URSA MAJOR MAGAZINE

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www.vdgstore.com MAGAZINE ottobre 2012

Ursa Major informa: Alimajor, nuovo sistema per vendere il vino

LO/0004/2012

Sociale: gli allievi raccontano le esperienze di stage I suggerimenti: serve fare audit? La geografia del consorzio: un processo in continua evoluzione

Ribolla Gialla del Collio Nebbiolo di Gattinara Raboso del Piave Pigato di Albenga Pignoletto dei Colli bolognesi Vernaccia di San Gimignano Cococciòla d’Abruzzo Tintilia del Molise Asprinio campano Susumaniello del Salento

URSA MAJOR MAGAZINE by VDG MAGAZINE VIAGGI DEL GUSTO | ANNO 2 | N.11 | MENSILE | EURO 4,90

Nerello mascalese dell’Etna

BACCO MINORE VINI, VITIGNI E TERRITORI: VIAGGIO NELL’ITALIA ENOICA MENO CELEBRATA

www.vdgstore.com



editoriale

di GIUSEPPE ARDITI

Il valore dell’etica nell’imprenditoria In questi anni di attività ho incrociato sul mio cammino molte persone che mi hanno profondamente ispirato e dalle quali ho preso quanto di buono avevano da offrire.Tra queste sicuramente inserisco i fondatori dell’Associazione degli Imprenditori Etici. La passione e soprattutto gli ideali alla base del loro lavoro, sono state le motivazioni principali che mi hanno spinto a prenderne parte. Se dovessi individuare il concetto cardine dell’Associazione, indicherei il valore dell’etica, applicata in molteplici ambiti: nel modo di governare, di condurre un gruppo, di gestire un’azienda, un’attività o una famiglia. Partendo dal fatto che per me l’imprenditore è l’esempio, la figura di riferimento per i propri collaboratori, l’inserimento dell’etica nel lavoro di tutti i giorni, contribuisce a creare soggetti consapevoli. Personalmente penso che se tutti noi lavorassimo con questa idea ben impressa nella mente, riusciremmo a ricavare il meglio dalle nostre attività. Se davanti ad ogni decisione da prendere, scegliessimo di raggiungere il maggior bene, per il maggior numero di persone, allora staremmo applicando un cambiamento etico. Un’azienda etica spesso si consolida nel tempo, si tramanda attraverso le generazioni, lavora e si espande a dispetto della crisi. Diventa l’esempio da seguire. Concludo con la convinzione che l’etica, unita all’onestà, stia alla base di solide relazioni di fiducia. Se anche tu vuoi far parte dell’Associazione degli Imprenditori Etici, scrivimi: giuseppe.arditi@ristopiulombardia.it

Giuseppe Arditi Presidente Consorzio Ursa Major Group

I


Ursa Major informa

Il tuo vino preferito, nel tuo negozio preferito. Cantina Alimajor è un nuovo sistema di vendita per il vino di qualità, che mette al centro la soddisfazione del consumatore e la competitività del punto vendita.

II

Il Consorzio Ursa Major, costituito da aziende attive nella distribuzione alimentare, è suddiviso in due aree operative principali: il retail (Alimajor) e il settore Ho.Re.Ca (Ristomajor). Il brand Cantina Alimajor è il primo, grande progetto specifico per il retail che nasce dalla sinergia tra le aziende di Alimajor. Al centro di questo innovativo sistema di vendita c’è uno dei prodotti tipici italiani più amati e preziosi, il vino. Cantina Alimajor è infatti un nuovo progetto per la distribuzione del vino di qualità nei negozi e nei mini market d’Italia, pensato su misura per le esigenze dei punti vendita e costruito attorno a un obiettivo centrale: la soddisfazione del consumatore, che diventa protagonista delle proprie scelte. Cantina Alimajor è un’iniziativa messa in campo per vivacizzare il mercato dei piccoli rivenditori, partendo da un prodotto tipicamente italiano, il vino, riguardo al quale il consumatore ha bisogno di essere accompagnato nell’effettuare una scelta di qualità, conveniente e soddisfacente. Alimajor propone ai negozi un sistema di vendita completo, che consente ai negozianti di offrire ai clienti una scelta varia e calibrata di vini di qualità, selezionati e garantiti dalla competenza e dalla forza del Gruppo. Al centro del progetto c’è il consumatore, con i suoi desideri e le sue preferenze, ma anche il negoziante, che può migliorare e rendere più competitiva la proposta commerciale. Cantina Alimajor facilita il compito del negoziante

e la scelta del consumatore. Nel punto vendita, infatti, non tutti gli acquirenti hanno le competenze e il tempo per scegliere in modo oculato il vino “giusto” secondo il proprio gusto, l’occasione o l’abbinamento desiderato. Il progetto Cantina Alimajor permette al cliente finale di fare la scelta più soddisfacente, fidelizzandolo al prodotto e al punto vendita! Nei negozi aderenti al progetto, il consumatore trova una bella selezione di vini italiani di qualità, una Carta dei Vini nella quale può scoprire, in modo immediato, tutte le informazioni che gli occorrono per scegliere il “suo” vino, e uno spazio dedicato ai vini di Cantina Alimajor (grande secondo le esigenze del singolo negozio) che valorizza i prodotti e stimola l’acquisto. Grazie al “pacchetto” di Cantina Alimajor, il negoziante usufruisce di un’importante serie di vantaggi e strumenti di vendita che gli consentono di migliorare il servizio e “fare” cultura del vino, diventando un punto di riferimento importante per il cliente anche in questo ambito. Il progetto comprende una Carta dei Vini con le schede di tutti i prodotti e con indicazioni e consigli utili sugli abbinamenti tra cibo e vino; una proposta, modulata secondo le esigenze specifiche del negoziante, per l’allestimento del punto vendita (espositore, locandine, pendolini, crowner, vetrofanie, collarini per le bottiglie, tappetini scaffale, shopper personalizzati, ecc.); e soprattutto, la fornitura, anche con riordini minimi, di vini selezionati dagli esperti di Alimajor


e che non sono presenti nella GDO. I vantaggi per il negoziante sono molteplici: innanzitutto la possibilità di offrire al cliente tanti vini di qualità garantita, senza fare magazzino, che costituiscono una proposta originale rispetto alla concorrenza; un espositore compatto, capiente e di ottimo impatto visivo; una serie di strumenti di vendita e utili a promuovere la cultura del vino. La proposta di Cantina Alimajor presenta una panoramica varia e completa dei vini italiani di qualità, un viaggio da Nord a Sud attraverso alcuni dei migliori prodotti della nostra terra e delle nostre cantine. Tra gli strumenti di vendita messi a disposizione dei negozianti c’è la Carta dei Vini di Cantina Alimajor. Il cliente può consultarla per trovare informazioni utili e complete sui vini che trova in negozio e sulle loro qualità, facendosi un’idea più precisa del vino che desidera. Il cliente che acquista riceve inoltre la Carta dei Vini in formato tascabile, da portare a casa per approfondire le sue conoscenze e prepararsi al prossimo acquisto e alla prossima degustazione. Cantina Alimajor è un progetto firmato Alimajor, il brand Ursa Major dedicato al retail, e rappresenta un esempio concreto di come la moderna distribuzione si deve porre rispetto alle esigenze dei piccoli e medi negozi: con idee che fanno la differenza e che migliorano la competitività del punto vendita puntando su una migliore soddisfazione del consumatore. Progetti di vendita originali, completi e

funzionali, che hanno l’obiettivo di migliorare i risultati di vendita del negoziante e che derivano dalle conoscenze e dallo spirito d’iniziativa di aziende che hanno deciso di fare Consorzio per valorizzare se stesse e la propria clientela. Cantina Alimajor apre la strada a una collaborazione sempre più costruttiva e vincente tra le aziende che aderiscono ad Alimajor e i negozianti italiani!

III


il fornitore del mese

L’ALTA QUALITÀ SELEZIONATA PER VOI Una gamma di prodotti ittici di altissima qualità, dai sapori unici ed inconfondibili. Un vero paradiso per i Gourmet. Una scelta da veri intenditori.

L’Azienda

Allevamenti certificati, rispetto per l’ecosistema naturale, lavorazione artigianale, sono le prerogative comuni che hanno reso possibile il progetto “the GoodfisH.” Tutti i nostri prodotti sono controllati dalla materia prima fino al confezionamento finale.

Prodotto Kosher

Giovane e dinamica, the GoodfisH, è l’espressione di una caparbietà commerciale ed imprenditoriale, somigliante ai suoi fondatori e collaboratori. L’amore per l’alta qualità ha portato gli uomini di “the GoodfisH” a cercare nel panorama Europeo le migliori Aziende produttrici di salmone. Aziende che rispettano gli altissimi standard qualitativi che un prodotto Premium Price deve esprimere.

I prodotti

“The Goodfish” vi porta nel mondo del pesce affumicato. Il tradizionale processo di lavorazione, con salatura a mano, è una caratteristica fondamentale della nostra produzione. Riceviamo le merci solo se preventivamente corredate delle analisi sanitarie che ne garantiscono gli altissimi standard qualitativi da noi richiesti e, in collaborazione con un organismo indipendente di certificazione e ricerca, inviamo in contro-analisi i prodotti, per essere ancora più sicuri che nulla sia sfuggito al nostro disciplinare produttivo. Questo a maggior garanzia di salubrità e genuinità del prodotto da immettere nel mercato. Viene così ulteriormente garantita la filiera e la rintracciabilità per ogni lotto di produzione. Infine, consegne rapide e puntuali, effettuate nel rispetto del mantenimento della “catena del freddo“ permettono ai nostri prodotti di giungere fino a Voi in condizioni ottimali. Sappiamo bene che la Salute è una cosa seria ..... The GoodfisH. l’Alta Qualità è selezionata per Voi

Linea Chreative: Tris di Affumicati misti,Tonno, Pesce Spada e Salmone. Tris di Salmone, Norvegese, Scozzese, Selvaggio. Petali di Salmone Norvegese Linea Nordvik: Fettine Salmone affumicato norvegese 50 e 100 g.

IV


TUTTE LE LINEE DI PRODOTTI I mille gusti del pesce, dal salmone al merluzzo affumicato. Scoprili con The GoodfisH.

Man Ma Mang Mangi Mangia angia ngia gia g ia Sano San Sa S Vivi ivi vii in in fo form for forma forma rma ma

Salmone Superiore Norvegese affumicato Norvegese Superiore, delicato e raffinato.

Salmone Superiore Scozzese Altissima qualità da allevamenti selezionati.

Linea di alta gamma amma Prodotti dal sapore unico e inconfondibile.

LINEA

Specialità ittiche esclusive e ricercate Un vero e proprio percorso gustativo, una ricerca costante di gusto e salubrità.

GOODFISH è distribuito da: SIMAR COMMERCIALE S.R.L. via del Maggiolino, 61 00155 Roma Tel. 06 2286866 Fax 06 2252138 www.goodfish.it

Forme e gusti di alta classe Gli inediti, sapori e sensazioni da provare. Un viaggio nel benessere e nella ricercatezza.

Qualità trasparente Il Norvegese dal miglior rapporto qualità/prezzo.

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Ursa Major e il sociale

In azienda per imparare

Esperienze di stage raccontate da allievi Nell’immaginario collettivo il docente è qualcuno che sta dietro la cattedra, conquistata faticosamente dopo anni di studio e dopo il raggiungimento di una laurea. Il docente ne sa più dell’allievo… spesso usa un linguaggio troppo difficile per il suo allievo, che stenta a capire, liquida i suoi allievi con un ‘espressione che quasi tutti ci siamo sentiti dire almeno una volta nel nostro percorso scolastico: “L’alunno è intelligente e ha le potenzialità, ma non si applica”. All’In-Presa (CFP di Carate Brianza) la parola docente ha un altro significato! Proviamo a capirlo seguendo le indicazioni che ci danno i maggiori fruitori del loro lavoro: gli allievi. “Quando succede qualche problema in laboratorio, ad esempio un problema tecnico, e vedono che mi innervosisco e mi lascio andare, si avvicina uno dei due, ti fa parlare e dice che se c’è nuovamente qualche problema lui è lì presente. Questo ti fa tornare su di morale e fa capire che quando c’è qualche problema è importante qualcuno vicino che ti dia una mano” ( Mattia). Leggendo i temi dei ragazzi di In-Presa si capisce chi è veramente l’insegnante, uno che ti sta sempre accanto, uno che non ti molla mai. E i ragazzi lo capiscono soprattutto nei momenti di difficoltà. Che responsabilità! Spesso però si incappa in un rischio: compatire l’allievo che non ce la fa! Stefano, bocciato per due volte al primo anno di un corso per “tecnico della gestione”, poco prima di acquisire il certificato di competenze per operatore in ambito gastronomico, ci smentisce: “Il primo mese in aula è andato bene e mi è stato detto che questo era l’anno in cui occorreva diventare certi della strada professionale. Eppure mi assillava il timore dello stage, che alla fine è stato deciso che avrei fatto in una gastronomia. All’inizio è stato un

VI

po’ difficile perché mi sono dovuto ambientare, ma dopo poco tempo ho appreso le tecniche di cucina e ho acquistato sicurezza in me. Che cosa mi ha aiutato di più in questo stage? Le critiche fatte dalla Signora Anna quando sbagliavo, ma anche i complimenti quando svolgevo bene i compiti che mi erano stati assegnati. Di fronte alla critica io mi sentivo abbastanza umiliato ma quando ho capito che chi mi criticava lo faceva non per il gusto di sottolineare un errore o un mio limite, bensì per permettermi di imparare, ho compreso che dovevo essere grato a queste persone”. In un paese in cui sembra che studiare non serva perché – stando ai dati Ocse - il 23 per cento dei giovani del Belpaese non studia né lavora e l’occupazione per chi è laureato è calata dal 82 al 78,3 per cento, un aiuto al sistema di istruzione può arrivare proprio da quel mondo che sembra sempre più un obiettivo irraggiungibile per molti giovani: il mondo del lavoro! Questo rappresentano gli stage: un aiuto dato al mondo dell’istruzione. Madhia, nata a Casablanca e trasferita in Italia a 13 anni, ha colto appieno la novità degli stage nel suo percorso di formazione: “Era davvero un locale bellissimo e grande. Quando ho cominciato lo stage da questi nuovi titolari non conoscevo le loro modalità lavorative ed ero molto incuriosita. Però mi sono trovata benissimo con loro! Ho imparato numerose tecniche di pasticceria che prima non conoscevo. Questa esperienza mi ha fatto capire che ho propria voglia di continuare su questa strada per me appassionante”. Questo rappresenta lo stage! Questo vuol dire trovare degli insegnanti! Per Stefano, per Madhia, etc… la possibilità di trovare qualcuno che ti aiuti a scoprire “una strada per me appassionante”.


La “geografia” del Consorzio Ursa Major La geografia di Ursa Major è in continua evoluzione. Ogni giorno il Consorzio entra in contatto con nuove realtà che ne condividono la strategia e i valori, nuovi contatti vengono stabiliti per rafforzare ulteriormente questa rete di valorizzazione reciproca e rendere sempre più efficace la presenza sul territorio. Aziende che credono nella qualità dei prodotti e del servizio, nell’importanza dell’innovazione e nel “fare squadra” per valorizzare la propria azienda e il proprio ambito territoriale.

ADRIAGELO Srl

BOCELLI Srl

BO.GEL. snc

province servite:

province servite:

province servite:

RIMINI - PESARO URBINO REP. DI S. MARINO

PARMA - REGGIO EMILIA PIACENZA

PADOVA - ROVIGO

Tel. 0541.759494 info@adriagelo.com

Tel. 0521.804235 www.bocelli.it info@bocelli.it

DALMONEGO BRUNO & FIGLI Srl

JOLLYGEL SNC

LAGOGEL Srl

LOMBARDI & CANTÙ Srl

province servite:

provincia servita:

province servite:

provincia servita:

CUNEO

MILANO - VARESE - COMO LECCO - MONZA BRIANZA NOVARA - VERBANIA

VICENZA

TRENTO - BOLZANO

Tel. 0461.601084 dalmonego@agtp.it

Tel. 0171.619140

Tel. 0429.770077 bogel@libero.it

Tel. 0362.5892250 www.lagogel.it info@lagogelspa.it

Tel. 0444.520535 www.lombardiecantu.com info@lombardiecantu.com

Lombardia

MASSARI Srl

PAMGEL Srl

GIUSEPPE PATRIOLI Srl

PELISSERO Srl

RISTOPIÙ LOMBARDIA SpA

regioni servite:

province servite:

province servite:

province servite:

province servite:

LAZIO E MOLISE

LUCCA - PISA MASSA CARRARA

NOVARA - VERBANIA VERCELLI - BIELLA

ALESSANDRIA - ASTI

MILANO - VARESE - COMO LECCO - MONZA BRIANZA

www.pamgel.it info@pamgel.it

Tel. 0321.53117 www.patrioli.it info@patrioli.it

RISTOPIÙ PIEMONTE SpA

RIVIERA GEL Srl

SERVIGEST Srl

provincia servita: TORINO Tel. 011.9651431 www.ristopiupiemonte.it info@ristopiupiemonte.it

province servite:

province servite:

SAVONA - IMPERIA

RAVENNA - FORLÌ CESENA

Tel. 0182.582721 www.rivieragel.it rivieragel@rivieragel.it

Tel. 0547.332548 info@servigestsrl.it

Tel: 0775.393414 info@massarifoodservice.it

Tel. 0131.278708 www.pelisserosrl.it info@pelisserosrl.it

Tel. 0362.5839200 www.ristopiulombardia.it info@ristopiulombardia.it

Piemonte

SNACK & CATERING div. RE MARKET Rebecchi Alimentari e Dolciari Spa

province servite: PIACENZA BASSO LODIGIANO

Tel. 0523.783111 rebecchi.mdo@rebecchi.com ordini.sc@rebecchi.com

SOGEL Srl

provincia servita: SONDRIO Tel. 0342.214348 www.sogelsrl.com info@sogelsrl.com

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i suggerimenti di Ursa Major

Serve fare Audit? Il termine audit deriva dal latino audire, ascoltare. In questo articolo tratterò il tema dell’ Audit e di come questo processo possa sostenere lo sviluppo di un’attività. Più che un elenco di suggerimenti, vorrei stimolare in ognuno la propria capacità di trovare dietro un suggerimento pilotato le risposte corrette ai propri bisogni personali di crescita e di sviluppo. Parliamo spesso di fidelizzazione dei clienti, e tutti concordano su quanto sia importante scoprire le esigenze dei clienti. Tuttavia la vera difficoltà nasce dalla comprensione dei bisogni e dei desideri spesso non espressi dei clienti. Come si ascoltano i clienti? Come si raccolgono le informazioni? Come si organizzano le informazioni ricevute? Come si mettono in pratica? Non è così scontato quindi applicare un programma corretto e strategico di fidelizzazione.

Donatella Rampado A.R.C. Consulting www.selfbrand.it

VIII

Con Audit si intende un processo che attraverso la visione di registrazioni, la raccolta di dichiarazioni o altri fatti provati permette di valutare con obiettività come i requisiti di riferimento vengono soddisfatti. Un audit è un’occasione di confronto con uno sguardo non coinvolto, che può contribuire ad evidenziare elementi dell’organizzazione del lavoro non definiti o non applicati al meglio. Un imprenditore o un manager spesso sono focalizzati solo su alcuni obiettivi: acquistare materie prime, ottimizzare il magazzino, organizzare la rete di distribuzione, vendere, comunicare. Se desidera però far crescere e rendere maggiormente competitiva la sua attività, allora l’executive deve necessariamente acquisire capacità di previsione. Le ragioni per le quali un’azienda inizia ad andare male non sono legate solo ai fattori esterni che non sono stati colti, ma anche alle cattive abitudini: quando l’azienda vive un momento di prosperità, ritiene di aver consolidato il mercato, e crede di avere strategie giuste e durevoli nel tempo. Con la maturità e la sensazione di sicurezza cala l’interesse nel proporre nuovi prodotti o servizi e nel rinnovare le parti necessarie allo sviluppo: - Il servizio offerto dal personale diventa meno cordiale, il contatto verso il cliente diventa più formale, annoiato e addirittura “customer killer”. - Il personale e il management sono più occupati a difendere i loro piccoli centri di potere. - Reclami e richieste vengono soddisfatti dopo giorni e complicate procedure. - Creatività ed iniziativa cedono il posto all’esecuzione con compiti definiti e costi supervisionati. Per non cadere vittime del tran tran, una soluzione c’è: è una tecnica di investigazione che utilizzano le migliori aziende. Le tipologie di valutazione più usate sono generalmente le seguenti: audit di conformità, audit di efficacia, audit della qualità dell’organizzazione. In questo caso ci occuperemo dell’ Audit riferito alla qualità dell’organizzazione. Gli obiettivi di un buon Audit: trovare il punto di inizio, comprendere le necessità, individuare gli indicatori strategici per migliorare l’attività anticipandola.

Audit del servizio Avete scritto la vostra politica di servizio al cliente? L’ avete fatta conoscere a tutti i collaboratori? L’ avete distribuita ai vostri clienti? Il servizio ai clienti va monitorato, cosa fate in proposito? Fate periodicamente dei sondaggi? Quali sono gli indicatori che vi segnalano in anticipo i momenti di calo? Assumete solamente personale motivato e disposto ad essere formato? Avete visitato i vostri concorrenti per scoprire che tipo di servizio offrono? Audit del servizio Se avete risposto no a più di 3 risposte fino al massimo di 7, è arrivato il momento di monitorare efficacemente il servizio che offrite. Formate attentamente il personale su chi deve fare che cosa e come va fatto. Pianificate i vari passaggi dall’accoglienza (anche telefonica), dal “check-in al check-out”. Se avete risposto solo a 2 in modo negativo, avete una partenza sicura, fate quello che vi manca come primo passo. Se a tutte avete risposto in modo positivo: complimenti!

Audit dell’organizzazione del business Avete degli obiettivi strategici di sviluppo? Li avete seguiti e monitorati in modo costante? Avete un sistema per raccogliere le idee dai vostri dipendenti o dei vostri clienti? Avete un sistema di comunicazione attraverso il quale le iniziative, le promozioni ed i nuovi servizi vengono fatti conoscere? Avete coinvolto i vostri collaboratori nel raggiungimento dei vostri obiettivi? Avete individuato i punti negativi e che lasciano spazio alla concorrenza? Audit dell’organizzazione del business Se avete risposto no a più di 3 risposte fino al massimo di 6, è arrivato il momento di attivare degli obiettivi strategici. Cercate nuove idee ed opportunità anche guardando verso il mercato e quando avete scelto quello che fa per voi, coinvolgete tutto il vostro personale con grande motivazione al raggiungimento della meta. Se avete risposto solo a 2 in modo negativo, avete una partenza sicura, è il momento di tornare alla creatività e di far proseguire la scalata al successo. Se a tutte avete risposto in modo positivo complimenti siete unici e gli altri sono dietro di voi. Questo Auto test è un buon inizio per proiettarvi verso un sevizio di eccellenza. La strategia da approntare per attivare un piano corretto è: avere clienti, avere dipendenti motivati e ben formati, avere strumenti di misurazione corretti.

Ursa Major Magazine

impaginazione, redazione, content management: Viva Comunicazione - art director: Federico Gallina www.vivacomunicazione.it - contatti: info@vivacomunicazione.it


editoriale

di Domenico Marasco

domenico.marasco@vdgmagazine.it

Agrobusiness e paradossi alimentari: è tempo di rivedere le politiche agricole pubbliche Il modello occidentale agro-industriale sta evidenziando sempre più i suoi problemi e viaggia verso un limite che, a detta di tutti, non è oramai sostenibile. I numeri a sostegno di questa tesi sono impietosi: un terzo della produzione agroalimentare è destinata alla nutrizione di oltre 3 miliardi tra bovini, suini, ovini e avicoli. Con questa produzione, si calcola che potremmo sfamare 1,3 miliardi di persone ogni anno. Dall’Unione Europea ogni mucca riceve un sussidio giornaliero di circa 2 dollari al giorno, mentre nel mondo 2,5 miliardi di persone vivono sotto quella soglia. Aggiungiamo quindi i 36 milioni di persone che muoiono di fame nel mondo e i 30 milioni che, dall’altra parte, muoiono per eccesso di cibo, ossia per obesità. Questi paradossi alimentari chiamano direttamente in causa le politiche pubbliche di sostegno. L’UE destina all’agricoltura il 40% dei 40 miliardi di budget a sua disposizione. Èd è proprio in queste politiche di sostegno che andrebbe fatta una vera rivoluzione. Non è facile e finora, non a caso, non c’è riuscito nessuno. L’affare, infatti, è incredibilmente complicato. Gli stessi agricoltori e gli stessi allevatori sono intrappolati in un meccanismo speculativo che fa impazzire i prezzi mondiali delle materie prime, delle cosiddette “commodities”, a cominciare da grano, mais e soia. Ma chi è che stabilisce il vero valore delle merci? Non certo chi sale ogni mattina sul trattore. A manovrare i bottoni sono, manco a dirlo, i banchieri, i trader e gli speculatori. Secondo uno studio di Barclays, il mercato dei

contratti a termine sulle materie prime vale 500 miliardi di dollari. Una torta a cui partecipano tutte le grandi banche d’affari del mondo in un gioco simile a quello dei derivati finanziari. Insomma, il solito refrain! Quando qualcuno piange c’è un altro che ride. Peccato però che quelli che ridono sono quelli che sudano di meno. Non è difficile andare a trovare l’origine di tali storture. È proprio qui che servono regole auree e controlli severi! Per l’Europa ci sta lavorando la Commissione Agricoltura presieduta dall’ex ministro italiano Paolo De Castro. L’invito che ci sentiamo di rivolgergli è quello di avere coraggio e depennare dalla lista dei favoriti chi dell’agricoltura non conosce nemmeno l’abc. Altro quesito: quando verrà presa dai governi la decisione di vietare ai trader gli acquisti di materie prime alimentari? Forse, alla fine, basterebbero poche mosse per avere un mondo più giusto e sostenibile. Voi (e noi) consumatori, nel frattempo, potete cominciare a fare la vostra parte in questa che ci piacerebbe passasse alla storia come la “food revolution”. Come? Comprando meglio, comprando sostenibile e comprando con la testa (e con il cuore): anche perché, oggi più che mai, tutto questo è un imperativo, mica solo un consiglio.

ottobre 2012

3




sommario sommario ottobre 2012

30

12 Dall’Italia e dal mondo

18

16 Occhio ai consumi

17 La salute nel piatto Alimenti-alleati: l’olio extravergine 18 Scienza e vita I formaggi caprini delle Alpi 20 Almanacco di Barbanera

da pag

22 Appuntamenti

Cover story Ottobre, tempo di vendemmia. Impossibile resistere alla tentazione di raccontarvi di vini e vitigni poco noti, il cui nome è indissolubilmente legato ai territori ed è sinonimo di qualità assoluta. Siete pronti ad un viaggio per l’Italia alla ricerca dei “figli di un Bacco minore”?

44

panorama

52 Cruasè (Lombardia)

30 Storie dall’Italia che merita: Fattoria della Piana Un’azienda casearia calabrese dotata di

56 Nebbiolo (Piemonte)

una filiera “bio” che ha incantato il mondo

Non un vitigno, ma di più: un marchio nato in Oltrepò per legare la bollicina rosè al territorio

Amato da re e da scrittori fin dall’antichità, un vino che a Gattinara ha ritrovato il suo habitat

34 Storie dall’Italia che merita: Terre di Balbia

60 Pigato (Liguria)

Un vino, frutto della passione di un friulano per la Calabria, l’antichissima terra d’Enotria

36 Il personaggio del mese: Etile Carpenè Intervista al reggente della storica dinastia che ha fatto grande lo champagne italiano

38 La pagina verde di Legambiente

Una Doc a fortissima identità geografica, che si coltiva unicamente nella Riviera di Ponente

64 Pignoletto (Romagna)

Sui Colli di Bologna non c’è storia: il re è lui, questo bianco autoctono dal gusto schietto

68 Vernaccia (Toscana)

Energia solare: ecco i comuni più virtuosi

A San Gimignano, non ci sono solo le famose “torri” a rappresentare la storia del territorio

72 Cococciòla (Abruzzo)

speciale vino&territorio

44 Ribolla gialla (Friuli)

76 Tintilia (Molise)

Nasce sulle colline goriziane a ridosso della Slovenia, questo bianco dal sapore estremo

48 Raboso (Veneto) La perla nera del Piave: un rosso intenso che in passato ha ispirato anche Goldoni

6

ottobre 2012

Una giovane promessa enoica sta facendo capolino accanto al fratello maggiore Pecorino

Viene dai rossi di Spagna, i cosidetti “vini tinti”, il nome del tradizionale vitigno molisano

80 Asprinio (Campania)

Per produrlo bisogna arrampicarsi in alto, sui pioppi e gli olmi che crescono nel Casertano



sommario sommario ottobre 2012

122

110

125

84 Susumaniello (Puglia)

Dal Salento magico e assolato, un rosso fruttato e generoso. Come la sua terra

88 Nerello (Sicilia)

Una cultivar a bacca nera che nasce a Mascali, nella “faccia vitata” dell’Etna

92 Il tappo in sughero

Cosa sarebbe una bottiglia di vino, senza questo silenzioso e impagabile compagno?

114 I piaceri di Bacco

A ogni vino il suo bicchiere: Donato Lanati, ci svela i segreti per soddisfare i cinque sensi

116 Le mani raccontano

Emidio Pepe, 80 anni e una vita spesa a fare il vino come una volta, “coi piedi”

118 Bellezza e benessere

94 La storia in cucina

119 Camera con vista

120 Week-end nel verde

Il vino del re santo, Luigi IX di Francia

96 Chef italiani nel mondo

121 Week-end relax

inviaggio

122 Soste d’arte

100 L’Italia in mostra: Firenze

L’arte del Ventennio fascista ospitata a Palazzo Strozzi ci riporta la città di una volta

104 Norvegia, terra di salmoni

Tappa a Stavanger, capitale gastronomica norvegese, tra albe sognanti e soste golose

110 Città in 24 ore, Matera

8

piaceri

ottobre 2012

124 Libri 125 Spettacoli

92


...”hanno cercato di imitare la luce e la purezza dei cristalli ma mai nessuno è riuscito ad imitare l’amore che noi mettiamo nelle nostre creazioni” Oriana Bassetti Stylist manager

Via Maffucci, 52 20158 Milano Tel. 02 3761436 www.pxlandia.it info@pxlandia.it


contributors ottobre 2012 Direttore Responsabile Domenico Marasco

SILVANA DELFUOCO

DONATO LANATI Lo chiamano l'enologoscienziato. È uno dei winemaker più prestigiosi al mondo. Nelle classifiche del prestigioso Wine Spectator, i "suoi" vini sono sempre tra le prime posizioni. Cè bisogno di aggiungere altro? Sì, che nel suo laboratorio enologico nel Monferrato, ci tiene i corsi, l'università. pag. 114

Emiliana di nascita e torinese d’adozione per i casi della vita, grazie alla sua esperienza di Assaggiatore di formaggi e di salumi e, soprattutto, di Giudice del Tartufo, dal 2003 è approdata al giornalismo enogastronomico. Il suo scheletro nell’armadio sono invece i troppi anni passati a tentare di insegnare il latino a generazioni di liceali recalcitranti. pag. 56

ISA GRASSANO

RODO SANTORO Nativo della Grecia, ha studiato e lavorato a Roma come scenografo per poi passare in Sicilia a restaurare castelli feudali. Nel suo ricco curriculum di giramondo ci sono anche esperienze archeologiche, docenze di disegno e tanti libri scritti. Ma soprattutto la pittura e l’illustrazione. Di cui ci dà un saggio a pag. 94

10

ottobre 2012

Lucana di nascita, bolognese d’adozione. Da piccola sognava di fare l’hostess o la giornalista. Quando s’è resa conto che non avrebbe superato l’1,60 di altezza, ha ripiegato sulla seconda opzione. Ma non ha rinunciato ai viaggi e al turismo, di cui scrive con passione e competenza. Tra voli aerei e pagine da riempire, ha anche trovato il tempo per creare un divertente manuale sulle “101 cose da fare Gratis in Italia”. pag. 110

Coordinatore editoriale Francesco Condoluci redazione1@vdgmagazine.it Editing Gilda Ciaruffoli Grafica e impaginazione Daniel Addai Carlo Fontana

ELENA CONTI Senese ma di famiglia fiorentina in cui convivono pacificamente guelfi e ghibellini, e d’aspetto nordico. Con un pedigree del genere, non poteva che darsi alle lingue straniere. Giornalista per caso, prima tv, poi carta stampata e uffici stampa. Ha lavorato per anni con Carlo Verdone al Terra di Siena Film Festival. Ma quando ha scoperto il Cappero di Pantelleria, è passata con leggerezza dal cinema all’agroalimentare di qualità. pagg. 68 e100

hanno collaborato a questo numero: Paola Annoni Marco Bacchetta Germana Cabrelle Olga Carlini Gilda Ciaruffoli Francesco Colombera Silvana Delfuoco Maria Pia Fanciulli Santina Francavilla Francesca Frediani Rosalia Imperato Riccardo Lagorio Legambiente Lucia Lipari Pietro Milo Stefania Monaco Anna Orlando Gianluigi Pagano Giuseppe Pulina Roberto Rabachino Rosario Ribbene Fondazione Veronesi

Foto Editor Giuseppe Magaretti

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Alessandro Mei Giovanni Merone Stefania Monaco Francesca Oliverio Liguria Alessandro Baffigi Barbara Bacigalupo Anna Orlando Lombardia Cesare Assolari Marco Bacchetta Roberto Bonsi Massimiliano Bruni Lorenzo Foti Francesca Frediani Valentina Gavarini Riccardo Lagorio Eugenio Meloni Umberto Mortelliti Aldo Pagnussat Giampaolo Perna Saro Trovato Marche Michela Pallonari Ferruccio Squarcia Giorgio Tassi Molise Giovanni Scapagnini Ida Santilli Piemonte Monica Coviello Silvana Delfuoco Donato Lanati

Gian Nicolino Narducci Roberto Rabachino Mauro Rosta Puglia Lucrezia Argentiero Santina Francavilla Bruno Micai Jolanda De Nola Nunzio Pacella Sergio Siciliano Sardegna Roberto Dall’Acqua Annalisa Bernardini Lino Erriu Giuseppe Pulina Sicilia Cesare Aldesino Rosario Ribbene Marco Scapagnini Toscana Elena Conti Marco Ghelfi Rosanna Ercole Mellone Marco Scataglini Trentino Alto-Adige Francesca Negri Umbria M. Pia Fanciulli Veneto Germana Cabrelle



dall’Italia e dal mondo

di Francesco Condoluci

redazione1@vdgmagazine.it

«Vuoi un commento positivo? Paga!» Ora c’è anche la mafia delle recensioni on-line

Fra TripAdvisor, il più grande portale web al mondo di viaggi e recensioni, e la ristorazione italiana tira sempre più aria di scontro giudiziario. L’incontro fra i “capi” della sezione europea della società americana e quelli della Fipe, il sindacato di categoria che ha innescato una battaglia per tutelare il settore dalla concorrenza sleale delle false recensioni e dai ricatti criminali si è concluso in un nulla di fatto. Anzi, lo scontro potrebbe alzarsi di livello arrivando nei palazzi di Giustizia per ottenere sentenze clamorose come quelle che hanno già punito il portale, proprio per concorrenza sleale, a Londra e Parigi. A rendere difficile il dialogo è la questione della tracciabilità e della veridicità delle recensioni (spesso anche anonime): “regolari” secondo TripAdvisor false per almeno un caso su 3 secondo le ricerche di Fipe.

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Il commento C’era una volta la Guida Michelin. Una specie di Vangelo per chi era in cerca di trattorie e ristoranti dove mangiar bene. Pratica, puntuale e, soprattutto, autorevole. Già, l’autorevolezza: prerogativa assai rara e difficile da acquisire. Per fregiarsene occorrono (pardon, occorrerebbero) anni di esperienza e quindi affidabilità, competenza, onestà. Tutte caratteristiche che la Guida Michelin ha accumulato nel corso della sua lunga e prestigiosa storia. Oggi, dopo l’avvento del web, a consultare le pagine di Michelin per decidere se andare a cenare in questo piuttosto che in quel ristorante, sono rimasti in pochi. E la classica guida dalla copertina rossa è diventata vieppiù uno strumento esclusivo per gourmet e intenditori di alta cucina, insomma. Il resto del mondo preferisce la rete. Invece di andare a comprare la guida in libreria e annoiarsi a sfogliare pagine e pagine cartacee di indirizzi e consigli, ti colleghi a Internet, digiti e scopri in un battibaleno come si mangia, quanto si paga e quali sono i piatti forti dell’osteria sotto a casa come del ristorante nel centro di New York. Tutto gratis e a portata di click. Bene, direte voi: questo è il progresso, la modernità, l’era dell’accesso, del wi-fi e dei tablet, vivaddio! D’accordo, ma un problema c’è ed è grosso come una casa: è quella parolina di cui sopra, ovvero l’autorevolezza. Sì, perché sul web, a spopolare tra gli amanti della buona tavola non è il portale (autorevole) della Guida Michelin o i siti specializzati e realizzati da chi le recensioni e i giudizi sui risto-

ranti li dà (più o meno autorevolmente) per mestiere, quanto invece le piattaforme ”open-source”, quelle cioè aperte a tutti e che si fondano esattamente sui commenti e le recensioni di illustri sconosciuti. Quelle come TripAdvisor appunto. Per carità: tutti, esperti e non, hanno diritto ad esprimere la propria opinione e dispensare giudizi di valore sui menù e sul servizio di un ristorante, ma a questo punto – affidandoci alle recensioni alla massa e venuta meno l’autorevolezza fondata su esperienza e qualifiche – aspettiamoci di fare i conti anche con un altro fenomeno: quello che in America chiamano “crowdturfing”, ovvero “marketing malevolo”. Giudizi falsati e amplificati ad arte per condizionare i gusti e le scelte degli utenti. Un potere immenso, messo nelle mani di un qualunque internauta. C’è chi addirittura assolda giovani disoccupati per scrivere recensioni “tarocche” on-line! In Italia, il problema, come s’è visto, l’ha sollevato Fipe dopo che alcuni ristoratori si sono visti recapitare mail, al limite del ricatto, come questa: «Salve, sono un esperto di TripAdvisor. Sono in grado di rilasciare recensioni positive a 4 stelle, in diverse lingue e da numerosi paesi del mondo grazie ai miei contatti. Sappiamo quanto sono diventate importanti le recensioni per il mercato del turismo. Ovviamente ciò non lo facciamo gratis, ha un costo». Estendete la minaccia a livello planetario e vi renderete conto che se questa del crowdturfing non è una nuova “mafia delle recensioni”, poco ci manca. TripAdvisor cerca di difendersi e tutelare il suo know-how ma la questione resta aperta, in tutta la sua gravità.


news

Corea: nuovo supervirus in arrivo dai maiali, comunità scientifica in allarme

Menù siciliano nello spazio: a bordo della navicella russa Soyuz ci sarà la caponata Una caponata spaziale! Presto non sarà solo un colorato modo di dire per decantare la squisitezza del caratteristico piatto della cucina siciliana. Nel maggio del prossimo anno, infatti, il tipico antipasto siculo a base di verdure volerà davvero nello spazio cosmico. Sarà l’astronauta catanese Luca Parmitano, copilota della navetta spaziale russa Soyuz, a portarla con sé infatti nella missione che partirà da Baikonour, in Kazakhistan, il 29 maggio 2013. Per tale progetto, partito tre anni fa, Parmitano, astronauta dell’Agenzia spaziale europea e maggiore dell’Aeronautica militare nonché primo siciliano della storia nello spazio, aveva promesso che avrebbe portato, lì nella galassia, qualcosa della sua terra. La caponata, appunto, la cui preparazione sarà affidata a uno chef d’eccezione: il palermitano Filippo La Mantia, re della cucina dell’hotel romano Majestic. L’Agenzia Spaziale ha dato l’ok, alla luce della leggerezza e dell’alta digeribilità della caponata, senza aglio e senza cipolla, targata La Mantia.

Nuova allerta nella comunità scientifica internazionale per un supervirus che si starebbe diffondendo nel mondo animale, minacciando pandemie anche tra gli esseri umani. Dopo H5N1, l’agente patogeno responsabile della cosiddetta “influenza aviaria” i ricercatori del St. Jude Children’s Research Hospital di Memphis, in Tennessee (USA) hanno individuato e circoscritto un altro ceppo virale, H1N2, che arriva da alcuni maiali coreani e rischia di essere persino più pericoloso di H5N1. Almeno tra gli animali. Perché, messo sotto la lente dai ricercatori, il virus si è mostrato letale nei furetti (un modello animale che sviluppa l’influenza in modo simile a quanto avviene negli uomini) e capace di diffondersi per via aerea, evolvendosi in forme sempre più contagiose e virulente.
Come raccontano gli scienziati, isolato inizialmente da alcuni suini sudcoreani nel 2009, il virus è stato inoculato nelle trachee e nelle cavità nasali di alcuni furetti. Tutti e tre gli animali infettati con H1N2 sono morti.

Prezzi dei cereali alle stelle, l’UE frena sui biocarburanti per scongiurare carestie Meno biocarburanti, più cibo. Con i prezzi dei cereali (e delle altre commodities) schizzati alla stelle in tutto il mondo, l’Unione Europea ha deciso di invertire la rotta e ridurre drasticamente le quote di derrate agricole destinate alla produzione di propellenti da biomasse, aumentando invece il loro utilizzo come cibo. A portare verso questa scelta strategica la Commissione Europea è stata soprattutto la necessità di premunirsi contro possibili carestie e scongiurare ulteriori lievitazioni dei prezzi delle commodities. Il “new deal” attuato dall’UE in materia di biocarburanti che a breve diventerà normativa, è stato spiegato dai commissari europei per il Clima e per l’Energia, Connie Hedegaard e Guenther Oettinger, con queste parole: «Non intendiamo affatto spingere i biocarburanti basati sul cibo. Anzi, al contrario, nella nostra proposta di nuova legislazione, li limitiamo all’attuale livello di consumo, il 5% fino al 2020». Anche per il dopo-2020 l’orientamento è quello di dare preferenza ai biofuel ottenuti da prodotti non alimentari, come i residui agricoli da macero o la paglia.

