Ospitalità Italiana Gennaio 2015

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Prenotazione alberghi www.prontohotel.it

OSPITALITà ITALIANA MAGAZINE by VDG MAGAZINE I VIAGGI DEL GUSTO | ANNO 5 | N.43 | MENSILE | EURO 4,90

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GENNAIO 2015

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IL “TOCCO” ITALIANO

artigianalità e fashion: così vince il made in italy nel mondo Anteprima Pitti Immagine a Firenze: la grande vetrina del “saper fare” nostrano

Personaggi

Il manager: Matteo Marzotto Lo stilista: Stefano Ricci ITINERARI

Mare d’inverno e monti sconosciuti Europa: le mete “da gustare”

STORIE DALL’ITALIA CHE MERITA

CIBO E TERRITORIO

Roy Rogers, il jeans che parla toscano La pasta Fasano, ceramiche da red carpet Expo: cereali e tuberi CONSUMI&TENDENZE

Firenze, dove e cosa mangiare La dieta planata post-festività

APPUNTAMENTI

Arte, cultura, food: gli eventi del mese

A cura di magazine

i Viaggi del Gusto



editoriale

di Domenico Marasco

domenico.marasco@vdgmagazine.it

Crediamoci, impegniamoci e ricominciamo Rialzati Italia: ecco i propositi per il nuovo anno Per iniziare bene un nuovo anno, bisogna guardare al futuro con occhi positivi, mente pragmatica e cuore meno rancoroso. Le aspettative, per il 2015, sono tante e importanti, per il nostro amato Paese. Il nostro giornale – che dell’ottimismo e della positività ha fatto una religione prima ancora che una mission editoriale – in questo nuovo anno, continuerà a raccontarvi il meglio dell’Italia. Con la consueta passione, la consueta fiducia, l’entusiasmo e la professionalità di sempre. Vi accompagneremo, anche nei prossimi mesi, in un altro lungo viaggio, mai uguale né fine a se stesso, dentro l’Italia che merita: quella dei nostri straordinari talenti artigiani, dei nostri bellissimi territori, delle nostre impareggiabili eccellenze enogastronomiche. E ci piacerebbe che gli italiani tutti mettessero da parte il catastrofismo per guardare invece con rinnovata speranza a tutto ciò che di positivo – ed è tantissimo, malgrado tutto – può vantare il Belpaese. Non solo: ci piacerebbe che gli italiani tutti cominciassero ad avere più cura e più rispetto di ciò che li circonda. E che magari i nostri amministratori chiamassero a raccolta i cittadini per fare azioni di volontariato sociale e civile nella tutela dell’ambiente, nella cura del patrimonio pubblico, nell’assistenza ove ce n’è bisogno. Siamo sicuri che mezza Italia si renderebbe disponibile a fare un gesto per il proprio Paese. Il caso dei tanti volontari accorsi nella Genova piegata dell’alluvione dei mesi scorsi, in questo senso, è un esempio illuminante. Guardiamoci bene intorno: vedremo tante persone oneste e laboriose. Ed è un peccato che a fare notizia siano solo i fatti negativi.

Ci piacerebbe anche che gli italiani spegnessero la tv e andassero di più a godersi i musei, le piazze, i monumenti, le bellezze paesaggistiche che ogni comune d’Italia può vantare. Siamo certi che ne usciremmo tutti, non soltanto più arricchiti culturalmente e umanamente, ma anche più felici, meno depressi, più fiduciosi. Ci piacerebbe infine, che gli italiani tutti si convincessero che il Paese presto ripartirà. Come ha fatto mille altre volte, venendo fuori da situazioni anche peggiori di questa congiuntura di oggi. Prima ce ne convinceremo tutti e prima ci rimboccheremo le maniche per accelerare i tempi e dare un contributo. I talenti ci sono, le idee anche. Adesso è tempo di dargli spazio, farli conoscere, dare loro la possibilità di contribuire a costruire un Paese migliore. Noi, su queste pagine, proveremo a farlo, come abbiamo sempre fatto. Partendo da questo numero che è dedicato al “saper fare italiano” nel mondo del fashion. Da oggi lo facciamo, peraltro, con il sostegno di un nuovo e prestigioso partner che ci ha consentito di diventare anche il giornale di bordo dei meravigliosi treni di Italo, con la testata Italo, i Viaggi del Gusto. A questo punto, che siate sul treno o altrove, non ci resta che augurarvi: buon viaggio del gusto!

gennaio 2015

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sommario sommario gennaio 2015

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10 Almanacco di Barbanera 12 Appuntamenti

18 Milano da bere

24 Cover story Dietro il successo senza tempo del fashion e del lifestyle italiano nel mondo, ci sono loro: gli artigiani di eccellenza, i maestri della manualità, i rappresentanti di quel "saper fare" che contraddistingue da sempre il Belpaese. Anche al Pitti Immagine di Firenze, evento must della moda internazionale, scenderanno in passerella le aziende artigianali. Una vetrina importante e un'occasione unica per conoscere meglio la grande tradizione manifatturiera d'Italia. Quella che, a detta dei grandi manager e degli stilisti dell'haute couture, può farci uscire dalla crisi. Perchè se c'è una cosa che nessun altro paese può vantare è proprio "il tocco italiano"

panorama 22 Il personaggio

Gli scenari del Made in Italy nel mondo: intervista al manager Matteo Marzotto

34 L'Italia che merita Da più di mezzo secolo la storia dei blue jeans Roy Roger's ha l'accento toscano

36 Consumi & tendenze Nella nuova mappa del gusto di Firenze chi trionfa? I piatti poveri della tradizione!

cibo&territorio 42 Tra i segreti della pasta

Il prodotto simbolo dell'italian style in cucina: scopriamone trucchi e varietà

48 La storia in cucina, le tagliatelle 50 Le boutique del pane Dagli antichi laboratori alle moderne bakery: così è cambiato il mondo della panificazione In copertina, alcune creazioni di Salvatore Ferragamo (foto di Marta Sarlo, archivio Fondazione Altagamma)

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56 Verso Expo 2015 ereali e tuberi: i frutti della terra più noti C saranno protagonisti di uno dei cluster tematici

60 Scienza & vita

Dimagrire mangiando bene è possibilie

62 La salute nel piatto

Le noci: una dolce medicina in guscio

64 Il ristorante, l'Altro Vissani di Todi 66 Il ristorante/2, il Delfino Blu di Torino 68 Best italian wines Tra i migliori 100 vini al mondo, sono ben 19 gli italiani. Ecco il responso di Wine Spectator

70 Wine tour: Torre in Pietra Un gioiello nel cuore della campagna romana, con una storia millenaria che profuma di vino

74 Vigne & vigneron: Biondi Santi La vita dell'enologia toscana è custodita qui, tra le vestigia del Brunello e i filari di Sangiovese

76 Orto dei semplici, il carciofo 78 Il buono a tavola Ricette d'inverno



sommario sommario gennaio 2015

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magazine

i Viaggi del Gusto Direttore Responsabile Domenico Marasco Direttore Editoriale Sergio Luciano Consulente Editoriale Vincenza Alessio Ruffo Coordinatore di redazione Francesco Condoluci Grafica e impaginazione Daniel Addai Editing Gilda Ciaruffoli

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Segreteria di redazione Monia Manzoni - Tel. 02.8688641 ufficiotraffico@vdgmagazine.it Foto Gianluca Congiu e Giulio Barreri Editore: Opera Italia Srl Via Pola, 15 20124 Milano Sito web: www.vdgmagazine.it Stampa: PuntoWeb Srl 00040 Ariccia (Roma) Distribuzione Italia So.Di.P. S.p.A. Via Bettola 18 20092 Cinisello Balsamo (MI)

Abbonamenti

86

inviaggio

piaceri

82 Viaggi del gusto in Europa

104 Le mani raccontano Le ceramiche Fasano: simboli di un'arte

Da Bruxelles a Madrid a Stoccarda: le mete ideali per abbinare al relax i peccati di gola

86 Montagne sconosciute Itinerari da scoprire, lontano dalle piste più note. Per gli amanti di sciate ed escursioni

90 Il mare d'inverno

Il fascino del mare fuori stagione tra il silenzio dei litorali italiani e il caldo delle mete esotiche

pugliese apprezzata dai miti del fashion

106 Terre&tradizioni A Bergantino, il paese delle giostre, l'antico sapere artigianale è diventato un museo

108 Italia in mostra: Sansepolcro Piero della Francesca e Alberto Burri: arte di ieri e di oggi a confronto nel borgo toscano

94 Week-end gusto, Telese Terme (Bn)

112 Compagne di strada

96 Week-end relax, Sesto (Bz)

114 Libri letti per voi

100 Città in 24 ore, Parma

116 Trendy 117 Shopping

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Opera Italia Srl - Via Pola 15 - 20124 Milano Tel. 02.86886479 - fax 02.89053290 abbonamenti@vdgmagazine.it Il Servizio abbonati è in funzione dal lunedì al venerdì dalle 10,00 alle 12,30. L’abbonamento può avere inizio in qualsiasi periodo dell’anno. L’eventuale cambio di indirizzo è gratuito. Informare il Servizio abbonati almeno 20 giorni prima del trasferimento, allegando l’etichetta con la quale arriva la rivista. GARANZIA DI RISERVATEZZA PER GLI ABBONATI L’Editore garantisce la massima riservatezza dei dati forniti dagli abbonati e la possibilità di richiederne gratuitamente la rettifica o la cancellazione ai sensi dell’art. 7 del D. leg. 196/2003 scrivendo a: Opera Italia Srl Sede legale: via Pola 15 - 20124 Milano Redazione: via Pola 15 - 20124 Milano tel. 02.8688641 - fax 02.89053290 Registrazione Tribunale di Milano n. 92 del 10/02/2011 L’editore ha ricercato con ogni mezzo i titolari dei diritti fotografici senza riuscire a reperirli. È ovviamente a piena disposizione per assolvere quanto dovuto nei loro confronti

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Direttore commerciale Ruggero Marasco Prenotazione spazi e ricevimento impianti tel. 02.8688641 - ufficiotraffico@vdgmagazine.it N.B. Ci riserviamo il diritto di accettare solo la comunicazione pubblicitaria coerente con i contenuti e le immagini della testata.



contributors gennaio 2015

hanno collaborato a questo numero:

MARCO GEMELLI

CARLOS SOLITO

ANTONIO ROMEO

GIANFRANCO MANFREDI

Giornalista professionista dal 2007. Dopo essersi occupato per anni di cronaca ed economia, oggi vive a Firenze e collabora felicemente con diverse testate nel settore eventi, turismo ed enogastronomia. Ha ideato i progetti “Le cene della legalità” e “L’Opera a Tavola”, e fondato il sito www.itreforchettieri.it. pagg. 24, 32, 50 e 116

Fotografo, giornalista, scrittore e filmmaker, è nato a Grottaglie, in Puglia. Ha iniziato a viaggiare alle porte di casa, tra uliveti, gravine, grotte, masserie e lo Ionio. Instancabile cacciatore di storie e di sguardi in giro per il mondo, scrive e fotografa per i più importanti magazine di viaggi e lifestyle italiani ed esteri, e per i quotidiani nazionali. pag.104

Nativo di Botricello (Cz), fin da giovane mostra spiccate sensibilità gastronomiche. E infatti preso il diploma, finisce a Milano a fare lo chef. Da qualche anno è tornato in Calabria ad insegnare e combattere la sua crociata personale contro la cucina omologata e a favore dei piatti della tradizione regionale. pag. 78

Giornalista e sommelier, ha iniziato all’Unità e non s'è più fermato. Oggi è nell'ufficio stampa del Consiglio Regionale della Calabria e scrive per il Messaggero e per la Guida dei Ristoranti dell’Espresso e del Sole 24ore. Come ama ripetere: it’s a dirty job, but somebody’s gotta do it. pag. 70

Antonella Aquaro Lucrezia Argentiero Maddalena Baldini Piero Caltrin Elisabetta Canoro Olga Carlini Nadia Catarinangeli Gilda Ciaruffoli Elena Conti Silvana Delfuoco Maria Pia Fanciulli Eleonora Fatigati Isa Grassano Riccardo Lagorio Sergio Luciano Giuseppe Pulina Ida Santilli Irene Tempestini Maria Grazia Tornisiello Fondazione Veronesi

Fragranti Tegole alla nocciola.

Specialità dolciarie tipiche della Valle d’Aosta

www.tegoleria.com 8

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gennaio febbraio almanacco di barbanera

di M. Pia Fanciulli

Giorni che scaldano il cuore … giusto quello, perché fuori le temperature stanno scendendo in picchiata! A riempirci di gioia però sono i buoni propositi e le aspettative per il nuovo anno, mentre il Carnevale alle porte ci invita alla festa. Nell’orto si preparano i nuovi impianti, senza dimenticare le raccolte di ortaggi e frutti salutari

Sole e Luna GENNAIO Il Sole Il 1° sorge alle 07.28 e tramonta alle 16.39 L’11 sorge alle 07.27 e tramonta alle 16.49 Il 21 sorge alle 07.22 e tramonta alle 17.00 La Luna Il 1° tramonta alle 03.37 e sorge alle 14.01 L’11 tramonta alle 10.28 e sorge alle 23.03 Il 21 sorge alle 07.38 e tramonta alle 18.30

Da ricordare Domenica 25 gennaio – San Paolo dei Segni Quello di San Paolo è uno dei giorni cosiddetti oroscopici, ovvero legati alla previsione del tempo. E il Santo è detto proprio “dei Segni” per la sua capacità di dare indicazioni sulle condizioni meteorologiche dei mesi a venire. “Delle calende non me ne curo, purché a San Paolo non faccia scuro” dice infatti un noto proverbio. Sabato 14 febbraio – San Valentino Protettore degli innamorati, Valentino fu convertito al cristianesimo ed ordinato vescovo nel 197. Arrestato, fu quindi decapitato e le sue reliquie si trovano nella Basilica di San Valentino a Terni, dove il 14 febbraio le coppie di fidanzati arrivano per rinnovare la loro promessa d’amore. Le origini della festa ci portano ai Lupercali dell’antica Roma, celebrati il 15 febbraio in onore del dio Luperco. Legati alla purificazione dei campi e ai riti di fecondità, vennero poi cristianizzati e anticipati al 14. 10

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La Luna è all’Apogeo venerdì 9 alle ore 19. È al Perigeo mercoledì 21 alle ore 21. Luna in viaggio In questo mese i giorni favoriti dalla Luna per gli spostamenti sono: 16, 17 e 18. FEBBRAIO Il Sole Il 1° sorge alle 07.13 e tramonta alle 17.14 L’11 sorge alle 07.02 e tramonta alle 17.27 Il 21 sorge alle 06.48 e tramonta alle 17.40 La Luna Il 1° tramonta alle 05.09 e sorge alle 15.16 Il 12 sorge alle 00.47 e tramonta alle 11.12 Il 21 sorge alle 08.06 e tramonta alle 20.59 La Luna è all’Apogeo venerdì 6 alle ore 07. È al Perigeo mercoledì 19 alle ore 08. Luna in viaggio In questo mese i giorni favoriti dalla Luna per gli spostamenti sono: 8, 9, 17 e 18.

Belli e sani Quando le temperature si fanno così basse da imporre una drastica riduzione del tempo trascorso all’aperto limitando una salutare attività fisica, un efficace aiuto può venire da erbe aromatiche e spezie. Cannella, zenzero, peperoncino, aglio e cipolla, offrono infatti tutto il loro calore per dilatare i vasi sanguigni e stimolare la circolazione. Così il sangue potrà raggiungere agevolmente, scaldandole, anche le estremità.

Orti e dintorni A gennaio i i lavori nell’orto si riducono a causa del freddo che rallenta i ritmi vegetativi. Ci sono però le raccolte da fare, di cavoli, porri, valerianella, verze. In giardino è il momento di mettere mano alle fioriture primaverili, di seminare in semenzaio, con la Luna crescente, azalee, begonie, primule, tuberose e bulbi. Ma anche di seminare piselli odorosi, viole, violacciocche, zinnie. Inoltre mettere a dimora o trapiantare alberi, arbusti e rampicanti a foglia caduca e rosai a radice nuda. In calante lavorare superficialmente il terreno aggiungendo concimi organici. A febbraio potare, con la Luna calante, il ciliegio e gli altri fruttiferi, tra cui vite e olivo (rimandare a fine mese se la temperatura dovesse scendere sotto gli 0°C). Nell’orto, sempre in Luna calante, piantare cipolla, bietole e spinaci. In ambiente protetto seminare le insalate primaverili e altri ortaggi da foglia. In crescente seminare piselli, carote, ravanelli, radicchio da taglio e rucola. Nel giardino è tempo di iniziare, in calante, a potare lauroceraso e siepi a foglia persistente. Trapiantare viole del pensiero, salvia, rosmarino e menta. Attendere invece la Luna crescente per ultimare le lavorazioni del terreno. A fine mese iniziare a radere il prato, ad arieggiarlo e a concimarlo facendo attenzione che il tappeto erboso sia ben asciutto.



appuntamenti gennaio-febbraio

di Gilda Ciaruffoli

16 gennaio Il sacro fuoco dell’arte

fino al 16 febbraio Una bottega fiorentina a Milano

La Fòcara è il falò più grande del Mediterraneo (25 m di altezza e 20 di diametro) che tornerà a bruciare in onore di Sant’Antonio Abate. Quest’anno sarà Jannis Kounellis, l’artista che realizzerà ad hoc per la Fòcara un’installazione che si preannuncia densa di significati simbolici. Musica, enogastronomia, tradizione: tanti gli eventi che renderanno questo appuntamento imperdibile.

Novoli (Le) – Puglia

www.fondazionefocara.com

Sono quattro splendidi ritratti femminili, riferibili ad Antonio e Piero del Pollaiolo, le guest star di una mostra dedicata all’opera dei due fratelli, maestri del Rinascimento fiorentino, con pezzi provenienti dalle più importanti realtà museali del mondo. L’occasione è quella buona anche per visitare il delizioso Museo Poldi Pezzoli, scrigno di meraviglie nel cuore del capoluogo meneghino.

Milano – Lombardia

www.museopoldipezzoli.it

23-25 gennaio Il fascino delle 2 ruote Torna, a Veronafiere, l’annuale appuntamento con il Motor Bike Expo, il Salone della Moto durante il quale gli appassionati delle due ruote avranno la possibilità di conoscere da vicino la produzione di serie, l’universo delle personalizzazioni e delle nuove tendenze, declinate sia in versione customUSA sia attraverso lo stile café racer-GB. Non mancheranno ovviamente spazi riservati ad abbigliamento, accessori, alla mobilità eco-compatibile e al turismo. Protagonista anche il mondo dello sport, con i suoi campioni sempre presenti a Verona e con la possibilità di assistere e partecipare a test drive, spettacoli, esibizioni e incontri.

Verona – Veneto

18-23 gennaio

www.motorbikeexpo.it

La montagna è servita

8-18 gennaio Il mondo visto dall’alto “Una bolla d’aria calda cui è attaccato un cesto”. Queste le parole con cui Paolo Barbieri, pilota e coordinatore del Dolomiti Balloonfestival di Dobbiaco presentava la mongolfiera all’apertura del primo raduno internazionale aerostatico in Alto Adige del 2003. Oggi, a distanza di oltre dieci anni, il Festival è diventato il più grande nel suo genere in Italia e torna puntuale a riempire i cieli di Dobbiaco e il cuore di chi assiste alla manifestazione.

Dobbiaco (Tn) – Trentino-Alto Adige www.balloonfestival.it 12

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Paesaggi d’incanto, divertimento e sport sulla neve sono gli ingredienti che danno vita ad Audi Chef’s Cup Südtirol. In programma degustazioni stellate nei rifugi, esperienze memorabili con Audi Driving Experience, Clicquot Snow Golf ed “agguerrite” gare di sci. Le creazioni degli chef saranno inoltre accompagnate da etichette prestigiose durante alcune cene che si terranno a Castel Colz.

Alta Badia (Bz) – Trentino A. A. www.chefscup.it

23-25 gennaio MAI PIÚ Senza vino Torna Sapeur, la fiera che rappresenta un grande mercato dove incontrare una ricca esposizione di bio-diversità agroalimentare da acquistare, conoscere, degustare. Protagoniste le eccellenze gastronomiche provenienti da tutto il territorio nazionale. Novità di quest’anno, il padiglione Forlì Wine Festival dedicato ai vini di Emilia Romagna e Marche.

Forlì – Emilia Romagna www.sapeur.it



appuntamenti gennaio-febbraio

24-25 gennaio Ti presento la campagna Saranno oltre 300 le strutture agrituristiche che si presenteranno – con i loro servizi, laboratori, animali da cortile e specialità enogastronomiche – in occasione di Agriturismoinfiera, rassegna organizzata presso il Parco delle Esposizioni di Novegro. La manifestazione rappresenta una vetrina aggiornata di servizi specializzati, una risposta concreta a tutti i bisogni di chi ama il turismo verde, dal lusso al low-cost.

Milano – Lombardia

www.agriturismoinfiera.it

31 gennaio - 1 febbraio Un’anteprima da star Nello storico palazzo della Gran Guardia a Verona, ritorna con la 12a edizione Anteprima Amarone, evento annuale organizzato dal Consorzio di Tutela Vini Valpolicella, durante il quale viene proposta l’annata di Amarone Docg che entrerà in commercio (quest’anno la 2011), punta di diamante della produzione e uno dei vini italiani più prestigiosi e apprezzati all’estero.

23-26 gennaio

Verona – Veneto

www.consorziovalpolicella.it

Art&the city Duecentodieci espositori che presenteranno oltre duemila opere di un migliaio di artisti tra grandi maestri e giovani promesse: sono questi i numeri della 39a edizione di Arte Fiera, evento internazionale di arte moderna e contemporanea che come ogni anno torna a occupare i padiglioni di BolognaFiere. Durante la manifestazione l’intera città sarà “invasa” da iniziative culturali nell’ambito di Art City, programma di eventi che, nell’edizione 2015, seguono il filo conduttore del dialogo fra l’antico e il contemporaneo, tra musei e gallerie cittadine. Anche quest’anno un’importante sezione della manifestazione è dedicata al Cinema, con una rassegna ad hoc curata dalla Fondazione Cineteca di Bologna, mentre fioriscono le iniziative indipendenti come SetUp, evento giovane dedicato all’arte contemporanea e organizzato, dal 23 al 25 gennaio, presso i saloni dell’Autostazione. Sabato 24 gennaio infine è prevista la Art White Night, la Notte bianca dell’Arte.

Bologna – Emilia Romagna

www.artefiera.bolognafiere.it www.setupcontemporaryart.com

31 gennaio - 17 febbraio (De)gusta il Carnevale Quello veneziano è il Carnevale per antonomasia. Tra le iniziative in programma, particolarmente sfiziosa è Tra bacari e cicchetti con Mazzolada che prevede un percorso tra locali convenzionati, grazie al quale i buongustai potranno scoprire il lato gourmet più tipico della città lagunare.

Venezia – Veneto

www.carnevale.venezia.it 14

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11-15 febbraio

Foto di U. Da Pozzo

appuntamenti gennaio-febbraio

La natura della passione

31 gennaio – 2 giugno

Da Malevicˇ a Kandinsky È l’Astrattismo in Europa il protagonista della grande mostra d’arte che vede riunirsi, nelle sale del Forte di Bard, oltre 80 opere, principalmente oli e disegni di straordinario valore, appartenenti a una prestigiosa collezione privata tedesca, per la prima volta esposta in Italia e in precedenza esposta solo in altre due occasioni in Europa. Le opere illustrano le tendenze artistiche dell’Europa Orientale e Centrale durante la prima metà del XX secolo, con particolare attenzione alla nascita della pittura astratta e ai movimenti di arte non figurativa che ne seguirono e che capillarmente si diffusero in tutta l’Europa.

Cioccolentino è la kermesse che celebra con la dolcezza del cioccolato, la festa di San Valentino. Protagonista è l’alta pasticceria ternana, interpretata dai più importanti maestri pasticceri del territorio e immancabili sono i corner delle aziende dolciarie provenienti da tutta Italia che propongono il meglio del cibo degli Dei. L’evento si inserisce nel programma degli Eventi Valentiniani che si svolgono durante tutto il mese nella città che ha dato i natali al santo dell’amore.

Terni – Umbria

www.cioccolentino.com

Nel cuore della tradizione Un San Valentino indimenticabile, immersi nei suggestivi paesaggi ammantati di neve e nel silenzio della Val Lumiei, è quello che vivranno quanti sceglieranno Sauris come meta di questo romantico weekend. Per loro il piacere di assistere a una delle manifestazioni più antiche dell’arco alpino: il Carnevale di Sauris, che si svolge da secoli secondo i medesimi rituali e ha il suo clou nella Notte delle lanterne, quando i partecipanti alla manifestazione si riuniscono in corteo e si inoltrano nel bosco alla volta di un grande falò propiziatorio innalzato in una radura.

Sauris (Ud) – Friuli Venezia Giulia www.carnia.it

Bard (Ao) – Valle d’Aosta www.fortedibard.it

13-15 febbraio

12-15 febbraio Vini capitali

7-9 febbraio Tre giorni di gusto

Torna il Milano Food&Wine Festival, viaggio alla scoperta dei migliori prodotti e di alcuni fra i più interessanti cuochi italiani. Trecento i vini selezionati da Helmuth Köcher, Presidente del Merano WineFestival, e 19 gli chef invitati da Paolo Marchi, ideatore del congresso internazionale di cucina e pasticceria d’autore Identità Golose, che si alterneranno presentando piatti ispirati al tema “Sapori e colori di Expo”, tutti da gustare.

Milano – Lombardia

www.foodwinefestival.it www.identitagolose.it 16

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Sarà ancora una volta il Complesso Monumentale Santo Spirito in Sassia, un luogo dall’incredibile bellezza artistica e culturale risalente al 1470, a ospitare I Migliori Vini Italiani, manifestazione durante la quale selezionate realtà del comparto vitivinicolo italiano metteranno a disposizione in libere degustazioni al pubblico i propri vini. A completare il percorso ghiotti assaggi di specialità gastronomiche made in Italy e uno spazio riservato alle grappe e ai distillati.

Roma – Lazio

www.imigliorivinitaliani.it

14-16 febbraio Assaggi di biodiversità

Per ritrovare la vera essenza del vino e tornare a gustare le tante sfumature organolettiche che un calice sa offrire, programmate una visita a Piacenza, o meglio a Piacenza Expo, in occasione di Sorgentedelvino Live. Ad attendervi un’ampia selezione di bottiglie da tutte le regioni italiane – con qualche escursione tra i prodotti di interessanti territori europei –, presentate e fatte assaggiare personalmente dai produttori che ne sanno raccontare la storia e il territorio di provenienza, perché la biodiversità si crea anche in un vigneto e nell’ambiente che lo circonda.

Piacenza – Lombardia

www.sorgentedelvinolive.org



milano da bere appuntamenti gennaio-febbraio

Mostre alle origini del gusto

Food, la scienza dai semi al piatto è il titolo della rassegna curata dal chimico Dario Bressanini, in mostra al Museo di Storia Naturale (Corso Venezia, 55) fino al 28 giugno. L’esposizione indaga il mondo del cibo scientificamente, ma con una forte componente ludico-gastronomica per essere accessibile a un pubblico di tutte le età. Scenografiche immagini al microscopio, video didattici e giochi interattivi accompagnano il visitatore in un viaggio nel gusto, dalle sue origini. Per saperne di più: www.mostrafood.it

eventi olio e eros

È attesa dal 22 al 24 gennaio, al Palazzo delle Stelline, la quarta edizione di Olio Officina Food Festival. Fil rouge dei tre giorni di incontri è il tema “l’olio alimenta l’eros”. Si parlerà dell’arte del blending, della funzionalità e dell’architettura dei frantoi, dell’olio come prezioso ingrediente nelle diete alimentari. Non mancheranno spazi dedicati alla cultura, all’arte e alle degustazioni. Per saperne di più: www.olioofficina.com

cene assaggi cinesi

Continua la rassegna di cene culturali intitolata La Grande Tradizione della Cucina Cinese organizzata al ristorante Bon Wei. Prossimo appuntamento è il 26 gennaio, con la serata (menu a 60 euro, vini inclusi) dedicata alla provincia di Sichuan, una delle 8 regioni gastronomiche protagoniste dell’iniziativa. Per saperne di più: www.bon-wei.it

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opening dolce o salato?

Nuovo indirizzo per gli amanti della cucina del Sol Levante è Basara (Corso Italia, 6), elegante sushi pasticceria aperta dalla colazione alla cena a due passi da piazza Missori. Ha appena aperto in Zona Porta Nuova il concept store della Pasticceria Panzera (Viale Monte Santo, 10), con un grande laboratorio a vista. Gin Rosa, lo storico locale in Galleria San Babila, è oggi anche ristorante. Ha infatti da poco inaugurato la cucina orchestrata dallo chef Massimo Moroni, forte dell’esperienza al Savini e al Don Lisander. È consacrato alla cucina partenopea Mamà Creative Restaurant, la nuova insegna di Via Procaccini 68. In cucina, lo chef Vito Bardaro interpreta con estro i sapori e i piatti della tradizione. Si chiama invece Tutti Fritti (Corso di Porta Ticinese, 18) il nuovo locale meneghino consacrato interamente al fritto, da poco aperto alle Colonne di San Lorenzo, con un menu che cambia almeno due volte al mese. La sartorialità è infine il leitmotiv di Macinata, nuova hamburgeria aperta in zona Brera. Nessun cameriere, ci si prende l’ordine da sé, scegliendo tra 4 possibili dimensioni, 3 livelli di cottura e i vari ingredienti: creme di verdure, foie gras, formaggi, verdure grigliate e salse. Per saperne di più: http://basaramilano.it www.caffepanzera.it www.gin-rosa.it www.facebook.com/MamaCreativeRestaurant www.facebook.com/Tuttifrittimilano www.macinata.it




Panorama Panorama

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24 Cover story Dietro il successo senza tempo del fashion e del lifestyle italiano nel mondo, ci sono loro: gli artigiani di eccellenza, i maestri della manualità, i rappresentanti di quel "saper fare" che contraddistingue da sempre il Belpaese. Anche al Pitti Immagine di Firenze, evento must della moda internazionale, scenderanno in passerella le aziende artigianali. Una vetrina importante e un'occasione unica per conoscere meglio la grande tradizione manifatturiera d'Italia. Quella che, a detta dei grandi manager e degli stilisti dell'haute couture, può farci uscire dalla crisi. Perchè se c'è una cosa che nessun altro paese può vantare è proprio "il tocco italiano"

22 Il personaggio Gli scenari del Made in Italy nel mondo: intervista al manager Matteo Marzotto

34 L'Italia che merita Da più di mezzo secolo la storia dei blue jeans Roy Roger's ha l'accento toscano

36 Consumi & tendenze

Nella nuova mappa del gusto di Firenze

chi trionfa? I piatti poveri della tradizione!

