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L’albero del futuro
di VIADELLEBELLEDONNE (viadellebelledonne.wordpress.com) NATALE 2011
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Ravenna, Parco della Pace, Josette Deru, Albero della vita
“Ma il fatto, se è vero, dimostra che ormai esistono in coabitazione due poesie, una delle quali è di consumo immediato e muore appena è espressa, mentre l’altra può dormire i suoi sonni tranquilla. Un giorno si risveglierà, se avrà la forza di farlo.” Eugenio Montale, Discorso sulla poesia. *** Ecco l’albero del futuro, quello da cui nasceranno nuovi frutti, il nostro dono speciale. Antonella Pizzo La poesia salverà il mondo? voglio davvero crederci, perchè è l’ultima nostra resistenza. Facciamo allora sentire le nostre intuizioni, i nostri anche confusi frammenti di verità e di speranza, non solo per questo natale, ma per il natale globale che vorremmo realizzato per l’umanità intera. Annamaria Ferramosca Forse, quando ci chiedono cosa sia la poesia, dovremmo ricordare a chi ce lo chiede, che il suo nome, in greco, significa “creare”. E’ l’arte per eccellenza, il fare che, come la musica, che è la sua sorella, convoglia nel suono l’idea, cioè le immagini dell’anima, travalicando la materia. Per me la poesia è la voce dell’anima, non solo individuale, ma collettiva e i poeti sono gli altoparlanti che permettono di udire il sussurro dell’anima. Francesca Diano Autori presenti Annamaria Ferramosca – Enrico Dignani - Loredana Semantica – Narda Fattori – Paolo Polvani – Lucetta Frisa - Arnold de Vos – Antonella Pizzo – Gloria Gaetano - Maria Gisella Cautogno – Fernando Ferraresso – Anna Maria Fabiano – Margherita Ealla – Luigi Paraboschi - Mariella Tafuto – Cristina Bove - Nadia Anjuman – Giuseppe Barreca – Marta Ajò - Pietro Pisano – Viviana Scarinci – Pietro Pancamo - Adriana Libretti- Anna Maria Bonfiglio – Lucianna Agentino - Claudia Serra – Margherita Gadenz – Marina Raccanelli - Maurizio Manzo - Sara Ferraglia - Francesca Canobbio - Paola Puzzo Sagrado - Cettina Lascia Cirinnà - Doris Emilia Bragagnini - Antonella Tavarella - Villa Dominica Balbinot.
3 L’albero del futuro – 1 – Annamaria Ferramosca
testo tratto dal libro Other Signs, Other Circles ( Altri Segni, Altri Cerchi ) Poesie 1990-2009 Collana Poeti Italiani Tradotti -- Chelsea Editions, New York, 2009 Traduzione di Anamaría Crowe Serrano
NINNA-NANNA ALL’INCONTRARIO
Dormi Ti canto il cielo Ride con luci piccole, infinite come le storie piccole del mondo Spande per te gocce di latte, avvita trottole Una s’accende, lanterna serena del tuo giro Dormi Ti canto il sole Batte danze di fuoco accordate al ritmo del tuo petto Ma è difficile imitare la musica di un’alba E tu lo vinci ché troppo forte è il tuo abbraccio alla vita Dormi Ti canto l’uomo Perdo le parole. Non so più cantare Si fa convulso il volo di colombe sul tuo capo Forse le città troppo scintillano Troppo alti i fuochi che devastano
4 Non ricordano di poter scaldare Si interrompono i ponti. E le parole Anche se dormi canta Tu solo puoi cantare dalla regione dell’arcobaleno, ponte comprensibile che unisce tutti i nidi di colombe La tua canzone ferma il dio veloce che inebetisce sguardi e spegne i fuochi teneri delle parole Tu solo li ravvivi, tu che non smetti la cantilena noiosa-grandiosa dei perché Perché i fuochi incendiano, i ponti crollano, le parole non parlano, perché? Tu solo, bambino, puoi rispondere Anche se dormi cantami l’uomo che sarai Ti ascolto (Annamaria Ferramosca) LULLABY WRONG WAY ROUND Sleep I’m singing you the sky It’s laughing with little lights, infinite as the little stories of the world It pours drops of milk for you, winds up spinning tops One lights up, a bright lantern for your journey Sleep I’m singing you the sun It’s beating fire dances synchronized to the rhythm of your heart It’s hard to imitate the music of the dawn Yet you succeed your grip on life is that strong Sleep I’m singing you mankind Losing the lyrics. Can sing no more
5 The flap of doves over your head is scattered Maybe cities twinkle too much The fires of destruction leap too high Forgetting they can stir warmth Bridges get interrupted. As do words Even if you’re asleep sing Only you can sing from that region of the rainbow, that intelligible bridge that links all doves’ nests Your song stops the fast-paced god that numbs our gaze and puts out the tender flames of words Only you can revive them, you who never stop the tiresome, splendid sing-song of whys Why do fires burn things down, bridges collapse words not speak, why? Only you, child, have the answer Even if you’re asleep sing me the man you’ll be I’m listening Traduzione di Anamaría Crowe Serrano
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L’albero del futuro – 2 – Enrico Dignani
