VdG Magzine Viaggi del Gusto Novembre 2012

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VDG MAGAZINE VIAGGI DEL GUSTO | ANNO 2 | N.20 | MENSILE | Poste Italiane S.p.A. – Spedizione in abbonamento postale – D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art. 1, comma 1, Aut. C/RM/19/2011 | Belgio Euro 9,30 | Canton Ticino Ch.Fr. 11,50 | Costa Azzurra Euro 11.90 | Stati Uniti

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VALLE D’AOSTA

NEVE, SPORT, CULTURA, RELAX E SAPORI: ECCO IL TURISMO CHE SA “FARE RETE”

Monte Poro, un Pecorino da 110 e lode In Toscana la prima cantina “carbon free” In viaggio: Catania, Torino, Milano Intervista esclusiva a Gianni Zonin Piemonte in festa per il tartufo bianco Georgia, la vera patria della vite Il buono a tavola: le ricette marchigiane Oltre 40 appuntamenti enogastronomici



editoriale

di Domenico Marasco

domenico.marasco@vdgmagazine.it

“Fare rete”: ecco la ricetta per uscire dalla crisi Nel mondo, l’Italia è, per antonomasia, il Paese della qualità e dei cibi genuini, tanto diversi e variegati come lo sono le sue bellezze artistiche e naturali, i suoi terreni, i suoi climi, le sue tradizioni storiche e culturali, i metodi di coltivazione utilizzati e soprattutto le straordinarie risorse umane che ogni giorno contribuiscono a produrli. A differenza degli altri asset della ricchezza nazionale, il patrimonio agroalimentare italiano ha dalla sua un punto di forza, una peculiarità, un plus che non è replicabile in nessun’altra parte del pianeta: ovvero il legame con il territorio. È da questo vincolo inscindibile tra prodotti enogastronomici e territorio di origine che il nostro Paese può e deve ripartire per rilanciare la sua economia. Oggi, tuttavia agroalimentare e turismo stanno vivendo una fase di decrescita. Nel settore turistico, l’Italia è relegata infatti al quinto posto tra i Paesi più visitati al mondo. Ed anche nel food&wine il Bel Paese si è fatto superare, per ciò che concerne l’export, sia dalla Germania che dalla Francia, con la prima che esporta il 27% della propria produzione alimentare, e la seconda il 25%. Noi riusciamo a portare all’estero appena il 19% dei nostri prodotti, per un fatturato di circa 25 miliardi di euro. Va da sé che si può e si deve fare di più. Partendo da un assunto: l’errore strategico più grande, finora, è stato proprio quello di non aver reputato e valorizzato l’agroalimentare come il driver economico più vincente del Paese. Un driver peraltro – come si è già detto – non delocalizzabile! Mentre i nostri piccoli-medi produttori hanno continuato a realizzare prodotti di inimitabili qualità, la miopia della nostra classe dirigente politica e imprenditoriale ha lasciato mano libera a tedeschi e francesi, nella distribuzione alimentare. Nessun imprenditore italiano ha avuto infatti la capacità di ragionare “all’americana” e

dare alle nostre produzioni un “sistema distributivo” organizzato e capillare come, ad esempio, quello di McDonald’s e Starbucks. Alcuni dati possono farci capire meglio come il vero problema sta nelle reti distributive che l’Italia non ha all’estero: i francesi con Carrefour hanno 16 mila punti vendita. La Lidl in Italia ne possiede quasi 600 e 20 mila in tutta Europa. In Russia vi sono ovunque negozi Metro. Nel frattempo, in Italia, Esselunga e Coop litigano da anni per un’area alle porte di Bologna! Per dare invece l’idea delle potenzialità economiche del Made in Italy agroalimentare nel mondo, basti dire che i cosiddetti prodotti “italian sounding” producono un giro d’affari di 70 miliardi di euro l’anno. Basterebbe poco per andarsi a riprendere anche una minima quota dell’1,5% di questo fatturato illegale: basterebbe un po’ di coraggio e soprattutto una strategia finalizzata a “fare rete”. Un concetto, quest’ultimo, su cui ci permettiamo di insistere fino al parossismo. E non a caso, dopo il modello del “Trentino cooperativo” di qualche mese fa, su questo numero di novembre VdG vi racconterà un altro esempio virtuoso di marketing territoriale: quello messo in piedi cioè dalla Valle d’Aosta, altra regione italiana (una delle poche, purtroppo) che ha saputo creare un circuito sinergico tra le risorse e gli operatori dei suoi comparti del turismo e dell’agroalimentare, puntando ad offrire ai suoi visitatori delle offerte di vacanza “integrate”. Una ricetta che, malgrado la congiuntura economica mondiale si sta rivelando vincente. Per l’appunto. Buon viaggio del gusto a tutti

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sommario sommario novembre 2012

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12 Dall’Italia e dal mondo

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18 La salute nel piatto Il cioccolato: l’amico del cuore 20 Scienza e vita Burro, l’oro dal latte 22 La pagina verde 24 Almanacco di Barbanera

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26 Appuntamenti

48 Cover story Una terra ricca di meraviglie paesaggistiche. Un modello turistico vincente fondato su sport, cultura, relax e gastronomia. Un contenitore esclusivo di servizi costruiti su misura: benvenuti in Valle d’Aosta, “la montagna che emoziona”.

panorama

cibo&territorio

38 Storie dall’Italia che merita: l’azienda agricola Salcheto Buono ed ecosostenibile? Si può! Scoprite

62 Storia: la Georgia e il vino

il vino della prima cantina italiana carbon free

40 Storie dall’Italia che merita: il Pecorino di Monte Poro

Un formaggio calabrese dalla storia antica riscoperto da un giovane casaro di talento

44 Storie dall’Italia che merita: il cuoco Giuseppe Iannotti Ha appena 30 anni ma gli sono bastati per farsi eleggere “chef emergente dell’anno”

46 Il personaggio del mese: Gianni Zonin

Intervista esclusiva al patron dell’azienda vinicola che è un simbolo dell’italian wine

Donato Lanati ci racconta il viaggio della vite, iniziato 8 mila anni fa ai piedi del monte Ararat

66 Spiedi d’italia Un viaggio lungo lo Stivale ripercorrendo i riti antichi legati all’arte del “cuocer sul fuoco”

70 Il tartufo bianco del Monferrato In autunno è lui il signore di questa terra: il prezioso e ricercato “Tuber Magnatum Pico”

74 Vallerano, il paese delle castagne

Siete ghiotti di marroni? Allora questo piccolo borgo del Viterbese è il posto che fa per voi

78 Olio e dintorni

Dai primordi dell’antica coltivazione dell’ulivo all’utilizzo di oggi per wellness e cosmetica

80 L’orto dei semplici, il ravanello 82 Il buono a tavola, le Marche 84 Chef italiani nel mondo In copertina: una veduta del Cervino

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sommario sommario novembre 2012

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133 Le selezioni

inviaggio

piaceri

90 Catania, eruzione di sapori

104 I piaceri di Bacco

In giro tra le vie in pietra e le piazze barocche della città etnea a gustare cannoli e arancini

94 L’Italia in mostra: Torino Sotto la Mole son arrivate le opere di Degas: seguiteci, se ad interessarvi non è solo l’arte

98 Città in 24 ore, Milano 100 Città in 24 ore, Essaouria

Il Cerasuolo di Vittoria, un piccolo vino rosso siciliano che ha molto da raccontare

106 Le mani raccontano

Le scarpe di Peron sono fatte su misura: chiedetelo a Celentano e Ramazzotti

110 Bellezza e benessere 112 Camera con vista 114 Week-end goloso 116 Week-end relax 118 Week-end cultura 119 Week-end verde 122 Libri 124 Soste d’arte 126 Spettacoli 128 Trendy 130 Shopping

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contributors novembre 2012 ROSALIA IMPERATO

RICCARDO LAGORIO È nato a Brescia 44 anni fa, vive con la valigia sempre pronta, il blocnotes e la penna sempre in mano, ferri del mestiere di cronista vecchio stampo. Allievo prediletto di Luigi Veronelli, lo hanno definito “food scout”. Di scoperte del patrimonio gastronomico ne ha fatte davvero molte, migliaia. I lettori di VdG lo sanno bene, visto che ogni mese ne propone sempre di nuove. pagg. 66-70-74

Napoletana di origine ma romana di adozione. Scrive fin dalla tenera età, prima di arte e cultura, poi di moda. Ma capisce ben presto che paillettes e lustrini non fanno per lei e decide di dedicarsi alla sua vera passione: l'enogastronomia. Ora mangia, beve e racconta luoghi, persone ed eccellenze del gusto. Divertendosi un mondo, soprattutto. pag. 38

Piemontese, 54 anni, giornalista, scrittore, docente universitario e sommelier. Ha fatto del vino una ragione di vita e di lavoro: al punto che lo scorso anno a New York è stato eletto presidente dei degustatori di vino di 29 nazioni nel mondo. Presiede anche l’associazione italiana dei giornalisti dell’agroalimentare e, per non farsi mancare nulla, su VdG ogni mese racconta la storia di un vitigno e cura la rubrica “il Personaggio”. pagg. 46-104 10

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È stata voluta da Umberto Veronesi nel 2003 essenzialmente per sostenere la ricerca scientifica. Ma il pallino del professore è stato sempre quello della divulgazione. Ecco allora che la Fondazione ha scelto VdG per spiegare al grande pubblico i concetti di salute e corretta alimentazione. pag. 18

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LUCREZIA ARGENTIERO

ROBERTO RABACHINO

FONDAZIONE VERONESI

Direttore Responsabile Domenico Marasco

Pugliese trapiantata a Bologna, è passata dalla tastiera di un pianoforte, che suonava in gioventù, a quella di un computer. Giornalista e filmaker, ama raccontare i territori attraverso le immagini. Sua la regia di numerosi documentari d’attualità e turistici molti dei quali premiati. Ha due passioni: la fotografia e la sua Titty, la gatta più fotografata del mondo. pag. 100

hanno collaborato a questo numero: Flavio Amadei Luca Campana Olga Carlini Gilda Ciaruffoli Claudia Dagrada Alba De Gasperis Silvana Delfuoco Maria Pia Fanciulli Francesca Frediani Isa Grassano Legambiente Donato Lanati Lucia Lipari Stefania Monaco Angela Pino Gianluigi Pagano Giuseppe Pulina Antonio Romeo Marco Scapagnini

collaboratori&ambasciatori Abruzzo Michele Caracino Gaetano Castaldi Basilicata Isa Grassano Angela Pino Calabria Salvatore Chiarella Lucia Lipari Antonio Romeo Raffaele Romeo Campania Ferdinando Cappuccio Luisa Del Sorbo Rosalia Imperato Emilia-Romagna Paola Annoni Luca Campana Marco Landucci Chiara Mojana Giancarlo Roversi Luca Sardi Nerino Trentini Fruttuoso Zucchini Friuli Venezia Giulia Valentina Coluccia Marina Tagliaferri Lazio Francesco Maria Bucarelli

Domenico Bruno Alessandro Mei Giovanni Merone Stefania Monaco Francesca Oliverio Liguria Alessandro Baffigi Barbara Bacigalupo Anna Orlando Lombardia Roberto Bonsi Massimiliano Bruni Alba De Gasperis Lorenzo Foti Francesca Frediani Valentina Gavarini Riccardo Lagorio Eugenio Meloni Umberto Mortelliti Aldo Pagnussat Giampaolo Perna Saro Trovato Marche Ferruccio Squarcia Molise Giovanni Scapagnini Ida Santilli Piemonte Silvana Delfuoco Donato Lanati Gian Nicolino Narducci

Roberto Rabachino Monica Coviello Puglia Lucrezia Argentiero Bruno Micai Jolanda De Nola Nunzio Pacella Sergio Siciliano Sardegna Roberto Dall’Acqua Annalisa Bernardini Lino Erriu Giuseppe Pulina Sicilia Cesare Aldesino Rosario Ribbene Marco Scapagnini Toscana Elena Conti Marco Ghelfi Rosanna Ercole Mellone Marco Scataglini Trentino Alto-Adige Francesca Negri Umbria M. Pia Fanciulli Veneto Germana Cabrelle


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dall’Italia e dal mondo

di Francesco Condoluci redazione1@vdgmagazine.it

Il commento

Milano Expo 2015: l’Italia non deluderà le attese (?) Expo 2015 si avvicina, e la seconda edizione dell’International Participants Meeting (IPM) di metà ottobre scorso ha dato “un assaggio” di come sarà Milano nel 2015. All’appuntamento, organizzato da Expo per fare il punto con i Paesi che da maggio a ottobre 2015 saranno presenti a Milano, hanno partecipato oltre 1500 persone tra delegati di 114 Paesi, personale delle 7 organizzazioni internazionali presenti e giornalisti. Tre giorni per confrontarsi sui temi della nutrizione e dell’agricoltura sostenibile, ma soprattutto per vedere a che punto sono i lavori sul sito di Rho Pero, mettere a fuoco come sarà lo spazio espositivo e quali saranno le sorprese che potrà riservare, in termini di tecnologia e servizi, ai visitatori. È stato annunciato che nel sito espositivo verrà creata una vera e propria Smart City, una città del futuro all’avanguardia e a basso impatto ambientale. Le intuizioni e le idee messe in campo dai quattro partner globali di Expo – Accenture, Cisco, Enel e Telecom Italia – permetteranno di realizzare tutto questo. Ad affiancarli ci sarà anche Intesa Sanpaolo, da poco diventata il partner bancariofinanziario della manifestazione. Anche i maestri del cinema, come Ermanno Olmi, si confronteranno con i temi di Expo. Il regista, da sempre attento ai temi dell’ambiente, realizzerà un documentario di 10 minuti sull’acqua e il pane quotidiano. Le prime riprese in 3D sono state realizzate sul Monte Bianco e mostrate ai delegati dei 114 paesi partecipanti. Come Olmi, cineasti di tutto il mondo si misureranno con questi temi e i loro lavori andranno a comporre un’opera collettiva che verrà proiettata durante l’Expo. Il lavoro svolto nell’ultimo anno ha convinto la Malesia a garantire la propria presenza a Milano nel 2015 e 13 Paesi a firmare il contratto di partecipazione ad Expo. Hanno siglato l’accordo i rappresentanti ufficiali di Arabia Saudita, Bolivia, Emirati Arabi, Russia, Guatemala, Iran, Kazakhistan, Kuwait, Kirghizistan, Repubblicia di Moldova, Senega, Tunisia e Uganda. (fonte: La Presse) 12

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Il premier Mario Monti: «L’Italia non deluderà le attese. Expo sarà fatto bene e in tempo e il Governo vigilerà». Il governatore (in uscita) della Regione Lombardia, Roberto Formigoni: «Lavoreremo per la riuscita ottimale dell’evento». Il sindaco padrone di casa, Giuliano Pisapia ha garantito che «Milano è pronta per la corsa finale». Le più importanti autorità istituzionali italiane presenti al secondo IPM di Milano Expo 2015, così si sono espresse al cospetto delle delegazioni arrivate da tutto il mondo nel capoluogo lombardo per capire “cosa sarà” la prossima edizione della Grande Esposizione Universale. Tutti a rassicurare sulla capacità organizzativa di Milano e dell’Italia, tutti ad annunciare che si profonderà il meglio delle energie possibili e immaginabili per trasformare Expo 2015 in un’evento degno di questo nome e così discorrendo. Bene, bravi, giusto. Ma una domanda – direbbe il buon Antonio Lubrano – a questo punto sorge spontanea: perchè tutto questo bisogno di rassicurare, tranquillizzare, garantire, rinfrancare il mondo sul fatto che l’Italia ce la farà, che organizzerà al meglio l’evento, che non deluderà le attese della comunità internazionale? Sono cinque anni che il BIE (il Bureau International des Expositions) ha ufficialmente assegnato l’organizzazione dell’evento a Milano. Era il lontano 2007: nel nostro Paese al governo sedeva Romano Prodi come presidente del consiglio, il sindaco di Milano era Letizia Moratti, Steve Jobs era vivo e vegeto e si apprestava a lanciare il primo iPhone (adesso siamo arrivati al numero 5), i social network erano ancora degli strumenti di nicchia, alla Casa Bianca il primo presidente di colore era di là da venire e Bin Laden era ancora il principe del terrorismo islamico internazionale. Una vita fa, insomma. Ma mentre nel mondo l’ultimo quinquennio ha portato cambiamenti epocali, in Italia, dopo 5 anni di lavoro (?) su Milano Expo 2015, le nostre istituzioni hanno ancora bisogno di rassicurare il mondo che «l’Italia non deluderà le attese».



news

Meglio fumare canne che mangiare junk food

Monti inaugura il nuovo stabilimento Barilla La notizia (buona) è che ci sono ancora degli imprenditori nostrani disposti a investire di tasca propria 40 milioni di euro per costruire una nuova fabbrica nel cuore della Food Valley italiana, a Rubbiano in provincia di Parma, e non in Romania o in Cina. E così l’inaugurazione del nuovo Stabilimento Sughi della Barilla si trasforma in un evento, mediatico e politico, che riesce a trascinare in Val Ceno per benedire il nuovo impianto iper-tecnologico e superrispettoso dell’ambiente (-32% di emissioni di CO2 e -47% di consumo di acqua) addirittura il premier Mario Monti. Miracoli della crisi. Quella della multinazionale della pasta è una scelta per molti versi in controtendenza, che punta tutto sul core business del primo piatto all’italiana, investendo in Italia ma guardando estero (all’export è destinato più del 50% della produzione di sughi del nuovo stabilimento) privilegiando la qualità delle materie prime, l’80% delle quali – pomodoro e basilico – arriva dalle provincie di Parma, Reggio Emilia e Modena. «Coltiviamo il futuro, c’è ancora molto da fare ma siamo sulla buona strada – dice il premier Monti – lo sforzo che il Paese ha saputo affrontare è stato grande ma dobbiamo proseguire. Puntando sulla ricerca e sulla tradizione, proprio come intende fare Barilla in questo stabilimento. Solo così possiamo fronteggiare il fenomeno dell’italian sounding e sostenere l’export di prodotti alimentari italiani di fascia medio-alta aumentato, solo nello scorso anno, dal 4,7% al 7,2%».

Meglio farsi una canna che mangiare cibo spazzatura. Sarebbero queste le conclusioni a cui sono giunti, dopo 6 anni, i ricercatori del l’Uk Drug Policy Commission, organismo indipendente guidato da Ruth Runciman. In un rapporto di 173 pagine presentato al governo britannico, Runciman e il suo team, dicono chiaramente che è arrivato il momento di depenalizzare le droghe leggere ponendo sostanziali differenze tra marijuana, cocaina ed eroina. Il messaggio è: «Sono 50 anni che combattiamo battaglie sbagliate. E soprattutto perdenti». Non una questione di salute, per carità, ma di quattrini. Soldi sprecati, secondo il dossier, perché la lotta al consumo di stupefacenti costa alla Gran Bretagna ogni anno circa tre miliardi di sterline. Un fiume di denaro che andrebbe speso meglio, secondo Ruciman. Come? Per promuovere una corretta alimentazione, ad esempio: «In molti casi il consumo di junk food ha effetti peggiori» sia sulla salute delle persone che sulla spesa sanitaria del paese. Peccato che lo studio sia giunto sul tavolo di un governo conservatore che non darà mai credito a certe tesi “rivoluzionarie”.

Roma, flash mob anti Alemanno e “pro panino” Tutto è partito sabato 6 ottobre con un innocuo tamtam su Facebook con lo slogan “Panino is not a crime”. Eppure i partecipanti al Flash Mob Magna Magna, organizzato per protestare contro l’ordinanza “anti-panini in centro storico”, sono stati tutti identificati dalle Forze dell’Ordine come delinquenti comuni. E, in base all’ormai nota ordinanza anti-panino firmata dal sindaco Alemanno lo scorso primo ottobre, rischiano una multa fino a 500 euro. La manifestazione, cui ha partecipato anche il trombettista Roy Paci, è stata ideata come risposta a un’ordinanza che il popolo della Rete definisce «assurda». E così, in Campidoglio si è tenuto il primo Gastro Flash Mob con panini, pizze, gelati generosamente offerti da rosticcerie, ristoranti e panetterie del centro. Altro flash mob alle 17, sempre in centro. Stessa scena, più o meno: bivacchi alla faccia dell’anti bivacco. Poi, in serata, per chiudere in bellezza una braciolata a San Calisto contro chi vuole «fare di Roma una città dei divieti». «Non lasceremo che Trastevere venga ridotta a un immobile museo a cielo aperto», hanno detto i guerrieri del panino in strada.