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Ilpersonaggio

Presidente, dalla moda all’arredamento al cibo: sembra proprio che, nell’immaginario mondiale, la leadership italiana non declini mai... Infatti. Il fascino del Made in Italy, inteso come capacità di creare cose belle e vivere bene, non è mai tramontato. E ultimamente si è anzi accentuato, perché da più parti si è tornati a riconoscere all’Italia una capacità qualitativa unica nel saper fare, ma anche nello stile di vita. Una vita un po’ cara, però, a volerla condurre su un certo livello di lusso… Tutto è relativo, ma sicuramente mi sembra finita l’ubriacatura del cheap a tutti i costi. L’Italia ha sofferto, e in molti casi ancora patisce, il peso della crisi, ma, su certe lavorazioni, è tornata a essere un po’ più competitiva. E le chanche per imporsi sui mercati sono aumentate.

«Sì, l’Italia è tornata di moda» di Sergio Luciano

Viene da una famiglia che, con il suo gruppo tessile di altissima qualità, ha contribuito a fare grande il nostro Paese. Ha ricoperto il ruolo di presidente dell’Enit e condotto al successo il brand Vionnet. Oggi presiede la Fiera di Vicenza che, sotto la sua gestione, ha incrementato sensibilmente la redditività industriale. Chi meglio di Matteo Marzotto – sesta generazione della dinastia veneta – può illustrarci gli scenari futuri delle eccellenze Made in Italy? 22

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Una ricetta? Lavorare, lavorare, lavorare. Sempre di più e con passione. Altro che scioperi generali. Sembrano luoghi comuni ma non lo sono: oggi il nostro fashion e il nostro lifestyle sono molto riconosciuti internazionalmente. Come se ci fosse un fenomeno di back-to-Italy. Per questo dobbiamo accelerare. Credo che questo governo stia provando a fare qualcosa di importante in tal senso. Anche voi, a Vicenza, state facendo cose nuove: avete appena aperto il Museo del gioiello… Sì, è una realtà importante, bellissima, che mancava. E siamo convinti che ai tanti turisti che quest’anno si muoveranno lungo l’asse MilanoVenezia, darà una ragione in più per fermarsi a Vicenza, bellezze palladiane a parte. Lei crede dunque ai 20 milioni di turisti per l’Expo? Assolutamente sì. Sono convinto che sarà un successo. Dall’estero, ma anche dall’Italia, arriveranno in tantissimi. Ed è quasi altrettanto importante che gli italiani ritornino a considerare l’opportunità straordinaria di viaggiare nel proprio Paese.


Foto di Cosmo Laera

Torniamo alla sua Fiera di Vicenza che sta andando molto bene: forse perché l’avete messa al servizio delle piccole e medie imprese italiane e non delle grandi griffe che parlano sempre più straniero? Intanto, io reputo positivo che gli investitori stranieri del lusso e del lifestyle puntino sulle nostre griffe, perché conferma l’apprezzamento per il prodotto italiano e offre un sostegno concreto in termini di crescita. L’importante è che le attività restino in Italia. Quanto alla Fiera di Vicenza, è vero: oggi in Italia è la piattaforma per l’internazionalizzazione della filiera dell’oreficeria e della gioielleria e, nel mondo, è un player con una tradizione ultracinquantenaria e una credibilità riconosciuta. Portiamo oltre 700 aziende nei grandi mercati: da Hong Kong a Las Vegas, ovunque ci sia business. Facciamo accordi strategici come la joint-venture con Dubai per VicenzaOro Dubai, una grande fiera in un luogo che ormai è il centro del mondo del gioiello oltre che la vera porta d’accesso all’Europa.Abbiamo un rapporto privilegiato anche con il Panama diamond exchange, la borsa dei diamanti di Panama. Lei crede ancora alle fiere? Il sistema fieristico nazionale vale l’80% dell’export delle pmi italiane. Senza, l’Italia non sarebbe quel che è. Certo, si potrebbe fare ancora meglio, questo sì. Per quanto mi riguarda, sono convinto ad esempio dell’opportunità di fondere in qualche modo Vicenza con Verona per fare un polo veneto che, grazie alla proprietà dei nostri prodotti, diventerebbe un soggetto fieristico di rilevanza mondiale e leader in Italia, anche più di Milano.

Museo del Gioiello, Sala Simbolo

Il Made in Italy, in tutto il settore del fashion e del lifestyle è sulla soglia di una fase eccezionale, ha davanti un’occasione straordinaria di consolidare la sua già storica e fortissima immagine positiva nel mondo. Expo 2015 può essere una vetrina importante siderazioni pratiche: è un settore che esporta cifre rilevanti, uno dei migliori per saldo commerciale. Poi: le armi non sono solo da offesa, ma anche da difesa e deterrenti. Purtroppo le armi hanno accompagnato da sempre la storia dell’uomo. In ogni caso, il 100% della nostra esposizione è riservata alle armi sportive o da caccia, o per usi di polizia.

dove&come 23-28 gennaio VicenzaOro Fiera di Vicenza www.vicenzaoro.com

Matteo Marzotto posa con i dirigenti di Vicenza Fiere e con quelli del Dubai Multi Commodities Centre, e del Dubai Gold and Jewellery Group, in occasione della stipula dell'accordo per la Presentazione VicenzaOro Dubai

C’è però qualche polemica, oggi, su di voi per la scelta di ospitare la fiera delle armi… La polemica non m’interessa. Certo, sul tema della nuova fiera dedicata alle armi… mi sono posto delle domande, ma faccio alcune congennaio 2015

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Il "saper fare" italiano in passerella di Marco Gemelli

Dietro il successo senza tempo del fashion e del lifestyle di casa nostra, ci sono loro: gli artigiani dell'eccellenza, i maestri di quella manualità che contraddistingue da sempre il nostro Paese. Anche al Pitti Immagine di Firenze, evento must della moda internazionale, saranno protagoniste le aziende manifatturiere. Una vetrina importante e un'occasione unica per conoscere meglio questa grande tradizione. Quella che, a detta dei grandi manager e degli stilisti dell'haute couture, può farci uscire dalla crisi. Perchè se c'è una cosa che nessun altro Paese può vantare è proprio "l'italian touch"

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il “tocco” italiano

L

a moda italiana torna a casa, a Firenze. È un rito che si ripete da quasi mezzo secolo due volte l’anno, quando in riva all’Arno convergono tutte le sfaccettature di quel “made in Italy” del fashion che tutto il mondo ci invidia: le grandi griffe che hanno creato il mito planetario della moda italiana, certo, ma anche piccole realtà di nicchia che quel mito continuano ad alimentare. Un patrimonio di manualità, gusto e competenza che dal 13 al 16 gennaio sarà al centro dell’85a edizione di Pitti Immagine Uomo, il salone dedicato alla moda maschile. Un ritorno a casa, quello che per quattro giorni trasformerà la Fortezza da Basso e l’intero capoluogo toscano nel cuore pulsante della creatività, perché è proprio nella Sala Bianca di Palazzo Pitti che nel 1953 si tenne la prima vera sfilata di moda, grazie all’intuizione del marchese Giovanni Battista Giorgini che due anni prima allestì nella sua casa in via de’ Serragli il primo defilè di stile italiano invitando le grandi sartorie del tempo (incluso un ancora misconosciuto Emilio Pucci) aperto alla stampa e al mercato della moda d’oltreoceano, conquistando anche la moglie del presidente Henry Truman. Da allora il “circo” del fashion ha compiuto enormi passi in avanti, ma l’appuntamento fiorentino resta un passaggio cruciale, un rito dal sapore unico: non un’autocelebrazione dell’effimero né una mera vetrina dell’ultima collezione, ma un 26

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In apertura, un sarto della maison Stefano Ricci al lavoro. Qui uno scatto di un passato Fashion Show alla Galleria degli Uffizi, simbolo della Città del Giglio proprio come il Ponte Vecchio. Nella pagina accanto un modello firmato Leonid Alexeev: sarà proprio la Russia la Guest Nation 2015


Il mood

osservatorio privilegiato dove scoprire tendenze e nuovi protagonisti, tastando il polso a un settore – quello del manifatturiero e dell’abbigliamento – che muove una parte tutt’altro che marginale del Pil italiano. Da qualche anno, poi, Pitti ha accentuato il suo ruolo di piattaforma globale per la scoperta e la valorizzazione di nuovi talenti, accostando alla moda maschile una sezione dedicata alle precollezioni donna, in una non sempre facile coabitazione tra Firenze e Milano. Quest’anno infine i numeri sono da record, a partire dall’adesione del 40% di aziende straniere (provenienti da 30 Paesi) su un totale di 1160 marchi presenti in Fortezza tra sezione maschile e femminile, o dai 30 mila visitatori attesi a Firenze.

Camminare, uno stile di vita Quest’anno il tema-guida di Pitti Immagine sarà il cammino, il percorso inteso come idea ancestrale, inesauribile e sempre attuale, del viaggiare a piedi. Un’attività che nella nostra società sembrava diventata residuale, ma che è tornata invece a essere centrale per il modo di vivere contemporaneo. Ora che non si è più costretti a camminare, cerchiamo di farlo il più possibile: in parchi o strade, in città, campagna o su sentieri di montagna, ma anche

a casa per guadagnare in salute e benessere, per riflettere su noi stessi, per fare sport, per puro divertimento. «Oggi camminare è adesione a uno stile di vita – dice Agostino Poletto, vicedirettore generale di Pitti Immagine – che evoca in maniera prepotente anche i suoi outfit. Per Pitti la Fortezza si trasformerà in un mixed terrain di esperienze e percorsi, tra i padiglioni illustrati da guide, piante geografiche, application e altri device».

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il “tocco” italiano

In questa pagina, immagini che ben rappresentano il marchio Roy Roger’s. Lo scatto in alto è di Toni Thorimbert

Toscana ad alto tasso di artigianalità Dopo gli anni della Firenze culla dei “mestieri”, quelli delle botteghe artigiane e dei saperi che venivano tramandati con l’esperienza dai mastri ad apprendisti e garzoni, grazie a Pitti Uomo è nel campo della moda che in riva all’Arno tornano così a splendere le eccellenze dell’artigianalità italiana. Negli stand della Fortezza da Basso si concentreranno non solo abiti dai tessuti innovativi e dalle rifiniture hi-tech, ma anche quell’idea di manualità artigiana che – a scapito della concorrenza di basso cabotaggio, della crisi economia e della fiscalità esasperata – com28

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Negli stand di Pitti Uomo si incrociano gli stili più classici e quelli più sperimentali, gli accessori di design e ogni sfumatura possibile tra lo streetwear e il luxury. L'appuntamento è di quelli imprescindibili sia per le griffe che lanciano nuovi progetti, sia per brand ancora poco conosciuti che affermano qui la propria identità

batte l’idea di un abbigliamento omologato e di poca qualità. Non necessariamente abiti e accessori cuciti a mano uno per uno, ma capi in cui la testa e le mani lavorano all’unisono fornendo all’oggetto finale un valore aggiunto che nessuna macchina potrà replicare. Una sincronia di occhi e dita che da decenni ben conosce Wanny Di Fillippo, fondatore del Bisonte di Pontassieve, l’uomo che un giorno si tolse la giacca e divenne un hippie, insegnando ai giapponesi ad amare la pelle. Lo stile e l’outfit l’hanno reso un autentico personaggio – al punto di ispirare un fumetto manga – ma dopo quarant’anni di attività dal distretto conciario di Santa Croce sull’Arno continua a disegnare borse e accessori. Al Pitti presenta una serie di accessori creati per i soli negozi monomarca, realizzati in vera pelle di bisonte, nonché una nuova fodera in tela di cotone rosso, abbinata alla vacchetta leggera nei classici colori, dal naturale al nero fino al testa di moro. In Fortezza spazio anche a un’altra azienda toscana che ha fatto dell’artigianalità e dei pellami a km zero il suo punto di forza: è D’Acquasparta, che oggi spopola sui mercati dell’Estremo Oriente e punta con decisione a Russia, Usa e Medio Oriente, ma nasce appena 7 anni fa a Scandicci, alle porte di Firenze, dalla joint venture del calzaturificio Gabriele (fatturati da 20 milioni e oltre cent’anni di storia) con uno stilista aretino. A una manciata di chilometri di distanza, nella piana di Campi Bisenzio, nasce invece il jeans Roy Roger’s, che al Pitti fa esordire un classico toscano, il tessuto “casentino”, rivisitandolo in quattro capi sportivi (camicia, peacoat, coat e blazer) associandolo a una particolare fodera interna bordata in chambray con bottoni in corno spazzolato. Habitué del Pitti Uomo è anche il brand aretino Cantarelli, che ha come refrain la “cultura dello Stile” e le cui 450 maestranze realizzano a mano giacche sartoriali strutturate dalle spalle insellate, con disegnature macro e jacquard o dall’aspetto bouclé in seta o lana, alpaca o cashmere, oltre ad abiti dalla silhouette asciutta, con giac-


Gli eventi

Olivier Saillard in uno scatto di Gregoire Alexandre

In cartellone Per quattro giorni, una città intera riscopre la sua anima glamour: due volte l’anno, in occasione di Pitti Uomo, a Firenze si scatena la “caccia” all’invito per sfilate, eventi speciali, cocktail, performance e quant’altro. Anche quest’anno gli appuntamenti di grido non mancano: a tener banco, tra gli altri, saranno i due designer Matteo Gioli (SuperDuper Hats) e Stefano Ughetti (Camo) che martedì 13 gennaio alla Dogana realizzeranno una performance per lanciare in anteprima la collezione Arrivo, il progetto a quattro mani nato dalla comune passione per il mondo del ciclismo. L’evento nasce in seno a Italics, il progetto con cui Pitti promuove le nuove generazioni di fashion designer che progettano e producono in Italia ma al tempo stesso hanno già appeal internazionale. La collezione è composta da tre capi declinati in altrettante varianti di colore, combinate in 27 outfit che reinterpretano l’abbigliamento ciclistico. «Il progetto non è un omaggio al ciclismo come sport – spiegano – ma a quegli uomini dalle gambe d’acciaio che scalavano montagne e attraversavano le strade distrutte dalla guerra pur di riscattarsi da una realtà piena di sacrifici». Un altro evento da non perdere sarà Cloakroom (guardaroba, ndr), una originale mise en scène ideata e interpretata da Olivier Saillard, direttore del Museo della Moda Galliera di Parigi, assieme all’attrice Tilda Swinton. La performance per Pitti – giovedì 15 al Saloncino del teatro della Pergola, alle 15 e alle 17 – sarà incentrata sull’abito, uno spettacolo leggero, ironico e chic: Saillard e la Swinton chiederanno a ogni visitatore-spettatore di lasciare un capo di abbigliamento a scelta nel “loro” guardaroba. Cappotti, giacche, sciarpe e borse diventeranno protagonisti di una straordinaria performance dell’attrice, che ne incarnerà l’essenza più intima.

Tra gli appuntamenti culturali previsti in occasione di Pitti Uomo, la performance Cloakroom che vede protagonisti l'attrice Tilda Swinton e il direttore del Museo della Moda Galliera di Parigi, Olivier Saillard

che monopetto dai revers a lancia e gilet. Particolare, invece, il modo in cui il Consorzio Cuoio di Toscana declina al Pitti la sua idea di artigianalità: in stand ci sarà un corner per raccontare la figura antica del lustrascarpe e una mostra dedicata al tema “show your sole” (che gioca sulla doppia pronuncia inglese tra anima e suola). «La qualità di una calzatura – spiega il presidente Stefano Biagi – si riconosce anche dal materiale su cui poggia il piede, e cioè l’intera figura».

Moda che calza a pennello Fuori dai confini toscani, la capacità di tessere i filati con stile e qualità si è

declinata in due proposte d’eccellenza – entrambe presenti al Pitti – nel campo delle calze: da un lato Gallo di Desenzano sul Garda, che in Fortezza porta motivi ispirati al mondo agricolo per lanciare il progetto OrtoGallo legato a una charity strizzando al contempo l’occhio a Expo2015, dall’altro la bresciana Alto Milano, che fila tessuti pregiati dal 1923 e propone per il prossimo inverno una calza in lana merino extrafine intercalata da righe in lana bouclè, mentre per la donna il must è la lana stretch con lavorazione jacquard con disegni in cachemire. L’attenzione ai materiali usati dagli artigiani italiani è evidente nelle quattro declinazioni degli accessori – cravatte, papillon o pochette – di aziende come Thomas Mason, mentre sul pantalone i piemontesi di Pt Pantalogennaio 2015

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Mani esperte lavorano la pelle che caratterizza gli accessori della Bisonte di Pontassieve

il food

Il classico italia è uno spazio speciale dove le eccellenze artigianali nazionali trovano una vetrina privilegiata, allestita dalla guru dell’architettura d’interni, Patricia Urquiola

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ni Torino hanno ideato fodere ispirate ai tesori custoditi nel Palazzo Reale di Torino. Stampe barocche decorate con un motivo ramage. «Abbiamo arricchito il nostro cinquetasche all’interno, proprio come si faceva una volta con le pareti delle grandi dimore nobili – spiega il creativo Edoardo Fassino – prendendo ispirazione dalle sontuose tappezzerie che

rivestono le sale di Palazzo Reale a Torino». Dall’esperienza di tre generazioni di sarti della famiglia pugliese Lerario, invece, nascono ogni giorno ben 340 giacche e capispalla artigianali griffati Tagliatore, esempio di un’attenzione estrema al dettaglio e alla ricerca dei tessuti migliori. Un occhio di riguardo all’ecologia (col progetto Carbon footprint insieme al ministero dell’Ambiente) e alla natura è la chiave di volta della perugina Pashmere, che al Pitti porta maglie leggere e impalpabili in cui il cachemire viene tinto dalle maestranze con estratti di erbe, fiori, bacche e radici. Al di là delle singole aziende, però, in Fortezza c’è uno spazio speciale dove le eccellenze artigianali nazionali trovano una vetrina privilegiata, allestita dalla guru dell’architettura d’interni Patricia Urquiola: il Classico Italia, da anni punto di riferimento per la moda maschile di qualità con particolare attenzione al Made in Italy. In una parole, il cuore pulsante del saper fare nostrano.

E a pranzo, dove andiamo? Made in Italy non solo nell’abbigliamento, ma anche… a tavola. Già, perché al Pitti Uomo c’è un network di aziende votate alla qualità – il Classico Italia, punto di riferimento per la moda maschile – che in Fortezza è rinomato anche per la lounge, dove offre ai clienti internazionali un’accoglienza gastronomica “stellata”. Lo stile in cucina è rappresentato per il quinto an-

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no consecutivo dal ristorante tri-stellato Michelin Da Vittorio di Brusaporto (Bergamo), uno dei grandi nomi della ristorazione italiana. I piatti vengono preparati espressi dallo chef Roberto Cerea mentre gran cerimoniere è il fratello Francesco, chiamato a soddisfare le esigenze degli ospiti del presidente di Classico Italia Claudio Marenzi. Finger food con mini toast, blinis e san-

dwich, polenta bergamasca con ragù di ossobuco, risotto alla zucca, baccalà mantecato e formaggi. Per finire, un piccolo Monte Bianco e zabaione caldo con cantucci. A rendere più dolce l’ospitalità della lounge, un corner per la degustazione di cioccolato La Molina, azienda toscana di eccellenza per la lavorazione artigianale e la ricerca della materia prima.



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il “tocco” italiano

Forte di un’azienda nata nel 1972 come produttrice di cravatte e oggi divenuta un colosso total look da 155 milioni di euro con 450 dipendenti e 43 boutique in tutto il mondo, il fiorentino Stefano Ricci è l’emblema di un tipo di impresa lungimirante, basti pensare alla scelta di accostare in ogni settore produttivo un giovane da far crescere all’ombra di un grande esperto. Ed ecco perché è a lui, nella duplice veste di presidente dell’omonima azienda di abbigliamento luxury e del Centro di Firenze per la Moda Italiana – la holding che controlla Pitti Immagine – che chiediamo di fotografare lo stato attuale del Made in Italy, offrendoci un punto di vista privilegiato sui temi legati all’abbigliamento.

Qualità italiana senza compromessi Sulle orme di Marco Polo, è andato in Cina quando in Italia ancora nessuno ci aveva pensato. Per il suo brand ha imposto regole ferree, in primis quella di non mettere in saldo nemmeno un fazzoletto. Ha vestito capi di Stato e di governo, ma crede così tanto nel prodotto che non ne avrà mai uno come testimonial. Se c’è un imprenditore in grado di rappresentare al meglio il "saper fare italiano", è proprio lui, Stefano Ricci 32

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Presidente, quali sono gli scenari attuali della moda mondiale? Lo scacchiere globale vede ancora in primo piano l’Asia ma il futuro è anche in Africa, dove esistono Stati in forte crescita economica che sono pronti a ricevere i prodotti luxury. Da tenere sott’occhio anche il Medio Oriente, la Russia, al netto della crisi ucraina, Paesi come l’India e città come Düsseldorf (dove Ricci aprirà un monomarca quest’anno, ndr). Attenzione, però: è un pubblico che sta crescendo sotto il profilo della cultura del prodotto, e le griffe non possono prenderlo in giro mettendo l’etichetta "made in italy" a produzioni non all’altezza della tradizione. Una volta forse era possibile, oggi quel tipo di cliente si è stancato. Non teme la concorrenza? Se produci con standard di qualità elevati possono provare a copiarti, scimmiottarti, azzardare paralleli ma non potranno mai arrivare al tuo livello. Il principio è molto semplice: più si fanno cose belle, più sarà difficile copiarle. Il ruolo di Pitti e di Firenze, in questo panorama? Già da 60 anni, Pitti è la fiera leader per la moda maschile a livello mondiale. Nonostante indicatori differenti negli ultimi anni – dal calo dei buyers alla concorrenza di Londra o Parigi, fino all’accavallamento del calendario con Milano – oggi rimane leader perché ha trovato l’assetto giusto. È cresciuta


la qualità degli eventi, il numero dei compratori e l’apprezzamento della stampa mondiale. Firenze ne ha avuta rafforzata l’immagine internazionale: la città riesce ancora esprimere contenuti e aprirsi alle varie iniziative riuscendo a offrire risultati. Il suo primo mandato è alla conclusione. Cosa ci riserva il futuro? Il mio primo atto da presidente del Cfmi è stato invitare Unicredit a presentare un progetto di sostegno alla produzione in Italia, e grazie a ciò sono stati stanziati 140 milioni a beneficio di 120 aziende che producono nel nostro Paese. Adesso bisogna continuare a puntare sulla Fortezza da Basso, sostenendo lo studio di fattibilità sul rinnovamento dell’area. Replicheremo l’iniziativa Firenze Hometown of Fashion (programma di eventi in occasione dei 60 anni del Centro di Firenze per la Moda Italiana, ndr) con focus su Bimbo e Filati. Come giudica la situazione italiana, nel campo dell’abbigliamento? Il problema oggi è nella tassazione molto alta per l’azienda e il dipendente. Sarebbe meglio che lo Stato lasciasse un po’ più soldi ai lavoratori: ci sarebbero meno introiti, è vero, ma anche costi sociali minori.

Un consiglio alle aziende italiane? Andate a conquistare il mondo, ma fate progetti sostenibili. Non temete il monomarca e non inseguite i vip: il vero successo arriva solo con il passaparola In apertura, Stefano Ricci. Qui un modello della maison e, sopra, gli interni del Florence Flagship Store

Cosa ci può salvare? La capacità manifatturiera degli italiani e la creatività degli antichi mestieri (tagliatore di pelli, sarto, gioielliere): solo se l’Italia rimane legata alle pure eccellenze può avere un futuro dal punto di vista produttivo. Negli ultimi 20 anni abbiamo assistito alla crescente delocalizzazione delle produzioni, anche perché la legge consente di chiamare "made in Italy" ciò che non lo è davvero. Eppure i grandi gruppi internazionali vengono a cercare da noi la miglior produzione, perché la capacità di lavorazione tecnica non ha pari. Che consigli darebbe alle aziende italiane? Andate a conquistare il mondo, ma fate progetti sostenibili nel tempo perché se non c’è un controllo su produzione e qualità non si va avanti. Bisogna far capire in cosa il vostro prodotto è davvero unico, e non aver paura di ridurre la produzione dei pezzi più richiesti per mantenere il livello di esclusività. Credo poco nel multibrand: è un passaggio obbligato in una fase di crescita, ma i margini si fanno sui monomarca. Infine, non seguire il vip che indossa le tue scarpe, meglio il passaparola. gennaio 2015

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storiedall'italiachemerita

Per lui l’appuntamento di Pitti Uomo è scritto nel Dna, non fosse altro che per questioni geografiche. Il nome evoca suggestioni americane, è vero, ma non tutti sanno che Roy Roger’s parla italiano, anzi fiorentino. Dietro il successo del brand c’è, infatti, una storia tutta toscana fatta di artigianalità, coraggio, avventura e – non ultima – capacità di addomesticare il “selvaggio” jeans d’oltreoceano non diversamente da come sarebbe accaduto con un vitello in un rodeo nel Far West. Se oggi l’azienda alle porte di Firenze è talmente forte da meritarsi una citazione in un celebre brano degli 883 come capo “cult” degli anni Ottanta, quella di Roy Roger’s è una storia che affonda le radici nell’intuizione del fondatore Francesco Bacci, nonno degli attuali titolari Niccolò e Guido Biondi. Fu lui, nel 1949, a cominciare a produrre pantaloni da lavoro in cotone e gabardine, venduti col marchio Roy Roger’s.

Un po’ Elvis un po’ Buffalo Bill

Roy Roger’s

jeans made in Arno di Marco Gemelli

Era ancora un ragazzo Francesco Bacci quando, nel 1952, salpò con il padre verso il Nuovo Continente, per inseguire il sogno americano. Inizia così la vicenda del primo produttore di “cinque tasche” made in Italy, e del marchio che unisce il fascino della frontiera al saper fare toscano, secondo la logica per cui “non c’è futuro se non hai una vera storia” 34

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Alla fine della seconda Guerra Mondiale, Francesco era affascinato dal sogno americano: dopo anni passati a ascoltare Elvis e a imitare James Dean, decise di accompagnare negli Usa il babbo Raffaello, commerciante di tessuti a Prato. Nel 1952, dopo aver stretto una partnership con la Cone Mills Corporation nel North Carolina – allora tempio della produzione di denim, usato in quegli anni per abiti da lavoro – diventò il produttore del primo blue jeans made in Italy realizzato con denim Usa, intravedendo in esso quella che sarebbe diventata una tendenza planetaria. Il tessuto arrivava a Firenze in balle di juta, rigido e incartonato, difficile da cucire. I primi jeans erano duri al tatto, ma l’artigianalità e l’attenzione al dettaglio hanno fatto la differenza, a partire dal “triangolino” nero diventato il tratto distintivo del prodotto. Anno dopo anno la durezza dei jeans Usa è stata “domata” con lavaggi che hanno consentito ai Roy Roger’s di restare resistenti senza perdere il sapore americano. Una vicenda che ricorda un po’ la storia dei butteri maremmani, gli unici cowboy italiani in grado di competere – e battere, in una memorabile gara nell’Agro Pontino nel 1890 – i cavallerizzi di Buffalo Bill nella


In queste pagine, accanto ai modelli Roy Roger's, due immagini che raccontano la storia dell'azienda e un ritratto della famiglia Biondi

L’utilizzo di macchine da cucire degli anni ’40, alcune lavorazioni manuali come il taglio e la ricerca di tessuti realizzati con vecchi telai conferiscono ai jeans Roy Roger's quel gusto artigianale che oggi rappresenta il vero lusso

doma dei puledri. Negli anni Settanta il fenomeno Roy Roger’s esplose, ma seguirono anni difficili per l’ingresso sul mercato di manodopera a basso prezzo proveniente dall’Est Europa e dalla Cina. È solo nel 2000 che il presidente Fulvio Biondi, genero del fondatore avendo sposato la di lui figlia Francesca, ha dato una spinta decisiva puntando sul marketing e introducendo tecniche innovative nei lavaggi del denim, in primis i cotoni cimosati provenienti dal Giappone e dagli Usa.

Artigiani nel Dna Dai jeans a scarpe, camicie e costumi da bagno fino al “total look” il passo è stato breve, ma c’è una frase che Fulvio Biondi diceva sempre e che oggi campeggia a grandi lettere nello stabilimento di Campi Bisenzio (Firenze): “Non c’è futuro se non hai una vera storia”. Una lezione che conoscono bene i figli Niccolò e Guido, i quali non hanno neanche 40 anni ma da tempo sono abituati a muoversi sulle scacchiere che contano. Come ogni buon imprenditore, anche l’ad

Niccolò guarda al futuro, ma non può dimenticare il passato. Perché quella della sua famiglia è una storia che racconta di un’Italia intera, quella del Dopoguerra, e di una certa imprenditoria (mai abbastanza rimpianta, in verità) votata all’ottimismo e alla qualità. Capitani d’industria che sapevano rimboccarsi le maniche. «Non è solo un slogan, per noi – spiega Niccolò Biondi – ma l’essenza stessa del nostro lavoro. L’azienda ha sempre fatto manifattura in Italia, anche negli anni in cui chi continuava a produrre qui veniva considerato un po’ un fesso… Ora invece l’artigianalità di casa nostra viene percepita come un plus: magari a volte nel Bel Paese lo si dà per scontato, mentre nei mercati emergenti è un valore aggiunto. Roy Roger’s ha l’artigianalità intrinseca nel proprio Dna. L’utilizzo di macchine da cucire degli anni ’40, alcune lavorazioni manuali come il taglio e la ricerca di tessuti realizzati con vecchi telai conferiscono al prodotto finale quel gusto di craftmanship che per noi è il vero lusso». gennaio 2015

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consumi&tendenze

Mangia(va)mo alla fiorentina di Elena Conti

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Firenze

Toscana

Firenze ha una tradizione gastronomica forte, ci sono trattorie che cucinano oggi esattamente come cento anni fa, e altro non sono che la versione locale delle osterie romanesche. Il segreto della gastronomia fiorentina, sostanzialmente, sta tutto qui. Nella città gigliata la cucina è storicamente povera, non per le idee delle preparazioni, ma solo per il costo delle materie prime. È anche la cucina del recupero, e a volte certe rielaborazioni inventate per riciclare piatti avanzati hanno dato origine a vere e proprie delizie. Come la Francesina, nome che allude a Caterina de’ Medici, che trasferì in Francia la grande cultura gastronomica che già c’era a Firenze, contaminandola con usi d’oltralpe. Ancora oggi la si può trovare proposta nei menu delle trattorie: si tratta del lesso del giorno prima, rifatto con le cipolle, all’uso francese.

