San Giustino Chieti

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SAN GIUSTINO A CHIETI

Testo di Raffaele Bigi Foto Roberto De Liberato





Nelle foto: in copertina la Piazza San Giustino. Nelle pagine precedenti, la facciata della Cattedrale con il loggiato con fughe di colonnine e capitelli. A sinistra, l’interno della Cattedrale. In fondo la pala l’altare raffigurante “L’incredulita’ di S.Tommaso” a firma di Saverio Persico. In questa pagina, nella lunetta del portale, il Mosaico novecentesco di Biagi Biagetti raffigurante “Il Salvatore fra i titolari della Chiesa: San Tommaso e San Giustino”.




LA CATTEDRALE DI SAN GIUSTINO TRA STORIA, ARTE E ARCHITETTURA

S

u quella che una volta veniva chiamata dai locali colle Gallo si affaccia la chiesa-cattedrale dedicata a S. Giustino, patrono di Chieti. Colle Gallo sembra prendesse nome dalla famiglia Gallo della gens Asinia, che per secoli ha dominato la vita cittadina, politicamente ed economicamente, e sullo stesso colle sembra che avesse delle proprietà il console Caio Asinio Gallo, figlio di Pollione e marito di Agrippina (alcuni recenti ritrovamenti pare ne darebbero conferma).

La chiesa cattedrale di S.Giustino Anche se non ci sono dati certi, secondo Ughelli, Nicolino, Valignani e Saggese Teate sarebbe stata evangelizzata seguendo la prassi adottata di privilegiare i centri maggiori - nell’anno 45 (quindi agli albori del Cristianesimo) da Sant’Antimo di Antiochia, un discepolo di Pietro. Pare inoltre che essa abbia avuto l’onore, in quanto città maggiore, di essere elevata a sede vescovile molto prima della fine dell’impero romano. Il Lanzoni sosteneva, infatti, che la diocesi teatina doveva esistere già dal IV sec. e Monachino affermava che nel territorio dei Marrucini (l’antica tribù italica che sconfisse gli Oschi intorno al X sec. a.C., si impossessò del territorio di Teate e vi abitò), l’influsso di iniziali nuclei cristiani, organizzatisi poi in comunità cristiane, doveva essere avvenuto attraverso la TiburtinaValeria e la sua prosecuzione, via Claudia-Valeria, prima della pace di Costantino che accordava la libertà ad ogni religione. Sotto Costantino, Teate fu sede di un Preside e si chiamò Provincia presidiale del Sannio, soggetta al Vicario di Roma. La tradizione però vuole che il primo vescovo di Chieti sia stato San Giustino eremita. La cattedrale basilica di S. Giustino odierna sorge su preesistenze dell’epoca romana in opus cementicium forse una costruzione templare il cui pavimento si trova più di un metro al di sopra dell’attuale piano stradale. Sui resti del tempio pagano fu edificato nel IV secolo, in concomitanza con la nascita della diocesi di Chieti, un edificio di culto cristiano che fu ripetutamente distrutto durante le invasioni barbariche. Il sito di Piazza S. Giustino, periferico rispetto alla Chieti romana ma anche in contrapposizione ad essa, divenne polo rilevante solo a partire dal IX sec. quando il vescovo Teodorico I nell’840 ordinò il rifacimento della cattedrale, già esistente a quell’epoca e dedicata a S. Tommaso Apostolo, mentre S. Giustino era venerato nella cripta sottostante come patrono della città e della diocesi. La cattedrale fu poi intitolata alla Beata Vergine Maria Assunta e a S. Tommaso, poi ancora a S. Tommaso e anche a S. Giustino, e successivamente, dal 1100 in poi, solo a S. Giustino l’eremita. In età medioevale essa fu sede del primo Sinodo indetto e fortemente voluto dal vescovo Teodorico I che ivi istituì una struttura comunitaria e, sull’esempio del predecessore Giustino, ripristinò la canonica in onore di S. Tommaso ovvero una sorta di vita monastica, concepita

