VdG Magazine Viaggi del Gusto 2013

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VDG MAGAZINE VIAGGI DEL GUSTO | ANNO 2 | N.22 | MENSILE | Poste Italiane S.p.A. – Spedizione in abbonamento postale – D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art. 1, comma 1, Aut. C/RM/19/2011 | Belgio Euro 9,30 | Canton Ticino Ch.Fr. 11,50 | Costa Azzurra Euro 11.90 | Stati Uniti

gennaio 2013 - euro 4,90

il controesodo sempre più giovani in fuga verso la campagna sta crescendo una nuova agricoltura italiana?

www.vdgmagazine.it CIBO&TERRITORIO Il tartufo nero Salumi diversi: i non-suini

TENDENZE I viaggi al femminile Il lusso che non conosce crisi

SALUTE La dieta disintossicante post-natalizia Le noci, alleate del cuore

PERSONAGGI Elisa Isoardi, una conduttrice gourmet Gerardo Sacco, l’orafo di Hollywood

APPUNTAMENTI I migliori eventi enogastronomici del mese



editoriale

di Domenico marasco

domenico.marasco@vdgmagazine.it

Anno nuovo, temi vecchi L’appello di noi onesti (e fessi): basta con gli sprechi pubblici! Per l’agricoltura, sono tante le aspettative nel 2013. Prima fra tutte, la nuova Politica Agricola Comunitaria e quindi la rimodulazione dei contributi. Intanto però, cominciamo a discutere su quelli vecchi. Nel nostro Paese, le sovvenzioni pubbliche sono benedette dai (pochi) fortunati beneficiari e maledette invece da tutte quelle (moltissime) aziende, medie e piccole, che sono fuori dal “sistema”. E che, chiaramente, rappresentano la maggior parte. Non si tratta di un solo specifico settore ad essere interessato da questa odiosa sperequazione, ma di tutti i settori. Nessuno escluso. In Italia infatti abbiamo “gli esperti” dei contributi, “gli amici” dei contributi, “gli studi specializzati” in progetti per ottenere contributi e via dicendo. Un mare magnum in cui galleggiano sprechi, iniquità e favoritismi a molti zeri che bisognerebbe prosciugare una volta per tutte, magari eliminando completamente i contributi a progetto. Per restare al solo settore della promozione agroalimentare, quel che è successo al Ministero dell’Agricoltura qualche settimana fa, non è che la punta dell’iceberg. Bisognerebbe scoperchiare tutti i centri di spesa della promozione alimentare ed anche turistica, per vedere come i soldi vengono dati ad aziende, società, imprenditori e giornali “invisibili”, mentre le aziende vere, le società corrette, gli imprenditori onesti ed i giornali più diffusi sono costretti a chiudere. Nell’area dell’editoria dedicata al turismo, di testate, ad esempio, che, loro malgrado, hanno dovuto chiudere bottega ce ne sono a decine. E il dazio di questa triste moria di giornali turistici – a parte gli operatori che hanno perso reddito e lavoro – alla fine lo pagheranno anche tutte quelle strutture, quei territori e quei prodotti che questi organi di informazione, ormai defunti, per anni hanno contribuito a valorizzare. Per un editore, apprendere di riviste e di giornali che chiudono, è un dolore enorme, è come venire a sapere di aver perso un compagno di strada, un amico, un conoscente. Alcuni di questi giornali che sono spariti di recente dal panorama editoriale nazionale erano, peraltro, delle testate di tutto rispetto, apprezzabili nei contenuti e nella grafica e perfettamente funzionali a divulgare nel mondo il verbo del Made in Italy – e Dio solo sa quanto ci sarebbe bisogno di questo, nel periodo che stiamo vivendo! – riviste piene di informazioni utili che arricchivano il bagaglio culturale del Paese. L’elenco di questi giornali “vittime” della contingenza e rimaste sul campo, è lungo, assomiglia

quasi ad un bollettino di guerra. Basti citare, tra i tanti, Viaggi e Sapori, Tuttoturismo, i Viaggi di Repubblica, Gente viaggi, e in ultimo Velvet del gruppo Espresso. Ci chiediamo quando gli irresponsabili dirigenti dei vari settori della promozione, capiranno che i giornali – quelli “veri”, quelli storici, quelli indipendenti e non quelli editi da cooperative, pseudopartiti e perfino Onlus costituiti ad hoc solo per incamerare sussidi pubblici – fanno bene alla nostra economia, alla nostra cultura, alla nostra società e contribuiscono grandemente a veicolare flussi turistici in tutta la Penisola! Ci rendiamo conto benissimo che la politica deve vivere in qualche modo, ma non possiamo accettare che a (soprav)vivere siano solo “i giornali degli amici”. Andate un pò a vedere i prodotti editoriali (?) che sono stati sovvenzionati dai soloni della Regione Lazio. Erano sconosciuti persino ad addetti ai lavori come noi, figuriamoci ai lettori! Sempre restando nel Lazio, suggeriremmo al ministro Catania di andare a verificare dove il suo ufficio della promozione ha veicolato i soldi dei contribuenti nell’ultimo periodo. Visto che, in merito agli arresti eseguiti dentro il suo ministero, ha detto di non aver mai avuto sentore di quanto di illegale succedeva nel palazzo, almeno adesso lo facesse un controllino... La verità è che per risparmiare e ridurre gli sprechi nella promozione agroalimentare, bisognerebbe istituire un unico centro di spesa come hanno fatto i francesi, i quali spendono un decimo di quanto spendiamo noi e con ben altri risultati! E soprattutto, per evitare ogni sospetto, occorrerebbe eliminare, da questo ambito, la discrezionalità di dirigenti e funzionari nell’elargizione dei fondi. Malgrado tutto, restiamo fiduciosi: i soldi stanno per finire e a quel punto, sulla piazza resteranno solo quelli veramente bravi e seri. In fondo, la crisi, sotto questo punto di vista, può essere un shock terapeutico efficace. Noi, in quest’anno che è appena arrivato, vogliamo lanciare il movimento degli onesti. Fessi, ma onesti. Le iscrizioni sono aperte. Buon 2013 e buon viaggio del gusto a tutti (anzi, non proprio a tutti tutti)

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sommario sommario gennaio 2013

32 56 12 Dall’Italia e dal mondo

16 La salute nel piatto Tre noci per difendere il cuore

18 Scienza e vita Il segreto della dieta planata

20 Almanacco di Barbanera

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22 Appuntamenti

panorama

32 Cover story Giovani, laureati ed ecofriendly. È l’identikit dei neoagricoltori italiani. Quelli che scappano dalla città per rifugiarsi a vivere e lavorare in campagna. Il 2012 ha confermato questo trend da vero e proprio “controesodo”. Sarà anche colpa della crisi, ma se per l’Italia fosse l’alba di una nuova agricoltura più giovane e più competitiva?

40 Storie dall’Italia che merita Mauro Ceccarello, 28 anni, produce radicchio Igp e ci racconta il suo lavoro “dolce amaro”

42 Storie dall’Italia che merita Maurizio Giaminardi: da manager ad apicoltore. Un sindaco “fuori dal comune”

44 Personaggi Sergio Marini, presidente della Coldiretti, ci spiega come si fa la “rivoluzione verde”

46 Lo studio: vivere in campagna Un italiano su tre si trasferirebbe nel verde, per vivere meglio e ritornare alle origini

48 I viaggi del gusto di... Una nuova rubrica per scoprire le passioni gastronomiche dei personaggi più amati

gennaio 2013

Non solo “bianco”: in Piemonte alla ricerca del tubero più pregiato e spesso dimenticato

60 La storia in cucina, Marilyn ad Alba 62 Mozzarella vs burrata Scopriamo affinità e differenze delle due regine della tavola in Campania ed in Puglia

66 Mele d’Italia Dalla Bibbia agli iPhone, restano sempre i frutti più gettonati: conosciamo meglio quelli italiani

70 Chef italiani nel mondo 72 Food news 74 La scoperta, i vini bio dell’Albania 76 Wine passion Barbera e Barbaresco: due grandi vini piemontesi. Diversi ma ugualmente straordinari

cibo&territorio

80 Orto dei semplici, il carciofo

52 Salumi diversi

82 Il buono a tavola, ricette d’inverno

I tempi cambiano e con loro gli insaccati: oggi spopolano quelli di bovino e ovini

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56 Tartufo nero



sommario sommario gennaio 2013

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126 Le selezioni di VdG

inviaggio

piaceri

88 Viaggi al femminile

110 Lusso, le tendenze 2013

Una moda “tutta rosa“che sta spopolando anche in Italia: vediamo come, dove e perchè

92 Mare d’inverno Sulle spiagge a gennaio? Decisamente sì, se le mete si chiamano Siracusa, Brindisi e Nizza

96 L’Italia in mostra: Vicenza La città palladiana e la grande mostra d’arte Raffaello verso Picasso: un binomio irresistibile

Un mercato che non conosce crisi. E che si candida a rilanciare l’economia del Paese

112 Le mani raccontano Con la sua arte ha conquistato Hollywood: Gerardo Sacco, maestro orafo da Crotone

114 Bellezza & benessere 115 Camera con vista

100 Città in 24 ore, Ravenna

116 Week-end relax

101 Città in 24 ore, Amsterdam

117 Week-end business

102 Norvegia: il Finnmark Un itinerario estremo nel profondo Nord per ammirare lo spettacolo dell’aurora boreale

106 Viaggi per tutte le tasche

118 Soste d’arte 120 Libri 121 Spettacoli 122 Shopping 124 Trendy

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contributors gennaio 2013 GERMANA CABRELLE

GIUSEPPE PULINA Sassarese dalla nascita 55 anni fa, insegna zootecnia speciale nell'università della sua città e con i sardi condivide, oltre all'aria ed alla terra, sopratutto il mare. Che ama solcare in canoa, quando non è troppo occupato a studiare il perchè tutti ritengano le pecore poco intelligenti pag. 18

Giornalista free lance, creativa e fotografa, scrive di design, architettura, viaggi e gastronomia. Si è specializzata sulla ristorazione diplomandosi all’istituto alberghiero di Castelfranco Veneto. E coniugando saperi e sapori ha ideato il taccuino Moskardin. Ispirato al mare nostrum. pagg. 72-115

ROBERTO RABACHINO Piemontese, 54 anni, giornalista, scrittore, docente universitario e sommelier. Ha fatto del vino una ragione di vita e di lavoro, tanto da essere eletto presidente dei degustatori di tutto il mondo. Presiede anche l'associazione italiana della stampa agroalimentare e con il suo "Vocabolario del vino" ha vinto il concorso Internazionale Libri da Gustare. pagg. 44-74

Direttore Responsabile Domenico Marasco

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Viaggi del Gusto Magazine, AirOne Magazine e Ursa Major Magazine cercano persone di professionalità affermata, o da formare, nel settore della vendita di spazi pubblicitari e nel ruolo di agenti di commercio. L'area di lavoro è individuata nelle seguenti regioni: Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna, Toscana, , Calabria, Campania, Liguria. I candidati interessati sono invitati a spedire il proprio curriculum a

info@operaitaliasrl.net

NOMISMA

MARCO SCATAGLINI Fotografo e reporter, con la passione per la Sardegna. Quando gli han detto che fotografare è "scrivere con la luce", c'è rimasto male, lui preferiva le ombre. Da allora non ha mai smesso di cercare il lato nascosto delle piccole cose per raccontarle nelle sue mostre, nei suoi libri, nei suoi servizi fotografici. Perchè, dice, la bellezza sta nei particolari... pag. 102

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In greco antico “nomisma” indica il valore reale delle cose. E' seguendo questa radice etimologica che Nomisma - oggi uno dei principali istituti di ricerca economica europei osserva, in Italia e nel mondo, tutti i fenomeni dell'economia reale. Da questo mese lo farà anche per i lettori di VdG magazine . pag. 35

hanno collaborato a questo numero: Lucrezia Argentiero Luca Campana Piero Caltrin Olga Carlini Gilda Ciaruffoli Chef italiani nel mondo Elena Conti Claudia Dagrada Alba De Gasperis Silvana Delfuoco Isa Grassano Paola Gula Maria Pia Fanciulli Francesca Frediani Riccardo Lagorio Lucia Lipari Antonio Romeo Ida Santilli Fondazione Veronesi Saro Trovato

collaboratori&ambasciatori Abruzzo Michele Caracino Gaetano Castaldi

Giovanni Merone Stefania Monaco Francesca Oliverio

Basilicata Isa Grassano Angela Pino

Liguria Alessandro Baffigi Barbara Bacigalupo Anna Orlando

Calabria Salvatore Chiarella Lucia Lipari Antonio Romeo Raffaele Romeo Campania Ferdinando Cappuccio Luisa Del Sorbo Rosalia Imperato Emilia-Romagna Luca Campana Marco Landucci Chiara Mojana Giancarlo Roversi Luca Sardi Nerino Trentini Fruttuoso Zucchini Friuli Venezia-Giulia Valentina Coluccia Marina Tagliaferri Lazio Francesco Maria Bucarelli Domenico Bruno Alessandro Mei

Lombardia Roberto Bonsi Massimiliano Bruni Alba De Gasperis Lorenzo Foti Francesca Frediani Valentina Gavarini Riccardo Lagorio Eugenio Meloni Umberto Mortelliti Aldo Pagnussat Giampaolo Perna Saro Trovato Marche Ferruccio Squarcia Molise Giovanni Scapagnini Ida Santilli Piemonte Silvana Delfuoco Donato Lanati Gian Nicolino Narducci Roberto Rabachino Monica Coviello

Paola Gula Elisa Isoardi Puglia Lucrezia Argentiero Bruno Micai Jolanda De Nola Nunzio Pacella Sergio Siciliano Sardegna Roberto Dall’Acqua Annalisa Bernardini Lino Erriu Giuseppe Pulina Sicilia Cesare Aldesino Rosario Ribbene Marco Scapagnini Toscana Elena Conti Marco Ghelfi Rosanna Ercole Mellone Marco Scataglini Trentino Alto-Adige Francesca Negri Umbria M. Pia Fanciulli Veneto Germana Cabrelle


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Francesco Maurigi

info@maurigi.it


dall’Italia e dal mondo

di Francesco condoluci redazione1@vdgmagazine.it

Il commento

Agricoltura: corruzione al Ministero. Toh! Qualcuno se n’è accorto Undici arresti tra dirigenti e funzionari pubblici del Ministero delle Politiche Agricole e imprenditori con l’accusa di corruzione nell’ambito dell’operazione Centurione. Li ha eseguiti la Guardia di Finanza sulla base di accuse di corruzione per atti contrari ai doveri di ufficio, di turbata libertà degli incanti e di turbata libertà nella scelta del contraente. Per le stesse ipotesi di reato sono indagate in tutto 37 persone, di cui 13 sono dirigenti e funzionari pubblici. Contestualmente è stato eseguito nei confronti degli indagati il sequestro preventivo di denaro e beni per un valore di oltre 22 milioni. Ammontano invece a 32 milioni i contributi statali illecitamente percepiti da alcuni imprenditori grazie alla corruzione dei funzionari del ministero. Tra

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gli arrestati c’è Giuseppe Ambrosio, direttore generale del Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura, capo della segreteria del sottosegretario Braga ed ex capo di gabinetto dei ministri Zaia e Galan. Ambrosio, soprannominato “il centurione” (da cui il nome dell’operazione) è stato arrestato assieme alla moglie e a una persona “di fiducia”, entrambi dipendenti del ministero. Per il dirigente l’accusa non è soltanto quella di avere favorito, dietro compenso, alcuni imprenditori, ma anche di avere cooperato alla concessione di contributi pubblici in favore del comune di Maratea e di Todi, ricevendo in cambio l’omessa vigilanza edilizia su alcune opere realizzate abusivamente nelle ville di proprietà. (fonte: La Repubblica)

L’unico ad averne mai parlato pubblicamente è stato Matteo Renzi. In un’intervista al Sole-24Ore di qualche mese fa. «Uno dei più grossi problemi della burocrazia italiana è la corruzione che si annida nei posti-chiave dei ministeri italiani – aveva dichiarato il sindaco di Firenze e candidato (sconfitto) alle primarie del PD – bisogna in tutti i modi ridurre l’immenso potere, superiore persino a quelli di ministri e sottosegretari, di cui dispongono i capi gabinetto e i più alti dirigenti dei palazzi ministeriali». Qualche settimana dopo quelle inedite (nel senso che prima di Renzi nessuno, perlomeno pubblicamente, si era mai posto il problema) dichiarazioni, sul Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali è piombato il terremoto giudiziario che ha portato a una sequela di arresti e di iscrizioni nel registro degli indagati per illiceità varie nella concessione di fondi pubblici ad aziende private. Secondo la Procura della Repubblica di Roma, a Via XX Settembre, sede del Mipaaf, «la corruzione era un sistema circolare e radicato». E il terminale di questo infernale circuito di illegalità chi era? Un alto dirigente, uno tra i più navigati funzionari del dicastero attualmente guidato dal ministro Mario Catania. Una di quelle figure, appunto, su cui aveva puntato l’indice Renzi. Uno che decideva, al di sopra di tutte le altre teste (compresa quella del ministro) ed evidentemente a proprio piacere e discrezione, a chi e a quali aziende elargire i fondi dei contribuenti. I milioni di euro finiti indebitamente nelle tasche delle aziende “amiche” di Ambrosio ammontano, secondo l’indagine, a 32, ma qualcosa ci dice che se si scavasse più a fondo, la somma lieviterebbe sensibilmente. In fondo, basterebbe andare a guardare i beneficiari dei fondi per la promozione agroalimentare nelle Regioni, le aziende che partecipano a carico dello Stato alle fiere internazionali o quelle che godono di sovvenzioni da parte delle società a partecipazione statale (vedi Simest). Si scoprirebbe che la lista di queste “fortunate” aziende è molto ristretta e che i nomi sono più o meno sempre i soliti noti. Poi magari si fa qualche intercettazione e si scopre che a fare da collante a questo ristretto ed esclusivo circolo di beneficiari dei soldi pubblici – formato da aziende, imprenditori, enti pubblici, studi di consulenza, agenzie varie, progettisti, giornali – c’è l’amicizia con qualche alto e influente papavero del ministero. Va avanti così da sempre, del resto, a prescindere dai governi e dai ministri che vi si alternano. Eppure l’unico che se n’era accorto finora, prima che le Fiamme Gialle irrompessero in Via XX Settembre, è stato Matteo Renzi. Bah.


USA: Starbucks apre 3 mila nuove caffetterie, mentre Tesco (forse) se ne va Due notizie a stelle e strisce ma di segno contrario. In una nota ufficiale – nella quale si sottolinea anche che la Cina, già nel 2014, potrebbe essere diventata il secondo mercato per i prodotti Starbucks – la multinazionale delle caffetterie annuncia che nei prossimi cinque anni aprirà almeno 3 mila nuovi punti vendita nelle Americhe, di cui la metà negli Stati Uniti. States che, invece, è pronta a lasciate Tesco: dopo cinque anni e 1,6 miliardi di dollari di investimenti, il gigante della grande distribuzione inglese getta la spugna. Ad annunciarlo l’amministratore delegato, Philip Clarke. «È probabile ma non certo che la nostra presenza in America arriverà a una fine» ha affermato Clarke, sottolineando che Tesco venderà o chiuderà i propri 199 punti vendita americani Fresh&Easy.

Cirio pronta a ritornare nel Paese del Sol Levante Cirio cresce all’estero e ritorna in Giappone: attivo nel Paese del Sol Levante già in passato, il marchio del made in Italy alimentare che fa capo a Conserve Italia vuole valorizzare ulteriormente la propria presenza commerciale e ha individuato in uno dei maggiori distributori locali (Montebussan di Tokio) il partner per garantirsi la diffusione dei prodotti a base di pomodoro in tutto il Giappone. «L’indubbia rilevanza del mercato giapponese – sottolinea Cesare Concilio, direttore commerciale estero di Conserve Italia – e soprattutto il background che vanta la tradizione alimentare italiana in questo paese, aprono prospettive commerciali interessanti per il marchio Cirio che vogliamo cogliere puntando sulla valorizzazione della grande qualità delle nostre conserve di pomodoro».

Consumi e contraffazione: le richieste di Federalimentare a Monti Rilanciare i consumi, scongiurando l’aumento dell’Iva previsto per luglio e alleviando la pressione fiscale diretta sui cittadini; maggiore incisività nella lotta alla contraffazione e pressing a livello europeo per abbattere le barriere sanitarie che limitano fortemente le esportazioni di prodotti di eccellenza. È quanto ha chiesto il presidente di Federalimentare, Filippo Ferrua Magliani, ricevuto a Palazzo Chigi dal Presidente del Consiglio Mario Monti e dal ministro delle politiche agricole Mario Catania, insieme ai rappresentanti delle principali organizzazioni della filiera agroalimentare nazionale. Il presidente Ferrua ha anche sollecitato il Governo a rendere più celeri i rimborsi dei crediti Iva.

Vandali a Montalcino. Distrutti 600 ettolitri di Brunello Inizia male il mese di dicembre con la notizia di un atto vandalico in una delle aziende produttrici di Brunello di Montalcino: ignoti, entrati nella cantina della tenuta Case Basse, hanno distrutto l’intera produzione dal 2007 al 2012, in tutto circa 600 ettolitri. Ne dà notizia il sito specializzato winenews. it: dalla cantina non ci sarebbe stato nessun furto di bottiglie, vino, materiali o altri beni ma “solo” la distruzione di barriques e botti. Case Basse è un’azienda di 23 ettari complessivi di cui 6,5 a vigneto per una produzione di 10 mila bottiglie all’anno.

Un nuovo profumo all’aroma di pizza? Una nuova provocazione in arrivo dai creativi di Pizza Hut. Dopo la fornitura a vita offerta a chi sarebbe riuscito a chiedere a Obama e Romney quale pizza preferissero, la catena statunitense lancerà la sua prima linea di profumi. La fragranza – prontamente ribattezzata dal web Eau de Pizza – avrà l’odore di un impasto fresco appena sfornato e per ora sarà distribuita in omaggio solo a un centinaio di persone che hanno risposto a un annuncio su Facebook. L’idea è venuta nel ramo canadese della catena che ha lanciato un concorso fra i clienti. L’aroma prescelto ha avuto la meglio su quello del formaggio che si fonde e su quello del salame caldo.

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dall’Italia e dal mondo Barilla, doppietta di ristoranti a New York Barilla aprirà due ristoranti a New York nel terzo trimestre del prossimo anno. Lo hanno annunciato l’ad Claudio Colzani e il presidente Guido Barilla nel corso di un incontro con i giornalisti all’associazione stampa estera. «Abbiamo scelto New York – ha spiegato Colzani – perché si tratta di una piazza difficile e per noi rappresenta un test. I locali saranno uguali ma posizionati in due zone diverse con classi sociali differenti». Barilla chiuderà il 2012 con un aumento delle vendite del 2% ma con profitti in calo, a causa dell’aumento dei costi delle materie prime che non è stato riversato sui consumatori. Quanto al futuro, l’azienda alimentare punta a raddoppiare il fatturato (3,9 miliardi nel 2011), facendo crescere la presenza nei mercati emergenti, Cina compresa.

Esportazioni record: la crisi non frena il Grana Trend positivo per il Grana Padano che, in tempo di crisi, mette a segno un export record di +7,53% rispetto allo scorso anno pari a 90 mila forme, compensando il lieve calo dei consumi nazionali. Cresce anche la produzione: +1,8%, con oltre 4 milioni e 300 mila forme. Sono i dati di bilancio al 30 novembre del Consorzio di Tutela presentati all’assemblea straordinaria che ha approvato il nuovo “Piano produttivo per il triennio 2013-2015”. L’obiettivo per il nuovo anno, ha dichiarato Nicola Cesare Baldrighi presidente del Consorzio Grana Padano, è una produzione non superiore a 4,5 milioni di forme, evitando spinte produttive nei primi mesi del 2013 analoghe a quelle del 2012.

Canguri nella terra degli Zar Le autorità russe hanno sollevato in parte la messa al bando che avevano imposto a metà del 2009 sulle forniture di carne di canguro, una decisione che contribuirà alla ripresa di questo settore in Australia dopo un periodo di difficoltà. Mosca, che in passato acquistava circa il 70% della carne di canguro dall’Australia, aveva messo al bando questo tipo di carne per il timore di contaminazioni batteriche durante la consegna in mattatoio. Per il momento l’unica autorizzata a esportare è la Macro Meats di Adelaide e la prima spedizione di quattro container partirà nei prossimi giorni. A quanto pare i russi sono grandi consumatori di carne di canguro, molto pregiata sia per il sapore di selvaggina che per il basso contenuto di colesterolo.

Ricette italiane su tablet e smartphone grazie all'app di Unioncamere Si chiama "10Q Ricette Italiane" ed è l'ultima frontiera dei ricettari. L'iniziativa, nata dalla collaborazione tra Unioncamere e il Mipaaf, è finalizzata a favorire la conoscenza dei prodotti DOP del Made in Italy e al loro utilizzo come ingredienti in cucina. Un vero e proprio "viaggio virtuale" alla scoperta del gusto italiano e dei suoi territori che a poche settimane dal debutto ha riscosso un clamoroso successo di pubblico. Ben 27 mila le app già scaricate per Android, iPad e iPhone, che hanno portato "10Q Ricette Italiane" al 5° posto della speciale classifica "app gratuite" più gettonate, sezione "Cibi e bevande".

Approvato il Pacchetto Qualità per Dop e Igp Con la pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione Europea (GU L343) si conclude il lungo iter legislativo comunitario del cosiddetto Pacchetto Qualità con cui vengono introdotti alcuni principi importanti da tempo caldeggiati dal sistema dei consorzi italiani. Tra questi il riconoscimento di un ruolo preciso attribuito alle associazioni dei produttori e ai Consorzi di tutela e la protezione ex-officio necessaria per garantire condizioni equivalenti e reciproche di tutela dei prodotti Dop e Igp in tutti gli Stati membri dell’Unione Europea. Da un punto di vista generale l’aver adottato tale regolamento, nel quale si estendono all’Europa principi già consolidati in territorio italiano, rappresenta un successo importante per il nostro Paese e per tutti i consorzi di tutela che già da tempo hanno dimostrato la validità di tali argomenti. 14

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© 2013 McDonald’s. Immagini puramente dimostrative.

COSTRUIAMO LA NOSTRA QUALITÀ, GIORNO PER GIORNO. Da McDonald’s® scegliamo carne bovina proveniente da soli allevamenti italiani e usiamo anche ingredienti DOP, come il Parmigiano Reggiano. Le nostre insalate sono preparate fresche ogni giorno e il pane è a doppia lievitazione naturale. Tutto questo oggi è garantito Qualivita. Così siamo sicuri che quello che vi piace è anche buono.

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la salute nel piatto

a cura della Fondazione umberto Veronesi

Tre noci per difendere il cuore Che vi piaccia mangiarli da soli o in aggiunta a sughi, insalate o yogurt, questi deliziosi esempi di frutta secca (che poi frutta non è…) aiutano a limitare i fattori di rischio cardiovascolare, apportano omega-3 e fibre al nostro corpo. Inoltre, integrati in una equilibrata dieta mediterranea, contribuiscono a prevenire la più diffusa malattia neurodegenerativa La chiamiamo frutta secca, ma frutta proprio non è. Noci, nocciole e noccioline, pistacchi e mandorle sono in realtà il seme della pianta, fonte straordinaria di sostanze dall’importante valore nutrizionale. Oggi parliamo in particolare delle noci: è ormai sapere diffusa che 3-4 noci al giorno incidono positivamente sulla salute sotto diversi profili. Una delle loro più note proprietà è quella di abbassare significativamente i fattori di rischio cardiovascolare e l’incidenza di infarti nelle persone sane. Non solo, le noci sarebbero in grado di ridurre i livelli di colesterolo, di regolare la pressione sanguigna e sono consigliate a chi soffre di diabete per tenere sotto controllo effetti e rischi secondari della malattia. Questo seme-frutto è ricco di proteine e carboidrati ma soprattutto di grassi. Di questi soltanto il 10% sono saturi, cioè grassi “cattivi”. Il resto sono grassi “buoni”, essendo insaturi, e i loro effetti benefici sono ormai ben conosciuti tra il largo pubblico. Soprattutto sono note le potenzialità preventive e curative degli acidi grassi omega-3, che si trovano anche nel

Per saperne di più:

www.fondazioneveronesi.it

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pesce, nei semi, oltreché nella frutta secca, tutti cibi che scarseggiano nelle nostre abitudini alimentari. Gli omega-3 vengono anche chiamati “acidi grassi essenziali” poiché il nostro organismo non sa produrli mentre i loro poteri benefici sull’apparato cardiocircolatorio li rendono indispensabili nella nostra dieta. Si sa anche che sono importanti precursori di molecole implicate nella regolazione infiammatoria, ragione per cui oggi vengono studiati in oncologia come possibili antitumorali. Ad oggi, però, i risultati ottenuti non permettono di fare affermazioni certe in questo senso. Ma le noci nascondono anche altro: le fibre. Il nostro corpo necessita di un quantitativo di fibre pari a circa 30 grammi al giorno. Le noci non ne sono particolarmente ricche ma possono ben contribuire, accanto a frutta, verdure, cereali integrali e legumi al fabbisogno quotidiano. Come mangiare le famose 3 noci al giorno? Da sole, ovviamente, ma anche come condimento di insalate, pastasciutte, macedonie o nella prima colazione insieme a cereali integrali, latte o yogurt.

Prevenire l’Alzheimer con la dieta Pesce e frutta secca contengono acidi grassi polinsaturi omega-3 che hanno la capacità di ridurre la quantità di proteina beta-amiloide, associata ai problemi di memoria e alla malattia di Alzheimer. La buona notizia viene da uno studio effettuato da ricercatori della Columbia University, a New York, e pubblicato su Neurology. Nello studio sono stati inclusi 1.219 newyorchesi con più di 65 anni di età, senza turbe cognitive. Gli si è chiesto di compilare un questionario sulle loro abitudini alimentari. Un anno e mezzo dopo sono stati sottoposti a un prelievo di sangue che ha misurato il livello della proteina beta-amiloide. È stato quindi cercato un legame con la proteina circolante per dieci componenti nutritivi: acidi grassi saturi, acidi grassi polinsaturi omega-3 e omega-6, acidi grassi monoinsaturi, vitamina E, vitamina C, vitamina D, vitamina B12, folati, betacarotene. I ricercatori hanno quindi rilevato che più un individuo consuma omega-3, più sono bassi i tassi di proteina betaamiloide. Sottolineando come gli omega-3 consumati provenivano per lo più da pasti a base d’insalata, pesce, frutta, pollo, margarina. Lo studio ha anche confermato che la dieta mediterranea è utile per prevenire le turbe cognitive leggere, che spesso precorrono l’Alzheimer.


un dono...divino

SocietĂ Agricola Tenuta Ambrosini srl via della pace 60 25046 Cazzago San Martino (Bs) tel: 030/7254850 fax 030/7254440 cell: 3355716809 - 3927590532 info@tenutambrosini.it


scienza e vita

di Giuseppe pulina professore di Zootecnia speciale all’università di sassari

Dopo i bagordi delle feste, il problema è uno solo: tornare in forma e riuscire a disintossicarsi. Tranquilli, dimagrire mangiando (bene) è possibile. E la traiettoria, in discesa, è segnata con precisione da semplici regole. Da seguire però con la dovuta attenzione: per i miracoli infatti dovrete rivolgervi altrove

Se nel disfare l’albero di Natale avete notato qualche difficoltà nel chinarvi rispetto al momento in cui l’avevate addobbato, vuol dire che durante le festività natalizie avete messo su qualche chiletto di troppo. Ma se avete seguito i consigli alimentari di questo giornale, allora potete consolarvi: è tutta roba buona! Tuttavia, è ora il momento di rientrare nel proprio peso forma, termine con il quale si intende il peso corporeo ottimale (ciascuno conosce molto bene il proprio) misurato alla bilancia al mattino a digiuno per tre giorni di seguito. Se non si è tracimato nel rischio del sovrappeso (7-10 kg in più del peso forma), per cui è consigliabile rivolgersi al proprio dietologo, ma si tratta solo di perdere i 3-5 kg di troppo accumulati a fine anno, allora si può dimagrire senza rinunciare a mangiare bene. Il segreto è una “dieta planata”, che simula l’operazione di avvicinamento di un aeroplano all’aeroporto secondo una precisa traiettoria di discesa. Se come dicono i piloti “un buon atterraggio è il risultato di un buon avvicinamento”, il recupero (stabile) del peso forma è il risultato di un buon regime alimentare. Per dimagrire mangiando bene occorre tenere a mente alcune semplici, ma fondamentali, regole.

Il segreto della dieta planata 18

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1. Il nostro corpo è una macchina termodinamica, che consuma dalle 1500 alle 2200 kcal al giorno. Il mantenimento del peso corporeo è il risultato del bilanciamento fra entrate e uscite. Se si vuole perdere peso occorre che, per un certo periodo, le entrate siano inferiori alle uscite al fine di utilizzare l’energia di riserva contenuta nei lipidi del tessuto adiposo. 2. Il cibo non ci fornisce solo energia, ma anche il materiale costituente il nostro corpo (noi siamo fatti di ciò che mangiamo): a causa del ricambio continuo dei tessuti (il famoso turn over) tutto il nostro corpo si rinnova nell’arco di 6 mesi. I principi nutritivi maggio-


ri (proteine, lipidi e carboidrati) devono perciò essere apportati in quantità sufficiente a garantire contemporaneamente il loro uso energetico e plastico. 3. Il nostro controllo della ingestione alimentare è insufficiente a monitorare e regolare il flusso energetico in entrata. Soprattutto nel caso di zuccheri semplici: l’evoluzione ci ha dotato di una preferenza per questo tipo di sostanze, frutto della penuria alimentare cronica alla quale eravamo sottoposti quando vagavamo per le savane a caccia di animali e di frutti. Infatti, siamo molto ghiotti di dolci e il nostro sistema insulinico è in grado di conservare con grande efficacia, in forma di grasso corporeo, il surplus energetico derivante da questa fonte alimentare. 4. Abbiamo costante necessità di microcostituenti, quali vitamine e minerali, per consentire le tante e complesse funzionalità del corpo. Questi micronutrienti sono molto più efficaci se apportati da matrici alimentari piuttosto che da integratori i quali vanno usati soltanto nei casi di carenze certificate e, possibilmente, sotto prescrizione medica. A questo punto non ci resta che pianificare la nostra dieta planata con i seguenti ingredienti. Tempo: l’atterraggio al peso forma deve essere effettuato in un periodo almeno doppio di quello che ci ha visto guadagnare l’eccessiva quota ponderale. Niente stress da “bilancia inchiodata”: la sorpresa si manifesterà presto. Energia: mangiate le solite quantità di alimenti, sempre di ottima qualità s’intende, ma evitate after hours con corredo di appetizers.

Le 5 cattive abitudini da evitare 1. Saltare i pasti, men che meno la colazione. 2. Sbilanciare il pranzo e la cena (il rapporto energetico massimo deve essere compreso fra 35% e 65% a favore di uno dei due). 3. Mangiare nervosamente o distrattamente davanti a uno schermo. Se siete in compagnia, concedetevi una chiacchiera; se siete soli, fate finta di mangiare su un palcoscenico davanti a un pubblico. 4. Demonizzare un alimento. Se ciò che acquistate è di buona qualità, inseritelo nella dieta nelle quantità dovute. 5. Credere che una dieta faccia miracoli. Per queste faccende ci si rivolge a un’altra ditta e non alla scienza.

Proteine: portate la percentuale almeno al 25%, di cui un 5% da legumi e altre fonti proteiche (se siete vegani o vegetariani, fate un’altra dieta). Carboidrati: riducete gli zuccheri semplici alla dolcificazione della bevanda di colazione, ai caffè o tè che abitualmente sorbite, e a uno o due dolcetti per settimana; mantenete però quelli derivanti dalla frutta, magari mangiata fuori pasto, e da una spremuta di agrumi almeno un paio di volte la settimana. Portate gli amidi al 25% della dieta ed elevate i carboidrati strutturali (pectine, emicellulose e cellulose contenuti nelle fibre) al 20%. Lipidi: non più del 25% della dieta, soprattutto da olio di oliva (almeno 1/2), da latte e latticini, da carne, pesce e salumi magri. Riducete per quanto possibile le fritture (soprattutto quelle in olio di palma) che fanno assume grassi vegetali subdoli (e nel caso di olio di palma, nocivi) Contenete l’alcol a uno o due bicchieri di (ottimo) vino al giorno.

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almanacco di barbanera

di M. Pia Fanciulli

Orti e dintorni

L’alba del nuovo anno A Gennaio le giornate riprendono piano piano ad allungarsi. Il sole rinasce accompagnato però dal grande freddo. Un ultimo scampolo di feste ci fa restare piacevolmente in casa. E mentre Sant’Antonio benedice i nostri amati animali, nell’orto e nel giardino si comincia a pensare all’arrivo della bella stagione

Da ricordare Sant’Antonio abate – giovedì 17 gennaio È il Santo dell’inverno, colui che con il suo fedele maialino ai piedi protegge gli animali e dà avvio alle allegrezze del Carnevale. Ovviamente parliamo di Sant’Antonio, che nel deserto venne preso di mira da un demonio capriccioso che gli apparve nelle vesti più svariate: anche sotto forma di maiale. Ma se in Medio Oriente il porcello era (ed è

ancora oggi) un “animale immondo”, quando il culto del Santo si trasferì nelle nostre zone, il maiale, da demonio che era, si trasformò in creatura amata e protetta. Nella nostra preistoria, infatti, fu il maiale – e non il cane – il primo animale addomesticato dall’uomo! In tutt’Italia si benedicono nella domenica successiva animali di ogni tipo: cani, gatti, cavalli, conigli...