Piatti d'altri tempi

Dimenticate bar e trattorie fintamente tradizionali, trappole per turisti troppo presi dall’arte e dalle architetture rinascimentali della città per rendersi conto dell’inganno nel piatto. Oggi l'antica cultura gastronomica gigliata viene esaltata in tanti locali, storici e di più recente apertura, accanto a elaborazioni sperimentali nate dall’estro di chef stellati. Lampredotto, ribollita e crostini restano però sempre protagonisti

Pappa col pomodoro, ribollita, fagioli al fiasco... tutte preparazioni gustosissime, ma realizzate con ingredienti poveri, seppur di qualità. Eccezione a questa regola, la bistecca alla fiorentina, che fa spesso impennare il conto del ristorante. Per essere tale, la fiorentina deve pesare da 700 gr a 1 kg, avere il filetto e l’osso e essere tagliata alta almeno 5 cm. La carne deve essere di vitellone razza Chianina, e anche la cottura farà la differenza. Chi se ne intende dice che va messa sulla brace di olivo e che per servirla deve essere ben cotta all’esterno e cruda all’interno, cosparsa, solo alla fine, di sale grosso. Ma ci sono altri piatti così tipici a Firenze? Decisamente sì: c’è il Gran Pezzo, inventato cinquanta anni fa dal ristoratore Vincenzo Sabatini , un pezzo di costata di manzo intero con l’osso, lo stesso da cui si ricavano le bistecche, ma cotto al forno e servito rosato, non al sangue, col suo fondo di cottura. E poi c'è la trippa, che però ha tutta un’altra storia. Trippa, poppa e lampredotto sono la base della tradizione del cibo di strada, che a Firenze è radicatissima; questi piatti si trovano anche in trattoria, ma sono più buoni mangiati fuori, guardando le meraviglie di questa città. gennaio 2015

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consumi&tendenze

Nella città gigliata la cucina è storicamente povera, non per le idee delle preparazioni, solo per il costo delle materie prime. È anche la cucina del recupero, con le rielaborazioni inventate per riciclare piatti avanzati che danno origine a vere e proprie delizie … e gli indirizzi giusti per gustarli! Finita la moda delle vetrine di panini omologati degli anni Novanta, anche il centro storico di Firenze, quello più battuto dai turisti, si è rinnovato, con vinai e piccoli locali che offrono per tutti i prezzi prodotti del territorio e materie prime eccellenti, come una semplice bruschetta di pane e olio d'oliva. Prendiamo ad esempio l’Enoteca Pinchiorri Florence, cantina unica per varietà e prestigio dei vini proposti: etichette pregiate e millesimi storici offerti al bicchiere per un totale di oltre 4000 etichette. In cucina Annie Féolde, francese di nascita e fiorentina d’adozione, è la prima chef tristellata d’Italia. Particolarmente suggestivi il giardino d’inverno e la saletta ormai comunemente detta “Stefano Ricci”: intima e accogliente, è la prescelta dallo stilista fiorentino per le sue cene di lavoro. Restando in tema di stile, impossibile non citare il Grif, acronimo di Glamour Restourant In Florence, regno dello chef Giacomo Brunini che dà vita a una cucina dagli esiti sorprendenti all’interno di una chiesa anglicana sconsacrata e ristrutturata dall’architetto Itala Rota in chiave contemporanea. Il pesce lo troviamo… Fuor d’acqua, dove arriva ogni giorno freschissimo dalla Versilia. Specialità: crudo con tartare battute al coltello di spada e di tonno; da provare gli spaghetti con le arselle, e i pesci bolliti accompagnati da maionese espressa all’olio di oliva. Merita una visita anche l’Ora d’aria, il cui curioso nome è legato alla prima sede di questo ristorante che si trovava di fronte al carcere delle Murate. Qui il giovane chef Marco Stabile, una stella Michelin, propone una cucina creativa 38

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Scelti per voi Enoteca Pinchiorri Menu degustazione 21 proposte: 190 euro vini esclusi Via Ghibellina, 87 Tel. 055 242757/242777 www.enotecapinchiorri.it Grif Menu da 30 euro Piazza del Carmine, 8 Tel. 055.219978 www.grifrestaurant.it Fuor d’acqua Menu da 60 euro, vini esclusi Via Pisana, 37 Tel. 055.222299 www.fuordacqua.it Ora d’aria Menu da 70 euro, vini esclusi Via dei Georgofili, 11 Tel. 055.2001699 www.oradariaristorante.com Oliviero Menu da 40/60 euro, vini esclusi Via delle Terme, 51 Tel. 055.212421 www.ristorante-oliviero.it I 13 gobbi Menu da 30 euro, vini esclusi Via del Porcellana, 9 Tel. 055.284015

Gli interni del Grif, regno dello chef Giacomo Brunini ospitato all’interno di una chiesa anglicana sconsacrata e ristrutturata da Itala Rota in chiave contemporanea

sulla base di ricette tradizionali. Da provare “la gallina con la nonna”, rivisitazione molto complessa della gallina lessa, servita con paté e frattaglie di pollo. Impossibile infine non citare un paio tra le migliori trattorie della tradizione. Come Oliviero, quasi nascosta in vicolo a 50 metri dall’elegante Via Tornabuoni. In inverno da non perdere il carrello dei bolliti, in ogni stagione invece la bistecca alla fiorentina preparata comme il faut. Concludiamo questo viaggio gastronomico con un altro punto di riferimento per il gourmet fiorentino: I 13 gobbi. Abbandoniamo le atmosfere eleganti per tornare a rilassarci nell’accogliente contesto di una tra le trattorie più amate della città. È famosa per i suoi crostini neri, fatti con un paté di fegatini di pollo cotti nel burro con acciuga e capperi; la crema così ottenuta, addolcita da un goccio di Vin Santo secco, viene spalmata su crostini di pane appena sfiorato nel brodo. Un assaggio di Firenze. Un sogno a occhio aperti.




Cibo&Territorio Cibo&Territorio 56

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42 Tra i segreti della pasta

62 La salute nel piatto

Le noci: una dolce medicina in guscio

Il prodotto simbolo dell'italian style in cucina: scopriamone trucchi e varietà

50 Le boutique del pane Dagli antichi laboratori alle moderne bakery: così è cambiato il mondo della panificazione

56 Verso Expo 2015 Cereali e tuberi: i frutti della terra più noti saranno protagonisti di uno dei cluster tematici

60 Scienza & vita Dimagrire mangiando bene è possibilie

68 Best italian wines Tra i migliori 100 vini al mondo, sono ben 19 gli italiani. Ecco il responso di Wine Spectator

70 Wine tour: Torre in Pietra

da pag. 48 Rubriche

• La storia in cucina • Il ristorante • Il ristorante/2 • Orto dei semplici • Il buono a tavola

Un gioiello nel cuore della campagna romana, con una storia millenaria che profuma di vino

74 Vigne & vigneron: Biondi Santi La vita dell'enologia toscana è custodita qui, tra le vestigia del Brunello e i filari di Sangiovese gennaio 2015

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Tra i segreti della pasta di Piero Caltrin

Ognuno di noi ne consuma quasi 25 chili in un anno ed è la regina della dieta mediterranea. Ma quanto la conosciamo davvero? Scopriamone insieme storia e tradizioni per sceglierla consapevolmente, stando attenti alla farina e... all’acqua Nel “fare gli italiani”, scriveva Cavour, “la pasta è riuscita a far più che i manzoniani legami d’arte, di lingua, di altare, di memoria, di sangue e di cor”. “L’Unità d’Italia”, gli fece eco molti anni dopo lo scrittore Cesare Marchi, “sognata dai Padri del Rinascimento, oggi si chiama pastasciutta”. Inutile girarci attorno: non c’è moda, e non c’è arte, non c’è Ferrari e non c’è pizza che tenga. Nel mondo, il più efficace, diffuso, eloquente sinonimo di Italia è “pasta”. Simbolo della più schietta e sincera tradizione tricolore nel mondo, protagonista dei più diffusi stereotipi del made in Italy, la pasta, nel Bel Paese, mette tutti d’accordo attorno alla tavola: siciliani e piemontesi, molisani e veneti, pugliesi e friulani.

Forchetta alla mano, si parte! L’importante è che sia di qualità. Ovviamente. Qualità che può essere testata solo in un modo: con l’assaggio! Che andrebbe fatto, secondo gli esperti, dopo averla lasciata riposare qualche minuto in un piatto, senza aggiungere alcun condimento o al limite versando un cucchiaino di olio extravergine su un campione per valutare la tenuta finale del sugo. Bisogna tener presente a questo punto vari fattori come consistenza, omogeneità della cottura, collosità. Dopo la cottura, infatti, la buona pasta, se pressata leggermente con la forchetta, deve riacquistare la sua forma iniziale e deve, inoltre, essere consistente: cotta in base alle indicazioni dei produttori, deve cioè presentarsi soda ed elastica. Rifiutate come cattiva invece quella pasta che risulta collosa, si ammassa e presenta una superficie appiccicosa ancor prima di essere condita. gennaio 2015

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Genesi mediterranea

La semola si ottiene dalla lavorazione del grano duro, mentre la farina da quella del grano tenero

Grano duro, perché? Prima di arrivare nel nostro piatto però la pasta percorre un lungo cammino che è ovviamente necessario conoscere. A partire dalla scelta dell'ingrediente base: la farina di grano duro. Ma perché proprio il grano duro, la semola, e non quella tenera, la farina, utilizzata invece nella panificazione? A spiegarcelo è Gianni Mondelli, giornalista e tecnologo della pasta: «il segreto sta nelle proteine contenute nel frumento, gliadina e glutenina, che combinandosi con l’acqua formano il glutine. Quest’ultimo, durante l’impastamento, diventa una specie di reticolato che “tiene insieme” il pane o la pasta. Il glutine ottimale per la pasta è proprio quello ricavato dagli sfarinati di grano duro, perché rispetto al glutine ricavato dagli sfarinati di grano tenero, presenta maggiore tenacità e minore estensibilità, presupposti ideali per la pastificazione, dato che

la pasta, a differenza del pane, non è un prodotto lievitato. Nel grano duro, inoltre, sono presenti i carotenoidi, pigmenti che conferiscono al prodotto finito il caratteristico colore giallo ambrato». Fondamentale è ovviamente la selezione della semola, che soprattutto nelle realtà artigianali, viene scelta tra le migliori del territorio. Emblematico il caso di alcuni pastifici toscani che comprano grano locale, coltivato tra gli ulivi, produttori naturale di azoto, sostanza che stimola l’accrescimento delle piante. Solitamente la pasta non è fatta con semole ottenute da una sola varietà di grano, ma da una miscela di semole aventi proprietà complementari.

Artigianale è meglio Come abbiamo visto, dunque, è l’eccellenza delle materie prime a fare la differenza. Anche se un assioma condiviso da tut-

«In principio era uno gnocco. I nostri progenitori avevano appreso che, mescolando la farina con acqua e sottoponendo l’elaborato a un’intensa pressione, la massa che se ne otteneva poteva dar luogo tanto a quello che noi chiamiamo pasta quanto a quello che noi chiamiamo pane. La differenza? Consisteva solo nell’aggiunta di un po’ di lievito, o di sale». A svelarci l’arcano sulle origini della pasta è il professor Corrado Barberis dell’Istituto nazionale di Sociologia Rurale, nella prefazione all’Atlante dei prodotti tipici. In realtà però non si tratterebbe di un primato italiano, ma mediterraneo, in quanto gli studiosi hanno dimostrato sia impossibile definire la paternità in quest’aera del primo impasto di grano polverizzato e acqua e la successiva idea di essiccarlo per necessità di conservazione e comodità di trasporto. Certo è invece che la storia di Marco Polo che introduce in Europa la pasta dalla Cina è soltanto una leggenda. La prova? La troviamo nel testamento di Ponzio Bastone che lasciava ai suoi eredi una “bariscela de macaoni”, ovvero una cassa piena di maccheroni. Il documento è stato redatto a Genova nel 1279 e in quell’anno il grande esploratore si trovava ancora alla corte del Gran Kan!

Per una buona pasta, fondamentale è la selezione della semola, che nelle realtà artigianali viene scelta tra le migliori del territorio. Emblematico il caso di alcuni pastifici toscani che usano grano coltivato tra gli ulivi, produttori naturale di azoto, sostanza che stimola l’accrescimento delle piante 44

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H2O: la formula del gusto di Riccardo Lagorio

L’acqua è il secondo ingrediente base nella lavorazione della pasta. Ma non tutte le acque sono uguali: hanno profumi, sapori diversi e per incidere in modo positivo sul risultato finale dovrebbero essere pure, di sorgente e non addizionate a cloro ti i pastai stabilisce che la qualità della pasta comincia dalla pressa, la macchina che dosa e miscela i componenti, prepara l’impasto e lo lavora fino all’ottenimento della forma finale del prodotto. «In realtà – spiega ancora Mondelli – questo vuol dire che ciascuna fase della lavorazione è determinante per la qualità del prodotto finito. La fase di essiccazione, per esempio, non è meno importante per il risultato finale». È questo il caso della pasta artigianale, che prevede solitamente un’essiccazione all’aria. Quindi molto lenta; tanto lenta da essere incompatibile con le produzioni industriali. Le tecniche utilizzate sono quelle di un tempo: l’impasto è ottenuto miscelando lentamente la semola con acqua fredda, mentre la trafilatura, in bronzo, garantisce una pasta ruvida che, successivamente, è essiccata all’aria, a bassa temperatura (33-36° C), per circa 50 ore a seconda delle condizioni atmosferiche. In questo modo viene eliminata gran parte dell’umidità e il prodotto può essere conservato. La legge italiana, infatti, vieta nella pasta artigianale l’aggiunta di conservanti e coloranti. Il risultato? Un prodotto gustoso e di buona porosità, capace di assorbire bene i condimenti.

L’acqua è il secondo ingrediente base nella lavorazione della pasta e svolge un ruolo tanto importante quanto quello della semola. Non tutte le acque infatti sono uguali: hanno profumi, sapori diversi e per incidere in modo positivo sul risultato finale dovrebbero essere pure, di sorgente e non addizionate a cloro (i cui ioni si fissano nella pasta e che finiscono per essere assimilati anche noi). «Per noi – ci svela Massimo De Felice dell’Antico Pastificio Rosetano Verrigni – è centrale l’utilizzo di un’acqua povera di sodio, leggera, dolce, con poco bicarbonato di calcio e una quantità di sali minerali inferiore a 150 mg/l, batteriologicamente pura, paragonabile insomma a un’acqua oligominerale». L’acqua utilizzata dal pastificio proviene dall’acquedotto del Ruzzo, che trae linfa vitale dalle sorgenti del Gran Sasso, tra i 900 e i 1000 metri. La centralità dell’acqua nell’impasto risulta essere fondamentale anche per il pastificio Felicetti di Predazzo, nel Trentino. «L’acqua – ci dice il direttore della qualità Daniela Vigani – è un valore aggiunto, ha un profumo, possiede un sapore. Può ca-

ratterizzare una pasta, come nel nostro caso». Le Dolomiti in effetti stanno a un passo dal laboratorio e quello di Felicetti è un esempio di come la difficoltà di trovarsi in montagna sia stata trasformata in una risorsa che dà valore ai luoghi e all’ambiente circostanti. Anche nella capitale italiana della pasta, Gragnano, all’acqua è riservato un posto d’onore. Sono i Monti Lattari a riversarsi sotto forma liquida nell’acquedotto di Via Roma, storicamente il luogo dove a inizio ‘900 avevano sede oltre cento pastifici. «Essendo molto calcarea, l’acqua migliora il prodotto finale: aumenta il profumo e ne accentua la sapidità». Paolo Torrero, il giovane pastaio di Afeltra, dati alla mano, ne è convinto. Si utilizzano grandi silos per lo stoccaggio dell’acqua, che viene analizzata e purificata, sottraendo eventuali presenze di cloro. L’essiccatura molto lenta è caratteristica centrale della pasta di Gragnano Igp e va da 6 a 60 ore a seconda del formato: qui si simula l’alternarsi dell’aria calda dal mare e dell’aria fresca dai Lattari per rendere simile le celle statiche alla natura.

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Regione che vai, pasta che trovi Piemonte. Agnolotti Pasta ripiena, nella versione classica, di carni miste, in genere vitello e maiale, o di fontina

Trentino. Ciaroncié Dischetti a mezzaluna farciti con spinaci selvatici (a Moena), e conditi con burro fuso e formaggio locale

Lombardia. Pizzoccheri Sorta di tagliatelle larghe 1 cm e lunghe 7, di grano saraceno. Si cucina con patate, verze, burro e casera

Veneto. Bigoli Grossi spaghetti lunghi circa 30 cm. Si mangiano con un condimento di tonno e acciughe, o ragù d’anatra

Emilia Romagna. Tagliatelle Pasta all’uovo ottenuta tagliando la sfoglia lasciata asciugare e poi arrotolata. Il condimento ideale è il ragù alla bolognese

Marche. Maccheroncini di Campofilone Lunghi fili di pasta sfoglia (si tratta di pasta fresca all’uovo) dallo spessore sottolissimo

Abruzzo. Maccheroni alla chitarra Prendono il nome dalla chitarra, lo strumento sul quale l'impasto viene disteso. A tagliare la pasta le corde della chitarra sulle quali scorre il mattarello

Liguria. Trofie o trofiette Piccoli gnocchi allungati e attorcigliati, con le estremità a punta e più grossi al centro. Le trofie bastarde ne sono una variante in farina di castagne

Toscana. Pici Grossi spaghettoni irregolari, si mangiano asciutti, con sugo a base di salsiccia e pomodoro

Umbria. Strangolapreti Realizzati con vari tipi di farine, ma anche pane o patate. Da condire con sughi e formaggi della zona

Lazio. Fettuccine Pasta lunga e di mezzo cm di spessore, fresca, da preparare con farina di semola di grano duro e uova

Puglia. Orecchiette Pasta di grano duro a forma di piccole orecchie dalle dimensioni di un dito pollice

Campania. Paccheri Pasta a forma di grossi rigatoni rigati di semola di grano duro. Si condisce con sugo tipico della zona Sardegna. Fregula Minuscoli granuli di pasta di semola; nell'impasto si può aggiungere dello zafferano. Si mangia in minestre brodose di carne, pesce o verdure

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Sicilia. Ziti Preparati con grano duro, hanno forma allungata, tubolare e cava. Si può trovare la variante ziti rigati

Calabria. Fileja Simile ai maccheroni, è un tipo di pasta fresca preparata con acqua e farina e con il ferretto calabrese



la storia in cucina

di Maria Grazia Tornisiello

I capelli di Lucrezia Borgia Sono passati oltre cinque secoli dall’invenzione delle tagliatelle, la cui preparazione è oggi puntualmente codificata: dai massimo 8 cm di larghezza della pasta al condimento con il ragù. Non pare esserci invece traccia di qualche goccia di veleno nell’impasto... strano, considerando la circostanza che ha visto nascere la tipica pasta emiliana

“Fate una pasta d’ova e di farina e riducete rimenando il tutto in una sfoglia, ma non troppo fina, uguale, soda e, sul taglier pulito, fatene tagliatelle larghe un dito (…).” Così, Olindo Guerrini, noto poeta romagnolo del secondo ‘800, nel suo saggio intitolato L’arte di utilizzare gli avanza della mensa, decantava questa gustosa pasta all’uovo, tipica del centro e nord Italia. Ma facciamo un salto indietro nel tempo e più precisamente ai primi del ‘500 quando, secondo la leggenda, Zefirano, il cuoco personale dell’allora governatore di Bologna, Giovanni II Bentivoglio, ebbe l’ordine di preparare una cena in onore di nientepopodimeno che Lucrezia Borgia. La fanciulla, figlia illegittima di papa Alessandro VI, avrebbe infatti soggiornato in città prima di recarsi a Ferrara in occasione della celebrazione delle sue nozze con il Duca Alfonso d’Este. “Un radioso sorriso, due trecce bionde, un fazzoletto bordato di perle, una pozione di veleno”, così veniva descritta all’epoca la controversa figura della bella e affascinante Lucrezia. Mastro Zefirano, lasciandosi trasportare dall’estro culinario e dalla chioma bionda della giovane, inventò un nuovo tipo di pasta, tagliando (da qui il nome tagliatelle) le tradizionali lasagne all’uovo per rica48

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“Un radioso sorriso, due trecce bionde, un fazzoletto bordato di perle, una pozione di veleno”, così veniva descritta nel '500 la controversa figura della bella e affascinante Lucrezia

varne delle lunghe e sottili strisce dorate, proprio come i capelli aurei della futura sposa. C’è da dire però che i capelli della Borgia non erano affatto biondi, come invece esigeva la moda dell’epoca e, ogni otto giorni, la poveretta doveva sottoporsi a una lunga e complessa procedura di tintura con cenere di legno, paglia d’orzo, fiori e foglie di noce. Arrivando ai giorni nostri, il 16 aprile 1972, dopo ben cinque secoli dall’invenzione delle tagliatelle, la Confraternita del tortellino e l’Accademia Italiana della cucina hanno depositato, presso la Camera di Commercio di Bologna, la ricetta e la misura dell’originale tagliatella che dev’essere compresa tra i 6 e gli 8 mm di larghezza e condita con il tipico ragù alla bolognese, fatto con polpa di maiale, manzo e vitello, il tutto macinato e cucinato in un soffritto di burro, pancetta, aromi ed infine tirato a cottura molto lentamente con brodo, vino rosso e salsa di pomodoro. Vi è rimasta la curiosità di sapere se quello tra Alfonso d’Este e Lucrezia Borgia fu un matrimonio felice? Ebbene no! D’altronde con una moglie che, si diceva, portasse sempre con sé del veleno di sua invenzione, quale uomo si sarebbe detto tranquillo nemmeno davanti a un buon piatto di tagliatelle?



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Il pane?

Si compra in boutique di Antonella Aquaro

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In principio fu... Princi. Panettiere a Milano che, negli anni ’80, con una lungimiranza fuori dal comune, si rese conto che qualcosa doveva cambiare perché uno dei vanti del “saper fare italiano” non passasse semplicemente “di moda”. Nascevano così le moderne bakery, oggi templi della panificazione e location di tendenza, non solo nel capoluogo meneghino Un tempo era soprattutto segno di convivialità. L’alimento che per antonomasia sfamava. Decisamente pop fra le “arti e i mestieri”, il panettiere ha contribuito in maniera preponderante a scolpire il logo del “saper fare italiano”. Maestria, esperienza e creatività hanno così spazzato via le originali accezioni del termine giocando un ruolo dinamico nel panorama della gastronomia italiana. Suo il merito di aver sapientemente interpretato e declinato, a colpi di farina, acqua e lievito, i mille sapori e forme del gusto nostrano e di essere riuscito, nonostante l’instabilità dei tempi moderni, a reinventare un antico lavoro che oggi, sotto l’insegna delle “boutique del pane”, racconta sempre nuove storie di successo. A Milano, Pandenus ha diversi punti vendita e propone pani adatti anche a celiaci e vegani

Italian bakery Al di là dell’aspetto nutrizionale, il pane oggi può considerarsi uno dei trend setter più acclamati e cliccati. A guidare il mercato delle novità, soprattutto a Milano, è la sua dimensione “social” rivelata dalla veste “bakery” – con i suoi spazi polifunzionali, dall’atmosfera tendenzialmente vintage – che riunisce nello stesso luogo prodotti da forno e caffetteria, scoprendo un’inedita capacità di intrattenimento. È la tendenza del momento che vede il vecchio laboratorio del pane trasformarsi in boutique, in luoghi di ritrovo e sosta per colazioni, pranzi, cene, aperitivi; e in alcuni casi sorta di pit stop per soste post disco. Sono i tanti spuntini del nuovo modello di mangiare “fast casual” (secondo il linguaggio della socio-semiotica) ritagliato su misura per schiere di single. Protagonisti, spesso, dell'ondata modaiola dei nuovi radical chic, quella hip-

Alle origini della civiltà Per andare alle radici del pane, bisogna risalire al mito letterario: già nel Poema di Gilgamesh, del II millennio a.C., proprio il pane fa parte del processo di civilizzazione dell’uomo “selvatico” che non si limita più a mangiare ciò che trova in natura, ma è in grado di elaborarne i frutti per alimentarsi. Anche per Omero pane era sinonimo di civiltà: i Greci ne erano grandi consumatori (aggiungendovi latte o spezie), così come i Romani furono i responsabili della produzione più abbondante e popolare che si ricordi. La scoperta, peraltro casuale, della lievitazione spetta invece agli antichi Egizi che erano soliti lasciare l’impasto all’aria

per cuocerlo il giorno dopo. Da sempre alimento sacro, protagonista dell’Ultima Cena, evocatore del miracolo eucaristico e della capacità di mettere l’uomo in diretto contatto con Dio, per molti secoli il pane è rimasto un prodotto elitario. Nel Medioevo e negli anni a seguire, era consumato esclusivamente dai ceti signorili, mentre la popolazione si cibava perlopiù di zuppe, minestre, polenta e di cereali come farro, orzo e segale. L’introduzione del lievito di birra nella panificazione risale al Rinascimento ed è dalla seconda metà dell’800 che il pane si è diffuso in modo più ampio e generalizzato tra i ceti sociali. Il resto è storia nota.

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Non solo grano Il sinonimo pane-grano non è esclusivo. Sono svariate infatti le farine utilizzate per la sua produzione. Fra le migliori, il frumento (il cui frutto è il chicco di grano) con una concentrazione e qualità di glutine che consentono più di ogni altro prodotto di assecondare il processo fermentativo conferendo al pane morbidezza e fragranza. I tipi di cereali usati per ottenere l’alimento spaziano dalla segale al mais, dall’orzo al miglio, a sesamo e riso. La produzione di farina integrale – ottenuta dalla macinazione completa del chicco, compresi gli involucri esterni e il germe – non contempla il processo di raffinazione salvaguardando così le sostanze originarie, fra cui crusca, lignina e cellulosa e regalando alla farina un diffuso colore marrone chiaro punteggiato di scuro. Il risultato è un prodotto particolarmente sano per l’alto contenuto di proteine, vitamine del gruppo B, fibra alimentare e sali minerali. I macchinari industriali per la produzione di farina, se da un lato permettono cicli produttivi intensivi, dall’altro hanno la grave pecca di togliere ai chicchi la loro parte esterna e il germe – una miniera di acidi grassi “buoni” (i polinsaturi), vitamina E ed enzimi – preservando invece la parte amidacea che dà uno scarso apporto di proteine e vitamine. 52

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Il bancone di Princi e un ritratto di Davide Longoni, a modo loro entrambi punti fermi della panetteria milanese

ster, il cui mantra è biologico, km 0 e lievito madre. E che il pane lo vogliono 3.0, genuino, fatto in forno a legna sotto gli occhi del consumatore. Ovvero il “pane d’autore” intorno al quale nasce e si afferma il nuovo business delle bakery. Antesignano del fenomeno è Princi, panettiere di tutto rispetto che già nella Milano degli anni '80 intuiva il limite del proprio business: con il solo pane non sarebbe stato possibile il successo indiscusso di oggi. Così, incrociando formule di marketing e comunicazione con un mestiere fatto a regola d’arte, inventa l’artigiano-imprenditore creando un modello di business tutto da copiare. Nel tempo il panettiere calabrese lancia nuove bakeries – 4 punti vendita nel capoluogo lombardo e 1 a Londra – come fossero noccioline, consolidando la formula della differenziazione delle tipologie di pane fra punti vendita e un’offerta sempre variabile nel tempo.Ad attenderlo dietro la porta, il successo: Princi regala al pane nuova vita, lo mette in vetrina nell’ambito di spazi sempre all’avanguardia per stile e design. È proprio il design del punto vendita di Piazza


Le bakery sono il regno del mangiare "fast casual", stile tagliato su misura per single e nuovi radical chic, quegli hipster il cui mantra è "biologico, km 0 e lievito madre". E che il pane lo vogliono 3.0 XXV Aprile a Milano ad essersi aggiudicato di recente il Premio nazionale di Architettura Bar e Ristoranti d’Autore.

A Milano si spaccia (… pasta madre) Altro nome, altra case-history. Sulla scena milanese non può sfuggire l’eco della maestria di Davide Longoni, diversamente noto come il panettiere strappato alla filosofia. In tasca, una laurea in lettere chiusa nel cassetto per concedersi il lusso di una vocazione. A due passi da porta romana, il panificio di Via Tiraboschi è oggi ormai sinonimo di produzioni basate sull’utilizzo esclusivo di pasta madre, farine biologiche macinate a pietra, prodotti dell’agricoltura biologica e di filiera corta. Nel laboratorio artigianale, pochi tavolini interni e uno spazio esterno accogliente con giardino e orto invitano alla sosta e alla socialità. Nel mezzo, il pane declinato in mille varianti e con qualche esclusività, come il pane di farro, di segnale, di kamut, di patate o di monococco (cereale risalente a 8000 anni fa). E poi ancora quello di castagne e zucca, per specialità autunnali, ma anche di tumminia – frumento coltivato solo nella zona di castelvetrano, in Sicilia – che rende Longoni un indirizzo per veri fanatici. Qui anche la possibilità di degustazioni di panettone (farcito con motivi stagionali) tutto l’anno nella fascia colazione-aperitivo. Ma il vero feticcio, è lei, la pasta madre che Davide spaccia for free ai suoi clienti il sabato direttamente nel suo locale. Proseguendo nella carrellata, fra le storiche, Pattini&Marinoni, che ha fatto conoscere ai più la bontà del pane alle olive, ma anche realtà meno prestigiose come Pandenus con i suoi diversi

Materano, pane capitale Mettiamola come volete; c’è a chi piace “normale” e chi invece, per la sua porzione di pane quotidiano, ama sbizzarrirsi con ogni possibile variazione sul tema. Ma aldilà di tutto, il punto di convergenza indiscusso nel panorama gustativo attuale è unico: Matera. Un pane “griffato”, con pezzature medie da 1-2 kg, forma a cornetto o bombata verso l’alto e una mollica di colore giallo paglierino con caratteristica alveolazione. Il “materano” è legato a riti secolari, come il marchio con cui ogni famiglia segnava con le proprie iniziali la pasta lievitata per differenziarla prima di cuocerla nei forni comuni. In auge fino agli anni ‘70, questa pratica è oggi recuperata grazie a Massimo Casiello e al suo laboratorio artigianale in cui realizza timbri e marchi per produzioni particolari (farine, condimenti, granelle) o in occasioni speciali come nel caso del timbro realizzato in onore di Matera 2019. Il pane di Matera lo si può assaggiare anche a Modena grazie a Beppe Palmieri, già maitre dell’Osteria Francescana, al suo Da Panino. La microscopica salumeria modenese e il suo pane si sono aggiudicati lo speciale “Street Food 2015” Gambero Rosso. Semplicità, con punte di stravaganza, anche per Marino Notarnicola, pizzicagnolo di seconda generazione che in una piccola bottega pugliese, Le Specialità da Marino, prepara street food da vero gourmet. Qualcuno lo ha definito fra i “paninari” più buoni d’Italia, e il merito è proprio del pane, quello di Matera, prima di tutto, ma anche Altamura e Laterza. Per le farce invece è tutta una sorpresa: fra gli ingredienti, la cipolla di Acquaviva delle Fonti e un must, il capocollo di Martina Franca, da cui il noto panino con capocollo, crema di castagne e salsa di agrumi ricoperta da pomodori secchi, il tutto vaporizzato con vino Primitivo home-made. Il “panino di Marino”, rientra nella condotta Slow Food di Alberobello e Valle d’Itria. Per saperne di più:

http://dapanino.it www.specialitadamarino.com

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Scelti per voi Princi Piazza XXV Aprile, 5 Via Ponte Vetero, 10 Via Speronari, 6 Largo la Foppa, 2 Corso Venezia, 21 Milano www.princi.it Davide Longoni Via Tiraboschi, 19 Milano www.panificiodavidelongoni.com Pattini & Marinoni Piazza Cadorna, 10 Milano www.mariamarinoni.it Spazio Bollani Largo Settimio Severo, 1 Milano Pavé Milano Via Felice Casati, 27 Milano www.pavemilano.com

A sinistra, una storica immagine di Pattini&Marinoni, laboratorio artigianale per molti sinonimo di pane alle olive

È nella capitale che il più semplice degli alimenti recupera in pieno tutta l’enfasi di un amore ritrovato. Un ottimo riferimento per testare dove volge il mercato della panificazione è quello di Gabriele Bonci e del suo Panificio Bonci Backerei punti vendita e le ricette per celiaci e vegani. O poi Pavé Milano che più che una panetteria, sembra un fumetto anni 60/70, ma anche Spazio Bollani. Indipendentemente dalle motivazioni, tutti hanno puntato, con successo, sul modello bakery contribuendo a un fenomeno tutto in ascesa.

