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pianeta
sicilia
A cura di
magazine
i Viaggi del Gusto
magazine
editoriale
La mia Sicilia. Ho letto, visto, ascoltato nella mia vita centinaia, migliaia di presentazioni della Sicilia. Dai libri di storia alle guide turistiche, dai grandi scrittori e artisti che vi sono nati fin dall’antichità ai racconti degli amici che la conoscevano per via di genitori e nonni. La più singolare di tutte, però, l’ho sentita quattro anni fa dalla bocca di un signore americano che, alla stazione di Firenze, aiutai a sistemare le enormi valigie sullo stesso Eurostar per Milano che prendevo io. Era un bel signore molto distinto sulla settantina, ben curato. Aveva venduto, disse, la sua azienda, e questo gli aveva permesso di realizzare un sogno che coltivava fin da quando, ragazzo, si appassionava leggendo i libri d’arte e visitando i musei americani: il sogno di prendersi un intero anno per visitare l’Europa. Ora, finalmente, ce l’aveva fatta. Il suo grande viaggio per l’Europa stava ormai per finire. Gli chiesi un bilancio della sua esperienza. Lui mi rispose, in un sontuoso italiano, con queste parole che non dimenticherò mai: «Un americano viene in Europa, visita Londra, s’innamora di Parigi, Roma, Vienna, Praga, Budapest. Rimane stupefatto di fronte alla bellezza unica, irripetibile di Firenze e Venezia. Ammira quanto di straordinario offrono la Spagna e il Porto-
gallo. Si commuove - e non è possibile che non si commuova - davanti all’Acropoli di Atene. Poi, alla fine, decide di visitare anche la Sicilia. E come mette piede in Sicilia, si rende conto che il suo viaggio in Europa, che credeva sul punto di finire, è appena cominciato». E concluse: «Vede, la Sicilia non è né una regione italiana né un’isola del Mediterraneo. O, meglio: è anche queste cose. Ma, soprattutto, la Sicilia è un pianeta». Gli domandai quali luoghi della Sicilia lo avessero impressionato di più: «Palermo» rispose. «E, naturalmente Siracusa. Noto, che mi fa tremare il cuore al solo nominarla. E poi Modica, Ragusa, Acireale. E Cefalù. Trapani. Erice. Ma forse - aggiunse, ridendo - io sono un giudice di parte. A me bastano i nomi di quei luoghi per capire che al mondo non esiste niente di simile. Visitando Siracusa, ho capito che gli dèi greci sono realmente esistiti, e sono esistiti proprio lì». «Ma Catania?», obiettai. «Non vorrà dire che anche Catania è bella!» Si rizzò come un serpente, aggrottando le sopracciglia. «Catania? Ahi, ahi, amico. Chi non capisce la vera meraviglia di Catania non capisce.
Luca Doninelli Scrittore
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sommario sommario Sicilia
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Speciale Sicilia Un quadro dettagliato di panorami naturali, viaggi, sapori, scoperte enogastronomiche e culturali di una delle regioni italiane più apperzzate al mondo
cibo&territorio 10 Crocevia di popoli Terra di templi e di fasti barocchi,
l’isola svela il suo melting pot millenario
16 I prodotti del sole
Dall’olio extra vergine Dop al pomodoro di Pachino Igp, al pistacchio di Bronte, un viaggio goloso tra i sapori più tipici dell’isola
24 Le virtù di eolo Le Eolie, veri gioielli che affiorano dal mare, sanno stupire con la loro offerta paesaggistica ed enogastronomica
30 Movida palermitana
Tra nuove tendenze e grandi tradizioni, alla scoperta delle due anime gastronomiche della capitale
40 Catania: eruzione di sapori
All’ombra dell’Etna, brulicano le antiche vie e le piazze barocche della città siciliana
44 Il ficodindia
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Messicano di origine ma indiano di nome, trova la sua seconda casa in Sicilia
48 Oro giallo
Nel profondo sud d’Italia nasce l’Uva Italia di Canicattì
56 Mandorle di Sicilia
Dalla Sicilia la principessa della frutta secca
60 Verde di Sicilia
Pistacchi. Ai piedi dell’Etna, nella lussureggiante campagna attorno a Bronte
64 Isola felix
Viaggio nei tesori culturali e nell’arte gourmande della Provincia di Ragusa
74 Il nerello dell’Etna
78 Nero d’Avola 82 I passiti siciliani
sommario sommario Sicilia
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inviaggio
112 Fidelissima Licata
90 Dolce vita alle Eolie
Per chi ama i tramonti e i panorami è doveroso visitare l’arcipelago di Eolo
94 La montagna incantata
Il viaggio nei miti e nei sapori dell’estrema punta Ovest della Sicilia
116 Tra l’Africa e la luna
A Pantelleria nessuno è straniero Quest’antica vocazione al melting pot trova spazio anche sul versante enogastronomico
98 Mitiche, mistiche Egadi
120 Trinacria: terra di suggestioni
È un mare antico quello che bagna Favignana, Levanzo e Marettimo, dove la storia dell’uomo è diventata leggenda.
104 La Sicilia dei laghi C’è un mondo siciliano che pochi conoscono, ma non per questo meno affascinante, fatto di specchi d’acqua naturali e artificiali
Più che una città, è un giacimento di cultura che affonda le sue radici in tempi remoti di greca, romana e araba memoria
Un itinerario nei principali luoghi di villeggiatura siciliani, alla scoperta dei loro segreti e tesori
piaceri 148 I pupi siciliani
108 Valle di templi e sapori
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Le tante sorprese di un’antica città inserita in un magnifico contesto ambientale fra mare, pianura e montagna
Un mondo iscritto dal 2001 tra i Patrimoni immateriali dell’Umanità Unesco, ma che sarebbe scomparso, non fosse stato per alcuni “paladini” dell’arte
Composta da squisita ricotta siciliana e zucchero, confezionata in pratiche sac à poche, pronta all’uso, gestibile in refrigerazione (+ 4°C) con una shelf life di ben 8 mesi, la
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Cibo&Territorio Cibo&Territorio 56
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10 Crocevia di popoli
30 Movida palermitana
56 Mandorle di Sicilia
Dalla Sicilia la principessa della
Terra di templi e di fasti barocchi, l’isola svela il suo melting pot millenario
Tra nuove tendenze e grandi tradizioni, alla scoperta delle due anime gastronomiche della capitale
16 I prodotti del sole
40 Catania: eruzione di sapori
Dall’olio extra vergine Dop al pomodoro di Pachino Igp, al pistacchio di Bronte, un viaggio
All’ombra dell’Etna, brulicano le
goloso tra i sapori più tipici dell’isola
24 Le virtù di eolo Le Eolie, veri gioielli che affiorano dal mare, sanno stupire con la loro offerta paesaggistica ed enogastronomica
antiche vie e le piazze barocche della città siciliana
frutta secca
60 Verde di Sicilia Pistacchi. Ai
piedi dell’Etna, nella
lussureggiante campagna di bronte
64 Isola felix
44 Il ficodindia
Viaggio nei tesori culturali e nell’arte gourmande della Provincia di Ragusa
Messicano di origine ma indiano di nome, trova la sua seconda casa in Sicilia
74 Il nerello dell’Etna
48 Oro giallo Nel profondo sud d’Italia nasce l’Uva Italia di Canicattì
78 Nero d’Avola 82 I passiti siciliani 9
cibo&territorio
Crocevia di popoli Terra di templi e di fasti barocchi, l’isola svela il suo melting pot millenario frutto di arrivi e dominazioni che dai Greci in poi hanno lasciato il segno ovunque. Anche in una cucina multicolore
Trapani
Messina
Palermo Enna Caltanissetta Agrigento
Catania
Siracusa Ragusa
Crogiolo di popoli, stratificazione di culture come fosse una mille foglie. Sotto il primo velo della Sicilia di oggi ce ne sono mille altri che ricordano la sua anima di crocevia di etnie. Centro di cultura immenso, il territorio siciliano ha accolto i Greci, i Romani, ha vissuto un’epoca barbarica e bizantina, islamica e normanna, e poi ancora, angioina, aragonese, borbonica. Strati che hanno lasciato il segno e parlano ancora la lingua della bellezza. Succede così a Siracusa, antica all’incirca quanto Roma, fondata dai Corinzi nel 733 a.C. Siracusa elargisce il bello per antonomasia, incarnato dagli ideali estetici del mondo greco. Il suo imponente Teatro Greco era 10
il più grande dell’antichità, insieme a quello di Atene. La Fonte Aretusa, nell’incantevole isolotto di Ortigia, è stata cantata da Virgilio e dal sommo poeta Pindaro. Culla di bellezza, ma anche di bontà: Siracusa era la capitale culinaria del mondo classico magnogreco che già nel V secolo a.C. pose in essere una scuola per cuochi ed un ricettario. E non casualmente, prevalenti erano le ricette agrodolci a base di uvetta e pinoli, ancora oggi diffuse in tutta la Sicilia. Agli Arabi, invece, si deve successivamente la coltivazione degli agrumi e l’arrivo del gelato e del cuscus.Tre eccellenze, ancora oggi, di Sicilia. Ai giorni nostri le migliori arance rosse sono quelle siciliane, e il cuscus vie-
sicili ne celebrato con un importante festival in settembre a San Vito Lo Capo. Altro fiore all’occhiello della cucina siciliana è la parmigiana di melanzane, oramai famosa anche nelle altre regioni. Nonostante il nome, nulla ha a che spartire con il parmigiano. Il nome parmigiana, infatti, è storpiatura del siciliano parmiciana, termine che indica i listelli di legno che compongono le persiane. Infatti le melanzane vanno tagliate a listelli, fritte e condite con formaggio, prosciutto, ragù e basilico. Non chiedete mai ad un siciliano se la parmigiana di melanzane è un primo, un secondo oppure un piatto unico; la parmigiana di melanzane supera il paradigma della successione delle pietanze.
In apertura, una veduta di Catania. Sotto, il simbolo della Trinacria che rappresenta la Sicilia, caratterizzata da tre promontori: Pachino, Peloro e Lilibeo; nella foto in basso, l’eruzione dell’Etna, il vulcano attivo più alto d’Europa
Catania e Messina Da Siracusa il bello e il buono proseguono a Catania, patria della pasta con la Norma, così chiamata in onore del grande compositore catanese Vincenzo Bellini. Il condimento è un sugo sapido a base di melanzane e ricotta salata, ingrediente che, insieme con il nero di seppia, trionfa nell’elaborazione del ripiddu navicatu, sorta di risotto che anche nella forma e nei colori vuole rappresentare il gigante Etna. A Catania si visita Piazza del Duomo dove c’è la celebre statua dell’elefante, simbolo della città. Il mare risplende e proseguendo verso Messina si arriva alla costa celeberrima. È la riviera dei Ciclopi con Aci Castello, Aci Trezza, Aci Catena ed Aci11
cibo&territorio
In questa pagina, a destra, uno scorcio della Valle dei Templi ad Agrigento. Sotto, la celebre statua dell’elefante simbolo di Catania e, in basso, una cartolina delle Isole Eolie. Nella pagina seguente, delizie siciliane: arance rosse e dolci tipici come i cannoli e le cassate
reale, fino a Naxos, Taormina e Castelmola, dove il panorama è di quelli che restano per sempre nella mente.A Messina è la Madonna del Porto ad accogliere i viaggiatori con la frase “Vos et ipsam civitatem benedicimus”, mentre il campanile del Duomo custodisce il più grande orologio meccanico del mondo che ogni giorno, a mezzogiorno e a mezzanotte, offre uno spettacolo eccezionale: il gallo canta, il leone ruggisce e due donne bronzee battono le ore. Per il palato, prima di tutto, la pasta ‘ncaciata, sovrana tra le paste imbottite al forno e gli arancini, gustose palle di riso imbottite, che qui hanno visto la luce.
Vino da primato Un gran salto porta al vertice opposto di Trinacria: Capo Boeo. Qui si trova Marsala, l’antica Lilybeo, intrisa di storia e di vino. E per storia si intendono ventotto secoli, dall’insediamento dei Fenici nell’isola di Mothia fino allo sbarco dei Mille, che fa di Marsala una città garibaldina. E la laguna dello Stagnone e l’isola di Mothia sono assolutamente da non perdere. L’approdo a Mothia è un tuffo nel silenzio, rotto soltanto dal frinire delle cicale e dal vento che muove i mulini. Le vicine saline sono montagne bianche che riflettono i colori del cielo. Sul fronte enogastronomico a Marsala spetta un importante primato: il suo vino è la più antica Doc italiana e visitare i bagli rende l’idea di come intraprendenti inglesi seppero comprendere appieno la potenzialità del business generato dal vino di questa località di Sicilia.
Arcipelaghi sognanti La Sicilia è un’isola che ha intorno a sé altre piccole isole che formano arcipelaghi. Da Marsala si salpa per quello delle Egadi e si punta su Favignana, l’isola dalla forma di farfalla, quasi sempre accarezzata dal Favonio, un caldo vento di ponente che le dà clima mite e nome. Poi è la volta di Marettimo - per molti storici l’Itaca di Ulisse, che pare debba il suo nome all’abbondante 12
presenza del timo selvatico - e la più piccola delle Egadi: Levanzo, così deliziosa e minuscola. Da Levanzo prua su Trapani: città tra due mari, che durante la Settimana Santa irradia misticismo. Qui si fa il pesto con le mandorle ed il cuscus di pesce preparato con cernia, scorfano, gamberi e cozze. Da Trapani, via terra, Palermo va raggiunta non attraverso la strada più breve, ma facendo sosta almeno ad Erice, Segesta e San Vito Lo Capo. Erice, sul suo monte, è il luogo dell’amore e della scienza dove Enea si fermò per rendere omaggio alla dea Venere. A Segesta, con il suo teatro e il suo tempio, il tempo sembra essersi fermato. Palermo invece attende con piatti sopraffini: a partire dalla pasta con le sarde, qui preparata con finocchietto, uva passa, pinoli e zafferano. Gli approvvigionamenti per la tavola provengono in prevalenza dalla Vucciria, sorta di suk arabo nel cuore di Palermo reso celebre nel mondo da un dipinto di Guttuso. Sul fronte delle bellezze storico-artistiche da non perdere la visita al Palazzo dei Normanni dove lo stile normanno romanico si unisce alla tradizione araba e bizantina. E la fastosa Cappella Palatina, che rappresenta l’acme dell’arte musiva bizantina insieme ai mosaici di Ravenna e Istanbul. Di rigore anche un salto a Mondello, la spiaggia dei palermitani, per degustare la pasta con le uova di ricci di mare. Da Palermo si vola fino a Lampedusa, nell’arcipelago delle Pelagie, dalla forma pressoché simile a quella della Sicilia: un triangolo con l’angolo ovest più acuto. La tavola è un tutto pesce freschissimo, con il tonno in prima linea che finisce sulla pasta con capperi, gamberi e cacio.
Tra mandorli e templi La Valle dei Templi, ad Agrigento, è uno dei siti archeologici più famosi del mondo, con il Tempio della Concordia avvolto da un filo invisibile lungo millenni. Agrigento, città natale di tanti nomi illustri da Empedocle
a Luigi Pirandello. Il mare non bagna tutta la Sicilia. L’interno è vasto e bello: Caltanissetta, da visitare per le sue solfare, Enna, il capoluogo di provincia più alto d’Italia e l’ombelico di Sicilia. Un must è la visita al Castello di Lombardia e alla Torre Pisana da cui, se si è fortunati con il tempo, si possono vedere i tre mari: lo Ionio, il Mar d’Africa ed il Tirreno. E ancora bellezza con la Val di Noto, Patrimonio mondiale dell’umanità da visitare con calma assoluta, e la provincia di Ragusa dove trionfa il Barocco. Ragusa è città meravigliosa e di struggente incanto con lo straordinario Palazzo Bertini.
Arance e capperi I capperi di Pantelleria sono l’ingrediente principe della cucina eoliana, la connotano nei primi e nei secondi di pesce. Le arance rosse di Sicilia sono il sangue dell’isola; tre i gruppi sanguigni: Tarocco, Moro e Sanguinello.
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Scelti per voi dove mangiare Porta Marina da Salvo Via Candelai 35 Siracusa Tel. 093122553 Eleganza e professionalità distinguono il locale. La cucina, incline alle proposte ittiche e ad accostamenti insoliti ma ben riusciti, è una costante nel panorama cittadino. Prezzo medio: 50 euro. La Prua Via Mattarella 12 Avola (Sr) Cell. 3495952383 Nasce dall’esperienza coltivata negli anni dalla pescheria di famiglia la capacità di condurre il cliente verso un appassionato viaggio nella cucina di mare. L’intuito del giovane cuoco fa il resto: per un’esperienza indimenticabile. Prezzo medio: 40 euro. Antico mercato Via Rocco Pirri 33 Noto (Sr) Tel. 0931837432 All’interno di un palazzo nobiliare settecentesco, la fragranza di una cucina di pesce che si esalta per la semplicità delle preparazioni. Prezzo medio: 40 euro.
sicilia
Locanda del Borgo Via Controscieri 11 Rosolini (Sr) Tel. 0931850514 Eleganti affreschi, arredamento raffinato e cucina d’autore. Nelle limpide giornate di sole sedetevi nella terrazza ad ammirare lo straordinario panorama collinare. Al piacere della tavola si somma quello della vista. Prezzo: da 45 euro.
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PolpoEsCondito Via Stazzone 2 Lampedusa (Ag) Tel. 0922970434 www.osteriadelcastello.it/polpodettagli.htm Rilevato nel 2002 dai proprietari dell’Osteria del Castello di Milano, ristorante con vista su uno degli angoli più suggestivi dell’isola. La cucina sposa i sapori veraci del pesce lampedusano, con la tradizione siciliana e con inflessioni tunisine, e qualche invenzione venuta dal “nord” come il “sushi mediterraneo”. Happy hour estivo tra ombrelloni e poltroncine con ricco buffet. Prezzo medio: 40/50 euro. Oscià Scogliera nord Lampedusa (Ag) Clel. 3335939458 www.oscia.it Tutti a Lampedusa conoscono questo pittoresco localino che sorge sulla scogliera a nord dell’isola lungo la straordinaria strada
panoramica che offre un’incredibile visuale sul mare. Happy hour non stop, prezzi contenuti e piatti abbondanti. Prezzo medio ristorante 35 euro. Happy hour 10/15 euro. Trattoria La Risacca Via E. La Loggia 15 Lampedusa (Ag) Tel. 0922975798 www.trattorielampedusa.it In ogni piatto si fondono i sapori unici della cucina tradizionale popolare creati a partire da prodotti naturali e freschi, selezionati ogni giorno al mercato con cura e passione dagli chef. Ogni piatto viene poi esaltato dagli aromi del vino da scegliere tra quelli dell’ampia carta a disposizione. Prezzo medio 22/25 euro. Antica Filanda S.S. 157 Contrada Raviola Capri Leone (Me) Tel. 0941/919704 www.anticafilanda.it Di motivi per una sosta ce ne sono molti: il bel panorama sulle Eolie, le tentazioni dei dolci (i geli agli agrumi, il flan di cioccolata o ai pistacchi) i salumi (prosciutto di maialino nero, salame di cinghiale). L’ottima cucina del territorio fa il resto: pappardelle con il ragù bianco di maiale nero, ravioli di carciofi al ragù di agnello, zuppa di patate e cannella, tortino di cardi su crema di provola, agnello al profumo di menta, spalla di suino nero dei Nebrodi farcita ai pistacchi di Bronte o con verdura di campo. Prezzo: 30/49 euro.
dove dormire Grand Hotel Ortigia Viale Mazzini 12 Siracusa Tel. 0931464600 Hotel di grande fascino sulla marina della città nuova. Camere spaziose e adeguate ad un livello di clientela esigente. Doppia: a partire da 160 euro. Jonio Viale Lido 1 Noto (Sr) Tel. 0931812040 Immerso nella macchia mediterranea e praticamente sull’arenile sabbioso è una semplice sistemazione che permette di raggiungere le zone ricche di storia e bellezze naturali. Doppia: a partire da 65 euro. Fontane Bianche Via Mazzarò, località Fontane Bianche Siracusa Tel. 0931790611 C’è anche un attrezzato centro benessere a disposizione degli ospiti in questo hotel a pochi passi dalla battigia. Stanze curate e ben tenute. Doppia: a partire da 120 euro. Hotel Le Pelagie
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cibo&territorio
I prodotti del sole La Sicilia non è solo la terra degli agrumi. Dall’olio extra vergine Dop al pomodoro di Pachino Igp, dal carciofo spinoso di Menfi al pistacchio di Bronte, un viaggio goloso tra i sapori più tipici dell’isola di Marco Scapagnini
Tipica spremitura a freddo di un olio extra vergine Dop siciliano
Sicilia
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La Sicilia, per la sua felice posizione geografica, la continua esposizione al sole e alla brezza marina, e per la caratteristica fertilità dei terreni che vanno dall’argilloso al vulcanico, è il territorio ideale per coltivare e far crescere gustosi e succulenti ortaggi e verdure, elementi principali della nostra dieta mediterranea e ricchi di buone proprietà nutrizionali e salutari. In particolar modo nella zona del Sudest siciliano vi sono tantissime coltivazioni a cielo aperto e serre da dove partono quotidianamente spedizioni di pomodori, cipolle, carote, melanzane, zucchine e carciofi destinate al mercato locale ma anche alla grande distribuzione nazionale. La Sicilia dell’agricoltura, quindi, non è solo un “agrumificio” ma anche il terzo bacino di produzione in Italia, dopo Emilia Romagna e Lazio, di verdure e ortaggi stagionali. Chiunque se ne può rendere conto, anche a “occhio nudo”. Infatti, per esempio, viaggiando intorno a Menfi nel mese di gennaio, le colline sono verdi, ma non per il prato bensì per le immense piantagioni dei tipici carciofi spinosi, così come muovendosi nell’entroterra ragusano in primavera, il terreno argilloso è ricoperto di “pettinati” fili d’erba che non sono altro che le estremità della tenera cipolla di Giarratana, oppure guidando nel fazzoletto
di terra fra Scoglitti e Donna Lucata, vicino alla città di Vittoria, ci si insinua tra miriadi di serre letteralmente “arrampicate” su collinette di terreno sabbioso che punteggiano l’orizzonte fra le campagne ed il mare. Ed è proprio questo accostamento vincente, di clima mite e vicinanza al mare, che valorizza al massimo i fattori di crescita delle proprietà salutistiche intrinseche degli alimenti e che dà quindi un maggior valore comunicativo alla produzione della zona. Dal Licopene ai polifenoli, dal potassio al magnesio, dalla vitamina A alla C, tutte molecole di fondamentale importanza per i processi di antinvecchiamento cellulare ed anti tumorali, che in questa terra, sotto il sole e di fianco al mare, magicamente aumentano il loro effetto benefico. Inoltre, molte produzioni agricole siciliane sono caratterizzate dai marchi di qualità europea che ne garantiscono un posizionamento d’eccellenza sugli ortaggi e verdure con tracciabilità di filiera e tipicità territoriale. Infatti, il riconoscimento rilasciato dall’Unione europea sulle denominazioni d’origine dei prodotti acquisisce sul mercato nazionale e mondiale sempre più importanza, tanto che molti supermercati dedicano interi scaffali ai prodotti Dop, Bio e Igp per gli alimenti e Docg , Doc e Igt per i vini.
CREDITO FOTO PLANETA 17
cibo&territorio
Un’insalata di salute
Famoso in tutto il mondo e conosciuto come“Ciliegino”, il Pomodoro di Pachino Igp dalla caratteristica tipologia a grappolo è l’ingrediente di base di molte ricette tipiche
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Metti assieme il Pomodoro di Pachino Igp, la Cipolla di Giarratana e l’Olio extra vergine Monti Iblei Dop, ecco che, oltre a un gusto ricco e insuperabile, hai unito effetto antiossidante, diuretico, disintossicante e antinfiammatorio. Infatti, partendo dal famoso ciliegino di Pachino, vi sono molte proprietà benefiche, fra cui il licopene ed il carotene, che agevolano il corretto funzionamento dell’organismo e lo difendono dai radicali liberi. Questo pomodoro contiene una buona dose di vitamina C ed è ricco anche di tanti sali minerali. L’esposizione al sole e la presenza di terreni sabbiosi vicino al mare ne esaltano le proprietà benefiche e rendono il gusto marcato e la polpa morbida e succosa. Il Ciliegino è anche Igp ed è famoso in tutto il mondo per aver dato la caratterizzazione a questa tipologia particolare di pomodoro a grappolo. Ma il pomodoro che cresce a Pachino non è solo il Ciliegino, ve ne sono altri tre, di comparabile sapore e proprietà nutrizionali. Si tratta del Pomodoro Costoluto, di grandi dimensioni e dalle coste marcate, di colore verde molto scuro, il Pomodoro Tondo Liscio, piccolo e rotondo, di colore verde, inconfondibile per il gusto molto intenso, e il Pomodoro a Grappolo, simile al Ciliegino ma dalle dimensioni leggermente più grandi e con pochissimi semi. Passando poi alla cipolla di Giarratana, che cresce attorno ad un piccolo centro nell’entroterra della provincia di Ragusa caratterizzato dal terreno argilloso e dalla roccia calcarea, è straordinariamente dolce e dalle dimensioni molto grandi. I bulbi, infatti, hanno la forma un poco schiacciata, con la tunica di colore bianco brunastro, la polpa bianca, dolce, e pesano normalmente circa 500 grammi, ma possono anche superare i due chilogrammi. La raccolta comincia a partire dalla fine di luglio e continua lungo tutto il mese di agosto. La cipolla è diuretica, favorisce la flora intesti-
Dalla terra alla tavola La cucina siciliana è nata dalla commistione della cucina contadina, dei poveri, e di quella baronale, preparata dai rinomati chef di famiglia o Monsù. Entrambe le cucine sono caratterizzate dall’armonizzazione dei gusti opposti, usanza derivante dalla cultura gastronomica araba, ovvero il dolce con il salato, l’agro e l’amaro. La zona iblea, culla della civiltà barocca, ha molte di queste specialità nei menu come per esempio le “Impanatigghie” modicane, ovvero dei biscotti ripieni di carne di vitello impastata con la cioccolata amara, oppure i “Magghitti cu l’Amareddi e Ricotta”, ovvero pasta fatta a mano con verdura selvatica e ricotta, oppure la famosa cioccolata di Modica che accosta il cacao al peperoncino derivante
da una antica ricetta azteca, o infine il coniglio in agrodolce e la caponata, celebre misto di verdure fritte separatamente ed unite in tegame assieme a sedano, capperi, olive, aceto e zucchero. Le verdure, come nel caso della caponata, sono grandi protagoniste in molti dei piatti tipici siciliani e si uniscono facilmente anche ai piatti di pesce. Basti pensare al capone (lampuga) al forno con pomodorini di Pachino, patate, olive nere e cipolla di Giarratana, oppure il carpione di pesce con cipolla, uva passa, pinoli, vino bianco, zucchero e chiodi di garofano. Inoltre, piatto principe del ragusano, è la famosa Scaccia, ossia una focaccia chiusa ripiena principalmente di pomodoro, cipolla di Giarratana e caciocavallo, oppure ripiena di verdure, di solito melanzane fritte, provola e olive nere.
nale ed è ricca di vitamine, zuccheri, sali, e sostanze batteriostatiche. È un ottimo stimolante naturale, con proprietà antibatteriche, antireumatiche, antisclerotiche, evita l’affaticamento e lo stress, cura le malattie respiratorie, l’obesità e protegge il fegato. L’ultimo ingrediente è infine l’Oro dell’altopiano Ibleo, ovvero l’Olio extra vergine d’Oliva Dop, prodotto soprattutto nella zona di Gulfi e di Frigintini, derivante dalla spremitura a freddo dell’oliva Tondo Ibleo, dalla consistenza carnosa e dalla forma sferica, che ha un classico colore verde intenso ed un profumo di erba falciata. Questo prodotto è ricco di polifenoli che sono fra le sostanze organiche più ricche di antiossidanti e quindi con maggior proprietà specifiche sull’organismo umano di antiaging e di rallentamento della massa tumorale. 19
cibo&territorio
Gustosa specialità culinaria, il Broccolo palermitano è simile a un cavolfiore di color verde pisello e dall’odore fortissimo
I carciofi di Menfi e Ramacca Se vi capita di passare in macchina nella zona costiera che collega Sciacca con Selinunte, tra l’inverno e la primavera, lo sguardo è subito attratto da colline verdi che dolcemente salgono e scendono fra gli ulivi ed il mare. Non sono boschi né praterie, ma le immense piantagioni del Carciofo Spinoso di Menfi, principe della produzione agricola della zona, che a scapito delle più famose produzioni vitivinicole e olearie, rappresenta il maggior fatturato in termini di vendite alla grande distribuzione. Ha una forma ovale e slanciata ed è caratterizzato dalle foglie con interno carnoso e apice allungato da spine acuminate. Questo tipo di carciofo caratterizza tutta la zona che va da Selinunte fino a Sambuca di Sicilia, lungo la valle del Belice e si trova anche altrove come a Cerda,
Assaggi gustosi: Le Delizie del Gattopardo Il simpatico marchio “Delizie del Gattopardo” è stato creato per portare in Italia e in tutto il mondo i sapori tipici della Sicilia, unendo ad essi la cultura e la storia del territorio. Il nome evoca il famosissimo romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, e
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infatti il messaggio che l’azienda vuole dare è quello di simboleggiare l’eccellenza siciliana, accostando a questo nome appunto un marchio di sicura qualità. La gamma di prodotti è ricca e articolata selezionando le materie prime di estrema qualità provenienti dalle
migliori coltivazioni agricole e tradizioni dolciarie dell’isola. Per la prima colazione “Delizie del Gattopardo” propone una ricca selezione di marmellate di frutta e agrumi, insieme a vari tipi di biscotti alle mandorle di Avola, al pistacchio di Bronte, al Sesamo. Si prosegue con gli antipasti e gli aperitivi: dalla famosa caponata siciliana, ai tipici patè a base di ortaggi o di pesce. Ci sono poi le numerose salse di pomodoro di Pachino, il pesto trapanese, la bottarga, impareggiabili condimenti per i primi piatti tipici siciliani. Non mancano i secondi come le acciughe di Sciacca, i filetti di tonno di Marzamemi e di Sgombro di Lampedusa al naturale o all’olio di oliva. Per concludere, ecco i dolci alla mandorla e il famoso cioccolato di Modica, frutto di un’antica tradizione azteca. L’azienda ha sede a Siracusa e spedisce online in tutta Italia, preparando anche deliziosi cesti regalo e gift box. Info: deliziedelgattopardo.it
paese rurale a metà strada fra Cefalù e Palermo. Altro genere di carciofo è invece quello che cresce dalle parti di Ramacca, paese della provincia di Catania dove ogni anno, a metà febbraio, in occasione della raccolta, si organizza la più bella sagra del carciofo di Sicilia. Infatti, questo carciofo si chiamaVioletto Ramacchese e ha il colore viola intenso e la forma è più rotondeggiante rispetto allo spinoso, ideale per essere preparato in tavola ripieno con aglio, pan grattato ed un filetto di acciuga spinato. Il carciofo è un elemento base della tavola siciliana e lo si cucina in tanti modi. Oltre al carciofo ripieno, i modi più classici di preparazione sono senza dubbio quello “arrustuto”, ovvero arrostito sulla griglia e venduto per strada, tipico nel catanese, oppure lessato con fette di limone e venduto al pubblico cotto direttamente in pentoloni dai fruttivendoli, tipica usanza nel Palermitano. Il carciofo è anche una pianta davvero “generosa”, di cui si può utilizzare praticamente tutto: dai capolini per il fresco
a tavola o per la trasformazione agroalimentare, ai carducci o alle foglie fresche e secche per l’alimentazione del bestiame, per finire con le foglie e le radici da cui si estraggono ortofenoli ed acidi utilizzati in farmacologia e nell’industria dei liquori.Anche i valori benefici del carciofo non sono da sottovalutare. Nelle foglie e nel caule del carciofo è presente la “cinarina”, sostanza che addirittura opera un’azione efficace nelle lesioni epatiche e renali perché favorisce la secrezione biliare, la diuresi e facilita l’ eliminazione della colesterina.
Il Carciofo Violetto, dal colore viola intenso e dalla forma rotondeggiante, cresce in provincia di Catania
Cavolfiori, Cavoli e Broccoli Ve ne sono tanti e di tutti i colori. Girando per la Sicilia vi capiterà di sentir chiamare lo stesso ortaggio in modi diversi o addirittura con lo stesso nome di trovare ortaggi diversi. Diversi sono anche i modi di cucinarli e di portarli in tavola. Se andate a Palermo, per esempio, e chiedete al mercato i broccoli non aspettatevi i classici rami con 21
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Il fiore del cappero, pregiata tipicità siciliana, che cresce spontaneo sui terreni vulcanici di Pantelleria e altre isole minori
inflorescenze verdi scure: quelli sono gli sparacelli! Il broccolo palermitano è più simile a un cavolfiore, di colore verde pisello e dall’odore intenso. Cresce soprattutto nel periodo invernale quando la pioggia è copiosa in quanto ha bisogno di parecchia acqua per maturare. La specialità culinaria palermitana è rappresentata dai broccoli in tegame, ovvero broccoli stufati e ripassati in padella con uva passa, pinoli e un po’ di acciuga, ottimo condimento per la pasta. Anche gli sparacelli vengono di solito preparati per condire la pasta, ma ripassati in padella con aglio, olio, acciuga, peperoncino e salsiccia.Passando nel Catanese,invece, entra in scena il cavolfiore, che però ha un caratteristico
colore violetto, dato probabilmente dai minerali contenuti nel terreno lavico dove cresce. In dialetto si chiama “Bastardo” e viene principalmente preparato affogato o “imbuttunatu” per riempire le classiche scacciate o pizze ripiene, ovvero viene cotto nel vino rosso con cipolla, uva passa, pinoli, alloro e olive nere ed a volte mantecato con il pecorino. Scendendo invece verso Ragusa si trovano il cavolfiore bianco e il cavolo cappuccio, ottimo per le insalate e per contorni al vapore. Ha anche parecchie proprietà benefiche perché contiene vitamina C - A - K - B e sali minerali con potassio, magnesio, ferro e calcio, dall’effetto rivitalizzante e antianemico.
Scelti per voi dove mangiare Trattoria La Foglia Via Capodieci 29 - Siracusa Tel. 093166233 lafoglia.it Sembra di mangiare in una casa privata, accolti dai proprietari che vi delizieranno prima le orecchie e poi il palato con un’infinità di antipasti tutti derivanti dalle migliori offerte del mercato di Ortigia. Frittelline di asparagi selvatici, caponatina di pesce spada, pasta con le sarde e tanti dolci fatti in casa. Prezzo medio 40 e
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Taverna La Cialoma Piazza Regina Margherita 23 Marzamemi (Sr) Tel. 0931841772 Ristorante di fascino ricavato in un’antica tonnara del ‘700. Il nome evoca un canto antico dei tonnaroti e la cucina resta strettamente legata alle specialità storiche siciliane. Tante specialità di mare da provare, in primis le Pupe, ovvero tenerissime polpette di gamberi sgusciati. Prezzo medio 35 e Il Vigneto Porto Palo di Menfi (Ag) Tel. 092571732 L’avvocato Bursi si diletta
ai fornelli di questo gradevole ristorante di campagna a pochi passi dal pescoso mare di Porto Palo di Menfi. Oltre alle tante specialità di pesce da non perdere la frittura leggera di carciofi di Menfi, veramente asciutta e croccante. Prezzo medio 30 e La Cascina di Zucchero e Cannella Via Pauloti 43 - Aci Bonaccorsi (Ct) Tel. 0957902011 Casetta tipica all’ingresso di un paesino etneo trasformata in ristorante da cinque simpatiche signore. Tutto è genuino,
ma in assoluto da non perdere sono la caponata e la pasta fresca con ricotta di pecora e pistacchi di Bronte. Prezzo medio 25 e Cucina Via Principe di Villafranca 54 Palermo Tel. 091626 8416 Questo simpatico ristorante nel centro città propone tutta la migliore cucina tradizionale in un ambiente giovane. Da provare la pasta con il broccolo arriminato, i polipetti murati e la cassata siciliana fatta in casa. Il conto è estremamente conveniente. Prezzo medio 20 e
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Le virt첫 di Eolo e le sette perle
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Le Eolie, veri gioielli che affiorano dal mare, sanno stupire con la loro offerta paesaggistica ed enogastronomica anche quando la calura estiva è un lontano ricordo di Marco Scapagnini
Il dio del vento ha plasmato, addolcito queste isole di origine vulcanica che riempiono uno specchio d’acqua che da Capo Vaticano in Calabria va fino a Cefalù sulla costa tirrenica della Sicilia. Le Eolie sono sette e ognuna gode di una caratteristica particolare, dalla morfologia dell’isola ai rilievi montuosi, dai villaggi alle abitudini degli abitanti, basta spostarsi di poche miglia e sembra di essere entrati in una nuova dimensione con atmosfere, profumi e colori fortemente personalizzati. Il turismo mondiale le sta scoprendo adesso, quello italiano le sta consacrando come il giusto compromesso fra ambiente selvaggio e servizi esclusivi, fra rustiche trattorie e ristoranti di alta cucina mediterranea.
Il lato cool and chic
Sicilia
Non solo tramonti solitari in riva al mare guardando i pescherecci, le isole Eolie sono anche aperitivi a bordo piscina, live music session, sushi mediterrano per chi non vuole rinunciare alle atmosfere soft e agli ambienti esclusivi. «Questa moda è cominciata a Panarea sulla scia della movida degli anni ‘80 e oggi si può trovare 25
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Secondo la leggenda fu Eolo a plasmare queste splendide isole di origine vulcanica
Nella pagina precedente i faraglioni di Lipari e la vista su Vulcano; in alto le cristalline acque siciliane e alcune immagini di prodotti tipici
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un po’ in tutte le isole, in un ambiente più intimo e rilassato», sostiene Lorenzo Siracusano, giovane gestore dell’hotel di famiglia Ravesi nel borgo di Malfa sull’isola di Salina. Il suo piccolo gioello di architettura eoliana ha una piscina a sfioro con una vista incomparabile sul mare, Panarea e Stromboli, e un prato all’inglese dove ogni sera dalle 19 si svolge l’happy hour a base di prodotti di Salina. E sempre Salina ospita un altro luogo cool and chic, legato ad antiche tradizioni: la Spa Salus per Aquam dell’Hotel Signum. «La nostra struttura è realizzata secondo le linee delle antiche terme eoliane, i bagni di vapore sono effettuati in una Stufa Termale, riproduzione di quella di S.Calogero in
Lipari di oltre 3.500 anni fa, e i fanghi e gli scrub sono ricavati dagli oligoelementi presenti nella nostra acqua sulfurea e nel cappero, elemento primario della nostra Isola», dice la proprietaria, Clara Rametta. Per chi ricerca inoltre le atmosfere a cinque stelle, il Capofaro, di proprietà della famiglia Tasca Lanza, è definito un Malvasia Resort, ovvero una struttura in stile mediterraneo immerso nei vigneti del vino Tasca d’Almerita. Sull’Isola di Vulcano invece il Therasia è paragonabile a un esclusivo relais di Cabo San Lucas con lussuose suite arredate in stile mediterraneo, piscina a sfioro con vista sull’isola di Lipari e i Faraglioni e un ambiente perfetto per un aperitivo “cool”.
Tutto fatto in casa Pesce freschissimo, capperi, pomodorini, profumate spezie e vini passiti caratterizzano la cucina locale: sono presenti in ogni preparazione, dalla più semplice insalata, con l’aggiunta di patate lesse, cipolla rossa, olive verdi, fagiolini e peperoncino, a piatti più sofisticati come i calamaretti ripieni alla Malvasia o la “capuliata” di tonno fresco e cucinci (i frutti del cappero). «Viviamo di ricette semplici, dei prodotti del nostro orto e del pesce della nostra barca», sottolinea Maria Pia, anima della Trattoria da Francesco a Panarea, ultimo baluardo di quella tipicità che a volte in quest’isola è stata sopraffatta dalla mondanità esasperata. In questo piccolo Eden si è avvol27
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Fuori stagione
Il faraglione Canna a Filicudi e i “gozzi”, imbarcazioni tipiche
Le Eolie in autunno si svuotano dal turismo estivo e tornano a vivere la propria tranquillità 28
ti dal profumo del basilico e della menta fresca che cresce nel vicino orto. Una piccola riserva di buon gusto che mette a disposizione dei clienti anche gradevoli camere con vista mare e una colazione con marmellate fatte in casa. Analoga accoglienza calorosa all’hotel Pricipe di Salina, a Malfa, dove Sara e Gaetano accolgono con specialità della cucina attinta dal mare, come i paccheri con i filetti di scorfano, pomodorini e capperi o un freschissimo carpaccio di tonno e per finire un bicchierino di Malvasia prodotta dai vigneti di proprietà.