Sole e Luna

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Il Sole Il 1° sorge alle 07.28 e tramonta alle 16.39 Il 31 sorge alle 07.14 e tramonta alle 17.14 Il 1° si hanno 9 ore e 11 minuti di luce solare. Il 31 si hanno 10 ore: si guadagnano 49 minuti di luce.

Luna calante dal 1° al 10 e dal 28 al 31. Luna crescente dal 12 al 26. Luna Nuova l’11, Luna Piena il 27.

La Luna Il 1° tramonta alle 09.28 e sorge alle 20.58 Il 31 tramonta alle 08.59 e sorge alle 22.03

Luna in viaggio In questo mese i giorni favoriti dalla Luna per gli spostamenti sono: 8 e 9.

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La Luna è al Perigeo giovedì 10 alle ore 11. È all’Apogeo martedì 22 alle ore 12.

Il freddo e il gelo riducono i lavori nell’orto. Ma è una fase di stasi soltanto apparente: è infatti il momento ideale per dedicarsi alla sistemazione dell’attrezzatura, alla programmazione delle semine e alla predisposizione delle nuove colture. Poi, con la Luna calante sarà tempo di mettere a dimora in piena terra i bulbilli di aglio e di cipolla invernale e di seminare in semenzaio lattuga, radicchio estivo, ravanello, sedano, valerianella. Mentre in Luna crescente ci sono le raccolte per il consumo fresco di cavoli, porri, valerianella, verze. E si dovranno anche seminare in semenzaio cavolfiori, cavolo broccolo, rucola e agretti. Nel giardino invece, in Luna calante, effettuare piccoli fori sul tappeto erboso per favorire il drenaggio dell’acqua. Importante anche evitare di calpestare il prato nelle giornate più gelide dell’inverno. In Luna crescente, seminare, meglio se in semenzaio riscaldato, le piante annuali da fiore come begonia, garofano, salvia ornamentale. Procedere alla preparazione del terriccio per le semine mescolando 1/3 di torba, 1/3 di sabbia e 1/3 di terra del giardino. Posare infine dei nidi artificiali affinché in primavera gli uccelli possano agire da validi collaboratori contro i parassiti.

Belli e sani Un consiglio per ottimizzare gli ultimi giorni di relax festivo? Dopo un bagno caldo con aggiunta di gocce di olio essenziale di salvia sclarea, stendersi senza nulla indosso sotto più coperte per 20/30 minuti e visualizzare il mare, respirare dolcemente seguendo l’andare avanti e indietro di una immaginaria onda sulla risacca... Buon riposo!

Saggezza Saggezza popolare popolare • Ogni anno nuovo che avanza porta nuova speranza. • Gennaio nevoso, anno prosperoso. • Di Pasqua Epifania (6 gennaio) il vento se ne va via. • Luna piena di gennaro luce come il giorno chiaro.



appuntamenti del mese

appuntamenti gennaio

di Gilda Ciaruffoli

Auguri

dAllA nonninA d’itAliA 2-6 gennaio Settemila abitanti, più di 1.000 calze cucite a mano piene di leccornie, oltre 300 Befane per le vie della città, davanti a migliaia di bambini accorsi da tutta Italia: accade solo a Urbania, durante la Festa nazionale della Befana. Nell’antica Casteldurante, in provincia di Pesaro e Urbino, come ogni anno in attesa dell’Epifania la fiaba prende vita. Viale dei Balocchi, Piazza del Cioccolato, l’Emporio e la Casa della Befana attendono il visitatore, così come le tante iniziative in programma inaugurate con la consegna delle chiavi della città alla Befana da parte del Sindaco. Per ricambiare il favore, la pimpante vecchina terrà tutti con il naso all’insù quando, ogni pomeriggio, dall’alto della Torre 22

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Campanaria e dal campanile del Duomo, planerà con la sua scopa in un volo di 36 metri. Da non perdere anche la sfilata della calza più lunga del mondo, le visite al territorio e i laboratori dedicati all’arte ceramica, vanto della cittadina. Antiche maioliche sono conservate presso il Museo Civico, all’interno del Palazzo Ducale progettato da Francesco di Giorgio Martini. Da visitare. Senza dimenticare l’aspetto gastronomico della manifestazione. Presso il Palabefana infatti è possibile gustare le tipicità del territorio – come il Tartufo di Acqualagna, la polenta alla carbonara di Piobbico, la patata di Sompiano e Borgo Pace, i crostoli di Urbania... – e i suoi vini.

Urbania (Pu) – Marche www.labefana.com

dove mangiare La Casa della Tintoria Appena sotto le mura, in riva al fiume, propone un armonioso connubio tra cucina, arte ed eventi, con il km Zero come stile di vita. Prezzo medio: 35 euro Via Porta Molino, 4 – Urbania www.casatintoria.com

dove dormire Mulino della Ricavata Un mulino recuperato con grande cura e trasformato in un agriturismo molto speciale. Doppia con colazione: 80 euro Via Porta Celle, 5 – Urbania www.mulinodellaricavata.com


fino al 2 maggio

dal CAI Carrara che propone un ricco carnet di attività quotidiane. Inoltre, in occasione di Tour.it, si svolgeranno i raduni del Camper Club Italiano e del Camper Club Toscana.

lo specchio dei tempi

In occasione del 250° anniversario dell’Almanacco più amato d’Italia, la mostra Fiore dei Tempi – L’Italia che cambia negli almanacchi Barbanera dal 1950 al 1980, traccia una storia sociale del paese nel dopoguerra ripercorrendo e interpretando le tappe essenziali del rapido cambiamento culturale, economico e sociale di quegli anni attraverso le pagine di consigli e massime della celebre pubblicazione. Un percorso che si dipana negli spazi del Muvit, Museo del Vino e che, attraverso le pagine dell’Almanacco, racconta di una società in rapida trasformazione.

Torgiano (Pg) – Umbria www.lungarotti.it

Marina di Carrara (Ms) – Toscana www.tourit.it

Pitti Uomo

10-20 gennaio Broccolo alla riBalta

Amato anche da Michelle Obama che l’ha voluto nell’orto della Casa Bianca, il Broccolo Fiolaro, considerato da sempre “il cibo dei poveri”, grazie alle sue proprietà nutritive è diventato un prodotto a denominazione De.Co. e da oltre 10 anni è protagonista di una manifestazione che ne celebra bontà a unicità. Oltre alle degustazioni e alla possibilità di provare vari abbinamenti con i prodotti locali, è possibile partecipare a passeggiate panoramiche tra le piantagioni del broccolo sulle colline che sorgono intorno a Creazzo.

Creazzo (Vi) – Veneto www.ilbroccolofiolaro.it

8-11 gennaio Pitti uomo n. 83

L’anteprima internazionale della moda maschile, che si tiene alla Fortezza Da Basso, conta quest’anno circa 1.020 marchi e 70 collezioni donna protagoniste a Pitti W alla Dogana. Pitti Uomo si riconferma punto di riferimento scelto dalle migliori aziende internazionali per la presentazione di progetti speciali e nuove collezioni, e per il lancio di strategie globali all’apertura della stagione.

Firenze – Toscana

www.pittimmagine.com

16 gennaio la magica notte della Fòcara

Si rinnova la suggestiva tradizione popolare che ogni anno si consuma attorno a un falò di 25 metri di altezza e 20 metri di diametro nella cittadina pugliese di Novoli. È la Fòcara, il fuoco più grande del bacino del Mediterraneo realizzato con circa 80 mila fascine di tralci di vite secchi provenienti dai feudi del Parco del Negroamaro legate e posate con tecniche tramandate gelosamente di padre in figlio, acceso in occasione delle celebrazioni della festa di Sant’Antonio Abate, patrono della città. Intorno alla Fòcara si balla e si degustano specialità tipiche ai ritmi della musica che anima la piazza. Manifestazioni analoghe si svolgono in questa notte un po’ in tutte le regioni d’Italia.

Novoli (Le) – Puglia www.fondazionefocara.com

12-20 gennaio idee in movimento

Torna Tour.it, la manifestazione dedicata al turismo itinerante e a tutto quanto significhi vacanza in movimento. Oltre alle degustazioni del caso, durante le giornate di fiera sono tanti gli appuntamenti in programma, come quelli organizzati

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appuntamenti gennaio

11 gennaio - 3 febbraio l’inverno hA un fiore All’occhiello

Proseguono gli appuntamenti con la settima edizione di Fiori d’Inverno, la rassegna turistica inaugurata lo scorso novembre (e che proseguirà fino a marzo) dedicata a uno dei prodotti più caratteristici della gastronomia veneta: il radicchio. In occasione delle varie manifestazioni che compongono la rassegna, è possibile assaporare le ricette tradizionali della zona e apprezzare le mostre-concorso che mettono in gara tra loro i migliori produttori del radicchio trevigiano, o acquistarlo direttamente per portarsi a casa l’unico “fiore che si mangia”. Protagonista dunque la gastronomia, con i piatti della tradizione, ma anche il folklore con tanti eventi collaterali. Tra gli appuntamenti di gennaio ricordiamo la Mostra del Radicchio Rosso di Treviso Igp Tardivo, dall’11 al 20 gennaio a Zero Branco; la Festa del Radicchio e dei sapori della tradizione veneta del 13 gennaio a Mirano; la Mostra del Radicchio Rosso di Treviso a Preganziol del 19 e 20 gennaio, e a 27esima Festa del Radicchio Rosso di Treviso a Dosson di Casier dal 25 gennaio al 3 febbraio.

Località varie – Veneto www.fioridinverno.tv

17-20 gennaio

19 gennaio - 10 febbraio

vino, in ogni senso

l’invasione degli scienziati

Si svolge presso il quattrocentesco Complesso Monumentale del Santo Spirito in Sassia, a 150 metri da Castel Sant’Angelo, Sense of Wine, lungo week end all’insegna del wine tasting che inebria appassionati e professionisti del settore. Un caleidoscopio di assaggi e un vero e proprio itinerario goloso alla scoperta dei migliori abbinamenti tra cibo e vino. La manifestazione si apre con una serata di gala a inviti e prosegue con la degustazione dei migliori vini italiani aperta al pubblico nei pomeriggi, e fino a sera, dei tre giorni successivi.

Roma – Lazio www.sensofwine.com

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Sono oltre 100 gli eventi tra mostre, spettacoli, incontri con personalità del panorama scientifico e culturale, film, giochi e laboratori creativi che caratterizzano le giornate di Arte e Scienza in Piazza, manifestazione che torna ad animare il centro storico di Bologna, da Palazzo Re Enzo alla Biblioteca Sala Borsa, dal Voltone del Podestà a Piazza Nettuno, che si trasformeranno per 3 settimane in un grande Art + Science Center per un pubblico di ogni età.

Bologna – Emilia Romagna www.artescienzainpiazza.it


LUXURY HOTEL TORINO


appuntamenti gennaio

20-25 gennaio la monTagna è serviTa

Torna Chef’s Cup Südtirol, appuntamento gourmand e lifestyle che raduna i principali protagonisti della migliore cucina internazionale in una cornice mozzafiato. La filosofia dell’evento è semplice: tutti i professionisti presenti condividono l’obiettivo di mantenere alti i parametri di qualità e di prodotto territoriale, di artigianalità e selezione delle materie prime. La manifestazione si propone da sempre come un evento che permette il confronto informale con i professionisti e momenti d’incontro tra grandi chef e grande pubblico.

La Villa (Bz) Trentino-Alto Adige www.chefscup.it

26-27 gennaio

19-20 gennaio

Dieci anni Di amarone

Tu lo conosci nino?

Anteprima Amarone: “la storia di un vino di successo” è il tema che celebra il decennale della manifestazione, gli stessi anni che hanno cambiato la storia di questo prodotto tipico della Valpolicella, facendolo diventare uno dei grandi vini più apprezzati al mondo. La vendemmia protagonista è quella del 2009, che promette di dare nuove soddisfazioni. Prestigiosa la location: lo storico Palazzo della Gran Guardia, in una delle più belle piazze europee di fronte all’Arena di Verona. Apertura al pubblico: sabato dalle 16 alle 19, e domenica dalle 10 alle 18.

Verona – Veneto www.consorziovalpolicella.it

Protagonista della Festa del Nino è il maiale, emblema della tradizione contadina, declinato in mille modi. Degustazioni dei prodotti tipici locali a base di “nino” da provare anche in abbinamento con i vini delle cantine locali. La festa infatti abbraccia tutto il territorio, da conoscere grazie a passeggiate organizzate tra i crinali attorno al piccolo borgo pesarese.

Sant’Andrea di Suasa (Pu) Marche www.festadelnino.org

5-13 gennaio Il mondo vIsto dall’alto

24-26 gennaio

27-30 gennaio

CondImentI per palato & mente

l’olIo del Garda (e non solo)

Olio Officina Food Festival si propone di riformulare l’abituale approccio con i grassi in cucina. Protagonista è l’extravergine di oliva, prodotto da scoprire e utilizzare consapevolmente, anche se l’attenzione dell’evento è rivolta a tutti i condimenti in maniera indistinta e senza pregiuduzi. La manifestazione – che si svolge presso il Palazzo delle Stelline, in corso Magenta 61 – si sviluppa in due intense giornate di show cooking, tavole rotonde, scuole di cucina, buffet a tema, degustazioni guidate, sedute di assaggio, brevi corsi di degustazione per neofiti, mostre…

Milano – Lombardia

www.olioofficina.com

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Anche quest’anno a Expo Riva Hotel è previsto un ricco calendario enogastronomico per Riva Food & Beverage, una delle quattro grandi aree nelle quali è suddivisa l’importante fiera dell’hotellerie e della ristorazione. Da ricordare in particolare Sololio – Mostra dell’eccellenza olearia italiana, la rassegna dei migliori oli d’oliva extravergine Dop e monovarietali del nostro paese durante la quale è possibile degustare le migliori produzioni nazionali e imparare ad apprezzarle come vri professionisti.

Riva del Garda (Tn) Trentino-Alto Adige www.exporivahotel.it

“Una bolla d’aria calda cui è attaccato un cesto”. Queste le parole con cui Paolo Barbieri, pilota e coordinatore del Dolomiti Balloonfestival di Dobbiaco presentava la mongolfiera all’apertura del primo raduno internazionale aerostatico in Alto Adige, tenutosi in Val Pusteria, nel gennaio 2003. Oggi, a distanza di dieci anni, il Festival è diventato il più grande raduno di mongolfiere in Italia (35 mongolfiere e 9 mongolfiere radiotelecomandate) che torna a riempire i cieli della cittadina dolomitica e il cuore dei partecipanti.

Dobbiaco (Tn) Trentino-Alto Adige www.balloonfestival.it



5 gennaio

appuntamenti in breve

Der Orsh Van Der Belin Tradizionale manifestazine goliardica Sauris (Ud) – Friuli-Venezia Giulia www.sauris.org

dal 5 gennaio Panevin Festa attorno a falò rituali, località varie (Tv) – Veneto www.trevisoinfo.it

17 gennaio

25 gennaio Sagra del Sabadone Massa Lombarda (Ra) Emilia-Romagna www.prolocomassalombarda.it

Sagra del casoncello Pontoglio (Bs) – Lombardia www.comunedipontoglio.eu

5 gennaio La Nott de Bisò Palio di Faenza Faenza (Ra) – Emilia-Romagna www.comune.faenza.ra.it

27-31 gennaio Fiera di Sant’Orso Aosta – Valle d’Aosta www.lovevda.it

5-6 gennaio Raduno nazionale delle Befane e dei Befani Fornovo Taro (Pr) – Emilia-Romagna www.befanaraduno.it

16-17 gennaio Sa die de su Pesperu Sfilata Mamuthones e Issohadores. Mamoiada (Nu) – Sardegna www.mamuthones.it

17 gennaio – 12 febbraio

16-17 gennaio Festa de bagoin Evento gastronomico dedicato al maiale San Mauro Pascoli (Fc) Emilia Romagna www.associazionetorre.it

Carnevale offidano Offida (Ap) – Marche www.inoffida.it

17 gennaio La festa e le battuglie di Pastellessa Manifestazione folkloristica in onore di Sant’Antuono Macerata Campania (Ce) – Campania www.santantuono.it

6 gennaio Sagra della ricotta Sant’Angelo Muxaro (Ag) – Sicilia www.comunedisantangelomuxaro.it

5 gennaio Sos Tres Res Bonnanaro (Ss) – Sardegna www.comune.bonnanaro.ss.it

5 gennaio 6 gennaio Sagra della sfincia Montelepre (Pa) – Sicilia www.comune.montelepre.pa.it 28

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Notte dei cucibocca Manifestazione folkloristica dai toni allegramente inquietanti Montescaglioso (Mt) – Basilicata www.comune.montescaglioso.mt.it


Viaggio nel paradiso del gusto

Birre e t t o d o pr odo t e m n co e l a n a i artig

Have a Nice Trip Via Castellero 6/A - Carmagnola (To) www.haveanicetrip.it


i Golosetti

i Dolcetti all’Italiana


Panorama Panorama 32 42

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32 cover Story giovani, laureati ed eCofriendly. È l’identikit dei neoagriColtori italiani. Quelli Che sCappano dalla Città per rifugiarsi a vivere e lavorare in CaMpagna.

il 2012 ha ConferMato Questo trend da vero e proprio “Controesodo”. sarà anChe Colpa della Crisi, Ma se per l’italia fosse l’alba di una nuova agriColtura più giovane e più CoMpetitiva?

40 Storie dall’italia che merita Mauro CeCCarello, 28 anni, produCe radiCChio igp e Ci raCConta il suo lavoro “dolCe aMaro”

44 PerSonaggi sergio Marini, presidente della Coldiretti, Ci spiega CoMe si fa la “rivoluzione verde”

da pag. 46 Rubriche

• Lo studio • I viaggi del gusto di...

42 Storie dall’italia che merita Maurizio giaMinardi: da Manager ad apiColtore. un sindaCo “fuori dal CoMune”

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il controesodo cover story

La meglio giovent첫 scende in campo di Francesco Condoluci

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In Italia, dopo 10 anni, sono aumentati i giovani agricoltori. Laureati che scelgono di investire in start up agricole, ragazzi in fuga dalla giungla metropolitana o precari che hanno perso il lavoro. Storie diverse ma con un unico effetto: come un germoglio che fa capolino dalla terra, in Italia c’è un’agricoltura nuova e competitiva che cresce e, mentre gli altri settori tagliano, moltiplica gli occupati

Vini biodinamici. Agriturismi ecofriendly. Clementine vendute online con consegna a domicilio. Aziende agroenergetiche che si sostengono da sole, con l’aiuto delle fonti rinnovabili. Coltivazioni di ortaggi per insalate industriali preconfezionate o di frutta di qualità per le mense scolastiche. E ancora: manutenzione di giardini pubblici per conto di pubbliche amministrazioni, forniture bio per l’alta ristorazione, piccole produzioni agricole di nicchia commercializzate con il chilometro zero, i Gas (Gruppi di Acquisto Solidale), i mercatini rionali e persino il porta a porta. Come un germoglio che fa capolino dalla terra e comincia sempre più a mostrare la forma della giovane e vigorosa pianta che sarà, in Italia c’è un’agricoltura “in erba” che sta crescendo giorno dopo giorno, in silenzio, nutrendosi di lavoro, sudore, entusiasmo e dedizione. Mentre l’industria chiude e va all’estero e il terziario arranca sotto i colpi della recessione mondiale, quello agricolo è l’unico comparto del Paese a crescere in maniera lenta ma costante e a creare posti di lavoro. Lo dicono i dati, lo confermano gli esperti. Il 2012, secondo un’elaborazione di Coldiretti su dati Istat, si è chiuso con un più 10,1% di occupati (da lavoro dipendente) nel mondo agricolo: uno dei pochi (l’unico?) numeri in controtendenza di tutto il panorama economico nazionale.

Vita sana e libertà Le storie che questo nuovo-vecchio fenomeno racconta sono tante, tantissime, forse anche un po’ contraddittorie tra loro, ma sicuramente indicative di una rivoluzione di co-

stume che sta portando le giovani generazioni del Bel Paese a sdoganare definitivamente le attività rurali e la vita di campagna dal recinto delle attività poco dignitose, poco remunerative e troppo disagevoli, per riportarle al rango di uno sbocco professionale assolutamente appetibile. Al pari, se non di più, degli altri. Se fino a qualche decennio fa, i padri consigliavano di abbandonare la terra, oggi sono gli stessi figli a riscoprire la campagna e a volerci lavorare. E non è solo colpa della recessione economica che taglia i posti di lavoro e gonfia il carovita nelle metropoli e nei centri urbani. La crisi ha certamente incentivato quest’inversione di rotta, ma è riduttivo credere che l’agricoltura sia considerata solo e soltanto un ripiego. Per tanti giovani disoccupati che al lavoro precario dietro una scrivania in città preferiscono un contratto stagionale per raccogliere uva o pomodori all’aria aperta, ci sono altrettanti ragazzi con un altissimo grado di professionalità che scelgono, di loro sponte, di investire in start up agricole (+4,2% quelle individuali “under 35” nell’ultimo biennio). Non è un caso che, sempre secondo un’indagine Coldiretti, il 50% degli italiani tra i 18 e i 34 anni preferirebbe gestire un agriturismo piuttosto che lavorare in banca o in una multinazionale poiché, dicono gli intervistati, «il lavoro tra i campi garantisce una vita più sana e assicura più libertà e autonomia». Eccola dunque, la ragione di fondo, il vero elemento degno di analisi: prima ancora delle cifre e dell’incidenza del fenomeno sui livelli occupazionali e sul prodotto interno lordo, la notizia è infatti che nel Bel Paese la

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il controesodo cover story

campagna è ormai diventata il “buen retiro” più gettonato, il luogo di lavoro più desiderato dai giovani con un livello di istruzione medio-alto. I tempi dei contadini costretti a lavorare la terra perché privi di scolarizzazione, e dunque di alternative, in realtà erano già finiti da un pezzo. Ma quello di adesso – e c’è voluto comunque mezzo secolo e almeno un paio di grandi rivoluzioni sociali – assomiglia sempre più a un vero controesodo dalle giungle metropolitane ai piccoli centri rurali.

Le imprese agricole in Italia sono 1,6 milioni e impiegano

La laurea, il web e la vanga

Certo, in valori assoluti, restiamo lontani dalle meoltre 1 milione di persone. die europee sulla nascita di Con l’indotto, il numero nuove imprese agricole (in Spagna l’agricoltura divendegli operatori dell’agroalimentare ta ogni giorno sempre più italiano arriva al 12% fonte di sostentamento per giovani laureati così come della forza lavoro complessiva. in Francia e in Inghilterra) e Le imprese individuali guidate le nostre percentuali, tra di da giovani sotto i 30 anni loro, non sono sempre coerenti (il rapporto tra aziensono 62 mila e nel 2012 il numero de agricole che chiudono e dei lavoratori dipendenti in agricoltura nuove imprese, ad esempio, continua a essere sfavorevoha registrato un +10,1% le) ma la crescita esponen(Indagine Coldiretti) ziale del numero degli hobby farmer – chi coltiva per passione e non come attività professionale – non è che un’ulteriore conferma di questa tendenza. Che adesso, seppur tra mille difficoltà, inizia ad assumere pure i contorni di un fenomeno economico a tutti gli effetti. Negli ultimi due anni, come spiega la Confederazione Italiana Agricoltori, «nelle campagne italiane sono sempre di più gli under 30 che, una volta completato il proprio percorso di studi, decidono di tornare alla terra. E non si tratta solo di figli che continuano l’attività dei genitori, ma spesso di neolaureati o neodiplomati preparati e determinati che decidono di scommettere sulla vita dei campi e reinventarsi produttori».

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Una scelta – ed è questo l’altro dato incoraggiante – che viene portata avanti, nella gran parte dei casi, con discreto successo e buone capacità competitive. Per stare sul mercato, infatti, non basta lasciarsi alle spalle la vita sedentaria da ufficio e salire sul trattore. I giovani neoagricoltori italiani, in realtà, sono spesso agronomi, chimici o esperti di marketing che riversano le loro competenze in piccole imprese innovative, polifunzionali e attrezzate con le più moderne tecnologie anche informatiche: il boom delle aziende biologiche non è casuale, così come quello delle filiere che si occupano indistintamente di produzione, trasformazione e commercializzazione. Così come non è un caso che negli anni della crisi, come confermano i maggiori atenei italiani, è aumentato il numero degli iscritti alla facoltà di Agraria e, ancora più a monte, gli istituti superiori agrari hanno incrementato dell’11% il proprio peso percentuale sul totale degli studenti.


Ma non è tutto rose e fiori… A cura dell’Osservatorio Agroalimentare Nomisma

Le difficoltà di accesso: credito e terra Se il piccolo exploit registrato nell’arco del 2012 dal mondo agricolo italiano lascia intravedere un possibile outlook positivo sul lungo periodo, l’attuale quadro d’insieme del comparto certo non si può dire sia dei più felici. La strada verso un processo completo di ricambio generazionale è infatti ancora lunga. Malgrado il rinnovato interesse delle giovani generazioni verso le attività rurali, l’agricoltura in Italia continua infatti a essere frenata da troppe barriere burocratiche e fiscali e soprattutto dal nodo del credito che - specie in questa fase di recessione economica - incide pesantemente sui costi di avviamento alla professione. Altro (storico) ostacolo per gli aspiranti imprenditori agricoli è la difficoltà di accesso al “bene-terra”. Il recente decreto liberalizzazioni “Cresci Italia” ha aperto la possibilità agli under 39 di accedere ai beni dismessi dallo Stato, ma l’iter è complesso. Ecco perchè l’OIGA, l’Osservatorio ministeriale per l’Imprenditorialità Giovanile in Agricoltura, sta avviando in proposito specifiche campagne di informazione e attività formative. Così come l’ISMEA, che promuovere il ricambio generazionale attraverso strumenti finanziari finalizzati all’insediamento di giovani nella conduzione d’imprese agricole.

Per saperne di più: www.oigamipaf.it www.ismea.it

In questo momento di forte crisi economica e occupazionale, l’agricoltura sembra risvegliare l’attenzione di molte persone che, vuoi per aver perso il lavoro, vuoi per una rinnovata voglia di tornare alla natura, intravedono nell’attività primaria una possibile fonte di reddito. Ma pur trattandosi di un settore anti-ciclico (in tempi di crisi, le famiglie tagliano un po’ tutte le spese, ma l’alimentazione al di sotto di un certo livello non può andare), non ci si deve lasciar ingannare sulla presunta “sicurezza” – o ancor più percepita facilità – dell’attività agricola. Per comprendere le difficoltà insite nel settore, è utile richiamare i dati emersi dall’ultimo censimento sull’agricoltura in merito alle imprese condotte da giovani capi azienda (convenzionalmente, per il settore sono ritenuti giovani le persone fino a 40 anni di età), analizzando tale tendenza come indice di attrattività del comparto. Nel 2010, queste erano 152.367, pari al 9,9% del totale. Dieci anni prima, le aziende condotte da giovani agricoltori erano 253.478, il 10,3% dell’intero aggregato. In altre parole, nel corso di un decennio, l’incidenza dei giovani alla guida delle imprese agricole è calata, in un contesto dove a livello complessivo il numero delle aziende agricole è sensibilmente diminuito, passando da 2,4 a poco più di 1,6 milioni. Fare agricoltura, oggi, significa sottostare a un sistema complesso di regole e adempimenti burocratici da rispettare, competere in mercati altamente concorrenziali e subire sempre più spesso gli effetti di una volatilità dei prezzi agricoli impossibile da controllare. Sono gli

effetti della globalizzazione: è sufficiente che il dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti stimi un raccolto di mais superiore alle attese che il prezzo – anche del mais italiano – subisca un tracollo. E in effetti i giovani agricoltori di oggi, per rispondere a tutte queste sfide, presentano una formazione professionale più elevata della media, dato che oltre il 10% di loro è in possesso di una laurea contro una media settoriale di agricoltori laureati che non supera il 6%. Lo stesso dicasi per i fattori produttivi: se a livello nazionale le imprese con più di 50 ettari di superficie sono meno del 3%, tra i giovani tale tipologia di aziende sono più diffuse, arrivando vicino al 10%. Ma d’altronde non potrebbe essere altrimenti. Chi fa questo mestiere per professione e soprattutto per ricavarne un reddito, deve essere competitivo, senza lasciare nulla al caso (l’Italia è piena di hobby farmer, Nomisma ne ha stimato una presenza di circa 1,2 milioni). Ma l’agricoltura italiana, per continuare nel proprio ruolo primario di fornitore di cibo per la popolazione e tutore del paesaggio, ha bisogno di un reale ricambio generazionale.

Per saperne di più: agroalimentare@nomisma.it www.nomisma.it

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il controesodo cover story

Quelli che scappano dalla città di Riccardo Lagorio

Sono quasi 23 milioni gli italiani che vivono in Comuni definiti “rurali”, che per il 75% sono ancora verdi e contano meno di 300 abitanti per kmq. Rappresentano all’incirca il 40% del Paese. Molti dei giovani che in queste realtà decidono di vivere arrivano da studi o esperienze di lavoro internazionali. Dalle Marche all’Umbria al Piemonte, vi raccontiamo le loro storie

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È ormai chiaro: la campagna attrae sempre di più giovani ad alta scolarizzazione, segno di un cambiamento epocale nella conduzione della terra. Anche i consumi si vanno pareggiando tra città e campagna: le famiglie però spendono meno negli affitti extraurbani a causa del diverso valore fondiario. E questo non è un dato irrilevante.A ciò va aggiunto che la “ri-ruralizzazione”interessa maggiormente le zone ricche del Paese: ne sono interessate infatti soprattutto le regioni del Centro Nord, e la Puglia. Sintomo di benessere contemporaneo o percezione che il rurale è un ambito in cui la dimensione umana può esprimersi meglio?

In direzione ostinata e contraria Dovremmo chiederlo a Eleonora Costa ed Elisa Armanino, trentenni che da Genova si sono rifugiate sulle colline di Alfiano Natta, nell’Alessandrino. «Sin da ragazzine – dicono – la città ci stava stretta, stavamo bene d’estate, quando i nostri genitori ci portavano sulle colline genovesi, in campagna. Poi l’età degli studi ci ha impedito di fuggire da Genova e abbiamo dovuto attendere la laurea. In questa esperienza di fuga dalla città abbiamo coinvolto anche i nostri compagni, pure loro restii a vivere nel caos urbano». Risultato: i quattro si sono messi ad arare le vigne (oltre 4 ettari di proprietà e un altro in affitto) non prima di aver seguito corsi da sommelier e conseguito un altro diploma all’istituto alberghiero. «Produciamo vini naturali – spiegano – trattiamo le vigne solo con zolfo e rame e siamo tanto ottimiste che presto apriremo un agriturismo perché da quando viviamo in campagna siamo rinate». E in effetti la loro Azienda Agricola Crealto nel giro di soli 4 anni si è fatta molto apprezzare anche all’estero, specie in Svizzera. Per nulla utopistica, ma molto pragmatica la vicenda di Corrado Dottori, vignaiolo in Cupramontana, nell’Anconetano. Una laurea in economia politica, un lavoro in banca a Milano, dove ha passato vent’anni della propria vita, ma anche un’attrazione fatale verso il vino. I nonni

Nel riquadro, Corrado Dottori. Nell’immagine in alto un panorama delle colline di Crealto

«Ho puntato tutto sul rispetto del territorio. Al momento posso dire che la mia è una battaglia vinta»

lo producevano già, il Verdicchio: qualche ettaro di terreno sulle colline marchigiane; poi si è saltata una generazione ma Corrado, ventisettenne, non ha resistito al richiamo della terra. «Sono tornato a Cupramontana sulla base dell’idea che il modello di sviluppo attuale sta collassando, e che ciascuno di noi ha il compito di salvaguardare la terra dove vive». Oggi Gli Eremi (Verdicchio riserva) che esce dalla sua Azienda Agricola La Distesa va a ruba in tutto il mondo (Giappone e Usa i mercati più significativi) benché l’impianto aziendale proceda in senso contrario a tutte le logiche industriali e alle mode commerciali. «Ho puntato tutto sulla sostenibilità e sul rispetto del territorio; al momento posso dire che la mia è una battaglia vinta», chiosa con orgoglio Dottori.

Nuovi pastori cosmopoliti C’è poi chi si lascia alle spalle un’attività teatrale per vivere in un luogo non facile da raggiungere, un luogo... onirico. È il caso di Fla-

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il controesodo cover story

Se attraversando le valli umbre vi sembrerà di sentire suonare Corelli non state sognando: alle capre piace così. E anche ai loro giovani pastori, appassionati di musica e teatro

Per saperne di più: www.crealto.it http://vino.ladistesa.it www.fattoriamafalda.com www.cascinavaleggia.it

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vio Cova, milanese da anni occupato a Firenze che, con la compagna, norvegese, Anne Line Redtroen, la di lei sorella Åste affiancata dal franco-tedesco Herbert Baldzuhn, ridà vita a Frascarelle, poco più che un casolare sulla strada fra Todi e Orvieto. Sulla stessa via che nel Medioevo fu luogo di scontri tra le due cittadine per il controllo della valle del Tevere, i quattro decidono di dare vita a un allevamento di capre di razza Camosciata delle Alpi. In questo caso la motivazione è stata quella di «conoscere, nella seconda parte della vita, ciò che è ignoto: frequentare gli animali, riconoscere i fiori, e godere del ritmo della natura». Non un salto nel vuoto, beninteso, ma la consapevolezza che esiste un mondo nascosto a chi per anni ha dovuto vivere con l’agenda sempre alla mano, prove di spettacoli che lasciavano ben poco tempo per concentrarsi su se stessi, e capire se stessi. Ed ecco che oggi la zona, monopolio sino a 10 anni fa di formaggi ovini, si sta distin-

guendo per caprini di grande pregio. I quattro sono impegnati nella coltivazione e raccolta di erba e cereali che diventano pasto per le caprette, ciascuna delle quali porta un nome. Ma l’amore per la musica da parte del gruppo, ha fatto loro scoprire che gli animali ricambiano con molto e migliore latte all’ascolto delle musiche di Arcangelo Corelli. Forse un modo per combattere lo stress degli animali; di certo utile per conquistare la simpatia dei visitatori della Fattoria Ma’ Falda. «Il nostro orgoglio è quello di avere ridato vita a un luogo che per decenni era stato abbandonato. Una funzione importante per non far dimenticare l’opportunità del recupero immobiliare anche nelle grandi città» tengono a ribadire i quattro. Appartenente a una famiglia da secoli produttrice di vino nell’Astigiano, a Moncalvo, Alan Bollito – oggi trentenne – qualche anno fa studiava ingegneria agronomica nei dintorni di Ginevra. Ma tornando di tanto in tanto nei vigneti dei nonni ha finito per innamorarsi del paesaggio, del cibo e della vigna che per secoli avevano rappresentato il mezzo di sostentamento degli avi. Così a sorpresa, nel 2008, alla faccia delle proposte di uno stipendio assicurato nel Paese elvetico, ha ceduto alle avances della terra, rinnovando l’azienda e impiantando, accanto alle vigne secolari, un allevamento di capre. Forte dell’esperienza acquisita in Svizzera e pronto a mettersi in gioco – «anche scontrandomi anche con certa burocrazia» puntualizza – ha ripreso gli studi. Ma questa volta studi da casaro alla Scuola di Moretta e di enologia all’Istituto di Alba. La forza di volontà ha fatto il resto: oggi lo troviamo, è vero, in azienda, ma anche nei numerosi mercatini della zona con i suoi magici formaggi (spesso elaborati con fantasia ed estro) e a magnificare la terra dei nonni. Cascina Valeggia sta lì orgogliosa a indicare la caduta dei pregiudizi culturali nei confronti delle aree rurali, ma soprattutto il venir meno di condizioni sociali ed economiche che rendevano in un recente passato più attraente la città. E il controesodo è appena iniziato.