Venezia: al festival del Cinema le star di Hollywood brindano con spumante trentino Bollicine trentine sul festival di Venezia. La 69ª edizione della rassegna cinematografica più antica del mondo, quest’anno, oltre ai divi di Hollywood, ha visto sfilare sul tradizionale red carpet una primadonna d’eccezione che ha reso ancora più “frizzante” la manifestazione che ogni anno assegna il Leone d’Oro ad attori e registi del grande schermo. Ai quali, per festeggiare i loro successi, è stato offerto infatti spumante Trentodoc, una delle eccellenze enologiche nazionali che, grazie a un accordo tra Trentino Marketing e la Rai, si è ritagliata uno spazio da protagonista all’interno del padiglione della televisione di Stato che trasmetteva la diretta dell’evento dalla darsena dell’Hotel Excelsior. Il set Rai è stato personalizzato infatti con il brand Trentodoc e lì, star e ospiti internazionali hanno potuto brindare con le bollicine di montagna made in Trentino.
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companies Zero solfiti e più chiarezza ai consumatori: Farinetti lancia il suo Vino Libero “Liberiamo (anche) il vino da trappole e burocrazia”! È lo slogan coniato da Oscar Farinetti, patron di Eataly, per il suo nuovo progetto. Che è stato ribattezzato appunto Vino Libero, un nuovo circuito – a metà tra ideologia e business – che punta a “un futuro pulito” nel campo enologico e per il quale l’imprenditore intende investire massicciamente. In Italia, secondo Farinetti, si investe troppo su “trappole micidiali” per il vino, come la preparazione di un’etichetta, «ma poi in bottiglia si mette di tutto». Quanti solfiti contiene un vino? Quale vitigno c’è dentro? Che tipo di trattamenti ha avuto la campagna? Dentro ci sono concimi chimici o naturali? Queste le domande rispetto alle quali Vino Libero vuol dare risposte ai consumatori, potendo contare già adesso su una rete di 12 produttori e 42 vini col 40% in meno dei solfiti previsti dalla legge. L’obiettivo è arrivare a “zero solfiti” e avere, entro il prossimo mese di marzo, un ventaglio di mille tra enoteche e ristoranti che dovrebbero portare in dote 100 mila clienti.

Gran Bretagna: a Londra le ciambelle “bagel” saranno targate Cremonini Ingresso sul mercato delle stazioni ferroviarie di Regno Unito e Irlanda per il gruppo Cremonini. Attraverso la controllata Chef Express Uk, l’azienda emiliana ha acquisito la catena Bagel Factory – specializzata nella vendita di bagel, i particolari pani britannici a forma di ciambella – presente nelle principali stazioni ferroviarie di Londra.

Nel 2011, la società ha realizzato ricavi per circa 5,1 milioni di sterline e l’acquisizione è avvenuta sulla base 1,1 milioni. Attualmente Bagel Factory – presente anche in Italia – gestisce direttamente 13 punti vendita in Inghilterra, di cui 9 nelle più importanti stazioni di Londra. La rete distributiva, inoltre, comprende 43 locali in franchising dislocati fra Irlanda e Gran Bretagna. Con questa operazione, il gruppo Cremonini ha inteso rafforzare ulteriormente la propria presenza sul mercato inglese dove dal 2000 gestisce i servizi di ristorazione on board sui 60 treni inglesi Eurostar che collegano Londra con Parigi e Bruxelles.

Vincente Delicacies porta nel mondo i sapori autentici della Sicilia Pistacchio di Bronte, mandorle di Avola, miele di Zafferana Etnea: tutto rigorosamente made in Sicilia. Sono gli ingredienti-base delle specialità targate Vincente Delicacies, azienda dolciaria della provincia di Catania che ha fatto del legame con il territorio una filosofia di vita prima ancora che d’impresa. A partire dal pistacchio, preziosa materia prima conosciuta in tutto il mondo per la sua bontà, la pasticceria con sede a Bronte, produce dolci di altissima qualità, lavorati rigorosamente a mano secondo l’antica tradizione sicula, senza l’utilizzo di alcun additivo artificiale e attualizzati dal ricercato design dei dolci stessi e delle loro splendide confezioni. La stessa storia aziendale di Vincente nasce dalla voglia di costruire qualcosa di magico, virtuoso ed elegante, che muove dalla forza dell’esperienza e da anni d’intenso lavoro maturato nel campo dell’alta pasticceria siciliana. La ricerca del buono e del bello è l’obiettivo per poter offrire in Italia e nel mondo un pezzo autentico della Sicilia attraverso i suoi sapori più caratteristici. Al resto ci pensa la creatività dei giovani pasticceri del grande laboratorio di pasticceria. (informazione pubblicitaria) 14

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Italia, paese dal pollice verde: lo conferma Expo Rurale 2012 Cresce sempre più l’interesse degli italiani per il verde. Nelle case del Bel Paese, si contano in media 7 piante: un dato significativo, dal momento che 5.3 milioni di famiglie non ne possiede perché non sa come curarle oppure perché non ha a disposizione lo spazio adeguato. Numeri positivi anche dal fronte dell’interesse ad acquisire informazioni sul mondo dei vegetali: sono 11 milioni infatti le famiglie, ovvero la metà di quelle residenti nel nostro Paese, che quotidianamente attingono notizie su piante, giardini, sementi, orti e affini. Una passione che, tuttavia, è direttamente proporzionale all’avanzare dell’età: sono le persone più mature, e con più tempo libero, a dedicarsi a queste attività. La fotografia “dell’Italia verde” è stata scattata nel corso di Expo Rurale 2012, la manifestazione tenutasi a Firenze che ha raccolto circa 130 mila visitatori interessati, tra le altre cose, al tema degli orti da curare, dei giardini multisensoriali e dei farmers market.


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CHI AMA L’ECCELLENZA SI RICONOSCE SEMPRE.

Solo latte locale certicato, senza conservanti. La grana di Bella Lodi è da sempre sinonimo di eccellenza. Lavorato ancora oggi secondo la tradizione lodigiana, Bella Lodi è il formaggio stagionato a pasta dura dal sapore inconfondibile, l’unico con la tipica crosta nera. Portalo in tavola nell’innovativa confezione salvafreschezza, o scegli il taglio nel banco gastronomia e prova le irresistibili sfoglie di Raspadura. Bella Lodi: chi lo conosce, si fa sempre riconoscere.

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di Marco Bacchetta e Danila Reposi

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Voglia di cuccioli? Qualche utile consiglio Poiché l’acquisto di animali malati, in condizioni di salute precarie (con relativa truffa economica), è un fenomeno sempre più frequente, e dato che l’autunno è il periodo in cui solitamente si decide di accogliere in casa un piccolo amico a quattro zampe, è opportuno sapere cosa dice la legge a riguardo. Scopriamolo insieme 16

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La compravendita di tutti gli animali domestici, non protetti da leggi speciali, non è lasciata al libero arbitrio ma è regolata da leggi specifiche, ovvero dalle disposizioni generali del Codice Civile in materia di compravendita di beni con riferimento all’art. 1496 relativo alla garanzia per i vizi. In particolare, è la specie canina quella maggiormente esposta al rischio legato ad alcune malattie virali, parassitarie e batteriche che possono essere contratte in allevamenti poco affidabili, in luoghi igienicamente precari o durante il trasporto in condizioni inadeguate e stressanti per gli animali. L’acquisto di un qualsiasi cucciolo viene paragonato dal C.C. a una compravendita di cose per cui esso impone determinati obblighi: all’acquirente di pagare il prezzo convenuto e al venditore di garantire l’animale da

vizi, salvo patto contrario. L’art. 1490 ci dice infatti che il venditore è tenuto a garantire che la cosa venduta sia immune da vizi che la rendano inidonea all’uso a cui è destinata o che ne diminuiscano in modo apprezzabile il valore. I vizi sono tutte le imperfezioni che incidono sull’utilizzabilità e sul valore della cosa per cui, se riferiti all’animale, possono essere difetti, patologie e malattie che ne compromettono la vitalità. La garanzia può essere fatta valere quando il vizio è pregresso, quindi esistente al momento del contratto, occulto, cioè non palese o facilmente riconoscibile al momento del contratto, e grave, che condizioni cioè le funzionalità dell’animale. Sono quindi coperti da garanzia solo i vizi definiti come redibitori. È necessario tener presente che la garanzia per vizi nell’animale è tacita, per cui sussiste anche senza dichiarazione specifica delle parti le quali possono comunque aumentarne, diminuirne o escluderne la portata con specifico patto. Per poter utilizzare la garanzia è necessario che il compratore al momento della consegna verifichi accuratamente l’animale acquistato e questo perché la garanzia non vale se il vizio era facilmente riconoscibile e o se il compratore ne era a conoscenza. In presenza di un vizio redibitorio l’acquirente può scegliere o la risoluzione del contratto o la riduzione del prezzo. Nel caso in cui siano state effettuate azioni irreversibili sull’animale, o nel caso in cui la morte dell’animale sia determinata da cause non collegate al vizio redibitorio, non sarà possibile restituire l’animale nelle stesse condizioni in cui è avvenuta la vendita per cui sarà possibile ottenere solo la riduzione del prezzo. Se invece l’eventuale morte è collegata al vizio il compratore ha diritto alla risoluzione del contratto. Sia in caso di riduzione del prezzo che in caso di restituzione, il compratore ha diritto al risarcimento, il che andrà a coprire la spese affrontate per eliminare il vizio e i danni arrecati a causa dei vizi stessi. Senza dubbio quindi il momento cruciale è quello della stipulazione del contratto, momento in cui dobbiamo verificare che la cosa o l’animale acquistato risponda alle nostre esigenze e che soddisfi le nostre aspettative. Infine il ritiro di un animale da situazioni gratuite e in condizione di visto e piaciuto, quali per esempio il ritiro da un canile municipale o l’acquisizione, comportano sempre l’assunzione di specifica responsabilità civile e morale e, nel caso di inosservanza, quale per esempio l’abbandono o la detenzione in cattive condizioni, implicano severe sanzioni penali. Il termine entro cui far valere la garanzia è di 8 giorni dalla scoperta del vizio (termine di decadenza del diritto del compratore alla garanzia) ed entro 1 anno dalla consegna dell’animale (termine di prescrizione). La comunicazione della denuncia può essere effettuata con qualsiasi mezzo idoneo di trasmissione anche se è consigliabile la raccomandata con ricevuta di ritorno.


la salute nel piatto a cura della

Fondazione Umberto Veronesi testi di Daniele Banfi (giornalista scientifico)

Non più di tre cucchiai

Extravergine,

per un cuore sano e giovane

Preferitelo a crudo, ma non preoccupatevi se dovete usarlo in cottura. L’importante è non eccedere nelle quantità: solo così infatti l’olio si rivela un vero toccasana per le arterie e un alleato contro i radicali liberi

Lo utilizziamo ovunque, sulla pasta o semplicemente con il pane, nell’insalata o come condimento per le carni. Stiamo parlando dell’olio extravergine di oliva, prodotto principe della Dieta Mediterranea. Tra le sue molte proprietà vi è sicuramente quella di proteggere le nostre arterie. Ciò avviene attraverso la regolazione dei livelli di colesterolo circolanti nel sangue. Questo parametro, da tutti temuto quando si effettuano gli esami ematologici, è uno dei fattori più importanti legati al rischio cardiovascolare. Livelli elevati di colesterolo LDL, chiamato anche “cattivo”, sono infatti causa della formazione delle placche aterosclerotiche, quei restringimenti di vene e arterie che alla lunga possono causare infarti e ictus. Con l’extravergine d’oliva i livelli di colesterolo cattivo si abbassano. Ma non solo. Quello buono infatti, noto

anche con il nome di HDL, non viene minimamente alterato. Dunque la spremuta d’oliva rappresenta, oltre che un gustoso condimento, un’ottima forma di prevenzione del rischio cardiovascolare. E che dire degli effetti anti-invecchiamento? L’extravergine è una miniera di antiossidanti tra cui la vitamina E, il tocoferolo e diversi composti fenolici. Tutte molecole in grado di difendere il nostro corpo dall’invecchiamento precoce attraverso la lotta ai radicali liberi. Questi ultimi sono i responsabili principali dei danni cellulari tipici dell’età. Essi sono delle forme particolarmente reattive dell’ossigeno, ovvero molecole molto potenti in grado di danneggiare il DNA e, alla lunga, innescare la genesi dei tumori. Grazie all’olio, gli antiossidanti contenuti in esso neutralizzano i pericolosi radicali garantendo così longevità alle cellule.

Dunque il consumo di extravergine rappresenta un’ottima fonte di quei preziosi elementi utili al benessere dell’organismo. Ma quali sono le giuste quantità di olio da assumere? Meglio crudo o come alimento di cottura? Sicuramente per una dieta sana ed equilibrata non vanno superate le dosi di tre cucchiai al giorno. È importante ricordare infatti che l’olio non è un farmaco e che un eccessivo consumo non fa abbassare il colesterolo ma, al contrario, lo innalza! Per quanto riguarda invece il modo in cui lo si utilizza, il consiglio è quello di preferirlo a crudo. Va però anche detto che l’extravergine non è dannoso nei cibi cucinati. Per la sua alta percentuale di acido oleico, l’olio d’oliva ha un elevato punto di fumo ed è stabile alle alte temperature: il mix ideale tra resistenza al calore e contenuto di antiossidanti che lo rende ottimo anche per la cottura.

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di Giuseppe Pulina

scienza e vita

Professore di Zootecnia speciale all’Università di Sassari

Caprini delle Alpi, specialità d’alta quota

Risale agli anni ’70 del ’900 il boom dei formaggi di capra in Italia, riscoperti dai tanti giovani che in quel periodo iniziavano a lasciare le città alla ricerca di una vita più genuina. Le tecniche usate erano mutuate dai vicini francesi e dalle tradizioni locali, con l’obiettivo di recuperare razze e sapori che rischiavano di perdersi. Oggi, tra i leggeri e stuzzicanti caprini freschi e i complessi formaggi maturi, la scelta è pressoché infinita 18

settembre ottobre 2012 2012

L’allevamento caprino nelle regioni della fascia sub-alpina e alpina si basa su un connubio tra antico e moderno che giustifica un prodotto estremamente ricercato dai palati più fini e di grande valore alimentare. La tradizione di allevare capre, soprattutto nelle aree montane del nord Italia, è antichissima, come testimoniato da reperti graffitati sulle pareti rocciose alpine che documentano in modo inequivocabile il rapporto tra questi animali e le tribù Camune, stanziali nella bresciana Valle Camonica, e quelle alpine coeve, fin dalla prima età del bronzo. Giova ricordare che le parti più intime del corpo di Ötzi, la famosa mummia del Similaun, erano protette da pelli di capra, fatto che ne certifica in pari età anche la presenza nell’attuale Alto Adige. Per esplorare questo mondo del tutto particolare ci rivolgiamo a Lorenzo Noè, agronomo e dottore di ricerca, nonché consigliere direttivo dell’Organizzazione Nazionale Assaggiatori di Formaggi, che da oltre 30 anni svolge con successo attività di ricerca e di trasferimento tecnologico negli allevamenti caprini alpini di Italia, Francia, Svizzera e Austria.

Lorenzo, allevamento della capra e caseificazione del latte sono dunque realtà antiche del mondo alpino… Non esattamente. Per quanto nelle tribù alpine legate al mondo celtico esistessero senza dubbio abili casari, la tradizione di fabbricare il formaggio è legata al più nobile degli animali da produzione, il bovino, mentre alla capra veniva attribuito il grande valore di produrre latte da balia, fatto per altro in voga fino ai primi anni del ’900 del secolo scorso e documentato da splendide foto d’epoca (raccolta Bertarelli, Milano), realizzate quando a Milano si vendeva il “latte in tetta”, prodotto fornito da pastori che menavano le loro piccole greggi fino alle vie più centrali della città. Per cui, nonostante l’allevamento caprino fosse diffusissimo, la tradizione nella caseificazione del suo latte nelle Alpi è scarsa, limitandosi alla produzione di Mascherpe, non meglio identificati formaggi provenienti dalla lavorazione del latte di risulta di animali altrimenti sfruttati per l’alimentazione dei neonati e dei capretti, veri destinatari della produzione.


Come spieghi allora la grande variabilità produttiva che osserviamo oggi? Negli anni ’70 del secolo scorso la riscoperta del mondo rurale da parte di giovani imprenditori in fuga dal caos cittadino porta questi ultimi a investire su tale allevamento, semplice da attuare e soprattutto richiedente limitati capitali iniziali. Questi nuovi imprenditori, spessissimo senza alcun retroterra culturale in questo ambito, iniziano a importare dai cugini d’oltralpe francesi ben più radicate tecniche di caseificazione adattandole alle situazioni locali e particolari, ma a volte anche riscoprendo antiche forme di caseificazione rilette e riviste in chiave tecnologica moderna. A ciò si aggiunga l’opera, attuata dalle Associazioni degli Allevatori nell’ultimo scorcio del secolo scorso in tutta Italia e in particolare nelle valli alpine, di conservazione e valorizzazione di ecotipi o vere e proprie razze locali, che hanno consentito di inserire nel processo produttivo un peculiare ingrediente di assoluta tipicità. Si è assistito così alla nascita di formaggi di rara intensità al palato, che coniugano innovazione e tradizione casearia, alla riscoperta di antiche razze (eclatante è il caso del Fatulì dell’Alta Val Camonica legato alla produzione della capra Bionda dell’Adamello) ma anche di altre classi di prodotto che lasciano convivere razze cosmopolite come Saanen e Camosciata delle Alpi con razze tradizionali di origine elvetica, come la Nera di Verzasca, nell’unica Dop lombarda di capra, ovvero la Formaggella di capra del Luinese, nella provincia di Varese. Quali caratteristiche possiedono questi prodotti e cosa ne garantisce il successo fra i consumatori? Questi latticini sono ottenuti con tecniche di coagulazione di solito miste, acida e presamica. Entrambe le forme, in specie se poi si utilizza la tecnica di lavorazione del “latte a crudo”, lasciano inalterate le peculiarità chimico-fisiche del latte di capra. Questo tipo di lavorazione prevede trattamenti termici blandi ed é permessa dalle autorità sanitarie solo se il latte conferito alla lavorazione ha una qualità microbiologica di grande rilievo, cosa peraltro abbastanza normale nelle condizioni ambientali degli allevamenti alpini. Queste intrinseche qualità del latte caprino delle Alpi si riflettono sul prodotto finito e conferiscono allo stesso alcune peculiarità. Innanzitutto i caprini sono formaggi che richiamano alla mente la freschezza e la leggerezza, in particolare quelli freschi normalmente prodotti con tecniche di coagulazione di tipo lattico, nei quali il consumatore può ritrovare un gradevole connubio tra i gusti dolce e acido. Per la natura chimica della frazione lipidica del latte, ricca in acidi grassi a catena corta, una connotazione caratteristica del prodotto, sia all’odorato che al gusto, è quella definita come “nota ircina”, aggettivo derivato dal nome latino della capra (capra hircus). Un ulteriore aspetto, pre-

sente soprattutto nei prodotti di pronto consumo e con pochissima maturazione, é il colore bianco della pasta dovuto alla scarsissima presenza del betacarotene normalmente contenuto nel latte di vacca e responsabile della colorazione giallastra dello stesso e dei prodotti derivati.

I caprini freschi, col loro connubio di dolcezza e acidità, richiamano un’idea di leggerezza. Quelli invecchiati invece raggiungono livelli di complessità al palato senza pari Nella foto qui sotto, Lorenzo Noè, agronomo e dottore di ricerca, nonché consigliere direttivo dell’Organizzazione Nazionale Assaggiatori di Formaggi

Cosa ci puoi dire invece dei caprini più maturi? Sempre con tecniche di cagliata di tipo lattico o presamico, il formaggio caprino si può presentare sotto forma di gamma di prodotti invecchiati e maturati con le più diverse modalità di affinamento. Il livello di complessità al palato che si può raggiungere con l’affinamento del formaggio di capra non ha eguali. Si passa attraverso la gestione di complesse lipolisi e proteolisi (scissione per via enzimatica del grasso e delle proteine) tipiche dell’invecchiamento della massa caseosa, che diventa formaggio con l’intervento dei fattori esterni legati agli ambienti di affinamento. Un’esplosione di sensazioni che investono anche le terminazioni nervose più importanti legate alla ricezione degli stimoli arrecate dal cibo (trigemio) la si prova cimentandosi, ad esempio, negli assaggi di tipiche preparazioni di paste molli (tronchetti o caratteristiche forme piramidali tronche) derivate dalla caseificazione per via lattica arricchite con muffe e trattate in superficie che danno origine alle croste fiorite, spesso ottenute con “grottazioni” (permanenza in grotte ad alto tenore di umidità) più o meno spinte. In questi casi le lipolisi e le proteolisi sono addirittura massive e portano al liquefacimento della massa caseosa, soprattutto nella zona del sottocrosta con importanti note, che raggiungono anche il tipo ammoniacale, riscontrabili al palato.

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almanacco di barbanera

di M. Pia Fanciulli

Sole e Luna Il Sole Il 1° sorge alle 06.57 e tramonta alle 18.41 L’11 sorge alle 07.08 e tramonta alle 18.24 Il 21 sorge alle 07.20 e tramonta alle 18.09 Il 1° ottobre si hanno 11 ore e 44 minuti di luce solare – mentre il 31 se ne hanno 10 ore e 23 minuti: si perdono, dall’inizio alla fine del mese, 81 minuti di luce. Domenica 28, alle 03, ritorno all’ora legale invernale (ora solare): le lancette dell’orologio dovranno essere spostate indietro di un’ora, dalle 03 alle 02. La Luna Il 1° tramonta alle 08.13 e sorge alle 19.06 L’11 sorge alle 02.25 e tramonta alle 15.54 Il 21 sorge alle 13.31 e tramonta alle 23.42

Tempo d’Ottobrata La vendemmia passa il testimone all’olivo. Simbolo di pace, come l’altro grande protagonista del mese, San Francesco, la cui festa apre le porte ai tepori e al dolce sole caratteristici delle prime settimane del mese

La Luna è all’Apogeo venerdì 5 alle ore 03. È al Perigeo mercoledì 17 alle ore 03. Luna in viaggio In questo mese i giorni favoriti dalla Luna per gli spostamenti sono: 1, 5 e 6.

Da ricordare Lunedì 4 ottobre – San Francesco d’Assisi patrono d’Italia Simbolo di pace e fratellanza, Francesco d’Assisi è tra i santi più amati al mondo. Proclamato patrono d’Italia nel 1939 da Pio XII, ogni anno, il 4 ottobre, migliaia di fedeli raggiungono Assisi per pregare sulla sua tomba. Anche se in realtà la morte avvenne alla Porziuncola il 3 ottobre del 1226 alle ore 19. Si celebra però il 4 perché nel Medioevo, e fino al XVIII secolo, il giorno legale non cominciava a mezzanotte, ma con l’Avemaria della sera annunciata dalle campane mezz’ora dopo il tramonto. E siccome ai primi d’ottobre il sole tramonta intorno alle 18, le attuali 19 corrispondono nel calendario medievale alla prima ora del 4 ottobre. 20

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Domenica 28 ottobre – Torna l’ora legale invernale Finalmente si recupera quell’ora di sonno che ci era stata tolta a primavera dall’ora legale. Si torna all’ora solare, si dice, e si spostano le lancette indietro di 60 minuti. In realtà, parlare di “solare” non è corretto, perché sempre di “legale” si tratta, in quanto ci si risintonizza con l’ora del fuso orario che comprende la penisola italiana. Si torna quindi all’ora invernale, più naturale per noi; l’ora solare è invece quella che, avendo come riferimento il passaggio del Sole sul meridiano, cambia da una città all’altra, anche quando sono vicine su uno stesso parallelo. Proprio per ovviare a queste differenze fu introdotto nel secolo scorso il sistema dei fusi orari.


Belli e sani

luna piena

luna nuova ultimo quarto

primo quarto

Orti e dintorni Profumati, generosi, familiari e insieme esotici, gli agrumi ci chiedono di essere protetti o trasferiti in casa prima dell’arrivo delle gelate notturne. Luoghi ideali sono le verande, i giardini d’inverno e tutte quelle costruzioni in vetro in cui le piante possono disporre di sole e luce. La temperatura ideale dovrebbe oscillare fra i 5 e i 15°C. In generale, comunque, purché al riparo, gli agrumi stanno bene anche all’aperto perché vento e fenomeni atmosferici hanno l’effetto di tenere a bada i parassiti. Se invece si hanno delle fucsie, in giardino o in terrazzo, anch’esse andranno protette e potate prima del riposo invernale tagliando a mezza altezza tutti i rami. Quanto ai lavori nell’orto, in Luna calante (dal 1° al 14 e dal 30 al 31) seminare all’aperto lattuga da taglio, valeriana e spinacio invernale. Nel giardino, riportare in serra o al coperto le piante grasse e i gerani. In crescente (dal 16 al 28) estrarre dal terreno i bulbi di gladiolo e impiantare crocus, tulipani e giacinti. Moltiplicare nell’orto le aromatiche.

L’autunno si inoltra, il tiepido sole di ottobre lascia il posto alla stagione fredda, chiedendo al nostro fisico uno sforzo in più per adeguarsi alle nuove condizioni climatiche. Importante quindi dare avvio, meglio se nei giorni di Luna crescente, a cure rinforzanti. Tra le varie possibilità una viene dalle mele, il cui succo centrifugato regalerà un effetto antireumatico e digestivo. Ma la mela è ottima anche cotta al forno con la buccia, come insegnano le nonne. Non solo buona da mangiare, così preparata si rivela anche uno straordinario antistress: la buccia contiene infatti una sostanza ottima nel trattamento di angoscia, tensioni e spasmi muscolari. E se invece ci siamo già beccati il primo raffreddore della stagione, ideale sarà una tisana di frutti di rosa canina, bevuta più volte al giorno. Le sue bacche, ricche di vitamina C, hanno la benefica capacità di rafforzare e migliorare le difese dell’organismo. L’infuso si prepara con 5 gr di bacche lasciate in infusione in 200 ml di acqua bollente dai 15 ai 30 minuti; bevuto freddo calmerà la sete in caso di febbre. Il vento, il freddo e le mani... si screpolano. Per far tornare elastica e morbida la pelle, assai efficaci si riveleranno dei massaggi leggeri, effettuati per una decina di minuti, con un olio preparato in casa. Ci vorranno 100 ml di olio di mandorle e 10 gr di fiori di calendula. Oppure si potrà utilizzare il decotto ottenuto dai fiori con cui bagnare le mani, più volte al giorno. Si prepara con un cucchiaio di fiori in mezzo litro d’acqua. Alla fine asciugarsi bene.

Saggezza popolare Saggezza popolare • Se ottobre dà belle giornate, godile pure in scampagnate.

• Per Santa Teresa (15 ottobre), si semina a distesa.

• Per San Francesco (4 ottobre) parte il caldo e arriva il fresco.

• D’ottobre, in cantina da sera a mattina.

• D’ottobre un bell’ovetto è più dolce di un confetto.

• Ottobre frondoso, inverno freddoso.

• Ottobre è bello, ma tieni pronto l’ombrello.

• Per San Simone (28 ottobre) il ventaglio si ripone.

• L’oliva tanto più pende, quanto più rende.

• Ottobre piovoso, campo prosperoso.

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di Gilda Ciaruffoli

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Lazio Lovedi,ecco Marino…

Torna la Sagra dell’uva più celebre d’Italia, quella di Marino, delizioso paesino dei Castelli Romani, voluta nel 1925 dal poeta Leone Ciprelli. Si ripete quindi il “miracolo” delle fontane dalle quali sgorga il rosso nettare invece che acqua, così come tornano le sfilate in costume, i ricchi addobbi fatti di grappoli d’uva e gli sfarzosi carri allegorici che rendono questa manifestazione – la più antica in Italia nel suo genere – tanto amata in tutto il mondo. È questa inoltre un’ottima occasione per visitare i Colli Albani e tutta l’area dei Castelli Romani. 6-8 ottobre, Marino Laziale (Rm) - Info:
www.sagramarino.altervista.org

Sicilia La dolce attesa Bisogna aspettare la seconda parte dell’anno per gustare la Settembrina, la pesca tardiva coltivata a Leonforte e nei territori limitrofi. Un prodotto molto amato ma non facile da reperire, che viene invece offerto in degustazione in occasione della Sagra delle pesche e dei prodotti tipici che proprio il borgo in provincia di Enna organizza. L’occasione è quella buona per gustare, oltre alla pesca dal caratteristico colore giallo e dal gusto aromatico, anche le altre produzioni tipiche del territorio, come la fava larga, le mandorle e i legumi, il tutto tra canti dialettali e spettacoli di gruppi folkloristici. 6-7 ottobre, Leonforte (En) Info: www.sagradellepesche.it

Lombardia Più scienza per tutti Sono i luoghi più belli di Città Alta e Città Bassa – dal Teatro Sociale alle dimore e ai palazzi storici, oltre a chiese, chiostri e musei, coinvolgendo anche i più bei borghi della provincia – a fare da quinta scenografica alle conferenze, agli spettacoli, ai concerti, ai laboratori, alle mostre e agli incontri con Premi Nobel, scienziati di fama internazionale e ricercatori che animano la città per 16 giorni in occasione di BergamoScienza. Ai visitatori, durante la manifestazione, è offerta la possibilità di esplorare in modo interattivo l’universo matematico, astronomico, fisico, chimico, informatico e tutti gli ambiti in cui la scienza è quotidianamente applicata. 5-21 ottobre, Bergamo - Info: www.bergamoscienza.it

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Emilia-Romagna Un gioco da ragazzi

Per dare agli chef under 12 la possibilità di mettersi alla prova e imparare cose nuove nasce Cuochi per un giorno, il primo Festival nazionale di cucina per bambini che si svolge presso lo storico ristorante modenese la Secchia Rapita. Due giornate, decine di appuntamenti e laboratori durante i quali i piccoli cuochi possono annusare, toccare, pesare, dosare, impastare, miscelare, modellare, cuocere. La parola d’ordine è divertirsi! Perchè cucinare è un gioco da ragazzi. 6-7 ottobre, Modena Info: www.cuochiperungiorno.it


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Valle d’Aosta Il forte in festa

Sapori e tradizioni della Valle d’Aosta tornano in vetrina nella nona edizione del Marché au Fort, che si tiene nella suggestiva cornice del Borgo e del Forte di Bard. Un’occasione per scoprire le specialità della tavola della piccola regione alpina nella più importante rassegna dedicata alle eccellenze della tavola valdostana. I cultori del gusto possono qui incontrare un’ottantina di produttori e conoscere da vicino la variegata offerta dell’enogastronomia locale. Nel corso della giornata sono inoltre previste animazioni che vedono protagonisti gruppi musicali e folcloristici. 14 ottobre, Bard (Ao) Info: www.fortedibard.it

Lombardia Per coltivare la diversità Torna Kuminda, il festival del diritto al cibo: cinque giorni di spettacoli, degustazioni, incontri, laboratori dedicati all’alimentazione in tutti i suoi aspetti. Kuminda racconta il cibo attraverso molteplici suggestioni per parlare di chi lo consuma e di chi lo produce, per condividere le esperienze virtuose di produzione agricola, i progetti di cooperazione con i paesi del Sud del mondo, le filiere di distribuzione sostenibili, le scelte di consumo consapevoli. L’evento si svolge alla Cascina Cuccagna, piccolo gioiello dell’architettura agricola nella centrale zona di Porta Romana, a Milano, recentemente ristrutturato e riportato all’antico splendore (foto: Matteo Deiana). 11-15 ottobre, Milano - Info: www.kuminda.org

Veneto Bollicine in mezzo al mare

Trentino-Alto Adige Questa l’ho raccolta io!

Pomaria è per tradizione l’appuntamento con la raccolta delle mele Dop della Val di Non e con i sapori “di prossimità” che si presentano al pubblico nella piazza rinascimentale e nelle vie del borgo di Casez. In occasione di Pomaria, il borgo diventa un laboratorio diffuso a cielo aperto: i partecipanti infatti hanno la possibilità di prendere parte a numerose attività come la raccolta delle mele, i laboratori per imparare a confezionare dolci e marmellate, le degustazioni… Ospiti d’onore del 2012 le eccellenze provenienti dalle zone dell’Emilia colpite dal terremoto. 13-14 ottobre, Casez (Tn) Info: www.pomaria.it

Prosecco bubbling style on show è una manifestazione tutta nuova che unisce due mondi accomunati dal medesimo lifestyle frizzante, quello del celebre vino tutto bollicine e quello della vela. L’evento infatti si svolge negli stessi giorni della Barcolana, la più affollata regata del Mediterraneo, presso il Salone degli Incanti di Trieste. Le danze si aprono l’11 ottobre, ma solo per gli addetti ai lavori; è infatti dalla serata di venerdì 12 che il grande pubblico diventa ospite d’onore e, tra imbarcazioni di gran classe, velisti e tanti ospiti illustri, può degustare e acquistare le proprie bottiglie preferite. 12-14 ottobre, Trieste Info: www.proseccoshow.it

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Umbria Connessi con la dolcezza

“Applichiamoci” è l’esortazione che fa da tema portante a questa edizione di Eurochocolate, la manifestazione rivolta a tutti i golosi che, sempre più numerosi, utilizzano il web e le moderne tecnologie per essere costantemente al passo con i tempi. “Applichiamoci” è un gioco di parole che rimanda alle applicazioni scaricabili da tablet e smartphone, ma che è anche un invito ad impegnarsi con passione in ogni progetto. La stessa passione con la quale impegnarsi nella degustazione delle tante dolcezze in mostra durante il Chocolate Show, grande emporio dedicato al mondo del cioccolato, vero protagonista della manifestazione. 19-28 ottobre, Perugia - Info: www.eurochocolate.com

Toscana Ogni angolo un assaggio Si rinnova l’appuntamento enogastronomico più atteso della provincia di Pisa:
protagonisti di Volterragusto il pregiato Tartufo Bianco locale e le tante specialità del comprensorio. Cornici di incontri e stand di degustazione sono le corti e i palazzi storici della città, aperti e visitabili per l’occasione, tappe di un itinerario del gusto che intreccia gastronomia e cultura, i sapori della tradizione locale con alcune delle ambientazioni più emozionanti e meno note della città. 
 20-21, 27-28 e 31 ottobre – 1 novembre, Volterra (Pi) Info: www.volterragusto.com

Piemonte L’autunno che fiorisce Il Parco del Castello di Masino ospita l’ottava edizione della Due giorni per l’autunno, mostra mercato di piante e prodotti insoliti in uno straordinario spettacolo di colori e di sapori autunnali, organizzata dal FAI – Fondo Ambiente Italiano sotto l’accurata regia dell’Architetto Paolo Pejrone, fondatore e Presidente dell’Accademia Piemontese del Giardino. Anche quest’anno la manifestazione offre l’opportunità unica di ritrovarsi con oltre 130 tra i migliori vivaisti italiani ed europei, presenti con le loro collezioni di punta e interessanti novità. In vendita anche prodotti tipici dell’orto e del frutteto d’autunno (foto: Simonetta Biagioni). 20-21 ottobre, Caravino (To) - Info: www.fondoambiente.it

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Trentino-Alto Adige Brindisi a grappoli

La Festa dell’uva è uno degli eventi più tradizionali di Merano, le sue origini risalgono al 1886. Tre le giornate durante le quali si celebrano il vino e la vendemmia, tra musica, balli e cortei, in centro città e lungo la passeggiata del fiume Passirio. Un ricco mercatino offre un’ampia scelta di specialità gastronomiche sudtirolesi e di prodotti artigianali, mentre le bande locali e gli spettacoli folkloristici animano le degustazioni durante le giornate di sabato e domenica. Cuore della festa è la sfilata di carri allegorici, protagonista della quale è un enorme grappolo d’uva di 300 kg, la cui prima apparizione risale al 1951. 19-21 ottobre, Merano (Bz) Info: www.merano.eu


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Marche Altro che Halloween!

Nel centro storico dell’antico borgo di Ostra, come ogni anno, rivive l’antica credenza popolare degli Sprevengoli nella magica Notte a loro dedicata. Spiritelli dispettosi che disturbano il sonno dei malcapitati facendoli svegliare di soprassalto, gli Sprevengoli sono quindi i protagonisti di una festa dall’atmosfera misteriosa che coinvolge tutto il centro storico. Per l’occasione vengono allestite cantine e osterie a tema che offrono la possibilità degustare i migliori piatti tipici accompagnati dai pregevoli vini marchigiani. Il tutto in un’atmosfera stregata, da far venire i brividi! 26-28 ottobre, Ostra (An) - Info: www.visitaostra.it

Veneto I segreti del riccio Fiore all’occhiello del borgo veneto, il Marrone di San Mauro è frutto della passione e del duro lavoro di intere generazioni che hanno selezionato una particolare varietà di castagno, unica per aspetto, qualità e sapore. Coltivato esclusivamente fra i comuni di San Mauro, Roveré Veronese, Badia Calavena, Selva di Progno, Mezzane di Sotto e Tregnago, viene raccolto e lavorato con metodi tradizionali. La festa a lui dedicata rappresenta un momento importante per degustare questo prodotto tipico preparato in tanti modi diversi: lesso, al forno, arrosto, in confettura, nelle zuppe... 26-28 ottobre, San Mauro di Saline (Vr) Info: www.comune.sanmaurodisaline.vr.it

Toscana Vivere meglio, a tutto tondo Il mondo del biologico e del naturale si danno appuntamento al Terminal Crociere – Stazione Marittima di Livorno – a Naturalia, idee naturali al 100%. La fiera consente una full immersion nel mondo del naturale, delle pratiche non convenzionali, della bioarchitettura, della sana e consapevole alimentazione, ed è strutturata in quattro settori espositivi: Alimentazione, Salute, Ambiente, Turismo e tempo libero. Quattro sentieri che ciascun visitatore può intrecciare secondo il proprio interesse. Denso il programma di eventi e convegni. 27-28 ottobre, Livorno Info: www.spazio-eventi.it

Lombardia Tartufi e non solo

La festa del tartufo è solo l’ultimo degli appuntamenti golosi organizzati durante tutto il mese di ottobre presso il Polo Fieristico Enogastronomico di Polpenazze, sulla sponda bresciana del Lago di Garda, in occasione della manifestazione Ottobre in festa. Il Polo, suddiviso in tre padiglioni – dedicati rispettivamente alla ristorazione, agli spettacoli e a una ricca carrellata di espositori di prodotti tipici – richiama un vasto pubblico di amanti della buona tavola e del divertimento più sano, e si erge nel verde entroterra della Valtenesi. La manifestazione si conclude il 31 ottobre con una speciale festa di Halloween, non prima però di aver festeggiato a dovere il succulento tubero nato proprio sulle collige gardesane. 26-28 ottobre, Polpenazze del Garda (Bs) Info: www.ottobreinfesta.it

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appuntamenti in breve

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1 Mortadella, please! Rassegna dedicata al prodotto tipico più caratteristico del bolognese. 4-7 ottobre, Zola Predosa (Bo) Emilia-Romagna Info: www.mortadellaplease.it

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Evento culturale, artistico e gastronomico dedicato al cibo biologico e al benessere olistico. 5-7 ottobre, Urbino (PU) – Marche Info: www.biosalusfestival.it

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Rassegna di piante, fiori e frutti dimenticati al Castello di Paderna. 6-7 ottobre, Pontenure (Pc) Emilia-Romagna www.fruttiantichi.net

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10 3 Sagra del Casaro Festa che celebra una tradizione, quella del Casaro, antica e ancora viva nella Sila. 5-7 ottobre, Camigliatello Silano (CS) Calabria Info: www.prolococamigliatello.it 
 4 Spiedo Gigante Succulente pietanza cucinata nella piazza centrale del paese. 5-14 ottobre, Pieve di Soligo (Tv) – Veneto Info: www.deliziedautunno.tv

5 Albergo da gustare Il Grand Hotel Fasano ospita la kermesse enogastronomica dedicata alle eccellenze gardesane. Prenotazione obbligatoria. 6 ottobre, Gardone Riviera (Bs) – Lombardia Info: www.ghf.it

10 Sagra delle tacchie ai porcini La festa celebra l’abbinamento classico della gastronomia locale tra pasta e funghi. 6-7 e 13-14 ottobre, Bellegra (Rm) – Lazio Info: www.bellegra.eu

7 Mast còt Nella patria dell’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena si celebra un momento fondamentale della realizzazione del prezioso prodotto: la bollitura del mosto. 6-7 ottobre, Spilamberto (Mo) Emilia-Romagna Info: www.comune.spilamberto.mo.it 8 Festa della nocciola Sagra che propone quest’anno l’originale salsiccia alla nocciola. 6 ottobre, Novara di Sicilia (Me) – Sicilia Info: www.novaradintorni.it

9 Festival dell’artigianato di strada Manifestazione dedicata al vero artigianato artistico. 6-7 ottobre, Frisanco (Pn) Friuli-Venezia Giulia Info: www.arttufestival.it

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11 Festival delle Pro Loco
 Raduno regionale eno gastronomico che ospita le Pro Loco di tutta la Sardegna. Degustazioni e musiche tradizionali. 6-7 ottobre, Sestu (Ca) – Sardegna Info: www.prolocosestu.it

12 Revival Folkloristico Uva e Vino Montonico Festa popolare con degustazioni, carri allegorici, gruppi folcloristici e un percorso culturale che si snoda per il paese. 7 ottobre, Bisenti (Te) – Abruzzo Info: www.bisenti.com


13 Palio degli asini

15 VinoCulti

22 Sagra del sedano nero

La divertente corsa dei ciuchini apre ufficialmente la Fiera del tartufo. 7 ottobre, Alba (Cn) – Piemonte Info: www.fieradeltartufo.org

Degustazioni ed eventi culturali dedicati ai vini altoatesini. 11 ottobre-11 novembre, Tirolo (Bz) Trentino-Alto Adige Info: www.vinoculti.com

Nel corso della manifestazione si può acquistare il sedano che si coltiva esclusivamente a Trevi. 21 ottobre, Trevi (Pg) – Umbria Info: www.protrevi.com

16 Ars et Vinum

23 Batailles de Reines

Musicisti, pittori e artisti si alterneranno in una serie di performance affiancate da degustazioni di vini del territorio. 12 ottobre-11 novembre, Lagundo (Bz) Trentino-Alto Adige Info: www.lagundo.com

Spettacolare finale dei tradizionali combattimenti tra reine, combattive mucche valdostane. 21 ottobre, Aosta – Valle d’Aosta Info: www.amisdesreines.it

14 Sagra della noce santantimese Degustazione di diversi piatti tipici a base della tipicità locale. 7 ottobre, Sant’Antimo (Na) – Campania info: www.comune.santantimo.na.it

17 AgrieTour Salone nazionale dell’agriturismo. In mostra i territori delle regioni italiane con le proprie offerte di turismo sostenibile e le prelibatezze da gustare e acquistare. 12-14 ottobre, Arezzo – Toscana Info: www.agrietour.it

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18 Sagra della Zucca Bertagnina DeCO Manifestazione che celebra la tipicità locale. 13-14 ottobre, Dorno (Pv) – Lombardia Info: www.sagradellazucca.it

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25 La festa delle streghe

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Folleggiante carnevale d’autunno animato da musica, spettacoli e degustazioni… stregate. 26-31 ottobre, Corinaldo (An) – Marche Info: www.missstrega.it

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24 I sapori autunnali del Pollino Festival del gusto nel cuore del Parco Nazionale del Pollino. 22 ottobre-3 novembre, Viggianello (Pz) Basilicata Info: http://pollinoeventiesagre.blogspot.it

19 Profumi e sapori d’autunno Festa enogastronomica nel Parco dell’Alta Murgia. 13-14 ottobre, Cassano delle Murge (Ba) Puglia Info: www.ferventazione.it 
 20 Funghi in mostra dal bosco al piatto

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In esposizione i funghi raccolti nei parchi della Provincia. 13-21 ottobre, Martina Franca (Ta) – Puglia Info: www.valleditriafunghi.it

21 Opuntia Ficus Sagra del Ficodindia. ottobre, Roccapalumba (Pa) – Sicilia Info:
www.roccapalumba.pa.it

26 Sagra della castagna munnaredda Degustazione della specialità locale e escursioni guidate nei castagneti. 29-31 ottobre, Tramutola (Pz) – Basilicata Info: www.prolocotramutola.it

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Panorama 30

Storie dall’Italia che merita: la Fattoria della Piana Un’azienda calabrese di formaggi, con una filiera “bio” che ha conquistato il mondo

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Storie dall’Italia che merita: Terre di Balbia Se un friulano s’innamora della Calabria, non può che nascere un grande vino

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Il personaggio del mese: Etile Carpenè Intervista al reggente della dinastia che ha fatto grande lo “champagne italiano”

da pag. 38 Rubriche • La pagina verde di Legambiente Energia solare: i comuni più virtuosi

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storie dall’Italia che merita

Calabria, miracolo in fattoria Nel Sud più profondo (e problematico) d’Italia c’è una filiera agroalimentare completa ed ecosostenibile che ha fatto stupire anche l’UE. Si chiama Fattoria della Piana: produce formaggi di qualità che vengono venduti (e premiati) in tutto il pianeta e per autoalimentarsi trae energia dal letame e dagli scarti di lavorazione. E le mucche? Tranquilli, a loro ci pensano gli operai indiani Sikh

quotidiani della West Coast americana. Ci credereste che stiamo parlando di un’azienda che ha sede a Candidoni – sì avete letto bene: Can-di-doni – un minuscolo e anonimo comune della Calabria più profonda, abitato da meno di 200 anime e sperduto in mezzo a distese di vecchi aranceti e polverose strade di campagna, al confine tra le province di Reggio Calabria e Vibo Valentia?