Gli amanti del mare saranno accontentati, avendo una vasta scelta fra le piccole calette scoscese di Filicudi e le larghe e comode spiagge a Vulcano, dalla possibilità di noleggiare una barca a Panarea oppure di vivere il pescaturismo notturno a Salina. Di tutto e di più e per tutte le tasche. Le Eolie sono bellissime anche ad ottobre e novembre, a marzo ed aprile, quando si svuotano dal turismo estivo e tornano a vivere la propria dimensione fatta di tranquillità, rapporto con gli abitanti e tante belle esperienze escursionistiche. Per esempio l’autunno è perfetto per scalare lo Stromboli in pieno giorno, vedere il tramonto dal cratere e i colori dell’eruzione di notte dalla sciara di fuoco, salire sul cratere a Vulcano e godere di un’incomparabile vista sull’arcipelago, affittare una jeep a Salina e scoprire che sulla sommità del Monte Fossa delle Felci si può trovare anche la neve. Molte strutture alberghiere restano aperte anche fino alla fine di novembre e ancora dai primi di marzo. Aperto tutto l’anno è il suggestivo Hotel l’Ariana a Rinella (a Salina) dove dalla terrazza ci si affaccia letteralmente sull’acqua, in un ambiente che ha ispirato poeti e letterati. È romantico e struggente, nelle burrascose giornate d’inverno, vedere le onde frangersi proprio sotto la finestra della camera da letto.
Scelti per voi dove mangiare Da Francesco Porto di Panarea Tel. 090 983023 www.dafrancescopanarea. com Prezzo medio 35 Euro costo camera 150 Euro Oasi di pace e genuinità nell’Isola di Panarea grazie alla sapiente conduzione familiare ed alle specialità della cucina eoliana tramandata fedelmente da tre generazioni. Don Piricuddu Via Lentia 33 Vulcano Tel. 090 9852424 Prezzo medio 30 Euro Ottima cucina eoliana a base di pesce con tanti buoni antipasti e primi piatti veramente gustosi. Buon rapporto qualità prezzo. Locanda del Barbablù Via Vittorio Emanuele 17 Stromboli Tel. 090 986118 www.barbablu.it Prezzo medio 40 euro Costo camera 160 Euro Un piccolo nascondiglio stromboliano fatto di buon gusto e charme. La cucina è basata sui prodotti del mare e dell’Isola con qualche piatto di ispirazione fantasiosa. Da Nino Via Porto Filicudi Tel. 090 9889984 Prezzo medio 25 Euro
Al porto di Filicudi Nino è il posto giusto dove mangiare i totani preparati fritti (il massimo), all’insalata o al forno con pomodori, cipolla e patate. La Nassa Via G.Franza 36 Lipari Tel. 090 9811319 www.lanassa.it Prezzo medio 45 Euro Costo Villa 1400 Euro a settimana Il trionfo del pesce fresco in questo rinomato ristorante di Lipari che basa la sua cucina sui prodotti esclusivamente eoliani.
dove dormire
Hotel Ravesi Via Roma 66 Malfa Salina Tel. 090 9844385 www.hotelravesi.it Costo Camera 150 Euro Delizioso albergo ricavato da un borgo tipico di case eoliane. Arredamento con artigianato locale e bellissima piscina con vista sul mare. Hotel Signum Via Scalo 15 Malfa, Salina Tel. 090 9844222 www.hotelsignum.it Costo Camera 200 Euro Boutique hotel di charme immerso nella vegetazione dell’Isola di Salina. E’ dotato di una suggestiva SPA con bagno termale e massaggi al cappero ed alla malvasia.
Hotel Capofaro Via Faro 3 Salina Tel. 090 9844330 www.capofaro.it Costo Camera 300 Euro Esclusivo resort di lusso magicamente immerso nei vigneti di Malvasia di Tasca d’Almerita, dall’atmosfera rilassante ed esclusiva. Hotel Therasia Loc. Vulcanello, Vulcano Tel. 090 9852555 www.therasiaresort.it Costo Camera 250 Euro Relais cinque stelle in stile mediterraneo adagiato sulla scogliera di Vulcanello e con un’incomparabile vista su Lipari e i Faraglioni. Hotel Principe di Salina Via Nazionale 3 Malfa, Salina Tel. 090 9844415 www. hotelprincipedisalina.it Costo Camera 180 Euro Albergo a quattro stelle dalla gestione accorta e familiare. Ampie ed accoglienti stanze con vista mare, piscina e cucina basata sui prodotti del territorio Hotel L’Ariana Via Rotabile 11 Rinella, Salina Tel. 090 9809075 www.hotelariana.it Costo Camera 170 euro E’ un’antica villa adagiata sul mare di Rinella, carica di storia e fascino, dove poter passare un weekend fuori stagione per sentirsi fuori dal mondo
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Tra nuove tendenze e grandi tradizioni, concept lounge e coloratissimi mercati, alla scoperta delle due anime gastronomiche della capitale siciliana. Sempre più frizzante e à la page Testo di Marco Scapagnini Foto di Maurizio Fogazza e Guglielmo Russo
Movida
palermitana
Palermo sempre più alla moda. Una città che un po’ alla volta si sta liberando dell’ etichetta di capitale nobile ma pigra e diventa sempre di più un polo interessante per sperimentare nuove tendenze e attrarre un turismo più giovane ed esigente, tanto da fare seria concorrenza alla vivacissima Catania. Tanti locali nuovi, ricchi di spunti di design, sushi bar e templi dell’happy hour che rimandano alla movida delle più importanti metropoli italiane ed europee, come Milano e Londra. Questa splendida città, grazie alla forza e al coraggio di giovani imprenditori, sta liberando sempre di più la strada a chi vuole investire in attività commerciali e di intrattenimento. In questo senso Palermo vive due realtà, due anime: quella tradizionale dei mercati, delle storiche pasticcerie e trattorie di cucina siciliana e quella dei disco lounge alla londinese, dei cocktail bar alla milanese e dei beach club alla californiana, un vero mix di divertimento che si adatta a tutte le età e a tutte le stagioni.
Aperitivi, sushi e design restaurant
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L’esempio più bello viene proprio dai giovani, da chi, come Daniele Di Gregoli, imprenditore palermitano di 35 anni, ha scommesso sulla rinascita dei locali cittadini. Daniele ha cominciato la sua avventura, assieme ad altri amici, rilevando il ‘Birimbao’, pub con ristorante di cucina brasiliana nei pressi della Favorita, trasformandolo in un frequentatissimo disco club, per poi lanciarsi in una corsa irrefrenabile verso l’ideazione e la gestione dei più quotati locali della night life palermitana. Partendo appunto
nel 2003 dal ‘Birimbao’, è poi approdato nel 2005 allo stupendo ‘Addaura Reef’ che, riprendendo lo stile di famosi locali di Ibiza, è adagiato sulla scogliera dell’Addaura, splendido scorcio di costa fra Palermo e Mondello sotto il Monte Pellegrino. Tante pagode con lettoni king size dove sdraiarsi con gli amici e sorseggiare uno straordinario Mojito, oppure tanti tavolini a bordo mare dove gustare un sushi preparato al momento da un bravo chef giapponese. Oggi l’ultima perla di Daniele Di Gregoli si chiama ‘Reloj’ (orologio in spagnolo), il primo concept lounge a Palermo. Un enorme open space ricavato da un ex cinema-teatro e ristrutturato con interessanti elementi di design contemporaneo, arredamento minimalista tutto bianco, bancone bar lunghissimo e scenografici lampadari di madreperla a forma di medusa. Comincia tutto all’ora dell’aperitivo, con tanti cocktail classici o originali, e stuzzichini sempre diversi, come squisite fritture di pesce servite nel classico coppo di carta o taglieri di salumi e formaggi. La cosa bella è l’ambiente, selezionato ma sempre allegro e festoso, e le serate che si diversificano nei temi, dalla musica dal vivo a serate disco revival. L’ottimo ristorante, con tavolini disposti su balconate che affacciano sulla pista, ha nella sua carta ottimi vini e un sushi che non ha nulla da invidiare ai ristoranti di New York. Per essere inseriti nella lista, indispensabile durante le serate del weekend, basta chiamare direttamente Daniele al suo cellulare. Per un vero aperitivo alla milanese il locale giusto è invece il ‘Tribeca’ lounge, che evoca sia il famoso quartiere laboratorio di tendenze a New York, sia il locale di Milano, punto di riferimento negli anni ’90 per aperitivi e brunch domenicali. Pietro, il proprietario, ha puntato sull’aperitivo rinforzato e sul sushi, servito in un tipico bancone con chef giapponese che prepara ottimi sashimi e roll sempre freschissimi e fantasiosi.
L’interno policromo del ‘Bar Oliver’, ubicato nel centro della città e molto gettonato per l’happy hour. A sinistra, bancarella alimentare al mercato della Vuccirìa
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Alcuni scenari della movida palermitana: dall’alto, in senso orario, due ambienti del ‘Reloj’, open space con ristorante, cocktail bar e disco lounge, e scorcio di mare dal beach bar ‘Addaura Reef’
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Altra moda cittadina all’ora dell’aperitivo è quella di bere un buon bicchiere di vino, accompagnato da tartine, sandwich e piattini freddi, e magari proseguire con una buona bottiglia cenando a lume di candela. Tutto questo si può fare da ‘Gusto Italiano’, definito un “cool restaurant”, un locale di design che ha puntato tutto sulla preziosa scelta delle etichette di vino regionali e nazionali, esperienza a disposizione dei clienti sia per un movimentato happy hour, sia per una cena gustando magari un tortino di melanzane presentato con fantasia e food design molto curato. Restando nel panorama dei ristoranti, senza dubbio il più frequentato dalla Palermo trendy è lo ‘Charme’, caratterizzato da grandi vetrate, tavoli di cristallo, piante tropicali, divani bianchi e tanti specchi per un ambiente raffinato e alla moda. Frequentato dal jet set della politica e dell’imprenditoria cittadina ha un menu con dei punti di forza come la ‘coppa charme’, cocktail di cruditée di crostacei, o gli imbattibili spaghetti con i ricci. Da provare anche i busiati (pasta fresca tirata a mano) con tenerumi (le foglie della zucchina siciliana lunga), vongole veraci e pomodorini. Grande la selezione di vini e champagne.
Boutique hotel e B&B di charme
Un design dagli accenti mitteleuropei caratterizza gli ambienti del ‘BB22’, bed & breakfast di charme nel cuore di Palermo
Basta grandi alberghi con nomi altisonanti, basta lustrini a paillettes di una società che fu, oggi il nuovo turismo di Palermo preferisce i boutique hotel, i bed & breakfast di design ricavati in palazzi storici o una camera con vista sul mare o sui monumenti del centro.E questo fenomeno non dipende soltanto da una questione economica, ma anche dalla voglia di avere un maggior contatto con la città e con chi, come Patty Marchetti, proprietaria del ‘BB22’, ha osato rompere i canoni della tradizione e ha portato un pezzo di design mitteleuropeo nel cuore di Palermo. Milanese doc, Patty ha intrapreso qualche hanno fa quest’attività con gusto e passione, arredando con l’aiuto di un’amica che è interior designer una parte di Palazzo Pantelleria e trasformandola in questo piccolo gioiello dell’ospitalità palermitana. Ogni camera è diversa dall’altra e ha un look decisamente riceracto, con elementi d’arredo firmati Philippe Starck e grande attenzione nella cura dei punti luce: «I lampadari gli ho scelti io - dice Patty - la scelta della luce negli ambienti fa quasi tutto». Molto bella anche la terrazza arredata in stile fashion maghrebino con cuscinoni,lanterne e lenzuola bianche dove è servito l’aperitivo per gli ospiti. D’estate, su richiesta, i cocktail sono serviti a bordo di
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qui sotto Arredamento minimal chic per l’’Hotel Plaza Opera’, nel centro del quartiere Libertà Nella seconda pagina a destra in grande, l’interno della Chiesa della Martorana, con i preziosissimi mosaici bizantini. In basso, a destra la Cappella Palatina nel Palazzo dei Normanni . Nella seconda pagina in basso a sinistra una veduta esterna del teatro Massimo
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un comodo gommone. Spostandosi di poco, a breve distanza da viale Libertà e dal Porto, c’è un altro esempio di ospitalità di design e di charme a Palermo: l’hotel ‘Ucciardhome’. Il nome, si intuisce, deriva dal vicino carcere dell’Ucciardone e i proprietari hanno volutamente, in maniera quasi provocatoria, non discostarsene. L’albergo è ricavato in un antico caseggiato in pietra che conserva ancora alcuni muri originali e i soffitti in legno. Per il resto l’arredamento è minimal chic, con l’utilizzo di marmi bianchi e legno wengé nelle camere e tanta cura e attenzione nei confronti del cliente, dalla scelta del cuscino al cd-rom per l’ascolto della musica in camera. La prima colazione è molto curata ed è servita in una saletta contornata da antiche foto in bianco e nero di Palermo del famoso fotografo Nicola Scafidi. Ultimo arrivato, in ordine cronologico, dell’ospitalità palermitana è invece l’hotel ‘Plaza Opéra’, nel cuore del quartiere Libertà, centro dello shopping cittadino. Fa parte del network dei Summit Hotel ed è in perfetta sintonia con i nuovi boutique hotel che hanno aperto nelle grandi città mediterranee come Barcellona, Atene e Marsiglia: grande utilizzo
Cosa vedere Per chi viene a Palermo per la prima volta, indichiamo le dieci meraviglie della città da non perdere. Al primo posto c’è in assoluto la visita alla Cappella Palatina, con annesso l’itinerario guidato del Palazzo dei Normanni. La Cappella, fondata da Ruggero II e dedicata a San Pietro nel 1132, conserva il soffitto in legno del 1143, i famosi mosaici Bizantini che ne ricoprono le pareti e il Cristo Pantocratore al centro della cupola. Le visite sono aperte dal lunedì alla domenica dalle 9 alle 12 e dal lunedì al sabato dalle 13 alle 17 (ingresso da Piazza Indipendenza; info: tel. 091484700).
La Fondazione Federico II organizza invece le visite al Palazzo dei Normanni, oggi sede del Parlamento Siciliano, sontuosa residenza reale di origine araba ma trasformata dai Normanni (visite dalle 8.30 alle 12 e dalle 14 alle 17 dal lunedì al sabato, domenica 8.30-12.30; info: tel. 0916262833). Poco distante c’è la Cattedrale di Palermo, forse più affascinante all’esterno che all’interno, con i due campanili in stile Gotico Catalano, la facciata quattrocentesca e la cupola tardo barocca. Per gli amanti dell’architettura arabonormanna imperdibile la visita alle Chiese di San Giovanni
degli Eremiti e di San Cataldo, ricche di spunti arabi come testimoniano le cupole rosse che le sovrastano, e alla splendida Chiesa della Martorana, con le sue incredibili decorazioni a mosaico in puro stile Bizantino. Sempre nei pressi dei Quattro Canti (l’incrocio fra le due strade principali del Centro, Via Vittorio Emanuele e Via Maqueda) sorge la splendida Fontana Pretoria, vistoso monumento scultorio risalente alla fine del 1500. Per gli appassionati delle arti pittoriche, invece, è d’obbligo una visita a Palazzo Abatellis, che ospita la Galleria Regionale della Sicilia. Un’opera su tutte: l’Annunciata di Antonello da Messina (Via Alloro
4, tel. 091623009, tutti i giorni dalla 9 alle 13 e da martedì a giovedì dalle 14.30 alle 19). Altro simbolo della città che merita una sosta è il Teatro Massimo, noto come il più grande d’Italia e uno degli edifici lirici più grandi d’Europa. Costruito nella seconda metà dell’800 venne poi intitolato a Vittorio Emanuele. Spostandosi invece dal centro, è molto suggestiva anche una visita al Santuario di Santa Rosalia in cima al Monte Pellegrino. Si può scegliere se fare il percorso dei pellegrini a piedi, o se salire in auto lungo la strada asfaltata. Poco oltre il Santuario c’è un belvedere con vista strepitosa su tutta Palermo e la sottostante spiaggia di Mondello.
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Mercati e street food Palermo oggi è innovazione ma Palermo è anche fatta di tante sane e solide tradizioni enogastronomiche che arricchiscono e riempiono il viaggio di chi spende almeno due giorni in questa splendida capitale mediterranea. Come in ogni città di origine araba che si rispetti i mercati alimentari rappresentano il cuore pulsante dell’economia commerciale e la prima scelta dei palermitani che vogliono andare sul sicuro per fare la spesa. Mentre storici mercati come la Vuccirìa e il Ballarò stanno avendo un calo, dato soprattutto dall’incuria dei palazzi e delle strade che lo accolgono, il Mercato del Capo è oggi quello sicuramente più quotato per la spesa di un palermitano doc. Si trova esattamente alle spalle del teatro Massimo ed è un pullulare di bancarelle e negozi di alimentari, frutta e verdure e tanti chioschetti che vendono le classiche specialità della cucina da strada palermitana. L’acclamato Street Food ha diverse specialità ed Il Capo è famoso per
Quadriglia di Apollo, enorme scultura bronzea firmata da Mario Rutelli e sovrastante il Teatro Politeama. A fianco, venditore di musso e carcagnola (muso e calcagno del maiale) al Mercato del Capo
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del bianco e del parquet nelle camere, schermi Lcd e Internet Wi-Fi, lobby con un continuo accostamento fra elementi di arredo che coniugano sapientemente moderno e classico. Comodità e cortesia superiori allo standard di un buon quattro stelle. Gli amanti del confort moderno, che non vogliono rinunciare a un bel panorama, possono invece “scendere” al ‘GrandeAlbergo Sole’,nei pressi dei Quattro Canti in città, e chiedere la camera con vista sulla splendida Fontana Pretoria. Questo raffinato albergo è ricavato in un antico palazzo lungo Via Vittorio Emanuele e ha declinato il suo stile sulle note del design contemporaneo. E per concludere in bellezza, da non perdere per chi soggiorna al ‘Grande Albergo Sole’ una cena a lume di candela al roof top restaurant: qui il panorama sui tetti e sulle chiese del centro storico di Palermo è davvero incomparabile.
il Musso e Carcagnola, ovvero il muso e il gozzo del maiale, lessato e venduto nel panino con una spruzzata di limone, oppure lo Sfincione ripieno, tipica focaccia palermitana a base di pomodoro, cipolla, pangrattato e aromi vari. Altro mercato degno di una visita è quello del Borgo Vecchio, vicino al porto, se non fosse che lì, in largo Alfano, si trovano le migliori Stigghiole alla brace, ovvero tenerissimi intestini di vitellini da latte arrotolati attorno a una stecca di cipollotto verde. Per trovare invece i famosi Pani Ca’ Meusa, ovvero i panini con la milza, il più antico punto vendita è Don Peppino alla Cala, oppure, sempre in zona, molto buoni sono quelle di Franco o Vastiddaru, che offre anche alcuni tavolini all’aperto. Milza lessa e rifritta nella strutto, una grattata di caciocavallo palermitano e un batuffolo di ricotta: vengono preparati così come vuole la tradizione e come li fa magistralmente l’Antica Focacceria San Francesco, storico locale palermitano affacciato sull’omonima piazzetta nel cuore del
In vendita, lo sfincione, tipica focaccia a base di pomodoro, cipolla, caciocavallo, acciuga e pan grattato. In basso, il chiosco di Don Peppino alla Cala: qui si trovano i pani ca’ meusa, e le crocchè
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Shopping al ‘Bar Pasticceria Alba’: la domenica occorre prenotare il turno per comprare il meglio delle specialità palermitane al sapore di zucchero
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quartiere dietro Piazza Marina. Altra tipicità della cucina da strada palermitana sono le Panelle e le Crocchè, le prime sono frittelle di farina di ceci le seconde morbide crocchette di patate. Si mangiano generalmente all’interno di un panino con una spruzzata di limone. Fra le migliori in città vi sono quelle della friggitoria dello Zio Totò, in piazza Indipendenza all’angolo con corso Calatafimi. Una versione più raffinata delle crocchè, preparata in tantissime versioni, la si trova dai Cuochini, piccola bottega custodita all’interno di un palazzo del centro di Palermo. Le tre signore che gestiscono l’attività, aperta solo di giorno, preparano da anni il meglio della friggitoria palermitana mignon: eccezionali le corcchè al latte, fatte con patate, latte e burro, o i panini ripieni di verdure, besciamella o ragù. Per trovare invece le strepitose Arancine famose in tutta la città bisogna andare al Bar Pasticceria Alba, nel quartiere residenziale vicino alla Favorita, dove sfornano quotidianamente migliaia di queste succulente palle di riso fritte e ripiene di besciamella e prosciutto cotto (dette al burro), di ragù di vitello e piselli (detta alla carne) e di spinaci e salmone. Oltre alle arancine da non perdere anche i gustosissimi calzoni ripieni e i crostini con besciamella e ragù. Ma il bar Alba è anche famoso per il suo caffè, il migliore in città, e per la sua rinomata pasticceria. La domenica il bancone è affollatissimo e bisogna
I dolci delle feste: A Palermo, come in molte città del Sud, in occasione delle maggiori festività religiose è uso preparare specialità, soprattutto dolci, che hanno caratterizzato negli anni una cucina semplice ma ricca di sapori. I posti giusti dove poterle acquistare oggi a Palermo? Da Carnevale dove, oltre alle comuni chiacchiere fritte e al forno, si prepara la Pignolata, (pasta croccante ricoperta di miele, molto famosa anche a Messina). Per San Giuseppe (19 Marzo) tutte le pasticcerie palermitane producono tonnellate di sfinci, ovvero dei bomboloni dolci ripieni e ricoperti di ricotta: provate quelli dell’antico laboratorio Scimone in via Imera, vicino alla Cattedrale. A Pasqua è l’ora della famosa cassata, dolce tipico di ricotta e pandispagna, ricoperto di glassa e frutta candita; la migliore è quella del Bar Pasticceria Alba in Piazza Don Bosco, preparata anche al forno e senza canditi. Per il Festino di Santa Rosalia a luglio è tipico il gelo di melone, una gelatina d’anguria aromatizzata al gelsomino, che si trova in vendita in tutti i bar e pasticcerie. Da provare anche
il gelato al gelo che produce Ilardi, antica gelateria al Foro Italico. A novembre, per le festività dei Morti, il dolce tipico è la Frutta Martorana. Il nome deriva dal Convento della Martorana dove nel tardo Medioevo le suore preparavano questi fruttini di pasta reale, a base di zucchero e mandorla. Per andare sul sicuro comprateli nella rinomata Pasticceria Costa vicino alla Cuba. A dicembre, per l’Immacolata, è tradizione cucinare il baccalà a sfincione, condito con pomodoro, cipolla e pan grattato, mentre per Santa Lucia, si prepara la Cuccia, chicchi di grano lessi preparati in versione salata a zuppa e dolce con cioccolato e ricotta. La si trova, su ordinazione, al Bar Pasticceria Alba. Questa tradizione deriva dal miracolo di una nave carica di grano che arrivò a Palermo nel giorno di Santa Lucia e salvò i cittadini da una carestia. Infine nel periodo natalizio sono famosi i buccellati, (bocconcini di pasta frolla ripieni di frutta secca e ricoperti da una leggera glassa di zucchero). È tradizione farli a casa, ma molto buoni sono quelli preparati dalla Pasticceria Cappello.
prendere il turno per essere serviti. Le specialità sono la Cassata, i cannoli e tutti i dolci alla ricotta. Per assaggiare un’altra specialità della pasticceria palermitana, ovvero la torta Sette Veli, bisogna invece andare in uno dei due punti vendita della pasticceria Cappello. Questa torta è composta da diversi strati di cioccolata crema e mousse intervallati da una leggera e croccante sfoglia. Il Maestro pasticceria Salvatore Cappello è infatti specializzato nella lavorazione del Cacao ed è famoso in tutt’Europa per la creazione di vere e proprie opera d’arte pasticciera a base di cioccolato.
Scelti per voi dove mangiare Addaura Reef Lungomare Cristoforo Colombo 3021/3043 Tel. 0916840171 - addaurareef.com Splendido locale stile Ibiza adagiato sulla scogliera con sushi restaurant, musica e cocktail bar. Prezzo medio: 50 e. Reloj Via Pasquale Calvi 5 Tel. 0916119698 - reloj.it Daniele Di Gregoli: 3284168434 Raffinato ristorante con ottimo sushi e tante specialità di mare all’interno di un opensapce multimediale. Prezzo medio: 60 e. Tribeca Via Mariano Stabile 134 Tel. 091332963 Aperitivo alla milanese con tanti vassoi ricchi di tartine, fritture e piatti freddi. Anche sushi bar. Prezzo medio: 40 e. Gusto Italiano Via Giuseppe La Masa 11 Tel. 0916124721 gustoitaliano.biz Ristorante dal design moderno con wine bar, happy hour e cucina rivisitata e fantasiosa. Prezzo medio: 35 e.
Charme Piazzale Alcide De Gasperi 4/7 Tel. 0916900810 Ristorante di classe frequentato dal jet set palermitano. Ottimi piatti di pesce e crostacei. Prezzo medio: 60 e.
dove dormire BB22 Largo Cavalieri di Malta 22 Tel. 091611610 bb22.it Un angolo di design metropolitano nel cuore del centro storico di Palermo. Sedie di Philippe Starck e anche lampadari in vetro di Murano. Camera doppia: da 120 e. Ucciardhome Via Enrico Albanese 34/36 Tel. 091348426 hotelucciardhome.com Boutique hotel caratterizzato da un arredamento di design contemporaneo e minimal chic (con l’utilizzo di marmi bianchi e legno wengé). Impeccabile l’attenzione verso il cliente. Camera doppia: da 180 e. Plaza Opéra Via N. Gallo 2 Tel. 0913819026 hotelplazaopera.com Stile chic contemporaneo in questo albergo nuovissimo nel cuore
della zona dello shopping palermitano, a due passi dal teatro Politeama. Camera doppia: da 200 e. Grande Albergo Sole Via Vittorio Emanuele 291 Tel. 091581889 angalahotels.it Ricavato in un antico palazzo palermitano nei pressi dei Quattro Canti, è un albergo dal design innovativo e dalla splendida vista sul centro storico. Camera doppia: da 180 e.
dove comprare I Cuochini Via Ruggero Settimo Re 68 (nel cortile interno) Tel. 091581158 icuochini.it Storica friggitoria palermitana che produce il meglio delle specialità mignon. Famose le crocchè al latte e le panelline. Bar Pasticceria Alba Piazza Don Bosco 7/c Tel. 091 309016 - baralba.it Storica pasticceria palermitana famosa sia per i dolci alla ricotta, come cassata e cannoli, sia per la gastronomia, come le superbe arancine. Anche e-commerce sul sito Internet. Pasticceria Cappello
Via Colonna Rotta 68 Tel. 091489601 - pasticceriacappello. it Pasticceria famosa per la produzione della Torta Sette Veli. In generale è il tempio del cioccolato in città. Nuovo punto vendita in via Nicolò Garzilli. Pasticceria Spinnato Piazza Castelnuovo 16 Via Principe di Belmonte 111 Tel. 091329220 - spinnato.it Classica pasticceria proprio di fronte al teatro Politeama. Poco distante anche l’Antico Caffè molto frequentato per la prima colazione e all’ora del tè. Bar Pasticceria Costa Via G. D’Annunzio 15 (angolo Via Alfieri 13) Tel. 091345652 - pasticceriacosta.it Pasticceria e gastronomia molto frequentata dai veri intenditori palermitani, ideale anche per un pasto veloce. Da non perdere le variopinte paste di frutta martorana. Pasticceria Scimone Via Miceli 18/b angolo Via Imera Tel. 091584448 pasticceriascimone.it Storica pasticceria nei pressi della Cattedrale. Molto buoni la piccola pasticceria, con biscotti di mandorla davvero unici. Punto vendita anche a Mondello in viale Regina Elena 61.
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Catania, un’eruzione di sapori di Marco Scapagnini
All’ombra dell’Etna, brulicano le antiche vie e le piazze barocche della vivace città siciliana. Sembra di sentirle le urla dei venditori, al mercato del pesce, così come il gusto dolcissimo e profumato delle specialità pasticcere e la brezza marina che dalle coste e dai borghi resi famosi dalla penna di Giovanni Verga sale su, fino alla cima del “gigante di fuoco” che veglia possente e gentile sui catanesi e sulla loro terra
Sicilia
Catania
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È lastricata di suggestiva pietra lavica e circondata da sfarzosi palazzi dalle classiche linee del barocco siciliano l’ideale strada che conduce al centro di Catania, nel cuore pulsante di questa vivace città tagliato in due dalla maestosa via Etnea che dal mare sale fino al vulcano e che domina il panorama da ogni lato. Fuor di metafora, arrivando a Catania dal vicino aeroporto la prima sosta saranno sicuramente gli Archi della Marina, alle spalle di Piazza Duomo, lungo passaggio ferroviario soprelevato ormai divenuto patrimonio architettonico cittadino che corre alle spalle del porto e apre a uno dei mercati più interessanti della regione, la Piscarìa. Qui le specialità ittiche la fanno da padrone, con folcloristici vendi-
tori che urlano i prezzi e le tipologie di pesce presente sulle variopinte bancarelle, ma si possono trovare anche freschissime frutta e verdura. Da non perdere i fichi d’india dell’Etna Dop, e i formaggi locali, come la tuma, un saporito pecorino primosale. Risalendo dal mercato verso la Piazza del Duomo si incontra Vicolo dei Lavandari dove in passato le donne venivano a lavare i panni nel fiume Amenano che oggi scorre sotto la città sepolto dalla lava nel terremoto del 1686. Proprio di fronte alla Fontana dell’Amenano si trova l’Ambasciata del mare, piccolo ristorante tutto pesce con i prodotti che arrivano freschissimi dall’adiacente mercato. Da provare la moltitudine di antipasti con interessanti abbinamenti come i gamberetti marinati con
Lo sfarzo fastoso del barocco siciliano, il gusto invitante di cannoli e arancini, la vetta infuocata del vulcano “buono”: Catania è tutto questo. E molto altro ancora fette d’arancia o fragole, il capone (ovvero la lampuga) in agrodolce, e le fantastiche polpettine di neonata (ovvero di bianchetti), e per finire le squisite crostatine fatte in casa con le mandorle di Avola. Poco più avanti si entra nella maestosa piazza del Duomo, dominata dalla statua dell’Elefante, o Liotro, e dal bellissimo Duomo Barocco. Lasciando il Duomo sulla destra vale la pena visitare Palazzo Biscari, il più bell’esempio di architettura barocca catanese e sulla strada fare una sosta ai Dolci di Nonna Vincenza, dove comprare i migliori cannoli riempiti al momento o scegliere fra i tanti biscotti appena sfornati in vendita negli antichi banconi del negozio. Oltre ai magnifici saloni affrescati, Palazzo Biscari offre la possibilità di pernottare in un appartamento per assaporare l’ospitalità di una casa nobiliare siciliana. Ritornando a piedi verso il Duomo, appena attraversata la Piazza, si vedrà sulla destra la lunghissima via Etnea e, salendo in direzione Vulcano, arriverete di fronte ai giardini della Villa Bellini che è buona norma visitare dopo aver mangiato un arancino al sugo o al burro nell’adiacente bar pasticceria Savia. Uscendo in direzione Sud dai giardini vi potrete dirigere verso il Castello Ursino, splendido maniero federiciano, fermandovi a dissetarvi in uno dei tanti chioschi che si trovano lungo la strada ordinando un mandarinetto al limone, ovvero una rinfrescante bibita a base di sciroppo di mandarino, selz e limone spremuto fresco.
Tra putìe e street food Si chiamano putìe e sono le tipiche trattorie catanesi dove fermarsi a gustare la ricca gastronomia locale. Come la pasta “alla Norma” che, dedicata alla famosa opera del compositore catanese Vincenzo Bellini, è il piatto più famoso della tradizione etnea con pasta fatta in casa, melanzane fritte, salsa di pomodoro e ricotta salata. O ancora, la Caponata, contorno realizzato con cinque differenti verdure separatamente saltate in padella e unite con un agrodolce di aceto, zucchero, capperi, olive, uva passa, pinoli e sedano; e la Scacciata, pizza ripiena di tuma fresca con acciughe o con cipolle e patate, che si trova però solo nei panifici più caratteristici della città. Da non perdere poi la tradizionale specialità di street food, l’immancabile panino con la carne di cavallo, e un assaggio della golosissima pasticceria locale. Cannoli e cassate riempiono il cuore, ma non sono da dimenticare neanche le Crispelle, dolci tipicamente catanesi fatti di pasta di riso fritta e cosparsa di miele. Cercatele nelle gastronomie e nei banchetti dei venditori ambulanti.
In apertura, una suggestiva panoramica di Catania con il profilo innevato dell’Etna sullo sfodo. In alto, un salone di Palazzo Biscari, il più bell’esempio di architettura barocca catanese. In questa foto, il Castello Ursino
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Lungo la costa, nelle terre di Verga Uscendo da Catania, vale la pena fare un’escursione ad Acitrezza, palcoscenico delle storie narrate ne I Malavoglia da Giovanni Verga. Il piccolo porticciolo di pescatori è rimasto veramente intatto negli anni, ed è bello vedere sul lungomare anche l’isola Lachea, mitico spunzone di roccia che Polifemo lanciò contro Ulisse. Per una memorabile cena a base di pesce, da non perdere è il ristorante Da Federico con i suoi omonimi spaghetti con scampi e pomodorini freschi. Per finire in bellezza, d’obbligo una granita di mandorla e caffè al vicino Eden Bar. Pochi chilometri più a Nord, lungo la statale Jonica, ci si imbatte in un’altra gemma del litorale etneo, ovvero Santa Maria la Scala. Qui protagonisti sono pescherecci e lampare, come nella migliore tradizione mediterranea, e una stradina scoscesa che scende lungo la parete di roccia di pietra lavica. Proprio in un’insenatura prospiciente il porto sorge il ristorante La Grotta, dove un peschereccio porta pesce freschissimo ogni giorno e dove si può mangiare un’imbattibile insalata di polipo. Per saperne di più: www.turismo.catania.it
In questa immagine, una veduta dall’alto del rifugio Sapienza alle pendici dell’Etna
Risalendo il gigante di fuoco A vegliare su Catania e sulla vita dei catanesi, l’Etna, colosso di lava alto 3350 metri risalendo il quale è possibile arrivare dal livello del mare alla neve in meno di un’ora. Lungo questa strada che da Via Etnea porta al Rifugio Sapienza si incontrano una miriade di paesini caratteristici, arricchiti da belle chiesette barocche,viste spettacolari e piccoli bar pasticceria dove gustare gelati al pistacchio o alla nocciola dal gusto unico, come la Gelateria Saint Moritz nella piazza centrale di Nicolosi o nella vicina Trecasagni. Proprio in questo paesino pedemontano merita una sosta gastronomica il ristorante l’Angolo, intimo locale di charme dove lo chef patron
Giovanni Perni fonde la cucina etnea con le migliori specialità nazionali.Proseguendo il nostro tour si passa per il paese di Viagrande e si arriva ad Aci Bonaccorsi dove cinque signore amiche nella vita e nel lavoro hanno aperto una vera e propria gemma della ristorazione tradizionale siciliana, La Cascina di Zucchero e Cannella, preparando con amore familiare la caponata, le polpettine di melanzane, le parmigiane di zucchine, accompagnate da uno squisito pane fatto in casa. A pochi chilometri di distanza sorge anche il bellissimo Hotel Villa Paradiso dell’Etna,dove dormire in camere del ’700 con mobili originali e dalle quali si gode la vista dell’Etna e del bel giardino con piscina.
Scelti per voi dove mangiare Da Federico Prezzo medio: 40 euro Via Provinciale, 115 Aci Trezza (Ct) Tel. 095.276364 www.trattoriadafederico.it La Grotta Prezzo medio: 40 euro Loc. Santa Maria La Scala Santa Tecla (Ct) Tel. 095.7648153 www.trattorialagrotta.com L’Angolo
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Prezzo medio: 35 euro Via Catania, 37 Trecastagni (Ct) Tel. 095.7806988 www.ristoranteallangolo.it
dove dormire
La Cascina di Zucchero e Cannella Via Pauloti, 45 Aci Bonaccorsi (Ct) Tel 095.7902011
Hotel Villa Del Bosco Una dimora dell’800 in collina. Stile pompeiano alternato a quello moderno. Cucina creativa. Camere da 150 a 200 euro Via del Bosco, 62 - Catania Tel. 095.7335100 www.hotelvilladelbosco.it
Ambasciata del mare Prezzo medio: 50 euro, bevande escluse Piazza Duomo, 6 Catania Tel. 095.341003 www.ambasciatadelmare.it
Palazzo Biscari Uno dei più sontuosi palazzi della città. Interni principeschi, per sentirsi veri nobili. Camera doppia da 50 euro Via Museo Biscari, 10/16 Catania
Tel. 095.7152508/321818 www.palazzobiscari.com Hotel Villa Paradiso dell’Etna Terrazza roof-garden con vista sul vulcano, in questo piccolo gioiello di classe con parco e piscina. Doppia da 140 euro a notte Via Viagrande, 37 San Giovanni La Punta (Ct) Tel. 095.7512409 www.paradisoetna.it
dove comprare I Dolci di Nonna Vincenza Piazza San Placido, 7 - Catania
Tel. 095.7151844 Bar Pasticceria Savia Via Etnea, 302/304 - Catania Tel. 095.322335 Eden Bar Via Provinciale, 89 - Aci Trezza (Ct) Tel. 095.276084 Gelateria Saint Moritz Piazza Vittorio Emanuele - Nicolosi (Ct) Piazza G.Marconi, 37 Trecastagni (Ct) Sicilia Outlet Village Autostrada Palermo-Catania Tel. 0935.950040 www.siciliaoutletvillage.it
Etna,
terra di ricchezze
Viv ila con Cantine Russo
Scopri gli storici vigneti della famiglia Russo, attorniati da un paesaggio naturale unico, ai piedi del vulcano Etna, il più grande vulcano attivo d'Europa. Durante la degustazione dei pregiati vini autoctoni dell'Etna, si può godere di un panorama mozzafiato. A Sud Ovest, la vetta del Vulcano e dalla parte opposta, divisi dalla Valle dell'Alcantara, i monti Nebrodi. Continuando ad Est, arroccata in cima ad una collina, la città Normanna di Castiglione.
Etna, land of richness. Live it with Cantine Russo Discover the historic vineyards surrounded by a unique natural landscape, located on the foothills of Europe's largest active volcano Mt. Etna. From the family run Cantine you can see the peak of Mt. Etna to the south west and on the opposite side, divided by the “The Valley of Alcantara”, is the breathtaking view of the “Nebrodi Mountains”. Continuing east and perched atop a hillside, is the quant Normandy town of “Castiglione di Sicilia.” All this can be seen while tasting exceptional wines produced from indigenous grape varieties like Nerello Mascalese from one of Etna's oldest wine making families Cantine Russo.
CONTATTI Cantine Russo S.r.l. Via Corvo, sn (SP 64) Solicchiata 95014 Castiglione di Sicilia (CT)
WWW.CANTINERUSSO.EU
GPS 37.876668,15.087559
Vini di Sicilia dal 1860
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Il frutto con il poncho Messicano di origine ma indiano di nome, trova la sua seconda casa in Sicilia dove si diffonde al punto da ottenere il riconoscimento Dop. Ăˆ il Ficodindia dell’Etna Dop di Sara Delonghi
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Nella foto un esempio di una delle molte coltivazioni del Ficodindia dell’Etna Dop con sullo sfondo il Vulcano
Dove nasce La zona di produzione del Ficodindia dell’Etna Dop comprende il territorio dei comuni di Bronte, Andrano, Biancavilla, Santa Maria di Licodia, Ragalna, Camporotondo, Belpasso e Paternò, in provincia di Catania.