Nella foto a fianco, in piedi a sinistra Anna Benincasa con accanto la sorella minore Francesca. Seduti i loro genitori

«Così mi sono innamorata della terra» Anna Benincasa, conduttrice dell’omonima azienda vitivinicola, ci racconta come e perché ha deciso di abbandonare la vita urbana per tuffarsi tra i vigneti e le colline friulane. Merito della testarda passione del papà e di…un pastore bergamasco! Questa è la storia di una piccola “rivoluzione verde”, quella mia e della mia famiglia. Nel 1980 mio padre, banchiere in Veneto, aveva acquistato un pezzo di terra con vigneti e due case, a Spessa, vicino a Cividale del Friuli. Non senza difficoltà perché lì ai forestieri non vendono mai facilmente. L’area era abbandonata e, in quel momento, se lui (col suo lavoro impegnativo, che lo teneva lontano) avesse detto in giro che voleva farci un’azienda vinicola, l’avrebbero preso per pazzo. Per alcuni anni la terra è rimasta com’era, gli impegni assorbivano mio padre completamente e non c’era tempo per altro. Eppure lui, da quelle parti ci andava spesso, camminava da solo tra i filari, tra la vegetazione incolta, e guardava davanti a sé, dall’alto della collina verso la pianura friulana e poi giù, fino al mare. Meditava, frenando il suo entusiasmo per darsi il giusto tempo. Nel frattempo, mia sorella e io, ignare di quel che il futuro ci riservava, facevamo la tipica vita cittadina: condominio, ascensori, uscite e abitudini inconfutabilmente urbane. Coi piedi, insomma, ben piantati sull’asfalto. Quella terra lontana non ci toccava minimamente. Anzi, quando costrette dall’autorità paterna, dovevamo andarci, era veramente dura. Lì ci viveva

ancora il vecchio proprietario, un tipo originale che amava offrirci grappa in bicchieri che non avevano mai conosciuto l’acqua. Indimenticabile la sua battuta a mio padre: «Ch’al sinti sior, sarà dura fa vin trist, cà» (Guardi che sarà dura far vino cattivo, qui). Durante queste gite forzate io stavo vicina all’auto, con le mie scarpette ritrose a farsi solleticare dall’erbetta e pronta, appena possibile, a risalire per tornare in fretta in città. Qualche anno dopo l’entusiasmo di mio padre era maturato al punto giusto per dare il via al progetto e iniziare i lavori nel vigneto e nella ristrutturazione della casa. Io e mia sorella, invece, continuavamo la solita vita, il liceo, l’università, idee e progetti per il futuro rigorosamente “a ruralità zero”. Distratte, non ci eravamo accorte che nostro padre, nel frattempo, aveva trasformato quella collina, armonizzandola con la natura circostante e ridisegnando i terrazzamenti ma rispettando gli alberi secolari che da sempre avevano avuto il diritto di nutrirsi di quella terra. Su quella collina a semicerchio esposta a mezzogiorno, soleggiata ma protetta, vennero piantati il Cabernet Sauvignon e il Merlot (che daranno vita al nostro Autari), lo Chardonnay, il Sauvignon, il Pinot Grigio e il grande Pignolo. Da quelle parti si produce al massimo

un chilo d’uva per pianta, in pratica una bottiglia di vino; i filari a cordone speronato, strettissimi, seguono tenacemente l’erta collina e impongono una vendemmia manuale. Il mio arrivo lì fu assolutamente casuale. Mia sorella doveva sostenere l’esame di maturità e da poco avevamo in casa un piccolo pastore bergamasco che soggiornava tutto il tempo sulla scrivania di Francesca, con ovvi e pericolosi effetti sul suo rendimento scolastico. Perciò mi misero in macchina e mi mandarono col cane al confino in campagna, fino alla fine degli esami. Fu in quei giorni che percepii una dimensione di vita a me prima sconosciuta, fatta di profumi, suoni, sensazioni semplici ma vere e intense che mi davano un benessere mai provato. “L’esilio” finì per allungarsi, non mi decidevo più a rientrare in città, perchè iniziavo a rendermi conto che forse per me era quella la dimensione giusta. Di vino non sapevo niente, di terra men che meno, eppure iniziai ad accostarmi a questi elementi con una naturalezza e un interesse simili a quelli che inspiegabilmente ti fanno sentire subito amica una persona appena conosciuta. Mi infilavo pantaloni e scarpe per andare in vigna, da aspirante contadina fermamente convinta che quella terra aspettava proprio noi. Per la prima volta assaporai il connubio tra natura e silenzio, due elementi preziosi (oggi in serio pericolo): e capii che i silenzi nutrono e i rumori consumano. Iniziai a occuparmi dell’azienda, sostenuta dall’appoggio di mio padre che, ieri come oggi, ha deciso di dedicare i momenti liberi a questa terra. Il mio entusiasmo contagiò anche mia sorella la quale, finito il liceo, s’iscrisse alla facoltà di Enologia e Viticoltura. Senza rendercene conto, ci eravamo divise i compiti: io nel vigneto, lei in cantina. Ci piaceva, e ci piace, attraversare insieme i filari lungo un percorso invisibile a un occhio inesperto, ma non al nostro, confrontandoci sulle cose da fare. Da quest’esperienza torniamo sempre cariche di idee e pensieri nuovi. Fondamentale per la nostra crescita è stata la collaborazione con Donato Lanati il quale ci ha guidato in questo affascinante mondo del vino, trasmettendoci cultura, passione ed emozioni che si ritrovano degustando i nostri vini. Oggi tutta la famiglia vive in campagna, felice di questa trasformazione che ha regalato un’impronta diversa alle nostre giornate. A volte mi chiedo il perché di tanta assoluta dipendenza dalla terra, di questo legame così intenso con qualcosa che un tempo mi era estranea. Poi, dalla finestra della cantina, alzo gli occhi e guardo il cielo luminoso attraverso i rami di un albero di noce su cui uno scoiattolo guizza libero. E capisco tutto.

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Un lavoro dolceamaro di Germana Cabrelle

Mauro Ceccarello, ventottenne imprenditore agricolo che produce radicchio rosso di Treviso Igp, ci racconta la sua scelta di vita. L’impegno quotidiano, le rinunce e le soddisfazioni. Le sua parole d’ordine? Formazione, aggiornamento, innovazione. E qualità

Veneto

Mauro Ceccarello ha 28 anni e vive a Trebaseleghe, in provincia di Padova, uno dei Comuni di produzione del Radicchio Rosso di Treviso Igp. Come i germogli regolari e compatti dell’ortaggio, è cresciuto precocemente nell’azienda di casa partecipando all’attività di famiglia. «Già all’età di 5 anni – racconta Mauro – quando il mio peso mi permise di schiacciare la frizione del trattore, ci salivo e facevo dei piccoli lavori che consideravo quasi un gioco. Col tempo l’attività è andata espandendosi. A 18 anni rimasi orfano di padre ma continuai l’attività di famiglia e a 24 mi laureai in Scienze e Tecnologie Agrarie e presi l’abilitazione per la libera professione di agronomo. Quindi aprii l’azienda agricola Dolce Amaro, sulla scia della tradizione familiare». Il core business è il radicchio rosso di Treviso Igp che si avvicenda con il mais, seminato come seconda coltura dopo i cereali utilizzando quasi esclusivamente concimi di origine organica. Ceccarello è molto attento all’ambiente e nella sua azienda fa ampio utilizzo di energie rinnovabili con due impianti fotovoltaici che la rendono autonoma dal punto di vista energetico consentendogli di alimentare anche due abitazioni. Mauro, come trascorre il suo tempo in azienda? Le giornate variano in funzione del periodo dell’anno: nella stagione della commercializzazione del radicchio si lavora tutti i giorni per fornire un prodotto sempre fresco. Solitamente la mattina si è operativi dalle 7 e alla sera si termina verso le 20.30. I picchi di lavoro sono sempre il venerdì, quando i clienti ordinano il triplo del quantitativo rispetto ai giorni infrasettimanali, e c’è da faticare per riuscire a chiudere la giornata. Se non partecipo a incontri e riunioni, mediamente sono libero 2 sere a settimana. Tempo libero durante il periodo di vendita ce n’è davvero poco, mentre negli altri 5/6 mesi si riescono anche a programmare delle pause.

Trebaseleghe

Il suo lavoro le dà soddisfazioni? Quel che faccio mi piace e mi appassiona e questi due ingredienti sono fondamentali per 40

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riuscire a farlo al meglio. C’è da dire che col radicchio ci sono praticamente cresciuto, mi dà soddisfazioni, entrate abbastanza certe, ma come in ogni buon matrimonio ci sono dei momenti di crisi in cui ti verrebbe da buttare tutto all’aria specie quando il clima fa i capricci (come la siccità di questa estate o il freddo eccessivo dello scorso inverno, dato che il sistema delle assicurazioni per difendersi non è ancora sufficientemente sviluppato e incentivato) o particolari congiunture di mercato in cui i ricavi non coprono nemmeno i costi di produzione. La crisi si è fatta sentire? Certamente, perché essendo il radicchio rosso di Treviso Igp un prodotto d’alta gamma il consumatore medio tende a consumarne meno. Complessivamente, però, nell’ambito dei prodotti agricoli il volume dei consumi credo rimanga sempre lo stesso. Perché l’uomo può rinunciare a tutto ma non al cibo. Quanto è stata importante la sua formazione per la sua professione? Una laurea magistrale in Scienze e Tecnologie Agrarie spazia in molti settori, ma credo sia necessaria per porre le basi per condurre bene un’azienda agricola e saperla gestire al meglio, barcamenandosi tra normative comunitarie, tecnologie e sistemi di produzione evoluti. Ma anche per garantire la sicurezza, la qualità e la salubrità delle derrate alimentari, oltre a ridurre gli sprechi e l’impatto ambientale, conciliando economia ed etica nella produzione. E che ruolo ha l’aggiornamento? Centrale.Il mio aggiornamento è continuo e costante. Partecipo a tutte le fiere di settore per essere sempre informato sulle ultime novità;vado ai seminari e ai convegni,alle riunioni su tematiche a me vicine e sono abbonato a più riviste sia on-line che cartacee. Faccio svariate sperimentazioni sui campi per cercare di ottenere sempre il massimo output quanti-qualitativo con il minimo input e impatto ambientale.

In queste immagini Mauro Ceccarello durante la sua giornata di lavoro presso la sua azienda DolceAmaro

«Col radicchio ci sono cresciuto, mi dà tante soddisfazioni, ma come in ogni buon matrimonio ci sono momenti di crisi»

Cosa si sente di dire a un ragazzo che come lei volesse diventare agricoltore? Mia madre mia ha sempre detto che lavorare in agricoltura è molto duro e per questo me l’ha sempre sconsigliato. Io credo invece che sia un settore che, con l’impiego delle moderne tecnologie, possa risultare sempre meno faticoso. Certo, bisogna confrontarsi e mettersi al riparo dalle molte variabili. Dai danni causati dal maltempo, ad esempio, utilizzando tutti i mezzi disponibili, come le assicurazioni incentivate. O impiegando leve strategiche come le agroenergie, l’agriturismo... E soprattutto puntando sulla qualità. Tuttavia, prima di aprire un’attività imprenditoriale bisogna osservare bene il contesto in cui si andrà a operare: il mercato, il territorio, l’ambiente, i concorrenti, le normative vigenti. E confrontarsi con altri che hanno fatto esperienze simili per cogliere le opportunità reali e focalizzare al meglio le energie. Per saperne di più: www.radicchiodolceamaro.it gennaio 2013

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storie dall’Italia che merita

Un sindaco fuori dal comune Se cercate Maurizio Giaminardi, dovete arrampicarvi fino a Castelmagno, il minuscolo comune del Cuneese che dal 1200 dà il nome a uno dei più famosi formaggi d’Italia. Si è trasferito qui nel 2009 per scappare dalla città e dedicarsi all’agricoltura. Finendo per diventarne anche primo cittadino

«Si è trattato di un ritorno – racconta – anche se sono nato a Torino e ho vissuto a Cuneo, le radici della mia famiglia sono sempre state qui, in Valle Grana. La mia anima di montanaro sentiva la necessità di vivere tra queste montagne e quando la mia vita in città ha iniziato a non soddisfarmi più, ho preso e, senza pensarci su più di tanto, me ne sono andato».

Decrescita felice? Sì ma in montagna! E dire che, dal punto di vista professionale, a Giaminardi le soddisfazioni in città non erano mancate: ha lavorato in Coldiretti, nel settore 42

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del commercio, quindi in Alpitour, dove si è dedicato soprattutto al Medio Oriente, un’occupazione che l’ha portato a girare a lungo per il mondo e acquisire una profonda conoscenza del turismo. Poi, alla soglia dei quarant’anni, il cambiamento: il ritorno alle radici e a una vita completamente diversa. «Sono un fervente sostenitore della teoria della decrescita – spiega – non vedo un futuro possibile se continuiamo a costruire macchine, case e nuove strutture. Dobbiamo invece guardare con più attenzione agli spazi abbandonati e cercare di occuparli nel miglior modo possibile». Un’idea che lo ha condotto a cambiare radicalmente il suo stile di vita, prima di tutto ridimensionando le proprie necessità e quindi imparando a vivere con molto meno. E in breve, i bisogni che un tempo sembravano primari sono diventati superflui. «Benché la redditività del mio nuovo lavoro sia bassa, è comunque sufficiente, in quanto prima di tutto, da queste parti si impara a vivere con


durre un Miele Millefiori di grande complessità, ottenuto grazie alle numerose varietà botaniche tipiche dell’alta montagna. «Si tratta sempre di produzioni minime – puntualizza – qui l’economia si basa sulla realizzazione di tante piccole colture. Al momento curo una ventina di alveari, 4 mila metri quadri coltivati a patate e mille a orto senza alcun ausilio di meccanizzazione, perché la conformazione del terreno lo rende impossibile».

Fascia al petto e zappa in mano

In apertura, Giaminardi al lavoro con le sue api e, in questa pagina,una veduta del borgo di Castelmagno

Lavorare per se stessi e migliorare l’ambiente circostante? Si può. E Giaminardi lo fa da apicoltore e da primo cittadino poco». Castelmagno è sinonimo di formaggio, ma non è specificatamente alla vita da casaro che si è dedicato Giaminardi, quanto piuttosto all’agricoltura come si intendeva una volta nelle zone di montagna, dove non ci sono grandi distese pianeggianti e non è possibile pensare a colture intensive. E un passo alla volta, sta dando vita a un’azienda agricola diversificata e basata sulla coltivazione della patata rossa – da sempre messa a coltura in queste montagne alle quali il terreno, il clima e l’altitudine conferiscono proprietà organolettiche di grande qualità – sui piccoli frutti, sulla raccolta di erbe spontanee e sull’apicoltura che gli consente di pro-

È il concetto stesso di agricoltura a cambiare su queste montagne scoscese che in passato erano coltivate, ma sono rimaste a lungo abbandonate. Giaminardi ha dovuto ricostruire i muretti, le strade e i terrazzamenti, convinto che si debba prima di tutto agire sul territorio con un’ottica di salvaguardia e di prevenzione. Come a dire: lavorare per se stessi e migliorare l’ambiente circostante? Si può. È seguendo questa filosofia che ha finito per diventare anche sindaco del paese: «Chi fa una scelta come la mia – chiosa – va a incrementare un tessuto sociale depauperato. Soltanto in un paese che conta poche decine di anime, ti rendi conto di quanto sia importante la comunità. Contribuire al tessuto sociale vuol dire anche partecipare alla vita politica, ma questa partecipazione ha un significato molto diverso da quello che si intende generalmente. Qui è fondamentale che tutti contribuiscano al funzionamento della cosa pubblica che ha bisogno dell’impegno di ciascun singolo abitante». Giaminardi, in questa sua “seconda vita” da sindaco-agricoltore, non ha perso però il piglio manageriale: il comune di Castelmagno, nonostante si trovi a 1600 metri sul livello del mare, può vantare infatti da qualche anno la dotazione dei più moderni mezzi di comunicazione, banda larga e collegamenti internet. E non solo: l’amministrazione sta puntando fortemente sulle potenzialità turistiche di questo regno incontaminato destinato a diventare una meta sempre più ambita per gli amati degli sport invernali “puliti” come le passeggiate con le ciaspole e lo sci alpinismo e di fondo. gennaio 2013

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Sergio Marini, si racconti… Sono nato a Terni nel 1964. Sposato con due figli, mi sono laureato in Scienze Agrarie a Perugia. Sono imprenditore nel settore florovivaistico e dagli anni dell’Università sono impegnato nella Coldiretti della quale sono presidente nazionale dal 2007.

La "rivoluzione verde" è iniziata di Roberto Rabachino

Che l’Italia torni a fare l’Italia! È questo l’augurio che fa al Paese il presidente di Coldiretti. Secondo il quale l’unica strada per imporsi sul mercato globale è quella di riuscire a trasferire ai nostri prodotti e servizi il valore materiale e immateriale della “peculiarità italiana”, facendo rete, puntando sulla “comunità”, sul biologico. E ovviamente sui giovani

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Il valore della comunità è uno dei dieci punti contenuti nel documento “Italia che vogliamo” presentato nel Forum Internazionale dell’agricoltura e dell’alimentazione di Cernobbio. Quali sono i valori a cui si riferisce? La nostra è una proposta per il Paese, che va dall’esigenza di un governo globale di beni comuni come il cibo e la terra fino al recupero di una dimensione etica che sappia permeare la politica, le forze sociali e la stessa vita dei cittadini. La natura di questa crisi ci porta infatti a riflettere sulla necessità di investire su valori durevoli, continuativi, che non conoscono erosione: l’amicizia, la famiglia, la spiritualità, la solidarietà, lo stare bene insieme. E a considerare la comunità come la chiave per potersi integrare nel mare della globalizzazione. Del resto l’agricoltura multifunzionale e la stessa produzione agroalimentare sono al medesimo tempo generatrici e rappresentazione di questo modello, e la stessa impresa multifunzionale continua a rimanere al centro di questo fare “comunità”. Per la prima volta aumentano i giovani agricoltori. Quali i motivi di questa inversione di tendenza? In agricoltura il lavoro c’è sia per chi vuole trovare un’occupazione sia per chi vuole iniziare un’avventura imprenditoriale. Oggi, grazie alla battaglia che abbiamo vinto con la “legge di orientamento”, l’agricoltura ha allargato i propri confini e offre opportunità che attraggono i giovani; più in generale un ruolo importante è giocato dall’affermarsi di una nuova cultura del cibo, dell’ambiente e della qualità della vita. Siamo di fronte a una vera rivoluzione rispetto al passato, quando la vita in campagna era considerata sinonimo di arretratezza e ritardo culturale nei confronti di quella in città.

Sergio Marini

personaggi


Qual è il suo parare sull'uso dei fitofarmaci? L’Italia ha conquistato il primato in Europa per la qualità e la sicurezza dei prodotti con oltre il 99% dei campioni di frutta e verdura risultati regolari. Senza dimenticare che in Italia si trova il maggior numero di imprese biologiche dell’UE a conferma dell’impegno dei nostri produttori. Spesso non ci sono le stesse garanzie per i prodotti importati da Paesi lontani dove non valgono le nostre stesse regole e per questo occorre intensificare i controlli. Green Economy, una grande opportunità? Gli assets su cui il nostro Paese può e deve puntare sono di natura materiale e immateriale: patrimonio storico e artistico, gusto e passione, intuito e buonsenso, ma anche agricoltura, ambiente, paesaggio, biodiversità. Risorse che appartengono al nostro Dna e che garantiscono quel valore aggiunto inimitabile e non delocalizzabile anche per lo sviluppo della Green Economy. Per questo L’Italia e il suo futuro sono legati alla capacità di… tornare a fare l’Italia, imboccando la strada di un nuovo modello di sviluppo che trae nutrimento dai punti di forza cui ho fatto riferimento. È nella capacità di trasferire nei nostri prodotti e nei nostri servizi il valore materiale e immateriale della peculiarità italiana e nel rafforzare il nostro saper “fare rete” che troveremo la forza e l’autorevolezza per riconquistare la giusta capacità competitiva, anche nella dimensione globale. Cosa pensa della lotta all’agro-pirateria come strumento per recuperare risorse economiche? La contraffazione e la falsificazione dei prodotti alimentari made in Italy costano all’Italia quasi 60 miliardi e 300 mila posti di lavoro. La lotta a questi fenomeni deve quindi rappresentare per le Istituzioni un’area di intervento prioritaria. Alla perdita di opportunità economiche e occupazionali si somma inoltre il

In apertura Sergio Marini. Tra i fenomeni analizzati dal presidente di Coldiretti come caratterizzanti questo periodo storico per l'agro-economia italiana, l'importante ritorno dei giovani all'agricoltura

La Coldiretti La Coldiretti, con un milione e mezzo di associati, è la principale organizzazione degli imprenditori agricoli a livello nazionale ed europeo. Il nome della Coldiretti è legato a Paolo Bonomi – nato a Romentino (Novara) il 6 giugno 1910 da una famiglia di agricoltori e laureato in scienze economiche e commerciali – che nel 1944 la fondò e ne fu presidente fino al 1980. Dal 2007 è presieduta da Sergio Marini nella continuità e nell’impegno di valorizzazione del lavoro agricolo come elemento fondamentale di crescita economica e sociale.

danno provocato all’immagine dei prodotti nostrani soprattutto nei mercati emergenti, dove spesso il falso è più diffuso del vero. Bisogna combattere questo inganno globale ai consumatori cercando un accordo sul commercio internazionale nel Wto per la tutela delle denominazioni dai falsi, ma è anche necessario fare chiarezza a livello nazionale ed europeo, dove occorre estendere a tutti i prodotti l’obbligo di indicare in etichetta l’origine, come previsto dalla legge approvata all’unanimità dal Parlamento italiano e rimasta fino a ora inapplicata.

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lostudio

Voglio andare a vivere in campagna! Città sempre più care (61%) e voglia di un migliore stile di vita (42%), portano sempre più italiani a desiderare la vita rupestre, a contatto diretto con la natura. Non più isole da favola o metropoli da sogno: oggi per un italiano su tre la vera chimera è il “fuori porta”

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Vivere a contatto diretto con la natura, coltivare la terra e crescere un allevamento di animali, portare avanti un ritmo di vita più sano e sostenibile. Un italiano su tre (36%) sogna di andare a vivere in campagna. Stanchi del costo della vita in città (61%) e del livello di inquinamento raggiunto nelle grandi metropoli (40%), sempre più persone guardano come meta ambita a paesaggi rupestri e ad habitat rurali. Contribuisce

anche alla voglia di partire la nostalgia dei più nei confronti dei luoghi di origine propri o della propria famiglia, dove si è cresciuti o si sono trascorsi momenti felici (27%). Ma quali sarebbero quindi i vantaggi che l’aspirante contadino spera di ottenere trasferendosi? Staccare la spina dalla frenesia quotidiana (71%), prima di tutto, ma anche respirare aria pulita (42%) e rivivere la spensieratezza di una vita con meno orari


1. Quanto sei contento delle città dove vivi? Per nulla, preferirei trasferirmi

33%

Poco, sento la nostalgia dei luoghi dove sono cresciuto

27%

Abbastanza, dipende dai momenti dell’anno

21%

Molto

10% 9%

Non sa/Non risponde

2. Cosa ti rende insoddisfatto del luogo dove vivi? Costo della vita

61%

Livello d’inquinamento

42%

Ritmi di vita frenetici

35%

Traffico cittadino

21%

Altro

13%

3. Dove ti trasferiresti? 36% 27% 18% 13% 6%

In campagna In un’isola deserta In una metropoli più grande All’estero Altro

4. Quali sono i vantaggi di andare a vivere in campagna? Tranquillità, ritmo di vita meno frenetico Contatto diretto con la natura Vivere in spensieratezza, come in gioventù

37%

Possibilità di dedicarmi al giardinaggio

24%

Possibilità di allevare animali

17% 12%

Altro

Il buon proposito di molti italiani per questo 2013? Mollare lo stress e recuperare il contatto con la natura e con le proprie radici

e pressioni (37%). C’è inoltre chi preferisce la vita rupestre esclusivamente per rispolverare il proprio pollice verde, coltivando da sé i prodotti della terra (24%), o per darsi all’allevamento di animali (14%). È quanto emerge da uno studio promosso da VdG magazine condotto tramite interviste web a oltre 1.100 utenti di blog, forum e community, per analizzare il rapporto tra gli italiani e la campagna.

71% 41%

5. Quali sono le tue attività preferite in campagna? Coltivare prodotti della terra

45%

Allevare animali

32%

Fare attività fisica all’aria aperta

21%

Compiere lunghe passeggiate a contatto con la natura

15%

Altro

12%

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i viaggi dei gusto di...

Vi siete mai chiesti cosa mangiava da piccolo Vittorio Sgarbi? Oppure quali sono i ristoranti preferiti di Gianfranco Vissani? O che piatti cucina Marisa Laurito ai suoi ospiti, e che tipo di vini ama Matteo Renzi? Dal prossimo mese non sarà più un segreto, perché VdG magazine andrà alla scoperta dei segreti enogastronomici delle celebrità che potrete leggere nella rubrica “I viaggi del gusto di…”. Un appuntamento mensile che sarà curato a quattro mani da Elisa Isoardi, conduttrice televisiva e popolarissimo volto di Rai Uno, e da Paola Gula, giornalista enogastronomica e sommelier. Due inviate molto speciali che, in occasione dell’anteprima di questa rubrica, abbiamo voluto intervistare, anche per farci dare qualche anticipazione sulle chicche che ci riserveranno nei prossimi mesi.

Elisa Isoardi Ogni mattina su RaiUno parla di problemi sociali, politica e attualità, eppure dentro di lei vive un’anima appassionata di vini, cucina, tradizioni e territorio. Le sue radici affondano nella Valle Grana, in provincia di Cuneo, dove torna appena riesce e la si può incontrare in sala o nella cucina del ristorante di famiglia, La Locanda da Elisa.

Attenti a queste due Come è nato il tuo amore per l’enogastronomia?

ge la ricchezza del nostro territorio e la professionalità di chi trasforma la materia prima.

Elisa: Da quando ne ho memoria. Mi ricordo ancora mia nonna quando avevo sei anni. La vedevo come una maga con le mani immerse nella pasta. È stato amore. Da subito.

Paola: Perché racconta la storia dei popoli, delle loro radici, delle loro tradizioni, né più né meno come la letteratura o le arti figurative.

Paola: Un’ottima cuoca come madre, un veterinario legato alla sua terra come padre. Poi un corso con il “guru” dell’analisi sensoriale, Luigi Odello, mi ha fatto entrare in contatto con un mondo affascinante che non ho più abbandonato.

Cosa ti spinge a credere in questo settore? Elisa: La consapevolezza che deve essere portato avanti perché è una grande risorsa della nostra terra. Mi spin-

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Come intendi la cucina di oggi? Elisa: Deve essere masticabile, non fatta di schiume o pappette. Dobbiamo dimenticarci le tendenze di qualche anno fa ritrovando i gusti reali senza pasticci, soprattutto abbinando la tradizione con l’innovazione dei giovani chef. Paola: Tra innovazioni e nuove tendenze, alla fine, a emergere e a fare la parte del leone è sempre la tradizione. In fondo senza conoscere il passato è difficile costruire il futuro. Anche in cucina.


Paola Gula Trascorre la vita tra libri, assaggi e i quattro figli, sempre con il computer appresso pur di non perdere l’occasione di scrivere. Nonostante il lavoro di giornalista la porti spesso in giro per il mondo, si sente una sorta di “inviata speciale” che racconta le vicende gastronomiche di una delle provincie più vivaci d’Italia, quella di Cuneo.

nomia sono merce rara. Ancora di più se giovani, belle, famose e… simpatiche. In questo senso Elisa è stata una vera e propria sorpresa perché possiede una competenza che deriva dalla conduzione di trasmissioni come La prova del Cuoco e Linea Verde, dall’amore per la propria terra, la Valle Grana, da questo punto di vista una delle più generose d’Italia, e dalla partecipazione attiva alla conduzione del ristorante di famiglia.

Come vi siete conosciute? Elisa: A dire la verità non me lo ricordo. Ci sentiamo ogni giorno, mi sembra di conoscerla da sempre. Mi ricordo molto bene, però, il suo primo sguardo di disapprovazione di fronte a un piatto che riteneva “sbagliato”.

Foto di Giorgia Aimo

Paola: A Pradleves, proprio nel ristorante della mamma di Elisa. Tra un bicchiere di Barolo e un piatto di gnocchi al Castelmagno.

La passione per la buona cucina le ha fatte incontrare, e vestire per noi i panni delle inviate speciali ... del gusto

Cosa ti incuriosisce quando entri in un ristorante? Elisa: La famigliarità. Capisco che ci debbano essere ristoranti eleganti, ma l’accoglienza per me rimane un requisito fondamentale. Davanti a un piatto, o entrando in un locale, sono i profumi a colpirmi. Paola: La sua storia.

Perché insieme?

Di cosa vi occuperete? Elisa: Ogni mese intervisteremo un personaggio, colleghi e non, cercando di capire quali sono le loro “affinità elettive” con il cibo, svelando anche qualche peccato di gola. Paola: Scopriremo l’anima gastronomica di personaggi illustri: scrittori, attori, chef, politici…. Curioseremo tra i loro ristoranti, vini e piatti preferiti. Ci faremo raccontare il territorio da cui provengono e le sue specialità.

Quali sono i personaggi che non vedresti mai ai fornelli? Elisa: Vittorio Sgarbi, che infatti sarà un nostro obiettivo. Paola: Nessuno. Negli anni ho constatato che nascosto dentro ognuno di noi c’è uno chef, persino nei più insospettabili.

Elisa: Perché la prima volta che ho visto Paola mi ha fatto paura. Ha un atteggiamento severo, diretto e schietto frutto di un’altissima competenza nel settore. Anche con il mio ristorante non è sempre stata dolce. Tra noi esiste il confronto e non sempre i nostri giudizi concordano.

L’intervista impossibile ma che vorresti a tutti i costi fare?

Paola: Le donne che si appassionano all’enogastro-

Paola: Due: Ohran Pamuck e Russel Crowe.

Elisa: A Federico II di Svevia perché era cultore di ogni arte, compresa la cucina.

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Italian tradition since 1681

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Cibo&Territorio Cibo&Territorio 62 52

56 80

66

52 Salumi diverSi

66 mele d’iTalia

I tempI cambIano e con loro glI InsaccatI: oggI spopolano quellI

dalla bIbbIa aglI Iphone, restano sempre I fruttI pIù gettonatI:

dI bovIno e ovInI

conoscIamo meglIo quellI ItalIanI

56 TarTufo nero non solo “bIanco”: In pIemonte alla rIcerca del tubero pIù pregIato e spesso dImentIcato

76 Wine paSSion barbera e barbaresco:

da pag. 60 Rubriche

• La storia in cucina • Chef italiani nel mondo • Food news • Orto dei semplici • Il buono a tavola

due grandI vInI pIemontesI. dIversI ma ugualmente straordInarI

62 mozzarella vS burraTa scoprIamo affInItà e dIfferenze delle due regIne della tavola In

campanIa ed In puglIa gennaio 2013

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cibo&territorio

Sincù, teteun, slinzeghe. Nomi insoliti per molti di noi. Più familiare è la bresaola, insaccato di bovino, così come le altre specialità montane citate, note e amate da sempre nelle zone di produzione e attualmente alla ribalta come alternative ai classici prodotti di suino. Senza dimenticare quelli a base di carne ovina, le cui produzioni di nicchia sono diffuse su tutto il territorio nazionale, o le novità a base di bufala e struzzo di Riccardo Lagorio

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L’altra faccia dei salumi I regimi dietetici, e in alcuni casi i credo religiosi, impongono una revisione del panorama della salumeria italiana, la più ricca al mondo per varietà e ricchezza compositiva. La supremazia (numerica) dei salumi generati dalla lavorazione della carne del suino non è, al momento, in discussione, ma si affacciano sul mercato prodotti alternativi che vanno incontro a nuove esigenze ipocaloriche e alla crescente presenza di persone che, rispettose di dottrine diverse dal cristianesimo, chiedono di poter assaporare comunque le meraviglie golose dell’arte norcina italica.

Al Nord spopola il bovino Molto radicata è, ad esempio, la cultura della produzione di salumi bovini lungo tutto l’arco alpino benché i Savoia avessero emanato una legge che ne proibiva l’utilizzo. Se in Piemonte una delle capitali riconosciute è Bra, dove la carne magra di vitello fu invece autorizzata per decreto da Carlo Alberto nel 1847 per andare incontro alle necessità della comunità ebraica della vicina Cherasco, in Valle Brembana, nel Bergamasco, il bovino fa parte integrante della cultura alimentare locale. La necessità di conservare la


Sebbene il maiale la faccia ancora da padrone indiscusso, si affacciano sul mercato prodotti alternativi che vanno incontro a nuove esigenze ipocaloriche e legate a diversi credo religiosi

Il salame ecumenico All’esistenza di comunità ebraiche presenti già nel Duecento in Lomellina, habitué fin dal XV secolo dei negozi gestiti dai macellai locali per acquisti di ciccioli e salami di sola carne d’oca, si fa risalire anche l’attuale specializzazione della medesima area nella produzione del cosiddetto salame ecumenico su cui convergono i golosi interessi delle tre religioni monoteiste: cristianesimo, ebraismo e islamismo. Per l’ottenimento di questo salume la carne magra e la pelle dell’oca sono lavorate a coltello e, una volta insaporite con sale e poco pepe, insaccate nel collo del volatile, previamente cucito a mano. Trascorsi dai tre ai cinque mesi se ne gusterà la fragranza.

carne delle vacche a fine carriera (che voleva dire non più in grado di lavorare nei campi e neppure di fornire latte utile alla elaborazione di formaggi) richiedeva che fosse utilizzata per farne salumi, aggiungendovi comunque sempre parzialmente grasso e carne suini per mantenerne morbido l’impasto. Nacque la salsiccia di manzo, testimone dello stretto legame esistente tra cultura casearia e una certa norcineria non suina. Nella vicina Val di Scalve la salsiccia di manzo assume la caratteristica forma tozza e cilindrica a U, talvolta definita sincù. La bresaola della Valtellina Igp e le tipologie delle sue innumerevoli consorelle, le slinzeghe, più piccole e secche, è figlia della medesima cultura benché per la sua produzione (con carni quasi esclusivamente sudamericane, oggi) si utilizzi la sola coscia comprensiva di scamone, immersa in salagione a secco e rivestita da budello naturale. In Valle di Lanzo e nella fascia pede-

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cibo&territorio

Bufala insaccata Solo negli ultimi vent’anni si è iniziato a consumare carne di annutoli e bufale non più produttive sotto forma di salume: ne sono nate squisite mortadelle, bresaole, prosciutti cotti, salami classici a grana grossa, sopressate e salsicce. Specifici studi universitari hanno peraltro dimostrato che le eccezionali e singolari caratteristiche organolettiche e nutrizionali li rendono consigliabili a chi è in giovane età e agli anziani.

In apertura fette di bresaola e, sempre nella pagina precedente, il Monte Arera in Val di Scalve. Qui sotto, appesa, una slinzega

montana biellese e vercellese è invece assai diffuso il salame di turgia (in dialetto piemontese turgia sta a indicare la vacca sterile). La carne, macinata a grana grande, arricchita di aglio, sale e pepe, si insacca in modo da formare salami lunghi circa 15 cm in budello di vitello. Si consuma dopo 15 giorni se fresco, oppure si dovrà attendere ancora tre settimane se si vuole affettare. All’utilizzo delle bovine non più in età da latte si deve il teteun (nella sua patria primaria, Gignod; o tetette, a Cogne), salume ispirato dagli antichi romani che andavano matti per il sumen, di scrofa però. Le bovine sono in questo caso di razza Valdostana e le mammelle vengono tagliate in più parti perché si liberino dai residui lattei, poi battute e coperte di aromi in mastelli per due settimane. Tolta dalla salamoia, pulita e di nuovo pressata, la parte anatomica viene infine bollita. Si consuma affettata come un prosciutto cotto.

Sapori arcaici recuperati Può sembrare un paradosso l’assenza fino a qualche decennio fa di una salumeria ovina in Sardegna. La disponibilità di ovini si è sempre tradotta in umidi o brasati o spiedi. Frutto dell’intraprendenza di alcuni artigiani isolani, ma proprio per questo non legati alla produzione e alla tipicità, hanno fatto da qualche anno capolino anche sui mercati continentali il filetto di pecora, la salsiccia di pecora e il prosciutto di pecora. Lo stesso prosciutto di ovino che, a più fredde latitudini, in Valtellina e Valchiavenna, passa sotto l’onomatopeico nome di violino, disponibile anche in versione caprina (e selvatica: camoscio e capriolo), buono da suonare con lo strumento che taglia a fette sottili il coscio, l’archetto. La coscia ovina o caprina si lascia in infusione per poco più d’una settimana in sale, pepe, alloro, ginepro e vino bianco e, una volta tolta dalla concia e lavata, si appende in un locale asciutto e non ventilato per almeno due mesi. Bisogna fermarsi ancora in Lombardia per scovare un elaborato a base

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Le nuove frontiere della salumeria E se la tradizione si costruisce giorno via giorno sino a diventare consolidata abitudine, pare per il momento solo rimandata quella relativa ai salumi di struzzo: prosciutto cotto, bresaola, salame. Soggetto di un’autentica esplosione di interesse a fine degli anni Ottanta, lo struzzo si è inserito prepotentemente nello scenario della salumeria italiana d’inizio XXI secolo. Ancora poco conosciuto e poco capito, con il suo alto tasso di proteine e privo di colesterolo, questo mastodontico pennuto rappresenta la nuova frontiera della salumeria italiana, un’applicazione esotica alla nostrana inclinazione di conservare la carne grazie a sale e spezie.


d’ovino. In Valcamonica, nella cittadina di Breno, la carne di castrato, disossata e ben mondata dal grasso, si trita assai finemente aggiungendovi aglio, pepe e sale. Insaccata in budello naturale con il brodo dello stesso castrato, viene bollita entro due giorni dalla produzione e, secondo centenaria tradizione, si serve con patate e polenta o peperonata. Arcaica preparazione delle stesse valli la berna (nota come castradina nelle adiacenti valli bergamasche), strisce più o meno lunghe e larghe di carne ovina o caprina che viene messa in salamoia con erbe odorose (ginepro e alloro su tutte) e fatta essiccare avvolta intorno a rami d’abete. Un tempo contenitore di proteine per i pastori transumanti, oggi si consuma raramente, affettata sottile. Un procedimento simile di stagionatura, a cui si fa seguire un breve periodo di affumicatura si ritrova nel Bellunese, tra Lamon e Castellavazzo. Ma ve n’è anche una versione pugliese, luogo cardine dei lunghi viaggi attraverso i tratturi d’un tempo. La muscisca non è nient’atro che carne di pecora tagliata a listarelle, lasciata in sale, peperoncino e semi di finocchio al sole per un periodo utile a essiccare, ancora diffusa nelle aree rurali del Foggiano. Legata al mondo della pastorizia e molto caratteristica è invece la friulana pitina, impasto di carne ovina (originariamente cervo o capriolo) con sale e pepe ed eventuali erbe selvatiche rintracciate dai viandanti, infine ricoperto di farina gialla e affumicato, autoctono dell’area di Tramonti di Sopra, nel Pordenonese.