Natale 2011 Scadenza di medio termine della voluttà del vivere, confidenza di lingue sciacquate con il Don Perignon sotto un cielo che nevica se nevica un Natale stereotipo sociale d’amore. Prima del capodanno la coscienza di sé affronta il Natale, festa dei numerati bilanci dell’esserci sul Pianeta per l’umana avventura. Sua Maestà il Caso, è Babbo Natale, la Vita, nostra madre. Babbo Natale: domandami se sono felice! “E’ faticoso il vivere, ma mi piace“. I musulmani hanno il Ramadam per sapere cos’è lo spirito. Buon Natale fratelli, sorelle, Umani. Uffa è rosso, Natale uffa. Vorrei tagliare la gola ai ricchi, Silvio escluso, scrivere con il sangue buon Natale sulle loro intelligenze, spiegare la pertinenza dei miei accapo, uffi è rosa, liberare i carcerati e abitare un qualcos’altro, fra mille anni; e dire che c’era il Natale un simpatico luccicante sorridere comunque, sette miliardi di visi con guance da baciare perché era Natale
7 e si faceva la fila per vivere ballare, sciare, brindare. Stella stellina che brilli lass첫 ravviva il tuo lume che nasce Ges첫. (enrico dignani)
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L’albero del futuro – 3 – Loredana Semantica
. Miracolosamente .Per dire il fiato non basta un solo stato e poche righe in rete non bastano alla bocca povera di dita i tasti freddi inverni inesauribili milioni di rinate primavere per dire tutto il fondo sincero l’aprirsi dell’anima il respiro che soffia dai polmoni possente acceso insostenibile all’umano peso e gonfia guance occhi e trombe la grazia del creato l’acqua rigogliosa di cascata il fragore bianco alla discesa gli zoccoli i ruggiti i versi di tutti gli animali le piante aperte in gemme i frutti e meravigliosi fiori i loro semi nei soffioni il volo magnifico di stormi a disegnare onde in cielo fluttuanti come un velo il grano al vento come seta il senso infinito di ringraziamento l’appartenenza al mondo della vita degli esseri esistenti e benedetti nel segno universale grandioso naturale
9 della Madre nostra scintilla planetaria miracolosamente ancora terra viva. (Loredana Semantica)
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L’albero del futuro – 4 – Narda Fattori
.Canzone degli addii .Ci siamo abbracciati sotto l’arco che s’apriva nella piazza soli noi come fummo spesso e insieme a tanti nel nome faticato dell’amore e l’addio è stato una formalità c’era un a rivederci fra le stelle nella notte fredda nitida e brillante che ci trapassava il petto non dolore non doveri non averi un addio senza colonne da ragionieri così come fanno i ragazzi che si piangono sulle spalle e s’aggrappano alla maglia quasi forse un’ancora dopo l’addio nel mare aperto alle burrasche alle onde alte allo strillo di gabbiano sgraziato sopra il ventre azzurro che ci volle uomini e pesci uccelli e insetti fiori e biancospini ci siamo abbracciati nel sonno ancora tante volte per ritrovarci soli in un’alba irriverente che non si cura della tazzina sbrecciata del caffè amaro anima mundi l’amore con dentro tutto il dolore. (Narda Fattori)
11 L’albero del futuro – 5 – Paolo Polvani
. La sciarpa norvegese .. Si sta abbastanza caldi nel mio cuore ? . Sono qui, da solo, con la muta nostalgia dei tuoi occhi, col fruscio lento di un ruscelletto di parole . e le piccole gonne crescono ? e il vento ? fa una bella figura tra le lunghe gambe il vento ? . Io sono qui, che bruco dalle tue letterine bionde, seguito a ruminare la fresca erba della scrittura. . Bevo barbagli, lucori, fantasmatiche albe e indizi tenui e quanta luce filtra dagli spiragli delle parole . e le fragoline ? le intride un’alba mentre lontano stride, cigola un trattore e l’ombelico, e il miele ? . Stringiti la sciarpa norvegese e ascolta il blu del nostro cielo. .. (Paolo Polvani)
12 L’albero del futuro – 6 – Lucetta Frisa
. ..........Da qualche parte c’è grandezza - otto movimenti . I . Da qualche parte c'è grandezza la cerco fuori dall'alfabeto c'era negli atomi mi sono detta quando ero lì sul divano a guardare le figure del cielo in un libro pensando al Big Bang e noi siamo qui in questo cielo notturno dopo celebrazioni e sepolture volendo qualcosa d'altro ancora e chiamando un atomo dentro di noi una luna padre e madre siamo nell'emisfero australe con la Piccola Nube di Magellano o nell'emisfero Nord dimmi in quale fibra nervosa siamo il creato è un attimo di concentrazione poi ho voltato pagina. II Ero lì sul divano a mezzanotte ero sulla spiaggia a mezzogiorno non c'era nessuno ero con te e guardavamo la schiuma spalancarsi sulla sabbia i pensieri caduti in un cratere trafitture di bianco forse la compassione è leggerezza l'Eden le stanze di cinabro se quando il dolore è cielo la palpebra lo raccoglie tutto allora io ti stringo le mani e mi basta.