Un’antica credenza azteca narra che questo popolo abbia vagato a lungo prima di trovare il luogo sul quale costruire la propria capitale. Sempre secondo leggenda, infatti, là dove avrebbero trovato un aquila appollaiata su un cactus avrebbero potuto erigere la città e, a quanto pare, ciò accadde su un isolotto di un lago messicano che chiamarono “Tenochtitla”, ovvero “il luogo dove abbondano i frutti del cactus che si erge sulla grande pietra”. Il Ficodindia era considerato dagli Aztechi una pianta sacra e ad essa erano associati forti valori simbolici tanto che nel Codice Mendoza ne è inclusa una rappresentazione: la pianta, infatti, era necessaria alla produzione del carminio, un pregiato colorante naturale. Dal Messico si diffuse in tutta l’America centrale per arrivare in Europa probabilmente nel 1493 con il nome di Ficodindia a causa della storica falsa convinzione di Colombo di aver raggiunto le Indie. La prima dettagliata descrizione risale solo al 1535 grazie a Gonzalo Fernàndez de Ovideo y Valdès in “Historia general y natural del las Indias”. Linneo in “Species Plantarum” (1753) descrive due specie differenti ma è Miller nel 1768 a definire la denominazione tutt’ora in uso: Opuntia ficus-indica. Trova subito spazio nei giardini botanici ma presto, grazie anche all’uomo che lo usava come rimedio contro lo scorbuto durante le lunghe navigazioni, si diffonde in tutto il bacino mediterraneo. Viene accolto in Sicilia a partire dal XVI secolo e diviene un elemento così caratteristico, non solo dell’isola, che impazzano i riferimenti, da quelli storici come in “History of Sicily – Medieval Sicily 800-1713” di Denis Mack Smith a quelli artistici come nella Fontana dei Quattro Fiumi di Gian Lorenzo Bernini che ne immortala le pale e i frutti sino a quelli cinematografici, con il film di Steno del 1980, “Fico d’India”, che vede protagonisti Diego Abatantuono e Gloria Guida. 45
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Confettura di Ficodindia dell’Etna Dop Ingredienti: 1,5 kg di Fichidindia dell’Etna Dop 500 gr di zucchero 1 limone Procedimento: Sbucciare i frutti, metterli in una pentola e con una forchetta schiacciarli sino a quando, cuocendoli a fiamma bassa, si ridurranno in poltiglia. Alzare la fiamma e lasciare cucinare per 50 minuti. Aggiungere lo zucchero e cucinare, eliminando la schiuma, sino a quando facendo scivolare una goccia di composto su un piattino, si addenserà rapidamente. Togliere dal fuoco, lasciare raffreddare e versare nei barattoli, precedentemente sterilizzati, da chiudere solo quando la marmellata è fredda.
Consiglio Per mangiare il Ficodindia dell’Etna Dop: • indossare dei normali guanti in lattice, deporre il frutto a bagno nell’acqua ghiacciata per neutralizzare le spine. • tagliare le due estremità e la buccia per tutta la lunghezza del frutto. • tirare i lembi con le dita aprendoli.
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Una delle quattro varianti del Ficodindia dell’Etna Dop: la Sanguigna a polpa rossa, succosa dal gusto corposo
Non si butta via nulla Le condizioni ambientali e climatiche tipiche del versante sud-orientale della Sicilia hanno permesso a questo frutto di insediarsi e diffondersi diventando uno dei prodotti maggiormente rappresentativi tanto che fior fiore di scrittori lo citano, come Verga in “Vita dei campi”:«Stava di casa verso Sant’Antonio, dove le case s’arrampicano sul monte, di fronte al vallone della Carinzia, tutto verde di fichi d’India, e colle ruote dei mulini che spumeggiano in fondo, sul torrente…». Nel 2003 gli viene assegnato il riconoscimento Dop. Le piante, infatti, particolarmente adattabili e che necessitano di poche cure, vengono da subito utilizzate per i suoi frutti, che possono essere la Sanguigna, a polpa rossa, succosa dal gusto corposo, la Sulfarina, a polpa gialla, consistente e saporita e la Muscaredda, a polpa bianca, dal sapore delicato, ma anche come aiuto agli agricoltori. Le caratteristiche fisiche infatti le fanno diventare degli utili frangivento da disporre attorno ai campi per proteggere le coltivazioni più delicate. E se nei primi del 900 la saggezza popolare faceva usare
C'era una volta Era un tempo usanza in Sicilia celebrare una festa nel giorno in cui i contadini si recavano nei campi per la “scozzolatura” primaverile. Questa pratica permette di avere a disposizione il frutto anche nei mesi invernali. L’asportazione in primavera dei fiori ritarda la maturazione del frutto così in agosto si può godere dell’Agostiniano, o Latino, e tra settembre e dicembre dei frutti di seconda fioritura detti Scozzolati o Bastardoni.
le “foglie” (i cladoli) della pianta per curare mal di testa, mal di denti, contusioni e lesioni varie agli arti, la scienza ha avvalorato queste proprietà. Grazie al loro contenuto di vitamina A e C, di potassio, magnesio, aminoacidi e fibre con limitato contenuto di grassi, i frutti del Ficodindia sono un vero e proprio concentrato naturale di salute. Ci fanno più belli rendendo più bella e forte la nostra pelle e accelerando la crescita di capelli e unghie, e ci mettono allegria. Il magnesio, infatti, carburante dell’organismo, è un rimedio anti-fatica e anti-stress e soprattutto durante i cambi di stagione favorisce il buon umore.
Una vista dell’Etna fumante
Scelti per voi dove mangiare Osteria Antica Marina Via Pardo 29 Catania Tel. 095348197 – anticamarina.it Nella cornice mediterranea della pescheria di Catania di fronte agli “Archi della Marina” è protagonista il pesce. Prezzo medio da 35 euro. Metrò Via dei Crociferi 76 Catania Tel 095322098 Grazioso locale nel centro storico della città dove la regola è la stagionalità e buona selezione delle materie prime per i piatti locali e regionali. Prezzo medio da 27 euro. Da Zino S.S. 284 Bronte Bronte (Ct) Tel. 095699234 ristorantedazino. it Ristorante tipico con vista sull’Etna immerso nel verde del paesaggio montano. Gli interni in legno, ambientazione rustica ed
esperienza ventennale lo rendono ideale per un pranzo o una cena all’insegna del relax e delle tradizioni. Prezzo medio da 25/30 euro. Le Cisterne Contrada da Scolaro Cisterna Adrano (Ct) Tel. 0957602202 lecisterne.com I locali adibiti un tempo a palmento ospitano oggi il ristorante. Nell’ambiente caldo e familiare dei locali una tempo adibiti a palmento si può gustare la cucina tipica riscoprendo sapori e ricette ormai quasi dimenticate. Prezzo medio da 25 euro.
dove dormire Hotel La Fucina di Vulcano Contrada Da Difesa Bronte (Ct) Tel. 095693730 lafucinadivulcano.it A 946 metri sul livello del mare e con sullo sfondo l’Etna, immerso nello spettacolo della natura circostante dispone di 9 camere
sono piacevolmente arredate in arte povera e dotate di tutti i comfort. Prezzo camera doppia da 80 euro. Agriturismo Corte Aragonese Contrada Schettino S.S. 121 Santa Maria di Licodia (Ct) Tel. 0957981235 agriturismocortearagonese.it Situato a pochi km dalla vetta dell’Etna nei pressi del moderno centro commerciale Etnapolis e del parco giochi e zoo Etnaland, è base ideale per conoscere la Sicilia, dispone di camere eleganti e comode, piscina, sala ristorante al coperto ed all’aperto, pizzeria con forno a legna. Camera doppia da 90 euro. Hotel Casale dei Greci Via Cristoforo Colombo Biancavilla (Ct) Tel. 0957711532 casaledeigreci. com In posizione strategica sia per i viaggi di piacere sia per quelli di lavoro per visitare il Parco dell’Etna, il Castello Normanno di Adrano e di Paternò, il Ponte dei Saraceni, Bronte, Randazzo e tutta la Sicilia Orientale, è composto da 18 camere tutte dotate di ogni comfort. Prezzo
camera doppia da 80 euro.
dove comprare Alimentari Cristaldi Via Pacini 66/74 Catania Tel. 095316422 Un indirizzo due negozi dove poter acquistare i prodotti etnici e internazionali, da una parte, e tutto il biologico siciliano e non solo, dall’altra. Biò Bistrò Via Alberto Mario 38 ang. via Simili 18 Catania Tel. 0957470257 Sosta golosa anche per i deliaci in questo bistro con annesso supermercato dove poter acquistare dalla pasta alla frutta sino ai latticini e molto altro, tutti rigorosamente biologici.
info
Consorzio di Tutela del Ficodinadia Via Cristoforo Colombo 124 Biancavilla (Ct) Tel. 0957711510 – euroagrumi.it
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Oro
giallo
Sicilia. Nel profondo sud d’Italia, dove lo stivale si specchia nell’Africa, nasce l’Uva Italia di Canicattì, unica d’Europa a poter contare sull’Igp di Rosi Riparato
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La chiamano semplicemente “l’oro giallo” e già il nome è tutto un programma. L’uva, quella della qualità “Italia” tipica di Canicattì, nell’Agrigentino, si è affermata, infatti, nell’ultimo trentennio come principale volano dell’economia locale, portando il centro siciliano a livelli economici internazionali.
La Storia Una varietà, quella di Canicattì, nata dall’esperimento dell’illustre genetista, Alberto Piovano, che la creò incrociando due varietà di viti, Bicane e moscato
al 100%
d’Amburgo. Bell’aspetto, grossa pezzatura e grande resistenza: ecco le caratteristiche dell’uva da tavola “Italia”, che ha cominciato ad affermarsi nel circondario di questo caratteristico comune siciliano dagli anni ‘70, quando gli agricoltori della zona, e successivamente anche imprenditori e figure professionali non direttamente legate all’agricoltura, cominciarono a credere e a investire su questa coltura. Nel giro di pochi anni l’uva “Italia” sostituì le colture praticate sino ad allora (cereali, leguminose e mandorlo), permettendo una rapida crescita economica del settore agricolo e di tutte le attività ad esso connesse. Una serie di fattori legati al fatto che i viticoltori dovevano avere sempre più capacità imprenditoriale per migliorare le tecniche di produzione ha portato, alla fine degli anni ‘80, a una selezione quasi naturale delle aziende viticole. Attualmente l’uva da tavola “Italia” trova il proprio fulcro di produzione proprio a Canicattì, centro di riferimento per 20 comuni della provincia tra Agrigento e Caltanissetta. In tutto, oltre diecimila ettari coltivati, di cui novemila nell’Agrigentino e poco più di duemila nel Nisseno. La coltivazione avviene in vigneti ubicati in zone vocate e terreni idonei, inseriti in appositi programmi di assistenza tecnica qualificata.
Il Comune: «Investire in promozione» Il marchio Igp Per Canicattì l’uva “Italia”, ovvero la sua produzione e commercializzazione, non sono solo un fatto di orgoglio provinciale. Perché la qualità del prodotto, l’attenzione alle tecniche, la propensione a coltivare la tradizione pur nell’aggiornamento costante sono state ampliamente riconosciute in Italia e all’estero. Non è un caso che l’uva “Italia” di Canicattì sia l’unica varietà da tavola in tutta Europa ad aver ottenuto l’indicazione geografica protetta. L’igp, come viene soprannominata, è un marchio di qualità che viene attribuito, infatti, solo a quei prodotti agricoli e alimentari per i quali una determinata qualità, la reputazione o un’altra caratteristica dipende dall’origine geografica. E la cui produzione, trasformazione ed elaborazione avvenga in un’area geografica determinata. Per ottenere l’Igp, quindi, almeno una fase del processo produttivo deve avvenire in una
Sostenere economicamente il Consorzio Igp dell’Uva Italia e puntare sulla promozione del prodotto con spazi espositivi in fiere e aeroporti. Questo l’impegno dell’assessore comunale di Canicattì all’Agricoltura, dott. Vincenzo Guarneri. «L’Uva Italia - spiega Guarneri assicura al territorio entrate annue per 150 milioni di euro. La produzione dell’uva da tavola occupa circa 50 abitanti su 100 e costituisce oltre il 60% dell’economia locale». Un vero e proprio patrimonio da difendere e sostenere. «L’Amministrazione quest’anno assegnerà al Consorzio Igp circa 28 mila euro da investire in un progetto di promozione, il doppio rispetto allo scorso anno». «Tuttavia - conclude l’assessore il contributo deve servire ad avviare l’attività promozionale del consorzio il quale in futuro dovrà sostentarsi autonomamente». 49
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particolare area. Quella dell’uva “Italia” si estende tra Canicattì, Campobello di Licata, Delia, Favara, Licata, Naro, Palma di Montechiaro, Ravanusa, Riesi e un’altra dozzina di piccoli centri sparsi tra le province di Agrigento e Caltanisetta. Chi la produce deve attenersi alle rigide regole produttive stabilite nel disciplinare di produzione e il rispetto di tali regole è garantito dall’organismo di controllo. Benché non disponga di contrassegni o sigilli particolari a garanzia dell’autenticità del prodotto, l’uva “Italia” di Cani50
cattì ha caratteristiche ben riconoscibili e difficilmente imitabili: grappoli con acini grossi, polpa carnosa e croccante e colore dal giallo al giallo pallido, aroma delicato di moscato. È presente sul mercato tra luglio e gennaio. La dimensione dei suoi grappoli oscilla tra 350 grammi e il mezzochilo, mentre il peso medio di ogni acino è di circa tre grammi per le varietà ad acino piccolo e di cinque grammi per quelle ad acino grosso. Per ogni ettaro coltivato, c’è anche un limite di produzione: 350 quintali per i vigneti al-
levati a tendone. I vigneti sono coltivati a tendone con non più di 1100 piante per ettaro. Per le produzioni medio-tardive, essi sono ricoperti con materiale plastico per evitare che i grappoli si bagnino durante le piogge. Tre sono i metodi di coltivazione: il “sistema convenzionale”, che consente di ottenere grappoli uniformi eliminando quelli non idonei già a giugno, il “sistema biologico”, che dà un prodotto meno perfetto dal punto di vista estetico, e l’insacchettamento dei grappoli, tecnica, questa, a metà fra il sistema convenzionale e quello biologico. La raccolta comincia la terza decade di agosto nelle zone costiere e prosegue fino a settembre (dicembre nelle zone più fresche, come Canicattì e Delia). Quindi l’uva viene conservata in celle frigorifere ad una temperatura compresa tra 0° e -1°, con una umidità dell’85-90% e per un periodo massimo di novanta giorni.
La tradizione Come dar torto alle popolazioni di queste parti se, oltre che fondamentale per l’economia, considerano la loro uva “Italia” an-
che un importante e attesissimo momento di aggregazione? Ecco, allora nascere la festa principale di Canicattì, la sagra dell’uva “Italia”, che si tiene ogni anno tra fine settembre e inizio ottobre, dopo la vendemmia una volta che grossi quantitativi del prodotto sono già partiti per andare a rifornire le tavole di francesi, tedeschi e belgi. La tradizionale festa popolare si svolge nel centro storico, tra Largo Aosta e piazza Dante. Non solo uva, ma anche pesche, susine, formaggi, olive e vino rosso. Tutto servito con pane casereccio. La degustazione gratuita è offerta dal Comune e dai produttori locali. Il contorno della sagra è ricco di spettacoli canori, sfilate di cortei e mostre di pittura.
Tutti i numeri dell’uva Italia
Oltre 13 milioni di quintali di uva prodotta, di cui il 90% nel comprensorio di Canicattì, per un totale di 10.500 ettari e 24 comuni interessati, a cavallo tra le due province di Caltanisetta e Agrigento. È questa l’Uva Italia di Canicattì in cifre. Il prodotto viene venduto sul mercato al costo di circa 0,70 euro al chilo. Il totale del giro di affari è annualmente pari a oltre 210 milioni di euro.
Il regno delle pesche L’agricoltura canicattinese nasconde inestimabili tesori: da sempre le aree agricole di Canicattì sono apprezzate per la loro fertilità, che attirò i colonizzatori arabi del Medioevo, che importarono nuovi prodotti, dalle melanzane alle pesche. Proprio la peschicoltura costituisce un settore in forte espansione, rendendo Canicattì punto di riferimento di un nuovo distretto della pesca, a cavallo tra le province di Agrigento e Caltanisetta. Tra le qualità più coltivate ci sono la Diamond Ray (nettarina a polpa gialla), l’Emeraude (nettarina a polpa bianca), l’Hermione (pesca a polpa bianca), la Romea (gialla, percoca) e la Lolita (pesca gialla). Ma la regina è senza dubbio la Tardiva di Leonforte, una varietà tradizionale per la forma e la colorazione del frutto, con polpa gialla e consistente, ottimo sapore e profumo. Ha una maturazione molto tardiva (fino a tutto ottobre) e matura in sacchetti che proteggono da parassiti e intemperie. A favorirne la fioritura è di certo il microclima, complice soprattutto di un tipo di coltivazione a basso fabbisogno di freddo, che risulta in costante aumento.
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«Agricoltori di Canicattì, unitevi» «Solo 270 coltivatori, rispetto ai cinquemila che operano nel comprensorio sono associati al consorzio Igp dell’Uva Italia di Canicattì ma per difendere il prodotto dalle imitazioni è necessario che ne aderiscano molti di più, quasi tutti o l’esistenza stessa del consorzio potrebbe essere vanificata come anche il ruolo che detiene» A parlare è il presidente del consorzio, Antonio Di Grigoli, che ha assistito alla fondazione dell’istituzione, nel 2005. «Siamo in Sicilia - sostiene Di Grigoli - l’informazione è importante ed è per questo che consideriamo fondamentale lo stanziamento e il sostegno del Comune. Il nostro prodotto, secondo cronologicamente solo a quello pugliese, è sempre più imitato. Il disciplinare Igp, unico d’Europa, certifica il prodotto con un proprio marchio, ma gli agricoltori che vi hanno aderito, rispetto a quelli che operano sul territorio, sono una minoranza. Questo vuol dire che sul mercato c’è anche Uva Italia di Canicattì senza marchio, che ben si presta alle contraffazioni». Per incrementare le adesioni, il Consorzio Igp ha creato un Ufficio Tecnico che coadiuvi gli operatori a rispondere ai dettami del disciplinare. Info: tel. 0922/734619, consigp.canicatti@libero.it
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Le ricette dello chef
Le ricette dello chef Melone con l’uva di Canicattì Ingredienti: Melone grappolo d’uva Italia succo di mele mezzo limone 2 cucchiai di zucchero ciliegine candite.
Preparazione: Tagliare una calotta di melone, eliminare la polpa più molle con i semi, asportare la polpa rimanente e tagliarla a dadini, metterli in una terrina, unire l’uva, spolverizzare con lo zucchero, aggiungere il succo di mele e il limone, mescolare bene, versare nel melone vuoto. Tenere in frigo per un’ora e prima di servire guarnire con le ciliegine.
a poco, il brodo bollente. Qualche minuto prima di togliere dal fuoco, aggiustare di sale e unire l’uva e il Parmigiano. Accompagnare con Trebbiano.
Filetto di maiale al succo di Uva di Canicattì Ingredienti: 8 fette di filetto di maiale 8 foglie di vite 500 g di Uva da tavola di Canicattì 80 g di burro 1,5 bicchieri di Prosecco 1 cucchiaino di farina 2 rametti di finocchio selvatico scorza di 1 limone; sale e pepe
Risotto con l’uva di Canicattì Ingredienti: 400 gr di riso, 2 cucchiaiate di uva Malaga, 500 gr di Parmigiano grattugiato. spicchio d’aglio, prezzemolo, 3 cucchiaiate d’olio, 800 gr circa di olio leggero, sale. Preparazione: Ammollare l’uva in acqua tiepida, scolarla ed eliminare i vinaccioli. Tritare l’aglio con il prezzemolo, versare il trito in una casseruola e farlo soffriggere con l’olio; unire il riso, farlo ben insaporire mescolando e cuocerlo per un quarto d’ora circa aggiungendo, a poco
Preparazione: Lavare le foglie di vite e avvolgerle intorno alle fette di filetto fermandole con uno stuzzicadenti. In una padellina mettere a scaldare il burro. Quando inizia a dorare, mettervi a soffriggere le fette di filetto avvolte nelle foglie. Profumare con rametti di finocchio selvatico e scorza di limone. Quando inizia a rosolare bagnare con mezzo bicchiere di prosecco e far evaporare. Salare e pepare. Quindi coprire i filetti con l’uva spremuta e filtrata al setaccio per eliminare le bucce. Portare a cottura. Una volta cotti, togliere i filetti dal fondo di cottura e passarlo al setaccio, diluendolo con un bicchiere di Prosecco. Aggiungere 1/2 cucchiaio di farina e far addensare sul fornello. Distribuire la salsa a specchio e accomodarci i filetti ancora chiusi nelle foglie di vite. Cospargere di pepe nero macinato al momento e finocchietto selvatico fresco.
Uva di Canicattì ai tre cioccolati
Ingredienti: 400 g di Uva da tavola di Canicattì 70 g di cioccolato bianco 70 g di cioccolato al latte 70 g di cioccolato fondente Preparazione: Separare i chicchi di Uva da tavola di Canicattì dal grappolo lasciando una parte del picciolo, lavarli e asciugarli. Dividerli in tre gruppi. Fare fondere a bagnomaria, separatamente e in successione, in tre vaschette i tre tipi di cioccolato. Man mano che un cioccolato si discioglie togliere la vaschetta dal fuoco e lasciare riposare qualche minuto. Intingere i chicchi d’Uva da tavola di Canicattì di un gruppo, uno per volta, fino a metà della loro altezza nel cioccolato e disporli nel piatto di portata. Procedere nello stesso modo per tutti e tre i cioccolati. Servire i chicchi d’Uva da tavola di Canicattì dopo averli lasciati in frigorifero per consolidare il cioccolato. Ricette gentilmente offerte dal ristorante ‘Gola’, via Torino 8-83, Canicattì (Ag), tel. 0922831582
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Scelti per voi produttori Azienda Agricola Orizzonti Contrada Fiumarella Canicattì (Ag) Tel. 0922857855 Sole e Natura Srl Contrada Fiumarella Canicattì (Ag) Tel. 0922857855 Frutta Viva srl Via A. Diaz Canicattì (Ag) Tel. 0922851335 F.lli Taibi Sas di Taibi Paolo & C. Contrada Cannemasche Ss 122 Km 37 Canicattì (Ag) Tel. 0922839107 pataibi@tin.it
Cervino Interfruits Sas di Cervino Michele Via Matteotti, 4 Canicattì (Ag) Tel. 0922832127
Fratelli Adamo Sas di Lo Vullo Rita & C. Contrada Giacchetto Canicattì (Ag) Tel. 0922735401
La Favorita di Tiranno Carmelo Contrada Giuliana Canicattì (Ag) Tel. 0922735135
Giordano Calogero Via La Pira Canicattì (Ag)
Aziende Agricole SimonFrutta di Lo Giudice Maria Via E. Medi Canicattì (Ag) Tel. 0922854689 Cuva Diego Srl Via Trieste 51 Canicattì (Ag) Tel. 0922738572
San Domenico Srl di Monachino Salvatore Contrada Ricotta - Casella Postale 123 Canicattì (Ag) Tel. 3939001727 Azienda Agricola Belsegno Massimo Via C.da Casino Canicattì (Ag) Tel. 0922855773 belsegnomassimo@alice.it Azienda Agricola Di Piazza Nicolò Contrada Grottarossa Caltanissetta Tel. 0934930892 Email nicoladipiazza1@virgilio.it
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Azienda Agricola Di Gioia Calogero Gioacchino Contrada Cusatino Serradifalco (Ci) Tel. 330857990 Azienda Agricola Leone Maurizio Contrada Finocchiara Canicattì (Ag) Tel 320/4170360 Argento Diego Contrada Ramilia - Delia (Ci) Tel. 3349357211 Associazione Agricola Sirio Contrada Sciabani - Naro (Ag) Tel. 3683090711 Associazione Agricola Spina Santa Campobello di Licata (Ag) Tel. 0922883535 Azienda Agricola Mannarà Angelo Contrada Grottarossa Caltanissetta Tel. 0922852380
selezioni
Vinisola: un vulcano di sapori L’amore per Pantelleria, per i suoi contrasti e per i suoi tesori, caratterizza la produzione di un’azienda votata alla qualità. Valori il cui profumo sale dai calici dei suoi vini, come gli Igp Barbacane e Margana, dai suoi capperi, dai pomodori, dall’uva passa e dalle sue marmellate
È stato mosso dalla passione per Pantelleria il piccolo gruppo di persone che ha dato vita a Vinisola, realtà nata per contribuire alla valorizzazione dei prodotti dell’isola, forte di valori quali la territorialità e la tradizione in campo enologico. Ma non solo. Particolarmente adatta alla coltivazione della vite, infatti, la terra dell’isola è fertile e ricca di quei sali minerali che rendono inconfondibili anche capperi, pomodorini e olio extravergine. E l’azienda utilizza proprio questi prodotti per realizzare non solo vini, quindi, ma anche vasetti e marmellate che racchiudano tutto il profumo dell’isola. Così, a voi scoprire i giusti abbinamenti del Barbacane, per esempio, rosso Igp dal sapore caldo asciutto, o del bianco fresco e fruttato Margana, sempre Igp, con le prelibatezze in vetro firmate Vinisola. Se infatti il primo è perfetto con piatti a base di carne, insaccati e formaggi stagionati, e il Margana si accompagna con le specialità mediterranee a base di pesce, quale sarà l’abbinamento migliore per i capperi Vinisola? Protagonisti assoluti della tavola isolana, sono raccolti a mano da maggio a settembre e sono caratterizzati da un sapore aromatico e affatto sgarbato, esaltato dalle preparazioni Vinisola che li propone al sale o sotto forma di paté. Ricordiamo anche l’origano, dal profumo inconfondibile dovuto al ricco suolo
vulcanico, o il gustoso mix di pomodoro ciliegino essiccato al sole, capperi e finocchio sott’olio extravergine da gustare da solo o su una fetta di pane bruscato, sulla pizza o come condimento per carne rossa o pesce alla griglia. Non meno deliziose le marmellate, fatte solo di frutta e zucchero, come quella di arance, o la confettura d’uva Zibibbo secondo la tipica ricetta pantesca, e l’elisir d’uva Zibibbo che si ottiene cuocendo il mosto con lo zucchero fino a raggiungere la consistenza gelatinosa: definito miele d’uva, viene ancora oggi usato dalle donne pantesche per la preparazione dei Mustaccioli di Natale. Immancabile ovviamente l’uva passa di Zibibbo e i Cantucci, da accompagnare con un buon Passito di Pantelleria… Arbaria, naturalmente!
Vinisola - c/da Kazzen, 11 91017 Pantelleria (Tp) Tel./Fax 0923.912078 info@vinisola.it www.vinisola.it
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Mandorle d’Avola
Per una fortunata combinazione climatica e ambientale la drupa e i suoi alberi prosperano nelle campagne di Sicilia da 2500 anni. Ed è soprattutto nel sud est dell’isola che abbondano i suoi derivati, intorno a centri urbani come Siracusa, Noto e Avola. Fucine di bontà. E di bellezza di Riccardo Lagorio 56
Frutti di marzapane, confetti, agnelli pasquali, paste, granite e latte di mandorla ma anche più insoliti cucchideddhri e chìnule. Sono solo alcuni dei dolci, dal gusto articolato e barocco, che l’arte pasticcera siciliana, talvolta con la complicità della competenza generata all’interno dei monasteri,si è inventata grazie alla disponibilità di una materia prima, la mandorla, ampiamente diffusa sull’isola dai Greci oltre 2500 anni fa. E per una singolare combinazione climatica e ambientale che favorisce l’accoglienza a uomini e vegetali, abbonda soprattutto nel sud est della Sicilia dove i mandorli continuano a inondare di colore le campagne intorno a centri urbani come Siracusa, Noto e Avola, celebri per la commistione di monumenti e stili che vanno dal periodo greco all’Ottocento.
Tra antico e moderno È sufficiente dare uno sguardo alla mappa di Siracusa per capire quanto possa essere suggestivo percorrere le strade e i vicoli di Ortigia, la parte vecchia della città, un tempo calpestati da uno degli inventori della geometria, Archimede,o dal poeta Teocrito, che sono nati proprio qui. Arrivare a piedi di sera a Piazza Duomo è un’esperienza che ci fa attraversare d’un sol colpo trenta secoli: vi svetta il tempio cristiano in stile barocco costruito su un tempio dorico, divenuto basilica bizantina, chiesa normanna e poi tardo rinascimentale.A pochi passi la Galleria Regionale con opere di Antonello da Messina e Caravaggio e la Fonte Aretusa, che ricorda uno dei miti immortali della Grecia classica:quello diAretusa ed Alfeo, tramutato in fiume sotterraneo da Giove per unirsi all’avvenente giovane. Anche la città moderna, benché abbia assorbito e incorporato talvolta il ricchissimo patrimonio archeologico, offre numerosi interessanti spunti di sosta, come le Latomie dei Cappuccini, cava utilizzata dal V secolo a.C. per estrarre pietra pregiata -, la chiesa di San Giovanni evangelista con le sue catacombe sorte intorno alla tomba di San Marciano, primo vescovo della città, e l’avvincente Santuario di Demetra e Kore nella centralissima
Piazza della Vittoria. Una tappa merita il Teatro Greco,costruito sfruttando la pendenza del colle Temenite, da cui si scorge improvviso il mare e dove Eschilo rappresentò alcune sue opere. Nei mesi di maggio e giugno ogni anno ospita un’imperdibile rassegna teatrale di autori classici.A sud della città un belvedere dà sulla Riserva Naturale Cava Grande, uno strapiombo di 250 metri lungo 10 chilometri da cui si ammirano il mare, l’Etna e i laghetti creati dal fiume Cassibile. Per chi ama la raccolta di erbe aromatiche selvatiche questo è il regno del timo, della salvia, del rosmarino e dell’origano. Potrete inoltre scattare indimenticabili fotografie a curiose orchidee. Da qui si scorgono Noto e Avola. La prima è ben affermata meta di coloro che stimano l’architettura barocca. Ogni angolo, via e piazza è un appuntamento irrinunciabile per conoscere da vicino questo stile,inaugurato nella cittadina dopo il terremoto del 1693. Maestosa è la Cattedrale con la sua scalinata, modello di armonia Palazzo Ducezio con l’elegante colonnato che ne sta alla base, irrequiete le bestiali raffigurazioni di Palazzo Nicolaci. Avola lega il proprio nome alla fastosa chiesa Madre, al movimento lezioso della chiesa di Sant’AntonioAbate, al pregevole Palazzo Ducale ed ai villini liberty d’inizio Novecento.
Pizzuta, Fiscionella e Romana sono le tre pregiate cultivar della mandorla di Avola, particolarmente genuina perchè coltivata senza metodi d’irrigazione e trattamenti antiparassitari, raccolta rigorosamente a mano e fatta asciugare al sole
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In questa pagina, in basso a sinistra, la splendida Piazza del Duomo di Ortigia, la parte vecchia di Siracusa; a destra, uno scorcio di Noto dove trionfa l’architettura barocca. Nella pagina accanto, il latte di mandorla e i frutti di marzapane, alcuni dei dolci a base di mandorla, dell’arte pasticcera siciliana
Sicilia
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Tris di cultivar Avola fa rima soprattutto con mandorla. È qui che nascono tre cultivar di questo frutto che sono considerate particolarmente pregiate sui mercati internazionali. Pizzuta, Fiscionella e Romana sono sinonimi di mandorle quotate dalle migliori pasticcerie e cucine del mondo intero. La Pizzuta prende il nome dalla caratteristica forma appuntita del suo guscio, duro e liscio, caratterizzato da piccoli pori. Il seme, ovvero la parte edibile, ha forma piatta e color rosso cuoio ed è particolarmente apprezzato per la produzione di confetti. Infatti la forma appiattita e ovale permette allo zucchero di modellarsi perfettamente su di essa, rendendo i confetti teneri e fragranti, ma anche perfettamente ellittici. Anche l’aromaticità
della Fiscionella la rende appetibile nell’industria confettiera e nell’alta pasticceria. La Romana, dalla forma vagamente triangolare ed arrotondata, esalta invece la creatività dell’arte pasticcera ed è simile alla Pizzuta sotto il profilo organolettico. La Mandorla di Avola, tutelata attraverso il lavoro di un Consorzio di Tutela (www.consorziomandorlaavola.it), a differenza di prodotti similari provenienti da oltremare, si coltiva senza metodi d’irrigazione, è pressoché assente la pratica dei trattamenti antiparassitari, ha il guscio impermeabile ai funghi, viene raccolta a mano e fatta asciugare al sole. Queste peculiarità la caratterizzano come alimento particolarmente genuino e che sa esaltare al meglio le qualità delle cultivar citate. La Mandorla di Avola, grazie al suo contenuto
Scelti per voi dove mangiare Antico mercato Via Rocco Pirri 33 - Noto (Sr) Tel. 0931837432 All’interno di un palazzo nobiliare settecentesco, la fragranza di una cucina di pesce che si esalta per la semplicità delle preparazioni. Prezzo: intorno ai 40 euro. Porta Marina da Salvo Via Candelai 35 - Siracusa Tel. 093122553 Eleganza e professionalità distinguono il locale. La cucina, incline alle proposte ittiche e ad accostamenti insoliti ma ben riusciti, è una costante nel panorama cittadino. Prezzo medio: 50 euro. La Prua Via Mattarella 12 - Avola (Sr) Tel. 3495952383 Nasce dall’esperienza coltivata negli anni dalla pescheria di famiglia la capacità di condurre il cliente verso un appassionato viaggio nella cucina di mare. L’intuito del giovane cuoco fa il resto: per un’esperienza indimenticabile. Si pranza a 40 euro.
di grassi vegetali, fibre e antiossidanti è infatti un buon mezzo per combattere l’obesità, l’ipertensione e l’alta glicemia. Alcuni studi clinici hanno peraltro dimostrato che il consumo di 5-10 mandorle giornaliere risulta essere un efficace fattore di controllo alla predisposizione di cardiopatie. Il latte di mandorla è un valido sostituto del latte vaccino o di soia, contribuisce a fornire un adeguato apporto di calcio e ferro, ma anche di fosforo, magnesio e potassio favorendo l’attività sportiva. La tradizione dolciaria da sempre utilizza la mandorla e buona parte dei dolci siciliani dedicati al Natale, alla Pasqua o alla commemorazione dei defunti utilizzano la mandorla come ingrediente fondamentale. Ma pensare che la mandorla si associ solo ai dolci è un errore: ben noti a tutti sono il pollo alle mandorle e il riso alle mandorle, ma secondo Apicio possono servire come ripieno di selvaggina assieme a pinoli, noci e pepe. Anche grazie a quei Greci che dalla Tracia portarono queste piante fiorite d’inverno, ecco un’ulteriore prova dell’originalità del connubio italiano tra cibo, arte e cultura.
Locanda del Borgo Via Controscieri 11 - Rosolini (Sr) Tel. 0931850514 Eleganti affreschi, arredamento raffinato e cucina d’autore. Nelle limpide giornate di sole sedetevi nella terrazza ad ammirare lo straordinario panorama collinare. Al piacere della tavola si somma quello della vista. Prezzo: a partire da 45 euro.
dove dormire Grand Hotel Ortigia Viale Mazzini 12 - Siracusa Tel. 0931464600 Hotel di grande fascino sulla marina della città nuova. Camere spaziose e adeguate ad un livello di clientela esigente. Doppia: a partire da 160 euro. Jonio Viale Lido 1 - Noto (Sr) Tel. 0931812040 Immerso tra essenze della macchia mediterranea e praticamente sull’arenile sabbioso è una semplice sistemazione che permette di raggiungere con facilità le zone ricche di storia e bellezze naturali. Doppia: a partire da 65 euro. Fontane Bianche Via Mazzarò, località Fontane Bianche - Siracusa Tel. 0931790611 C’è anche un attrezzato centro benessere a disposizione degli ospiti in questo hotel a pochi passi dalla battigia. Stanze curate e ben tenute. Doppia: a partire da 120 euro.
dove comprare Alcune delle migliori pasticcerie dove è possibile acquistare dolci con mandorle d’Avola Pasticceria Finocchiaro Piazza Umberto I 1 Avola (Sr) Tel. 0931831062 Pasticceria Carolina Cancemi Piazza Umberto I 37 Avola (Sr) Tel. 0931831266 Dolci Tentazioni Via Nizza 65 Avola (Sr) Tel. 0931578731 Pasticceria Agatino Viale Corrado Santuccio 38 Avola (Sr) Tel. 0931821446 Cooperativa Sociale l’Arcolaio Viale Polibio 49 presso Casa Circondariale di Siracusa Siracusa Tel. 0931413040 Pasticceria Alfio Neri Viale Teocrito 85 Siracusa Tel. 093161553
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verde di
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Pistacchi. Ai piedi dell’Etna, nella lussureggiante campagna attorno a Bronte, dal tempo degli Arabi si coltivano i migliori del mondo. E la raccolta, che avviene solo negli anni dispari, è un rito che vale il viaggio di Mariarosa Schiaffino
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Il pistacchio fresco: larghe foglie e frutticini riuniti a grappolo con tonalità che variano dal beige al rosa fino al carminio
Un aperitivo che si rispetti non può fare a meno di loro. Tra le altre croccantezze della frutta secca, pistacchi salati o semplicemente tostati, ancora dentro il guscio semiaperto, portano una nota aromatica elegante per quel gusto speciale, un po’ resinoso, che somiglia vagamente a quello del pinolo. Ma vuoi mettere il pistacchio fresco, magari appena staccato dal ramo dell’albero? Ancor prima di assaporarne la polpa morbida, elastica, squisita, è la sua bellezza a imporsi. Tra le larghe foglie, i frutticini sono riuniti a grappolo e hanno un colore che varia dal beige rosato al rosa e al carminio. Sotto il mallo, il piccolo guscio bianco fa intravedere il doppio seme di un verde vivo, brillante, screziato di rosso.
Questo per il pistacchio è un anno sì. E vale la pena di venire a Bronte, nel più spettacolare scenario dell’Etna che le fa da sfondo, per vedere gli uomini che col “vergante” battuto sui rami maestri fanno scendere i frutti sui teli stesi sul terreno. Le proprietà coltivate a pistacchio sono tante. Tantissime. Si estendono tutt’attorno alla città, danno frutti di alto pregio e hanno fatto di Bronte la capitale del pistacchio. Qui si concentra la quasi totalità della produzione italiana, che rappresenta solo l’1 per cento di quella mondiale ma certo vince per qualità. Il pistacchio brontese è conosciuto come il migliore in assoluto e viene esportato largamente: nessuno ha un verde così brillante e un sapore così intenso.
Inconfondibile smeraldo
Nel paese dei Mille
Nel mese di settembre, ma solo negli anni dispari, i pistacchieti sono nel pieno fervore della raccolta. Ogni due stagioni infatti gli alberi vengono fatti riposare, in primavera si “accecano” le gemme eliminandole, per ottenere una produzione più abbondante e una qualità migliore l’anno successivo.
La città, che dista 50 chilometri da Catania, è antica, ha un centro con strette stradine ad andamento altalenante e ripide scalinate a un’altezza media di 800 metri. Tagliata in due dal lungo Corso Umberto, ha qualche pregevole monumento e non pochi palazzi ottocenteschi, legati all’incremento tumultuoso della coltivazione 61
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Delizie dolci e salate
Sopra, le tagliatelle al pesto di pistacchio, sapore unico e delicato; sotto, le olivelle, tipico dolce locale
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Sono moltissimi i dolci siciliani che utilizzano il pistacchio, prima fra tutti la trionfale cassata e la popolare “pistacchiata” o “frastucata”, con zucchero fuso. Stupendo il gelato: il colore pallido, di un verde appena accennato, dice che non ci sono coloranti aggiunti e che così dev’essere. Nella dolceria brontese sfilano torte sontuose, dolcetti di pasta di pistacchio, sfogliatelle verdi, olivelle, pastine e paste di ogni forma, torroncini ricoperti di glassa al pistacchio e quelli con il pistacchio nell’impasto. Le “fillette”, antico dolce locale a focaccina rotonda, da povero che era, si è impreziosito di polvere di pistacchio. Souvenir d’obbligo da Bronte sono la crema dolce di pistacchio, pronta da spalmare e da usare nei dessert e il pesto di pistacchio, per condire la pasta o altre ricette salate. Per una scorta di frutti, varie possibilità. In commercio si trovano la “tignosella”, cioé il pistacchio col guscio che si serve con l’aperitivo, lo “spaccato”, cioè il frutto senza guscio, che si utilizza soprattutto in cucina e in pasticceria, e il pistacchio grattugiato, da spargere sul gelato, la panna, le creme. Lo “spellato” è riservato invece a usi artigianali.
del pistacchio. Questa fu incoraggiata dopo uno degli episodi più sanguinosi che seguì l’eroica impresa dei Mille: una durissima repressione di popolo, di cui fu coautore Nino Bixio, luogotenente di Garibaldi. A seguito della drammatica vicenda di Bronte, fu promossa una trasformazione di vaste zone agrarie della sua area e gli antichi pascoli furono trasformati in pistacchieti. Il florido commercio suggerì ai cittadini di contribuire con la “limosina ri menduri e festuchi” cioé con offerte provenienti dai guadagni dei mandorli e dei pistacchi, allo sviluppo della città e di varie istituzioni culturali. Situato alle pendici occidentali del grande vulcano, che ha ben 300 chilometri di circonferenza, il territorio brontese è incastonato tra le falde boscose dell’Etna, il fiume Simeto e i monti Nebrodi. In buona parte appartiene al parco nazionale dell’Etna, che offre un habitat particolare. Tra le forre nere di basalto disegnate dalle sciare, i rivoli di lava che nei secoli sono scesi fin qui, crescono i pistacchi e gli aran-
Scelti per voi dove mangiare e ci, le viti e i noccioli, i mandorli e i ciliegi con tale vigore che se ne trae un senso di straordinaria ricchezza, nel contrasto tra la pietra vulcanica e la natura che le si sovrappone trionfante.