Scelti per voi dove mangiare Trattoria Cà Bianca Imperdibile la salsiccia di castrato. Prezzo medio: 30 euro Località Cà Bianca - Breno (Bs) Tel. 0364.320059 www.lacabianca.it

Occhio ai consumi L’acquisto dei salumi conviene solo dopo avere letto la carta degli ingredienti. Diffidate da quelle con ingredienti che iniziano per E più un numero (che va da 100 a 1999): si tratta di additivi che aiutano a preservare la freschezza degli alimenti (spesso conservanti e antiossidanti), che migliorano (o modificano) le caratteristiche sensoriali degli alimenti (coloranti, dolcificanti, esaltatori di sapidità...), o additivi tecnologici (usati per facilitare la lavorazione degli alimenti ma che non hanno una specifica funzione nel prodotto finale). Probabilmente non sono dannose alla salute, ma se ne può fare senz’altro a meno se il produttore utilizza una materia prima inappuntabile e precise modalità produttive.

La butega de la pitina Locale semplice. La sua pitina vi farà tornare. Prezzo mdio: 25 euro Via Regina Elena, 40 Tramonti di Sopra (Pn) Tel. 0427.869092

dove dormire Hotel Milano Struttura accogliente, di nuova concezione. Doppia da euro 140 Via Silvio Pellico, 3 Castione della Presolana (Bg) Tel. 0346.31211 www.hotelmilano.com Eurohotel Palace Maniago Moderno e completo dei comfort necessari a chi viaggia. Euro 140 Viale della Vittoria, 3 - Maniago (Pn) Tel. 0427.71432 www.eurohotelfriuli.it

dove comprare Più Gusto Anche carne fresca e stuzzichini. Località Fratta, 47 Pergine Valsugana (Tn) www.piugusto.eu Salumificio Mottolini Bresaola di qualità in diverse (e sempre ottime) declinazioni. Via Lozzoni, 5 Poggiridenti (So) www.mottolini.it Bufarik Salumi di carne di bufala, tra cui una deliziosa mortadella. Piazza Trento e Trieste Nocera Inferiore (Sa) Tel. 347.2539779

Dall’alto: un violino (prosciutto di ovino) pronto per essere “suonato” con il suo archetto e un ricco piatto di muscisca

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cibo&territorio

Tartufo nero, il preferito di casa Savoia di Paola Gula

Piemonte Cuneo

Mondovì

Trovarlo non è un’impresa impossibile e può essere persino coltivato. Ha dominato indiscusso per secoli, fino a che il cugino bianco non gli ha rubato la scena. Ma quello che Dumas definiva “il sacra sacrorum dei gastronomi”, il Tuber Melanosporum piemontese, merita di essere riscoperto. Con una passeggiata tra Mondovì e Cuneo per visitare i territori dove nasce spontaneo

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Se si parla di tartufo in provincia di Cuneo il pensiero corre immediato al bianco d’Alba, il re che ogni autunno è protagonista di infinite discussioni sulla bontà della stagione in corso e sui prezzi da capogiro. Tutto il mondo gastronomico ha gli occhi puntati sulla provincia Granda in questo periodo, ma sono davvero pochi quelli che sanno che quando la stagione del tartufo bianco sta volgendo al ter-


Il tartufo nero pregiato ha forma globosa, con la parte esterna (peridio) di colore nero e quella interna (gleba) di colore grigio-nero solcata da venature chiare, sottili e ramificate

mine, in zona è da poco iniziata quella del tartufo nero pregiato.

Un patrimonio ritrovato È conosciuto soprattutto come tartufo nero del Perigord o di Norcia, ma non è un segreto che la patria di questo meraviglioso fungo ipogeo (che vive sotto terra) sia la Francia che ne ha fatto il protagonista di piatti straordinari. Alexandre

Dumas – il padre dei Tre Moschettieri e del Conte di Montecristo – autore de Il grande dizionario di Cucina, uno dei testi più interessanti e divertenti sull’argomento scritti nell’800, alla voce “tartufo”, che definisce “il sacra sacrorum dei gastronomi”, acclude numerose ricette che trattano soltanto del tartufo nero. Idem per i ricettari dei cuochi di casa Savoia che non tenevano in minima considerazione il bianco piemontese, ma dedicavano ogni attenzione al grandioso nero. Oggi succede esattamente il contrario: il bianco d’Alba è così famoso da aver fatto dimenticare a lungo l’esistenza del Tuber Melanosporum. Eppure in provincia di Cuneo esistono due zone in cui questo tartufo nasce naturalmente: nel comune di Scagnello, in Valle Mongia, vicino a Mondovì, e a Montemale, in Valle Grana vicino a Cuneo. In entrambi i casi si tratta di comuni che contano poche centinaia di abitanti e che negli ultimi anni hanno combattuto contro lo spopolamento che ha afflitto la maggior parte dei paesi rurali. Il territorio che li circonda è l’habitat ideale del tartufo nero pregiato che nasce da sempre nelle tartufaie naturali. Una delle sue qualità è che, a

Pappardelle alla farina di castagne Ingredienti: 250 gr di farina 00 150 gr di farina di castagne 100 gr di semola 7 tuorli 2 uova sale q.b 2 cucchiai da zuppa di olio d’oliva Preparazione: Mescolare insieme tutti gli ingredienti e conservare il composto ottenuto in frigorifero per 45 minuti. Tirare con la sfogliatrice e tagliare le pappardelle. Cuocere la pasta in abbondante acqua salata e scolarla nella padella della salsa. Condire con una manciata di parmigiano e un filo di olio extra vergine d’oliva. Servire nei piatti fondi caldi e ricoprire di scaglie di tartufo nero del Monregalese.

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cibo&territorio

Ragù di selvaggina (consigliata da Marc Lanteri del Ristorante Il Baluardo di Mondovì)

Ingredienti: 750 gr di spalla capriolo 1 carota 1 cipolla 1 ramo di sedano 2 spicchi di aglio gusti misti 2 bacche di ginepro 750 ml di Nebbiolo 500 ml di brodo farina q.b sale/pepe 100 gr di prezzemolo tritato 60 gr di tartufo nero

Preparazione: Tagliare a pezzetti la spalla e passare nella farina. In un tegame scaldare dell’olio e rosolare la carne su entrambi i lati. Aggiungere le verdure tagliate a brunoise, l’aglio, e le bacche di ginepro. Sfumare con il Nebbiolo e salare. Ricoprire di brodo e cuocere a fuoco basso per circa 1 ora e 30 minuti facendo attenzione che non si attacchi. Una volta cotta la carne, tagliarla a cubetti. Ridurre la salsa e aggiungerla alla carne. Spolverare di scaglie di tartufo

Per saperne di più: www.neropiemonte.it

Nel cuneese esistono due zone dove il tartufo nero pregiato nasce spontaneo: a Scagnello, in Valle Mongia, e a Montemale, in Valle Grana 58

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Occhio ai consumi

differenza del bianco, può essere coltivato e, se da una parte numerose tartufaie originali sono state rovinate dall’uomo, dall’altra si è lavorato per allargare la produzione tramite nuovi impianti. Perché l’uomo ha rovinato l’habitat del tartufo? È semplice: che sia o meno coltivato, soltanto l’olfatto del cane riesce a percepire il momento in cui i tartufi arrivano a maturazione e possono essere raccolti. La loro presenza però si può rilevare a occhio nudo perché attorno agli alberi presso i quali nascono l’erba non cresce, quasi fosse bruciata. Diventa quindi facile raccoglierli zappando il terreno senza l’ausilio del cane, ma questo provoca danni irreversibili alle tartufaie che negli anni si sono drasticamente ridotte. A giocare un ruolo fondamentale è stato anche l’abbandono rurale che ha causato la colonizzazione dei territori tartufigeni da parte di sterpi e rovi, soffocando così la produzione delle tartufaie. Questo è il motivo per cui entrambi i comuni hanno lavorato su due fronti: il recupero del territorio e la messa a dimora di nuovi impianti.

La stagione di raccolta del Tuber Melanosporum Vittadini inizia il primo dicembre e si conclude alla fine di marzo. Si raccoglie specialmente sotto querce, noccioli, leccio, roverella e carpini neri. La forma è globosa e la parte esterna (peridio) è di colore nero, quella interna (gleba) è di colore grigionero solcata da venature chiare, sottili e molto ramificate. Il profumo, che ricorda funghi e spezie, è decisamente intenso e aromatico, tanto da essere considerato il miglior tartufo dai cultori della cucina francese. Deve essere consumato dopo una breve cottura dando vita a ricette decisamente gustose. Il prezzo all’etto varia a seconda della ricchezza delle stagioni.

Dove il nero è di casa In effetti, da una decina di anni a questa parte, l’attenzione verso il tartufo nero è decisamente aumentata e se in passato gli unici acquirenti erano importatori francesi che lo rivendevano in patria, oggi i ristoratori e i consumatori si stanno avvicinando sempre di più a questo prodotto. Si tratta di un’occasione ghiotta da ogni punto di vista, compreso quello turisti-


Qui sopra il momento clou della ricerca del tartufo. Da notare l’albero che ha attorno la tipica “terra bruciata” che denota la presenza del tartufo nero pregiato. A sinistra il borgo di Montemale

Il profumo del Tuber Melanosporum Vittadini che ricorda quello di funghi e spezie, è decisamente intenso e aromatico, tanto da essere considerato il miglior tartufo dai cultori della cucina francese

Scelti per voi co perché conduce verso la scoperta di località poco note, tagliate fuori dai circuiti tradizionali, ma comunque di grande fascino. Come Scagnello, detto anche “il paese delle cappelle”, che si erge, circondato dai boschi, sul displuvio di due valli regalando panorami mozzafiato. L’intero paese ha colto al volo l’opportunità della promozione legata al tartufo nero e, da dieci anni, durante il secondo fine settimana di marzo, diventa protagonista di cene a tema, mercati del tartufo e scuole di cucina. Dal punto di vista turistico Montemale, invece, è piuttosto avvantaggiato, visto che si trova nella valle dove si produce il Castelmagno, uno dei formaggi più ricercati d’Italia. Poche case raccolte sotto il castello e tra queste si trova una piccola trattoria d’altri tempi che durante la stagione di raccolta del tartufo nero propone piatti semplici, ma deliziosi.

dove mangiare Ristorante Italia Locale storico oggi regno dello chef Paolo Pavarino che l’ha riportato agli antichi fasti. È stato uno dei primi a lavorare con il Tartufo Nero di Scagnello. Prezzo medio: 30 euro Via Moretti, 19 – Ceva (Cn) www.ristoranteitaliaceva.it Il portichetto Situato all’inizio della Valle Grana, questo grazioso locale è stato il primo a proporre in carta piatti dedicati al Tartufo Nero di Montemale, in abbinamento ai prodotti tipici della zona. Prezzo medio: 30 euro Via Roma, 178 – Caraglio (Cn) www.ilportichetto.altervista.org Il baluardo Ristorante ricavato dalle cinta murarie della medievale Mondovì. L’ambiente è raffinato: nella sala principale campeggia una grande

vetrata attraverso la quale si può seguire il lavoro di Marc Lanteri, uno degli chef più noti della provincia. Prezzo medio: 50-60 euro Piazza d’Armi, 2 – Mondovì (Cn) www.marclanteri.it

dove dormire B&B Lo Studiò di Piazza Ricavato da un antico palazzo signorile. Camere di diversa composizione elegantemente arredate. Doppia da 70 euro Via delle scuole, 2 – Mondovì (Cn) www.lostudiodipiazza.it Hotel Quadrifoglio A pochi chilometri dal comune di Montemale, questo hotel è situato all’ingresso della Valle Grana. La struttura è moderna, a due passi dal centro storico. Doppia da 75 euro Via CLN, 29 – Caraglio (Cn) www.hotel-quadrifoglio.it

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la storia in cucina

di Silvana Delfuoco

I migliori amici di una donna?... Un gruppo di cani con tutti i sensi all’erta si avventura in un bosco delle langhe. Accompagnati da un trifulau della prima ora. E da una giovane donna bionda. Bellissima. Sembra quasi incredibile, ma si tratta di Marilyn Monroe. Erano i mitici anni ‘60 e nell’Italia della Dolce Vita poteva succedere anche questo

Che differenza passa tra il profumo del celebre Chanel n°5 e quello del tartufo bianco d’Alba, dal dichiarato potere afrodisiaco? Sarebbe bello poterlo chiedere a Marilyn Monroe, la star hollywoodiana che mostrò di saperli meritatamente apprezzare entrambi. Ecco in breve la storia di come il Tuber Magnatum Pico sia arrivato nella vita della diva e di come fu che a Giacomo Morra da Alba, suo lontano ammiratore e allora proprietario del mitico ristorante Savona, venne in mente di regalarglielo. Era il 1953 quando Il Re del Tartufo – questo è anche il titolo del libro di Raoul Molinari e Giordano Berti dove si racconta l’avventura dell’intraprendente langarolo – ebbe l’idea di inviare un ragguardevole esemplare di trifola, un tartufo di ben 2.520 grammi, al presidente degli Stati Uniti Harry Truman. La notizia spopolò sui giornali di tutto il mondo – tempi beati allora anche per i media… – e Giacomo Morra, che negli anni ‘30 aveva già inventato la Fiera dei Tartufi d’Alba, la stessa che continua tutt’oggi ad attirare migliaia di visitatori, ne approfittò per potenziare la sua indovinata campagna di marketing ante litteram. Il prezioso dono toccò anche ad altri personaggi illustri, vip si direbbe oggi, da Rita Hayworth a Winston Churchill, e 60

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nel 1959 fu il regista Alfred Hitchcock a recarsi di sua iniziativa ad Alba per scrivere la sceneggiatura di un thriller sul misterioso assassinio di un cercatore di tartufi. Intanto era arrivato il 1961, l’anno di Marylin. L’attrice era al culmine della sua carriera, a un passo dalla tragica fine che avrebbe consegnato per sempre la sua icona all’immaginario collettivo. Per lei Morra ebbe un riguardo particolare, attento a sottrarla a un eccesso di folla che potesse infastidirla. Il suo arrivo, in incognito, fu un sabato sera all’Hotel Savona, dove ad accoglierla c’erano soltanto Giacomo e sua moglie Teresa. La festa era prevista per il giorno successivo, a Roddi, luogo deputato per l’addestramento dei cani da ricerca, dove l’intero paese aspettava in piazza per dare inizio alla grande festa. Ma Morra voleva che prima il suo amico Baròt, trifulau della prima ora, insieme con i suoi cani, portasse la diva nei boschi per mostrarle come avveniva la ricerca. Raccontano i testimoni dell’epoca che Marylin ritornò da quella breve esperienza quasi commossa, tanto che ringraziò calorosamente tutti, più ancora che per il dono del tartufo, per averle fatto riscoprire la bellezza di una passeggiata nei boschi. Qualcosa di cui aveva ormai perduto persino il ricordo. Pensando a ciò che le sarebbe successo di lì a poco, non è difficile credere che le sue fossero parole sincere.

Come Babette insegna È dunque dagli anni 60 che il tartufo ha trovato il suo spazio ideale lungo la Walk of Fame, tanto che è difficile tenere il conto di tutte le apparizioni della trifola sullo schermo. Ci hanno provato gli organizzatori della 82esima Fiera Internazionale del Tartufo Bianco d’Alba che ha da poco chiuso i battenti, con la rassegna Cinema&Tartufo. Qualche titolo, tanto per rinfrescare la memoria? Dall’ultimo arrivato, il surreale Truffles del 2008, dove un tartufo nero è protagonista assoluto di un noir, al divertente Notting Hill, dove una faraona al tartufo trionfa nella cena tra Hugh Grant e Julia Roberts. Fino all’indimenticabile tuber melanosporum, pasta sfoglia e fichi neri, magico piatto capace di sfidare il tempo nel mitico Pranzo di Babette, pietra miliare nella storia del cinema e dell’immaginario gastronomico universale.

In alto, Giacomo Morra con un incredibile tartufo bianco di Alba, sotto l’altrettanto incredibile sorriso di Marilyn


Pastificio Artigianale Leonardo Carassai Via XX Settembre, 38 · 63828 Campofilone FM · tel. 0734 917025 · fax 0734 441045 info@pastificiocarassai.it www.pastificiocarassai.it


cibo&territorio

Mozzarella e burrata: l’apparenza inganna A dispetto di quanto si pensa, queste due delizie sono più che lontane parenti, accomunate quasi soltanto dall’aspetto candido e panciuto. L’una nasce in Campania da latte di bufala e se ne ha notizia sin dal XII secolo. L’altra è pugliese, sconosciuta prima degli anni Venti del ’900, e deriva da fior di latte vaccino. Al palato poi la differenza è eclatante: l’importante è scegliere prodotti di qualità, conservati nel modo giusto di Riccardo Lagorio

A prima vista sembrano uguali. O quasi. Se non fosse per quel laccetto verde, di solito asfodelo, che stringe il capo a una di esse e la fa sembrare di poco più panciuta, quasi un caciocavallo affetto da pallore. Benché lontane parenti burrata e mozzarella non han-

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Puglia

Andria


A sinistra una ricca porzione di burrata, oggi prodotta con latte di Frisona. A destra una tondeggiante mozzarella: per essere sicuri che si tratti dell’originale ricercate il marchio europeo “Mozzarella di bufala campana”. Entrambe danno il meglio se degustate in purezza a temperatura ambiente

Campania

Aversa

Tra i grandi estimatori della burrata di Andria vi fu lo scià Reza Pahlavi, che per i 2500 anni della fondazione di Persepoli la fece servire alle teste reali di tutto il mondo no molto in comune, se non l’opalescente profilo esteriore. Della prima vi sono ricordi a partire dal 1931, nello storico censimento del Touring Club, in cui è segnalata come tipica di Andria. Più nello specifico, la sua produzione pare non abbia neppure cento anni: la sua nascita si fa risalire agli anni Venti, ottenuta nella Masseria Bianchini-Chieppa con latte di vacca Podolica addizionato a caglio di vitello. Da esso si trae una sacca di pasta filata e un contenuto di stracciatella (filamenti del medesimo formaggio) e panna per un goloso totale che va dai 300 grammi al chilo. Sotto il profilo di semantica alimentare, la burrata tradisce in un sol colpo la sua natura contadina nella volontà di utilizzare i ritagli di pasta filata che non venivano utilizzati per i fior di latte (le “mozzarelle” di latte vaccino), che racchiudono crema di panna e altri sfilacci; e nel contempo la sua origine meridionale, in quanto è pratica comune della gastronomia del Sud utilizzare ripieni che arricchiscono e conferiscono ragione d’esistere all’involucro stesso: dalla pasta ai peperoni, dalle zucchine agli agnelli. Sotto il profilo gustativo è eccitante, golosa, dolce. E quella sua morbida opulenza svillaneggia tutti coloro che non credono che la vita vada vissuta fino in fondo. Tra i grandi estimatori di burrata vi fu l’ultimo scià di Persia, Mohamad Reza Pahlavi. Per i 2500 anni della fondazione di Persepoli, nell’ottobre del 1971 fece servire alle teste reali di tutto il mondo la burrata di Andria accompagnata con fichi freschi (unico prodotto italiano a essere servito quella sera), forse una delle poche modalità per presentare un prodotto di per sé elegante. Ma si dice anche che l’affascinante Soraya, sul punto di essere ripudiata per

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cibo&territorio

Minestra alla mozzarella Ingredienti per 4 persone: 200 gr di mozzarella di bufala 100 gr di pecorino grattugiato 200 gr di pane tostato e tagliato a cubetti 3 uova prezzemolo tritato pepe noce moscata brodo di carne q. b. Preparazione: Tagliate a cubetti la mozzarella e incorporatela alle uova sbattute col formaggio pecorino. Unite il prezzemolo tritato, pepate e grattateci sopra un po’ di noce moscata. Mettete il brodo sul fuoco e quando bolle incorporatevi le uova con il formaggio. Quando riprenderà a bollire la minestra sarà pronta. Versate nei piatti in cui avrete distribuito il pane.

Risotto con asparagi e burrata Ingredienti per 4 persone: 300 gr di riso carnaroli 300 gr di asparagi 1 scalogno brodo vegetale parmigiano 1 burrata sale e pepe Preparazione: Portate a ebollizione il brodo vegetale e aggiungete gli asparagi. Appena cotti toglieteli e tagliateli a pezzetti, tenendo via le punte. Preparate un soffritto con il burro, gli scalogni tritati e gli asparagi. Unite il riso, fatelo tostare qualche minuto, poi portate a cottura aggiungendo gradualmente il brodo. A fine cottura, aggiungete le punte degli asparagi e mantecate con la burrata. Spolverate di pepe

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Da non riporre mai in frigorifero, la mozzarella da poco fatta deve colare del suo latticello

Occhio ai consumi Burrata e mozzarella vanno consumate entro 4 o 5 giorni dalla produzione. Non perché, trascorso tale periodo, il prodotto nuoccia al vostro corpo, ma perché non avrete le stesse emozioni gustative. Mai conservare in frigorifero e, prima del consumo, scaldare a bagnomaria.

garantire la discendenza al Regno del Pavone, rinfacciasse al marito di essere più premuroso verso le proprie burrate che non verso di lei. Oggi i produttori di burrata, messa in soffitta l’antica razza Podolica per scarsa produttività, si affidano nella stragrande maggioranza al latte di vacca Frisona. I ricchi pascoli e la lavorazione artigianale a latte crudo rimangono invece indispensabili per ottenere questa sapida golosità di panna fresca e pasta filata.

‘O ciato ‘e bbufala Alla pugliese burrata risponde la campana mozzarella. Mozzarella intanto si chiama solo se l’origine è il latte di bufala; e perché si abbia la certezza di acquistare un prodotto di grande pregio si dovrà cercare l’apposito marchio rilasciato dalla stessa Unione europea con il pletorico nome di Mozzarella di bufala campana. Memorabile la scena del film Miseria e nobiltà, interpretato da Totò e Enzo Turco,


durante la quale i due discernono sulla riconoscibilità della freschezza della mozzarella (Ti fai dare mezzo chilo di mozzarella di Aversa, freschissima! Assicurati che sia buona: pigliala con due dita, premi la mozzarella, se cola il latte te la pigli, se no desisti!). Mai da riporre in frigorifero, la mozzarella da poco fatta deve colare del suo latticello. Solo così si riconosce il vigore di questo prodotto tanto famoso quanto copiato. E stabilire quale sia il gusto migliore della mozzarella — se quello dolciastro e leggero di Battipaglia, quello neutro di Mondragone o quello salato e corposo di Aversa che Totò richiama — è una disputa ancora aperta. A dire il vero un metro di pregio gli anziani mastri caseari di Mondragone ce l’avevano: la mozzarella doveva lasciare in bocca un retrogusto di ‘o ciato ‘e bbufala, di fiato di bufala. Quel sapore, quella bontà, quel delizioso latticello che rilascia il primo morso e che invade la bocca, fa trasudare di liquido vivido le labbra, le unge, le ravviva e risveglia sono senz’altro il metro per individuare

l’originale mozzarella, termine inserito nel vocabolario gastronomico italiano da Bartolomeo Scappi nella seconda metà del Cinquecento. Tuttavia esistono evidenze che il prodotto esistesse già molti secoli prima: nel XII secolo ad esempio i monaci del Monastero di San Lorenzo in Capua offrivano una prova ai componenti del capitolo che si recavano in processione da loro. La prova è la pasta, ottenuta dall’unione del latte di bufala e caglio di vitello, opportunamente fermentata, su cui si versa acqua calda. Se ne fa appunto una prova di filatura. Ne nasce la mozzarella: i fili infatti si mozzano per raggomitolarsi in sfere, trecce, nodini e ovolini. Riposti in apposita salsetta, liquido con acqua, sale e latticello, possono rimanere al massimo per 4 giorni (ma dipende anche dalla temperatura a cui sono mantenuti) per non perdere le caratteristiche organolettiche più significative. Più passa il tempo, più avrete difficoltà ad assaporare ‘o ciato ‘e bbufala. Che ne sarebbe allora della vostra mozzarella?

I casari di Mondragone sostengono che una buona mozzarella debba lasciare in bocca un retrogusto di “fiato di bufala”

Per saperne di più: www.mozzarelladop.it

Scelti per voi dove mangiare Antichi sapori Orgoglio contadino e simpatia: la ricetta di Pietro Zito, asso nella manica della cucina pugliese. Prezzo medio: 30 euro Piazza Sant’Isidoro, 10 - Andria (Bt) www.pietrozito.it Sud Nel nome una professione di fede: contaminarsi di sud grazie a una giovane ma esperta cuoca. Prezzo medio: 40 euro Via Santi Pietro e Paolo, 8 - Quarto (Na) www.sudristorante.it

dove dormire Cristal Palace Hotel Moderno e arricchito da opere d’arte. Doppia da 100 euro Via Firenze, 35 - Andria (Bt) Tel. 0883.556444 Grand Hotel Vanvitelli Elegante, è l’ideale per visitare la città. Doppia da 120 euro Viale Carlo III - San Marco Evangelista (Ce) www.grandhotelvanvitelli.it

dove comprare Per la burrata: Azienda Bioagricola Querceta Strada comunale Salita dell’uomo Putignano (Ba) Tel. 080.4057503 Per la mozzarella: Caseificio Schiavone Via Plutone, 7 Casal di Principe (Ce) Tel. 0818.163275

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Frutta proibita? Io mela mangio di Elena Conti

Viene citata nella Bibbia e nei miti greci, nei proverbi e nella storia. È passata da mito dell’antichità a mito moderno, protagonista del nostro immaginario e delle nostre tavole. In Italia le varietà sono più di mille di cui 4 riconosciute come Dop o Igp. Di cosa stiamo parlando? Toglie il medico di torno… non serve aggiungere altro! 66

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Mela, frutto proibito e bellissimo che ha causato agli uomini la perdita del Paradiso terrestre. Seme della discordia fra divinità, con quel pomo d’oro che Paride dette ad Afrodite per conquistare l’amore di Elena. Mela posta sulla testa del figlio prediletto di Guglielmo Tell, obbligato a colpirla con una balestra. E continuando, perché non citare la mela che, cadendo su Isaac Newton, gli fece in-


Alto Adige Igp, Val di Non Dop, Valtellina Igp e Melannurca Campana Igp: sono queste le ambasciatrici della mela italiana nel mondo

In apertura: un’invitante distesa di mele Golden Delicious Igp dell’Alto Adige. Sotto invece la particolare tecnica di arrossamento della Melannurca Campana Igp

In forma e depurati La mela ha un forte potere antiossidante perché contiene vitamine e acido folico, insieme a flavonoidi e carotenoidi. Da sempre alleata della bellezza e della salute – una mela al giorno… – si presta a essere utilizzata per preparare maschere di bellezza e creme. Ha un apporto calorico piuttosto basso e, grazie alla pectina, aiuta a eliminare dal corpo le sostanze tossiche. È utilizzata anche per rinnovare, addolcire ed esfoliare la pelle.

tuire la legge di gravitazione universale? Mela, sempre mela protagonista delle fiabe, per avvelenare Biancaneve. Ma anche simbolo della città di New York o logo della Apple Records, la casa discografica inglese fondata dai Beatles nel 1968. Infine, direttamente dai miti greci ai miti dei giorni nostri, la mela morsa, simbolo dell’azienda Apple Inc. riprodotta in milioni di esemplari su computer Mac, telefoni cellulari e tablet. Esistono circa 7 mila varietà di mele nel mondo, differenti per colore, consistenza, sapore e contenuti nutrizionali. Solo in Italia ce ne sono oltre mille. Quattro sono quelle inserite nel registro europeo delle Dop/Igp: la mela Alto Adige Igp o Südtiroler Apfel GGA, la mela Val di Non Dop, la mela di Valtellina Igp e l’antichissima Melannurca Campana Igp. I nomi delle diverse varietà sono insoliti e vagamente esotici. Braeburn, Elstar, Fuji, Gala, Golden Delicious, Granny Smith, Idared, Jonagold, Morgenduft, Red Delicious, Stayman Winesap, Renetta Canada, Red Delicious… Nonostante le apparenze tutte belle mele italiane.

Tra Alto Adige, Val di Non e Valtellina La mela è un frutto che si trova ormai tutto l’anno in tutte le regioni, anche se le coltivazioni più intensive sono al nord, soprattutto in Trentino AltoAdige e Lombardia. Oggi impianti moderni provvedono alla conservazione delle mele dopo la raccolta e ne prolungano la disponibilità su un ampio arco di tempo. La maturazione naturale varia da fine agosto a metà novembre, a seconda

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Spaghetti di mele Prodotto altamente versatile, oltre che al naturale questo frutto viene proposto in diverse ricette come lo Strudel, le frittelle Apfelschaufen, lo Scheiterhaufen (un timballo di mele e pane), nelle insalate oppure cotto, insieme a carni di suino e cacciagione. La ricetta più curiosa viene dal sito www.marlene.it Ingredienti: 8 mele Golden Delicious Marlene Igp 40 gr di zucchero 250 gr di succo di mele 4 fettine di mele essiccate 40 gr di uva passa 40 gr di pinoli Preparazione: Per la mousse, sbucciare 4 mele e tagliarle a spicchi, metterle in una padella, aggiungere lo zucchero e il succo di mela e cuocere per circa 10 minuti. Frullare il tutto finemente nel mixer. Per gli spaghetti sbucciare le mele restanti, tagliarle alle estremità e passarle in una macchina per spaghetti giapponesi per ottenere fili lunghi e sottili. Come servire: distribuire la mousse di mele ancora calda al centro del piatto, versarvi sopra gli spaghetti e guarnire con le fettine di mela essiccata sbriciolate, l’uva passa e i pinoli.

Per saperne di più: www.melavi.it www.melaaltoadige.com www.vip.coop www.marlene.it www.melannurca.it

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Sono oltre 5 mila le famiglie trentine che coltivano la mela Val di Non Dop. A dominare la scena qui è la Renetta, ricca di antiossidanti

Il tempo delle mele in snack delle varietà. La Mela Alto Adige Igp, con i marchi Marlene e Valvenosta, ad esempio, è prodotta da oltre 8 mila coltivatori con piccole aziende di due ettari e mezzo, riunite in cooperative che confluiscono nel Consorzio di tutela,e viene prodotta in 72 comuni della provincia di Bolzano con tecniche e metodi a basso impatto ambientale. La raccolta viene effettuata a mano. Tutti i produttori, anche se piccoli, devono osservare le regole del disciplinare di produzione e rispettare l’ambiente in base alle norme della provincia di Bolzano, che sono molto vicine alla coltivazione biologica. Sono oltre 5.200 le famiglie trentine che coltivano invece la mela Val di Non. La zona di produzione della Dop interessa parte del territorio della provincia di Trento. Le mele più belle sono destinate alla vendita come prodotto fresco, le altre vengono trasformate in succo, prodotto essiccato o dolci. La varietà più antica della Mela Val di Non è la Renetta, che tradizionalmente cresceva in queste valli; si sciupa più velocemente delle altre varietà, è meno bella, ma è anche la più

Addio alle solite merendine, arrivano gli snack alla mela: per chi è attento alla salute e al mangiar sano anche fuori casa, esistono mele intere confezionate in sacchetti monodose per distributori automatici, bustine con fettine disidratate di mela pronte per il consumo, ma anche fresche, per distributori particolari studiati per le scuole.


Occhio ai consumi ricca di antiossidanti. Lo dimostra una prova molto semplice: appena sbucciata si annerisce. Questo per la reazione dei polifenoli che non si disperdono nemmeno con la cottura. La Mela di Valtellina Igp viene invece prodotta in Lombardia, in alcuni comuni della provincia di Sondrio. I meleti sono coltivati secondo tecniche di produzione integrata o biologica e si trovano tra i 200 e i 900 metri s.l.m. La fertilizzazione è ecocompatibile e la raccolta manuale; le mele possono poi essere conservate per 8-11 mesi in funzione della varietà. Il melo è presente nella Valtellina da molti secoli, si trovava nei giardini e tra i filari di vite, ma il frutto era destinato al consumo locale. Solo a partire dagli anni Venti del Novecento la melicoltura è diventata un’attività di interesse economico per la zona.

La regina di Pozzuoli La Campania è invece il regno della Melannurca Campana Igp, la “regina delle mele”, che si differenzia dalle altre per la particolare tecnica di arrossamento a terra, nei così detti melai (la Red Gold dell’Alto Adige, per esempio, assume il colore rosso grazie all’escursione termica tra giorno e notte). Succosa, soda, croccante, dolce ma gradevolmente acidula e profumata, ha un sapore molto particolare che arriva dalla notte dei tempi; una mela molto simile alla Melannurca, infatti, è raffigurata nella Casa dei Cervi a Ercolano. Per la provenienza da Pozzuoli, mitologica sede degli Inferi, Plinio la chiama Mala Orcula in quanto prodotta “intorno all’Orco” (gli Inferi, appunto). Da qui il nome Annorcola poi trasformato in Annurca.

Alleata di bellezza e salute, la mela si presta a essere utilizzata per preparare maschere di bellezza e creme

I quattro tipi di mele italiane inserite nel registro europeo delle Dop/Igp sono riconoscibili dai loghi rosso-giallo (Dop) e blugiallo (Igp) che devono comparire sulle confezioni. Questi loghi garantiscono la tracciabilità di tutta la filiera di produzione dal campo alla vendita e l’affidabilità dei controlli effettuati dagli enti certificatori. I consorzi di tutela sono garanti per le aziende associate ed effettuano ispezioni e controlli periodici di verifica del rispetto del disciplinare di produzione, dalla fioritura alla maturazione, fino alla raccolta.

Scelti per voi dove mangiare La Sidreria Storico locale milanese. Qui il piatto forte, o meglio il “bicchiere forte”, è il sidro di mele. In tavola pietanze realizzate con il succoso frutto. Menù fisso da 25 euro Via Corelli, 31 – Milano Tel. 02.7496017 www.lasidreria.it L’è maiala “Mangi al ristorante e paghi con le mele”. Il nome deriva da un’espressione toscana che significa “la situazione è grave”: è il primo ristorante d’Italia dove si paga il conto anche con il metodo del baratto, quindi prima di mangiare dichiari come vuoi pagare, o con denaro, o col baratto di frutta, vino, prodotti dell’orto, oggetti da rigattiere. Ambiente intenzionalmente casalingo. Via Poliziano, 7 – Firenze Tel. 345.1093498

dove dormire B&B Mele d’Oro Struttura a basso impatto ambientale con camere moderne, immersa in sterminati campi di mele. Colazione con prodotti fatti in casa: strudel di mele, pane alle mele e marmellate. Camera doppia e colazione: 120 euro a notte Via Castel Greifenstein – Bolzano Tel. 334.7440107 www.bebmeledoro.com Hotel Casez Hotel benessere in Trentino. Spa e campo da Golf a 18 buche nelle vicinanze, settimane speciali di cucina tipica con menu a base di mele. Le camere hanno i nomi delle varietà di mela. Suite Renetta da 50 euro a persona Tel. 0463.434130 www.hotelcasez.it

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chef italiani nel mondo

GIAN MARIA LE MURA Nato a Catania e cresciuto a Taormina, si stabilisce a Trento all’età di 18 anni. Il suo ristorante è stato un punto di riferimento, fin dalle origini, sulle tendenze sociali in merito alle evoluzioni e all’equilibrio dei gusti, sempre attento alla ricerca di ingredienti di stagione. Esponente dell’Italian Modern Cuisine si approccia alla cucina attraverso una ricerca estetica nella forma hi-tech.

Bruschetta molecolare con oliva di pomodoro all’origano e impressionismo di nipitella Ingredienti: una pizza con base pomodoro e peperoncino di base ben lievitata e morbida 10 gr di alginato di sodio 5 gr di cloruro di calcio olio extra vergine q.b. origano aglio sale nipitella 200 gr di acqua

Preparazione: Per questa ricetta occorre molta attenzione. Stemperare il cloruro di calcio nell’acqua e frullare. Mettere a riposare per 2 ore. Inserire nella polpa di pomodoro l’alginato di sodio e frullare insieme ad aglio, sale, un po’ di acqua, olio e far riposare due ore. Trascorse le 2 ore sferificare a forma di oliva il pomodoro tuffandolo nel cloruro di calcio. Tagliare poi la pizza a rettangoli, punzonarli con stuzzicadenti di servizio e, prendendo le olive di pomodoro, appoggiarle sopra la pizzetta. Servire in un piatto da portata.

Spiedini di pesce spada alle mandorle con polenta al tartufo bianco Ingredienti: 2 patate di media grandezza 4 rametti di rosmarino 8 fettine di pesce spada da tre millimetri 50 gr di mandorle 50 gr di pane grattato aglio olio extravergine 10 gr di aneto selvatico 10 gr di tartufo bianco 150 gr di farina gialla sale pepe

FABIO TIRA Quella di Fabio per la cucina è stata una vocazione cercata e fortemente voluta. Muove i primi passi nella scuola lombarda spostandosi poi a lavorare con ottimi maestri diventando al contempo autore di numerosi piatti. Executive chef, food & beverage manager, vice direttore servizi di catering presso European Catering Bruxelles, Chaine des Rotisseur, utilizza la tradizione trasformandola in arte innovativa.

