right here, from our nature, which is anonymous because it is absolute. And also from the heart. Because, as Pascal said: “The heart has its reasons which reason knows not.” Maurizio Coccia
31/08/16 10:29
Dono, 1993
Restauri
Dono, 1995
Nutrire e affilare la mente (particolare), 2007
Progetto I.S.I.A. Pozzo dell’anima, 2008
Infrastrutture culturali
Enzo De Leonibus
Cuscino per il mio amore, 2006
Memoria dell’aria (particolare), 1995
Enzo De Leonibus (Spoltore (PE) 1955)
Premio internazionale Nord-Sud
Vario ART
Vive e lavora a Cappelle sul Tavo Lives and works in Cappelle sul Tavo Bagno per nuovi neogiacobini, 1985
Enzo De Leonibus / Le ragioni del cuore
Heart’s reasons
Quando arte e vita si incontrano, spesso sembrano produrre effetti opposti. Ad esempio, stando alle vicende delle avanguardie storiche, assistiamo alla formazione di una polarità fra esasperato individualismo e azione collettiva (ultimamente, con sempre più chiari intenti di analisi e critica sociale). In sintesi, da una parte troviamo l’estremismo narcisistico della Body Art; dall’altra, l’assunzione della realtà come repertorio creativo (Happening, Situazionismo, ecc.). Non scopriamo nulla di nuovo, se diciamo che questa è una dicotomia del tutto fittizia, e che si risolve in unità nella figura dell’artista. Nel primo caso, con maggiore incidenza fisica (all’estremo, con vere e proprie modificazioni anatomiche). Nel secondo, invece, grazie al suo ruolo di catalizzatore, ad un tempo regista e attore, colto nell’atto di cambiare una situazione data (anche in funzione direttamente politica). Esiste però una terza via. È il modello duchampiano, che sta comunque all’origine di tutte queste pratiche. Si tratta, in pratica, dell’applicazione di una matrice artistica al tessuto esistenziale dell’autore nella sua integrità. Non sempre, però, è una scelta. Più spesso è un imperativo che dalla sfera estetica si allarga a quella etica, della condotta personale. In tal caso, allora, diventa una condizione definitiva, inappellabile, ineludibile. Enzo De Leonibus si trova esattamente in quest’ultima situazione. Da diversi anni, ormai, le sue esperienze artistiche travalicano i confini che dovrebbero dividere i due territori. Tuttavia, niente gli è più estraneo del decadentismo di D’Annunzio. L’illustre conterraneo, infatti, puntava a fare della propria vita un’opera d’arte, esemplare per originalità, ricchezza, varietà. Per Enzo De Leonibus, al contrario, è più corretto parlare di “opera-mondo”. La sua poetica, effettivamente, incontra la vita vissuta, ma la trasforma in un universo stereometrico, dove l’identità di pensiero e azione artistica è applicata alla quotidianità. Il che, ripetiamo, non significa estetizzare la vita. Né, tanto meno, rappresenta l’irruzione della realtà nell’opera. È, invece, un tipo di progettualità basata su principi artistici, che indirizza (o fagocita) ogni attività, si tratti di oggetti propriamente artistici, di iniziative curatoriali o vicende personali. In sintesi, è la realizzazione di un’opera – colta nel suo farsi – su scala esistenziale, la cui conclusione, probabilmente, si prolungherà ben oltre la vita stessa dell’autore. Non essendoci soluzione di continuità nel corpus delle opere, non ha nemmeno più senso erigere steccati fra i diversi linguaggi. Sculture, foto, video, infatti, rispondono solo ad una suprema istanza di chiarezza. Enzo De Leonibus, che appartiene all’antica aristocrazia artigianale, padroneggia le tecniche e, di volta in volta, impiega quella più idonea a manifestare il suo doloroso bisogno di realismo. (È, questo del realismo, un argomento su cui ritorneremo più avanti. Per ora, ci basti sapere che De Leonibus è da sempre fedele ad un assunto di “oggettività” alieno da ogni astrazione puramente formalistica.) Personalmente, considero AMORE MIO una pietra miliare nel percorso di Enzo De Leonibus. Perché condensa tutti gli aspetti di cui abbiamo parlato finora. È una installazione video che assume una realtà di fatto, tangibile, come campo di riferimento. Mostra un’iconografia familiare, ma ha un valore metaforico così intenso, che la proietta direttamente nell’empireo della poesia. Secondo il progetto originale, AMORE MIO è costruito intorno ad una grande proiezione a parete, coronata, a terra, da una decina di monitor. Le immagini, nel buio, trasmettono il palpitante silenzio di alcuni cuori malati, ripresi nel corso di operazioni cardiache. La modificazione ambientale, provocata dall’intrinseca solennità dell’opera, si trasmette al nostro apparato percettivo. Restiamo sospesi, quasi incantati fino allo smarrimento, in un vortice di tessuti vibranti, di fibre e colori saturi. Pur essendo un’opera ricca di pathos, comunque, non c’è uno sviluppo narrativo. Ri-
When art and life meet, they often seem to produce opposite effects. For example, if we look at the historical avant-garde, we are witnessing the formation of a polarity between exaggerated individualism and collective action (most recently, with increasingly clear intentions to analysis and social critique). In short, on the one hand there is extremism narcissistic Body Art, on the other, the assumption of reality as a creative repertoire (Happenings, situations, etc.) Coccia. We are not discovering anything new, if we say that this is an entirely fictitious dichotomy, and that it is resolved in the unity of the artist - in the first case, with a higher physical incidence (in the extreme, with real anatomical changes), in the second case, due to his role as a catalyst, as both a filmmaker and actor, caught in the act of changing a given situation (also in a directly political function). But there is a third way. Duchamp is the model, the origin of all these practices. It is, in practice, the application of an artistic matrix to the existential fabric of the author in his entirety. Not always, though, is there a choice. More often it is an imperative that the aesthetic sphere extends to ethical personal conduct. In this case, then, it becomes a permanent condition, final and inescapable. Enzo De Leonibus is located in the latter situation. For several years now, his artistic experiences have gone beyond the boundaries that should divide the two territories. However, nothing is more alien to him than the decadence of D’Annunzio. His