Versatile e portafortuna Il pistacchio cresce con piante di diverse altezze, aggraziate nel portamento, che convivono con i terebinti, alberelli che qui crescono spontaneamente e fanno da portainnesto. Spesso, sul limitare delle proprietà, si alzano pareti altissime di fichi d’India che sembrano monumenti, enormi sculture verdi punteggiate di rosso e di giallo. Dopo la raccolta, si elimina il mallo esterno dei frutticini e si procede all’essiccazione al sole. La coltura risale almeno a mille anni fa quando, sotto la dominazione araba in Sicilia, la pianta rustica venuta dal Medio Oriente si è adattata al clima e al terreno. Gli arabi hanno lasciato le loro parole nel dialetto brontese: come “frastuca” (da frastuk, pistacchio) e “frastucara” (la pianta). Ma ci sono tracce arabe importanti anche nell’arte dolciaria che fa di Bronte un paradiso dei golosi. Le numerose pasticcerie sono tutte di alto livello. Il pistacchio è utilizzato in mille maniere: da qualche anno gli chef lo usano anche in preparazioni salate, dove sta benissimo non solo per la nota aromatica ma anche per il tocco decorativo del suo colore di smeraldo. In salumeria il pistacchio è tradizionale: quanto potere di attrazione perderebbe la mortadella senza quei pezzettini verdi affogati nel rosa? Una ragione in più per andare in un pistacchieto e fermarsi sotto gli alberi a godere della natura, infine, è una credenza popolare che risale ai secoli passati: l’ombra della pianta elargirebbe abbondanza, fortuna e gioie d’amore.
dove dormire La Fucina di Vulcano Contrada Difesa - Bronte (Ct) Tel. 095693730 - fucinadivulcano.it Un complesso alberghiero con una grandiosa visione dell’Etna. Camera doppia circa 60 e. Il ristorante propone ottima cucina del territorio. Prezzo medio 25 e. Parco dell’Etna Contrada Borgonuovo - Bronte (Ct) Tel. 095691907- albergoparcoetna.3000.it Un albergo 2 stelle alle falde dell’Etna, con ristorante tipico. Camera doppia circa 60 e.
dove comprare Pasticceria Crystal Via Bottego angolo Viale della Regione Bronte (Ct) Tel. 095692553 Tra mille fantasie, voluttuosi i Baci del Ciclope al cioccolato e le tipiche fillette, tortine a cupola di farina e pistacchio. Caffetteria Luca Via Messina 273 - Bronte (Ct) Tel. 0957724188 Tante proposte da perdere la testa: torte con le creme o impastate al pistacchio, divini dolcetti di pasta di mandorle e pistacchio, croccantini e torroncini. Ottimo il gelato. Bar Conti Via Umberto 275 - Bronte (Ct) Tel. 095691165 Una vera istituzione della città. Nel laboratorio attiguo al piccolo locale, si declina il pistacchio: cassate, cannoli e soprattutto magnifico il gelato.
Antica Dolceria Di Vincenzo Via Messina 230 - Bronte (Ct) Tel. 0956911932 Eccellente assortimento di dolci al pistacchio e granita di mandorle super. Galati Via Cardinale De Luca - Bronte (Ct) Tel. 095692664 Salumeria, gastronomia, formaggi tipici. Ottimi prodotti e pistacchi freschi, spellati, in vaschetta, con guscio e grattugiati.
informazioni Comune di Bronte comune.bronte.ct.it Pro loco di Bronte Corso Umberto Tel. 0957722856 - 3206819537 bronteinsieme.it FerroviaCircumEtnea Tel. 095541249 Consente di attraversare le località etnee più suggestive. Castello di Maniace - Museo Nelson Tel. 095690018 A pochi chilometri da Bronte, uno stupendo complesso monumentale unisce parti di un’abbazia romanica e il castello donato dai Borbone all’ammiraglio Nelson dopo la rivoluzione napoletana del 1799 che aveva contribuito a far fallire. Cimeli, quadri, mobili. Parco, giardino. Atmosfera di grande suggestione. Aperto da lunedì a domenica 9-13 e 15-19. Sagra del Pistacchio di Bronte 29 settembre - 7 ottobre La manifestazione, alla XVIII edizione, richiama migliaia di visitatori e offre concorsi gastronomici, stand di ogni tipo e pistacchi per tutti i gusti.
Bar Sport Piazza Spedalieri 1 - Bronte (Ct) Tel. 0956911308 Centralissimo, elegante, propone i suoi dolci di pasta di mandorle e pistacchio che escono superbi e fragranti dal laboratorio sul retro.
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Isola Felix Sicilia. Viaggio nei tesori culturali e nell’arte gourmande della Provincia di Ragusa, patria di grandi chef Testo di Marco Scapagnini Foto di Luigi Nifosi
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Chiesa di San Matteo e Ignazio a Scicli. In alto, semi di cacao dell’Antica Dolceria Bonajuto utilizzati per il cioccolato modicanoa
Alcuni la chiamano “Svizzera del Sud”, sia per le similitudini nelle produzioni proprie, ovvero latte, formaggi e cioccolata, sia per il reddito pro capite molto alto non solo rispetto al resto della Sicilia ma anche rispetto all’intero Mezzogiorno. E guardando i parametri di produzione su scala regionale e nazionale salta subito all’occhio il valore aggiunto che la Provincia di Ragusa possiede in termini di allevamenti e trasformazione, basti pensare che da sola conta oltre la metà dei capi d’allevamento bovino regionale e produce un numero di chili di latte per mucca con un valore annuo appena sotto la media nazionale. Ma oltre alla produzione lat-
tiero-casearia la massa critica economica è rappresentata dalle coltivazioni in serra, proprie della zona di Vittoria, che riforniscono tutta Italia di frutta, verdura e fiori in qualsiasi periodo dell’anno. Se non avesse l’handicap dei trasporti, resi difficili da strade impervie e lontane dai grandi collegamenti, Ragusa sarebbe certamente una fra le prime realtà produttive italiane. I segreti di questo primato derivano sia dalla mentalità stakanovista che caratterizza la gente di queste zone sia dalle peculiarità geomorfologiche e climatiche che permettono una grande varietà di produzioni, anche di nicchia. Il territorio, infatti, è molto vasto ed è caratterizzato principalmente dalle dol65
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ci colline dell’altipiano ibleo che da Chiaramonte Gulfi, famosa per la produzione dell’olio extra vergine d’oliva, scendono fino alle splendide città barocche di Ragusa Ibla e Modica, acclamata patria del cioccolato. Fra le due città della provincia iblea vi sono tanti paesi affascinanti tra i quali spicca Scicli, che merita certamente una sosta per il centro storico perfettamente conservato, per la visita al palazzo Beneventano la più importante residenza nobiliare della zona, di recente decretata dall’Unesco Patrimonio dell’Umanità - e per una passeggiata verso il Palazzo del Municipio, palcoscenico dello sceneggiato televisivo“Il Commissario Montalbano”.
Barocco e grandi chef Che a tavola anche l’occhio voglia la sua parte qui è indubbio, infatti siamo nel centro storico di Ragusa, nella barocca Ibla, contornati da splendidi palazzi con portali, fregi e balconi da enciclopedia dell’arte e, di fronte al Duomo, dalla splendida chiesa settecentesca di San Giorgio. Qui l’abitudine al bello ha senza dubbio condizionato positivamente la vena artistica degli chef ragusani che, nel giro di pochi metri, coesistono perfettamente come due splendide realtà
I cinque sensi del ragusano gustare
udire
Jaroslav Machacek - Fotolia
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della ristorazione isolana e italiana. Parliamo del famoso e stellato ‘Ristorante il Duomo’ dello chef Ciccio Sultano e della ‘Locanda Don Serafino‘ dell’emergente chef Vincenzo Candiano, che offre anche ospitalità di charme. Passeggiando in un vicoletto che costeggia il Duomo si trova un portone che ha tutto l’aspetto di una casa privata ed anche entrando nel ristorante di Ciccio Sultano si viene accolti da Angelo di Stefano, suo socio, con grande calore e ospitalità. Nelle intime e accoglienti salette si assapora l’esaltazione della tradizione iblea, con una qualità eccelsa delle materie prime, e anche l’estro e la creatività dello chef ragusano, ormai famoso in tutto il mondo. I menu presentati con dovizia di particolari da Angelo o dallo stesso Ciccio, variano dalle delizie del mare alle specialità legate al territorio, come uno straordinario tortino di Ragusano Dop, un vellutato macco di fave accompagnato da un profumato olio extra vergine Monti Iblei Dop o un semifreddo alle mandorle di Avola e cioccolato di Modica. Poi la scelta dei vini, immensa, proveniente da una cantina visitabile e curata direttamente da Angelo di Stefano. A pochi metri di distanza c’è la Locanda Don Serafino, il gioiellino di Pinuccio La Rosa che ha condotto sa-
Suggestioni sensoriali da inseguire nel Ragusano. In alto, uno scorcio d’arte a Ragusa e una spiaggia di Donnalucata
odorare Janos Gehring - Fotolia
toccare
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pientemente la splendida realtà di famiglia a diventare una raffinata ed elegante isola di ristorazione e accoglienza del sud-est siciliano. Il locale è molto affascinante, in pietra arenaria e legno, e accoglie i suoi ospiti con la suggestiva esposizione delle oltre 1.000 etichette di vini nazionali ed esteri. Lo chef Vincenzo Candiano fa parte della categoria dei giovani cuochi, premiato in tutto il mondo per la sua capacità di abbinare ingredienti del territorio in ricette creative e sempre molto equilibrate nei sapori e nella coreografia. Fra i suoi piatti più noti ci sono la terrina di sgombro con tenerezze di zucchine e capuliato (un battuto di verdure miste e aromi) fra gli antipasti, e fra i primi i tagliolini al carrubo con bottarga di tonno e pomodorini o la lasagnetta al cacao amaro con ricotta fresca iblea. Inoltre, la locanda offre la possibilità di usufruire di cinque Junior Suite e cinque camere matrimoniali ricavate in un affascinante palazzetto del centro storico e di un lido attrezzato con
ristorante sulla spiaggia nella vicina Marina di Ragusa per un weekend completo all’insegna di bellezze e sapori siciliani. Da una meraviglia barocca all’altra ci spostiamo nella suggestiva Modica, dal centro storico perfettamente ricostruito dopo il terremoto del 1693 e frastagliato di chiese e palazzi barocchi, dove convivono due belle realtà della ristorazione siciliana. Sempre più in alto sta volando il giovane chef Accursio Capraro che propone un vero e proprio itinerario enogastronomico al ristorante ‘La Gazza Ladra’, nel cuore di Modica Alta e parte dell’hotel di charme ‘Palazzo Failla’. La sua cucina è raffinata e propone piatti sempre originali con materie prime freschissime,orientati in due menu degustazione, uno “tradizionale” e l’altro più estroso chiamato “Gazza Ladra”. Da provare un delicato cremino di Ragusano con rapa rossa, asparagi su un cestino di pane con fave e bietola e un gustoso e fragrante arancino con melanzana, mozzarella di bufala, po-
Sotto, due luoghi “classici” del Commissario Montalbano: spiaggia di Punta Secca e Scicli
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La Sicilia di Sultano
modorini e basilico. Sempre a Modica, a pochi passi dal centrale Corso Umberto I, lo chef Peppe Barone delizia i suoi ospiti con le specialità culinarie che ruotano attorno all’ingrediente principe in città, ossia la cioccolata. Al suo ristorante, ‘La Fattoria delleTorri’,si accede attraverso una splendida limonaia dove si percepiscono gli aromi mediterranei che poi caratterizzano i sapori della cucina di Peppe. La sua passione per gli ingredienti e le ricette tradizionali sono
riassunti in un libro, “Pane&Cioccolata” in vendita anche al suo shop “Incantasapori” sul Corso Umberto I.
Ragusano Dop: lingotto d’oro Fiore all’occhiello della produzione casearia siciliana, il Ragusano è il formaggio che prima di tutti ha acquisito la Denominazione di Origine Protetta dalla Commissione europea. Il disciplinare è molto rigido e prevede regolamentazioni sui metodi
Parla d’amore, conoscenza e rispetto della sua terra la cucina di Ciccio Sultano, chef patron del Ristorante Duomo, a Ragusa. Una terra poliedrica, che racconta una cultura millenaria. «Più che una regione la Sicilia è come un continente», dice Sultano. «Abbiamo un passato di 3000 anni, l’area è stata avamposto centrale dei traffici commerciali e tutti i popoli del Mediterraneo sono passati di qui. Esiste quindi una stratificazione culturale notevole che si riflette anche nel cibo». La proposta culinaria di Sultano attinge dal tempo trascorso, ma guarda anche al futuro. Il suo filo rosso è «riscoprire i sapori perduti della tradizione - vera non folcloristica - e rinnovarli». Come li “sente” lui. Variando magari ciò che nel gusto antico c’era di “troppo ricco” e che oggi “deve essere aggiustato”. Un esempio è la Zuppa di mandorle, di epoca normanna. «La versione tipica prevede le polpettine di carne, ma io la interpreto con i gamberetti», afferma lo chef. Il “sentire” è il leitmotiv di Sultano nella scelta delle materie prime e nella resa dei suoi piatti. «Uno chef deve sentire un piatto come suo», aggiunge. «Se non è così lo deve modificare o anche eliminare». Fondamentale per il risultato è la selezione degli ingredienti di qualità. Una qualità che lo chef riconosce alla prima occhiata grazie a un bagaglio di esperienze accumulato nel tempo. «Mi rivolgo a una rete di fornitori di fiducia», spiega Sultano. Tra questi un tartufaio che gli raccoglie i fiori di sambuco, di rosa canina e il tartufo nero di Palazzolo Acreide. Chiara Corridori
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©Ferdinando Scianna/Magnum Photos/Contrasto
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Maria Grazia Cucinotta testimonial dell’isola Bruna, sensuale, prorompente sex symbol da copertina, a dispetto di quel cognome evocante salde certezze domestiche, l’attrice siciliana Maria Grazia Cucinotta, 39 anni, incarna a pieno titolo l’opulenta bellezza del Gattopardo. Guardarla, per credere, nei panni della bella barista amata da Massimo Troisi, nel “Postino”, il film che 14 anni fa l’ha lanciata in tutto il mondo. O nelle foto scattate da Lidia Costantini per “La Sicilia di Maria Grazia Cucinotta. Il profumo della memoria”, edito da Federico Motta (pp. 120, 34 euro), un libro pensato come una fascinosa passeggiata al braccio dell’icona sicula per le strade di Palermo o di Salina, zigzagando tra vicoli odorosi di zagare, piazze barocche e mercati colorati alla Guttuso. Del suo amore tenace per la natìa Sicilia, la bella Maria Grazia (sposata dal 1995 con Giulio Violati, una figlia, Giulia, di sei anni) non ha mai fatto mistero, impegnandosi a far conoscere, attraverso il cinema, le bellezze di questa «terra fantastica, dal cibo unico, abitata da gente generosa e ospitale».
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di produzione ma soprattutto su quelli di stagionatura. Il suo nome originario è Cosacavaddu Rausanu ovvero Caciocavallo Ragusano, nome che deriva dal suo metodo di stagionatura a cavallo appunto di un’asse di legno. È un formaggio molto saporito che può essere mangiato fresco, con due mesi di stagionatura, semistagionato oppure stagionato da 6 a 9 mesi, dal caratteristico gusto lievemente piccante e bene abbinabile al miele di carrubo, alla marmellata di arance rosse, fragoline di Ribera o di cipolla di Giarratana. Il Ragusano ha origini storiche molto radicate e si parla di citazioni che addirittura arrivano agli inizi del 1500. La Dop è comunque una produzione di nicchia, rispetto a quella del normale caciocavallo ragusano che viene venduto in larga scala nei supermercati, e vede la sua zona di eccellenza fra Modica e Ragusa. È un formaggio a pasta filata derivante da latte intero crudo, possibilmente di vacche di Razza Modicana di pascolo locale, e la produzione avviene in caseifici certificati dove i “casari” danno la forma tipica di parallelepipedo ponendo la cagliata in un contenitore di legno (“mastredda”). Dopo la salatura, il formaggio viene fatto riposare prima di essere portato nei locali di stagionatura (“maizzè”). La stagionatura avviene solitamente in luoghi freschi, umidi e ventilati e alcune volte interrati in cave naturali dove i formaggi sono a cavallo di assi di legno e legati con corde di cotone. A garanzia del corretto svolgimento delle procedure di produzione e stagionatura esiste un Consorzio di tutela di certificazione europea, mentre la qualità dei pascoli e del bestiame è sotto vigile controllo dell’Associazione RegionaleAllevatori Siciliani che ne monitora i valori e i parametri necessari per far sì che il sapore e la qualità del Ragusano Dop siano sempre eccelsi.
Mikael Damkier - Fotolia
Modica, il risveglio dei sensi Fare una visita a Modica vuol dire assaporare con tutti i cinque sensi l’essenza della Sicilia Barocca. Immaginatevi una giornata di maggio, con il sole pieno e il cielo azzurro limpido, una leggera brezza che si incanala fra i vicoli stretti del centro storico, il riverbero della luce che si riflette sulle pareti chiare della pietra calcarea color miele e sentire nell’aria un profumo di dolce e di cioccolata. Con tutti questi stimoli non si può non essere mossi dalla curiosità e allora infilare la testa in un laboratorio di pasticceria e capire da dove viene tutta questa dolce fragranza. Passeggiando sul Corso Umberto I troverete la maggior parte delle botteghe artigiane di dolciumi e cioccolata. La cioccolata modicana è ormai molto conosciuta e deve la sua fama soprattutto alla cioccolata al peperoncino e alla sua tipica consistenza granulosa data dalla presenza dei cristalli di zucchero. Queste peculiarità derivano dall’antica tradizione azteca che, nel corso dei secoli, fu portata a Modica attraverso la Spagna e la dominazione aragonese, ossia quella di unire al cacao spezie e aromi come vaniglia, cannel-
la e appunto il peperoncino. La preparazione prevede la fusione del cacao amaro e poi l’aggiunta degli ingredienti, mantenendo sempre una temperatura bassa in modo da non far disciogliere i granelli di zucchero. Fra i produttori storici di cioccolato segnaliamo sicuramente l’antica dolceria Bonajuto, proprietaria di un’affascinante sede storica del 1800, dove si organizzano anche visite guidate e degustazioni di cioccolata e dolci tipici e,sempre sul Corso Umberto I, l’antica dolceria e gelateria Rizza, che propone una cioccolata mono crù, squisiti gelati a base di cioccolato e nocciola come il cono turco e il pinguino, e prende ordinazioni per uova di Pasqua davvero speciali. Per i migliori biscotti modicani bisogna invece andare all’antica biscotteria di Nonna Margherita, sita sul Corso, che produce artigianalmente biscotti alla mandorla,cassatine di ricotta,mostaccioli (tipico dolce locale con mandorle, farina di grano duro,zucchero,chiodi di garofano e cannella) e la specialità della casa ovvero gli“M’panatigghi”, biscotti modicani ripieni con un impasto di filetto di manzo macinato, cioccolato, mandorle, zucchero e aromi naturali.
Frutta e dolcezze della zona: cioccolato (tipicità fiore all’occhiello di Modica), m'panatigghi, forme di formaggio Ragusano Dop
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Scelti per voi dove mangiare
L’olio di Chiaramonte Gulfi Chiaramonte Gulfi, piccolo borgo medioevale dell’entroterra siciliano, è divenuto da alcuni anni famoso in tutto il mondo per la qualità dell’olio che vi si produce. L’olio extra vergine di oliva Dop “Monti Iblei”, e in particolare quella sottozona “Gulfi” che è propria del territorio di Chiaramonte, ha ricevuto negli ultimi anni i riconoscimenti nazionali e internazionali più prestigiosi. Deriva dall’oliva Tonda Iblea che ha la caratteristica sferica e polposa e produce un olio profumato e dal colore verde intenso. Da settembre a gennaio si fa la raccolta delle olive ancora, per lo più, a mano, quindi il passaggio dell’estrazione dell’olio nei “trappiti” (frantoi), e poi all’imbottigliamento che varia da piccoli produttori ad aziende già affermate anche all’estero come l’azienda Gulfi e l’Azienda Biologica Rosso. L’ingegnere Giuseppe Rosso cura l’azienda di famiglia con estrema cura e produce un Monti Iblei Dop chiamato Villa Zattopera che ha vinto parecchi premi come migliore olio extra vergine italiano. La zona di Chiaramonte produce anche ottimi vini ed è famosa soprattutto grazie all’azienda Gulfi che, oltre al già citato olio Monti Iblei Dop, vive perlopiù come azienda vinicola e produce vini ottimi e legati a vitigni autoctoni della Val di Noto con produzione predominante di Nero d’Avola. Punto di riferimento della ristorazione di Chiaramonte è senz’altro il ‘Ristorante Majore’ che dal 1896 “magnifica il porco”, come si legge all’interno. Da provare la gelatina di maiale ma anche salumi eccellenti e ottimi vini. Dall’anno scorso a Chiaramonte si svolge, all’inizio di dicembre, la rassegna olivicola “Olio e nons’Olio”, un viaggio nei profumi e nei sapori dell’oro liquido fra le sue innumerevoli elaborazioni, dal sapone al gelato. 72
Ristorante Duomo Via Capitano Bocchieri 31 Ragusa Ibla Tel. e fax 0932651265 ristoranteduomo.it Tempio del famoso chef Ciccio Sultano il ristorante è ospitato in un’intima ed elegante dimora nel centro storico. Tre i menu degustazione a disposizione, tematici sul mare e la terra con variazioni stagionali. Preparazioni di alto livello gastronomico e coreografico. Cantina monumentale curata da Angelo Di Stefano. Menu 90 e. Locanda Don Serafino Via Orfanotrofio 39 - Ragusa Ibla Tel. 0932248778 locandadonserafino.it Vero gioiello della ristorazione ragusana e italiana ricavato in un’antica casa del centro storico con cantina a vista e mura in pietra viva. Vincenzo Candiano, giovane chef, vi delizierà il palato in una romantica cena a lume di candela accompagnata da una delle oltre mille etichette presenti in lista. Menu degustazione 75 e. La Gazza Ladra Via Blandini 11 - Modica (Rg) Tel. 0932755655 ristorantelagazzaladra.it Il giovane chef Accursio Cradaro, propone due menu degustazione (tradizionale e innovativo). Da provare il cremino di Ragusano e l’arancino melanzane e mozzarella. Menu 58 e. Fattoria delle Torri Vico Napolitano 14 - Modica (Rg) Tel. 0932751286 Ristorante di Peppe Barone, istituzione della ristorazione modicana e autore di libri sulla cioccolata. Menu da 30 e. Sakalleo Piazza Cavour 12 - Scoglitti (Rg) Tel. 0932871688 Rinomato ristorante di pesce sul porticciolo di Scoglitti che prende il nome dalle barche dei pescatori della zona. Memorabile il pesce porco alla griglia o all’acqua pazza. Menu da 45 e.
Majore Via Martiri Ungheresi 12 Chiaramonte Gulfi (Rg) Tel. 0932928019 Il tempio del maiale cucinato in tutti i modi. Menu da 25 e.
dove dormire Eremo della Giubiliana S.P. Ragusa-Marina di Ragusa Km 7.5 (Rg) Tel. 0932669119 eremodellagiubiliana.com Cinque stelle ricavato in un antico eremo del XII sec. Un luogo storico che domina il mar Mediterraneo, immerso nella campagna. Camere e suite splendide ricavate nel corpo centrale e nella torre. Ristorante raffinato e anche eliporto. Camera doppia da 260 e. Locanda Don Serafino Via XI Febbraio 15 - Ragusa Ibla Tel. 0932220065 locandadonserafino.it 10 camere in un palazzetto del 1700. Doppia da 148 e. Hotel Villa Carlotta Via Gandhi 3 - Ragusa Tel. 0932604140 villacarlottahotel.com Quattro stelle in un’antica fattoria del 1800 ex feudo della Marchesa Carlotta Schinnà. Camera doppia 150 e. Cambiocavallo Resort Km 5 S. P. Modica-Pozzallo, Modica (Rg) Tel. 0932779118 cambiocavallo.it Antica stazione di sosta per cavalli dell’800 trasformata in fascinosa redidenza. Camera doppia da 120 e. Palazzo Failla Via Blandini 5 - Modica (Rg) Tel. 0932941059 - palazzofailla.it Arredi d’epoca e un’accoglienza d’altri tempi. Camera doppia da 120 e. Hotel 900 Via Duprè 11 - Scicli (RG) Tel. 0932843817 - hotel900.it Piccolo hotel di charme in un palazzetto nobiliare nel centro. Doppia da 130 e.
Villa Zattopera C.da Roccazzo - Chiaramonte Gulfi (Rg) Tel. 09322444018 villazattopera.it Agriturismo di charme. Pernottamento da 35 e a persona.
dove comprare Antica Dolceria Bonajuto Corso Umberto I 159 - Modica (Rg) Tel. 0932941225 - bonajuto.it Dall’800 produce cioccolata al peperoncino, vaniglia e cannella. Biscottificio Nonna Margherita Corso Umberto I 81 - Modica (Rg) Tel. 0932752012 nonnamargherita.it Il meglio della tradizione: mostaccioli e ‘mpanatigghi, con carne e cioccolata. Antica Dolceria e Gelateria Rizza Corso Umberto I 268 Modica (Rg) Tel. 0932905168 anticadolceriarizza.it Gelato artigianale a base di cioccolato. Ragusa Latte Zona Industriale di Ragusa Tel. 0932668934 - ragusalatte.it Caseificio con spaccio per acquisti. Cantine Gulfi Via Maria SS. del Rosario C.da. Roccazzo Chiaramonte Gulfi (Rg) Tel. 0932.921654 - gulfi.it Rossi e bianchi di alta qualità fra i quali il Nero d’Avola della Val di Noto. Anche olio Monti Iblei Dop.
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winepassion
Nerello, un rosso vulcanico di Pietro Milo
Etna
Sicilia
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Importanti sbalzi termici tra giorno e notte, una spiccata personalità, clima asciutto e temperature giornaliere tipicamente mediterranee: questo ambiente pedoclimatico particolarmente ricco di contrasti (o contraddizioni?) è l’Etna. Anzi, “la Montagna”, come la chiamano i siciliani. L’area vanta un clima diverso da quello tipico siciliano e cambia in relazione al versante del vulcano e
all’altitudine. Nella zona etnea interessata alla viticoltura si registrano temperature medie più basse rispetto a quelle dell’isola.Le minime, specie nel versante nord, in inverno e anche nel periodo di inizio germogliamento non di rado scendono sotto lo zero, e a volte sono rischiose per la vite, tanto da parlare paradossalmente di “limiti colturali” della stessa. Particolarmente interessante,dal punto di vista enologico,è l’ele-
Croce e delizia dei viticoltori siciliani, “la Montagna” ha da sempre condizionato la vita e le scelte degli abitanti della zona, ripagandoli con un terreno ricco e fertile e un clima particolarmente adatto alla coltura della vite. Tra i suoi fiori all’occhiello questo rosso di origine mascalese ricco di profumi prorompenti e dal sentore di liquirizia e spezie I terreni vulcanici etnei sono a reazione subacida, ricchi in microelementi e mediamente dotati di potassio, fosforo e magnesio.Altra caratteristica che rende particolari le zone è la presenza nell’aria di una ricca miscela di vapore acqueo e zolfo, frutto dell’attività vulcanica, che preserva, nutrendola, la vite da molte problematiche fitopatologiche.
Il signore della Piana di Mascali
vata escursione termica che si registra nel periodo primaverile-estivo, quando non di rado si raggiungono i 30 gradi di differenza fra il giorno e la notte. Altra differenza sostanziale rispetto al resto della Sicilia si ha nelle precipitazioni:dipendono dal versante e sono molto più elevate nella parte est del vulcano che in quelle nord e sud. Le piogge, praticamente assenti in estate, sono per lo più distribuite durante l’autunno e l’inverno e non di rado in concomitanza con il periodo vendemmiale: questo in alcune annate e per certe zone può essere un fattore limitante della maturazione e della sanità delle uve. Le forme di allevamento sfruttano tuttavia l’escursione termica e la traducono naturalmente in condensa dell’evaporazione, la quale produce una forma di gocciolamento che garantisce una minima dose di acqua. La natura del terreno della zona etnea è strettamente legata alla matrice vulcanica, composta da sabbie con una trama ricca di pietre eruttive, ed è caratterizzata da una forte capacità drenante.
In questo contesto molte varietà riescono a dare risultati sorprendenti, e una in particolare, per valenza storica e superficie coltivata, trova qui le condizioni ottimali: ossia il Nerello Mascalese. Il luogo d’origine di questa cultivar a bacca nera, da sempre la più diffusa nella zona etnea, è sicuramente la Piana di Mascali, alle falde dell’Etna, dove le origini di questo vitigno vengono fatte risalire al XV secolo, anche se la viticoltura in zona ha radici ben più datate; oggi è presente con molte differenti variazioni clonali. È un vitigno potenzialmente di grande vigoria vegetativa e produttiva che, sull’Etna, riduce l’espansione e subisce le caratteristiche delle differenti zone, del sistema d’allevamento, della discontinuità delle annate. Questo comporta una notevole variabilità qualitativa delle uve a maturazione, specie a carico dei costituenti polifenolici. Tuttora il sistema d’allevamento considerato più equilibrato è quello antichissimo ad alberello (2-3 branche per pianta con uno sperone portante due gemme) con alte densità di viti per ettaro (6.000/9.000 ceppi per ettaro).Purtroppo l’alberello rischia il progressivo abbandono per gli elevati costi di lavorazione, anche se dalla sua, oltre alla qualità, vanta bassi costi iniziali di im-
Per scoprire le meraviglie della faccia “vitata” del vulcano e saggiare la straordinaria biodiversità del suo territorio, vi consigliamo di mettervi sulla Strada del Vino dell’Etna e percorrerne i sentieri dai nomi fantasiosi: da Monte Zoccolaro a Cisternazza In alto, la terra vulcanica dell’Etna, ricca in microelementi e mediamente dotata di potassio, fosforo e magnesio. Questi elementi, uniti alla presenza nell’aria di una miscela di vapore acqueo e zolfo, nutrono la vite e la preservano da molte problematiche fitopatologiche
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Scelti per voi
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Mongibello, tra pietra lavica e pistacchi di Bronte
I siciliani, con quello che è il più alto vulcano d’Europa e uno dei più attivi al mondo, ci convivono da migliaia di anni e, ovviamente, non in maniera del tutto indolore, basti ricordare le disastrose eruzioni del 1669 e, in tempi più recenti, del 1928. Il temibile Etna, così chiamato dall’antico nome greco (Aitna) attribuito alla città di Catania, per gli abitanti delle sue pendici – quando è tranquillo – è tuttavia anche un inesauribile fornitore di pietra lavica che a queste latitudini, nel corso dei millenni, ha fatto da materia prima per pavimenti di chiese e di santuari, colonne, fontane, sedili, balaustre e opere artistiche come il Liotru di Catania, il celeberrimo elefante di lava, e numerosi altri capolavori dell’arte barocca siciliana. Il vulcano, che qualche anziano del luogo chiama ancora Mongibello (dall’arabo traslato Mons Jebel, ossia “montagna doppia” in ragione della sua maestosità), ha impregnato insomma in ogni modo la vita di quest’area della Trinacria, influendo non solo sul suo paesaggio, sul folclore e sulle tradizioni culturali, artigianali e artistiche, ma anche sullo stesso patrimonio produttivo ed enogastronomico locale. La ricchezza del Parco Regionale dell’Etna, che si estende dalle cime del vulcano fino alla cinta di 20 centri abitati (tra questi Bronte, Giarre, Belpasso e Zafferana Etnea), del resto, è proverbiale: fino a quota 1.300 metri prevale la frutticoltura che accompagna la preservazione di vecchie varietà peculiari (come i pistacchi di Bronte e le fragole di Maletto) con le tradizionali colture siciliane come gli agrumi e i fichi d’india. Sopra i 1.300 metri di altitudine, predominano invece i boschi: faggi, betulle, ginestra, pioppi, ginepri. Il paesaggio vitato che copre almeno tre versanti dell’Etna è inframmezzato dai terrazzamenti realizzati con muretti a secco e dai caratteristici palmenti, le tipiche costruzioni agricole – anch’esse costruite, cà va sans dire, in pietra lavica – utilizzati per la viticoltura. Per scoprire le meraviglie della faccia vitata del vulcano e saggiare la biodiversità del suo fertile territorio capace di regalare rossi Doc dal carattere deciso (come appunto il Nerello) e vini di uve a bacca bianca, è consigliabile mettersi sulla Strada del Vino dell’Etna e intraprendere i suoi percorsi più suggestivi: Monte Nero degli Zappini, Monte Zoccolaro, PietracannoneCubania, Monti Sartorius, Piano dei Grilli, Cisternazza-Monte Spagnolo, Gurrida. Senza dimenticare tuttavia di stuzzicare il palato anche con la gastronomia locale qui sull’Etna annovera, oltre al pistacchio di Bronte, chicche irrinunciabili come i torroncini di Belpasso, il miele di Zafferana Etnea, le salsicce di Linguaglossa, i funghi di Nicolosi, l’olio di Ragalna.
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dove mangiare
pianto. Le caratteristiche climatiche e ancor più dei terreni permettono la messa a dimora di viti franche di piede, propagate per talea o margotta, e che quindi non vedono la costruzione della pianta con l’utilizzo della parte radicale americana su cui viene innestata la parte produttiva. In questo areale, pur rispettando le forti differenze dei versanti e delle annate, si vendemmia generalmente a metà ottobre, quando i grappoli hanno raggiunto la piena maturità fenolica. Il Nerello Mascalese si presenta di colore rosso ciliegia tendente al granato, ricco di profumi prorompenti che si distinguono per finezza ed eleganza.Vi spiccano sentori di liquirizia, spezie e frutta a bacca rossa. Al palato è intenso e tendenzialmente asciutto sul finale, può dare vita a vini molto complessi e longevi. La tipologia dei terreni e del clima garantisce una buona acidità che mantiene fresco il vino negli anni. Si abbina molto bene a primi come il risotto ai funghi, a secondi a base di carni rosse,salsiccia di suino nero e formaggi stagionati. Va servito in bicchieri ampi a una temperatura di circa 16-18°C.
Ristorante La Pietra Antica ‘O Munti All’interno di un antico palmento dell’800, cucina tipica siciliana casalinga e genuina, da gustare nella sala di pietra lavica con vecchio torchio annesso. Menù da 25 euro Via Andronico, frazione Mascali Puntalazzo (Ct) Tel. 0957824035 www.lapietraantica.it Locanda del Vinattiere Giardino splendido e arredi di buon gusto. Cucina semplice e deliziosa basata su caponate di pesce, salsicce di pescespada e filetti di maialino nero. Menù da 35 euro Via Fontana, 10 Valverde (Ct) Tel. 0957211865 www.locandadelvinattiere.it
dove dormire La Tenuta Immersa nella verde quiete dei boschi, con vista sul vulcano, è ideale per chi ama trekking, equitazione e passeggiate a piedi. Camere con idromassaggio e ricca colazione. Da 35 a 50 euro a persona per notte Via Pizzo Maugeri, 28 Valverde (Ct) Tel. 0957213304 www.latenuta.it Castello di San Marco In un maestoso castello barocco del ‘600, tra ampi saloni dotati di archi in pietra, 30 camere e una suite tutte con terrazzo, che permettono di rivivere l’atmosfera delle antiche dimore della più sfarzosa nobiltà sicula. Soggiorno da 60 a 100 euro a persona Via San Marco, 40 Calatabiano (Ct) Tel. 095641181 www.castellosanmarco.it
dove comprare Azienda Vinicola Benanti Via Garibaldi, 475 Viagrande (Ct) Tel. 0957893533 www.vinicolabenanti.it
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winepassion Raccontare le vicissitudini che hanno portato il Nero d’Avola a diventare uno dei simboli della Sicilia, significa raccontare l’evoluzione di un territorio e della sua gente. E noi lo facciamo attraverso la viva voce di chi questo cambiamento l’ha vissuto in prima persona di Gilda Ciaruffoli Che la Sicilia sia terra di vino è cosa nota. Qui la vocazione vitivinicola affonda le radici nell’antichità, quando i coloni Greci iniziarono a dedicarsi alla coltura della vite in modo sistematico, seguiti dai Fenici che fecero dei vini siciliani materia di scambio in tutto il mondo noto. Detto questo però, non è forse noto a tutti che uno dei vini più caratteristici della regione, il cui nome è in grado di evocare alla mente immediatamente la sagoma delle coste trinacre, ovvero il Nero d’Avola, ha iniziato a essere commercializzato su scala industriale solo nella seconda metà del ’900. Anch’esso di origini greche, caratteristico è il suo colore rosso rubino e, all’assaggio, il sentore di bacca, ciliegia, prugna, talvolta speziato. Assaggiandolo, chi potrebbe immaginate che, per via della sua elevata gradazione alcolica (raggiunge facilmente i 15 gradi), fino a pochi decenni fa quest’eccellenza – nota con il nome di Calabrese – era utilizzata unicamente come vino da taglio per altre produzioni? Una storia affascinante, che si lega a doppio filo a quella della terra di Sicilia e delle aziende agricole che da anni vivono dei suoi frutti. Per capirla meglio ne abbia78
Licata:
un territorio, la sua storia, il suo vino
La vicinanza del mare conferisce al territorio di Licata un clima piacevole, secco d’estate e mite d’inverno
Alcuni scorci delle terre coltivate a vite nei pressi di Licata (Ag) e dell’azienda agricola Quignones, della quale l’ingegner Alfredo Quignones (qui sotto) è proprietario
mo parlato con l’ingegner Alfredo Quignones, proprietario dell’omonima azienda agricola. «La storia del Nero d’Avola è la storia del territorio siciliano, e anche della mia famiglia», ci spiega Quignones. Siamo a pochi chilometri da Licata, comunque in provincia di Agrigento sviluppato per circa 20 km su una costa dalle caratteristiche eterogenee – tutta litorali sabbiosi a est e suggestive sco-
gliere alternate a spiagge di ciotoli a ovest – affacciata sul Mediterraneo, caratteristica che conferisce all’intero territorio un clima piacevole, secco d’estate e mite d’inverno. Dal punto di vista del legame tra questo lembo di provincia agrigentina e le attività viti-vinicole locali, un primo grande cambiamento si verifica a metà dell’800, con l’arrivo della ferrovia, che, ci racconta Quignones «ha comportato una rilettura dei territori, tagliano ad esempio le nostre terre in due e lasciando alla mia famiglia parte di quelle coltivate, come da tradizione, con mandorli, ulivi e vitigni, alberi secolari che erano lì molto prima di noi». Ma la vera rivoluzione è quella accorsa a cavallo degli anni 50 e 70 del ’900, introdotta, prosegue l’ingegner Quignones, già dal secondo dopoguerra. «In quel periodo c’è stata un’importante evoluzione nella società e nel rapporto con il territorio. Prima della guerra infatti le grandi realtà come la nostra non si occupavano direttamente della coltivazione dei terreni che erano dati in affitto. Dal dopoguerra tutto è cambiato: le famiglie che avevano un pezzo anche piccolo da coltivare non riuscivano più a risarcire il proprietario e a sostenersi, e quindi emigravano verso l’estero, da Licata come da tutta la Sicilia. I terreni sono così rientrati in possesso dei proprietari. È stato allora che mio padre, ad esempio, ha ripreso a coltivarli in modo diretto. Era il periodo delle Cantine Sociali, dove si portava tut-
Una provincia da bere Licata, città dal fascino antico, affacciata sul Mediterraneo, per le cui strade le dominazioni vissute nel corso dei millenni hanno lasciato una presenza tangibile nelle architetture, nell’urbanistica e nelle tante aree archeologiche che intrecciano passato e presente nel territorio circostante, è solo la prima tappa del viaggio tra arte ed enologia che è possibile effettuare nella provincia di Agrigento. Meta imperdibile in questo senso è infatti Menfi, il cui territorio vanta il 40% dell’export di tutta la produzione vinicola dell’isola; qui tra fine giugno e i primi di luglio si tiene Inycon, Vino.Mare. Menfi. La rassegna dedicata al vino di qualità prodotto nel distretto delle Terre Sicane (www. inyconmenfi.it). E ancora, Sambuca di Sicilia, con la sua omonima Doc: il vino qui è la principale risorsa dell’economia locale, e il numero delle cantine altissimo. E ovviamente Canicattì, nota per la sua celebre uva Italia Igp festeggiata tra la fine di settembre e i primi di ottobre durante la sagra dedicata.