Da Candidoni… alla Casa Bianca di Francesco Condoluci

Calabria

Candidoni

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A Bruxelles, al Parlamento Europeo, la considerano una vera e propria “case history” in positivo, per ciò che riguarda il corretto impiego dei fondi comunitari. La Beijing Tv, la televisione di stato cinese, arrivata fino a qui da Pechino, le ha dedicato addirittura uno speciale che è stato proiettato durante le Olimpiadi del 2008. E nella loro rassegna stampa, si trova persino un ritaglio del San Francisco Chronicle, uno dei più popolari

Un posto, insomma, difficile da individuare persino sulle mappe geografiche più dettagliate, ma che, da una decina d’anni a questa parte, ha improvvisamente concentrato su di sé la luce dei riflettori di mezzo mondo grazie a Fattoria della Piana, un marchio sorto sulle ceneri di una vecchia azienda agricola e zootecnica degli anni ’30 e che oggi è arrivato a esportare i suoi eccellenti prodotti lattiero-caseari fino in Nordamerica e Giappone, ma soprattutto a essere conosciuto a livello


Un modello calabrese da esportare di Domenico Marasco

In apertura, una panoramica della Fattoria della Piana: in primo piano il suo impianto a biogas, il più grande del Mezzogiorno. Sotto una fase della lavorazione dei formaggi nel caseificio cooperativo

internazionale appunto per la straordinaria organizzazione del ciclo produttivo che ha alla base. Un tempo qui, a due passi dalle gigantesche gru (sempre più malinconicamente ferme) del Porto di Gioia Tauro e dagli agrumeti (in buona parte abbandonati) della Piana di Rosarno – simboli, diversi ma equivalenti, del decollo economico di questa terra che poteva essere e non è stato – l’odierna Fattoria della Piana vivacchiava di agrumicoltura e producendo mozzarelle e formaggi di qualità che non superavano però la ristretta dimensione locale. Poi, a governare l’azienda è arrivato Carmelo Basile, giovane manager pieno di idee e di intraprendenza, che, nel breve volgere di pochi anni, ha trasformato – «applicando nuove tecnologie a secolari ricette di caseificazione» ama sottolineare – la vecchia struttura agricola in una impresa economica globale dotata di una filiera ultramoderna e innovativa e di una rete di commercializzazione che, giusto per fare un esempio illuminante, è arrivata persino a inviare un campione dei suoi prodotti freschi – bufale, ricotte e fiordilatte – a Washington, alla Casa Bianca, per una possibile fornitura. Figlia di un processo di ammodernamento agricolo che in Calabria (e forse anche oltre) annovera davvero pochi, pochissimi casi analoghi, la forza di Fattoria della Piana sta comunque nella capacità di aver saputo riunire assieme, in forma cooperativa, un terzo degli allevatori calabresi. Il latte – circa 20 mila litri prodotti dalle pendici dell’Aspromonte fino al Crotonese (che all’anno fanno circa 6 milioni tra quello bovino e ovino) – in sostanza, ogni giorno arriva tutto qui, a Candidoni, all’interno dei 1.400 mq del caseificio cooperativo che rappresenta il vero cuore dell’azienda,per essere trasformato, oltre che in prodotti freschi come appunto ricotte e mozzarelle, anche in formaggi tipici come caciotte, caciocavalli e pecorini di varia qualità e stagionatura. Proprio il pecorino ha finito per diventare la linea-ammiraglia della produzione “made in Fattoria della Piana”, tanto che l’azienda di Candidoni è assurta a primo produttore in Calabria, con la varietà Ri-

Quando metti in agenda di andare nel Sud più profondo della Calabria, in un posto chiamato Candidoni che si trova nei pressi di Rosarno, il paese passato tristemente alla storia per i fatti di cronaca nera e per essere stato un paio d’anni fa teatro della violenta rivolta degli immigrati africani, pensi già di sapere cosa ti aspetti. Ma nel momento in cui un serio e competente dirigente dell’Assessorato Regionale all’Agricoltura ha insistito tanto per farmi conoscere una realtà aziendale di quelle parti, ho pensato che, evidentemente, qualcosa di serio doveva pur esserci. Mai, tuttavia, avrei potuto immaginare di trovare proprio lì un angolo di Nord Europa, un’azienda di quelle che pensi possano esistere solo in Olanda o in Finlandia. All’ingresso di Fattoria della Piana ci aspetta l’amministratore delegato, Carmelo Basile. E si capisce subito che non è il “solito” amministratore, freddo, manageriale e con in testa solo numeri. Si rivela subito un passionale infatti, un trascinatore, un missionario quasi. È così entusiasta della “sua” creatura che quasi vorrebbe farci vedere tutto in una volta. Ma andiamo con ordine: la Fattoria della Piana è un’azienda la cui “mission” è fare uno straordinario pecorino calabrese. Cosa che fa bene, anzi benissimo (e il nostro auspicio è che presto questi formaggi possano trovarsi facilmente anche a Milano).Ma il punto non è questo. L’azienda lavora infatti in piena autonomia energetica, con pannelli fotovoltaici ma non solo: all’interno è stato costruito un impianto di biogas che produce energia con gli scarti delle produzioni agricole della zona. E non finisce qui. Dove vengono smaltiti i rifiuti? Semplice: vengono riciclati da un impianto di fitodepurazione che è il vero fiore all’occhiello di tutta la struttura. Le acque reflue convergono in un gruppo di piscine riempite di ghiaia con sopra una piantumazione di cannette che depurano le acque e che così pulite vengono scaricate nel fiume. Le cannette, alte qualche metro, vengono tagliate e utilizzate per l’impianto di biogas e quindi producono energia. L’altro aspetto straordinario di Fattoria della Piana è quello di essere riuscita a raccogliere (cosa alquanto rara in Calabria…) 60 soci produttori di latte in cooperativa che conferiscono il prodotto all’azienda. A Rosarno abbiamo trovato insomma un pezzo di Calabria che non ti aspetti, con gli indiani Sikh che, sbarcati qui dopo aver lavorato nel Nord Italia, dicono di aver trovato quasi una seconda patria. Un pezzo di Calabria in grado di eccellere (e competere a livello internazionale) nella produzione, nell’organizzazione manageriale, nell’ecosostenibilità e nell’innovazione. Un pezzo di Calabria che potrebbe, anzi dovrebbe diventare un modello per tutta la regione. Questa è la Calabria da cui bisogna (ri)partire! Una Calabria – e lo suggeriamo al governatore regionale Giuseppe Scopelliti – che bisognerebbe portare sempre nel taschino, per esibirla a tutto il mondo.

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In alto, i pannelli fotovoltaici collocati sui tetti delle stalle la cui energia, sommata a quella ricavata dagli scarti del caseificio e dell’agroindustria locale, viene utilizzata per i processi produttivi del caseificio, consentendo di risparmiare combustibili fossili

serva, prodotta solo con latte ovino del territorio, che è riuscita a vincere tre volte di fila il premio Cheese Award a Tuttofood, la fiera internazionale dell’agroalimentare che si tiene ogni due anni a Milano. La qualità e il successo planetario dei suoi prodotti, in realtà, rappresentano l’inevitabile coronamento di una strategia aziendale lungimirante che ha investito in tecnologia e risorse umane per arrivare a costruire una “filiera agroalimentare completa”: Fattoria della Piana, allo stato, vanta infatti 900 capi bovini, una modernissima sala mungitura con annesso sistema di monitoraggio delle condizioni di salute del bestiame a mezzo collare

elettronico, oltre al caseificio. Tra i locali di questa futuristica fattoria che ospita, in un tutt’uno, computer, vacche, balle di fieno, laboratori di analisi per le verifiche di qualità sui foraggi coltivati, sul latte e sui formaggi prodotti e persino una mensa aziendale dove si mangia meglio che in un ristorante stellato, da qualche tempo si vedono gironzolare pure curiosi personaggi in turbante e barba lunga: sono indiani Sikh e Basile li ha voluti qui, dentro l’impresa di Candidoni, per occuparsi delle mucche, data la loro particolare sensibilità e venerazione per questi animali che in India infatti vengono considerati sacri. Quasi a dimostrare che il segreto di Fattoria della Piana, nonostante il profilo avveniristico delle sue strutture, resta comunque il fattore umano.

Dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior… C’è poco da meravigliarsi dunque se questa cooperativa, che ogni anno nell’ambito del circuito delle “fattorie didattiche” viene visitata da circa 3 mila bambini, ha fatto incetta di premi e riconoscimenti in tutto il mondo. Tanto più che dal 2009, al suo già ricchissimo know-how, l’azienda ha potuto aggiungere la classica ciliegina sulla torta: la prerogativa cioè di essere energeticamente autonoma e totalmente ecosostenibile, grazie alla costruzione di un impianto di produzione di biogas che con una potenza elettrica di 998 kilowatt, ne fa una delle più grandi centrali agroenergetiche del Mezzogior-

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no. Tutti gli scarti del caseificio e dell’agroindustria locale (letame, siero di latte, pastazzo d’agrumi, sansa d’olive, vinacce, scarti di ortofrutta) in sostanza, vengono utilizzati per produrre elettricità e calore e per soddisfare l’intero fabbisogno energetico aziendale. Se a questa produzione aggiungiamo anche l’energia termica proveniente dagli impianti fotovoltaici collocati sulle stalle al posto delle vecchie eternit, ne vien fuori una capacità energetica (da fonti rinnovabili) che potrebbe soddisfare il consumo di 2.680 famiglie e che viene utilizzata qui per i processi produttivi del caseificio, consentendo di risparmiare combustibili fossili.I componenti della task-force inviata dalla Commissione Europea nel gennaio di quest’anno per verificare l’utilizzo dei fondi UE,di fronte a questo piccolo miracolo quasi non credevano ai loro occhi. Ma Basile e il suo team di giovani tecnici che collaborano con le università di mezza Europa, quando si parla del loro successo, si schermiscono. E dicono, tra il serio e il faceto, di aver semplicemente preso alla lettera le strofe di quella vecchia canzone di Fabrizio

De Andrè che cantava «dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior…». La verità è che Fattoria della Piana ha solamente applicato in maniera magistrale e funzionale un concetto elementare della filosofia ecosostenibile: trasformare cioè i problemi in risorsa, traendo energia da letame, liquami e altri residui agricoli. L’ultima chicca, quella che ha fatto guadagnare alla coop di Candidoni, manco a dirlo, un ennesimo alloro – in questo caso il Premio Innovazione Amica dell’Ambiente 2010 da parte di Confindustria e Legambiente – è la realizzazione di un impianto di fitodepurazione che consente agli scarichi idrici dell’intera fattoria di essere depurati da migliaia di piante che,oltre a rendere l’acqua pulita e riutilizzabile, forniscono ulteriore biomassa per l’impianto biogas. Un ecosistema completo capace di realizzare prodotti caseari di altissima qualità, produrre, a impatto ambientale zero, più energia di quanta ne consuma,risolvere il problema dello smaltimento degli scarti e restituire infine al terreno gli elementi nutritivi sottratti dalle coltivazioni, in maniera del tutto biologica: ecco cos’è Fattoria della Piana. E scusate se è poco.

In queste pagine, le “sacre” mucche, le pecore e i formaggi ricavati dal loro latte a Fattoria della Piana. Sotto l’impianto di fitodepurzione

Nuove tecnologie e secolari ricette di caseificazione convivono a Fattoria della Piana, virtuosa realtà che rappresenta un unicum nell’intero Meridione ottobre 2012

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Quel filo rosso tra il Friuli e l’antica Enotria Vai per il Collio e chi ti incontri? Un vino calabrese. Merito del friulano Gianni Venica, che 13 anni fa s’è innamorato della punta dello Stivale tanto da acquistare una proprietà per coltivare vigne tra la Piana di Sibari e il massiccio del Pollino. Così è nato Terre di Balbia, un vino per pochi ma con grandi ambizioni: far conoscere al mondo l’Enotria, la “terra del vino” com’era un tempo chiamata la Calabria di Stefania Monaco 34

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Gianni Venica è noto in tutto il mondo come produttore di grandi vini friulani. Il suo Sauvignon Ronco delle Mele è uno dei più apprezzati bianchi italiani. L’azienda di famiglia è attiva da 80 anni a Dolegna, nel cuore del Collio, ed è un punto di riferimento per i vignaioli che vogliono fare prodotti territoriali di qualità. Un giorno però Gianni fa un viaggio in Calabria.

Un’ora sola… per decidere «Era il 1999 – racconta – e io per la prima volta visitavo quella regione, grazie all’amico Silvio Caputo di Cosenza che per anni aveva lavorato in America dedicandosi alla vendita dei vini». Quel giorno di agosto di oltre dieci anni fa, Gianni se lo ricorda ancora molto bene: «Improvvisamente mi è sembrato di ritrovarmi in paradiso. Diamante, Altomonte, la Piana di Sibari, Civita, Morano... paesi così diversi nel raggio di pochissimi chilometri. Mi sono chiesto: ma perché nessuno parla mai di Calabria in questi termi-

ni?». A quel punto, il produttore friulano non ci pensa due volte e si rivolge perentorio all’amico: «Cerca una proprietà e facciamo il nostro rosso al Sud!». Passano pochi mesi e a ottobre in Friuli arriva una telefonata da parte di Silvio. Il giorno dopo Venica è già in Calabria. «Perfetto! Un appezzamento di 11 ettari ad Altomonte. Ero incantato.Alle spalle il massiccio del Pollino, davanti la Piana di Sibari. Il clima asciutto e ventilato. Le vigne a piccoli alberelli bassi. Piante di 40 anni di Magliocco, Gaglioppo, Sangiovese e Montepulciano. L’istinto da produttore di vino vinceva su tutto. Alimentato da quel venticello che va dal Pollino alla Piana di Sibari e viceversa. In un’ora avevo deciso». E così nel 2000 nasce Terre di Balbia, dal toponimo antico della città di Altomonte, voce fenicia derivante da Baal, che significa “signore” e “divinità”. La città era conosciuta per il vino già ai tempi dei Romani: Plinio il Vecchio infatti la cita tra quelle che producono vini pregiati come, appunto, il Balbino.


Magliocco e Sangiovese, un connubio riuscito «Le uve della proprietà venivano prima vendute sfuse, perché in Calabria, ancora oggi, la gente fa il vino in casa – spiega ancora Gianni Venica – Noi abbiamo applicato un metodo produttivo di grande qualità, con un obiettivo enologico di eccellenza. Sono 5 mila le piante per ettaro. Prima si producevano 5-6 chili di uva per pianta, noi invece ne ricavavamo al massimo 2. Tanto che all’inizio i lavoratori calabresi ci guardavano titubanti per questa resa equilibrata». Prosegue Venica: «La zona è magnifica per i rossi, sempre ventilata dalla montagna e benedetta dal salmastro del mare; non c’è bisogno di trattamenti, al massimo un po’ di zolfo. Una terra vocata a quel tipo di lavorazione che dà origine ai cosiddetti “vini naturali”». Per quanto riguarda la lavorazione vera e propria, spiega Gianni Venica, «l’uva si raccoglie alle 6 di mattina, a maturazione piena. Il Magliocco e il Gaglioppo maturano prima, due settimane dopo Sangiovese e Montepulciano. Alle 13, i camion-frigo partono verso la cantina in Friuli, arrivano il giorno dopo e si vendemmia subito. La temperatura (voluta) di 14 gradi del camion frigo consente una macerazione prefermentativa, poi il mosto fermenta e il Serramonte (Sangiovese e Magliocco) va in barrique, mentre il Balbium (Magliocco) fa acciaio e una parte in barrique poi, dopo un anno, viene imbottigliato». I vini vengono venduti a 25 euro il Serramonte e 13 euro il Balbium, per un totale di 16 mila bottiglie che hanno trovato subito mercato in Svizzera,Austria e Stati Uniti. In Italia poche le bottiglie reperibili; in Calabria si trovano solo nei grandi ristoranti.

Non solo vino Oggi l’azienda Terre di Balbia vanta 26 ettari di terreno divisi in due blocchi; qui si produce anche olio perché, oltre ai vitigni, sono presenti due varietà di olive, la Tondina e la Cassanese. Con queste si realizzano due oli extravergine straordinari, anche questi venduti principalmente all’estero, visto che in Italia la cultura dell’extravergine è ancora, paradossalmente,

In apertura e qui sopra i terreni dell’azienda Terre di Balbia. Sotto, Silvio Caputo e Gianni Venica

poco diffusa. «A me fare l’olio costa 7 euro al litro per la raccolta e 3 euro per il lavoro nella campagna – sono ancora le parole di Venica – quando ho iniziato a lavorare a questo progetto con il vino, non sapevo nulla di olio e devo ringraziare Luigi Veronelli che mi ha indottrinato a questo mondo. Oggi abbiamo un piccolo frantoio meccanico. Raccogliamo per varietà, nonostante il piccolo appezzamento di 2 ettari e mezzo, per un totale di 800 litri (Tondina) e 500 litri (Cassanese). Sulla bottiglia mettiamo l’annata di produzione e il quantitativo di polifenoli, molto alto rispetto alla media. Ci siamo divertiti a fare una verticale, cosa inconsueta per il mondo dell’olio, e posso dire che è stata un successo». Il futuro calabrese di Gianni Venica adesso prevede l’apertura di una cantina così da poter vinificare nel luogo dove le uve nascono e far conoscere l’Enotria a tutti quelli che non l’hanno ancora visitata, «proprio come successe a me quel giorno di agosto del ’99!» conclude.

Terre di Balbia nasce ad Altomonte, tra il massiccio del Pollino e la Piana di Sibari, una zona magnifica per i rossi, sempre ventilata e benedetta dal salmastro del mare, vocata ai “vini naturali”

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ilpersonaggiodelmese

Etile Carpenè il principe del Prosecco Quarta generazione di una famiglia il cui capostipite, Antonio Carpenè, pioniere dello “champagne italiano”, ha portato per primo l’attenzione degli addetti ai lavori sulle bollicine made in Italy, il presidente e titolare della Carpenè Malvolti si racconta per noi in un’intervista esclusiva di Roberto Rabachino

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Dottor Etile Carpenè, il suo bisnonno volle la prima Scuola Enologica italiana che aprì nel 1876 proprio a Conegliano. Una famiglia che ha tracciato la storia, la sua, e non solo del Prosecco… Il mio bisnonno,Antonio Carpenè Sr, aveva intuito che per produrre un buon vino occorre avere buone uve e applicare a ogni vitigno e a ogni territorio il modo migliore di coltivazione. Fanno parte della storia della viticoltura del territorio le sue “cattedre ambulanti”, lezioni tenute saltando su un carretto nella piazza di un paesino o sul tavolo dell’osteria, su come si dovevano coltivare le uve per avere il miglior vino possibile, quali vitigni studiare e impiantare. Come sono stati per decenni fondamentali i suoi libri sull’agricoltura e sulla viticoltura, adottati anche nelle scuole di agraria fino a pochi anni fa. Per primo, il mio bisnonno ha sviluppato il concetto di “champagne italiano” e ha portato l’attenzione e l’interesse degli addetti ai lavori sulle bollicine made in Italy. Un grande personaggio, che ha voluto lasciare ai posteri gli strumenti più utili per continuare la strada da lui aperta. Voleva che i giovani si avvicinassero e si appassionassero all’enologia e se la Scuola Enologica ancora oggi sforna enologi di primo piano italiani e stranieri, si deve all’impronta formativa che ha lasciato proprio il mio bisnonno. Oggi l’Istituto Cerletti è considerato uno dei primi a livello europeo e ha una molteplicità di offerta formativa fino all’Università e ai Master in Viticoltura e Enologia. Certamente, con il tempo, sono cambiate molte cose nella vitivinicoltura,così come sono cambiati anche i vitigni che, nel 1868, anno di fondazione dell’azienda, formavano il blend di quello che si può definire l’antesignano dell’odierno Prosecco Docg. Dopo di lui, anche mio nonno Etile Sr ha avuto un ruolo importante nello sviluppo del Prosecco, ovvero l’inserimento per la prima volta in etichetta della dicitura Prosecco, Vino Amabile dei Colli di Conegliano. Il contributo di mio padre,Antonio Carpenè Jr è stato infine determinante per lo sviluppo del vitigno Prosecco – che oggi da disciplinare si chiama Glera –, infatti mise a punto la fermentazione del mosto d’uva in autoclave, il metodo che oggi è applicato a milioni di bottiglie e permette di preservare nel migliore dei modi le caratteristiche delle uve di Prosecco (Gle-


ra). Così, di padre in figlio, da oltre 140 anni continuiamo ad avere un rapporto privilegiato con molti vignaioli, seguendoli durante tutto l’arco dell’anno per avere le uve migliori, proprio come voleva mio nonno. Comunque ogni generazione ha dato il suo importante contributo allo sviluppo della spumantistica e in particolare allo sviluppo della denominazione Prosecco. Lei, quarta generazione, con un nome che segna un destino: Etile. Ha mai pensato di fare un altro mestiere? Mai. Ho sempre sentito che questo era ciò che volevo e sono grato ai miei avi per avermi insegnato a guardare in modo positivo al futuro e a rispettare e valorizzare il territorio come un elemento di crescita e di valore per tutti. Il Prosecco viene visto oggi come un fenomeno di costume. Il suo pensiero… Una volta il simbolo della festa per antonomasia era considerato lo champagne, o un tradizionale Metodo Classico da stappare durante le feste e comunque solo in occasioni formali. Oggi è cambiato il modo di bere. Aperitivo per eccellenza, le nuove generazioni considerano “il Prosecco in compagnia” come un vero e proprio must, un rito da onorare. Per la sua freschezza di immagine, di beva e per il suo appeal accattivante, il Prosecco pian piano sta rubando la scena al più blasonato spumante. Fondamentale poi l’ottimo rapporto qualità/prezzo, anche se credo che ancora ci siano persone che apprezzano un vino non solo per il gusto ma anche per la storia che svela a ogni sorso: il Prosecco Docg infatti racconta non solo una cultura enologica che si tramanda di generazioni, ma anche secoli di storia vitivinicola di un territorio da sempre vocato. Il Prosecco sta assumendo la valenza di autentico testimonial dell’eccellenza italiana nel mondo. Qual è l’importanza del mercato estero oggi? I nostri maggiori mercati ci confermano ogni anno come i consumatori scelgano le bollicine di Conegliano per sentirsi protagonisti di un lifestyle tutto italiano ma anche per assaggiare in

In queste pagine tre generazioni di Carpenè: in apertura Etile, qui Antonio e, sotto, Rosanna

«Per la sua freschezza di immagine, di beva e per il suo appeal accattivante, il Prosecco pian piano sta rubando la scena al più blasonato spumante»

ogni sorso l’essenza del territorio di produzione. Il mercato estero risulta ogni anno in costante crescita, in particolare nell’area BRIC (Brasile, Russia, India e Cina), con milioni di nuovi potenziali consumatori da soddisfare. Presente e futuro della Carpenè Malvolti… Il presente di Carpenè Malvolti è come il suo passato: innovazione, tradizione, internazionalizzazione e ricerca. Ogni generazione che si è avvicendata al comando dell’azienda ha contribuito allo sviluppo e all’affermazione del Prosecco nel mondo e l’obiettivo dell’odierna gestione è di mantenere saldi tutti i principi in cui la famiglia ha creduto e in cui crede ancora oggi, per offrire un prodotto di massima qualità. Il futuro di Carpenè si chiama Rosanna, mia figlia: a lei il compito di continuare sulla strada tracciata guardando sempre avanti, innovando e facendo ricerca per continuare a offrire ai consumatori il miglior Prosecco possibile, sviluppando una comunicazione più informale e immediata con una gestione dell’immagine aziendale anche sui social network e sui blog. ottobre 2012

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la pagina verde

a cura di

Legambiente Fondazione e Innovazione

I comuni campioni dell’energia pulita Campionato Solare 2012: Cigliano, Bentivoglio, Narni e Forlì vincono la competizione dell’energia pulita. La produzione di energia diventa finalmente un argomento “familiare” e a luglio è stato boom del solare. Ma la burocrazia è ancora una zavorra

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Cigliano, Bentivoglio, Narni e Forlì sono i vincitori del Campionato Solare italiano 2012: questi i comuni italiani più avanti nella rivoluzione energetica che il solare consente di realizzare come alternativa, pulita, conveniente, moderna e democratica alle fonti fossili; in questi centri il contributo del solare fotovoltaico e termico ha già raggiunto risultati tali da superare in molti casi i fabbisogni delle famiglie. Una segnalazione speciale è poi andata al comune di Bologna per la realizzazione della prima “mappa solare” in Italia che racconta online gli impianti termici e fotovoltaici del suo territorio. Il Campionato Solare, curato da Legambiente in collaborazione con GSE e Sorgenia, è una competizione tra comuni nata allo scopo di capire e raccontare i risultati di diffusione del solare termico e fotovoltaico nei territori italiani. Vi partecipano automaticamente tutti i comuni italiani che hanno impianti installati sul proprio territorio ma entrano in classifica solo quelli che posseggono pannelli solari sia termici che fotovoltaici. Le classifiche del Campionato Solare mettono in luce i risultati più importanti realizzati nei comuni in termini di risposta del solare ai fabbisogni delle famiglie (elettricità e acqua calda


Qui sotto: Villa Smeraldi presso Bentivoglio (Bo). Nella pagina successiva, Narni (Tr) e un esempio di impianto fotovoltaico su tetto, sistema che sta raccogliendo molti consensi

sanitaria, riscaldamento delle case) e sono elaborati in funzione della popolazione residente. Punteggi “bonus” sono assegnati ai comuni che hanno favorito lo sviluppo del solare attraverso precise politiche energetiche, come i Regolamenti Edilizi, e per progetti realizzati in aree degradate o soggette a bonifica, e sono stati premiati gli impianti fotovoltaici su tetti o coperture rispetto a quelli a terra. I risultati ottenuti dai comuni vincitori mostrano come un modello energetico distribuito, rinnovabile ed efficiente sia oggi quanto mai nell’interesse dell’Italia e delle sue famiglie. A sottolinearlo sono anche i dati forniti da Terna: nei primi sei mesi del 2012 il solare fotovoltaico ha infatti garantito il 6,8% della produzione netta nazionale e oltre l’8% nel solo mese di luglio. Senza dimenticare i risparmi che questo tipo di energia ha permesso di realizzare in case, alberghi, edifici pubblici e privati durante questa calda estate. Per Legambiente quindi è opportuno continuare nella spinta al solare, ma con regole più semplici e togliendo tutta la burocrazia e le barriere agli investimenti introdotti con il V Conto Energia per il solare fotovoltaico. All’Autorità per l’energia e al Ministro Passera chiediamo di togliere tutte le barriere allo sviluppo e all’innovazione in questo ambito, perché oggi il solare, grazie al miglioramento continuo dell’efficienza e alla riduzione dei costi, potrebbe fare progressivamente a meno degli incentivi a fronte della possibilità di realizzare reti locali e smart grid, e di vendere direttamente l’energia prodotta (oggi è vietato), o di batterie per lo stoccaggio dell’energia.

Oggi più che mai l’energia solare rappresenta un’alternativa concreta, pulita e democratica alle fonti fossili. Lo sviluppo di un modello energetico rinnovabile ed efficiente sarebbe dunque tra gli interessi primari delle famiglie italiane

L’energia per cambiare «I Comuni premiati nell’ambito del Campionato Solare rappresentano la migliore fotografia del futuro dell’energia. La prospettiva per il solare in Italia però risulta difficile perché è al centro di una campagna mediatica che vorrebbe fermarne lo sviluppo evidenziandone solo gli impatti negativi in bolletta (quando il peso degli aumenti è dovuto principalmente all’aumento del prezzo del petrolio) e quelli paesaggistici dovuti agli impianti a terra. Queste accuse sono chiaramente interessate e ipocrite, spinte da chi vuole salvare impianti vecchi e inquinanti per evitare che lo scenario energetico italiano cambi davvero». (Edoardo Zanchini, presidente Legambiente)

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Speciale Vino&Territorio 44

Ribolla gialla (Friuli)

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Raboso (Veneto)

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Cruasè (Lombardia)

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Nebbiolo (Piemonte)

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Pigato (Liguria)

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Pignoletto (Romagna)

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Vernaccia (Toscana)

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Cococciòla (Abruzzo)

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Tintilia (Molise)

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Asprinio (Campania)

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Susumaniello (Puglia)

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Nerello (Sicilia)

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Il sughero Cosa sarebbe una bottiglia di vino, senza questo silenzioso e impagabile compagno?

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La storia in cucina Il vino del re santo, Luigi IX di Francia Chef italiani nel mondo

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Oslavia

Ribolla Gialla, vino di confine

Friuli Venezia Giulia

Protagonista oggi sulle tavole di tutta Italia, ma noto in Friuli Venezia Giulia fin dall’antichità , questo bianco profumato, fresco e asciutto nel sapore, con note floreali e adatto ai piÚ svariati abbinamenti, merita un approfondimento, per scoprirne la storia e imparare ad apprezzarlo davvero, oltre la moda di Francesco Colombera 44

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È nei terreni poveri, soleggiati e asciutti di collina che la Ribolla Gialla dà il meglio di sé, esprimendo sentori e profumi unici che ne fanno uno dei vini più interessanti del Friuli Venezia Giulia. Nonostante una produzione non certo elevata, il suo carattere è tale da farla imporre come vino assolutamente significativo di un territorio, il Collio (ondulate colline del Goriziano, a ridosso del confine con la Slovenia, straordinariamente vocate alla viticoltura) e in particolare della zona di Oslavia, microcosmo di grande valore vinicolo, che ha fatto proprio di questo vitigno autoctono il suo portabandiera. Balzata con prepotenza alla ribalta negli ultimi anni, oggi assolutamente di moda e apprezzata non solo da sommelier, enoappassionati e intenditori ma anche dal largo pubblico, premiata dalle Guide e osannata da critici e giornalisti, la Ribolla Gialla è uno dei vini più antichi della regione, e la sua origine si perde nella notte dei tempi, tant’è che qualche studioso ritiene che si tratti dell’antica Avola coltivata dai Romani. Comunque sia, è

sicuramente da secoli che la Ribolla viene impiantata sulle colline eoceniche del Collio (e su quelle contigue della Brda, in Slovenia) di cui è stato a lungo il vitigno più diffuso: narrano ad esempio le cronache che erano piene di Ribolla le “do bote de vin” donate dal Senato veneziano all’imperatore Carlo V che “le gradì assai”. Filtrati dolci di Ribolla erano inoltre quotatissimi alla corte viennese e sulle tavole di nobili e potenti dell’Impero Austro Ungarico, nonché alla corte dello Zar.

Cena o aperitivo? Basta che “ribolla” Un tempo la si beveva dolce e mostosa, ma oggi – dopo alterne vicende e un lungo periodo in cui è stata considerata un vitigno minore – le uve di Ribolla pressate con morbidezza appena raccolte, danno un vino secco particolarmente profumato e delicato dal carattere inconfondibile, giallo paglierino tendente al verdognolo nel colore, fresco e asciutto nel sapore, con note floreali, che lo rendono piacevolmente armonioso. Ma sono l’acidità e la componente

Arch.Turismo FVG

Crocevia di storie e sapori Dalle colline che incoronano Gorizia non può che partire un piacevole itinerario alla scoperta del Collio. Una terra protetta alle spalle dall’arco delle Alpi, beneficiata dal tepore dell’Adriatico, che si tinge in autunno di mille gradazioni di arancio, giallo, rosso. Dai colli di Oslavia e San Floriano a quelli di Capriva, Dolegna, Vencò, in questa splendida mezzaluna di rilievi tappezzati da vigne alternate a fitti boschi, si susseguono borghi caratteristici, parchi naturali, cantine. Una terra di confine, dove l’incontro tra mondo latino, slavo e germanico si riflette anche nella gastronomia. E così, in tavola, ecco l’accostamento fra dolce e salato tipicamente austroungarico (come negli gnocchi di patate con le susine conditi con burro fuso, cannella e un po’ di zucchero) e i piatti attinti dalla cucina mitteleuropea, quali gli gnocchi di pane, gli gnocchetti di fegato, il kaiserfleisch (carrè di maiale affumicato,

cosparso di cren fresco grattugiato e accompagnato da crauti), il gulasch; l’uso sapiente delle erbe e dei prodotti del bosco (a iniziare da funghi e castagne) che deriva dalla tradizione delle campagne friulane e slave; la polenta gialla (da sempre in Friuli pane e companatico) che accompagna piatti di selvaggina in umido, carne di maiale e musèt (versione locale del cotechino, che si usa mangiare con la brovada, rape grattugiate e inacidite nelle vinacce). Centro principale del Collio è Cormòns, cittadina di stampo asburgico con una statua di Massimiliano d’Asburgo che campeggia nella piazza principale. Qui si trova la sede del Consorzio Tutela Vini Collio e Carso – nato nel 2010 dall’unione fra il Consorzio Carso e Consorzio Collio, fra i primi in Italia – che è stato protagonista e ha contribuito a scrivere la storia dell’enologia di qualità in Italia (www.consorziocolliocarso.it). ottobre 2012

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La Ribolla Gialla è uno dei vini più longevi del Friuli Venezia Giulia, amato da Carlo V e apprezzato alla corte degli Asburgo come dagli Zar di Russia citrina le sue caratteristiche più marcate, le qualità che lo rendono perfetto per accompagnare ogni genere di piatto di pesce, ostriche, dondoli, molluschi e crostacei, affumicati come salmone e pesce spada, paté e foie gras, formaggi saporiti. La sua leggerezza esalta antipasti, minestre, risotti e vellutate, verdure pastellate e sformati. Con una gradazione alcolica non eccessiva, sui 12°, Doc dal 1990, è un eccellente vino da pasto e un fresco e profumato aperitivo. Macerata (i “vini arancio”, fermentati in modo naturale a contatto con la buccia) si sposa perfettamente a carni bianche ed è uno dei grandi, innovativi e apprezzati vini friulani del giorno d’oggi. A Oslavia, luogo d’elezione della produzione di Ribolla Gialla, sei produttori (Fiegl, La Castellada, Il Carpino, Primosic, Dario Princic e Radikon) hanno unito le loro forze per promuovere il vitigno autoctono e hanno creato l’Associazione Produttori Ribolla di Oslavia (Zdruzenje Proizvajalcev Rebule iz Oslavja). «Fin dall’inizio – racconta il presidente Marko Primosic – abbiamo voluto prendere le distanze dall’aspetto modaiolo che la Ribolla Gialla sta assumendo. Ad accomunarci invece la voglia di lavorare attorno a questo vino, di cui in realtà si sa ben poco, e di raccogliere quante più conoscenze possibili dalla vecchia generazione di viticoltori e trasmetterle ai tanti che oggi si sono appassionati a questo vitigno». A raccontare in modo rigoroso, con immagini e parole, i viticoltori e la loro terra, è – freschissimo di stampa – un pregevolissimo volume curato da Gigi Brozzoni dal significativo sottotitolo Ribolla Gialla Oslavia: The invisible part of a wine (Edizioni Transmedia).