13 . III . Siamo qui e ho messo il dito su qualche puntino bianco che segnava la galassia nel blu della pagina e dimmi questa forza unica che si scinde continuamente e l'idrogeno e l'elio in qualche punto del corpo i nessi e in questa poesia vorrei che fossero parole sempre più aperte lo sai che per me scrivere non è solo scrivere ma suoni freddi e caldi e la percezione dei colori un intontimento e quello che c'è o ci potrebbe essere .....cercando di dirlo. . IV . C'era grandezza in tutto questo e ci sarà ancora bisogna solo strappare e strappare i nervi si svegliano e si addormentano asimmetrici eravamo là a guardare quella schiuma i suoi giochi un cenno di tramontana a pelo d'acqua l'ora meridiana l'ora notturna portate a riva un unico tremore .....e il tic del tuo sopracciglio. . V . Pensavo ai nomi progetti di sogni quanto durano i nomi il loro viaggio .....qui non c'è resurrezione ci siamo detti non moriremo fino a quando ci faremo carezze ci chiameremo per nome . VI . Guardavo le anatre da bambina ricordo di averle incantate con una ninna nanna tu ridi ma è stato così ora che mi ricordo dopo millenni perché oggi guardavamo le anatre insieme galleggiare ci venivano incontro
14 e poi d'un tratto viravano secondo gli impulsi dell'acqua .....- cos'era successo? e mi è sembrato di essere più giovane o vecchissima allo stesso tempo. . VII . In quel biancore di luce giravo gli occhi e nell'orlo inferiore dell'orbita mentre appoggiavo la testa sulla tua spalla, c'è un punto esatto tra sguardo e materia c'è come una deriva ti chiedo se la schiuma è essenza o nulla se la schiuma è la nostra grandezza quella che resta dopo lunghi sguardi stanchissimi, quel capriccio della natura che siamo noi quando nel buio di una stanza o nel chiaro inebriante di una spiaggia qualcosa ci attraversa. . VIII . Se al culmine del giorno o della notte ci cogliesse una preghiera se il corpo, a certe ore, si allontana, se è vero questo, se scrivere è rovesciare l'occhio indietro allora ...........visioni esploderebbero nello stomaco nell'orecchio forse ci sarebbe letizia vigilando il mondo nel punto del suo letargo ...........vigilando in preghiera ....................nel vuoto forse grandezza ci sarebbe. . (Lucetta Frisa, da "L'altra" Manni,2001)
15 L’albero del futuro – 7 – Arnold de Vos
. ............................Winter. Clock’s hand .......................................................time. my lord, my brother . Sai essere nudo senza perdere la dignità, fico che lasci perdere le foglie e vai incontro all’inverno nudo come sei, il busto sensibilmente più eretto. Il mio inverno intirizzisce del tuo andamento flou la brina sbruffata dal suo bràmito gelido e gli aghetti ghiacci dei peli rizzati sulla tua pelle trasparente, ragazzo, che prorompi dal fondo della stanza nel golfo di questa landa che ha né federa né fodera, la tela stropicciata della mia lisa pelle. (Arnold de Vos)
16 L’albero del futuro – 8 – Antonella Pizzo
[mio fiume d’azzurro cielo] come cade il fiume dal rilievo e come si forma il torrente e la cascata e quanto è lungo il viaggio e quanta l’acqua che si riversa dalla scarpata in mille punti grandi estensione di erba vergine di ossido di ferro e tinta rossa impetuoso arriva al salto e falce d’acqua in grande volo in livello in grande gola al ciglio e con gli spruzzi nebbia che ci avvolge indossa il luogo dove nascono le nubi mio fiume d’azzurro cielo e rosso terra e bianca schiuma. (Antonella Pizzo) da Dentro l'abisso luccica la storia, L'arcolaio
17 L’albero del futuro – 9 – Gloria Gaetano
. Non sei qui . . Non sei qui. . Copre il cielo il mio corpo spuma trascinata dal vento, gelsomino stordisce, sorto come roggia spruzzata di biancore. . Tu non ci sei. . Il tuo sapore acuisce amore di dolorante fiore, è furore oltre le sacche della riva. . Fluisce amore nel gorgoglio tranquillo dell'acqua, magma vivo di roccia . Tu sei qui ora. . Guardo il tuo collo forte, scivola amore mentre piove una nuvola di stelle liquide, accolgo nel tremore una stupita stella, m'illumina uno sprazzo istantaneo, assale il mio corpo disteso nella notte. . Assenza danima,amore nella mente non ragiona. Inutili le parole
18 sensazioni dilatano me, senza ricordi, scoperte in uno spazio senza tempo . Desiderio di riconoscersi invasi da un plenilunio senza fine. . Tu sei qui ,ora. . . (Gloria Gaetano)
19 L’albero del futuro – 10 – Maria Gisella Catuogno
Milena Bernardini "Alba" Stillano i giorni .Stillano i giorni il loro avaro miele e lo mescolano all’amaro quotidiano per tentarmi alla vita, nonostante. E i nodi dell’ansia che arrochiscono la voce e la baldanza profumano di nardo tuttavia. Arpeggia lieve la mia malinconia e le sue note si perdono nel vento non fa più male, ormai, è solo compagnia. Avvolgo alla mia rocca il filo del passato [sguardi, sussurri e lame di parole sorrisi, pianti e grumi di dolore perle di gioia e grandine di rabbia] e ne alimento il fuso del presente pungendomi le dita, non di rado. Non ho un principe azzurro al mio risveglio né fatine gentili a trepidare ma guardo incantata i petali dell’alba riempio d’acqua sorgiva le mie brocche aspetto il sole, che sciolga questa brina. . (M.Gisella Catuogno)
20 L’albero del futuro – 11 – Fernanda Ferraresso