Milano caccia McDonald’s dalla Galleria in centro, è polemica Era diventato un po’ il simbolo di una Milano-da-bere anni Ottanta tutta paninari, piumini e Timberland. Ma adesso che il Mc Donald’s della Galleria dovrà lasciare la sua storica sede a una griffe dell’alta moda perché sfrattato, è già operazione nostalgia. Il fast-food promette però di vendere cara la pelle e di far causa al Comune di Milano per danni. Danni che la multinazionale ha già quantificato 24 milioni di euro. E intanto martedì 16 ottobre, ultimo giorno d’apertura, per “salutare” l’addio ai “pasti democratici” nel salotto alla moda di Milano ha offerto hamburger, bibite e patatine a più di 5 mila afecionados che sono rimasti per ore in fila pur di accaparrarsi gli ultimi Big Mac di piazza Duomo. «Mi mancherà», «È una vergogna!» i commenti stizziti dei nostalgici teen-age che ricordano già dispiaciuti «Ci vengo da quando ero piccolo!». «Mi spiace che alcune parti che governano la città si dimentichino di sentire i bisogni dei nostri concittadini – ha affermato l’amministratore delegato di McDonald’s, Roberto Masi – per molti dei quali eravamo diventati un punto di riferimento». 14

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news

Vendemmia 2012: stimato un calo dell’8%

La pizza finisce in mezzo al duello Obama-Romney

Per la nuova vendemmia si prevede in Italia un altro record negativo. Il meno 8%, rispetto a un 2011 che aveva già trascinato ai minimi storici la produzione vinicola nazionale, porterebbe il dato di quest’anno sotto la soglia dei 40 milioni di ettolitri. Lo prevedono Ismea e Unione Italiana Vini, evidenziando che la causa principale della riduzione non è stata di natura strutturale, legata cioè alle estirpazioni con premio, ad abbandoni o ad altre misure dell’Ocm, quali la vendemmia verde. Siccità e caldo sono i veri responsabili della scarsità di vino nelle cantine italiane. Con un calendario tornato alla normalità, anche se non sono mancati gli anticipi sicuramente meno significativi rispetto allo scorso anno. Intanto, però, grazie alla ridotta presenza di fitopatie, la qualità delle uve si prospetta dal buono all’ottimo con un grado zuccherino superiore alla media. Bisognerà, a questo punto, vedere come reagirà il mercato visto che la vendemmia non si presenta scarsa solo in Italia. Dopo la flessione produttiva registrata durante la primavera nell’Emisfero Sud, infatti, anche le cantine del Vecchio Continente potrebbero essere tutt’altro che piene.

Tutto fa spettacolo e tutto fa pubblicità: è così da noi, figuriamoci negli States dove le telepromozioni sono nate. E così anche il duello presidenziale Obama-Romney ha rischiato di diventare un mega-spot alla pizza Made in USA per antonomasia: PizzaHut. La famosa catena di “pizzerie” ha infatti offerto una fornitura illimitata di pizza – una teglia formato large alla settimana per 30 anni – o un buono da 15.600 dollari per chi fosse riuscito a fare la fatidica domanda a Romney e Obama – «Sulla pizza è meglio la salsiccia o il “pepperoni” (tipico salame piccante, ndr)?» – nel corso di uno dei tanti faccia a faccia televisivi previsti. Com’è ovvio la trovata di marketing di PizzaHut ha subito scatenato il dibattito negli Stati Uniti tra chi pensa che un confronto tra candidati presidenziali sia una cosa seria, e non meriti di essere banalizzato, e chi invece si è semplicemente fatto due risate. Intanto Pizza Hut si gode il momento di gloria e spera che qualcuno faccia davvero la domanda: la pubblicità sarebbe enorme visto che il primo confronto è stato seguito da 67,2 milioni di americani.

Guerra del pomodoro fra Usa e Messico È finita la tregua, il “patto del pomodoro” non vale più, e Stati Uniti e Messico sono ai ferri corti. Fino a oggi tra le due nazioni si applicava infatti il trattato del 1996 di libero scambio dei paesi del Nord America, stipulato nell’ambito del Nafta, secondo il quale i pomodori messicani potevano superare il confine senza subire dazi e a prezzi bassi. A modificare la situazione ci hanno pensato la crisi e le imminenti elezioni presidenziali. Le difficili condizioni hanno infatti reso la concorrenza messicana insostenibile per i coltivatori della Florida, Stato il cui voto deciderà l’identità del prossimo inquilino della Casa Bianca. Così, il presidente Obama ha dato via libera al Dipartimento di Stato USA, i cui funzionari hanno messo fine ai vecchi accordi: le nuove regole, attive entro 12 mesi, mirano a far aumentare i prezzi dei pomodori messicani, scoraggiandone così l’importazione a vantaggio degli ortaggi nazionali. Per il Messico, però, l’esportazione di pomodori negli Stati Uniti è spina dorsale dell’economia, con un giro d’affari che interessa il 50% delle coltivazioni e tocca quota 13 miliardi di dollari.

Più succo naturale nelle aranciate, la battaglia in Parlamento continua In passato qualcuno ci aveva provato a consentire, ex lege, la possibilità di produrre e vendere sul mercato le “aranciate senza arancia”. Poi le polemiche e l’opportunità politica hanno sconsigliato di proseguire su quella strada. E adesso quel pezzo di agricoltura italiana che invece spinge per difendere l’aranciata naturale può cantare vittoria. Anche se solo a metà, almeno per il momento. La commissione Affari Sociali della Camera dei Deputati ha confermato infatti “l’obbligo” di alzare la soglia del contenuto di succo naturale che deve essere presente nelle aranciate, dall’attuale 12% al 20. Le nuove norme, tuttavia, si applicheranno a distanza di 9 mesi dall’entrata in vigore della legge e previo esito positivo della procedura di notifica all’Unione Europea. «Chi produce bevande analcoliche a base di frutta, dovrà adeguarsi a contenere una percentuale di frutta non inferiore al 20% oppure dovrà cambiare logo e dicitura – ha commentato Paolo Russo, presidente della commissione Agricoltura della Camera – la normativa interessa anche chi produce bibite analcoliche con nomi di fantasia». 16

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CHI AMA L’ECCELLENZA SI RICONOSCE SEMPRE.

Solo latte locale certicato, senza conservanti. La grana di Bella Lodi è da sempre sinonimo di eccellenza. Lavorato ancora oggi secondo la tradizione lodigiana, Bella Lodi è il formaggio stagionato a pasta dura dal sapore inconfondibile, l’unico con la tipica crosta nera. Portalo in tavola nell’innovativa confezione salvafreschezza, o scegli il taglio nel banco gastronomia e prova le irresistibili sfoglie di Raspadura. Bella Lodi: chi lo conosce, si fa sempre riconoscere.

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Da energie rinnovabili


la salute nel piatto a cura della

Fondazione Umberto Veronesi testi di Donatella Barus (giornalista scientifico)

Antiossidanti, la nostra arma di difesa

Cacao: amaro al gusto, dolce per il cuore Non facciamoci prendere dall’entusiasmo. I golosi non si sentano autorizzati ad abbuffarsi di cioccolato, tanto più se al latte o bianco. Detto questo, recenti studi hanno dimostrato come un cioccolatino al giorno possa avere effetti positivi sulla pressione sanguigna, il colesterolo e la salute delle arterie. L’importante è non eccedere e, soprattutto, verificare gli ingredienti

L’allettante notizia arriva dall’altro capo del mondo. Scienziati australiani hanno riconosciuto che un consumo giornaliero e decennale di cioccolato amaro potrebbe ridurre il numero di infarti e ictus in persone a rischio cardiovascolare. Lo studio, descritto sul British Medical Journal, è uno dei tanti che riguarda il filone di ricerca sui potenziali benefici del cacao. Antistress, antinfiammatorio, anticoagulante, benefico per il fegato, contro il colesterolo e il mal di testa. Per verificare alcune delle varie attribuzioni del cioccolato, sono state condotte ampie ricerche con cui gli esperti raccolgono e confrontano i risultati degli studi clinici apparsi fino a quel dato momento. Ne sono state pubblicate almeno 11 negli ultimi 6 anni solo sul cuore e i vasi sanguigni: il consumo di cacao e di cioccolato risulta associato a effetti positivi per la pressione sanguigna, i livelli di colesterolo e la salute delle arterie. «Non è ancora chiaro a cosa si debbano questi risultati», spiega Monica Giroli, biologo nutrizionista, specialista in scienza dell’alimentazione dell’Unità Prevenzione Aterosclerosi del Centro Cardiologico Monzino di Milano: «Pare che i benefici si debbano all’azione antiossidante dei flavonoidi contenuti nel cacao. Ma studi più recenti sottolineano anche il ruolo della teobromina, un alcaloide contenuto nella pianta del cacao (della stessa famiglia è la caffeina) ad azione vaso-

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dilatatrice e cardiostimolante. Quasi tutte le ricerche, però – conclude la Giroli – mostrano un effetto dosedipendente: la misura del beneficio è direttamente proporzionale alla quantità assunta». Gli integratori, infine, non sembrano dare gli stessi esiti di cacao e cioccolato. Via libera alle abbuffate quindi? Non proprio, frena Monica Giroli: «Non ci dimentichiamo che 100 grammi di cioccolato contengono anche 33 grammi di grassi e 500 calorie, nemici della salute del cuore. Consigliare di aumentare il consumo di cioccolato mi pare francamente eccessivo. Semmai, dico ai miei pazienti che amano il cioccolato di continuare a mangiarne (se non hanno problemi di peso o diabete) 10 o 20 grammi al giorno, pari a un quadretto o un cioccolatino». Avvertenze per chi va a fare la spesa: c’è cioccolato e cioccolato. «La preparazione del prodotto incide sulla quantità di flavonoidi e antiossidanti, che nessuna legge impone di mettere in etichetta» spiega la ricercatrice. «Due buoni consigli per i consumatori sono controllare la qualità dei grassi (meglio il solo burro di cacao rispetto ai grassi vegetali che oggi si possono aggiungere al cioccolato) e la percentuale di cacao, che dovrebbe essere almeno al 60-70%». E gli appassionati di cioccolato bianco o al latte si rassegnino: in questo caso la golosità non riceve il conforto della scienza e deve bastare a se stessa.

Ricco di antiossidanti, contrasta la formazione dei radicali liberi. Quante volte abbiamo sentito queste caratteristiche associate ai prodotti alimentari che consumiamo ogni giorno? Nonostante tutto, intuendo il grande beneficio dovuto alla loro assunzione, spesso non conosciamo il reale significato del termine antiossidante. Eppure queste molecole sono fondamentali perché, senza di esse, il nostro corpo subirebbe danni irreparabili. Per comprendere l’importanza degli antiossidanti basti pensare che il nostro corpo, per difendersi, ha sviluppato una serie di complessi meccanismi di produzione di questo genere di molecole. Nonostante tutto l’assunzione attraverso la dieta rimane un punto fondamentale da tenere ben presente. Tra gli antiossidanti più importanti che necessitano di essere regolarmente introdotti ci sono la vitamina C, contenuta in frutta e verdura, la vitamina E, contenuta negli oli vegetali, gli antiossidanti polifenolici come il resveratrolo, contenuti nei frutti e nel vino e infine i carotenoidi, come il licopene, contenuti anch’essi nella verdura. Ultimi, ma non meno importanti, i flavonoidi contenuti nel cioccolato.



di Giuseppe Pulina

scienza e vita

Professore di Zootecnia speciale all’Università di Sassari

Il burro, l’oro dal latte Un’emulsione di minuscole gocce d’acqua disperse nel grasso del latte. Avete mai pensato al burro in questi termini? È solo una questione di prospettiva. Che sarebbe sufficiente cambiare, per rendersi conto di quanto questo prodotto, sempre meno utilizzato per via della sua presunta nocività, sia in realtà un condimento gustoso e soprattutto sano. Per apprezzarlo a pieno, il suggerimento è di assaggiare quello d’alpeggio

Il burro è considerato, assieme e strutto e lardo, un alimento poco salubre, tanto da spingere molti a escluderlo dalla propria dieta. È invalsa nel senso comune la convinzione che questo alimento sia ricco di grassi dannosi e di colesterolo, tali da renderlo particolarmente nocivo per il cuore e il sistema circolatorio. In realtà il burro è un grasso che può contenere elevate quantità di acido oleico e di acidi grassi insaturi in funzione del tipo di alimentazione delle bovine, e rappresenta, se consumato nei dovuto modi e se l’origine del latte è buona, un condimento sano e gustoso. Ci parla di questo prodotto Luca Battaglini, professore ordinario di Zootecnica a Torino e studioso del mondo degli alpeggi. Il burro è un alimento tradizionale delle cucina italiana. Qual è la sua origine? La produzione del burro è uno dei metodi più antichi per la conservazione dei grassi del latte. Si hanno le prime notizie sulla burrificazione per usi alimen20

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tari (ma anche cosmetici, cerimoniali e medici) già 2000 anni a.C., in Asia. La domesticazione dei piccoli ruminanti, avvenuta prima di quella delle specie bovine, fa ritenere che il burro fosse prodotto originariamente con latte di ovini e caprini. Plinio il Vecchio, nella sua opera Naturalis historia, lo cita come “alimento raffinato dei popoli barbari”, e osserva che il suo consumo distingue, in quelle popolazioni, i ricchi dai poveri. Nell’alto medioevo la Chiesa ne proibì il consumo durante i periodi di digiuno e in Quaresima, ma successivamente divenne possibile ottenere, a pagamento, lettere di indulgenza e dispense per poterlo consumare anche durante i periodi proibiti (una delle torri della cattedrale di Rouen è chiamata “la torre del burro” perché fu costruita con i soldi ricavati dalla vendita di tali dispense quaresimali). A quell’epoca, nei Paesi del Sud Europa prevaleva il consumo di olio mentre nel Nord Europa il burro era di uso comune in cucina e, ancora oggi, addizionato di sale, rappresenta uno dei principali condimenti in queste nazioni. Tuttavia, nel primo Novecento uno dei mercati più importanti fu il Sud Italia laddove il burro, prodotto nelle regioni settentrionali, veniva consumato dalle famiglie benestanti che desideravano distinguersi dai meno abbienti, prevalentemente consumatori di olio d’oliva. Insomma, un prodotto antichissimo e distintivo. Ma cos’è tecnicamente il burro? Il burro si prepara dalla crema di latte o panna. Tradizionalmente la crema veniva separata dal latte per affioramento, lasciando cioè alla parte grassa del latte, meno densa, il tempo necessario per affiorare. Nelle latterie si raccoglieva il latte da vari allevamenti, e ciò condizionava in modo sensibile i tempi di affioramento. Durante questo intervallo alcuni batteri entravano in azione, convertendo il lattosio in acido lattico, inacidendo la panna e creando anche molecole associabili all’aroma del burro. Tecnicamente il burro è un’emulsione di minuscole gocce d’acqua disperse nel grasso del latte. La sospensione è favorita dalle sostanze emulsionanti naturalmente presenti nel latte che tengono insieme acqua e grassi. All’interno dell’emulsione sono presenti proteine, prevalentemente caseina, e lattosio. Il Reg. UE 2991/94 riporta che il burro deve contenere almeno l’80% di grassi e al massimo il 16% di acqua. Perciò il burro rientra nella categoria dei grassi alimentari? Sicuro. Il burro in vendita in Italia, infatti, ha tipicamente l’82% di grassi: occorrono in sostanza fino a 25 litri di latte per fare un chilo di burro. Nel latte, e quindi nel burro, si possono trovare centinaia di acidi grassi diversi. I componenti principali sono l’acido oleico e quello palmitico che insieme rappresentano circa il 50% dei lipidi. La percentuale di grassi saturi (rispetto ai grassi totali) è del 70%. Si tratta di


E il burro crudo? È ormai molto raro trovare del burro crudo, preparato cioè a partire da panna non pastorizzata, a causa delle rigide norme igieniche imposte attualmente. Tuttavia, in particolari condizioni e prestando particolare attenzione al processo produttivo, è possibile produrre burro senza pastorizzazione della crema. L’aroma e il gusto di questo prodotto, ormai divenuto una rarità sul mercato, sono ovviamente diversi e, per i buongustai, decisamente migliori di quelli del prodotto derivante dal trattamento termico. Parlando di burro di pregio non si può dimenticare quello di alpeggio… Il burro d’alpeggio è una produzione stagionale estiva delle vallate alpine. Per ottenerlo si burrifica la crema acida ottenuta per affioramento spontaneo del latte di vacca tramite l’uso della zangola. Se sono utilizzati stampi, le forme sono spesso parallelepipedi a sezione rettangolare con peso variabile da 500 gr a 1 kg, oppure tondeggianti a sezione grossolanamente cilindrica. La pasta è di colore giallo-dorato unita e deformabile a temperatura ambiente. Il sapore è piacevolmente aromatico con sentori di erbe di pascoli alpini. Si tratta quindi di un prodotto storico per queste aree? Effettivamente sì. Nel quadro delle economie d’alpeggio di sussistenza, per lungo tempo il burro è stato un prodotto destinato esclusivamente alla vendita, e andava ovviamente smerciato il più rapidamente possibile. Per produrne la massima quantità e ottenere un ricavo monetario indispensabile a comprare il sale, un po’ di farina e a pagare le tasse (comprese quelle di pascolo), il latte

Foto di L. Battaglini

Il burro di alpeggio e quello derivante da bovine alimentate con erba, contiene elevate quantità di acidi grassi insaturi. Il burro è anche un’importante fonte di vitamina A Foto di Marzia Verona

Non sempre si trova del burro giallo. Perché? Il colore del burro può andare dal bianco al giallo e dipende principalmente dall’alimentazione delle vacche. L’alimentazione a base d’erba e foraggi verdi favorisce una più intensa colorazione giallastra dovuta all’elevato contenuto in beta-carotene. Dunque il burro prodotto d’inverno avrà un colore diverso, decisamente più chiaro, biancastro, rispetto al burro prodotto d’estate. Il burro, come il latte, è una fonte importante di vitamina A, con variazioni tra estate e inverno sempre in funzione dell’alimentazione animale.

Foto di Marzia Verona

un valore medio perché la composizione del burro varia moltissimo con la stagione e con il tipo di alimentazione delle vacche. Il burro di alpeggio e quello derivante da bovine alimentate con erba, infatti, contiene elevate quantità di acidi grassi insaturi ad azione nutraceutica fra i quali l’acido linoleico coniugato.

Risalgono alla notte di tempi (2000 anni a.C.) le prime notizie sul burro, prodotto citato da Plinio il Vecchio, nella sua Naturalis historia, come “alimento raffinato dei popoli barbari”, il cui consumo distingueva, in quelle popolazioni, i ricchi dai poveri

veniva spesso scremato all’estremo. È anche utile ricordare che, con l’avvento dell’economia monetaria del XIX secolo, i montanari vennero spinti a scremare, spesso all’estremo, i loro formaggi d’alpeggio al fine di produrre più burro possibile. Si trattava infatti di un prodotto (insieme ai vitelli) oggetto di commercio e da cui dipendevano indispensabili entrate in moneta. La fase di rilevanza del prodotto si è protratta a lungo nel XX secolo fino all’inizio del declino (seconda metà del ’900) legato alla diffusione della margarina e poi alla grande disponibilità di burro di origine industriale di provenienza centro-nord europea. L’ondata igienista, che nel tempo ha progressivamente perso quella esasperazione degli anni ’70, ha però penalizzato la produzione di burro anche più di quella del formaggio che, se stagionato oltre sessanta giorni, è stato meno perseguitato. In questi ultimi anni il burro d’alpeggio, ottenuto da panna di affioramento, è stato però “riabilitato”. Potresti indicarci qualche prelibatezza? Sono interessanti alcune iniziative di valorizzazione del burro d’alpeggio come il Botiro di Primiero di malga, mentre, con la panna, famoso è il dolce Mont Blanc (a base di farina di castagne) e, in Valle d’Aosta, in corrispondenza di certe festività (Sant’Anna, 26 luglio), è possibile provare una crema mista di panna e grappa. novembre 2012

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la pagina verde

a cura di

Fondazione Legambiente Innovazione

La Festa dell’Albero: il futuro è nelle radici Si svolge il 21 novembre l’edizione 2012 della manifestazione che trasforma ogni cittadino in un ambasciatore della natura e lo invita non solo a segnalare aree problematiche o esperienze positive di gestione del verde urbano, ma a rimboccarsi letteralmente le maniche e piantare vite nuove nella terra della propria città

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“Fa più rumore un albero che cade di una foresta che cresce”, dice il proverbio. E noi di Legambiente sogniamo che una foresta possa crescere, silenziosamente, in ogni città. Per questo il 21 novembre organizziamo la Festa dell’Albero durante la quale squadre di volontari grandi e piccini piantano giovani alberi nei giardini delle scuole, nei parchi pubblici, nelle zone degradate per dare una pennellata di verde ai centri urbani. Per renderli più belli e vivibili. Per non dimenticare che gli alberi sono i polmoni del Pianeta e il loro ciclo vitale è indispensabile alla vita. Un’azione concreta per la lotta ai cambiamenti climatici dunque, e, allo stesso tempo, un gesto di coesione sociale per ribadire tutti insieme la voglia di un futuro più verde. Ai cittadini chiediamo di segnalare, oltre alle aree abbandonate, anche le esperienze migliori nella valorizzazione degli spazi verdi, a partire dalle zone dove si stanno svolgendo con successo esperienze di co-gestione del verde urbano affidate a cittadini e associazioni, buone pratiche che possono essere da esempio per altri comuni. Gli appuntamenti della campagna, aperti a tutti, sono pubblicati sul sito di Legambiente. Sono invece de-


Nelle immagini, bambini e adulti all’opera in occasione della passata edizione della Festa dell’Albero

dicati alle scuole due concorsi a tema: il primo, dal titolo “L’albero racconta”, è rivolto ai bambini dai 7 ai 13 anni che vorranno esprimersi con un racconto. Il secondo è un concorso giornalistico, “Storia di un Parco”, aperto ai ragazzi dagli 11 ai 18 anni. L’obiettivo è far sì che ogni ragazzo, ogni bambino, ogni cittadino diventi una sentinella sul degrado delle aree verdi della sua città con articoli e video. Anche i lavori dei vincitori saranno pubblicati sul sito www.legambiente.it

Monumenti naturali Interessante ricordare, in occasione della Festa dell’Albero, il censimento fatto in Italia per individuare gli alberi monumentali, presenze secolari di particolare interesse storico o naturalistico da visitare e ammirare come vere e proprie opere d’arte e testimonianze viventi dello scorrere della storia. L’iniziativa è stata lanciata nell’estate del 1982 ed è stata condotta dal Corpo forestale dello Stato che opera nelle Regioni a Statuto ordinario, e dal personale forestale delle Regioni a Statuto speciale e delle Province autonome di

Trento e Bolzano. Tra le scoperte più curiose (anche se la ricerca è in costante aggiornamento e, parlando di alberi – e quindi di vite in divenire – è possibile che alcuni dati siano nel frattempo cambiati), l’albero considerato il più grande d’Italia, il Castagno dei Cento Cavalli di Sant’Alfio (Ct), o il più alto, per il cui titolo sono in lizza un liriodendro del parco Besana di Sirtori (Co) e una sequoia sempreverde del Parco Burcina di Pollone (Vc), le cui altezze si aggirano sui 50 metri. Ancora più difficile stabilire quale sia l’albero più antico, anche se i riflettori sono puntati su un oleastro di San Baltolu di Luras (Ss) la cui circonferenza è di 11 metri e 80 per un’altezza di 15 metri, misure eccezionali per una specie di lento accrescimento, per raggiungere le quali è stato stimato siano trascorsi millenni. Tra gli alberi storici, ricordiamo gli Alberi della Libertà, piantati dai carbonari nella prima metà del ’900, o il cerro di Vetralla (Vt) ai piedi del quale ogni anno si celebra lo Sposalizio dell’Albero e che, così come la quercia “delle streghe” di Capannori (Lu), è legato a tradizioni popolari avvolte nel mistero.