Tutte le strade portano a... Appena fuori Milano – a Cantù – il concetto del pane “cotto e mangiato” lo si ritrova declinato in maniera mastodontica sotto l’insegna Marra. A disposizione 400 mq di negozio (per un totale di 750), oltre a una serie di laboratori a vista (pane, pasticceria, cioccolato, gelati) che fondono sotto lo stesso logo produzione, vendita, ristorazione ed 54

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intrattenimento. Perlustrando random l’Italia, il business del “pane fresco e caffè” è ripreso in Umbria da Milledolci e Menchetti, in Abruzzo da Pane al Pane. Ma è nella capitale che il più semplice degli alimenti recupera in pieno tutta l’enfasi di un amore ritrovato. Per non sapere né leggere e scrivere, Gabriele Bonci – guru della panificazione – è un ottimo riferimento, con il suo Panificio Bonci Backerei, per testare dove volge il mercato della panificazione. Ma se poi il desiderio è più godereccio, ecco gli indirizzi: Pane companatico e Panella, due differenti affermazioni del concetto di socialità che hanno fatto del vecchio “saper fare italiano” un nuovo business dell’intrattenimento tutto intriso di fragranza e genuinità.

Pandenus Via Tadino, 15 Corso Concordia, 11 Largo La Foppa, 2 Via Melzi D’Eril, 3
 Milano www.pandenus.it Marra Via Sesia, 6 Piazza Sirtori, 1/2 Via Alciato, 2/a Cantù (Co) www.marrawe Milledolci Via dell’ Arboreto, 18 Gubbio (Pg) Loc. Padule www.milledolci.com Menchetti Via Cassia, 9 Cesa, Marcinao della Chiana (Ar) www.menchetti.it Panificio Bonci Via Trionfale, 34/36 Roma Panella Via Merulana, 54 Roma www.panellaroma.com Pane e companatico Largo Gorizia, 4/6 Grottaferrata (Rm) www.panecompanatico.com


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cibo&territorio

Verso l'Expo: i frutti della terra di Piero Caltrin* 56

gennaio 2015


Alla base dell'alimentazione di tutti i popoli del mondo, si prestano a mille preparazioni e sono un'indispensabile fonte di energie. Vi siete mai chiesti come faremmo senza cereali e tuberi? O forse non vi è ancora del tutto chiaro il loro ruolo chiave nella nostra vita? Grano, mais, patate, miglio, frumento, orzo: cereali e tuberi, da secoli riempiono le nostre tavole e le nostre tradizioni gastronomiche, da Oriente a Occidente, dall’emisfero australe a quello boreale. L’impronta che hanno lasciato nelle culture dei vari paesi è indelebile, al pari dell’eccezionale apporto di carboidrati che da millenni riescono a offrire agli uomini. In realtà circoscrivere tutto ciò che viene definito “cereale” non è semplicissimo, tanto essi sono diffusi nei cinque continenti – grazie a una straordinaria capacità di adattamento e a una versatilità fuori da comune – e declinati in innumerevoli varietà. Basti pensare che di tutta la terra destinata ai seminativi, ai quattro angoli del globo, pari a circa 1,4 miliardi di ettari, la metà è coltivata a cereali.

Le mani in pasta

* hanno collaborato Chiara Mazzocchi, Ambrogina Pagani, Guido Sali (Università degli Studi di Milano)

L’uomo, fin dall’antichità, si rese conto che il frumento poteva essere impiegato in tanti modi e che le sue potenzialità, derivanti dalle caratteristiche del glutine, erano nettamente superiori rispetto a quelle degli altri cereali. Se l’orzo e la segale davano un impasto lavorabile e trasformabile in un prodotto lievitato, i risultati migliori, ieri come oggi, si avevano solo utilizzando il frumento. La selezione operata dall’uomo ha permesso quindi di ottenere innumerevoli varietà di grano in grado di rispondere al meglio alle esigenze. L’elevata tenacità delle proteine di riserva del frumento duro ha consentito la trasformazione in pasta e la capacità a deformarsi delle proteine del glutine del frumento tenero ha fatto sì che questa specie diventasse

Il cluster Tra i padiglioni tematici (o cluster) che impreziosiranno il sito espositivo di Milano Expo 2015, non poteva mancare quello dedicato ai cereali e ai tuberi. In pochi conoscono la lunga filiera produttiva che c’è dietro queste produzioni: la sfida su cui si basa il concept del cluster parte da qui. Il progetto architettonico richiama, nella sua copertura, la forma di un grande camino. Al suo interno, il visitatore sarà accolto da un insieme di colori, superfici, profumi e suggestioni che rimandano alla coltivazione dei cereali e dei tuberi. Un cammino segnato da strutture espositive che ricordano dei “tavoli”, dedicate a vari cereali come frumento, mais, segale, orzo; come un fiume in piena, tale percorso attraversa i padiglioni dei vari Paesi, e sfocia in un grande spazio coperto che ospita gli eventi e l’offerta ristorativa. Al termine della visita si potrà partecipare alle attività proposte oppure ci si potrà sedere, rilassare, e gustare piatti tipici dei Paesi che appartengono al cluster. Per saperne di più: www.expo2015.org

gennaio 2015

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cibo&territorio

Tuberi, fonte di energia

Tre sono le principali “destinazioni d’uso” della produzione cerealicola: delle circa 2,3 miliardi di tonnellate prodotte, un miliardo è destinato al consumo alimentare, 750 milioni per i mangimi animali e il resto viene utilizzato a livello industriale, usato come semi o gettato la più indicata per i processi di panificazione e di produzione di prodotti da forno. Nei Paesi dell’area mediterranea, i prodotti derivati dal frumento hanno sempre occupato un posto di spicco: è il caso innanzitutto della pasta, alimento che, una volta essiccato, è caratterizzato da una lunga shelf-life (3 anni a temperatura ambiente) e dopo la cottura in acqua bollente aumenta di circa due volte il proprio peso diventando appetibile e adattabile ai gusti più disparati grazie all’aggiunta di condimenti. Per non parlare del pane, uno degli alimenti più conosciuti, consumati e apprezzati in ogni parte del mondo, con origini antichissime che risalgono agli antichi Egizi (negli anni ’90 nei pressi delle Piramidi, è stato rinvenuto un laboratorio di panificazione in grado di sfornare giornalmente pane sufficiente a sfamare circa 15 mila operai). 58

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I numeri La presenza dei cereali nei cinque continenti è ovunque assai rilevante: dal 34% delle terre coltivate nelle Americhe, fino a oltre il 70% in Asia. I cereali più coltivati sono: il grano (216 milioni di ettari), il mais (177 mln) e il riso (163 mln), i quali forniscono l’89% di tutta la produzione cerealicola mondiale, ma tra quelli che rivestono una certa importanza in determinate aree geografiche, troviamo anche l’orzo, il sorgo, la segale, l’avena, il fonio, la scagliola, il triticale, il grano saraceno, la quinoa e l’amaranto (questi ultimi tre, non sono cereali in senso stretto ma vengono assimilati a questo gruppo per le loro caratteristiche). La distribuzione delle superfici coltivate è però poco uniforme sul pianeta: le più grandi colture di riso e grano sono concentrate in Asia, quasi il 40% di quelle di mais si trova solo nelle Americhe.

Il tubero è una porzione di fusto modificata, con una forma più o meno allungata: si tratta di un organo in cui si accumulano sostanze di riserva (soprattutto amido) che servono alle piante per superare l’inverno. Solitamente i tuberi sono sotterranei, anche se raramente possono essere aerei, come la Dioscorea bulbifera. Come nei cereali, il principale componente dei tuberi è rappresentato dall’amido; ne deriva che queste materie prime rappresentano un’interessante fonte di energia e costituiscono la base della dieta umana in zone tropicali e subtropicali. Le patate (ottenute dalle piante della specie Solanum tuberosum) sono i tuberi commestibili più diffusi al mondo. Originari dell’America centro-meridionale, sono stati introdotti in Europa dopo la scoperta dell’America. La manioca (Manihot Esculenta Crantz) anche nota come tapioca, cassava o yuca, è la quarta fonte di energia alimentare nelle regioni tropicali e subtropicali del mondo (dopo riso, zucchero e mais) e la nona a livello mondiale. L’igname, conosciuto anche come yam, è invece un nome generico che si applica a diverse piante della famiglia delle Dioscoreaceae, coltivate anch’esse in tutte le regioni tropicali a scopo alimentare, per via dei tuberi ricchi di amido. Tale tubero, generalmente commercializzato come prodotto fresco, è comunemente utilizzato previa bollitura, cottura o frittura; se bollito può essere anche pestato e mangiato come fufu o utara. La farina di yam viene preparata a partire da fette di spessore di circa 10 mm, che vengono prima bollite e poi lasciate raffreddare nell’acqua di cottura; le fette di yam sono quindi sbucciate ed essiccate al sole, macinate e ripetutamente setacciate per produrre uno sfarinato di granulometria uniforme. Recentemente è stata proposta anche una variante “croccante”, sotto forma di chips fritte di yam.



di Giuseppe Pulina

scienza e vita

Il segreto della dieta planata Dopo i bagordi delle feste, il problema è uno solo: tornare in forma e riuscire a disintossicarsi. Tranquilli, dimagrire mangiando (bene) è possibile. E la traiettoria, in discesa, è segnata con precisione da semplici regole. Da seguire però con la dovuta attenzione: per i miracoli infatti dovrete rivolgervi altrove

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gennaio 2015

Professore di Zootecnia speciale all’Università di Sassari

Se disfando l’albero di Natale avete notato qualche difficoltà nel chinarvi rispetto al momento in cui l’avevate addobbato, vuol dire che durante le festività natalizie avete messo su qualche chiletto di troppo. Ma se avete seguito i consigli alimentari di questo giornale, allora potete consolarvi: è tutta roba buona! Tuttavia, è ora il momento di rientrare nel proprio peso forma, termine con il quale si intende il peso corporeo ottimale (ciascuno conosce molto bene il proprio) misurato alla bilancia al mattino a digiuno per tre giorni di seguito. Se non si è tracimato nel rischio del sovrappeso (7-10 kg in più del peso forma), per cui è consigliabile rivolgersi al proprio dietologo, ma si tratta solo di perdere i 3-5 kg di troppo accumulati a fine anno, allora si può dimagrire senza rinunciare a mangiare bene. Il segreto è una “dieta planata”, che simula l’operazione di avvicinamento di un aeroplano all’aeroporto secondo una precisa traiettoria di discesa. Se come dicono i piloti “un buon atterraggio è il risultato di un buon avvicinamento”, il recupero (stabile) del peso forma è il risultato di un buon regime alimentare. Per dimagrire mangiando bene occorre tenere a mente alcune semplici, ma fondamentali, regole.


1. Il nostro corpo è una macchina termodinamica, che consuma dalle 1500 alle 2200 kcal al giorno. Il mantenimento del peso corporeo è il risultato del bilanciamento fra entrate e uscite. Se si vuole perdere peso occorre che, per un certo periodo, le entrate siano inferiori alle uscite al fine di utilizzare l’energia di riserva contenuta nei lipidi del tessuto adiposo. 2. Il cibo non ci fornisce solo energia, ma anche il materiale costituente il nostro corpo (noi siamo fatti di ciò che mangiamo): a causa del ricambio continuo dei tessuti (il famoso turn over) tutto il nostro corpo si rinnova nell’arco di 6 mesi. I principi nutritivi maggiori (proteine, lipidi e carboidrati) devono perciò essere apportati in quantità sufficiente a garantire contemporaneamente il loro uso energetico e plastico. 3. Il nostro controllo della ingestione alimentare è insufficiente a monitorare e regolare il flusso energetico in entrata. Soprattutto nel caso di zuccheri semplici: l’evoluzione ci ha dotato di una preferenza per questo tipo di sostanze, frutto della penuria alimentare cronica alla quale eravamo sottoposti quando vagavamo per le savane a caccia di animali e di frutti. Infatti, siamo molto ghiotti di dolci e il nostro sistema insulinico è in grado di conservare con grande efficacia, in forma di grasso corporeo, il surplus energetico derivante da questa fonte alimentare. 4. Abbiamo costante necessità di microcostituenti, quali vitamine e minerali, per consentire le tante e complesse funzionalità del corpo. Questi micronutrienti sono molto più efficaci se apportati da matrici alimentari piuttosto che da integratori i quali vanno usati soltanto nei casi di carenze certificate e, possibilmente, sotto prescrizione medica. A questo punto non ci resta che pianificare la nostra dieta planata con i seguenti ingredienti. Tempo: l’atterraggio al peso forma deve essere effettuato in un periodo almeno doppio di quello che ci ha visto guadagnare l’eccessiva quota ponderale. Niente stress da “bilancia inchiodata”: la sorpresa si manifesterà presto. Energia: mangiate le solite quantità di alimenti, sempre di ottima qualità s’intende, ma evitate after hours con corredo di appetizers.

Le 5 cattive abitudini da evitare 1. Saltare i pasti, men che meno la colazione. 2. Sbilanciare il pranzo e la cena (il rapporto energetico massimo deve essere compreso fra 35% e 65% a favore di uno dei due). 3. Mangiare nervosamente o distrattamente davanti a uno schermo. Se siete in compagnia, concedetevi una chiacchiera; se siete soli, fate finta di mangiare su un palcoscenico davanti a un pubblico. 4. Demonizzare un alimento. Se ciò che acquistate è di buona qualità, inseritelo nella dieta nelle quantità dovute. 5. Credere che una dieta faccia miracoli. Per queste faccende ci si rivolge a un’altra ditta e non alla scienza.

Proteine: portate la percentuale almeno al 25%, di cui un 5% da legumi e altre fonti proteiche (se siete vegani o vegetariani, fate un’altra dieta). Carboidrati: riducete gli zuccheri semplici alla dolcificazione della bevanda di colazione, ai caffè o tè che abitualmente sorbite, e a uno o due dolcetti per settimana; mantenete però quelli derivanti dalla frutta, magari mangiata fuori pasto, e da una spremuta di agrumi almeno un paio di volte la settimana. Portate gli amidi al 25% della dieta ed elevate i carboidrati strutturali (pectine, emicellulose e cellulose contenuti nelle fibre) al 20%. Lipidi: non più del 25% della dieta, soprattutto da olio di oliva (almeno 1/2), da latte e latticini, da carne, pesce e salumi magri. Riducete per quanto possibile le fritture (soprattutto quelle in olio di palma) che fanno assumere grassi vegetali subdoli (e nel caso di olio di palma, nocivi) Contenete l’alcol a uno o due bicchieri di (ottimo) vino al giorno. gennaio 2015

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la salute nel piatto

A cura della Redazione scientifica Fondazione Veronesi testi di

Serena Zoli

Per un pugno di... noci! Ogni dieta che si rispetti prevede qualche spuntino durante la giornata. Perché non approfittarne allora per combattere colesterolo, ossidazione cellulare e rischio di tumore? Sempre con gusto e dolcezza, ovviamente

È già sapienza popolare diffusa che due o tre noci al giorno sono salutari per l’organismo. E la scienza conferma questo detto con un crescente numero di dati. Partiamo dalla nutrigenomica, che studia il rapporto fra genoma e dieta, e dalla nutrigenetica, che studia le interazioni fra dieta e genoma di un particolare individuo: insieme perseguono il grande sogno delle scienze della nutrizione di “usare” i cibi come una sorta di farmaci di prevenzione. Ormai si sa che i nutrienti – proteine, carboidrati, grassi, minerali, vitamine… – sono coinvolti in una miriade di reazioni metaboliche che determinano equilibri ormonali, reazioni immunitarie, processi di detossificazione. Nel caso delle noci, il loro potere anti-colesterolo è noto da tempo. Grazie agli ultimi studi si sta facendo strada l’ipotesi, sperimentale in laboratorio, che il mix di nutrienti concentrati in questo frutto sia una barriera in più per tenere lontana la formazione di cellule tumorali. Gli studi sui topi condotti dai ricercatori della statunitense Marshall University School of Medicine lo 62

gennaio 2015

confermano: se ai roditori viene data una dose giornaliera di 56 gr (l’equivalente di due noci) il rischio di sviluppare il tumore diminuisce di colpo. Fondamentale risulta essere la presenza nelle noci di fitosteroli, flavonoidi, vitamina E e omega 3. Tali sostanze vengono definite bioattive in quanto diventano un “freno” per l’ossidazione delle cellule, processo che le fa invecchiare anzitempo. L’analisi molecolare ha evidenziato che gli acidi grassi omega 3 svolgono un ruolo chiave nella partita anticancro. Una ricerca del britannico Cancer Research conferma che una modesta porzione di noci aiuta nella prevenzione del tumore al seno. Altri studi hanno evidenziato come le noci abbiano capacità inibitorie anche rispetto alla crescita del tumore del colon-retto. Allora, perché non farne lo spuntino preferito?

Per saperne di più:

www.fondazioneveronesi.it

L’altra frutta secca L’inverno è la sua stagione, perché abbiamo più bisogno di energia e calore e questi semi ne sono grandi fornitori. La nocciola con 25 gr ci fornisce il 100% della razione giornaliera raccomandata di vitamina E e il 25% di B6. Le mandorle sono ricche di magnesio, ferro (aiutano contro l’anemia), potassio, rame e vitamina E. Le noccioline americane o arachidi contengono molte proteine e la niacina, che contribuisce alla buona salute del cervello e alla circolazione sanguigna.


ph. ales&ales


il ristorante

di Nadia Catarinangeli

L’Altro Vissani... c’est moi! «Sono sempre io, perciò state tranquilli, qualità della materia prima e del servizio sono garantite», ci ha assicurato il maestro umbro in occasione dell’inaugurazione, lo scorso dicembre, del nuovo locale a Todi. Nel piatto, l’immancabile cucina regionale con interessanti variazioni internazionali 64

gennaio 2015

L’Altro Vissani, ristorante che coglie i tratti salienti della cultura enogastronomica locale filtrati attraverso la visione eclettica del grande chef, apre a Todi. Inaugurato il mese scorso all’interno della residenza d’epoca del 1300 Relais Todini, a Collevalenza di Todi, nel cuore della campagna umbra, l’ambiente di sala si distingue per un’atmosfera calda, elegante e l’incantevole vista sulle colline del tuderte. È il quarto locale con questo marchio dopo quelli di Orvieto, Capri e Cortina e il secondo in Umbria, terra d’origine del maestro. Il progetto prende il via da un brand ideato dalla Rai con lo scopo di lanciare una piattaforma di contenuti sul cibo nelle diverse declinazioni. La formula scelta garantisce «ottima qualità, servizio ed eccellenza a prezzi accessibili», ha ricordato Gianfranco Vissani in occasione dell’inaugurazione, attraverso «un menù tipicamente regionale e non solo». L’obiettivo è quindi

di offrire «materia prima ottima, un prodotto giusto e un giusto prezzo». «Anche se si chiama L’altro Vissani sono sempre io», ha sottolineato il celebre chef, che mantiene come per gli altri ristoranti la direzione artistica del locale, mettendo in campo passione, tecnica ed esperienza. La creatività ai fornelli del ristorante di Todi è però affidata al capo-cuoco Dario Marco Bettoni, affiancato da una squadra di professionisti formati direttamente a Casa Vissani di Baschi, Orvieto. Dalla cucina di 140 metri quadrati, in parte anche a vista sala, saranno proposte ricette legate alla cultura gastronomica umbra, ma anche pizza, sushi e altri piatti. Dopo Todi, l’idea del binomio Vissani-Rai è quella di aprire L’Altro Vissani a Milano, Roma e in alcune capitali europee a partire da Parigi e Londra. Al brand si ricollegano anche un concetto editoriale che ha portato alla realizzazione di un cofanetto in tre volumi contenente le 600 principali ricette della tradizione regionale e un’iniziativa dedicata a Expo 2015, in occasione del quale si pensa di far arrivare negli scaffali dei supermercati italiani una linea di prodotti d’eccellenza italiana a marchio “L’Altro Vissani”.

dove&come Relais Todini - Ristorante L’Altro Vissani Frazione Collevalenza - Todi (Pg) Tel. 075.887521 Prezzo medio: 35 euro www.relaistodini.com


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il ristorante /2

di Domenico Marasco

A cena con Agnelli Ci voleva uno chef egiziano per portare la cucina di mare a Torino e far innamorare l'Avvocato che, lì in corso Orbassano, per decenni è stato un'habitué. E oggi come ieri, per il Delfino Blu, lo stile resta lo stesso: quello dell'eccellenza assoluta Gianni Agnelli, dentro alla grande sala, aveva il suo tavolo riservato. Sempre. Anche quando non andava a cenare il posto restava vuoto, non veniva assegnato ad altri. Era la regola. La leggenda vuole che un giorno, l’Avvocato (Per sfida? Per ghiribizzo? Non è dato sapere) ci mandò a mangiare il suo autista, ma il patron del Delfino Blu, l’intransigente Peter – un egiziano innamorato dell’Italia e della buona tavola che vive sotto la Mole da 40 anni – quel tavolo non lo concesse nemmeno a lui. «Mi spiace, non posso, glielo do solo se mi telefona il signor Gianni in persona», si sentì rispondere lo chauffeur di casa Agnelli. Oggi che l’Avvocato non c’è più, quel tavolo è diventato un’attrazione. Un motivo in più per entrare al Delfino Blu e scoprire uno dei ristoranti storici di Torino, aperto da 30 anni. Gli interni sono rimasti quelli di sempre, eleganza e raffinatezza, arricchiti da un tocco di classe dato dai mobili del 1700. Ad attrarre i clienti, oltre ai piatti, è il dehor in rame e legno dell’esterno dove si respira un’autentica aria parigina, con quel tocco equilibrato di estro che fa vivere le atmosfere francesi. L'anima del Delfino è ancora lui, il "Cavalier" Peter: chef, mente e braccio del locale, supportato in cucina dai sei uomini della brigata. In menù non man66

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cano i piatti della tradizione ma, chi s'affaccia al Delfino Blu, troverà i banconi sempre pieni di ostriche, gamberoni, frutti di mare e aragoste che sgambettano vivi e coriacei prima di finire in pentola. «Non abbiamo mai voluto cambiare – spiega Peter – siamo rimasti fedeli alla nostra indole. Ho fatto conoscere a una regione concentrata su piatti di terra, la bontà del mare e dei suoi prodotti. Oramai ho 40 anni d'esperienza e posso dire con orgoglio che una buona parte della nostra clientela è fidelizzata. Ciò significa che il nostro stile piace». «A chi per la prima volta entra al Delfino Blu – prosegue – consiglierei di provare il Plateau Royal e la Paella rivisitata alla mia maniera. Forse perché sono un po’ i piatti che ci contraddistinguono o, più semplicemente, perché sono buoni. Certo, ciò che non può mancare è la nostra Insalata di Mare, oserei dire un capolavoro». In un panorama gastronomico così non si possono di certo tralasciare le 300 etichette pronte per essere degustate assieme ai piatti dello chef, Chardonnay e Arneis in primis tra i vini piemontesi, ma anche Champagne e vini rossi, questi ultimi a dimostrazione che pesce e vino rosso si possono sposare, l’importante è che siano tutti e due eccellenti. Ma qui, al Delfino Blu, siamo al sicuro.

dove&come Ristorante Delfino Blu Corso Orbassano, 277 - Torino Prezzo medio a partire da 35 euro Tel. 011.3115080 www.ristorantedelfinoblu.net



winepassion

Best

italian wines di Maddalena Baldini

Qualità, reperibilità, prezzo: sono i parametri che Wine Spectator, la rivista di enologia più influente al mondo, utilizza per stilare la classifica dei cento migliori vini del pianeta, che quest’anno ha premiato 19 etichette italiane: ci sono i piemontesi e i toscani, ovviamente... ma anche molte sorprese! Gli americani, questi voti, li danno da oltre 15 anni. Decretando, di fatto, il successo o meno dei vini sui mercati mondiali. Potenza di un brand, quello di Wine Spectator unanimamente considerata la rivista di enologia più influente al mondo, e di una classifica, la Top 100 Wines, la cui pubblicazione ormai è una sorta di evento. Entrare o meno in questa top list può cambiare infatti il destino di una bottiglia. Fino a qualche anno fa, però, la giuria a stelle e strisce pescava “i campioni” dell’enologia mondiale più o meno sempre dalle stesse peschiere. Per molto tempo ci avevano abituati a vedere premiati i più importanti vini francesi, i californiani o i grandi rossi piemontesi. Da qualche stagione però, la classifica dà spazio anche ai vini “minori”, non perché qualitativamente inferiori ma semplicemente perché confinati a un mercato più ristretto. Tra i 19 selezionati quest’anno, per esempio, balza 68

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all’occhio al 74esimo posto il Biferno Rosso Ramitello dell’azienda molisana di Majo Norante, descritto come un vino equilibrato, arricchito da sentori di frutta rossa e gelso. Un segno evidente di come le medie realtà vitivinicole si stiano facendo strada in un settore che, fino a qualche tempo fa, era principalmente occupato dai colossi. Tra le altre perle enologiche anche la Valtellina; portabandiera della “viticoltura eroica”, il Quadrio 2010 di Nino Negri: Valtellina Superiore, occupa l’80esimo posto e, a detta degli esperti, è elegante, ricco di aromi e con buona acidità. Dalla parte opposta della Penisola, quasi in coda alla classifica anche la Tenuta Terre Nere, azienda siciliana collocata sulle pendici nord del vulcano, premiata con l’Etna Rosso Doc, un vino dai sentori fruttati e dai tannini morbidi.