Se vuoi . metterti in viaggio non aspettare l’ angelo la distanza da compiere nessuno può indicartela la strada è l’istante perfetto il cerchio dentro cui si apre il mondo e ogni pianura è la misura delle catene più alte l’ orizzonte è la clessidra di un fantasma di tempo e i cieli solo un frammento di un solitario immenso che brilla per specchi riflessi in un respiro aperto dentro un moto perpetuo . non ci sono frontiere nel sogno ogni luogo si allarga cedendo al buio tutte le sue lance i passi sono suoni in cui abitiamo il viaggio tutto è un capitolo continuo che non ha domande e scorre e salta come l’acqua dalla bocca alla coda degli animali di tutte le specie e dentro il vento
21 . il vento passa . oltre lo sguardo . la caducità di un istante perduto . in un altro vi(n)colo . lungo l’orizzonte. . . (Fernanda Ferraresso)
22 L’albero del futuro – 12 – Anna Maria Fabiano
. Come pagine bianche . . …e poi torneranno i giorni quelli che sono stati rossi quasi scarlatti di fragola umidiccia e hanno portato venti d’africa/passione in groppa a spalle chinate a naufragare negli abissi dell’Eros. …torneranno ancora su vascelli alati e stesi al vento con le vele spiegate ad azzannare emozioni senza sguardi e senza pudore/vocazione. …torneranno pateticamente ansanti nella memoria dei sensi strofinati da carezze di gemiti e respiri e siederanno accanto al corpo posseduto dalla voglia del volo. . …e poi cammineranno afflitti dal commiato che li costrinse in gelide agonie e assiepati tra cespugli di nodi e grovigli fatti trasporto d’ansie e batticuori. …cammineranno assorti, sdraiati ai piedi di albe stanche e sbadiglianti o alla sommità di tramonti mai conclusi quando il disco infuocato da mani audaci e sogni di carne viva s’era fisso all’orizzonte. …cammineranno amari e barcollanti su sterpi e ortica, a pungersi trafitti da quel male che oscura la vista ed addolora e fa godere di lacrime e timori e fa sudare gocce
23 di retaggi cristallini e opachi. . …e poi saranno voglie mai spente. mani sudate. corpi nudi di logiche ammalate. paure coraggiose. passi stanchi. coraggio intimorito. passi audaci. e tremori assiderati. passi lenti. e sinfonie magistrali. passi svelti. …saranno passi. come trionfo di un’occasione stretta al volo. come magia nera. o forse gravida. come un volo intrecciato di nuvole. come un dipinto lasciato a mezzo. come un affresco. …saranno quelli i giorni del ritorno e di un viaggio mai compiuto per intero. del lungo sonno nascosto fra le ciglia. del sonno/veglia. della vivida concupiscenza e del mescolarsi di altari e sacrifici. . …e poi. Saranno tregue. Come pagine bianche. . . (Anna Maria Fabiano)
24 L’albero del futuro – 13 – Margherita Ealla
appena di neve . Da un lato l'ala sepolta è il primo indizio per chi con la lampada cerca sotto il chiarore la mano dalla ferita inguaribile è appena sopra la neve l'altra che è più reale segue il dolore. Invecchia con il bambino che ne raccoglie le piume e le conserva nel libro.
. * di più, ti è chiara la neve che imbeve il fogliame dei tetti a lungo in preda a noi stessi per non spezzare la casa E sotto la franca distesa non già compagnia nebulosa dei cari superstiti ma il vestimento di oggetti tramandanti vivi, presi in ostaggio terreni. . .
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* poi sull'altro versante i bambini turbinosi sbucano dai cappelli, scivolando di neve coi sacchi per l'immondizia questa la fanciullezza inamidata dal ghiaccio. Dentro il calore scomparso il fuoco è possibile inaugurato da un semplice soffio di un astro di un polmone che rosso, quando è piccolo tieni avanti la sciarpa o la mano per non perderlo. . (margherita ealla) . . immagine da post "Artiamo ...l'inverno" i bambini della scuola dell’infanzia e primaria di Govone .
26 L’albero del futuro – 14 – Luigi Paraboschi
Le origini del viaggio A tratti piove sopra lo struscio cittadino nelle provincia di confine a est dell'Europa, e palpi nell’ aria la mestizia delle donne accovacciate sui gradini,l’abbandono dei vecchi appisolati accanto alle catene delle scarne vacche al pascolo su terreni rasati dalle capre e dai cavalli dalle zampe impastoiate, nella domenica la strada si distende piana tra le querce , e sotto nuvole alla Constable s’allarga una pianura dove l’occhio annega, fluttua dentro lo spazio e poi fonde l’infinito con lo sfarzo dei girasoli che sfumano nel grigio perla dell’orizzonte basso. Il perdurare La sofferenza allucinata dentro gli occhi ci fu compagna ai giorni di cammino sorretti dal desiderio d’approdare entro i primi confini d’occidente sulla barca c’era spazio in piedi, i corpi tumefatti, assetati, rotti di piaghe infette sui nostri stracci intrisi di sudore amaro il destino a chi scomparve, muto quel padre che vide annegare i figli, ogni respiro è ancora un dolore più grande del ricordo. il ritorno Ora abbiamo contenitori con le rotelle ma ad ogni viaggio il peso aumenta e non c'è più il facchino con la placca
27 d'ottone sulla giacchetta di rigatino blu, ed a volte ti prende un po' di depressione perché il tuo bagaglio è ingombrante, forse si dovrebbe portare solo l'essenziale - ad un certa età tutto diventa indispensabile e c'è sempre qualcuno che sottovoce dice "... e se fa freddo ? " e tu rispondi tristemente " freddo ?.....più che in questo paese ?"