illustrious fellow-countryman, in fact, aimed to make his life a work of art, exemplary in originality, richness and variety. For Enzo De Leonibus, by contrast, it is more correct to speak of “world-work.” His work indeed encounters real life, but transforms it into a stereometric universe, where the identity of thought and artistic action is applied to daily life. Which, again, does not mean aestheticising life. Nor, a fortiori, does it represent the intrusion of reality into the work. Instead, it is a type of project based on artistic principles, which directs (or absorbs) all activity, whether this be art objects, curatorial or personal affairs. In a nutshell, it is the realization of a work - captured in the making - on an existential level, the conclusion probably extending well beyond the life of the author. There being no interruption in the corpus of works, it does not even make sense to erect barriers between different languages. Sculptures, photographs, videos, in fact, serve only to a supreme instance of clarity. Enzo De Leonibus, who belongs to the ancient artisan aristocracy, masters the techniques and, in turn, uses the most appropriate one to express his painful need for realism. (It is this realism we will return to later. For now, we need to know that De Leonibus has always been faithful to an assumption of “objectivity” alien to any purely formalistic abstraction.) Personally, I consider MY LOVE a milestone in Enzo De Leonibus’s development, because it condenses all the aspects so far discussed. It is a video installation that assumes a tangible reality as a reference field. It shows well-known iconography, but has such an intense metaphorical value that it is projected directly into the empyrean of poetry. According to the original project, MY LOVE was built around a large wall projection crowned, on the ground, by a dozen monitors. The images in the dark transmit the throbbing silence of the sick hearts of patients, filmed during heart surgery. The environmental modification, caused by the intrinsic solemnity of the work is transmitted to our perception. We remain suspended, as if spellbound, in a swirl of vibrant fabrics, fibres and saturated colors. . Although it is a work full of pathos, however, there is no narrative development. Using oft-abused categories, we could say that MY LOVE is “representation” rather than “communication”. It is a symbol, not an allegory. While we admire, we are transported into the mainstream of life. The Universal essence of life. This is not an allusion to emblematic, particularly exemplary lives, to magnify to the whole world. Instead, it is a
VARIO ART 48X67 De Lonibus (2).indd 1
Oasis for birds, 2005
correndo a categorie abusate, potremmo dire che AMORE MIO rientra nell’ambito della “rappresentazione”, più che in quello della “comunicazione”. È un simbolo, non un’allegoria. Durante la visione, infatti, veniamo trasportati nel flusso della vita. Nell’essenza universale della vita. Non si tratta di un’allusione a qualche vita emblematica, particolarmente esemplare, da magnificare al mondo intero. È invece, una sintesi rigorosa, lucida fino alla crudeltà, dell’esistenza. Anzi, dell’Esistenza. Il cuore, dunque. Per i poeti romantici (e tutta la melassa consumistica) è la sede degli affetti. Per gli scienziati è un muscolo retrattile, centro della circolazione sanguigna. Per i mercanti di organi, un articolo in catalogo fra tanti. Ma per gli altri, è l’organo vitale per antonomasia. Ecco dove comincia la ricerca di Enzo De Leonibus. Da quel dato comune che unisce tutta l’umanità. Senza distinzione di razza, ceto, religione. Però, trattandosi di un artista della sua levatura, non possiamo limitarci al messaggio esteriore, di ecumenica uguaglianza fra tutti i popoli della terra. Per Enzo De Leonibus, come abbiamo anticipato, il dato di partenza è sempre oggettivo. Qui si tratta della rappresentazione – quanto mai “realistica” – del nostro apparato vitale. La riproduzione, cioè, della struttura anatomica che rivela l’identità di tutti gli appartenenti al genere umano. E l’immagine di ritorno, mediata dall’arte, ci restituisce una sorta di ritratto collettivo dell’umanità. (E del ritratto ha tutte le caratteristiche. Dalla somiglianza fisionomica alla compostezza compositiva. Dal contegno araldico alla lugubre capacità profetica.) A ben vedere, proprio di questo si tratta. Quelle che separano i popoli sono divisioni culturali, barriere artificiali. Il cercare la base di un possibile equilibrio (tra i conflitti bellici, economici, politici) dovrebbe partire esattamente da qui, dalla nostra natura, anonima perché assoluta. Dal cuore, infine. Perché, come diceva già Pascal: “Il cuore ha le sue ragioni, che la ragione non conosce.” Maurizio Coccia
Disegno, 2010
Titolo titolo, 1993
Amore mio, 2004
rigorous, cruelly lucid synthesis of existence. Existence. The heart, then. For Romantic poets (and all consumer sugariness) it is the seat of the emotions. For scientists it is a muscle, the centre of blood circulation. For the merchants of organs, one of many items in the catalogue. But for others, is the vital organ par excellence. Here’s where Enzo De Leonibus begins his research. From that common factor that unites all humanity. Without distinction of race, class or religion. However, as we are dealing with an artist of such stature, we cannot just accept the obvious message of ecumenical equality among all peoples of the earth. For Enzo De Leonibus, as we said earlier on, the starting point is always objective. Here is the “realistic” presentation of our living apparatus, the reproduction, that is, of the anatomical structure which reveals the identity of all members of the human race. And the image portrayed, mediated by art, gives us a sort of collective portrait of humanity (with all the features of a portrait - from facial resemblance to the composure of composition, from the heraldic attitude to the grim prophetic capacity.) On closer inspection, that’s just what it is. What separates peoples is cultural divisions, artificial barriers. The search for the possible basis of a balance (between economic and political wars) should start up right here, from our nature, which is anonymous because it is absolute. And also from the heart. Because, as Pascal said: “The heart has its reasons which reason knows not.” Maurizio Coccia