Immancabile Toscana Spicca al sesto posto, quindi nella rosa dei top 10, il Chianti Classico Riserva San Lorenzo Gran Selezione 2010 del Castello di Ama.
«È la sintesi dell’omonimo vigneto e della selezione dei vigneti storici dell’intera proprietà – ci spiega Marco Pallanti, enologo e responsabile della cantina – da sempre l’azienda Castello di Ama non acquista né uva, né vino dall’esterno: ogni bottiglia proviene integralmente dalle nostre vigne e dal 2010, con l’introduzione della Gran Selezione, siamo in grado di trasmettere questo grande valore al consumatore finale. Wine Spectator premia Castello di Ama ma premia anche tutto il territorio del Chianti Classico, un luogo di grandi tradizioni, capace di accettare e vincere le sfide arrivate dal mercato globale. Questo riconoscimento dimostra che la strada intrapresa è quella giusta soprattutto se non si perde mai di vista l’eccellenza». Poco più avanti nella classifica si posiziona il Flaccianello 2011, un Colli della Toscana Centrale dell’azienda Fontodi descritto come il susseguirsi di sentori di frutta e note floreali di viola. Gio-

I 19 in Top 100 Per rientrare nella classifica di WS i vini devono avere punteggio minimo di 90/100, classificati in base a qualità, prezzo e reperibilità sul mercato. Tra parentesi il voto. • Chianti Classico San Lorenzo Gran Selezione 2010, Castello di Ama (95) • Colli della Toscana Centrale Flaccianello 2011, Fontodi (95) • Chianti Classico Riserva 2010, Castello di Volpaia (93) • Bolgheri Volpolo 2011, Podere Sapaio (93) • Barolo 2009, Massolino (95) • Toscana Sangiovese e Cabernet Sauvignon Rompicollo 2011, Tommasi Poggio al Tufo (92) • Barbaresco Rabajà 2010, Giuseppe Cortese (94) • Barolo 2010, Oddero (93) • Toscana Luce 2011, Luce della Vita (95) • Barolo Brunate 2010, Giuseppe Rinaldi (97) • Bolgheri Superiore 2011, Ornellaia (96) • Primitivo di Manduria LXXIV 2010, Feudo di Santa Croce (91) • Molise Ramitello 2011, Majo Norante (90) • Barbera d’Asti Tre Vigne 2012, Vietti (90) • Valtellina Superiore Quadrio 2010, Nino Negri (90) • Montepulciano d’Abruzzo Marina Cvetic S. Martino Rosso 2010, Masciarelli (91) • Sicilia Santagostino Baglio Soria 2011, Firriato (91) • Vino Nobile di Montepulciano Incanto 2010, Vecchia Cantina di Montepulciano (90) • Etna Rosso 2012, Tenuta delle Terre Nerre (90)

Nel primo decennio del 2000 l’Italia ha ottenuto podi prestigiosi (tre vittorie siglate dalla Toscana con Antinori, Tenuta Ornellaia e Casanova di Neri); il 2014 è stato invece l’anno del Portogallo che ha visto primeggiare i vini nati dalla Valle del Douro vanni Manetti, titolare dell’azienda, dà voce alla generale soddisfazione: «A essere premiate sono state la territorialità e l’impegno dell’azienda. Inutile sottolineare quanto sia importante per noi far parte di questa classifica». Parimenti entusiasta Giovanna Stianti, proprietaria dell’azienda Castello di Volpaia che ha visto posizionarsi al 21esimo posto il suo Chianti Classico Riserva 2010, che conclude: «Un buon vino non è mai il risultato di una sola vendemmia ma un percorso lungo, un lavoro in vigna che implica anni d’impegno e costanza». Per saperne di più:

www.winespectator.com

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winetour

Ma che buon castello! Torre in Pietra: non solo un libro aperto su secoli di storia di antiche famiglie e celebri artisti ma anche un punto di riferimento per i più esigenti winelover. Un gioiello nascosto nella campagna romana di Gianfranco Manfredi

Una grotta scavata nel tufo del paleolitico ospita botti, bottiglie, sale-degustazione, la trattoria e lo spaccio aziendale. Da una parete spuntano ossa e resti di zanne di un mammut vissuto qui cinquemila anni fa. In un’altra parete, quella di una sala affrescata del palazzo, sette fori di pallottola mirati al dipinto di un’anatra in volo ricordano l’occupazione tedesca e le cene ad alto tasso alcolico degli ufficiali della Wehrmacht in ritirata. Benvenuti nella storia, al Castello di Torre in Pietra a 25 km da Roma, sull’Aurelia. Perché questo borgo medievale già in epoca romana era un insediamento agricolo. Perché dal V al X secolo diventa un centro rurale fortificato della famiglia Alberteschi e poi nel ’500 lo compra Papa Sisto V Peretti e lo trasforma in prestigiosa residenza di campagna. Poi altri passaggi di mano fino al 1926, quando la tenuta viene acquistata dal senatore Luigi Albertini, mitico direttore del Corriere della Sera e bisnonno degli attuali proprietari del castello. 70

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Lazio

Torrimpietra

Luigi Albertini: una storia d'ingegno Nel 1926 il castello e la tenuta di Torre in Pietra divennero proprietà di Luigi Albertini. L’allora 55enne giornalista ed editore più famoso d’Italia l’anno prima era stato estromesso per volontà di Benito Mussolini dalla direzione e dalla proprietà del Corriere della Sera. Fiero oppositore del fascismo, intransigente nella difesa della libertà e dell’indipendenza del giornale che aveva diretto fin dal 1900, Albertini lasciò denunciando le ingerenze fasciste nella sua epurazione. Acquistò Torre in Pietra (il castello e 2.500 ettari di proprietà) investendo parte della consistente liquidazione incassata dal Corsera: 6 milioni di lire/oro del tempo. Non fu un proprietario assenteista. Tutt’altro. Coadiuvato dal figlio Leonardo e dal genero Nicolò Carandini, Albertini avviò un’imponente opera di bonifica della tenuta e introdusse, tra i primi in Italia, la razza bovina frisona per la produzione di latte. La grande azienda fu infatti indirizzata alla produzione e trasformazione lattiero-casearia, creando il noto marchio Torre in Pietra mentre nella parte collinare furono ampliati i vigneti. Anche da imprenditore agricolo, l’artefice del più importante quotidiano italiano si rivelò, insomma, un innovatore di successo. In queste pagine, interni e esterni della cantina fondata da Luigi Albertini, mitico direttore del Corsera e bisnonno degli attuali proprietari del Castello

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winetour

Vini dalle antiche radici «L’esposizione sud e ovest, le moderne attrezzature e le tecniche adottate in vigna e in cantina – spiega Filippo Antonelli – assicurano alla nostra azienda la produzione di vini di qualità» Altre chance della Cantina di Torre in Pietra sono i terreni, in parte franco-sabbiosi, ideali per i bianchi, in parte franco-argillosi, preferiti per i rossi. Ma incidono positivamente anche il sistema di allevamento, filari a cordone speronato basso e guyot e la densità di impianto, di 5.000 ceppi/ettaro. I vigneti di Torre in Pietra ricadono nell’am bito della Igt Costa Etrusco Romana e della nuova Doc Roma e schierano undici etichette. I bianchi sono l’Elephas (da un uvaggio di Trebbiano, Malvasia puntinata e Fermentino), lo Chardonnay Igt Costa Etrusco Romana, il Vermentino Igt Costa Etrusco Romana e il Macchia Sacra, un Igt Lazio ottenuto da uve Fiano (70%) e Malvasia puntinata (30%). Completa la gamma lo spumante Brut, ottenuto da Chardonnay in purezza con metodo Charmat. Tra i rossi, l’Elephas (da uve Montepulciano, Sangiovese, cesanese e Merlot), il Terre di Breccia, Lazio Rosso Igt (Montepulciano, Sangiovese e Cesanese) e due rossi in purezza, Merlot e Syrah, sempre con la Igt Costa Etrusco Romana. E infine il rosato Searà (da uve Syrah). Un capitolo a parte lo merita la Doc Roma, una delle nuove “Doc di città” (l’altra è Venezia). Il Castello di Torre in Pietra, storicamente all’avanguardia, è stata una delle prime cantine ad aderire: «Abbiamo iniziato a imbottigliare nel 2013 con un’etichetta che gioca proprio sugli anagrammi di Roma: amor, orma, mora, ramo…» conclude Filippo Antonelli. 72

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Sono 52 gli ettari vitati della tenuta. Tra i filari sfilano varietà a bacca bianca e rossa, autoctone e internazionali

Oggi il borgo medioevale è una meta del gusto: sono stati ripresi, infatti, i fili di una tradizione antica che a Torre in Pietra vanta 400 vendemmie documentate. Dalla cantina del Castello escono quindi bottiglie di vino con la storia dentro Castellani, vignaioli e contadini Al riparo delle mura, del fossato e della torre merlata, qui si sono svolti secoli di storia. Fino a contemporanee vicende imprenditoriali e financo cronache mondane. Se per gli appassionati di agricoltura, questo è un luogo dove si sono sperimentate ardite bonifiche e zootecnie d’avanguardia, per i patiti di gossip, Torre in Pietra è immortalata come location di un grande giorno. Quello del matrimonio di Mara Carfagna col costruttore Marco Mezzaroma, festeggiato, sabato 25 giugno 2011 con tanto di premier (Silvio Berlusconi) e governo quasi al completo. Eventi a parte, il castello è un bene culturale che apre le porte ai visita-

tori in occasione delle giornate del Fai (in primavera) e mensilmente su prenotazione. Oggi il borgo medioevale è diventato anche meta di viaggiatori del gusto: sono stati ripresi, infatti, i fili di una tradizione antichissima che a Torre in Pietra vanta 400 vendemmie documentate. Dalla cantina del Castello escono, così, bottiglie di vino con la storia dentro. Vini da coltivazione biologica certificata, prodotti da due pronipoti del senatore Albertini, Filippo Antonelli e il cugino Lorenzo Majnoni. Entrambi contano su esperienze enologiche ben consolidate: Antonelli è il titolare dell’omonima cantina di Montefalco, in Umbria, Majnoni della Fattoria Majnoni Guicciardini


Scelti per voi dove mangiare Da Maurizio Accanto al castello, una trattoria “gagliarda” con ricchi antipasti, sostanziosi primi e secondi di carne. Prezzo medio: 25 euro, bevande escluse Via di Torrimpietra, 241 Fiumicino (Rm) Tel. 06.61697262 Casale di Tragliata Uno staff giovane e competente e la cucina solida, semplice e insieme ricercata, dello chef Luciano Pacifici. Prezzo medio: 33 euro, bevande escluse Via del Casale di Tragliata Fiumicino (Rm) Tel. 06.6687267

Qui, un salone affrescato del Castello; sotto, un angolo del giardino e Filippo Antonelli, pronipote del senatore Albertini

che produce Chianti in Val d’Elsa. Dopo varie cessioni e divisioni ereditarie, nell’arco del secolo scorso l’immensa proprietà si è assottigliata attorno al castello e oggi la tenuta può contare su 150 ettari, dei quali 52 vitati. Tra i filari curatissimi, sfilano varie-

tà a bacca bianca e rossa, sia autoctone che internazionali. La conversione al biologico ha coinciso, infatti, con una maggiore attenzione alle vigne, oltre alla messa al bando di diserbanti e antiparassitari. Sono piacevoli e salutari, dunque, le passeggiate nei vigneti, leggermente collinari. Dov’è interessante osservare i terreni, di origine pleistocenica, ricchi di detriti marini. Anche la visita in cantina è un must. Ricavata nel ’600 sotto una collina in tufo dietro il castello, venne ampliata nel 1938 e, nel corso degli scavi, furono ritrovati numerosi resti di mammut. Passano i secoli, insomma, ma Torre in Pietra si conferma luogo di piacevolezze alle porte di Roma. Il borghetto fortificato offre ogni fine settimana un mercatino degli agricoltori dei dintorni con prodotti del territorio come la frutta, la verdura e gli ortaggi Bio di Caramadre e i formaggi dell’Isola del Formaggio-Pitzalis. E poi, ovviamente, tutti i prodotti del Castello, i vini, la grappa di Merlot (un superbo monovitigno), due varietà di oli extravergini e miele, farro, ceci e pasta di farro che si possono acquistare ogni giorno nel punto vendita ricavato nella bella cantina scavata nel tufo.

Osteria dell’Elefante Aperta anche a pranzo, con la proposta di piatti semplici a base degli ingredienti di un orto a conduzione biologica, olio di propria produzione e formaggi degli artigiani casari. Menù da 25 euro, bevande escluse Via di Torrimpietra Fiumicino (Rm) Tel. 06.61697070 www.castelloditorreinpietra.it

dove dormire Casale di Tragliata Quarantasette camere e nove suite storiche (in casali del ‘500 e in una chiesetta sconsacrata). Doppie da 80 euro Via del Casale di Tragliata Fiumicino (Rm) Tel. 06.6687267 www.tragliata.it Alle Tamerici Un collaudato 4 stelle con piscina sul mare. Doppia da 90 euro Via dei Delfini 13 Loc. Marina di Palo Ladispoli (Rm) Tel. 06.99220675 www.alletamerici.it La Posta Vecchia Una villa seicentesca affacciata sul Tirreno trasformata in hotel a cinque stelle con splendido parco, piscina e centro benessere. Doppie da 300 euro Palo Laziale – Ladispoli (Rm) Tel. 06.9949501 www.lapostavecchia.com gennaio 2015

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vigne&vigneron

La saga dei Biondi Santi di Elena Conti

Sangiovese al cento per cento per il Brunello e affinamento in grandi botti di rovere di Slavonia. Questa la formula alla base del successo secolare della Tenuta Greppo, storica azienda di Montalcino guidata da una famiglia, oggi alla settima generazione in cantina, che ha scritto la storia del vino toscano Come il Principe Carlo d’Inghilterra, Jacopo Biondi Santi per anni ha rappresentato, nella famiglia, quella generazione di mezzo che cresce all’ombra di un genitore importante e longevo. Poco più di un anno fa, alla morte del leggendario patriarca Franco, Robert Camuto, firma di Wine Spectator, scrisse con una certa malignità “…a un’età in cui gli altri pensano alla pensione, Jacopo ha finalmente raggiunto il lavoro per il quale è stato formato per gran parte della sua vita”. E lui, solo al comando della storica azienda il Greppo, gli occhi del mondo vinicolo puntati addosso, ha raccolto la sfida e ha lavorato per migliorare il Brunello pur mantenendolo uguale a se stesso.

Sempre primi, dal 1867 E non è certo un uomo in età da pensione, calato improvvisamente in un ruolo nuovo Jacopo Biondi Santi. «Avevo 8 anni quando ho partecipato alla mia prima vendemmia e sono cresciuto nel rispetto della natura, della campagna e della famiglia», ci racconta. Oggi la luce azzurra dei suoi occhi brilla in quella dei figli, e 74

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il più grande, Tancredi, che studia Enologia a Firenze, già collabora con lui in azienda. «Oggi siamo alla settima generazione – prosegue – il mio avo Jacopo Biondi, medico fiorentino, sposando Caterina Santi, figlia di Clemente, generò Ferruccio Biondi Santi, noto garibaldino che, intorno al 1870, riprese la selezione clonale del padre e del nonno Clemente, il vero inventore del Brunello, ripiantando tutti i suoi vigneti e vinificando successivamente in purezza». Clemente Santi, già nel 1867, fu premiato per il suo Moscatello di Montalcino all’Esposizione Universale di Parigi, mentre la prima menzione del vino Brunello risale al 1869, quando sempre il trisnonno Clemente Santi, vinse due medaglie d’argento per il “vino scelto rosso (Brunello) del 1865” alla fiera agricola di Montepulciano. A metà dell’800 la filossera, poi la peronospora, si abbatterono sull’Europa e quindi anche sul Greppo. Ferruccio si trovò di fronte a una minaccia senza precedenti, che distrusse i vigneti, ma paradossalmente fu la spinta per guardare a nuovi orizzonti e puntò su un vi-

Il gotha dell’eccellenza Grazie al prestigio dell’azienda, nel 1992 i Biondi Santi sono stati fra i soci Fondatori di Altagamma, fondazione che riunisce il gotha dell’eccellenza italiana in tutti i settori, con associati scelti per innovazione, qualità, servizio, design e reputazione, come Ferrari, Tod’s, Ferragamo, Bulgari, Illy, Valentino, Gucci.


In questa immagine, Jacopo Biondi Santi tra le sue botti e, sotto, Villa Greppo avvolta dai colori dell'autunno

no che ritenne longevo, vinificando in purezza il Sangiovese. Una Commissione Interministeriale che nel 1932, studiò il territorio del Chianti, compreso Montalcino, citò Ferruccio Biondi Santi come inventore del Brunello, perché nella sua azienda del Greppo, già sul finire dell’ 800, aveva iniziato una metodica selezione massale del Sangiovese.

Come tradizione vuole E fin qui, la storia. Ma cosa ci riserva il futuro? «Non ci saranno novità sostanziali al Greppo – spiega Jacopo Biondi Santi – un’azienda in cui voglio che tutto continui a basarsi sulla tradizione portata all’estremo, che ha 200 anni di storia e che deve il suo successo proprio alla difesa esasperata della tradizione. Mio padre, con il quale mi sono spesso scontrato, mi ha insegnato la caparbietà nella difesa di questi valori. Negli ultimi decenni ci sono stati

Curiosità in cantina La Riserva di Brunello più antica nella cantina Biondi Santi, è il 1888. Lo Schidione Oro 1997 – una vendemmia tra le migliori di questo secolo per la grande struttura dimostrata dal vino e la promessa di longevità – ha invece un’etichetta in oro 23 kts. La Riserva 1955 è, infine, l’unico vino italiano inserito dalla rivista Usa Wine Spectator tra i dodici migliori vini al mondo del Novecento.

dove&come Tenuta Greppo Villa Greppo, 183 Montalcino (Si) Tel. 0577.848087 www.biondisanti.it

Un consiglio su come abbinare al meglio un Brunello Riserva? Con un pollo ruspante cotto allo spiedo sulla brace: semplice ma perfetto. Parola di Jacopo Biondi Santi ripetuti attacchi da parte di chi voleva cambiare il disciplinare e rinunciare al Sangiovese in purezza. Ma ha avuto ragione mio padre. Sangiovese al cento per cento per il Brunello e affinamento in grandi botti di rovere di Slavonia. Il Rosso di Montalcino viene ottenuto dai vigneti nuovi fino a 10 anni di età, il Brunello di annata dai vini che hanno dai 10 ai 25 anni, il Brunello Riserva con viti con oltre 25 anni». Nessuno spazio per la sperimentazione, quindi. Anche se, prosegue Biondi Santi «ho un’altra azienda in Maremma, il Castello di Montepo a Scansano, dove ho voluto sperimentare e provare se quel clone di Sangiovese BBS11 selezionato dal mio bisnonno, poteva cambiare, cambiando la microzona. Ho usato barriques invece che botti grandi, perché volevo vini pronti dopo due anni e non destinati a un lungo invecchiamento, e i risultati cominciano ad arrivare». gennaio 2015

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orto dei semplici

di M. Pia Fanciulli

I vasi e il terriccio Per la coltivazione in vaso, non facilissima, i carciofi necessitano di contenitori piuttosto ampi e profondi almeno 40 cm. La pianta ama terreni e quindi terriccio fertile, profondo e permeabile. Il clima ideale è caldo o temperato caldo. La temperatura ottimale di 15°C. Eventuali ristagni di acqua, in concomitanza di basse temperature, hanno l’effetto di danneggiarne le radici. La semina Anche se non è impossibile seminare i carciofi, i risultati migliori per l’impianto di una carciofaia si ottengono mettendo a dimora i polloni radicati o delle porzioni di fusto con gemma, chiamate ovoli. La messa a dimora dei polloni avviene in settembre-ottobre, nei climi asciutti, oppure in primavera nei climi freddi, in modo da avere produzione l’anno successivo. Gli ovoli si mettono a dimora durante l’estate e necessitano di irrigazioni iniziali. La messa a dimora dei polloni o degli ovoli si fa, preferibilmente, con la Luna calante. La rimozione dei polloni in eccesso è detta scarducciatura e, fatta a fine estate, permette un certo anticipo della raccolta.

Il guerriero dal tenero cuore Energizzante, depurativo, persino afrodisiaco, il carciofo è fiore prelibato che si offre alla raccolta tra fine inverno e primavera. Forte personalità, ma delicato al suo interno, non è certo tra gli ortaggi più adatti alla coltivazione in vaso, ma basteranno piccole accortezze per vincere la scommessa Non ha la delicatezza di un giglio e nemmeno il profumo di una rosa, ma è un fiore anche lui. E a ben guardarlo, ne ha tutto l’aspetto, con quei petali (in realtà, brattee) chiusi a difesa di un “cuore” tenero e buonissimo, tanto da farsi definire appunto “il guerriero dal cuore tenero” da Neruda. Cibo di lusso nel Rinascimento, epoca in cui si cominciò a coltivare, il carciofo è amato dai buongustai di ieri e di oggi. La storia ci consegna anche altre vicende, come quella riportata da Plinio per il quale, il succo della radice, tonificando l’utero, contribuiva a “far concepire figli maschi”, anche perché considerato afrodisiaco. E secondo un erbario veneziano del 1600, serviva addirittura da test di gravidanza. Derivato dal cardo selvatico, il carciofo ha un nome scientifico, Cynara scolimus, di origine incerta. Forse deriva dal greco kinara o forse dal genitivo latino cineris, riferito 76

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alla sua cenere, considerata concime eccellente. Certo è che scolymus giunge dal greco skòlos, spina. In Italia ha assunto nomi diversi: articiocca in Piemonte, ardisciocch in Friuli, mazza ferrata in Toscana, scarciofera in Abruzzo, sgalera in Puglia. Diverse le specie che nascono lungo tutta la Penisola, con vere e proprie prelibatezze in Lazio, Liguria e Sardegna. Della famiglia delle Composite, la pianta cresce alta più di un metro da una rosetta di foglie verde grigio, lunghe fino a 20/30 cm. Amatissimo in cucina, dove si possono utilizzare, a seconda dei mesi, varietà diverse, il carciofo è anche molto salutare, grazie soprattutto alla cinarina, un principio amaro, che influisce sul metabolismo del colesterolo e sulla diuresi, protegge e disintossica il fegato. Per il notevole contenuto di ferro lo si consiglia agli anemici, ma in questo caso da consumarsi crudo.

Punti deboli Teme gli sbalzi di temperatura, le brinate e gli attacchi fungini che si contengono con sali di rame. Tra i nemici anche gli insetti, soprattutto i lepidotteri. Buono a sapersi Il carciofo è eccellente da coltivare ai bordi delle aiuole, magari in consociazione con alberi da frutto. Buona anche la vicinanza con lattuga, piselli, ravanelli, cipolla, porro e fagiolini nani. Raccolta e conservazione La raccolta delle infiorescenze avviene da novembre a maggio in epoche diverse a seconda della varietà e del luogo. I più precoci sono i carciofi catanesi e i carciofi spinosi, più tardivi sono i carciofi violetti, alcune varietà sono rifiorenti e producono capolini sia in primavera che in autunno. Quanto alla conservazione, i carciofi di qualità vanno consumati freschi, sapendo tra l’altro che i piatti a base di carciofi sono molto facilmente deperibili e sviluppano tossine. Se ha ancora il gambo, il carciofo si può conservare nell’acqua, come un fiore reciso, fino a 5 giorni. Esistono tuttavia varie forme di conservazione, come ad esempio sottolio e sottaceto. Nel congelatore i cuori, puliti e lavati, si conservano dai 6 agli 8 mesi.


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Azienda Agricola di Fantinato Liana Via Marconi, 25 Villa Del Conte (Padova) tel: 335 28 70 22 info@tenutasantagiuliana.it www.piurosso.it


il buono a tavola

di Antonio Romeo Docente istituto alberghiero IPSSEOA di Soverato (Cz)

Fagioli alla maruzzara campani Ingredienti: • 350 gr di fagioli cannellini • 1 bicchiere di vino rosso • 5 cucchiai di conserva di peperone • 100 gr di battuto di lardo • 4 passate di pomodoro da 1/2 kg • 1 cucchiaio di origano • 3 spicchi d’aglio • 4 fette di pane tagliate a dadini • 4 coste di sedano • 100 gr di burro • 1 ciuffo di maggiorana • 2 dl di olio extravergine d’oliva • 1 ciuffo abbondante di prezzemolo e basilico • sale Preparazione: Mettere in ammollo per una notte i fagioli cannellini. Sciogliere in un cucchiaio d’olio il battuto di lardo bagnato con un bicchiere di vino rosso, aggiungere due cucchiai di conserva di peperone e far rosolare. Versare la passata di pomodoro e i fagioli con la loro acqua di ammollo. Lasciare cuocere con l’aggiunta di sedano, uno spicchi d’aglio, maggiorana, prezzemolo e basilico. A cottura ultimata aggiungere un cucchiaio di origano. Porre in un fondino con quadrucci di pane saltati in burro e aglio. Regolare di sale.

Pizzoccheri della Valtellina

La cucina calda e lenta dell’inverno Cremose zuppe dal sapore antico e sontuose paste ripiene. Brasati e stracotti. Bollito e polenta. Un tripudio di fumi e profumi, con la tavola colma di piatti che hanno cotto a lungo e altrettanto tempo richiedono per essere gustati. Bagnati, neanche a dirlo, da un buon rosso corposo 78

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Ormai da settimane stretti nella morsa del freddo, riscopriamo i sapori che riscaldano l’inverno. Le paste ripiene, le zuppe, le minestre e i risotti. Piatti che hanno bisogno di tempi lunghi, e che lentamente sprigionano odori rassicuranti e creano un ambiente ovattato, lasciando fuori freddo e grigiore. La zuppa in tutte le sue variante è il piatto unico, caldo e ricco di sali minerali, che per antonomasia rappresenta questa stagione. Ci sono zuppe, nel meridione d’Italia, che ricordano quelle dell’antica Grecia come i frascatuli, una minestra legata con finocchietto selvatico, farina di grano duro e olio di oliva; o come la zuppa di verdure selvatiche, insaporita con la carne di maiale conservata sotto sale e le fette di pane casereccio arrostite. Piatti che fanno parte della nostra tradizione come la minestra di farro, retaggio storico degli etruschi, la minestra maritata di origine napoletana a base di carne di maiale e verdure, la stracciatella alla romana preparata con uova, parmigiano, pepe e noce moscata, e le paste all’uovo ripiene, sontuose nella loro presentazione e regine della

Vivanda rustica e poverissima che si prepara con le materie prime di un’economia pastorale e di primitiva agricoltura. È un piatto piuttosto robusto che può costituire l’unica portata di un pranzo. Ingredienti per la pasta: • 180 gr di farina di grano saraceno • 80 gr di farina bianca • 1 uovo • sale Ingredienti per il condimento: • 80 gr di burro • 1 grossa patata • 500 gr lordi di verza • 1 cipolla • 1 spicchio d’aglio • 1 rametto di salvia • 200 gr di formaggio casera • 100 gr di Grana Padano Preparazione: Tirare una sfoglia dello spessore di circa 3 mm e tagliarla in fettucce della lunghezza di 5-6 cm, larghe 1,5 cm. Lasciarle sulla spianatoia spolverandole con farina di grano saraceno. Tagliare a fette la patata sbucciata e la verza a strisce della dimensione della pasta. Cuocere le patate in abbondante acqua fredda e salata e, quando saranno a metà cottura, aggiungere le verze e infine la pasta in modo che il tutto raggiunga insieme la cottura ottimale. Nel frattempo portate al color nocciola metà del burro, con aglio a fettine e salvia. Soffriggere nel rimanente burro la cipolla a fettine sottili senza colorirla versando e mescolando il tutto con la pasta e le verdure scolate. Formare degli strati nella zuppiera di servizio intervallando pasta e verdure con il burro e con fettine sottili di formaggio spol-


verate di Grana Padano e di pepe. Servite dopo che avrete atteso qualche minuto che il tutto si sia amalgamato, mettendo, se volete, la zuppiera nel forno.

Lepre in dolceforte toscana

Ingredienti: • 1/2 lepre a pezzi per la marinata: • vino rosso • cannella • cacao • rosmarino • alloro • buccia di arancia • aglio • bacche di ginepro • chiodi di garofano per il fondo: • cipolla, sedano e aglio • vino rosso • pinoli • uvetta passa • fecola di patate • cacao amaro Preparazione: Marinare la lepre in vino cotto con spezie e buccia di arancia per qualche ora se la lepre è già frollata. Scolare dalla marinatura e cuocere in un tegame con un fondo di odori ben rosolati. Quando il tutto sarà ben amalgamato unire la marinatura passata al colino e continuare la cottura per almeno 1 ora, a fuoco basso. A fine cottura aggiungere i pinoli e l’uvetta; legare la salsa con della fecola e del cacao amaro.

Capunet piemontese Ingredienti: • 12 foglie di cavolo • 500 gr di pasta di salsiccia • 3 fette di pane ammorbidito nel latte • 1 manciata di parmigiano • 3 uova intere • prezzemolo tritato • sale e pepe Preparazione: Sbollentare le foglie di cavolo. Amalgamare la pasta di salsiccia, il pane ammorbidito nel latte, il prezzemolo tritato, il parmigiano, le uova, sale e pepe. Asciugare le foglie di cavolo, stenderle e farcirle con il ripieno. Creare dei fagottini e sistemarli su una pirofila da forno, coprire con burro fuso e Parmigiano e lasciar gratinare a 180°C.

Pere cotte piemontesi Il Piemonte, terra di grandi vini rossi, ha spesso abbinato questa bevanda nei modi più fantasiosi. Dopo un pasto abbondante a base di bollito o di fritto misto alla piemontese, è cosa gradita offrire, al posto del dolce, una pera lessata nel vino. Ma la pera deve appartenere alla varietà Martin Sec, dalla polpa abbastanza dura e coriacea che si presta bene alla cottura.

Ingredienti: • 800 gr di pere Martin Sec • 1 bottiglia di Nebbiolo • 15 chiodi di garofano • 1 stecca di cannella • 150 gr di zucchero Preparazione: Portare a ebollizione il vino rosso coi chiodi di garofano, la cannella e lo zucchero. Immergervi le pere, ben lavate e asciugate, e cuocerle per 45 minuti circa. Di tanto in tanto scoperchiare per controllare il livello del vino che deve coprire le pere. A fine cottura, togliere le pere e condensare il vino a sciroppo: questo sciroppo servirà a guarnire i piatti di portata.

Gallina ‘mbriaca umbra Termine dialettale che sta a indicare un vecchio piatto orvietano nel quale la saggezza contadina ha saputo abbinare carne e vino. L’ingrediente base era la gallina invecchiata nel cortile che non produceva più le uova. La sua carne dura e consistente necessitava di una cottura prolungata. Per differire dalla solita preparazione in brodo o in umido, si utilizzava una cottura prolungata nel vino. Ingredienti: • 1 gallina • 1 cipolla • 1 costola di sedano • 1 carota • 2 foglie di lauro • prezzemolo • sale e pepe • 1 pomodoro maturo • vino bianco Preparazione: Mettere la gallina pulita, lavata e tagliata a pezzi in una casseruola con tutti gli ingredienti, ricoperta abbondantemente di vino. Coprire, portare sul fuoco e far bollire lentamente, schiumando la parte grassa. Il vino deve quasi evaporare del tutto; se occorre, aggiungerne ancora un poco per ultimare la cottura. Una volta pronta, togliere i pezzi di carne, sistemarli sulla pirofila o sul vassoio (una volta sul tegame di coccio), passare al passatutto il fondo escludendo le foglie di lauro, e ricoprire i pezzi di gallina. Guarnire con patate naturali, carote cotte al vapore e foglie di lauro.

I vini che accompagnano i corposi menù invernali devono essere "caldi", dal bouquet intenso. Obbligatoriamente rossi, rientrano anche nelle preparazioni dei piatti, ai quali donano intensità cucina d’inverno. Anche i secondi di carne, come i brasati, gli stracotti, i bolliti, hanno bisogno di una cottura lenta e curata. E profumano di sottobosco come i funghi, i tartufi e le castagne con i quali ben si sposano. Per non parlare della polenta che occupa un posto di rilievo sulla tavola invernale. Concia, taragna, pasticciata, con la salsiccia: comunque la si preferisca è sempre un ottimo piatto unico, che fa festa. I vini che accompagnano questi menù corposi devono essere caldi, dal bouquet intenso. Obbligatoriamente rossi. E per finire non possono mancare le torte al cioccolato o alla nocciola. Come il mont blanc, dolce al cucchiaio fatto con una purea di marroni, latte, zucchero a velo, panna e un bicchiere di rum. gennaio 2015

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InViaggio Viaggio In 82

100 90

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82 Viaggi del gusto in Europa

90 Il mare d'inverno

Il fascino del mare fuori stagione tra il silenzio

Da Bruxelles a Madrid a Stoccarda: le mete ideali per abbinare al relax i peccati di gola

86 Montagne sconosciute

dei litorali italiani e il caldo delle mete esotiche

da pag. 94 Rubriche

• Week-end gusto • Week-end relax • Città in 24 ore

Itinerari da scoprire, lontano dalle piste più note. Per gli amanti di sciate ed escursioni gennaio 2015

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inviaggio

Europa da gustare di Isa Grassano

Ci voleva l’enogastronomia per far sentire uniti gli europei! Crollate le frontiere del gusto, oggi i turisti del Vecchio Continente si muovono da Bruxelles a Madrid, passando per i borghi dell'arco alpino, alla ricerca delle specialità del territorio. E l’offerta locale si adegua, puntando su tradizioni ed eccellenze per appagare anche i palati più esigenti. Merito forse della “lezione italiana”? 82

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Cene “stellate” all’interno di avveniristici musei. Festival multietnici della gastronomia. Settimane bianche declinate ai piaceri del palato. Intere esposizioni dedicate ai must della tavola. E ancora: vie, mercati, quartieri da food-shopping; Spa dove si possono alternare massaggi e degustazioni; hotel, ristoranti e cantine che si trasformano in lussuose location per ritrovi gourmet. Scordatevi la cultura, il relax, i divertimenti, l’attività fisica. Tutta l’Europa ha scoperto che la vera “bussola” del turismo internazionale è il gusto, che le destinazioni di viaggio si scelgono sempre più con la gola, che la gente in vacanza non si accontenta più di un panino o di un hamburger tra una visita e l’altra ai monumenti o sulle piste da sci. Il beau vivre, oggi più che mai, passa (anche) dalla pancia. E chi pensava che fosse il Belpaese l’unico regno della buona cucina e dei mille appuntamenti golosi, dovrà rivedere le sue convinzioni. Già perché il resto del Vecchio Continente non sta certamente a guardare e, magari proprio facendo tesoro della “lezione italiana”, si è attrezzato per offrire ai viaggiatori un’offerta vacanziera davvero appetitosa. La percentuale dei viaggiatori europei che si muove principalmente in base a interessi enogastronomici è aumentata sensibilmente negli ultimi anni (il 22% secondo il sondaggio Eurobarometro del 2013, con oltre un terzo delle proprie spese destinato ai prodotti alimentari), tanto da convincere la Commissione Europea a varare persino un portale online, www.tastingeurope.eu, per incentivare questo settore e rafforzare la posizione di primato dell’Europa come prima destinazione turistica mondiale.