Aziende Agricole Quignones Corso Vittorio Emanuele, 62 Licata (Ag) Tel. 0922770157 Info: www.quignones.it
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to il prodotto. O meglio, la gran massa di prodotto realizzato senza troppa attenzione alla qualità: il vino siciliano infatti, ai tempi, serviva unicamente per tagliare i prodotti del Nord. Questo sistema è andato avanti fino alla fine degli anni 70 e con gli ’80 c’è stata la svolta verso la qualità». È stato infatti in quel periodo che si è smesso di parlare di Calabrese e si è iniziato a parlare di Nero d’Avola, «o meglio, se n’è riconosciuto il valore come frutto della Sicilia, e non lo si è prodotto più per perderlo negli altri vini», ci racconta Quignones. «In quegli anni si affacciano sul mercato tante realtà che si rinnovano scegliendo di dedicarsi alla produzione diretta. E noi seguiamo la tendenza: perché lasciare il valore aggiunto che un vino autoctono di tale valore può portare, ad altri? Decidiamo quindi di produrre Nero d’Avola noi stessi: la nostra prima bottiglia è del 2000, annata ’96, e viene presto affiancato dal bianco Insolia. Il successo è subito molto buono e quindi, nel tempo, abbiamo lavorato per perfezionare e ampliare la produzione, impiantando anche varietà alloctone». Conclude Alfredo Quignones: «io sono del ’69 e ho vissuto in prima persona il passaggio da proprietari a produttori a livello industriale; ricordo i vigneti stracarichi di uva ai tempi delle Cantina Sociale… Oggi produciamo vini che sono frutto del territorio e abbiamo sviluppato un nostro modo di vinificare, non mutuato da altri, elaborandolo esclusivamente sul prodotto siciliano per esaltarne le caratteristiche e farne un ambasciatore della nostra terra».
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Petit Verdot e Passito: tecnica e destino Come abbiamo visto, la filosofia di produzione dell’azienda Quignones si è sviluppata negli anni seguendo l’evoluzione del territorio e della società, ricercando la massima differenzazione dell’offerta. Per tale motivo, ai vini storici, tra cui l’Insolia e il Nero d’Avola, sono state ben presto affiancate altre tipologie, distinte in specifiche linee. Tra le varietà alloctone in produzione, una menzione particolare la merita il Petit Verdot. Ci spiega l’ingegner Quignones: «questo vitigno originario del Bordeaux è di difficile coltura. Tra le sue caratteristiche infatti quella di essere tardivo e quindi, di non arrivare sempre a maturazione. Dipende dalle annate: nella sua terra d’origine infatti solo se il clima è buono a lungo la maturazione è eccellente. In Sicilia quindi, dove l’estate arriva fino a ottobre e ne accompagna la maturazione, il Petit Verdot ha trovato terreno fertile assumendo un carattere nuovo e tutto siciliano. Diventando in sostanza un prodotto autoctono». Tradizione, procedure studiate, anni di esperienza, quindi. E poi arriva il caso a metterci lo zampino, e riscrive la storia. Prosegue Quignones: «cinque anni fa volevamo realizzare un Passito di Nero d’Avola e lo volevamo realizzare attraverso il nostro classico protocollo di vinificazione. Poi il guasto: un macchinario ha avuto un problema e quella che doveva essere una macerazione a freddo si è trasformata in criomacerazione per via di un termostato rotto. Il risultato? Profumi e aromi inaspettati. E ovviamente da quell’errore è nato il nostro nuovo protocollo, che da quel momento abbiamo sempre applicato». Ricordiamo infine che il Nero d’Avola Quignones, punta di diamante dell’Azienda, ha vinto la Medaglia D’Oro al concorso internazionale Berliner Wein Trophy 2012. Volendo assaggiare queste e le altre proposte aziendali, è sufficiente recarsi presso l’Azienda Agricola Quignones e approfittare di una delle degustazioni e degli eventi organizzati durante l’anno: «mostrare dove nasce la nostra uva e come diventa vino è per noi un vanto, e l’arte dell’accoglienza un piacere. Al momento non abbiamo ancora allestito strutture di ospitalità interne ma offriamo la possibilità di soggiornare in paese, a Licata (a soli 5 km), e quello di realizzare strutture di accoglienza in Azienda è comunque il prossimo passo che vogliamo compiere», conclude Alfredo Quignones.
dove mangiare Hostaria L’Oste e il Sacrestano Sperimentazione e materie prime di eccellenza. Da non perdere la fettuccina fresca con ragù di seppia su vellutata di carciofi licatesi alla contadina. Via Sant’Andrea, 19 Licata (Ag) Tel. 0922774736 Ristorante Logico Ottimo il pesce, freschissimo. Via Brigadiere Salvo d’Acquisto, 5 Licata (Ag) Tel. 092277300 Oasi Beach osteria del mare Nato come stabilimento balneare è ormai una certezza nella ristorazione locale. Via Serg.Profumo, 11 Licata (Ag) Tel. 0922803494 Cala del Re Prelibati piatti di pesce sulla riva. Contrada S. Nicola Licata (Ag) Tel. 0922761056
Baglio Oro Sede: Via delle Sirene, 17 – Marsala (Tp) Cantina: Contrada Perino, 235 – Marsala (Tp) Tel/Fax. 0923 967744 - Mob. 3299848243 / 3339177043 www.bagliooro.it
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Magiche emozioni Sicilia. Zibibbo, Marsala o Malvasia? Guida ai migliori passiti e vini dolci, da dessert e da meditazione, dell’isola di Guido Montaldo
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«L’Italia senza la Sicilia non lascia alcuna immagine nell’anima, qui comincia tutto», scrisse Goethe ai tempi del suo “Viaggio in Italia”. Una considerazione valida ancora oggi, parlando di vini dolci e passiti siciliani. Con le sfumature ambrate e l’intenso color oro che ricorda il sole, sono tra i vini più antichi del Mediterraneo e proprio in Sicilia la loro produzione ha avuto nei secoli un grande sviluppo. I marinai fenici e poi greci, che sbarcarono sulle antiche coste della Sicilia, non erano certo consapevoli di essere i capostipiti dei moderni vignaioli siciliani, che stanno affascinando con i loro formidabili vini gli appassionati di tutto il mondo. Furono infatti i Fenici i primi produttori e commercianti del Bilino, il più celebre vino dolce della loro epoca.Ai Greci invece si deve l’importazione delle prime piante di Malvasia e l’utilizzo della tecnica dell’appassimento per produrre i vini più pregiati, da sacrificare agli Dei. Una tecnica semplice e antichissima,diffusa soprattutto nei Paesi del Mediterraneo: le uve vengono distese al sole su canne e graticci (oggi in plateau e cassette) fino all’appassimento totale, quindi vinificate.
Malvasia delle Lipari Culla dei vini passiti siciliani sono le Eolie o Lipari, a nord ovest dell’isola madre. Un luogo mitico, che secondo gli antichi era la dimora di Eolo, re dei venti. Qui
la viticoltura risale al IV sec. a. C., come testimoniano diverse monete romane con inciso un grappolo d’uva, anche se furono i mercanti greci a sviluppare la coltivazione della Malvasia, cosa che si deduce dallo stretto legame con la Malvasia dell’Isola di Creta, prodotta a Cnosso. Quanto alle pratiche di coltivazione si riscontrano tratti in comune tra le Lipari,Creta e Pantelleria:le viti erano coltivate basse e l’uva era esposta al sole subito dopo la vendemmia e poi messa all’ombra prima di essere pigiata. Dopo duemila anni la pratica per produrre la Malvasia delle Lipari è sempre la stessa. E così fa, da oltre duecento anni, anche Francesco Fenech di Salina, che tenacemente, nonostante le difficoltà nel coltivare le viti su terrazzamenti in ripida pendenza sostenute da muretti a secco, continua la tradizione di famiglia. Tanta fatica è ricompensata da un nettare colore giallo oro, dai profumi di fichi secchi e albicocca, delizioso con la frutta e con i dolci siciliani.
Delizie di Moscato Un altro affascinante sito dove probabilmente sbarcarono i primi coloni/viticoltori greci fu Siracusa. «Il Moscato di Siracusa secondo alcuni storici locali fu l’antico vino Pollio, che si otteneva da uve odorose e soavi di una vite che il Re Pollio portò con se dalla Tracia durante la colonizzazione greca della Sicilia Sud-orientale
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Sopra, la bottaia di cantine Rallo a Marsala. Sotto, una bottiglia di passito
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(sec. VIII a.C.)», spiega Antonino Pupillo. È stato per merito della sua azienda se questo splendido vino dolce aromatico è riemerso dall’oblio storico. La cantina ha sede nel suggestivo scenario del castello del Solarium di Federico II, che apparteneva al feudo della Targia. Una zona ideale per la produzione di vini passiti, grazie alle brezze marine e al sole intenso,dove nasce il Moscato di Siracusa Pollio, dolce di immediata bevibilità, ma intenso e profumato di spezie dolci, ideale con i cannoli siciliani farciti di pistacchi. Il Moscato di Noto,città riconosciuta capitale mondiale del Barocco, ebbe probabilmente le stesse origini.Può essere naturale,spumante o liquoroso, per la sua intensa aromaticità si sposa con il cioccolato di Modica. Non sappiamo invece se il Moscato di Pantelleria o Zibibbo (in arabo), originario di Alessandria d’Egitto, fu importato dai Cartaginesi. Pantelleria, figlia del mare e del fuoco, si trova su una rotta piuttosto movimentata nel corso della storia. Più vi-
cina a Tunisi che alla Sicilia, quest’isola era un approdo naturale per chi dall’Oriente veniva nel Mediterraneo.Durante l’epoca romana la sua coltivazione era talmente diffusa,che il vitigno fu denominato anche Moscato romano. Rannicchiato in piccole tane, che i vignaioli scavano per proteggerlo dal sole cocente e dal vento secco e tagliente, anche la sua coltivazione può definirsi eroica, i vignaioli dell’isola dicono che sia stato versato più sudore a dissodare i declivi dove si trovano i filari che a costruire le piramidi d’Egitto. La viticoltura influenza il paesaggio dell’isola, i terrazzamenti in pietra a secco, declinano improvvisamente verso il mare, disegnando visioni mozzafiato, impreziosite dal candido bianco dei tetti dei “dammusi”. Oggi il passito di Pantelleria è un vino ricercato in tutto il mondo (oltre che il più richiesto dai consumatori italiani secondo un’indagine dell’Associazione Nazionale Città del Vino). Ma c’è passito e passito, perché se il delizioso vino dolce pantesco, non
Enrica Frigerio/Az. Donnafugata
viene “trattato con i guanti”, può dare origine a vini molto alcolici e poco eleganti. «Deve essere un vino naturale - dice Giacomo Rallo di Donnafugata - non deve ricordare minimamente né il marsala, né un vino liquoroso, ma essere fresco e ancora sapido nonostante sia un vino dolce». Donnafugata, cantina storica di Marsala (1851), riportata a nuova vita nel 1983 dalla famiglia di Giacomo Rallo, ha avviato a Pantelleria dal 1989 un vero e proprio progetto “filosofico” per rivalutare e valorizzare i passiti e moscati di Pantelleria. Nei suoi 46 ettari di vigneti a Pantelleria, L’azienda siciliana produce passiti e moscati di qualità superiore da cui nasce il Ben Ryè, un vino straordinario, leader nel mondo.
Un tipico dammuso bianco della tenuta Donnafugata a Pantelleria. In basso, la raccolta di uve bianche
L’avventura del Marsala
Enrica Frigerio/Az. Donnafugata
Più recenti le origini di un altro vino dolce, il Marsala, simbolo della Sicilia in tutto il mondo, ma inventato dagli Inglesi a fine ’700. Fu una intuizione di John Woodhouse, mercante di Liverpool che si stabilì a Marsala nel 1770. Notando una somiglianza con il clima di Madera, di Jerez e di Malaga, dove gli inglesi già producevano vini liquorosi che avevano grande successo commerciale, provò a impiantare nei terreni sabbiosi della Sicilia occidentale i vitigni portoghesi e delle Az-
zorre. Dopo una felice e rapida acclimatazione questi vitigni offrirono un’uva dal cui mosto derivò il primo Marsala. Uno dei primi clienti che favorì la diffusione del prodotto fu l’ammiraglio Nelson, che in occasione della battaglia del Nilo, imbarcò, in mancanza di rhum, il vino prodotto da Woodhouse. «Il vino è talmente buono da essere degno della mensa di qualunque gentiluomo», scriveva Nelson il 29 marzo 1800, due anni dopo la battaglia in Egitto. Ci pensò un altro inglese, il commerciante di tessuti Benjamin Ingham, a modernizzare e migliorare la produzione riuscendo a dare ai vini prodotti un sapore più dolce e un colore scuro che li rendeva più simili ai vini portoghesi. L’avventura italiana del Marsala nacque invece nel 1834 con Vincenzo Florio che impiantò un suo stabilimento, rivoluzionario per l’epoca, tra quello dei due colossi d’Oltremanica. Nel 1880 in provincia di Trapani si contavano 18 stabilimenti enologici dediti alla produzione del Marsala, tra i quali, dopo Florio, veniva l’azienda di Carlo e Paolo Pellegrino. Quindici anni dopo sarebbero diventati 45, costituendo un vero e proprio boom economico per il territorio dove veniva prodotto. Si prova una intensa emozione a visitare oggi il Baglio Florio, perché sembra che il tempo si sia fermato. I bagli vinicoli di Marsala erano delle grandi “fabbriche” enologiche, veniva prodotto il Marsala in diverse tipologie, ma anche le grandi botti che servivano a contenerlo; quindi imbarcate sul85
Scelti per voi
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i produttori Tenuta Rapitalà Contrada Rapitalà - Camporeale (Pa) Tel. 092437233 - giv.it Convivio Via Gioberti - Canicattì (Ag) Tel. 0922830593 - conviviovini.com Cantine Rallo Via V. Florio 2 - Marsala (Tp) Tel. 0923721633 - cantinerallo.net Cantine storiche Donnafugata Via S. Lipari 18 - Marsala (Tp) Tel. 0923724 200 - donnafugata.it Feudo Arancio Contrada Portella Misilbesi Sambuca di Sicilia (Ag) Tel. 0925579000 - cittadelladelvino.it
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Cercando l’Alcamo L’ultimo incontro“dolce” in Sicilia è lungo la Strada del vino Alcamo, la prima istituita nell’isola.Tra Alcamo e Camporeale, si estende Contrada Rapitalà, un territorio di rara bellezza, pettinato da ordinati vigneti, tanto che gli arabi lo denominarono “Rabidh Allah”, un luogo dove scorre il fiume di Allah. “Cielo d’Alcamo” è una vendemmia tardiva, affascinante matrimonio tra Sauvignon e Catarratto, ma è anche una storia di passione e amore per questa terra, vissuta intensamente da Hugues Bernard, conte de la Gatinais e da sua moglie, Gigi Guardasi, siciliana purosangue.“Rosa fresca aulentissima ch’appari inver’ la state, le donne ti disiano, pulzell’ e maritate”…riporta l’etichetta.Sono i primi versi di un’opera di Cielo Dalcamo, poeta vissuto alla corte palermitana di Federico II, che sembra abbia anticipato Dante Alighieri, nella prosa in volgare. «La ragione di vita di questa azienda - sottolinea Laurent Bernard de la Gatinais - è quella di valorizzare nei vini ogni particolarità di questo straordinario terroir,creando vini da bere più che da degustare.Cielo d’Alcamo è la sintesi tra la tradizione che ci caratterizza e l’innovazione che ci spinge a fare sempre meglio».
Tasca d’Almerita Contrada Regalali - Sclafani Bagni (Pa) Tel. 0916459711 - tascadalmerita.it Baglio di Panetto Contrada Pianetto - S. Cristina di Gela (Pa) Tel. 0918570002 - bagliodipianetto.com Fenech Via F.lli Mirabito 41 - Malfa Isola di Salina (Me) Tel. 0909844041 - fenech.it Carlo Pellegrino & C. Via del Fante 39 - Marsala (Tp) Tel. 0923719911 - carlopellegrino.it Aziende Agricole Quignones Contrada Sant’Oliva di Licata (Ag) Tel. 0922891007 - quignones.it Pantelleria Doc Via Marinella 9 - Trapani (Tp) Tel. 092321717 - pantelleriadoc.com
Shobha/Az. Donnafugata
le navi che attendevano davanti al Baglio, nel porto di Marsala, che raggiungevano le più importanti capitali del mondo. Nelle Cantine Pellegrino è conservato un vero e proprio museo “vivente” del Marsala, tra variopinti carretti siciliani, l’immagine più imponente è quella di una parete di botti di diversa grandezza utilizzate per la produzione del Marsala più famoso, ottenuto col Metodo Soleras. Usato originariamente in Spagna, consiste nell’invecchiamento con il sistema del rimboccamento partendo dal vino della botte che contiene il prodotto più giovane via via fino alla botte che contiene il vino più vecchio, posta all’altezza del suolo, dalla quale viene prelevato il vino per l’imbottigliamento finale.Vini della tradizione e nuove tendenze, dove emerge la valorizzazione del Nero d’Avola, che dà ottimi vini rossi giovani e da invecchiamento, ma anche passiti interessanti, come Aner. È una recente intuizione dell’azienda Quignones, di origine spagnole (XV sec.), che oggi coltiva con amore circa trenta ettari di vigneti sulle colline di Licata, a poca distanza da Agrigento. Un ambiente incontaminato dove è ancora possibile gustare sapori genuini e vivere una vacanza affascinante tra il mare e le antiche vestigia greche e romane.
Florio Via Vincenzo Florio 1- Marsala (Tp) Tel. 092378111 - cantineflorio.it
magazine
InViaggio Viaggio In 116
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104 120
90 Dolce vita alle Eolie
104 La Sicilia dei laghi
116 Tra l’Africa e la luna
C’è un mondo siciliano che pochi conoscono, ma non per questo meno affascinante, fatto di specchi d’acqua
A Pantelleria nessuno è straniero Quest’antica vocazione al melting
Per chi ama i tramonti e i panorami è doveroso visitare l’arcipelago di Eolo
94 La montagna incantata Il viaggio nei miti e nei sapori dell’estrema punta Ovest della Sicilia
98 Mitiche, mistiche Egadi È un mare antico quello che bagna Favignana, Levanzo e Marettimo, dove la storia dell’uomo è diventata leggenda.
naturali e artificiali
pot trova spazio anche sul versante enogastronomico
108 Valle di templi e sapori
120 Trinacria: terra di suggestioni
Un itinerario nei principali luoghi di villeggiatura siciliani, alla scoperta dei loro segreti e tesori
Più che una città, è un giacimento di cultura che affonda le sue radici in tempi remoti di greca, romana e araba memoria
112 Fidelissima Licata
Le tante sorprese di un’antica città inserita in un magnifico contesto ambientale fra mare, pianura e montagna
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“Dolce vita” nelle terre di Eolo di Piero Caltrin
Ce n’è per tutti. Per chi ama i tramonti e i panorami da ammirare seduti sulla riva, e per chi non rinuncia a un cocktail bordo piscina degustando finger food. Visitare l’arcipelago eoliano, sospeso tra Calabria e Sicilia, e farlo in primavera, significa godersi in tranquillità le sue meraviglie e poterne conoscere davvero abitanti, abitudini e segreti 90
Sette. Come i colori dell’arcobaleno, come le virtù. E come i peccati capitali. Sette isole di origine vulcanica dalla storia millenaria, a riempire uno specchio d’acqua che da Capo Vaticano in Calabria arriva fino a Cefalù, sulla costa tirrenica della Sicilia. Le chiamano Eolie, dal nome del mitologico dio del vento che, leggenda vuole, le ha plasmate e addolcite. Sette isole, ognuna diversa dall’altra per caratteristiche, morfologia, rilievi montuosi, villaggi e abitudini degli abitanti. Basta spostarsi di poche miglia, da una terra emersa all’altra, e
ogni volta sembra di entrare in una nuova dimensione, con atmosfere, profumi e colori che nulla o quasi hanno a che vedere con quella precedente. Il primo scorcio di primavera è la stagione più adatta per gustarsi appieno, senza troppa gente intorno, lo straordinario mix di ambiente selvaggio e servizi esclusivi, di trattorie rustiche e ristoranti di alta cucina mediterranea, che queste perle del Basso Tirreno – dal 2000 patrimonio Unesco – sono in grado di offrire. E che adesso anche il turismo mondiale sta cominciando a scoprire.
L’altra movida, soft e raffinata
Marzo e aprile sono ideali per scalare lo Stromboli e ammirare i colori dell’eruzione di notte, per salire sul cratere a Vulcano, per scoprire se sul Monte Fossa delle Felci,a Salina, c’è ancora neve...
Dovessimo dare loro un giudizio politico, diremmo che le Eolie sono assolutamente bipartisan. Ovvero perfette per chi predilige un profilo low e cerca natura incontaminata e paesaggi da meditazione e altrettanto ideali per chi preferisce invece la vacanza cool, piena di comfort, piaceri e glamour mondano. Già, perché l’arcipelago siciliano non è solo tramonti solitari in riva al mare guardando i pescherecci da briose spiaggette di pietra pomice come Acquacalda e Canneto, o vedute mozzafiato sui Faraglioni da punti panoramici unici al mondo come il belvedere Quattrocchi a Lipari: le isole Eolie infatti sono anche aperitivi a bordo piscina, live music session, sushi mediterraneo per chi non vuole rinunciare alle atmosfere soft e agli ambienti esclusivi. «Questa moda è cominciata a Panarea sulla scia della movida anni ’80 e oggi si può trovare un po’ in tutte le isole, in un ambiente più intimo e rilassato», ci spiega Lorenzo Siracusano, giovane gestore dell’hotel di famiglia Ravesi nel borgo di Malfa sull’isola di Salina, la più selvatica ma (forse) anche la più ammaliante delle sette sorelle. Il suo piccolo gioiello di architettura eoliana ha una piscina a sfioro con una vista incomparabile sul mare, Panarea e Stromboli, e un prato all’inglese dove ogni sera dalle 19 si svolge l’happy hour a base di prodotti di Salina. E sempre Salina ospita un altro luogo decisamente chic anche se legato ad antiche tradizioni: ovvero la spa dell’Hotel Signum. «La nostra struttura è realizzata secondo le linee delle antiche terme eoliane, i bagni di vapore sono effettuati in una stufa termale, riproduzione di quella di San Calogero in Lipari di oltre 3.500 anni fa, e i fanghi e gli scrub sono ricavati dagli oligoelementi presenti nel-
la nostra acqua sulfurea e nel cappero, elemento primario della nostra Isola», dice la proprietaria, Clara Rametta. Per chi ricerca poi atmosfere a cinque stelle, il Capofaro, di proprietà della famiglia Tasca Lanza, è definito un Malvasia Resort, ovvero una struttura in stile mediterraneo immerso nei vigneti del vino Tasca d’Almerita. Sull’isola di Vulcano, calda come l’odore di zolfo che impregna l’aria, il Therasia invece è paragonabile a un esclusivo relais di Cabo San Lucas con lussuose suite arredate in stile mediterraneo, piscina a sfioro con vista sull’isola di Lipari e i Faraglioni e un ambiente perfetto per un aperitivo very cool.
Che amiate le atmosfere casalinghe o preferiate gli ambienti più esclusivi, le sette isole Eolie, ricche di proposte adatte a tutte le tasche e i gusti, sono una meta ideale di vacanza
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Scelti per voi
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dove mangiare Da Francesco Oasi di pace e genuinità grazie alla sapiente conduzione familiare e alle specialità della cucina eoliana tramandate fedelmente da tre generazioni. Prezzo medio: 35 euro Porto di Panarea (Me) Tel. 090.983023 www.dafrancescopanarea.com Don Piricuddu Ottima cucina a base di pesce con tanti buoni antipasti e primi piatti gustosi. Prezzo medio: 30 euro Via Lentia 33 Vulcano (Me) Tel. 090.9852424 Donne isolane al lavoro sulla preziosa uva locale dalla quale nasce la dolce e aromatica Malvasia delle Lipari
Riserve di buon gusto Pesce freschissimo, capperi, pomodorini, profumate spezie e vini passiti caratterizzano la cucina locale: sono presenti in ogni preparazione, dalla più semplice insalata, con l’aggiunta di patate lesse, cipolla rossa, olive verdi, fagiolini e peperoncino, a piatti più sofisticati come i calamaretti ripieni alla Malvasia o la capuliata di tonno fresco e cucinci (i frutti del cappero). «Viviamo di ricette semplici, dei prodotti del nostro orto e del pesce della nostra barca», sottolinea Maria Pia, anima della Trattoria da Francesco a Panarea – la più festaiola delle isole – ultimo baluardo di quella tipicità che a volte in questo lembo di terra è stata sopraffatta dalla mondanità esasperata. In questo minuscolo Eden si è avvolti dal profumo del basilico e della menta fresca che cresce nel vicino orto. Una piccola riserva di buon gusto che mette a disposizione dei clienti anche gradevoli camere con vista mare. Analoga accoglienza calorosa all’hotel Principe di Salina, a Malfa, dove Sara e Gaetano accolgono con specialità della cucina attinta dal mare, come i paccheri con i filetti di scorfano, pomodorini e capperi o un freschissimo carpaccio di tonno e per finire un bicchierino di Malvasia prodotta dai vigneti di proprietà.
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Fuori stagione, dentro la natura Anche in tempi lontani dalla calura estiva, gli amanti del mare saranno accontentati, avendo una vasta scelta fra le piccole calette scoscese di Filicudi e le larghe e comode spiagge a Vulcano, con la possibilità di noleggiare una barca a Panarea oppure di vivere il pescaturismo notturno a Salina. Di tutto e di più e per tutte le tasche, insomma. Le Eolie sono bellissime anche a marzo e aprile, quando si svuotano dal turismo di massa e tornano a vivere la propria dimensione fatta di tranquillità, rapporto con gli abitanti e tante belle esperienze escursionistiche. Per esempio, questo periodo è perfetto per scalare lo Stromboli in pieno giorno, vedere il tramonto dal cratere e i colori dell’eruzione di notte dalla sciara di fuoco, salire sul cratere a Vulcano e godere di un’incomparabile vista sull’arcipelago, affittare una jeep a Salina per scoprire se sulla sommità del Monte Fossa delle Felci si può trovare ancora neve. Molte delle strutture alberghiere cominciano ad aprire proprio ai primi di marzo. Da visitare tutto l’anno invece è il suggestivo Hotel l’Ariana a Rinella (a Salina) dove dalla terrazza ci si affaccia letteralmente sull’acqua, in un ambiente che ha ispirato poeti e letterati. È romantico e struggente, nelle burrascose giornate d’inverno, vedere le onde frangersi proprio sotto la finestra della camera da letto.
Locanda del Barbablù Un piccolo nascondiglio fatto di buon gusto e charme. La cucina è basata sui prodotti del mare e dell’Isola con qualche piatto di ispirazione fantasiosa. Prezzo medio: 50 euro Via Vittorio Emanuele 17 Stromboli (Me) Tel. 090.986118 - www.barbablu.it La Nassa Il trionfo del pesce fresco in questo rinomato ristorante che basa la sua cucina su prodotti esclusivamente eoliani. Prezzo medio: 45 euro Via G.Franza 36 Lipari (Me) Tel. 090.9811319 www.lanassa.it
dove dormire Hotel Ravesi Prezzo medio doppia: 150 euro Via Roma 66 Malfa Salina (Me) Tel. 090.9844385 www.hotelravesi.it Hotel Capofaro Prezzo medio doppia: 300 euro Via Faro, 3 Salina (Me) Tel. 090.9844330 www.capofaro.it Hotel Therasia Prezzo medio doppia: 250 euro Loc. Vulcanello, Vulcano (Me) Tel. 090.9852555 www.therasiaresort.it
Per saperne di più: www.turismoeolie.com www.regione.sicilia.it/mare
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La montagna incantata di Francesco Condoluci
Il viaggio nei miti e nei sapori dell’estrema punta Ovest della Sicilia, è lungo. Da Erice a Trapani, sulla strada verso Marsala, alla scoperta di un’isola del tesoro che riserva sorprese al di là di ogni immaginazione 94
La cabina della funivia sale lenta. Alle tue spalle, il profilo delle Egadi è ormai lontano. E le saline già non si vedono più, confuse come sono nel riverbero del tramonto che ammanta di rosso l’abitato di Trapani: un triangolo perfetto di case agglomerate, con la cuspide affondata nel mare e la base che digrada verso l’altura, perdendosi nel declivio arso dal sole che si staglia a poche decine di metri sotto i tuoi piedi. Eh sì, nella bella stagione, quella del vespro è l’ora migliore per salire su a Erice, O Munti, come dicono da queste parti. La proverbiale afa sicula delle ore diurne è passata. Su in alto, anzi, è già frescura. E prima che scenda la sera, ci sono ore di luce bastanti per godersi “la montagna incantata”. Che sta lì, giusto davanti ai tuoi occhi, appena oltre le mura ciclopiche che la custodiscono da quasi 30 secoli. È tempo di saltar giù dalla funivia e immergersi dunque nell’atmosfera magica, quasi irreale, di questo borgo millenario incastonato in mezzo alle nubi, sulla sommità del Monte San Giuliano che domina il mare tanto amato dai Fenici. È qui che posa Erice, la città di Venere, passata alla storia per quel tempio in onore alla dea dell’amore voluto dagli Èlimi, suoi fondatori, per praticarvi la prostituzione sacra. Di quel santuario che tanta fama sacrilega diede alla Venus Erycina non v’è più traccia: ma sulle sue rovine, nel punto più alto del borgo, ancora oggi, si erge il Castello di Venere di fattura normanna. Lo vedi emergere tra le nebbie che anche d’estate avvolgono la città, dopo aver risalito le stradine selciate di pietra che conducono al suo cuore medievale, tra piccole piazze, case basse, patii fioriti e botteghe di tappeti e ceramiche.
Sapori ericini Se l’occhio non può non rimanere estasiato dall’antico Duomo, dai suggestivi Giardini del Balio o dalle decine di piccole chiese disseminate per tutto il centro urbano, il
Lungo la via del sale
Quella del vespro è l’ora migliore per salire a Erice, borgo millenario, incastonato tra le nubi, sulla sommità del Monte San Giuliano In alto, l’oro bianco trapanese regala scenari suggestivi lungo la strada da Erice a Marsala. In basso una tipica stradina nel cuore di Erice, l’antica città di Venere
Lasciando Erice, scendendo da Monte San Giuliano e incamminandosi sulla via del sale che da Trapani conduce fino a Marsala, si percorre un sentiero intercalato da bianche montagne di sale (che qui un tempo era chiamato oro bianco), pescatori di corallo e antichi mulini a vento, dove il mare, dicono, «si confonde con la terra». E in cui le tante stratificazioni culturali hanno lasciato segni indelebili nel paesaggio, nei costumi e, inevitabilmente, anche nella gastronomia. Così, succede che nel centro di Trapani, mentre ammiri il dedalo di stradine di richiamo arabeggiante e piene di gastronomie in cui si trovano raffinate delicatessen al sapore di bottarga di tonno, puoi immaginare di essere proprio in Tunisia. Basta seguire il profumo speziato degli aromi della cucina locale e infilarti dentro una delle couscouserie take away sparpagliate in via Torrearsa, a due passi dallo storico mercato del pesce. Qui, il couscous abbivirato dalla zuppa di pesce – piatto forte della cucina trapanese – lo puoi portar via e mangiarlo mentre prosegui il tuo tour, oppure degustarlo in piedi, su dei tavolini all’aperto, innaffiandolo con un quartino di vino bianco locale. La notte, a questo punto, può chiudersi con una romantica passeggiata al chiaro di luna verso il porto fino al Castello della Colombaia che guarda in faccia le pescose isole di Levanzo e Favignana. All’indomani però, ti attende necessariamente un altro pezzo di strada, quello per arrivare fino a Marsala, l’antica Lilybeo, intrisa di storia e di vino. Dove in mezzo alle vestigia dei Fenici e a cimeli garibaldini, e attraversando la Laguna dello Stagnone con Mothia e le altre piccole isole che fanno parte della Riserva Naturale, non smetterai di sorprenderti nel soddisfare il palato con la sublime dolcezza dello storico vino liquoroso – la più antica Doc italiana – che fu capace di affascinare anche Cavour, Mazzini e Garibaldi.
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L’atmosfera di Erice è unica, ma non è necessario abbandonarne la magia una volta tornati a casa. Tante infatti le botteghe nelle quali acquistare tipicità artigianali e squisitezze gastronomiche
naso invece segue altri percorsi, quelli suggeriti dagli effluvi dolciastri che si spargono copiosi dagli usci di queste botteghe. Passando da Piazzetta San Domenico, è l’olfatto che ti spinge dritto dentro la pasticceria di Maria Grammatico, un nome che è praticamente leggenda. Dell’arte pasticciera di questa deliziosa signora si sono occupati infatti trasmissioni televisive come il Maurizio Costanzo Show e la sua storia è finita persino dentro un libro pubblicato in America, Bitter Almonds di Mary Taylor Simeti. «Vengo da una famiglia numerosa – racconta la signora Grammatico – negli anni ’50, appena 11enne, sono entrata in un convento di monache di clausura che per sopravvivere, nel Dopoguerra, produceva e vendeva dolci e biscotti preparati secondo antiche ricette». Dalle monache, Maria ha carpito i segreti della nobile arte pasticciera e, una volta lasciato l’istituto, ha messo a frutto quanto appreso. Oggi, dopo anni di sacrifici, la sua pasticceria è diventata, in tutto il mondo, un cult della tradizione dei dolci tipici ericini, tappa obbligata per i turisti in visita a Erice. Dai classici dolci di mandorle ai frutti di marturana (marzapane) fino ai “cuori di pasta reale”, i prodotti della signora Maria, interamente rifiniti a mano, sono vere opere d’arte. E prima di lasciarvi alle spalle la città di Venere, state certi che non potrete resistere a estasiarvi il palato affondando i denti nelle profumatissime e calde “genovesi”, paste ripiene di crema gialla. 96
Scelti per voi dove mangiare Ristorante la Pentolaccia Via G.F. Guarnotti, 17 - Erice (Tp) Tel. 0923869099 Atmosfere antiche e sapori legati alla tradizione all’interno di un monastero nel cuore di Erice. Imperdibile l’antipasto rustico con acciughe, pomodori secchi e salame, la zuppa di cozze, la caponata di melanzane o i busiati a base di melanzane, aglio, pinoli e ricotta salata. Menù da 20-25 euro, vini esclusi. Trattoria Cantina Siciliana Via Giudecca, 36 Trapani Tel. 092328673 Fondato nel 1958 come una taverna, nei vicoli del quartiere ebraico a due passi dal Porto, il locale è arredato in modo tradizionale, con antichi lumi a olio, ferri da stiro, macina caffè, travi con pietra a vista, ruote e sponde di colorati carretti siciliani. Cucina mediterranea a base di ghiottonerie come bruschette con bottarga e uova di tonno, cous cous ai calamari fritti e busiate con spada e melanzane. Menù da 25-30 euro, bevande escluse. Couscouseria by Bettina Via Torrearsa, 110 Trapani Tel. 0923360053 Gastronomia tipica con servizio a domicilio e take
away, a due passi dallo storico mercato del pesce. Couscous con zuppa di pesce e altre specialità della cucina trapanese da mangiare in piedi, appoggiati sui tavolini all’aperto nella centralissima via Torrearsa, cuore pulsante dello “struscio” trapanese. Prezzi attorno ai 15-20 euro a pasto completo.
dove dormire Hotel Baia dei Mulini Lungomare Dante Alighieri Erice Mare (Tp) Tel. 0923584111/562400 www.baiadeimulini.it Un tempo era una salina: oggi sono rimasti il mulino, la casa salinaia e la residenza dei lavoratori, ristrutturata per accogliere 94 camere (10 suite) dotate di tutti i comfort. Adagiato sulla spiaggia, l’hotel dispone di piscine, campi da tennis e minigolf. Prezzo doppia: 93139 euro. Tenute Plaia Contrada Scopello, 3 Castellammare del Golfo (Tp) Tel. 0924541476 www.plaiavini.it Caratteristico baglio trapanese, con i diversi ambienti che si affacciano su un’ampia corte centrale. Dieci camere in un contesto elegante ma rispettoso della tradizione, con vista mare dalle terrazze. La cucina offre piatti tipici preparati con prodotti dell’azienda e
acquistabili nella bottega annessa. Prezzo doppia: 5560 euro a persona. Baglio Cudia C.da Spagnola, 381 Marsala (Tp) Tel/Fax 0923745460 www.bagliocudia.it A 5 chilometri dal centro storico di Marsala, il Baglio Cudia, ex baglio Barone Artale, mantiene intatto il fascino dei tempi lontani. A pochi passi si trova la laguna dello Stagnone che permette di raggiungere l’imbarcadero del sito archeologico di Mothia. Le camere, finemente arredate, ricalcano lo stile tradizionale dei Bagliotti Siciliani dell’800. Doppia da 120 euro in alta stagione.
dove comprare Tenute Adragna Azienda Vitivinicola Corso Vittorio Emanuele, 71 - Trapani Tel. 0923540922 La Botteguccia di Davide Catalano Prodotti tipici/enoteca Corso Vittorio Emanuele, 52 - Trapani Tel. 0923563482 Maria Grammatico Antica Pasticceria del Convento Via Vittorio Emanuele, 14 Erice (Tp) Tel. 0923869390
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Mitiche, mistiche Egadi È un mare antico quello che bagna Favignana, Levanzo e Marettimo, dove la storia dell’uomo è diventata leggenda. È il mare che ne lega e intreccia i racconti, che li alimenta e nutre, e che conduce a un approdo sicuro
di Vinzia Novara Di Gaetano
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La punta più occidentale della Sicilia è costituita da tre isole, non lontane dalla costa, dove bellezze naturali, calette divine, grotte, vigneti, borghi marinari si fondono in un paesaggio di assoluta bellezza. Acque limpide e affascinanti, dove immergersi diventa un’esperienza emozionante e vitale. Ma non è solo il mare a rendere Favignana,Levanzo e Marettimo mete apprezzate da un turismo motivato e ricercato;tante infatti le storie che queste terra hanno da raccontare. Tra l’arcipelago delle Egadi e le coste trapanesi si è sviluppata fin dall’antichità una civiltà produttiva legata alla pesca del tonno e alla coltivazione della vite, soprattutto sull’isola di Levanzo e, in parte, anche su Favignana. A queste due attività si lega la vicenda di una famiglia imprenditoriale di assoluto valore,i Florio,che seppe dare loro impulso e futuro, costruendo un vero e proprio progetto di valorizzazione delle risorse che terra e mare potevano offrire al lavoro e allo sviluppo, in un contesto segnato profondamente dall’equilibrio raggiunto tra uomo e natura. Recuperare questo disegno virtuoso, preservare il territorio, dare forza all’identità produttiva delle isole è elemento fondativo anche per l’azienda vinicola Firriato. Con la reintroduzione della coltivazione della vite a Tenuta Calamoni, sull’isola di Favignana, dopo cento anni dalla sua scomparsa, si torna infatti alle origini, al senso di una cultura del territorio e a un divenire dell’economia che non distruggeva risorse ma le creava. Oggi le piante di Grillo di quei cinque preziosi ettari di vigneto,sono accarezzate dal Favonio,un vento che spira costantemente soprattutto sull’isola di Favignana e che contribuisce a preservare l’integrità delle uve.