31/08/16 10:29
Dono, 1993
Restauri
Dono, 1995
Nutrire e affilare la mente (particolare), 2007
Progetto I.S.I.A. Pozzo dell’anima, 2008
Infrastrutture culturali
Enzo De Leonibus
Cuscino per il mio amore, 2006
Memoria dell’aria (particolare), 1995
Enzo De Leonibus (Spoltore (PE) 1955)
Premio internazionale Nord-Sud
Vario ART
Vive e lavora a Cappelle sul Tavo Lives and works in Cappelle sul Tavo Bagno per nuovi neogiacobini, 1985
Enzo De Leonibus / Le ragioni del cuore
Heart’s reasons
Quando arte e vita si incontrano, spesso sembrano produrre effetti opposti. Ad esempio, stando alle vicende delle avanguardie storiche, assistiamo alla formazione di una polarità fra esasperato individualismo e azione collettiva (ultimamente, con sempre più chiari intenti di analisi e critica sociale). In sintesi, da una parte troviamo l’estremismo narcisistico della Body Art; dall’altra, l’assunzione della realtà come repertorio creativo (Happening, Situazionismo, ecc.). Non scopriamo nulla di nuovo, se diciamo che questa è una dicotomia del tutto fittizia, e che si risolve in unità nella figura dell’artista. Nel primo caso, con maggiore incidenza fisica (all’estremo, con vere e proprie modificazioni anatomiche). Nel secondo, invece, grazie al suo ruolo di catalizzatore, ad un tempo regista e attore, colto nell’atto di cambiare una situazione data (anche in funzione direttamente politica). Esiste però una terza via. È il modello duchampiano, che sta comunque all’origine di tutte queste pratiche. Si tratta, in pratica, dell’applicazione di una matrice artistica al tessuto esistenziale dell’autore nella sua integrità. Non sempre, però, è una scelta. Più spesso è un imperativo che dalla sfera estetica si allarga a quella etica, della condotta personale. In tal caso, allora, diventa una condizione definitiva, inappellabile, ineludibile. Enzo De Leonibus si trova esattamente in quest’ultima situazione. Da diversi anni, ormai, le sue esperienze artistiche travalicano i confini che dovrebbero dividere i due territori. Tuttavia, niente gli è più estraneo del decadentismo di D’Annunzio. L’illustre conterraneo, infatti, puntava a fare della propria vita un’opera d’arte, esemplare per originalità, ricchezza, varietà. Per Enzo De Leonibus, al contrario, è più corretto parlare di “opera-mondo”. La sua poetica, effettivamente, incontra la vita vissuta, ma la trasforma in un universo stereometrico, dove l’identità di pensiero e azione artistica è applicata alla quotidianità. Il che, ripetiamo, non significa estetizzare la vita. Né, tanto meno, rappresenta l’irruzione della realtà nell’opera. È, invece, un tipo di progettualità basata su principi artistici, che indirizza (o fagocita) ogni attività, si tratti di oggetti propriamente artistici, di iniziative curatoriali o vicende personali. In sintesi, è la realizzazione di un’opera – colta nel suo farsi – su scala esistenziale, la cui conclusione, probabilmente, si prolungherà ben oltre la vita stessa dell’autore. Non essendoci soluzione di continuità nel corpus delle opere, non ha nemmeno più senso erigere steccati fra i diversi linguaggi. Sculture, foto, video, infatti, rispondono solo ad una suprema istanza di chiarezza. Enzo De Leonibus, che appartiene all’antica aristocrazia artigianale, padroneggia le tecniche e, di volta in volta, impiega quella più idonea a manifestare il suo doloroso bisogno di realismo. (È, questo del realismo, un argomento su cui ritorneremo più avanti. Per ora, ci basti sapere che De Leonibus è da sempre fedele ad un assunto di “oggettività” alieno da ogni astrazione puramente formalistica.) Personalmente, considero AMORE MIO una pietra miliare nel percorso di Enzo De Leonibus. Perché condensa tutti gli aspetti di cui abbiamo parlato finora. È una installazione video che assume una realtà di fatto, tangibile, come campo di riferimento. Mostra un’iconografia familiare, ma ha un valore metaforico così intenso, che la proietta direttamente nell’empireo della poesia. Secondo il progetto originale, AMORE MIO è costruito intorno ad una grande proiezione a parete, coronata, a terra, da una decina di monitor. Le immagini, nel buio, trasmettono il palpitante silenzio di alcuni cuori malati, ripresi nel corso di operazioni cardiache. La modificazione ambientale, provocata dall’intrinseca solennità dell’opera, si trasmette al nostro apparato percettivo. Restiamo sospesi, quasi incantati fino allo smarrimento, in un vortice di tessuti vibranti, di fibre e colori saturi. Pur essendo un’opera ricca di pathos, comunque, non c’è uno sviluppo narrativo. Ri-
When art and life meet, they often seem to produce opposite effects. For example, if we look at the historical avant-garde, we are witnessing the formation of a polarity between exaggerated individualism and collective action (most recently, with increasingly clear intentions to analysis and social critique). In short, on the one hand there is extremism narcissistic Body Art, on the other, the assumption of reality as a creative repertoire (Happenings, situations, etc.) Coccia. We are not discovering anything new, if we say that this is an entirely fictitious dichotomy, and that it is resolved in the unity of the artist - in the first case, with a higher physical incidence (in the extreme, with real anatomical changes), in the second case, due to his role as a catalyst, as both a filmmaker and actor, caught in the act of changing a given situation (also in a directly political function). But there is a third way. Duchamp is the model, the origin of all these practices. It is, in practice, the application of an artistic matrix to the existential fabric of the author in his entirety. Not always, though, is there a choice. More often it is an imperative that the aesthetic sphere extends to ethical personal conduct. In this case, then, it becomes a permanent condition, final and inescapable. Enzo De Leonibus is located in the latter situation. For several years now, his artistic experiences have gone beyond the boundaries that should divide the two territories. However, nothing is more alien to him than the decadence of D’Annunzio. His illustrious fellow-countryman, in fact, aimed to make his life a work of art, exemplary in originality, richness