«Le nostre città sono sempre più soffocate dal cemento e le poche aree verdi presenti sono spesso abbandonate all’incuria. Gli alberi sono il polmone verde della Terra e svolgono un ruolo fondamentale nella prevenzione del dissesto idrogeologico, nel mantenimento degli equilibri del pianeta e per la qualità della vita. Con la Festa dell’Albero vogliamo riprenderci le aree verdi urbane, avviando processi di partecipazione attiva dei cittadini e sensibilizzando le amministrazioni per rendere più verdi e belle le nostre città». (Rossella Muroni, direttore generale di Legambiente)

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almanacco di barbanera

di M. Pia Fanciulli

Sole e Luna Il Sole Il 1° sorge alle 06.33 e tramonta alle 16.54 L’11 sorge alle 06.45 e tramonta alle 16.42 Il 21 sorge alle 06.57 e tramonta alle 16.34 Il 1° novembre si hanno 10 ore e 21 minuti di luce solare, mentre il 30 se ne hanno 9 ore e 22 minuti: si perdono, dall’inizio alla fine del mese, 59 minuti di luce. La Luna Il 1° tramonta alle 08.53 e sorge alle 18.35 L’11 sorge alle 03.37 e tramonta alle 14.57 Il 22 tramonta alle 00.55 e sorge alle 13.15

Annuncio d’inverno Un mese di passaggio, novembre. Tra la voglia di stare in casa e l’allegria della cantina dove si assaggia il vino novello, che scalda il cuore. Mentre i Santi da ricordare annunciano il tempo che sarà

La Luna è all’Apogeo giovedì 1 alle ore 16 e mercoledì 28 alle ore 21. È al Perigeo mercoledì 14 alle ore 11. Luna in viaggio In questo mese i giorni favoriti dalla Luna per gli spostamenti sono: 1, 2, 29 e 30.

Da ricordare Mercoledì 1 novembre – Festa di Ognissanti Quanti significati affidati a questo giorno! Certamente la festa di Ognissanti, o Tutti i Santi, come si è anche soliti dire, è tra le più celebrate del nostro calendario. Ma un tempo aveva anche un significato più terreno, venendo a segnare oltre al momento della festa, quello del lavoro. Tradizione infatti vuole che il 1° novembre si inizi la semina di fave, piselli, agli e cipolle. Non solo, il suo andamento apre una finestra sull’inverno che sarà: “Se il giorno dei Santi il sole ci sta, un buon inverno va”. La festa, che celebra tutti i Santi e i martiri del paradiso, risale alla fine del secolo VIII, quando l’episcopato franco la introdusse al posto dei festeggiamenti per il Capodanno celtico che aveva inizio il 1° novembre. Fu però soltanto nel 1475 che papa Sisto IV la rese obbligatoria per la Chiesa.

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Domenica 11 novembre – San Martino Tra i santi più amati e celebri, San Martino ha senz’altro il suo posto. Popolarissimo e festeggiato un po’ ovunque, fu eletto vescovo di Tours nel 371 ed è ricordato per aver donato in pieno inverno il suo mantello a un mendicante infreddolito. Patrono del vino, degli osti, degli albergatori, dei cavalieri, lo è anche dei… mariti traditi. Sul come lo sia diventato, varie ipotesi. La più accreditata, suggerita anche da alcuni proverbi come “Per San Martino volta e gira tutti i becchi vanno alla fiera”, è quella che collega il Santo a un’importante fiera che nel passato si svolgeva l’11 novembre. Dedicata agli animali muniti di corna, mucche, buoi, tori e capre, avrebbe fatto scattare l’associazione tra gli uomini traditi e gli animali di San Martino. Ma il Santo segna anche un’altra fase importante dell’anno agricolo, quella che ci invita in cantina ad assaggiare il vino novello.


Belli e sani

luna piena

luna nuova ultimo quarto

primo quarto

Orti e dintorni È tempo di mettere al riparo le piante in vaso che hanno trascorso l’estate in giardino o sul balcone. In questo caso bisognerà scegliere un luogo, in casa o altrove, che sia fresco. L’ideale sarebbe disporre di una veranda chiusa da vetrate, ma anche in questo caso bisognerà proteggere dalle gelate le specie più delicate o provenienti da paesi esotici. Basterà foderare il vaso con due strati di tela iuta da legare con uno spago. Si può utilizzare anche il tessuto non tessuto. Quanto ai lavori da fare in giardino è il momento, con la Luna calante (dall’1 al 12 e dal 29 al 30), di raccogliere cavolfiori, broccoli e finocchi. In ambiente protetto seminare lattuga, cicoria, indivia e valerianella. Seminare anche fave, piselli, cipolle e aglio. Nel giardino mettere al riparo gli agrumi e raccoglierne i frutti, lasciandone nel caso dei limoni un paio attaccati alla pianta: serviranno a rivelare quando è il momento di annaffiarla. In crescente (dal 14 al 27), invece, coprire le specie sensibili al freddo con del tessuto non tessuto, facendo attenzione che non aderisca alle foglie. Terminare la messa a dimora dei bulbi a fioritura primaverile. Nell’orto forzare i radicchi per l’imbianchitura. Legare e fasciare i cardi con della carta spessa affinché imbianchino e non gelino.

Quando freddo e stress mettono a dura prova l’organismo, non va dimenticato il miele, prezioso alleato della salute, specie di castagno, rosmarino e eucalipto. Esiste poi una categoria di erbe molto importanti chiamate adattogeni, che danno una mano per superare periodi di particolare impegno e stanchezza. Tra queste il vischio, la rhodiola rosea che stimola la vivacità intellettuale, o il ginseng siberiano, valido aiuto se si è avanti negli anni; per la sua efficacia contro stress psicofisico e malattie, i Tartari ne masticavano le radici durante i faticosi spostamenti a cavallo. Sono erbe che si trovano in farmacia o erboristeria, ma per la posologia è meglio chiedere al medico. Non è raro che in questo periodo dell’anno si aggiunga al freddo anche l’umidità, che non giova alla salute e nemmeno agli ambienti. È probabile quindi che si debba contrastare la comparsa di muffe qua e là: sulle pareti, sui mobili… Una presenza fastidiosa che può alla lunga indebolire, soprattutto nei bambini, le difese immunitarie. Necessaria quindi una bonifica – a titolo preventivo – dello spazio in cui vivono: un’accurata pulizia con alcol denaturato laddove le muffe compaiono annullerà l’effetto indesiderato. Con il freddo ci si rintana in casa. Niente di più sbagliato, per tutti, ma soprattutto per le persone in là con gli anni. Bisognerà ovviamente evitare le giornate più fredde, ma passeggiare di buon passo in campagna o nel parco della città, per almeno 40 minuti al giorno, sarà la più sicura terapia per contrastare la vecchiaia e fortificare il cuore.

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• Per San Martino, si lascia l’acqua e si beve il vino.

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• Nebbia alla valle, pioggia alle spalle.

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Saggezza popolare Saggezza popolare • Il tempo dei Santi è come quello di Natale. • Valenti o stolti, pace ai sepolti. • Novembre bello o brutto in campagna muore tutto. • L’estate di San Martino (11 novembre), dura tre giorni e un pochino.

• Per San Clemente (23 novembre) l’inverno mette un dente. • Tempo d’Avvento: pioggia, neve e vento. • Per Santa Caterina (25 novembre), tira fuori la fascina. • Se la canna fa il pennacchio, molta neve e ghiaccio.

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di Gilda Ciaruffoli

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Trentino-Alto Adige Merano,Mecca dell’enologia

Le sale del Kurhaus, e le tensostrutture appositamente realizzate sulle rive del fiume Passirio, ospitano le migliori aziende vinicole italiane e francesi, e al loro fianco i produttori dei Paesi emergenti come gli Stai Uniti, l’Australia e alcuni stati del Sud America, nonché migliaia di eno-appassionati, in occasione del Merano Wine Festival. Oltre 750 i produttori pronti a soddisfare le richieste di coloro che non vorranno perdersi questo fine settimana alla scoperta della più alta e ricercata produzione di vini al mondo. 9-11 novembre, Merano (Bz) - Info: www.meranwinefestival.com

Umbria Per cercatori di “oro verde” Torna Festivol, appuntamento che celebra l’olio nuovo e la prima spremitura. Il centro storico della cittadina umbra è anche quest’anno il palcoscenico di degustazioni, visite ai frantoi, mercatini che hanno come unico protagonista il prezioso “oro verde”. Tanti anche gli eventi collaterali, dai concerti per le vie di Trevi al mercatino delle pulci, dal trekking urbano e naturalistico a piedi o a cavallo alla raccolta delle olive, dalle visite guidate per la città ai concerti a cielo aperto in contesti d’eccezione come Villa Fabbri. 3-4 novembre, Trevi (Pg) Info: www.festivol.it www.frantoiaperti.net

Marche Scaglie di tartufo, sorsi di vino Per la 47esima Fiera Nazionale del Tartufo di Acqualagna, come di consueto, l’intera cittadina si trasforma in un vivace mercato, con la piazza principale che ospita gli stand dei commercianti di tartufo fresco, anima storica della festa, e il Palatartufo, uno spazio di 4 mila mq dedicato a degustazioni e acquisti di artigianato locale. Anche quest’anno alla manifestazione sono presenti tutte le denominazioni d’origine del consorzio vini IMT a sottolineare il binomio “vino e tartufo”, eccellenze della regione. La presenza dei vini marchigiani prevede molteplici attività e diverse modalità di approccio: dal semplice assaggio alle degustazioni professionali guidate da esperti, per dar modo a tutti di assaporare al meglio le produzioni più significative del territorio. 1-4 e 10-11 novembre, Acqualagna (PU) - Info: www.acqualagna.com - www.imtdoc.it

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Toscana A lezione di dolcezza

Il calendario della 7a edizione di Dolcemente Pisa è fitto di appuntamenti, degustazioni, dimostrazioni e laboratori per approfondire nel modo più gustoso possibile i segreti dell’arte pasticcera. Ma non solo. Tutti gli appassionati del cake design potranno misurare la propria creatività partecipando a laboratori e dimostrazioni per imparare a decorare torte, cupcakes e biscotti. Completano il programma i tornei di lancio del panforte, le presentazioni di libri a tema, i giochi e i laboratori creativi, il concorso fotografico Scatto goloso e le performance di live painting Dolci fantasie. Tra le presenze illustri, quella di Gualtiero Marchesi. 3-4 novembre, Pisa Info: www.dolcementepisa.it Foto di Patrizia Foresta

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Marche Un evento Doc,tutto da bere

Lunghe pareti di grappoli d’uva appesi, storie che raccontano l’antica arte della vinificazione, una cittadina che si copre dei colori dell’autunno e degli aromi intensi di vini pregiati.Tutto questo è Appassimenti aperti, tradizionale appuntamento enologico dedicato alla valorizzazione della Vernaccia di Serrapetrona Docg e del Serrapetrona Doc, ospitato nel cuore del Maceratese. Due le giornate per narrare un legame profondo tra il territorio e uno dei suoi prodotti simbolo, in un’atmosfera che cala il visitatore direttamente nei luoghi della lavorazione dei vini, le cantine, aperte per l’occasione. 11 e 18 novembre, Serrapetrona (Mc) - Info: www.appassimentiaperti.it

Emilia-Romagna Shopping vintage e di design Mobili e arredi d’autore, abiti e accessori direttamente dall’America degli anni 50, ma anche pezzi da museo e quelli più recenti di art decò. L’edizione 2012 di 7.8.900 Antiques & Co, in programma a ModenaFiere, raddoppia quest’anno i giorni di apertura e propone due eventi speciali: il Temporary Stock Design (17-18 novembre), nuova area dedicata a mobilio e complementi d’arredo firmati dai maestri del design, e l’American Vintage Fest (24-25 novembre), un weekend all’insegna della cultura americana degli anni 40 e 50 tra vintage, auto, moto, vinili, jukebox, moda e lifestyle retrò. Quattrocento gli antiquari italiani e stranieri presenti. 17-18 e 24-25 novembre, Modena - Info: www.7-8novecento.it

Liguria Quale sarà il miglior uliveto? OliOliva è l’evento principe dell’autunno ligure, una manifestazione in grado di calamitare in tre giorni oltre duecento espositori e migliaia di visitatori. Tra gli ospiti e le novità dell’edizione 2012, la presenza della Regione Sardegna con la Camera di Commercio di Cagliari, la seconda edizione della “10 Km OliOliva” che quest’anno è gemellata con il Principato di Monaco, eventi musicali serali e la partecipazione delle delegazioni straniere attraverso il Convegno Internazionale dedicato alla valorizzazione del Riconoscimento Unesco della Dieta Mediterranea, nonché il ritorno del Premio Miglior Uliveto. Ampio spazio è dedicato alle degustazioni e ai prodotti di nicchia. 16-18 novembre, Oneglia (Im) - Info: www.olioliva.tv

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Lombardia Una città invasa daltorrone

Cremona torna a stuzzicare la curiosità e la voglia di divertimento di tutti i golosi, e non solo, in occasione della Festa del Torrone. Le strade e le piazze della città si riempiono per l’occasione di spettacoli, ospiti illustri, eventi e prelibate degustazioni in onore del tipico dolce. Il tema attorno al quale ruota quest’anno la grande festa è la dolcezza, sinonimo certamente di torrone, ma non solo: dolce e generoso è infatti anche il territorio in cui Cremona è immersa, come dolce è la città stessa coi suoi scorci emozionanti e il nobile ed elegante centro storico. 16-18 novembre, Cremona Info: www.festadeltorronecremona.it



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Marche Inviaggio nella memoria

Nel cuore della terra del Verdicchio, si tiene la 16esima edizione della Festa della Cicerchia. Coltivata con tecniche a basso impatto ambientale, l’antico legume è oggi al centro dell’attenzione di gastronomi, ristoratori e amanti della buona tavola, desiderosi di riscoprirne il suo semplice ma ricco sapore, che ben si presta a innumerevoli ricette (come la zuppa di cicerchia, in foto). La festa si svolge nel centro storico di Serra de’ Conti, all’interno delle mura medievali, e si snoda lungo tutte le vie, i vicoli e le piazze del paese, illuminate per l’occasione da ceri e foconi. 23-25 novembre, Serra de’ Conti (An) - Info: www.cicerchiadiserradeconti.it

Campania Un castello di regali Nella suggestiva cornice del Castello di Limatola il Natale arriva in anticipo grazie al mercatino organizzato nelle sue sale in occasione di Cadeaux al Castello. In esposizione, in un contesto magico, i prodotti frutto delle tradizioni artistiche, artigianali ed enogastronomiche del territorio. L’occasione è dunque ottima per anticipare gli acuiti natalizi ma anche per scoprire uno storico maniero fortificato quasi millenario che si erge su un’altura aprendosi a un panorama incredibile, le cui mura hanno custodito le vicende delle famiglie degli Angioini, Aragonesi, Sanseverino, fino al soggiorno di Garibaldi. 23 novembre-8 dicembre, Limatola (Bn) - Info: www.castellodilimatola.net

Trentino-Alto Adige nel bicchiere SOLTANTO IL MEGLIO Degustazione esclusiva presso il Parkhotel Laurin di Bolzano. Una festa del vino nel corso della quale, bicchiere alla mano, si celebra il meglio della viticoltura altoatesina. È Top of Vini Alto Adige che, per il secondo anno consecutivo, riunisce in un’unica occasione tutti i vini che hanno ricevuto i massimi attestati dalle guide enologiche 2013. Per facilitare l’assaggio, le bottiglie sono suddivise per varietà e affidate alle cure dei sommelier dell’Alto Adige. La manifestazione si svolge dalle ore 14 alle 21 e il costo del biglietto d’ingresso è di 20 euro. 23 novembre, Bolzano Info: www.vinialtoadige.com

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Emilia-Romagna Olio sì,ma non solo

La cittadina di Brisighella, splendido borgo medioevale sulle colline delle Terre di Faenza, è conosciuta da tutti i buongustai d’Italia per le prelibatezze gastronomiche che la caratterizzano. Il celebre olio Brisighello Dop, in primo luogo, che con l’ulivo viene festeggiato in occasione di una sagra durante la quale è possibile degustarlo e acquistarlo, accanto alla selezione varietale Nobil Drupa, al Brisighella Dop e al tipico Pieve di Tho. Ma non solo. Il borgo infatti viene animato durante tutto l’arco del mese da diverse manifestazione: la Sagra del porcello (il 4) la Sagra della pera volpina e del formaggio “stagionato” (l’11) e la Sagra del tartufo (il 18). 25 novembre, Brisighella (Ra) Info: www.brisighella.org



appuntamenti

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Trentino-Alto Adige Un gustosoanticipo di Natale

Profumo di cannella e spezie, o di dolci fatti in casa. La calda luce delle casette di legno e degli alberi di Natale addobbati.Tornano i mercatini di Natale di Merano e cambiano volto, grazie a un nuovo percorso movimentato e suggestivo, senza cambiare l’atmosfera festosa che caratterizza da sempre questo appuntamento prenatalizio. Ricche come sempre di prodotti tipici della gastronomia e dell’artigianato locale, anche le tipiche casette in legno. Da non perdere un salto alle Kugln Terme di Piazza Terme, sfere natalizie adibite a punto ristoro che ospitano fino a 10 persone, dove gustare specialità locali. 29 novembre -6 gennaio, Merano (Bz) Info: www.nataleamerano.it

Campania Questa è proprio una bufala! Presso il grande spazio fieristico del Centro Agroalimentare di Salerno si festeggia la Mozzarella di Bufala Campana Dop con un ricco programma di degustazioni, ma non solo. È infatti possibile assaggiare i prodotti tipici della dieta Mediterranea e partecipare a show cooking, laboratori di cucina, incontri di educazione alimentare per ragazzi e convegni, il tutto inserito in un percorso che da Salerno si snoda verso Paestum, alla riscoperta della storia e dell’archeologia di una terra senza tempo. 29 novembre – 2 dicembre, Salerno Info: www.salonedellamozzarella.it

Toscana Cinghiale per tutti Manifestazione storica, la Sagra del Cinghiale di Suvereto si svolge tra i vicoli e le piazzette bel borgo medievale toscano, dove passeggiare assaggiando le specialità locali, a base di cinghiale, ma non solo – come salciccia, bistecche e fette di polenta arrostita –, e divertirsi ascoltando le musiche e guardando gli spettacoli degli artisti di strada, e incontrando figuranti in costume protagonisti di rievocazioni storiche. 25 novembre-9 dicembre, Suvereto (Li) Info: www.suvereto.net

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Sardegna In maschera per Sant’Andria

Tradizione suggestiva e misteriosa, la notte di Sant’Andria si festeggia in questo borgo sardo da secoli ed è legata all’antico culto di Bacco, chiamato in sardo proprio Sant’Andria. Momento clou della serata la processione dei bambini mascherati con zucche intagliate e indossate a mo’ di maschera, un’arte, quella dell’intaglio, da sempre tramandata di padre in figlio. A fine serata, le zucche vengono distrutte e si festeggia in piazza tutti insieme bevendo vino e mangiando castagne. 30 novembre, Bono (Ss) Info: www.provincia.sassari.it


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appuntamenti in breve

1 Sagra della castagna

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La festa che celebra il frutto della terra calabrese si svolge nel contesto del Parco Nazionale della Sila. 1 novembre, Savelli (Kr) – Calabria Info: www.crotoneturismo.it