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Preparazione: Preparare la polenta aggiungendo a cottura finita il tartufo bianco tritato, una volta raffreddata tagliarla in dischetti di 5 cm di diametro. Inserire i dischi in spiedini di rosmarino insieme al pesce spada. Preparare un trito con le mandorle, mezzo spicchio di aglio, aneto, aggiungendo il tutto al pane grattato. Amalgamare tutto con un cucchiaio di olio extravergine. Passate gli spiedini nel trito e cuoceteli in forno preriscaldato a 180 gradi per circa tre minuti. Una volta cotti tagliateli in due e gratinare per altri 5 minuti.


...dal 1868 terre di grandi vini

La valorizzazione e la salvaguardia del territorio attraverso una viticoltura ad impatto zero. Solo così nascono i vini Travaglino... all’origine.

Azienda Agricola T R A V A G L I N O 27045 CALVIGNANO (PV) - OLTREPÒ PAVESE - ITALY Tel. 0383/872.222 • Fax 0383/871.106 e-mail: info@travaglino.it - www.travaglino.it


food news

di Germana Cabrelle

Birra fatta in casa … bianca

Oltre al luppolo e al malto, l’ingrediente principe è sicuramente il miele (honey ale). Seguendo pedissequamente la ricetta resa pubblica dalla Casa Bianca, lo storico birrificio Forst di Merano ha prodotto una birra limited edition secondo lo stile dal presidente degli Stati Uniti Barak Obama, dopo che durante la campagna elettorale aveva comunicato di produrre birra artigianale in casa. La specialità della Forst è stata presentata al Merano Wine Festival. Solo 100 bottiglie con etichetta che riproduce sia il logo del birrificio che lo stemma della Casa Bianca per una bevanda di 6 gradi alcolici sostanzialmente dolce e per questo adatta a essere abbinata soprattutto ai formaggi saporiti.

Carissimo panino Preparatevi a non digerire (soprattutto il conto): questo sandwich potrebbe lasciare qualche residuo di pesantezza. Alleggerendo però il portafogli. Fra i panini più costosi al mondo c’è quello creato dallo chef inglese Martin Blunos che, utilizzando un pane a lievitazione naturale e formaggio Cheddar d’annata, aggiunge fette di uovo di quaglia, pomodoro nero, mela, piselli e fichi freschi, insaporendo il tutto con scaglie di tartufo bianco e polvere d’oro commestibile. Oltre a senape rossa, olio extravergine d’oliva e aceto balsamico. Il prezzo è di 111 sterline. Buon appetito!

Alla salute! Del bruco rosso Non è esattamente uno sgroppino leggero, il sorbetto delicato da offrire agli ospiti a fine pasto. Anche perché qui l’ospite è dentro la bottiglia (un simpatico verme che è una larva di coleottero). In cima alla classifica dei liquori più forti al mondo c’è il Mezcal, il distillato messicano ottenuto dalla pianta dell’agave. Arriva fino a 92 gradi alcolici. Il distillato riposa in botte per un periodo che va dai 2 mesi ai 7 anni e acquisisce un colore dorato e via via più scuro. Contribuisce alla tonalità anche il bruco rosso, ossia l’inquilino che abita nella bottiglia.

Una sottile dolcezza

Originali menù hollywoodiani Dead or Alive è il titolo di un film del quale è stata interprete, e che bene richiama l’esperimento nutrizionale al quale l’attrice Jame Pressly si è recentemente sottoposta. La sua, infatti, è considerata la dieta più strana fra le star di Hollywood, perché improntata solamente su zuppa di cavolo e banane. «L’ho seguita per perdere i chili di troppo accumulati in gravidanza» avrebbe rivelato la Pressly, spiegando poi il suo regime alimentare nei dettagli: «Dura sei giorni e mangi zuppa di cavolo 3 o 4 volte al dì, ma c’è la giornata in cui puoi mangiare fino a otto banane». Cavolo! 72

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Si chiama Butterfly, è dell’azienda svizzera Kambly. La consistenza è quella di un’ala di farfalla: un rettangolino di 4 centimetri per 3, quasi impalpabile al tatto ma delicatamente saporito in bocca, dove rilascia fragranze di burro e di mandorle. Ha il primato di essere il pasticcino più sottile al mondo pur contenendo in superficie visibili tagli a velo di mandorle e nell’impasto tracce di nocciola e pistacchi. Una delizia ultrasottile di alta pasticceria, buona e leggera per definizione che, presentata a tavola a fine pasto, vola… di bocca in bocca.


Pecorino Calabrese dalla nostra terra, sulla vostra tavola

Fattoria della Piana Soc. coop.va - C.da Sovereto - 89020 Candidoni (RC) Tel: +39 0965 645303 - Fax: +39 0965 645250 - Mail: info@fattoriadellapiana.it www.fattoriadellapiana.it


di RobeRto Rabachino GioRnalista e PResidente iWto inteRnational Wine tasteRs oRGanization

la scoperta

I vini bio d’Albania Nel più piccolo degli Stati balcanici, il cui nome in lingua è Shqiperia (Terra delle aquile), i due terzi del paese sono montuosi e poco adatti all’agricoltura. Ma ci sono alcune zone dove la coltivazione del vigneto può offrire sorprese. Nonostante le difficoltà, la produzione con controllo integrato e biologico offre infatti belle realtà di notevole qualità, che dal 1997 si sono raggruppate in un movimento nazionale per l’agricoltura biologica

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Lo sviluppo vitivinicolo dell’Albania è ancora precario, anche se è un paese di antica tradizione viticola. I profondi cambiamenti socio-politici avvenuti negli anni ‘90 hanno eroso buona parte della superficie vitata nazionale con una perdita elevatissima di vigneti. Dopo la caduta del regime, si sono verificati espianti di massa perchè i vigneti voluti dal potere erano un simbolo della dittatura sconfitta: dei 23 mila ettari presenti negli anni ‘90 siamo scesi a poco più di 10 mila. Tra gli elementi che stanno rallentando lo sviluppo del settore, vi è la dimensione particolarmente ridotta delle aziende agricole albanesi che fanno ancora fatica a orientarsi al mercato. A questo fattore strutturale va aggiunta la limita-


Grazie alla onlus piemontese Lvia, è stato avviato un progetto di sviluppo vitivinicolo nel nord del paese In apertura, un grappolo di Kallmet, vitigno autoctono e orgoglio nazionale. In questa pagina: coltivazione della vite integrata a Mirdita e, sotto, vigne a coltivazione integrata nel nord dell’Albania

ta esperienza dei produttori locali, alla quale va inoltre sommata la sensibilità ancora embrionale dei consumatori e la mancanza di un adeguato sistema di incentivi da parte del governo. Per tali motivi, la coltivazione e la produzione di vino è fortemente frammentata con tanti piccoli agricoltori che vendono la loro uva ai produttori mentre pochi producono e imbottigliano in proprio. Nonostante le tante difficoltà, la produzione con controllo integrato e biologico offre belle realtà qualitative meritevoli dell’attenzione del pubblico dei consumatori. Il movimento per l’agricoltura biologica in Albania è stato fondato nel 1997. In termini di regolamenti la prima legge sul biologico è del 2004. Ricordiamo che l’agricoltura biologica è un insieme di tecniche colturali e di allevamento che permettono di produrre cibi con un impiego minimo di prodotti chimici di sintesi. Parlare di biologico come di una nuova scienza è un inganno linguistico per chi – e sono in molti – ha memoria corta. Quando qualche vecchio contadino chiede «Ma cos’è questo biologico?», una volta ascoltate le spiegazioni rimane infatti regolarmente interdetto: «Ma è come s’è sempre fatto!».

dove degustare Bardha - Marikaj In attività del 2002 produce 30 mila bottiglie con prezzo medio franco cantina di 7 euro. Vitigni autoctoni coltivati: Mavrud e Shesh i I Zi Cantina Uka - Laknas Tirana In attività dal 1996 produce 6 mila bottiglie con prezzo medio franco cantina di 6 euro. Vitigni coltivati: Merlot e Kalmett (autoctono) Vila Duka - Durazzo In attività dal 2005 produce 20 mila bottiglie con prezzo medio franco cantina di 5 euro. Vitigni coltivati: Merlot, Cabernet e Tempranillo Kantina Arberi – Mirdite In attività dal 2003 produce 80 mila bottiglie con prezzo medio franco cantina di 5 euro. Vitigni autoctoni coltivati: Kalmett e Shesh I Bardhe

Grazie a Lvia, una Organizzazione Non Governativa piemontese storicamente presente in Albania, è stato possibile attivare un progetto di sviluppo vitivinicolo nel Nord, finanziato con fondi destinati alla cooperazione e allo sviluppo provenienti dal Ministero degli Affari Esteri. Andrea Lo Iacono è il referente e responsabile del progetto ed è colui che oggi incomincia a raccogliere i primi risultati di 2 anni di intenso lavoro. «L’obiettivo specifico del progetto è rafforzare il tessuto produttivo del mondo rurale a partire da gruppi di produttori consociati grazie alla creazione di un consorzio di tutela dei vini del Nord Albania, all’accesso facilitato al contoterzismo, alla creazione di un fondo di microcredito per l’agricoltura, al supporto tecnico enologico e alla sperimentazione per valorizzare il vitigno autoctono Kallmet, vero orgoglio nazionale». In questo contesto, opera Alberto Cugnetto, enologo viticolo con esperienza internazionale, nonché ricercatore presso l’Università di Torino, che grazie alle risorse apportate da Lvia sta operando per migliorare le produzioni locali, trasferendo quelle competenze basilari necessarie per poter produrre vini di qualità anche in aziende famigliari.

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winepassion

Terra di vini nobili e contadini di Piero Caltrin

Fossero i personaggi di un romanzo, il Barbaresco e “la” Barnera assomiglierebbero a Don Chisciotte e Sancho Panza. Il primo un vino raffinato e sottile, e il secondo un rosso generoso e alla mano. Diversi per origine, diffusione e target ma uniti dai comuni natali piemontesi e da uno straordinario successo che li identifica in tutto e per tutto con il loro territorio Piemonte

Barbaresco

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Nizza Monferrato

Il nobile e il contadino. Il gentiluomo raffinato, un po’ dandy, di origine patrizia e il popolano gioviale, paffuto, di scarpa grossa e cervello fino. Fossero i personaggi di un romanzo, il Barbaresco e il Barbera, anzi, pardon,“la” Barbera – e se siete in Monferrato, attenzione a non commettere l’errore di declinarla al maschile, ché la gente del posto potrebbe prenderla a male – si trasfigurerebbero

senz’altro così. Immaginateveli, in quella che potrebbe essere una fantasiosa versione “etilica” del famoso libro di Cervantes, l’uno dirimpetto all’altro, come Don Chisciotte della Mancha e Sancho Panza. Fuor di metafora letteraria, Barbaresco e Barbera, si sa, hanno in comune i natali piemontesi e un’identificazione ormai “universale” con il territorio, che condividono soprattutto con il Barolo – “cu-


gino” ricco e famoso del primo – e pochi, pochissimi altri eletti come Dolcetto e Nebbiolo. L’area di altissima qualità vitivinicola situata a cavallo tra le province di Cuneo, Asti e Alessandria – praticamente tutto il Piemonte meridionale – è cosa loro. I pochi chilometri che dividono queste terre corrono su una strada fra le più ricche d’Italia. Ricca di proposte turistiche, di panorami mozzafiato, di castelli storici ma anche di idee gastronomiche sontuose e ovviamente di vigne, vigne e ancora vigne. E se il Barbaresco (assieme all’imprescindibile Barolo) rappresenta, come detto, la nobiltà del vino di Piemonte, la Barbera, da buon vinone alla mano, è il rosso da pasto più diffuso nel Nord-Ovest italiano, quindi sulle tavole di Torino, Milano e Genova, ma con le varie declinazioni che si estendono fino all’Emilia Romagna e anche oltre (esiste anche un “Marche Barbera”, per fare un esempio).

Barbaresco: tre quarti di nobiltà

In apertura, le colline del Monferrato. Nel 2012 il CdA del Consorzio dei vini d’Asti e del Monferrato si è espresso favorevolmente alla presentazione in sede Ue della richiesta di riconoscimento del Nizza Docg, la cui denominazione attualmente rappresenta una delle tre sottozone della Barbera d’Asti

Al più celebre Barolo, il Barbaresco può invidiare la diffusione e la fama, ma non la qualità. Con l’incontrastato re dei vini italiani, il Barbaresco condivide infatti l’eccezionalità della persistenza, oltre alla zona di provenienza (i due paesi “langaroli” distano meno di 24 km) e il “padre”: ovvero il Nebbiolo, vitigno che anche qui è utilizzato in purezza. Ma a differenza dell’altro, il Barbaresco è meno aggressivo e più “sottile” e gli appezzamenti sono mediamente più piccoli, così che la coltivazione, con 680 ettari circa, raggiunge soltanto un terzo rispetto a quella del cugino più noto. Le vigne destinate alla sua produzione sono generalmente più calde e collocate più in basso rispetto a quelle del Barolo, quindi la vendemmia avviene prima. Per raggiungere la gradazione alcolica minima di 12,5%, il Barbaresco invecchia 2 anni, di cui almeno 9 mesi in botti di rovere. Ma a fare la differenza sono sempre il viticoltore e la vigna che qui chiamano sorì o bricco. Il colore di questo vino è rosso granato con riflessi arancioni, il profumo etereo e intenso, il sapore asciutto,

«Non ti formalizzare ai nomi né alle etichette: meglio un onesto plebeo di un nobile degenerato. Così, non spasimare sugli anni di cantina: certe solenni sturate sanno di liturgia e meritano rispetto, ma il vino, come le donne, è buono all’età giusta» (Gianni Brera)

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pieno, delicato, vellutato e tannico. Si abbina con i classici della cucina piemontese: selvaggina, piatti di carne o dai sapori intensi, funghi porcini e formaggi maturi. La storia del Barbaresco è indissolubilmente legata ad alcune figure: in primis quella di Louis Oudart, l’enigmatico enologo francese che, in età risorgimentale, grazie ai suoi esperimenti sulla fermentazione, trasformò le Langhe da terra di vini dolci e culla di rossi secchi e corposi. E in epoca più recente a quella di Angelo Gaja, l’uomo considerato unanimemente “il ministro degli esteri del vino italiano” ma soprattutto il produttore più illustre di Barbaresco che, nel 2000, ha persino rinunciato al nome che lo ha reso famoso per vendere tutto il suo vino con l’etichetta Barbaresco Docg. È proprio grazie a produttori dalla grande personalità come Riccardo Giacosa e Gaja che il Barbaresco, nella comunità enologica mondiale, negli ultimi anni ha quasi raggiunto il prestigio del Barolo.

Barbera: scarpe grosse e sapore fino Lasciate alle spalle le pregiate bottiglie di Barbaresco e i suoi tre quarti di nobiltà, è tempo di avventurarci in un mondo forse meno blasonato ma che, certo, non difetta di personalità. È il mondo della Barbera e dei suoi 30 mila ettari di vigne e 650 mila ettolitri di produzione annua suddivisi per 14 regioni italiane. Numeri da fantascienza rispetto all’esclusività chic del costoso Barbaresco. Eppure la Barbera tutto è tranne che un “vino comune”: il suo aroma e il suo profumo la rendono adatta a sfide gastronomiche anche di altissimo livello. Non è un caso se questo vitigno ha dato origine a vini Doc in serie e se di recente il Barbera d’Asti e il Barbera del Monferrato superiore hanno ottenuto la Docg, al pari di altri vini nobili d’Italia. Del resto questo vinone ha una storia secolare: se ne trova una prima traccia in uno scritto del XVII secolo, conservato tuttora nel municipio di Nizza Monferrato. E quando, nel 1798, il conte Nuvolone della Società Agraria di Torino, inizia a redigere la prima catalogazione di

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Il Barbaresco è di colore rosso granato con riflessi arancioni. Il profumo è etereo e intenso, il sapore asciutto, pieno, delicato. Si abbina con i classici della cucina piemontese: selvaggina, piatti di carne o dai sapori intensi, porcini e formaggi maturi

Produttori del Nizza: 10 anni di successi L’idea di base? Fondare un gruppo in grado di promuovere la futura Sottozona Nizza – Barbera d’Asti Superiore, mettendo assieme piccole, medie e grandi imprese. È il 19 novembre del 2002 quando viene costituita l’Associazione Produttori del Nizza con sede nell’omonima cittadina del Monferrato. Oggi, a 10 anni di distanza, i produttori aderenti sono più di 40 e tutti uniti nel comune obiettivo di realizzare un vino d’eccellenza, in un’area di produzione molto ristretta, nel territorio di 18 comuni intorno a Nizza Monferrato. Per verificare il raggiungimento degli obiettivi prefissati, gli associati organizzano periodiche degustazioni “alla cieca” dei vini prodotti, allo scopo di accertare l’idoneità dei vini alla denominazione Nizza e individuare correzioni di eventuali imperfezioni o possibili miglioramenti. Un percorso comune che, negli anni, ha permesso di stabilire una forte coesione con il territorio dove sono nate nuove strutture ricettive, agriturismi, B&B, case famiglia, ristoranti e wine bar. Nell’ottobre del 2012 il CdA del Consorzio dei vini d’Asti e del Monferrato, si è espresso favorevolmente alla presentazione in sede Ue della richiesta di riconoscimento del Nizza Docg, la cui denominazione attualmente rappresenta una delle tre sottozone della Barbera d’Asti.


Occhio ai consumi Alcuni accenni sulla tipologia di viticoltura del Nizza: la giacitura dei terreni idonei alla produzione deve essere collinare con esposizione da sud a sud ovestsud est per favorire l’insolazione, la forma di allevamento è controspalliera con potatura a Guyot o cordone speronato con vegetazione assurgente e con un numero di gemme mediamente non superiore a dieci; la produzione di uva per ettaro è di 7 tonnellate pari a 49 ettolitri di vino, la gradazione minima naturale dell’uva pari a 13%.

Per saperne di più: Associazione Produttori Barbera d’Asti Superiore Nizza www.ilnizza.net

viti e vitigni, ecco spuntare il suo nome. L’Ottocento e il Novecento vedono la diffusione capillare del vitigno e delle scure bottiglie, che conquistano presto anche le anime elevate dei poeti. Di Barbera parlano infatti Carducci e Pascoli e, in tempi più recenti se ne appassiona Gianni Brera, l’indimenticato re del giornalismo sportivo italiano che lo consigliava in abbinamento alle rane in guazzetto. Se la “triade” piemontese del Barbera (Asti, Monferrato, Alba) rappresenta la maggior parte della produzione, dal Piemonte arrivano numerose altre denominazioni di sicu-

Il Barbera contende al Montepulciano il quarto posto nella classifica assoluta dei vitigni più diffusi nella penisola. Si abbina con risotti, brasati e arrosti

Scelti per voi dove mangiare Ristorante Rabayà Il nome viene da una delle migliori zone di produzione del Barbaresco. Piatti tipici delle Langhe con un tocco creativo e personale. I suoi classici? Tajarin al sugo di carne tradizionale, agnolotti del plin fatti a mano e coniglio al Barbaresco. Menù medio da 32 a 42 euro Strada della Stazione 12 Barbaresco (Cn) Tel. 0173.635223 Trattoria Antica Torre L’ambiente familiare fa da cornice agli ottimi piatti della cucina locale, dove ovviamente la tradizione la fa da padrona. Menù medio 35 euro

Via Torino 71 - Barbaresco (Cn) Tel. 0173.635170 Ristorante Le Due Lanterne Una tappa obbligata per gli amanti degli arrosti (anatra, coniglio, faraona). Da assaggiare anche il vitello tonnato servito con frittate di verdure e le confetture al sapor di Barbera. Menù medio da 25 a 40 euro Piazza Garibaldi 52 Nizza Monferrato (At) Tel. 0141.702480

dove degustare Enoteca regionale del Barbaresco Piazza del Municipio, 7 Barbaresco (Cn) Tel. 0173.635251 www.enotecadelbarbaresco.it

Enoteca Regionale di Nizza Via Crova, 2 Nizza Monferrato (At) tel. 0141.793350 www.enotecanizza.it

dove dormire Albergo Vecchio Tre Stelle Vista panoramica sulle Langhe e sui vigneti del Barbaresco. Posizione incantevole e camere eleganti. Doppia da 80 euro Frazione Tre Stelle, 21/23 Barbaresco (Cn) Tel. 0173.638192 www.vecchiotrestelle.it Cascina La Carlotta In un antico casale della campagna monferratese, camere confortevoli e squisite

ro interesse, come Colli Tortonesi, Canavese, Pinerolese, Rubino di Cantavenna, Gabiano, Collina Torinese, Colline Novaresi. E non va dimenticato che a livello nazionale la superficie coltivata a Barbera contende al Montepulciano il quarto posto nella classifica assoluta dei vitigni più diffusi nella penisola. Fra le province di Pavia e Piacenza si producono vini denominati direttamente Barbera oppure lo si utilizza come componente principale di altri che ne conservano i pregi principali, come l’Oltrepò Pavese Rosso oppure il Gutturnio dei Colli Piacentini. Percorrendo il Bel Paese si incontrano altre denominazioni interessanti come Colli Bolognesi Barbera, Forlì Barbera, Emilia Barbera, Marche Barbera, Garda Barbera, ma anche più a Sud questo vino robusto fa sentire la propria presenza raggiungendo risultati invidiabili nell’imperdibile Barbera del Sannio, una vera chicca per gli amanti di questo rosso. E la presenza di questo vino, che riesce ad adattarsi perfettamente sia ai primi, soprattutto i risotti, sia ai secondi di carne, come brasati e arrosti, sta crescendo anche a livello internazionale. Come a dire: il contadino ne ha fatta di strada!

colazioni a base di dolci e marmellate fatte in casa e prodotti tipici locali. Prezzo medio 39 euro a persona Strada Gianola, 28 Castel Boglione (At) Tel. 0141.762496 Hotel Acqui Per chi cerca il relax di categoria superiore, un raffinato hotel

con efficiente centro benessere, nella famosa località termale in mezzo ai boschi incontaminati e ai vigneti dell’Alto Monferrato. Camera doppia da 60 a 95 euro Corso Bagni, 46 Acqui Terme (Al) Tel 0144.322693 www.hotelacqui.it gennaio 2013

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orto dei semplici

di M. Pia Fanciulli

Non c’è carciofo senza... spine! Energizzante, depurativo, ritenuto afrodisiaco nel Medioevo, è un fiore prelibato che si offre alla raccolta tra fine inverno e primavera. Forte personalità, ma dal cuore tenero, non è certo tra gli ortaggi più adatti alla coltivazione in vaso, ma basteranno piccole accortezze per vincere la scommessa

Non ha certo la delicatezza di un giglio e nemmeno il profumo di una rosa, ma è un fiore anche lui, seppur deciso e coriaceo. E a ben guardarlo, il carciofo ha del fiore tutto l’aspetto, con quei petali (in realtà sono brattee) chiusi a difesa di un “cuore” tenero e buonissimo. Cibo di lusso nel Rinascimento, epoca in cui si cominciò a coltivare, amato dai buongustai di ieri e di oggi, ci fu addirittura chi, come il poeta francese Pierre de Ronsard, volle dedicargli dei versi celebrandolo come ben più appetibile di carni servite in abbondanza. Ma la storia ci consegna anche altre vicende, come quella riportata da Plinio per il quale, il succo della radice, tonificando l’utero, contribuiva a “far concepire figli maschi”, anche perché

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considerato afrodisiaco. Si legge poi in un erbario veneziano del 1600 che il carciofo servisse addirittura quale test di gravidanza. Bastava far bere a una donna il succo ottenuto dalle foglie: se il suo stomaco lo rifiutava, la risposta era positiva e avrebbe dato alla luce un figlio. Ad andare ghiotta di questo ortaggio era invece Caterina de’ Medici, a cui si deve tra l’altro la sua introduzione in Francia. Derivato dal cardo selvatico, il carciofo ha un nome scientifico,

La raccolta dei carciofi avviene da novembre a maggio a seconda di varietà e luogo. I più precoci sono i catanesi e gli spinosi, più tardivi i violetti; alcune varietà sono rifiorenti e producono capolini sia in primavera che in autunno


Coltiviamoli così I vasi e il terriccio Per la coltivazione in vaso, non facilissima, i carciofi necessitano di contenitori piuttosto ampi e profondi almeno 40 cm. Anche perché la pianta ama terreni e quindi terriccio fertile, profondo e permeabile. Il clima ideale è caldo o temperato caldo. La temperatura ottimale per lo sviluppo delle principali varietà è di 15°C. Eventuali ristagni di acqua, in concomitanza di basse temperature, hanno l’effetto di danneggiarne le radici. La semina Anche se non è impossibile seminare i carciofi, i risultati migliori per l’impianto di una carciofaia si ottengono mettendo a dimora i polloni radicati o delle porzioni di fusto con gemma, chiamate ovoli. La messa a dimora dei polloni avviene in settembreottobre, nei climi asciutti, oppure in primavera nei climi freddi, in modo da avere produzione l’anno successivo. Gli ovoli si mettono a dimora durante

l’estate e necessitano di irrigazioni iniziali. La messa a dimora dei polloni o degli ovoli si fa, preferibilmente, con la Luna calante. La rimozione dei polloni in eccesso è detta scarducciatura e, fatta a fine estate, permette un certo anticipo della raccolta. Punti deboli Teme gli sbalzi di temperatura e le brinate. I danni possibili da parte di parassiti vegetali consistono in attacchi fungini che si contengono se necessario con sali di rame. Tra i nemici anche numerosi insetti, tra cui maggiolino e grillotalpa, ma in prevalenza lepidotteri che possono danneggiare le piante scavando gallerie nei fusti o nelle radici. Buono a sapersi Il carciofo è eccellente da coltivare ai bordi delle aiuole, magari in consociazione con alberi da frutto. Buona anche la vicinanza con lattuga, piselli, ravanelli, cipolla, porro e fagiolini nani.

Raccolta e conservazione La raccolta delle infiorescenze avviene da novembre a maggio in epoche diverse a seconda della varietà e del luogo. I più precoci sono i carciofi catanesi e i carciofi spinosi, più tardivi sono i carciofi violetti; alcune varietà sono rifiorenti e producono capolini sia in primavera che in autunno. Quanto alla conservazione, i carciofi di qualità vanno consumati freschi, sapendo tra l’altro che i piatti a base di carciofi sono molto facilmente deperibili e sviluppano tossine. Se ha ancora il gambo, il carciofo si può conservare nell’acqua, come un fiore reciso, fino a 5 giorni. Esistono tuttavia varie forme di conservazione, come ad esempio sottolio e sottaceto. Nel congelatore i cuori, puliti e lavati, si conservano dai 6 agli 8 mesi.

Rosso corbezzolo

Cynara scolimus, dall’origine incerta. Forse deriva dal greco kinara, definizione comune a molte piante spinose, o forse dal genitivo latino cineris, riferito alla sua cenere, considerata concime eccellente, oppure al colore chiaro delle sue foglie. Certo è invece che scolymus giunge dal greco skòlos spina. Nelle varie regioni d’Italia ha poi assunto nomi diversi: articiocca in Piemonte, ardisciocch in Friuli, mazza ferrata in Toscana, scarciofera in Abruzzo, sgalera in Puglia. Ma al di là dei nomi, diverse sono le specie – una quindicina – che nascono un po’ lungo tutta la Penisola, con delle vere e proprie prelibatezze nel Lazio, Liguria e Sardegna. Della famiglia delle Composite, la pianta cresce alta più di un metro da una rosetta di foglie verde grigio, lunghe fino a 20/30 cm. Amatissimo in cucina, dove si possono utilizza-

re, a seconda dei mesi, varietà diverse, il carciofo è anche molto salutare. Grazie soprattutto alla cinarina, un principio amaro, influisce sul metabolismo del colesterolo e sulla diuresi, protegge e disintossica il fegato. Per il notevole contenuto di ferro lo si consiglia agli anemici, ma in questo caso è preferibile consumarlo crudo perché la cottura ne altera le proprietà. Ma soprattutto, a sentire una vecchia pubblicità, è ottimo contro il logorio della vita moderna!

I suoi frutti, polposi e rosso fuoco, rallegrano il bosco d’inverno. Il corbezzolo, Arbutus unedo, ha la particolarità di avere allo stesso tempo, a fine autunno/inizio inverno, fiori biancastri e frutti maturi. E proprio questi ultimi, simbolo d’amore, si consumano freschi, anche se sono un po’ astringenti, o si possono trasformare in confetture, gelatine, sciroppi, acquavite, infusi, vini e liquori. Pianta mediterranea che cresce preferibilmente in luoghi assolati con terreni ben drenati e tendenzialmente acidi, vive bene anche nei giardini o sul balcone, dove però sarà bene utilizzare un vaso capiente e del terreno acido.

Un tipo schivo Chiuso com’è, senza concedersi troppo alla vista, il carciofo potrebbe rivelarsi, una volta giunti a casa, meno fresco di quanto si era creduto al momento dell’acquisto. Ma qualche piccolo segreto per verificarne la bontà c’è. La prima regola sarà scegliere esemplari compatti e pesanti, di un bel verde e ben chiusi. Assolutamente da scartare sono quelli che appaiono appassiti, e soprattutto con delle macchie scure sulle sommità. Per evitare invece che una volta pulito annerisca, visto che si può consumare tanto cotto che crudo, basterà immergerlo in acqua acidulata con limone o aceto.

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di Antonio Romeo

Il buono a tavola

Docente isttuto AlbeRghieRo iPsseoA Di soveRAto (cz)

Fagioli alla maruzzara campani Ingredienti: 350 gr di fagioli cannellini 1 bicchiere di vino rosso 5 cucchiai di conserva di peperone 100 gr di battuto di lardo 4 passate di pomodoro da 1/2 kg 1 cucchiaio di origano 3 spicchi d’aglio 4 fette di pane tagliate a dadini 4 coste di sedano 100 gr di burro 1 ciuffo di maggiorana 2 dl di olio extravergine d’oliva 1 ciuffo abbondante di prezzemolo e basilico sale Preparazione: Mettere in ammollo per una notte i fagioli cannellini. Sciogliere in un cucchiaio d’olio il battuto di lardo bagnato con un bicchiere di vino rosso, aggiungere due cucchiai di conserva di peperone e far rosolare. Versare la passata di pomodoro e i fagioli con la loro acqua di ammollo. Lasciare cuocere con l’aggiunta di sedano, uno spicchi d’aglio, maggiorana, prezzemolo e basilico. A cottura ultimata aggiungere un cucchiaio di origano. Porre in un fondino con quadrucci di pane saltati in burro e aglio. Regolare di sale.

Pizzoccheri della Valtellina

La cucina calda e lenta dell’inverno Cremose zuppe dal sapore antico e sontuose paste ripiene. Brasati e stracotti. Bollito e polenta. Con il freddo la cucina si riempie di fumi e profumi, portando in tavola piatti che hanno cotto a lungo e altrettanto tempo richiedono per essere gustati. Bagnati, neanche a dirlo, da un buon rosso corposo

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Ormai da settimane stretti nella morsa del freddo, riscopriamo i sapori che riscaldano l’inverno. Le paste ripiene, le zuppe, le minestre e i risotti. Piatti dalla cottura lenta, che lentamente sprigionano odori rassicuranti e creano un ambiente ovattato, lasciando fuori freddo e grigiore. La zuppa in tutte le sue variante è il piatto unico, caldo e ricco di sali minerali, che per antonomasia rappresenta questa stagione. Ci sono zuppe, nel meridione d’Italia, che ricordano quelle dell’antica Grecia come i frascatuli, una minestra legata con finocchietto selvatico, farina di grano duro e olio di oliva; o come la zuppa di verdure selvatiche, insaporita con la carne di maiale conservata sotto sale e le fette di pane casereccio arrostite. Piatti che fanno parte della nostra tradizione come

Vivanda rustica e poverissima che si prepara con le materie prime di un’economia pastorale e di primitiva agricoltura. È un piatto piuttosto robusto che può costituire l’unica portata di un pranzo. Ingredienti per la pasta: 180 gr di farina di grano saraceno 80 gr di farina bianca 1 uovo sale Ingredienti per il condimento: 80 gr di burro 1 grossa patata 500 gr lordi di verza 1 cipolla 1 spicchio d’aglio 1 rametto di salvia 200 gr di formaggio casera 100 gr di Grana Padano Preparazione: Tirare una sfoglia dello spessore di circa 3 millimetri e tagliarla in fettucce della lunghezza di 5-6 cm, larghe 1,5 cm: Lasciarle sulla spianatoia spolverandole con farina di grano saraceno. Tagliare a fette la patata sbucciata e la verza a strisce della dimensione della pasta. Cuocere le patate in abbondante acqua fredda e salata e, quando saranno a metà cottura, aggiungere le verze e infine la pasta in modo


che il tutto raggiunga insieme la cottura ottimale. Nel frattempo portate al color nocciola metà del burro, con aglio a fettine e salvia. Soffriggere nel rimanente burro la cipolla a fettine sottili senza colorirla versando e mescolando il tutto con la pasta e le verdure scolate. Formare degli strati nella zuppiera di servizio intervallando pasta e verdure con il burro e con fettine sottili di formaggio spolverate di Grana Padano e di pepe. Servite dopo che avrete atteso qualche minuto che il tutto si sia amalgamato, mettendo, se volete, la zuppiera nel forno.

Pere cotte piemontesi Il Piemonte, terra di grandi vini rossi, ha spesso abbinato questa bevanda nei modi più fantasiosi. Dopo un pasto abbondante a base di bollito o di fritto misto alla piemontese, è cosa gradita offrire, al posto del dolce, una pera lessata nel vino. Ma la pera deve appartenere alla varietà Martin Sec, dalla polpa abbastanza dura e coriacea che si presta bene alla cottura.

Ingredienti: 1/2 lepre a pezzi

Ingredienti: 800 gr di pere Martin Sec 1 bottiglia di Nebbiolo 15 chiodi di garofano 1 stecca di cannella 150 gr di zucchero

per la marinata: vino rosso cannella cacao rosmarino alloro buccia di arancia aglio bacche di ginepro chiodi di garofano

Preparazione: Portare a ebollizione il vino rosso coi chiodi di garofano, la cannella e lo zucchero. Immergervi le pere, ben lavate e asciugate, e cuocerle per 45 minuti circa. Di tanto in tanto scoperchiare per controllare il livello del vino che deve coprire le pere. A fine cottura, togliere le pere e condensare il vino a sciroppo: questo sciroppo servirà a guarnire i piatti di portata.

Lepre in dolceforte toscana

per il fondo: cipolla, sedano e aglio vino rosso pinoli uvetta passa fecola di patate cacao amaro Preparazione: Marinare la lepre in vino cotto con spezie e buccia di arancia per qualche ora se la lepre è già frollata. Scolare dalla marinatura e cuocere in un tegame con un fondo di odori ben rosolati. Quando il tutto sarà ben amalgamato unire la marinatura passata al colino e continuare la cottura per almeno 1 ora, a fuoco basso. A fine cottura aggiungere i pinoli e l’uvetta; legare la salsa con della fecola e del cacao amaro.

Capunet piemontese Ingredienti: 12 foglie di cavolo 500 gr di pasta di salsiccia 3 fette di pane ammorbidito nel latte 1 manciata di parmigiano 3 uova intere prezzemolo tritato sale e pepe Preparazione: Sbollentare le foglie di cavolo. Amalgamare la pasta di salsiccia, il pane ammorbidito nel latte, il prezzemolo tritato, il parmigiano, le uova, sale e pepe. Asciugare le foglie di cavolo, stenderle e farcirle con il ripieno. Creare dei fagottini e sistemarli su una pirofila da forno, coprire con burro fuso e Parmigiano e lasciar gratinare a 180°C.

Gallina ‘mbriaca umbra Termine dialettale che sta a indicare un vecchio piatto orvietano nel quale la saggezza contadina ha saputo abbinare carne e vino. L’ingrediente base era la gallina invecchiata nel cortile che non produceva più le uova. La sua carne dura e consistente necessitava di una cottura prolungata. Per differire dalla solita preparazione in brodo o in umido, si utilizzava una cottura prolungata nel vino.

la minestra di farro, retaggio storico degli etruschi, la minestra maritata di origine napoletana a base di carne di maiale e verdure, la stracciatella alla romana preparata con uova e parmigiano grattugiato, pepe e noce moscata, e le paste all’uovo ripiene, sontuose nella loro presentazione e regine della cucina d’inverno. Anche i secondi di carne, come i brasati, gli stracotti, i bolliti, hanno bisogno di una cottura lenta e curata. E profumano di sottobosco come i funghi, i tartufi e le castagne con i quali ben si sposano. Per non parlare della polenta che occupa un posto di rilievo sulla tavola invernale. Concia, taragna, pasticciata, con la salsiccia: comunque la si preferisca è sempre un ottimo piatto unico, che fa festa. I vini che accompagnano questi menù corposi devono essere caldi, dal bouquet intenso. Obbligatoriamente rossi. E per finire non possono mancare le torte al cioccolato o alla nocciola. Come il mont blanc, dolce al cucchiaio fatto con una purea di marroni, latte, zucchero a velo, panna e un bicchiere di rum.

Pizzoccheri, capunet, frascatuli o minestra maritata.Nella stagione fredda la cucina è povera di ingredienti ma ricca di calorie e storia

Ingredienti: 1 gallina 1 cipolla 1 costola di sedano 1 carota 2 foglie di lauro prezzemolo sale e pepe 1 pomodoro maturo vino bianco Preparazione: Mettere la gallina pulita, lavata e tagliata a pezzi in una casseruola con tutti gli ingredienti, ricoperta abbondantemente di vino. Coprire, portare sul fuoco e far bollire lentamente, schiumando la parte grassa. Il vino deve quasi evaporare del tutto; se occorre, aggiungerne ancora un poco per ultimare la cottura. Una volta pronta, togliere i pezzi di carne, sistemarli sulla pirofila o sul vassoio (una volta sul tegame di coccio), passare al passatutto il fondo escludendo le foglie di lauro, e ricoprire i pezzi di gallina. Guarnire con patate naturali, carote cotte al vapore e foglie di lauro.