La farfalla sul mare È la più grande dell’isole che compongono l’arcipelago delle Egadi, Favignana. È la farfalla sul mare, come la rappresentò Salvatore Fiume in un famoso manifesto degli anni ’70. L’isola distende le sue ali su un tavolato calcareo dominato al centro da una 99
inviaggio
In apertura: il porto di Levanzo e, a destra, i coniugi Di Gaetano che con il progetto Insulae hanno riportato la vite a Favignana. Qui, in alto la mattanza dei tonni e, sotto, grotte di tufo a Favignana
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zona montagnosa che raggiunge con Monte Santa Caterina la massima altezza (314 m), e le dispiega, a est e a ovest, su due zone pianeggianti denominate rispettivamente il Bosco e La Piana: da un lato calette e facili approdi, dall’altro costa brulla e selvaggia. Favignana richiama nell’immaginario collettivo la Famiglia Florio che ha legato il suo nome alla pesca del tonno rosso. L’influenza e la presenza di questa famiglia è tangibile già al momento dell’attracco degli aliscafi: il porto si apre su una serie di edifici disegnati da Giuseppe Damiani Almaeyda che testimoniano l’epopea di quella stirpe di imprenditori che per lungo tempo sono stati i signori dell’isola. Furono i discendenti di questa famiglia a dare notorietà a Favignana grazie a una prosperità economica costruita sulla grande tonnara, una delle più imponenti di tutta la Sicilia occidentale. In parte recentemente restaurata, merita certamente una visita. Nella zona orientale dell’isola, le ali della farfalla sono bucate dalle cave che spesso confinano con suggestive spiagge. È il caso della rocciosa Calarossa e della poco distante Cala del Bue Marino. Scendendo nel versante sud per iniziare la risalata verso la zona ovest dell’isola si trovano Cala Azzurra, una piccola baia sabbiosa a sud del centro abitato, e l’ampia spiaggia di sabbia del Lido Burrone, sempre a sud-ovest.Nell’altra metà dell’isola, le più belle sono Cala Rotonda, Cala Grande e Punta Ferro, luogo di partenza per gli amanti delle immersioni. Se per lungo tempo Favignana è stata associata alla famiglia Florio il nuovo secolo potrebbe indicare nella famiglia Di Gaetano, fondatrice dell’azienda Firriato, un nuovo inizio. A cento anni dalla sua scomparsa, Vinzia e Salvatore Di Gaetano hanno infatti riportato sull’isola la Vitis Vinifera attraverso un progetto coerente con il loro disegno di moderna enologia. Sul versante centro sud dell’isola, i coniugi Di Gaetano hanno dato vita a quello che è stato defi-
Isolati da tutto. Finalmente!
niuto progetto Insulae che comprende cinque ettari della tenuta dell’azienda a pochi metri dalla scogliera di Calamoni. Le viti, coltivate ad alberello in un contesto di rocce di tufo e sabbia rossa,raggruppano il meglio dei vitigni autoctoni siciliani i cui grappoli sono accarezzati da una ventilazione costante in grado di dare vita a un’ottima maturazione delle uve. Dopo una prima vinificazione sperimentale, la vendemmia 2011 sancirà il debutto della gamma dei vini Firriato provenienti da questa meravigliosa isola.
Storia e natura selvaggia È la più piccola delle Egadi. Aspra e primitiva, Levanzo ha solo una spiaggia e un piccolo centro abitato dove, tutto l’anno, risiedono poco meno di 200 persone. La bellezza di prim’ordine di quest’isoletta è sicuramente la grotta del Genevose, una caverna lunga 32 metri che colpisce il visitatore per la bellezze dei graffiti che vi si trovano. Qui è conservata una documentazione molto importante della preistoria della Sicilia. I graffiti risalgono al paleolitico, mentre le pitture nere, che raffigurano un tonno, degli esseri umani e delle barche, fanno pensare a una testimonianza che risale al Neolitico (circa 2000 a.C.).Altre grandi attrazioni sono i fondali marini di Levanzo che hanno restituito le ancore lasciate dai Romani che vinsero la prima guerra punica: l’archeologia subacquea da queste parti ha un fascino di prim’ordine.
Dopo un secolo dalla sua scomparsa, torna a Favignana la coltivazione della vite; la vendemmia del 2011 sancirà il debutto dei suoi vini
Nelle immagini, dall’alto: il castello di Marettimo e uno scorcio del porto di Materrimo. In basso uno degli angoli di paradiso che caratterizzano la costa di Favignana
Le Egadi sono un luogo mitico e mistico dove si viene per fermare il ritmo forsennato della quotidianità. L’essenzialità, senza l’assillo di quegli inutili orpelli che affaticano la quotidianità dell’esistenza, è il denominatore comune su cui si può giocare l’intera durata di una vacanza su una delle isole dell’arcipelago. Non c’è bisogno di macchine super accessoriate, va bene anche una semplice bicicletta. Internet e i moderni sistemi di comunicazione sono elementi di cui puoi fare a meno se hai con te un buon libro oppure se ti fermi a fare una chiacchierata, nelle piazzette o nei piccoli localini con gli abitanti dell’arcipelago. Per non parlare del cibo. Non c’è bisogno delle strutture lussuose della terra ferma a fare da cornice a un pranzo o a una cena quando fai il tuo incontro di gusto con una tradizione gastronomica di tutto rispetto basata sull’assoluta freschezza dell’ingrediente base: il pesce. In tutti i locali si mangiano piatti di assoluta qualità basati soprattutto sul tonno (cucinato in diverse versioni) e sul cuscus preparato in tante variante, belle alla viste e buone al palato.
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Scelti da Vdg dove mangiare Le due colonne Nella piazza principale dell’isola per gustare un’ottima cucina tradizionale. Da assaggiare il tonno in agrodolce e le busiate alla corsara preparate con il tonno fresco locale. Piazza Madrice, 76 - Favignana (Tp) Tel. 0923922291 www.egadiweb.it/bar/duecolonne
A piedi, nel silenzio È l’isola più a Ovest dell’Arcipelago,Marettimo.È la meta ideale per viaggiatori e naviganti solitari. Un’isola di calette tutte da scoprire ricca di flora e di fauna e sorgenti dove la natura è spettacolare e la quieta assoluta.L’isola, la più montuosa e verdeggiante delle Egadi,si gira facilmente a piedi sotto il più assoluto silenzio grazie a piccole mulattiere che ne consentono di apprezzarne al massimo il fascino. Tra le note rilevanti dell’isola figurano sicuramente le numerose sorgenti di acqua fresca. Sulla Punta Troia c’è una fortezza borbonica e appena sopra il paese si scorgono le tracce del passaggio romano nell’isola e anche una piccola chiesa di epoca normanna.
Granelli di Sicilia (by Vdg) Multietnico, completo, gustoso il Cous Cous con i suoi secoli di storia alle spalle, è oggi uno dei piatti più diffusi al mondo. Le sue origini risalgono alle tribù nomadi dell’odierno Magreb e, nei secoli, la vicinanza con le coste siciliane ne ha fatto uno dei piatti tipici della regione. Per assaporare il gusto di un Cous Cous di qualità, che renda onore a questo piatto antico e contemporaneo allo stesso tempo, il consiglio è quello di affidarsi ai prodotti Bia, azienda proprietaria dei marchi CousCous Bia, Bacchini, Bacchini 1922, Biovita, e distributrice esclusiva dei marchi CousCous Marchesi, nata nell’estate del 2004 come nuova ditta che ha acquisito il ramo di azienda di produzione e commercializzazione del couscous dal Pastificio Bacchini Snc di Lavezzola (Ra), il primo in Italia a lanciare questo prodotto. www.biaitalia.it
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La Playa Ristorante presso Lido Burrone, tra le più belle spiaggia dell’isola. Via Costiera di Mezzogiorno, 22 Favignana (Tp) www.favignanalidoburrone.com
dove dormire I Pretti Resort Grande edificio storico voluto dall’industriale genovese Eugenio Pretto per la lavorazione delle sarde, riqualificato nel 2009, è oggi un elegante residence con ampio patio-giardino e 16 eleganti suite. Largo San Leonardo, 1 - Favignana (Tp) iprettiresort.it Hotel Cala la luna Vicino al centro abitato e al porticciolo turistico, l’albergo/villaggio, con tipiche strutture in stile mediterraneo, offre il massimo comfort con ospitalità e servizi quattro stelle. Camere e appartamenti sono valorizzati dall’impiego del rinomato tufo bianco di Favignana, mentre antiche cave, diventate rigogliosi giardini, impreziosiscono gli esterni. Via Badia, 1 - Favignana (Tp) www.calalaluna.it Hotel Cave Bianche Inserito in un contesto ambientale esclusivo, all’interno di una cava di calcarenite bianca, l’albergo dista circa 1 km dalla baia di Cala Azzurra e consente di raggiungere rapidamente il centro abitato e i più suggestivi accessi a mare dell’isola. Strada Comunale Fanfalo - Favignana (Tp) www.cavebianchehotel.it Il Nido del pellegrino Residence situato sulla costiera del Grosso, dispone di circa 7 ettari di terreno a picco sul mare ricavato da una solida struttura militare risalente all’ultima Guerra Mondiale. Contrada Grosso - Favignana (Tp) www.nidodelpellegrino.it
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Sicilia dei laghi: l’altra faccia dell’isola
C’è un mondo siciliano che pochi conoscono, lontano dalle spiagge assolate di Cefalù e San Vito Lo Capo, ma non per questo meno affascinante, fatto di specchi d’acqua naturali e artificiali, sentieri, boschi. Veri e propri scrigni di biodiversità che la costellano e ne tratteggiano inaspettati lineamenti di Rosario Ribbene 104
Parco dei Nebrodi
Lago di Pergusa
Sicilia
È la terra del sole, e tutti ne cantano le meraviglie architettoniche, le sterminate distese di agrumi, gli sbuffi minacciosi dell’Etna e lo scintillio delle acque limpide del suo mare. C’è però un’altra Sicilia, della quale si parla meno. Quella dei laghi, che dell’isola rappresentano in effetti un aspetto semisconosciuto. Se ne contano più di 35, grandi e piccoli, dislocati in tutte le province. La suggestione che può scaturire da questi luoghi mitici è legata a molteplici fattori, dalla storia alle prelibatezze dell’enogastronomia locale, dalle bellezze paesaggistiche alla fauna che in essi dimora, fino ai riti religiosi e ai costumi tipici che ne colorano le sponde.
Le acque rosse del lago di Pergusa Partiamo dunque dal cuore della Sicilia, alla scoperta del lago di Pergusa, l’unico esempio di lago naturale della Sicilia centrale. Distante 10 Km da Enna, e a 667 m s.l.m., da sempre rappresenta un’area nevralgica nella corrente migratoria di molte specie oltre che l’habitat ideale per lo svernamento e la nidificazione. L’invaso lacustre è anche noto per le acque salmastre e per il fenomeno del Red Water (l’arrossamento delle acque) che si manifesta in determinate condizioni per la presenza di solfobatteri fotosintetici anaerobi con la conseguente colorazione roseoviolacea delle acque, di grande effetto scenico. All’interno della riserva del lago vive il pollo sultano, una specie ammirata fin dai tempi dei Greci e dei Romani tanto che lo si ritrova rappresentato tra le opere d’arte dellaVilla del Casale di PiazzaArmerina (inizio IV secolo d.C.), nel famoso mosaico denominato Il piccolo circo, dove viene ritratto un fanciullo su una biga trainata da due polli sultani. A Pergusa, il pollo sultano è una delle specie più rappresentative con una popolazione che vanta ben 16 coppie, che il visitatore potrà ammirare da diversi punti di osservazione posti all’interno della riserva. Tra le attrattive di questa località anche un’interessante area archeologica. Ovidio, Claudiano, Diodoro Siculo e Cicerone ci testimoniano infatti una fase, a loro contemporanea, in cui Enna era la sede più importante del culto delle due dee che i latini chiameranno Cerere e Proserpina. Oggi, attraverso una serie di percorsi che si snodano all’interno della riserva del
Folclore Il mito sottende la realtà e il significato profondo della storia della Sicilia, e lo si può capire soltanto attraverso la conoscenza delle sue antiche leggende. Ciclopi, Giganti e Titani, secondo la mitologia del mondo classico, sono stati i primi abitatori di questa terra e quindi i progenitori dei siciliani. E i laghi dell’isola hanno fatto da quinta scenica a molti episodi leggendari, come quello che riguarda il lago di Naftia o dei Palici. L’antico bacino, ora prosciugato, era infatti caratterizzato da imponenti sbuffi di gas che davano origine a meravigliosi fenomeni naturali. Secondo la leggenda, chi voleva dimostrare di aver detto la verità doveva recarsi sulle sponde del lago, raccoglierne l’acqua ribollente con le mani e portarla agli occhi. La storia è talmente radicata nella cultura locale che ancora oggi è viva l’usanza di dire: “che io possa perdere la vista se non dico la verità!”. Un altro episodio mitologico è quello che contraddistingue il lago di Pergusa, ovvero il Ratto di Proserpina. La leggenda narra di Proserpina, figlia di Cerere che, mentre raccoglieva fiori nei pressi del lago, fu rapita dal dio degli Inferi, Plutone, e fatta sua sposa. Cerere la cercò in lungo e largo per nove giorni, ritrovandola successivamente solo grazie al provvidenziale intervento di Giove che le rivelò il luogo dove l’amata figlia era stata violentemente trascinata. 105
inviaggiotendenze
Cibo&territorio Qualsiasi itinerario alla scoperta della Sicilia dei laghi non può non contemplare delle soste per il ristoro dove il visitatore potrà assaporare le delizie enogastronomiche di quei luoghi. Pergusa, ad esempio, è famosa per i panuzzi m’paparinati (piccoli pani con semi di papavero sopra) e il pani di spagna abbattutu (pan di spagna), preparati in occasione della festa de U Signuruzzu du Lacu; e ancora, il maccu di fave (una minestra diffusa nella zona) e le guastedde, ditalini con favuzze e ricotta. All’interno della Riserva di Pergusa, a pochi metri dalla scintillante superficie del lago, il Ristorante Riviera (Tel. 0935541267) offre la possibilità di un menù completo al prezzo medio di 30 euro (si può anche soggiornare in camera singola da 65 euro; tripla da 105 euro, compresa prima colazione). Altrettanto appetitose le prelibatezze che si possono gustare presso il Ristorante Da Carlo (Tel. 0935541030) – a pochi passi dal mitico lago di Proserpina – con primi e secondi piatti arricchiti da contorni per i palati più esigenti, al prezzo medio di 28 euro. Patria del suino nero, delle provole, del pane di grano duro, delle paste di mandorle, dei buccellati, dell’olio extravergine d’oliva Valdemone Dop, della nocciola e di molti altri gioielli gastronomici, il paniere dei prodotti dei Nebrodi si potrà assaporare presso la Masseria Maggiore (C.da Stranghi Castel di Tusa Pettineo, Tel. 3805451891) – splendido baglio costruito da un ramo della famiglia Maggiore di S. Barbara nella seconda metà dell’800 – con un menù completo al prezzo medio di 35 euro (il complesso è anche una struttura ricettiva a quattro stelle, con suite dotate di ogni tipo di confort da 60 euro a persona, compresa prima colazione). Sarà possibile inoltre ritrovare gli antichi sapori isolani nel menù della Masseria S. Mamma (Via Nazionale Acquedolci, Tel. 3476792228) – che nel XVI secolo fu eremo di S. Benedetto il Moro – con un menù completo al prezzo medio di 35 euro (la struttura dispone anche di 10 camere tutte con bagno privato, per un totale di 30 posti, a partire da 50 euro a persona, compresa prima colazione). 106
In apertura, il lago di Pergusa visto dal colle di Cozzo Matrice (foto: Rosa Termine). Qui, in alto, i panuzzi
In alto, il lago di Pergusa con l’Etna sullo sfondo e, sotto, la festa do’ Signuruzzu du Lacu (foto: Rosa Termine)
lago, è possibile visionare gli scavi che hanno portato alla luce quello che doveva essere il villaggio principale di questo luogo di culto, presso Cozzo Matrice: un abitato circondato da una cinta muraria e una necropoli di tombe a grotticella con corredi databili al VI-V a.C.Altre tracce sono state individuate anche nelle aree immediatamente limitrofe a questa, su Cozzo Jacopo, Monte Salerno e, a sud del lago, su Cozzo Signore, Cozzo Capitone e Monte Carangiaro. Ma le possibilità offerte da questo affascinante territorio, non finiscono qui. Tra gli itinerari da non perdere per chi si appresta alla visita del lago di Pergusa, infatti, vi è quello che parte da Villa Zagaria. Un tempo casina di caccia, la struttura risalente al XVIII secolo è oggi adibita a sede degli uffici della Riserva e del Centro di Educazione Ambientale con annesso laboratorio. Da ricordare che l’importanza naturalistica della Riserva è stata confermata dall’individuazione come Zona di Protezione Speciale (ZPS) e Sito di Importanza Comunitaria (SIC).
Piaceri
Secondo il mito, Ciclopi, Giganti e Titani sono stati i primi abitatori di questa terra e quindi i progenitori dei siciliani. E i laghi dell’isola hanno fatto da quinta scenica a molti episodi leggendari In alto: il pollo sultano (foto: Rosa Termine) e, sotto, il lago Biviere Cesarò nel Parco dei Nebrodi (foto: Michele Latteri)
Un’isola nell’isola: i laghi dei Nebrodi Spostiamoci all’interno del Parco dei Nebrodi, dove si trovano alcuni dei laghi d’alta quota più importanti della Sicilia. È il caso, per esempio, della zona compresa tra i comuni di Floresta, Tortorici e Maniace, dove il visitatore potrà ammirare alcuni splendidi specchi d’acqua, incastonati tra verdi pascoli o circondati da fitti boschi. L’itinerario nebroideo parte dalla Dorsale dei Nebrodi a Portella Mitta (Floresta), per arrivare al bivio del lago Pisciotto, visitato il quale si può fare base a Portella Dagara per proseguire a piedi verso lo splendido lago di Trearie. Da qui si raggiunge facilmente il lago Cartolari, ai piedi della bella faggeta di Piano di Palma. Ma i Nebrodi riservano nei loro meandri un altro gioiello: il Biviere di Cesarò. Situato a 1278 metri s.l.m. rappresenta la più importante zona umida montana della Sicilia; in esso è possibile imbattersi, ad esempio, in specie quali la testuggine palustre e la raganella verde.
La Sicilia trabocca di sagre, festività religiose, cortei, sfilate e rievocazioni storiche, quasi senza soluzione di continuità temporale e territoriale. Menzionare ciascuno di questi appuntamenti avrebbe il sapore di una sfida enciclopedica, tuttavia – e a titolo di esempio significativo per i territori dove insistono i laghi presi in esame – si può citare la Festa della Madonna della Visitazione, l’evento religioso più importante dell’ennese che si tiene il 2 luglio con il trasferimento dell’immagine della Madonna della Visitazione dal Duomo alla Chiesa di Montesalvo. Quest’anno, tra l’altro, ricorre il 600° anniversario della proclamazione di Maria SS della Visitazione quale patrona della città di Enna. Come souvenir, non fatevi mancare la statuina di Euno, lo schiavo Siriano che guidò la guerra di liberazione che scoppiò nella città di Enna nel 139 a.C. contro Roma in Sicilia. Euno si proclamò re con il nome di Antioco, riuscendo con la mobilitazione delle gente a impadronirsi per breve tempo di quasi l’intera isola. Per riposare godendo di una splendida vista sul lago di Pergusa, l’Hotel Riviera (Tel. 0935541267) propone camere singole a 65 euro, camere triple a 105 euro, prima colazione compresa. Per itinerari che contemplano soggiorni più economici, è possibile prendere in considerazione il B&B Villa Vetri (Tel. 0935511740) – poco distante dal lago – che propone per la camera singola 30 euro e per la camera doppia 55 euro, compresa prima colazione. Per quanto riguarda invece il territorio
nebroideo, alla testa della sfilza di appuntamenti che lo attraversa, la Festa del Muzzuni – in calendario il 24 giugno ad Alcara li Fusi –, una delle più antiche d’Italia. Per risalire alle sue origini è necessario tornare indietro nel tempo, al periodo in cui alcuni sopravvissuti alla distruzione di Troia trovarono rifugio dove sorge attualmente il paese. La festa si svolge subito dopo il crepuscolo e fino alle prime ore del mattino, negli antichi quartieri dove le donne decorano, con ori e spighe, una brocca dalla testa mozzata, posta sopra un altarino sistemato tra le pizzare, tappeti colorati tessuti al telaio. Infine, chi volesse portare con sé un souvenir dei Nebrodi e più in generale della Sicilia, non può non passare da S. Stefano di Camastra, uno dei luoghi più famosi al mondo per la produzione di ceramiche artistiche. Per soggiornare, esistono nei pressi dei laghi “solo” strutture ricettive derivanti dalla riqualificazione di antichi edifici quali bagli, masserie, ville, etc. pur tuttavia trattandosi di strutture a 4 stelle. È il caso delle già citate Masseria Maggiore e Masseria S. Mamma, tra le più sontuose del comprensorio, vantando anche delle vere e proprie suite. È in particolare a partire da quest’ultima, che sorge tra querceti secolari popolati da animali selvatici, in uno scenario di eccezionale suggestione, che è possibile intraprendere diversi percorsi escursionistici, come quello che permette di raggiungere l’Abbazia di San Pancrazio (XII sec.) o quello, più impegnativo, che raggiunge il seicentesco Ponte dei Ninfi, sul torrente San Fratello, ove in alcuni periodi dell’anno è possibile fare il bagno.
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Agrigento, valle di templi e di sapori Già nel V secolo a.C. il grande poeta Pindaro la definiva “splendente e più bella fra le città mortali!”, aggiungendo: “vi si costruiscono palazzi e ville come se non si dovesse mai morire e si mangia come se si dovesse morire già l’indomani”. Più che una città, è un giacimento inestimabile di cultura che affonda le sue radici in tempi remoti di greca, romana e araba memoria di Giancarlo Roversi 108
Patria del filosofo Empedocle, e in tempi più recenti di Pirandello, Sciascia, Tomasi di Lampedusa e Camilleri, Agrigento è terra dove la natura si sposa con civiltà millenarie e dove i paesaggi abbracciano le montagne e il mare tra profumi e colori inebrianti. Per coglierli nel loro fulgore basta approdare nella Riserva Naturale di Torre Salsa, dove si può spaziare con lo sguardo sul mare, avvolti dalle fragranze eccitanti delle erbe aromatiche,tanto utilizzate nella cucina tradizionale. Oppure, incamminarsi tra il tempio di Vulcano e quello dei Dioscuri e scendere nel giardino della Kolymbetra,le cui limpide acque in origine servivano a soddisfare i bisogni idrici dell’antica Akragas. Nel centro storico, dalla Porta di Ponte, luogo tradizionale per gli incontri dei giovani,ini-
zia un percorso d’arte e storia gioiosamente scandito da qualche sosta nelle pasticcerie e nelle gelaterie che si incontrano con le loro tentazioni irresistibili lungo la via Atenea, piena di vita, di negozi eleganti e bei palazzi con facciate medievali e barocche. Seguendo vicoli tortuosi e scalinate che si aprono ai lati dove si possono scoprire i resti dell’antico tempio dedicato ad Atena celati nella chiesa di S. Maria dei Greci,il Palazzo di città,gli splendenti stucchi del Serpotta nel monastero di Santo Spirito, gli affreschi della basilica di S. Francesco, le ricche decorazioni barocche della chiesa di S. Lorenzo e, infine, la cattedrale di S. Celiando, che sovrasta la città ed è famosa per un fenomeno acustico che consente di percepire dall’abside ciò che una persona bisbiglia all’ingresso.
Sotto il segno del mandorlo Una delle feste che ha reso famosa la città è quella “del mandorlo in fiore”, in calendario a metà febbraio nel momento della stupefacente fioritura dei mandorli. È ravvivata da un lungo corteo di creazioni allegoriche, bande musicali, rappresentanze di gruppi folcloristici italiani e stranieri col contorno di invitanti esposizioni e degustazioni di prodotti tipici. La cornice della città dei tempi è la più ideale per l’evento perchè Agrigento ha da sempre uno dei suoi simboli più smaglianti proprio nei mandorli, che chiazzano di nuvole bianche il territorio fin sulle colline e che danno un tocco di raffinatezza alla sua tradizione dolciaria, e non solo. Secondo un’antica leggenda la loro coltivazione ha come protagonista la principessa Fillide diTracia,innamorata diAcamante che aveva combattuto con gli Achei alla guerra di Troia. Non vedendolo ritornare morì di crepacuore e venne trasformata dalla dea Atena in un magnifico mandorlo. Allo sfortunato Acamante, Le mandorle rientrato troppo tardi in patria, non restò siciliane vengono che abbracciare l’albero di Fillide che, cocoltivate senza me pegno d’amore eterno, anziché le foirrigazione in terreni glie fece prima spuntare dai suoi rami un secchi e soleggiati. trionfo di bianchi fiori profumati. L’abLa loro produzione nella braccio si ripete idealmente ogni anno duzona di Agrigento sta rante la festa, quando i fiori del mandorlo riprendendo preannunciano la primavera. All’inizio del vigore secolo scorso la provincia di Agrigento vantava il primato mondiale nella produzione di mandorle. Dopo un periodo di crisi, oggi la coltura sta riprendendo vigore. A differenza di quelle californiane (concorrenti sul mercato), le mandorle siciliane, coltivate senza irrigazione in terreni secchi e soleggiati con un basso livello di umidità, sono al riparo dall’attacco di funghi e agenti patogeni, quindi si presentano più asciutte e sicuramente più sane. Una delle produzioni più esportate per la loro qualità è quella di Bio Almond di Naro, un’azienda di lunga tradizione familiare che ha affinato le antiche tecniche di lavorazione, sposando le più moderne tecnologie e garanzie igieniche con la sapiente manualità del personale specializzato nella cernita del prodotto da confezionare. La mandorla siciliana possiede particolari caratteristiche organolettiche tra cui un’elevata presenza di amigdalina, una rilevante sapidità e un intenso pro109
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L’Agnello pasquale in pasta di mandorle: a Favara si svolge una sagra durante la quale è possibile assistere alla sua preparazione. Nella pagina accanto: le arance di Ribera e un trancio di tonno affumicato
Come si prepara il latte di mandorla Il latte di mandorla è una tra le bevande più dissetanti durante le calure estive. Ottenerlo è piuttosto facile. Le mandorle si spellano, dopo averle immerse in acqua bollente, si pestano e si lasciano riposare dodici ore in una terrina coperte con acqua fredda. Dopo aver filtrato il composto, con una tela a trama larga, si porta il liquido a ebollizione con lo zucchero per circa dieci minuti. Lo sciroppo va servito allungato con acqua freschissima. Con il latte di mandorla si prepara la granita di mandorla, che si può gustare anche nella variante alle mandorle tostate o con sopra un buon caffè espresso, ottenendo un salutare cappuccino sui generis.
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fumo. Ma anche con un ricco contenuto di vitamina E, grassi polinsaturi (omega 3), magnesio,calcio e proteine vegetali che ne fanno un alimento energetico, antiossidante, antidepressivo, coadiuvante contro l’arteriosclerosi e la sterilità maschile e in grado di favorire nelle donne la calcificazione delle ossa in gravidanza e in menopausa.
Dolci tentazioni Dalle mandorle agrigentine si ricava una pasta di mandorle di eccezionale qualità, molto apprezzata in pasticceria e in gelateria per preparare granite, orzate, budini e soprattutto prelibate leccornie con la pasta reale, primo fra tutti il marzapane realizzato con mandorle, albume d’uovo e zucchero. Secondo la tradizione a inventare i classici dolci di pasta reale a forma di frutti furono alcune monache, in occasione della visita di un alto prelato, per appenderli ai rami degli alberi ed abbellire il chiostro del loro convento. Anche oggi le Benedettine del Mo-
nastero del SS. Rosario di Palma di Montechiaro (Tel. 0922968108), che racchiude una chiesa con bellissime opere d’arte, producono su antiche ricette dei deliziosi mandorlati acquistabili da chiunque bussa alla loro porta tramite un’antica bussola a ruota posta all’ingresso della clausura che impedisce di vedere il volto delle religiose. Oltre che per gustare queste golosità la sosta a Palma di Montechiaro è di rigore per effettuare una visita al Palazzo ducale del Gattopardo. Per assaporare squisiti torroni di mandorle, dolci di pasta martorana e altre specialità è d’obbligo una sosta allo storico torronificio Geraci di Caltanissetta (www.geraci1870.it) in attività da ben 140 anni. Senza dimenticare i famosi dolciumi di Canicattì, tra cui i “quadrelli” del pasticcere Asaro e il tripudio di dolci tentazioni (ma anche di arancini di riso e altri salati intriganti) della pasticceria “Spiga d’oro” del maestro dolciario Carusotto (www.spigadorocarusotto.it)
L’agnello pasquale di Favara Favara, a pochi chilometri dalla Valle dei Templi di Agrigento va fiera per una delle specialità dolciarie a base di pasta di mandorle e pistacchi più celebri della Sicilia, l’Agnello pasquale, una golosità modellata appunto a forma di agnus Dei. In suo onore, durante la settimana che precede la Pasqua, si svolge una bella sagra dove è possibile non solo assaporare il dolciume ma anche assistere alla sua preparazione. Esperti pasticceri, con l’ausilio di uno stampo in gesso, plasmano un agnello con un involucro esterno di pasta reale di mandorle ammorbidita da zucchero sciolto in acqua calda e farcito con un ripieno di mandorle e pistacchio macinati e amalgamati con lo zucchero. L’agnello viene poi ricoperto con una velata di albumi e zucchero e infine decorato. Oltre all’assaggio del suo dolce agnellino Favara offre ai turisti un’ampia scelta di monumenti: la chiesa del Rosario, il
Agrigento è da sempre patria di grandi pensatori e scrittori, come il filosofo Empedocle, e in tempi più recenti di Pirandello, Sciascia, Tomasi di Lampedusa e Camilleri
Duomo in stile lombardo-rinascimentale, i palazzi di chiara influenza araba e normanna e il Castello Chiaramontano dove si svolge la “vernice” della confezione e degustazione dell’agnello pasquale e di altri prodotti tipici locali fra cui gl’insuperabili formaggi e latticini caprini dell’azienda agricola Montalbo dove vengono ancora allevati gli ultimi esemplari della rara capra girgentana. Dal suo latte si ottengono prodotti cremosi raffinati e di grande delicatezza privi dell’afrore tipico dei derivati caprini.
Gli altri tesori alimentari agrigentini La cucina tipica agrigentina possiede una ricca gamma di tesori del gusto fra cui le olive bianche e nere da assaggiare come antipasto o da cui stillare un olio finissimo, il pane casereccio cotto a legna, la pasta di grano duro prodotta artigianalmente, le carni di agnello, capretto e maiale da accoppiare a piselli, cardi e polposi e saporiti carciofi. Le fave per preparare il maccu, minestra popolare insaporita con finocchietto di montagna. Le melanzane, il sedano, la cipolla e le olive che servono per amalgamare deliziose caponate cotte in agrodolce e senza l’aggiunta di pomodoro come vuole l’antica ricetta. Da ricordare anche la frutta saporita e succulenta, come le pesche a polpa bianca di Bivona, il melone d’inverno e soprattutto le celebri arance bionde di Ribera, prime fra tutte quelle biologiche, dolci e succose degli agrumeti del cav. Paolo Ganduscio, che mietono allori e premi ovunque. Grazie alla loro bassa acidità e morbidezza sono inimitabili per donare un tocco di creatività e raffinatezza a molti piatti dall’antipasto al dessert, come spiega il ricettario curato dalle giornaliste Gloria Brolatti e Monica Sartoni Cesari, il cui ricavato è destinato alla Fondazione “Operation Smile Italia”, presieduta dallo stilista Santo Ver-
Scelti per voi dove mangiare sace. Si va dagli abbinamenti più classici, come l’anatra all’arancia, a quelli più inediti come la pizza bianca o gli involtini di spada all’arancia. La cucina agrigentina ha un suo punto di forza nel pesce, da quello azzurro (famose le acciughe di Sciacca) ai morbidissimi gamberi, fino al tonno, di cui è re incontrastato Pasqualino Famularo, che lo lavora fresco nel suo storico stabilimento ittico sull’isola di Lampedusa, proponendolo anche in alcune versioni innovative: con la cipollata, col finocchietto, coi peperoni dolci, semmai accompagnato da un pizzico di “Bomba afrodisiaca”. Senza dimenticare il tonno affumicato prodotto da Alta Marea, fondata nel 1996 nel comune di Favara, assieme ad affumicati di altri pesci di alta qualità: spada, cernia, spigola, sgombro, ricciola, trota, marlin e salmone, tutti contraddistinti, cosa rara, da notevole delicatezza e da un sapiente equilibrio fra il sentore del fumo e il sapore naturale del pesce.
Ristorante Akropolis Collocato in cima a una collina con vista sulla valle dei templi, propone una cucina creativa con un mix di sapori appartenenti alle culture culinarie del Mediterraneo vicini alla tradizione siciliana. Via Petrarca, 30/35 - Agrigento www.ristoranteakropolis.com Ristorante Il Salmoriglio Offre un modo nuovo per gustare il pesce di paranza, i frutti di mare e le crudità, amalgamandoli con i sapori e gli odori della tradizione, oltre a piatti a base di carne. Via Roma, 27 Porto Empedocle (Ag) www.ristorantesalmoriglio.it Trattoria dei Templi Presenta piatti tipici della cucina mediterranea in base al pescato del giorno. Da provare i panzerotti della casa, le taglioline nere ai carciofi, gamberi e seppie. Via Panoramica Valle dei Templi, 15 - Agrigento www.trattoriadeitempli.com Ristorante I malavoglia Piatti fragranti della cucina tipica nissena. Ottima caponata. Via Polizzi, 66 - Caltanissetta Tel. 0934581461
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Fidelissima Licata di Giancarlo Roversi - foto Paolo Barone 112
Le tante sorprese di un’antica città inserita in un magnifico contesto ambientale fra mare, pianura e montagna e impreziosita da notevoli architetture civili e religiose, resti archeologici e una messe di sapori Nel cuore dell’agrigentino, a soli 30 minuti di guida dalla Valle dei Templi, alla foce del Salso, antico Himera, sorge la piccola, affascinante Licata, una città antichissima, fuori dal turismo di massa, che attraverso ogni pietra racconta le sue remote origini e le vicende delle popolazioni che vi si insediarono attraverso i secoli. Fondata intorno al VI sec a.C. da coloni rodio cretesi, è sempre stata, grazie al suo fiume navigabile e alla presenza del suo promontorio Ecnomo, un sicuro attracco per le numerose imbarcazioni mercantili che solcavano il Mediterraneo e uno strategico osservatorio del traffico marittimo. Quale porta di accesso alla ricchissima Trinacria, la città ha sempre stimolato gli appetiti di ogni nuovo conquistatore. Nel corso dei secoli Licata ha infatti visto avvicendarsi Fenici, Greci, Cartaginesi, Romani, Bizantini, Arabi, Normanni, Angioini, Aragonesi, Spagnoli fino alle truppe piemontesi al tempo dell’unificazione italiana e allo sbarco degli eserciti degli Alleati nel 1943. Il centro storico sorge al limite occidentale del Golfo di Gela, in una magnifica situazione ambientale che da sola meriterebbe la visita di questi luoghi. Il litorale conserva caratteri di incontaminazione che ne fanno uno dei più belli di tutta la costa meridionale della Sicilia, soprattutto per l’alternarsi di tratti sabbiosi e rocciosi ammantati da estese praterie di Posidonia oceanica. Il primo nucleo di Licata si sviluppò durante il periodo bizantino, attorno al castello a mare di Lympiados. Nella sua storia non sono mancati momenti drammatici come quello vissuto nel luglio del 1553 quando la città venne saccheggiata e distrutta dal pirata saraceno Dragut. La terribile esperienza indusse gli abitanti a rico-
In apertura: particolare della facciata di uno dei Palazzi della Marina. A sinistra: Municipio Liberty a firma Ernesto Basile
I sapori
La cucina offre splendide emozioni e indimenticabili esperienze sensoriali grazie all’ampia presenza di trattorie, ristoranti e vinerie che esaltano le due anime di Licata, quella agricola con i piatti a base di verdure e carni arrosto che premiano gli ottimi vini rossi locali, e quella marinara che, con i suoi antipasti di sarde mpalavittate e i fritti misti, trova nei bianchi delle colline licatesi un connubio di grande eleganza. Per gustare appieno i frutti della terra è consigliabile una sosta presso L’Oste e il Sacrestano, mentre per il pesce fresco cucinato in modo tradizionale basta fare un salto alla trattoria Donna Rosa o al ristorante Don Chisciotte, approdi ideali per gli amanti delle delizie marinare. Meta immancabile per ogni buongustaio è il pluripremiato ristorante La Madia di Pino Cuttaia, il valente chef Licatese divenuto famoso anche oltre i confini siciliani e italiani. Dopo una lauta mangiata non c’è niente di meglio che una bella granita di limone del bar Azzurro alla marina. Per che desidera conoscerla a fondo, Licata offre anche una vasta scelta di B&B e hotel di buon livello, in particolare l’antica dimora S. Girolamo, il Baia d’oro e il Faro.
La costa e le spiagge Il territorio di Licata si sviluppa per circa 20 km su una costa formata da magnifiche scogliere che si alternano a spiagge di ciottoli in un continuo avvicendarsi di promontori, cale e calette e lunghi tratti di spiagge tra cui quelle molto apprezzate di Poggio di Guardia, Playa, Marianello, Cavalluccio, Nicolizia, Balatazze (o Caduta Colonne), Mollarella, Poliscia, San Nicola, Rocca, Pisciotto, Foce della Gallina, e Torre di Gaffe. 113
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Nikao: il primo passito di Nero d’Avola Nella piana di Licata alla foce del fiume Salso (l’antico Himera) lungo i Campi Geloi di greca memoria, proprio in faccia al mare africano, si estende la tenuta dei baroni La Lumia con una superficie complessiva di 150 ettari di ottima terra fortemente vocata alla coltivazione della vite. L’azienda vinifica esclusivamente uve proprie che hanno origine da vitigni autoctoni selezionati tra i migliori di Sicilia: Nero d’Avola, Inzolia, Nerello Mascalese e Frappato, dai quali si ottengono vini eccezionali per intensità di aromi e di gusto. Il casale arabeggiante, attorno al quale si impernia tutta la fattoria, è stato edificato alla fine del ’700 e costituisce una delle aziende vinicole più affascinanti dell’isola. L’attuale proprietario, il barone Nicolò, ha continuato l’antica tradizione enologica familiare, coadiuvato dal figlio Salvatore, la cui passione ha dischiuso nuovi orizzonti ai tesori enologici dell’azienda, riportando in auge i vini che in un glorioso passato avevano creato la ricchezza dei coloni rodio cretesi e l’opulenza di Agrigento. Soprattutto l’impareggiabile Nikao (in greco vincitore), il primo passito di Nero d’Avola al mondo, un’autentica rarità del gusto. A paragonarlo ai normali passiti si è completamente fuori strada perché il Nikao, più che un vino da suggello di un pasto importante, è principalmente un’emozione, un vino da intenso raccoglimento. È il frutto della tenacia e dell’entusiasmo del barone Nicolò e di suo figlio Salvatore
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che, dopo instancabili sperimentazioni di appassimento delle uve, hanno saputo estrarre dal Nero d’Avola in purezza la sua essenza più intima e creare un vero capolavoro enologico. Le uve da cui ha origine sono lavorate e vinificate secondo il metodo degli antichi greci, i quali scelsero queste stesse terre accarezzate dalla brezza del mare africano per dar vita a quei vini che resero ricco e rigoglioso il territorio agrigentino. Le uve vengono fatte interamente appassire al sole e poi vinificate. La maturazione in vasca d’acciaio si protrae per almeno due anni mentre quella in bottiglia raggiunge i 12 mesi. Il vino ha un colore rosso rubino carico con riflessi violacei e all’esame olfattivo presenta una gamma aromatica dove spiccano il glicine, la marasca e i fichi. Al gusto si rivela dolce ma non stucchevole, complesso e perfettamente equilibrato. L’epoca di massimo godimento inizia dal secondo anno in avanti. Temperatura di servizio ideale: 22°. Il Nikao si fregia in etichetta della dicitura “ad alto contenuto di resveratrolo”, una sostanza presente nei vini rossi che esercita benefici effetti a livello cardiocircolatorio. Insomma una specie di toccasana! Un privilegio che spetta anche agli altri rossi delle cantine La Lumia (Signorio, Stemma, Torreforte, Cadetto rosso, Delizia del Conte, Don Totò, Limpiados). Le analisi di laboratorio hanno infatti accertato che questi vini, per le particolari condizioni pedoclimatiche dei terreni della tenuta, hanno un contenuto di resveratrolo 3-4 volte superiore a quello degli altri rossi in commercio. I positivi riscontri sono arrivati da tutto il mondo: dal Vinitaly di Verona al Mondial du Vin di Bruxelles; dal Vinexpo di Bordeaux, all’Internetional Challenge Wine di Londra. Il barone Nicolò e suo figlio Salvatore coltivano un’altra ambizione: quella di creare a Licata una realtà vinicola che per qualità e sfruttamento del terreno faccia a gara con gli Chateaux francesi.