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Archivio Ass. Produttori di Ribolla di Oslavia

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Scelti per voi dove mangiare dove dormire

dove comprare

Al Cacciatore de la Subida Ambiente tradizionale, una stella Michelin. Prezzo medio: 45 euro Via Subida, 52 Cormòns (Go) www.lasubida.it

Enoteca di Cormòns Per degustare e acquistare i vini del Collio e del Friuli Isonzo, ma anche assaggiare prosciutti, salumi e formaggi locali. P.za XXIV Maggio Cormòns (Go) www.enoteca-cormons.it Alimentari Tomadin Eccellenze gastronomiche a km 0, accompagnate dai migliori prodotti provenienti da tutta italia. Via Cumano 5 Cormòns (Go) Tel: 048161781

Tavernetta al Castello Eccellente ristorante ai piedi del Castello di Spessa. Ambiente romantico. Qui pasta e pane vengono quotidianamente preparati a mano dallo staff di cucina. Prezzo medio: 45 euro Via Spessa, 7 Capriva del Friuli (Go) www.tavernettaalcastello.it

Castello di Spessa Resort Adagiato su una collina e immerso nel verde di un magnifico giardino, in una struttura che risale al 1200. Doppia B&B a partire da 205 euro Via Spessa Capriva del Friuli (Go) www.castellodispessa.it Hotel Al Ponte La struttura, immersa in un parco, è situata in posizione strategica all’imboccatura del ponte sull’Isonzo, a pochi minuti dall’autostrada A4. Stanza doppia in B&B a partire da 120 euro V.le Trieste, 12 Gradisca d’Isonzo (Go) www.albergoalponte.it



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Treviso

Veneto

Raboso,

perla nera del Piave di Germana Cabrelle

Produrlo è un atto di fede, dicono. Un omaggio agli antichi abitanti dei territori trevigiani dai quali arrivano le competenze e l’amore necessari alla coltivazione di vitigni che hanno scritto la storia. Questo vino intenso, sgarbato, arrabbiato, prende nel padovano il nome di Friularo, “venuto dal freddo”, ed è da sempre considerato un ottimo compagno di viaggio… e di sbronze

“Ho bevuto di tutto […] Ma il mio vino, il vino della memoria e della nostalgia, quello che, come il suo colore, rimarrà indelebile nel ricordo, è il sanguigno, robusto, schietto Raboso”. Lo scrittore Mauro Corona, profondo conoscitore di vini, nella raccolta Aspro e dolce (Mondadori) decanta così le qualità del Raboso: “Un vino duro, denso e quasi oleoso, scuro, vino di ciòche (sbronze ndr) ma onesto,

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semplice: un vero amico”. Prima di Corona, il commediografo veneziano Carlo Goldoni definì il Raboso, per la sua capacità di conservarsi, vino da viajo (vino da viaggio) perché ai tempi della Serenissima veniva trasportato nelle navi senza subire alterazioni, grazie all’elevata acidità e concentrazione di tannini. E il padovano Ruzante lo chiamava vin sgarboso, sgarbato, arrabbiato, rabioso in termini dialettali, da


Inno al Raboso “Il tuo profumo m’inebria il cuore Il tuo colore è dolce visione Quando ti assaggio o Raboso del Piave Io sento un’ebbrezza, che forte mi assale” Sono questi i primo versi dell’Inno al Raboso del Piave, una delle iniziative della Confraternita del Raboso Piave, nata il 27 dicembre 1996 con sede nel comune di Vazzola (Tv), che è anche Città del Vino. Ogni anno una commissione composta da produttori, sommelier e giornalisti enogastronomici sceglie il vino che per un anno rappresenterà il Raboso della Confraternita.

cui trae origine il nome. Il Raboso è coltivato nella vallata del Piave e in tutta la provincia di Treviso – dai colli del Montello alle pianure di Conegliano – ma anche a sud di Padova, a Bagnoli e Conselve, dove è conosciuto con il nome di Friularo. Vino di antica tradizione, fino a sessant’anni fa nell’attuale area Doc del Piave (la più estesa del Veneto) l’80% dell’uva a bacca rossa coltivata era Raboso, mentre adesso rappresenta soltanto il 3%. «Produrlo è un atto di fede – spiega Giorgio Cecchetto, dell’omonima cantina di Tezze di Piave, l’azienda più importante per questo vino in provincia di Treviso, con 10 ettari dedicati al Raboso e 20 mila bottiglie all’anno prodotte – tuttavia credo che, alla lunga, questa scelta premierà i nostri sforzi. Certo, sarebbe più vantaggioso, come hanno fatto in molti, soppiantare il Raboso e coltivare il Prosecco, ma se i nostri antenati ci hanno trasmesso questi vitigni che hanno scritto la storia, sono convinto che anche noi, con amore e lungimiranza, dovremmo preoccuparci più del patrimonio di valori autoctoni da capitalizzare nel tempo che del business facile». Cecchetto è

stato il primo a rivalutare e rilanciare questo vitigno ed è anche tra i soci fondatori della Confraternita del Raboso. «Siamo cresciuti grazie alla ricerca – racconta – fondamentale per produrre vini di grande qualità e non estemporanee interpretazioni. Abbiamo cercato di leggere quello che i nostri avi facevano una volta per riproporlo oggi. Ciò ha aiutato l’azienda ma di riflesso anche il territorio, tant’è che il nostro Raboso viene conservato in tonneau di legno d’acacia e castagno dei boschi di queste zone, realizzati dagli artigiani bottai Garbellotto di Conegliano». A Giorgio Cecchetto si deve anche l’intuizione e l’impegno di aver dato vita alla Docg Piave Malanotte. «Nel 1997 abbiamo appassito dell’uva sui graticci prima di pigiarla, un sistema che arricchisse in estratti e struttura il vino, conferendogli al contempo una certa morbidezza. Poi siamo usciti con Gelso e, a distanza di anni, il Consorzio ha deciso di disciplinare questa tecnica e di farne una Docg con la vendemmia 2008».

In apertura, un nero grappolo di Raboso. In questa pagina, una sponda del fiume Piave e, sotto, Giorgio Cecchetto nella sua cantina a Tezze di Piave

«I nostri avi ci hanno trasmesso questi vitigni che hanno fatto la storia. Oggi sta a noi valorizzare tale patrimonio, contro la logica del business facile» ottobre 2012

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Scelti per voi

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dove mangiare Gellius Una stella Michelin in un castello medievale. Prezzo medio: 90 euro bevande incluse Calle Pretoria, 6 - Oderzo (Tv) Tel. 0422713577 In corte dal capo Trattoria che propone cucina tradizionale. Da assaggiare gli ziti integrali con formaggio pecorino, la soppressa con taleggio e polenta, i tagliolini al ragù d’anatra e la carne, regina della casa. Prezzo medio: 30 euro Via Padova, 38 - Conselve (Pd) Tel. 0495384021 Da Vegro Osteria con rivendita gestita dalla famiglia. Menù di sola carne a eccezione del baccalà alla veneta. Prezzo medio: 40 euro Via Leonardo da Vinci, 15 - Conetta
Cona (Ve) Tel. 0426509178

Foto di Lino Bottaro

dove dormire

Il Dominio di Bagnoli, tenuta di proprietà della famiglia Borletti, tra le principali realtà vinicole dei Colli Euganei, vanta un vigneto di circa una decina di ettari coltivati a Friularo

Borgo Malanotte a Tezze Piave, di origini medievali, è senz’altro un luogo da visitare se si viene da queste parti, come pure la chiesetta di San Giorgio a San Polo di Piave dell’VIII secolo d.C., che conserva all’interno l’affresco quattrocentesco di una singolare Ultima Cena: con i bicchieri colmi di vino rosso, che i paesani amano pensare si tratti di Raboso.

Aspettando l’estate di San Martino Spostandosi in territorio padovano, il Raboso si chiama Friularo, dal latino frius (freddo), perché si vendemmia tradizionalmente nella seconda metà di novembre. La zona del Friularo è strategica per intraprendere un viaggio del gusto alla scoperta del padovano: ai piedi dei Colli Euganei, tanto cari al Foscolo e vicinissima a Padova e ai suoi capolavori: dalla Cappella degli Scrovegni a Prato della Valle allo storico Caffè Pedrocchi. Sui Colli merita una visita

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Arquà Petrarca, cittadina famosa per il “brodo di giuggiole” e per la casa di Francesco Petrarca. Fra le aziende disseminate nei 14 comuni della Docg, spicca Il Dominio di Bagnoli, tenuta di proprietà della famiglia Borletti, con circa una decina di ettari coltivati a Friularo e una produzione di circa 110 mila bottiglie l’anno. «La Docg Friularo di Bagnoli è entrata in vigore l’8 novembre 2011, come accaduto per il Piave Malanotte Docg con il quale abbiamo condiviso questo percorso in parallelo» spiega l’enologo dei Borletti, Loris Gava. «Nel nostro caso abbiamo anche la menzione Riserva, che ha bisogno di un affinamento di minimo due anni, di cui uno in botte di rovere. In futuro la zona di Bagnoli potrà fregiarsi di avere anche uno spumante da uve di Raboso Piave Docg. Ma la nostra “perla” è il Friularo Vendemmia Tardiva che deve essere raccolto dopo l’11 novembre, l’estate di San Martino».

La Castellana Una casa di campagna tra vigne e frutteti. Un B&B raffinato e accogliente. Via Castellana, 45 Stabiuzzo di Cimadolmo (Tv) Tel. 3409197061 Postumia Hotel Design Nel cuore della cittadina archeologica di Oderzo con lo sguardo sulle rive del Monticano. Doppia a 130 euro Via Cesare Battisti, 2 - Oderzo (Tv) Tel. 0422713820 Dominio di Bagnoli Agriturismo ricavato in antiche scuderie. Con piscina privata e giardino. Prezzo: 100 euro per appartamento a notte Piazza Marconi, 63 - Bagnoli di Sopra (Pd) Tel. 0495380008

dove comprare Il Raboso del Piave: Cecchetto Giorgio Via Piave, 67 - Tezze di Piave (Tv) Tel. 043828598 Cantina Sociale di Tezze Piave Via Colonna, 20
- Tezze di Piave (Tv) Tel. 0438488190 Il Friularo: Sansovino Da questi produttori associati, si può acquistare il Friularo Ambasciatore, ottenuto con la vendemmia tardiva, l’appassimento in fruttaio, la lenta fermentazione e un lungo invecchiamento in botti di rovere. Via Padova, 68 - Conselve (Pd) Tel. 049538443


Il dolce “muru a siccu”

Foto studio Blandino

L'ora giusta per il liquore al cioccolato

...tra scorzoni e mascheroni...

Il cioccolato di Modica: la partenza che ha il ritorno

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Cruasé: c’è aria nuova Oltrepò

Da una terra vocata alla produzione di Pinot Nero, nasce un marchio collettivo per identificare l’unica bollicina rosé ottenuta esclusivamente da uva a bacca nera di Rosalia Imperato

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L’Oltrepò Pavese è un lembo di terra collinoso a sud della Lombardia che ammalia con il fascino discreto dei suoi colori e dei suoi profumi. Qui si coltiva la vite da tempi immemori: il ritrovamento di un antico tralcio nei pressi di Casteggio testimonia la sua presenza già nell’epoca preistorica. Ma l’Oltrepò Pavese vitivinicolo trova le sue vere radici nel secolo scorso, nel rinnovamen-

to globale del mondo vinicolo italiano di quel periodo. Nel 1884 questa zona vantava ben 225 vitigni autoctoni, e oggi sono circa una dozzina quelli di maggior diffusione. La gamma dell’offerta è molto vasta, si va dal Bonarda passando per il Buttafuoco, fino al Pinot Nero, incontrastato protagonista della produzione di vino spumante Metodo Classico.Tutto ha inizio nella seconda metà del 1800


Oltre i soliti itinerari Voghera

Lombardia

a Rocca de’ Giorgi. In questo delizioso borgo, il Conte Carlo Giorgi di Vistarino impianta, con successo, diversi ettari di cloni francesi di Pinot Nero: è l’inizio di un’avventura che coinvolgerà tutto il territorio, caratterizzandolo soprattutto per una fortissima vocazione spumantistica. Nel 1912 il cartello pubblicitario “Gran spumante Svic” (Società Vinicola Italiana di Casteggio)

troneggia accanto alla Statua della Libertà di New York accogliendo gli emigranti in arrivo. Seguono anni febbrili e numerosissimi riconoscimenti ottenuti da svariati marchi. Poi le denominazioni: Doc Oltrepò Pavese nel 1970, Docg Oltrepò Pavese Metodo Classico nel 2007 e infine Doc Pinot nero dell’Oltrepò Pavese nel 2010. Un vitigno, quindi, dalle mille sfumature, ma

Sorge sulle rive del torrente Staffora, immersa tra colline vitate e dolci declivi, Voghera, il centro principale dell’Oltrepò Pavese, con la sua bella cattedrale di San Lorenzo Martire, circondata da una piazza porticata, e la romanica Chiesa Rossa. Inevitabile qui un assaggio della tipica mostarda, da accompagnare al classico bollito misto, o di risotto preparato con i saporiti peperoni locali. Anche i dolci però non scherzano: zabaglione e cacao uniti in un piacevoli gioco di consistenze danno vita allo stracchino di Voghera, semifreddo da assaggiare, così come la caratteristica zuppa fatta di panna, crema e caffè. Una delizia. Ma al palato la zona riserva tante sorprese, come ad esempio gli agnolotti pavesi, ripieni di carne stufata. Per assaggiarli, accompagnati ovviamente da un buon bicchiere di vino, niente di più facile di partire per un tour tra vigneti e cantine e toccare località come Santa Maria della Versa, Montù Beccaria e Stradella, o la vicina Arena Po, dove ammirare i suggestivi resti del castello edificato da Gian Galeazzo Visconti. D’altra parte, castelli e antiche ville costellano le campagne circostanti e al viaggiatore curioso riservano, spuntando tra i filari, inattese sorprese. Un esempio su tutti è quello di Zavattarello, in Val Tidone, tra i Borghi più belli d’Italia, che sorge ai piedi del castello dal Verme, complesso architettonico fortificato da cui lo sguardo domina il territorio circostante. O, ancora, il castello di Montalto Pavese, affacciato sulla valle del torrente Verzate, e Varzi, con il suo castello, la bella Torre Malaspina, e il suo... salame! Tra i prodotti più noti dell’Oltrepò pavese, è caratterizzato da un sapore gradevolmente aromatico e pieno.
Tagliato a fette spesse è ottimo da gustare con la schita, gustosa frittella tipica perfetta da abbinare ai salumi locali.

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Scelti per voi dove mangiare

Nuovo prodotto simbolo dell’Oltrepò Pavese, il Cruasé è un rosé naturale Docg da uve Pinot Nero ottenuto attraverso il Metodo Classico che si esprime al meglio nella produzione di bollicine rosé: una storia recente che poggia su radici antiche.

Uno sguardo di sfida È infatti il Cruasé il nuovo prodotto simbolo dell’Oltrepò Pavese, un rosé naturale Docg da uve Pinot nero ottenuto attraverso il Metodo Classico. La scelta del nome, che suona maliziosamente francese e suggerisce uno sguardo, se non una sfida, ai vicini d’oltralpe, non è invenzione casuale ma incontro semantico che rispecchia il disegno alla radice della combinazione di

parole. Cruasé riunisce Cru, selezione, e Rosé, tipologia di vino, rendendosi esaltazione del vitigno in una ricerca di qualità che ha dato origine all’unica bollicina rosa ottenuta esclusivamente da uva a bacca nera. Ma non solo: Cruà era l’antico nome di un pregiato vitigno coltivato in questo territorio fin dal 1700. «Il Consorzio di Tutela Vini Oltrepò Pavese si è mosso traendo spunto da un’eredità quasi dimenticata», dichiara Matteo Marenghi, Direttore del Consorzio di Tutela Vini Oltrepò Pavese. «L’antico nome del vitigno principe dell’Oltrepò è facile da ricordare e suona dolce. Cruasé non è una fredda invenzione del marketing, ma la veste moderna e di grande appeal di un’antica tradizione vitivinicola lombarda». Cruasé quindi identifica un vino rosé naturale per nascita – la leggera spremitura del Pinot Nero spontaneamente genera un mosto rosato – che evidenzia al naso netti sentori floreali e fruttati, e al palato austere note acide rese rotonde e piacevoli dagli aromi e dai profumi percepiti nell’analisi olfattiva.

Ristorante Prato Gaio Si può cominciare con una selezione di salumi tipici dell’Alta Valle Versa e di formaggi (ottimi il salva cremasco stagionato 12 mesi e il blu di bufala lombarda), proseguire con gli agnolotti di stufato di manzo al burro d’alpeggio o gli gnocchi di patate di montagna con ragù delle colline, continuare con la faraona farcita o il ganascino di vitello brasato e concludere con gli ottimi dolci della casa. Prezzo medio 45 euro Fraz. Versa - Montecalvo Versiggia (Pv) Tel. 038599726 www.ristorantepratogaio.it La locanda dei Beccaria Luisa e Franco Casella propongono una cucina di territorio semplice e gustosa. Da provare l’uovo di quaglia con asparagi e raspadura, il risotto alla parmigiana con terrina di fegato d’anatra e tartufo nero. E ancora, il roastbeef di Fassona piemontese con maionese alla senape. Una buona carta dei vini con etichette di qualità. Prezzo medio 45 euro Viale Marconi, 10 - Montù Beccaria (Pv) Tel. 0385262310 www.lalocandadeibeccaria.it

dove dormire Selvatico A disposizione degli ospiti camere arredate con semplicità. Il ristorante propone piatti di tradizione e una carta dei vini ampia con una netta predominanza delle migliori produzione dell’Oltrepò Pavese. Doppia da 80 euro Via S. Pellico, 19 - Rivanazzano (Pv) Tel. 0383944720 www.albergoselvatico.com Da Prati Agriturismo ricavato da un’antica casa rurale di fine ’800. Offre 6 splendidi appartamenti arredati con eleganza. A disposizione degli ospiti un ampio giardino e piscina. Doppia da 75 euro Loc. Begoglio - Santa Maria della Versa (Pv) Tel. 038579324 www.daprati.it

dove comprare Enoteca Wsm – Oltre L’Enoteca Nel pieno centro di Voghera uno spazio suggestivo dove degustare e acquistare le migliore etichette dell’Oltrepò Pavese e non solo. A disposizione dei clienti anche una buona selezione di distillati, birre artiginali e oli extravergine. Via Depretis, 27 - Voghera (Pv) Tel. 03831930171 www.enotecawsm.it

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Gattinara, Nebbiolo di sangue blu Gattinara

Piemonte

Rinomato fin dal XVI secolo, questo vino – che “sembra attinga la sua forza più segreta dal vento che passa sui ghiacciai”– all’inizio del Novecento pareva avere le ore contate. E invece no: grazie all’impegno di viticoltori appassionati e a quella particolare eleganza che lo fa emergere tra i grandi vini piemontesi, si è assicurato negli ultimi anni l’ingresso ufficiale nell’Olimpo dell’enologia italiana di Silvana Delfuoco

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Sulla tavola di Carlo V, il sovrano sul cui impero non tramontava mai il sole, il vino di Gattinara lo aveva portato il suo Gran Cancelliere e personale Consigliere, il cardinale Mercurino Arborio, una delle figure politiche più importanti nell’Europa del XVI secolo. Lui, che a Gattinara era nato e

che della sua terra d’origine non si era mai dimenticato, non ebbe paura di metterlo a confronto, sulla mensa del re, con i più grandi vini di Spagna. Pare se ne servisse spesso anche come strumento diplomatico, capace di arrivare dove non potevano le parole… Qualche secolo dopo arrivò Mario Soldati, che invece


In questa pagina, le botti della Cantina Antoniolo e, in basso, l’ingresso della stessa

delle parole se ne serviva, e anche piuttosto bene. In Vino al vino lo scrittore si ricorda del Gattinara quasi all’improvviso, e scrive: “sembra attinga la sua forza più segreta al vento che passa sui ghiacciai del Rosa pochi minuti prima di soffiare tra le vigne”. Dunque, la sagoma maestosa del Monte Rosa, che nelle belle giornate si staglia dietro ai filari, non è soltanto un meraviglioso sfondo panoramico. «È proprio la complessità di minerali presenti nel terreno delle nostre vigne – spiega la giovane produttrice Cinzia Travaglini, quarta generazione di una tra le storiche aziende vitivinicole della zona – a conferire al Gattinara le caratteristiche che lo rendono unico e lo distinguono dagli altri vini a base Nebbiolo, anche dal vicino Ghemme. Chi lo assaggia per la prima volta inizialmente lo giudica più sottile di un Barolo o di un Barbaresco, ma poi scopre in lui note di finezza e

di eleganza che fanno subito ricredere. A completare l’opera interviene anche il nostro particolare microclima con forti escursioni termiche soprattutto tra fine agosto e inizio ottobre, data della vendemmia: è così che si favorisce la naturale esaltazione dei profumi».

Nettare dal lungo passato… Dai tempi del cardinal Arborio e più indietro, fino a quelli di Carlo Magno, e ancora, fino al 101 a.C., data presunta della fondazione della città di Gattinara, molta acqua, pardon, molto vino è sicuramente passato sotto i ponti. Oggi il Gattinara Docg – vino rosso granato che nel tempo assume venature aranciate, dal profumo fine e persistente, speziato con sentori di viola, e dal gusto asciutto e armonico, con caratteristico fondo amarognolo ottimo con il risotto, la selvaggina, i brasati, il filetto, i bolliti e i formaggi a pasta dura, o come vino da meditazione – può contare su poco meno di 95 ettari di vigneto in produzione, per una resa complessiva di circa 4600 ettolitri di vino. Allo scopo di “tutelare, valorizzare e promuovere i vini a denominazione di origine delle province di Vercelli, Novara e Biella” – e cioè, oltre al Gattinara, anche Boca, Bramaterra, Colline Novaresi, Coste della Sesia, Fara, Ghemme, Lessona e Sizzano – nel 1996 è stato istituito il ConsorzioTutela Nebbioli Alto Piemonte con sede a Ghemme.

Non solo “mordi (bevi) e fuggi” A meno di 30 km dal lago d’Orta e dal lago Maggiore, alle spalle delle piste da sci del Monte Rosa e della Val d’Aosta; a due passi dal Santuario del Sacro Monte di Varallo, immerso nel fascino della sua Riserva Naturale Speciale, e da quel piccolo gioiello arrivato intatto dal medioevo che è il Ricetto di Candelo: la zona di produzione del Gattinara sembra fatta apposta per richiamare senza sforzo frotte di visitatori. E invece… Certamente qui la produzione vinicola riveste un ruolo di grande importanza dal punto di vista dell’attrattiva turistica enogastronomica, però, sottolinea Cinzia Travaglini, «il nostro, per ora, è un turismo mordi e fuggi: visita in azienda, pranzo nel ristorante tipico, e… via di corsa! E pensare che le nostre colline, oltre a uno splendido panorama, possono offrire agli amanti del trekking o della mountain bike suggestive possibilità ancora tutte da esplorare».

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Scelti per voi dove mangiare Nuovo Impero Il riso non manca in questo elegante locale, dove trovare anche ottimo pesce fresco e un favoloso carrello di dolci. Prezzo medio: 35 euro Via Francesco Mattai, 4 Gattinara (Vc) Tel. 0163833234 Trattoria del Soggiorno Cucina tipica in un piccolo ristorante a conduzione familiare nel cuore del centro storico. Prezzo medio: 35 euro Via Cernaia, 2 Gattinara (Vc) Tel. 0163826896

«Solo fino al secolo scorso il vino Gattinara ha rappresentato il perno per l’economia locale, basata quasi esclusivamente sull’agricoltura con prevalenza viticoltura»,spiega la presidente del Consorzio Lorella Zoppis Antoniolo, anche lei alla guida di un’azienda dalla lunga tradizione. «Poi, la filossera, la tromba d’aria del 1905 e la rivoluzione industriale hanno profondamente mutato questa realtà, con il progressivo abbandono del vigneto, portando a coltivare meno di un terzo della superficie vitata dell’epoca». Perché le cose cambino bisogna arrivare a una data relativamente recente: il 1990, l’anno della conquista della Docg.

…e dal promettente futuro

dove comprare

«La Doc era arrivata già nel 1967 – ricorda Cinzia Travaglini – quindi tra le prime in Italia. Mio padre dal 1958 produceva Gattinara, e il suo nome aveva ormai una certa risonanza anche sul mercato estero. Ma soltanto l’entrata nella Docg ha permesso che ci fosse una vera svolta qualitativa: i controlli, decisamente più rigorosi, obbligano infatti a una costante ricerca del miglioramento». E così anche il Gattinara fa il suo ingresso ufficiale nell’Olimpo dei top: «Gli ultimi cinque anni hanno visto crescere in modo esponenziale l’interesse dei mercati verso la nostra denominazione – osserva ancora Lorella Antoniolo – parallelamente al cambiamento del gusto del consumatore che ha imparato ad apprezzare vini con matrice autoctona e carattere definito. Si prospetta quindi, compatibilmente con la difficile situazione economica, un futuro rassicurante soprattutto in relazione ai mercati extra CEE».

Enoteca Regionale Esposizione e vendita dei vini di tutti i produttori di Gattinara docg. Corso Valsesia, 112 Gattinara (Vc) www.enotecaregionaledigattinara.it

Lorella Antoniolo è presidente del Consorzio Tutela Nebbioli Alto Piemonte nonché alla guida della storica azienda di famiglia. È grazie al suo lavoro e all’impegno dei viticoltori del Consorzio che il Nebbiolo di Gattinara rientra di diritto tra i grandi nomi del vino italiano

dove dormire Hotel Barone Dalle spaziose stanze con volte affrescate di questo elegante quattro stelle la vista dà sulle colline dove nasce il Gattinara Docg. Prezzo medio singola: 85 euro Corso Valsesia, 238 Gattinara (Vc) www.baronedigattinara.it Il Vigneto In centro città, arricchito da un fresco giardino, un tre stelle con ristorante alla carta. Prezzo medio singola: 65 euro Piazza Paolotti, 2 Gattinara (Vc) www.ristoranteilvigneto.it

Azienda Travaglini Strada delle Vigne, 36 www.travaglini.com Azienda Antoniolo Corso Valsesia, 234-285 Tel. 0163833612 Due storiche case vinicole di Gattinara, oggi entrambe – segno dei tempi! – felicemente condotte “al femminile”.

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selezioni

State già pensando alle vacanze estive? Segnate in agenda l’indirizzo della Tenuta La Chiusa di Portoferraio, dove sorseggiare un fresco bicchiere di Vermentino in un contesto idilliaco, tra verde e mare incontaminati

La nuova Doc dell’Isola d’Elba Dalla vendemmia 2011 anche il vitigno Vermentino potrà fregiarsi della Doc Isola d’Elba, una delle isole più spettacolari del mar Tirreno dove quest’uva viene coltivata sui terrazzamenti a picco sul mare, nelle piane soleggiate oppure nelle ex cave di ferro. La natura del terroir dell’Elba, di cui fanno parte i terreni vulcanici e sassosi, le argille, l’alta concentrazione di minerali, insieme alla macchia mediterranea e al clima dell’isola, è la caratteristica che accomuna questo territorio a molte regioni mediterranee come la Sardegna e la Liguria, in cui il Vermentino ha potuto esprimersi al meglio. In particolare presso la Tenuta La Chiusa, dove i vigneti che circondano l’antico casale e la villa dell’800 si spingono sino a lambire il mare, il vitigno Vermentino dà il meglio di sé. Grazie alla ricchezza di argilla e ferro dei terreni della Tenuta si ottiene un vino corposo, profumato, ma, allo stesso tempo, un vino in grado di mantenere un’elegante nota fresca data dalla sua acidità e dalla sua sapidità; caratteristiche queste che ne fanno un vino di pronta beva adatto ad accompagnare antipasti di pesce, come tartar di tonno o ricciola; si sposa perfettamente anche con i primi, come i risotti a base di verdure, e certamente non disdegna di essere abbinato a formaggi dolci, magari di media consistenza e non troppo stagionati. Perfetto in estate, accompagna allegre serate sull’isola e allieta l’ospite stanco dopo una giornata di mare. La Tenuta, dove potrete degustare questo vino, è una location spettacolare, come la vista che si può godere dal punto vendita. Un posto che ha il sapore di altri tempi.

Tenuta La Chiusa Loc. Magazzini, 93 - Portoferraio (Li) Tel. 0565933046 - www.tenutalachiusa.it


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Pigato specialità di Ponente

Cugino stretto del Vermentino, questo vino giallo paglierino, dal profumo ampio e intenso, vive ai margini della grande distribuzione. Ma è questione di tempo. E forse anche di spazio: il vitigno infatti viene coltivato solo in un ristretto tratto di Liguria da piccole aziende che sacrificano i grandi numeri all’altare della qualità di Anna Orlando

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«Il nome Pigato, in dialetto, significa picchiettato, e la tradizione vuole che sia stato dato a questa uva perché gli acini presentano delle macchioline scure più o meno evidenti, che su quelli del Vermentino – parente prossimo del Pigato – non appaiono», ci spiega Mirco Mastroianni della storica Cascina Feipu dei Massaretti mostrando uno dei grappoli in piena maturazione, e affermando quindi con convinzione: «Vede? Il vino è una cosa viva». Siamo nella Piana di Albenga, la cittadina ligure nota per il suo centro medievale su cui svettano alcune torri in mattoni rossi di singolare bellezza, ma conosciuta anche per quella zona alle sue spalle, pianeggiante e dal microclima favorevole a ogni genere di coltivazione. Tra gli ortaggi qui coltivati sono particolarmente noti carciofi spinosi, asparago violetto, pomodoro cuore di bue e zucca trombetta. E poi, certamente, il vino.


Dal Piemonte, la grappa di Pigato Una rarità: i Fratelli Marolo di Alba (Cn) producono ben due varietà di grappa di Pigato. Si tratta della grappa di Pigato classica, dal profumo intenso e delicato con sentori di fieno e di oli essenziali, e di quella derivata dalle vinacce dell’Azienda Agricola Feipu di Pippo Parodi (Massaretti), dal profumo nitido, lievemente etereo, ben pronunciato. Da provare. Distilleria Santa Teresa dei Fratelli Marolo Corso Canale 105/1 - Alba (Cn) Tel. 017333144

Liguria Albenga

Qui sotto, Mirco Mastroianni, titolare della Cascina Feipu dei Massaretti, ci mostra i pregiati acini di Pigato

Quarant’anni di qualità Il Pigato è una Doc coltivata nella Liguria di Ponente, in terre che vanno da Arenzano, a ovest di Genova, fino al confine con la Francia, con la massima concentrazione nell’area di Albenga. È un vitigno autoctono al 100%. Il vino è secco ma morbido, giallo paglierino, dal profumo ampio e intenso, e dal sapore pieno e persistente. La sua storia è relativamente giovane e inizia dalla metà degli anni Sessanta. Ancora tutto da scoprire nei circuiti della grande distribuzione, il Pigato viene prodotto esclusivamente da micro aziende, per lo più a conduzione familiare, tra le quali le più grandi arrivano a un massimo di 75mila bottiglie l’anno.Tra queste i Massaretti, appunto, che hanno deciso di non produrre Vermentino, dal nome più facile e commerciale, e dedicarsi esclusivamente a questa eccellenza del territorio. Una scelta premiata dalla qualità, che ha pochi rivali. «La concorrenza non ci spaventa, soprattutto se anche gli altri produttori fanno un ottimo vino, come per esempio Laura Aschero, che porta alto il nome del Pigato anche fuori dalla Liguria. Ciò che non giova al Pigato sono invece quelli che lavorano male, senza tenere nel giusto conto l’imperativo assoluto della qualità». Ha idee analoghe Bianca Aschero, giovane entusiasta e nipote di Laura, la mitica signora, volitiva e caparbia, che, nel 1980, ha creato la sua azienda nell’Imperiese un po’ per hobby, senza immaginarne il successo. «Noi ci limitiamo a una produzione di sole 23 mila bottiglie l’anno di Pigato, in terreni sia vici-

Ancora tutto da scoprire nei circuiti della grande distribuzione, viene prodotto esclusivamente da micro aziende, per lo più a conduzione familiare, tra le quali le più grandi arrivano a un massimo di 75 mila bottiglie l’anno

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no a Imperia sia nella piana di Albenga», spiega la trentenne laureata in marketing aziendale a Milano, ma cresciuta tra i filari e la cantina. «Le porteremo però presto a 35 mila, per pareggiare quelle di Vermentino. Certo, c’è il rischio, come per l’ottima annata del 2010, di esaurirle già a gennaio senza poter fare fronte alle richieste. Ma solo così siamo sicuri di non scivolare fuori

da un confine di eccellenza che è fondamentale per il mercato di oggi». Chi lo conosce lo sa, e chi lo assaggia lo scopre subito: il Pigato è il cugino meno famoso del Vermentino, dalla foglia e dagli acini simili, ma non identici. Rispetto al Vermentino però ha una particolarità che lo rende unico: si trova solo ed esclusivamente in questo piccolo tratto di Liguria.

In questa pagina, un’elegante bottiglia di Pigato Aschero dell’omonima azienda fondata da Laura Aschero nel 1980

Scelti per voi dove mangiare Pernambucco Ristorante del Buon Ricordo, che si aggiudica chi consuma un piatto ligure di antica tradizione: le lattughe ripiene in brodo. La cucina è ottima soprattutto per il pesce. La carta dei vini comprende oltre 400 etichette, tra cui anche un Pigato prodotto dalla famiglia del proprietario, Luciano Alessandri, la cui azienda agricola si trova sulle alture di Ranzo. Prezzo medio: 60 euro Viale Italia, 35 - Albenga (Sv) Tel. 018253458/555118 Antica Osteria dei Leoni Situata in un edificio antico nei vicoli della vecchia Albenga, ha anche un gradevole dehor. Il locale è raffinato, ideale per una cena romantica. I clienti lamentano spesso attese lunghe, ma i piatti sono notevoli, con un menù rigorosamente a base di pesce. Tra i piatti tipici, consigliamo il ciuppin di crostacei al timo selvatico, i ravioli in salsa di mare e il pesce spada con melanzane e olive. Prezzo medio: 45 euro Vico Avarenna, 1 - Albenga (Sv) Tel. 018251937

dove dormire Torre Cepollini Bed and breakfast singolare, ricavato all’interno di un edificio duecentesco con una torre adiacente. Vi accolgono Mario Turci, italiano di discendenza croata, e Michael Hewlett, inglese con tracce di discendenza piemontese. Camera doppia da 75 euro Via Medaglie d’oro, 25 - Albenga (Sv) Tel. 3460586804

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Casa Cambi Vale la pena salire fino a questa antica costruzione ristrutturata, situata in posizione panoramica di fronte al castello, dove, ad accogliervi, c’è la genovese Anna Bozano. L’atmosfera è quella familiare, con il sapore che solo una casa sa dare. Camera doppia da 80 euro Via Roma, 42 Castelvecchio di Rocca Barbena (Sv) Tel. 018278009

dove comprare Cascina du Feipu dei Massaretti Località Massaretti, 7 - Bastia Albenga (Sv) Tel. 018220131 Laura Aschero Piazza Vittorio Emanuele II, 7 Pontedassio (Im) Tel. 0183710307 – 348174690 Liguria Doc Area di Servizio Ceriale Sud. È un ottimo indirizzo per i viggiatori: cura e gusto nell’esposizione e grande varietà di prodotti della zona. Primo fra tutti il Pigato. Autostrada dei Fiori A10 - Ceriale (Sv) Tel. 0182931971 Enoteca Carpe Diem Il proprietario è originario di Bastia, una frazione di Albenga. Quindi il Pigato ha un posto d’onore tra le numerose bottiglie della sua ottima selezione. Via Dante, 326 - Alassio (Sv) Tel. 0182470025



foto: azienda “I Due Aironi�

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Pignoletto, il re dei Colli Bolognesi di Paola Annoni 64

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Bologna

Emilia Romagna


È un gusto antico, territoriale, quello che caratterizza questo vino che può essere fermo, frizzante o passito, e che, nella patria di rossi celebri come il Lambrusco e il Sangiovese, tiene alto il vessillo dei migliori bianchi di carattere

Chissà se quando Cesare Cremonini, nel furore dei suoi 19 anni, cantava «Ma come è bello andare in giro per i colli bolognesi…» aveva in mente anche di fermarsi per un bicchiere in una di quelle trattorie che resistono ancora in provincia? E magari di bersi un Pignoletto dei Colli Bolognesi, bianco autoctono che proprio sulle colline attorno a San Luca ha le sue origini. Un vino schietto e piacevole, come la gente di queste parti che coltiva ancora l’antica arte dell’ospitalità. L’origine del Pignoletto è antica e pare che derivi da quel “Pino Lieto” che Plinio il Vecchio (I d.C.) nella sua Naturalis Historia descrive come “non abbastanza dolce per esser buono”, dal momento che i palati dei suoi contemporanei erano orientati a vini liquorosi e dolci. Quando si parla di Emilia-Romagna e vino, però, la mente va istintivamente al Lambrusco e al Sangiovese, mentre per i bianchi si finisce, senza troppe pretese, su di una Malvasia, ignorando che molte cantine, mixando tradizione e innovazione, stanno affermando sul mercato vini che spesso finiscono nel soit-glace delle migliori tavole. Come il Pignoletto, appunto.

L’area della Docg Colli Bolognesi include la zona compresa tra la valle del Samoggia e l’ampia vallata del fiume Reno

precocemente verso la seconda decade di aprile ed è pronta per essere raccolta verso l’inizio di ottobre. Grazie alla coltivazione a cordone speronato o guyot esprime un vino con ottima acidità. Il Pignoletto è un bianco, sia fermo che frizzante e, anche se raramente, passito: si abbina bene a piatti leggeri, carni bianche, pesce e può essere anche un buon aperitivo. Il colore giallo paglierino scarico con una punta di verde lo può far sembrare difficilmente abbinabile, ma basta assaggiarlo per convincersi del contrario. Il sapore è secco, armonico e fruttato sia nella versione ferma che in quella frizzante (che ha una superiore gradazione alcolica naturale), non ricerca il gusto piatto di vini banali e vendibili a livello internazionale, ma si ancora fortemente a un gusto antico e territoriale, di cui, i produttori, sono rigidamente orgogliosi. È considerato il Re dei Colli Bolognesi, oltre che per la sua eccellenza anche per la rigida regolamentazione che ne protegge la qualità e la sincerità: infatti, le normative del Ministero dell’Agricoltura e Foreste (di cui il Consorzio Vini Colli Bolognesi è il responsabi-

Passeggiando fuori porta Alla ricerca del buon vino e della buona tavola tra i Colli Bolognesi si possono passare le giornate, tra storia e cultura, visitando palazzi di grande valore artistico, come la residenza di campagna della famiglia Albergati, palazzo d’età Barocca costruito nei pressi di Zola Predosa, una delle più importanti e originali opere architettoniche di tutto il Seicento europeo. O dedicarsi a qualcosa di più leggero guardando cosa c’è in programma tra le numerose iniziative dell’Ecomuseo della collina e del Vino a Castello di Serravalle; oppure girovagare tra paesini che entrano di diritto nella lista dei Borghi più belli d’Italia, come Dozza, dedicando un po’ di tempo alla scoperta di località dove l’ospitalità non è mai stata solo un lavoro, ma uno stile di vita che i bolognesi si tramandano da generazioni.

Fermo, frizzante o passito? L’area geografica della Docg include la zona pedecollinare e di media collina compresa tra la valle del Samoggia e l’ampia vallata del fiume Reno. Le vigne prendono il meglio da un terreno non omogeneo (caratteristica che accomuna i colli bolognesi col Piemonte, non a caso la Barbera si è accomodata molto bene in queste zone), in cui si trovano marne, argille e sabbie senza soluzione di continuità. Terra che quindi cambia come l’orizzonte e l’altitudine su cui viene coltivato il vitigno. L’uva germoglia

Qui sotto Palazzo Re Enzo e la fontana del Nettuno, sullo sfondo San Petronio e Piazza Maggiore a Bologna

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In una terra dove l’ospitalità non è mai stata solo un lavoro, ma uno stile di vita che i bolognesi si tramandano da generazioni, è bello perdersi in tour gastronomici alla ricerca del miglior Pignoletto da abbinare ai succulenti piatti tipici della zona Il Pignoletto è un vino bianco che può essere sia fermo che frizzante e, anche se raramente, passito. La coltivazione a cordone speronato o guyot gli dona un’ottima acidità

le legiferante), consentono per almeno l’85% l’uso di uve dell’omonimo vitigno, mentre le restanti devono provenire assolutamente da vitigni “a bacca bianca non aromatici” autorizzate e prodotte solo nel comprensorio Colli Bolognesi. Territorialità e tradizione che negli ultimi anni sono stati sempre di più legati a un impegno ecosostenibile, che esalta maggiormente il lavoro in vigna rispetto a quello in cantina. Ed è proprio per questo forte legame con il territorio che i produttori cercano di farlo diventare un simbolo identificativo dei Colli Bolognesi stringendo tra loro una forte rete di rapporti, sostenuta da Confartigianato e Federimprese di Bologna: in questo modo il Pignoletto diventa fonte di ispirazione per tour gastronomici come il Raid del Pignoletto, in auto d’epoca, con degustazioni e riscoperta delle colline e della tradizione gastronomica bolognese, o spunto per accompagnare eventi culturali come è stato per Artefiera in gennaio, in cui il vino è stato il protagonista e il filo conduttore di In Vino VeritArs – L’arte di degustare l’arte. Passione, unione e tradizione, con le cantine che si contendono il titolo di miglior Pignoletto, sia sulla tavola che nei vari concorsi indetti annualmente sono il simbolo di un vino che farà sempre più parlare di sé.

Scelti per voi dove mangiare Trattoria Mattarozzi Un servizio ruspante, sedie Anni Settanta e cibo “come lo preparavano le nonne”. Prezzo medio: 25 euro Via Lavino, 312/A Monte San Pietro (Bo) Tel. 0516759078 La Corte dello Gnomo La tradizione sposa il moderno, in un locale caldo e attento alle piccole attenzioni, come la focaccia fatta in casa e offerta, non deludendo mai sulla cucina. Prezzo medio: 25 euro Via Landa, 131 Monte San Pietro (Bo) www.lacortedellognomo.it

dove dormire B&B Guardastelle Qui, oltre a gustarsi un’ottima colazione si può anche godere di una vista a 360 gradi sui Colli Bolognesi che, al tramonto, danno il loro meglio. Doppia da 65 euro Via Pradalbino, 20/1 Monte San Pietro (Bo) www.guardastelle.it Locanda Gli ulivi Per chi vuole rimanere nella zona dello zoccolo duro della produzione del vino e lasciarsi andare al totale relax, magari sdraiato a bordo piscina. Doppia da 70 euro Monteveglio www.locandagliulivi.it

dove comprare Azienda Agricola Bonfiglio Via Cassola, 21 Monteveglio (Bo) Tel. 051830758 www.bonfigliovini.it

foto: azienda “I Due Aironi”

Tenuta Bonzara Via S. Chierlo, 37/A Monte San Pietro (Bo) Tel. 0516768324 www.bonzara.it Azienda i Due Aironi Via Rio Mazzatore, 739 Castello di Serravalle (Bo) Tel. 0516705099 www.idueaironi.it

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A San Gimignano mai senza Vernaccia Un vino che “bacia, lecca, morde, picca e punge”. Così lo definiva Michelangelo Buonarroti, grande estimatore di questo bianco singolare, che migliora invecchiando, la cui produzione è testimoniata da documenti ufficiali fin dal 1200. La sua storia è legata a doppio filo a quella della cittadina toscana, della quale è simbolo non meno delle 15 torri medievali che la incoronano testo di Elena Conti - foto di Lorenzo Luzi

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L’inconfondibile skyline di San Gimignano, disegnato dalle torri antiche, ha fatto sì che un giornalista americano ribattezzasse la preziosa cittadina toscana, situata in provincia di Siena, “la Manhattan del Medioevo”. Così questa definizione è entrata nel linguaggio comune, per sottolineare la caratteristica principale di San Gimignano, il profilo delle sue 15 torri, per le quali la cittadina è famosa nel mondo. Ma quello di oggi è solo ciò che resta di uno skyline un tempo disegnato da ben 72 fra torri e case-torri,


oltre a innumerevoli altre opere architettoniche come il Duomo romanico, le tante chiese, i teatri e i palazzi disseminati nel borgo, un patrimonio interamente sottoposto a vincolo monumentale e iscritto nella lista Mondiale dell’Unesco.