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il sistema di prOmOziOne e valOrizzaziOne dei prOdOtti agrOalimentari più efficace in italia Da un’iniziativa del nostro giornale è nato VdG Market, il mercato giusto dei produttori agroalimentari italiani. Una fiera permanente di oltre 1000 referenze tra cibo e vino, sempre aperta e pronta a presentare a buyer, foodies e appassionati i prodotti enogastronomici scoperti mese dopo mese dal nostro giornale. Telefonateci o venite a trovarci per scoprire come funziona il nostro sistema di promozione e valorizzazione delle eccellenze enogastronomiche italiane.

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Una fiera permanente di vini e cibi italiani L’Italia è un immenso e straordinario bacino di prodotti agroalimentari troppo poco conosciuti e mal distribuiti. C’è un offerta che non riesce ad incontrare una domanda che c’è, ed è anche forte. Da qui l’IDEA: fare incontrare il produttore ed il consumatore. Il sistema è semplice. Con il giornale facciamo scoprire i prodotti, con i nostri store li diffondiamo facendoli degustare e i produttori li vendono direttamente. È un sistema unico che dà al settore dell’agroalimentare quello che serve: 1. Informazione (VdG Magazine) 2. Diffusione del prodotto (degustazione negli store) 3. Distribuzione innovativa con punti vendita diretti dei produttori

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Ha aperto a Cernusco sul Naviglio su una superficie di 1000 metri quadri in Via Ungaretti, 7 (Polo commerciale di Carugate) il nuovo VdG Market, il mercato agroalimentare dove trovare i prodotti selezionati dalla nostra rivista e venduti direttamente dai produttori


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Informazione

le aziende hanno bisogno di informare i potenziali consumatori VdG Viaggi del Gusto, con la versione Air One magazine, è un mensile unico in Italia sulla cultura del cibo e sulla promozione dell’agroalimentare d’eccellenza. L’informazione seria che sfocia nell’approfondimento mensile, le scoperte e le selezioni ne fanno un punto di riferimento credibile e indipendente nel settore, con una funzione, ormai, di pubblica utilità.

Sostegno alla distribuzione I prodotti devono essere reperibili La difficoltà di un turista che ha scoperto un prodotto è quella di ritrovarlo a casa nella propria città. Il nostro sistema consegna in tutta Italia.

Diffusione del sapore

I prodotti per diffonderli bisogna farli assaggiare Fare degustazioni continue è fondamentale in quanto si porta il consumatore a memorizzare il gusto. È quello che facciamo nei nostri luoghi/negozi ed i nostri eventi.


Programma televisivo di attualità, cultura, tradizioni, territorio, sport, visibile sulle seguenti emittenti: VIVA L’ITALIA Channel, canale satellitare visibile in: Europa, Paesi del Mediterraneo, Emirati Arabi, Nord Africa Stati Uniti, Canada e, in Italia, anche sul canale SKY 879 dalle ore 19.45 alle 21.15 il martedì, giovedì e sabato TIVù SAT canale 79 martedì, giovedì e sabato dalle ore 19.45 alle 21.15 NORDOVEST 7 VdA, canale 112 digitale terrestre in Valle d’Aosta, Piemonte, Liguria e nord-ovest Lombardia, : tutti i giorni dalle ore 08.30 alle 10.00 e dalle ore 19.00 alle 20.30 redazione | amadei pubblicità | comunicazione immagine | via e. aubert, 40 | 11100 aosta | 0165 239 200 | amadeisrl@iol.it


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88 Viaggi al femminile Una moda “tUtta rosa“ che sta spopolando anche in italia: vediamo come, dove e perchè

92 mare d’inVerno sUlle spiagge a gennaio? decisamente sì, se le mete si chiamano siracUsa, Brindisi e nizza

96 l’italia in mostra: Vicenza la città palladiana e la grande mostra d’arte raffaello verso picasso: Un Binomio irresistiBile

da pag. 100 Rubriche

• Città in 24 ore • Viaggi per tutte le tasche

102 finnmark (norVegia) Un itinerario estremo nel profondo nord per ammirare lo spettacolo dell’aUrora Boreale

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inviaggiotendenze

Donne in viaggio: la vie en rose “Le brave ragazze vanno in paradiso, le cattive dappertuttoâ€? diceva Helen Gurley Brown. Una tendenza, quella dei viaggi al femminile, che parla soprattutto inglese ma sta prendendo sempre piĂš piede anche da noi. Sono infatti 1 milione e 400 mila le viaggiatrici italiane: per loro hotel, ostelli e pacchetti viaggio studiati ad hoc. E tante mete girl friendly di Isa Grassano e Lucrezia Argentiero

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I film della serie Sex and the City sono usciti nelle sale da un po’, ma le quattro amiche newyorkesi, Carrie, Miranda, Charlotte e Samantha continuano a riscuotere successo. Perché la complicità che si crea tra donne è qualcosa di unico e speciale che gli uomini non possono capire. Soprattutto quando si è in viaggio. Ci sono cose davvero difficili da condividere con il proprio marito, compagno, fidanzato, amante: dal voler girovagare ore e ore tra le bancarelle di un mercatino vintage, al trascorrere un fine settimana a mollo in una piscina di un centro termale. Così la parola d’ordine è sempre più only girls. Lo dicono le statistiche. Sei donne su dieci (secondo una ricerca di Meta Comunicazione) aspirano a regalarsi un week end, una vacanza, o anche solo un giorno con la propria amica del cuore, o più di una, per staccare dal quotidiano (34% delle intervistate), lasciare a casa marito, e fidanzato, figli (il 25% delle donne vuole riflettere sulla propria situazione sentimentale e familiare) e ritrovare se stesse, emozioni liberatorie, complicità e unione nello shopping, risate, in modo tale da tornare ricaricate (17%). Per quel che riguarda la durata del viaggio, la maggioranza delle preferenze è per un periodo superiore a una settimana (25%), per un fine settimana (8%), per quattro giorni (5%). Una tendenza “tutta in rosa” che arriva dai paesi anglosassoni e dagli Stati Uniti. Secondo i dati del Touring le viaggiatrici italiane sono un milione e 400 mila, mentre negli Usa le donne che partono da sole rappresentano il 75% della popolazione. E non conta l’età. L’esercito delle donne al femminile è composto da ventenni, come quarantenni e sessantenni.

Le stanze segrete Così quello dei viaggi tra amiche è diventato un business: sono nate agenzie di viaggio specializzate, libri, blog e siti internet, app dedicate da avere sul proprio smartphone, ostelli rigorosamente pink e anche gli hotel sempre più propongono una serie di servizi, attenzio-

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inviaggiotendenze

Le donne che fanno rete L’universo della rete è costellato di idee e spunti rosa per le viaggiatrici. Il blog Donne con la valigia, ad esempio, è uno spazio virtuale curato da Marina Misti, giornalista romana, condiviso da una community di neonomadi tutta al femminile. Fuorirotta Donna, invece, propone programmi di viaggi, provati e collaudati, con qualsiasi tipo di esigenza e qualsiasi destinazione; nato dall’esperienza di un’agenzia di viaggi, mette a disposizione link e consulenze di esperti. Punta al turismo sostenibile, invece, Gender responsible tourism, creato da Iaia Pedemonte, per le donne che vogliono viaggiare in modo responsabile.

Per saperne di più: www.donneconlavaligia.it www.fuorirotta-donna.it www.genderresponsibletourism.org

Col sottotitolo “mollate tutto e partite! Non vi resta che fare le valigie”, Isa Grassano ha segnalato oltre 101 mete per tutte coloro che vogliono concedersi uno stacco dalla vita quotidiana. Alle destinazioni, inoltre, si aggiungono una serie di esperienze pink da provare, come andare a cena a casa di una cesarina, isolarsi in un monastero, dormire in un hotel da sogno. Spunti che è possibile trovare anche al blog nato da un’idea di Lucrezia Argentiero www.amichesiparte.com

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Ad Amsterdam, Hostelle è una nuova struttura che consente l’accesso agli uomini solo per un drink nella lounge e dietro invito

ni dedicate e “pacchetti speciali Ladies”. Qualche esempio? Le proprietà italiane di Orient Express si tingono di rosa con Lady of Leisure Escapes, con diverse proposte concepite per rendere ancora più piacevole il soggiorno. Starhotels ha lanciato l’offerta ladies. Comprende room service come la cena in camera e la stiratura di un capo di abbigliamento, oltre a una serie di accorgimenti che vanno dalla crema antirughe ai collant. La stessa attenzione viene riservata a chi prenota una W room negli alberghi della Best Western: parcheggio auto sicuro, vicino all’ingresso, porte con catenella e spioncino, una rivista in camera, la piastra per capelli in bagno. Il Bella Sky Comwell di Copenaghen, invece, è il primo albergo in Europa ad avere un intero piano (il diciasettesimo) dedicato al gentil sesso. Il nome del piano è Bella Donna, con un sistema di sicurezza degno di una


banca: vi si accede con delle speciali chiavi fornite solo al pubblico femminile. Tra gli ostelli ricordiamo Hostelle, aperto da qualche mese ad Amsterdam, dove l’accesso agli uomini è concesso solo per un drink nella lounge e dietro invito. A Firenze c’è il Plus Florence, dove trascorrere con le proprie amiche una divertente giornata tra piscina, sauna, bagno turco: alla sera, tutte fuori per le vie di Firenze. La struttura ha riservato alle ospiti un intero piano, il Plus Girls Only.

Una strada di mattoni rosa E le mete? Nel viaggio le donne cercano destinazioni che siano soprattutto sicure da girare, che offrano relax, natura ma anche la possibilità di sbizzarrirsi con lo shopping, soprattutto in questo periodo di saldi. Così, sempre gettonate sono le classiche New York, dove sono diversi i tour operator che organizzano passeggiate sulle orme delle “ragazze” di Sex and the City. E ancora Londra, una città dove non ci si annoia mai, anche se si torna più volte.Tra le new entry, Leeds, nell’Inghilterra del nord, tra l’altro collegata molto bene con voli low cost. È la terra promessa per le patite di moda, dove vestirsi bene seguendo i trend del cuore e togliendosi qualche sfizio, senza aver bisogno di grossi capitali. Per chi ama sciare, una destinazione perfetta è l’Abruzzo. Alla sera ci si rilassa al Relais Ducale con una Spa piccolina ma molto accogliente. Prima si nuota in piscina, poi ci si può accoccolare sui comodi divani attorno al bellissimo camino sempre acceso, a bere una buona tisana e a scambiare quattro chiacchiere. Si è trasportate, invece, nelle atmosfere orientali, all’hammam Alma Terra di Torino. Voluto da un’associazione interculturale di sole donne, Alma Mater, ha come finalità il benessere esclusivo del gentil sesso, con un bagno di vapore secondo la tradizione araba. Tengono bene le terme per una completa remise en forme, tra massaggi, terapie di bellezza e trattamenti per la cura e il benessere del corpo. Fuori è freddo e allora ci si lascia ritemprare dalle acque calde, mentre le confidenze si confondono con i borbottii delle vasche idromassaggio.

Scelti per voi Relais Ducale Spa & Pool Il pacchetto (220 euro a persona) prevede 2 notti infrasettimanali in sistemazione Superior, ricca colazione a buffet, ingresso alla Spa&Pool dell’hotel con accesso a sauna, bagno turco, doccia tropicale ed emozionale, vasca idrofamily, piscina, zona relax, massaggio al viso circolatoriorassodante, avvolgimento aroma-detox (snellente). Via Dei Mastri Lombardi, 26 Pescocostanzo (Aq) www.relaisducale.it Borgo Egnazia Tarant Spa Qui i trattamenti sono in grado di soddisfare anche le Spa

addicts. In programma: rilassamento e guida con gli Spapsicologi; pizzica, tamburello e linguaggio del corpo; massaggio della svolta; rilassamento yogastyle; trucco terapeutico. Tre giorni all inclusive vengono 875 euro. Dal 23 al 27 gennaio e dal 14 al 17 febbraio: solo per donne sconto del 15%. Savelletri di Fasano (Br) Tel. 080.2255000 www.borgoegnazia.com Le Monacelle Nel silenzio della propria camera da letto, è possibile scaricare le tensioni con un massaggio agli oli essenziali. In alternativa, a

disposizione un personal tour guide, per un intero giorno. Nessuna preoccupazione per gli itinerari tra i Sassi: la guida organizza un giro, secondo le vostre esigenze. Suite: 100 euro. Massaggio in camera: 60 euro Via Riscatto 9/10 – Matera www.lemonacelle.it Hostels Club Il sito gestisce le prenotazioni di oltre 12 mila strutture in tutto il mondo, tra cui scegliere la sistemazione più adatta per te e per il tuo portafogli. Molte le strutture solo al femminile. www.hostelsclub.com

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inviaggio “Il mare d’inverno è un concetto che il pensiero non considera, è poco moderno, è qualcosa che nessuno mai desidera…” cantava Enrico Ruggeri. A gennaio però, con le festività alle spalle e le temperature che – di pari passo all’umore – scendono sempre più, una fuga (fuori stagione) sui litorali italiani del Sud o verso destinazioni straniere può trasformarsi in qualcosa di più di una semplice evasione dalla routine di Ida Santilli

L’estate è ancora lontana e, davanti al pc, chissà quanti sognano ad occhi aperti di stare su una di quelle spiagge bianche di remote isole col mare cristallino e lussureggianti vegetazioni. Quando si parla di mare d’inverno, ogni classifica è arbitraria. I meccanismi che presiedono a certe scelte sono soggettivi: c’è chi ama le atmosfere intime e chi insegue la profondità del paesaggio, chi cerca di abbinare spiaggia e cultura, chi vuole, con la scusa della vacanza, avvicinarsi a tradizioni e costumi di un popolo. Niente top ten dunque: proviamo piuttosto a darvi alcuni utili suggerimenti per scegliere una destinazione per tutte le tasche.

Sulle tracce di Montalbano Frequentatissima d’estate, splendida e ospitale come pochi altri litorali nella tranquillità del fuori stagione, Siracusa è una di quelle destinazioni che merita senz’altro una visita anche d’inverno. Le motivazioni sono tante: le viuzze dell’isolotto Ortigia unito alla terraferma dal Ponte Nuovo, la cattedrale costruita sul tempio

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Mare mare,

non ti posso guardare così...


dorico di Atena, rimaneggiata più volte e infine adornata da una maestosa facciata settecentesca,il teatro greco-romano,l’Orecchio di Dionisio, la chiesa di Santa Lucia con l’adiacente cappella ipogea del Santo Sepolcro.Senza dimenticare che nella Galleria Regionale di Palazzo Bellomo sono custoditi due capolavori, l’Annunciazione di Antonello da Messina e la Sepoltura di Santa Lucia del Caravaggio. Ma il valore aggiunto della città sono i piccoli laboratori artigiani, i ristori volanti (assolutamente da provare le zeppole), i banchi di frutta fresca e di simenze: semi tostati e legumi secchi. La gita in barca intorno all’isola e sotto costa, dove si aprono molte grotte è un’esperienza da fare, se non altro per il colpo d’occhio sulla città e per poter ammirare dall’acqua il possente castello Maniace, fatto costruire da Federico II intorno al 1240. Pittoresco il mercato che si svolge ogni mattina nelle vie adiacenti al Palazzo delle Poste, a poca distanza dal ponte. Vale la pena spostarsi per una passeggiata sulla spiaggia di San Lorenzo a Marzamemi, oppure da località Calamosche alla Riserva Naturale di Vendicari, dove non è raro fare incontri ravvicinati con fenicotteri, cicogne e tartarughe palustri. Per chi ama invece visitare le location di film e serie televisive, tutta la zona intorno a Marina di Ragusa è appetibile: sulle tracce del commissario Montalbano, nato dalla penna di Andrea Camilleri, si arriva alle acque cristalline di Punta Secca. Se, oltre alle onde sollevate dal vento, state cercando un’altra motivazione per arrivare fin quaggiù, vi basti sapere che dal 7 al 12 febbraio Sciacca, ricca di monumenti e chiese che testimoniano le influenze delle diverse dominazioni, da quella romana a quella araba, ospita uno dei carnevali più spettacolari della Sicilia. Colorati carri allegorici in cartapesta sfilano in parata salutando la maschera più popolare della città, Peppe Nappa, che fa il suo ingresso trionfale nel quartiere di San Michele tra i pennacchi di un caratteristico carretto siciliano.

In alto, il teatro greco di Siracusa. Sotto, il porticciolo di Marzamemi. Nella pagina successiva una bella veduta di Santorini

In Puglia per un tuffo... nel gusto Anche la Valle d’Itria, meno battuta del Salento, potrebbe essere un’ottima meta da weekend invernale al mare. Chi ama cedere ai peccati di gola, del resto, è nella zona giusta: non molti sanno che, poco distante dalle selvagge spiagge di Ostuni, Rosa Marina e il Pilone, Ceglie Messapica è tra le cittadine italiane con la più alta percentuale di ristoranti stellati nel rapporto con la popolazione. Percorrete le stradine del borgo medievale, fatte di chianche (lastrichi in pietra), fino al Castello Ducale, con la svettante Torre Quadrata che risale all’anno mille. Poco distante la chiesa barocca di San Domenico della scuola del Bernini. A pochi chilometri da qui, si trova Carovigno, delizioso paesino cinto da mura visibili alle spalle della Chiesa Nuova e della necropoli e dominato dal castello Dentice di Frasso. Vanta un presidio Slow Food, il pomodoro fiaschetto, così chiamato perché la sua forma ovale e il colore rosso intenso ricorda vagamente un fiasco di vino. Dolce e succoso, è ottimo sulla bruschetta ma anche semisecco o trasformato in passata.

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Scelti per voi

inviaggio

dove mangiare

Per saperne di più: www.oasivendicari.net www.ilcarnevaledisciacca.com www.viaggiareinpuglia.it www.nicetourisme.com www.nicecarnaval.com

Ristorante Cibus Gestito dalla famiglia Silibello. Ricavato nelle sale di un antico convento del XV secolo è soprattutto un luogo di conoscenza: il cibo come percorso culturale e storico. Una golosità sono le melanzane ripiena di pasta fresca e ragù casereccio. Menù da 30 euro Via Chianche di Scarano, 7 Ceglie Messapica (Br) Tel. 0831.388980 www.ristorantecibus.it Locanda del borgo Cucina siciliana con amore e fantasia in un piccolo e confortevole ristorante. Da non perdere il risotto aromatizzato alla carruba, gli spaghetti col ragù di mare e il medaglione di dentice. Dulcis in fundo la pera glassata con ricotta e caramello. Prezzo medio: 40 euro Via Controsceri, 11 Rosolini (Sr) Tel. 0931.850514 www.locandadelborgo.net

Mete esotiche Oia, con i suoi muri color ocra e le cornici di porte e finestre in travertino rosso, quasi spiazza il turista che si aspetta il tipico paesaggio con case bianche e cupole blu di Santorini. Da questo delizioso villaggio a nord dell’isola una stradina a scalini in discesa sul dirupo porta, con una romantica passeggiata, alla splendida spiaggia di Ammoudi da cui ci si imbarca in battello per Thirasia. Vi consigliamo di arrivare al tramonto e di affacciarvi dalla terrazza del paese quando il sole offre uno dei suoi spettacoli migliori adagiandosi sulla Caldera. Chi può permettersi di spendere di più e non accontentarsi di una passeggiata in riva al mare può considerare, infine, la spiaggia bianca di Watamu, nella Riserva Marina di Malindi, in Kenya. Un’area marina protetta con la barriera corallina ancora vergine e incontaminata ricca di fauna e corallo, ideale per snorkeling e immersioni.

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Romanticismo d’Oltralpe Una pedalata a ritmo lento lungo la Promenade des Anglais, il lungomare di Nizza – soprattutto se avete la fortuna di beccare una giornata di sole – è quello che ci vuole per ricaricarsi. Il clima mite vi farà apprezzare questa deliziosa città anche in inverno quando è un piacere visitare il Museo di Matisse e la collezione di Chagall senza folle di turisti in fila. Solleticate il palato con le prelibatezze locali come la gustosa pizza a base di farina di ceci, la socca, accompagnata da vino di Bellet di produzione locale. Gironzolando tra i colorati mercati della frutta e della verdura, scoprirete la città vecchia, con le sue strette viuzze. Una dritta per i più romantici: il terrazzo del Museo d’Arte Contemporanea regala uno splendido colpo d’occhio sulla città, suggestivo al tramonto. Più chiassoso il periodo che va dal 15 febbraio al 6 marzo: carri fioriti sfilano fra l’avenue des Phocéens e l’hotel Negresco e ballerine e musicisti mettono in subbuglio le stradine della città vecchia. Su ogni carro, modelle in costume lanciano da 80 a 100 mila fiori sul pubblico accorso a vedere il colorato Carnevale.

Le Bistro du Fromager Ogni indirizzo è buono tra quelli dei tanti bistro affacciati sul vivace Marche aux Fleurs e nelle vie d’intorno. In una bella giornata di sole invernale, come solo la Costa Azzurra sa regalare, è bello mangiare all’aperto, tra fiori e bancarelle. Al Bistro du Fromager in menù solo piatti a base di formaggi e un lungo tavolo a buffet per sbizzarrirsi. Rue Benoit Bunico, 29 - Nizza Tel. 0033.0493130783

dove dormire B&b La corte degli angeli All’interno di un elegante palazzo storico nell’isola di Ortigia. Gli ospiti possono scegliere tra tre tipologie di camera (gialla, verde e rossa) e fare colazione nel cortiletto interno. Doppia da 70 euro Ronco San Tommaso, 15 Siracusa Tel. 0931.461802 www.lacortedegliangeli.com Hotel Victoria A soli 200 metri dalla spiaggia, un hotel che, per la cordialità dei suoi proprietari e le torte fatte in casa, assomiglia più a un b&b. Una notte da 50 euro a persona Via Vesuvio Torre S. Sabina Marina di Carovigno (Br) Tel. 0831.990047 www.hotelvictoriapuglia.it Terrauzza dul mare Azienda nota per la produzone di ceramiche offre ospitalità in 9 appartamenti. Accesso diretto al mare. Prezzo medio: 40 euro Via Blanco, 8 Contrada Terrauzza (Sr) Tel. 0931.714362 www.terramar.it


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Storie di sguardi nella città del Palladio

È un museo a cielo aperto costellato di capolavori assoluti dell’arte architettonica, Vicenza. Come la Basilica Palladiana, gioiello recentemente riaperto al pubblico, le cui sale ospitano la mostra Raffaello verso Picasso: 90 ritratti che raccontano sì secoli d’arte, ma ci parlano anche dell’uomo e ci permettono di guardare il nostro passato dritto negli occhi

di Silvana Delfuoco

Veneto

Vicenza

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Il 15 dicembre 1994, Vicenza fu proclamata ufficialmente Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco. Peccato che colui a cui si deve questo riconoscimento, Andrea Palladio, non potesse essere presente per rallegrarsi del suo personale trionfo. È stato infatti grazie al suo genio di urbanista, unito alla sua abilità di architetto – sono ben quarantasette, solo in città e dintorni, i monumenti che portano la sua firma – che Vicenza è stata presa a modello di struttura nella maggior parte dei paesi europei, e non solo. Per intenderci: nel 2010 persino il Congresso degli Stati Uniti d’America ha

riconosciuto il Palladio come Padre dell’architettura americana.

Un ponte tra i secoli Attraversare la città da un capo all’altro,percorrendo l’arteria centrale che, ovviamente, si intitola a Palladio, è una vera e propria full immersion in un museo a cielo aperto. Con la differenza, rispetto alla forzata staticità delle sale di una galleria, che qui tutto è ancora vivo e vitale, come se tra la Vicenza del Rinascimento e quella d’oggi non ci fosse mai stata soluzione di continuità. I palazzi e le case d’epoca sono


Vicentini magnagati…

infatti rimasti gli stessi,magari soltanto con qualche cambio di funzione. Palazzo Chiericati, per esempio, che fronteggia il Teatro Olimpico, è oggi sede del Museo Civico, mentre palazzo Valamarana Braga Rosa, all’angolo con corso Fogazzaro – altro vicentino illustre – è invece ancora proprietà della famiglia, che vi organizza visite ed eventi. E poi, nella piazza centrale, c’è la Basilica Palladiana, il prezioso gioiello che un’intelligente opera di restauro ha appena restituito alla città e al mondo. Non è un caso se la mostra Raffaello verso Picasso è stata allestita proprio qui.

Un gatto magari no, ma una Gata perché non assaggiarla? Fatta di burro, latte, miele, un pizzico di mandorle e di cacao, La Gata è un dolce nato qualche anno fa dall’idea vincente di un gruppo di artigiani che cercavano un’espressione autentica del territorio anche in pasticceria. Da allora va alla grande e vale la pena provarlo: lo trovate da Gambarato, in contrà Porta Padova 25. E quanto ai gati del curioso detto popolare, inutile cercarne il vero significato: le leggende in merito si sprecano! Ma il vero fiore all’occhiello della cucina cittadina resta il baccalà alla vicentina, anch’esso dall’origine misteriosa. Pare infatti che il “pesce bastone”, ingrediente base del piatto, sia arrivato fin qui qualche secolo fa direttamente dalla Norvegia, dove una nave mercantile carica di vino aveva fatto uno scalo forzato. Inizialmente poco apprezzato, la fantasia popolare lo adattò via via al gusto locale, fino a farne un piatto simbolo, non solo nel contenuto ma anche nel nome, per ragioni anche qui difficilmente indagabili. Quello che in Veneto si chiama baccalà è infatti conosciuto nel resto d’Italia come stoccafisso. Se volete portarvelo a casa, dopo averlo assaggiato in loco, fermatevi a fare acquisti: al Ceppo, in corso Palladio 196, oppure, allungando il passo fino a Bassano del Grappa, alla Bottega del Baccalà della famiglia Concato, leader indiscussa nel campo.

In apertura, Piazza dei Signori dalla caratteristica forma rettangolare. Lungo il suo lato maggiore sorgono la Basilica Palladiana e la torre Bissara, mentre nel lato opposto si erge la Loggia del Capitanio (sempre firmata da Palladio)

Attraversare Vicenza, percorrendone l’arteria centrale che, ovviamente, si intitola a Palladio, significa fare una full immersion in un museo a cielo aperto, vivo e vitale

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Raffaello verso Picasso Sottotitolo: storie di sguardi, volti e figure. Non si tratta di una storia del ritratto, però, ma del “racconto dello sguardo”, come scrive sul catalogo della mostra il suo curatore, Marco Goldin. Raffaello verso Picasso è un moto a luogo, un andare “da una perfezione quasi apollinea – sono sempre parole di Goldin – nella rappresentazione di un volto, a quello di palese rottura della forma e riorganizzazione entro canoni diversi”. Divisa in quattro sezioni – Il sentimento religioso; La nobiltà del ritratto; Il ritratto quotidiano; Il Novecento – la mostra è dunque pensata come un viaggio attraverso il tempo e lo spazio. Dal Beato Angelico a Caravaggio, da Raffaello a Velasquez, da Goya a Renoir, a Gauguin, a Van Gogh, a Picasso… Ci si sente meno soli, in compagnia di questi capolavori arrivati qui da ogni angolo del pianeta, mentre si cammina, di ritratto in ritratto, alla prese con l’eterno quesito sul senso del nostro essere nel mondo. fino al 20 gennaio Basilica Palladiana – Vicenza www.lineadombra.it

Nelle immagini due opere che ben rappresentano l’evoluzione del ritratto, da Raffaello, che dipinge sè stesso, a Picasso con il suo Ritratto di un’italiana

Ville da favola e amori tristi Scenografica la città, dunque, ma anche i suoi dintorni non sono da meno. Una breve camminata in salita partendo dal centro e si arriva al Santuario di Monte Berico, sorto ai primi del Quattrocento su un luogo di apparizioni mariane,da cui si può godere di un panorama mozzafiato, che si stende fino all’Altopiano di Asiago. Poco distante, ecco quel celebre simbolo dello stile palladiano che è Villa Capra detta la Rotonda,dai vicentini chiamata semplicemente “la villa”, dove anche il regista inglese Joseph Losey si è fermato tre mesi per girare il suo Don

Giovanni. E poco più avanti, nel silenzio del bosco, Villa Valmarana ai Nani, internamente affrescata dal Tiepolo: diciassette guardiani di pietra fissano minacciosi il visitatore dall’alto del muro di cinta. Narra la leggenda che stanno lì, immobilizzati dal dolore, dal giorno in cui la loro infelice principessa, bellissima ma anche lei minuscola,si lasciò cadere dall’alto del muro di cinta per il rifiuto di un cavaliere che le aveva rubato il cuore. Una storia troppo triste per un luogo così piacevole. Ma è difficile, da queste parti, che le storie d’amore abbiano lieto fine: in fondo, Verona è solo a due passi…

Scelti per voi dove mangiare Amici miei In centro che di più non si può, un locale dall’eleganza minimal ma dalla cucina di livello e attenta alla qualità. Prezzo medio: 55 euro senza vini Piazza Biade, 6 – Vicenza Tel. 0444.321061 www.amicimiei.vi.it Ponte delle Bele Una piccola trattoria un po’ defilata, tirolese nell’ambientazione e in

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qualche piatto, ma dove si trova ancora l’autentico baccalà alla vicentina. Prezzo medio: 30 euro senza vino Contrà Ponte delle Bele, 5 – Vicenza Tel. 0444.320647 www.pontedellebele.it Il Cursore Una vera osteria a conduzione familiare, dove si cucinano i piatti della tradizione, secondo il mercato del giorno. Prezzo medio: 30 euro vino escluso Stradella del Pozzetto, 10 – Vicenza Tel. 0444.323504 www.osteriacursore.it

dove dormire Big Hotels Vicenza – Hotel Europa Un moderno quattro stelle, a breve distanza dalla fiera e dall’uscita autostradale. Doppia da 50 euro S.S Padana dir.Vicenza, 11 – Vicenza Tel. 0444.564111 www.bighotels.it Relais Santa Corona Nel cuore della città, in un palazzo del ’700 elegantemente ristrutturato, un hotel tranquillo e suggestivo.

Doppia da 59,50 euro Contrà Santa Corona, 19 Vicenza Tel. 0444.324678 www.relaissantacorona.it Country House B&B Il Melo In zona periferica, all’interno di un giardino privato, un edificio rustico con vista sui Colli Iberici. Doppia da 60 euro Strada del Monte Crocetta, 26 Bivio Strada Ambrosini – Vicenza Tel. 0444.981044 www.bebilmelo.it


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una città in 24 ore

di Lucrezia argentiero

Ravenna in 5 tappe

Andare sulle tracce di Dante Alighieri Il sommo poeta, esule da Firenze, giunse a Ravenna ospite della signoria dei Da Polenta, e qui morì nel 1321. È sepolto in un tempietto neoclassico (ingresso gratuito) e a lui è dedicato il teatro della città. Da visitare anche il museo, situato presso il Centro Dantesco dei Frati Minori: in mostra illustrazioni, quadri, medaglie e monete, piccole sculture in bronzo e filatelia legati al sommo poeta.

Chi la visita, anche per una sola volta, non può non innamorarsene. Come avvenne a Boccaccio, che vi ambientò una delle sue più belle novelle, a Gustav Klimt che ne trasse ispirazione, o a Hermann Hesse che, dopo averla “incontrata” le dedicò splendidi versi. Città vivace e cosmopolita, si candida per diventare Capitale Europea della Cultura nel 2019 Lasciarsi abbagliare dallo scintillio dei mosaici Le luccicanti tessere sono protagoniste un po’ ovunque, a testimonianza di una storia gloriosa. La caratteristica dei mosaici? Le tessere hanno forme irregolari e posizionate in profondità variabili: questo fa in modo che, da qualunque parte la si osservi, la superficie rifletta la luce in un gioco di contrasti affascinante. Otto monumenti costituiscono il ricco patrimonio di mosaici ravennate, tanto da essere inseriti nell’Olimpo dell’Unesco. I più famosi si trovano all’interno della Basilica di San Vitale, con il celebre ritratto dell’imperatrice bizantina Teodora. www.ravennamosaici.it Ammirare il cielo stellato di Galla Placidia Si resta incantati alzando gli occhi al cielo e ammirando la splendida volta di stelle del piccolo mausoleo di Galla Placidia, un edificio a forma di croce latina. L’esterno è molto semplice, in contrasto con la ricchezza della decorazione musiva dell’interno, la più antica di Ravenna. Si dice che il grande musicista americano Cole Porter, in viaggio di nozze a Ravenna, abbia scritto una delle sue canzoni più famose, Night and day, dopo aver visitato il tempietto.

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dove dormire

dove mangiare

dove comprare

Casa Masoli Una dimora costruita nel settecento, appartenuta alla famiglia RasponiBonanz e trasformata in b&b. Suite eleganti e diverse per colori, broccati e mobili d’epoca. Doppia da 70 euro Via Girolamo Rossi, 22 Tel. 0544.217682 www.casamasoli.it

Cà de Vèn Nel palazzo in cui soggiornò Dante, attualmente apparecchia i suoi tavoli l’enoteca più famosa della città, dove assaggiare deliziose piadine, salumi e pasta fatta a mano. Menù da 20 euro Via Corrado Ricci, 24 Tel. 0544.30163 www.cadeven.it

La stamperia dei Pascucci Tovaglie tonde e quadrate, tovagliette all’americana, grembiuli, canovacci e presine, ricettari e cuscini stampati nei colori classici, come il ruggine, quello più antico, nato dall’ossido di ferro. Via Mentana, 12 Tel. 0544.212220

Best Western Bisanzio Atmosfera un po’ retrò con le raffinate sale comuni rivestite di marmi pregiati, i lampadari che circondano le colonne con effetto di “capitello luce”. Doppia da 78 euro Via Salara, 30 Tel. 0544.217111 www.bisanziohotel.com

L’Antica Trattoria Al Gallo Situata nei pressi dei capolavori d’arte, offre, sin dal 1909, una cucina tradizionale casalinga. Per chi preferisce i menù light, anche tanti piatti vegetariani. Menù da 35 euro Via Maggiore, 87 Tel. 0544 213775 www.algallo1909.it

Info:

www.turismo.ravenna.it www.aptservizi.com/it

L’idea in più Birdwatching nell’oasi La moretta tabaccata e il marangone. La sgarza ciuffetto e la nitticora. Il falco di palude e il tarabuso. L’oasi di Punte Alberete è un vero paradiso per gli uccelli. Con un binocolo in mano, gli acquitrini di questa “piccola Camargue” (confina con la strada statale Romea), inserita nel parco del Delta del Po, diventano una meta d’eccezione per tutti gli appassionati di birdwatching.