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16 14

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2 Mostra Mercato del Tartufo Bianco pregiato Manifestazione dedicata alla rinomata specialità locale. 1 e 4 novembre, San Pietro Avellana – Molise Info: www.sanpietroturismo.it

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5 Frantoi aperti Iniziativa dedicata alla valorizzazione dell’Olio Dop Umbria. L’intero territorio delle Province di Perugia e Terni è la location d’eccellenza per i sei fine settimana dedicati al prezioso prodotto enogastronomico. 1 novembre-9 dicembre, località varie Umbria Info: www.frantoiaperti.net

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3 Sagra della ciuìga

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In uno dei Borghi più belli d’Italia trentini è tempo di ciuìga, il salamino alle rape oggi presidio Slow Food. In programma degustazioni, menu a tema e spettacoli di strada. 1-4 novembre, San Lorenzo in Banale (Tn) – Trentino-Alto Adige Info: www.visittrentino.it

8 Biennale Enogastronomica Mercati, degustazioni, incontri, foodshow, spettacoli, itinerari del gusto, aperitivi, nei ristoranti e nei palazzi storici di Firenze, con un occhio attento alla solidarietà. 3-18 novembre, Firenze – Toscana Info: www.biennaleenogastronomica.it

4 Sagra della castagna Manifestazione storica animata da musica e folklore locale. 1-4 novembre, Sante Marie (Aq) - Abruzzo Info: www.prolocosantemarie.it

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6 Torgnon d’outon Sagra gastronomica con mercatino. Tra le specialità proposte le patate di montagna e la fontina d‘alpeggio. 2-4 novembre, Torgnon (Ao) Valle d’Aosta Info: www.torgnon.net 7 November Porc… Speriamo ci sia la nebbia Il maiale e i suoi derivati celebrati in ogni possibile declinazione. 3-4, 10-11, 17-18, 24-25 novembre, località varie – Emilia-Romagna Info: www.novemberporc.com

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9 Grande festa della tammorra
 Manifestazione al suono di tammurriate, pizziche, tarantelle. 9-10 novembre, San Giuseppe Vesuviano (Na) – Campania www.comune.sangiuseppevesuviano.na.it


10 Direzione Bio
 In esposizione prodotti biologici, certificati, a Km 0. 9-11 novembre, Barcellona Pozzo di Gotto (Me) – Sicilia Info: www.direzionebio.it

12 Critical Wine

19 Ovada Vino & Tartufi

Piccoli produttori “critici” in mostra. 9-11 novembre, Genova – Liguria Info: www.criticalwinegenova.org

Mostra mercato dedicata ai vini dell’Alto Monferrato e al famoso tartufo bianco, con degustazioni di prodotti tipici e menù dedicati nei ristoranti della zona. 11 novembre, Ovada (Al) – Piemonte Info: www.comune.ovada.al.it

13 Rassegna vini novelli Il borgo ospita la menifestazione nel centro storico, dove sono allestiti stand dedicati alle cantine partecipanti. 9-11 novembre, Milis – Sardegna Info: www.vininovelli.it 14 Festa del Radicchio Rosso di Treviso Occasione per assaggiare il prodotto Igp e scoprire i suoi utilizzi in cucina. 9-25 novembre, Rio San Martino di Scorzè (Ve) – Veneto Info: www.prolocoscorze.it

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11 Mostra Mercato Nazionale

15 Bacco nelle gnostre

del Tartufo Manifestazione che si svolge nel borgo medievale e nel Parco Commerciale Naturale di Fabro Scalo. 9-11 novembre Fabro (Tr) - Umbria Info: www.comune.fabro.tr.it

Gastronomia, caldarroste e vino ma anche spettacoli e concerti per le vie del borgo. 10-11 novembre, Noci (Ba) – Puglia Info: www.bacconellegnostre.it

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16 San Martino tra i sapori d’autunno La manifestazione promuove i prodotti tipici autunnali della Marca Trevigiana, in particolare il kiwi. 10-11 novembre, Paese (Tv) - Veneto Info: www.prolocopaese.it

20 Cioccolato a Palazzo Evento dedicato al cioccolato e ai migliori artigiani del settore della Liguria, con corsi, incontri e degustazioni. 11 novembre, Genova – Liguria Info: www.liguriastyle.it

21 Festa della polenta
 Degustazione della tipica polenta larianese. 15-18 novembre, Lariano (Rm) – Lazio Info: www.comune.lariano.rm.it

22 Enologica Salone del vino e del prodotto tipico. 16-18 novembre, Faenza (Ra) Emilia-Romagna Info: www.enologica.org

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1 17 Fiera di San Martino

23 Golosaria Rassegna di cultura e gusto che si svolge quest’anno all’interno degli oltre 4 mila metri espositivi di Palazzo del Ghiaccio e Frigoriferi milanesi. 17-19 novembre, Milano – Lombardia Info: www.golosaria.it

Manifestazione storica con mercatino di artigianato e gastronomia locale. 10-11 novembre, Grottammare (Ap) – Marche Info: www.comune.grottammare.ap.it

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18 Tuttomele Tra gli appuntamenti: mostre sulla frutticoltura, esposizione di prodotti tipici e la settimana gastronomica della mela, durante la quale ristoranti e agriturismi propongono menù a tema. 10-18 novembre, Cavour (To) – Piemonte Info: www.cavour.info

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Panorama pag. 40

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Storie dall’Italia che merita: l’azienda agricola Salcheto Buono ed ecosostenibile? Si può! Scoprite il vino della prima cantina italiana carbon free

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Storie dall’Italia che merita: il Pecorino di Monte Poro Un formaggio calabrese dalla storia antica riscoperto da un giovane casaro di talento

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Storie dall’Italia che merita: il cuoco Giuseppe Iannotti Ha appena 30 anni ma gli sono bastati per farsi eleggere “chef emergente dell’anno”

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Il personaggio del mese: Gianni Zonin Intervista esclusiva al patron dell’azienda vinicola che è un simbolo dell’italian wine

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storie dall’Italia che merita Toscana

Montepulciano

Quel vino Nobile, dal cuore verde... La cantina “green” si è materializzata nelle menti di coloro che l’hanno poi effettivamente costruita tre anni fa, quando Michele Manelli, presidente dell’Azienda Agricola Salcheto, pensò a un luogo ideale in cui produrre vino riducendo al minimo l’impatto ambientale. Sembrava una scommessa ambiziosa, un progetto difficile in così breve tempo, ma l’impegno e la costanza hanno premiato il giovane imprenditore. Con il coinvolgimento delle istituzioni, del mondo universitario e di imprese pubbliche e private, in quello definito da tutti coloro che ci lavorano un laboratorio aperto e in continuo mo-

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vimento, in tempi record è stata costruita la cantina, oggi completamente funzionante. Questo progetto è il risultato di uno studio volto a creare la “cantina ideale” per la lavorazione del Sangiovese, ma anche un perfetto edificio ecologico, che ha permesso all’azienda di diventare il primo sistema “staccabile” dalla rete energetica (sistema così detto off-grid) e la più importante icona della green economy del vino. E questo sembra essere solamente un punto di partenza.

Verso l’etichetta ambientale L’azienda ha elaborato, infatti, un com-

Non è il sogno di un vignaiolo, ma il risultato ottenuto dall’azienda agricola Salcheto, con la realizzazione della prima cantina “carbon free”. Ecosostenibile, immersa nella campagna toscana, totalmente scollegata dalla rete energetica nazionale e soprattutto capace di produrre ottimi vini, utilizzando solo energia naturale: dalla vinificazione fino all’imbottigliamento e alla distribuzione di Rosalia Imperato

plesso studio del suo intero processo, dalla fornitura di materia prima fino alla consegna del prodotto finito, contabilizzando tutte le emissioni di CO2 dirette e indirette. Il risultato è stata la prima Carbon Footprint (impronta carbonica) di una bottiglia di vino in Europa, messa a punto grazie al lavoro di un gruppo di ricerca stabile e organizzato, il Gruppo di Lavoro Salcheto Carbon Free, il cui obiettivo è promuovere l’etica ambientale nel settore vitivinicolo con riferimento all’efficienza energetica e alla definizione di strumenti di misura dell’impatto ambientale. Si tratta del primo caso di Carbon Footprint del


In apertura, Michele Manelli, presidente dell’Azienda Agricola Salcheto. In questa pagina, dall’alto, la Tinaia del Salcheto e la grande terrazza dove si conclude la vendemmia e si degustano i vini

Le norme ISO 14064 hanno lo scopo principale di apportare credibilità e garanzia ai processi di rendicontazione e monitoraggio dei GHG (greenhouse gases), in relazione alle dichiarazioni di emissione da parte delle organizzazioni e dei progetti di riduzione delle stesse.

vino a essere certificata nell’ambito di un inventario dei gas climalteranti basato sullo standard ISO 14064: la ricerca ha evidenziato che a ogni bottiglia da 750 ml corrispondono 2,02 kg di CO2 equivalente, un risultato che costituisce un primo benchmark per l’intero settore.

Da Montepulciano a Tokio passando per San Francisco

dove&come Azienda Agricola Salcheto Via di Villa Bianca, 15 53045 Montepulciano (SI) Tel. 0578 799031 www.salcheto.it

Ma quanto impatta sull’ambiente una bottiglia di vino Nobile di Montepulciano bevuta a Shanghai? E se si brindasse a Sidney? E se il vino fosse bevuto in Brasile? L’ultima trovata dell’azienda Salcheto riguarda il consumatore. Grazie a un calcolatore di CO2 , uno strumen-

to semplice e veloce da utilizzare, il consumatore consapevole o semplicemente curioso, in qualsiasi parte del mondo si trovi può calcolare quanto impatta sull’ambiente brindare con un vino Nobile, e decidere di conseguenza di mettere in campo delle azioni per neutralizzare le emissioni di gas climalteranti generate dalla bottiglia. Il Calcolatore è facile da utilizzare: collegandosi a internet tramite una web-tag sull’etichetta, leggibile da qualsiasi smartphone, si accede al calcolatore che indicherà al consumatore la quantità di emissioni conseguenti il consumo di quella bottiglia in quel luogo. Prima assoluta nel suo genere, questa funzionalità dinamica che si basa su di un database di calcolo certificato da CSQA e Valoritalia in base alla norma ISO 14064, è il fulcro innovativo del progetto e rappresenta la vera prospettiva di crescita socio-culturale verso i temi delle emissioni gas serra. L’utente potrà toccare con mano quanto le sue scelte di consumo, influenzando i flussi commerciali, pesino in maniera diversa sull’ambiente: oltre all’indice di produzione, l’utente vedrà apparire il peso della distribuzione direttamente dall’etichetta del prodotto. «Nella nostro filosofia – dichiara Michele Manelli – rientra la volontà di porre l’azienda al centro di un progetto fortemente ambientalista. Il calcolatore rappresenta quindi solo un altro step del nostro impegno nei confronti dell’ambiente e della società. Con il calcolatore abbiamo voluto creare un rapporto diretto con il consumatore, l’ultimo utente del nostro prodotto, ma il più importante. Attraverso il calcolatore abbiamo voluto far riflettere i fruitori delle nostre bottiglie su come, attraverso le loro scelte, siano in grado di influenzare il sistema». L’azienda Salcheto, e Michele Manelli in primis, attraverso queste iniziative e tutte quelle in procinto di essere realizzate, ha creduto fortemente nell’opportunità di bere un vino di qualità riducendo al minimo l’impatto ambientale. Non ci resta dunque che aspettare le prossime iniziative di questo giovane e innovativo imprenditore del vino.

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storie dall’Italia che merita

Calabria

Un pecorino da 110 e lode Rosario Pochiero ci racconta la sua storia e la sua esperienza di casaro, grazie alla quale ha dato vita a un formaggio realizzato come natura e tradizione vuole e incoronato dalla Guida del Gambero Rosso tra i 17 formaggi italiani “fuoriclasse” del 2012 di Francesco Condoluci

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Monte Poro

La strada sale su, sfilando lenta in mezzo a smisurate distese di ulivi che, carichi di anni e d’imponenza, sembrano usciti dritti da un poema d’Omero. Sono i custodi silenziosi – qui come ovunque, nella terra che fu Magna Grecia – di questo assolato crinale che si lascia alle spalle la provincia di Reggio Calabria per introdurci nel Vibonese. Da quassù, volgendo lo sguardo a occidente, sullo sfondo di queste alture sinuose ed eternamente arse da un sole impietoso, si ri-


escono a scorgere in lontananza anche le verdi acque del Tirreno. Il cartello, a un certo punto, indica “località la Tranquilla”. Nomen omen. Svoltando a destra e abbandonando l’asfalto della statale 18, ci attende un sentiero sterrato e costeggiato da rigogliosi agrumeti e pasture profumate in mezzo al quale, in effetti, si sente solo il rumore leggero del vento e il tubare dei colombacci in viaggio verso l’Aspromonte. Il resto è quiete assoluta e pace dell’anima e odori campestri che sanno d’antico.

«Io sono solo un pastore…» È in mezzo a questo bucolico silenzio che stagiona con calma – preparandosi a disegnare in bocca sopraffine parabole di gusto – il formaggio che ci ha spinti a venire fin qui, in questa solitaria, sonnacchiosa contrada calabrese aggrappata al versante est di Monte Poro, un altopiano sollevato dal mare di appena 700 metri ma che si sente “montagna” forse perché, nei secoli, ha dato i natali a filosofi come Pasquale Galluppi e a nobili stirpi di religiosi. Qui, sul Poro, l’aria è incontaminata e le pecore scorrazzano libere di pascolare con appetito le erbe aromatiche che vi crescono prospere, lontane da pesticidi e affini. Il tempo scorre ancora secondo ritmi ancestrali legati alla natura, e anche gli uomini sembrano uguali a quelli una volta: schivi, laboriosi, dediti alla famiglia e alla loro terra. Rosario Pochiero è uno di questi, malgrado sia poco più che un ragazzo. A diventare uomo, d’altronde, ha dovuto fare in fretta: il papà (pastore di lungo corso come lo furono suo padre e suo nonno) è mancato una decina d’anni fa e Rosario, assieme al fratello minore, s’è visto costretto, appena ventenne, a prendere in mano le redini del caseificio. Ci aspetta ritto in piedi, con un’espressione seria dipinta sul volto, poggiato alla cancellata che fa da ingresso all’azienda di famiglia che, in omaggio al luogo in cui sorge, si chiama La Tranquilla. Di primo acchito si schermisce davanti al taccuino e alla fotocamera: «Ma davvero siete venuti a intervistare proprio me? Io sono solo un pastore». Già, un pastore ma – lo scopriamo presto – che in realtà è (anche) un quasi avvocato. Per la laurea in legge gli mancano pochi esami: «Purtroppo, dopo la scomparsa di mio padre – ci spiega Rosario – io e mio fratello abbiamo dovuto accantonare gli studi, ma prima o poi la pren-

In apertura, le mani di Rosario Pochiero ci mostrano il frutto del suo lavoro, una forma di Pecorino. Qui, in alto, un sentiero di Monte Poro e, sotto, la stalla che ospita il gregge dell’azienda La Tranquilla

derò, questa benedetta laurea». Nel frattempo però, la corona d’alloro se l’è guadagnata con il suo talento di “casaro” che, giusto pochi mesi fa, lo ha fatto assurgere al rango di quei produttori caseari italiani che firmano eccellenze mondiali della gastronomia come Parmigiano, Caciocavallo Podolico, Asiago e Mozzarella di bufala Dop. La Guida tematica del Gambero Rosso di quest’anno ha incoronato infatti il suo Pecorino di Monte Poro

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storie dall’Italia che merita

«Da noi l’allevamento ovino si pratica da sempre allo stato brado. È questo il segreto del nostro Pecorino: una sana alimentazione del gregge assieme a gesti misurati frutto di una tecnica antica»

Rosario Pochiero si occupa dell’Azienda di famiglia, La Tranquilla, fin da ragazzo. Due gli obiettivi nel suo futuro: terminare gli studi in Legge e far scoprire al mondo intero il suo Pecorino

dove&come Azienda Agricola La Tranquilla contrada Piana La Tranquilla San Calogero (Vv) www.caseificiolatranquilla.it

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tra i 17 formaggi italiani “fuoriclasse”, premiando la bontà, l’equilibrio e l’eleganza di questo prodotto che nasce da una tradizione calabrese ultracentenaria, immortalata nel 1571 anche dal trattato De antiquitate et situ Calabriae (la prima storia sulla Calabria) in cui l’autore, il sacerdote Gabriele Barrio, parla di “un buon cascio (formaggio) di cui si ha stima in tutte le parti d’Italia”.

Un lavoro lento, secondo natura Nel parlare del “suo” Pecorino, Rosario Pochiero vince ogni residuo di timidezza e tira fuori tutta la sua passione di straordinario artigiano dei formag-

gi: «Qui su Monte Poro – racconta – l’allevamento ovino si pratica da sempre allo stato brado:è questo il segreto del nostro Pecorino, non ci sono ricette misteriose. La bontà e la fragranza di questo formaggio è la sintesi di un processo naturale che ha i suoi punti di forza nella sana alimentazione del gregge e nella trasformazione a crudo del latte. Le nostre pecore, che accudiamo come fossero persone, sono sottoposte a continui controlli sanitari e sono libere di pascolare qui nella contrada La Tranquilla. All’alba, dopo la prima mungitura, il gregge va al pascolo e la sera rientra per essere munto di nuovo. Io e mio fratello Gaetano seguiamo personalmente ogni dettaglio, dal pascolo fino all’affinamento del pecorino». Per spiegarci come si produce questo esaltante formaggio che, a seconda della stagionatura, è capace di sprigionare aromi ora delicati ora più sapidi e piccanti, Rosario ci fa strada nel caseificio che, tuttora in fase di ampliamento, si appresta a diventare una moderna struttura dotata di mungitrice meccanizzata e ricoveri ancora più confortevoli per gli animali. L’azienda è all’avanguardia, ma la tecnica artigianale è antica, e i gesti lenti, sapienti e misurati come quelli dei casari di una volta.Il latte delle pecore si fa coagulare con caglio di capretto prodotto sempre qui alla Tranquilla. Quindi la cagliata viene rotta e separata dal siero e la massa casearia pressata con le mani e salata a secco. La stagionatura, come detto, è variabile: così il pecorino del Monte Poro che ha stregato anche gli esperti del Gambero Rosso, può essere di crosta giallo paglierino e dolce al palato se poco stagionato, oppure a crosta spessa, tendente al rossiccio e con pasta grassa e sapori pungenti di fiori selvatici quando invece viene lasciato invecchiare. I Pochiero, di questo pecorino “da 110 e lode” riescono a produrne appena cinquanta kg al giorno.«Diciamo che oggi, anche per via della lavorazione rigorosamente artigianale, è un prodotto un po’ esclusivo – chiosa Rosario – ma ci stiamo attrezzando per aumentare la produzione e distribuirlo anche sui mercati nazionali del Nord». Per adesso insomma, la laurea,quella in legge almeno,può aspettare.Del resto, la causa è nobile: c’è un Pecorino di Monte Poro da far scoprire al mondo.

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Questi prodotti nascono nel rispetto della natura e per l’amore verso la terra di Lucania. La nostra pasta biologica nasce dalla cultura antica dei maestri pastai lucani, dall’impegno instancabile dei contadini che lavorano la terra con procedimenti che salvaguardano l’antica tradizione. C’è un colore che sorge col sole, cresce sulla terra e sboccia sulla tavola: è il colore del nostro grano! La Pasta di Carlo Olivieri si presenta con tutta la sua genuinità ai palati più raffinati, che potranno apprezzarne il gusto genuino. Our products are born from the combination of great respect for nature and love towards Lucania’s land. Our organic pasta is produced using the traditional knowledge of master pasta makers from Lucania. The dedicated work of our farmers was allowed us to preserve this ancient tradition.

S.A.MA. srl - Matera (MT) - Italy Tel. +39 0332 23 73 43 - Fax. +39 0332 23 07 91 info@saporidilucania.it

Il nostro olio extravergine di oliva - le nostre paste - i nostri pomodori - i nostri sott’oli

A colour rises with the sun, grows from the earth and blossoms on our tables in the golden color of our pasta. Those with even the most exquisite of tastes are sure to appreciate the authenticity, and refined flavours of Carlo Olivieri’s Pasta products.


storie dall’Italia che merita

sala per cenare con qualche amico mentre io sono in cucina, mi ritrovo poi, il più delle volte, a sentire critiche sferzanti e impietose! Lei, da profana, bada alla sensazione che le pietanze le danno ed è in grado di riconoscere se nel piatto ho messo il cuore e persino se l’ho preparato io o qualcun altro; riconosce attraverso uno spaghetto, un petto d’anatra, un dessert se sono distratto, arrabbiato o felice. Qual è la differenza tra uno chef apprezzato solo perché famoso e uno bravo? Il trasporto che ha nel cucinare. La cucina è un’arte e come tale è espressione di chi la fa: la standardizzazione o la catalogazione sono aspetti non ammessi. Quali sono i sapori che ti stanno a cuore? Il burro di vacche rosse di Mascalzone, ad esempio. O i salumi parmensi di Massimo Spigaroli. E poi amo lo champagne, bevo solo quello.