Arte, praline e tapas

Un'evocativa immagine del St. Moritz Gourmet Festival

Anche dopo le feste di fine anno – in un mese, quello di gennaio, tradizionalmente votato alle “vacanze al caldo” nell’altro emisfero – chi ha voglia di Vecchio Continente e di nuovi sapori, potrà orientarsi seguendo una bussola del gusto in grado di condurlo

Da segnare in agenda Tanti gli eventi in giro per l’Europa che un turista del gusto non dovrebbe mancare. Come a St. Moritz in Svizzera, dove dal 26 al 30 gennaio si svolge il Gourmet Festival: protagonisti i grandi chef internazionali che trasformano l’Alta Engadina in una mecca del food. Restando in montagna, andiamo in Austria, e più precisamente in Stiria, dove il 16 gennaio, il giusto connubio tra vino e neve e una serie di incontri di degustazioni dedicati al nettare di Bacco animano la sezione stiriana del Salzkammergut, patrimonio Unesco, in occasione del Wein Schnee. A Menton, perla della Costa azzurra, si celebra invece la Festa del Limone. Dal 14 febbraio al 4 marzo si ha così l’occasione di visitare i Giardini Biovès e scoprire le gigantesche composizioni di frutti color oro (per alcune di queste incredibili decorazioni occorrono fino a 15 tonnellate di agrumi). Concludiamo il tour in Istria, a Brtonigla (Verteneglio), dove la giornata del 21 febbraio è dedicata alla terza edizione del Choco & Wine in cui degustare un menu che abbina, in maniera singolare, il cioccolato e il vino ai prodotti della tradizione locale come il formaggio, il miele, l’olio d’oliva. Per saperne di più:

www.tastingeurope.eu www.belgianchocolatevillage.be www.esmadrid.com/gastrofestival www.museoreinasofia.es www.stubaier-gletscher.com www.tirolo.com/gastronomia www.stmoritz-gourmetfestival.ch www.wein-schnee.at www.fete-du-citron.com www.coloursofistria.com/it/eventi

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inviaggio

in giro per l’Europa, a scoprire golose sfiziosità capaci di “accendere” anche l’inverno. A Bruxelles, ad esempio, passeggiando per le vie del centro ci s’inebria di sua maestà il cioccolato. Una scia profumata percorre ogni quartiere. Sbirciando di qua e di là, fra le cioccolaterie storiche del centro storico, ci si accorge subito che la regina incontrastata di questo regno di golosi è la pralina, che proprio qui è nata. Impossibile non cadere in tentazione. Non vi basta? Tuffatevi nel Belgian Chocolate Village, il più grande spazio museale (ben 900 metri quadri) dedicato al cioccolato, aperto da pochi mesi all’interno di un’antica cioccolateria nei pressi della Basilica di Koekelberg. Un percorso interattivo stimola i sensi e svela la storia e le curiosità sul cibo degli Dei. Vi è persino una serra tropicale che riproduce le condizioni di coltura e sviluppo di piante esotiche. Qui si possono vedere piante di cacao, di banane, di pepe, di vaniglia. Una volta fuori, vale la pena raggiungere la Grand Place, una meraviglia data dai palazzi tra cui l’Hotel de Ville (sede del comune), caratterizzato da oltre 300 statue, le case delle corporazioni (dei macellai, dei birrai) e la Casa della Stella, la “brutta stella”, perché vi abitava il giudice che pronunciava le sentenze di morte. E ovunque respirare un’atmosfera un po’ parigina, ancora di più alla sera. Voliamo quindi a Madrid, dove si va per le tapas, oppure ci si organizza per la kermesse Madrid Fusión che trasforma la città spagnola, dal 2 al 4 febbraio, nella capitale gastronomica del mondo. Un evento multiculturale che mette insieme oltre cento chef di fama internazionale e nuove leve, degustazioni di prodotti e conferenze a tema. Tutto giocato su quattro tipi di cucina: dolce, salato, liquidi e congelati. Tra i paesi ospiti ci sarà la Cina, alla fonte della cultura culinaria del mondo ed Helsinki, come nuova destinazione culinaria europea.Tra un assaggio e l’altro, non si perda una visita al Centro de Arte 84

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La percentuale dei viaggiatori europei che si muove in base a interessi enogastronomici è aumentata sensibilmente negli ultimi anni: nel 2013 erano il 22%, disposti a spendere oltre un terzo del proprio budget in prodotti alimentari A destra il Museo della Mercedes-Benz di Stoccarda. Sopra la sala ristorante dove si svolgono le eleganti cene stellate


A cena con “la stella” Metti l’ultimo piano di uno spettacolare palazzo di vetro con vista mozzafiato sulle colline vitate di Stoccarda e sulle luci notturne della vivacissima città del Sud della Germania, una decina di tavoli riservatissimi e uno chef con le stelle sulla divisa e la sapienza nelle mani. Roba da lasciare a bocca aperta anche i palati più fini e i viaggiatori più pretenziosi i quali, in due sole occasioni all’anno, possono farsi sedurre dalle Sternennächte, le notti stellate organizzate dal Museo della Mercedes-Benz: il quartier generale della casa automobilistica più antica del mondo – quella della “stella” – che, ogni anno, a novembre e febbraio, si trasforma in un ristorante d’altissimo livello per ospitare eccellenze culinarie. Un’esperienza speciale che consente ai pochi ed esclusivi ospiti non soltanto di assaggiare sublimi capolavori gastronomici, ma anche di avere il museo tutto per loro, e di poterselo godere nella più beata tranquillità serale, quando le porte sono chiuse al resto del mondo e ci si può immergere indisturbati in un viaggio entusiasmante attraverso oltre 125 anni di storia dell’automobile, passando a fianco di veicoli storici come la “Mercedes di Adenauer”, la papamobile o i bolidi più veloci dello sport, oppure perdersi semplicemente nell’ardita architettura del museo che incornicia perfettamente il mito Mercedes-Benz. La prossima notte stellata sarà dal 3 all'8 febbraio e ai fornelli ci penserà la chef Tanja Grandis di Basilea. Sternennächte al Museo Mercedes-Benz www.mercedes-benz.com/museum www.stuttgart-tourist.it Contatti in italiano: laura.cambiago@stuttgart-tourist.de

Gli esterni del ristorante Schaufelspitz, nella valle dello Stubai, dove a gennaio si svolge l'evento Dine & Wine

Reina Sofia che raccoglie opere dal Novecento ai giorni nostri, e conserva capolavori di Dalì, Mirò e Picasso.

Relax après-ski Se, invece, siete amanti della montagna, una bella vacanza sulla neve include anche la giusta dose di relax après-ski. La valle dello Stubai, nel Tirolo austriaco, a due passi dal confine italiano del Brennero e a 15 km da Innsbruck, offre diverse novità per gli amanti della “montagna dei piaceri”, dal benessere nelle saune a quello della buona tavola, dove rilassarsi, magari mentre fuori nevica.Tartare di bue di malga, uova di quaglia o entrecôte di suino Mangalica austriaco: menu raffinati trasformano una sosta di ristoro presso le stazioni sciistiche tirolesi in un piacere per il palato. E non solo. Il 9 e 10 gennaio si svolge il Dine & Wine al ristorante Schaufelspitz, la più alta tavola premiata dalla guida Gault Millau (nel 2014 ha conquistato 14 punti e un toque

blanche). Il ristorante è situato, come il nido di un’aquila sul ghiacciaio sciabile della stazione di Eisgrat (2.900 m), raggiungibile con gli impianti, in un luogo in cui la natura benigna ha elargito supreme pennellate di colore e paesaggi incantati. Solo il panorama vale la trasferta, ma la cucina aggiunge un tocco in più. In quel fine settimana, infatti, lo chef David Kostner propone una cena gourmet di 6 portate (a 135 euro a persona), dal “Timballo di trota affumicata e polpa di granchio”, con avocado, peperoni, sfogliata di olive, coriandolo e caviale Sevruga, alla “Zuppa di crescione d’acqua”, passando per una “Spalla di cervo stufata” con polenta bramata, fungo Craterellus cornucopioides, radice di cerfoglio e una crema di scalogno e ribes nero.Viene voglia di provare tutto. Del resto come sottolineava, in un suo aforisma,Anthelme Brillat-Savarin, “la scoperta di un manicaretto nuovo fa per la felicità del genere umano più che la scoperta di una stella”. gennaio 2015

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Lontano dalle solite piste di Riccardo Lagorio

Stanchi delle discese ormai affrontate mille volte, delle solite escursioni o delle località d'altura più celebri invase dai turisti? Proprio a voi, maniaci degli sport invernali e appassionati delle passeggiate nella neve, lo Stivale tutto (isole comprese!) riserva itinerari insoliti, "minori", ma tutti da scoprire Il 76% del Belpaese è composto di montagne e colline, che talvolta sono croce negli spostamenti da un capo all’altro della penisola, ma delizia di sciatori e di coloro che amano passeggiare nella natura e all’aria aperta. In particolare le montagne sono un grande serbatoio di opportunità turistiche e, al di là di alcune arcinote località di svago, vi sono tante occasioni minori per godere di insoliti paesaggi invernali. È quello che succede per esempio con le Dolomiti friulane, che permettono di vivere intensi momenti lontano dalla folla malgrado siano molto accessibili e facili da raggiungere. Nel Pordenonese, la località perfetta per gli sciatori è Piancavallo, nata negli anni Sessanta grazie alla vicinanza alla pianura, alla comodità delle vie di accesso e alla bellezza del paesaggio, caratterizzato da una folta vegetazione di alta montagna. Stazione attrezzata 86

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per lo sci in tutte le sue declinazioni, conta su 25 km di piste per lo sci alpino e 30 per il fondo, impianti di risalita al passo coi tempi e neve programmata. Discesa, fondo, scialpinismo e pattinaggio vengono praticati anche a Claut, in Alta Valcellina, mentre lo scialpinismo si può praticare a Cimolais e lungo vari percorsi che si snodano in uno scenario intatto e silenzioso. Appena la neve sparisce, ecco il cielo dipingersi di svariati colori con l’arrivo dei deltaplanisti da ogni angolo del mondo che sfruttano le correnti d’aria che dal mare risalgono le valli. Caratteristiche di qui sono le austere architetture in pietra, con ballatoi in legno, che le popolazioni montane hanno preservato con passione. Ma anche l’arte del mosaico è assai diffusa: da oltre due secoli i mosaicisti di queste zone hanno fatto scuola nel mondo, decorando con abilità edifici pubblici e privati in tutti i continenti. Sono stati gli emigranti ad affinare e a diffondere l’arte della composizione di tessere colorate ricavate dai sassi dei fiumi, che ha consentito e consente tuttora di mantenere in vita, su scala artigianale e industriale, un significativo filone economico. Tant’è che a Spilimbergo è stata aperta nel 1922 la Scuola Mosaicisti del Friuli, istituzione unica al mondo, attivissima ancor oggi e depositaria della grande tradizione artistica musiva che si ricollega al glorioso passato di Aquileia, Bisanzio, Ravenna e Venezia. Sequals, patria del grande pugile Primo Carnera, ne è la capitale. Al termine dei pendii con gli sci ai piedi o delle scivolate sull’aria con il deltaplano, vi aspetta la sapida cucina a base di minestre di orzo e fagioli o di riso con verze e musetto; tra i secondi spicca la selvaggina con polenta. Piatto tradizionale è il frico nelle sue mille varianti, una sorta di tortino a base di formaggio fuso di unica o più varietà, con patate o cipolle o tal quale.

Con le ciaspole sul Gennargentu Una montagna davvero insolita per lo sci si trova in Sardegna. Letto bene: Sardegna. Nel Comune sardo più vicino al cielo, Fonni, esiste infatti l’unica località sciistica della regione in località Bruncu Spina, a oltre 1800 metri di altitudine, tra la natura selvaggia della Barbagia. Tre piste e l’immancabile fascino del fuoripista sono delle opportunità per godere al meglio di una montagna lontana dal clamore e dalla folla. Semgennaio 2015

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Foto Mario Alpinisti

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Consigliata dal Cai: l’Alta Valle di Viù Aspra e selvaggia, con un accesso che non invoglia le grandi masse turistiche, l’Alta Valle di Viù – la più meridionale delle tre valli di Lanzo, in Piemonte – cela magnifici itinerari facili, ma anche montagne difficili e di notevole altezza, molto interessanti d'inverno. Punto di partenza ideale è Usseglio. Immersa in un panorama inconfondibilmente alpino, tra le montagne che svettano, si nota a sudovest il Rocciamelone, la cui cima è possibile raggiungere anche da questo versante; la Punta Lunella a sud; la Croce Rossa a nord; ma soprattutto il monte Lera, la cui inconfondiCostituito ufficialmente il 23 ottobre 1863 a Torino, è una libera associazione nazionale che “ha per iscopo l’alpinismo in ogni sua manifestazione, la conoscenza e lo studio delle montagne, specialmente di quelle italiane, e la difesa del loro ambiente naturale” (art. 1 dello Statuto). Il Cai conta su 315.914 soci, divisi in 498 Sezioni e 310 Sottosezioni.

bile forma caratterizza il panorama del paese. Terra ricca d’acque, il pianoro di Usseglio è formato dalla Stura di Viù, uno dei tre rami che formano la Stura di Lanzo, mentre poco distanti si possono raggiungere il lago artificiale di Malciaussia, il lago della Rossa, uno dei più alti di Italia (oltre i 2600 metri) e quello della Torre; a sud, il piccolo lago Nero. Dopo aver visitato il Museo alpino Tazzetti all’interno del bel complesso parrocchiale, raggiungete Viù, con i suoi antichi ponti e la base di torchio “Carlo Falchero” risalente II secolo a.C.; e ancora Lemie, “luogo delle streghe” (lamiae) con la sua bella cascata. Un'ottima meta da raggiungere con le racchette ai piedi, specie appena dopo una nevicata, è Punta Sourela, partendo da Col San Giovanni: la salita è tranquilla e molto sicura; il grandioso panorama spazia dalla Croce Rossa fino alla punta d'Arnas, con in lontananza il gruppo del Gran Paradiso. Per saperne di più:

www.portaleviu.com www.cai.it

Scelti per voi dove mangiare Hotel ristorante Furnasa Ricercata cucina piemontese bagnata da ottimi vini. Menù da 15 euro Via 24 maggio, 16 - Usseglio (To) Tel: 0123.83788 http://ristorantehotelfurnasa.com

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dove dormire Albergo Rocciamelone Suggestiva struttura dal fascino retrò. Doppia da 60 euro Via Roma, 37 - Usseglio (To) Tel. 0123.83743/83789 www.albergorocciamelone.com

pre più successo lo sta avendo anche la traversata del massiccio del Gennargentu con le ciaspole, attività che richiede buona dose di preparazione e adattamento. Ma che al tempo stesso permette di vivere a stretto contatto con un mondo ancora tutto da scoprire. Non distante, alle pendici del Monte Spada, che raggiunge i 1600 metri, la stazione sciistica Neve 2000 permette anche ai bambini e ai principianti di provare l’ebbrezza dei primi approcci agli sci. In verità anche sul versante meridionale del Bruncu Spina si possono apprendere i primi rudimenti di quest’arte, nel territorio di Desulo. Nelle giornate più limpide dal Bruncu Spina è possibile godere di un panorama su tutta l’isola e all’inizio della primavera non è difficile imbattersi in gruppi di mufloni che si spostano verso il fondovalle. Fitti ontaneti, macchia mediterranea e bassi cespugli caratterizzano il paesaggio quando la montagna non è ricoperta da neve, contesto ideale anche per salutari passeggiate primaverili, quando è frequente imbattersi in mandrie di pecore. Nei secoli i pastori hanno richiesto aiuto a una razza di cane dal fiuto speciale portato dai conquistatori romani e adattatosi bene all’ambiente. Questo cane fu utilizzato, per la sua innata aggressività, durante la Campagna di Libia nel 1912 per prevenire gli attacchi contro le truppe italiane e recentemente il pastore fonnese è stata riconosciuta come razza, stabilendone le caratteristiche genetiche. Come in tanti centri della Barbagia, a Fonni le strade sono elegantemente lastricate e le pareti di molte abitazioni e delle cinte perimetrali sono abbellite da singolari murales. Agnello alle braci e pecora bollita sono i piatti di rito, mentre tra i dolci non ci si può far mancare il savoiardo di Fonni, elaborato esclusivamente con zucchero, farina e uova e dalle dimensioni ben superiori a tutti gli altri biscotti di questo genere: ben 18 cm di lunghezza!

Basilicata segreta Ma anche all’estremo meridionale, in Basilicata, la montagna offre inaspettate occasioni di divertimento. Lo sci di fondo è praticabile nell’area del Pollino, lungo le piste di Rotonda e Terranova del


Foto Gaudenzio_Arch.TurismoFVG

Scelti per voi dove mangiare Ristorante Belvedere Dal grande focolare che domina la sala escono pregiati tagli di carne, tra le portate da non lasciarsi sfuggire. Curate camere al piano superiore. Si mangia con 30 euro Via Odorico, 54 Sequals (Pn) Tel. 042.793016 www.albelvedere.it Ristorante Miramontes Accomodatevi accanto al caminetto e chiedete al tavolo la Sardegna rurale. Non ve ne pentirete. Conto sui 30 euro S.P. Fonni-Desulo Fonni (Nu) Tel. 0784.57311 Ristorante Da Peppe Scrigno di ricette locali dove le materie prime del territorio raccontano una Lucania ancora sconosciuta. Si mangia con 25 euro Corso Giuseppe Garibaldi, 13 Rotonda (Pz) Tel. 0973.661251

dove dormire Albergo Vittoria Camere semplici ma dotate di tutto ciò di cui il viaggiatore necessita. Doppia da euro 70 euro Piazza IV novembre, 5 Claut (Pn) Tel. 0427.878429 www.albergovittoriaclaut.it Hotel Sa Orte In pieno centro, camere ben attrezzate, buono il riposo. Doppia a 60 euro Via Roma, 14 - Fonni (Nu) Tel. 0784.58020 www.hotelsaorte.it Hotel Picchio Nero Di grande fascino il contesto, confortevoli le stanze. Punto di partenza per le piste da sci o per avvicinarsi ai sentieri del Pollino. Doppia da euro 75 Via Mulino, 1 Terranova di Pollino (Pz) Tel. 0973.93170 www.picchionero.com

Nella pagina precedente, l'arrivo a Villaretti, comune di Lemie. Qui, il Torrente Cellina sulle Dolomiti Friulane

Una montagna davvero insolita per lo sci si trova in Sardegna. Nel Comune sardo più vicino al cielo, Fonni, esiste infatti l’unica località sciistica della regione in località Bruncu Spina, a oltre 1800 metri di altitudine, tra la natura selvaggia della Barbagia Pollino, e sul Sirino intorno al lago Laudemio, il lago glaciale più a sud d’Italia mentre l’adrenalina della velocità è di casa sulle piste di Sellata-Arioso, del Volturino e del Sirino. La stazione sciistica Montagna Grande di Viggiano è anche dotata di una pista illuminata e piste per slittini e ciambelle da neve. Il comprensorio di Sellata-Arioso dista solo 20 km da Potenza passando dai 1250 metri del passo della Sellata ai 1710 del monte Arioso ed era frequentato già negli anni Trenta. Ma se discesa e fondo non bastano, ci si può inoltrare nei boschi delle montagne lucane con le ciaspole o le racchette da neve seguendo le piste e i sentieri. Nel Parco Nazionale del Pollino, a oltre 2000 metri, si trovano anche spazi liberi dedicati ai più piccoli per giocare con slittini e bob. In primavera è possibile scoprire angoli inaspettati come grotte, dirupi, anfratti come il canyon del fiume Raganello e l’abisso del Bifurto,

mete di speleologi da tutta Europa. Abbandonato il manto bianco, la montagna ricomincia a caratterizzarsi per la presenza di pini loricati e del verde intenso delle piante officinali. In quest’area della montagna tricolore c’è spazio per conoscere uno dei siti più antichi abitato da essere umani, risalente al Mesolitico, in località Calda di Latronico, e uno dei riti più ancestrali, come la Festa dell’abete che si tiene a Rotonda in primavera e prevede l’offerta di un larice a Sant’Antonio. Questo centro è un’autentica miniera di prodotti locali, preservati grazie alla dedizione degli abitanti: dalla melanzana rossa al fagiolo poverello e al pomodoro costoluto, attori principali di sapide ricette. Per saperne di più:

www.piancavallodolomitifriulane.it www.bruncuspina.it www.sciareinbasilicata.it www.parcopollino.gov.it

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Mare mare,

non ti posso guardare cosĂŹ... di Ida Santilli

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“Il mare d’inverno è un concetto che il pensiero non considera, è poco moderno, è qualcosa che nessuno mai desidera…” cantava Enrico Ruggeri. A gennaio però, con le festività alle spalle e le temperature che – di pari passo all’umore – scendono sempre più, una fuga (fuori stagione) sui litorali italiani del Sud o verso destinazioni straniere può trasformarsi in qualcosa di più di una semplice evasione dalla routine

L’estate è ancora lontana e, davanti al pc, chissà quanti sognano ad occhi aperti di stare su una di quelle spiagge bianche di remote isole col mare cristallino e lussureggianti vegetazioni. Quando si parla di mare d’inverno, ogni classifica è arbitraria. I meccanismi che presiedono a certe scelte sono soggettivi: c’è chi ama le atmosfere intime e chi insegue la profondità del paesaggio, chi cerca di abbinare spiaggia e cultura, chi vuole, con la scusa della vacanza, avvicinarsi a tradizioni e costumi di un popolo. Niente top ten dunque: proviamo piuttosto a darvi alcuni utili suggerimenti per scegliere una destinazione per tutte le tasche.

Sulle tracce di Montalbano Frequentatissima d’estate, splendida e ospitale come pochi altri litorali nella tranquillità del fuori stagione, Siracusa è una di quelle destinazioni che merita senz’altro una visita anche d’inverno. Le motivazioni sono tante: le viuzze dell’isolotto Ortigia unito alla terraferma dal Ponte Nuovo, la cattedrale costruita sul tempio dorico di Atena, rimaneggiata più volte e infine adornata da una maestosa facciata settecentesca, il teatro greco-romano, l’Orecchio di Dionisio, la chiesa di Santa Lucia con l’adiacente cappella ipogea del Santo Sepolcro. Senza dimenticare che nella Galleria Regionale di Palazzo Bellomo sono custoditi due capolavori, l’Annunciazione di Antonello da Messina e la Sepoltura di Santa Lucia del Caravaggio. Ma il valore aggiunto della città sono i piccoli laboratori artigiani, i ristori volanti (assolutamente da provare le zeppole), i banchi di frutta fresca e di simenze: semi tostati e legumi secchi. La gita in barca intorno all’isola e sotto costa, dove si aprono molte grotte è un’esperienza da fare, se non altro per il colpo d’occhio sulla città e per poter ammirare dall’acqua il possente castello Maniace, fatto costruire da Federico II intorno al 1240. Pittoresco il mercato che si svolge ogni mattina nelle vie adiacenti al Palazzo delle Poste, a poca distanza dal ponte. gennaio 2015

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Vale la pena spostarsi per una passeggiata sulla spiaggia di San Lorenzo a Marzamemi, oppure da località Calamosche alla Riserva Naturale di Vendicari, dove non è raro fare incontri ravvicinati con fenicotteri, cicogne e tartarughe palustri. Per chi ama invece visitare le location di film e serie televisive, tutta la zona intorno a Marina di Ragusa è appetibile: sulle tracce del commissario Montalbano, nato dalla penna di Andrea Camilleri, si arriva alle acque cristalline di Punta Secca. Se, oltre alle onde sollevate dal vento, state cercando un’altra motivazione per arrivare fin quaggiù, vi basti sapere che a febbraio Sciacca, ricca di monumenti e chiese che testimoniano le influenze delle diverse dominazioni, da quella romana a quella araba, ospita uno dei carnevali più spettacolari della Sicilia. Colorati carri allegorici in cartapesta sfilano in parata salutando la maschera più popolare della città, Peppe Nappa, che fa il suo ingresso trionfale nel quartiere di San Michele tra i pennacchi di un caratteristico carretto siciliano.

In Puglia per un tuffo... nel gusto

Mete esotiche Oia, con i suoi muri color ocra e le cornici di porte e finestre in travertino rosso, quasi spiazza il turista che si aspetta il tipico paesaggio con case bianche e cupole blu di Santorini. Da questo delizioso villaggio a nord dell’isola una stradina a scalini in discesa sul dirupo porta, con una romantica passeggiata, alla splendida spiaggia di Ammoudi da cui ci si imbarca in battello per Thirasia. Vi consigliamo di arrivare al tramonto e di affacciarvi dalla terrazza del paese quando il sole offre uno dei suoi spettacoli migliori adagiandosi sulla Caldera. Chi può permettersi di spendere di più e non accontentarsi di una passeggiata in riva al mare può considerare, infine, la spiaggia bianca di Watamu, nella Riserva Marina di Malindi, in Kenya. Un’area marina protetta con la barriera corallina ancora vergine e incontaminata ricca di fauna e corallo, ideale per snorkeling e immersioni.

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Anche la Valle d’Itria, meno battuta del Salento, potrebbe essere un’ottima meta da weekend invernale al mare. Chi ama cedere ai peccati di gola, del resto, è nella zona giusta: non molti sanno che, poco distante dalle selvagge spiagge di Ostuni, Rosa Marina e il Pilone, Ceglie Messapica è tra le cittadine italiane con la più alta percentuale di ristoranti stellati nel rapporto con la popolazione. Percorrete le stradine del borgo medievale, fatte di chianche (lastrichi in pietra), fino al Castello Ducale, con la svettante Torre Quadrata che risale all’anno mille. Poco distante la chiesa barocca di San Domenico della scuola del Bernini. A pochi chilometri da qui, si trova Carovigno, delizioso paesino cinto da mura visibili alle spalle della Chiesa Nuova e della necropoli e dominato dal castello Dentice di Frasso. Vanta un presidio Slow Food, il pomodoro fiaschetto, così chiamato perché la sua forma ovale e il colore rosso intenso ricordano vagamente


Scelti per voi dove mangiare Ristorante Cibus Ricavato nelle sale di un antico convento del XV secolo è soprattutto un luogo di conoscenza: il cibo come percorso culturale e storico. Una golosità sono le melanzane ripiena di pasta fresca e ragù casereccio. Menù da 30 euro Via Chianche di Scarano, 7 Ceglie Messapica (Br) Tel. 0831.388980 www.ristorantecibus.it Porta Marina Uno degli indirizzi più eleganti di Siracusa, ospitato nelle sale volutamente spoglie di un edificio del 1400. Piatti della tradizione siciliana che si sbilanciano in personalismi ben riusciti. Si cena con 40 euro Via dei Candelai, 35 Siracusa Tel. 093.122553

Nella pagina precedente, la cittadina greca di Oia al tramonto; qui, un carro allegorico nizzardo

La malinconia del mare fuori stagione passa subito quando le vie dei borghi costieri si animano di fiori e coriandoli, in occasione del Carnevale, come succede a Sciacca e Nizza un fiasco di vino. Dolce e succoso, è ottimo sulla bruschetta ma anche semisecco o trasformato in passata.

Romanticismo d’Oltralpe Una pedalata a ritmo lento lungo la Promenade des Anglais, il lungomare di Nizza – soprattutto se avete la fortuna di beccare una giornata di sole – è quello che ci vuole infine per ricaricarsi. Il clima mite vi farà apprezzare questa deliziosa città anche in inverno quando è un piacere visitare il Museo di Matisse e la collezione di Chagall senza folle di turisti in fila. Solleticate il palato con le prelibatezze locali come la gustosa pizza a base di farina di ceci, la socca, accompagnata da vino di Bellet. Gironzolando tra i colorati mercati della frutta e della verdura, scoprirete

la città vecchia, con le sue strette viuzze. Una dritta per i più romantici: il terrazzo del Museo d’Arte Contemporanea regala uno splendido colpo d’occhio sulla città, suggestivo al tramonto. Anche qui il Carnevale accende il periodo tra febbraio e marzo: carri fioriti sfilano fra l’Avenue des Phocéens e l’hotel Negresco e ballerine e musicisti mettono in subbuglio le stradine della città vecchia. Su ogni carro, modelle in costume lanciano da 80 a 100 mila fiori sul pubblico accorso a vedere la colorata manifestazione.

Per saperne di più:

www.oasivendicari.net www.ilcarnevaledisciacca.com www.viaggiareinpuglia.it www.nicetourisme.com www.nicecarnaval.com

Le Bistro du Fromager Ogni indirizzo è buono tra quelli dei tanti bistro affacciati sul vivace Marche aux Fleurs e nelle vie d’intorno. Al Bistro du Fromager in menù solo piatti a base di formaggi e un lungo tavolo a buffet per sbizzarrirsi. Prezzo medio: 30 euro Rue Benoit Bunico, 29 - Nizza Tel. 0033.0493130783

dove dormire B&b La corte degli angeli All’interno di un elegante palazzo storico nell’isola di Ortigia. Gli ospiti possono scegliere tra tre tipologie di camera (gialla, verde e rossa) e fare colazione nel cortiletto interno. Doppia da 70 euro Ronco San Tommaso, 15 - Siracusa Tel. 0931.461802 www.lacortedegliangeli.com Hotel Victoria A soli 200 metri dalla spiaggia, un hotel che, per la cordialità dei suoi proprietari e le torte fatte in casa, assomiglia più a un b&b. Una notte da 50 euro a persona Via Vesuvio
Torre S. Sabina Marina di Carovigno (Br)
 Tel. 0831.990047 www.hotelvictoriapuglia.it Terrauzza dul mare Azienda nota per la produzone di ceramiche offre ospitalità in 9 appartamenti. Accesso diretto al mare. Prezzo medio: 40 euro Via Blanco, 8 Contrada Terrauzza (Sr) Tel. 0931.714362 www.terramar.it

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week-end gusto

di Stefania Monaco

A Telese, nella terra delle streghe “Unguento unguento, mandame alla noce de Benevento. Supra acqua et supra vento et supra omne maltempo”. Sembra quasi una malia: chi trascorre una notte al Resort Aquapetra non può fare a meno di tornare...

dove&come Aquapetra Resort & Spa S.S. Telesina, 1 Telese Terme (Bn) Tel. 0824.941878/975007 Doppia a partire da 160 euro www.aquapetra.com

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Janàre è il nome che qui danno alle streghe, figlie del culto, celebrato in epoca romana, di Iside e di Diana dea della caccia. Un tempo, il nome della città era Maleventum, cambiato poi dagli stessi romani in Benevento. È cambiato il nome ma la terra è rimasta sempre quella dei folletti, dei monachelli e delle streghe che da queste parti sono di casa, almeno stando alle leggende della zona. Se chiedete in giro, qualche anziano signore sarà pronto persino a giurarvi di averne vista qualcuna, di queste strane creature. Il mito di “Benevento terra di streghe” ha ispirato anche il nome del più famoso liquore locale, uno tra i più storici d’Italia. Un infuso a base di 70 erbe e spezie provenienti da tutto il mondo tra cui cannella di Ceylon, Iride Fiorentino, ginepro dell’Appennino italiano e menta che cresce lun-

go i fiumi del Sannio. La Strega Alberti si riconosce sin dal colore giallo, dovuto allo zafferano. Questo liquore viene stagionato nei tini di rovere fino a raggiungere una gradazione di 40 gradi: la riserva Strega può anche avere decine di anni sulle spalle senza avvertirne minimamente il peso. I misteri, la magia e gli aromi speziati di questa terra si miscelano perfettamente nell’atmosfera dell’Aquapetra Resort&Spa. Una delle migliori salus per aquam di tutto il Mezzogiorno, immersa nei boschi in località Telese Terme: una location nascosta, elegante ma non stucchevole, con accenti in puro stile meridionale che si ritrovano anche nella cucina della Locanda del Borgo, guidata dal giovanissimo chef Luciano Villani. Tra le sue proposte speciali la crema di zucca gialla con pancetta di palatello e crostini al timo, cicatielli con funghi porcini di Cusano Mutri e lamelle di mandorle tostate, rollè di coniglio con salsiccia di nero e castagne di Montella. E, per concludere, parfait al torrone di San Marco dei Cavoti, con salsa, ovviamente, allo Strega. Un menù territoriale ma anche creativo. Una cucina di alto profilo, quella dell’Aquapetra Resort&Spa, affidata a un giovane, una di quelle rare occasioni che si vedono in Italia: perché qui, a Telese Terme, sanno bene che l’esperienza ha un suo valore, certo, ma talvolta affidarsi a freschezza, istinto e voglia di fare porta a risultati ancora più soddisfacenti. Come in questo caso.