Un intreccio di storie San Gimignano è famosa soprattutto per la Vernaccia, vino bianco fra i più prestigiosi d’Italia, prodotto fin dal Medioevo, la cui storia si fonde con quella della cittadina toscana. Della Vernaccia si hanno documentazioni storiche a partire dagli inizi del 1.200, con la registrazione di una tassa di tre soldi per ogni soma di vino venduta fuori del territorio comunale. Numerosissime le citazioni letterarie, tra le più famose quella di Dante Alighieri, che, nella Commedia, manda Papa Martino IV nel Purgatorio a espiare i peccati di gola per aver mangiato anguille di Bolsena affogate nella Vernaccia di San Gimignano; e quella di Michelangelo Buonarroti che la descrive come un vino che “bacia, lecca, morde, picca e punge”. Dopo la produzione importante registrata nel periodo Medievale, la Vernaccia ha condiviso con la città un lungo periodo di declino fino alla seconda metà del ventesimo secolo, momento in cui ha saputo rinnovarsi e incontrare un nuovo successo. «È un vitigno raro, coltivato solo in questo territorio – afferma Letizia Cesani, produttrice e presidente del Consorzio Vernaccia di San Gimignano Docg –, ma fino a oggi non si conosceva il suo genoma. Per questo abbiamo commissionato uno studio realizzato grazie all’amministrazione provinciale di Siena e a Sergé, Servizi di Genomica, azienda spin off dell’Università degli studi di Siena nel

Nella foto in basso un evocativo panorama che illustra bene il rapporto diretto tra la città turrita e le distese di Vernaccia

San Gimignano

Museo della Vernaccia Sito nella Villa della Rocca di Montestaffoli, il punto più alto di San Gimignano, con un panorama mozzafiato, il Museo, oltre a raccontarne la storia, permette anche di degustare il vino, ma non si possono acquistare le bottiglie. Pannelli, immagini, foto e strumenti interattivi consentono al visitatore di dialogare con enti e aziende, per un viaggio a tutto tondo nell’essenza del vino. Tel. 0577941267

Toscana

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Luci e ombre della città turrita Vista da lontano, San Gimignano appare come appoggiata su un colle che domina la Val d’Elsa, lungo l’antica via Francigena. Le torri che ancora oggi la caratterizzano venivano costruite dalle famiglie per ostentare la propria ricchezza e venivano abbattute per sottolineare la perdita di potere, soprattutto nelle dispute fra Guelfi e Ghibellini. Il borgo rappresenta uno straordinario esempio di città medioevale rimasta intatta nell’urbanistica e nel tessuto edilizio. Nel centro abitato si trovano numerose piazze su cui si affacciano gran parte dei palazzi nobili. Piazza della Cisterna, con i palazzi Razzi, Silvestrini, Cortesi, Catani e le torri degli Ardinghelli, dei Pellari e del “Diavolo”, la cui particolare struttura pare sia dovuta a un intervento diretto del maligno... In piazza del Duomo si trova il Palazzo del Podestà con la torre detta la Rognosa e il Palazzo del Popolo con l’imponente torre Grossa, alta 54 metri. Il borgo è animato e accogliente, disseminato di locali ed enoteche, negozi e bancarelle. I grandi flussi turistici degli ultimi anni hanno progressivamente stravolto la natura commerciale di questa cittadina, rimasta intatta nella sua struttura urbanistica ma completamente trasformata nelle attività. Un tempo caratterizzata da botteghe di artigianato locale, oggi praticamente scomparse, San Gimignano viene spesso indicata come esempio negativo di sviluppo commerciale in funzione turistica. Ancora oggi però, cercando bene, nelle botteghe è possibile trovare ceramiche e ricami di qualità, o prodotti tipici del territorio, come lo zafferano, prezioso fin dal Medioevo nell’economia locale.

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Scelti per voi campo della biotecnologia e della genomica vegetale e animale. Lo scopo è quello di mettere a punto una metodologia che nel tempo dia una soglia di garanzia maggiore rispetto all’attuale sulla provenienza e sulla corrispondenza al disciplinare di produzione di un vino coperto da denominazione. L’indagine genetica permetterà di garantire e certificare l’appartenenza alla Docg del vino imbottigliato». La Vernaccia di San Gimignano ha un caratteristico colore giallo paglierino con riflessi dorati che si accentuano con l’invecchiamento. Il profumo è fine e delicato con sentori fruttati e floreali in età giovanile, mentre con l’invecchiamento sviluppa un profumo del tutto caratteristico. Al gusto è un vino asciutto, armonico, sapido. Pur gradevole da giovane, stupisce per la capacità di invecchiamento: è infatti uno dei pochissimi vini bianchi prodotti anche nella tipologia riserva. Ottimo con i piatti a base di pesce, è sorprendente servito ben freddo per accompagnare le carni bianche.

dove mangiare Villa Ducci Il ristorante panoramico propone esclusivamente prodotti freschi del territorio. Oltre ai piatti della tradizione toscana, sempre in menù la Fiorentina e una vasta scelta di salumi di cinta senese e pecorini delle crete; ma anche, secondo la stagione, funghi porcini, tartufo e zafferano di San Gimignano. A partire dal 30 euro Loc. S Biagio, 46 Tel. 0577907024 www.villaducci.com Cum Quibus Fra i piatti bruschette miste, insalata di farro, prosciutto e fichi, tortelloni al ragù di fegatini, controfiletto al lardo ed erbe aromatiche. Menù limitato ma eccellente carta dei vini. Necessario prenotare. Prezzo compreso fra 25 e 45 euro Via San Martino, 17 Tel. 0577943199 www.cumquibus.it

dove dormire La Buca di Montauto Agriturismo immerso nella campagna, tra gli uliveti e i vigneti. Vendita diretta di Vernaccia. Doppia da 64 euro a notte Loc. Montauto Tel. 0577943049 www.labucadimonta uto.com

Hotel Vecchio Asilo Intimo, accoglienza perfetta, colazioni indimenticabili con torte fatte in casa, frutta del giardino e sul tavolo fiori di campo. Da 82 euro a notte Via delle Torri, 4 Ulignano (Si) Tel. 0577950032

dove comprare Agricoltori del Chianti Geografico Vendita diretta di vino, olio, prodotti tipici. Il risultato evidente di un sistema che inizia dentro la terra e arriva nel bicchiere, con la selezione di produzioni di eccellenza che rappresentano gli sforzi e le fatiche di tutti gli associati. Vernaccia di San Gimignano Docg, 5 euro a bottiglia. Loc. Casa alla Terra (Si) Tel. 0577988262 www.chiantigeogra fico.it Fattoria Abbazia di Monteoliveto Sorge nelle terre dell’antica Abbazia di Monte Oliveto edificata nel 1340 dai monaci olivetani, esperti selezionatori dei territori più vocati alla coltivazione della vite e dell’olivo. Dal 1982 di proprietà della famiglia Zonin, che ha provveduto al recupero dei vigneti di Vernaccia e delle olivete esistenti. Vernaccia di San Gimignano Docg da 5 a 7 euro. Loc. Monte Oliveto, 15 Tel 0577 907136 www.monteoliveto.it



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Sull’onda del recente successo del Pecorino, un altro piacevole bianco abruzzese sta facendosi strada grazie al suo aroma accattivante e alle sue origini ancora misteriose di Riccardo Lagorio

Forse a pochi lettori scrivendo di Cococciòla e Pecorino verranno alla mente con immediatezza dei vini. Bianchi. Eppure, sulle colline dell’immediato entroterra d’Abruzzo, nel Chietino, ci si imbatte agevolmente in aziende vitivinicole che hanno eletto a bandiera della cantina (e del territorio) proprio questi due vitigni locali. Del resto quella di Chieti è la seconda provincia italiana e di gran lunga la prima in Abruzzo per quantità raccolta di uva. Così non è esagerato definirla un’isola felice nel panorama vinicolo nazionale, ma nondimeno assai ricca di spunti culturali e gastronomici per trascorrere un fine settimana a caccia di inattese meraviglie. Come ad Ortona, che sorge su un promontorio e permette di godere, dalle passeggiate che si dipartono dal Teatro Tosti, di bei panorami sul porto, ma anche onirici tramonti con il Gran Sasso stampato sul sole. Per secoli nodo commerciale conteso tra Venezia e Ragusa, Ortona è permeata da interessanti monumenti storici, come la basilica di San Tommaso che conserva le spoglie dell’apostolo dal XIII secolo, il Palazzo Farnese e il quattrocentesco Castello aragonese, recentemente riportato ad antico splendore. Da qui, dopo essere stati alla ricerca di uno degli ultimi trabocchi ancora in funzione (una di quelle instabili ma incrollabili palafitte protese nel mare e collegate agli scogli con passerelle spesso fatte in cordame da cui si effettuava la pesca), si arriva alle prime colline dove si trovano le vigne di Cococciòla. «Sino alla fine degli anni Novanta quest’uva veniva utilizzata

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La Cococciòla: giovane promessa d’Abruzzo


esclusivamente come taglio per il Trebbiano, poi sull’onda delle fortune del Pecorino, anche le grandi aziende si sono messe a proporla. Ne abbiamo rivalutato l’armonia e il profumo, caratteristica un po’ atipica per l’Italia centrale» sostiene Giuseppe Colantonio, responsabile commerciale della Citra Vini. In effetti dalla sua cantina escono solo 5 mila bottiglie di Cococciòla, «molte delle quali dedicate ai migliori ristoranti della costa», aggiunge Colantonio.

Da Cenerentola a première dame La Cococciòla e il Pecorino sono ideali anche con i condimenti di pesce che arricchiscono la pasta tradizionale di Lanciano, i rintrocili, simili a tagliatelle ma più spessi e corti, realizzati con acqua e farina. Ma anche il popolare sugo d’agnello ben si sposa con i gusti freschi e sapidi dei due vini. Legata ai vitigni storici abruzzesi è anche la famiglia Ulisse di Crecchio. «Nei nostri vini trasfondiamo i valori di semplicità e del lavoro nei campi» osserva Marco Di Paolo, addetto alle vendite delle

A nozze con i fichi secchi

Chieti

Abruzzo

Negli anni il Pecorino si è rivelato un vitigno molto adattabile a produzioni diversificate: Citra ne ha tratto uno spumante Metodo Martinotti che sta facendo incantare russi e giapponesi, ma un’altra cantina, Masseria Coste di Brenta, a Lanciano, per mezzo di attente prove che hanno messo a confronto numerose sovra maturazioni, ha messo sul mercato un Pecorino passito che le pasticcerie dell’entroterra propongono con i bocconotti, dolci nati nei primi del Novecento a Castel Frentano ma diffusi ormai in tutto il Chietino. Il bocconotto di pasta frolla ripieno di cacao, cannella e miele o crema e panna, si accompagna perfettamente all’aroma intensamente profumato del passito; tuttavia risulta ben compiuto anche l’abbinamento con il torrone di fichi, fortunosamente arrivato ai giorni nostri grazie alla caparbietà di Camillo Gentile, mastro pasticcere di Bucchianico. Il torrone di fichi si produce con fichi secchi abruzzesi. «Non acquistiamo certo quelli turchi, che non ci garantiscono lo stesso gusto» afferma deciso. «Durante il periodo natalizio li apriamo in due e al loro interno inseriamo il gheriglio d’una noce o una mandorla. Poi richiudiamo i fichi, li cospargiamo di cannella e li premiamo in uno stampo di legno costruito dagli artigiani del paese dove rimangono per almeno un giorno. Una volta ben compressi, ricopriamo i fichi di cioccolato fondente, dando vita a delle stecche simili a torroni», conclude.

Sopra, la vendemmia nei vigneti della Tenuta Ulisse. Sotto la torre campanaria e il palazzo del Comune nel centro storico di Lanciano (Ch)

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vino&territorio

Scelti per voi

Mentre il Pecorino è ormai noto a livello internazionale, la Cococciòla sta salendo alla ribalta proprio in questi ultimi anni grazie anche al suo profumo netto, insolito per un vino del centro Italia Qui sotto il bel castello di Crecchio (Cb), dove visitare il Museo dell’Abruzzo Bizantino e Altomedievale. Le origini del castello sono ignote ma una prima testimonianza della sua esistenza risale al 1279

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Tenute Ulisse. «Il Pecorino è ormai riconosciuto anche a livello internazionale, la Cococciòla si sta sempre di più trasformando da Cenerentola a première dame grazie al suo aroma accattivante e alla storia del recupero che ne è stato fatto». Se non fosse troppo irrispettoso, si potrebbe paragonare proprio alla storia di Crecchio, un piccolo centro dall’aspetto medievale, riportato all’originaria armonia anche grazie al contributo dell’Archeoclub negli anni Ottanta.Tanto che dal 1995 il Castello, fondato nel Duecento, ospita il Museo dell’Abruzzo Bizantino e Altomedievale, contribuendo alla vocazione turistica del paese. Molte comunità dell’entroterra stanno puntando sulle peculiarità del passato per garantire il giusto afflusso di visitatori alla scoperta delle meraviglie più nascoste di questa terra. Succede a Villamagna ogni anno il 13 luglio (e ogni primo sabato di agosto in versione serale) quando si rinnova la rappresentazione della battaglia di Santa Margherita contro i saraceni. Narra la leggenda che la santa avrebbe scongiurato l’invasione del paese e la decimazione dei suoi abitanti, sbarrando, sotto la forma di una trave incandescente, il passo ai saraceni che dopo aver attaccato i paesi della costa, stavano penetrando verso l’interno nel 1556. Allo stesso modo la ricerca dell’unicità, dell’eleganza, dell’assoluta riconoscibilità sono state le molle a spingere la famiglia Masci, proprietari a dell’Azienda Agricola Valle Martello di Villamagna, a sperimentare, tra i primi, proprio la Cococciòla. Era infatti il 1980 quando i fratelli Katia e Corrado fecero da precursori impiantando alcuni ettari di questa varietà che stava scomparendo. Solo dalla vendemmia del 2000 si è avviato infatti un protocollo di sperimentazione che ha saputo rivalutare commercialmente il vitigno, capace di ben figurare accanto a colture già affermate come il Pecorino o il Trebbiano. Lo rende ancora più intrigante quell’alone di mistero intorno alla sua storia, avarissima di notizie: una ri-scoperta che sta affascinando i consumatori appassionati e che riserverà piacevoli sorprese a chi lo proverà per la prima volta scoprendo un’altra faccia di questa inesauribile Italia.

dove mangiare Ristorante La Neviera La neviera del Trecento rivive esaltando i piatti locali con un tocco di originalità. Fornita enoteca. Si mangia con 32 euro Via Cappellina San Camillo, 6 Bucchianico (Ch) Tel. 0871382145 Ristorante Ai vecchi sapori Sotto le volte a mattoni, la cucina a vista sarà il piacevole debutto dell’esperienza ai tavoli. Servono 35 euro per un pasto Via Giuseppe Ravizza, 16 Lanciano (Ch) Tel. 0872712184 Ristorante Al vecchio teatro Sceglierete principalmente piatti marinari, semplici e gustosi, da gustare affacciati sulla terrazza a mare. Prezzo medio: 40 euro Corso Garibaldi, 35 Ortona (Ch) Tel. 0859064495

dove dormire Hotel Anxanum Camere d’impostazione classica. Bel centro benessere. Doppia da 80 euro Via San Francesco d’Assisi, 8 Lanciano (Ch) Tel. 087243888 Bioagriturismo Agriverde Elegante struttura immersa in vigneti e uliveti. Tra le attrazioni del centro benessere l’applicazione della vinoterapia. Doppia da 80 euro Via Stortini, 32 Ortona (Ch) Tel. 0859032101

B&B Casa degli artisti poeti Calda accoglienza e semplici camere nel centro storico. Doppia da 40 euro Via Educandato, 12 Villamagna (Ch) Tel. 3279177137

dove comprare Pasticceria Gentile L’indirizzo giusto (e unico) per il torrone di fichi. Piazza Roma, 15 Bucchianico (Ch) Tel. 0871381396 La Bocconotteria La specialità della casa è già nel nome del locale. Via dei Peligni, 18 Castel Frentano (Ch) Tel. 0872559135 La Pasta che Bontà Tra le numerose paste fresche spiccano i rintrocili, tipici della cittadina. Via Guido Rosato, 2 Lanciano (Ch) Tel. 0872717226 Per acquistare Pecorino e Cococciòla: Citra Vini Consorzio Contrada Cucullo Ortona (Ch) Tel. 0859031342 Masseria Coste di Brenta Contrada Camicie, 50 Lanciano (Ch) Tel. 0872895280 Azienda Agricola Tenuta Ulisse Via San Polo, 40 Crecchio (Ch) Tel. 0871306252 Azienda Agricola Valle Martello Contrada Valle Martello, 10 Villamagna (Ch) Tel. 0871300330


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vino&territorio

Si scrive Tintilia si legge Molise Rimanda al rosso spagnolo, il “vino tinto”, il nome di questo vitigno introdotto nel ’700 dai Borboni in terra molisana dove, grazie alla sua natura tenace e alla capacità di sopravvivere alla condizioni più estreme, si è diffuso fino a identificare lo stesso territorio dal punto di vista enologico. Se vinificate in purezza, le uve danno origine a un vino unico dal profumo speziato

di Riccardo Lagorio

Termoli

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Termoli è la base di partenza ideale per qualsiasi viaggio in Molise, con il suo tipico aspetto di borgo medievale, lievita dal mare intorno al Duomo, mentre tutto attorno è il nuovo che avanza. Nei giorni più tersi spunta in lontananza sul mare il profilo delle IsoleTremiti,mentre alle sue spalle, ai paesaggi marini si sostituiscono pianori verdi, puntellati da ulivi e vigne. Le vigne. Un tempo capillarmente diffuse nelle zo-

ne interne, hanno perso importanza economica e diffusione; solo negli ultimi trent’anni si è ricominciato a piantarne, ma nel cosiddetto Basso Molise. Il vitigno prevalente è la Tintilia che, introdotto nel Settecento dai Borboni (ricorda infatti l’aggettivo spagnolo tinto, rosso), è caratterizzato da una singolare resistenza al freddo e alle malattie che gli permettono di resistere anche in condizioni climatiche estreme.


Una tenacia da medaglia d’oro

Tintilia e pampanella, meglio di così... Fu la riforma agraria degli anni Cinquanta del Novecento e la maggiore produttività nei terreni pianeggianti e commercialmente aperti, a spingere all’abbandono delle terre interne.È così che la viticoltura è scesa verso la costa,mutando anche il paesaggio.Il panorama vinicolo è conseguentemente costituito da aziende perlopiù di recente fondazione ma che si rifanno ad antica tradizione. Nel territorio di San Martino in Pensilis, a 300 metri sul livello del mare, sono state ad esempio riportate di recente alla luce due vasche risalenti al III secolo a.C. per la spremitura di olive e uva. Il centro molisano è noto per la Carrese, una corsa di carri trainati da buoi di origine medievale che si tiene tutti gli anni a fine aprile. La presenza simbolica del bue, che assicura vigore e abbondanza, onora il santo protettore con lo sforzo richiesto dalla corsa.

In apertura, un classico spuntino molisano a base di salame e formaggi locali e un’immancabile bottiglia di rosso, in questo caso una Tintilia dell’Azienda Catabbo che si trova in Contrada Petriera a San Martino in Pensilis (Cb). Qui sotto l’enologo Giuseppe Pirro che, assieme a Vincenzo Catabbo, lavora ogni giorno al miglioramento dei vitigni di Tintilia. Un impegno che ha valso alla cantina numerosi riconoscimenti

Impegno e sacrificio propri dei viticoltori di qui. Come Vincenzo Catabbo che, nel 1990, corona il sogno di sempre utilizzando tecniche innovative applicate al vitigno autoctono, la Tintilia appunto, che hanno valso alla cantina il conseguimento di numerosi premi a livello nazionale e internazionale (www.catabbo.it). La natura pare si sia divertita a fare idealmente (e non solo) sposare la Tintilia con il piatto locale, la pampanella, carne di suino infornata e spruzzata d’aceto, che la generosa aggiunta di peperoncino dolce e piccante e di aglio rende assai risoluta. Ma anche con il formaggio pecorino locale, a latte crudo, dall’aroma complesso determinato dai pascoli ricchi di odorose essenze arboree.

Tra ricerca e natura Non distante è Ururi, uno dei Comuni molisani di lingua arbereshe (l’albanese degli esuli cristiani del Cinquecento,sfuggiti alle invasioni ottomane) a circa 30 km dalla costa adriatica. Qui il piatto locale è costituito dai torcinelli: la trippa di agnello lessata viene condita con aglio, origano e peperoncino piccante, avvolta nell’omento suino a sua volta arrotolato in budelline d’agnello.Si cuociono su caratteristiche griglie. Anche con questa preparazione non vi è accompagnamento migliore che la Tintilia, prodotta su terreni ricchi di scheletro intorno ai 300 metri sul livello del mare e che godono di un clima particolarmente favorevole, influenzato dalle brezze marine. Forte di queste condizioni, Pasquale Salvatore nella sua Azienda Agricola di Contrada Vigne già nel 1998 iniziò sperimentazioni per individuare le più opportune modalità di raccolta (a mano per garantire l’integrità del grappolo) e di vendemmia (anticipata o posticipata anno via anno in base anche alle con-

Introdotto nella seconda metà del Settecento e diffuso capillarmente nelle aree interne dove garantiva colore e potenza ai vini scarsi di tono e struttura, il Tintilia si acclimatò molto bene grazie alle sue notevoli doti di adattamento (si tratta di un vitigno rustico che resiste bene al freddo, alle malattie e all’attacco di muffe). Ebbe rapida diffusione sul territorio molisano e, alla fine dell’Ottocento, era senza dubbio la varietà maggiormente coltivata in tutta la Regione. La sua fama travalicò presto i confini locali e nazionali, tanto che a una mostra vinicola di Parigi nel 1900 un vino Sannio rosso, a base di uve Tintilia, si guadagnò la medaglia d’oro. Nel dopoguerra si assistette a un progressivo abbandono delle vigne proprio nelle zone di antica coltura del Tintilia, tanto da considerarlo virtualmente scomparso dalle superfici vitate regionali. Sotto il profilo tecnico la Tintilia è un vitigno di media vigoria e produttività discreta, grappolo spargolo e alato di grandezza medio-piccola con acini ovoidali, buccia pruinosa e consistente di colore nerobluastro facile al distacco, dal sapore leggermente aromatico. L’epoca di vendemmia, a seconda dell’andamento stagionale e della zona di coltivazione, inizia verso la metà del mese di settembre per concludersi la prima decade di ottobre. A completa maturazione la polpa degli acini tende a imbrunire. La produzione per ettaro è decisamente bassa con medie inferiori agli 80 quintali; la produzione per pianta varia da 2 a 3 kg. Le uve Tintilia, se vinificate in purezza (ovvero senza aggiunta di altre uve) danno origine a un vino unico e facilmente identificabile: da giovane, ha un colore rosso rubino intenso che vira però piuttosto rapidamente a una tonalità granata. All’olfatto presenta un corredo aromatico incentrato su note speziate; ha buon corpo, tannini evidenti e una buona persistenza retro olfattiva.

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dizioni meteorologiche),individuando infine i migliori terreni che potessero garantire un vino pieno di corpo, dallo spiccato aroma speziato e vellutato (www.cantinesalvatore.it). Interazioni tra terroir e annata che andavano necessariamente studiate al fine di esaltare le caratteristiche di questo vitigno ritrovato. Come ha fatto anche Angelo D’Uva, vignaiuolo in Larino, per il quale il vino contiene la mano di chi lo fa: un compromesso dell’uomo con la Natura, che bisogna assecondare spostando il rapporto a favore di quest’ultima (www.cantineduva.com). Larino è ricca di importanti monumenti romani, primo fra tutti lo spettacolare anfiteatro, ma anche medievali. È il caso della Cattedrale, dedicata a San Pardo, che risale al 1319.

Mistici piaceri In uno scenario naturale intatto, custode di silenzi e profumi d’altri tempi, è Acquaviva Collecroce, esposto verso sud, beneficiando di un clima perfetto per la crescita della Tintilia. Acquaviva Collecroce e San Felice del Molise fanno parte di una comunità di profughi slavi che giunsero nell’entroterra molisano nel XV secolo per sottrarsi all’invasione turca, come accadde per gli arbereshe. Mantengono quindi lingua e costumi arcaici. In gastronomia ciò si traduce con l’abitudine di cospargere la carne di maiale con generosa quantità di paprica. Ma anche in preparazioni molto più singolari, come i kolaci di Acquaviva Collecroce, tradizionalmente prodotti a cavallo della festività di San Biagio (3 febbraio), biscotti con ripieno di uva stramatura e lentamente cotta, mosto cotto, mandorle tritate e miele; o come la pizza di San Giuseppe di San Felice del Molise, una singolare focaccia condita con alici, uvetta e cipolla. La chiesa madre di Acquaviva Collecroce conserva una lastra di marmo riportante una frase palindroma (sator/arepo/tenet/opera/rotas) che si dice sia stata lasciata daiTemplari e abbia poteri esoterici.Stesso misticismo che si prova sugli usci delle cantine delle famiglie Cianfagna e Cipressi, sostando con un bicchiere denso, polposo e persistente di Tintilia fra le mani semplicemente ammirando il mare.

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Scelti per voi dove mangiare

dove dormire

dove comprare

Trattoria Il Gusto Minuscolo locale dove il pesce appena tratto dalle reti la fa da padrone. Necessaria la prenotazione. Prezzo medio: 35 euro Via Duomo, 19 Termoli (Cb) Tel. 0875704047

Residenza Sveva Sarà il fascino di svegliarvi di fronte alla cattedrale a farvi soggiornare in alcune delle camere situate nel borgo antico. Doppia da 90 a 180 euro Piazza Duomo, 11 Termoli (Cb) Tel. 0875706803

Macelleria Ientilucci Clara I migliori torcinelli della zona. Via VI Traversa, 15 Ururi (Cb) Tel. 0874830185

Trattoria La Fornacella Rustico, ma i prodotti esclusivamente locali e dal gusto deciso fanno anche dimenticare alcune banali carenze. Prezzo medio: 20 euro Contrada Cerratuoto Castelmauro (Cb) Tel. 0874744200

Park Hotel Campitelli 2 Vista sulle colline molisane, buone camere e servizi adeguati allo standard di riferimento. Doppia a 130 euro Via San Benedetto, 1 Larino (Cb) Tel. 0874823541

Ristorante Da Carlo Bandite le formalità, lasciatevi andare a una cucina semplice e gustosa, come solo il Molise sa offrire. Prezzo medio: 18 euro Via Cappella, 75 San Felice del Molise (Cb) Tel. 0874879373

Masseria Massimino Sistemazione rurale e semplice. Per chi ama la natura e gli animali, possibilità di ricevere lezioni di equitazione. Doppia da 90 a 110 euro Contrada San Benedetto, 164 San Martino in Pensilis (Cb) Tel. 0875604254

Macelleria F.lli Muccillo Ovvero: La Pampanella. Via Marina, 2 San Martino in Pensilis (Cb) Tel. 0875604197 Azienda Agricola Parco dei Buoi Il pecorino è straordinario. Ottimo l’olio extravergine d’oliva. Contrada Piane di Larino Larino (Cb) Tel. 0875604971 Panificio Luisa Santoro Per i kolaci; da prenotare con largo anticipo. Via Indipendenza, 4f Acquaviva Collecroce (Cb) Tel. 3899861229

Le ricche distese di vitigni dell’Azienda Catabbo. Tutti rigorosamente a filari, si ergono sulle dolci colline di San Martino in Pensilis, a circa 300 m sul livello del mare



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Asprinio:

il vino che viene dall’alto Tra Napoli e Caserta, viticoltori acrobati si arrampicano fino a 15 metri d’altezza per raccogliere le uve che danno vita a questo vino “di una secchezza totale, sostanziale, che non lo si può immaginare se non lo si gusta”. Già protagonista delle tavole dei D’Angiò nel 1300, e Doc dal 1993, è l’ideale per accompagnare pizza e mozzarella di bufala campana Dop, o per realizzare ottimo spumante di Riccardo Lagorio

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1957. Dopo cinquant’anni sono ancora attuali i versi di Pierpaolo Pasolini che descrivono la Terra di lavoro, l’antica Liburia, un’area circoscritta della Campania Felix: “qualche branco di bufale, qualche mucchio di case tra piante di pomidoro, ogni tanto un fiumicello a pelo del terreno nero e gli olmi carichi di viti”. Magari quei mucchi di case sono diventate vere e proprie città infilate l’una all’altra, i caseifici dove acquistare mozzarella di bufala campana si sono moltiplicati, ma senz’altro ora come allora tra Napoli e Caserta si stende la zona vitivinicola più caratteristica del mondo: l’area di produzione del vino Asprinio, i cui vigneti si arrampicano su pioppi e olmi a creare le sorprendenti alberate. La faceta parlata di qui non si è lasciata sfuggire l’occasione di definire queste viti maritate, avvinghiate come sono all’albero che le sostiene, formando imponenti barriere verdi tanto originali da caratterizzarne il paesaggio.


Caserta

Napoli

Campania

L’Asprinio, che già nel 1300 deliziava, anche come spumante, dame e cavalieri della corte di Roberto D’Angiò, ha ottenuto la consacrazione a livello nazionale e internazionale nel 1993 con l’assegnazione del marchio Doc.

Non il solito bianco Avete mai visto viti che si arrampicano, maritate al pioppo, verso il cielo fino a raggiungere i 15 metri di altezza, cariche di grappoli? Uve che per essere raccolte impongono ai viticoltori equilibrismi incredibili su altissime scale? Viti, inoltre, franche di piede, come in era prefillosserica? Queste sono alcune delle caratteristiche che rendono unico e ineguagliabile l’Asprinio di Aversa, “il grande, piccolo vino”, come lo definì Mario Soldati, che a tale proposito scrisse: “Non c’è bianco al mondo così assolutamente secco come l’Asprinio: nessuno. Perché i più celebri bianchi secchi includono sempre, nel loro profumo più o meno intenso e più o meno persistente, una sia pur vaghissima vena di dolce. L’Asprinio profuma appena, e quasi di limone: ma, in compenso, è di una secchezza totale, sostanziale, che non lo si può immaginare se non lo si gusta”. Nella seconda metà del XX secolo l’Asprinio ha continuato a essere coltivato solo per il fabbisogno familiare e resisteva perché le alberate, sviluppandosi soltanto in altezza, non sottraevano terreno ad altre colture. Il vino che si ottiene da tali viti è di un limpido colore verdolino, dal profumo tenue. È un prodotto caratterizzato da un’elevata acidità. Per questo si è rivelato un’ottima base per la produzione

Assaggi di Campania L’area di produzione dell’Asprinio include 22 comuni, ricadenti nelle province di Caserta e di Napoli, il territorio che in pratica faceva parte dell’antica contea normanna di Aversa, fondata nel 1030 e tutt’ora ricca di chiese medievali e rinascimentali rimaneggiate in periodo manierista. Fuori dai centri abitati si comprende chiaramente che il tipo di allevamento della vite fu scelto per la necessità di destinare i suoli alla produzione di frutta e ortaggi. Come accade a Parete, che ha fama per la coltivazione di pesche, pere e fragole, dove la Domenica in albis si celebra il Volo degli angeli: due bambine vestite di bianco, sospese nel vuoto e sorrette da una corda, scendono dall’alto sul sagrato della Cappella di Maria Santissima della Rotonda richiamando folle oceaniche. Tra le manifestazioni che vedono protagonista l’Asprinio invece ricordiamo la Sagra della marruzza (la chiocciola di terra) e dell’Asprinio di fine agosto, a Frignano, o la festa del 2 giugno nella frazione di Casaluce, San Marcellino in Aprano, quando l’Asprinio serve anche a irrorare, durante la cottura, uno dei prodotti più tipici della zona, la salsiccia. Commistione di sacro e profano con l’Asprinio sempre protagonista durante la festività di Santa Maria di Casaluce, patrona di tutta la diocesi di Aversa. Ma è a Cesa che all’Asprinio viene dedicata una sagra annuale, nel mese di giugno: una giuria di esperti decreta, tra le decine di vini ammessi in concorso e prodotti nella campagne limitrofe, il vincitore. Da segnalare, infine, come la storia vitivinicola della zona abbia fatto nascere a Melito di Napoli la tradizione di vantati mastellai, che prosegue ancora vivace a distanza di secoli.

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L’Asprinio, che già nel 1300 deliziava dame e cavalieri della corte di Roberto D’Angiò, ha ottenuto la Doc nel 1993

Scelti per voi dove mangiare Ristorante Savignano Sarà gradevole cenare nel dehor estivo, lasciandosi conquistare da buone materie prime locali sapientemente combinate. Prezzo medio 45 euro Piazza Savignano, 8 Aversa (Ce) Tel. 0815031461 Trattoria Fenesta Verde Due buone cuoche che prediligono produzioni territoriali, pescato locale e stagionalità sono coadiuvate in sala dall’autorevolezza dei rispettivi mariti. Prezzo medio 40 euro Via Licante, 1 Giugliano in Campania (Na) Tel. 0818941239

dove dormire Hotel Olimpia Moderno e dotato di ogni comfort, si trova all’interno di uno dei centri sportivi più importanti della Campania. Camera doppia da 95 euro Via Guglielmo Marco, 103 Sant’Antimo (Na) Tel. 0815057213 Hotel Plaza Nuova struttura dove l’essenzialità dei servizi si fa notare ma che risulta una valida occasione per un rinvigorente riposo. Camera doppia da 75 euro Via Alfredo Nobel, 5 Aversa (Ce) Tel. 0818130718 La cupola della chiesa di San Paolo apostolo, duomo di Aversa

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di spumante metodo classico, secco, fresco e caratterizzato dal colore paglierino. I vitigni che hanno ottenuto il riconoscimento della Doc sono: L’Asprinio di Aversa (Asprinio nella misura minima dell’85%; possono concorrere altri vitigni a bacca bianca non aromatici, fino a un massimo del 15%) e l’Asprinio di Aversa spumante (Asprinio nella misura minima dell’85%; possono concorrere altri vitigni a bacca bianca non aromatici, fino a un massimo del 15%). L’Asprinio viene vinificato con tecniche moderne e conservato nelle tipiche grotte di tufo profonde anche oltre 15 metri, dove la temperatura rimane costante, inverno ed estate, intorno ai 14 gradi. È il vino ideale per accompagnare la pizza e la mozzarella di bufala campana Dop.

dove comprare Per l’Asprinio e l’Asprinio Brut: Azienda Vinicola I Borboni Via Enrico De Nicola, 7 - Lusciano (Ce) Tel. 0818141386 Azienda Magliulo Via Giovanni Manna, 29 - Frignano (Ce) Tel. 0818900928 Per la mozzarella di bufala campana Dop: Caseificio Caputo Via Roma, 58 - Teverola (Ce) Tel. 0818119478 Per salsiccie e salumi: Macelleria Stefano Maisto Via Roma, 178 - Melito di Napoli (Na) Tel. 0817111255


selezioni

I 4 cavalieri del lavaggio perfetto Il sistema formato dalle lavabicchieri della Serie UC, dal nuovissimo trattamento dell’acqua RoMatik XS, dai cestelli e dai detersivi specificamente studiati, è l’esempio perfetto di come Winterhalter possa garantire bicchieri brillanti senza bisogno di asciugatura manuale

Avere sempre bicchieri trasparenti e brillanti è per voi un sogno? La paura di spiacevoli rotture vi porta a lavare a mano bicchieri delicati o dalle decorazioni preziose, evitando il lavaggio meccanico? Winterhalter offre una soluzione ottimale alle vostre esigenze. Si tratta del sistema formato dalle lavabicchieri della Serie UC, unite al trattamento dell’acqua RoMatik XS, nonché a cestelli e detersivi specifici: quattro elementi fondamentali per risultati eccezionali. I quattro cavalieri del lavaggio perfetto! Ma cerchiamo di capire in cosa consiste questa felice collaborazione. Partiamo dalla progettazione del sistema, che avviene secondo lo spazio a disposizione e le esigenze del cliente, e permette quindi alle lavabicchieri della serie UC, nelle versioni S-M-L, di adattarsi perfettamente alle diverse realtà nelle quali vanno inserite. Importante poi la questione della temperatura: le lavabicchieri Winterhalter garantiscono costantemente temperature comprese tra i 58 e i 60°C in vasca e un risciacquo a 65°C, per bicchieri sempre perfettamente igienizzati, protetti e brillanti. Nelle lavastoviglie della Serie UC è possibile regolare anche la pressione di lavaggio, più delicato per calici e cristalli, ad esempio, e più intenso per i bicchieri più robusti; nonché il tempo: da poco più di un minuto per i bicchieri più robusti che possono essere lavati con una maggiore pressione dell’acqua a meno di tre minuti per i calici più fragili. Fondamentale, come dicevamo, anche la qualità dell’acqua: quella non trattata, infatti, secondo le diverse proprietà che la caratterizzano, può lasciare sui bicchieri calcare, striature e macchie. Winterhalter quindi, dopo aver verificato le qualità dell’acqua presente in loco, grazie al sistema RoMatik XS offre il trattamento delle acque più adatto alle esigenze di ogni cliente per ottenere risultati impeccabili. Fondamentale infine la corretta scelta del cestello. I cestelli in filo con scomparti si adattano perfettamente al diametro e alle altezze dei vari bicchieri. In questo modo anche i calici più delicati saranno protetti da rotture e brilleranno senza bisogno di asciugatura manuale. Il tocco di classe in più è dato dai detersivi e dai brillantanti Winterhalter: una gamma completa di prodotti per l’igiene efficaci e delicati nello stesso tempo, studiati per igienizzare e proteggere anche i cristalli più delicati.

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vino&territorio

Susumaniello

generoso come il Salento di Santina Francavilla

Oltrepassando Bari, fra chiese romaniche e castelli medievali di impareggiabile bellezza, l’occhio si perde tra le valli ondeggianti di spighe di grano color del sole, distese verdi di uliveti e vigne feconde. Costeggiando l’Adriatico in direzione sud, ci si ritrova nella stupenda Valle d’Itria, quel lembo di terra che coincide con la parte meridionale dell’altopiano delle Murgie, affascinante combinazione di bosco e macchia mediterranea. Durante il loro soggiorno, i visitatori si stupiranno della ricchezza di questi luoghi, dove l’architettura tipicamente ru-

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Immaginatevi un rito pagano, ai tempi dell’antica Roma. Una misteriosa festa dedicata al dio dei lampi notturni. È in questa suggestiva atmosfera che pare vadano ricercate le origini di un vitigno storico, che dà vita a un rosso rubino da gustare con i prodotti più genuini della gastronomia pugliese

Ostuni

Puglia

In apertura: Ostuni. A destra, tra i grappoli di Susumaniello, Gregory Perrucci, ideatore dell’Accademia dei Racemi, che promuove la produzione di vini di qualità in Puglia

pestre si riflette in un’abbondanza gastronomica che è l’espressione più diretta dello stile rustico che caratterizza la Valle. E proprio a questa rusticità viene associato il connubio tra il territorio e il Susumaniello, vitigno autoctono, vero e proprio gioiello di inestimabile valore considerato ormai estinto e che solo recentemente è stato riscoperto grazie a un ambizioso progetto di rivalutazione delle uve autoctone pugliesi che ha dato vita all’Accademia dei Racemi, una dinamica cantina che in pochi anni ha contribuito a cambiare la realtà vinicola della Puglia.

Un viaggio nel tempo Diffuso nel brindisino e nelle zone vitivinicole intorno a Ostuni e Fasano, nuovi impianti di questo antico vitigno si possono trovare anche nella zona dell’Alto Salento a testimonianza della fiducia che i vignaioli ripongono nella difesa e nella valorizzazione del proprio territorio anche attraverso i vitigni autoctoni più storici. Nota in passato col nome di Susumaniello o Cusumanieddu, questa varietà di uva è stata reimpiantata con un nuovo vigneto messo a dimora nel 2000 proprio a ridosso di un’oasi naturale protetta, nell’Azienda Agricola di Torre Guaceto, facente parte del progetto Racemi. Al contrario di tutte le varietà pugliesi, il Susumaniello non è affatto amaro. Anzi, proprio la

sua neutralità consente macerazioni prolungate con estrazioni importanti di tannini e polifenoli. Il Susumaniello, nella letteratura corrente, prenderebbe il nome da una presunta sovrabbondante produttività della pianta, che “caricava” di uva i somari impiegati per il trasporto. La pianta, infatti, risulta prosperosa nonostante i suoi grappoli abbiano acini molto piccoli e resistenti, apparentemente sproporzionati rispetto al vinacciolo che invece ha dimensioni normali. L’origine del Susumaniello potrebbe però essere ancora più antica. Come ci racconta Gregory Perrucci – uno dei fondatori dell’Accademia dei Racemi –, un’attenta analisi storica ed etimologica del nome di questo vino ci fa propendere per una versione assai più interessante di quella corrente: questa varietà sembrerebbe infatti legata a Summanus, divinità romana responsabile delle piogge e dei lampi notturni. Summanus veniva festeggiato il 20 giugno di ogni anno con celebrazioni pagane, le Summanaliae, nel corso delle quali si svolgevano riti propiziatori. Durante questi riti si sacrificava al dio un montone nero il quale riceveva l’unzione rituale. Durante la cerimonia si consumavano focacce di farina a forma di ruota, anch’esse denominate Summanaliae. Susumaniello, quindi, deriverebbe da Sub Summanaliae, ossia “nel periodo delle celebrazioni di Summanus”. Un vino dalle origini

In Val d’Itria, tra bombette e fornelli Tappa quasi obbligata per chi arriva in Valle d’Itria è Alberobello, la capitale dei trulli, Patrimonio dell’Umanità Unesco dal ’96. Un luogo fatato, grazie anche ai simboli dipinti sui tetti delle tipiche costruzioni coniche, secondo la credenza popolare segni dotati di particolari virtù magiche e capaci di allontanare le influenze maligne (o, più semplicemente, ingentilimento realizzato nel 1934 per compiacere Benito Mussolini in visita alla quinta Fiera del Levante di Bari). Ma questa terra è anche la culla di una delle cucine più semplici e gustose di tutto il Paese. Per le strade di Cisternino, per esempio, è facile imbattersi nei fornelli, macellerie dotate d’una griglia fuori dalla porta, dove scegliere cosa mangiare e farselo cuocere al momento. Da assaggiare, le bombette, gustosissime fettine sottili di coppa insaporite con sale, pepe, rosmarino e prezzemolo, poi guarnite con un formaggio e, a piacimento, con un pezzetto di salume.

