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VARIOGUSTO

FABRIZIO CAMPLONE

IL SAPORE DEL BELPAESE Il gelato ai gusti dei migliori prodotti provenienti da tutte le regioni d’Italia, in onore dell’Expo

I

l successo, per Fabrizio Camplone, è un gusto che assapora da tempo. È la conseguenza inevitabile di un lavoro la cui caratteristica costante è l’innovazione unita alla ricerca dell’eccellenza. L’arte pasticcera di cui il maestro pescarese è alfiere nella nostra regione lo ha portato in cima alle classifiche annuali redatte dagli esperti, nelle pagine delle guide più importanti, sul podio dei più prestigiosi concorsi nazionali e internazionali. Ultimo riconoscimento, il conferimento della prima stella da parte del Gambero Rosso, che dopo dieci anni di segnalazioni a suon di chicchi e tazzine lo ha inserito di diritto nella Hall of Fame dei migliori bar italiani. Lui, con la consueta modestia, ha dedicato l’ambito traguardo al padre Tullio, che nel 1957 aprì il primo bar in Piazza Garibaldi, sul lato opposto rispetto all’attuale collocazione di Caprice, il locale che dal 1989 dispensa dolcezze nel “salotto antico” di Pescara. Gelati, torte e pasticcini che deliziano il palato di quanti, attratti dalle invitanti vetrine, scoprono l’infinita varietà di prodotti partoriti dall’instancabile lavoro di Fabrizio Camplone. Il gelato, in particolare, declinato dal maestro secondo i gusti tradizionali ai quali, negli anni, si sono affiancate le specialità originali create con gli ingredienti della gastronomia abruzzese: dal “Pecorino e miele d’acacia” alla “Presentosa” (basato sul dolce inventato da papà Tullio), dal “Confetto di Sulmona” allo “Zafferano dell’Aquila”, dal “Bocconotto” al “Mostacciolo” e molti altri. Gusti che –avverte il pasticcere– sono disponibili stagionalmente, seguendo cioé la reperibilità delle materie prime, nel segno di una volontà di offrire prodotti genuini (quindi dimenticatevi il gelato alla fragola, d’inverno). La fantasia sfrenata di Fabrizio Camplone non si è lasciata sfuggire la ghiotta occasione fornita da Expo 2015, e ha dato vita a una linea di gusti che la pasticceria propone, fino alla chiusura della fiera mondiale milanese, di settimana in settimana e che si ispirano alle regioni italiane e ai loro prodotti più rappresentativi: si va dalle “Strazzate” della Basilicata al “Grana Padano e Pere” del Veneto, passando per il “Verdicchio” delle Marche, la “Mentuccia Romana” del Lazio, i “Nocciolini di Chivasso” del Piemonte, le “Pepatielle” del Molise, la “Rocciata” umbra e così via, lungo un’Italia tutta da gustare. Fabrizio Camplone gioca con l’immaginazione, si diverte a inventare formule sempre più elaborate (vi sfidiamo a trovare un altro maestro pasticcere che proponga un gelato al gusto di “Anice stellato e fichi caramellati”) per soddisfare le esigenze di un pubblico vasto e diversificato (trasversale, si direbbe oggi) che da Caprice si aspetta sempre qualcosa di originale. Del resto è stata proprio l’originalità il segno distintivo dell’attività di Fabrizio Camplone, fin da quando lavorava come apprendista nel laboratorio del bar di famiglia. Era il 1980 e un allora diciannovenne Fabrizio, desideroso di apprendere i segreti dell’arte pasticcera, si nutriva delle conoscenze del capo laboratorio, «dal signor Giovanni ho imparato quasi tutto, ma ogni volta che la mia curiosità di ventenne mi portava a fare delle domande specifiche, la risposta

che ottenevo era “si fa così”, senza spiegazioni elaborate. Non mi bastava, e così decisi di frequentare delle scuole di perfezionamento. Cominciai nell’‘84, da Lenôtre, a Parigi: era una delle più importanti e rinomate (e costose) scuole esistenti in Europa, e fu un’esperienza entusiasmante. Era un’accademia internazionale, insieme a me c’erano altri due italiani, in mezzo a giapponesi, americani, tedeschi… Ottenni le spiegazioni a tutte le mie domande, imparai a dominare i materiali, gli ingredienti. Mi fornirono, insomma, le basi scientifiche che compensarono le carenze dell’esperienza empirica svolta nel laboratorio di famiglia. E capii che in Francia esisteva già un’equiparazione tra la figura del pasticcere e quella dello chef, cosa che in Italia sarebbe accaduta solo trent’anni più tardi. In quei quindici giorni scelsi il mio futuro. Tornato a Pescara cominciai a mettere a frutto gli insegnamenti ricevuti». Primo risultato fu la comparsa a Pescara del croissant, che non è un “cornetto”: l’impasto contiene pochissimo zucchero, quindi si può farcire dolce o salato. Ma importai anche altre idee innovative». Come i ricercatissimi Macarons, oggi di gran moda, ma presenti tra i prodotti di Caprice fin dal ‘95: «Per apprendere i segreti della lavorazione del cioccolato ho intrattenuto stretti rapporti con diversi pasticceri svizzeri. Durante un viaggio a Lugano rimasi colpito da una vetrina della Sprüngli, in cui erano esposti dei pasticcini colorati e originali, e decisi di realizzarli anche io». Coadiuvato dalla moglie Antonella, esperta di vetrinistica e confezionamento (è stata l’unica donna italiana, finora, a guadagnare il primo posto assoluto al Campionato internazionale della presentazione di Parigi, nel 1996), Camplone ha fatto del suo Caprice un ritrovo elegante e raffinato, in cui fermarsi per bere un caffé, gustare un té o soddisfare desideri ben più sostanziosi: bigné di ogni dimensione e gusto, gelati “al piatto” serviti con professionalità e caratterizzati da un’innegabile gusto estetico che sposa benissimo quello degli ingredienti; torte per ogni occasione (Pasqua, Natale, anniversari, compleanni e matrimoni inclusi) tra cui le originali creazioni che la famiglia Camplone propone fin dagli anni Sessanta: la Presentosa, ereditata dal padre Tullio e ispirata al famoso gioiello tradizionale abruzzese; la Torta Florita, che Tullio dedicò alla moglie; la Dolcemila, inventata da Fabrizio e ispirata alla Figlia di Jorio, la torta al Farro di Caprafico. E non vanno dimenticati i Capricci, i coni a tre punte ricoperti di cioccolato fondente che (forse) hanno ispirato a fabrizio Camplone il nome del suo locale. «L’unica cosa che mi interessa, da quando ho cominciato a fare questo mestiere, è migliorare, sia in termini di prodotti che di conoscenze. La conoscenza –delle materie prime e degli alimenti, delle attrezzature e delle tecniche di lavorazione, dei processi di fermentazione, di cottura, di emulsione– è alla base di tutto. Per questo ho continuato a frequentare corsi di alto livello, in Italia e all’estero e invitare a Pescara i migliori pasticceri: è solo in questo modo che si può alimentare la creatività».

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