Giuseppe Iannotti la meglio gioventù in cucina Ha partecipato alla Prova del Cuoco e ora la Guida dell’Espresso lo ha eletto Chef Emergente del 2013, togliendo ogni dubbio sulle sue capacità straordinarie. E sul fatto che la Campania si sta sempre più affermando come “terra gourmet” di Stefania Monaco

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Trent’anni a dicembre, a Giuseppe Iannotti il lavoro non è mai mancato. Il suo curriculum è stato un continuo macinare, approfondire, fare, fino all’apertura, il 16 novembre 2011, di Krèsios: ristorante,bottega,lounge bar,dove mettere dentro la sua idea (chiara,chiarissima),di cucina.Giuseppe ai fornelli, con una brigata di altri 4, prepara piatti creativi; la sala (30 posti) è curata da Gianni Guida che ha anche selezionato le oltre 1600 etichette in cantina.Al piano di sopra quattro camere deliziose per chi volesse fermarsi.

E i prodotti territoriali nella tua cucina? Uso colatura di alici di Cetara,pomodorini del Piennolo, qualche pecorino e la mozzarella di Mimmo dell’azienda il Casolare. Per il resto ho un piccolo orto con animali da cortile. Le carni invece arrivano per lo più dal Piemonte. di Rosalia Imperato Ma per te cos’è il cibo? Sensazione pura da trasmettere agli altri. Se mi emoziono preparando una pietanza, il cliente in sala lo percepisce e lo apprezza. Fino a quando riuscirò a tener fuori dal ristorante i problemi che possono affliggere il mio quotidiano, allora i miei piatti rispecchieranno a pieno la mia idea di cucina, ovvero avranno il gusto del piacere che provo nel prepararli.

dove&come Krèsios

Mi dicono che si aggira a Krèsios il palato più critico per te, tua moglie Rita… Sì, è vero. Quando mia moglie si accomoda in

Via San Giovanni, 59 - Telese Terme (Bn) Tel. 0824.940723 Prezzo medio: 80 euro - www.kresios.it


CUORE VALDOSTANO

solo dalla Valle d’Aosta.

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ilpersonaggiodelmese

Cavalier Zonin, si presenti… La storia della mia famiglia è la storia di un legame indissolubile con il mondo del vino che iniziò a Gambellara nel 1821. Da allora nella famiglia Zonin si sono succedute 7 generazioni, ognuna delle quali ha dedicato la propria vita alla passione per la terra e per la vigna. Ero molto giovane quando mio zio Domenico mi chiamò in azienda, nel 1967. Avevo in me già ben radicati i valori tramandati dai miei antenati, primo fra tutti la ricerca costante della qualità e la valorizzazione del territorio. Ciò ha comportato un impegno straordinario sia per gli investimenti nell’estensione dei vigneti di famiglia che nella ricerca tecnologica, come nella formazione di un team di tecnici e manager di caratura internazionale. La vendemmia 2012 è la mia 55esima; le ho tutte vissute con entusiasmo e partecipazione, ma ogni anno è come se fosse la prima volta. Oggi Zonin, con 2000 ettari di vigneti di altissimo pregio, 10 tenute modello, un fatturato previsto quest’anno di 140 milioni di euro, una quota di esportazione del 65% e una distribuzione a livello internazionale in più di cento nazioni, è una delle più importanti aziende vitivinicole private in Italia e in Europa. Da oltre un decennio ho il piacere e la grande soddisfazione di avere al mio fianco i miei 3 figli – Domenico, Francesco e Michele – che porteranno avanti con successo il nostro impegno nel mondo del vino.

Gianni Zonin: un simbolo dell'italian wine In occasione della sua 55esima vendemmia, il presidente di una delle più importanti aziende vitivinicole in Europa ci parla di sé e ci illustra il punto di vista di un grande imprenditore sul mondo dell’enologia di Roberto Rabachino

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Oltre a essere un grande imprenditore del mondo del vino, lei è anche un banchiere. Cosa significa essere imprenditori oggi? Conoscere il mercato, avere il coraggio di rischiare e sapere organizzare l’azienda come una squadra vincente.Visione, indirizzo e consapevolezza sono le armi vincenti in un periodo come questo. Io sono fiducioso e sono certo che presto la luce che si intravede in fondo al tunnel di questa profonda crisi economica illuminerà nuovamente le nostre aspettative consentendoci di approntare nuove sfide e nuovi mercati. “La qualità deve sposare l’innovazione”. Questa è una sua citazione. Ce ne spieghi la ratio… Nel vino è importante la tradizione e, allo stesso tempo, è essenziale avere come obiettivo l’alta qualità. La tecnologia in vigna e in cantina è funzionale


al rispetto di uva e vino. Senza voli pindarici o compromessi. La parola che preferisco è autoctono, termine greco che indica l’appartenenza di qualcosa o qualcuno a un luogo. Il mio concetto di qualità è questo: rispetto delle peculiarità in quanto espressione di un territorio in comunione con il giusto bilanciamento tra ricerca e innovazione. L’export è la strada obbligata per chi produce vino in Italia. Come possiamo competere e vincere? Qualità, giusto prezzo, organizzazione nelle vendite, marketing, comunicazione e pubblicità sono i fattori che ci fanno essere non solo competitivi, ma vincenti. Noi italiani abbiamo poi il vantaggio di avere una forte immagine. Il nostro made in Italy è sicuramente un elemento che ci avvantaggia nell’affrontare i mercati esteri, dove i nostri prodotti hanno nel tempo guadagnato una fama tale da costituire una categoria a sé. Uno dei vostri obiettivi è ridurre al minimo l’uso di prodotti dannosi tornando a metodi tradizionali e puntando su mezzi biologici… Da molti anni crediamo che l’ecosostenibilità

possa essere un obiettivo possibile. Anzi, può e deve diventare un elemento differenziale. Per fare il vino buono la vite non deve essere iperstimolata. Una vite poco stressata è più robusta e avrà bisogno di meno cure. Da anni concimiamo in molte tenute solo con il letame e non abbiamo interesse a incrementare la nostra produzione. Così facendo eliminiamo di fatto la possibilità di usare microelementi che poi sono i prodotti chimici. Noi siamo dell’idea che la vite deve essere protetta principalmente con mezzi agronomici, fisici e biologici ricorrendo a quelli chimici solo quando sono davvero indispensabili. Il passato, il presente e il futuro della Casa vinicola Zonin… La mia famiglia ha da sempre avuto una straordinaria capacità di intuire l’evoluzione del mercato del vino e dei suoi consumi. Il passato è un’importante storia commerciale. Il presente è una storia produttiva unica con 9 tenute in 7 regioni italiane, più una proprietà in Virginia, negli Stati Uniti. In futuro dobbiamo consolidare e valorizzare quello che abbiamo costruito negli ultimi 90 anni di storia della nostra azienda. Con attenzione, passione e impegno.

«La storia della mia famiglia è la storia di un legame indissolubile con il mondo del vino che iniziò nel 1821. Sette generazioni che hanno dedicato la propria vita alla terra e alla vigna»

In apertura: un bel ritratto di Gianni Zonin, in questa pagina in compagnia dei suoi tre figli, futuro dell'azienda

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valle d’aosta cover story

La montagna che emoziona Una regione ospitale con un bilinguismo “delicato”, italiano e francese. Una terra affascinante, straripante di vallate, villaggi, cime da primato, scorci mozzafiato e sapori sopraffini dove tutto s’intreccia, si amalgama e rende unica l’offerta turistica. Il segreto di questo straordinario contenitore di servizi esclusivi e piaceri costruiti su misura? Aver saputo “fare rete” di Flavio Amadei

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Bianco, verde e rosso. È questa la scala di colori ideale per dipingere la Valle d’Aosta. Bianco come il candore delle nevi che d’inverno avvolgono le cime più alte d’Europa. Verde come la natura rigogliosa, fatta di pascoli incontaminati e boschi secolari, che anche nei mesi freddi non manca di ammantare il suo territorio. E rosso, come la passione, l’energia, la carica che questa terra è in grado di regalare ai suoi fortunati ospiti con l’alpinismo d’alta quota, le scalate, le passeggiate nei boschi e i percorsi in mountain bike. Probabilmente, quando il Creatore ha avuto in mano questi 3 mila kmq di territorio, si sarà fatto ispirare da un pensiero preciso: creare il più bel “paradiso di alta montagna” che si possa trovare in tutto il vecchio Continente.

Foto di Enrico Romanzi

Alta montagna “su misura” Al resto, è chiaro, ci hanno pensato gli uomini. La felice ispirazione divina e la generosità della natura non sarebbero bastati, del resto, a fare della più piccola regione italiana un modello turistico che tutto il mondo ci invidia. Qui, sotto lo sguardo austero dei quattro “giganti” (Bianco, Rosa, Cervino e Gran Paradiso) che svettano oltre i 4 mila metri, il ciclico dipanarsi delle stagioni fa mutare la scenografia ma non il copione che resta sempre invariato e attuale nel tempo. A prescindere se è estate o inverno, autunno o primavera, in Valle d’Aosta troverete infatti, a margine delle suggestioni paesaggistiche, emozioni sempre nuove da vivere. Chi pensa a questa regione esclusivamente come a una terra per sport invernali o – peggio! – come una montagna per ricconi in cerca di relax, si sbaglia di grosso. A queste latitudini, la parola chiave infatti è “vacanza attiva” e l’offerta turistica è fondata sul concetto di “fare sistema” legando natura, cultura, enogastronomia, neve, trekking, alte vie, rifugi, benessere e, ovviamente, filiera del lusso. Un modello, quello valdostano, forse unico nel panorama del turismo montano, che ha saputo organizzarsi non “per territori” ma “per prodotto”. Tutte le località

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valle d’aosta cover story

Appuntamento con la tradizione Di seguito, qualche consiglio per entrare a pieno nello spirito valdostano, gustandone le specialità e scoprendone il folklore più caratteristico, tra una discesa sugli sci e l’altra. 11 novembre Foire des Alpes: mostra mercato di animali, dedicata alla valorizzazione della carne valdostana e agli animali degli allevamenti regionali (capre, yak, lama, renne, zebù...). Ad Aosta presso l’Arena Croix Noir. 13, 20, 27 novembre e 2 dicembre Lo Tsaven: mercato dei prodotti biologici alimentari e tradizionali di Aosta. Lo tsaven, in patois, dialetto regionale, è la cesta in cui si mettono gli ortaggi, la frutta e tutto ciò che è destinato all’alimentazione. Sotto i portici della centralissima Piazza Chanoux di Aosta, il mercatino propone ai consumatori, prodotti della tradizione valdostana, formaggi, salumi, marmellate, mieli, prodotti Dop, Doc e biologici. 7 dicembre Cena medievale in castello con maggiordomo: nel castello Tour de Villa di Gressan, nelle vicinanze di Aosta, si potrà gustare una cena medievale, con maggiordomo al seguito e al lume di candela. Vista la particolarità dell’evento e del luogo, la cena deve essere prenotata almeno cinque giorni prima al numero 0166.512267 8 dicembre Festa della Micòoula di Hone, pane di segala impastato con castagne, noci, fichi secchi, uva passa e, a volte, anche con cioccolato. Il piccolo borgo, sovrastato dal Forte di Bard, rende omaggio all’antenato locale del panettone, la micòola appunto. Dimostrazioni d’impasto e cottura. Per saperne di più: www.lovevda.it 50

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di prestigio sono state dotate infatti di offerte verticali che comprendono, in un tutt’uno, attività fisica, albergo, wellness e gastronomia. Gli operatori privati, stimolati dalla Regione, si sono aggregati appunto in “club di prodotto” che in qualunque zona della Valle d’Aosta condividono le risorse del territorio e lavorano in sinergia per dare la possibilità agli ospiti di vivere “una (alta) montagna su misura”. Così la regione si è specializzata nell’offerta di vacanze inimitabili, diventando un piccolo contenitore di servizi basati sulle peculiarità locali, come i sapori d’alta quota, le vette più alte d’Europa, il relax e il benessere, il golf, i voli in elicottero ed heliski, gli chalet di charme.

La Vallée, a modo mio Da queste parti – giusto per fare un esempio – arrivano escursionisti da tutto il mondo per fare trekking o mountain bike, percorrere le alte vie e partecipare alla leggendaria Tor des Geants, con un percorso che si snoda sulle quattro cime prominenti: un’emozione unica. Lo stesso vale per la filiera del lusso, che in Valle d’Aosta non vuol dire sfacciata opulenza ma ricerca di esperienze straordinarie, di esclusività e artigianalità. In questa stagione, il pezzo forte, ça va sans dire, resta lo sci: 900 km di piste da discesa e 300 km di piste da fondo costituiscono la base di un territorio dall’attrattiva di rilevanza internazionale. L’intreccio dell’offerta, tuttavia, si adatta ai diversi modi di vivere la neve: quello intensivo, certamente, ma anche quello più rilassato di chi pratica sport poco impegnativi, come le passeggiate sulla neve, o è alla ricerca di contatto con la natura e relax. Ma non solo: oltre cento tra castelli e torri fortificate fanno riaffiorare, nella regione valdostana, un passato presente più che mai; l’offerta culturale infatti vive ogni giorno di mostre, eventi, musica e sensazioni che riescono a trasportare lontano nel tempo. La “montagna che emoziona”, insomma, non smette mai di riservare sorprese a chi ha occhi, anima, cuore e polmoni per godersela.


Cave Du Vin Blanc de Morgex e de La Salle soc. coop chemin des iles,31 - La ruine 11017, Morgex (Ao) Tel. 0165800331 - Fax 0165 801949 e-mail: info@caveduvinblanc.com www.caveduvinblanc.it Ci trovate anche nei VdG store di Milano viale Zara, 21 e Cernusco sul Naviglio via Ungaretti, 7


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«Puntiamo su cultura in piazza e pacchetti ad hoc» Organizzazione, pianificazione, razionalizzazione. Negli uffici dell’assessorato al Turismo della Regione Val d’Aosta, non si sente parlare d’altro. Chiamatelo pure dirigismo, se ritenete, ma se l’amministrazione non si fosse dotata di un piano marketing con delle linee guida precise per il comparto della ricettività turistica, probabilmente il piccolo miracolo della “montagna che emoziona” non si sarebbe mai potuto concretizzare. E di miracolo si tratta davvero se si pensa che, nonostante la crisi economica, la regione ha chiuso il trimestre estivo con un +5,9% rispetto allo scorso anno: presenze aumentate cioè del 6,3% (1 milione 300 mila) e ben 416 mila arrivi. A snocciolare orgoglioso questi numeri è il vicepresidente regionale nonché assessore con delega al Turismo Aurelio Margueretaz. «Le nuove tecnologie globali hanno cambiato il nostro modo di essere e di concepire la vacanza – spiega – il mondo, oramai, é per tutti a portata di mouse. Ecco allora che i territori devono concentrarsi sulle loro peculiarità e

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offrire ciò che gli altri non hanno e non possono avere. La nostra regione é sempre stata condizionata dall’immagine di “alta montagna”: noi non abbiamo fatto altro che caratterizzarla ancora di più in questo senso, facendola diventare una meta privilegiata per gli amanti del genere». Lo strumento utilizzato per imprimere un’accelerazione a questo processo virtuoso, in particolare, è stato il “club di prodotto”: «Troppo spesso, in Italia – aggiunge Marguerettaz – si tende a disperdere l’offerta turistica sui territori che entrano in competizione tra loro invece di “fare sistema”. Noi abbiamo selezionato i nostri prodotti turistici esclusivi, dal trekking ad alta quota alla mountain bike, dagli sport attivi alle risalite, e li abbiamo organizzati in maniera “verticale”, così ogni località ha un suo pacchetto completo, sport, relax e ristorazione, da offrire al cliente. I club di prodotto costituiscono una vera e propria best practice di cui andiamo orgogliosi». L’altro asset su cui la Valle d’Aosta ha costruito il suo modello turistico, è la cultura.

E se nel turismo la parola-chiave è “organizzazione”, in questo settore, il leitmotiv invece è “restituzione”, anzi “restitution” alla francese. «Il termine è stato coniato per definire la politica dell’assessorato che ha portato alla restituzione, alle comunità, del patrimonio materiale e immateriale della cultura valdostana: siti, tradizioni e personaggi», ci spiega l’assessore al ramo Laurent Viérin. «Ne è un esempio il teatro romano di Aosta (in foto), restaurato e riaperto dopo 24 anni e adibito a ospitare grandi eventi. Anche i castelli sono stati interessati dalla politica della restitution e trasformati in luoghi di arte e di cultura. Spendendo bene i fondi UE, abbiamo incentivato il turismo culturale, portando la “cultura in piazza” con i festival, potenziando i musei e innescando significative ricadute sociali ed economiche sul territorio. La crescita delle presenze ci dà ragione e ci consente, peraltro, di ribaltare l’assioma dell’ex ministro Tremonti, secondo il quale con la cultura “non si mangia”».


Pasticceria Artigianale

DOLCE VALLE

Reg. Borgnalle 3 - Aosta www.dolcevalle.com tel. 0165 267142 Ci trovate anche nei VdG store di Milano viale Zara, 21 e Cernusco sul Naviglio via Ungaretti, 7

Tradizione dolciaria valdostana


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Uno ski safari ai piedi del Cervino Due nazioni, Italia e Svizzera, e tre valli collegate tra loro da moderni impianti, per un totale di 360 chilometri di piste. Breuil-Cervinia, Valtournenche e Zermatt: per (ri)salire in… Paradiso

Cervino Ski Paradise è il nome scelto per identificare questo domaine skiable la cui stagione invernale è iniziata a metà ottobre e terminerà a maggio. Paradiso per la qualità della neve, complice l’altezza su cui si sviluppa l’intero comprensorio, dai 1.500 m di Valtournenche ai 2000 m di Cervinia, sino ai 3.889 m del Piccolo Cervino. Paradiso per l’interminabile scelta di piste, 149 di cui 30 nere. Ma soprattutto Paradiso per la bellezza del paesaggio, con quel Cervino davvero unico per la sua forma a piramide che ne fa la montagna più fotografata al mondo. E se le piste sono il fiore all’occhiello di questa immensa area-ski, e i 54 impianti rappresentano il meglio in fatto di tecnologia nei trasporti a fune, salire ai 3.500 m di Plateau Rosà con la modernissima funivia dotata di maxi vetrate per una vista a 360 gradi sull’intera conca del Breuil (il Cervino è lì, sembra quasi

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di toccarlo!), è un’esperienza unica, un viaggio possibile anche senza sci nel mondo dei ghiacci eterni. Semplicemente entusiasmante è, poi, visitare la grotta di ghiaccio situata all’arrivo della funivia del Piccolo Cervino, Zermatt; una suggestiva discesa a 15 metri di profondità, abbracciati da un’illuminazione seducente e da una lieve musica soffusa. E proprio Plateau Rosà, per ritornare a parlare di piste, è il punto nevralgico di uno sci senza frontiere, tra Italia e Svizzera. C’è poi un altro valore aggiunto, per chi sceglie una vacanza nel comprensorio Breuil-Cervinia,Valtournenche, Zermatt: le piste sono tutte collegate tra loro ed è possibile percorrerle senza mai dover togliere gli sci. Lungo la strada non è raro incontrare camosci e stambecchi, marmotte e, lassù nel cielo azzurro, ammirare il volo delle aquile. Un vero “ski safari”, dunque, lungo la bianca linea della neve più pura, pro-


Le piste del comprensorio sono collegate tra loro ed è possibile percorrerle senza mai togliere gli sci

Per saperne di più:

www.cervinia.it

tagonista di una vacanza sportiva e declinata in tutte le sue specialità, dallo sci da discesa su percorsi mai ripetitivi al freeride, a snowboard e freestyle (Indianpark a Cervinia e Wild West Zone a Valtournenche). Si pratica anche sci di fondo sugli anelli di Breuil-Cervinia (2.050 m), Valtournenche (1.600 m) e Champlève (1.800 m), con il vantaggio di scegliere le quote ideali per le proprie esigenze; mentre, per gli appassionati delle racchette da neve, non mancano percorsi battuti sia a Cervinia sia a Valtournenche, dove esiste pure un’apposita pista per lo sci alpinismo, con tracciato riservato, unico in Valle d’Aosta. Di notte poi, con le stelle accese che stanno a guardare, è magico avventurarsi in una “discesa al chair di luna”. Ma non prima di una cena romantica a lume di candela nei rifugi sulle piste. Per chi è invece mattiniero, è prevista l’esclusiva “prima traccia” che permette di sciare sulle piste prima dell’orario d’apertura, lasciando la propria firma. E ancora: l’heliski, da metà dicembre a metà maggio, in compagnia delle Guide del Cervino, e, per gli amanti delle quattro ruote, c’è l’IceKart di Cervinia dove divertirsi nei controsterzi, emulando le imprese dei campioni di rally. La pista è illuminata e sono ammessi anche i bambini dai sei anni (a bordo di mini-kart). Non mancano naturalmente aree attrezzate per i piccoli con parchi gioco a tema a Plan Maison (raggiungibile anche per chi non scia con la telecabina o la funivia Breuil-Cervinia Plan Maison) e a Salette (da Valtournenche). E poi ancora aprè-ski, shopping, il museo più alto d’Europa – Una Montagna di Lavoro – dove sono esposti utensili e manufatti d’antan, riposanti pause wellness e cene tipiche nei tanti ristoranti della zona dove gustare le specialità del luogo, bevendo nella “coppa dell’amicizia”, la classica grolla: un corollario di esperienze uniche che fanno di una vacanza all’insegna dello sport ai piedi del Cervino un’esperienza per tutti, da vivere secondo i propri ritmi e desideri. A pag. 130, le idee di VdG per lo shopping da neve novembre 2012

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Una carrellata di prodotti tipici valdostani come il salignon, la carne salata, lo Jambon de Bosses, la toma di Gressoney, il lardo di Arnad e, a sorpresa, l’extravergine d’oliva!