and variety. For Enzo De Leonibus, by contrast, it is more correct to speak of “world-work.” His work indeed encounters real life, but transforms it into a stereometric universe, where the identity of thought and artistic action is applied to daily life. Which, again, does not mean aestheticising life. Nor, a fortiori, does it represent the intrusion of reality into the work. Instead, it is a type of project based on artistic principles, which directs (or absorbs) all activity, whether this be art objects, curatorial or personal affairs. In a nutshell, it is the realization of a work - captured in the making - on an existential level, the conclusion probably extending well beyond the life of the author. There being no interruption in the corpus of works, it does not even make sense to erect barriers between different languages. Sculptures, photographs, videos, in fact, serve only to a supreme instance of clarity. Enzo De Leonibus, who belongs to the ancient artisan aristocracy, masters the techniques and, in turn, uses the most appropriate one to express his painful need for realism. (It is this realism we will return to later. For now, we need to know that De Leonibus has always been faithful to an assumption of “objectivity” alien to any purely formalistic abstraction.) Personally, I consider MY LOVE a milestone in Enzo De Leonibus’s development, because it condenses all the aspects so far discussed. It is a video installation that assumes a tangible reality as a reference field. It shows well-known iconography, but has such an intense metaphorical value that it is projected directly into the empyrean of poetry. According to the original project, MY LOVE was built around a large wall projection crowned, on the ground, by a dozen monitors. The images in the dark transmit the throbbing silence of the sick hearts of patients, filmed during heart surgery. The environmental modification, caused by the intrinsic solemnity of the work is transmitted to our perception. We remain suspended, as if spellbound, in a swirl of vibrant fabrics, fibres and saturated colors. . Although it is a work full of pathos, however, there is no narrative development. Using oft-abused categories, we could say that MY LOVE is “representation” rather than “communication”. It is a symbol, not an allegory. While we admire, we are transported into the mainstream of life. The Universal essence of life. This is not an allusion to emblematic, particularly exemplary lives, to magnify to the whole world. Instead, it is a
VARIO ART 48X67 De Lonibus (2).indd 1
Oasis for birds, 2005
correndo a categorie abusate, potremmo dire che AMORE MIO rientra nell’ambito della “rappresentazione”, più che in quello della “comunicazione”. È un simbolo, non un’allegoria. Durante la visione, infatti, veniamo trasportati nel flusso della vita. Nell’essenza universale della vita. Non si tratta di un’allusione a qualche vita emblematica, particolarmente esemplare, da magnificare al mondo intero. È invece, una sintesi rigorosa, lucida fino alla crudeltà, dell’esistenza. Anzi, dell’Esistenza. Il cuore, dunque. Per i poeti romantici (e tutta la melassa consumistica) è la sede degli affetti. Per gli scienziati è un muscolo retrattile, centro della circolazione sanguigna. Per i mercanti di organi, un articolo in catalogo fra tanti. Ma per gli altri, è l’organo vitale per antonomasia. Ecco dove comincia la ricerca di Enzo De Leonibus. Da quel dato comune che unisce tutta l’umanità. Senza distinzione di razza, ceto, religione. Però, trattandosi di un artista della sua levatura, non possiamo limitarci al messaggio esteriore, di ecumenica uguaglianza fra tutti i popoli della terra. Per Enzo De Leonibus, come abbiamo anticipato, il dato di partenza è sempre oggettivo. Qui si tratta della rappresentazione – quanto mai “realistica” – del nostro apparato vitale. La riproduzione, cioè, della struttura anatomica che rivela l’identità di tutti gli appartenenti al genere umano. E l’immagine di ritorno, mediata dall’arte, ci restituisce una sorta di ritratto collettivo dell’umanità. (E del ritratto ha tutte le caratteristiche. Dalla somiglianza fisionomica alla compostezza compositiva. Dal contegno araldico alla lugubre capacità profetica.) A ben vedere, proprio di questo si tratta. Quelle che separano i popoli sono divisioni culturali, barriere artificiali. Il cercare la base di un possibile equilibrio (tra i conflitti bellici, economici, politici) dovrebbe partire esattamente da qui, dalla nostra natura, anonima perché assoluta. Dal cuore, infine. Perché, come diceva già Pascal: “Il cuore ha le sue ragioni, che la ragione non conosce.” Maurizio Coccia
Disegno, 2010
Titolo titolo, 1993
Amore mio, 2004
rigorous, cruelly lucid synthesis of existence. Existence. The heart, then. For Romantic poets (and all consumer sugariness) it is the seat of the emotions. For scientists it is a muscle, the centre of blood circulation. For the merchants of organs, one of many items in the catalogue. But for others, is the vital organ par excellence. Here’s where Enzo De Leonibus begins his research. From that common factor that unites all humanity. Without distinction of race, class or religion. However, as we are dealing with an artist of such stature, we cannot just accept the obvious message of ecumenical equality among all peoples of the earth. For Enzo De Leonibus, as we said earlier on, the starting point is always objective. Here is the “realistic” presentation of our living apparatus, the reproduction, that is, of the anatomical structure which reveals the identity of all members of the human race. And the image portrayed, mediated by art, gives us a sort of collective portrait of humanity (with all the features of a portrait - from facial resemblance to the composure of composition, from the heraldic attitude to the grim prophetic capacity.) On closer inspection, that’s just what it is. What separates peoples is cultural divisions, artificial barriers. The search for the possible basis of a balance (between economic and political wars) should start up right here, from our nature, which is anonymous because it is absolute. And also from the heart. Because, as Pascal said: “The heart has its reasons which reason knows not.” Maurizio Coccia
31/08/16 10:29
Dono, 1993