Dal 1960, serietĂ e professionalitĂ sono le carte vincenti della Cooperativa. Che si ritrovano nei vini a marchio Casal Bordino, pluripremiati grazie alle loro pregiate caratteristiche organolettiche e a una piacevolezza che fa la differenza! www.vinicasalbordino.com


week-end relax

di Francesco Condoluci

Alla fonte del benessere Dove le Dolomiti raggiungono il massimo dello splendore, nei pressi di Sesto, in provincia di Bolzano, sorge lo Sport & Kurhotel Bad Moos. Nata accanto a una sorgente di acque sulfuree nota fin dal XVII secolo, la struttura ospita un'accogliente Spa, dove rinascere al termine di una faticosa giornata sulle piste da sci

Nella parte più orientale dell’Alto Adige, immerso nel Parco Naturale delle Dolomiti, alle porte della romantica Val Fiscalina, si trova Sesto, il paese delle Tre Cime di Lavaredo. È qui, circondato da vette imponenti, tranquille montagne – elette Patrimonio dell’Umanità – e gente che ama la tradizione e l’ospitalità, che sorge lo Sport & Kurhotel Bad Moos. Un 4 stelle tra i più ricercati con le sue 30 suite e le 32 camere dotate di ogni comfort. Arredate con grande eleganza, le camere sono solo una delle meraviglie del Bad Moos: da non perdere infatti anche i gustosi piatti serviti nelle tradizionali Stuben del XIV-XVII secolo e, ovviamente, i trattamenti benessere proposti dalla grande Spa dell’hotel che da poco si è arricchita di una nuova area sauna. La storia dei bagni di Bad Moos è antica e inizia nel 1765 (le sorgenti però sono note almeno dal 1650). Il centro benessere sorge infatti accanto a una famosa fonte di acqua sulfurea che sgorga a 1.950 metri d’altezza dalle pendici del Croda Rossa; dalla piccola capanna che si trova sul retro dell’hotel si può vedere scorrere 96

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dove&come Sport & Kurhotel Bad Moos GMBH Via Val Fiscalina, 27 – Sesto (Bz) A gennaio: pacchetti da 7 notti in mezza pensione, a partire da 843 euro a persona Tel. 0474.713100 www.badmoos.it

il torrente di tale acqua ricca di sali minerali, fluoro, zolfo, magnesio e calcio. Sostanze che permettono di curare reumatismi, emicrania, allergie, stress e sintomi di invecchiamento precoce del corpo e del sistema cardiocircolatorio. Ma gennaio è soprattutto il mese delle settimane bianche, e gli impianti della Croda Rossa sorgono appena fuori dall’hotel... una tentazione irresistibile! Sci, fondo, ciaspole, slittino: qualunque sia il vostro sport preferito, al Bad Moos potrete coniugare relax e divertimento. Dopo una giornata all'aria aperta, sarà d’obbligo una tappa nella Spa per rilassarvi nella Panoramic Sauna e nella Textil Sauna o nella sala con caminetto e docce a cascata con acqua sulfurea. Oppure potrete abbandonarvi al piacere di un massaggio rigenerante praticato con pietre basaltiche calde e oli essenziali o con i sacchettini caldi alle erbe, secondo l’antica tradizione asiatica. Il Bad Moos propone anche bagni salutari (al rosmarino, al timo, al ginepro, alla lavanda) che sciolgono i muscoli e nutrono la pelle, da fare da soli nella vasca di pietra o in coppia nella tinozza.


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Ci piace scherzare, ci piace ridere, ci piace provocare. Ci piace essere artisti ed essere professionisti. Ci piace la musica bella, la musica nuova. Ci piace tenere gli occhi aperti su tutto quello che succede ogni giorno. E ci piace dire cosa non ci piace.

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viaggi per tutte le tasche

di Piero Caltrin

Rotta verso lo shopping Tra gennaio e febbraio, le vetrine delle capitali europee espongono bellissimi cartelli colorati: saldi, sales, rebajas, soldes... parole dal suono delizioso per quanti abbiano deciso di iniziare il 2015 rinnovando il proprio armadio. Logitravel propone una lista di città molto diverse tra loro, perché ognuno possa scegliere la meta che più si avvicina al suo stile!

Da dove iniziare? Con il Boxing Day, il 26 dicembre a Londra risuona lo sparo della starting gun che dà inizio alla corsa per il miglior prezzo. Londra ha un unico problema: che non si sa da dove iniziare! Harrod’s, Marks&Spencer, i mercatini di Portobello e Candem Town, oppure Bond Street: gli stilisti più celebri hanno qui le loro boutique e non è raro incrociarne qualcuno mentre scende da una limousine per entrare in uno dei suoi empori. E poi ci sono King’s Road e Sloane Square, tra le zone più trendy, con un mix perfetto tra marche famose e stilisti emergenti. Weekend a Londra da 136 euro a persona con volo + 3 notti d’hotel 3*, colazione inclusa, con Logitravel

Eclettismo berlinese La grande Berlino vanta un’offerta molto variegata: la capitale europea più eclettica propone ogni tipo di stile. Qui non esiste un periodo in particolare per i saldi, come in altre città europee, ma senza dubbio quello a cavallo tra gennaio e febbraio è uno dei momenti più hot per lo shopping nella città tedesca. Percorrere la popolare Kurfürstendamm, con 3,5 km di negozi, o passeggiare nel grande centro commerciale KaDeWe, saranno tra i vostri itinerari indispensabili. Fantastisch! Weekend a Berlino da 139 euro a persona con volo + 3 notti in hotel 4*, colazione inclusa, con Logitravel 98

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Per saperne di più:

www.logitravel.it/viaggi

Tre giorni da re La nostra prossima tappa è Parigi. Solo un mese di saldi nella capitale francese, dall’8 gennaio al 10 febbraio, per visitare le sue boutique e aggiudicarsi i migliori affari parisiens. Fermate obbligate saranno Avenue Montaigne e Rue du Faubourg-Saint Honoré, vicino all’arrondissement della Bastiglia: un quartiere storico e simbolo della sua rivoluzione, ma anche una delle zone più chic della città. Una giornata a Versailles e il tour storico di Parigi con salita sulla Torre Eiffel completeranno la vostra scappata nella ville lumière, la città delle luci e del glamour. Weekend a Parigi da 149 euro a persona con volo + 3 notti in hotel 3*, colazione inclusa, con Logitravel

Acquisti formato tapas Las rebajas cominciano il 7 gennaio e continuano fino a fine febbraio. Una passeggiata per la Barcelona Shopping Line e troverete di tutto, grazie a un itinerario di 5 km di lunghezza che parte da Las Ramblas, passa da Plaza Cataluña e continua su Paseo de Gracia e Avenida Diagonal. Con circa 35 mila negozi, questa colorata città spagnola, con la sua allegria e il suo ottimo clima, è il posto ideale per lanciarvi a caccia di affari. A Barcellona troviamo anche i famosi grandi magazzini El Corte Inglés, un grande classico in Spagna, dove si può comprare di tutto sotto lo stesso tetto. Weekend a Barcellona per 148 euro con volo + 3 notti in hotel 4*, colazione inclusa, con Logitravel

Milano in 4 passi E, dulcis in fundo, la capitale della moda Made in Italy. I saldi milanesi iniziano il 3 gennaio e vanno avanti per due mesi. Quale migliore occasione per fare un giro in Corso Vittorio Emanuele e fare shopping sotto l’indulgente sguardo della Madonnina? Logitravel ha diviso la città in quattro zone secondo i gusti di ognuno. Stile moderno e contemporaneo con un tocco alternativo in zona Ticinese; per un look più classico, Corso Vercelli e Via Marghera; il non plus ultra del fashion e del lusso sono, si sa, Via Monte Napoleone e Via della Spiga, mentre per uno shopping adatto a tutti i gusti e le tasche, le destinazioni sono corso Buenos Aires e Via Torino. Weekend a Milano, con soggiorno in hotel 4* da 40 euro a persona e notte, colazione inclusa, con Logitravel

Sulla pagina web www.logitravel.it potrete trovare tutte le informazioni e i prezzi finali per queste proposte di viaggio. Inoltre, con Logitravel ogni viaggiatore può creare il suo pacchetto e il suo viaggio su misura, decidendo il numero di notti e giorni per la sua scappata, l’hotel nel quale vuole alloggiare e da dove e quando prendere il volo.

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una città in 24 ore

di Lucrezia Argentiero

dove mangiare Il Caseificio della Musica All’interno dell’azienda Bertinelli, un ristorante che porta in tavola i prodotti della cucina emiliana. Prezzo medio: 30 euro Via Medesano, 1 Noceto (Pr) Tel. 0521.620776 www.caseificiodellamusica.bertinelli.it Ristorante Parizzi È uno dei locali storici della città. Prezzo medio: 35 euro Strada Repubblica, 71 Tel. 0521.285952 www.ristoranteparizzi.it

Parma in 5 tappe “Città della Musica” è il cartello che si legge all’ingresso della “piccola Parigi“ emiliana, terra di Arturo Toscanini e di Giuseppe Verdi. Ricca di monumenti e architetture storiche, è famosa in tutto il mondo per i prodotti della buona tavola che regnano sovrani. In primis? Il Parmigiano Reggiano Farsi abbagliare da Piazza del Duomo Il consiglio è quello di arrivarci da vicolo del Medioevo, al tramonto, con i monumenti accarezzati degli ultimi raggi del sole. Come il Duomo, uno dei massimi esempi di architettura romanica in Italia, con la sua facciata severa e la cupola dipinta da Correggio. Sull’arco della porta esterna spicca la rappresentazione dei mesi riferiti ai mestieri agricoli e subito si nota un uomo alle prese con un maiale che, sin dai tempi antichi, ha rappresentato il sostentamento per il territorio. Proprio accanto c’è il Battistero, gioiello dalla caratteristica forma ottagonale, in marmo rosa di Verona. Perdersi nel rosso del Teatro della città Costruito per volontà di Maria Luigia, seconda moglie di Napoleone, è considerato uno tra i più importanti teatri di tradizione in Italia. Un tempo era tutto un trionfare di blu, la tonalità amata dalla duchessa. Successivamente, è stato adornato con tessuti e carte da parati sul rosso ed è così che ora si lascia ammirare. Il Regio è sempre stato un arduo banco di prova per i cantanti lirici, la cui carriera poteva essere stroncata dal giudizio negativo del pubblico parmense. Visitare Santa Maria della Steccata Splendido esempio dell’architettura rinascimentale parmense, la cui cupola identifica la città anche da lontano. La “steccata” era quella che limitava l’afflusso dei pellegrini verso l’immagine della 100

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Madonna qui venerata. Fuori è un tempio rinascimentale dalle forme perfette, dentro uno scrigno di tesori, dove anche il Parmigianino ha dato il meglio di sé. E si dice anche che, nella progettazione, ci sia lo zampino di Leonardo Da Vinci. Ammirare la Schiava turca Il complesso della Pilotta nasce come luogo di servizio della corte annesso al Palazzo Ducale. Comprende la Biblioteca Palatina, il Museo Archeologico e la Galleria Nazionale, dove è custodita la celebre Schiava turca del Parmigianino. E poi il Teatro Farnese con la sua particolare struttura in legno, progettata da Giovan Battista Aleotti, detto l’Argenta. All’ingresso del teatro, c’è un imponente portale sulla cui sommità domina la corona regale. Pare che proprio a questa corona si siano ispirati per creare il marchio simbolo e di unicità che è impresso su tutte le forme di Parmigiano Reggiano. Uscendo dalla Pilotta, d’obbligo fermarsi ad ammirare la grande piazza antistante, Piazzale della Pace, opera dell’architetto Mario Botta. “Assaggiare” il Parmigiano Reggiano Visitando Parma, si può anche vivere un viaggio affascinante tra storia e tradizioni, ammirando, in prima fila, come prende forma il Parmigiano Reggiano. Dove? All’azienda Bertinelli, a pochi chilometri dal centro. Carpirete così i segreti del re dei formaggi grazie a una nuova forma di turismo esperienziale.

dove dormire NH hotel Posizione strategica, camere moderne e wi-fi gratuito. Doppia da: 80 euro Viale Paolo Borsellino, 31 Tel. 0521.792811 www.nh-hotels.it Grand Hotel de La Ville Dallo stile contemporaneo, si trova all’interno del Barilla, una delle esperienze più innovative di riqualificazione industriale, concepito da Renzo Piano. Doppia da: 99 euro Largo Piero Calamandrei, 11 Tel. 0521.0304 www.grandhoteldelaville.com

dove comprare Drogheria Pedrelli Storica drogheria-enoteca. Via La Spezia, 53/b Tel. 0521.253894 www.pedrelli.com Ferraglia Antichità Dal 1957, mobili di ogni epoca. Via XXII Luglio, 19/D Tel. 0521.238802 www.ferraglia.com

L’idea in più Per sognare e ritornare un po’ bambini si va al Museo dei Burattini e delle Marionette, organizzato all’interno di una struttura a teatrino. Il percorso è arricchito con locandine, manifesti, avvisi, apparati di scenografia, copioni. www.cultura.comune.parma.it

Info:

www.emiliaromagnaturismo.it


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Piaceri Piaceri 106 104

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104 Le mani raccontano

da pag. 112

Le ceramiche Fasano: simboli di un'arte

Rubriche

pugliese apprezzata dai miti del fashion

• Compagne di strada • Libri letti per voi • Trendy • Shopping

106 Terre&tradizioni A Bergantino, il paese delle giostre, l'antico sapere artigianale è diventato un museo

108 Italia in mostra: Sansepolcro Piero della Francesca e Alberto Burri: arte di ieri e di oggi a confronto nel borgo toscano

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lemaniraccontano

Strofe di blu come il Mediterraneo che bagna la regione per ben 800 km. Giallo come il sole forte che scalda ogni pietra dal Gargano al Salento. Azzurro come il cielo ostinatamente terso durante tutto l’anno. Verde come le chiome degli ulivi spinti da tutti i venti della rosa. Rosso come la terra carica di ferro che rimanda al colore della passione «a quello del sangue, lo stesso che scorre nelle vene dei Fasano ceramisti da centinaia di anni», esordisce Franco. Una storia di secoli quella delle Ceramiche Fasano, che parte dal lontano 1623 quando l’antesignano della famiglia iniziò a plasmare pani d’argilla. Da allora il genio creativo è passato per ben 18 generazioni fino a Franco, nel quale si racchiudono i saperi della tradizione “capasonara” e della più sopraffina “faenzara” dando vita a uno stile unico, tutto suo. «Questa costante ricerca del nuovo ha fatto innamorare delle mie creazioni amanti del bello provenienti da ogni parte del mondo», continua Fasano mentre entra nella suo atelier La Grotta delle Meraviglie.

Il parto dell’arte

Ceramiche da red carpet testi e foto di Carlos Solito

Nascono nel ventre di Grottaglie, le creazioni Fasano. Opere d’arte i cui colori sembrano aver imprigionato il sole di Puglia, tanto sono sgargianti. Simbolo di un sapere artigiano che affonda nella storia le sue radici, tra i loro estimatori molti nomi noti del fashion e del cinema, come Armani e Francis Ford Coppola 104

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Siamo a Grottaglie in Puglia, tra Taranto e Brindisi, cittadina nota per lo storico quartiere delle Ceramiche. Proprio sotto il Castello Episcopio, localmente chiamato delli Camenn're, si produce, tra botteghe ipogee con le pareti annerite dalla fuliggine dei secoli, vasellame di ogni genere.Tra i vari indirizzi – in tutto il quartiere se ne contano ben 80 –, la sosta glam è quella delle Ceramiche Fasano dove l’argilla, scura e fredda, dopo le fasi di tornitura, cottura e decorazione, attraverso la sensibilità di Franco, diventa arte. Arte che ha già raggiunto le dimore prestigiose dei più raffinati stilisti dell’haute couture come Giorgio Armani ed Emmanuel Ungaro. Un grande profeta pieno di visioni e sorrisi Franco Fasano che, con l’immancabile occhiale in osso, da anni, tra esposizioni internazionali, ha dato il via a un vero fenomeno culturale che attrae l’interesse dei guru del design e della moda. I colori sono il filo conduttore degli inediti pezzi in terracotta che produce nel suo laboratorio in cui le sperimentazioni tra scultura, pittura e invetriatura creano maioli-


In apertura, La Grotta delle Meraviglie: in primo piano i pomi, oggetti di design scelti da Armani e Ungaro per il loro stile unico. In questa pagina, Franco Fasano "immerso" nelle sue creazioni

che, piatti raffinati, lampade, cavalieri, maschere, statue di ogni genere. Su tutta la produzione, poi, il tocco elegante delle decorazioni: vere e proprie trasposizioni del paesaggio urbano e naturale della Puglia nelle forme, nelle cromie e anche alla storia, fecondata da un continuo andirivieni di civiltà e popoli. «Ho iniziato a capire che il mio punto di vista era condiviso quando da ogni continente sono iniziate a fioccare richieste grazie alle quali esprimere tutti i saperi dei miei padri reinterpretati in maniera fantasiosa». Così lampade, candelieri, anfore, pupe (bottiglie antropomorfe) e i cosiddetti pomi oggi sono stilosi oggetti di design dalle colorazioni accese e brillanti perché, dice Franco, «altro non sono che i riflessi del nostro sole rubati con il processo di smaltatura. Il segreto sta nelle mani, nei movimenti dolci e morbidi delle dita che accarezzano la terracotta». Allocato in un’antica cavità di quella che un tempo era la gravina di San Giorgio, ovvero un vero e proprio canyon in miniatura, l’atelier La Grotta delle Meraviglie ha nel potere evocativo della sua architettura ipogea un fascino misterioso, accresciuto dal quotidiano “parto d’arte” che si consuma ogni giorno nel ventre della terra. A restare estasiato di fronte a tanta poesia anche il regista Francis Ford Coppola che acquista le ceramiche per il suo Palazzo Margherita di Ber-

nalda nella vicinissima Basilicata. Ma anche la figlia del magnate indiano dell’acciaio, Pramod Agarwal, che per le sue nozze kolossal in Puglia ha voluto oltre mille piatti e ciotole finemente decorati e quattrocento pomi laccati in oro: «Un lavoro che ha richiesto mesi di preparazione e che mi ha inorgoglito. Puntualmente il brand Fasano Ceramiche viene confermato e apprezzato da commesse importanti che marcano il nostro made in Puglia, il nostro made in Italy, il nostro lusso. E noi tutti siamo contenti che la nostra luce, i nostri colori, i gesti secolari delle nostre mani arrivino a rendere più belle e prezione le case di tutto mondo».

dove&come Ceramiche Fasano Via Crispi 6, Grottaglie (Ta) Tel. 099.5661037 www.fasanocnf.it www.fasanoceramichesrl.com

Puglia Grottaglie

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lemaniraccontano terre&tradizioni

Chi da bambino non ha mai subito il fascino della giostra, delle sue luci e delle musiche dolci o spericolate emesse dagli altoparlanti? Si sono succedute intere generazioni che, durante le feste di paese, specie quelle dedicate ai patroni, erano in attesa delle carovane da cui scendevano quei girovaghi in grado di regalarci con pochi spiccioli attimi di divertimento onesto e sincero. E il turbinio di bagliori e rumori si completava con dolcetti poco sofisticati, squisiti: zucchero bruciacchiato con nocciole, mandorle, noci. Con gli occhi da bambini sembrava che la giostra fosse sempre esistita; invece esiste un luogo dove la giostra, almeno quella moderna, è nata.

Nel tunnel del divertimento

Il paese delle giostre di Riccardo Lagorio

Si sente come un suono leggero ma vivace arrivando nei pressi di Bergantino. Sembra l’eco di un lontano luna park. Una musica che impregna l’aria del borgo veneto i cui cittadini, negli anni Venti del Novecento, si son scoperti giostrai, dedicando a quest’arte le loro vite. E, più di recente, un museo 106

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Bergantino, a ovest della provincia di Rovigo, è dove la giostra moderna si è sviluppata e a celebrarla dal 1999 c’è un museo unico nel suo genere: il Museo storico della giostra e dello spettacolo popolare. Centro di ricerca e documentazione sull’argomento, le stanze del museo si occupano del complesso e variegato mondo dello spettacolo viaggiante, popolare e di piazza. Il borgo polesano negli anni Venti del Novecento si inventò infatti un nuovo mestiere in alternativa all’emigrazione: gli abitanti costruirono giostre con le proprie mani e partirono per le varie piazze e fiere d’Italia, inseguendo il sogno di riscatto da una condizione di vita ritenuta inaccettabile. Un tempo piccoli artigiani e braccianti agricoli disoccupati, gli abitanti di Bergantino diventarono pionieri nella gestione di spettacoli viaggianti, inventori e costruttori di giostre, adattando i caravan alle proprie esigenze, trasformandoli in lussuose case viaggianti. Negli anni Quaranta, quando ormai le giostre costituivano una realtà molto significativa, iniziarono a sorgere laboratori artigianali in appoggio all’attività principale e si venne a stimolare l’imprenditoria dei comuni limitrofi, sino a penetrare nel tessuto socio-economico altopolesano. Oggi questo territorio è un vero e proprio Distretto Industriale della Giostra e rappresenta, tra i centri internazionali della


Un'antica immagine della Fiera di Faenza, uno di quegli appuntamenti, inizialmente legati al calendario liturgico, che hanno visto nascere il mito delle giostre

costruzione di attrazioni, quello più all’avanguardia nella progettazione e produzione di macchine per i luna park sia mobili sia fissi. Nel Distretto si costruiscono giostre di vertigine, lussuosi caravans, impianti di illuminazione, sofisticati mezzi di diffusione acustica, carri speciali per il trasporto degli impianti: insomma un’autentica industria del divertimento che coinvolge circa 50 aziende su una popolazione di 10 mila abitanti.

Dalla meraviglia alle vertigini Di tutta questa complessa realtà il Museo coglie i vari aspetti culturali e sociali ricostruendo un interessante percorso che parte dalla storia di alcuni padiglioni del luna park come il Tunnel delle streghe, i Labirinti e i Castelli fantasma riconducendoli all’archetipo del labirinto della mitologia greca. Si passa a illustrare la funzione delle fiere, inizialmente istituite sui principali percorsi dei pellegrinaggi medievali e coincidenti con festività liturgiche, ampliandosi durante i secoli successivi. È in queste fiere che nascono gli artisti ambulanti e girovaghi: ciarlatani, saltimbanchi, burattinai... categorie raccontate attraverso documenti, stampe, giochi, stru-

Il Museo ricostruisce un percorso che parte dalla storia di alcuni padiglioni del luna park come il Tunnel delle streghe, i Labirinti, i Castelli fantasma riconducendoli all’archetipo del labirinto della mitologia greca

dove&come Museo Storico della Giostra e dello Spettacolo Popolare Piazza Giacomo Matteotti, 85 Bergantino (Ro) Tel. 0425.805446 www.museodellagiostra.it

menti musicali, videoproiezioni... Visitando le sale del Museo si scopre inoltre come da una semplice altalena, al centro delle feste ottomane del Settecento, si sia passati alle ipertecnologiche macchine di vertigine dei moderni parchi giochi. Si possono ammirare fotografie d’epoca in cui nelle giostre e negli spettacoli di piazza prevaleva l’elemento umano e immagini recenti in cui colpiscono gli elementi esteriori e appariscenti delle varie attrazioni, come il movimento, le luci, i colori, il superamento di paure ancestrali in un nuovo e appassionante rito iniziatico. Organi itineranti erano tirati a mano e rappresentavano spesso l’unica forma di musica che le persone potevano udire nel corso della vita. E poi ancora luna park in miniatura: una serie di modelli di giostre perfettamente funzionanti, rappresentazioni sfavillanti che ricordano le magiche atmosfere delle feste tradizionali di piazza. Sino a scavare nell’origine dello spettacolo viaggiante di Bergantino, le storie di vita, la miseria materiale, il riscatto creativo tramite il mestiere delle principali famiglie che hanno trasformato l’alto Polesine.Vicende di un’Italia che davvero merita di essere raccontata. gennaio 2015

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l’italiainmostra

A tu per tu con Piero della Francesca di Silvana Delfuoco

È il borgo natale del celebre maestro rinascimentale, Sansepolcro. Immerso nel verde della Val Tiberina, in provincia di Arezzo, è noto per il suo storico Palio settembrino e oggi ospita l’incontro tra i capolavori del XV secolo e quelli contemporanei di Alberto Burri

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Sansepolcro

Toscana

Anche Piero Della Francesca faceva parte dei balestrieri biturgensi – così si chiamano ancora oggi gli abitanti di Sansepolcro – chiamati per secoli a difendere la loro città con queste poderose armi, in uso fino all’invenzione della polvere da sparo. Lo attesta un documento del 1453, che lo vede di ritorno nel suo Borgo per ritirare una delle 160 balestre comunali con cui i cittadini si esercitavano costantemente partecipando a veri e propri tornei. Terra di confine, quella di Sansepolcro. Con la sua posizione dominante sull’Alta Valle del Tevere e proprio per questo continuamente contesa dai Signori vicini, fino all’intervento decisivo dei Medici nel 1441. Eppure furono proprio quei secoli centrali, dal ’300 al ’500, ricchi di commerci, di arte e di cultura, a delinearne per sempre aspetto, carattere e tradizioni. Così ancora oggi Sansepolcro è, al tempo stesso, “la città di Piero” ma anche “la città del Palio della Balestra”, celebrato ininterrottamente dal XV secolo la seconda domenica di settembre.

Il Borgo e i suoi dintorni Ed è ancora grazie alla grande arte di Piero che il Borgo – oggi uno dei più popolosi della Val Tiberina – arriva quasi a competere con la vicina Pienza per il titolo di “città ideale”. Non soltanto perché se ne riconoscono gli scorci, da lui immortalati per sempre, sullo sfondo del ciclo delle Storia della vera Croce nella chiesa di San Francesco ad Arezzo; ma anche perché, racchiuso dalle Mura Medicee,

Dopo pranzo? Ci vuole un sigaro! Come dubitare della vocazione gastronomica di Sansepolcro, cuore della Val Tiberina, terra baciata da un microclima unico? Dal grano, oggi anche da coltivazione biologica, per il pane senza sale, ma anche per tutti i primi piatti di paste fresche; alle salsicce di cinghiale e ai sambudelli con contorno di fagioli bianchi o di patate bianche; fino ai dolci, dal torcolo, il famoso ciambellone dei giorni di festa, alla ciaramiglia tipica torta pasquale delle famiglie contadine; alla frutta di antiche cultivar riscoperte e rimesse in produzione da coltivatori divenuti custodi degli antichi sapori. E al termine di un buon pranzo, perché non concedersi anche un buon sigaro? Magari di quel tabacco pregiato che si coltiva proprio qui, nei campi intorno al Borgo di Piero della Francesca. gennaio 2015

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l’italiainmostra

In apertura, le torri del Borgo viste dai suoi vicoli. Qui, San Ludovico da Tolosa in un affresco di Piero della Francesca

Incontri d'arte in Val Tiberina È questo il primo dei due suggestivi incontri tra l’arte di Alberto Burri, di cui si celebra nel 2015 il centenario della nascita, e quella di due grandi artisti, anche loro di questa terra, che nel tempo l’hanno preceduto: Piero della Francesca e Luca Signorelli. Nella Pinacoteca Civica di Sansepolcro, città di Piero – Burri era nato poco distante da qui, a Città di Castello – in una sala appositamente allestita vicino ai grandi capolavori del Maestro del Borgo, saranno esposte alcune delle opere di Burri, scelte in base ad assonanze rivelatrici di un loro comune sentire. La mostra infatti, come chiarisce Bruno Corà, che ne è curatore insieme allo staff scientifico della Fondazione Burri, è nata con l’intento di evidenziare il rapporto tra la pittura dei due artisti: «rapporto che deve essere inteso idealmente per condivisione di registri, quali l’equilibrio delle forme e dello spazio, la tensione geometrica, il respiro classico e un forte amore per i luoghi natali». Due pittori vicini tra loro, e non soltanto geograficamente. Il giovane Alberto veniva infatti spesso a Sansepolcro e si sedeva nella grande sala davanti al Polittico della Misericordia, in un silenzioso ma profondissimo colloquio al di là del tempo e dello spazio con un altro artista della sua terra. fino al 12 marzo RiVisitazioni 1/Burri incontra Piero della Francesca Sansepolcro, Pinacoteca Civica www.museocivicosansepolcro.it 110

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Scelti per voi dove mangiare La Balestra A pochi passi dal centro storico, l’incrocio tra due passioni: quella per la cucina di tradizione e per l’antichissimo Palio della Balestra. Prezzo medio senza vino: 45 euro Via dei Montefeltro, 31 Tel. 0575.735151 www.labalestraristorante.it L’Osteria in Aboca Luogo della tradizione appena fuori del Borgo. Piatti tipici con qualche “sconfinamento” appena fuori regione. Prezzo medio senza vino: 38 euro Frazione Aboca, 11 Tel. 0575.749125 www.losteriainaboca.it

dove dormire il suo centro storico è un armonico susseguirsi di palazzi medievali e rinascimentali perfettamente conservati. A partire dalla Casa di Piero, da lui stesso fatta costruire quasi come testimonianza della perfezione raggiunta dall’architettura del suo tempo. Soltanto 7 km fuori dal Borgo sorge poi l’Eremo di Montecasale, tappa dell’itinerario francescano che da Assisi porta al Sacro Monte della Verna. Un luogo suggestivo, fondato nel 1213 dal Santo, che qui si narra gareggiasse con un usignolo nel cantare le lodi del Signore. Ma la visita alla terra di Piero non può dirsi davvero conclusa senza una puntata a Monterchi, per ammirare uno dei suoi più grandi capolavori: la Madonna del Parto. Dipinto sulle pareti della chiesetta di Santa Maria a Momentana, l’affresco, oggi conservato nel piccolo Museo, si fa risalire tradizionalmente al 1459, anno della morte della madre del pittore, che di questo piccolo borgo era originaria. Tenerissimo gesto di un figlio che, grazie al potere della sua arte, riesce a restituire a noi tutti il dolore della perdita ricomposto nell’immagine di speranza.