(Luigi Paraboschi)
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L’albero del futuro – 15 – Mariella Tafuto
. Ballata per Gina . Allora presero la Gina, che in fondo era solo una puttana, ma era la mia donna da sempre, dalla vita di prima e le squarciarono il ventre con un colpo deciso, poi le sputarono in faccia e la cucirono tutta con spine di rosa e lei lei si lasciò fare ogni cosa ogni cosa E mentre la uccidevano si mise a pensare a come sarebbe stato bello arrivare a Natale impacchettare i suoi sogni metterli sotto un abete e disporre i pastori nel presepe Ci avrebbe messo pure Pulcinella seduto sulla botte, pensò che brutto morire stanotte che non è ancora inverno e non ho ancora trovato un biglietto d’amore tra i sogni
29 e le bollette scadute Ci vuole tanto tempo prima che fiocchi la neve e avevo teso le braccia, volevo volare volare una volta ancora, provare… Questo pensò la Gina mentre moriva e me lo disse di notte quando già dormivo e non sapevo di lei, del suo sangue versato del suo sguardo incredulo, del vestito macchiato di quel piccolo sasso che stringeva in pugno ed era amore per me, che ero sempre via il suo amore per me che non c’ero da troppo e dormivo, e nulla di nulla sapevo E dopo quei bastardi la lasciarono a terra nuda e già dissanguata, e se fossero accorsi i gendarmi, più presto, non sarebbe finita perché faceva caldo in quella strana estate che lei poteva cambiar vita e invece no Ed è così che è andata signor commissario non mi porti in galera perché io Gina l’amavo, l’amavo ma non c’ero da troppo, davvero. . (Mariella Tafuto)
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L’albero del futuro – 16 – Cristina Bove
Intermittenze d’ordinaria foschia . ha un cavo nelle spalle alveo di piume da palude nulla che possa indurre a sonni calmi il leggio sulle zattere s’inalbera quasi artigliando il cielo a salvamento magari vedrà nascere germogli dalle golene e calicanti intrisi galleggiare la veste d’alghe, tutte le sue piaghe cicatrizzate al meglio nei detriti e per sentito dire scioglie di nastri “fu” oggi che a intorbidare il fiume in moto ozioso accorrono grigiori sedicenti e andare a foce acqua di nebbia e sale ci vorrebbe irrompere di luce alla sorgente (Cristina Bove)
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L’albero del futuro – 17 – Nadia Anjuman
Ci scrive Maurizio Mazzorama: Desidererei vedere i versi della poetessa afghana Nadia Anjuman, morta vittima di violenza domestica all'età di 25 anni, appesi a questo vostro bellissimo albero del futuro. eccoli:
Leggimi 2003 Non sorprende se il libro dei miei ricordi ti porta a raccogliere scintille. Non sorprende se le mie poesie lacerano il tuo velo nefando. Con te sono più contenta. I miei ricordi chiamano a raccolta i tuoi. È passato molto tempo da quando con la bellezza della tua voce nella chiarezza dei miei canti tu piangevi senza vergogna.
32 Leggimi, perché il tuo bicchiere di avidità distruttiva verrà riempito di vino di un solo sorso della mia poesia. Leggimi, perché ancora ti ghermisce lo sconforto. Così, ancora una volta, le nuvole nei tuoi occhi parleranno di primavera. Fai piovere quando vuoi, fai piovere e con il lungo trillo delle parole nella fredda terra del tuo petto dagli vita e allora con un fischio del mio amore cresci, sboccia e diventa primavera. E io siedo sulla strada dei giorni perché l’estate torna poco a poco; e ci conforta. Io siedo, e tu mi inviterai alla festa dei rami del tuo petto per raccogliere una cesta di mele rosse della vita. L’estate arriva, non è una sorpresa. (Nadia Anjuman)
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L’albero del futuro – 18 – Giuseppe Barreca
.Dionisiaco verseggiare .Strappare l’esistenza dai chiodi della vita e poi buttarla in gioco, senza pensarci; lo sapresti fare questo, tu? E quando la carne diverrà livida, informe, dolente e senza più passione, bruciarla sugli altari di altre esistenze, brulicanti e fameliche come la propria di aria e vita. Cedere il passo, ammettersi deboli, inetti. E sparire. Le lettere nere che offendono l’esistenza infilzandola su pagine di carta in librerie di legno non servono quasi a nulla, se non al Narciso ubriaco e ai suoi depressi adepti. Se si vuole fregare il deperimento, se la consunzione del corpo è una scusa, per mascherare un’anima di cartone, allora si spengano le ambizioni e i sogni rimangano in banca. Un’altra esistenza, invece, attende di essere colorata e solo allora, finalmente, si vincerà l’orrore del vuoto, diventando quasi se stessi… . (Giuseppe Barreca)
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L’albero del futuro – 19 – Marta Ajò
. Ascolta . Figlia Non è ancora giunto il momento di salutarci Vedi come mi muovo Pure meno salda Per te Figlia Se non sentissi le mie ultime parole Pazienta, oggi, al mio cicaleccio, al ripetermi, e ai consigli che non ti garbano. Figlia Se fosse vero che Lassù Io ti veda, fammi felice E sorridi . (Marta Ajò)
35 L’albero del futuro – 20 – Pietro Pisano
Cresce sui muri che il buio avvicina Cresce sui muri che il buio avvicina l’attesa-adesso non dire nulla, ascolta e trattieni le onde che attraversi nascoste sulla fronte particelle subatomiche, informazioni, eredità: pronunci un’idea di salvezza la fatica delle ore, nella vena che pulsa dietro il sipario della notte: l’istante ed è silenzio quando rimane da solo pulsando sulla scrivania, la pagina bianca tu vegli la carezza che accorda le mattine del convalescente ma anche il vecchio che trascina la risata dell’estate nelle messi, cercando un luogo