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Scelti per voi dove mangiare

antichissime dunque che la terra continua tuttora sorprendentemente a offrirci. Nella tradizione brindisina questo vino veniva piantato insieme al Negramaro e alla Malvasia nera: si riteneva, infatti, che al corpo del primo e ai profumi della seconda, il Susumaniello contribuisse con il colore scuro e persistente nel tempo. Il fortunato degustatore noterà quanto simile sia questo vino alla sua terra, espressione più alta dei suoi colori e delle combinazioni di sapori. Dal Susumaniello, infatti, si ricava un vino rosso rubino intenso con sentori un tantino rustici dove prevale il fruttato-vegetale. Vino con un buon tenore alcolico ben bilanciato dalla componente tannica leggermente più incisiva e da una buona dose di acidità che lo rende adatto a un invecchiamento medio, è ottimo compagno di primi piatti saporiti e di buona sostanza, di carni alla griglia e formaggi di media stagionatura come il tipico formaggio a forma di pera e il Caciocavallo podolico. È il prodotto ideale, infine, per coloro che desiderino immergersi nella memoria di posti incantati e di una cultura fuori dal tempo.

Gregory Perrucci in un vitigno dell’Accademia dei Racemi (Via Santo Stasi Primo , Manduria - www.racemi.it)

Al Vecchio Fornello Per assaporare la vera tradizione locale questo è sicuramente il posto giusto: ambiente rustico e spartano con la possibilità di cenare all’aperto. Prezzo medio 20 euro Via Basiliani, 18 Cisternino, (Br) Tel. 0804441113 Osteria Monacelle Piatti rigorosamente preparati “come si cucinava una volta” a base di prodotti locali. Prezzo medio 20 euro Via Pietro Vincenti, 4-6 Ostuni (Br) www.osteriamonacelle.com

dove dormire Le Masserie in Puglia discendono dalle ville rustiche romane, sono migliaia e caratterizzano la campagna pugliese nel cuore della Murgia. Oggi molte di esse sono state recuperate e riutilizzate come ristoranti, alberghi e bellissime aziende agrituristiche. Masseria Salamina Immersa in una rigogliosa distesa di ulivi secolari, a pochi chilometri dal mare, è uno tra i primi agriturismo in Puglia. Camere da 100 a 305 euro Pezze di Greco, Via Case Sparse, 4 Fasano (Br) www.masseriasalamina.it Agriturismo Masseria Aprile A gestione familiare, con una grande aia, pascoli circondati da boschi secolari percorribili, l’uliveto, il vigneto e i trulli. Camere da 55 a 170 euro SC 31 C.da Grofoleo, 25 Locorotondo (Ba) www.masseriaaprile.it Hotel Santa Rosa Rustico Relais nel piccolo paesino di Noci, delizioso borgo pieno di storia. Camere da 55 a 150 euro Via Santa Rosa, 5 Noci (Ba) www.santarosarelais.it

dove comprare Susumaniello Vineria Caratteristico wine bar nel centro città, ospita mostre, degustazioni e spettacoli. Via Lauro, 51 Brindisi Tel. 3208257376

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Una bottiglia di Sum di Torre Guaceto, Azienda protagonista della rinascita del Susumaniello

Memorie del Salento L’Accademia dei Racemi è un’organizzazione che raggruppa appassionati viticoltori, agronomi ed enologi con lo scopo di promuovere la produzione di vini di qualità in Puglia. «Il progetto – afferma Gregory Perrucci – consiste nella valorizzazione del Vigneto Puglia, ossia nella ricerca, vinificazione e commercializzazione su scala internazionale dei vitigni autoctoni regionali come, per esempio, il Susumaniello». «Con la collaborazione dell’enologo Cosimo Spina – prosegue Perrucci – si è puntato alla valorizzare dei vitigni autoctoni, dei territori e dei metodi colturali tradizionali del Salento. È così che l’azienda può disporre di una serie di vigneti situati su tutti i tipi di suolo, dalla sabbia alla roccia passando per le terre rosse e quelle nere». www.racemi.it


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SIAMO AL VINITALY 2012 PADIGLIONE PUGLIA

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Nerello, un rosso vulcanico di Pietro Milo

Etna

Sicilia

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Importanti sbalzi termici tra giorno e notte, una spiccata personalità, clima asciutto e temperature giornaliere tipicamente mediterranee: questo ambiente pedoclimatico particolarmente ricco di contrasti (o contraddizioni?) è l’Etna. Anzi, “la Montagna”, come la chiamano i siciliani. L’area vanta un clima diverso da quello ti-

pico siciliano e cambia in relazione al versante del vulcano e all’altitudine. Nella zona etnea interessata alla viticoltura si registrano temperature medie più basse rispetto a quelle dell’isola. Le minime, specie nel versante nord, in inverno e anche nel periodo di inizio germogliamento non di rado scendono sotto lo zero, e a volte sono rischiose per la vite, tanto da


Croce e delizia dei viticoltori siciliani, “la Montagna” ha da sempre condizionato la vita e le scelte degli abitanti della zona, ripagandoli con un terreno ricco e fertile e un clima particolarmente adatto alla coltura della vite. Tra i suoi fiori all’occhiello questo rosso di origine mascalese ricco di profumi prorompenti e dal sentore di liquirizia e spezie

composta da sabbie con una trama ricca di pietre eruttive, ed è caratterizzata da una forte capacità drenante. I terreni vulcanici etnei sono a reazione sub-acida, ricchi in microelementi e mediamente dotati di potassio, fosforo e magnesio. Altra caratteristica che rende particolari le zone è la presenza nell’aria di una ricca miscela di vapore acqueo e zolfo, frutto dell’attività vulcanica, che preserva, nutrendola, la vite da molte problematiche fitopatologiche.

Il signore della Piana di Mascali

parlare paradossalmente di “limiti colturali” della stessa. Particolarmente interessante, dal punto di vista enologico, è l’elevata escursione termica che si registra nel periodo primaverile-estivo, quando non di rado si raggiungono i 30 gradi di differenza fra il giorno e la notte.Altra differenza sostanziale rispetto al resto della Sicilia si ha nelle precipitazioni: dipendono dal versante e sono molto più elevate nella parte est del vulcano che in quelle nord e sud. Le piogge, praticamente assenti in estate, sono per lo più distribuite durante l’autunno e l’inverno e non di rado in concomitanza con il periodo vendemmiale: questo in alcune annate e per certe zone può essere un fattore limitante della maturazione e della sanità delle uve. Le forme di allevamento sfruttano tuttavia l’escursione termica e la traducono naturalmente in condensa dell’evaporazione, la quale produce una forma di gocciolamento che garantisce una minima dose di acqua. La natura del terreno della zona etnea è strettamente legata alla matrice vulcanica,

In questo contesto molte varietà riescono a dare risultati sorprendenti, e una in particolare, per valenza storica e superficie coltivata, trova qui le condizioni ottimali: ossia il Nerello Mascalese. Il luogo d’origine di questa cultivar a bacca nera, da sempre la più diffusa nella zona etnea, è sicuramente la Piana di Mascali, alle falde dell’Etna, dove le origini di questo vitigno vengono fatte risalire al XV secolo, anche se la viticoltura in zona ha radici ben più datate; oggi è presente con molte differenti variazioni clonali. È un vitigno potenzialmente di grande vigoria vegetativa e produttiva che, sull’Etna, riduce l’espansione e subisce le caratteristiche delle differenti zone, del sistema d’allevamento, della discontinuità delle annate. Questo comporta una notevole variabilità qualitativa delle uve a maturazione, specie a carico dei costituenti polifenolici.Tuttora il sistema d’allevamento considerato più equilibrato è quello antichissimo ad alberello (2-3 branche per pianta con uno sperone portante due gemme) con alte densità di viti per ettaro (6.000/9.000 ceppi per ettaro). Purtroppo l’alberello rischia il progressivo abbandono per gli elevati costi di lavorazione, anche

Per scoprire le meraviglie della faccia “vitata” del vulcano e saggiare la straordinaria biodiversità del suo territorio, vi consigliamo di mettervi sulla Strada del Vino dell’Etna e percorrerne i sentieri dai nomi fantasiosi: da Monte Zoccolaro a Cisternazza

In alto, la terra vulcanica dell’Etna, ricca in microelementi e mediamente dotata di potassio, fosforo e magnesio. Questi elementi, uniti alla presenza nell’aria di una miscela di vapore acqueo e zolfo, nutrono la vite e la preservano da molte problematiche fitopatologiche

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Scelti per voi

Mongibello, tra pietra lavica e pistacchi di Bronte

dove mangiare

I siciliani, con quello che è il più alto vulcano d’Europa e uno dei più attivi al mondo, ci convivono da migliaia di anni e, ovviamente, non in maniera del tutto indolore, basti ricordare le disastrose eruzioni del 1669 e, in tempi più recenti, del 1928. Il temibile Etna, così chiamato dall’antico nome greco (Aitna) attribuito alla città di Catania, per gli abitanti delle sue pendici – quando è tranquillo – è tuttavia anche un inesauribile fornitore di pietra lavica che a queste latitudini, nel corso dei millenni, ha fatto da materia prima per pavimenti di chiese e di santuari, colonne, fontane, sedili, balaustre e opere artistiche come il Liotru di Catania, il celeberrimo elefante di lava, e numerosi altri capolavori dell’arte barocca siciliana. Il vulcano, che qualche anziano del luogo chiama ancora Mongibello (dall’arabo traslato Mons Jebel, ossia “montagna doppia” in ragione della sua maestosità), ha impregnato insomma in ogni modo la vita di quest’area della Trinacria, influendo non solo sul suo paesaggio, sul folclore e sulle tradizioni culturali, artigianali e artistiche, ma anche sullo stesso patrimonio produttivo ed enogastronomico locale. La ricchezza del Parco Regionale dell’Etna, che si estende dalle cime del vulcano fino alla cinta di 20 centri abitati (tra questi Bronte, Giarre, Belpasso e Zafferana Etnea), del resto, è proverbiale: fino a quota 1.300 metri prevale la frutticoltura che accompagna la preservazione di vecchie varietà peculiari (come i pistacchi di Bronte e le fragole di Maletto) con le tradizionali colture siciliane come gli agrumi e i fichi d’india. Sopra i 1.300 metri di altitudine, predominano invece i boschi: faggi, betulle, ginestra, pioppi, ginepri. Il paesaggio vitato che copre almeno tre versanti dell’Etna è inframmezzato dai terrazzamenti realizzati con muretti a secco e dai caratteristici palmenti, le tipiche costruzioni agricole – anch’esse costruite, cà va sans dire, in pietra lavica – utilizzati per la viticoltura. Per scoprire le meraviglie della faccia vitata del vulcano e saggiare la biodiversità del suo fertile territorio capace di regalare rossi Doc dal carattere deciso (come appunto il Nerello) e vini di uve a bacca bianca, è consigliabile mettersi sulla Strada del Vino dell’Etna e intraprendere i suoi percorsi più suggestivi: Monte Nero degli Zappini, Monte Zoccolaro, Pietracannone-Cubania, Monti Sartorius, Piano dei Grilli, Cisternazza-Monte Spagnolo, Gurrida. Senza dimenticare tuttavia di stuzzicare il palato anche con la gastronomia locale qui sull’Etna annovera, oltre al pistacchio di Bronte, chicche irrinunciabili come i torroncini di Belpasso, il miele di Zafferana Etnea, le salsicce di Linguaglossa, i funghi di Nicolosi, l’olio di Ragalna.

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se dalla sua, oltre alla qualità, vanta bassi costi iniziali di impianto. Le caratteristiche climatiche e ancor più dei terreni permettono la messa a dimora di viti franche di piede, propagate per talea o margotta, e che quindi non vedono la costruzione della pianta con l’utilizzo della parte radicale americana su cui viene innestata la parte produttiva. In questo areale, pur rispettando le forti differenze dei versanti e delle annate, si vendemmia generalmente a metà ottobre, quando i grappoli hanno raggiunto la piena maturità fenolica.Il Nerello Mascalese si presenta di colore rosso ciliegia tendente al granato, ricco di profumi prorompenti che si distinguono per finezza ed eleganza.Vi spiccano sentori di liquirizia, spezie e frutta a bacca rossa. Al palato è intenso e tendenzialmente asciutto sul finale, può dare vita a vini molto complessi e longevi. La tipologia dei terreni e del clima garantisce una buona acidità che mantiene fresco il vino negli anni. Si abbina molto bene a primi come il risotto ai funghi, a secondi a base di carni rosse, salsiccia di suino nero e formaggi stagionati.Va servito in bicchieri ampi a una temperatura di circa 16-18°C.

Ristorante La Pietra Antica ‘O Munti All’interno di un antico palmento dell’800, cucina tipica siciliana casalinga e genuina, da gustare nella sala di pietra lavica con vecchio torchio annesso. Menù da 25 euro Via Andronico, frazione Mascali Puntalazzo (Ct) Tel. 0957824035 www.lapietraantica.it Locanda del Vinattiere Giardino splendido e arredi di buon gusto. Cucina semplice e deliziosa basata su caponate di pesce, salsicce di pescespada e filetti di maialino nero. Menù da 35 euro Via Fontana, 10 Valverde (Ct) Tel. 0957211865 www.locandadelvinattiere.it

dove dormire La Tenuta Immersa nella verde quiete dei boschi, con vista sul vulcano, è ideale per chi ama trekking, equitazione e passeggiate a piedi. Camere con idromassaggio e ricca colazione. Da 35 a 50 euro a persona per notte Via Pizzo Maugeri, 28 Valverde (Ct) Tel. 0957213304 www.latenuta.it Castello di San Marco In un maestoso castello barocco del ‘600, tra ampi saloni dotati di archi in pietra, 30 camere e una suite tutte con terrazzo, che permettono di rivivere l’atmosfera delle antiche dimore della più sfarzosa nobiltà sicula. Soggiorno da 60 a 100 euro a persona Via San Marco, 40 Calatabiano (Ct) Tel. 095641181 www.castellosanmarco.it

dove comprare Azienda Vinicola Benanti Via Garibaldi, 475 Viagrande (Ct) Tel. 0957893533 www.vinicolabenanti.it

Azienda Valle dell’Etna Via Scibilia, 19 - Bronte (Ct) Tel. 0957721445 - www.valledelletna.it

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Il tappo in sughero,

silenzioso compagno di bevute

di Roberto Rabachino Giornalista e Presidente IWTO International Wine Tasters Organization

Non solo chiusura ideale per le bottiglie di vino, questo piccolo oggetto troppo spesso bistrattato è invece il frutto di un’industria virtuosa, da sostenere. Ne va dell’equilibrio ambientale delle coste del Mediterraneo Passa tra le nostre mani velocemente e spesso finisce altrettanto velocemente nella spazzatura, scalzato sulla scena da quel vino che conserva con cura all’interno della bottiglia. Il tappo, piccolo e discreto spettatore dei nostri brindisi, è in realtà un attore principale nella degustazione di un vino, nonché protagonista di un complesso equilibrio ambientale nell’area del Mediterraneo. Stappare una bottiglia con un tappo in sughero, rispetto alle alternative in plastica o vetro, conserva ancora tutto il fascino di un gesto antico e quel che è più importante garantisce a chi il vino lo beve la migliore conservazione in assoluto delle caratteristiche organolettiche e qualitative del prodotto. Ma c’è dell’altro. Ogni volta che si stappa una bottiglia con questo tipo di tappo si contribuisce alla salvaguardia delle foreste da sughero del Mediterraneo e all’arresto dell’avanzata del Sahara. Senza dimenticare che tali foreste, sviluppate in un’area di 2,2 milioni di ettari, sono in grado di assorbire più di 14 milioni di tonnellate di CO2 ogni anno.

In equilibrio, tra l’Europa e il deserto Le foreste di querce da sughero sono posizionate nell’area mediterranea come un vero e proprio baluardo per l’avanzata del deserto. La loro tutela e conservazione dipendono totalmente dal loro sfruttamento per la produzione di tappi in sughero. E questo perché la decortica, cioè l’estrazione della corteccia, se fatta in modo accurato e nel rispetto dei ritmi naturali di ricrescita, è un processo benefico per la pianta, che non la aggredisce, anzi, la rigenera e implica inoltre importanti conseguenze sociali e ambientali per il territorio in cui la foresta cresce. Essa è infatti habitat di numerose specie vegetali e animali a cui è in parte legata l’economia delle realtà rurali insediate nell’area delle foreste 92

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sia nel Nord Africa che in Portogallo, Spagna e Italia (Sardegna). Il tappo in sughero è quindi uno strategico alleato nella lotta alla desertificazione ambientale e sociale di queste aree, e i “decorticatori” sono i lavoratori agricoli meglio pagati al mondo per la necessità della loro altissima esperienza e competenza nell’intagliare la corteccia senza ferire il fusto della pianta.

Il riciclo dei tappi Ogni anno nel mondo vengono stappati 11 miliardi di bottiglie con tappi in sughero, la maggior parte dei quali viene gettata nella spazzatura. «Uno spreco inaccettabile – afferma Carlos Santos, della sede italiana di Amorim Cork, colosso portoghese leader mondiale nel sughero – Questa materia prima è riciclabile al 100% in numerose applicazioni, perché buttarla via? Noi siamo stati i primi a lanciare un progetto pilota già nel 2009 nel comune di Valdobbiadene (Treviso) e oggi lo abbiamo diffuso a livello nazionale. Si chiama Etico ed è un ambizioso progetto di raccolta e riciclo che mette in circolo l’amore per la natura e la solidarietà e che sta coinvolgendo numerosissimi partner del mondo del vino (cantine, sommelier, consorzi…) e anche alcune onlus impegnate sul territorio nella raccolta e nella sensibilizzazione». Tutti i tappi ricavati vengono venduti a un’azienda trevigiana (la Eco Profili di Maserada sul Piave) che è specializzata in recupero del sughero per la bioedilizia e il ricavato destinato alle stesse onlus e ai loro progetti benefici. Un bell’affare se si pensa che quei tappi sarebbero finiti nella spazzatura indiscriminata. «Fino a oggi sono state raccolte 8 tonnellate di tappi – spiega Santos – ma potremmo fare molto di più considerando che ogni anno ne vengono buttati almeno 800 milioni». Ecco quindi come il sughero può diventare anche veicolo di solidarietà e sensibilizzazione ambientale. Non solo chiusura ideale per una bottiglia di vino, ma un universo green la cui industria, in modo del tutto eccezionale, contribuisce alla tutela dell’ambiente e alla salvaguardia di un patrimonio naturale. Un perfetto connubio tra uomo e natura.

Sughero, materia prima unica La quercia da sughero, una sempreverde che cresce solo ed esclusivamente nel Mediterraneo, vive mediamente 200 anni e ha una grande capacità di rigenerarsi: durante il suo ciclo di vita la corteccia si rinnova fino a 16 volte. Dalla semina alla prima decortica trascorrono però 25 anni. Il primo sughero è quindi “sughero vergine” e può essere utilizzato solo per la realizzazione di articoli decorativi e prodotti granulati. Dovranno trascorrere altri 9 anni prima della seconda decortica e ancora altri 9 prima che dalla corteccia si possano realizzare tappi in sughero: 43 anni minimo in tutto. È solo allora che il sughero raggiunge una stabilità strutturale tale da garantire le proprietà necessarie all’imbottigliamento. Con un ritmo di una decortica ogni 9 anni la stessa pianta può subire questo processo per oltre 200 anni e poi vivere fino a 300-400 anni.

In apertura, la delicata fase di decortica di quercia da sughero. In questa pagina, Carlos Santos e Antonio Amorim della portoghese Amorim Cork

Dove meno te lo aspetti Se i tappi si possono realizzare solo con la corteccia migliore, accuratamente selezionata a mano (e a occhio) da operai specializzati, cosa si fa con quella corteccia che non supera la selezione? Di certo non si butta via: del sughero non si butta via niente! Proprio grazie alle straordinarie caratteristiche tecniche di questo materiale si sono sviluppate negli anni molteplici applicazioni industriali per recuperare gli sfridi di produzione: dall’aeronautica alla bioedilizia, dal design all’architettura all’abbigliamento il sughero è sempre più utilizzato negli ambiti più impensabili, scelto per la sua elasticità, comprimibilità e resistenza alle abrasioni, per la sua impermeabilità a gas e liquidi e per la sua capacità di essere isolante e ignifugo. Un nuovo mercato che le industrie del sughero hanno saputo aprire con grande lungimiranza, a partire da Amorim Cork. «Abbiamo avviato la fase di verticalizzazione del prodotto fin dagli anni ’70 – spiega Antonio Amorim, Presidente dell’omonimo gruppo, fondato nel 1870 e oggi giunto alla quarta generazione imprenditoriale – investendo in ricerca e sviluppo e orientandoci verso una logica di ampliamento dei settori di applicazione della materia prima sughero nonché verso una riduzione degli scarti. Nel 1998 Amorim è stata inoltre la prima realtà industriale a inaugurare uno stabilimento per riciclo dei tappi in sughero». ottobre 2012

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la storia in cucina

di Rosario Ribbene

Il vino del re santo La storia di Luigi IX di Francia e del suo ultimo, e “miracoloso”, viaggio da Tunisi a Saint Denis all’interno di una botte

Sulle qualità del vino siciliano nulla da eccepire; dalle fiere internazionali ai simposi, dalle grandi aziende vitivinicole ai più rinomati ristoranti nazionali e internazionali, dai più grandi esperti al comune consumatore, tutti concordano sulla sua eccellenza. Eppure c’è dell’altro, qualcosa di inaspettato, di sconosciuto a molti. Lo straordinario è dietro l’angolo. È il caso della vicenda storica riguardante Luigi IX re di Francia, divenuto santo. Nato il 25 aprile 1214 a Poissy, venne incoronato re dei francesi nel 1226, assumendo fin da subito il compito, davanti a Dio e agli uomini, di diffondere il Vangelo. In seguito a una grave malattia, nel 1244 la personalità di Luigi IX subì una radicale conversione, al punto da portarlo a fare voto di partire crociato per la Terra Santa. La sua impresa terminò il 25 agosto 1270 al suo arrivo a Tunisi dove, indebolito dalle privazioni, soccombette alla dissenteria causata da un attacco di tifo. I suoi compagni d’arme dovettero assumersi l’oneroso compito di far rientrare il corpo del loro sovrano in patria; la salma – adagiata con le braccia incrociate – fu riposta all’interno di una botte di vino siciliano arricchito con spezie ed erbe odorose per evitarne la decomposizione. Il corteo navale partito da Tunisi, giunse a Trapani per proseguire via terra verso la Francia, risalendo l’intera penisola italiana, accompagnato dall’enorme favore popolare e dal succedersi dei miracoli, a testimonianza della riconosciuta santità del re. Il viaggio nella botte di vino terminò all’arrivo del prezioso carico nella basilica di Saint Denis; da quel momento si verificarono numerosi miracoli, tanto che Papa Martino IV nel 1282 ordinò un’inchiesta sulla vita di Luigi e su quegli eventi miracolosi e, nell’agosto del 1297, con la bolla Gloria laus Bonifacio VIII lo canonizzò, facendolo diventare da quel momento San Luigi dei Francesi, patrono dell’Ordine Francescano Secolare e del Terzo Ordine Regolare di San Francesco. Per alcuni anni, il suo

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cuore rimase nel Duomo di Monreale, prima di essere trasferito in Francia. Oggi nella città normanna vi sono ancora tracce del passaggio di quel carico regale custodite nella tomba-altare fatta costruire dal cardinale Torres nel transetto sinistro; il sacello si trova in linea con quello di Margherita di Navarra, madre di Guglielmo II, fondatore della basilica. Per tre secoli – secondo quanto riportato nell’archivio storico del duomo – di San Luigi, a Monreale, furono conservate le viscere e due dita.

Il corpo di re Luigi IX riposto dentro una botte di vino siciliano cosparso di spezie ed erbe odorose, per essere trasportato da Tunisi in Francia. (Disegno a china e collage realizzato da Rodo Santoro per VdG Magazine)


selezioni

Dai Nebrodi, il vero sapore siciliano Gusto Siculo è un brand che seleziona esclusivamente prodotti agroalimentari dell’isola del sole. Un progetto che nasce dalla forte passione per il cibo e il vino, l’artigianalità e la tradizione che si fondono in un unico territorio: la Sicilia Nasce dall’idea di promuovere la cultura enogastronomica siciliana di qualità, Gusto Siculo, grazie anche alla cooperazione di un team di validi agronomi, veterinari, stagionatori e affinatori. Obiettivo del brend è anche quello di accompagnarvi alla scoperta dei monti Nebrodi e del loro Parco: la variegata flora e la ricca fauna presenti in questa riserva naturale sono infatti il fulcro delle tipicità del territorio. Salumi, formaggi, marmellate, conserve, frutta secca e tanto altro ancora che solo la Sicilia può offrire. Con Gusto Siculo si riscopre il gusto dei sapori perduti, quelli di un tempo. Come i formaggi dei Nebrodi, realizzati tradizionalmente grazie all’abilità di sapienti casari che si tramandano il culto di padre in figlio da generazioni. O i salumi di suino nero dei Nebrodi, massima espressione della norcineria siciliana. Razza autoctona antichissima, il suino nero vive allo stato brado e i salumi che se ne ricavano, dal colore rosso intenso, sono qualitativamente eccellenti, con un tenore quasi prevalente di colesterolo HDL cosiddetto “buono” e ricco di ferro. Sono prodotti di Presidio Slow Food.

From Nebrodi, the true taste of Sicily

Gusto Siculo is a premier brand, exclusively providing high quality local, traditional produce. The concept behind Gusto Siculo is to promote premier local Sicilian products founded on a long-standing gastronomic tradition, steeped in a passion for quality and excellence. Together, we will embark on a journey of discovery across the Monti Nebrodi region, an area surrounded by breath-taking landscapes, vibrant colours,seductive aromas and rich, diverse flavours. Our aim is to select for you, our highly valued and knowledgeable customers, the best possible regional food and wine. All our products – cheese and cold cuts – are certified from their local origins directly to your table, thanks to our highly experienced team of farmers, agriculturalists and specialist cheese and wine makers.

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chef italiani nel mondo

di Gianluigi Pagano

Michele D’Agostino

Marino D’Antonio

A 13 anni è commis di cucina; a 16 anni si imbarca sul transatlantico Michelangelo e poi sulle navi della Prince Cruice. Dopo tante esperienze in Italia e all’estero, oggi è coordinatore didattico e gastronomico all’Ateneo della Cucina Italiana della FIC e alla Scuola di formazione e aggiornamento professionale. Collabora con l’Ice e varie Camere di Commercio Estere per la promozione della cucina Italiana.

Bergamasco ma con origini abruzzesi, si è diplomato nel 1990 all’Istituto Alberghiero di San Pellegrino Terme, trasferendosi poi a Londra per lavorare in ristoranti italiani. Rientrato in Italia nel ’92, lavora prima nella sua terra e quindi in Sardegna. Nel 2002 segue i corsi di Alma che lo portano a lavorare per la linea di crocera Silversea. In seguito, lavora a Pechino e Guangzhou. Dal 2008 guida 22 cuochi e fa cucina mediterranea al Sureño di Pechino.

Stecco di baccalà e patate in gazpacho di cialledda Ingredienti per 6 persone: 180 gr di baccalà; 200 gr di patate; uova fresche; 500 gr di latte; 300 gr di farina di mais tostata; 1 litro di olio extravergine d’oliva; Per il gazpacho: 2 cipolle rosse di Acquaviva delle Fonti; 1 cetriolo; 6 pomodorini di serta; origano; sale e pepe Preparazione: Sbollentare il baccalà nel latte e lasciarlo raffreddare; cuocere le patate in acqua con la buccia, decorticarle e lasciarle raffreddare. Unire patate, baccalà e uova. Amalgamare energica-

mente, condire di sale e pepe; raggiungere uno stato cremosso, poi, utilizzando uno sporzionatore da gelato, formare delle mezze sfere e steccarle con legni appropriati, abbatterli di temperatura e panare con il mais tostato. Lasciare riposare per tre ore in refrigerazione e friggere in abbondante olio evo. Per il gazpacho: mondare e lavare le verdure, condirle con sale, pepe olio e origano, lasciare insaporire per un paio d’ore e passare tutto al cutter con aggiunta di ghiaccio tritato. Predisporre in un bicchiere basso una dose di gazpacho e immergere lo secco di baccalà caldo. Guarnire con origano fresco e anelli di cipolla croccanti.

Tortelloni ripieni di ossobuco in salsa di zafferano e tartufo nero estivo Ingredienti per 8 persone: Per la pasta: 20 rossi d’uovo; 1 kg di farina; sale Per il ripieno: 2 ossibuchi di vitello; 100 gr di carota; 100 gr di sedano; 100 gr di cipolla; 1 limone; 1 bicchiere di vino bianco; 100 gr di cotenna di prosciutto; sale; pepe nero; 1 patata bollita; 50 gr di Parmigiano Reggiano; 2 rossi d’uovo. Per la salsa: 1 pezzo di sedano; 1 carota grande; 1 cipolla; 1 busta di steli di zafferano; qualche lamella di tartufo; 2 scalogni; 7 gr di lecitina di soia Preparazione: Preparare la pasta, impastando gli ingredienti con il robot, e lasciare riposare 2 ore. Preparare il ripieno: in una pentola con l’olio caldo far dorare gli ossibuchi, salare e pepare e ritirare dal fuoco; rosolare le verdure tagliate in mirepoix. Aggiungere gli ossibuchi, la cotenna tagliata a cubetti, la scorza di limone e bagnare con il vino bianco. Coprire con brodo di carne se necessario e lasciare cuocere piano. Quando gli ossibuchi sono pronti, far raffreddare e sminuzzare il tut-

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to con il coltello, aggiungere la patata tagliata a cubetti, il parmigiano e 2 rossi d’uovo. Amalgamare e mettere in un sac à poche. Stendere la pasta e tagliarla a rombi, riempire con una noce di ripieno e chiudere. Per la salsa: in una pentola con acqua fredda mettere pollo, carota, sedano e cipolla, ottenere un brodo, filtrare e ridurre di 1/3. Far sudare lo scalogno tritato con una noce di burro e aggiungere 2 mestoli di brodo, ridurre ancora, aggiungere lo zafferano e lamelle di tartufo. Con la lecitina di soia emulsionare il resto del brodo fino a ottenere una schiuma, impiattare e guarnire con pistilli di zafferano, lamelle di tartufo e schiuma.


LUCA MANCINI

GIANLUCA VISCIGLIA

Frequenta la scuola di formazione professionale alberghiera di Perugia, oggi Università dei Sapori. Dopo anni di lavoro in Umbria, la svolta arriva grazie a una vacanza in Thailandia che lo porta ad aprire un ristorantino a Patong beach, Phuket. Da qui la sua carriera internazionale di opening Chef non s’è più fermata. Oggi è executive sous Chef all’Amanpouri Hotel di Phuket.

Lombardo, si è trasferito molto presto in Toscana dove, lavorando tra Firenze e la zona del Chianti, ha finito per innamorarsi della cucina locale. Dopo alcune esperienze all’estero, la svolta arriva presso il ristorante Acqua nello Shangri-la Mactan Resort & Spa di Cebu dove è Executive Italian Chef. Nel 2010 è stato promosso Executive Sous Chef e trasferito allo Shangri-la Boracay Resort & Spa dove in seguito ha aperto il ristorante italiano Rima.

Capesante in salsa allo zafferano, verdure e spuma di broccoli Ingredienti per 4 persone: 12 capesante tra 40 e 70 gr; 6 ravanelli; 2 carote medie; fior di sale di Sicilia; pepe; olio extravergine Salsa allo zafferano: 200 gr di scalogno; 200 ml di vino bianco; 200 ml di fumetto di pesce; 1 gr di zafferano; 200 gr di panna fresca; sale; 1 cucchiaio di olio di oliva Spuma di broccoli: 200 gr di broccoli puliti; 200 gr di brodo vegetale; 150 gr di bianco d’uovo; sale e pepe; olio extra vergine Preparazione: Per la salsa: far appassire gli scalogni con olio, vino e zafferano e far poi ridurre di 2/3. Aggiungere il fumetto di pesce e far ridurre del 50%; abbassare la fiamma e aggiungere la panna, far sobbollire per 2 minuti, poi ritirare dal fuoco, salare e filtrare. Per la spuma: far bollire i broccoli con il brodo vegetale per 8 minuti: devono risultare morbidi ma mantenere il colore. Scolar-

li poi metterli nel frullatore con un cucchiaio di olio e sale. Ottenere una consistenza vellutata. Mischiare 230 gr di purea di broccoli con 150 gr di bianco d’uovo, filtrare al cinese e mettere in un sifone a caldo caricato con due cartuccie. Mettere a bagno-maria a 70°C. Finitura: sbollentare la verdura e condire con olio, pepe e sale. Scaldare una padella antiaderente e scottare le capesante, condirle e tenerle a caldo in un piatto con carta assorbente. Impiattare mettendo la spuma di broccoli nei tre lati, le capesante e la salsa allo zafferano, le verdure, sale grosso e pepe nero.

Risotto con zucchine e baccalà alla salvia e scorzetta di limone Ingredienti per 4 persone: 1/2 cipolla tritata; 100 gr di burro; 280 gr di riso Arborio; 1/2 bicchiere di vino bianco; 1,2 litri di brodo di pesce; 45 ml di olio extravergine; 2 spicchi d’aglio tritati; 4 tranci da 50 gr di baccalà già dissalato, marinati con olio extravergine, pepe nero, aglio e salvia; 120 gr di baccalà dissalato tagliato brunoise; 280 gr di zucchine metà tagliate brunoise e metà a listarelle; salvia; buccia grattuggiata di un limone; 100 gr di Parmigiano Reggiano; sale e pepe nero Preparazione: Dividere in 3 padelle aglio, olio e salvia tagliata fine: nella prima soffriggere le zucchine e il baccalà a brunoise; una volta pronto frullare metà del contenuto. Nella seconda scottare le zucchine a listarelle, salare e pepare; nella terza scottare il filetto di baccalà dalla parte della pelle, girarlo e toglierlo dal fuoco. In un’altra padella rosolare la cipolla con metà del burro e della salvia tritata, aggiungere il riso e tostarlo, sfumarlo con il vino, e poco alla volta aggiungere il brodo di pesce. Quando il riso

è a 3/4 della cottura, aggiungere il contenuto della prima padella, mettere il baccalà scottato in forno preriscaldato a 180°C per 5’, e finire la cottura del riso. Una volta pronto il riso, aggiungere il restante burro, il Parmigiano, metà scorza di limone e un mestolo di brodo di pesce. Mescolare il tutto, aggiustare di sale e pepe e far riposare 5’. Nel frattempo riscaldare le zucchine tagliate a listarelle. Impiattare il riso; per ogni piatto fare un nido con le zucchine a listarelle e metterle nel centro del risotto, adagiarvi sopra i filetti di baccalà tolti dal forno e decorare con pepe e scorza di limone.

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by

magazine Air One magazine by Viaggi del Gusto è un mensile unico in Italia sulla cultura del cibo e della promozione dell’agroalimentare di eccellenze. L’informazione seria che sfocia nell’approfondimento mensile, le scoperte, le selezioni ne fanno un punto di riferimento credibile ed indipendente nel settore, con una funzione ormai di pubblica utilità.

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in Viaggio 100

L’Italia in mostra: Firenze Palazzo Strozzi ospita l’arte del Ventennio fascista e ci fa rivivere la città di una volta

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Norvegia, terra di salmoni Tappa a Stavanger, capitale della cucina norvegese tra albe sognanti e...spuntini

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• Città in 24 ore, Matera

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l’italiainmostra

Anni Trenta,

tutta un’altra Firenze di Elena Conti

Fino al 27 gennaio 2013, Palazzo Strozzi ospita la mostra dedicata al fervore intellettuale e alla forte carica innovativa che pervadeva le arti durante il periodo fascista e nonostante il regime stesso. L’esposizione è uno spunto interessante per scoprire un volto (per molti) inedito del capoluogo toscano, scoprendo, a fianco delle meraviglie Rinascimentali, architetture razionaliste spesso sottovalutate

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Cosa dire di Firenze che non sia già stato detto? Che è una città affascinante, colta, elegante e aristocratica, dove moda e cultura scivolano nel quotidiano e si accostano alla sagacia toscana, all’ironia del linguaggio e a quel sapore un po’ british che per empatia i fiorentini hanno assorbito dai tanti visitatori inglesi che da sempre hanno scelto Firenze e la sua campagna come meta perfetta. Ma c’è anche una Firenze meno nota che fa da sfondo ideale all’esposizione Le arti negli Anni Trenta, aperta dal 22 settembre a Palazzo Strozzi. Tanti sono infatti gli esempi architettonici dello stesso periodo, che sfuggono nella più nota Firenze Rinascimentale, ma che la arricchiscono di testimonianze storiche. Il più conosciuto è la stazione di Santa Maria Novella, disegnata da Giovanni Michelucci, uno dei maggiori architetti italiani del XX secolo, che si aggiudicò nel


1933 il primo premio nel concorso per la nuova stazione con un progetto che ebbe una notevole fama anche all’estero. Ho avuto il privilegio di intervistare l’architetto Michelucci nella sua casa di Fiesole, l’anno della sua morte, nel 1991. Ricordo ancora oggi l’emozione di esser di fronte a un personaggio del suo spessore, a un grande vecchio dagli occhi vivaci che mi raccontò del suo disappunto quando, nel dopoguerra, presentò senza successo alcune ipotesi molto innovative per la ricostruzione dei quartieri intorno a Ponte Vecchio distrutti durante il conflitto bellico. I piani di ricostruzione poi adottati portarono alla creazione di sterili falsi storici, con grande dispiacere dello stesso Michelacci. Fra le architetture dell’epoca, ma leggermente precedente, c’è la Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, disegnata da Cesare Bazzani, esempio perfetto dello stile

Quando tutto è cambiato Dal 22 settembre in mostra a Palazzo Strozzi le arti negli Anni Trenta: dai capolavori di Sironi, Martini, Fontana e Guttuso, al design. Una rassegna che indossa gli occhiali dell’epoca per guardare in modo diverso e completo un periodo di straordinarie trasformazioni avvenute nel settore delle arti, dalla pittura alla scultura, dal design alla comunicazione di massa. Fino al 27 gennaio 2013, 96 dipinti, 17 sculture, 20 oggetti di design, narrano un periodo cruciale che segna, negli anni del regime fascista, una situazione artistica di estrema vivacità, che ha profondamente cambiato la storia italiana. L’esposizione guarda con particolare risalto alle novità di linguaggio portate dalle allora giovani generazioni, privilegiando le opere che ebbero visibilità nelle esposizioni e influirono sul dibattito artistico ma anche con pezzi raramente visti, o inediti. Dal classicismo al futurismo, dall’espressionismo all’astrattismo, dall’arte monumentale alla pittura da salotto. E ancora, Anni Trenta come il primo momento in cui le grandi masse arrivano alla ribalta della storia, con l’affermazione di mezzi di comunicazione rivoluzionari come la radio, il cinema e le riviste illustrate, nell’Italia che si modernizza, con l’innovazione assoluta costituita dalla riproduzione industriale degli oggetti – dalle sedie tubolari alle lampade Luminator –, manufatti che segnano la nascita del design in Italia. La mostra è a cura di Antonello Negri con Silvia Bignami, Paolo Rusconi, Giorgio Zanchetti e Susanna Ragionieri Anni Trenta. Arti in Italia oltre il fascismo Palazzo Strozzi Piazza degli Strozzi, Firenze Tel. 0552645155 www.palazzostrozzi.org

In apertura una suggestiva vista notturna di Firenze. A emergere sono i grandiosi monumenti Rinascimentali, ma passeggiando per la città è possibile scoprire tanti gioielli architettonici di epoche diverse

Appuntamento col gusto Non puoi apprezzare Firenze se non ne assaggi il sapore. Bellissima città per i tesori artistici da vedere, non è da meno per le sensazioni che può offrire anche ai gusti più raffinati. I vini e gli oli extravergine di oliva delle sue colline, sono sapori tutti da scoprire. Il pane “sciocco”, così diverso da quello delle altre regioni italiane, oltre a essere in linea con i nuovi parametri salutistici, lega benissimo con il prosciutto Toscano che viene ricoperto all’esterno di uno strato di sale, pepe e spezie che lo rendono unico, tanto da aver ottenuto la Dop. Ma va benissimo anche con la finocchiona, una sorta di salame macinato molto sottile dal profumo di finocchio e con le salsicce di maiale agliate da cuocere sulla brace. L’olio arricchisce tutti i piatti fiorentini, dai fagioli lessati alle zuppe di verdura come la ribollita o l’acqua cotta. Piatti poveri dal gusto sensazionale come i tanti cibi di strada che a Firenze sono dei classici, come il lampredotto e la trippa. Senza scordare la bistecca fiorentina, alta almeno cinque centimetri, appena scottata sui due lati su piastra rovente (pare, per altro, che la parola “bistecca” derivi da beef-steak, per i tanti visitatori inglesi che apprezzavano la carne alla brace preparata in occasione delle feste cittadine). E per finire: cantucci con vinsanto. I classici biscottini alle mandorle da inzuppare nel vino della messa. ottobre 2012

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l’italiainmostra A destra “Donna al caffè” di Antonio Donghi, 1932, una delle opere protagoniste della mostra a Palazzo Strozzi (nel riquadro in basso)

Scelti per voi dove mangiare: Ruth’s Accanto alla Sinagoga di Firenze, piccolo ambiente accogliente e curato nei minimi particolari: entrando, sembra di essere in un ristorante di Tel Aviv. Cucina kosher da provare per chi ama piatti a base di verdure. Segnaliamo la tradizionale torta di mele e mandorle. Prezzo medio, 30 euro. Via Luigi Carlo Farini, 2a www.kosheruth.com Le Murate caffè letterario Colazioni tradizionali e low-cost a 1 euro con caffelatte, pane burro e marmellata; pranzo; aperitivo con buffet dalle 18:30 alle 21:30; cena alla carta; american bar. Inserito in uno dei quartieri più caratteristici del centro storico fiorentino, tra Santa Croce e Sant’Ambrogio, all’interno del complesso delle Murate, ex carcere storico riconsegnato alla città dopo il restauro, oggi è un punto di riferimento multiculturale di respiro internazionale. Frequentato da persone di tutte le età, è un locale molto amato dai giovani. Ottimi piatti, buono il rapporto qualità prezzo. Piazza delle Murate Tel. 0552346872

dove dormire: La Dimora del Centro Posizione eccellente, accoglienza, calore, cura dei particolari, per un B&b dalle cui finestre è possibile ammirare il campanile di Giotto e la cupola del Brunelleschi. Prezzo a notte da 115 a 170 euro, con colazione in pasticceria storica del centro situata a pochi passi. Piazza della Repubblica, 3 www.ladimoradelcentro.it Hotel Adler Cavalieri Nel cuore di Firenze, a pochi passi dalla stazione dei treni di Santa Maria Novella, un bel palazzo della fine del XVIII secolo edificato sulle rovine di un vecchio monastero. Prezzo per una doppia con colazione da 138 euro Via Della Scala, 40 www.hoteladlercavalieri.com

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eclettico e grandioso dell’epoca, costellato di simboli massonici, oltre al Teatro Puccini con annessa Manifattura Tabacchi e al Teatro Comunale. Negli anni Trenta a Firenze viene fondata anche la Fiorentina e viene costruito lo stadio Berta, disegnato da Pier Luigi Nervi.