anche come centro propulsore di studi umanistici. Con Teodorico I Teate diventò il principale centro politicoreligioso del versante medio adriatico potendo vantare anche uno Scriptorium (sede degli amanuensi), con una scuola di canto e (forse) anche di miniatura, alla quale è preposto un magister, Giselpertus, canonico decanus et portarius. All’ istituto monacale facevano riferimento altri monasteri fioriti nella Diocesi Teatina quali S. Liberatore, S. Salvatore a Majella, S. Maria d’Arabona, S. Stefano in rivo maris, S. Clemente a Casauria, S. Martino di Fara Filiorum Petri e S. Giovanni in Venere. Nel 1061 la cattedrale fu trasformata ed ampliata e riconsacrata il 5 novembre del 1069 da Ottone I, vescovo di Chieti discendente, riferisce Alfano di Salerno, in linea diretta dai Re carolingi. La nuova costruzione è anche basilica pronta ad ospitare nell’ottobre del 1097 Papa Urbano II che vi predicò la prima crociata avanti ad un folto stuolo di abati, vescovi e conti ivi convenuti dai vari centri della vasta contea di Chieti che andava dal fiume Pescara a Termoli. All’Xl sec. risale l’odierna e complessa planimetria della cattedrale. Ricostruita ancora quasi del tutto nel ‘300 e alterata più volte nel corso del tempo, è stata completata in forme medioevali nel secolo scorso. La facciata, l’imponente portale rialzato cui si accede a mezzo di un’ampia scalinata, e tutto il fianco destro che prospetta sulla piazza, sono opera dell’architetto marchigiano Guido Cirilli (famoso in Italia per aver collaborato con il Sacconi alla realizzazione in Roma del monumento a Vittorio Emanuele II collocato all’interno dell’Altare della Patria in piazza Venezia) che si è ispirato in parte alle linee architettoniche dell’abside, uniformando tutto allo stile trecentesco e all’architettura pugliese e formando un unico insieme tra la cripta, la cattedrale e il campanile. A lui si deve anche il merito di aver ricollocato la cuspide sulla torre campanaria crollata in seguito al terremoto del 1706 e aver nascosto i contrafforti esistenti con un elegante loggiato con fughe di leggiadre colonnine e aver creato le tre grandi aperture lucifere longitudinali. Nella lunetta del portale della cattedrale, è posto un mosaico novecentesco di Biagio Biagetti, della Scuola Vaticana, raffigurante il Salvatore fra i titolari della chiesa. L’ampio interno a croce latina è a tre navate scandite da pilastri a fascio, con volta a botte; transetto e presbiterio posti ad un livello più alto, aggiungono un tono solenne allo splendore barocco dell’insieme. Partendo dalla navata destra ci sono: il fonte battesimale in porfido di Verona; la tela del Battesimo di Gesù nel Giordano, attribuita a Saverio Persico, della scuola napoletana di Giuseppe Sanmartino; a destra del coretto, la pala d’altare raffigurante La Madonna e San Gaetano da Thiène, opera del pittore napoletano solimenesco Ludovico De Majo. All’altare della cappella dedicata a San Gaetano da Thiène, risalente al 1738 ha lavorato Gian Girolamo Rizza e forse anche l’architetto

Nelle foto: nelle pagine precedenti, la Processione del Venerdì Santo con la statua della Madonna in primo piano Accanto, il portale principale sulla sommità della gradinata d’accesso alla Cattedrale.



milanese Michele Clerici, decoratore in stucco. Chiude la navata destra la cappella della Mater Populi Teatini con paliotto in marmo intarsiato e con pietre semipreziose di arte napoletana del XVII sec. nel cui centro è incastonata una piccola immagine in pietra di S. Giustino in abiti pontificali, proveniente dalla cripta. In una nicchia sopra l’altare è stata posta la statua lignea policroma e dorata del XV sec. raffigurante la Madonna col Bambino chiamata Mater Popoli Teatini. Nel presbiterio, all’interno dell’abside centrale, vi sono notevoli opere di pittura e di scultura fra cui: la grande pala d’altare raffigurante l’Incredulità di S. Tommaso, a firma di Saverio Persico; il paliotto dell’altare maggiore ad altorilievo di finissimo marmo, lavoro di abile scultura eseguito nel 1769 dal caposcuola Giuseppe Sanmartino che rappresenta S. Giustino eremita che, in una grotta della Majella, riceve le insegne episcopali dal popolo di Teate. Sull’altare principale c’è un crocifisso in legno risalente al 1485, a firma del maestro tedesco Nicolaus teutonicus. La cappella di S. Giustino, a sinistra, ospitava un busto d’argento di S. Giustino del 1455 di Nicola da Guardiagrele. Nella cattedrale ci sono anche quadri di Saverio Persico, Ludovico De Majo, Nicola De Laurentiis, Andrea Scapuzzi, codici, messali dell’XI sec., calici in oro e argento di arte veneziana. La cripta La cripta si sviluppa sotto la zona presbiteriale della cattedrale. Realizzata con pianta irregolare dalla scuola di S. Liberatore a Majella nell’XI sec., fu poi ampiamente ristrutturata nel XIII sec. Essa è a due navate irregolari composte da un’unica campata; il materiale predominante è il laterizio essendosi riservata la pietra, il solito tenero calcare di Manoppello, ai pilieri a fascio. La cripta così come ci appare oggi è il risultato di un restauro effettuato negli anni ’70 del XX sec., durante il mandato dell’allora arcivescovo Loris Capovilla, che ha eliminato le decorazioni barocche in stucco e gesso del XVII sec. di colore blu rifinite in oro zecchino; tale restauro ha riportato alla luce l’originario ambiente medioevale. Un’idea di come la cripta appariva, anche se i colori degli stucchi sono diversi, si può avere visitando la seicentesca cappella del Suffragio, barocca, con volte a vela, di proprietà e sede dell’arciconfraternita del Sacro Monte dei Morti alla quale si accede sul lato sinistro della cripta stessa. In essa sono presenti decorazioni in stucco e oro con raffigurazioni in bassorilievo e altorilievi di angeli, cartocci con volute, medaglioni e pannelli e