Restauri
Dono, 1995
Nutrire e affilare la mente (particolare), 2007
Progetto I.S.I.A. Pozzo dell’anima, 2008
Infrastrutture culturali
Enzo De Leonibus
Cuscino per il mio amore, 2006
Memoria dell’aria (particolare), 1995
Enzo De Leonibus (Spoltore (PE) 1955)
Premio internazionale Nord-Sud
Vario ART
Vive e lavora a Cappelle sul Tavo Lives and works in Cappelle sul Tavo Bagno per nuovi neogiacobini, 1985
Enzo De Leonibus / Le ragioni del cuore
Heart’s reasons
Quando arte e vita si incontrano, spesso sembrano produrre effetti opposti. Ad esempio, stando alle vicende delle avanguardie storiche, assistiamo alla formazione di una polarità fra esasperato individualismo e azione collettiva (ultimamente, con sempre più chiari intenti di analisi e critica sociale). In sintesi, da una parte troviamo l’estremismo narcisistico della Body Art; dall’altra, l’assunzione della realtà come repertorio creativo (Happening, Situazionismo, ecc.). Non scopriamo nulla di nuovo, se diciamo che questa è una dicotomia del tutto fittizia, e che si risolve in unità nella figura dell’artista. Nel primo caso, con maggiore incidenza fisica (all’estremo, con vere e proprie modificazioni anatomiche). Nel secondo, invece, grazie al suo ruolo di catalizzatore, ad un tempo regista e attore, colto nell’atto di cambiare una situazione data (anche in funzione direttamente politica). Esiste però una terza via. È il modello duchampiano, che sta comunque all’origine di tutte queste pratiche. Si tratta, in pratica, dell’applicazione di una matrice artistica al tessuto esistenziale dell’autore nella sua integrità. Non sempre, però, è una scelta. Più spesso è un imperativo che dalla sfera estetica si allarga a quella etica, della condotta personale. In tal caso, allora, diventa una condizione definitiva, inappellabile, ineludibile. Enzo De Leonibus si trova esattamente in quest’ultima situazione. Da diversi anni, ormai, le sue esperienze artistiche travalicano i confini che dovrebbero dividere i due territori. Tuttavia, niente gli è più estraneo del decadentismo di D’Annunzio. L’illustre conterraneo, infatti, puntava a fare della propria vita un’opera d’arte, esemplare per originalità, ricchezza, varietà. Per Enzo De Leonibus, al contrario, è più corretto parlare di “opera-mondo”. La sua poetica, effettivamente, incontra la vita vissuta, ma la trasforma in un universo stereometrico, dove l’identità di pensiero e azione artistica è applicata alla quotidianità. Il che, ripetiamo, non significa estetizzare la vita. Né, tanto meno, rappresenta l’irruzione della realtà nell’opera. È, invece, un tipo di progettualità basata su principi artistici, che indirizza (o fagocita) ogni attività, si tratti di oggetti propriamente artistici, di iniziative curatoriali o vicende personali. In sintesi, è la realizzazione di un’opera – colta nel suo farsi – su scala esistenziale, la cui conclusione, probabilmente, si prolungherà ben oltre la vita stessa dell’autore. Non essendoci soluzione di continuità nel corpus delle opere, non ha nemmeno più senso erigere steccati fra i diversi linguaggi. Sculture, foto, video, infatti, rispondono solo ad una suprema istanza di chiarezza. Enzo De Leonibus, che appartiene all’antica aristocrazia artigianale, padroneggia le tecniche e, di volta in volta, impiega quella più idonea a manifestare il suo doloroso bisogno di realismo. (È, questo del realismo, un argomento su cui ritorneremo più avanti. Per ora, ci basti sapere che De Leonibus è da sempre fedele ad un assunto di “oggettività” alieno da ogni astrazione puramente formalistica.) Personalmente, considero AMORE MIO una pietra miliare nel percorso di Enzo De Leonibus. Perché condensa tutti gli aspetti di cui abbiamo parlato finora. È una installazione video che assume una realtà di fatto, tangibile, come campo di riferimento. Mostra un’iconografia familiare, ma ha un valore metaforico così intenso, che la proietta direttamente nell’empireo della poesia. Secondo il progetto originale, AMORE MIO è costruito intorno ad una grande proiezione a parete, coronata, a terra, da una decina di monitor. Le immagini, nel buio, trasmettono il palpitante silenzio di alcuni cuori malati, ripresi nel corso di operazioni cardiache. La modificazione ambientale, provocata dall’intrinseca solennità dell’opera, si trasmette al nostro apparato percettivo. Restiamo sospesi, quasi incantati fino allo smarrimento, in un vortice di tessuti vibranti, di fibre e colori saturi. Pur essendo un’opera ricca di pathos, comunque, non c’è uno sviluppo narrativo. Ri-
When art and life meet, they often seem to produce opposite effects. For example, if we look at the historical avant-garde, we are witnessing the formation of a polarity between exaggerated individualism and collective action (most recently, with increasingly clear intentions to analysis and social critique). In short, on the one hand there is extremism narcissistic Body Art, on the other, the assumption of reality as a creative repertoire (Happenings, situations, etc.) Coccia. We are not discovering anything new, if we say that this is an entirely fictitious dichotomy, and that it is resolved in the unity of the artist - in the first case, with a higher physical incidence (in the extreme, with real anatomical changes), in the second case, due to his role as a catalyst, as both a filmmaker and actor, caught in the act of changing a given situation (also in a directly political function). But there is a third way. Duchamp is the model, the origin of all these practices. It is, in practice, the application of an artistic matrix to the existential fabric of the author in his entirety. Not always, though, is there a choice. More often it is an imperative that the aesthetic sphere extends to ethical personal conduct. In this case, then, it becomes a permanent condition, final and inescapable. Enzo De Leonibus is located in the latter situation. For several years now, his artistic experiences have gone beyond the boundaries that should divide the two territories. However, nothing is more alien to him than the decadence of D’Annunzio. His illustrious fellow-countryman, in fact, aimed to make his life a work of art, exemplary in originality, richness and variety. For Enzo De Leonibus, by contrast, it is more correct to speak of “world-work.” His work