36 dove si fonde il concerto d’oro delle cicale al suono esatto dell’inizio, la notizia della vita che sale ripercorri la parola armata di un soldato, nell’ultimo grido degli occhi sanguini anche tu, colpevole prima di nascere, chiedi un seguito alle usate strade della vita la circostanza di un minuto definitivo hai voluto tutto, il dio ubriaco senza patria fino all’alba macerata sulla soglia dei bar e vorresti ancora cambiare corpo, una diversa sintassi del mondo, cercare lo scambio in una sagoma che appare alla finestra dove si muove il discorso e poi resti di episodi, presagi nei sedimenti dei bicchieri, l’insonnia dei vetri, cercando la forma sfocata di un destino
37 che chiami gli ospiti a raccolta nella stanza. L’attesa- adesso, speranza raggiunta che coltiva le mani, non dire nulla, ascolta‌ (Pietro Pisano)
38 L’albero del futuro – 21 – Viviana Scarinci
. da *La favola di Lilith in due atti* . avrei subito l’ansa come un fatto silente avrei appreso la laguna come la convergenza dell’acqua al buio se altri moventi se altri garanti non mi avessero emulsionata in una fisica dirimpetta e io non mi fossi perfezionata nella distanza che mi divide, una dall’altra innervata che sloga volo e caduta. Tutti i fatti subiti e orditi dal corpo mi dicono che rimane sul polpastrello l’impronta, più che in questa creta plasmata altrove . (Viviana Scarinci)
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L’albero del futuro – 22 – Pietro Pancamo
. SUI VETRI APPANNATI . Sabbiature di letto e di lenzuola durante la malattia semplice e leggera. . Sui vetri appannati l'inverno, intanto, stacca ideogrammi di cuoio, di spazio di lotta serena. . (Pietro Pancamo, tratta dalla silloge "Manto di vita", LietoColle, Faloppio, 2005)
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L’albero del futuro – 23 – Adriana Libretti
Giglio
Amore che mi sei morto nella pancia e non ti sono madre e non sei figlio di un’altra l’amoroso giglio figlio mio amato per vent’anni di un amore incestuoso e sanguinante come i sogni che allora tu sognavi e m’impedisti il ventre di riempire di figli somiglianti al tuo sembiante tu che mai non volevi essermi padre quand’io desideravo
41 esserti figlia amore che aggroviglia mia gramigna rosso giglio infestante amato fiore. (Adriana Libretti)
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L’albero del futuro – 24 – Anna Maria Bonfiglio
. LE STANZE .Chissà chi verrà dopo di me ad abitare queste stanze, chi si sveglierà all'occhio dorato del sole e s'addormenterà con lame di luna impresse sul letto. Qualcuno girerà per la casa, dirà ch’è bella o brutta, ma non udrà le voci rimaste attaccate sui muri, non saprà che l'umido alle pareti è il segno lasciato dal pianto nei giorni dei tanti abbandoni. Spazzerà via le inutili orme di un passaggio qualunque e scrosterà le ombre di un tempo che non gli appartiene. Sarà utile allora svestirsi per tempo di tutti gli addobbi e lasciare che l'anima -nudasi volga all'Eterno. . (Anna Maria Bonfiglio)
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L’albero del futuro – 25 – Lucianna Argentino
. Scrivo di nascosto da Dio che nella bocca voglio parole mie e niente niente nel passaggio dalla fronte alla spalla dal gomito alle dita alla punta della penna al suo muoversi sul foglio per mio sentire altro per meditato silenzio e pulsare di tempie per il mio stare accovacciata presso lo scavo con l'angelo geometra e la sua corda a misurare quanta benedizione c'è sulla terra. . (Lucianna Argentino)
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L’albero del futuro – 26 – Claudia Serra
IDENTITA' “Il corpo dell'uomo contiene del sangue, del flegma, della bile gialla e della bile nera. Ecco cosa costituisce la natura del corpo; ecco la causa della malattia o della salute. In queste condizioni, vi è salute perfetta quando questi umori sono in giusta proporzione tra di loro sia dal punto di vista della qualità che della quantità e quando la loro mescolanza è perfetta. Vi è malattia quando uno di questi umori, in troppo piccola o in troppo grande quantità, si isola nel corpo invece di rimanere mescolato a tutti gli altri”. Polibio (Cos, ca. 410 a.C.), Sulla natura dell'uomo I La mano sinistra prova coi polpastrelli la grana fine della pelle che ricopre la destra percorre i segni blu delle vene si rappresenta i pori come squame imbricate del tempo ormai in fuga da tant’anni una luce opalescente ritarda le cose ungendole di bianco lattescente – poste di là – senza più urgenza ristanno sul limitare della stanza cautamente attente e in attesa che finisca una tregua sempre contesa dieci dita – cinque per ogni mano, poi due palmi e come decoro poste sopra dieci scaglie d’unghie come di luna – tutto qui – senza trascurare all’estremo più in basso dieci dita aggrappate alle piante dei piedi nel mezzo tra l’uno e l’altro termine territori dimenticati – province lontane alcune contrade addomesticate tra regioni aliene e avverso un deserto di memorie impastate d’acqua e di terra ne conserva il ricordo la pelle come ustionata
45 non la lingua che si tace mozzata – io - questa inquieta sillaba risuona cava all’orecchio che si fa sordo come già avviene per l’occhio servo miserevole d’inganni seducenti – io - ridicolo proporsi tra fenomeni elementi ed eventi quale che sia la nostra ontologia – se pur v’ è – a un fiato l’apparento a un ciglio caduto per accidente e sospeso su precarie sporgenze – qui mette radici e si gonfia d’umori come pensieri che si raccontano misteri oscuri enigmi divini – l’io che cresce strato su strato come una roccia sedimentaria per accumulo di materia cerebrale di fantasie e sogni inconcludenti - l’io che smanioso si dà statuti e norme e come un demente s’impicca alla corda che non vede – l’io ch’è fuoco e acqua terra e aria e ora l’un lo tira e l’altra preme.