fogliame di grande valore plastico. Le decorazioni sono ritenute opera degli artisti Giovan Battista Gianni (1711), Rizza (1720 e il 1735) e, secondo Verlengia, Ambrogio Piazza tutti operanti a Chieti quasi contemporaneamente insieme con il Clerici e il Fontana. Nella cappella, vero gioiello custoditosi integro nei secoli, vengono conservati i cimeli dell’antica arciconfraternita, risalente al 1648, utilizzati per la processione del Venerdì Santo, senz’altro tra le più antiche, solenni ed emozionanti d’Italia. Nella cripta si possono ammirare la più antica effigie di S. Giustino risalente nelle forme ad un originale anteriore al XII sec.; un piccolo sarcofago di vecchia struttura collocato nel 1432 dove si conservano i resti di San Giustino; il busto in argento di Luciano Primavera raffigurante il Patrono e diversi affreschi datati tra XIV e XV secolo, alcuni dei quali attribuiti al Maestro di Montereale. Il campanile La piazza è dominata dall’imponente mole del campanile della cattedrale, in origine distaccato dalla chiesa, in seguito ad essa unito formandone maestoso corpo unico. Il campanile è alto, cuspide compresa, oltre 66 metri, è a pianta quadrata, con lato di 9,20 metri e si compone, basamento incluso, di quattro ordini realizzati nel 1335 da Bartolomeo Iacopo o Di Giacomo. (nome e anno di costruzione sono riportati in una iscrizione a caratteri angioini “A.D. MCCCXXXV H. OP. FEC. BARTHOLOMEUS), più la cuspide a forma ottagonale terminante a piramide, conclusa nel 1498 da Antonio da Lodi che ha risentito dell’influenza del rinascimento lombardo e ha conferito alla costruzione un carattere analogo a quello di altri campanili regionali quali quelli di Atri, Campli, Penne, Corropoli e Teramo. A lui si deve anche l’originalità dello slanciato corpo della cella a prisma ottagonale con otto nicchie, una per lato, e della svettante cuspide piramidale anch’essa ottagonale e con ciotole decorate a maiolica. Il secondo e il terzo ordine sono adorni di bifore ogivali a doppia colonnina centrale, il quarto è costituito dalla cella campanaria. La cuspide, crollata a seguito del terremoto del 1936, fu fatta riedificare dall’architetto Guido Cirilli durante la ristrutturazione dell’intera cattedrale, fortemente voluta dall’allora arcivescovo mons. Giuseppe Venturi, che ne sostenne la quasi totalità delle spese. Raffaele Bigi

Nelle foto: in alto, il medaglione con una tela dell’ottocento dove sono rappresentati i vescovi e gli arcivescovi di Chieti divenuti cardinali: Eleazaro De Sobrano, Guglielmo Carboni, Oliviero Carafa, Gian Pietro Carafa (divenuto poi Papa Paolo IV), Bernardino Maffei, Marco Antonio Maffei, Giovan Battista Castrucci, Anselmo Marzato, Orazio Maffei, Antonio Santacroce, Nicola Rodulovich, Luigi Ruffo-Scilla. A tutti questi vanno aggiunti Vincenzo Fagiolo, Loris Capovilla ed Edoardo Menichelli. A destra, la veduta della Cattedrale con lo sfondo della “Majella Madre” innevata.





Bibliografia essenziale

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Nelle foto: pagine precedenti, veduta dell’altare absidale della cripta realizzata dalla scuola di S. Liberatore a Majella nell’XI sec. con la sottostante antica arca marmorea, conservante dal 1432 i resti di San Giustino e il busto di S.Giustino eseguito dal contemporaneo Luciano Primavera. In alto, antica Cappella dell’Arciconfraternita del Sacro Monte dei Morti; in basso a sinistra, fonte battesimale in porfido di Verona datato 1599, Gesù nel Giordano, tela attribuita a Saverio Persico; in basso a destra, due grandi tele (m. 3,35x 1,60) Di Nicola De Laurentiis e di Andrea Scapuzzi rappresentati rispettivamente “Natività di Gesù” e “San Giustino che venera l’Assunta”. Nella pagina finale, una vecchia mmagine della chiesa di S.Giustino, del suo campanile, senza cuspide, e i tre archi dell’antica Porta Zunica, chiamata appunto anche delle tre Porte.



© VARIO COLLEZIONE

allegato a Vario 90 novembre-dicembre 2016


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