indeed encounters real life, but transforms it into a stereometric universe, where the identity of thought and artistic action is applied to daily life. Which, again, does not mean aestheticising life. Nor, a fortiori, does it represent the intrusion of reality into the work. Instead, it is a type of project based on artistic principles, which directs (or absorbs) all activity, whether this be art objects, curatorial or personal affairs. In a nutshell, it is the realization of a work - captured in the making - on an existential level, the conclusion probably extending well beyond the life of the author. There being no interruption in the corpus of works, it does not even make sense to erect barriers between different languages. Sculptures, photographs, videos, in fact, serve only to a supreme instance of clarity. Enzo De Leonibus, who belongs to the ancient artisan aristocracy, masters the techniques and, in turn, uses the most appropriate one to express his painful need for realism. (It is this realism we will return to later. For now, we need to know that De Leonibus has always been faithful to an assumption of “objectivity” alien to any purely formalistic abstraction.) Personally, I consider MY LOVE a milestone in Enzo De Leonibus’s development, because it condenses all the aspects so far discussed. It is a video installation that assumes a tangible reality as a reference field. It shows well-known iconography, but has such an intense metaphorical value that it is projected directly into the empyrean of poetry. According to the original project, MY LOVE was built around a large wall projection crowned, on the ground, by a dozen monitors. The images in the dark transmit the throbbing silence of the sick hearts of patients, filmed during heart surgery. The environmental modification, caused by the intrinsic solemnity of the work is transmitted to our perception. We remain suspended, as if spellbound, in a swirl of vibrant fabrics, fibres and saturated colors. . Although it is a work full of pathos, however, there is no narrative development. Using oft-abused categories, we could say that MY LOVE is “representation” rather than “communication”. It is a symbol, not an allegory. While we admire, we are transported into the mainstream of life. The Universal essence of life. This is not an allusion to emblematic, particularly exemplary lives, to magnify to the whole world. Instead, it is a
VARIO ART 48X67 De Lonibus (2).indd 1
Oasis for birds, 2005
correndo a categorie abusate, potremmo dire che AMORE MIO rientra nell’ambito della “rappresentazione”, più che in quello della “comunicazione”. È un simbolo, non un’allegoria. Durante la visione, infatti, veniamo trasportati nel flusso della vita. Nell’essenza universale della vita. Non si tratta di un’allusione a qualche vita emblematica, particolarmente esemplare, da magnificare al mondo intero. È invece, una sintesi rigorosa, lucida fino alla crudeltà, dell’esistenza. Anzi, dell’Esistenza. Il cuore, dunque. Per i poeti romantici (e tutta la melassa consumistica) è la sede degli affetti. Per gli scienziati è un muscolo retrattile, centro della circolazione sanguigna. Per i mercanti di organi, un articolo in catalogo fra tanti. Ma per gli altri, è l’organo vitale per antonomasia. Ecco dove comincia la ricerca di Enzo De Leonibus. Da quel dato comune che unisce tutta l’umanità. Senza distinzione di razza, ceto, religione. Però, trattandosi di un artista della sua levatura, non possiamo limitarci al messaggio esteriore, di ecumenica uguaglianza fra tutti i popoli della terra. Per Enzo De Leonibus, come abbiamo anticipato, il dato di partenza è sempre oggettivo. Qui si tratta della rappresentazione – quanto mai “realistica” – del nostro apparato vitale. La riproduzione, cioè, della struttura anatomica che rivela l’identità di tutti gli appartenenti al genere umano. E l’immagine di ritorno, mediata dall’arte, ci restituisce una sorta di ritratto collettivo dell’umanità. (E del ritratto ha tutte le caratteristiche. Dalla somiglianza fisionomica alla compostezza compositiva. Dal contegno araldico alla lugubre capacità profetica.) A ben vedere, proprio di questo si tratta. Quelle che separano i popoli sono divisioni culturali, barriere artificiali. Il cercare la base di un possibile equilibrio (tra i conflitti bellici, economici, politici) dovrebbe partire esattamente da qui, dalla nostra natura, anonima perché assoluta. Dal cuore, infine. Perché, come diceva già Pascal: “Il cuore ha le sue ragioni, che la ragione non conosce.” Maurizio Coccia
Disegno, 2010
Titolo titolo, 1993
Amore mio, 2004
rigorous, cruelly lucid synthesis of existence. Existence. The heart, then. For Romantic poets (and all consumer sugariness) it is the seat of the emotions. For scientists it is a muscle, the centre of blood circulation. For the merchants of organs, one of many items in the catalogue. But for others, is the vital organ par excellence. Here’s where Enzo De Leonibus begins his research. From that common factor that unites all humanity. Without distinction of race, class or religion. However, as we are dealing with an artist of such stature, we cannot just accept the obvious message of ecumenical equality among all peoples of the earth. For Enzo De Leonibus, as we said earlier on, the starting point is always objective. Here is the “realistic” presentation of our living apparatus, the reproduction, that is, of the anatomical structure which reveals the identity of all members of the human race. And the image portrayed, mediated by art, gives us a sort of collective portrait of humanity (with all the features of a portrait - from facial resemblance to the composure of composition, from the heraldic attitude to the grim prophetic capacity.) On closer inspection, that’s just what it is. What separates peoples is cultural divisions, artificial barriers. The search for the possible basis of a balance (between economic and political wars) should start up right here, from our nature, which is anonymous because it is absolute. And also from the heart. Because, as Pascal said: “The heart has its reasons which reason knows not.” Maurizio Coccia
31/08/16 10:29
VARIO ART 48X67 De Lonibus (2).indd 2 31/08/16 10:29
Enzo De Leonibus
“Se una bella giovenca…”, 2000 - 2010
Vario ART