II ACQUA
D’acqua le fluide movenze d’acqua e acque che discendono dal corpo mutevole variabile costanza qui sono – così illusoria – parvenza o forse no ci deve pur essere da qualche parte un senso non dico un significato se le brume occupano gli strati bassi vicino al lago ma indizi tracce che vi portino a me – acqua allaga i quartieri del cuore – acqua per rivoli per fossi e strapiombi per orridi e valloni all’interno del brevilineo antro che dico mio sembiante – acqua che bagna inzuppa i neuroni a far scintille – cortocircuito che brucia d’un subito e poi sopito ristà quieto d’ebete poi talvolta acqua di furia e furore nella smania di chissà quali sommovimenti detta dentro la rabbia attorta di fiumare deliranti nel letto abraso scorticato e la furia come belva che rimbalza e s’attorce in un’oscena parodia di morte ma è sempre acqua che dirupa e infradicia nervi e muscoli ammollati da un urgenza che fiacca le reni – terre che la piena ha reso deserte desolate questo l’agone dove in agonia mi perdo del tempo che illuso si parte in ore e giorni – solo perché l’orologio a muro ma è acqua che in orgoglioso recesso ribolle e s’accende tracima dall’orlo degli occhi percorre le vie che marcano le linee che mi fanno immagine ma non più visibile come evaporata d’acqua poi l’immobile starsi come in uno stagno acqua fetida dei giorni accidiosi – si posa dilaga per inerzia – riempie buchi del naso pertugi della scorza che mi copre ogni piega anfratto ruga n’è colmato e occluso – acqua che
46 corrompe e disgrega – i lineamenti e le fattezze – d’acqua ferma anche morire. III ARIA Aria pompano i mantici dei miei polmoni aria inspiro espiro sollevando le coppe dei seni ritmo blues o forse altro ma certo così malinconico e sibili dalle feritoie come in guerra e chi potrà mai dire che non è una guerra dove s’affaticano i fanti e pori come bocche affamate ingoiano come fosse l’ultimo refolo d’aria - disgraziati – tutti sì bene allineati con un pennacchio in testa - ho provato quella volta – a trattenere il respiro finché un rombo m’ha rotto i timpani e aperto le valvole di sfiato – come una vecchia locomotiva a vapore ubriaca sì anche a volte ubriaca se lascio che mi entri dentro e mi percorra strada dai mille sentieri e le svolte improvvise e gli inciampi ma aria sempre poi divenire solo alito e finire ma – temo la putredine di quando ostinata e tenace esala come fiato che s’adagia e svapora e m’attossica malanconia - in lunghi drappi neri quale acquerugiola sulla mia pelle fredda stende la ghiaccia d’un fiato che sa di morte e mi ferisce quell’ostile silenzio di deserto inerte e inospitale – aria ferma che m’ottunde i sensi come un fiato corrotto povero d’ossigeno – ogni apertura pertugio crepa o fenditura oppressa e soffocata aria – come un pesce nell’acqua – mi cinge alfine sorella nera mia follia
IV FUOCO
Bruciano soli di ieri e di oggi soli di brace arroventata bruciano ferite a cielo aperto come incisioni da bisturi o carni dilaniate da belva indomita e selvaggia - fuoco liquido percorre cavità segrete appartate clandestino come sangue mestruale nella confidenza dei giorni indecifrabile – fuoco fuoco – che cova in recessi taciuti nella dissimulazione di giorni sempre uguali ma – avviene poi che preme e incalza magma cocente e tormentoso in condotti bui – budelli incogniti e forestieri – e non v’è modo che veda la luce appena sotto la pelle rovente addenta muscoli e nervi – pervicace nell’ossuta sequela degli anni Fuoco rosso-sangue lungo le arterie fluisce inesorabile nella conta dei giorni se canuti sortiscono scarnificate immagini di resa torva e accigliata – fiume di fuoco che lascia traccia di bruciato che m’attossica e mi perde ma – più spesso fuoco predone che s’acquatta
47 nell’imo fondo come larva - fantasima che si fa dimenticare – e l’anima rimpannucciata furioso fuoco serra e stringe nell’angolo per l’assalto finale – non c’è scampo – fuoco rapido quasi indolore così forte e brutale – solo cenere bianca pura immacolata
V TERRA
Fatta di terra spessa e greve - terra bruna grossolana dozzinale materia prima non certo giacimento di cristalli di rocca diamanti nemmeno terreno ordinario e più spesso di riporto – nella bocca la bocca stessa e la china delle reni terra che l’acqua intride con dita aspre avventate – pane azzimo pentecostale – terra desertificata per lunghi anni d’assenza – né preci né ragioni nutrirono speme o disianza d’amore – terra già polvere cipria sterile di mondi siderali dove risuona il silenzio ma – sempre terra nella memoria sabbiata di uadi traccia labile di remota stagione fiorita – ma quale – sabbia - non più terra - che trascorre confusa rena senza forma o talvolta occasionale per un soffio di vento per un’ orma accidentale oh terra di terra siamo fatti scabrosa inetta terra cruda depredata spoglia di sogni – ci fu un tempo quel tempo che fui terra inesausta per scommessa o forse onore di giovinezza – ora terra di torba annegata nel pozzo. Da Trama e Ordito, Manni Editore 2007
(Claudia Serra)
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L’albero del futuro – 27 – Margherita Gadenz
. viaggio . non viaggio abbastanza da conoscere tutti trucchi delle docce negli hotel però m’incanto nei buffet della prima colazione e mi riempio di piccole brioches . c’è sempre una piazza bianca d’attraversare con vecchi olmi e semafori intermittenti nell’ora in cui guardo il cielo . all’angolo un negozio di vestiti a caro prezzo la luce dei lampioni tratteggia strisce pedonali come scialuppe in mezzo al mare . non so se amo le città i letti estranei la voce della tele calibrata su un volume poco alto il benvenuto freddo della carta da parati . Montale, lo sai che ora amano i clienti che arrivano spaiati? danno loro una stanza doppia pagando solo un po’ di più . . casa . la mia casa senza gatti non è mia
49 . miei sono i libri, i fogli sparsi le tendine con i nastri che tengono fuori il vento . ‘Eugénie Grandet’ sul davanzale la primula che secca al sole . i sogni dentro il vaso delle chiavi . domani vengo mi metti il termo a venti gradi per favore? . io sto bene quando c’è il deserto e neanche un cane abbaia . portate via tutti questi ninnoli che nel tempo ho accumulato e lasciate me a sonnecchiare come il Poeta accanto al fuoco . che non lo svegli il mio sussurro . . (Margherita Gadenz)
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L’albero del futuro – 28 – Marina Raccanelli
foto di Piero Orsoni Fosse un frutto . Una tazza di thè, forte e chiara con un vortice in fondo il suono del cucchiaino . nei suoi umidi panni, la notte si sbriciola . fosse un frutto, il giorno che viene o ciambella fragrante, sangue d'amore nelle parole e nei segni rosignolo selvatico nella bruma, liuto nel bosco conca d'acqua nelle mie mani dolcemente cadrei nella pupilla del tempo . . (Marina Raccanelli) .