Palazzo Strozzi, una storia di vendetta Quello che ospita la mostra Le arti negli Anni Trenta è uno dei più bei palazzi Rinascimen-

tali italiani. Di mole imponente, con tre grandiosi portali identici sui tre lati, si trova fra via Strozzi e via Tornabuoni. Capolavoro dell’architettura civile fiorentina del Rinascimento, fu iniziato per volere di Filippo Strozzi, appartenente a una delle famiglie più facoltose di Firenze, ostile alla fazione dei Medici. Esiliato a Napoli, nel 1434, Filippo Strozzi divenne banchiere e accumulò una fortuna. Tornò in città nel 1466, era ossessionato dal desiderio di vendetta e per anni acquistò e demolì edifici attorno alla sua residenza pur di disporre del terreno necessario per innalzare il più grande palazzo che si fosse mai visto a Firenze. Con tanto denaro a disposizione, nulla fu lasciato al caso. Il palazzo è rimasto di proprietà della famiglia Strozzi fino al 1937. Attualmente è sede della Fondazione Palazzo Strozzi.


selezioni

Appuntamento con la qualità e il benessere Dal 7 al 9 ottobre torna a Milano l’evento più atteso del settore green, il Temporary Shopping Center di SaporBIO, che da quest’anno diventa un vero e proprio appuntamento per tutti gli amanti dell’universo bio e si ripropone in veste Natalizia dal 21 al 23 dicembre e in veste Rosa, interamente dedicata all’universo femminile, dall’8 al 10 marzo 2013

“Passione di Vivere Bio”. È questo il claim dell’evento Milano SaporBIO di ottobre, che rimanda all’obiettivo principale del nuovo concetto di prodotto nato dalla collaborazione fra SaporBIO e Chef Dovunque: la bio-box della Linea Benessere. Una scatola unica dove trovare tutto il necessario per la preparazione di uno dei piatti più tipici della cucina italiana, gli spaghetti al pomodoro e basilico. Un piatto sano, gustoso e 100% biologico. È così dunque che la tradizione di Chef Dovunque sposa l’esperienza di SaporBIO, dando origine a un prodotto autentico, il cui scopo è quello di promuovere la cultura del biologico attraverso informazioni, consigli, ingredienti di qualità dosati per evitare di incorrere in sprechi ed eccessi di calorie, spunti e suggerimenti di esperti del settore per mantenersi in forma e scoprire che l’alimentazione è un ingrediente fondamenta-

le per la salute del corpo, ma anche per il benessere della nostra mente. Il kit biologico di SaporBIO e Chef Dovunque diventa in questo modo un compagno fidato, da tenere sempre nella propria dispensa, pronto a soddisfare le esigenze della vita frenetica del consumatore contemporaneo, il quale potrà godere di tutti i benefici di un piatto sano, equilibrato e gustoso, dalla preparazione semplice e, soprattutto, veloce. Per il lancio di questo prodotto, SaporBIO e Chef Dovunque hanno creato importanti partnership con aziende leader per qualità come, ad esempio, Noberasco. Agli ingredienti necessari, ovvero, spaghetti integrali Senatore Cappelli, pomodoro e basilico bio, vengono inoltre aggiunti una bottiglia d’acqua Lauretana da 50 cl e un sacchetto di frutta secca, per completare il menù e offrire un pasto ricco di micronutrienti, vitamine, minerali e proteine.

Venite a scoprire le bio-box della Linea Benessere in anteprima: s lNO AL OTTOBRE PRESSO IL 4EMPORARY 3HOP di SaporBIO – Camera dei Notari, Palazzo Giureconsulti di Milano, P.zza Mercanti 2, M Duomo s lNO AL OTTOBRE PRESSO IL 0ALAZZO 'IURECONSULTI di Milano, P.zza Mercanti 2, M Duomo Per info: www.saporbio.com


Inviaggio

Là dove nuotano i salmoni La tradizione ittica norvegese è antichissima e si è sviluppata nei secoli nel rispetto del mare e dell’uomo. Un ottimo esempio di tal senso è quello dell’allevamento dei salmoni. Per saperne di più siamo andati a Stavanger, capitale della gastronomia nazionale. Con una tappa nelle Lofoten, per un assaggio di stoccafisso di Gilda Ciaruffoli

È difficile immagine che il grigio possa avere tante sfumature, così eleganti e intense, come quelle che si ammirano dalla prua di una barca, all’alba, in mezzo al Mare del Nord. Direzione isola di Feøy. Uno scenario quasi mistico quello che fa da sfondo alla solitaria traversata: le lingue di terra più strette e rade via via che ci si allontana dalla costa a sud della Norvegia, e tutto attorno il mare deserto. A dirti che non stai sognando, i gabbiani. Volano, gridano e, chiaramente agitati, aspettano. Cosa? Il pranzo dei salmoni. Sì, perché proprio in mezzo a queste acque che hanno come unico limite le lontane coste della Groenlandia, si trovano le reti all’interno delle quali sguazzano i salmoni della Norway Royal Salmon, una delle tante realtà locali che si occupa di selezionare e allevare i celebri pesci, tra i prodotti ittici di maggiore rilevanza per l’economia nazionale.

Da dove vengono i salmoni?

Norvegia

Stavanger

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In Norvegia, il salmone d’allevamento è il risultato di un preciso programma di selezione e moltiplicazione, consolidato negli anni, anche se la parentela con i pesci che vivono in libertà è comunque stretta: tutti gli esemplari infatti derivano da quaranta stock di salmoni selvaggi. Dalle selezionatissime uova nascono avannotti che crescono in acqua dolce fino alla “maggiore età” (attorno ai 100 gr vivono un radicale cambiamento fisiologico che tra l’altro permette loro di passare all’acqua salata), quando traslocano nelle grandi reti in mare aperto, dove trascorrono da uno a due anni di vita, e, raggiunta la taglia ideale, vengono raccolti. Ed è proprio a una di queste reti che ci troviamo di fronte. Con i gabbiani tutti in fila ad aspettare di accaparrarsi i bocconcini che nell’arco della giornata vengono elargiti ai vivaci pesci. Bocconcini che, con un po’ di coraggio, è possibile persino assaggiare, tanto sono semplici e naturali nella composizione (sono fatti di materia prima marina e vegetale e ricchi


Arte di oggi e memorie di ieri In settembre si svolge a Stavanger il Festival di street art Nuart (www. nuart.no), che calamita i migliori street artist internazionali; ad avere beneficiato di tanta creatività è in particolare una via del centro, le cui case sono state tutte dipinte con colori sgargianti, con i muri traboccanti murales e stancil. Il nucleo più antico di Stavanger si snoda tutto attorno al porto, dove non è raro vedere attraccate enormi navi legate alla produzione del petrolio, dagli anni ’70 cuore dell’economia locale. All’oro nero è dedicato un museo la cui stessa struttura rappresenta, dalla roccia all’ingresso alla piattaforma flottante, il percorso del petrolio, e al cui interno sono raccontate storie dal fascino e dalla drammaticità inimmaginabili, come i racconti dei primi uomini che si sono calati negli abissi del Mare del Nord, grazie alle quali capire il radicale cambiamento nella vita di questa regione negli ultimi 40 anni. Altro curioso museo, quello dell’inscatolamento, sito all’interno di una fabbrica dei primi del ’900. Tutto è rimasto come allora, persino le due bottiglie di birra nella stanza dove le sardine venivano affumicate, concesse a chi si occupava della sfiancante operazione. E in una zona nella quale vigeva (e vige!) una legislazione molto restrittiva per quanto riguarda il consumo dell’alcol, le birre rappresentavano un incredibile privilegio. Interessanti la mostra delle etichette delle tipiche scatole di latta, raffiguranti i personaggi notevoli della nazione (ci sono sardine Amundsen, le sardine Ibsen…), e la prima pubblicità di sardine in scatola, in un video di fine ’800. Da non perdere infine la cattedrale – metà romanica e metà gotica – al cui interno ricercare il diavolo, ai piedi di una colonna, che viene cacciato sotto terra da due vigorose mani.

Stavanger è, con i suoi 128 mila abitanti, la quarta città della Norvegia. In alto, il nucleo più antico: tante bianche case in legno datate Sette-Ottocento, decorate con fiori colorati, e un edificio del centrale quartiere ridisegnato dalla street art. Sotto, una delle reti che ospitano i salmoni in mare. Foto: Gilda Ciaruffoli

di proteine, grassi, carboidrati, vitamine e minerali). E non potrebbe essere altrimenti, vista l’attenzione con la quale gli allevamenti vengono monitorati attraverso ispezioni e analisi di laboratorio che hanno lo scopo di verificare lo stato di salute e la qualità dei pesci durante tutto il loro ciclo di vita (è praticamente nullo l’utilizzo di prodotti chimici, mentre per la cura dei pesci in vasca sono adottati metodi naturali, come l’inserimento di pesci pulitori che liberino i salmoni da eventuali impurità). Un avanzato sistema di rintracciabilità inoltre consente di reperire informazioni sul singolo soggetto, per esempio in relazione all’area di allevamento e al suo stato di salute. E non si tratta solo della volontà delle aziende di mettere in vendita prodotti di eccellenza. Qui infatti l’attenzione al benessere di animali e ambiente è generale e diffusa. Ne sono un esempio i gruppi animalisti, la cui voce viene ascoltata e rispettata. Ma non solo. A livello istituzionale infatti esiste un ente, il Norwegian Seafood Council, che presiede sì la commercializzazione dei prodotti ittici norvegesi nel mondo – con il marchio Norge –, ma si occupa anche di divulgarne la cultura oltre i confini nazionali.

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Inviaggio

A destra una casetta dell’isola di Feøy dalla struttura tipica delle abitazioni norvegesi. In basso, le sapienti mani degli chef dell’Istituto di Gastronomia di Stravanger all’opera. Presso la struttura è possibile frequentare corsi di cucina tipica: un’idea in più per visitare la bella cittadina. Foto: Gilda Ciaruffoli

Un’idea agrodolce Il salmone norvegese arriva freschissimo nei nostri mercati: una volta raccolto dagli allevamenti in mare, infatti, viene lavorato entro le due ore successive. Povero in grassi saturi ma ricco di acidi grassi polinsaturi Omega-3, notevoli quantità di Vitamine A, D, B12, ha una carne morbida ma compatta che non si disfa durante la cottura. Perciò risulta estremamente versatile, può essere preparato usando tagli differenti. Tante le ricette che è possibile trovare al sito della Norge, www. fiordisapori.it. Come quella del Filetto di salmone con purea di mele e zenzero. Ingredienti: 600 gr di filetti di salmone norvegese 250 gr di mela verde 50 gr di zenzero fresco 5 gr di cannella in polvere 50 gr di sesamo scorza di limone, sale e pepe Preparazione: Sbucciate le mele, tagliatele a cubetti e cuocetele in una casseruola per circa 10 minuti con lo zenzero privato della buccia, la cannella e la scorza del limone. Passare il tutto al mixer fino a ottenere una purea cremosa. Tagliate il salmone (spinato) a triangolini e cospargete di semi di sesamo la parte priva di pelle. Scaldate una padella antiaderente e cuocete il salmone già salato e pepato dalla parte della pelle per circa 3/4 minuti. Terminata la cottura servite i triangolini di pesce con la purea di mela.

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Stavanger è la capitale gastronomica della Norvegia. Qui si trova il Gastronomisk Institutt, dove i migliori chef norvegesi rivisitano i classici della cucina nazionale, come appunto il salmone

Capitale di cultura e buona tavola Raggiunta finalmente l’isola di Feøy, si viene a contatto con una realtà straniante. In questo lembo di terra, in mare aperto, vivono tutto l’anno una cinquantina di persone. Uomini e donne, famiglie con bambini, con i quali fermarsi a pranzare al Feøy Brygge (www.feoybrygge.no), punto di ristoro per le feste che, clima permettendo, si svolgono sull’isola e che calamitano qui un insospettabile numero di persone. Molto ospitali, gli abitanti dell’isola non mancano di raccontare le tante storie curiose legate alla loro terra. Come quella della donna uscita a fare due passi che si è ritrovata di fronte un gigantesco orso bianco arrivato dal Polo su di un iceberg. O quella della nave olandese il cui equipaggio pare sia misteriosamente scomparso (ma lo sguardo del narratore si fa complice…), e il cui enorme carico di legna ha permesso – si parla del ’700 – di costruire qui le prime abitazioni. Ovviamente, nei piatti del Feøy Brygge il pescato locale. E quindi salmone, ma anche i succulenti granchi reali rossi (le cui chele sono per le famiglie norvegesi cibo quotidiano). E la zuppa di pesce, preparata con le fiskeboller, palle di pesce unite a maizena, carote e cipolle. E burro.Tanto burro.Anche se, ci dicono al Gastronomisk Institutt di Stavanger – istituzione in ambito gastronomico che vanta la collaborazione dei migliori chef della nazione – che anche qui l’olio extravergine d’oliva si sta sempre più insinuando tra gli ingredienti delle migliori cucine. Parlando di Stavager siamo tornati sulla terra ferma. Per i buongustai alla scoperta della cucina norvegese questa è una tappa imprescindibile.


Lofoten e Vicenza unite nel nome dello stoccafisso di Germana Cabrelle

La vivace cittadina è stata Capitale della Cultura nel 2008 ma è da sempre la capitale della regione con la più antica tradizione culinaria. Il merito è del clima, che rende questa zona una delle più fertili della nazione (solo il 3% del territorio norvegese è coltivabile!). Farsi un giro per il mercato ortofrutticolo di Stavanger dà un’idea delle coltivazioni nella stagione più favorevole, tra giugno e luglio. A spiccare sono senz’altro le fragole, grosse e dolcissime, le mele e una discreta varietà di pomodori. Diffusissimo il kohlrabi (cavolo navone) da cui si ricava la gran parte della vitamina C, fornita anche da mirtilli e lamponi (particolare il multe, lampone arancione selvatico da cui si ricava la tipica marmellata). E ancora il rabarbaro, protagonista di gran parte dei dolci, coltivato da tutte le famiglie nel proprio giardino e molto amato dai bambini che lo colgono e se lo mangiano seduta stante, ricoperto di zucchero. Curiosamente in città c’è una sola macelleria, dove è possibile trovare il tipico prosciutto di agnello e il brunos, formaggio marrone di capra, o mucca e capra, dal retrogusto di liquerizia, ingrediente base della colazione norvegese.

La costa norvegese è lunga migliaia di chilometri e non esiste via migliore per esplorare questa nazione che quella dell’acqua. Solo così infatti si ha modo di ammirare anche gli angoli più sperduti di questo merlettato lembo di terra, e il postale costiero che da Bergen (poco più a nord di Satavnger) arriva a Kirkenes si presta perfettamente al viaggio. All’orizzonte si avvicendano i villaggi dei pescatori, e ovunque, nelle stazioni di pesca, si vedono stoccafissi stesi a essiccare. In particolare, sono le isole Lofoten a essere inscindibilmente associate al merluzzo norvegese, il cui maggior acquirente è proprio l’Italia e la città di Vicenza in particolare. Nel caso del caratteristico piatto veneto, comunemente chiamato “baccalà alla vicentina”, si dovrebbe infatti parlare di stoccafisso, perché il pesce utilizzato è il merluzzo secco, dall’etimo germanico stockfish (mentre baccalà è il nome con cui si indica il merluzzo salato, dal fiammingo bakkaliaum, con storpiatura portoghese bacalao; da notare che il merluzzo artico è diviso dai norvegesi in due tipi: il Lofoten e il Finnmarken, dalle omonime isole dove avviene anche il duplice metodo di conservazione). Alle Lofoten, il merluzzo ha il suo habitat ottimale e raggiunge dimensioni e volumi ragguardevoli: anche un metro e mezzo di lunghezza e mezzo quintale di peso; può essere grigio, olivastro, rosso, bruno o ne-

ro. La pesca si svolge da gennaio ad aprile. A pesca finita, il merluzzo viene esposto all’aria e al sole per circa tre mesi e sono proprio i venti del Nord, asciutti e temperati, a conferirgli quella essiccazione perfetta. Ma – vien da chiedersi – com’è arrivato lo stoccafisso nordico sul desco vicentino? È documentato che le prime partite di merluzzo essiccato giunsero in Italia verso il 1250, nei porti di Genova e Venezia. Con ogni probabilità i carichi provenivano dalla città tedesca di Lubecca, che per prima riuscì a spezzare il monopolio scandinavo. In tempi di difficile pesca questo prodotto sostituì degnamente, spesso soppiantandolo, il pesce stagionale. Solo nel ’900 però, da piatto povero salì alla ribalta, imponendosi come principe della gastronomia locale: a tutt’oggi il Veneto è il più grande consumatore di stoccafisso norvegese e a Vicenza, in particolare, il baccalà è qualcosa di più di un pesce. È un autentico status symbol gastronomico.

dove mangiare Borsen Spiseri Nella capitale delle isole Lofoten, un locale ricavato da un vecchio magazzino di pescatori. Gunnar Bergs vei, 2 Svolvaer www.svinoya.no

Scelti per voi dove mangiare Fisketorget Mercato del pesce, dove comprare o scegliere e farsi cucinare il piato preferito. A gestirlo è Karl Erik Pallesen vincitore di un’edizione del locale Masterchef. www.fisketorget-stavanger.no Sørensen Damskipselskab Gli interni richiamano le tradizionali attività del porto. Da non perdere le aringhe agrodolci. Prezzo medio: 250 corone (circa 30 euro) Skagen, 26 - Stavanger www.herlige-stavanger.no

dove dormire Victoria Hotel In una struttura dei primi del ’900 un hotel classico in pieno centro, affacciato sul porto. Prezzo per una singola: 890 corone (circa 103 euro) Skansegaten, 1 - Stavanger - www.victoria-hotel.no

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selezioni

Dalla Toscana, preziosi formaggi di Grotta Stagionatori e affinatori non ci si improvvisa, è un’arte che si apprende solo dopo anni di esperienza e lavoro. E lo sanno bene al Caseificio Spadi Enzo, dove proprio grazie a tradizioni, passione e a una grande competenza si realizzano formaggi unici e, davvero, inimitabili

I due cavalli di battaglia del Caseificio Spadi Enzo sono il carattere artigianale dei suoi formaggi e la stagionatura in grotta. Il Caseificio possiede infatti una grotta di lapillo vulcanico a Valentano, nell’ambito del territorio del consorzio del pecorino toscano Dop. Il particolare microclima naturale all’interno della grotta, che deriva da una speciale temperatura, umidità e densità dell’aria, valorizza fortemente il formaggio facendolo maturare dolcemente, rendendolo pastoso e mai secco, facendo assumere a ciascuna forma aromi e sapori unici assolutamente non ricreabili artificialmente. In grotta, gli esperti stagionatori del Caseificio Spadi affinano il pecorino sotto foglie di noce, conferendogli un aroma silvestre, o sotto paglia e fieno, che gli dona profumi rustici e veraci. E ancora, sotto cenere, come da usanza medioevale, o immerso nel Morellino di Scansano da cui prende un chiaro retrogusto vina-

to. È dunque in molti modi che viene espressa l’arte di affinare pecorini nella grotta del Caseificio Spadi Enzo, perchè è proprio di arte che si deve parlare. Stagionatori e affinatori non ci si può improvvisare, lo si diventa soltanto dopo anni e anni di esperienza e lavoro. Il formaggio è infatti un alimento talmente “vivo”che persino una variazione di pochi gradi di temperatura o un particolare tasso di umidità possono comportare risultati molto diversi. A tal proposito il signor Fabrizio Spadi ricorda ancora lo stupore provato da bambino nel vedere che un affinatore esperto saggiava persino la provenienza del vento per regolare la lavorazione e la cura delle forme durante la stagionatura. Caseificio Spadi Enzo Via della Tana, 29/33 - Roccastrada (Gr) Tel. 0564565069 - www.caseificio-spadi.it


selezioni

Il vero carattere del Primitivo Tenuta Viglione fonda le proprie origini nelle antiche tradizioni della Famiglia Zullo che sin dal 1937 produce vini di qualità nella zona Dop Gioia del Colle, patria dell’autentico Primitivo

Primitivo. Un antico vitigno il cui nome deriva dal suo particolare e breve ciclo biologico: infatti questa era l’uva che maturava prima, da qui l’antico appellativo di Primaticcio (in dialetto: Prma-tè), oggi Primitivo. Nel suo DNA si intrecciano affascinanti storie di luoghi diversi, di viaggi, di scambi tra popolazioni, matrimoni e doti. Originario dell’Ungheria, arriva in Croazia da dove nel XII secolo viene introdotto in Italia a opera dei monaci Benedettini, che trovarono nel territorio di Gioia del Colle in Puglia le condizioni pedo-climatiche più favorevoli per la coltivazione di tale vite. Caratteristica di questo territorio è la Murgia, un altopiano calcareo costituito da residui fossili di organismi marini che, insieme ad argille e terre rosse silicee, assicurano al Primitivo di Gioia uno stile, un’armonia e una finezza unica e specifica. Il microclima di questa zona è

l’elemento finale e determinante del suo carattere, con forti escursioni termiche tra il giorno e la notte, specie durante la maturazione e la raccolta delle uve, unitamente alla costante presenza del sole di Puglia e dei venti provenienti sia da Nord che da Sud. Ed è proprio in questa zona che sorge la Tenuta Viglione i cui vigneti in coltivazione biologica si trovano nel punto più alto della Dop Gioia del Colle, a circa 450 metri sul livello del mare. Dalla cantina della Tenuta nascono vini che esprimono al meglio le caratteristiche del Primitivo, come il Marpione, che in questo territorio trova la sua più alta ed elegante identità. Oltre ai 40 ettari di vigneti, la Tenuta Viglione comprende anche un’antica Masseria che oggi, completamente ristrutturata, si è aperta all’ospitalità di quanti desiderino godere del fascino di questo luogo incantevole.

Tenuta Viglione Uffici: Via Carlo Marx, 44 Cantina: Via Appia Antica, 30 Santeramo in Colle (Ba) Tel. 080 3022415 www.tenutaviglione.it

La curiosità E il Primitivo di Manduria, vi chiederete, da dove deriva? Da Gioia del Colle! La storia racconta, infatti, che una nobildonna del posto, promessa sposa a un ricco feudatario tarantino, portò con sè in dote alcuni esemplari di questo prezioso vitigno. Piantate nelle terre di proprietà della nuova famiglia, le piante dettero successivamente origine alla denominazione Primitivo di Manduria.


una città in 24 ore

di Isa Grassano

Mettersi in mostra in Piazza Vittorio Veneto È il ritrovo della vita cittadina, del passeggio serale, degli incontri tra amici. Il recupero urbanistico dell’area ha portato alla luce i resti della chiesa rupestre benedettina del Santo Spirito, che sorgeva sotto l’odierno piano di calpestio. Da qui, quasi seminascosto sotto tre archi, si apre il belvedere Guerricchio, uno degli affacci più belli sui Sassi, e sempre da qui partono alcuni degli accessi a un mondo fantastico fatto di chiese, grotte, scalinate impervie. Affaccio sulla piazza, il maestoso palazzo settecentesco dell’Annunziata, ex convento delle suore claustrali domenicane. Vale la pena salire all’ultimo piano per un caffè. Dalla terrazza si sovrasta tutta la città antica, in un affascinante spettacolo. Fare un movie tour nei luoghi del cinema Porta Pistoia, che si affaccia a strapiombo sui grandiosi valloni del canyon, è il luogo in cui sia Pasolini che Mel Gibson hanno ricreato la porta della città di Gerusalemme, nel momento in cui il Cristo fa il suo ingresso fra l’esultanza della folla. A pochi metri, c’è il complesso rupestre di Madonna delle Virtù e il convento di San Nicola dei Greci, in cui, per entrambi i colossal, è stato allestito il set della scena dell’ultima cena. Vi si organizzano mostre di scultori di fama internazionale. Tuffarsi nel passato delle case-grotte Fino agli anni cinquanta le case-grotte nei sassi erano abitate da intere famiglie, che convivevano con galline e asini. Visitate la Casa Grotta di vico Solitario, nel Sasso Caveoso: un unico ambiente in parte scavato e in parte costruito, dove gli arredi creavano la divisione degli spazi. Le pentole in rame, i telai per filare, i cucumi per l’acqua, le capase e i capasoni, sono ancora lì, quasi fossero in uso. www.casagrotta.it Comprare il cucù dal soffio magico Volete far capire al vostro partner quanto l’amate? Regalategli un cucù, fischietto in terracotta a forma di pennuto da cortile o con sembianze umane, tipico dell’artigianato di Matera. Secondo la tradizione era il simbolo di una promessa d’amore: più il cucù era decorato, più grande era il sentimento verso la persona amata. Ma anche se non si è innamorati, si può acquistare (nelle numerose botteghe artigianali) un fischietto, rigorosamente fatto a mano, come amuleto. Le sue origini si perdono nella notte dei tempi, tanto che alcuni esemplari sono stati rinvenuti negli arredi funebri di tombe millenarie. Ammirare l’arte in grotta del Musma Sculture moderne incastonate nel tufo, come pietre preziose montate su antichi monili. È la sintesi del Musma, il Museo della scultura contemporanea, l’unico “in grotta”. Un percorso sinuoso: le sale, una dentro l’altra, si aprono all’arte in una sobrietà minimalista. Oltre 250 le opere di artisti internazionali come Giò Pomodoro, Picasso, Giorgio De Chirico, Luigi Guerricchio, solo per citarne alcuni. Opere e contesto si esaltano a vicenda in un tripudio suggestivo di arte e fascino. www.musma.it

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Matera in 5 tappe Ambisce al titolo di capitale della cultura 2019 la città lucana. La concorrenza è agguerrita, ma lei ce la sta mettendo tutta, forte del suo passato ricco di storia. Ma non solo. I Sassi millenari Unesco che hanno stregato Pasolini e Mel Gibson, le viuzze dei rioni pietrosi silenziose di giorno ma animate fino a tarda sera, la genuinità delle persone e la vivace vita artistica, sono infatti ottime carte da giocare per conquistare l’ambito titolo L’idea in più Addentrarsi nell’interno per seguire la scia dei Templari a Castelmezzano, un borgo tra i più belli d’Italia, circondato dai bizzarri picchi rocciosi delle Dolomiti Lucane. Tracce della presenza di questi Cavalieri si riscontrano in una croce sul muro della chiesa, nella toponomastica delle strade e nello stesso stemma comunale che riproduce il sigillo dell’ordine del Tempio. www.castelmezzano.net

dove dormire

dove comprare

Le Monacelle Una struttura raffinata, accanto alla Cattedrale. Simpatica l’accoglienza di Antonella che la gestisce. Camere minimaliste curate in ogni dettaglio. Terrazze che danno sulle impervie Gravine dove, nelle frequenti giornate di sole, si fa colazione. Doppia a 86 euro Via Riscatto 9/10 Tel. 0835344097 www.lemonacelle.it

L’Abbondanza Lucana Pasta artigianale, peperoni cruschi, conserve, la salsiccia di Gorgoglione, sono alcune delle selezioni gastronomiche. Un viaggio fra gusto, cultura e antichi sapori. Via S. Francesco, 7 - Tel. 0835334574

dove mangiare La Gatta Buia Ricavato nel palazzo Sedile dove, un tempo, si amministrava la giustizia e i malcapitati finivano in gattabuia, ovvero in galera. Di qui il nome. Cucina ricercata. Da assaggiare il “pacchero della gatta buia”, con ragù di baccalà e peperone crusco di Senise Igp. Prezzo medio: 20 euro Via Margherita 90/92 Tel. 0835256510 www.lagattabuiia.eu

Laboratorio di progettualità Dalle mani di Eufemia prendono forma collane e bracciali originali. I materiali usati (stoffe, plastica, carta) sono frutto di riciclo e riutilizzo. Ogni modello è diverso dall’altro perché ogni donna possa sentirsi unica. Via delle Beccherie - Tel. 3488686298

Guide

Sassi & Murgia Un’associazione culturale che promuove itinerari alla scoperta dei Sassi e del Parco della Murgia Materana. Il fiore all’occhiello? Le escursioni “accessibili”, come quelle per i non vedenti che possono così vivere le emozioni della città attraverso una voce narrante. Tel. 3204429909 - www.sassiemurgia.com Info: www.aptbasilicata.it


selezioni

Dalla Lucania con amore Il marchio Vero Lucano porta in tavola e in cucina il meglio della produzione agroalimentare della Basilicata. Ogni prodotto è selezionato con cura, per far riscoprire i sapori di un tempo

Foto di Raffaele Petrozza

L’Ultimo Forno srl riunisce quattro storiche famiglie di panificatori materani che si sono raggruppate sotto un unico simbolo, il brand Vero Lucano, per raccogliere l’esperienza e la competenza di chi, da decenni, produce qualità utilizzando le mani. Con il marchio Vero Lucano viene proposto il meglio delle produzioni regionali della Basilicata, terra incontaminata e fortemente vocata all’agroalimentare di qualità. Prodotti da forno, principalmente, alla base dei quali c’è l’attenzione assoluta alle materie prime, ovvero le semole, che derivano solo da grani duri di filiera, rigorosamente coltivati e moliti in Lucania, con tecniche moderne ma ispirate alla tradizione. I grani duri vengono conservati in appositi silos, dal raccolto fino alla macinatura, per salvaguardarne la ricchezza in proteine e concedere il piacere di un prodotto profumato, saporito e salubre. Il risultato sono aromatiche paste da grani selezionati, fra cui primeggia il grano duro Senatore Cappelli, e prodotti da forno – taralli, cancelle, friselle, pastarelle fatti a mano, uno per uno – che il lievito madre, come da antica tradizione della storia della città, e l’olio extravergine di oliva delle colline locali, contribuiscono a rendere unici. Per ultimo, ma non ultimo, il Pane di Matera Igp, che affonda le sue origini nella storia della località Patrimonio Mondiale dell’Umanità; la produzione è affidata alle sapienti mani degli artigiani locali che, ogni notte, da decenni, trasformano le semole dei migliori grani duri lucani in forme di fragrante pane, apprezzato in tutto il mondo. Ma Vero Lucano non è solo prodotti da forno. Dall’incontro con le migliori aziende agricole lucane, infatti, nasce una linea caratterizzata da legumi Bio di alta qualità, miele selezionato e un olio extravergine di oliva che ricorda antichi sapori, proprio come la Majatica, oliva storica del patrimonio olivicolo italiano, con la quale è prodotto. Per garantire il massimo viene molita entro sei ore dalla raccolta, per offrire a tutti il meglio dei sapori e della qualità lucana.

L’ultimo Forno Via Olivetti, 53/59 - Matera Tel. 835261847 - www.verolucano.it


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Piaceri 114

I piaceri di Bacco A ogni vino il suo bicchiere: Donato Lanati ci svela i segreti per soddisfare i cinque sensi

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Le mani raccontano Emidio Pepe, 80 anni e una vita spesa a fare il vino come una volta, “coi piedi”

da pag. 118 Rubriche

• Bellezza e benessere • Camera con vista • Week-end nel verde • Week-end relax • Soste d’arte • Libri • Spettacoli

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ipiaceridiBacco

di Donato Lanati Enologo e docente universitario

Il vocabolario definisce così il bicchiere: «piccolo recipiente adatto a essere portato alla bocca utilizzando le mani, che ha lo scopo di contenere un liquido da bere». Il più nobile – aggiungiamo noi – è sicuramente il vino. Autorevoli testi specialistici, d’altro canto, riportano: «assaggiando lo stesso vino in bicchieri diversi si ha l’impressione di trovarsi di fronte a vini differenti».

Anche il vetro vuole la sua parte

Ad ogni vino il suo bicchiere Flûte, baloon o calice? La scelta può non essere semplice, e comporta una grande responsabilità. In ballo c’è il piacere stesso della degustazione 114

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A questo punto, la domanda è: che caratteristiche deve avere il bicchiere per permettere al vino di esprimersi al meglio? Proviamo a dare qualche risposta. Innanzitutto il contenitore deve soddisfare i tre sensi tanto cari ai degustatori: la vista, l’olfatto e il gusto più un quarto, il tatto, nel momento in cui con un sorso di vino in bocca schiacciamo la lingua contro il palato. Il colore deve essere perfettamente trasparente per farci cogliere tonalità, intensità, brillantezza e archetti. Per questo il bicchiere preferito è di vetro e a gambo lungo. Lo stelo consente, da un lato, di evitare il contatto della coppa con le dita e, dall’altro, di non alterare la temperatura e trasmettere odori estranei. Di determinante importanza è la forma della coppa del bicchiere, cioè la sua geometria. È questa che convoglia i profumi al nostro naso permettendoci di distinguere gli aromi ed è sempre la geometria del bicchiere che porta i sapori alla nostra bocca. I profumi esprimono le molecole contenute nel vino strettamente legate a varietà, territorio e annata. I composti del vino hanno diversa predisposizione alla volatilità in base ai differenti pesi molecolari: i principali sono gli esteri che esprimono l’odore dei fiori (Cortese, Friulano, Grillo, Fiano, Chardonnay, etc.), si formano in grande quantità durante la fermentazione e sono i più volatili. I terpeni trasferiscono invece il profumo degli agrumi e cambiano in funzione della varietà (Moscato, Malvasia, Traminer, etc.); sono percepibili all’olfatto solo quando si trovano in forma libera cioè non legati agli zuccheri e hanno volatilità media. I norisoprenoidi, infine, sono le molecole più importanti nei vini da invecchiamento


(Barolo, Brunello, etc.): beta-damascenone e beta-ionone hanno bassa volatilità e si esprimono al meglio in bicchieri con un grande volume; questi vengono sintetizzati dalla pianta di vite quando l’acino è ancora verde, in funzione della luminosità e della pendenza del vigneto.

Ricordiamo poi che anche la pressione atmosferica agisce sull’espressione dei profumi percepiti: in montagna, ad esempio, dove la pressione è bassa, vengono colti più facilmente mentre al mare la pressione atmosferica maggiore tende a “schiacciarli” all’interno del vino.

Profumi in libertà

L’impero dei (cinque) sensi

Nel bicchiere, i composti sopraelencati si posizionano nello “spazio di testa” ovvero nello spazio compreso tra la superficie libera del vino e il bordo del bicchiere. Lì i profumi entrano in equilibrio e divengono cioè percepibili per il nostro olfatto. Il bicchiere deve avere pertanto una capienza di 350-600 ml circa in grado di consentirgli di contenere un terzo di vino (100-140 ml) e un volume adatto a esprimere in modo ottimale i profumi. Dopo circa 20 secondi che si è versato il vino, i profumi si mettono così in equilibrio tra loro nello spazio di testa e si stratificano in base al loro peso molecolare: più in alto gli esteri, a metà i terpeni e in vicinanza del pelo libero del liquido i norisoprenoidi. Il bicchiere deve avere pertanto un bordo leggermente chiuso per trattenere i profumi che tendono ad andare verso l’alto. Questa forma permette inoltre di poter agitare agevolmente il vino in senso rotatorio all’interno del bicchiere aumentando così la superficie di contatto. Più ampia sarà questa, maggiore sarà l’espressione dei profumi grazie a una leggera ossigenazione che consente l’evaporazione di quella sottile pellicola di liquido che viene tenuta adesa alle pareti del bicchiere dalla forza capillare. Oltre all’ossigenazione, la liberazione delle molecole odorose viene favorita dalla temperatura che fa variare il coefficiente di volatilizzazione delle sostanze aromatiche. Occorre ricordare che i profumi dei vini bianchi giovani sono costituiti soprattutto dagli esteri, i quali avendo un alto coefficiente di volatilizzazione si esprimono anche a basse temperature (13°C) mentre nei vini rossi il bouquet è dato principalmente dai fenoli volatili che avendo coefficiente di volatilizzazione basso hanno bisogno di temperature alte (18°-20°C) per esprimere i profumi speziati (vinil guaiacolo).

Possiamo quindi dire che il bicchiere di vetro, con la sua trasparenza, soddisfa innanzitutto la vista. Con una capienza idonea e con un bordo lievemente chiuso verso l’alto dà soddisfazione all’olfatto; con il profilo sottile e arrotondato a prova di sorso, appaga anche il nostro gusto. I bicchieri a flûte, alti e stretti hanno il solo vantaggio di permettere di vedere nei vini spumanti il piacevole svolgimento delle catene delle bollicine di CO2. Ricordate: lo spumante non va agitato per cogliere il suo profumo perché è l’anidride carbonica che porta le molecole odorose al nostro naso! E l’udito? È durante i brindisi che appoggiando i bicchieri gli uni contro gli altri, specialmente se sono di cristallo (ovvero vetro con più del 24% di Pb, mentre il vetro normale ne contiene il 9%), si origina una piacevole danza di suoni, espressione di festa e amicizia.

Di determinante importanza nella degustazione è la forma della coppa del bicchiere. Ma anche l’occhio vuole la sua parte. Un esempio è quello della flûte che, alta e stretta, ha il solo vantaggio di permettere di vedere nei vini spumanti il piacevole gioco delle bollicine

Qui sopra il Calice Meraviglia creato da Donato Lanati nel suo laboratorio Enosis per consentire, grazie alla sua particolare conformazione, una degustazione ottimale di tutti i vini

La trasparenza del bicchiere di vetro, soddisfa la vista, il bordo lievemente chiuso l’olfatto, il profilo arrotondato il gusto. E l’udito? Gioisce al momento del brindisi!

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lemaniraccontano

Portati alla ribalta da Mario Soldati nel 1973, i vini della famiglia Pepe vengono citati tra i migliori d’Italia. Eliminati botti in legno, trattamenti, additivi ed etichette accattivanti, restano un Pecorino, un Montepulciano e un Trebbiano d’Abruzzo che raccontano una storia. Quella di una famiglia abruzzese e della sua grande passione per un vino fatto ancora “con i piedi” Dall’alto dei suoi 80 anni appena compiuti mi guarda commosso e mi porge un pezzo di carta ciclostilato, una copia tratta dal libro Making sense of italian wine di Matt Kramer. «Guardi – esordisce – è un articolo che dice che il mio vino è uno dei più buoni al mondo». Finalmente ci crede questo mondo a Emidio Pepe, l’uomo che “lavora con i piedi” nel senso che pigia l’uva come una volta. L’uomo che sta eliminando le botti (le ultime stanno in fila indiana verso l’uscita definitiva dalla sua cantina). E comunque non l’ha mai particolarmente amato, il legno. Emidio va in vigna tutte le mattine, ci raccontano, impossibile tenerlo lontano da lì, ne morirebbe, ci ha trascorso tutta la vita tra i filari.

Emidio Pepe, una vita da vinaio di Stefania Monaco

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Niente legno, siamo abruzzesi L’Azienda si trova a Torano Nuovo in provincia di Teramo. Dodici ettari tra mar Adriatico e Gran Sasso. Esposizione perfetta. Montepulciano e Trebbiano d’Abruzzo e qualche migliaia di bottiglie di Pecorino, «ma fatto a modo nostro» precisa Emidio Pepe, pignolo. Le figlie Sofia e Daniela gestiscono con la mamma l’Azienda. Emidio proviene da una famiglia di produttori di vino che vendevano sin dal 1899 ma comin-


ciarono a imbottigliare nel ’64. L’uva è biologica e fermenta e invecchia in vasche di cemento vetrificato per 18/24 mesi. Poi il vino viene travasato non chiarificato e tantomeno filtrato. Non si aggiunge solforosa e poi si imbottiglia. Prima di essere messi in commercio, i vini decantano da una bottiglia all’altra. Poi viene applicata l’etichetta con la colla, a mano, e le bottiglie vengono messe in commercio. Quel che è certo è che il Montepulciano e il Trebbiano sono vini da sussulto. Sono vivi. Capaci di esserlo senza l’attributo di botti in legno, né barriques, né “polverine magiche”. Solo uva. «Il legno accelera la maturazione – precisa Emidio – ma cambia il sapore. L’invecchiamento in vetro sprigiona la personalità forte del vitigno, anche dopo 30 anni. Nella vita è importante sapere cosa si vuol fare. Io l’ho sempre saputo anche quando gli altri non mi capivano». La cantina di 1.200 metri quadrati, scavata sotto terra, è una meraviglia: ondate di bottiglie (350 mila) divise per annate. Le riserve Pepe hanno una garanzia che dura 20 anni.

le cronache dal ’73, quando passò in zona Mario Soldati, scrittore emerito e cercatore, spontaneo e sincero, di sangue di Bacco. L’etichetta fu banalmente quella del nome di famiglia che Emidio Pepe, il papà delle attuali regine dell’Azienda, Sofia e Daniela, volle orgogliosamente appiccicarci quando decise di cominciare a imbottigliare. Non esistevano i vini “naturali”, men che mai i biodinamici e le liti tra chierici su cosa sia questo e cosa quello. Non c’erano nemmeno le Docg, le Doc avevano tre anni di vita in assoluto e uno appena per il Montepulciano d’Abruzzo. Ma c’era la vigna, condotta a rame e calce e basta, zero farmaci e chimiche strane (oggi si dice “bio”); il vino premuto in modo ancestrale, fermentato con i suoi lieviti, allevato in legni grandi, non filtrato. La differenza oggi? Che tutto, graziaddio, è meno legato ai capricci del quotidiano, meno random, meno inconsapevole, meno fragile. Quel che era una tradizione, un uso, un modo di fare è divento metodo applicato. Tecnica cosciente e scelta con fermezza, custodita dalle due ragazze Pepe e, in un’Azienda parallela, dall’altra figlia, Stefania, che etichetta per conto suo, ma fa vino allo stesso modo. Insomma: chiamatelo come volete, ma buon vino (anzi, in questo caso, “grande” vino) non mente. Al contrario delle definizioni precostituite, di moda e di comodo. Per questo, Pepe sì. E tutta la vita».