Fontina, Jambon e olio d’oliva di Riccardo Lagorio Ad amalgamare ulteriormente il mirabile intreccio tra bellezze naturali, arte, cultura, benessere e sport, ci pensa la gastronomia valdostana, fatta di straordinari sapori che rendono questo territorio un vero e proprio angolo goloso d’Italia. Perché accanto alla Fontina Dop, che è forse il prodotto più conosciuto, ogni villaggio sorprende il viaggiatore gourmet con proposte d’eccellenza. Come il vitigno prié blanc, resistente alla filossera, utilizzato per il Blanc de Morgex et de la Salle, acidulo e secco, le cui uve vengono raccolte su alcuni dei terrazzamenti più alti d’Europa, tra i 900 e i 1200 metri di altitudine. Sempre a Morgex, presso la Panetteria Artari (Tel. 0165.809819) si può

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trovare la flantze, una pagnotta dolce di farina bianca e integrale impastata con uva appassita, vino bianco, burro e grappa. Il dolce che allieta i visitatori di Cogne si chiama invece mécoulin. Lontanamente potrebbe assomigliare a un panettone e anche qui tra gli ingredienti si trovano uvetta, burro, latte e panna. La pasticceria Perret (Tel. 0165.74009) è diventata famosa per la sua personale ghiotta versione. E se tra i salumi si distingue il prosciutto crudo Jambon de Bosses, prodotto nel Comune di Saint Rhémy en Bosses e stagionato almeno 24 mesi, non si può dimenticare il teteun, pronipote del sumen degli antichi Romani, ovvero la mammella di bovino che, depurata del latte e messa in salamoia con vari aromi, viene infine cotta a bagnomaria per almeno 10 ore. La si trova presso il Salumificio Gignod (Tel. 0165.56007) ed è servita affettata come un prosciutto cotto. C’è poi la ricchezza culturale Walser, un’isola linguistica germanica, nella Valle del Lys. Qui nascono la toma di Gressoney, formaggio lavo-


Maison Vigneronne Frères Grosjean

Vignerons Encaveurs dal 1969 Villaggio Ollignan, 1 11020 Quart Aosta - Italy Tel. e fax 0165/775791 www.grosjean.vievini.it Ci trovate anche nei VdG store di Milano viale Zara, 21 e Cernusco sul Naviglio via Ungaretti, 7


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Scelti per voi dove mangiare Pam Pam – Trattoria degli Artisti Luogo d’incontro artistico e culturale, ambiente caldo, rustico e raffinato, rispecchia l’eclettica personalità delle proprietarie, le sorelle Stevenin; menù settimanale legato alla tradizione valdostana riletta con creatività ed elaborata con prodotti freschissimi. Entusiasmante il riso con cavolo verza e lardo. Prezzo medio: 35 euro vino escluso Via Maillet, 5 - Aosta Tel. 0165.40960 www.trattoriadegliartisti.it La Chaumiere A pochi chilometri da Aosta, sulla strada del Gran San Bernardo, in un’atmosfera accogliente impreziosita da numerosi quadri alle pareti, opera del fondatore, Etto Margueret, il ristorante propone cucina tipica valdostana e non solo; la pierrade e la brasserade, dalla tradizione montana, sono un’esclusività del locale, da non perdere. Prezzo medio: 35 euro vino escluso località Signayes Clou, 111 Tel. 0165.40940 www.ristorantelachaumiere.it

dove dormire Qui sopra, uno scorcio di Aosta. La città che dà il nome alla regione è uno scrigno di bellezze architettoniche, gusto e cultura, da visitare in ogni periodo dell’anno

rato negli alpeggi, e da qui si è diffuso in tutta la Vallée il salignon, ricotta arricchita da latte o panna, impastata con sale, pepe, peperoncino ed erbe aromatiche. E sempre a Gressoney-Saint Jean si possono trovare salumi della tradizione del centro Europa come lo schuiwörst, una salsiccia di puro suino aromatizzata con cannella, noce moscata e pepe e affumicata con segatura d’abete e bacche di ginepro, e il meno comune chuèwörst, con carne bovina (Agriturismo die Stöbene, Tel. 0125.355525). In Valle d’Aosta si raccoglie anche l’artemisia, utilizzata per produrre il Génépy, liquore apprezzato dai valdostani (e non solo). Ci pensa Emilia Berthod a Valsavarenche. Pare che nell’abitato di Bois de Clin la pianta, dal gradevole profumo aromatico e dai fiori giallo dorato, cresca particolarmente a suo agio. E allora perché non sfruttare

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questa predisposizione naturale? Naturale come l’aceto di lamponi che Francesco Mauris e Paola Vittaz fanno maturare nel loro laboratorio di La Magdaleine (Tel. 0166.563713). Raccolta la frutta perfettamente matura a 1300 metri d’altitudine, la trasformano grazie all’aggiunta di batteri acetici di lampone. Non pastorizzano né aggiungono additivi chimici. Questo aceto dall’aroma intenso e fruttato viene usato dalle migliori cucine per condire verdure e cuocere carni, ma è anche un ottimo dissetante diluito con acqua e zucchero. E, sorpresa, non manca neppure l’olio extravergine di oliva! Ci ha pensato l’appassionato Dario Martinelli all’imbocco della Vallée (Pont Saint Martin) a colmare il vuoto. E, sotto il profilo organolettico, credeteci, non ha nulla da invidiare a quello esibito da aree oleicole più rinomate.

Romantik Hotel Jolanda Sport Semplicemente ospitale; un quattro stelle che offre tutti i servizi e le comodità per il benessere, il relax e lo sport: piscina, centro benessere, sauna, area massaggi, trattamenti specializzati con prodotti naturali, bagni aromatizzati, bagni di fieno. Doppia da 140 euro Località Edelboden Sup. 31 - Gressoney La Trinité Tel. 0125.366140 www.hoteljolandasport.com Auberge De La Maison Quattro stelle, incastonato ai piedi del Monte Bianco, con centro benessere provvisto di sauna, bagno turco, solarium, area massaggi; accogliente salotto con caminetto, raffinato stile montano, di classe e confortevole. Doppia da 140 euro Via Passerin d’Entreves, 16/A - Courmayeur Tel. 0165.869811 www.aubergemaison.it

dove comprare Lo Scrigno dei Sapori È la boutique gastronomica del Salumificio Bertolin, dove acquistare tutti i prodotti firmati Bertolin e una vasta scelta di esclusive regionali. Località Champagnolaz, 10 - Arnad Tel. 0125.966127 www.bertolin.com Fromagerie Fratelli Panizzi In vendita i prodotti lattiero caseari realizzati da questi allevatori e produttori: fontina, formaggi, yogurt artigianale naturale e alla frutta. Via Circonvallazione, 41 - Courmayeur Tel. 0165.843041 www.panizzicourmayeur.com


C’è chi parla tanto di Valle d’Aosta. Noi la facciamo gustare. Produciamo, trasformiamo il Latte della Valle svolgendo un’attività di ricerca con passione e attenzione al prodotto principe il “LATTE”. Un impegno importante sintetizzato nella mission aziendale “La tradizione con innovazione” Ci trovate anche nei VdG store di Milano viale Zara, 21 e Cernusco sul Naviglio via Ungaretti, 7

Fraz. La Cure de Chevrot 11 - 11020 Gressan (AO) - Tel. 0165 251511/250901 - Fax 0165 251342 - www.centralelatte.vda.it


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FORNITORE UFFICIALE MAESTRI DI SCI VALLE D’AOSTA


Cibo&Territorio 62

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Storia: la Georgia e il vino Donato Lanati ci racconta il viaggio della vite, iniziato 8 mila anni fa ai piedi del monte Ararat

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Spiedi d’italia Un viaggio lungo lo Stivale ripercorrendo i riti antichi legati all’arte del “cuocer sul fuoco”

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Il tartufo bianco del Monferrato In autunno è lui il signore di questa terra: il prezioso e ricercato “Tuber Magnatum Pico”

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Vallerano, il paese dei marroni Siete ghiotti di castagne? Allora questo piccolo borgo del Viterbese è il posto che fa per voi

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Olio e dintorni Dai primordi dell’antica coltivazione dell’ulivo all’utilizzo di oggi per wellness e cosmetica

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• L’orto dei semplici • Il buono a tavola

da pag. 76 novembre 2012

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di Donato Lanati Enologo e docente universitario

la storia in cucina

Georgia, e dall’Arca spuntò la vite

Nell’area, tra il Mar Nero e il Caspio, che dai piedi del Caucaso va a sudest attraverso l’altopiano di Kakheti – laddove le Scritture ci dicono che Noè si fermò dopo il diluvio – già 8 mila anni fa la vitis vinifera aveva trovato la sua origine. Molto tempo prima cioè che i greci si mettessero a produrre passiti e i romani a cuocere il vino per conservarlo, diluendolo poi fino a 50 volte per renderlo bevibile 62

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È la Bibbia il primo libro che parla di vite e di vino. La vigna diventa infatti il simbolo dell’amore di Dio dopo che il diluvio universale unisce il cielo con la terra, così dice la Genesi. Nel Nuovo Testamento il valore simbolico che Cristo attribuisce alla vite è racchiuso nelle parole: “Io sono la vera vite e il Padre mio è il vignaiolo”; “Io sono la vite, voi i tralci”. Le scritture ci insegnano anche che si imparò a conoscere il vino dopo il diluvio universale. L’Arca di Noè si arenò a 5.165 metri di altezza sul monte Ararat in Armenia, al nord della Mesopotamia, non lontano dalle catene montuose del Caucaso. E Noè, “che era un coltivatore” (Genesi, 9, 1 ss) fu il primo a piantare la vigna.


La stessa Bibbia insegna che si imparò a conoscere il vino dopo il diluvio universale, quando la vigna diviene il simbolo dell’amore di Dio

Cantami o diva, del vino georgiano… La vite, dunque, trova la sua origine ai piedi del monte Ararat, nella zona compresa tra il Mar Nero e il Mar Caspio e tra i fiumi Tigri ed Eufrate. È stata la biologia molecolare (Dna) a darci la possibilità di ricostruire il lungo viaggio percorso dalla viticoltura da oriente a occidente. La vigna venne inizialmente coltivata nel Caucaso (vitis caucasica) e successivamente in Mesopotamia. Tra il Mar Nero e il Mar Caspio, nell’area che dai piedi del Caucaso va da nord a sud-est, attraverso l’altopiano di Kakheti, attuale Georgia, la vitis vinifera trovò la sua origine

Le testimonianze archeologiche dimostrano che, fin dal IV millennio a.C., in Georgia, esistevano cantine con enormi anfore di terracotta che venivano messe sotto terra per abbassare la temperatura delle uve pigiate. In apertura la cattedrale di Alaverdi

dalla domesticazione della vitis vinifera silvestris. Le testimonianze archeologiche provano che in Georgia la coltivazione della vite era già presente fin dal IV millennio a.C., epoca nella quale esistevano già cantine con enormi anfore di terracotta. L’idea di mettere le anfore sotto terra serviva ad abbassare la temperatura delle uve pigiate che vi venivano introdotte permettendo al calore prodotto dalla fermentazione alcolica di venir assorbito dal terreno attorno all’anfora, consentendo così di non superare mai i 35 gradi e ottenere vini senza difetti. I vinaccioli si sono trovati abbondanti anche in antiche tombe nel sud del Paese, come nella Valle di Alarani; lo stesso Omero cita nell’Odissea “i vini profumati e frizzanti della Georgia”, così come Apollonio, Senofonte, Procopio e altri. Il più alto grado di sviluppo della viticoltura e dell’enologia georgiana si ebbe nei secoli subito dopo Cristo e la leggenda vuole che, per l’avvento del Cristianesimo, la religione abbia assunto a simbolo una croce realizzata con sarmento di vite per testimoniare il suo tesoro nazionale. Nel corso dei secoli la vitivinicoltura, qui, ha rappresentato la principale attività agricola e la maggiore fonte di ricchezza, non solo materiale ma anche spirituale. L’alfabeto della lingua georgiana, nelle sue

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la storia in cucina

lettere, ricorda la forma della vite; nelle cerimonie religiose e nella cultura della vita quotidiana del periodo neolitico, i simboli della vite e del vino sono onnipresenti. Nel III millennio a.C., saranno quindi i Sumeri a dare origine alla viticoltura, ovvero alla coltivazione della vite: nelle pianure mesopotamiche, tra il Tigri e l’Eufrate, sono state trovate infatti le prime prove certe relative alla coltivazione dei vigneti. Per la produzione del vino bisognerà attendere però il II millennio a.C., nel quale si può parlare di un’evoluta cultura del vino in Mesopotamia. Nelle anfore, come 8 mila anni fa La Georgia – che 8 mila anni fece dunque da culla alla vite e al vino – oggi è un Paese costituito per circa due terzi da rilievi tra i quali spicca il Caucaso ed è bagnata a Ovest dal Mar Nero. Attualmente, uno degli areali più importanti di coltivazione della vite è quello di Alazani, nella Georgia orientale, dove si contano oltre 500 vitigni autoctoni. Il sistema di allevamento più diffuso è il cosiddetto “georgiano”, in uso da secoli (lontanamente simile al Guyot). Attualmente, il vino georgiano è prodotto con varietà poco conosciute in Europa, dalle caratteristiche organolettiche particolari. Personalmente, seguendo il progetto di vinificazione della Comunità religiosa di Alaverdi – dove, in mezzo al nulla, sorge una meravigliosa Cattedrale – ho avuto modo di conoscere un mondo affascinante che è quello della vinificazione nelle anfore attraverso la quale si mantiene la tradizione e il concetto che per fare il vino l’uva basta a se stessa. Per quanto riguarda il vino rosso invece, posso dire di essere rimasto colpito dalla grande qualità del Sape-

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L’Arca di Noè si arenò a 5.165 metri di altezza sul monte Ararat in Armenia, a nord della Mesopotamia, non lontano dalle catene montuose del Caucaso ravi (un grande esempio è quello prodotto da Badagoni). Purtroppo, alle grandi potenzialità della viticoltura georgiana non si accompagna una dotazione di strutture e conoscenze che consentano di sfruttare al meglio e valorizzare questa immensa ricchezza naturale. La Georgia rappresenta la storia e la più antica tradizione, ma deve produrre un vino dall’elevata riconoscibilità, dalla personalità e dal carattere unici, oltre a qualità percepibili che lo facciano distinguere facilmente da tutti gli altri.

dove degustare Badagoni Georgia Taevisuplebis Moedani, 4 Tbilisi, Georgia Tel. +99577.71003635 (Geo) Tel. +380.98.9370100 (Ukr) Tel./Fax +99532.936243 www.badagoni.com



cibo&territorio

A (s)piedi per l’Italia di Riccardo Lagorio

Infilzare carni e pesci per farne, accanto al fuoco, succulenti manicaretti, è la più antica forma di cottura che l’uomo abbia sperimentato. Dalla Lombardia alla Sardegna, passando per l’Emilia, scopriamo insieme gli antichi riti legati a questa arcaica procedura

Dell’addomesticamento del fuoco come ancestrale metodo per cucinare e preparare i cibi se ne è occupato lungamente l’antropologo Claude LéviStrauss a cui ha fatto eco più recentemente la psicoterapeuta Geneviève Guy-Gillet, secondo la quale «la presenza del fuoco in cucina segna il passaggio dalla Natura alla Cultura». La cottura dei cibi a fuoco vivo e con l’utilizzo di schidioni – le aste lunghe e sottili su cui si infilzano le carni da arrostire – si deve quindi considerare l’azione più arcaica da parte dell’uomo, quella cioè che ha dato origine alla cucina. E in Italia esistono numerosi esempi della sopravvivenza di quest’articolata metodologia di preparazione dei cibi.

Lo spiedo, da Brescia a Sydney Una delle zone più significative e carat66

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teristiche in proposito, è il Bresciano. Anzi, si può affermare che la pizza sta agli italiani come lo spiedo sta ai bresciani. Cibo rituale della stagione fredda, l’origine dello spiedo è comunemente associata alle valli nel nord della provincia, a esclusione della Val Camonica. L’impiego di schidioni a mo’ di girarrosto, la laboriosità della preparazione, l’utilizzo del burro per irrorare le carni e quello di uccelli di piccola e media taglia sono elementi comuni alle variegate tipologie di spiedo bresciano. Ma l’affermazione di questo piatto ha precisi connotati storici e sociali: condizioni naturali esclusive fecero del Bresciano uno dei luoghi prediletti dalla selvaggina da penna, l’attività mineraria permise di sviluppare la fabbricazione degli schidioni e quella armiera ha dato vita alla passione venatoria. Ciò che contraddistingue in generale lo spiedo bresciano è anche l’alternanza di carni sullo schidione: una fetta


Anguilla emiliana: un’operazione delicata

sottile di coppa fresca di suino che avvolge una foglia di salvia, un pezzo di pollo, una costoletta di maiale e l’uccelletto. Così come le cotture lunghissime, con gli schidioni che continuamente ruotano accanto a carboni ardenti dalle 6 alle 7 ore, e l’avvicendarsi di cibi grassi e magri, che, malgrado la robustezza del piatto, paiono uscite da un trattato di dietetica e che donano armonia e piacevolezza al risultato finale. Tanto da meritarsi notorietà oltreoceano e la dedica di uno dei ristoranti italiani più in voga a Sydney grazie ad Alessandro Pavoni, chef bresciano emigrato in Australia. Serle, Treviso Bresciano e Gussago vengono indicate come le località di maggior richiamo della cultura allo spiedo, se non altro per la numerosità di trattorie, ristoranti e osterie dove si può gustare questo piatto geniale, servito con l’immancabile polenta e preceduto dalla minestra con fegatini (minestra sporca).

La cottura dei cibi a fuoco vivo e con l’utilizzo di schidioni si deve considerare l’azione più arcaica da parte dell’uomo, quella cioè che ha dato origine alla cucina

Anche il settore ittico è caratterizzato alle sue origini dalla cottura allo spiedo. Testimone l’area intorno a Comacchio, ambiente unico nel panorama nazionale, fascia di transizione tra il mare aperto e la terraferma. Da tempi lontani si pratica in queste valli la pesca e l’allevamento estensivo di numerose specie ittiche: dal branzino alle orate, dai latterini ai gamberi. Ma più di tutte è stata l’anguilla ad assicurare fonte di reddito per le popolazioni locali. Il periodo di pesca più proficuo è quello tra ottobre e dicembre, quando gli esemplari adulti cercano di raggiungere il mare aperto e i lavorieri (i tipici sbarramenti per la pesca delle anguille) operano a pieno ritmo. La polpa dei pesci ha in generale un alto grado di digeribilità ma la presenza di elevate quantità di grassi insaturi in quelli più grassi, come l’anguilla, può ritardarne la digestione. Ecco perché la cottura allo spiedo, che fa perdere grassi insaturi, diventa particolarmente utile. La cottura comporta inoltre cambiamenti nell’aspetto, nell’aroma e nella consistenza. L’arrostimento con forni a legna conferisce al prodotto anche un aspetto attraente e una gradevole consistenza della crosta della pelle, garantendo solo una minima perdita di potere nutritivo del prodotto originario. Per raggiungere questo obiettivo il metodo di cottura ha perfezionato tre fasi: il preriscaldamento dell’anguilla a temperature relativamente alte per raggiungere una cottura omogenea, la fase di cottura vera e propria quando i muscoli si induriscono e il grasso cola, e la fase di arrostimento con la formazione della crosta sulla pelle con lo spiedo vicino alle braci. Ciascuna fase di arrostimento allo spiedo avviene in funzione della dimensione delle anguille. L’abilità dell’operatore risiede nella capacità di tagliarle in pezzi (detti morelli) che abbiano uno scarto ridotto e si rendano facili da spiedare. Per questo i morelli dovranno essere omogenei per grossezza, operazione che facilita la cottura allo spiedo, di per sé delicata. Poi si passa nella sala dei fuochi. Durante la cottura al camino prevale l’arte di governare il fuoco e la maestria di gestire lo spiedo sugli alanovembre 2012

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ri, facendolo spesso ruotare e spostandolo progressivamente dall’alto al basso del camino. Dopo 45 minuti, il raffreddamento e la sfilatura, i morelli sono tolti dagli spiedi e riposti in ceste prima di essere inscatolati nelle latte.