VARIO ART 48X67 De Lonibus (2).indd 2 31/08/16 10:29
Enzo De Leonibus
“Se una bella giovenca…”, 2000 - 2010
Vario ART
Dono, 1993
Restauri
Dono, 1995
Nutrire e affilare la mente (particolare), 2007
Progetto I.S.I.A. Pozzo dell’anima, 2008
Infrastrutture culturali
Enzo De Leonibus
Cuscino per il mio amore, 2006
Memoria dell’aria (particolare), 1995
Enzo De Leonibus (Spoltore (PE) 1955)
Premio internazionale Nord-Sud
Vario ART
Vive e lavora a Cappelle sul Tavo Lives and works in Cappelle sul Tavo Bagno per nuovi neogiacobini, 1985
Enzo De Leonibus / Le ragioni del cuore
Heart’s reasons
Quando arte e vita si incontrano, spesso sembrano produrre effetti opposti. Ad esempio, stando alle vicende delle avanguardie storiche, assistiamo alla formazione di una polarità fra esasperato individualismo e azione collettiva (ultimamente, con sempre più chiari intenti di analisi e critica sociale). In sintesi, da una parte troviamo l’estremismo narcisistico della Body Art; dall’altra, l’assunzione della realtà come repertorio creativo (Happening, Situazionismo, ecc.). Non scopriamo nulla di nuovo, se diciamo che questa è una dicotomia del tutto fittizia, e che si risolve in unità nella figura dell’artista. Nel primo caso, con maggiore incidenza fisica (all’estremo, con vere e proprie modificazioni anatomiche). Nel secondo, invece, grazie al suo ruolo di catalizzatore, ad un tempo regista e attore, colto nell’atto di cambiare una situazione data (anche in funzione direttamente politica). Esiste però una terza via. È il modello duchampiano, che sta comunque all’origine di tutte queste pratiche. Si tratta, in pratica, dell’applicazione di una matrice artistica al tessuto esistenziale dell’autore nella sua integrità. Non sempre, però, è una scelta. Più spesso è un imperativo che dalla sfera estetica si allarga a quella etica, della condotta personale. In tal caso, allora, diventa una condizione definitiva, inappellabile, ineludibile. Enzo De Leonibus si trova esattamente in quest’ultima situazione. Da diversi anni, ormai, le sue esperienze artistiche travalicano i confini che dovrebbero dividere i due territori. Tuttavia, niente gli è più estraneo del decadentismo di D’Annunzio. L’illustre conterraneo, infatti, puntava a fare della propria vita un’opera d’arte, esemplare per originalità, ricchezza, varietà. Per Enzo De Leonibus, al contrario, è più corretto parlare di “opera-mondo”. La sua poetica, effettivamente, incontra la vita vissuta, ma la trasforma in un universo stereometrico, dove l’identità di pensiero e azione artistica è applicata alla quotidianità. Il che, ripetiamo, non significa estetizzare la vita. Né, tanto meno, rappresenta l’irruzione della realtà nell’opera. È, invece, un tipo di progettualità basata su principi artistici, che indirizza (o fagocita) ogni attività, si tratti di oggetti propriamente artistici, di iniziative curatoriali o vicende personali. In sintesi, è la realizzazione di un’opera – colta nel suo farsi – su scala esistenziale, la cui conclusione, probabilmente, si prolungherà ben oltre la vita stessa dell’autore. Non essendoci soluzione di continuità nel corpus delle opere, non ha nemmeno più senso erigere steccati fra i diversi linguaggi. Sculture, foto, video, infatti, rispondono solo ad una suprema istanza di chiarezza. Enzo De Leonibus, che appartiene all’antica aristocrazia artigianale, padroneggia le tecniche e, di volta in volta, impiega quella più idonea a manifestare il suo doloroso bisogno di realismo. (È, questo del realismo, un argomento su cui ritorneremo più avanti. Per ora, ci basti sapere che De Leonibus è da sempre fedele ad un assunto di “oggettività” alieno da ogni astrazione puramente formalistica.) Personalmente, considero AMORE MIO una pietra miliare nel percorso di Enzo De Leonibus. Perché condensa tutti gli aspetti di cui abbiamo parlato finora. È una installazione video che assume una realtà di fatto, tangibile, come campo di riferimento. Mostra un’iconografia familiare, ma ha un valore metaforico così intenso, che la proietta direttamente nell’empireo della poesia. Secondo il progetto originale, AMORE MIO è costruito intorno ad una grande proiezione a parete, coronata, a terra, da una decina di monitor. Le immagini, nel buio, trasmettono il palpitante silenzio di alcuni cuori malati, ripresi nel corso di operazioni cardiache. La modificazione ambientale, provocata dall’intrinseca solennità dell’opera, si trasmette al nostro apparato percettivo. Restiamo sospesi, quasi incantati fino allo smarrimento, in un vortice di tessuti vibranti, di fibre e colori saturi. Pur essendo un’opera ricca di pathos, comunque, non c’è uno sviluppo narrativo. Ri-
When art and life meet, they often seem to produce opposite effects. For example, if we look at the historical avant-garde, we are witnessing the formation of a polarity between exaggerated individualism and collective action (most recently, with increasingly clear intentions to analysis and social critique). In short, on the one hand there is extremism narcissistic Body Art, on the other, the assumption of reality as a creative repertoire (Happenings, situations, etc.) Coccia. We are not discovering anything new, if we say that this is an entirely fictitious dichotomy, and that it is resolved in the unity of the artist - in the first case, with a higher physical incidence (in the extreme, with real anatomical changes), in the second case, due to his role as a catalyst, as both a filmmaker and actor, caught in the act of changing a given situation (also in a directly political function). But there is a third way. Duchamp is the model, the origin of all these practices. It is, in practice, the application of an artistic matrix to the existential fabric of the author in his entirety. Not always, though, is there a choice. More often it is an imperative that the aesthetic sphere extends to ethical personal conduct. In this case, then, it becomes a permanent condition, final and inescapable. Enzo De Leonibus is located in the latter situation. For several years now, his artistic experiences have gone beyond the boundaries that should divide the two territories. However, nothing is more alien to him than the decadence of D’Annunzio. His illustrious fellow-countryman, in fact, aimed to make his life a work of art, exemplary in