Baciare Guidarello Guidarelli Se siete nubili, è d’obbligo fare una sosta al Mar, museo d’arte della città, anche solo per il tempo di avvicinarsi alla statua dormiente di Guidarello Guidarelli, figlio di un notaio di origini fiorentine. Durante un’esposizione a Parigi l’opera fu danneggiata a causa di una turista che baciò le labbra della statua tingendole di rosso. Da allora si diffuse la credenza che tutte le donne libere che baceranno l’illustre cavaliere potranno trovare un compagno da amare entro l’anno. www.museocitta.ra.it Fare tappa a Sant’Apollinare in Classe Quando 1500 anni fa la Basilica fu costruita, si trovava in riva al mare. L’imponente architettura che oggi si erge nella campagna alle porte di Ravenna, sulla strada romea verso Sud, fu a suo tempo pensata e realizzata sulle rive dell’Adriatico, che oggi si trova a qualche chilometro di distanza. Oltre ai mosaici è famosa per sarcofagi marmorei degli antichi arcivescovi disposti lungo le navate laterali. Li accanto si trova la grande area archeologica dell’antica città di Classe, sede della flotta romana.


una città in 24 ore

di Isa Grassano

Scoprire il nuovo design della città Ha riaperto da pochi mesi il Museo d’Arte Contemporanea Stedelijk Museum. Dall’esterno, appare come un volume interamente bianco e liscio, con una forma oblunga, tanto da essere ribattezzato “la vasca da bagno”. Il dinamico edificio offre nuovi spazi per le sue influenti mostre temporanee. All’interno si trova una sezione dedicata alle arti visive dal 1870 al 1960, un excursus che va dal Modernismo a oggi, con in bella mostra ceramiche, cristalleria, tessili. www.stedelijk.nl/en

Amsterdam in 5 tappe Nella Venezia del nord si festeggiano quest’anno i 400 anni dalla costruzione della Cerchia dei Canali. Così tutto il 2013 sarà caratterizzato da iniziative e mostre a tema. Qualche esempio? Dal 13 gennaio si svolge Vivere sul Canale! presso l’Amsterdam Heritage Museum e, dal 26, Amsterdam sull’acqua presso la Rembrandthuis

dove mangiare Café ‘t Papeneiland Antico bruine cafe’s, uno dei tipici caffè marroni, dove fermarsi a bere qualcosa. Prinsengracht, 2 www.papeneiland.nl Haesje Claes Tipico ristorante olandese situato nel centro storico tra Spui e piazza Dam, di fronte all’Amsterdam Museum. Menù da 30 euro

Spuistraat, 273-275 www.haesjeclaes.nl

dove dormire Andaz Hotel In un edificio sul Prinsengracht che precedentemente ospitava una biblioteca, con gli interni realizzati dal famoso designer olandese Marcel Wanders. Doppia da 250 euro Prinsengracht, 587 www.andazamsterdam. com

Nova Hotel Situato nel cuore della città, in un autentico palazzo affacciato sui canali, permette di raggiungere facilmente a piedi le principali attrazioni. Doppia da 119 euro Nieuwezijds Voorburgwal, 276 www.novahotel.nl

L’idea in più Risparmiare con il pass La I Amsterdam Card (Amsterdam pass) ha validità di 24, 48 o 72 ore. Dà diritto all’ingresso libero presso oltre 30 musei, a un’escursione gratuita in battello, all’utilizzo dei mezzi pubblici, a sconti del 25% in diversi ristoranti e in alcuni negozi, a degustazioni di tipicità. Si entra gratuitamente anche al Casinò. Da 39 euro per 24 ore. Info: www.amsterdam.info/it/pass

dove comprare A zonzo tra i mercati In città ce ne sono davvero tanti, da quello delle pulci che si trova sulla piazza Waterlooplein (chiuso di domenica) a quello biologico in piazza Noordermarkt. Oppure si fa shopping tra le nove stradine (negen straatjes) situate nella cerchia dei canali. www.de9straatjes.nl

Info

www.holland.com www.iamsterdam.com

Ammirare l’arte di Van Gogh Una sosta classica da non perdere è il Museo Van Gogh temporaneamente trasferito all’Hermitage di Amsterdam, che riapre nella sede originaria a maggio. L’ala Keizersvleugel ospita la mostra Vincent – Il Museo Van Gogh all’Hermitage (fino al 25 aprile). Molte delle opere più conosciute – I Girasoli, Rami di Mandorlo in Fiore, La Casa Gialla... – s’incrociano con una sorprendente combinazione di opere anteriori e recenti. www.vangoghmuseum.nl Perdersi in piazza Dam È la parte della città più vivace, a qualsiasi ora del giorno e della notte. In piazza Dam, che gli olandesi chiamano semplicemente Dam, non ci si annoia mai. A ogni angolo s’incontrano artisti di strada, giocolieri, musicisti e da qui partono tutte le strade dello shopping. Da qui parte anche Warmoestraat, la via “dello sballo” con coffee shops, pub aperti tutta la notte e ristoranti. Affaccia sulla piazza il Palazzo Reale, voluto così da Luigi Bonaparte nel 1808, e oggi residenza della Regina quando si trova in città. Per evitare attacchi dai rivoltosi, l’ingresso è ben nascosto sotto il portico destro. Bere un aperitivo al Droog Uno dei primi hotel dove non si va per dormire (la camera è solo una e le prenotazioni lunghissime). È l’hotel Droog, firmato dallo studio olandese Droog Design. Qui si può bere un drink, fare shopping, guardare una mostra, passare un po’ di tempo in giardino, pranzare al ristorante, fare un beauty treatment, ascoltare la lettura di un libro, acquistare abiti e accessori di brand famosi. www.droog.com Vivere il quartiere a luci rosse Tappa d’obbligo è il Red Light District. Il De Wallen, nel centro, è il più grande e più famoso quartiere a luci rosse. Si passeggia tra neon intermittenti e vetrine che vendono i piaceri del sesso, night club e antichi palazzi. Qui si rivela la faccia più tollerante e liberale della città: grandi classici da visitare sono Casa Rosso, dove si svolgono show erotici, e l’Erotic Museum, altra “istituzione” del quartiere.

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terrelontane

Inverno estremo nel Finnmark di Marco Scataglini

Vale la pena di affrontare il gelo, la neve e la lunga notte del Nord per ammirare, almeno una volta nella vita, lo spettacolo di un’aurora boreale? Noi pensiamo proprio di sì. Per farlo è necessario addentrarsi nella terra dei Sami, magari a bordo di una slitta trainata dalle renne. E perché no, nell’attesa, approfittare per pescare attraverso il ghiaccio o fare uno spuntino con carne di renna

Finnmark

Norvegia

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Per ammirare un’aurora boreale occorre avere fortuna. Non sempre c’è e non sempre è intensa e luminosa. Di sicuro però il posto migliore in Europa per ammirare il fenomeno è il Finnmark, e la stagione giusta è l’inverno: da ottobre a marzo, ma meglio gennaio e febbraio

Una (sia pur breve) vacanza invernale verso il Grande Nord è davvero un’esperienza indimenticabile. Probabilmente non ci crederete, ma lo è a cominciare dai colori: sembrerà strano parlare dei cromatismi di una terra coperta al 90% dalla neve, eppure possiamo garantirvi che i riflessi blu del ghiaccio, il riverbero rossiccio del sole nascosto sotto l’orizzonte, il

È impossibile spiegare l’emozione che dà vedere gli immensi nastri di luce di un’aurora boreale muoversi sinuosamente attraverso il cielo, abbracciare le stelle, ingoiarle e sputarle fuori di nuovo, in uno spettacolo che non ha eguali al mondo Per saperne di più: www.esl.it www.visitbritain.com www.visitberlin.de www.parisinfo.com www.catalunya.com

verde intenso degli abeti, si esaltano proprio perché proiettati e amplificati dalla matrice candida che in qualche modo li ingloba. Il colore esplode per contrasto. E poi c’è l’uomo: i Sami (il termine Lapponi con cui li si chiamava sino a non molto tempo fa è vagamente dispregiativo ed è meglio non usarlo) indossano spesso i vestiti tradizionali, e spiccano per i piccoli centri urbani persi nella vastità dell’altipiano interno del Finnmark, in cui ci sono pochissime strade e ci si sposta soprattutto con la motoslitta, magari inseguendo i branchi di renne al pascolo. Popolo di pastori, i Sami costituiscono la maggioranza della popolazione del Finnmark interno e sono “una nazione che vive in quattro stati diversi”: così il parlamento Sami della Norvegia definisce il proprio popolo. I quattro stati (Norvegia, Svezia, Finlandia e Russia) o, per essere più precisi, parti di essi, formano la zona chiamata Sapmi, la terra dei Sami, dove vivono sin dall’epoca glaciale, quindi ben prima della scandinavizzazione della penisola. Riconosciuti come etnia anche dalle Nazioni Unite, godono di una certa autonomia: nei tre stati scandinavi possiedono infatti dei veri e propri parlamenti (Samediggi), il cui compito principale è promuovere la loro cultura.

Into the wild Nel territorio Sami prevale nettamente la natura (esiste un’altra città importante, Kautokeino, ma la definizione di città è ottimistica): vaste distese di vegetazione boreale fittissima, montagne, foreste.Una delle ultime autentiche aree wilderness esistenti in Europa dove oltre a percorsi avventurosi nella selvaggia natura, esistono sentieri più semplici, alla portata di tutti ma non per questo meno affascinanti. Tutte queste esperienze vengono gestite da apposite organizzazioni, che si rivolgono soprattutto a coloro che cercano emozioni nuove e che per questo sono disponibili a sopportare qualche scomodità. Si può così viaggiare sulle motoslitte o sulle slitte trainate da renne, praticare la pesca attraverso buchi nel ghiaccio, o dedicarsi allo sci di fondo o al pattinaggio.

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terrelontane

Affittare una slitta trainata da cani e correre su un vasto lago ghiacciato, o fare lunghi percorsi di trekking sulla neve, sono alcune delle esperienze esteme che si possono vivere per immergersi nell’inverno del Grande Nord, la terra dei Sami (sotto)

Spunti per un itinerario Diverse compagnie servono i principali aeroporti del Finnmark (ovviamente occorre fare scalo a Oslo). Alta è il centro più importante di questa regione, ed anche quello in cui si trova un po’ di tutto: centri commerciali, banche, uffici turistici ben organizzati. È, insomma, un punto di partenza naturale. La città deve la sua fama a una lunga battaglia civile che oppose i Sami al governo centrale che voleva realizzare una diga sul fiume Alta. Nonostante le proteste, la diga venne completata nel 1987: oggi il sito è visitabile ed è davvero impressionante. La diga, altissima, chiude un profondo e selvaggio canyon, tra i più grandi d’Europa. In inverno tutto appare ghiacciato e immobile. La centrale elettrica, visitabile, è stata costruita all’interno della montagna. La strada che arriva alla diga è chiusa da una sbarra, ed è ottima per praticare lo sci di fondo o camminare sulla neve. Altra gloria della città è l’Alta Museum, nato nei pressi di antiche incisioni rupestri: in inverno queste ultime sono coperte dalla neve e quindi il Museo diviene una meta interessante perché si possono vedere riproduzioni e frammenti originali. Da Alta, seguendo la Statale 93, ci si dirige verso Kautokeino, cittadina persa nell’immensità del Finnmarksvidda, altipiano coperto di laghi e vegetazione boreale. Interessante il piccolo museo dedicato alla storia locale e alla vita quotidiana dei Sami: si trova proprio in centro. L’interesse maggiore della cittadina resta, comunque, la possibilità 104

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di visitare i dintorni, dove la natura più selvaggia domina incontrastata. Per apprezzarla appieno, si può raggiungere, grazie alla statale 92, Karasjok, la capitale dei Sami norvegesi. Qui si trova infatti il Sameting, una struttura moderna di notevole pregio, visitabile, che conserva diverse opere d’arte moderna. Più turistico, ma comunque interessante, il Sapmi Park, dove è possibile prendere contatto con la cultura Sami. Molto bello il cosiddetto “Teatro magico”, che racconta con una installazione video le leggende di questa terra. Un’altra meta davvero imperdibile è Hammerfest. La strada, lasciato il fiordo di Alta, entra all’interno, verso il Sennalandet, tra notevoli paesaggi artici, quasi di tundra. Si segue quindi la statale 94 che costeggia il fiordo di Kvalsund, tra pareti rocciose e mare semighiacciato, e si arriva al ponte che collega la terraferma con Kvaloeya, l’isola dove si trova Hammerfest. Di aspetto prevalentemente moderno, la città è vivace e collocata in una posizione spettacolare, lungo una stretta fascia pianeggiante in riva al mare, ai piedi di una scabrosa montagna, il Salen, con di fronte un orizzonte chiuso dai picchi seghettati di un arcipelago. In centro si trova il Polarbear Club, dedicato all’esplorazione artica. Hammerfest, con i suoi 250 mila visitatori l’anno, è l’unica vera città turistica della Norvegia del Nord. In Inverno, è facile osservarvi le aurore boreali: il punto migliore è dalla spianata sommitale del Salen, a cui si accede anche con mezzi a motore.

L’accoglienza al visitatore è generalmente basata su strutture rurali come le fattorie (fjaell), le case dei pescatori (rorbuer) o i camping (che volendo sono dotati anche di confortevoli bungalows). Esiste inoltre una rete di fattorie isolate che si è organizzata per dare ospitalità ai viaggiatori: si chiamano fjellstuer e generalmente sono collocate in località molto belle. Ottime le possibilità per mangiare, sia grazie alla presenza di buoni ristoranti, sia per la possibilità di gustare “sul campo”, durante il trekking, il semplice cibo Sami, che ha ovviamente nella carne di renna il suo punto forte. Tra i piatti oggi più diffusi si possono segnalare la zuppa di renna, la zuppa di uova di pesce e il sautè, sempre a base di carne di renna. Ma, si potrebbe obiettare, tutte queste attività, a parte i giri in motoslitta o


Scelti per voi sulle slitte trainate da renne, si possono più facilmente praticare in estate, quando c’è il sole di mezzanotte e non si deve spalare la neve o imprecare perché una tempesta impedisce di ripartire. Innegabilmente, il Finnmark è una regione bellissima da visitare in estate, se ci si tiene verso la costa, e in effetti ci sono centinaia di migliaia di persone che arrivano sin qui ogni anno: sono quasi tutte dirette verso Capo Nord, e in gran parte degnano appena di uno sguardo il resto del territorio. Che, durante la buona stagione, è trasformato in acquitrino e, a parte il senso di grandiosa solitudine, non offre poi molte emozioni. Ma in inverno, è tutta un’altra storia. Affittare una slitta trainata da cani e correre in piena notte (anche se è appena pomeriggio) su un vasto lago ghiacciato mentre sulla nostra testa danza un’aurora boreale... Beh, è davvero qualcosa di unico! È impossibile spiegare l’emozione che dà vedere questi immensi

dove mangiare

nastri di luce (il colore più comune è il verde) muoversi sinuosamente attraverso il cielo, cambiare forma, disposizione, accendersi, spegnersi, cangiare tonalità, abbracciare le stelle, ingoiarle e sputarle fuori di nuovo, in uno spettacolo naturale che non ha eguali al mondo. Vale la pena congelarsi le estremità per restare – magari ore – in ammirazione, lo sguardo rivolto al cielo. Certo, occorre un po’ di fortuna, non sempre l’aurora c’è e non sempre è intensa e luminosa. Ma di sicuro c’è questo: che il posto migliore in Europa per ammirare il fenomeno è il Finnmark, che la stagione giusta è l’inverno (da ottobre a marzo, ma meglio gennaio e febbraio) e che lo spettacolo vale da solo il viaggio!

Alfa-Omega Sono due locali in uno: Omega è un caffè moderno che offre la possibilità di un pasto rapido ma non banale, con insalate, pasta, dolci; Alfa è un bar più giovanile e casual, che apre alle 20:00. Luogo ideale per iniziare la serata o… per finirla! Markedsgata, 14 – Alta Tel. +47 78445400 Alfred Kro In pieno centro del piccolo villaggio di Kautokeino, questo ristorantino offre la possibilità di assaggiare i piatti della cucina lappone in un ambiente informale e piacevole. Menù medio: 20 euro Hannoluohkka, 4 – Kautokeino Tel. +47 78467400 Storgammen Ristorante in puro stile lappone, offre la possibilità di mangiare piatti di cucina internazionale. Da provare il bidos, spezzatino di renna con patate e carote. Menù medio: 38 euro Porsangerveien, 1 – Karasjok Tel. +47 78468860

dove dormire Hyttferie.com Grazie a questo sito è possibile scegliere e prenotare case vacanze, chalet e rorbu in ogni angolo della Norvegia. È sicuramente il modo più autentico per vivere questo paese, anche in inverno. Tel. +47 90985131 www.hytteferie.com Thon Hotel Vica Accoglienza di alto livello, atmosfera calda e autentica. Belle le camere, arredate con precisi richiami alla tradizione norvegese. Nell’annesso ristorante si possono degustare piatti tipici. Prezzi a partire da 140 euro Fogdebakken, 6 – Alta Tel. +47 78482222 www.thonhotels.com Rica Hotel Splendida architettura moderna per questo hotel collocato vicino al parco tematico Sàpmi e al ristorante Storgammen. Ampia sala comune con camino, sauna e 56 confortevoli camere sono a disposizione degli ospiti. Prezzi a partire da 110 euro (con prima colazione) Porsangerveien, 1 – Karasjok Tel. +47 78468860 www.rica-hotels.com gennaio 2013

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viaggipertutteletasche

di AlbA De GAsperis

da 40 ada6040 aeuro 60 euro Houseboat: per notti galleggianti Prezzo medio a notte: 40 euro I canali d’Europa sono a vostra disposizione: non vi resta che scegliere un’houseboat, il percorso di crociera e, senza aver bisogno di patente nautica, salpare. Il prezzo per un’avventura lungo i canali del Belgio, con un’imbarcazione da 8 posti, ad esempio, è di circa 40 euro al giorno a persona. Per saperne di più: www.houseboat.it

La rivincita di Don Quijote Prezzo medio a notte: 60 euro

Per un gennaio un pò retrò Attraversare le fredde terre russe a bordo della Transiberiana. Risvegliarsi con un bacio e una poesia. Dormire galleggiando sulle acque di un fiume come un bohemien. Varcare le soglie di un antico mulino a vento. O più economicamente scambiarsi la casa. O anche solo il divano. Tante e sempre curiose le proposte per viaggiare da 0 a 200 euro

da 0 a 25 euro

da 0 a 25 euro Cambio casa!

Il mondo, di divano in divano

Prezzo medio a notte: 0 euro

Prezzo medio a notte: 0 euro

Per calarsi nei panni di Cameron Diaz o Kate Winslet in L’amore non va in vacanza basta fare così: mettete a disposizione la vostra dimora (monolocale o villa che sia), collegatevi a uno dei siti che selezionano sistemazioni da “scambiare”, scegliete quella desiderata e definite il baratto col proprietario. Nota Bene: Jude Law e Jack Black non sono compresi nel servizio.

Non avete a disposizione una casa da scambiare? Nessun problema, “alloggiare nel mondo” a costo zero è comunque possibile. Basta fare come i 3 milioni di persone che si sono iscritti al sito couchsurfing.org. Il servizio è gratuito e mette in comunicazione una fitta rete di annunci da parte di ospitanti e aspiranti ospitati. Non resta che cercare il proprio divano (o una vera camera) nella meta desiderata e partire!

Per saperne di più: www.scambiocasa.it www.homeexchange.com www.swapping.com 106

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Per saperne di più: www.couchsurfing.org

Metti un mulino del 1570, aggiungi 4 anni di restauro con materiali di recupero e il buon gusto di Silvio (architetto, nonché proprietario della struttura), poi shakera per benino. Ecco ottenuta l’essenza della bucolica Locanda Rosa Rosae, a San Bartolomeo di Breda di Piave, in provincia di Treviso. Dove una notte in doppia costa 120 euro. Per saperne di più: www.locandarosarosae.it

da 125 a 185 euro

da 125 a 185 euro Transiberiana: fascino vintage Prezzo medio a notte: 124 euro

Per rivivere l’epoca dei grandi viaggi, salite a bordo della Transiberiana, la linea ferroviaria più lunga al mondo. Partirete da Mosca e arriverete a Vladivostok, percorrendo quasi 10 mila chilometri e attraversando ben 7 fusi orari. Il tour dura 17 giorni e costa circa 2 mila euro a persona. Per saperne di più: www.transib.net

Per una parentesi da romanzo Prezzo medio a notte: 185 euro Se amate la lettura questo è il posto che fa per voi. Ognuno dei 12 piani del newyorkese Library Hotel è infatti organizzato secondo la catalogazione bibliotecaria Dewey Decimal System. La Love Room, la suite più bella, dispone di un terrazzo privato che affaccia su Madison Avenue e, guarda caso, sulla New York Pubblic Library. Decorata con libri e opere d’arte basati sulla Filosofia dell’Amore, costa circa 370 euro a notte, tasse incluse. Per saperne di più: www.libraryhotel.com/it



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110 Lusso, Le tendenze 2013 Un mercato che non conosce crisi. e che si candida a rilanciare l’economia del Paese

112 Le mani raccontano con la sUa arte ha conqUistato hollywood: Gerardo sacco, maestro orafo da crotone

da pag. 114 Rubriche

• Bellezza & benessere • Camera con vista • Week-end relax • Week-end business • Soste d’arte • Libri • Spettacoli • Shopping • Trendy

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foto di Paolo Pellegrin

piaceritendenze

La prospettiva che emerge dall’analisi dell’osservatorio mondiale Altagamma sullo stato di salute di questa esclusiva fetta di mercato è confortante. La domanda è dunque una: che nel prossimo futuro si possa rivelare un traino per l’intera economia nazionale? di Alba De Gasperis

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Lusso? A tutti i costi! Crisi e lusso si escludono? Sono due elementi assolutamente inconciliabili? In tempi di recessione economica, con i consumi contratti, i redditi indeboliti e la fiducia dei consumatori ai minimi storici, il segmento luxury in tutte le sue svariate declinazioni (oggettistica, moda, veicoli, food, design, relax) riesce ancora ad avere mercato? La risposta è sì. L’antitesi infatti è solo apparente. Come ci spiega la Fondazione Altagamma. «Anche se attraversiamo un momento congiunturale difficile, l’alto di gam-

ma si conferma il settore che per ultimo va in sofferenza e che per primo si riprende. Anche nel 2013 si prevede una crescita, seppur cauta». PerArmando Branchini, segretario Generale della Fondazione che rappresenta il gotha dei top brand italiani, non ci sono dubbi: l’outlook del lusso, malgrado la crisi, è decisamente positivo. E la previsione del trend crescente è strettamente collegata ai dati relativi al 2011 e quelli stimati per il 2012; uno studio condotto dalla Fondazione Altagamma in collaborazione con Bain


& Company fotografa un aumento di 11 punti percentuali nel 2011 e prevede una crescita del 10% per il 2012.

foto di Massimo Siragusa

L’osservatorio mondiale Altagamma sui mercati del lusso 2012 delinea una panoramica dettagliata. È il mercato delle auto di lusso a registrare i guadagni tra i più significativi (280 miliardi di euro di vendite nel 2011, 10 in più previsti per il 2012).Anche il settore vinicolo non scherza: dopo la conferma di crescita a doppia cifra nel 2011 (+15%) fa prevedere una solida performance anche nel 2012, stimata intorno al +12%. Boom di richieste anche per gli alberghi di lusso: il consumatore è sempre più esigente, ricerca un’esperienza personalizzata e curata in ogni dettaglio. Risultato? Crescita record nel 2011 (+15%) e aumento previsto di tre punti percentuali nel 2012. Per quanto riguarda le categorie di prodotto, l’abbigliamento conferma una buona prestazione sia nel 2011 (+8%) che nel 2012 (+10%), ma sono gli accessori a segnare un aumento considerevole, in particolare quelli in pelle. Anche le scarpe crescono fortemente, così come ottime performance vengono registrate da gioielli e orologi. In conclusione, se il settore del lusso si fonda su basi solide e durature e se è vero che gli opposti s’attraggono, chissà che proprio il lusso non ci aiuti a uscire dalla crisi...

foto di Marta Sarlo

Nel dettaglio: le categorie di punta

Fondazione Altagamma Dal 1992 riunisce più di settanta imprese italiane all’avanguardia, attive nei settori della moda, del design, della velocità, dell’ospitalità, della profumeria, della gioielleria, della calzatura, dell’alimentazione e del benessere. Con una forte vocazione all’export e una grande riconoscibilità internazionale, queste aziende rappresentano il meglio dell’Italia; in Altagamma condividono spunti di pensiero innovativo per consolidare e arricchire la loro cultura d’impresa, approfondiscono gli scenari e gli aspetti strategici e operativi della propria presenza sul mercato globale, sistematizzano la creatività e l’innovazione, investono nel capitale umano di competenze e saperi specifici, sia nella gestione d’impresa che nel lavoro manuale, e si rapportano con le Istituzioni italiane e internazionali. In sintesi, Fondazione Altagamma opera per promuovere attivamente l’eccellenza italiana.

In foto, alcuni degli scatti in mostra alla Triennale di Milano. In apertura un gioiello/scultura Buccellati. In questa pagina, in alto il laboratorio di pelletteria di Salvatore Ferragamo; sotto, progetti Bisazza

Il bello, il buono e il ben fatto La mostra Italian Contemporary Excellence è una raccolta di istantanee realizzate da giovani fotografi italiani di reportage a cui è stato affidato il compito di restituire un punto di vista inedito sull’eccellenza italiana. L’unicità delle Imprese Altagamma, fondata su una miscela di invenzione e innovazione, tecnologie e antichi saperi, è stata quindi immortalata dai dieci talenti che hanno dato vita, grazie a occhi non addomesticati dalle consuetudini e ancora capaci di stupire, a un mosaico unico che esalta “il bello, il buono e il ben fatto” delle migliori imprese italiane.

fino al 27 gennaio Triennale Design Museum Viale Alemagna, 6 – Milano www.triennale.it

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lemaniraccontano

L’esordio al cinema risale a L’armata Brancaleone. Poi ci sono stati Zeffirelli, Pavarotti, Elisabeth Taylor, Glenn Close… La vita di questo “maestro pazzo”, del “cantastorie dell’arte orafa”, si è divisa tra i set americani e la sua terra, la Calabria, della quale ha raccontato miti, storia e magia a tutto il mondo attraverso i suoi gioielli. E dove lo incontriamo oggi, mentre organizza i festeggiamenti per i suoi 50 anni di attività

Gerardo Sacco, l’orafo di Hollywood di Lucia Lipari

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Sulle rive dello Stretto che lambisce Reggio Calabria, incontro un ambasciatore impareggiabile della cultura mediterranea: Gerardo Sacco. All’interno del suo showroom, in una giornata baciata dal sole, mi invita ad accomodarmi su una confortevole poltrona, mentre lui, il “grande maestro pazzo”, come lo definì Zeffirelli, rimane in bilico lì, su uno sgabello. Nato nella terra di Pitagora, nella culla della cultura magnogreca, l’antica Kroton (Crotone), inizia da bambino il suo viaggio fantastico. «Un artigiano

del luogo cambiò il mio destino, mi prese con sé a lavorare, fino a quando, 22enne e divorato dalla passione – racconta – mi trasferii a Valenza dove di giorno davo tutto me stesso in fabbrica orafa per apprendere nuove tecnologie, e di notte studiavo i segreti di questa raffinata arte. Con i soldi del salario coprivo le spese e mi pagavo i corsi serali presso l’Istituto Benvenuto Cellini».

Una visione bellissima Sacco, tra sacrifici e successi, sembra cesellare con le proprie mani “le donne, i cavallier, l’arme, gli amori”. Un demiurgo appassionato, che plasma l’oro, l’argento, le gemme, mettendoci parte della sua anima. Un’anima fatta della stessa materia dei suoi preziosi sogni. «Le mie creazioni sono intrise di mitologia, come nel caso delle maschere apotropaiche; sono pervase dell’incanto del


mare, come i pendenti Scilla e Cariddi o la testa di Medusa.Appena tre mesi fa – prosegue – sono stato insignito del Premio Bellini per aver divulgato la cultura siciliana attraverso l’arte dei Pupi nel mondo, cosa non da poco per un calabrese. Pupi che ho brevettato e di cui vado fiero. Ho realizzato infinite opere che si ispirano allo zodiaco, ai cammei, agli utensili della vita quotidiana, ma anche alla cultura arbëreshë, ai fasti greci, all’arte sacra, come nel caso della croce di Polsi, consacrazione del rapporto che lega l’uomo al divino». Ma quindi, per Gerardo Sacco, cos’è un gioiello? «Non un semplice ornamento – ci spiega – non mera opulenza. Per me il gioiello è la fantasia che si può avere solo in un laboratorio del Sud, grazie all’artigianalità di chi lo modella. Non è uno stampo seriale, un conio. Il gioiello è una visione bellissima. È il pensiero che deriva da una Musa e che si traduce in materia».

Ricordi preziosi E in effetti, sentendolo parlare, è chiaro come ogni pensiero, come tutto il mondo del “cantastorie dell’arte orafa” – come lo definì La Prensa, autorevole giornale argentino – sia permeato dalla sua musa: Anna, la moglie prematuramente scomparsa. Da lei ha avuto tre figli:Viviana,Antonio e Andrea, i gioielli più ricercati, come le sue tre nipotine. Una vita, quella di Gerardo Sacco, scandita da profondi dolori, è vero, ma anche indimenticabili trionfi, che condivide con emozione. «La mia carriera è stata celebrata attraverso una mostra dal titolo 150 ricordi preziosi, tenutasi presso il Museo Historico Nacional di Rio de Janeiro in occasione del 150° anniversario dell’Unità d’Italia», mi racconta commosso. «In realtà, sono tanti i ricordi che affollano la mia mente, quando il venerdì sera si chiude il sipario della mia fabbrica e io resto solo con me stesso... Come l’esordio al cinema ne L’armata Brancaleone di Monicelli, le collaborazioni con Zeffirelli, gli allestimenti per l’Aida, l’Amleto, il Don Carlos con Lu-

In apertura un ritratto di Gerardo Sacco, qui a sinistra insieme a Franco Zeffirelli e Liz Taylor sul set de Il giovane Toscanini. In alto, il pendente Scilla e Cariddi e, sotto, Maria Grazie Cucinotta con indosso una creazione del maestro

ciano Pavarotti.Aver lavorato con le dive più celebri di tutti i tempi, da Elisabeth Taylor a Glenn Close, da Isabella Rossellini a Monica Bellucci e Brooke Shields, quest’ultima tra le mie amiche più care...». L’orafo delle celebrities ci confida infine che la colonna sonora della sua vita è la musica di Scandalo al Sole di Max Steiner. Musica che l’ha accompagnato in giro per il mondo, sui set hollywoodiani, a ritirare premi prestigiosi. E lo ha seguito fino a casa, quando, come Ulisse, è tornato nella sua sua patria, l’Italia. E ancor più è tornato alle sue radici, a Crotone, dove attualmente sta preparando una serie di iniziative per festeggiare il cinquantennale della sua attività (1963-2013). Per saperne di più:

www.gerardosacco.com

A pag. 120, le idee di VdG per lo shopping gennaio 2013

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bellezza&benessere

di Francesca Frediani

Roberto Martone presidente ITF, società creata nel 2002 con l’obiettivo di gestire i rapporti di licenza con il mondo della moda nel settore della profumeria, presidiandone lo sviluppo, il marketing e la distribuzione. Sotto alcune delle novità dell’ultima stagione

Il senso del lusso per le donne Essenze legate al territorio, piccoli formati e sostenibilità. La risposta del settore della profumeria alla crescente competenza delle acquirenti e alla loro richiesta di qualità ci racconta come anche l’industria del benessere senta la necessità di guardarsi dentro e cercare sempre nuove strade. Ne parliamo con Roberto Martone, presidente di Itf

che però, a mio parere, assume valore più che altro nel momento in cui il marchio o la casa produttrice lo esalta, presentandolo come valore distintivo.

Abbiamo intervistato Roberto Martone, da più di trent’anni promotore del lusso italiano. Negli anni ’80 dal suo intuito è nata l’idea di creare linee di alta profumeria legate alla moda italiana, mercato sino ad allora presidio delle marche francesi. La svolta avviene con il lancio del primo profumo femminile di Trussardi nel 1981, seguito dall’omonimo per uomo l’anno successivo, che per parecchi anni rimane la fragranza maschile più venduta in Italia nel settore della profumeria selettiva. Nel 1987 si trasferisce da Milano a Lodi, dove oggi, su un’area operativa di 43 mila mq, offre “il ciclo intero del prodotto” per le proprie licenze e per conto terzi.

Quali sono quindi le attuali tendenza nel mondo dei profumi di alta gamma? È in atto una chiara tendenza a legare le essenze ai territori attraverso una scelta mirata di ingredienti tipici di ogni specifica zona. Verranno premiate anche le piccole taglie, per il viaggio e per un acquisto più contenuto. In un momento di crisi credo che le scelte del pubblico si orienteranno maggiormente verso prodotti di qualità garantita da brand riconosciuti.

Da esperto in ambito di tendenze, come pensa che si evolveranno nel prossimo futuro le aspettative delle donne nei confronti dei prodotti cosmetici di lusso? Le donne da tempo esigono massima qualità, sono sempre più attente ai componenti e alle formule con, devo dire, una discreta competenza. Se acquistano prodotti di lusso queste richieste diventano dei must e, ovviamente, oltre al contenuto diventa decisiva l’eleganza del packaging. Poi c’è la sostenibilità, sicuramente un tema di grande attualità,

Qualche indiscrezione sulle nuove griffe e i nuovi lanci per il 2013? Innanzitutto quest’anno vedrà l’esordio del nuovo profumo Pomellato, su cui siamo concentrati, che uscirà a settembre in Italia, Europa e roll out nei mercati più importanti nel primo semestre 2014. Ma come sempre la nostra filosofia è il sostegno continuo e costante a tutti i nostri brand: Blumarine, Dsquared2 e Trussardi. Per ognuno avremo delle novità che potremo svelare solo più avanti.

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camera con vista

di Germana Cabrelle

foto: Michele Crosera

Un’idea per godersi la perla della laguna dalla Giudecca, la nuova Soho italiana, è quella di prendere un aperitivo all’ottavo piano di Molino Stucky, il più grande granaio d’Europa oggi hotel di lusso che offre vedute inedite della più bella città del mondo

È una prospettiva insolita su Venezia quella che si ha dall’isola della Giudecca. E ancora di più lo è quella che si gode dall’alto di un edificio famoso come un monumento davanti al quale transitano – come in una scena felliniana – le grandi navi e i ferry boat. E sopra il quale coppie di fidanzati vengono per scambiarsi gli anelli e dichiararsi amore eterno. Vedere Venezia da Molino Stucky, godendosi la pace lagunare lontano dal brulicare animato delle calli, e sorseggiare un cocktail del barman Riccardo Semeria sulla terrazza dello Skyline Rooftop Bar, il locale più panoramico della città, è un’emozione inattesa. Come toccare il cielo con un dito, da un cinque stelle che fu fabbrica di pasta (edificata a cavallo tra Otto e Novecento) e considerato oggi una delle più riuscite operazioni di architettura industriale. Quello che ieri era un luogo di lavoro e produzione è dunque oggi una location di lusso firmata Hilton. Il ritratto del suo fondatore, l’imprenditore Giovanni Stucky, spicca in un ovale lungo i corridoi. La storia dell’ex granaio si legge nelle travi imponenti e nei soffitti a forma di silos, nelle torrette appuntite, sui mattoni rossi faccia a vista dell’esterno, nelle finestre a ogiva. Qualche altro dettaglio? Il mosaico rappresentante Demetra, la dea della mietitura, che im-

preziosisce il soffitto della Penthouse Tower. E la campana originale, che col suo suono annunciava la fine della giornata lavorativa tra le farine, ancora appesa nella lobby. Al piano terra di Molino Stucky c’è il ristorante Aromi, diretto dallo chef Ivan Catenacci. La classe è di casa: cibi cotti in pentole di rame, servizio al guéridon, atmosfera sofisticata e intima. Di imminente apertura (l’inaugurazione è in calendario per febbraio, periodo di carnevale) è invece Bacaromi, la cui crasi del nome nasce dall’idea di incorporare un bacaro, la tipica osteria veneziana a base di cicchetti e spritz. Un’anticipazione su tutte: il menu di Bacaromi sarà scritto in solo dialetto veneto e tradotto in inglese. Fra le altre appetibili proposte dell’hotel Molino Stucky, ci sono anche dei workshops teorico-pratici di decorazione della maschera in collaborazione con il laboratorio artigianale Tragicomica che si trova di fronte alla Casa natale di Carlo Goldoni (in Calle dei Nomboli – San Polo 2800). Qui il Maestro Mascherer Gualtiero Dall’Osto espone le sue creazioni esclusive di artigianato artistico e guida i partecipanti alla decorazione della maschera. Tra loro molte celebrities: hanno trascorso qui un pomeriggio fra colori e damaschi anche Brad Pitt e Angelina Jolie con i loro pargoli.