L’isola che “fùrria fùrria” Tutta la Sardegna è invece luogo privilegiato per la cottura delle carni allo spiedo. Il classico ingrediente della cucina pastorale sarda è infatti il maialetto da latte del peso di circa 4 chilogrammi, che viene cotto intero o a metà allo spiedo aromatizzandolo con mirto o alloro (porceddu). Il porceddu viene tenuto in posizione pressoché verticale a mezzo metro dal fuoco di legne odorose e durante la cottura è più volte ripassato con lardo infilzato su un bastoncino e riscaldato al calore, di modo che mantenga umida la carne. Altrettanto ancestrale è la cottura allo spiedo dell’agnello da latte, il cui peso non deve superare i 7 chilogrammi, e quella del capretto, dalla carne chiara e delicata. Su trattaliu è invece un piatto a base di coratella, cuore e milza di capretto o agnello di poche settimane d’età. Dopo la pulitura accurata degli intestini degli animali, si tagliano a fette sottili le diverse parti anatomiche e, specie nel Goceano, si infilzano lungo un’asta di olivastro essiccato alternandole a fettine di patata e lardo.Accostata l’asta al fuoco, si fanno arrostire le carni con la tecnica che passa sotto il nome di fùrria fùrria (gira e rigira in continuazione) sino a tre quarti della cottura, dopodiché si avvolgono nell’omento e si legano con intestini lavati e asciugati portando il tutto a cottura su una nuova schidionata. Sa còrdula è invece l’intreccio composto dalle interiora di agnello o capretto di cui previamente si sono fatte strisce e, avvolte sullo spiedo, vengono fissate dall’intestino tenue dell’animale. Il tempo di cottura varia in base allo spessore ottenuto e a cottura ultimata sa cordula risulta croccante, dal colore ambrato. Tolta dallo spiedo, è affettata con uno spessore di circa 3 cm. Per la gioia dei buongustai.

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Scelti per voi dove mangiare Trattoria Castello Lo spiedo declinato alla serlese, proposto in un contesto elegante e dotato di insoliti accostamenti enoici grazie alla passione dell’esperto proprietario. Si pranza a partire da 35 euro Via Castello, 38 - Serle (Bs) Tel. 030.6910001 Antica Trattoria Piè del Dos L’amore per la cucina e le tradizioni si rivelano poco a poco in questo delizioso locale alle porte della città. Lo spiedo, in stagione, è d’obbligo. Prezzo da 35 euro Via Forcella, 6 - Gussago (Bs) Tel. 030.2185358 Ristorante Valpiana Magnifica posizione, curato il servizio, spiedo da manuale. Tre motivi per raggiungere questo locale, calato in un’oasi di pace. Prezzo intorno ai 35 euro Località Valpiana, 10 - Serle (Bs) Tel. 030.6910240

Agriturismo Sos Chercos Ambiente familiare semplice e curato dove farsi preparare alcune tra le tradizionali ricette sarde e del Goceano. Prezzo dai 25 euro Località Su Seddaiu - Anela (Ss) Tel. 340.3716887

dove dormire Albergo Belmonte Familiare accoglienza prima di salire alle camere, ben tenute e decorose. Nel ristorante magnifica esperienza a base di spiedo. Doppia a partire da 70 euro Via XXV aprile, 31 - Serle (Bs) Tel. 0306910008 Hotel Terme Aurora Piacevole struttura bene adatta a scoprire la cultura alimentare del Goceano e della Sardegna interna. Anche cure termali con acqua sulfurea salsobromoiodica. Prezzo: 100 euro la doppia Località San Saturnino Benetutti (Ss) Tel. 335.5292275

dove comprare Lidomar S.R.L. La tradizione di conservare l’anguilla dopo essere passata allo spiedo: con l’aiuto esclusivo di aceto bianco, alloro e sale. Un’arte! Via delle Botteghe, 1 Comacchio (Fe) Tel. 0533.81190 Cooperativa Madonna del Rimedio La produzione tradizionale del tappeto di Nule esclusivamente in lana sarda. Variazioni cromatiche ne fanno suggestivi esemplari. Via Roma, 12 Nule (Ss) Tel. 349.1969986 Apicultura Carla Franzoni Dagli alveari di famiglia, uno straordinario miele di castagno. Via Case Sopra, 36 Serle (Bs) Tel. 030.6910881



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Monferrato in festa per il tartufo bianco di Riccardo Lagorio

Piemonte Monferrato

In Monferrato l’autunno è la stagione del gusto. E l’attore principale è il tartufo, protagonista di tanti e imperdibili appuntamenti, con eventi a tema e menù speciali proposti per l’occasione dai ristoranti. Da queste parti per tartufo s’intende una sola cosa, il Tuber magnatum Pico, ovvero il tartufo bianco pregiato, e i tre paesi dove il profumo della trifola inebria con fiere e sagre il naso dei buongustai sono Moncalvo, Cella Monte e Murisengo, ma il fermento si diffonde in tutti gli altri piccoli centri adagiati sui poggi.

Alle origini del piacere Murisengo ospita tradizionalmente la Fiera nazio-

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nale del tartufo nelle due domeniche centrali del mese di novembre all’insegna di intrattenimento, cultura e gastronomia. Ed è l’unico Comune in Italia a essersi dotato di un marchio di qualità del tartufo cavato dai trifolau. Insomma, chi acquista “il” tartufo dai cercatori locali può chiedere una sorta di certificato di origine di quanto sta portando a casa. Il paesaggio caratterizzato da boschi di querce, noccioli e lecci è ideale per lo sviluppo selvatico delle ife, alla base del corpo vegetativo dei tartufi, tanto che a Murisengo ogni anno vengono premiati i migliori esemplari di tartufo bianco che provengono da tutto il Monferrato.Murisengo offre nondimeno interessanti spunti culturali come la salita al castello


Si chiama Tuber Magnatum Pico. È il legittimo signore di queste terre e l’autunno è la sua stagione. Sagre, feste e fiere ne celebrano la bontà e sono l’occasione per visitare un territorio che, proprio in questi mesi di raccolta, dà il meglio di sé

che ospitò nel 1813 Silvio Pellico durante la redazione della Francesca da Rimini,opera che originò giudizi di critica contrastanti. Merita visita anche la Chiesa di Sant’Antonio Abate, chiaro esempio di rococò piemontese, edificata nel 1748 su disegno dell’architetto Baldassarre Peruzzi unicamente con le spontanee offerte dei parrocchiani. Il pulpito in noce ornato da cinque statue e la balaustra in marmo di Carrara trasportata dal luogo di estrazione della pietra fino a Murisengo dai buoi della comunità, meritano visita. Nella frazione Corteranzo, la chiesa dedicata a San Luigi Gonzaga è invece in stile tardo barocco piemontese. L’origine del tempietto è del 1760 e conserva, magico e misterioso, elementi come la forma a pagoda che le conferisce un dinamismo tutto particolare, accentuato negli interni grazie a giochi di luce.Ad est di Murisengo, dalla fontana detta Pirenta sgorgano acque solforose dove sino agli inizi del Novecento si macerava la canapa appena raccolta per farne tessuto. Già nota nel Duecento, il suo stabilimento termale ebbe grande fama tra le due guerre per la cura delle malattie cutanee, diventando un centro turistico apprezzato dalla borghesia milanese e torinese.

L’alba di una nuova ricerca Per i cavatori lo strumento fondamentale per la ricerca, se così si può dire, è il cane, di solito un bastardino di piccola taglia opportunamente addestrato e considerato un vero e proprio componente della famiglia. Il fiuto del cagnolino deve essere continuamente allenato, come accade per un qualsiasi assaggiatore, e ciascun cercatore di tartufi ha un metodo personale per mantenere abituato il naso del fedele compagno. A Murisengo la ricerca del tartufo inizia presto la mattina, quando ancora i maestosi profili del castello non si distinguono nel buio novembrino e i propri passi non sono individuabili dagli altri raccoglitori. La ricerca terminerà quando la torre merlata è ben visibile, segno che l’oscurità non è più in grado di disorientare i concorrenti. Anche queste tattiche contribuiscono a creare quell’alone di mistero ed enigma che rende affascinante il mondo del tartufo e contribuiscono a presentare ancor più prezioso il raccolto.

In alto, una panoramica del borgo di Murisengo (Al) illuminato dalla luce dell’alba, quella stessa luce che illumina la via del ritorno ai cavatori usciti con i loro cani alla ricerca di tartufo

A cena con la “Bela Rosin” Territorio ricco di scoperte culturali e naturali, quindi, quello di Murisengo. Come la Riserva Speciale del Sacro Monte di Crea, in territorio di Ponzano, poco distante. L’autunno è ideale, con i

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suoi colori e i suoi profumi, per approfondire l’affascinante relazione fra natura, devozione e arte. Il fascino incontaminato del paesaggio boschivo permette di scoprire scorci panoramici mozzafiato, accomunati alla dimensione architettonica del Santuario dedicato a Santa Maria Assunta che custodisce opere di artisti di rilievo culminanti nella Cappella del Paradiso, composta da oltre trecento statue,dove si raffigura l’Incoronazione di Maria da parte della Trinità. Poco distante, anche Moncalvo celebra il tartufo con un’importante fiera che si svolge alla fine di ottobre, ma i ristoranti aderenti alla promozione del tubero proseguono sino al 24 novembre con la proposta di succulenti piatti, dando la possibilità agli appassionati di gustare il frutto dei boschi in svariate declinazioni. In questo suggestivo paesaggio delle colline monferrine nacquero Rosa Vercellana, passata alla storia come la Bela Rosin, moglie morganatica di Vittorio Emanuele II

di Savoia, e Guglielmo Caccia, detto Il Moncalvo, pittore attivo a cavallo del XVI e XVII secolo, sepolto nella bella chiesa gotica di San Francesco. Moncalvo è inoltre sede annuale dell’incontro, il 12 dicembre, riservato agli appassionati dell’allevamento di buoi di razza Piemontese. Gli esemplari migliori, premiati da colorate gualdrappe, vengono venduti alle più note macellerie d’Italia. Storica manifestazione giunta alla 375esima edizione, la Fiera del bue grasso propone, secondo tradizione, una ghiotta occasione per conoscere l’autentico bollito alla piemontese. Il primo fine settimana di novembre è invece consuetudine celebrare la Sagra del tartufo a Cella Monte. Dopo gli assaggi dei piatti a base di trifola, d’obbligo la visita agli infernot, le suggestive cantine scavate nel tufo, opere straordinarie nella loro forza evocativa e particolarmente indicate per conservare i vini prodotti in questa parte di Piemonte goloso.

Murisengo è l’unico Comune in Italia a essersi dotato di un marchio di qualità del tartufo

In sintesi: dove e quando 21esima Sagra del Tartufo bianco: 3 e 4 novembre, Cella Monte 45esima Fiera Nazionale del Tartufo: 11 e 18 novembre, Murisengo 58esima Fiera del Tartufo: 21 e 28 ottobre, Moncalvo 375esima fiera del Bue grasso: 8, 9 e 12 dicembre, Moncalvo

Per saperne di più: www.monferrato.org www.fieradeltartufo.com www.tartufodimoncalvo.it

Scelti per voi dove mangiare Ristorante Cascina Martini Elegante, curato, convincente. In questo cascinale dell’Ottocento il garbo è di casa e la cucina sorprende per dettagli e raffinatezza. Spesa media 35 euro Via Gianoli, 15 Murisengo (Al) Tel. 0141.693015 Ristorante Boccadoro Luogo piacevole e intimo non distante dal Santuario di Santa Maria Assunta. Si mangia a partire da 32 euro Via Ugo Cavallero, 16 Ponzano Monferrato (Al) Tel. 0141.927112

dove dormire Locanda del Melograno Un’accurata ristrutturazione ha riportato ad antichi fasti una deliziosa residenza del centro storico. Doppia a partire da 90 euro Corso Regina Margherita, 38 Moncalvo (At) Tel. 0141.917599 La Canonica di Corteranzo Casino di caccia del Seicento, canonica nei secoli successivi, oggi riposante struttura ideale per visitare il Monferrato. Doppia a partire da 130 euro Via Recinto s/n Murisengo (Al) Tel. 0141.693110

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Vallerano, colto in castagna!

Lazio

Vallerano

Il bel borgo del Viterbese è da secoli territorio fertile per la coltivazione del carnoso e dolce frutto autunnale che, nel 2009, ha ottenuto la Dop. Per assaggiarlo arrosto o in confettura, regalatevi un tour tra i borghi medievali e le pievi romaniche che costellano il comprensorio dei Monti Cimini di Riccardo Lagorio

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Castagne e autunno: un’associazione pressoché spontanea. In virtù dell’antica relazione tra la castagna e la cucina domestica (come frutto o sotto forma di farina) l’Italia è tra le maggiori nazioni produttrici di questo frutto. Numerose le località dello Stivale adatte alla coltivazione dei castagni, ma una delle zone di produzione più predisposte per caratteristica dei terreni e clima favorevole è quella di Vallerano e dei Monti Cimini, press’a poco sul ginocchio di quello Sti-


La coltivazione dei castagni in territorio valleranese è documentata sin dal XVI secolo. Il loro frutto era la principale fonte di sostentamento della popolazione nonché ricercata merce di scambio

Centenari compagni di vita La coltivazione dei castagni a Vallerano ha caratterizzato il paesaggio sin dal XVI secolo e, a memoria di generazioni, lo spazio agricolo è sempre stato monopolizzato dai castagni, molti dei quali oggi sono ultracentenari. Nelle fonti della fine del Cinquecento si legge che le castagne furono utilizzate come mezzo di scambio con i paesi vicini in cambio di cereali, e il maggior sostentamento delle popolazioni derivava proprio dalla castagna. Di questo ci informa anche il primo censimento a cui si fa riferimento, quello dello Stato Pontificio del 1656. Oggi la raccolta avviene tra fine settembre e la prima metà di novembre, a mano o con macchine aspiratrici per salvaguardare l’integrità del frutto, che viene conservato con bagni d’acqua fredda, asciugato e selezionato in base alla calibratura. La conservazione avviene in locali asciutti e ventilati per mantenere la giusta croccantezza. Praticamente priva di solchi in superficie, la castagna di Vallerano Dop ha polpa bianca. Sapida e profumata, è utilizzata anche essiccata e se ne fanno ottime confetture, ideali per farcire torte o arricchire gelati. Gli stessi terreni tufacei ricchi di sostanza organica, ben drenati e freschi, su cui crescono gli alberi centenari celano anche cantine ideali per la conservazione di vini e derrate alimentari, e ospitano improvvisate osterie durante gli annuali festeggiamenti dedicati alla castagna.

Passeggiando tra castagni e noccioli

vale, nel Viterbese. La particolare composizione del suolo apporta infatti la giusta quantità di potassio al frutto, ideale in combinazione con la contenuta piovosità e le elevate escursioni termiche; la castagna coltivata nel territorio di Vallerano, anche per merito dei concomitanti fattori umani come la continua ricerca e la messa in atto di specifiche tecniche di coltivazione, si può quindi fregiare oggi della Denominazione d’Origine Protetta.

La castagna di Vallerano Dop è praticamente priva di solchi in superficie, e ha polpa bianca, sapida e profumata

Per saperne di più: www.castagnavallerano.it

La malleabilità del tufo si è ben prestata anche al sorgere di chiese e insediamenti rupestri nei primi anni del Cristianesimo e sino al Medioevo. Un magico esempio è proprio la rupe del Salvatore di Vallerano. Il principale elemento che contraddistingue il sito è una grotta utilizzata come cappella dove sono rappresentati su fondo rosso il Salvatore, San Pietro e un angelo in stile bizantino. Bell’esempio di arte romanica è la chiesa della Madonna della Pieve, mentre la chiesa della Madonna del Ruscello ospita un grandioso organo in cassa di legno di castagno del Seicento. A pochi chilometri a est di

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Vallerano anche Vignanello custodisce importanti brani di dipinti di arte rupestre medievale, come l’insediamento dedicato a San Lorenzo, seminascosto da un bosco di querce a sud dell’abitato. Ma Vignanello è soprattutto noto per la presenza di Castello Ruspoli che da rocca del IX secolo si convertì a sfarzosa abitazione patrizia rinascimentale. Le viuzze del paese si snodano tra antichi edifici, con le caratteristiche scalinate che paiono appoggiarsi ai ripidi pendii; qui soggiornò anche papa Paolo III, quello del Concilio di Trento, insieme al suo maggiordomo Sante Lancerio. Ne ebbe ad apprezzare il vino, ancora ben noto a Roma nell’Ottocento e cantato da Giocchino Belli (È bbono bbianco, è bbono rosso e nnero;/de Ggenzano, d’Orvieti e Vviggnanello), tanto da essere innalzato all’inizio degli anni Novanta agli onori delle cronache per l’istituzione di una Doc. Eppure Vignanello è assai noto anche per la produzione di nocciole, di varietà Tonda Gentile Romana, dalla polpa consistente e chiara e utilizzata nella gastronomia locale per la preparazione di dolci come torroni e biscotti, tozzetti e crucchi (elaborati con cacao, farina e zucchero oltre che nocciole). A ovest di Vallerano, Canepina conserva, pressoché intatto, impreziosito dal Castello degli Anguillara e dalla chiesa di Santa Maria Assunta, il borgo medievale. Sino ad anni recenti ha avuto ampia fama l’artigianato locale delle botti, delle botticelle e dei bigonci e ancora oggi il territorio comunale è quasi del tutto ricoperto da una rigogliosa vegetazione di castagni e noccioli.Anche a Canepina l’autunno propone numerose scantinate a base di castagne e vino locale. L’esperienza delle donne di casa ha però accresciuto il paniere delle bontà con due paste locali: il fieno canepinese (sottilissime strisce di pasta affettata a mano che sosta per qualche secondo su panni di lino prima di essere condita e servita) e i ceciliani (ottenuti con l’uso di un ferro sottilissimo per avvolgere la pasta adeguatamente preparata in tanti piccoli pezzettini). E sempre l’autunno, carico di funghi, orna entrambi nel migliore dei modi.

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Scelti per voi dove mangiare Trattoria Ferri Locale semplice dai sapori robusti e familiari. Sorvolerete su perfezionamenti, anche banali, ma forse necessari. Si mangia a 25 euro Via Roma, 22 Canepina (Vt) Tel. 0761.750144

Ristorante Palazzo Pretorio Cucina affidabile e legata alle tradizioni locali. Pochi passi separano il locale da Palazzo Farnese. Prezzo: da 30 euro Piazza della Repubblica, 6 Vignanello (Vt) Tel. 0761.755886

dove dormire Albergo Al Poggio Essenziale e funzionale. L’innata ospitalità dei proprietari lo rende caldo e accogliente. Camera doppia da 60 euro Via Giuseppe Ianni, 7 Vallerano (Vt) Tel. 0761.751893

Agriturismo La Quiete Immerso nel verde dei Monti Cimini, possiede camere riposanti e confortevoli. Doppia a partire da 50 euro Località Talano Vallerano (Vt) Tel. 0761.751840

Qui sopra, una veduta panoramica di Vallerano, borgo laziale della provincia di Viterbo. Qui, in novembre, si svolge la sagra della castagna, prodotto tipico Dop (in alto, un riccio)



l’olio

di Isa Grassano

Cleopatra e il rito della raccolta Le prime tracce della coltivazione dell’ulivo, in Italia, risalgono Sono gesti antichi quelli che al 600 a.C., con le piante portaaccompagnano le attività legate te per mare dai coloni greci. Da all’olio e alla sua produzione. allora il periodo della raccolta e Ma non solo. Se infatti l’utilizzo della frangitura delle olive è divenuto un rito che si ripete imdell’oro liquido è considerato la novità mutato negli anni: ritmi, gesti, i wellness a chilometro zero degli ultimi semplici macchinari nel frantoio anni, scopriamo che all’ombra e il periodo tra novembre e didelle piramidi c’era già chi non poteva cembre quando ovunque, nelle farne a meno per rendere i propri campagne, si vedono uomini e capelli i più lucenti dell’impero… donne impegnati nella raccolta, quasi fosse una festa. C’è chi raccoglie tutto a mano, impugnando ogni rametto e scorrendolo dall’alto al basso finché tutte le olive non soano cadute sulla rete stesa per terra, e chi lascia che cadano spontaneamente. C’è chi offre persino la possibilità di adottare le piante di ulivo, come l’Azienda Agricola Le Roghete, ai confini della Riserva Naturale di Monte Rufeno (in provincia di Viterbo). Una campagna di adozione che la famiglia Cirillo, titolare dell’Azienda, Per saperne di più: ha avviato per sviluppare un turismo sostenibile www.leroghete.it teso a valorizzare la storia e le tradizioni contawww.borgoegnazia.com dine messe a dura prova dalla globalizzazione. www.castellodelnero.com

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Ma l’olio sta diventando sempre più anche l’ingrediente principale di trattamenti wellness a “chilometro zero”, così come già accadeva in passato. Cleopatra utilizzava un filo d’olio per preparare una cremosa maschera da cospargere sui capelli. Ippocrate consigliava di usare impacchi di olive macerate per la cura delle ulcere cutanee. Dall’antichità a oggi, le proprietà dell’olio d’oliva non sono cambiate, anzi sono state riscoperte dalla cosmesi naturale e vengono sfruttate nei centri benessere. Persino la bellissima Sophia Loren ha confessato che, di tanto in tanto, non disdegna un bel bagno “nell’oro liquido”, così come lo chiamava Omero. Insomma l’olio come elisir di giovinezza, soprattutto nelle Spa e nelle beauty farm che si trovano nelle regioni particolarmente vocate alla coltivazione dell’ulivo. La Puglia in testa, con le sue piante secolari, dove, a Borgo Egnazia, all’interno della spa Vair si possono provare i trattamenti all’olio, oppure vivere l’esperienza di raccogliere le olive (il progetto si chiama Be Local per immergersi anima e corpo nello stile di vita locale). In Toscana, al castello del Nero, nel cuore del Chianti, si può invece provare il massaggio orientale alla testa con olio d’oliva e argilla rosa o un massaggio balinese all’olio caldo.