Dall’alto: il barone Nicolò La Lumia col figlio Salvatore; la tenuta La Lumia; la selezione delle uve di Nero d’Avola destinate alla produzione del Nikao, il primo passito ottento con questo celebre vitigno
struire le mura e a erigere una superba torre di guardia sulla sommità del colle Sant’Angelo che domina ancora la città. Licata cominciò lentamente a rivivere grazie anche all’immigrazione di un gruppo di abitanti di Malta, approdati sulle sue coste nel 1565 per sfuggire ai continui assedi e saccheggi della flotta ottomana. La colonia maltese venne incrementata da un nuovo sbarco, avvenuto nel 1645, che diede vita al primo borgo fuori dalle mura, l’attuale quartiere di S. Paolo, sulle pendici del colle Sant’Angelo, in prossimità dell’antica chiesa di Santa Agrippina, poi dedicata a San Paolo, prorettore di Malta. Passeggiando oggi per le strette strade del quartiere di Marina o del Cotturo è possibile ammirare l’ingegnoso contributo sia artistico che tecnico dei popoli qui sbarcati. E si resta ammaliati dal luccicante zampillio dell’acqua di una antica fontana araba mentre si gusta una inebriante granita di limone. Dell’incrocio fra le diverse civiltà si ha un riscontro tangibile nella genetica degli abitanti e nelle loro tradizioni. Specie di sera, quando i licatesi dagli occhi verdi, marron scuro o azzurro cielo, con capelli lisci o ricci dal biondo platino al nero corvino, passeggiano per le vie del centro in un clima di serena giocondità. La gentilezza e l’ospitalità come pure il pianto nei funerali, testimoniano le tradizioni e gli stili di vita del mondo greco arcaico, mentre il sapido cibo, i profumi che si spandono per l’aria e un’atmosfera di piacevole indolenza ricordano la lenta andatura degli arabi nel deserto. La profonda religiosità durante le processioni per la festa del santo patrono o per la Via Crucis riecheggiano la tradizione spagnola. Oggi la vita degli abitanti della città, la Fidelissima Licata, titolo attribuitole da Alfonso I d’Aragona, scorre tranquilla, scandita dall’orologio del Palazzo di Città e dalla bellezza dei tramonti sulle spiagge dorate, ma anche dal superbo contrasto fra le pale verdi di ficodindia e lo sfondo giallo del grano.
Qui sopra: la cappella del Cristo Nero all’interno della Chiesa Madre; sotto, una vasca di fermentazione greca sul Monte Sole (monte eknomon)
Città antichissima, Licata racconta attraverso ogni pietra le sue remote origini e le vicende delle popolazioni che vi si insediarono nei secoli 115
inviaggio
A metà strada tra l’Africa e la Luna Sicilia
Pantelleria
A Pantelleria nessuno è straniero. Non lo erano i fenici ieri e non lo sono gli arabi oggi; come anche i greci, e gli italiani, le cui strade qui si incontrano e si fondono. Quest’antica vocazione al melting pot trova spazio anche in tavola dove il pesce è il piatto principale, miele e spezie caratterizzano i dolci e Zibibbo, Moscato e Passito riempiono i calici
di Luca Campana 116
Che cosa dire di Pantelleria che non sia già stato detto o scritto? Difficile trovare le parole per descrivere quest’isola vulcanica, scaturita da un turbolento fondale marino nel bel mezzo del Canale di Sicilia, più vicino alle coste africane della Tunisia che a quelle della Trinacria, plasmata nei millenni dal vento e dalle piogge. Per il Nobel colombiano Gabriel García Marquez non esiste al mondo “un luogo più adatto per pensare alla Luna. Ma Pantelleria è più bella. Le pianure interminabili di roccia vulcanica, il mare immobile, la casa dipinta di calce fino agli scalini dalle cui finestre si vedono nelle notti senza vento i fasci luminosi dei
“Le pianure interminabili di roccia vulcanica, il mare immobile, la casa dipinta di calce fino agli scalini dalle cui finestre si vedono nelle notti senza vento i fasci luminosi dei fari africani”. (Gabriel García Marquez) In apertura: le splendide coste di Pantelleria. In questa pagina alcuni dei suoi simboli segnalatici da Francesco Pilli, milanese e “pantesco” acquisito: un tipico dammuso, il pesce del quale le acque (e le tavole) sono ricche e i capperi Igp
fari africani”. Abitata dall’uomo fin dal neolitico – 5.000 anni fa – Pantelleria è da sempre crocevia di traffici, di culture e di gusti: saperi e sapori che si sono mescolati, stratificandosi, nei secoli, dando vita oggi a quello straordinario e indistricabile unicum mediterraneo che solo da poco siamo riusciti a valorizzare nella sua complessità e nella sua infinita varietà di sfumature linguistiche, gastronomiche, musicali. Per chi vive ai margini di quel grande lago salato che è il Mare Mediterraneo – Nostrum per il latini, nel senso più stretto e domestico di “Mare di casa” – è difficile accettare che una delle categorie più innovative della mo-
dernità, la fusion, il mix culturale o, per dirla all’americana, il melting pot, in luoghi come Pantelleria sia di casa da sempre. Terre di confine in cui nessuno si sente straniero e tutti si sentono a casa. L’arabo come, prima di lui, il fenicio. L’italico come il greco. Questa multiculturalità – una fusion talmente vera e antica da diventare tradizione – è uno dei tratti distintivi di quest’isola che a tavola come nei toponimi delle antiche Contrade contadine – Khamma, Rekhale, Gadir, Bukkuram, Bugeber – conserva viva, diremmo quasi perpetua, la memoria del periodo di do117
inviaggio
Carole Bouquet: «Il mio passito assomiglia a questa terra. E a me» Quando penso alla passione, all’entusiasmo e al trasporto, inevitabilmente mi viene alla mente Carole Bouquet. Un’attrice di straordinario charme e talento, un’artista dai mille volti, solare e misteriosa allo stesso tempo, una donna francese di origine ma, di fatto, apolide, che proprio a Pantelleria ha trovato la sua “terra speciale”. E Carole, con il suo ardore, riesce a incarnarne perfettamente le magiche e profonde atmosfere. Carole, cos’ha di così speciale Pantelleria? «È un sogno dove ho messo le mie radici. Un posto lontano che è un’invenzione di se stessi. Sembra arida, difficile, violenta, affascinante, paradossale perché produce delle cose di una bontà e dolcezza straordinaria. Sono a casa, nel cuore della nostra cultura, quella mediterranea». Da dove nasce la sua passione per l’agricoltura? «È un amore nato, prima ancora che per l’agricoltura, per quest’isola, per la luce di questo posto. È stato sempre il mio sogno mentale, una casa, una campagna con profumi speciali, ricordi, e qui a Pantelleria ho scoperto il piacere di camminare nella mia terra, di parlare con Nunzio al quale dovrei fare una statua per tutto quello che riusciamo a dirci, per la forza e la saggezza che a volte mi mancano e che lui riesce a trasmettermi».
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Perché si è messa a coltivare proprio la vite e produrre il vino e non altro? «In realtà, quando ho comprato a Pantelleria il primo ettaro e poi il secondo e così via, non pensavo di mettermi a produrre vino. Il mio intento era solo sistemare il posto, mantenerlo curato e fare i capperi. Soltanto dopo ho pensato di fare il vino, ma ho deciso che non sarebbe stato un vino qualunque. Mi sono prefissata di fare un vino con un’anima, che assomiglia alla terra e a chi lo fa». Anche il nome che ha scelto è straordinario: Sangue d’Oro. Come le è venuto? «Mi è venuto subito, in un secondo, sia in italiano che in francese. Contro tutto e tutti coloro che mi dicevano che è difficile fare il vino, mi sono detta che tutto si può imparare. E allora sono andata a cercare un enologo geniale, Donato Lanati. Mi dicevano che non avrebbe mai lavorato per me e invece, ho preso il telefono, l’ho chiamato e lui mi ha detto “Certo che l’aiuto”». E alla fine è riuscita a produrre un Passito di qualità. Qual è il suo segreto? «Ha un grande equilibrio tra l’acidità e lo zucchero. Ma è soprattutto un passito che appartiene a Pantelleria, che ha i suoi profumi e il suo carattere. E, come desideravo, assomiglia alla persona che lo produce. È un vino che si fa bere sorso dopo sorso, e fa andare oltre la bottiglia. Non è troppo dolce e accompagna felicemente gli antipasti e i formaggi. Ma parlarne non serve, bisogna assaggiarlo». Domenico Marasco
minazione araba. E così sulla tavola pantesca troviamo mirabili rielaborazioni di questa cultura di mare e di terra, in cui a farla da padrone – ça va sans dire – è il pesce mentre la carne, non del tutto assente, quasi in omaggio alla cucina semitica, non prevede il maiale, preferendogli, come accade in altre realtà isolane, il coniglio selvatico.Tra i primi a base di pesce, le paste col sugo di granchio, di ricci, di patelle, di polipo, di aragosta, di scampi o ancora col sugo di cernia; e poi i ravioli amari, delicati, ripieni di ricotta locale e menta magari conditi con il pesto pantesco, un condimento a base di pomodoro crudo, olio d’oliva, basilico locale e origano di Pantelleria, aglio e peperoncino, usato sia per condire le paste sia i pesci arrostiti o le carni lessate; o ancora, il couscous di pesce, accompagnato da un misto di verdure e legumi e in genere servito come piatto unico, senza dimenticare la saporitissima zuppa di lenticchie di Pantelleria.Tra i secondi, come detto, prevale il pesce: ricciole, cernie, pesce spada, dentici, saraghi, murene cucinati in modo semplice sulla griglia, al forno o in deliziose zuppe come nel caso della zuppa di pesce rosso cipolla; e poi i ricci, le patelle, con le quali si prepara un’ottima salsa, e i migroci, particolari granchi della scogliera; i gustosissimi
A sinistra, dall’alto, un delicato fiore di cappero e una distesa di mustazzola, sfoglia condita e ripiena. Qui sotto, un tipico dammuso in pietra con tetto a cupola, di tradizione fenicia reinterpretata nei secoli e arrivata fino a oggi in abbinamento al “giardino pantesco” che protegge le colture al suo interno dalle intemperie
polipetti e le seppie in umido o impanate, senza dimenticare le ostriche e le aragoste. Saporitissimi sono, infine, i conigli selvatici, presenti in abbondanza a Pantelleria, spesso cucinati al forno con le patate. E poi ancora le fantasiose insalate pantesche, condite con olio extra-vergine di oliva, pomodori dell’isola, patate bollite, uova sode, pezzetti di sardina o di pesce salato e secco, il pesce sciutto, olive, tumma – un formaggio fresco locale – origano e gli immancabili capperi che danno un tocco speciale a tutta la cucina locale.Tra i dolci i baci, ripieni di ricotta; la mustazzola, una sfoglia condita con un ripieno di semola, miele o vino cotto, scorzette di arancia candita, cannella e altre spezie; i ravioli dolci, con ricotta zuccherata e cannella; gli sfinci, una specie di frittelle ricoperte di miele; i cassateddri e i pasticciotti; il cannateddro, il tradizionale dolce pasquale. Per quanto riguarda i vini dire Pantelleria significa dire Zibibbo, Moscato e il notissimo Passito.
Tradizione sotto sale Erano mani rovinate dalla terra, mani bruciate dal vento che qui muove ogni cosa, mani che sapevano di sale e che raccontavano storie di un’isola lontana. Erano mani che a volte non hanno potuto fare altro che giungersi in preghiera e sperare che la terra desse qualche fiore, mani che accompagnavano ogni giorno quel gesto quasi mistico di piegarsi la mattina e la sera in ginocchio su un terreno sassoso quasi nero per raccogliere gemme verdi. Erano mani così quelle che nel 1949 hanno dato vita alla Bonomo & Giglio, che ancora oggi raccoglie e lavora quelle piccole perle verdi che sono i capperi, di Pantelleria. Erano e sono mani così quelle che amalgamano ancora oggi queste perle con altri gioielli della terra e del mare secondo antiche preparazioni, che racchiudono il gusto autentico del Mediterraneo e della nostra storia. La Bonomo & Giglio, capperificio più antico dell’Isola, è da sempre un’azienda artigianale con lavorazioni manuali e scarsamente meccanizzate, legata a doppio filo alla tradizione. Da qualche anno ripropone anche antiche ricette dell’Isola in confezioni per i negozi e la ristorazione oltre a completare la gamma dei prodotti con i vini selezionati dell’isola. Oltre ai capperi conservati in sale di mare, raccolti e fatti maturare da maggio ad agosto, inimitabili per profumo e sapore (per questo non esistono altri capperi al mondo a cui è stata attribuita l’Indicazione Geografica Protetta), l’azienda propone anche patè di capperi, pesto di capperi, salsa di capperi, trito di capperi, capperi o cucunci in olio extravergine d’oliva, pomodori secchi e capperi in olio extravergine d’oliva. Antico Capperificio Bonomo & Giglio Srl Capperificio: Contrada Scauri Alto Laboratorio/Bottega: Località Kazen/ Balate - Pantelleria (Tp) Tel. 0923916021 www.bonomoegiglio.it www.lanicchia.com
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laSicilia
Viaggio nella sicilia pi첫 suggestiva Un itinerario nei principali luoghi di villeggiatura siciliani, alla scoperta dei loro segreti e tesori
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cefalù
Cefalù mondanità, storia e cultura nelle viuzze della città normanna.
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Sulla costa settentrionale della Sicilia si trova una perla: Cefalù. ll nome della città risale dal greco Kephaloidion, derivante da kephalè con riferimento alla rocca a forma di “capo” che sovrasta la cittè, anche se le sue origini sono ignote: sulla Rocca si trovano probabili tracce di un insediamento preistorico, notizie documentate della città si hanno però solo a partire dal IV secolo. Cefalù è una piccola città di mare, con un pittoresco porticciolo dal quale si osserva il caratteristico fronte a mare della città murata, con gli archi che fanno da ricovero alle barche. Sovrastata dalla spettacolare costruzione del Duomo che, eretto a partire dal 1131,
fu voluto da Ruggero II per sciogliere, secondo la leggenda, il voto per la grazia ricevuta dopo essere scampato ad una tempesta approdando proprio a Cefalù. L’immenso edificio domina il tessuto urbano ed è affiancato da due imponenti torri che danno l’aspetto più di una fortezza che di una chiesa vera e propria e che dovevano incutere ai viaggiatori che approdavano a Cefalù dal mare, timore e rispetto, stupore e meraviglia. In giro per la città è assolutamente da non perdere il Museo Mandralisca che sorge nell’omonima via, voluto dal mecenate collezionista Enrico Piraino, barone di Mandralisca. Lì si trova il celebre “Ri-
Scelti per voi dove mangiare Hotel Kalura Via Vincenzo Cavallaro 13 Cefalù (PA) Tel. 0921421354 Dall’alto di un promontorio l’Hotel Kalura (Tre stelle) domina l’omonima baia, una delle più belle della costa tirrenica. Dalla terrazza si gode di un’ampia vista sul mare e sui monti circostanti. È dotato di spiaggia privata, piscina ed è possibile praticare mountain bike, vela, equitazione. Il ristorante (il Federico II) presenta i piatti della rinomata tradizione culinaria siciliana. Dolcevita B&B Via Bordonaro, 8 - Cefalù Tel. 0921923151 Il B&B, realizzato sulla scogliera del Bastione di Marchiafava, a cui è legata parte della storia di Cefalù, vuol essere non soltanto un semplice dormitorio per turisti ma anche una fonte di divertimento e di relax. La splendida terrazza in posizione paesaggistica a picco sul Mar Tirreno, completa di sdraio, ombrelloni e barbecue, consente di vivere al meglio i momenti di pausa della vacanza.
dove dormire
Porto Turistico - Cefalù
tratto d’ignoto”, di Antonello da Messina. Attorno al palazzo baronale, sede del museo si estende il centro storico, ricco anche di splendide chiese: la settecentesca architettura di Maria Santissima della Catena, la cinquecentesca costruzione di San Nicola di Bari, e la secentesca Itria nella medioevale chiesa della Badiola. Sulla via Vittorio Emanuele si trova un bellissimo esempio di lavatoio medievale, utilizzato fino ai tempi moderni. L’arte e la storia sul corso si sposano con la moda. Le boutique offrono abbigliamento da mare e sandali originali che ricordano la moda di
Positano e di Capri, ma anche firme prestigiose che ricordano la mondana Taormina. Ricca la scelta dei migliori vini siciliani nelle enoteche lungo il corso Re Ruggero e indimenticabili i dolcetti di mandorla del bar Duomo. La Rocca contraddistingue il paesaggio di Cefalù tanto da essere un’unica entità con l’abitato: in essa si trovano diverse testimonianze fra cui le fortificazioni ed un santuario preistorico detto Tempio di Diana. Fra le tante spiagge di Cefalù e dintorni c’è quella di Contrada Caldura, con i fondali da estasi, in cui Vincenzo Bellini immaginò la sua opera “Il Pirata”.
Lo scoglio ubriaco V. C.Ortolani di Bordonaro, 2/4 - Cefalù (PA) Tel. 0921423370 Il locale con interni in stile liberty e in ferro battuto, ha ospitato le celebrità della terra, dai reali del Belgio a Silvio Berlusconi. A tavola primi piatti marinari che sono un vanto, la migliore pasticceria che si possa immaginare e una pizza squisita. Cantina dei vini regionali Doc. La Brace Viia XXV Novembre, 10 Cefalù (PA) Tel. 0921423570 Ubicato nel cuore storico di Cefalù, il ristorante la Brace è inserito fra le principali guide turistiche mondiali. Il menù presenta fra gli antipasti il paté di fegatini di pollo al Madera e le bruschette di pesce (con alice marinate, pomodori e pinoli). Fra i primi lo chef consiglia gli spaghetti gamberi e pescespada (ai profumi di zibibbo) e le melanzane ripiene di soavi tagliatelle spruzzate di ricotta salata. Fra i secondi, i tocchetti di spada (Pesce spada marinato nel peperone dolce con salsa di limone e senape) e il salmone al miele (salmone con rucola in salsa di miele e pepe verde).
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trapani
Trapani La provincia Trapani è una sorta di immenso scrigno di bellezze naturali e di beni artistico-monumentali: lungo una costa incantevole, che conta spiagge lunghissime e dalla sabbia fine come quella di S.Vito lo Capo, e tratti di territorio dalla natura selvaggia e incontaminata, come l’area della riserva dello Zingaro, con la lussureggiante vegetazione mediterranea, la ricca fauna e la grande varietà di insetti, si snodano infatti splendide isole, come le Ega124
di, Levanzo, Favignana e Marettimo, regno incontrastato della leggenda, sede di preistorici insediamenti umani, e luogo privilegiato della pesca al tonno, la “mattanza”. E Pantelleria, l’isola più grande che si incontra al largo della costa sicula, nota per le coltivazioni di capperi e per il famoso moscato locale, e imponenti vestigia storicoarcheologiche, che spaziano dalle greche Segesta e Selinunte, alla cartaginese Mozia, dalla superba Erice, con le mura elimo-
la provincia verde tra le spiagge lunghissime di San Vito lo Capo e i tratti di territorio dalla natura selvaggia dello Zingaro.
Ruderi
puniche e il suggestivo borgo medioevale, a Marsala, famosa per la lavorazione artistica della ceramica, dove sbarcarono Garibaldi e i Mille, sino all’araba Mazara del Vallo. Interessanti anche i borghi di Calatafimi, Salemi, Gibellina, Valle del Belice, Castelvetrano, nei quali la storia, l’arte e le tradizioni popolari si intrecciano indissolubilmente. Ed ecco poi Trapani, capoluogo di provincia, ubicata su un promontorio a forma di falce che si protende verso il
visitare Trapani è come immergersi in diverse epoche, che raccontano la vita della città nei vari secoli.
mare, con le sue belle chiese e il famoso museo Pepoli.Trapani, l’antica Drepanon si protende verso il Mediterraneo con la sua forma di falce alla cui estrema punta si erge maestosa la Torre di Ligny, torre di avvistamento edificata nel 1761, oggi sede del Museo di Preistoria. Innumerevoli sono i siti archeologici presenti nella provincia di Trapani, a cominciare da Selinunte, oggi stazione archeologica famosa ma in passato antica polis fondata nel VII secolo a.C. dai Dori, distrutta dai Cartaginesi prima del passaggio dei Romani, ridotta ad acropoli e poi dimenticata fino al 1800, quando iniziarono i seri scavi e studi archeologici.Visitare Trapani è come immergersi in diverse epoche storiche. Ogni angolo si caratterizza per monumenti, chiese, palazzi, che raccontano la vita della città nei vari secoli. Il cuore pulsante di Trapani continua ad essere rappresentato dal porto, nel centro storico. Il porto di Trapani ha subito nel tempo diverse modifiche, fino all’ultima con i lavori di rifacimento delle banchine e di adeguamento. L’estrema punta della città è caratterizzata da Torre di Ligny, sede oggi del Museo della Preistoria. Nella zona del porto peschereccio si possono ammirare il Villino Nasi, recentemente recuperato alla fruizione della collettività e l’ex Lazzaretto, oggi sede della sezione locale della Lega Navale Italiana. Poco distante, in mezzo al mare, la Colombaia, uno dei simboli della città di Trapani. Il centro è tutto un susseguirsi di palazzi storici e chiese di notevole pregio artistico: il palazzo Cavarretta, la Cattedrale, palazzo Riccio di Morana, palazzo San Rocco, palazzo Riccio di San Gioacchino, palazzo Lucatelli, la 125
trapani
chiesa del Collegio. Poco distante si trova la chiesa del Purgatorio, in cui sono conservati i sacri gruppi dei “Misteri di Trapani”. Il lungomare si estende per alcuni chilometri ed è costeggiato dai resti delle antiche mura della città. Il confine tra la città vecchia e la città nuova è dato da piazza Vittorio Emanuele. Poco distante, in piazza Vittorio Veneto, si trova palazzo d’Alì, sede del municipio e, di fronte, il palazzo delle poste, in stile liberty. Proseguendo si giunge a villa Margherita, il polmone verde della città, con giganteschi ficus risalenti all’Ottocento. A Trapani è difficile distinguere dove finiscono i sapori della tradizione mediterranea e iniziano quelli arabi perché qui, nella parte più occidentale della Sicilia, l’arte, la cultura e la gastronomia sono il frutto delle tante influenze straniere che, nel passato, hanno dominato queste zone. A testimoniare questa influenza c’è un piatto tipico della regione africana del Maghreb, il cous cous, ovvero minuscole palline di semola, preparate dalle abili mani delle cuoche e cotte a vapore in una speciale pentola di terracotta smaltata. Il condimento - a differenza di quello ancora oggi usato nell’Africa settentrionale, che è a base di legumi e carne ovina - qui è un raffinatissimo brodetto di pesce di svariate qualità e scelto secondo un codice rigoroso. Il tonno ancora oggi è uno dei pesci base della cucina locale. Tra le tante ricette le più antiche sono il raù di tunnu, un trancio di pesce cotto allo stesso modo del ragù di carne e con il cui sugo si condisce pasta, la rara quanto preziosa buttarica, la bottarga di uova di tonno, e l’afrodisiaco lattumi di tunnu, quel particolare “latte”, della consistenza della tuma, ricchissimo di ormoni, col quale i tonni maschi fecondano le uova depositate dalle femmine e che si mangia a dadetti, panato e fritto. Prodotti tipici e 126
olio si possono trovare all’azienda agricola Alicos, nata nel 2005 a Salemi, per dare continuità all’impresa familiare che il nonno dell’attuale titolare aveva costituito sin dagli inizi del novecento. L’Azienda ricade nella zona di produzione della Dop Valli Trapanesi; l’olio extra vergine è prodotto principalmente da piante di Cerasuola impiantate nel 1929 in contrada Guardanciello nei pressi del fiume Grande. Questo, una volta detto Halycus, faceva da frontiera tra le potenti città di Segesta e Selinunte. L’olio non viene filtrato per preservarne al massimo le eccezionali caratteristiche di aroma e gusto. L’azienda produce inoltre delle conserve fatte secondo le più antiche
e genuine tradizioni siciliane, selezionando scrupolosamente le materie prime. Pregevoli i vini della zona. Qui siamo sulle strade del vino d’Alcamo e del Marsala. Le colline che attorniano il centro di Calatafimi sono ammantate di vigneti di uve Catarratto, Damaschino e Grecanico dal cui mix ha origine il Bianco d’Alcamo. Ma la zona “classica” di produzione di questo vino è quella intorno ad Alcamo, fiorente centro agricolo e del terziario situato alle pendici del monte Bonifato, che merita una visita per il grande patrimonio artistico, culturale e architettonico lasciato in eredità alla città dagli arabi, i normanni e gli spagnoli.
Scelti per voi dove mangiare Kempinski Hotel Giardino di Costanza Via Salemi Km 7,100 Mazara del Vallo (Trapani) 0923675000 Novantuno le camere e suites, tutte con terrazza o balcone in cui dominano colori caldi ed intensi in armonia con i decori che trasmettono una nota tipicamente siciliana. Un raffinato resort che offre relax tra le sue piscine ed il Beach Club, Nakhlah longevity, lifestyle & beauty Spa, unica nel suo genere, la cura attenta per i bambini ed un territorio circostante che invita alla scoperta di tesori e tradizioni del passato come Erice, Segesta, Selinunte e Mothia.
dove dormire Ai lumi tavernetta corso Vittorio Emanuele, 75 Trapani 0923872418 Nel centro della città un locale giovane, alla moda, caratterizzato da un ambiente curato. Proposta di carne e di pesce del territorio, a prezzi interessanti. Nella pagina a fianco la torre del Castello di Erice. Qui sopra e sotto due vedute diverse del medesimo castello.
dove comprare Baglio Caruso via dei Fenici, 25 Mazara del Vallo 0585831925
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marsala
Marsala nei vecchi mulini a vento oggi ci sono: musei, locande angoli shopping. Saline di Mozia
storia e vino sulle rovine dell’antica città punica Lilibeo. Sosta obbligata allo Stagnone con le antiche saline. 128
Sorge su quasi tutte le rovine dell’antica città punica Lilibeo, e da qui il nome “lilbetani” dei suoi abitanti, Marsala è famosa in tutto il mondo per il vino, ma è ricca anche di bellezze artistiche e naturali e nel suo territorio comprende la riserva naturale regionale delle Isole dello Stagnone di Marsala. La sua fondazione è strettamente legata a quella di Mozia, una delle isole dell’arcipelago, fondata nel VIII a.C., che è stata un’importante città fenicio-punica. Rappresenta la capitale mondiale dell’archeologia navale, poiché nel museo del Baglio Anselmi vi sono custoditi i resti di una nave punica, unico reperto archeologico al mondo di imbarcazione da combattimento; risalente al 241 a.C., anno delle guerre puniche combattute davanti
al mare di Lilybeo. Durante la prima delle tre guerre puniche, fu assediata dai romani, e difesa dal comandante punico Imilcone. Da qui lo storico assedio di Lilibeo, di cui ebbero la meglio proprio i romani. La città merita una sosta anche per le storiche Cantine Florio (1883), con un negozio interno che spedisce bottiglie in ogni angolo d’Italia. D’obbligo, poi, raggiungere lo Stagnone con le sue isolette e le antiche saline ancora produttive. Nei vecchi mulini a vento oggi ci sono un centro visite, un museo del sale, una locanda, un angolo shopping dove sono in vendita gioielli dal design barocco fatti di resina di sale: ormai rarissimi, sembrano coralli. Di fronte all’imbarcadero dal quale si salpa per Mozia, la piccola isola al centro
dello Stagnone, antica colonia fenicia, si trova l’Ecoresort Isola Longa: 22 camere con vista sulle bianche piramidi di sale. La via del sale conduce al Baglio Anselmi.Tra le tappe in città, il complesso San Pietro, ex monastero quattrocentesco trasformato in centro culturale,accanto alla piazza della Cattedrale, il mercato del pesce sotto arcate a volta e l’ex convento del Carmine, riconvertito in galleria d’arte con le scuderie adibite a sale espositive. Per le escursioni c’è la vicina Mazara del Vallo che ha da poco preso il nome di “Mazara del Satiro”, come indica la segnaletica, un dedalo affascinante di chiese medievali, palazzi e cortili barocchi in vicoli simili alla kasba tunisina. Percorrendo la statale 115 Marsala-Mazara, in contrada Petrosino, zona di vigneti che guardano la costa africana, il Baglio Basile, del 1860. Da qui gli ospiti possono seguire due indirizzi tra le tappe del vino e del Marsala. Il primo è il Baglio Burgio, dell’omonima famiglia, proprietari terrieri dal Seicento, si è tornati a produrre un rosso eccellente e di nicchia, il PoggioAllegro.Anche Baglio Hopps è visitabile su richiesta. Rientrando in autostrada a Mazara, una manciata di chilometri dopo Campobello ecco Selinunte, dove i templi hanno per sfondo il mare.
Scelti per voi dove mangiare
dove dormire
Capo Lilybeo Via Lungomare Boeo 40 Marsala (Trapani) 0923712881
Baglio Oneto resort Contrada Baronazzo Amafi, 55 Marsala (Trapani) 0923746222
Trattoria Samperi Contrada da Fornara Marsala (Trapani) 0923741313
Disio Resort Marsala (Trapani) Contrada Scacciaiazzo 09231954014
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sciacca
Porto
Sciacca Thermae Selinuntine in epoca greca, Aquae Labodes sotto Diocleziano. I due antichi toponimi riassumono già la caratteristica per cui la Sciacca di oggi è conosciuta in tutto il mondo come la “città delle terme”. Gli stessi Arabi, dopo lo sbarco in Sicilia, rimangono affascinati, Sciacca diviene la traduzione visiva della “Valle dei Bagni”. Sotto il loro governo la città è dunque la capitale degli “Iqlim”, vincitori, come in età imperiale romana lo era stata dei servizi postali dell’isola. Il suo porto commercia con Tripoli e la Tunisia, mentre la socialità primeggia per famiglie e palazzi.Sciacca ritrova così quella dimensione mediterranea oggi 130
ulteriormente confermata dal ritrovamento in mare della preziosa statuetta bronzea raffigurante la divinità fenicia Melkart. La cittadina conserva molte opere d’interesse artistico. Le sue mura si chiamano ancora col nome del viceré Giovanni De Vega che li fece costruire e diresse i lavori. Le tre porte d’accesso alla città sono tutte rimaneggiate: porta Palermo, che si trova nei pressi della piazza Sturzo e fu riedificata nel 1753 durante il Regno di Carlo III di Borbone; la porta San Salvatore, del XVI secolo, che si trova in Piazza Carmine, ricca di sculture rinascimentali; la porta San Calogero, che si trova nell’omonima piazza,
la città delle terme che affascinò gli arabi. Ceramiche e carnevale alla porta del Mediterraneo.
è del 1536. Non possono mancare le chiese: l’antica Cappella di San Giorgio dei Genovesi è stata costruita nel 1520 dai numerosi mercanti, residenti a Sciacca per curare i loro affari. Il duomo, in piazza Don Minzioni, risale al XII secolo e fu fondato Giulietta (Giuditta) la Normanna, figlia del conte Ruggero. Nei pressi della Chiesa Madre si trova Sant’Antonio Abate, risalente al XV secolo. Appartiene invece al Cinquecento, anche se fu ristrutturata nel 1613, la chiesa del Collegio, che si trova sulla via Roma. Un altro bellissimo esempio d’architettura è la chiesa di San Domenico e il suo convento, risalenti al 1176 la prima e al 1742 il secondo. La chiesa, in stile barocco, ha una sola navata con otto cappelle: si trova in Corso Vittorio Emanuele. Giuditta, oltre al duomo, volle fare costruire un’altra chiesa: Santa Maria delle Giummare in via Valverde. La fiancheggiano due torri merlate. All’interno, ad unica navata, si trova sulla sinistra la cinquecentesca cappella della Madonna delle Grazie.Tra una chiesa e l’altra si può assaggiare la famosa “tabisca”, la pizza di Sciacca: di forma allungata e condita con pomodoro, cipolla e acciughe (la saccense). Il dessert tipico è invece la “cucchitella”, tra i più antichi dolci secchi della Sicilia, inventato dagli arabi e tuttora cucinato nelle pastic-
veduta della costa
cerie di Sciacca. Conserve vegetali, ittiche e specialità tipiche siciliane si possono gustare dal 1988, all’azienda di conserve di Paolo Licata Villa Reale. L’assortimento include oltre 150 prodotti fra antipasti, caponata, carciofi, melanzane, olive, pomodori secchi, paté, pesti, condimenti, salse e sughi pronti, acciughe, tonno, sgombro, pesce spada, bottarga, marmellate, miele, aromi selvatici e olio extra vergine d’oliva Dop.
Scelti per voi dove dove mangiare dormire Steripinto Sciacca (Agrigento) Corso Vittorio Emanuele 092523177 Villa Palocla Sciacca (Agrigento) Contrada Raganella 0925902812
Grand Hotel delle Terme Sciacca (Agrigento) viale delle Nuove Terme, 1 092523133 Hostaria del Vicolo Vicolo Sammartiano 10 092523071 www.ostariadelvicolo.com
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ragusa
Ragusa
viaggio nei tesori culturali e nell’arte gourmande della Provincia di Ragusa, patria di grandi chef. 132
Alcuni la chiamano “Svizzera del Sud”, sia per le similitudini nelle produzioni proprie, ovvero latte, formaggi e cioccolata, sia per il reddito pro capite molto alto non solo rispetto al resto della Sicilia ma anche rispetto all’intero Mezzogiorno. E guardando i parametri di produzione su scala regionale e nazionale salta subito all’occhio il valore aggiunto che la Provincia di Ragusa possiede in termini di allevamenti e trasformazione, basti pensare che da sola conta oltre la metà dei capi d’allevamento bovino regionale e produce un numero di chili di latte
per mucca con un valore annuo appena sotto la media nazionale. Ma oltre alla produzione lattiero-casearia la massa critica economica è rappresentata dalle coltivazioni in serra, proprie della zona di Vittoria, che riforniscono tutta Italia di frutta, verdura e fiori in qualsiasi periodo dell’anno. Se non avesse l’handicap dei trasporti, resi difficili da strade impervie e lontane dai grandi collegamenti, Ragusa sarebbe certamente una fra le prime realtà produttive italiane. I segreti di questo primato derivano sia dalla mentalità stakanovista che caratterizza la gente di
queste zone sia dalle peculiarità geomorfologiche e climatiche che permettono una grande varietà di produzioni, anche di nicchia. Il territorio, infatti, è molto vasto ed è caratterizzato principalmente dalle dolci colline dell’altipiano ibleo che da Chiaramonte Gulfi, famosa per la produzione dell’olio extra vergine d’oliva, scendono fino alle splendide città barocche di Ragusa Ibla e Modica, acclamata patria del cioccolato. Fra le due città della provincia iblea vi sono tanti paesi affascinanti tra i quali spicca Scicli, che merita certamente una sosta per il centro storico perfettamente conservato, per la visita al palazzo Beneventano - la più importante residenza nobiliare della zona, di recente decretata dall’Unesco Patrimonio dell’Umanità - e per una passeggiata verso il Palazzo del Municipio, palcoscenico dello sceneggiato televisivo “Il Commissario Montalbano”.
Barocco e grandi chef
In apertura il Duomo di San Giorgio. Sotto il Campanile Idria
Che a tavola anche l’occhio voglia la sua parte qui è indubbio, infatti siamo nel centro storico di Ragusa, nella barocca Ibla, contornati da splendidi palazzi con portali, fregi e balconi da enciclopedia dell’arte e, di fronte al Duomo, dalla splendida chiesa settecentesca di San Giorgio. Qui l’abitudine al bello ha senza dubbio condizionato positivamente la vena artistica degli chef ragusani che, nel giro di pochi metri, coesistono perfettamente come due splendide realtà della ristorazione isolana e italiana. Parliamo del famoso e stellato ‘Ristorante il Duomo’ dello chef Ciccio Sultano e della ‘Locanda Don Serafino‘ dell’emergente chef Vincenzo Candiano, che offre anche ospitalità di charme. Passeggiando
in un vicoletto che costeggia il Duomo si trova un portone che ha tutto l’aspetto di una casa privata ed anche entrando nel ristorante di Ciccio Sultano si viene accolti da Angelo di Stefano, suo socio, con grande calore e ospitalità. Nelle intime e accoglienti salette si assapora l’esaltazione della tradizione iblea, con una qualità eccelsa delle materie prime, e anche l’estro e la creatività dello chef ragusano, ormai famoso in tutto il mondo. I menu presentati con dovizia di particolari da Angelo o dallo stesso Ciccio, variano dalle delizie del mare alle specialità legate al territorio, come uno straordinario tortino di Ragusano Dop, un vellutato macco di fave accompagnato da un profumato olio extra vergine Monti Iblei Dop o un semifreddo alle mandorle di Avola e cioccolato di Modica. Poi la scelta dei vini, immensa, proveniente da una cantina visitabile e curata direttamente da Angelo di Stefano. A pochi metri di distanza c’è la Locanda Don Serafino, il gioiellino di Pinuccio La Rosa che ha condotto sapientemente la splendi-
Qui sotto dei semi di cacao per la produzione di cioccolato
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ragusa
da realtà di famiglia a diventare una raffinata ed elegante isola di ristorazione e accoglienza del sud-est siciliano. Il locale è molto affascinante, in pietra arenaria e legno, e accoglie i suoi ospiti con la suggestiva esposizione delle oltre 1.000 etichette di vini nazionali ed esteri. Lo chef Vincenzo Candiano fa parte della categoria dei giovani cuochi, premiato in tutto il mondo per la sua capacità di abbinare ingredienti del territorio in ricette creative e sempre molto equilibrate nei sapori e nella coreografia. Fra i suoi piatti più noti ci sono la terrina di sgombro con tenerezze di zucchine e capuliato (un battuto di verdure miste e aromi) fra gli antipasti, e fra i primi i tagliolini al carrubo con bottarga di tonno e pomodorini o la lasagnetta al cacao amaro con ricotta fresca iblea. Inoltre, la locanda offre la possibilità di usufruire di cinque Junior Suite e cinque camere matrimoniali ricavate in un affascinante palazzetto del centro storico e di un lido attrezzato con ristorante sulla spiaggia nella vicina Marina di Ragusa per un weekend completo all’insegna di bellezze e sapori siciliani. Da una meraviglia barocca all’altra ci spostiamo nella suggestiva Modica, dal centro storico perfettamente ricostruito dopo il terremoto del 1693 e frastagliato di chiese e palazzi barocchi, dove convivono due belle realtà della ristorazione siciliana. Sempre più in alto sta volando il giovane chef Accursio Capraro che propone un vero e proprio itinerario enogastronomico al ristorante ‘La Gazza Ladra’, nel cuore di Modica Alta e parte dell’hotel di charme ‘Palazzo Failla’. La sua cucina è raffinata e propone piatti sempre originali con materie prime freschissime, orientati in due menu degustazione, uno “tradizionale” e 134
Spiaggia di Punta Secca e Scicli
l’altro più estroso chiamato “Gazza Ladra”. Da provare un delicato cremino di Ragusano con rapa rossa, asparagi su un cestino di pane con fave e bietola e un gustoso e fragrante arancino con melanzana, mozzarella di bufala, pomodorini e basilico. Sempre a Modica, a pochi passi dal centrale Corso Umberto I, lo chef Peppe Barone delizia i suoi ospiti con le specialità culinarie che ruotano attorno all’ingrediente principe in città, ossia la cioccolata. Al suo ristorante, ‘La Fattoria delle Torri’, si accede attraverso una splendida limonaia dove si percepiscono gli aromi mediterranei che poi caratterizzano i sapori della cucina di Peppe. La sua passione per gli ingredienti e le ricette tradizionali sono riassunti in un libro, “Pane&Cioccolata” in vendita an-
che al suo shop “Incantasapori” sul Corso Umberto I.
Ragusano Dop: lingotto d’oro Fiore all’occhiello della produzione casearia siciliana, il Ragusano è il formaggio che prima di tutti ha acquisito la Denominazione di Origine Protetta dalla Commissione europea. Il disciplinare è molto rigido e prevede regolamentazioni sui metodi di produzione ma soprattutto su quelli di stagionatura. Il suo nome originario è Cosacavaddu Rausanu ovvero Caciocavallo Ragusano, nome che deriva dal suo metodo di stagionatura a cavallo appunto di un’asse di legno. È un formaggio molto saporito che può essere mangiato fresco, con due mesi di stagionatura, semistagionato oppure stagionato da 6 a 9 mesi, dal caratteristico gusto lievemente piccante e bene abbinabile al miele di carrubo, alla marmellata di arance rosse, fragoline di Ribera o di cipolla di Giarratana. Il Ragusano ha origini storiche molto radicate e si parla di citazioni che addirittura arrivano agli inizi del 1500. La Dop è comunque una produzione di nicchia, rispetto a quella del normale caciocavallo ragusano che viene venduto in larga scala nei supermercati, e vede la sua zona di eccellenza fra Modica e Ragusa. È un formaggio a pasta filata derivante da latte intero crudo, possibilmente di vacche di Razza Modicana di pascolo locale, e la produzione avviene in caseifici certificati dove i “casari” danno la forma tipica di parallelepipedo ponendo la cagliata in un contenitore di legno (“mastredda”). Dopo la salatura, il formaggio viene fatto riposare prima di essere portato nei locali di stagionatura (“maizzè”). La stagionatura avviene solitamente in luoghi freschi, umidi e ventilati e alcune volte interrati in cave natu-
Qui sopra del Cioccolato (tipicità di Modica). Sotto, del formaggio Ragusano Dop
rali dove i formaggi sono a cavallo di assi di legno e legati con corde di cotone. A garanzia del corretto svolgimento delle procedure di produzione e stagionatura esiste un Consorzio di tutela di certificazione europea, mentre la qualità dei pascoli e del bestiame è sotto vigile controllo dell’Associazione Regionale Allevatori Siciliani che ne monitora i valori e i parametri necessari per far sì che il sapore e la qualità del Ragusano Dop siano sempre eccelsi.