«Le radici dei miei vigneti vecchi di oltre 40 anni arrivano a 3 m di profondità – mi spiega Emidio – tutt’altro rispetto a piante che hanno radici che affondano in appena 20 cm perché vengono concimate in superficie». Sarà per questo che Matt Kramer sottolinea, nel suo libro, come “i vini di Emidio Pepe non sono uguali a nessun altro vino in Italia, forse nel mondo. Il Montepulciano d’Abruzzo di Pepe è uno dei più grandi rossi del mondo”. Ma per restare in Italia, e più propriamente in territorio abruzzese, abbiamo chiesto informazioni a chi da tempo conosce e sostiene produttori di questo tipo.Antonio Paolini, critico enogastronomico, racconta Pepe meglio di chiunque altro: «Se c’è una dimostrazione definitiva del fatto che, al contrario di quel che pensano (e ogni tanto impongono ad assistiti poco lucidi), alcuni “profeti” della comunicazione, l’etichetta è l’ultima cosa, in tutti i sensi, da appiccicare, non il punto di partenza, e che prima viene il prodotto, la sostanza, e la verità delle cose da raccontare, beh, questa è la storia della famiglia Pepe e dei suoi vini. Che si imbottigliano dal 1964, si fanno dal 1899, e sono agli onori del-

Si pigia l’uva con i piedi nell’Azienda di Torano Nuovo (Te) di Emidio Pepe (sotto). Ma non solo. Sono banditi gli additivi, infatti, ma anche le botti di legno. www.emidiopepe.com

Foto Luigi Fedeli

Buon vino non mente

Ottant’anni compiuti, Emidio Pepe va in vigna tutte le mattine. Impossibile tenerlo lontano da lì. Ci ha trascorso tutta la vita tra i filari

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bellezza&benessere

Nel vino, la bellezza Che tutte le parti della vite siano fonte di potenti principi attivi, indispensabili per la salute della nostra pelle, è una scoperta relativamente recente. Per saperne di più, abbiamo scambiate quattro chiacchiere con Mathilde Thomas, pioniera della ricerca in materia e sostenitrice di una sana “cosm-etica” 118

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Nella regione di Bordeaux, in Francia, le distese di vigneti circondano i castelli, gli chateaux, dove si producono i vini più famosi del mondo. Lo Chateau Smith Haut Lafitte, uno dei più prestigiosi, è proprietà della famiglia Thomas. Mathilde Thomas e il marito Bertrand (in foto), durante la vendemmia del 1993, fanno una scoperta che segna l’inizio di un sogno: «In quei giorni il professor Vercauteren, illustre ricercatore della facoltà di Farmacia di Montpellier, era in visita alla nostra proprietà» ci racconta ancora euforica Mathilde. «Era tempo di vendemmia e, nel vedere nel torchio la buccia e gli acini d’uva, il professore esclamò che stavamo buttando via un tesoro. Abbiamo scoperto così che gli scarti della vendemmia – semi, graspi, tralci di vite – contengono utili alleati nella lotta contro i radicali libe-

di Francesca Frediani

ri, la causa principale dell’invecchiamento cutaneo, e abbiamo quindi iniziato la nostra ricerca al fianco di Vercauteren per la realizzazione di prodotti di bellezza in grado di sfruttare le eccezionali qualità della vite». Il primo brevetto a marchio Caudalie risale al 1995 e, da allora, efficacia, naturalità e glamour sono le linee guida che distinguono la marca. Abbiamo incontrato Mathilde e Bertrand a Milano nel corso di una presentazione alla stampa per raccontare il loro ultimo brevetto anti-età e ne è nata una piacevole chiacchierata. «La vite mi ispira ogni giorno – ci spiega Mathilde Thomas – e, con il professor Vercauteren, ricerchiamo molecole performanti che consentono di rimanere giovani più a lungo». «Mi impegno in prima persona a inserire nelle formulazioni il maggior numero possibile di ingredienti naturali, che rispettino l’ambiente e siano biodegradabili – ci spiega – Le nostre formule non sono testate sugli animali e chiediamo ai nostri fornitori lo stesso impegno». Con un certo orgoglio, Mathilde, entra poi nel dettaglio dei componenti che potremmo trovare, e di quelli che non troveremo mai, nei prodotti Caudalie. Tra le materie prime più amate: l’acqua d’uva bio, l’olio di vinaccioli d’uva, la Vinolevure, gli oli vegetali (argan equosolidale, borragine, enotera, ibisco, sesamo), i principi attivi idratanti naturali (cassia angustifolia, pisello), il burro di karitè equosolidale, gli emulsionanti naturali, la salvia, la camomilla, il lino, i burri di albicocca e avocado, il ginseng, lo zenzero, l’echinacea, le acque vegetali d’arancia e di limone. Nessuna traccia invece di parabeni, fenossietanolo, oli minerali, OGM, paraffina, coloranti sintetici, sodio laureth sulfate, ftalati e materie prime di origine animale. La “cosm-etica” di Caudalie però non si limita ai prodotti: «Siamo membri dell’associazione 1% for Planet – ci spiega Mathilde – e ci impegniamo a devolvere l’1% del fatturato mondiale per proteggere uno dei più bei gioielli della biodiversità del pianeta, l’isola di Sumatra». Inevitabile a questo punto una domanda sull’ultima novità presentata al mercato: «Si tratta del nostro quarto brevetto anti-età, il Reveratrol-Oleyl – conclude Mathilde Thomas – un resveratolo di nuova concezione e superpotente, contenuto in una linea di cinque trattamenti ultra efficaci sulle rughe profonde e sul rilassamento cutaneo».

Caudalie vanta anche una serie di Spa nelle località più belle del mondo. Qui sotto Les Sources de Caudalie (Bordeaux)


camera con vista

di Olga Carlini

Dove l’arte è di casa Una lussuosa porta d’ingresso al cuore della Firenze Rinascimentale: Cerretani Firenze, parte di MGallery, un’esclusiva collezione di hotel unici, in cui ogni soggiorno è ricco di emozione e scoperta

Incastonato come una gemma preziosa nel cuore del centro storico fiorentino, l’hotel Cerretani rappresenta un’oasi di eleganza e tranquillità ideale, da cui partire alla scoperta dei tesori della Firenze Rinascimentale, ripercorrendo i passi di Donatello, Botticelli, Da Vinci e Michelangelo. A soli pochi metri dall’hotel, il Duomo e il Battistero, la Cappella dei Medici, la chiesa di Santa Maria Novella sono solo alcune delle perle architettoniche che si possono ammirare perdendosi in un emozionante viaggio attraverso i secoli. Sin dall’arrivo in hotel gli ospiti sono accolti da un nume tutelare d’eccezione, Cosimo I de’ Medici, che, troneggiando dal busto posizionato sopra l’ingresso al civico 10, li saluta con l’incisione tratta dalle Odi di Orazio hic ames dici pater atque princeps, “che qui tu possa esser chiamato Principe e Padre”: un sontuoso auspicio per partire alla volta di un fiabesco viaggio nel tempo tra i fasti della Firenze medicea. Con la sua strategica e invidiabile location a soli 300 metri dalla stazione ferroviaria di Santa Maria Novella, l’hotel, ospitato in una dimora storica risalente al XVII secolo, vanta un perfetto connubio tra stile classico e comfort moderno. L’elegante scalinata Liberty, lo scintillio dorato degli specchi fiorentini, l’armonia dei tessuti e dei colori rivelano uno stile sofisticato e autentico al tempo stesso, un’atmosfera raccolta che rievoca i fasti del passato, regalando agli ospiti esperienze uniche. Le 83 camere (tra cui 1 suite esclusiva che offre un’indimenticabile vista sulla Cappella de’ Medici) rappresentano delle vere e proprie nicchie di stile e relax, tutte arredate con gusto e perfettamente insonorizzate, dotate dei più moderni comfort di ospitalità. L’elegante sala per la prima colazione, di recente ristrutturazione, coniuga il raffinato design degli arredi, nei toni chiari del beige e del marrone, alla luce soffusa dell’ampio

lucernario che sovrasta l’intera sala: la cornice ideale per concedersi il lusso di una pausa gourmand prima dell’inizio di una giornata di piacere o lavoro. E alla sera, la stessa atmosfera di sofisticata raffinatezza e calda accoglienza si ritrova al Michelangelo Wine Bar, un angolo raccolto e intimo in cui degustare un’accurata selezione di vini toscani e nazionali accompagnati da deliziose prelibatezze locali. Una parentesi di profumi, colori e sapori per prolungare il viaggio di scoperta attraverso scenari di gusto.

Hotel Cerretani Firenze Via de’ Cerretani, 10 Firenze Tel. 0552381301 www.mgallery.com

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week end verde

di Olga Carlini

Nel cuore di Asiago, come in famiglia È calda e accogliente l’eleganza che caratterizza le sale dello Sporting Residence Hotel, per un soggiorno speciale nel centro della rinomata località veneta, cuore di un altipiano che è meta obbligata per chi è alla ricerca di divertimento, sport e relax

Sporting Residence Hotel Corso IV Novembre, 77 - Asiago (Vi) Tel. 0424462177 www.sportingasiago.com

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Una caratteristica dimora gentilizia nel cuore di Asiago. È questa la cornice delle suites e degli appartamenti esclusivi e confortevoli, affacciati sul corso cittadino, che attendono l’ospite dello Sporting Residence Hotel. Soggiornare qui significa immergersi in un’atmosfera calda e familiare, creata da un gruppo giovane e dinamico, impegnato nella migliore tradizione alberghiera. Per un momento di relax potrete tuffarvi nella piscina coperta riscaldata, con annessi sauna, bagno turco e area fitness, oppure sostare in eleganti spazi a voi dedicati. Nel ristorante La Tana, la migliore tradizione enogastronomica, con

attenzione ai prodotti del territorio, incontra uno spirito di ricerca e creatività. Particolarmente accurata è la selezione di vini e di birre artigianali. L’American Bar è invece una tappa immancabile per un drink o per soddisfare il vostro palato con semplici e curate proposte. La struttura è inoltre dotata di sale riunioni attrezzate per le occasioni di lavoro e dispone di tecnologie in grado di rispondere a qualsiasi richiesta, anche la più esigente. Vi accoglierà un ambiente confortevole ed elegante, e lo staff della struttura sarà sempre a vostra disposizione per rendere il vostro soggiorno un’esperienza indimenticabile.


week end relax

di Lucia Lipari

Loipersdorf, non solo terme Nella parte d’Austria che somiglia alla Toscana, oltre 20 piscine e scivoli per un tuffo salutare in un mare di benessere e divertimento. Anche per i più piccoli

Circa trent’anni fa, non lontano da Graz, in Stiria, nel sudest dell’Austria, nasceva quello che sarebbe diventato il centro termale più grande d’Europa, il Loipersdorf. Le sue rinomate terme, che vengono definite dagli austriaci stessi la “Toscana stiriana”, sono situate in mezzo a un naturale paesaggio collinare invaso dal profumo dolce dei frutteti. All’interno di questo circuito della felicità, fruibile tutto l’anno, la prima sosta consigliata è l’area Lebenstherme, “terme da vivere”, la zona più grande dedicata al divertimento senza limiti di età. Comprende 21 piscine interne ed esterne, 9 saune, l’Acquafun con gli scivoli, il Babybeach e l’Acquapark per i bambini. La parola magica qui è “scivolare”. Da segnalare certamente lo scivolo che in curva tocca i 60 km orari, come in Formula 1! L’area “Il mio Schaffelbad” è invece la parte più elegante ed esclusiva, contraddistinta da un ambiente intimo e calmo, luogo di fuga e oasi di benessere, dove si suda secondo gli antichi costumi dei Cesari: due volte al giorno i tradizionali maestri di sauna, vestiti con le tuniche tipiche del sacro impero, eseguono cerimonie romane illustrando il percorso da seguire e gli effetti benefici del calore. Per il soggiorno ci si può servire di uno dei 5 hotel che circondano le terme. Come l’Hotel Loipersdorf Spa & Conference che propone per la stagione autunnale 2012 pacchetti di 3 notti a partire da 299 euro, e l’Hotel Vier Jahreszeiten che prevede offerte, valide fino al 30 novembre 2012, a partire da 315 euro a persona e per i bambini fino a 3 anni addirittura 10 euro a notte.

Un assaggio di Stiria La Stiria è cosparsa di mulini, tipici anche perché producono il famoso “oro nero” locale, il Kurbis Kern Oel, l’olio di semi di zucca, in realtà di colore verde scuro. Famosa è altresì la distilleria Gölles che produce l’aceto balsamico di mele, le note grappe snapps, brandy e aceti con almeno 15 tipi diversi di frutta. Altrettanto nota è la fabbrica di cioccolata di Zotter, una specialità unica, tanto che alle terme di Loipersdorf è presente una fontana di cioccolato caldo alla quale si può attingere direttamente col cucchiaino! A 60 km da Loipersdorf si trova infine Graz, centro costellato di castelli e musei, tra i quali è imperdibile il Museo d’Arte Moderna.

Terme di Loipersdorf A8282 Loipersdorf, 152 Tel. +43 (0)3382/8204-0 www.therme.at

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arte soste d’arte

di Gilda Ciaruffoli

Angoli d’Italia nel cuore di Francia Dal 19 al 21 ottobre, il Carrousel du Louvre ospita la manifestazione Art Shopping dove ammirare e acquistare le migliori proposte delle gallerie d’arte provenienti da tutto il mondo. Ne abbiamo parlato con Luciano Tigani, che porta con sè a Parigi i magnifici panorami calabresi che hanno ispirato la sua arte

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«Ancora non ci conosciamo di persona, siamo tutti artisti che fanno capo all’Associazione Giuseppe Verdi, scelti proprio dall’Associazione come rappresentanti di diversi stili. Ci incontreremo a Parigi, all’ombra del Louvre». A parlare è Luciano Tigani, classe 1966, di Polistena, borgo della provincia di Reggio Calabria. Quando lo sentiamo, il viaggio che sta per intraprendere è di quelli che si ricordano a lungo, destinazione Ville Lumière. L’occasione è quella di Art Shopping, decima edizione del Salone Internazionale d’Arte, il cui motto per questo autunno 2012 è: l’art toujours plus accessible à tous!, ovvero l’arte sempre più accessibile, a tutti. «Per l’occasione, ogni artista – ci spiega Tigani – ha a disposizione un’ampia parete per esporre le proprie opere, una sorta di mini-personale», e di grande prestigio, aggiungiamo noi, perché organizzata all’interno di uno dei Mall più frequentati dagli appassionati d’arte, il celebre Carrousel du Louvre. Due le edizioni della manifestazione, una in primavera e questa, autunnale, che lo scorso anno ha richiamato più di 10 mila visitatori, rappresentando una valida alternativa ai più classici luoghi dell’arte parigini. Circa 400 gli espositori, francesi e non, presenti in mostra con i loro quadri, le sculture, le

fotografie, pronti a confrontarsi tra loro e a incontrare appassionati d’arte e possibili acquirenti senza intermediari. Un’ottima opportunità per artisti spesso giovani o ancora fuori dai principali circuiti dell’arte internazionale ma dalla grande passione e dall’ottima tecnica, come appunto Luciano Tigani. «La sua pittura è un canto spiegato di colore, di luce calda e solare che accarezza e intride le forme – ha dichiarato la critica e storica dell’arte Giorgia Cassini – Opere dove è evidente e indiscutibile il fascino di una vocazione autentica, la capacità di esprimere col colore un’emozione pura». Pura come quella che nasce spontanea fin dall’infanzia e non conosce maestri che non siano i magnifici panorami calabresi che da sempre lo circondano. «Mi sono avvicinato alla pittura quasi per gioco – ci racconta Luciano – Molte volte mi chiedono come ho fatto a imparare questa meravigliosa arte senza un maestro. Io penso che alla base ci sia molta sensibilità e amore per la natura: nel momento in cui osservo le meraviglie di un paesaggio, di una veduta marina, di un fiume, di una campagna, l’opera è già intorno a me, non devo fare altro che trasportarla su una tela bianca. “Ma i colori? Le ombre, le luci?” Mi chiedono, allora. E io rispondo: prova a osservare attentamente anche le piccole cose a cui gli altri non fanno neanche caso, vedrai che per magia ne tirerai fuori la bellezza e i chiaro scuri che servono. Dipingere è come dar vita a un bimbo”. Un amore vero, quindi, al quale è giusto dare spazio e visibilità anche oltre i confini nazionali. Proprio come fa Art Shopping,


Costantino 313 d.C. Paris en liberté Robert Doisneau e Parigi: un binomio inscindibile tra uno dei più grandi fotografi francesi e la città che ha amato e immortalato con il suo obiettivo. Sono più di 200 le fotografie originali – scattate da Doisneau nella Ville Lumière tra il 1934 e il 1991 e raggruppate tematicamente ripercorrendo i soggetti a lui più cari – quelle ospitate dalla Capitale in una grande rassegna antologica che arriva in Italia nel centenario della nascita del grande artista. Un percorso in bianco e nero, quello della mostra, che accompagna il visitatore in una emozionante passeggiata lungo la Senna, per le strade del centro e della periferia, e poi nei bistrot, negli atelier di moda e nelle gallerie d’arte della capitale francese.

Si celebrano il prossimo anno i mille e settecento anni dall’emanazione dell’Editto di Milano (313 d.C.) da parte dell’imperatore romano d’Occidente Costantino e del suo omologo d’Oriente, Licinio. Con esso il cristianesimo, dopo secoli di persecuzioni, veniva dichiarato lecito e si inaugurava così un periodo di tolleranza religiosa e di grande innovazione politica e culturale. Per celebrare l’importante anniversario, il capoluogo lombardo ospita oltre 200 preziosi oggetti d’archeologia e d’arte testimoni della Milano capitale imperiale e della conversione di Costantino, nonché simboli del suo trionfo. Ampio spazio è dedicato a Elena, madre di Costantino, imperatrice e santa. La mostra proseguirà a Roma dal 27 marzo al 15 settembre 2013 nelle sedi del Colosseo e della Curia Iulia.

25 ottobre-17 marzo 2013 Palazzo Reale Piazza del Duomo, 12 www.comune.milano.it/palazzoreale

fino al 3 febbraio 2013 Palazzo delle Esposizioni Via Nazionale, 194 - Roma www.palazzoesposizioni.it

Edgar Degas – Capolavori dal Musée d’Orsay Gli artisti, i caffè parigini, le corse dei cavalli, i nudi femminili e, soprattutto, le ballerine: sono questi i soggetti delle opere in esposizione a Torino nell’ambito della più importante mostra che l’Italia abbia dedicato da decenni a Degas, straordinario protagonista dell’irripetibile stagione artistica che ha caratterizzato Parigi a fine Ottocento. Per l’occasione, il Musée d’Orsay – che di Degas conserva le opere più rappresentative – si priverà per quattro mesi di ottanta capolavori, tra dipinti, disegni e sculture, consentendo alla capitale Sabauda di dare vita a una straordinaria rassegna che documenti l’intera attività di questo strepitoso artista. 18 ottobre-27 gennaio 2013 Palazzo della Società Promotrice delle Belle Arti Viale Diego Balsamo Crivelli, 11 Torino

Art Shopping, il Salone Internazionale d’Arte del Carrousel du Louvre, torna a ottobre all’insegna del motto: l’art toujours plus accessible à tous!

importante vetrina per Luciano Tigani e per gli altri artisti che partiranno alla volta della capitale francese grazie all’impegno dell’Associazione Giuseppe Verdi – giovane anch’essa, perché nata alla fine del 2010 grazie all’impegno di un gruppo di cilentani appassionati di arte e musica – e a quelli di tutte le gallerie e le associazioni italiane che il 19 ottobre voleranno insieme verso la capitale francese. Per informazioni: www.salon-artshopping.com, www.tuttarteonline.it; www.lucianotigani.net

A ottobre, un filo rosso si dipana tra Italia e Francia, in una sorta di scambio culturale che vede arrivare da noi opere dalle più importanti collezioni d’Oltralpe e sbarcare al Carrousel du Louvre giovani artisti italiani, come Luciano Tigani (nella pagina accanto), autore dell’opera in apertura

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libri letti per voi

di Gilda Ciaruffoli

Dalla parte delle donne

Giornalista, editore, consulente in materia di vino, l’italo-francese Samuel Cogliati ci racconta il suo libro, 32 pagine agili e sintetiche, pensate senza la pretesa di essere complete, ma con l’obiettivo dichiarato di liberare il campo dalle informazioni di troppo, e dunque potenzialmente svianti, per un approccio il più semplice possibile a questo affascinante mondo.

Emanuela Pittoni, Marketing Director di Vallè Italia, presenta il secondo “dolce” libro, ideato dall’azienda i cui prodotti sono immancabili presenze nelle nostre cucine, con la collaborazione di 33 tra i più autorevoli food blogger italiani. Ognuno di loro ha interpretato una ricetta del cuore, legata al tema del viaggio e delle spezie, e allo stesso tempo ha raccontato di un viaggio fatto realmente o solo sognato.

A chi consiglia la lettura di questo libro? Ai neofiti, ai semplici curiosi, ma anche a chi ha qualche esperienza in più. Il testo tenta di dipanare nel modo più semplice possibile una materia insidiosa, a volte contorta. Con questo volume lei si propone di liberare la strada dalle “informazioni potenzialmente svianti” contro le quali il neofita si scontra cercando di approcciare questo mondo. Quali sono gli ostacoli principali in questo senso? Le informazioni svianti sono, a mio avviso, le troppe nozioni sterilmente mnemoniche e accademiche che si incontrano (normative, regole, precetti, etc.). “L’antidoto” migliore è l’educazione di una propria sensibilità critica. “Natura del vino” e “vini naturali”, il rapporto è diretto? La dicitura vino naturale dovrebbe essere pleonastica, ma purtroppo non è affatto così, perché il vino è diventato un prodotto spesso industriale. La naturalità, invece, è la sostanza stessa del vino, di cui il libro intende trattare.

di Samuel Cogliati Possibilia Editore 5 euro

Foto di Roana Morena

Per andare dritti al punto

Cosa rende goloso questo libro? Tutti, quando partiamo, siamo alla ricerca di piatti da assaporare e soprattutto dolci da gustare. Da queste pagine spuntano ben 40 ricette di torte, e con ogni ricetta si fa il giro del mondo, nei luoghi che hanno ispirato queste preparazioni e già attraverso la lettura sembra di sentirne i profumi e gli aromi. Le idee più curiose? C’è la torta multistrato al cacao e vaniglia e il viaggio in costa d’Avorio, dove si produce il cacao. C’è il safari cake, che riporta alle suggestioni tra le sabbie della Namibia. E ancora, la torta speziata alle carote, insieme ai ricordi del viaggio in Ladakk, la regione più settentrionale dell’India. Un libro che non solo è “buono” ma che fa bene... Da sempre la nostra azienda è impegnata nel benessere delle consumatrici. Per questo tutti i proventi del libro andranno alla Fondazione IEO (Istituto Europeo di Oncologia) di Umberto Veronesi, per sostenere la ricerca e, nello specifico, un progetto di ricerca sull’identificazione delle basi molecolari della chemioresistenza nel tumore al seno. Oltre a un contributo iniziale di 20 mila euro. L’anno scorso, con la prima edizione del ricettario, abbiamo sostenuto la campagna Nastro Rosa della LILT, sempre per il tumore al seno. (di Isa Grassano)

Trenta Editore AA.VV. 16 euro

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L’idea e la storia, oltre il piatto I loro cibi e vini si armonizzano in una melodiosa sinfonia e mettono in scena quanto di più raffinato propone in tavola il Friuli Venezia Giulia. “Loro” sono i 63 Solisti del Gusto di Friuli Venezia Giulia Via dei Sapori – un gruppo composto da 20 ristoratori, 22 vignaioli e 21 artigiani del gusto che hanno capito come sia necessario superare i personalismi e fare sistema per valorizzare il proprio territorio – a cui è stato dedicato questo volume. Un testo elegante da regalare o regalarsi per una piacevole lettura alla scoperta dei tesori di questa splendida regione e dei loro artefici. Pagina dopo pagina, scopriamo così decine di storie di uomini e prodotti, scovate in appassionati vagabondaggi dai monti della Carnia alle lagune adriatiche. Suddiviso per aree geografiche, il volume presenta i volti e le ricette dei 20 ristoranti del gruppo, ciascuno dei quali è affiancato da un vignaiolo: l’incontro è fatale, e tra i due si intrecciano libere conversazioni, piacevoli e curiose, in cui si riflette su cibi, tradizioni, culture. di Walter Filiputti foto di Stefano Scatà Ed. Friuli Venezia Giulia Via dei Sapori 45 euro


spettacoli

di Gilda Ciaruffoli

Bicycle Film Festival Nato a New York nel 2001, il festival porta con sé una scia di feste, gare, mostre e musica. Protagonista di tutti i film la bicicletta come strumento di rivoluzione urbana. 11-14 ottobre

In Trentino è mistero tra le botti Un incontro fatale. Un’indagine di polizia. Un intreccio di arte, musica, letteratura e il miglior nettare di Bacco. Tutto questo è Vinodentro, film per il quale la provincia trentina si è trasformata, dal 15 agosto al 6 ottobre, in un set cinematografico d’eccellenza

Foto di Daniele Mosna

Cinema Mexico Via Savona, 57 - Milano - www.bicyclefilmfestival.com

Clown&Clown Festival La clown-terapia scende in piazza nel bel borgo del maceratese che viene invaso da centinaia di clown-terapeuti protagonisti di incontri, spettacoli musicali e divertenti degustazioni… Ospite d’onore di quest’anno, Lino Banfi. fino al 7 ottobre Monte San Giusto (Mc) - www.clowneclown.org

«Sono un po’ di anni che penso a una storia sul mondo del vino, realtà che conosco per esperienza diretta: la mia famiglia produce vino dal 1946, in Friuli, sulle colline di Valeriano». A raccontarcelo è Ferdinando Vicentini Orgnani, regista di Vinodentro, noir dal sapore faustiano (ma con un chiaro retrogusto di commedia) ambientato tra vigne e cantine, e la cui trama gravita proprio attorno al mondo del vino e alla sua affascinante ritualità, lontano dagli stereotipi che spesso il cinema ha usato avvicinandosi a questo tema. La storia è quella di Giovanni Cuttin – stimato wine-writer che trascorre le sue giornate tra degustazioni, convegni e conferenze stampa – e del suo incontro con una bellissima donna che lo attira in un vortice senza via d’uscita, tra un enigmatico passato che riaffio-

ra, calici di Marzemino, Teroldego, Trentodoc ed echi del Don Giovanni mozartiano. Il film è liberamente ispirato al romanzo Vino Dentro di Fabio Marcotto (Curcu&Genovese) e vede tra gli interpreti Giovanna Mezzogiorno, Pietro Sermonti e Gioele Dix. Ma non solo. Protagonista silenzioso della pellicola è, infatti, anche il Trentino, che ha ospitato le riprese. A fare da sfondo alla narrazione cinematografica sono stati l’Istituto Agrario di San Michele all’Adige, Trento con Piazza Duomo e il Parco di Piazza Dante, Folgaria con il campo da Golf, le Pale di San Martino con la Baita Segantini e il Rifugio Rosetta e la Val Venegia, Isera con la Casa del Vino e i vigneti. Ma anche Rovereto, con il Mart, e le Dolomiti grazie a spettacolari riprese aeree. Le musiche originali, infine, sono firmate da Paolo Fresu.

Roma Jazz Festival Filo conduttore dell’edizione 2012 è il rapporto tra il jazz e la nuova creatività multimediale, espressa attraverso film, documentari, cartoon, video, colonne sonore live, computer grafica... Ovvero tutto quanto rientri nella definizione di “Visual Jazz”. 18 ottobre-28 novembre Auditorium Parco della Musica
 V.le Pietro de Coubertin, 30 - Roma www.romajazzfestival.it

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selezioni

Il gusto unico della tradizione

Nel cuore della Sardegna, un filo indissolubile unisce passato e futuro della famiglia Olianas. Il recupero degli antichi terreni e il desiderio di onorare i propri avi, hanno portato Renzo e suo figlio Samuel, a dar vita ad Argei Le Fattorie Renolia nonché a ottimi vini e deliziosi oli. Il tutto con un occhio di riguardo all’ambiente

Un piccolo borgo argicolo, Gergei, sull’altopiano Sarcidano. E un nome, Olianas, da olìa (ulivi), quello di una famiglia che ha un rapporto speciale con la propria terra e che, dall’amore per la tradizione più autentica, ha dato vita a Le Fattorie Renolia. Tutto è iniziato con l’acquisizione da parte di Renzo Olianas delle terre appartenute ai suoi avi, seguita da quella del frantoio Argei. Oggi l’azienda rappresenta l’inizio di una nuova era per la famiglia Olianas, il cui testimone è stato preso da Samuel, figlio di Renzo. Così, nella valle del monte Trempu profumata da mirto e oleandro, gli Olianas coltivano uliveti maestosi che producono olive di grandissima rarità e pregio, per un olio armonioso e dall’aroma fruttato. Come il Classico Argei dal retrogusto amaro e piccante. O il Bio Argei, proveniente da cultivar Maiorchina e Semidana, che offre un gusto tanto intenso da lasciare ai piatti crudi una propria specifica personalità. E ancora lo Is Antas, di qualità superiore, ottenuto da un blend di

olive di diversi cultivar (Maiorchina, Pit’s e Carroga, Bosana e Semidana), dall’aroma fruttato leggero con sentore di carciofo e mandorla, e il gusto dolce, che lo rendono unico. La produzione di vino, sviluppatasi da circa 5 anni, non è da meno. La tradizione è anche qui in prima fila, assieme a tecniche moderne, a un eccellente staff di enologi e a un territorio caratterizzato da una valle riparata dalle correnti d’aria fredda, con un clima mite perfetto per la viticoltura. Il risultato? Il Vermentino Doc, per esempio, dal profumo aromatico e fruttato, dal gusto avvolgente e dal corpo pieno e vellutato, che si accompagna a pesce, crostacei, frutti di mare e formaggi. Il Pranu Mariga Igt nato da un blend di uve – Cannonau, Bovale e Monica – che ne fanno un ottimo rosso di carattere e gli danno un fine senso di morbidezza e una forte personalità, oltre che un corpo vellutato e un senso avvolgente al palato (da associare a piatti di selvaggina, arrosti e formaggi sardi). Il Ruina Figu Igt, fresco, fruttato e giovane, dal gusto elegante, che si accompagna bene a carni rosse, arrosti, selvaggina e ogni genere di primi piatti. E il Cannonau Doc, affinato in acciaio, vino di bel frutto e di ottima freschezza per primi piatti succulenti a base di carne, tagliolini al pecorino e pomodori secchi e maialino arrosto.

Circoli virtuosi La famiglia Olianas alleva anche 500 capre secondo il metodo della stabulazione fissa e le nutre con foraggi che provengono dai campi di proprietà. L’obiettivo è quello di produrre da questo stesso latte il formaggio. Ma non solo. L’azienda infatti è totalmente votata alla sostenibilità grazie all’utilizzo del fotovoltaico, delle biomasse, e al recupero e riutilizzo dei reflui del frantoio e delle acque.

Le Fattorie Renolia Via Municipio,16 - Gergei (Ca) Tel. 0782808022 - www.argei.it


Con l’impianto a carico immediato masticazione senza indugi I recenti progressi dell’implantologia garantiscono tempi ridotti e risultati estetici oltre che funzionali I pazienti ai quali è possibile inserire impianti a carico immediato sono i portatori di protesi totale completa e i soggetti affetti da piorrea con i denti compromessi e mobili. L’implantologia, nella sua forma più evoluta ed efficace, prevede l’inserimento degli impianti dentali con un’attesa variabile nel tempo dai tre ai quattro mesi, prima di procedere all’applicazione del carico masticatorio definitivo e duraturo. Ti tratta dei tempi biologici necessari per ottenere l’osteointegrazione degli impianti (viti) in titanio, cioè la loro perfetta saldatura biologica all’osso. Con il carico immediato si soddisfa

senza attese il principale obiettivo del paziente: avere i denti subito, che siano funzionali e che presentino un bell’aspetto naturale. Tutto questo si ottiene grazie alle nuove tecniche chirurgiche, all’esperienza di chi opera e ai materiali utilizzati che devono essere di alta qualità e biocompatibili. Non va poi dimenticato il risparmio di tempo grazie al ridotto numero di sedute. Studi recenti hanno dimostrato che anche con la protesizzazione immediata si ottiene l’osteointegrazione che è il fenomeno biologico chiave per conseguire un’implantologia orale di successo. La condizione necessaria per la predicibilità della tecnica è la stabilità primaria degli impianti al momento dell’inserimento. I candidati al carico immediato sono i portatori di protesi totale completa, che viene sostituita da una protesi fissa nell’arco di una giornata. I vantaggi son tanti anche sotto il profilo psicologico del paziente. Altri candidati sono i soggetti affetti da piorrea con i denti gravemente compromessi e mobili. In questi casi si esegue l’estrazione degli elementi

dentali e il contestuale inserimento degli impianti. Nello stesso giorno si consegna la protesi fissa con un doppio risparmio di tempo e con disagi relazionali ridotti ad un solo giorno. I pazienti candidati a ricevere gli impianti a carico immediato vengono selezionati con adeguate procedure diagnostiche, sia strumentali sia cliniche, al fine di ottimizzare la percentuale di successo. Questa fase diagnostica consente al clinico di operare con la massima sicurezza nel rispetto delle strutture anatomiche sensibili, come il nervo alveolare nella mandibola e il seno mascellare nell’arcata superiore. Costituisce controindicazione la presenza di malattie sistemiche non compensate rilevate da un’accurata anamnesi. Per l’intervento il paziente viene preparato con sedativi per vincere l’ansia e con un adeguato dosaggio di anestetico che permette di controllare il dolore intraoperatorio, mentre gli antidolorifici comuni lo aiutano a sopportare il dolore postchirurgico. Dopo qualche mese, quando il processo di osteointegrazione e di guarigione si è realizzato,

RX panoramica con impianti osteointegrati si procede alla finalizzazione con protesi definitiva, che è in ceramica, con forma, volume e colore dei denti esteticamente eccellenti. Tutti i denti sono avvitati in modo da poter revisionare la protesi ed eseguire reinterventi protesici, quando fossero necessari, senza dover compromettere tutto il manufatto. La terapia di mantenimento sia domiciliare, con l’attento controllo della placca con mezzi e modi adeguati, sia professionale con sedute periodiche di igiene orale effettuate nello Studio, garantisce la durata nel tempo della ricostruzione.


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La tavola in festa con i veri sapori di Sicilia

Gaetano Palermo, titolare Alicos – azienda di Salemi avviata nel 2005 per dare continuità a una vocazione familiare per le eccellenze locali che si è tradotta già nei primi del ’900 in un’impresa votata al gusto – ci racconta le deliziose proposte della sua azienda, regalo perfetto da offrire in dono in occasione delle prossime festività e scelta di qualità quotidiana con la quale coccolare ogni giorno i propri cari

Quali sono le proposte Alicos per trascorrere il prossimo inverno in dolcezza? Tutti i nostri prodotti hanno dei gusti delicati e caratteristici e i nostri clienti ci amano perché qualsiasi cosa proponiamo sanno che il gusto e la qualità sono uniche. Per questo ci scelgono quando devono fare dei regali particolari. Le nostre confezioni regalo sono un mix di sapori, dal salato, con le conserve, i pesti o paté o addirittura i sughi pronti, al dolce con le marmellate e le confetture o i panettoni al pistacchio o i croccanti misti al pistacchio, alla mandorla, alla nocciola.

Cosa rende unici i vostri prodotti? La loro stagionalità. Trasformiamo solo ortaggi e frutta di stagione sfruttando la fragranza e la freschezza dei prodotti. Puntiamo molto su questo concetto e invitiamo i nostri clienti a prestare attenzione nell’acquistare prodotti realizzati con materia prima di stagione, abituandoli all’idea che, se un nostro prodotto durante l’anno finisce, per avere la stessa qualità è necessario aspettare la nuova produzione. La risposta è molto buona, anche se dal punto di vista commerciale la mancanza di un prodotto potrebbe creare problemi.


selezioni

Da dove provengono le materie prime utilizzate? Le materie prime utilizzate sono di origine siciliana, dall’olio della Sicilia occidentale agli ortaggi della Sicilia orientale, alla frutta secondo la tipologia o la zona caratteristica di produzione. Ad esempio, per quello che riguarda proprio la frutta, utilizziamo l’arancia Navel di Ribera o l’arancia rossa della Sicilia occidentale, la pesca bianca di Bivona e la fragolina di Ribera. Stiamo inoltre iniziando una nuova produzione utilizzando come ingredienti alcuni presidi Slow Food, ad esempio il pesto alla Trapanese con “l’aglio rosso di Nubia” e il “sale marino artigianale di Trapani”. A fine anno usciamo con la gamma dei prodotti Biologici e i prodotti certificati Veganok. Lo stesso olio accomuna tutta la vostra produzione: ci racconti qualcosa in più di questo prodotto così importante per voi… «Il nostro olio extravergine di oliva Halycos è ottenuto principalmente da piante di Cerasula impiantate nel 1929. Il nome è legato a quello del fiume Grande che scorre presso gli uliveti, un tempo chiamato Halycus e considerato frontiera tra Segesta e Selinunte. È stato proprio questo olio a introdurmi nel mondo della produzione di eccellenza legata alla mia terra, e alle mie origini familiari, visto che a produrlo era già mio nonno». Come azienda siete molto presenti alle fiere di settore. Quali sono i prossimi appuntamenti ai quali vi potremo incontrare? Partecipiamo a molte fiere di settore, tra le prossime: la Sial di Parigi, il Salone del Gusto di Torino, il Merano Wine Festival e Culinaria. Dove è possibile assaggiare e acquistare i vostri prodotti? «I nostri prodotti si trovano nelle gastronomie, negli wine bar, nei ristoranti, nei negozi di prodotti tipici; per scelta aziendale non siamo presenti nella grande distribuzione».

Società agricola Alicos Via M. Cremona, 21 Salemi (Tp) Tel. 0924983348 www.alicos.it

In queste pagine, alcune eleganti confezioni regalo Alicos che appagano i gusti di tutta la famiglia con le selezioni di prodotti dolci e salati. Un dono di eccellente qualità, grazie alle materie prime utilizzate, tutte rigorosamente siciliane. Sotto la cittadina di Salemi dalla quale l’avventura Alicos è partita


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Buonissimi e di qualità I prodotti dell’Azienda Gazzaneo, curati con eccellenza dalla semina al raccolto, sono un punto di riferimento per i palati più raffinati La storia dell’Azienda Gazzaneo è la storia di una famiglia che evolve, cambia e matura con il succedersi delle generazioni. Nata inizialmente come azienda familiare, oggi si presenta come realtà leader nella produzione di ortaggi e punto di riferimento per una una clientela dal palato raffinato. L’Azienda Gazzaneo si distingue sul mercato per la qualità e la genuinità dei propri prodotti: cura la qualità delle sue verdure, a partire dal momento della semina, selezionando il terreno, la varietà del seme, la concimazione ma soprattutto le modalità e i tempi della lotta antiparassitaria. I prodotti sono scelti sul campo, selezionati secondo le esigenze del mercato e sono unici, sia per la qualità delle materie prime, sia per il procedimento produttivo che permette di preservarne la forma e le proprietà sensoriali. L’attività si sviluppa su una superficie di circa 15 ettari dove sono coltivati con passione piccoli tesori del gusto. Inoltre una vasta area, che si estende per circa 500 mq,

è predisposta alla trasformazione e conservazione dei prodotti gestiti con macchinari all’avanguardia che favoriscono il mantenimento del sapore e della freschezza dei prodotti stessi. Fiore all’occhiello della produzione dell’Azienda Gazzaneo sono i Peperoni di Senise, commercializzati allo stato fresco, allo stato secco in collane (“serte”), macinati in polvere e da alcuni anni sotto forma di cheps “peperoni cruschi”, (realizzati friggendo per pochissimi secondi la parte edu-

le intera della bacca, che assume così una particolare croccantezza e friabilità). La particolarità del territorio e le singolari condizioni microclimatiche della valle del Sinni fanno sì che i prodotti dell’Azienda Gazzaneo abbiano un alto tasso di tipicità e tutto ciò ha permesso il riconoscimento IGP (Indicazione Geografica Protetta) da parte dell’Unione Europea nel 1996. Il Sole Rosso è la società che collabora con l’Azienda Gazzaneo e che si occupa di trasformare e commercializzare il prodotto.



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