originality, richness and variety. For Enzo De Leonibus, by contrast, it is more correct to speak of “world-work.” His work indeed encounters real life, but transforms it into a stereometric universe, where the identity of thought and artistic action is applied to daily life. Which, again, does not mean aestheticising life. Nor, a fortiori, does it represent the intrusion of reality into the work. Instead, it is a type of project based on artistic principles, which directs (or absorbs) all activity, whether this be art objects, curatorial or personal affairs. In a nutshell, it is the realization of a work - captured in the making - on an existential level, the conclusion probably extending well beyond the life of the author. There being no interruption in the corpus of works, it does not even make sense to erect barriers between different languages. Sculptures, photographs, videos, in fact, serve only to a supreme instance of clarity. Enzo De Leonibus, who belongs to the ancient artisan aristocracy, masters the techniques and, in turn, uses the most appropriate one to express his painful need for realism. (It is this realism we will return to later. For now, we need to know that De Leonibus has always been faithful to an assumption of “objectivity” alien to any purely formalistic abstraction.) Personally, I consider MY LOVE a milestone in Enzo De Leonibus’s development, because it condenses all the aspects so far discussed. It is a video installation that assumes a tangible reality as a reference field. It shows well-known iconography, but has such an intense metaphorical value that it is projected directly into the empyrean of poetry. According to the original project, MY LOVE was built around a large wall projection crowned, on the ground, by a dozen monitors. The images in the dark transmit the throbbing silence of the sick hearts of patients, filmed during heart surgery. The environmental modification, caused by the intrinsic solemnity of the work is transmitted to our perception. We remain suspended, as if spellbound, in a swirl of vibrant fabrics, fibres and saturated colors. . Although it is a work full of pathos, however, there is no narrative development. Using oft-abused categories, we could say that MY LOVE is “representation” rather than “communication”. It is a symbol, not an allegory. While we admire, we are transported into the mainstream of life. The Universal essence of life. This is not an allusion to emblematic, particularly exemplary lives, to magnify to the whole world. Instead, it is a
VARIO ART 48X67 De Lonibus (2).indd 1
Oasis for birds, 2005
correndo a categorie abusate, potremmo dire che AMORE MIO rientra nell’ambito della “rappresentazione”, più che in quello della “comunicazione”. È un simbolo, non un’allegoria. Durante la visione, infatti, veniamo trasportati nel flusso della vita. Nell’essenza universale della vita. Non si tratta di un’allusione a qualche vita emblematica, particolarmente esemplare, da magnificare al mondo intero. È invece, una sintesi rigorosa, lucida fino alla crudeltà, dell’esistenza. Anzi, dell’Esistenza. Il cuore, dunque. Per i poeti romantici (e tutta la melassa consumistica) è la sede degli affetti. Per gli scienziati è un muscolo retrattile, centro della circolazione sanguigna. Per i mercanti di organi, un articolo in catalogo fra tanti. Ma per gli altri, è l’organo vitale per antonomasia. Ecco dove comincia la ricerca di Enzo De Leonibus. Da quel dato comune che unisce tutta l’umanità. Senza distinzione di razza, ceto, religione. Però, trattandosi di un artista della sua levatura, non possiamo limitarci al messaggio esteriore, di ecumenica uguaglianza fra tutti i popoli della terra. Per Enzo De Leonibus, come abbiamo anticipato, il dato di partenza è sempre oggettivo. Qui si tratta della rappresentazione – quanto mai “realistica” – del nostro apparato vitale. La riproduzione, cioè, della struttura anatomica che rivela l’identità di tutti gli appartenenti al genere umano. E l’immagine di ritorno, mediata dall’arte, ci restituisce una sorta di ritratto collettivo dell’umanità. (E del ritratto ha tutte le caratteristiche. Dalla somiglianza fisionomica alla compostezza compositiva. Dal contegno araldico alla lugubre capacità profetica.) A ben vedere, proprio di questo si tratta. Quelle che separano i popoli sono divisioni culturali, barriere artificiali. Il cercare la base di un possibile equilibrio (tra i conflitti bellici, economici, politici) dovrebbe partire esattamente da qui, dalla nostra natura, anonima perché assoluta. Dal cuore, infine. Perché, come diceva già Pascal: “Il cuore ha le sue ragioni, che la ragione non conosce.” Maurizio Coccia
Disegno, 2010
Titolo titolo, 1993
Amore mio, 2004
rigorous, cruelly lucid synthesis of existence. Existence. The heart, then. For Romantic poets (and all consumer sugariness) it is the seat of the emotions. For scientists it is a muscle, the centre of blood circulation. For the merchants of organs, one of many items in the catalogue. But for others, is the vital organ par excellence. Here’s where Enzo De Leonibus begins his research. From that common factor that unites all humanity. Without distinction of race, class or religion. However, as we are dealing with an artist of such stature, we cannot just accept the obvious message of ecumenical equality among all peoples of the earth. For Enzo De Leonibus, as we said earlier on, the starting point is always objective. Here is the “realistic” presentation of our living apparatus, the reproduction, that is, of the anatomical structure which reveals the identity of all members of the human race. And the image portrayed, mediated by art, gives us a sort of collective portrait of humanity (with all the features of a portrait - from facial resemblance to the composure of composition, from the heraldic attitude to the grim prophetic capacity.) On closer inspection, that’s just what it is. What separates peoples is cultural divisions, artificial barriers. The search for the possible basis of a balance (between economic and political wars) should start up right here, from our nature, which is anonymous because it is absolute. And also from the heart. Because, as Pascal said: “The heart has its reasons which reason knows not.” Maurizio Coccia
31/08/16 10:29