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L’albero del futuro – 29 – Maurizio Manzo
AZZURRINE per un periodo le insolite azzurrine mattine accompagnate a nuvole burine si presero gioco dell’aspro iodio che avevo sulla pelle ed erano terribili i dolci pianti fotosensibili che destavano clorofilliane tartarughine arringhiate sull’arenile. a tenere fronte alla luce che tutto parve immutevole anche il conto degli anni si riposò e il canto si imbastardì così non si respirava che per inerzia ogni rumore calcolato l’umore mai diverso e il latte era nervoso traballante gocce sul tavolo coprenti asciutte trasparenti. un giorno mi ascoltarono dire che avrei sospinto
52 sotto le mattine azzurrine la schiena di tartarughine sazie di tartine tartare ed erano urlanti a decine palme remote calme calme come accostare salme e trote ai salmoni imperterriti su torrenti ad ampi polmoni. oggi ascolto i crampi senza pensare al dolore nÊ al colore del cielo a poter ricordare e sfilo intero dal guscio il fruscio di quel che ero. (Maurizio Manzo) da Sette terribili ostriche e una perla‌
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L’albero del futuro – 30 – Sara Ferraglia
.Quando mi chiederai se è vero . .Quando mi chiederai dove si son nascoste le farfalle che nei prati non vedi ma volano nei libri che tu sfogli, che cosa ti racconterò? . Come potrò spiegarti il nero del petrolio sulla sabbia e fra le dita dei tuoi piedini? . Come potrò spiegarti la fame, l’arroganza e le guerre che vedrai sullo schermo fra le pubblicità di un latte e di nuovi cioccolatini e chiederai se è vero? . Quando mi chiederai se è vero che uomini e bambini e donne in fila indiana diventarono fumo e vorrai un perché, cosa dirò? . Riuscirò a raccontarti che esiste un Padreterno che ha programmato tutto creando il Paradiso in alto e giù l’Inferno? . . (Sara Ferraglia)
54 L’albero del futuro – 31 – Francesca Canobbio
Diva che dormi discinta dimenati docile divarica il derma denudati desta dardeggia desueta dipingiti donna distesa su un drappo diventa declivio dirupo / e decolla diabolica e diafana divora i miei dubbi dammi una dose d’amore dissolto distilla il diluvio disarma il mio dogma divino dilegua il discorso duella col dramma. Se la direzione è un decreto dettato da un despota duro un divieto in divisa discorde al disarmo che danaro distratto dissipa a dado
55 divora il desco con dente di drago. Domanda dolente / al deserto un detrito di duna a dispetto digiuna disposta al dolore al duello / a disfatta / al delirio / al destino/ a un dissenso disperato e duetta con Dio dissacrandolo daccapo/ Diva‌
(Francesca Canobbio)
56 L’albero del futuro – 32 – Doris Emilia Bragagnini
hungry sweet melody
sweet, sweet, my hungry sweet melody, sweet... osserverò le piume alzate contro il vento che il tuo gorgheggio solleverà nel vuoto intabarrato e lì, a colpire dove il fianco è muto e cola l’ombra - rovesciata sulla rotondità del giglio oscuro reciderò gli stami scivolando al fondo di quel ringhio d’altro canto da serrare, tra le mie parole nude erano i giorni delle unghie scheggiate tra gli spazi tanto freddo e il ruvidore precipitava l’ululo a lisciarle sulla faccia ma, non era la paura a stringere nei nastri l’andirivieni di quel fronte che vedevo nei suoi occhi piuttosto un velo, patinato su quel bianco sopraggiunto come schiuma di - distacco – (Doris Emilia Bragagnini)
57 L’albero del futuro – 33 – Antonella Tavarella
Contraccolpo
Affollate di terra queste dita e toccare il suono di un tuono nello spazio spaccato dai denti
scuote il seme nei cavi d’acqua occhi e corpo in alberi stancati e il fondale marino – pregato
avvieni in calchi – ricamati un contraccolpo d’ombra sulla corteccia vanificata. (Antonella Tavarella)
58 L’albero del futuro – 34 – Cettina Lascia Cirinnà
(indistintamente)
indistintamente in un tempo lontano quando il mondo era deserto e acqua apparivano forme senza argini ben definiti nella mente inesistente si delineavano fili ingarbugliati l’Anima sgusciava via nessuna legge fisica governava la materia tutto era affidato al caso in questa massa informe da un seme di vita
nasceva il futuro
59 io – tu – noi – voi (Gli esseri umani inconsapevoli di destini sconosciuti mistero di alchimie per sempre sepolte in un’intelligenza superiore governante impietosa di ogni cosa me – te … la Natura)
(Cettina Lascia Cirinnà)
60 L’albero del futuro – 35– Paola Puzzo Sagrado
Nessuno sa se è un caso Ci sono cose che non posso dirti senza toccarti. Che la primavera e la morte passeggiano insieme nel bosco che anche il diavolo piange che lo sguardo di Cristo è verde che dall’urlo si può passare al sussurro. Ci sono cose che non posso dirti senza sporcarti. Che ripeterò il tuo nome e nessuno sa se è un caso.
(Paola Puzzo Sagrado)
61 L’albero del futuro – 36 – Villa Dominica Balbinot
E giunse così la prima notte: dalla finestra entrava una luce boreale… Nell’ermetica stanza (come se dalla febbre a lei fosse, la calcinata carne) la sala operatoria, l’obitorio, il purgatorio tutto sembrava a un passo, asfissiata essa nei pozzi ciechi, nella dissolutio sua, con la svuotata orbita, quel morbo, tutte le abominazioni pallide. Aveva veduto, la triste terra solitaria, l’elemento possente - e quel fuoco celeste, il silenzio degli uomini…
(Villa Dominica Balbinot)