Modica, il risveglio dei sensi Fare una visita a Modica vuol dire assaporare con tutti i cinque sensi l’essenza della Sicilia Barocca. Immaginatevi una giornata di maggio, con il sole pieno e il cielo azzurro limpido, una leggera brez-
immaginatevi una giornata, con il sole pieno e il cielo azzurro limpido, fra i vicoli stretti del centro storico.
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ragusa
za che si incanala fra i vicoli stretti del centro storico, il riverbero della luce che si riflette sulle pareti chiare della pietra calcarea color miele e sentire nell’aria un profumo di dolce e di cioccolata. Con tutti questi stimoli non si può non essere mossi dalla curiosità e allora infilare la testa in un laboratorio di pasticceria e capire da dove viene tutta questa dolce fragranza. Passeggiando sul Corso Umberto I troverete la maggior parte delle botteghe artigiane di dolciumi e cioccolata. La cioccolata modicana è ormai molto conosciuta e deve la sua fama soprattutto alla cioccolata al peperoncino e alla sua tipica consistenza granulosa data dalla presenza dei cristalli di zucchero. Queste peculiarità derivano dall’antica tradizione azteca che, nel corso dei secoli, fu portata a Modica attraverso la Spagna e la dominazione aragonese, ossia quella di unire al cacao spezie e aromi come vaniglia, cannella e appunto il peperoncino. La preparazione prevede la fusione del cacao amaro e poi l’aggiunta degli ingredienti, mantenendo sempre una temperatura bassa in modo da non far disciogliere i granelli di
zucchero. Fra i produttori storici di cioccolato segnaliamo sicuramente l’antica dolceria Bonajuto, proprietaria di un’affascinante sede storica del 1800, dove si organizzano anche visite guidate e degustazioni di cioccolata e dolci tipici e, sempre sul Corso Umberto I, l’antica dolceria e gelateria Rizza, che propone una cioccolata mono crù, squisiti gelati a base di cioccolato e nocciola come il cono turco e il pinguino, e prende ordinazioni per uova di Pasqua davvero speciali. Per i migliori biscotti modicani bisogna invece andare all’antica biscotteria di Nonna Margherita, sita sul Corso, che produce artigianalmente biscotti alla mandorla, cassatine di ricotta, mostaccioli (tipico dolce locale con mandorle, farina di grano duro, zucchero, chiodi di garofano e cannella) e la specialità della casa ovvero gli “M’panatigghi”, biscotti modicani ripieni con un impasto di filetto di manzo macinato, cioccolato, mandorle, zucchero e aromi naturali.
Palazzo Failla HOTEL
Palazzo Failla Hotel si trova nel centro storico di Modica Alta, in prossimità di due importanti eredità architettoniche quali il “Duomo di San Giorgio” ed il “Castello dei Conti”. Questa magnifica dimora, caratterizzata dagli arredi d’epoca, dalle volte affrescate, dai pavimenti originali, dai decori tipici dell’aristocrazia modi-
cana, saprà affascinarvi rendendo unico il vostro soggiorno. Nelle camere, rifinite nei minimi particolari, lo charme dell’antico ed il comfort del moderno si fondono in un connubio perfetto. Annesso all’hotel il ristorante gourmand Gazza Ladra del famoso chef Accursio Capraro e la “Locanda del Colonnello”.
Hotel Palazzo Failla Via Blandini, 5 - 97015 Modica (RG) Tel. e Fax 0932 941059 - info@palazzofailla.it - www.palazzofailla.it
Scelti per voi dove mangiare L’olio di Chiaramonte Gulfi Chiaramonte Gulfi, piccolo borgo medioevale dell’entroterra siciliano, è divenuto da alcuni anni famoso in tutto il mondo per la qualità dell’olio che vi si produce. L’olio extra vergine di oliva Dop “Monti Iblei”, e in particolare quella sottozona “Gulfi” che è propria del territorio di Chiaramonte, ha ricevuto negli ultimi anni i riconoscimenti nazionali e internazionali più prestigiosi. Deriva dall’oliva Tonda Iblea che ha la caratteristica sferica e polposa e produce un olio profumato e dal colore verde intenso. Da settembre a gennaio si fa la raccolta delle olive ancora, per lo più, a mano, quindi il passaggio dell’estrazione dell’olio nei “trappiti” (frantoi), e poi all’imbottigliamento che varia da piccoli produttori ad aziende già affermate anche all’estero come l’azienda Gulfi e l’Azienda Biologica Rosso. L’ingegnere Giuseppe Rosso cura l’azienda di famiglia con estrema cura e produce un Monti Iblei Dop chiamato Villa Zattopera che ha vinto parecchi premi come migliore olio extra vergine italiano. La zona di Chiaramonte produce anche ottimi vini ed è famosa soprattutto grazie all’azienda Gulfi che, oltre al già citato olio Monti Iblei Dop, vive perlopiù come azienda vinicola e produce vini ottimi e legati a vitigni autoctoni della Val di Noto con produzione predominante di Nero d’Avola. Punto di riferimento della ristorazione di Chiaramonte è senz’altro il ‘Ristorante Majore’ che dal 1896 “magnifica il porco”, come si legge all’interno. Da provare la gelatina di maiale ma anche salumi eccellenti e ottimi vini. Dall’anno scorso a Chiaramonte si svolge, all’inizio di dicembre, la rassegna olivicola “Olio e nons’Olio”, un viaggio nei profumi e nei sapori dell’oro liquido fra le sue innumerevoli elaborazioni, dal sapone al gelato.
Eremo della Giubiliana S.P. Ragusa-Marina di Ragusa Km 7.5 (Rg) Tel. 0932669119 www.eremodellagiubiliana. com Cinque stelle ricavato in un antico eremo del XII sec. Un luogo storico che domina il mar Mediterraneo, immerso nella campagna. Camere e suite splendide ricavate nel corpo centrale e nella torre. Ristorante raffinato e anche eliporto. Camera doppia da 260 euro Locanda Don Serafino Via XI Febbraio 15 - Ragusa Ibla Tel. 0932220065 www.locandadonserafino.it 10 camere in un palazzetto del 1700. Doppia da 148 euro Hotel Villa Carlotta Via Gandhi 3 - Ragusa Tel. 0932604140 www.villacarlottahotel.com Quattro stelle in un’antica fattoria del 1800 ex feudo della Marchesa Carlotta Schinnà. Camera doppia 150 euro Cambiocavallo Resort Km 5 S. P. Modica-Pozzallo, Modica (Rg) Tel. 0932779118 www.cambiocavallo.it Antica stazione di sosta per cavalli dell’800 trasformata in fascinosa redidenza. Camera doppia da 120 euro Palazzo Failla Via Blandini 5 Modica (Rg) Tel. 0932941059 www.palazzofailla.it Arredi d’epoca e un’accoglienza d’altri tempi. Camera doppia da 120 euro Hotel 900 Via Duprè 11 - Scicli (RG) Tel. 0932843817 www.hotel900.it Piccolo hotel di charme in un palazzetto nobiliare nel
centro. Doppia da 130 euro Villa Zattopera C.da Roccazzo Chiaramonte Gulfi (Rg) Tel. 09322444018 www.villazattopera.it Agriturismo di charme. Pernottamento da 35 euro a persona.
dove dormire Ristorante Duomo Via Capitano Bocchieri 31 Ragusa Ibla Tel. e fax 0932651265 www.ristoranteduomo.it Tempio del famoso chef Ciccio Sultano il ristorante è ospitato in un’intima ed elegante dimora nel centro storico. Tre i menu degustazione a disposizione, tematici sul mare e la terra con variazioni stagionali. Preparazioni di alto livello gastronomico e coreografico. Cantina monumentale curata da Angelo Di Stefano. Menu 90 euro Locanda Don Serafino Via Orfanotrofio 39 Ragusa Ibla Tel. 0932248778 www.locandadonserafino.it Vero gioiello della ristorazione ragusana e italiana ricavato in un’antica casa del centro storico con cantina a vista e mura in pietra viva. Vincenzo Candiano, giovane chef, vi delizierà il palato in una romantica cena a lume di candela accompagnata da una delle oltre mille etichette presenti in lista. Menu degustazione 75 €. La Gazza Ladra Via Blandini 11 Modica (Rg) Tel. 0932755655 www. ristorantelagazzaladra.it Il giovane chef Accursio Cradaro, propone due menu degustazione
(tradizionale e innovativo). Da provare il cremino di Ragusano e l’arancino melanzane e mozzarella. Menu 58 euro Fattoria delle Torri Vico Napolitano 14 Modica (Rg) Tel. 0932751286 Ristorante di Peppe Barone, istituzione della ristorazione modicana e autore di libri sulla cioccolata. Menu da 30 euro Sakalleo Piazza Cavour 12 Scoglitti (Rg) Tel. 0932871688 Rinomato ristorante di pesce sul porticciolo di Scoglitti che prende il nome dalle barche dei pescatori della zona. Memorabile il pesce porco alla griglia o all’acqua pazza. Menu da 45 euro Majore Via Martiri Ungheresi 12 Chiaramonte Gulfi (Rg) Tel. 0932928019 Il tempio del maiale cucinato in tutti i modi. Menu da 25 euro
dove comprare Antica Dolceria Bonajuto Corso Umberto I 159 Modica (Rg) Tel. 0932941225 bonajuto.it Dall’800 produce cioccolata al peperoncino, vaniglia e cannella. Biscottificio Nonna Margherita Corso Umberto I 81 Modica (Rg) Tel. 0932752012 www.nonnamargherita.it Il meglio della tradizione: mostaccioli e ‘mpanatigghi, con carne e cioccolata.
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siracusa
Siracusa
Siracusa è una vera perla della Sicilia ed è stata decretata patrimonio dell’umanità dal’UNESCO nel 2005, assieme ad altre bellezze della sua provincia, sia per la storia antica che la contraddistingue sia per le uniche rappresentazioni archeologiche ed architettoniche conservate nel raggio di pochi kilometri. Fra i primi insediamenti ci fu quello della città greca, con l’Isola di Ortigia, a dividere i due porti, e la Neapolis, dove adesso resta lo splendido teatro greco, dall’acustica perfetta e dove tutt’oggi si svolgono le rappresentazioni classiche, e le latomie (giardini) del Paradiso, all’interno delle quali si trova l’orecchio di Dionisio, grotta-carcere voluta dal Tiranno e costruita a forma di orecchio in modo da poter ascoltare dalla cavità tutti i discorsi dei prigionieri. A difesa della città 138
spicca il Castello di Eurialo, fortezza militare disposta in maniera strategica per proteggere dagli attacchi provenienti dai due mari. Il nome Siracusa deriva dal siculo Syraka che indica un luogo con parecchia abbondanza d’acqua. Infatti, attorno la città scorrono due fiumi, il Ciane e l’Anapo e vi sono parecchie fonti e sorgenti d’acqua, come la famosissima Fonte Aretusa nel cuore di Ortigia, separata dal mare da un sottile strato di mura e ricca di papiri che fuoriescono dall’acqua blu cobalto. Oggi Ortigia, dopo un sapiente restauro ed un intervento da parte della Pubblica Amministrazione che ha permesso la rivalutazione del borgo storico, è uno dei maggiori centri di attrazione del turismo di tutto il sud Italia. I muri bianchi delle case, le stradine con pavimento di pietra
a difesa della città spicca il Castello di Eurialo, fortezza militare disposta in maniera stategica per proteggere dagli attacchi provenienti dai due mari.
arenaria, le tantissime chiese, il lungomare che percorre tutto il periplo dell’Isola, e la splendida piazza del Duomo, con la Cattedrale, la chiesa di Santa Lucia e lo splendido palazzo Beneventano , dell’epoca barocca. Fra i musei assolutamente da non perdere vi sono il Museo Archeologico Paolo Orsi, punto di riferimento per la visita dei reperti archeologici di tutta la Sicilia sudorientale (vasi, capitelli, gioielli e oggetti in terracotta), ed il Museo Bellomo, famoso per ospitare il capolavoro dell’Annunciazione diAntonello da Messina. Siracusa è celebre al mondo anche per la produzione del Papiro, pianta arrivata dall’Egitto attorno al 250 AC, che cresce copiosa lungo le rive del fiume Ciane e nella Fonte Aretusa. Da qui la speciale carta di papiro, che oggi è ancora prodotta, conserva-
ta nella sua forma più antica all’interno di un piccolo museo in Ortigia. L’offerta turistica di Siracusa è molto particolare, soprattutto quella di Ortigia, avendo puntato sulle residenze di charme, piccoli alberghi e B&B. Fra gli alberghi di lusso spiccano l’Hotel Des Etranger, sul lungomare di Ortigia e vicino al Foro Italico, elegante passeggiata con porticciolo turistico, e poco prima il Grand Hotel di Siracusa, dalle linee esterne di inizio ‘900. Vi sono poi tante residenze antiche di Ortigia ristrutturate ed adibite ad albergo. Ne è un esempio l’HotelAlgilà, di recente apertura, composto da tre palazzetti contigui ed arredato con mobili d’epoca e maioliche siciliane, oppure la Residenza La Giudecca, ricavata in un’affascinante residenza medievale al di sotto della quale è stato ritrovato 139
siracusa
un antico bagno di purificazione di origine ebraica. Come boutique hotel Siracusa propone varie soluzioni, sia quella più moderna e di design, come l’avvenieristico ONE hotel, con tanto di Sushi bar e lounge restaurant, sia il più classico e romantico Hotel Gutkowski, in stile mediterraneo, affacciato sul mare e con una gestione tutta BIO, dai prodotti per la prima colazione all’utilizzo di materiali ecocompatibili. Per chi ama, invece, spostarsi poco fuori città vi suggeriamo la bella Villa Lucia, immersa in un parco con piscina e passeggiata a mare, o la Tenuta Case del Feudo, splendido agriturismo nella quiete e freschezza delle colline sopra Siracusa, ospitato in una casa colonica con ambiente nobiliare di campagna e tanta buona cucina dell’entroterra. La proposta gastronomica a Siracusa spazia fra ottime specialità di mare a golose preparazioni a base di verdure. Per la cucina di pesce suggeriamo sicura-
Teatro Greco
mente il ristorante Don Camillo dello chef e patron Giovanni Guarnieri, che ha creato un angolo di charme ed intimità fra mura antiche ed importanti bottiglie italiane ed estere esposte alle pareti. Il pesce è eccellente e viene rigorosamente proposto solo quello che offre di meglio il vicino mercato di Ortigia. Per le specialità della cucina contadina è d’obbligo una sosta alla trat-
siracusa per la produzione del Papiro, pianta arrivata dall’Egitto attorno al 250 a.c.
ILIL CASARO CASARO Sito in una delle vie più antiche del paese a 30 metri dal mare, il Casaro propone una cucina tipica siciliana a base di pesce, rivista però in chiave moderna con una particolare cura alla presentazione e alla leggerezza dei piatti.
L’ambiente è tranquillo, raffinato e piacevole. Grazioso il dehor estivo.
Via Luca della Robbia, 3 - 98060 Marina di Patti (ME) Tel/Fax 0941-367475
Tempio dorico di Siracusa
toria La Foglia, in una viuzza nei pressi della Fonte Aretusa nel cuore di Ortigia. L’impressione è quella di essere ospitati in una casa privata, con cassapanche di legno, divani con tappezzerie fiorate, comò ricoperti con i merletti e posate e bicchieri tirati fuori dalla credenza della nonna. Questo delizioso locale nasce dal connubio fra Beppe, di Treviso, e Nicoletta, Siracusana DOC, che hanno ideato una formula casalinga ma curata che colpisce per la sua spontaneità. Frittelline di verdure (cavolfiore, finocchietto selvatico e tagli di zucca), caponatina, pasta con le sarde alla vecchia maniera, e tanti dolci fatti in casa con l’aiuto della figlia luciana. Per degli acquisti particolari, infine, suggeriamo sicuramente una visita al mercato alimentare di Ortigia, che ogni mattina popola il lungomare levante con bancarelle ricolme di frutta, verdura, formaggi e pesce, oppure, per gli amanti dell’oggettistica bisogna fare una sosta da Circo Fortuna, piccola bottega nei pressi della Fonte Aretusa, che vende ceramiche, terrecotte, abatjour ed elementi decorativi per la casa dipinti a mano sulle fantasie dei disegni dei bambini.
Scelti per voi dove mangiare Ristorante Don Camillo Via della Maestranza 96 0931 67133 ristorantedoncamillosiracusa. it Ristorante di fascino, ricavato in un locale con mura in pietra viva e cantina a vista. Pesce freschissimo. Trattoria La Foglia Via Capodieci 29 0931 66233 www.lafoglia.it Tipico appartamento di Ortigia trasformato in ristorante. Arredamento di casa e cucina curata del territorio.
dove dormire Grand Hotel Des Etrangers Passeggio Adorno 10/12 0931 319100 www. desetrangers.it bel complesso di lusso con terrazzo panoramica sul mare ed Ortigia per cene romantiche a lume di candela
Grand Hotel di Siracusa Viale Mazzini 12 0931 464600 www.grandhotelsr.it Albergo con facciata in stile Liberty di fronte al porto turistico di Ortigia. Buono il ristornate con veranda Hotel Algilà Via Vittorio Veneto 93 0931 465148 www.algila.it Residenza alla Giudecca Via Alagona 52 0931 22255 www.residenzaallagiudecca. com Residenza medievale provvista sia di stanze sia di appartamenti. Molto bello l’antico bagno termale ebraico One Hotel Via Diodoro Siculo 4 0931 797865 www.onehotel.it Buotique hotel di design con sushi bar, luonge restaurant e centro benessere. Hotel Gutkowski Lungo Mare Vittorini 26 0931 465861 www.guthotel.it
Villa Lucia Traversa Mondello 1, Contrada Isola 0931 721007 www.siracusavillalucia.it Elegante villa padronale di fronte Ortigia, immersa in un verde parco con piscina e passeggiata fino a mare. Tenuta Case del Feudo S.S. per Floridia C.da Fescura 335 6223235 www.casedelfeudo.it Elegante residenza di campagna a pochi chilometri da Siracusa. Stanze arredate con gusto ed ottima cucina.
dove comprare Mercato di Ortigia Lungo Mare Vittorini 1-10 Ogni mattina, con tanto pesce, verdure e formaggi. Circo Fortuna Via Vittorio Veneto 34 0931 850286 www.circofortuna.it boutique nei pressi della Fonte Aretusa specializzato in accessori da casa dipinti a mano.
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Acireale
Acireale Acireale è una piccolo gioiello dell’architettura barocca siciliana ed è costruita su di una scogliera di roccia lavica a strapiombo sul mare chiamata la Timpa e dista pochi chilometri da Catania. Tutto il litorale è stupendo, con insenature, anfratti e piccoli borghi di pescatori. Fra i monumenti più importanti da visitare vi sono La Cattedrale, in Piazza del Duomo, e la splendida Basilica Colleggiata di San Sebastiano, di origine settecentesca, contenete il famoso affresco raf142
figurante il martirio di San Sebastiano, opera di Paolo Vasta maestro del Barocco Acese . Partendo da Catania in direzione di Acireale e seguendo il litorale ionico, troviamo prima il paese di Aci Castello, famoso per il suo bel castello medievale, ma anche per una brioche con gelato al centralissimo bar Viscuso. Poco oltre si incontra il borgo di Aci Trezza, di verghiana memoria, sviluppato attorno al porticciolo di pescatori ed al mercato del pesce che rifornisce i risto-
tutto il litorale è stupendo, con insenature, anfratti e piccoli borghi di pescatori.
per gli amanti della cucina di mare qui vi è l’imbarazzo della scelta. ranti della zona. Per gli amanti della cucina di mare qui vi è l’imbarazzo della scelta. Noi vi consigliamo La Cambusa del Capitano, appena dopo il porticciolo, con ottime specialità di antipasti fra i quali le fritture di calamaretti e di paranza, ed il ristorante Federico, sul porto, famoso per i suoi spaghetti agli scampi. Per chi transita di giorno e vuole un pasto leggero suggeriamo una granita di mandorla macchiata al caffè all’Eden Bar. Si prosegue sempre lungo la statale in direzione Acireale e, dopo poco, c’è un bivio a destra indicante Capo Mulini, ovvero un altro piccolo borgo marinaro con tanti ristorantini di pesce fra i quali il migliore è La Conchiglia, con una bella terrazza sull’acqua e tante specialità a base di frutti di mare. Infine, dopo altri 5 km sulla nazionale, si giunge al quadrivio dove a destra si scende verso Santa Tecla e a sinistra si prosegue verso Acireale. In direzione Santa Tecla si raggiunge il borgo di pescatori di Santa Maria La Scala. E’ uno dei posti più pittoreschi e suggestivi di tutta la costa. Ha anche due fra i migliori ristoranti di pesce. Uno è il Mulino, con una bella terrazza all’esterno ed un elegante ambiente interno, con specialità di crudità di mare, e La Grotta, affacciato sui pescherecci e famoso in tutta la zona per la sua insalata di polipo e per le fritture di pesci pettine e di calamari. Per gli amanti delle cose dolci bisogna andare invece ad Acireale in centro dal Bar Pasticceria Castorina, famoso per i suoi dolci e per il suo gelato, da sballo quello al pistacchio e quello alle fragoline. Ma la costa acese è anche famosa per la vita notturna estiva dei catanesi. E allora bisogna fare quattro salti in una delle due discoteche-vivaio, piene di piante e di spazi all’aperto, ovvero il Banaker ed il Mantéca, lungo il tratto di statale che collega Aci Castello ad Aci Trezza.
Scelti per voi dove mangiare La Cambusa del Capitano Via Marina 65 Aci Trezza – Aci Castello (CT) tel 095 276298 Piccola trattoria di pesce posta lungo la stradina che costeggia il porticciolo. Parcheggiare al piazzale del mercato ittico e si è subito arrivati. Da Federico Via Provinciale 115 Aci Trezza – Aci Castello (CT) tel 095 276364 Storico ristorante di mare affacciato sulla piazzetta di Aci Trezza. Da provare gli spaghetti alla Federico con scampi e pomodorini. La Conchiglia Lungomare Martinez 21 Capo Mulini – Acireale (CT) tel 095 877824 Il pesce è freschissimo in questo ristorante con una bella terrazza affacciata direttamente sul mare. Da provare il sauté di frutti di mare e gli spaghetti con i ricci. Il Mulino Via Molino 106 Santa Maria La Scala Acireale (CT) tel 095 7648116 cucina di mare molto curata in un ristorante che punta tutto sulla freschezza delle materie prime. Provare gli “occhi di bue” (frutti di mare) alla griglia o crudi con oilo e limone. La Grotta Via Scalo Grande 46 Santa Maria La Scala Acireale (CT) tel 095 7648153 un piccolo angolo incantato affacciato sul porticciolo dei pescatori. Si scegli e il pesce prima che viene pesato e poi cucinato. La specialità sono l’insalata di polipo e le fritture.
dove dormire
tel 095 491552 www.baiaverde.it splendida ed elegante struttura in stile mediterraneo affacciata sulla scogliera poco fuori Catania. Magnifica vista sul mare, piscina con solarium ed american bar e buon ristorante panoramico Hotel Galatea Palace Via Livorno 146 Aci Trezza - Aci Castello (CT) tel 095 277320 www.galateaseapalace.it Struttura moderna ed elegante in splendida posizione sul mare. Stanze comode, piscina, lido, e ottimo ristorante con specialità di mare. Albergo Aloha d’Oro Via Alcide De Gasperi 10 Acireale (CT) tel 095 604344 Piccolo albergo in stile mediterraneo sito in posizione strategica, a 200 metri dal mare ed a pochi passi dal centro storico di Acireale
dove comprare Bar Viscuso Via re Martino 101 Aci Castello (CT) Bar famoso per la sua granita, da provare quella ai gelsi e quella al limone, e per i suoi pasticcini. Eden Bar Via Provinciale 89 Aci Trezza – Aci Castello (CT) Bar Pasticceria dove provare una squisita granita di mandorle macchiata la caffè o comprare dei panzerotti al cioccolato o alla crema bianca. Pasticceria Castorina Piazza Duomo 20/21 Acireale (CT) tel 095 601546 qui troverete tutto il meglio della pasticceria siciliana. Cannoli, cassate, dolci di mandorla e soprattutto uno squisito gelato, da provare assolutamente quello al pistacchio.
Grand Hotel Baia Verde Via Angelo Musco 8/10 Aci Castello (CT)
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noto
Noto Cattedrale di San Nicolò
Noto è famosa in tutto il mondo come il miglior esempio del magnificente barocco siciliano.Vi è una concentrazione incredibile di chiese e palazzi sparsi in pochi metri l’uno dall’altro che hanno fatto si che Noto avesse l’appellativo di giardino in pietra.E’ stato dichiarato patrimonio dell’umanità dall’UNESCO nel 2002 insieme a tutti gli altri principali centri della Val di Noto, che prende appunto nome da questo piccolo centro del sud della Sicilia.Anche Noto fu fortemente danneggiata dal terremoto del 1693 e poi ricostruita con stile tardo barocco che contraddistingue gran parte dei monumenti della città.Appena ci si incammina nel corso principale di Noto ci si rende subito conto dell’importanza architettonica nella quale ci si trova, si incontrano quasi subito lo splendido palazzo Ducezio, sede attuale del Municipio,ed il Duomo,la cui cupola crollò una decina di anni fa a causa di una scossa sismica ed og144
gi perfettamente restaurata. Poco oltre si incrocia la Via Nicolaci, dove all’angolo abbiamo quello che è definito il più bel palazzo in città ovvero il Palazzo Nicolaci diVilladorata.Le foto dei suoi balconi e dei suoi fregi barocchi hanno fatto il giro del mondo. Ma via Nicolaci è anche famosa per la sua “Infiorata”, manifestazione che Noto organizza ogni anno la terza settimana del mese di Maggio. Tutta la via, dal Palazzo Villadorata fino alla chiesa di Montevergini, è riempita di fitte e splendide composizioni floreali, quasi fosse un tappeto variopinto. La zona attorno a Noto è ricca di paesi e siti naturalistici di grande interesse. Avola è famosa in tutta Italia per la produzione delle uve da vino (Nero d’Avola) e per la Mandorla pizzuta, dalla quale si deriva la pasta di mandorla, ideale si per i dolci, sia per il latte che poi si trasforma d’estate anche in granita, come dalla“mitica”pasticceria Finocchiaro che,proprio in
appena ci si incammina nel corso principale di Noto ci si rende subito conto dell’importanza architettonica nella quale ci si trova.
Piazza Umberto,accoglie i turisti di passaggio con le sue prelibatezze. Salendo invece verso Avola Antica, insediamento medievale distrutto durante il terremoto del 1693, troviamo la Masseria degli Ulivi, accogliente Bed&Breakfast con una raffinata cucina del territorio.Spostandosi più a Sud si giunge nel caratteristico paesino di Marzamemi,luogo amato dai registi cinematografici per la sua antica ed intatta tonnara. Infatti la produzione del tonno qui è famosissima e legata a vecchia data. Il tonno rosso di Marzamemi lo si può trovare allo spaccio della ditta Campisi, o mangiarlo in una delle tante preparazioni della Taverna Cialoma,in Piazza Regina Margherita,che propone una cucina baronale siciliana a base di pesce.Spingendosi poi verso Porto Palo di Capo Passero incontriamo il paese di Pachino, famoso in tutto il mondo per la produzione dei pomodorini a grappolo ma anche per alcune altre tipicità come le uve da vino che danno l’Eloro Pachino DOP, un Nero d’Avola di forte consistenza, ed i carciofi della Val di Noto.
Nella piana di Licata, la dove sfocia il fiume Salso (antico Himera), nei Campi Geloi, di greca memoria, prospiciente il mare africano, si estende la Tenuta dei Baroni La Lumia con una superficie complessiva di circa 150 ettari di ottima terra di Sicilia. I 40 ettari attivati a vigneto hanno origine dagli strati gessoso-solfiferi e godono di un microclima unico per luminosità, giusta vicinanza al mare ed escursione termica. Elementi che determinano un territorio fortemente vocato per la coltivazione della vite. L’azienda vinifica esclusivamente uve proprie che hanno origine da vitigni autoctoni selezionati tra i migliori di Sicilia: Nero d’Avola, Inzolia, Nerello Mascalese e Frappato, dai quali ottiene vini eccezionali per intensità di aromi e di gusto. Il casale arabeggiante, attorno al quale si impernia tutta l’azienda, è stato edificato alla fine del ’700 dalla famiglia La Lumia e costituisce una delle proprietà vinicole più affascinanti dell’Isola.
Scelti per voi dove mangiare Il Porticciolo Porto turistico di Avola Lido tel 0931 789065 Taverna Cialoma Piazza Regina Margherita 23 tel 0931 841772
dove dormire Masseria degli Ulivi Strada per San Corrado, c.da Porcari tel 0931 813019 www.masseriadegliulivi.com
Residence Oasi di Vendicari Oasi Naturalistica di Vendicari (SR) tel 0931 562440 www.oasivendicari.it
dove comprare Pasticceria Finocchiaro Piazza Umberto I 0931 831062 www.finocchiaro1856.it Campisi Via Marzamemi 12 tel 0931 781069 www. specialitadelmediterraneo.it
L’attuale proprietario Nicolò, insieme al figlio Salvatore, ha continuato con passione e competenza l’antica tradizione enologica, facendo rivivere quei vini che in un glorioso passato avevano creato la ricchezza dei coloni Rodio-Cretesi, realizzando una linea dei vini “GRECISCHI”, di cui il Nikao, primo passito di Nero d’Avola al mondo sperimentato sin dal 1996, festeggia i suoi 10 anni di vita nel 2007. Tenuta Barone Nicolò La Lumia Contrada Pozzillo - 92027 LICATA (AG) Telefax +39 0922 891709 baronelalumia@gmail.com - www.baronelalumia.it
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L’epopea cavalleresca dei Pupi Siciliani
È un mondo e un popolo a parte, una genia fatta di re, cavalieri e dame, di draghi e di scudieri. Ha il suo linguaggio, un gergo colorato di storia e leggenda. Ha i suoi scenari, che ci trasportano da un campo di battaglia a un castello a una valle incantata. Un mondo iscritto dal 2001 tra i Patrimoni immateriali dell’Umanità Unesco, ma che sarebbe scomparso, non fosse stato per alcuni “paladini” dell’arte di Enzo Di Monte
«Tradizionalmente l’Opera dei Pupi si faceva per i villaggi, in inverno si andava nelle borgate, d’estate nei paesini di mare, dopo la semina e il raccolto nelle campagne. Poi dagli anni Sessanta è cominciato il declino. Lo sviluppo economico ha portato la gente ad abbandonare la campagna e a spogliarsi della propria identità tradizionale per andare a vestirne una nuova. Vista la situazione,mio padre decise quindi di ridurre il repertorio a un solo spettacolo e di concentrarsi sul pubblico dei turisti», racconta Mimmo Cuticchio, puparo palermitano e fondatore dell’Associazione Figli d’Arte Cuticchio. «Mio padre ha superato guerre,fame,migrazione,disperazione ed emarginazione per portare avanti i suoi progetti,e io ho sempre avuto come lui la convinzione e la consapevolezza che l’Opera dei Pupi avesse l’attenzione delle persone 148
Nel suo teatro di Palermo, Mimmo Cuticchio, con il figlio Giacomo e i membri dell’Associazione Figli d’Arte Cuticchio, tiene viva una tradizione che ha più di duecento anni e la rinnova attualizzandola nei temi e nello spirito
per bene, della gente di cultura e di chi porta la sensibilità nel proprio cuore. Ho voluto pertanto continuare a fare teatro,ma soprattutto mantenere un repertorio ricco e colorato anziché proporre sempre lo stesso spettacolo. Così nel 1971 ho deciso di staccarmi dall’attività di mio padre, mi sono costruito dei pupi e un teatrino smontabile e ho cominciato a girare per le scuole di ogni ordine e grado di Palermo e provincia. Questo mi ha permesso di continuare a vivere creativamente e soprattutto di riuscire a trasmettere alle nuove generazioni una memoria che altrimenti sarebbe andata persa, un certo rapporto con gli antichi mestieri». Con questo spirito e con grande entusiasmo Cuticchio mantiene in vita una delle più radicate tradizioni siciliane, inserita nel 2001 dall’Unesco tra i Patrimoni Orali e Immateriali dell’Umanità. Racconta
di Orlando e Rinaldo nelle loro vesti guerriere, prodi e valorosi cavalieri, di come divennero nemici per amore di Angelica, dama contesa tra i due paladini di Francia; di Bradamante valorosa sostenitrice della fede cristiana; di Carlo Magno, dei saraceni Falsarone e Biancardino, e di molti altri personaggi con oltre 300 episodi dove la parola chiave è“conservazione”del valore contro l’annullamento del ricordo. Ma non solo, Mimmo Cuticchio ha voluto anche provare ad andare oltre e coniugare innovazione e tradizione, ergendosi a “puparo sperimentatore”. «Io vivo nella mia contemporaneità per cui non posso fare come i pupari dell’Ottocento e portare in scena esclusivamente la Chansons de Geste, l’Orlando Furioso o la Gerusalemme Liberata, o almeno non solo quelli». E così dai semi del Teatro dei Pupi e del Cunto, ha sviluppato pa149
I pupari raccontano di cavalieri che si battono contro un potere incomprensibile, e vincono. Di paladini che lottano per l’amore, la religione, la fedeltà, non per sé ma per il bene di tutti
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Mimmo Cuticchio non ha mai contato esattamente i suoi pupi: sono 400 solo i paladini (ai quali aggiungere saraceni, cristiani, animali...) realizzati dall’800 fino ai giorni nostri
Né burattini né marionette I pupi non hanno fili come le marionette, non sono mossi dal basso direttamente dalla mano come i burattini, ma sono animati da un sistema di sottili aste di metallo che permettono il movimentato articolato di testa, braccia, scudi e altri particolari. Con le aste i pupari li muovono sullo sfondo di scenari ingenui e colorati, al ritmo degli scudi e delle spade, portando in scena l’epica dall’Iliade e dalla Bibbia alla Chanson de Roland, ai romanzi dell’epopea cavalleresca. Ogni singola rappresentazione viene preannunciata da un cartello con la scena principale della serata, mentre il commento musicale è affidato a musicanti di mestiere, che con l’accompagnamento di un violino, un mandolino o una chitarra, su indicazione estemporanea del parlatore, eseguono brani che seguono il ritmo dell’azione scenica.
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rallelamente anche un repertorio nuovo, che dilata i propri confini per parlare in modo più diretto e con una chiave diversa al pubblico moderno. Due stili che possono convivere in modo eclettico in uno stesso puparo a cavallo tra la tradizione e l’avanguardia del linguaggio d’oggi. Nel teatro di via Bara all’Olivella, a Palermo, Mimmo, con suo figlio Giacomo e altri collaboratori facenti parte dell’Associazione Figli d’Arte Cuticchio, continua a tener viva una tradizione che ormai ha più di duecento anni e la rinnova dandole uno spirito e un’interpretazione attuale. E così con 8 euro, prezzo del biglietto, è possibile assistere alle storie dei paladini, toccarli con mano direttamente nel laboratorio dove sono nati e dove vengono riparati quelli logorati dall’utilizzo. Se ne possono osservare davvero moltissimi, forse una delle collezioni più complete e impressionanti per numero, «in realtà non li abbiamo mai contati, anche se quelli che ha lasciato mio padre sono stati tutti fotografati; 400 paladini, più i pupi nuovi, un migliaio fra saraceni, cristiani, paggi, animali. Mio padre ne avrà la-
sciati due-trecento, alcuni sono della seconda metà dell’800, altri di inizio ’900, e particolari sono anche i fondali antichi dell’ottocento. Poi i miei fratelli ne hanno altri e molti sono quelli nuovi nati dalla mia bottega e dai miei pensieri, forse in tutto almeno 2 mila e anche più.Ai visitatori vengono mostrati, spiegando le differenze fra i pupi antichi e quelli nuovi. Insomma, anche se siamo a livello familiare, il nostro tesoro lo mettiamo in mostra e dal 1997 abbiamo aperto una scuola internazionale dove insegniamo, ad esempio, a costruire e manovrare i pupi, a scrivere canovacci e realizzare la messa in scena. Facciamo tutto questo perché non vogliamo che il patrimonio culturale vada perduto. Sia io che mio figlio Giacomo,a cui ho trasferito la mia passione e il mio orgoglio, siamo d’accordo sul fatto che la mentalità del segreto,del non voler condividere quest’arte, in realtà porterebbe alla morte di tutto quello per cui abbiamo dato la nostra anima». Mimmo Cuticchio è anche autore di diversi volumi dedicati a questo mondo.Tra le letture consigliate, possiamo citare La nuova
Per saperne di più: Museo dell’Opera dei Pupi Siciliani delle Madonie www.mopsmadonie.it Associazione Figli d’Arte Cuticchio www.figlidartecuticchio.com
vita di un mestiere antico. Il viaggio con l’Opera dei Pupi e il Cunto (Liguori) e Aladino di tutti i colori. Da una fiaba delle mille e una notte (Arianna).
Storia, epopea e tradizione Espressione splendente di quello spirito epico, eroico e cavalleresco, che va dalla Chanson de Geste medievale ai grandi poemi del Boiardo e dell’Ariosto, a tutta una tradizione letteraria, musicale e figurativa, i pupi sono per tradizione le caratteristiche marionette armate di quel teatro popolare che, venuto probabilmente dalla Spagna di Don Chisciotte, operò a Napoli e a Roma prima, ma soprattutto, dalla metà dell’Ottocento, in Sicilia, dove raggiunse il suo massimo sviluppo. Con i pupi possiamo aprirci un varco verso quel po’ di libertà che si può conseguire nella recita “a soggetto” del sacro destino, e affrontare il pathos dell’esistenza seguendo l’idea pirandelliana secondo cui siamo tutti pupi, marionette, burattini, maschere, ombre, animati dall’onnipotente Spirito Divino presente nel cuore di tutti gli esseri, e che tutti fa muovere al ritmo incalzante del tempo. I pupari raccontano le loro storie improvvisando e recitando. Raccontano come si raccontava una volta, quando il narratore parlava in un cerchio di occhi sgranati e credeva anche lui nella sua favola. Raccontano storie di ribelli e favole di cavalieri che si battono contro un potere prepotente e incomprensibile che in qualche modo riescono a vincere.Raccontano una favola siciliana dove i paladini sono nobili protagonisti, nobili non perché conti o baroni ma perché loro,almeno loro,non combattono per sé ma per cause comuni e per il bene dei più deboli. I paladini combattono per la religione, per l’amore, per la gloria, per la fedeltà, non certo per diventare ricchi e potenti. Forse per questo oggi la loro favola appare una rivisitazione nostalgica di un passato teatrale,
incerto tra folklore e cultura, e forse per questo il Teatro dei Pupi è ancora considerato a pieno titolo vero teatro. In esso gli attori si confondono con i personaggi perché non ne indossano fisicamente i panni e la maschera, perché non occupano in prima persona la scena, non avanzano alla ribalta per sovrastarne il carattere, ma ne incarnano l’animo e lo spirito più profondo. I pupari oggi, non sono soltanto ostinati cultori di una tradizione familiare,ma sono soprattutto gli eredi e i continuatori di una grande avventura artistica, affascinante e scandita dal caldo ritmo di coinvolgenti parole, movimenti, immagini, suoni. E sono autori e attori, scenografi e costumisti, tecnici delle luci e musicisti, impresari e macchinisti. Sono protagonisti di uno spettacolo che nasce con spontanea immediatezza dal contatto con un pubblico partecipe che affascinato, a bocca aperta, si immerge in mondi lontani.
Prima al seguito del padre, puparo anch’egli, nel 1971 Mimmo Cuticchio decide di intraprendere un’attività propria, costruendosi dei pupi e un teatrino smontabile e cominciando a girare per le scuole di Palermo e provincia. Dal 1997 inoltre, Mimmo, con il figlio Giacomo, ha aperto una scuola internazionale dove insegna l’antica arte dell’Opera dei Pupi
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