Albergo Fiorentino Un confortevole tre stelle nel cuore del centro storico. Doppia a partire da 80 euro Via Luca Pacioli, 86 Tel. 0575.740730 www.albergofiorentino.com Azienda Agrituristica Il Trebbio Un’azienda a conduzione familiare dove poter soggiornare in pieno relax e acquistare ottimi prodotti, dall’olio, al vino, alla golosissima Frutta della Damigiana. Appartamento di mq 53 con tre posti letto: 120 euro al giorno Frazione Trebbio Tel. 0575.733973 www.iltrebbio.it

dove comprare Macelleria Martini Specialità locali, come la produzione propria di insaccati e la scelta giornaliera di piatti di carne pronti per la cottura. Via XX Settembre, 95 Tel. 0575.742310


H

otel Plaza Padova è l’hotel 4 stelle del centro. Costruito proprio a ridosso della zona pedonale di Padova, è facilmente raggiungibile con ogni mezzo, nel cuore della città. 140 camere dotate di ogni comfort, Ristorante interno, 5 sale meeting per congressi ed incontri di lavoro, palestra e garage privati. Da più di 40 anni, l’hotel di Padova. Non è un caso che sia in centro.

A pochi passi dall’Hotel Plaza si trova il centro pedonale di Padova con le sue principali attrazioni che rendono Padova “la città dei senza”: Il Santo senza nome, ovvero la Basilica di Sant’Antonio, conosciuta però come Il Santo; il Prato senza erba ovvero Prato della Valle è una grande piazza e non un giardino; il Caffè senza porte, ovvero il Caffè Pedrocchi, storico luogo di incontro per intellettuali e studenti, costruito agli inizi dell’Ottocento senza porte proprio per permettere ad ogni studente di passaggio in città di trovarvi ristoro.

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OFFERTA CLIENTI ITALOTRENO 2015 • Da gennaio a marzo 2015: Camera Doppia Standard € 50,00/notte (rimborsabile) • Da aprile a novembre 2015: Camera Doppia Standard € 70,00/notte (rimborsabile) Le tariffe includono prima colazione a buffet, IVA e servizio - non è inclusa la tassa di soggiorno, da pagare in hotel - Previa disponibilità sul sito internet dell’hotel con codice promozionale ITALO15


compagne di strada

di Francesco Condoluci

Renault Mégane, casual con stile Sembra tagliata su misura per under 35 alla moda ma rilassati, che sanno godersi la vita e i dettagli di gusto ma senza eccessi, la comoda berlina che ci ha accompagnati sulle sponde del Garda

Comoda. Stilosa. Scattante. Mutuando il claim pubblicitario-tormentone di una nota marca di caffé, verrebbe da dire: what else? Stiamo parlando della Renault Mégane. Uno dei fiori all’occhiello della casa francese, alla quale di recente è stato rifatto il look per renderne il frontale più sontuoso e le linee poco più dettagliate. Un lavoro di fino, che ha fatto della Mégane un’auto priva di sbavature e “cucita su misura” per il suo segmento: quello delle berline di medie dimensioni ma di stile a metà tra lo sportivo e il ricercato, e con prestazioni di livello. Il suo target di riferimento potrebbe essere quello degli under 35: uomini e donne giovani ma non troppo, senza grandi esigenze di spazio (e c’è sempre la station wagon in alternativa), attenti piuttosto al design, alla guidabilità, alla capacità di adattamento della vettura su ogni tipo di percorso. Se fosse una mise, questa macchina sarebbe di sicuro un completo casual con un tocco 112

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d’eleganza: blazer scuro, camicia bianca e blu jeans. Un’uniforme adatta ad ogni occasione: dall’aperitivo con gli amici, al vernissage. I suoi interni rendono bene l’idea: il mood è informale ma le finiture sono accurate, i materiali di qualità e non manca qualche piccola sfumatura di gusto: il pomello del cambio in cuoio, le cuciture rosse del volante, la pedaliera in alluminio, il tetto panoramico. Per la nostra prova su strada abbiamo scelto la versione Energy GTLine con motore 1.2 turbo benzina da 130 Cv, facendoci accompagnare in un lungo tragitto nel Nord-Est italiano che da Milano ci ha condotti fino in Veneto, sulle rive del Garda. In autostrada, sulle strade extraurbane o in mezzo al traffico di città, la Mégane non ha fatto una piega, stupendoci per la sua tenuta e la sicurezza su strada, il comfort alla guida, la funzionalità del suo equipaggiamento interno, impreziosito dal sistema di infotainment R-Link (navigatore, radio, telefono con Bluetooth, connettività per lettori portatili) con schermo a sfioramento da 7 pollici, controllo vocale e retrocamera di parcheggio. E le performance? Assolutamente da godere, grazie al cambio a 6 marce e ai 130 cavalli che le conferiscono una spinta adatta ad affrontare anche i declivi e i tragitti più impegnativi senza andare ad incidere troppo sui consumi. Con lo sterzo pronto e preciso, lo start&stop per risparmiare le emissioni e il cruise control per stare dentro i limiti di velocità sui rettilinei, la Mégane si è rivelata grintosa al bisogno ma soprattutto armoniosa, compatta, silenziosa e davvero piacevole da guidare, anche in curva e sui tratti più tortuosi. E quando siamo scesi, dopo un po’ di ore di guida, abbiamo potuto goderci tutta la bellezza del lago di Garda, senza mal di schiena e stanchezza di sorta. What else? Renault Mégane Energy GT Line 1.2 Tce 130 cv S&S: prezzo di listino 26.920 euro



libri letti per voi

di Eleonora Fatigati

dei vegetali (e della prostituzione), cuore del Theatreland, il quartiere dei teatri che si stende fino a Soho. Piccadilly è a due passi. Non perdetevi la vecchia libreria Hatchard’s e il tè allo zenzero da Fortnum&Mason’s. Continuate verso Kensington Gore ma prima rinfrescatevi con una birra da Audley’s, su Mount Street, uno dei pub più vecchi di Londra. Riprendete la strada in direzione di Kensington Palace e soffermatevi sui 50 personaggi della Corte di Giorgio I che sembrano sporgersi attraverso le balaustre per sbirciare i visitatori. Per un momento sembrerà di portare anche voi la parrucca!» ... e magari di poter incontrare i protagonisti del “romanzo di Londra”. I suoi preferiti? Adoro il saggio Samuel Johnson e il libertino James Boswell. Venero il grande architetto Wren, ricostruttore di St. Paul e ho un’ammirazione sconfinata per Churchill. Se Elisabetta II si trovasse in Italia, forse sarei monarchico, e lo sarei stato anche con Carlo II. Mi rammarico di non aver conosciuto donne come Nell Gwynn o la duchessa di Cleveland, o pettegoli come John Evelyn e Samuel Pepys. Il carattere degli inglesi in due parole? Understatement e self-deprecation, ovvero l’attitudine a rimpicciolire le cose grandi e ingigantire quelle piccole e quella a non rendersi troppo importanti agli occhi degli altri, evitando di offenderli con un’esibizione di superbia.

London Story Si affaccia dalla cover del suo ultimo libro in tenuta da Sherlock Holmes, Antonio Caprarica. E proprio come il geniale investigatore, il noto giornalista si propone di «raggiungere la verità a partire da dettagli che sembrano banali», per raccontarci la sua Londra, la città dove si respira «aria di libertà, come in nessun altro luogo al mondo» 114

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«Ho scritto un romanzo cercando di portare il lettore dietro l’immagine piatta da cartolina. La mia Londra parla con le voci che si sono fatte sentire mentre vagabondavo per le sue vie e le sue piazze, palcoscenico di drammi, speranze e tradimenti». Ci introduce così al suo ultimo libro il giornalista e saggista Antonio Caprarica, per anni corrispondente Rai per il Regno Unito. Inevitabile quindi chiedergli di consigliarci un itinerario. «Cominciate dalla City – ci suggerisce – Salite in cima al Monument, a pochi passi dal forno di Farriner, dove scoppiò il catastrofico incendio del 1666. A poca distanza c’è il grattacielo dello Shard con vista mozzafiato. Lì troverete Huton, uno dei migliori ristoranti cinesi in città e al 70esimo piano, di sera, danze sfrenate nella Silent Disco dove la musica vi arriva solo in cuffia. Poi, piedi in spalla verso il Giardino della Dedizione: decine di lapidi ricordano il sacrificio di persone che hanno dato la propria vita per salvare quella di altri. Fate quindi una tappa a Covent Garden, ex mercato

Come ci vedono gli inglesi? Per gli inglesi siamo geniali e pieni di senso artistico. Ma incapaci di governarci (sebbene pure loro diano segni di stanchezza!). Da parte mia penso che siamo straordinari nei disastri. Indolenti, cinici, privi del “senso di società”. Lo scriveva già Leopardi nel 1824. La Londra del futuro? Londra è già nel futuro! Sul ponte di Waterloo, verso la City, l’orizzonte brulica di grattacieli, ma dalla parte opposta vi aspettano le guglie di Westminster. Il futuro ha un cuore antico. E a questo Londra non rinuncerà mai.

Il romanzo di Londra Sperling&Kupfer 336 pg 18 euro


Sulle orme del lupo

Cucina d’autore

Vegetariani ai fornelli

L’ultimo romanzo di Simonetta Agnello Hornby è un mémoire culinario, un viaggio a Mosè, la campagna vicino ad Agrigento in cui la famiglia della scrittrice trascorre le vacanze da generazioni.

Lara Rongoni è produttrice e autrice di documentari. Le chiediamo di raccontarci la sua avventura culinaria in chiave cruelty free, frutto della trasmissione tv Nè carne Nè pesce per Gambero Rosso Channel.

Cosa ti ha trasmesso la tua famiglia attraverso la cucina di Mosè? Il rispetto per il cibo, sempre fresco e di stagione. La buona pratica di usare prodotti dell’orto e conservare gli avanzi per riciclarli in pietanze squisite. Da noi la plastica è bandita e la tovaglia deve essere sempre pulita e stirata. Facciamo attenzione agli accostamenti dei colori di stoviglie e pietanze. Gli ospiti devono godere sia il cibo che la conversazione a tavola. Com’è stato lavorare insieme a tua sorella Chiara? A casa nostra si cucinava sempre insieme, quando era possibile: madri, figli, parenti, amici, le persone di servizio. Si lavorava, si chiacchierava, si rideva. Chiara e io in cucina lavoriamo all’unisono, con movimenti simili e la stessa velocità. Con una sola differenza: io assaggio tutto, lei niente. E mette poco sale! I sapori e gli odori che ami di più? Il gusto dell'acciuga sotto sale condita con olio e limone. E ancora l'agrodolce e il dolce, temperato da un pizzico di mandorla amara del marzapane. Poi l'odore del nostro olio di oliva, denso e pungente. L’origano pizzicante, il profumo della tisana di alloro e del basilico appena raccolto. Giunti 211 pg 16 euro

Perchè si diventa vegetariani? Le ragioni sono molteplici e personali. Come il rispetto per la vita di tutti gli esseri viventi e per l’ambiente: si sa quanto gli allevamenti intensivi influiscano sullo sperpero di acqua ed energia. Ma anche ragioni salutistiche: la carne è il primo alimento bandito in caso di malattie importanti. Molte nel testo le interviste a Vip che hanno intrapreso il cammino veg... Certo, l’esperienza diretta è la più efficace per far capire le ragioni di una scelta importante come questa. Personaggi come Massimo Montanari, Paola Maugeri, Dacia Maraini, ci spiegano le difficoltà incontrate, i vantaggi conquistati, offrono esempio e consigli utili a tutti. Credi che il numero dei vegetariani sia destinato a aumentare? Al momento in Italia i vegetariani sono ben 5 milioni e il dato è destinato ad aumentare, sì. Si consuma in modo più consapevole, c’è più attenzione al biologico, al km zero, alla stagionalità, tutte questioni molto care a chi abbia scelto di cibarsi solo di verdure. Newton Compton 335 pg 12,90 euro

«Il paesaggio attraversato dal trekking è grandioso e vario, con laghi, foreste e cascate; non manca la possibilità di avvistare le più comuni prede del lupo, come camosci e stambecchi. Nel suo complesso di sette giorni di cammino, il Trekking del Lupo regala un’esperienza degna dei grandi trekking mondiali, a due passi da noi», raccontano gli autori della guida, Annalisa Porporato e Franco Voglino. I due appassionati fotografi torinesi hanno infatti attraversato (e ci hanno raccontato) il Parco delle Alpi Marittime in Piemonte e il Parco del Mercantour in Francia, dove si possono visitare i centri faunistici di Entracque e di Le Boréon, per conoscere la vita, il comportamento e la storia di questi magnifici animali. Il trekking presentato si snoda lungo montagne che hanno visto il ritorno del lupo, luoghi dove questo nobile animale vive ormai stabile in branchi. La guida è minuziosa nel descrivere i percorsi e i luoghi, offre tutti gli indirizzi per dormire, anche in tenda. È corredata di cartine geografiche dettagliate e non si risparmia in consigli pratici su abbigliamento, difficoltà di percorso e “dritte” utili a chi decide di partire con tutta la famiglia. Terre di Mezzo 96 pg 13,50 euro

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preview pitti trendy

di Marco Gemelli

Quelli che andranno in scena a Pitti Uomo dal 13 al 16 gennaio sono i capi e gli accessori che troverete nelle boutique per il prossimo autunno-Inverno. Ecco alcuni dei must del guardaroba della prossima stagione

Girocollo Pashmere, 100% cashmere, printed yarn, con effetto mix righe, dai toni prugna, rosa e vinaccia

Cinture Post & Co realizzate con pellami pregiati, che sono stati sfumati e tamponati a mano come tattoo

Coppola patchwork Doria 1905. La maison celebra i 110 anni con un'edizione limitata prodotta in tre modelli e soli 1905 esemplari

Papillon in tartan Thomas Mason che richiama i colori dell’heritage British

Cappotto doppiopetto Tagliatore in lana casentino, bottoni in cuoio invecchiato La francesina Moreschi bicolore dalla particolare stringatura design con occhiello, parte della collezione “Brit ‘60”

La natura raccontata attraverso calze haute couture, disegnate ad arte e proposte da Gallo

È una storica linea D’Acquasparta la “Repubbliche marinare” realizzata su pellami di prima scelta e in colori pastello di tendenza

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Pantalone Jeckerson in cotone e lana, tinto in pezza, con due strutture sovracostruite in doppio e sovratinte in capo, e tre lavaggi denim esclusivi


shopping shopping

di Irene Tempestini

Caldo inverno

Revival anni ‘50 Persol propone gli occhiali da vista Cellor nella versione originale anni ’50. Non passerete mai inosservati grazie alla montatura realizzata in acetato e metallo attraverso un’accurata lavorazione artigianale. Tante le varianti: Caffè con ponte dorato; Havana con ponte dorato; Terra di Siena con ponte canna di fucile; Tabacco Virginia con ponte argento; Nero con ponte argento. Prezzo: 210 euro

L’evergreen delle passerelle L’eleganza incontra la comodità: i jeans Neway di Mangano sono il must della stagione invernale. Aderenti sulla gamba e leggermente svasati sul fondo, modellano la silhouette regalando una linea più armoniosa. La classe e l’artigianalità made in Italy sono facilmente rintracciabili in questo capo. Prezzo: 139 euro

Indispensabile per proteggersi dalle intemperie la giacca Colmar a tre bottoni. Realizzata in tessuto opaco superleggero, tiene al caldo grazie all’imbottitura in piuma naturale. Un capo sportivo ed elegante da indossare in ogni occasione. Ideale anche sotto la pioggia: il tessuto è idrorepellente. Prezzo: 275 euro

Eleganza in cucina Il set 5 pezzi di Madame Terraccotta è indispensabile per preparare piatti prelibati e gustosi. La linea ideata da Aeternum si caratterizza per l’innovativo rivestimento interno a base di particelle antiaderenti. Inoltre, il corpo in alluminio garantisce una cottura ottimale anche senza l’utilizzo di condimenti. Prezzo: 79,90 euro

Luna Park da salotto Pronti, partenza, via! Design accattivante e funzionalità ottimale per il nuovo trolley cabina Roncato: Kinetic. Realizzato in policarbonato e dotato di doppie ruote piroettanti, vi accompagnerà in tutti i viaggi. Potrete sceglierlo in diverse nuance: salvia, lavanda e champagne. Prezzo: 109 euro

Un pezzo da collezione e un gioco creativo e divertente per i più piccini. Stiamo parlando dell’ultima proposta Lego: la giostra del Luna Park! Dotata di campana con martello, tiro al bersaglio, montagne russe e molto altro, si attiva semplicemente girando una manovella. Il gioco prende vita direttamente nel vostro salotto. Prezzo: 129.99 euro

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selezioni

Tenute del Cerro, vini che sanno di storia Tra Umbria e Toscana, c'è una realtà che preserva, attraverso le sue produzioni vinicole, un patrimonio enologico e storico tutto da scoprire. Dietro ogni bottiglie c'è una filosofia ben precisa, i cui cardini sono biodiversità e tutela della natura. Il risultato è una gamma di prodotti firmati dall'eccellenza

Tenute del Cerro è l’immagine di un progetto il quale, unendo elementi fondamentali come l’agricoltura, nella sua accezione migliore, la Natura come centro gravitazionale e le molte espressioni locali, si pone l’obiettivo di valorizzarne le caratteristiche per produrre alcune delle eccellenze italiane più apprezzate al mondo. Ad oggi il Gruppo conta 5 tenute di cui 4 vitivinicole, in due tra le più importanti regioni dell’Italia enologica (Toscana e Umbria) con quasi 5 mila ettari di terreno di proprietà, dei quali circa 300 corrispondono a vigneti. Un patrimonio che costituisce l’anima profonda delle Tenute del Cerro che il management dell’azienda ha posizionato al centro di un designo volto a configurare sempre di più ogni cantina come ambasciatrice della sua denominazione. I riconoscimenti che la stampa italiana e internazionale hanno attribuito al Vino Nobile di Montepulciano Fattoria del Cerro, al Brunello di Montalcino La Poderina, al Montefalco Sagrantino Còlpetrone, al Vermentino e al Val di Cornia Monterufoli sono il frutto di un lavoro costante in armonia con il territorio e dell’impegno di uno staff altamente qualificato e intimamente legato alla storia dei vini che ogni cantina produce. Il Sangiovese, il Sagrantino e tutti gli altri vitigni specifici di ogni tenuta, prima ancora di essere la base fondamentale di un progetto commerciale, sono soprattutto elementi imprescindibili del vivere quotidiano degli uomini e delle donne che lavorano in azienda. È questo personale senso di partecipazione che spiega anche il profondo legame che Tenute del Cerro ha voluto esplicitare nella sua nuova brand identity, che nel packaging e nelle etichette dei suoi prodotti attinge dalla storia degli Etruschi per costruire una marca ricca di passato ma che guarda al futuro con un linguaggio nuovo che va oltre gli stereotipi del mondo del vino e sa differenziarsi dallo stile classico delle etichette italiane. Dal cuore dell’Italia la volontà manifesta delle Tenute del Cerro è quella di offrire una gamma unica di vini per permettere ad ogni appassionato di scoprire ed assaporare la più autentica gioia di vivere italiana. www.tenutedelcerro.it - www.drinktoremember.it


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Vini degni di un eroe È uno scultoreo discobolo il simbolo della Cantina Enotria, per ricordare che il "nettare di Krimisa" (oggi Cirò), ai tempi della Magna Grecia veniva offerto in dono agli atleti vittoriosi dei giochi olimpici. Berlo oggi dunque è come assaporare un sorso di storia

Percorrendo la 106 Jonica senza avere fretta, passando tra gli svariati paesini che costeggiano il mar Ionio, si raggiunge, nel Crotonese, una delle zone della Doc Cirò «Anticamente, i Fenici, e poi i Greci, sbarcarono sulla costa Jonica colonizzando questo territorio, e introducendo la cultura della vite. In un secondo momento si accorsero che effettivamente questa era una terra fortemente vocata alla viticoltura» ci spiega Gaetano Cianciaruso, presidente della Cantina Enotria, realtà storica che deve il suo nome proprio a tale vocazione. Oggi infatti il nome Enotria identifica la fascia che da Sibari arriva a Reggio Calabria, dove la vite rappresenta l’economia primaria del territorio. «La provincia di Crotone – ci spiega infatti Cianciaruso –, priva di un’economia trainante, ha però l’agroalimentare come risorsa unica per soddisfare le esigenze della zona». La Cantina nasce nel 1970 dall’impegno di un gruppo di produttori agricoli. Negli anni ‘80 è stato edificato il complesso aziendale che oggi, con modernità di attrezzature e funzionalità, rappresenta una delle maggiori realtà vitivinicole della Calabria. Sono oltre 130 gli ettari vitati, ubicati nei vari comuni della Doc, dove si coltivano principalmente vitigni autoctoni. Il Gaglioppo è il vero

principe a bacca rossa, insieme al Greco nero al Calabrese (detto Nero d’Avola), usato per il taglio, mentre il Greco Bianco è quello più usato a bacca bianca. Diversi i vini prodotti: Cirò Rosso Classico, Cirò Rosato, Cirò Bianco, Melissa Rosso Petelia, tutti con vinificazione in acciaio. Completano la gamma anche un vino Novello Rosso Igt e un Frizzante Bianco. La massima espressione della produzione è infine il Cirò Rosso Classico Superiore Riserva Piana delle Fate: un breve passaggio in barrique, dopo un’accurata selezione delle uve, consente di ottenere un vino dal profumo caldo e dal sapore autorevole, “degno degli atleti vittoriosi”.

Cantina Enotria S.S 106 Jonica, Loc. S.Gennaro Ciro Marina (Kr) Tel. 0962.371181 www.cantinaenotria.com


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Dalla Maremma con il Merlot DI GIANNI MERCATALI - FOTO DI MATTEO BROGI

È un rosso d’eccellenza l’ultimo nato in casa La Mora. Siamo nelle terre del Morellino di Scansano, sulle quali, a metà anni ‘90, da lungimirante pioniera la famiglia Cecchi ha scommesso per prima, raccogliendo ottimi frutti: vini quotidiani e trasversali che non rinunciano alla grande qualità La profonda esperienza maturata nel Chianti Classico e la passione per il Sangiovese hanno spinto la famiglia Cecchi a un’altra sfida viticola che ha spostato il baricentro della produzione aziendale verso la costa toscana, in Maremma. Nel 1996 infatti investe in località Poggio la Mozza nel cuore produttivo del Morellino di Scansano. In quegli anni Cecchi diventa così pioniere perché è la prima grande famiglia toscana del vino che investe in quel territorio. Il loro intervento è assimilabile a una piccola rivoluzione agricola. Lo studio dei suoli rivela l’enorme potenziale di questo terroir, tanto che l’Azienda decide di estendere il parco vitato ai circa 100 ettari attuali. Dopo la sistemazione della parte agronomica l’Azienda ha avviato la costruzione di una nuova cantina di oltre 4000 mq, oggi dotata della tecnologia più avanzata. È in questo contesto che nasce nel 1997 La Mora, un Morellino di Scansano. Dalla forza di questo vino

e dalla sua affermazione sul mercato nasce nel 2010 anche il Vermentino e La Mora diventa così un marchio. Sono essi vini di territorio dove l’icona è un cavallo tipico della Maremma, il Morello. Nel 2010 il Morellino di Scansano prende la Docg e per Andrea e Cesare Cecchi è motivo di orgoglio e soddisfazione per aver creduto in quella zona. Questo anno, con la vendemmia 2013, si è aggiunto al brand La Mora un Merlot che costituisce l’eccellenza di questa linea. Eccellenza ottenuta dopo anni di esperienza e di esperimenti sul vitigno, tanto che Cecchi ne intuisce subito le potenzialità per creare un ottimo vino in purezza. La Mora Merlot, proveniendo da un singolo vigneto, è un Cru. «Questi tre vini – dicono Andrea e Cesare Cecchi – sono vini quotidiani, trasversali, adatti ad accompagnare ogni cibo e godono di un ottimo rapporto qualità/prezzo». La Mora si trova nella migliore distribuzione organizzata italiana.

Cecchi – Casa Vinicola Luigi Cecchi e Figli Loc. Casina dei Ponti, 56 - Castellina in Chianti (Si) Tel. 0577.54311 - http://cecchi.net


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Chi si ferma è perduto! È sempre in movimento, dinamica e creativa, l’azienda Tosti. Madre dell’unica bottiglia con l’ombelico, c’invita a brindare con il suo Metodo Classico Giulio I 2007, ma anche a fare un po’ di shopping speciale tra le pagine del suo nuovissimo sito

Azienda guidata da sette generazioni dalla famiglia Bosca, Tosti si trova a Canelli, nel cuore della zona di produzione del Moscato Bianco a Denominazione di Origine Controllata e Garantita, un territorio unico al mondo per vocazione vitivinicola, che è entrato a far parte del ristretto club Unesco e può fregiarsi del titolo di Patrimonio Mondiale dell’Umanità. Dal 1820 produce vini e spumanti all’insegna della qualità: quasi due secoli di vendemmie e una lunga ricerca di territorio che hanno reso l'Alta Langa Metodo Classico Cuvée Giulio I Millesimato 2007 il più alto risultato e il vanto della produzione aziendale. Da sempre in movimento, dinamico e spumeggiante, il marchio Tosti produce anche aperitivi, liquori e un amaro di qualità: il Cardamaro. Ottenuto da un’antica ricetta voluta da Rachele Torlasco Bosca, è un amaro aromatizzato al cardo e al carciofo; tonico digestivo dalle innumerevoli proprietà salutari, a differenza di altri amari, è preparato con infuso a base di vino e di erbe selezionate tra le quali il Cardo alimentare (Cynara Cardunculus) e il Cardo Santo (Cardus Benedictus). Per acquistarlo, da oggi è possibile visitare il sito e-commerce Tostispecial.it, ultima iniziativa nata in casa Tosti a dimostrazione dell’interesse che l’azienda piemontese riserva all’innovazione e alla creatività. Visitando questo piccolo angolo digitale dedicato alle chicche e alle specialità Tosti, si ha la possibilità di ricevere direttamente a casa prelibate novità in confezioni speciali e si può anche fare realizzare bottiglie personalizzate per un evento, un’occasione speciale o per una persona cara. Anche con Tostispecial.it l’azienda di Canelli si conferma un marchio davvero speciale, come la bottiglia Tosti, la sola al mondo con l’ombelico.

Bottiglie da medaglia d’oro

Tosti Viale Italia, 295 - Canelli (At) Tel. 0141.822011 - www.tosti.it

Da dove viene la spinta a fare sempre meglio per il team Tosti? In primo luogo dai riconoscimenti ottenuti dalle sue migliori bottiglie. Come l’Alta Langa Metodo Classico Cuvée Giulio I Millesimato 2007 Tosti che si è aggiudicata la Gran Medaglia d’Oro Vinitaly 2014, superando le bollicine migliori del mondo, compresi gli champagne francesi. Da parte sua invece, sempre lo scorso anno, il Cardamaro ha ottenuto al concorso Tasted 100% Blind l’ottimo punteggio di 86/100, per Tosti motivo di grande orgoglio e spinta per continuare a migliorare ancora la qualità nel futuro.

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Tenuta Sant’Anna, coltiviamo piaceri Antesignana dei vini da monovitigno, questa azienda veneta coniuga tradizione e modernità. Perché solo chi ha una propria storia può essere davvero innovativo

Tenuta Sant’Anna Via Mons. P.L. Zovatto, 71 Loncon di Annone Veneto (Ve) Tel. 0422.864 511 www.tenutasantanna.it

Un’azienda nata negli anni ’60, nella parte orientale del Veneto, nel cuore della Doc Lison Pramaggiore. Vivace e attiva, si distingue per una scelta di rigore, quasi pionieristica per la viticultura del tempo: in un’epoca in cui il vino era più che altro un alimento quotidiano, la Tenuta Sant’Anna gli ha donato un significato superiore, producendo vini da monovitigno. Una scelta rivoluzionaria, nata dalla presa di coscienza dell’importanza di valorizzare le caratteristiche di ogni uva. L’azienda si estende su 150 ettari, 140 dei quali a vigneto, situati a circa 50 km a est di Venezia, dove la provincia della Serenissima si incrocia con quelle di Treviso e Pordenone, e dove i terreni sono dedicati alla viticultura fin dai tempi dell’Antica Roma. Una cultura enologica antica, dunque, dalla quale Tenuta Sant’Anna è partita per seguire due direzioni fondamentali: da un lato il rigore enologico e la pulizia che scaturisce dai vini prodotti in Friuli, dall’altro la produzione di raffinati spumanti,

memori della grande storia di Treviso. Due anime mosse da un unico obiettivo: fare in modo che ogni volta che si alza un calice di Tenuta Sant’Anna sia sempre un piacere! Con questa filosofia l’azienda produce una linea di 10 spumanti metodo Charmat, punta di diamante della sua offerta. Nati per esprimere la vocazione briosa della cantina, comprendono 5 prosecchi e altrettanti spumanti adatti a qualsiasi occasione, dall'aperitivo al brindisi. Sul fronte del vino fermo, tradizione e tecnica enologica si incontrano nella Linea Goccia: 4 splendidi “bianchi” ottenuti da uve non pressate. I mosti, ricavati per semplice sgocciolatura dalle uve diraspate, una volta vinificati danno vita a vini dagli aromi definiti e privi di qualsiasi sentore tannico derivante dall’interazione dei mosti con i vinaccioli. I rossi dell’azienda appartengono invece alla famiglia de I Poderi, anche loro frutto di una tecnica enologica innovativa. Si tratta della fermentazione differita, capace di concentrare in ogni bottiglia aromi varietali in modo netto, rotondità ed eleganza. La particolare vinificazione permette di preservare il corredo polifenolico delle uve, mantenendo stabili nel tempo le caratteristiche del vino. Il 2015 sarà per l'Azienda veneta una anno di ulteriore rinnovamento: è allo studio una nuova brand image che ne definirà in maniera più marcata ed elegante il posizionamento. Ancora pochi mesi di attesa per scoprire questa evoluzione!


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