Venezia

A Venezia, per toccare il cielo con un dito

dove&come Hilton Molino Stucky Giudecca 810 - Venezia Tel. 041.2723311 Doppia da 149 euro Prezzo medio Aromi: 70 euro www.molinostuckyhilton.it

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week end relax

di Olga Carlini

In Maremma, alle sorgenti della vita Sono 3 mila anni che l’acqua sulfurea sgorga dall’antico cratere oggi al centro delle attività del Terme di Saturnia Spa & Golf Resort. Un’immersione di salute dalla quale usciremo “più giovani” e in forma, pronti per una giornata di golf o per una cena stellata

Filtra lentamente attraverso micro fessure della roccia per circa 40 anni prima di emergere nel cratere naturale di origini vulcaniche al centro del resort, dove sgorga da 3 mila anni ininterrottamente alla temperatura costante di 37,5°C e al ritmo di circa 400 litri al secondo, con un ricambio completo ogni sei ore che le permette di mantenere intatte le sue esclusive proprietà medicali, antiossidanti e anti-aging e i suoi effetti ipotensivi sugli apparati cardiocircolatorio e respiratorio, senza bisogno di alcuna manipolazione esterna. È la preziosa acqua termale protagonista e vanto del Terme di Saturnia Spa & Golf Resort, parte integrante delle terapie e dei trattamenti proposti dalla Spa; i prodotti utilizzati hanno invece come ingrediente esclusivo Bioglea, un estratto puro di plancton termale fonte di minerali naturali e sostanze azotate fra le più ricche al mondo. L’ospite della Spa viene seguito da un’equipe medico scientifica altamente spe-

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cializzata composta da 50 professionisti, tra cui medici, dietologi e fisioterapisti, in grado di indicare a ognuno la propria strada per ritrovare il benessere. Un’esperienza salutare e rilassate quindi, da accompagnare anche a un giro sul campo da golf a 18 buche integrato nella struttura del resort, dove è possibile giocare tutto l’anno grazie al clima mite della Maremma. Belli rilassati e soddisfatti, arriva quindi il momento della cena. Si può scegliere tra le offerte gastronomiche di due ristoranti. L’Aqualuce, affacciato sul cratere termale (1 cappello della Guida Ristoranti d’Italia de l’Espresso), e All’Acquacotta (1 Stella Michelin e 2 forchette del Gambero Rosso) che propongono piatti ispirati alla “filosofia del benessere” con ingredienti freschi, naturali, a chilometro zero e prodotti provenienti da colture biologiche e biodinamiche. Da segnalare, gli Spa menù appositamente studiati in base alla tipologia di dieta che il cliente desidera seguire.

dove&come Terme di Saturnia Spa & Golf Resort Loc. Follonata – Saturnia (Gr) Tel. 0564.600111 Pacchetto Saturnia Spa Escape (2 notti in doppia): 374 euro www.termedisaturnia.it


week end business

di Olga Carlini

Un porto sicuro, tutto l’anno Poco distante dalla Costa Smeralda, il Mercure Olbia Hermaea vi aspetta per le prossime vacanze ma già ora vi accoglie per i vostri meeting o per le soste di lavoro. Una struttura dal carattere innovativo che si sposa a una personalità ospitale: massimo del comfort grazie anche alla bella Spa, massimo dello stile

Una nave che solca i mari dell’accoglienza e del benessere. A questo viene da paragonare il Mercure Olbia Hermaea, sorto dalle acque di Sardegna nel 2010 e perfettamente inserito nel cuore della città di Olbia. Raggiungerlo è comodissimo. Si trova infatti a 3 Km dall’aeroporto Costa Smeralda e a 1,5 Km dal porto di Olbia. Una location ideale per organizzare viaggi di lavoro e di piacere e per pianificare eventi di ogni tipo. Le confortevoli camere sono 122, caratterizzate da un design moderno perfettamente amalgamato con l’atmosfera calda e ospitale degli ambienti dedicati all’accoglienza e al relax. Come ad esempio l’Hermaea Restaurant dove è possibile gustare cucina di ottima qualità e che si articola in due direzioni. Da una parte c’è infatti l’innovativo Bistrot all’insegna della tecnologia, dove è possibile scegliere comodamente il menù sul tablet e condividerlo sui social network in tem-

po reale. All’avanguardia però si affianca anche la tradizione con la linea Gourmet che propone prodotti di stagione, selezionati con attenzione e cura, cucinati con sapienza per garantire il massimo della qualità. Merito della creatività e della fantasia dell’Executive Chef Domenico Dapas che viene celebrata attraverso piatti dai gusti equilibrati e ricercati, che valorizzano sempre i prodotti del territorio. La filosofia alla base di queste scelte è quella di portare in tavola la genialità della “cucina di un grande chef” facendo scoprire agli ospiti nuovi sapori, frutto di sapienza e competenza. Soddisfatti della cena, non vi resta che farvi coccolare presso il centro benessere, la Spa del Mercure Olbia Hermaea: 800 mq di relax dove trovare piscina idroterapica, sauna, bagno turco, docce emozionali e cromo terapiche a cui è possibile abbinare un massaggio per rigenerare corpo e mente.

dove&come Mercure Olbia Hermaea Via Puglie snc 07026 Olbia Tel. 0789.1890067 Doppia da 75 euro http://www.mercure-olbia-hermaea.com

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arte soste d’arte

di Gilda Ciaruffoli

Il sogno di un cavaliere Con la penna e la china ha contribuito a fare la storia del giornalismo dal dopoguerra a oggi, Antonio Giovanni Mellone. Fino al 13 gennaio possiamo ammirare le sue opere a Parma, in occasione della mostra A midsummer (K)night’s dream, ospitata da palazzo Giordani, sede della Provincia

Antonio Giovanni Mellone nelle sale di palazzo Giordani

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«Il mio incontro con Antonio Mellone è stato occasionale, a Chiavari, nella seconda metà degli anni Settanta. Non di persona ma attraverso le sue opere, esposte in una galleria sotto i portici del centro. Mi colpirono la padronanza del disegno, il vigore del tratto e la sicurezza cromatica. Era, la sua, una pittura maschia e mediterranea. Decisa, senza ripensamenti, dolcemente rabbiosa». Ci affidiamo alle parole di Pierluigi Magnaschi per raccontarvi l’arte – e la vita – di Antonio Mellone, artista, giornalista e art director, legato al direttore di Italia Oggi e di Milano Finanza da anni di amicizia e collaborazione. Un sodalizio personale e professionale il loro, raccontato da Magnaschi in occasione dell’inaugurazione, avvenuta lo scorso dicembre a Parma, della mostra A midsummer (K)night’s dream. «Tornato a Roma, dove allora dirigevo La Discussione, lo cercai subito», prosegue il direttore. «Gli proposi di collaborare. Mellone accettò la sfida perché, irruente e generoso com’era, ogni novità l’elet-

trizzava. Da allora è nata, tra me e lui, una collaborazione intensa che si è sviluppata in tutte le testate di cui, man mano, assumevo la responsabilità fino a raggiungere la collaborazione fissa, di tipo esclusivo, quando assunsi la condirezione de Il Giorno. Allora alla direzione del grande giornale milanese c’era Guglielmo Zucconi, altro ammiratore di Antonio Mellone, che si trovò così al centro di un tifone creativo. Fu, quella, una stagione che lasciò il segno nel giornalismo quotidiano del dopoguerra. Un segno al quale Antonio Mellone diede un contributo significativo». Un viaggio nell’animo umano Nato a Maglie, in provincia di Lecce, nel 1949, ma residente a Parma da oltre 40 anni, fin da giovane Mellone si è fatto strada, da autodidatta, nel mondo dell’arte. Dapprima come fumettista per le maggiori case editrici del settore poi come grafico/illustratore di punta de Il Giorno, contribuendone a crearne l’innovativo format


Kama. Sesso e Design Fin dal titolo, che rievoca il dio indiano del piacere e del desiderio, la mostra dichiara il suo tentativo di fare i conti con uno dei fantasmi più esasperati, ma al contempo più rimossi, della contemporaneità. Sono così indagati modi, forme e strategie con cui la sessualità si incorpora nelle cose e ne fa strumento di conoscenza. Cuore del percorso espositivo è una rassegna che ne rintraccia radici storiche, mitiche e antropologiche per arrivare fino ai giorni nostri, con oltre 200 fra reperti archeologici, disegni, fotografie, oggetti d’uso e opere di artisti e designer internazionali.

fino al 10 marzo Triennale Design Museum Viale Alemagna, 6 – Milano www.triennale.it

Sol LeWitt. L’artista e i suoi artisti In apertura l’opera Fuga da Morgana (paura di volare?), qui sopra Ninfa dei boschi

colorato e popolare. Come giornalista ha collaborato con svariate testate, tra cui La Domenica del Corriere, Il Giornale, Italia Oggi e La Gazzetta di Parma, portando avanti anche la sua carriera d’artista e realizzando una serie di tavole per varie trasmissioni culturali della Rai, condotte da Enzo Biagi e Raffaele Crovi. Oggi, dunque, a questo grande protagonista della vita culturale italiana degli ultimi 50 anni, la sua patria adottiva dedica una mostra attraverso la quale l’artista vuole porre l’accento su alcuni valori, come la saggezza, la generosità e la lealtà, propri dei “cavalieri” di ieri e, sempre più rari (ma altrettanto auspicabili), in quelli di oggi. Un sogno dunque, quello del virtuoso eroe d’altri tempi, che ben si esprime nello shakespiriano titolo della mostra: A midsummer (K) night’s dream, gioco di parole che riassume in modo incisivo il significato intimo della ventina di opere, tra tele e grafiche, esposte. Mellone, con intensi colori acrilici, guache e profonde tratteggiature a china nera, offre una versione personale dei personaggi della mitologia greca, della cavalleria medioevale e delle loro donne leggendarie. «Dietro lo spirito cavalleresco – spiega la curatrice della personale, Stefania Provinciali – si nasconde il desiderio di accensioni cromatiche, di piacere del racconto e di appropriazione di una forma slegata da precise impostazioni per aprirsi al sogno e alle sue forme. Questo cavaliere di mezza estate sa bene quale è il “lato oscuro” dell’animo, degli dei e degli uomini, e ne raccoglie con originalità le tensioni nelle grandi tele espressioniste e nelle altre, dove il recupero delle istanze di primitivismo e spiritualismo lascia campo libero all’uso del colore».

La mostra è il primo omaggio museale italiano reso a questo grande protagonista dell’arte contemporanea dalla sua scomparsa – a New York, nel 2007 – e intende mostrare il carattere polimorfo e variegato della sua attività creativa illustrando con originalità un percorso artistico di quasi 50 anni suddividendolo in tre sezioni, corrispondenti ad altrettanti nuclei tematici, con opere inedite, con opere mai esposte al pubblico precedentemente, con opere, infine, di altri artisti ma collezionate e amate dallo stesso LeWitt. Tra le creazioni in mostra i celebri wall drawings e una serie di disegni, guaches e sculture dagli esordi, nel ’68, ai giorni nostri.

fino all’1 aprile Museo Madre Via Settembrini, 79 – Napoli www.museomadre.it

Vino fra mito e storia È un viaggio alla scoperta delle radici della cultura del vino nelle terre di Siena questa mostra diffusa che ha aperto i battenti lo scorso novembre e che presenta un itinerario lungo la storia della vite e del vino; i visitatori sono guidati a ripercorre le tappe fondamentali dell’evolversi di questa cultura in tutto il bacino del Mediterraneo e, in particolar modo, sul territorio toscano. Il nucleo principale della mostra è a Siena, nella sede di Enoteca italiana, mentre nei musei dei cinque territori maggiormente rappresentativi dell’eccellenza vitivinicola senese – Castellina in Chianti, Castelnuovo Berardenga, Montalcino, Montepulciano e San Gimignano – sono state allestite esposizioni collaterali, integrate nelle collezioni permanenti. fino al 5 maggio Località varie – Toscana www.terresiena.it - www.museisenesi.org gennaio 2013

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libri letti per voi

di Gilda Ciaruffoli

maggior parte di noi italiani. La loro è una cucina tradizionale, toscana, dettata dal ritmo delle stagioni, non per moda ma per semplice abitudine. Ho sempre seguito i loro consigli, aggiungendo un pizzico di sperimentazione. Un itinerario fuori dalle mete più battute nella tua Toscana? Io abito nella Valdelsa, zona che amo e che ancora non è stata scoperta dal turismo di massa. Colle Val d’Elsa, ma soprattutto Casole d’Elsa e Radicondoli sono paesini cristallizzati nel tempo. Proprio a Radicondoli, in un caseificio a condizione familiare, si fa il pecorino di Lucardo, da assaggiare come la zuppa di pane, fagioli e cavolo nero.

Luoghi e sapori di Toscana Con Giulia Scarpaleggia parliamo del suo libro, impreziosito dalla prefazione di Tessa Kiros, famosa food writer, e dalle immagini di Ellen Silvermann, fotografa newyorkese innamorata della Toscana. Giulia, da chi hai imparato a cucinare? Da mamma e nonna, come credo accada alla

Le ricette del sorriso A Gloria Brolotti, giornalista d’attualità, e Monica Sartoni Cesari, esperta di food, chiediamo di raccontarci il volume nato dalla volontà dell’azienda vinicola Gerardo Cesari di sostenere la Fondazione Operation Smile Italia Onlus. Che tipo di ricettario è il vostro? Gloria&Monica: L’idea nasce dalla convinzione che nella giusta stagione tutto sia migliore, e non solo in cucina. C’è un tempo per i broccoli, uno per le fragole così come c’è una stagione per sé e una per dare agli altri... Senza dimenticare che l’uso di prodotti di qualità implica meno lavoro e risultati sorprendenti.

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Dovendo scegliere una ricetta dal tuo libro? I tortelli del Mugello: sanno di casa. Per le feste suggerisco di togliere aglio e prezzemolo dal ripieno e di abbondare con il formaggio, sostituendo un pecorino semi stagionato al parmigiano e finendo con una spolverata di pepe nero. Food EditorE 192 pp 24,90 euro

E la collaborazione con Operation Smile? Gloria: Mi occupo di charity da molto tempo. Un impegno che non dev’essere vissuto con mortificante spirito di sacrificio, almeno per me. Dunque, siccome amo il cibo e la convivialità, ho unito questi elementi per dare qualcosa del mio tempo e delle mie capacità a che soffre. Quindi ho ideato una serie di iniziative i cui fondi sono andati a favore di Fondazioni che si occupano di bambini, e nel 2008 ho conosciuto il Presidente di Operation Smile, Santo Versace, che mi ha chiesto di diventare ambasciatrice italiana della Onlus. È nata così l’idea dei libri. Con il precedente A tavola con le arance abbiamo raccolto oltre 20 mila euro! Monica: Per quanto mi riguarda devo tutto a Gloria e al suo cuore grande. Io mi limito a tirare fuori il meglio della mia professionalità, per cercare le ricette più interessanti. MorEllini EditorE 80 pp 15 euro

Una “recherche” domestica Evitare gli sprechi fa bene a noi, all’ambiente, ai nostri figli. Finita l’era dell’usa getta, ora la parola d’ordine è riciclare, come insegna Ludovica Manusardi Carlesi, docente di fisica e divulgatrice scientifica, prestata all’arte della trasformazione e del recupero. Non solo dietro ai fornelli. Dalla cattedra in fisica alla scienza del riciclo: un percorso curioso il suo… È una passione la mia che nasce da una tradizione famigliare. A casa mia non si buttava via niente. Dai pezzi di stoffa con cui si facevano i vestiti alle bambole, alle stesse carte dei regali. Alle scatole in legno del vino usate per il découpage. Le stesse idee che porto nel libro, semplici ma creative. Come le mie ricette, alla portata di tutti… la cosa più difficile è forse proprio il découpage! Quindi non si tratta solo di consigli utili, nel volume c’è anche la sua vita? Questo libro è anche autobiografico, sì. E non si parla solo di recupero di oggetti ma anche di un patrimonio immateriale di poesie, brani di romanzi. Come la storia di Pinocchio e i semi di mela, assolutamente in tema. Ci sono stralci della mia infanzia romana… nei quali in molti si potranno riconoscere. Ma com’è nata l’idea del libro? Da una rubrica nata a fine 2008, all’alba della crisi, su affaritalia.it. Si chiamava Consigli per gli sprechi ed è lì che ho iniziato a raccogliere le mie esperienze in tema riciclo: ho iniziato col pane e sono arrivata ai libri. Mursia EditorE 194 pp 12 euro


spettacoli

di Gilda Ciaruffoli

Otot Concerto in prima esecuzione assoluta commissionato a Yuval Avital – giovane compositore israeliano – per inaugurare la stagione del Teatro Sociale di Como, è una “sinfonia spazializzata nel suono”: i musicisti, posizionati in modo insolito, eseguiranno una partitura che implica una massima estensione strumentale accompagnati da video di sciamani, scienziati e sensitivi. 23 gennaio Teatro Sociale - Via Bellini 3, Como www.teatrosocialecomo.it

Uno sguardo diverso sul mondo L’ultimo pastore e Food: due produzioni indipendenti che fanno riflettere sui nostri errori e sulle contraddizioni dell’oggi

Vi segnaliamo due interessanti docu-film nati fuori dai soliti circuiti (e quindi, purtroppo, “fuori dai soliti circuiti” distribuiti). Si tratta di L’ultimo pastore e Food. Il primo racconta la storia di Renato Zucchelli, l’ultimo pastore nomade milanese. «Quando ho scoperto che si muoveva ancora con il suo gregge per la città – dichiara il regista, Marco Bonfanti – ho pensato che potesse rappresentare un mondo in via d’estinzione, che potesse diventare un simbolo dell’Occidente e della sua corsa verso il progresso e insieme un monito». Il film segue Zucchelli nel suo cammino tra quartieri residenziali, automobili e strade cittadine che hanno ormai preso il posto di prati e pascoli: la sospirata meta è portare il gregge nell’inaccessibile centro di Milano, per giungere a quei bambini che non hanno mai incontrato un pastore e dimostrare loro che, con la fantasia ostinata e la libertà, i sogni anche più folli possono diventare realtà. Presentato allo scorso Festival del cinema di Torino, attualmente non si hanno notizie sicure circa la distribuzione nelle sale. Bisognerà forse aspettare di vederlo in dvd, come avviene per Food, film collettivo nato da un’idea del regista Marco Rusca, un progetto che ha richiamato 23 registi di altrettante nazionalità uniti dalla volontà di dare il loro contributo nel combattere lo spreco mondiale di cibo dando vita a un toccante percorso attraverso la storia di un bene comune quotidianamente violato. Il film è reperibile in dvd, distribuito da La Feltrinelli.

Swing on Snow Sullo sfondo dorato delle sue distese di neve baciate dal sole, le note musicali di diverse band allieteranno per una settimana le imprese di sciatori e boardisti, invadendo rifugi e ristoranti dell’Alpe di Siusi. 20-27 gennaio Location varie - www.alpedisiusi.info

Orobie Film Festival Il Festival internazionale del documentario di montagna torna a promuovere le Terre Alte del Mondo, per una migliore conoscenza del territorio che le “ospita”, della sua storia, della sua cultura. 19-26 gennaio Centro Congressi - Viale Papa Giovanni XXIII - Bergamo www.regione.lombardia.it

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shoppin shopping

di Francesca Frediani

Preziosi charms

Miniature che riproducono fedelmente i modelli di calzature icona creati tra gli anni ’30 e ’60 da Salvatore Ferragamo. La Rainbow, in oro giallo 18 kt e gemme colorate, ispira il suo design alla leggendaria scarpa creata per Judy Garland nel ’38. Prezzo: 6.000 euro

Design Cinese by Officina Alessi Floating Earth (design by Ma Yan Song) offre diverse possibilità di utilizzo: come alzata, vassoio oppure centrotavola. In legno e acciaio inossidabile. Prezzo: 375 euro

“Siamo tutti pupi” Lo scriveva Pirandello e lo ripete Gerardo Sacco che reinterpreta con grazia e ironia i personaggi dell’opera dei pupi. Ciondolo in argento e smalti Carlomagno l’invincibile. Prezzo: 130 euro

Un gesto d’eternità

La linea Lucciole nasce da un’ispirazione colta in Estremo Oriente, dove si è diffuso l’uso di regalare una lucciola vera alla propria amata. Un dono effimero. Le lucciole di Gerardo Sacco invece brillando per sempre. Anello in argento e zirconia sfaccettata. Prezzo: 90 euro

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Spumante per la pelle Una linea cosmetica per viso e corpo tutta naturale (anche per le pelli più sensibili) a base di Spumante Brut Furlani. Prezzo: non disponibile


ng

di Lucia Lipari

Per pochi eletti Costa come una crociera negli

Emirati Arabi, ma stiamo parlando della nuova linea di skin care Cosme Decorte. La Intensive Cream AQ Meliority, prodotto star, costa 990 euro. Solo nelle profumerie Mazzolari a Milano e Castelli a Roma

style

Panama, patrimonio dell’umanità

A Londra è boom di Charity Shop

Nonostante la preoccupazione per il futuro riscontrata in ogni recente sondaggio, emerge oggi anche un aumento del senso di responsabilità sociale. A Londra, ad esempio, alternativa preziosa alle boutique delle High Streets sono diventati i Charity Shop, nati grazie all’usanza inglese di regalare il superfluo al negozio di beneficienza del quartiere. Non hanno costi di gestione perché il personale è formato da volontari e sono legati ad associazioni benefiche come la Cancer Research UK o Save the Children, a cui devolvono i ricavati. Il primo Charity Shop della storia è stato aperto dalla Croce Rossa al numero 17 di Old Bond Street a Londra, sotto le bombe tedesche del ’41. Da Chelsea a Hackney, oggi, ogni angolo della metropoli offre una vasta selezione di negozietti di merce usata selezionata, in cui si trova di tutto e a prezzi competitivi. Molti quelli dedicati agli amanti della moda, come il Marie Curie Cancer Care shop, all’1 di Lichfield Terrace, nel quartiere di Richmond. A Chelsea, c’è il British Red Cross (al 67 di Old Church Street). Dalle parti di Portobello, al 61 di Westbourne Grove, si trova invece Traid al quale pare che giovani stilisti della capitale regalino le loro vecchie collezioni.

L’agenzia delle Nazioni Unite ha statuito che il Panama venga inserito nella yes list del patrimonio immateriale dell’Unesco. Il famoso cappello bianco a larghe falde, intrecciato a mano con fibre di palma nana, fatto esclusivamente di paglia toquilla ecuadoriana, va dunque tutelato in quanto patrimonio dell’umanità. Secondo l’Unesco, infatti, la “preziosa trama di paglia, frutto di un processo complesso, rappresenta una tradizione artigianale trasmessa da generazione a generazione, in seno alle comunità tradizionali”. A legare inscindibilmente questo cappello al nome di Panama, fu un curioso evento mediatico che coinvolse il presidente degli Stati Uniti, Theodore Roosevelt, il quale lo indossò durante l’inaugurazione del Canale di Panama nel 1906. Le foto dell’evento fecero il giro del mondo, aumentando notevolmente la notorietà del cappello.

Un’icona da 75 anni

Cenerentola a chi? Una serata da affrontare? Un principe da conquistare? Se volete davvero lasciare il segno (o la vostra scarpetta) che sia almeno un modello Philipp Plein, collezione A/I 2013, tutta strass e borchie. Prezzo: non disponibile

Clutch per cyber principesse

Per ogni occasione o regalo glam che si rispetti è immancabile una clutch firmata Miu Miu. La sua pelle matelassé – scelta dalla maison milanese per la collezione autunnoinverno 2012/2013 – la rifinisce e la rende un oggetto unico, ideale per ogni party sfavillante. Disponibile in vari colori a prescindere dalle linee che si prediligano (a sacca, a mano, a tracolla o a pochette), la clutch, pur avendo le caratteristiche tipiche dell’intera collezione di quest’anno, si contraddistingue per una notevole brillantezza e per il suo appeal traslucido in grado di vestire una donna moderna da principessa cyber e futuristica.

Ray-Ban ha recentemente festeggiato i 75 anni di successi. Anche se la storia che ha portato alla nascita dei mitici Aviator è ancora più antica. Bisogna infatti tornare al 1929 quando il generale della forza aerea statunitense, J. MacCready, si rivolse a Ray-Ban per la creazione di lenti in grado di assorbire i raggi solari per i piloti militari che avevano bisogno di occhiali che li proteggessero dai riflessi mentre volavano ad altitudini elevate. L’operazione fu un successo e centrò l’obiettivo, così dall’aviazione al grande pubblico si trattò di un soffio. Ribattezzati nel ’37 Ray-Ban Aviator per enfatizzare la loro efficacia nel bloccare (ban) i raggi solari (ray), i leggendari occhiali diventarono un’icona, indossati da divi del calibro di Marilyn Monroe a James Dean. Tra le varie iniziative organizzate per celebrare l’anniversario, Ray-Ban ha realizzato una riedizione degli Aviator in versione slimline e con le lenti gialle (la limited edition Ambermatic) e Luxottica Group, proprietaria del marchio, ha presentato l’esclusivo volume “Legends: Untold” che celebra Ray-Ban come protagonista del panorama culturale dell’ultimo secolo.

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trendy

di Claudia dagrada

Comodità e stile: l’inverno è donna? Riuscire a non apparire goffe e sgraziate dovendo indossare capi pesanti e ingombranti per difenderci dal freddo, sembra un miraggio. Con le sue calde proposte, Timberland riesce invece a farci sentire disinvolte, senza rinunciare alla femminilità

Comfort, calore e glam: un sogno impossibile? Cosa ne pensano gli esperti? Affrontare il freddo e le basse temperature di gennaio ben coperte ma comunque eleganti è possibile. Basta scegliere le giuste linee e i materiali più innovativi. Come nel caso del piumino water resistant di Timberland, imbottito in Thermore, speciale materiale termo isolante che protegge dall’umidità e dal freddo nel massimo comfort. Il cappuccio è foderato in pile ricciolo ed è bordato in pelo ecologico.

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... e per le meno freddolose? Da portare come coat o da giocare come cardigan, c’è ad esempio il Toggle Fastening che spicca per le sue pennellate rosse e le trame disinvolte che raccontano la sua doppia anima. Un capo che avvolge di calore ed emozione grazie anche al maxicollo in abbinamento.

Per un look completo però anche gli accessori vogliono la loro parte… Certamente, e l’inverno suggerisce texture morbide e burrose, tocchi soffici e sensazioni cocooning. Proprio ispirandosi a queste suggestioni, Timberland ha creato la linea di borse Sonya in Soft Cow Leather, trattata in modo naturale e con l’interno in cotone organico. Da provare il modello Versatile che, in un battito di ciglia, da shoulderbag oversize diventa una tracolla: basta piegarla!



selezioni

Sogni che nascono dalla terra Si chiamano Topporosso e Spiridione, Vercanto e Vinsanto Sperello. Sono i vini realizzati dalla Cantina Berioli, azienda agricola di secolare tradizione lanciata da qualche anno nella produzione vinicola con grande passione e competenza. Visitarla è un piacere non solo per il palato: ad attendervi i magici panorami del lago Trasimeno e delle vicine colline di Montesperello

È un’incantevole cornice ricca di verdi colline, quella che accoglie l’azienda agricola Berioli a Montesperello di Magione. Una storia familiare oltre che aziendale, che inizia qui ai primi del ’900, pur avendo alle spalle una tradizione centenaria come azienda agricola. Anche se la Cantina Berioli solo da pochi anni si è affacciata nel panorama del vino umbro grazie alla passione e alla competenza del suo attuale titolare, l’agronomo Roberto Berioli, che nella proprietà di famiglia, nell’area dei Colli del Trasimeno, ha creato un piccolo gioiello dove realizzare il suo sogno di vignaiolo. Grazie alle ulteriori acquisizioni avvenute negli ultimi anni, alla ristrutturazione e al reimpianto di nuovi vigneti, attualmente l’azienda Berioli coltiva 12 ettari di vigneto suddivisi in quattro appezzamenti, tutti in zona collinare. Gli impianti sono allevati a guyot e le varietà piantate sono Merlot, Cabernet Sauvignon, Sangiovese, Grechetto, Trebbiano e Chardonnay. La gamma Berioli comprende quattro vini: i rossi Topporosso Igt Umbria e Spiridione (in omaggio al vescovo di Urbino Spiridione Berioli del XVIII sec.), il bianco Vercanto e il Vinsanto Sperello, tutti e tre

facenti parte della classificazione a Doc Colli del Trasimeno. Il segreto di una produzione vinicola di qualità secondo Roberto Beroli? Il rispetto delle tradizioni con un occhio sempre rivolto all’innovazione. Negli ultimi anni, infatti, sono state apportate importanti e nuove migliorie agli impianti, tutto nel rispetto dell’ambiente e dell’ecosistema (sono state recentemente acquisite le nuove tecnologie per ridurre i consumi energetici e gli sprechi di acqua). Insomma, nell’azienda Berioli guidata da Roberto insieme alla moglie Cristina, i figli Matteo e Assunta con le rispettive famiglie, tradizione e modernità vanno a braccetto. I segreti della produzione? Poca concimazione, molta cura nella difesa dalle malattie, cimatura dei tralci e defogliazione nella zona dei grappoli. Attività, queste, che portano anno dopo anno, uva sana e matura al momento della vendemmia. Perché “è nel vigneto che nascono i grandi vini”. Di fondamentale importanza anche la cantina di invecchiamento. Quella di Beroli è ricavata nei vecchi locali cantina opportunamente ristrutturati e dove il vino rosso passa nel legno di barriques di rovere francese almeno 12 mesi.

Cantina Berioli Case Sparse, 21 Montesperello di Magione (Pg) Tel. 075 5007666 www.cantinaberioli.it


selezioni

Arbaria, nettare degli dei Nasce solo dalle migliori uve Zibibbo, questo Passito di Pantelleria Doc che, dolce, aromatico e vellutato, ci racconta dell’antico amore che legò Tanit e Apollo e che ancora oggi stringe in un vincolo indissolubile i soci dell’Azienda Vinicola Vinisola all’aspra e feconda terra dell’isola siciliana La leggenda racconta che la Dea Tanit, sovrana delle messi e dei raccolti, della fertilità e dell’amore, si innamorò di Apollo, il dio del sole, e per irretirlo si finse coppiere dell’Olimpo e, senza essere vista, sostituì la bevanda degli dei, l’ambrosia, con lo Zibibbo, nettare dell’isola di Pantelleria. Ed è così che riuscì, ovviamente, nel suo intento. Oggi come allora, da quelle stesse uve Zibibbo, in parte sottoposte ad appassimento al sole, nasce l’Arbaria Passito di Pantelleria Doc, vino da meditazione che va servito in calici medi a tulipano a una temperatura di 10-12 gradi non deluderà sicuramente il palato e, proprio come Apollo, farà subito innamorare chi lo degusta. Ed è un amore profondo quello che lega anche il piccolo gruppo di persone che ha dato vita a Vinisola, Azienda nata per contribuire alla valorizzazione dei prodotti dell’isola, forte di valori quali la territorialità e la tradizione in campo enologico. Originaria dell’Egitto e introdotta dai Fenici nel meridione d’Italia e a Pantelleria, l’uva Zibibbo viene raccolta e vinificata nelle Cantine Vinisola

con i metodi consueti dei contadini di Pantelleria, sotto la supervisione di Antonio D’Aietti, un enologo che condivide l’amore per l’isola e l’impegno a mantenere vive le sue tradizioni. E se l’Arbaria è la punta di diamante della produzione, ottimi sono anche il Pantelleria Moscato Liquoroso Doc, vino da compagnia e da dessert, dal caratteristico profumo di uva matura, giallo dorato, dal sapore dolce aromatico e con retrogusto mandorlato, che si abbina a dolci di mandorla e formaggi stagionati. O lo Zefiro Pantelleria Bianco Doc dal colore giallo paglierino con riflessi dorati, dal profumo caratteristico di uva Zibibbo, aromatico, avvolgente e persistente; di alta qualità e struttura, ottimo anche per aperitivi, è ideale per accompagnare piatti a base di pesce o verdure, piatti forti tipici mediterranei e piatti di carni bianche. Questi tre vini sono distribuiti dall’Azienda Sarzi Amadè, la cui filosofia commerciale è da sempre rivolta a prodotti di gamma alta e che opera, dal 1966, con la stessa cura e la stessa attenzione di chi li produce.

La Gran Menzione all’Arbaria 2011 Al 20° Concorso enologico Internazionale Gran Vinitaly 2012, tra i più prestigiosi a livello mondiale e che designa i migliori vini del mondo, l’annata 2011 di Arbaria ha ricevuto la Gran Menzione per la categoria vini dolci naturali. L’Arbaria è un vino da meditazione dal gusto vellutato, aromatico e dolce, che si accompagna a formaggi erborinati e piccanti, a dolci alla mandorla e alla cassata, tipici della tradizione siciliana.

Vinisola c/da Kazzen, 11 91017 Pantelleria (Tp) Tel./Fax 0923 912078 info@vinisola.it www.vinisola.it


selezioni

Il vero carattere del Primitivo Tenuta Viglione fonda le proprie origini nelle antiche tradizioni della Famiglia Zullo che sin dal 1937 produce vini di qualità nella zona Dop Gioia del Colle, patria dell’autentico Primitivo

Primitivo. Un antico vitigno il cui nome deriva dal suo particolare e breve ciclo biologico: infatti questa era l’uva che maturava prima, da qui l’antico appellativo di Primaticcio (in dialetto: Pr-ma-tè), oggi Primitivo. Nel suo DNA si intrecciano affascinanti storie di luoghi diversi, di viaggi, di scambi tra popolazioni, matrimoni e doti. Originario dell’Ungheria, arriva in Croazia da dove nel XII secolo viene introdotto in Italia a opera dei monaci Benedettini, che trovarono nel territorio di Gioia del Colle in Puglia le condizioni pedo-climatiche più favorevoli per la coltivazione di tale vite. Caratteristica di questo territorio è la Murgia, un altopiano calcareo costituito da residui fossili di organismi marini che, insieme ad argille e terre rosse silicee, assicurano al Primitivo di Gioia uno stile, un’armonia e una finezza unica e specifica. Il microclima di questa zona è l’ele-

mento finale e determinante del suo carattere, con forti escursioni termiche tra il giorno e la notte, specie durante la maturazione e la raccolta delle uve, unitamente alla costante presenza del sole di Puglia e dei venti provenienti sia da Nord che da Sud. Ed è proprio in questa zona che sorge la Tenuta Viglione i cui vigneti in coltivazione biologica si trovano nel punto più alto della Dop Gioia del Colle, a circa 450 metri sul livello del mare. Dalla cantina della Tenuta nascono vini che esprimono al meglio le caratteristiche del vitigno tipico, come il Pri-Mit-Ivo, che in questo territorio trova la sua più alta ed elegante identità. Oltre ai 40 ettari di vigneti, la Tenuta Viglione comprende anche un’antica Masseria che oggi, completamente ristrutturata, si è aperta all’ospitalità di quanti desiderino godere del fascino di questo luogo incantevole.

La curiosità E il Primitivo di Manduria, vi chiederete, da dove deriva? Da Gioia del Colle! La storia racconta, infatti, che una nobildonna del posto, promessa sposa a un ricco feudatario tarantino, portò con sè in dote alcuni esemplari di questo prezioso vitigno. Piantate nelle terre di proprietà della nuova famiglia, le piante dettero successivamente origine alla denominazione Primitivo di Manduria.

Tenuta Viglione Uffici: Via Carlo Marx, 44 Cantina: Via Appia Antica, 30 Santeramo in Colle (Ba) Tel. 080.3022415 www.tenutaviglione.it


selezioni

Miolo: un mito che arriva dal Brasile Nella terra dei gauchos, l’azienda fondata dall’italiano Giuseppe Miolo è leader nel mercato dei vini pregiati con il 40% di market share ed è la maggiore realtà esportatrice di vini brasiliani. Già immancabili in tutto il mondo, oggi le sue bottiglie si possono finalmente gustare anche in Italia grazie a Network2biz

Miolo è il vino del momento. Da più di 10 anni presente in 28 paesi, nei ristoranti e negli alberghi più rinomati di Londra, Shanghai, Parigi, Dubai e Oslo, è finalmente arrivato in Italia, importato da Network2biz, nel 2011. L’azienda Miolo, attiva nel mondo del vino dal 1897, è stata fondata da un immigrante italiano, Giuseppe Miolo, ma ha iniziato la produzione commerciale soltanto nel 1990. Il primo vino a marchio Miolo è stato un Merlot prodotto con uve della Vale dos

Vinhedos, nel sud del Brasile, zona ideale di coltivazione dei preziosi vigneti. Per la lavorazione delle viti vengono applicate le migliore tecnologie e sistemi di certificazione. Tra i prodotti di punta, impossibile non citare il Lote 43: icona dell’azienda e tributo a Giuseppe Miolo, il vino prende il nome della terra ricevuta nel 1897 dal governo brasiliano. Preparato solo in annate eccezionali, è un taglio di Cabernet Sauvignon e Merlot, selezionato dall’enologo della famiglia, Adriano Miolo; rosso porpora, con tonalità che vanno dal rubino all’ocra, ha caratteristiche peculiari per l’invecchiamento e ha struttura sufficiente per resistere a molti anni di bottiglia. Le bottiglie sono numerate e la vendita è limitata. Altro caposaldo è il Merlot Terroir, prodotto da Miolo con la varietà emblematica della Vale dos Vinhedos attraverso una combinazione ideale di suolo, clima, classe e l’influenza dell’uomo. Bento Gonçalves è la regione che offre le migliore condizioni per ottenere un Merlot di ottima qualità. Rimane in invecchiamento un anno in rovere francese e oltre un anno in bottiglia prima della commercializzazione. Il suo colore è rubino intenso con tracce di viola. Appartiene a una riserva limitata: per vendemmia sono prodotte solo 18 mila bottiglie, tutte numerate. In fine, Linea Riserva: tra i suoi vari vini, Network2biz ha scelto i Cabernet Sauvignon, i Tannat e i Sauvignon Blanc. Sono prodotti nella regione Campanha, nel sud del Brasile, localizzata nel parallelo 31 sud, riconosciuta come la migliore regione dei vini.

Network2biz Srl Via Volta, 12 Cassina de Pecchi (Mi) Tel. 02.97380672 www.network2biz.com


selezioni

Un croccante morso di festa Mandorle e nocciole italiane, zucchero e cioccolato fondente: questi gli ingredienti che, lavorati con la sapienza propria solo di chi conosce bene il mestiere e ha forti competenze artigiane, danno vita al delizioso Croccantino del Fortore, con il quale l’azienda Petrillo delizia i palati di tutta Italia e non solo

Siamo in provincia di Benevento, a Montefalcone di Val Fortore. Qui, da trent’anni, esiste una piccola azienda, che la titolare Antonina Petrillo, dopo aver appreso dal maestro pasticciere del paese le principali tecniche di lavorazione, oggi gestisce con l’aiuto dei suoi familiari. È questa una realtà che, come tante nel nostro Paese, contribuisce a conservare l’identità della migliore produzione gastronomica italiana che si contraddistingue nel mondo per qualità, gusto e unicità. Certamente nel DNA di queste terre c’è già il gene dei buoni frutti che, sapientemente lavorati, diventano spesso vere e proprie eccellenze. È dunque dalla consapevolezza che un buon prodotto è il risultato della scelta delle migliori materie prime combinata con tecniche di produzione adeguate, che nasce il Croccantino del Fortore: testimonianza di una lunga tradizione, simbolo di una terra ed espressione di artigianalità. Mandorle e nocciole italiane, zucchero, cioccolato fondente minimo 60%,

sono i suoi ingredienti. Le mandorle e le nocciole, precedentemente tostate, vengono unite allo zucchero quando raggiunge il suo punto di fusione; l’impasto che se ne ricava viene steso su un piano di raffreddamento affinché diventi “croccante”. Si procede con il taglio, in forme regolari, dei croccantini che, una volta posizionati sulla griglia, avanzano verso una cascata di cioccolato da cui vengono ricoperti; da qui passano in un tunnel refrigerato per il tempo necessario all’asciugatura che consente di incartarli singolarmente e, quindi, concludere con il confezionamento. Al Croccantino del Fortore, che l’azienda Petrillo commercializza sul mercato italiano e non solo, fa da cornice una grande varietà di prodotti della tradizione artigianale locale, realizzati tutti con la stessa passione e dedizione.

Petrillo Antonina Via S. Vincenzo 17 Montefalcone V.F. (Bn) Tel. 0824.969266 www.petrillotorroncini.it


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