orto dei semplici

di M. Pia Fanciulli

Quella vivace radice rossa Oltreché in tavola, un tempo il ravanello si faceva molto apprezzare anche per le sue virtù curative. Semplice da coltivare, rientra nella categoria degli ortaggi meno esigenti e amatissimi anche dai coltivatori più impazienti: appena 5 o 6 settimane e si potranno raccogliere le sue gustose radici Ortolani esperti si diventa, non si nasce. Se quindi ci si trova di fronte al dilemma su quale prodotto scegliere per cominciare la piacevole avventura dell’orto o di un piccolo angolo da coltivare sul balcone, il ravanello si rivelerà un generoso alleato. Che il raccolto sarà un sicuro successo lo indica in fondo il nome stesso. Dal greco raphanos, divenuto poi in latino raphanus, significa infatti “che spunta facilmente”. Più promettente di così! Senza dimenticare poi come il ravanello – piccola, graziosa rapa dal colore rosso brillante – ben si adatta anche alla coltivazione su spazi ridotti, come ad esempio un vaso sul davanzale. Non solo. I semi di questo ortaggio croccante e piccantino riservano anche altre sorprese, come un raccolto di teneri germogli per le insalate che si ottengono mettendo a bagno i semi per 6-12 ore, per poi scolarli e collocarli in un contenitore al buio o coperti da un telo bagnato. Importante mantenerli umidi sciacquandoli ogni tanto. Quando i germogli spunteranno bisognerà esporli alla luce per renderli più verdi e ricchi di clorofilla. A questo punto saranno pronti per il consumo. Ortaggio proveniente dall’Oriente, il ravanello, detto anche rapanello, era già utilizzato in Cina duemila anni prima di Cristo. Diffusissimo pu-

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Coltiviamoli così

Il ravanello prevede una coltura semplice e veloce, che ben si adatta anche ai piccoli spazi. Unica accortezza: evitare esposizioni troppo soleggiate per le varietà estive. I vasi e il terriccio Se si opta per la semina in cassetta o in vaso è preferibile scegliere varietà di ravanelli a radice piccola e tonda che richiederanno l’utilizzo di contenitori poco profondi: sono sufficienti 15 cm. Il terriccio dovrà essere a medio impasto, cioè mescolato con torba, compost e sabbia, utile a favorire il drenaggio dell’acqua e a fornire il giusto apporto nutritivo alla pianta. La semina Si semina in Luna calante, dalla primavera all’autunno, dopo aver sminuzzato il terreno su cui tracciare un piccolo solco dove lasciar cadere un seme ogni 2-3 cm per poi compattare leggermente. Attenzione agli uccelli sempre molto golosi di semi! Annaffiare senza eccedere. Bastano due volte a settimana per non provocare uno sviluppo eccessivo delle foglie rispetto alla radice. Punti deboli Da evitare siccità e, in estate, eccessiva insolazione, specialmente quando le piantine sono ancora piccole. In condizioni ottimali le radici crescono rapidamente e diventano tenere e gustose, mentre in terreni aridi e compatti le piante fioriscono anticipatamente e le radici assumono un sapore eccessivamente piccante. Abbastanza resistenti alle malattie, temono le altiche, o pulci di terra, che si tengono a bada con un decotto di tanaceto. Buono a sapersi Più a lungo si tengono i ravanelli in terra e più aumenta il loro sapore pungente. Per evitarlo basterà quindi raccogliere la radice quando non ha ancora raggiunto il suo massimo sviluppo. Altra cosa da tenere a mente è che con l’aumentare delle dimensioni cresce pure il rischio di spaccature della radice che ne può compromettere sapore e croccantezza. Raccolta e conservazione Dopo circa 45 giorni dalla semina si può iniziare la raccolta – meglio se in Luna crescente – facendo attenzione a che i ravanelli non maturino troppo. Si estraggono dal terreno con una palettina oppure afferrando la pianta alla base delle foglie e tirando via la radice con delicatezza. Meglio consumare appena raccolte le varietà estive, mentre quelle invernali si possono conservare in cassette con strati di sabbia oppure lasciate sul terreno, dove si dovrà però avere l’accortezza di coprirle con uno spesso strato di foglie secche tenute in sede con una rete di plastica. Si potranno così raccogliere anche nei periodi più freddi.

In apertura, i croccanti ravanelli dal colore rosso acceso, facili da coltivare e dotati di virtù diuretiche e depurative. Qui sopra, un esempio di paciamatura realizzato con paglia, foglie secche, aghi di pino, corteccia ed erba tagliata

re nell’antico Egitto, compare sulla piramide di Cheope raffigurato insieme ad aglio e cipolla. Ma furono greci e romani – questi ultimi ne coltivarono varie qualità – a favorirne la diffusione in tutto l’Impero. Dotato di virtù diuretiche e depurative, nella tradizione erboristica tedesca il ravanello è considerato capace di favorire il sonno grazie al suo contenuto di zolfo e vitamina B. Alimento dalle pochissime calorie, apporta una buona quantità di vitamina B, C, calcio, fosforo e ferro. Sbizzarrirsi tra forme e colori Buonissima in pinzimonio o unita alle insalate, la gustosa radice del ravanello si consuma in Occidente soprattutto cruda. Può però anche essere soffritta in padella, tagliata a rondelle, con olio e aglio, ottima in questo caso per accompagnare le carni arrosto. L’aroma pungente che la caratterizza si deve a un olio essenziale concentrato soprattutto sotto la superficie, quindi lo si potrà attenuare eliminando la buccia. In Oriente invece i ravanelli sono assai apprezzati marinati oppure cotti. Sono commestibili – anzi, proprio gustose – pure le piccole e tenere foglie da mangiare fresche o da trattare a mo’ di spinaci da aggiungere a minestroni e passati di verdure. Quanto alle varietà, ne esistono davvero molte, con colori che vanno dal rosso al nero al bianco, dalla forma tondeggiante o allungata. Tra le varietà rosse più note compare il Saxa e il Mezzo lungo di Napoli, tra quelle bianche il giapponese Daikon e il nostro Candela di ghiaccio.

Pacciamare per proteggere Le temperature scendono e annunciano le prime gelate. In questo periodo c’è da fare la pacciamatura. Per chi non sappia cosa sia, si tratta di una semplice operazione utile a proteggere gli alberi di nuovo impianto sia nel giardino che nel frutteto, gli arbusti da poco trapiantati e anche le rose. L’operazione consiste nel collocare alla base del fusto uno strato di paglia, foglie, aghi di pino, corteccia o anche erba tagliata. Va bene pure per l’orto. Servirà a mantenere più caldo e umido il terreno, a impedire la crescita delle infestanti e a evitare, in altri momenti dell’anno, una rapida evaporazione dell’acqua. Si tratta di una tecnica suggerita dalla natura, quando le foglie cadono sul terreno costituendo un salutare strato protettivo.

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Il buono a tavola

di Antonio Romeo Docente isttuto alberghiero IPSSEOA di Soverato (Cz)

Ricette mare-monti da una “terra di mezzo”

Tra gli Appennini e l’Adriatico, le Marche sono un territorio d’incontro tra culture culinarie diverse, dalle quali nascono piatti che esaltano gli accostamenti più inconsueti tra carne e pesce

Si trovano giusto al centro della penisola, con un territorio dominato dai monti e bagnato dal mar Adriatico, le Marche. Ora, il codice genetico di un popolo, e dunque il suo modo di alimentarsi, nasce sicuramente da una cultura condivisa, ma è determinato anche dal territorio. Il DNA della cucina marchigiana si costruisce quindi sulla fusione di prodotti dell’entroterra e della costa, creando abbinamenti inconsueti come gli spaghetti mare e monti, a base di calamari e funghi, oppure la rana pescatrice in porchetta a base di pesce e fagioli, o i ravioli ai filetti di sogliola ripieni di ricotta impastata con uova, burro, prezzemolo e noce moscata, con-

Passatelli in brodo

Calcioni dolci

Ingredienti: 150 gr di pane grattugiato • 150 gr di formaggio parmigiano • 75 gr di farina • 5 uova • noce moscata • scorza di limone • sale • brodo di carne Preparazione: Fare un impasto con tutti gli ingredienti. Lasciare riposare in frigo per almeno un’ora. Preparare nel frattempo un brodo di carne e filtrarlo. Portare il brodo a ebollizione e versare i passatelli facendoli cadere dall’apposito schiacciapasta (o da uno schiacciapatate). Cuocere per un minuto circa. Servire caldo.

Vincisgrassi

Ingredienti: 1 sfoglia di pasta tirata a mano • 100 gr di carne vaccina macinata • 300 gr di rigaglie di pollo e di piccione (fegatini, cuore, creste, animelle) • 1 cipolla • 1 carota • 1 bicchiere di vino bianco • 500 gr di pomodoro in salsa • 150 gr di olio extravergine di oliva • 200 gr di parmigiano grattugiato • sale e pepe

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Preparazione: Tirare la sfoglia non troppo sottile e ritagliarla a quadrotti. Preparare la salsa: versare l’olio in una casseruola facendo dorare la carota, la cipolla e la carne macinata, aggiungere le rigaglie di pollo con il vino bianco; infine versare la salsa di pomodoro e portare il tutto a cottura aggiungendo un mestolo di brodo se necessario e aggiustare con sale e pepe. La cottura deve essere abbastanza prolungata. Passare la sfoglia in acqua salata, bollente. Quando saranno pronti sia la sfoglia che la salsa, imburrare una teglia. Sul fondo stendere uno strato di salsa, poi formare un primo strato di sfoglia. Versare la salsa con le rigaglie e spalmarla su tutta la pasta, poi spruzzare con del parmigiano. Formare un altro strato di pasta, coprire con la salsa e così via fino a 7 o 8 strati. Sopra l’ultimo strato mettere la salsa, il parmigiano, un po’ di burro. Lasciare riposare almeno due ore, quindi infornare per 40 minuti circa a 180°C; negli ultimi 5 minuti portare il forno a 210°C per formare una crosta leggermente croccante.

Ingredienti per l’impasto: 400 gr di farina • un cucchiaio di olio di oliva • 50 gr di zucchero • 50 gr di burro • 3 uova • 5 tuorli Ingredienti per il ripieno: 2 uova • 4 albumi • 200 gr di zucchero • 500 gr di pecorino • un limone Preparazione: Impastare la farina con un cucchiaio di olio, lo zucchero, il burro, le uova e i tuorli. Far riposare la pasta per mezz’ora. Nel frattempo, preparare il ripieno con le uova, gli albumi, lo zucchero e il pecorino versato un poco alla volta. Mescolare, amalgamando bene, e profumare con la buccia di un limone grattugiata. Stendere quindi la pasta a sfoglia molto sottile, cercando di ricavare una sessantina di dischi, servendosi di un tagliapasta dentellato. Distribuire il ripieno su ogni disco e pennellare il bordo con l’albume sbattuto. Chiudere, ripiegando la pasta in modo da formare tante mezze lune, e praticare al centro di ognuna


diti con sugo di sogliola al vino bianco e pomodoro. Simbolo della cucina marchigiana sono le olive all’ascolana, ripiene di carne o pesce. La tradizione di elaborare ripieni per ogni cosa la riscontriamo anche nella preparazione delle sarde di Ancona, impanate e cotte al forno. Altro grande protagonista della cucina è il brodetto di pesce, pietanza così rappresentativa e imitata che si è sentita la necessità di fondare un’Accademia Marchigiana del Brodetto. Prettamente regionale è anche la preparazione che si usa per alcuni tipi di carne, come il pollo o il coniglio, ovvero il potacchio, un brasato con pomodoro, acciughe, aglio, rosmarino, prezzemolo e peperoncino: un intingolo gustoso, profumato di erbe aromatiche. Anche il coniglio in porchetta, altro piatto della tradizione, ha come ingrediente principale un’aromatica, il finocchio selvatico, erba tra le più utilizzate nella cucina marchigiana e che ritroviamo in molte preparazioni sia di carne che di pesce: fresco, se le foglioline sono abbastanza tenere, o passato in acqua bollente. Il piatto più sontuoso e più antico è però quello dei vincisgrassi, sorta di lasagne condite con un sugo di rigaglie di pollo, filoni di manzo, besciamella e tartufi. Il territorio è infatti ricco di tutte le varietà di tartufo e questo prezioso ingrediente è presente in tanti piatti della tradizione. Anche i salumi sono molto pregiati. Tra questi, ricordiamo la coppa di testa, che si prepara con i ritagli, le ossa, le cartilagini e la testa del maiale, e il ciauscolo, salame morbido fatto con carne di maiale insaporita con aglio e pepe, solitamente spalmato sui crostini di pane.

un taglietto a croce. Imburrare 2 placche da forno e collocarvi, piuttosto distanti tra loro, i calcioni. Pennellare ancora con l’albume sbattuto e cuocere in forno caldo a 180°C per circa 20 minuti.

Stoccafisso all’anconetana

Ingredienti: 100 gr di sedano • 100 gr di carote • 100 gr di cipolla o porro • 3 kg di stoccafisso ragno • 1 scatola di tonno • 1 scatola di acciughe • 30 gr di capperi • 1 l di olio extravergine • brodo di stoccafisso • 3 pomodori a cubetti • 2 kg di patate • 3 dl di vino bianco secco • sale • pepe • rosmarino • 4 spicchi aglio • 40 gr di prezzemolo Preparazione: Tagliare sedano, carote e cipolla in brunoise. Tritare le acciughe, il prezzemolo, il tonno, i capperi e cubettare i pomodori. Mescolare questi ingredienti e lasciar insaporire. Lavare, pelare e tagliare le patate a spicchi; insaporire con olio, sale, pepe, rosmarino e spicchi d’aglio. Parare lo stoccafisso e tagliarlo a pezzi uguali, insaporire con sale, pepe e olio. Utilizzare gli scarti per il

O ancora, il prosciutto di Montefeltro, quello di Carpegna e la soppressata di Fabriano. I dolci, poco conosciuti fuori dalla regione, prendono i caratteristici nomi di frustingolo, beccute e calcioni, o le più note ciambelle al mosto. Tra i vini ricordiamo la Lacrima di Morro d’Alba Doc, dal gusto corposo e fruttato, il Bianco Doc dei Colli Maceratesi, il Rosso Conero Doc e la frizzante Vernaccia di Serrapetrona Docg. In apertura, un ricco piatto di stoccafisso all’anconetana e, qui sopra, gli agrodolci calcioni al sapore di pecorino. Sotto, una bella panoramica del Monte Conero con la spiaggetta di Sirolo

brodo. Disporre i pezzi di stoccafisso distanziati su una teglia da forno, prendere una piccola quantità del composto e coprire ogni pezzo; aggiungere le patate per riempire gli spazi, aggiustare di sale e pepe; aggiungere il vino bianco e del brodo in parti uguali a (quasi) coprire il tutto. Infornare a 180°C (a 150° se è un forno “misto” convezione/vapore) per 30 minuti. Coprire con la carta argento. Continuare la cottura per circa un’ora e mezza ancora.

Brodetto all’anconetana

Ingredienti: Pesce fresco (13 varietà): seppie, pannocchie, scampi, palombo, razza, polpi, scorfani, triglie, sgombri, cefalo, San Pietro, mazzole, rombo, coda di rospo, calamari, merluzzo, sogliole etc. • 1 bicchiere di olio d’oliva • 1 cipolla • 2 spicchi d’aglio • peperoncino • 1/2 bicchiere di aceto • prezzemolo • passato di pomodoro • brodo di pesce Preparazione: Pulire e lavare il pesce, sistemarlo per bene in un ampio piatto capace e spolverizzarlo leg-

germente di sale fino. In una casseruola con un bicchiere d’olio, imbiondire una cipolla tagliata sottilmente, due spicchi di aglio schiacciati con del peperoncino e un cucchiaio di capperi tritati. Aggiungere mezzo bicchiere d’aceto (si aromatizza la zuppa e si evita che il pesce si spezzi); lasciar evaporare l’aceto e unire un trito di prezzemolo e del passato di pomodoro. Dopo qualche bollore mettere giù le seppie che devono cuocere un quarto d’ora abbondante a fuoco dolce e a tegame coperto; poi, quando il sugo comincia a restringersi e le seppie cominciano a essere tenere, sistemare il resto del pesce, tenendo presente che prima vanno messe le pannocchie, gli scampi e le teste grosse; di seguito vanno aggiunti gli altri tipi (merluzzi, triglie e sogliole). Cuocere per non più di un quarto d’ora a fuoco dolce; allontanare la casseruola dal fuoco e lasciare coperta ancora qualche minuto. Il brodo deve essere abbastanza denso e di un bel color rosso cupo. Servire con fette di pane casereccio abbrustolite e passate nell’aglio. Spolverare con del prezzemolo tritato.

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chef italiani nel mondo

Enrico Bricarello

Michele Fiore

Allievo di Andrea Venturini, dal 1982 è Chef Istruttore all’Istituto Alberghiero Colombatto di Torino. Alla docenza ha sempre affiancato la conduzione di ristoranti a Torino e l’attività di consulente per locali anche all’estero. Nel 2009 ha vinto il Cous Cous Fish come Chef individuale e il Cous Cous Festival di San Vito lo Capo come membro del Team Italia. Vanta anche pubblicazioni per Slow Food Editore e altre riviste di settore.

Napoletano, ha cominciato a 13 anni in un ristorante di Gragnano. Dopo il diploma, ha lavorato a Vicenza, Roma e in Spagna prima di affermarsi come executive chef a Napoli e Salerno. Innamorato della sua terra, per restarvi ha rifiutato diverse proposte dall’estero. Tra i suoi interessi, l’associazionismo di settore nella FIC e nell’Accademia Nazionale dei Cuochi che nel 2000 gli ha conferito il titolo di “Disciples di Auguste Escoffier”, il famoso maitre francese.

Flan di Topinambour e crema di acciuga

Ingredienti per 4 persone: 300 gr di riso Vialone nano; 200 gr di zucchine; 150 gr di provola; 500 gr di cozze fresche; 60 gr di pomodorini di collina; olio extra vergine di oliva q.b; olio di arachidi; sale q.b; 50 cl di vino bianco; 5 spicchi d’aglio in camicia; basilico

Ingredienti per 10 monoporzioni: 150 gr di Parmigiano Reggiano grattugiato; 3 dl di panna fresca; 5 uova; 50 gr di burro fuso; 300 gr di Topinambour cotti al vapore; 200 gr di salsa leggera all’acciuga

Preparazione: Sbattere le uova, unire la panna e condire con il sale, il pepe e la noce moscata; aggiungere quindi al composto il Parmigiano Reggiano grattugiato e la verdura passata al vapore e in seguito setacciata. Amalgamare il tutto, e spennellare con il burro fuso 10 stampini monoporzione; versarvi a questo punto il composto e porre gli stampini a bagnomaria in forno a una temperatura di 160 gradi per un lasso di tempo pari a circa 35/40 minuti o in un forno a vapore a 86 gradi per 20/25 minuti. Togliere dal forno e lasciare riposare per qualche minuto, quindi sfornare il composto e servir-

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Tortino di riso con cuore di provola in guazzetto di cozze e zucchine

lo con la salsa di acciughe. Infine, guarnire a piacere e servire il tutto ben caldo. Per preparare la salsa di acciughe occorre sciogliere invece in olio extravergine di oliva aromatizzato all’aglio, una piccola quantità di filetti di acciughe salate – che sono precedentemente e accuratamente dissalate − alla temperatura di 80 gradi per un lasso di tempo pari a circa 10/15 minuti.

Preparazione: Pulire e lavare le cozze, aggiungere l’olio e 2 spicchi d’aglio da togliere non appena dorati. Aggiungere acqua e, quando le cozze si sono aperte, sgusciarle e metterle da parte. Filtrare l’acqua e aggiungere quella necessaria a cuocere il riso. Pulire le zucchine, tagliarle a mezza luna e cuocerle al vapore. Tagliare la provola a cubetti piccoli, prendere una casseruola con olio e 2 spicchi d’aglio da togliere non appena dorati, aggiungere il riso, farlo tostare e bagnarlo con vino bianco. Aggiungere lentamente l’acqua delle cozze, portarlo a cottura con aggiunta di un filo d’olio e sale, poi farlo raffreddare. Preparare il sugo con olio e aglio, aggiungere le cozze sgusciate e le zucchine al vapore e cuocere per 2 minuti. Preparare il tortino di riso e dopo aver inserito al centro la provola, friggerlo. Passare i pomodorini nella farina e farli friggere. Comporre il piatto, mettendo la salsa di cozze, il tortino di riso al centro con sopra il pomodorino fritto e il basilico per decorazione.



w cVid V B^aVcd ^a bZgXVid \^jhid Da un’iniziativa del nostro giornale, nasce Vdg Market, il mercato giusto dei produttori italiani riuniti. Un luogo dove potete conoscere i prodotti direttamente attraverso la degustazione, mentre personale competente ve ne illustra le caratteristiche, le proprietà nutritive e le tecniche di produzione. Il prezzo? È quello stabilito dal produttore, senza mediazioni.

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in Viaggio 90

Catania, eruzione di sapori In giro tra le vie in pietra e le piazze barocche della città etnea a gustare cannoli e arancini

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L’Italia in mostra: Torino Sotto la Mole son arrivate le opere di Degas: seguiteci, se ad interessarvi non è solo l’arte

da pag. 98 Rubriche

• Città in 24 ore, Milano • Città in 24 ore, Essaouria

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inviaggio

Catania, un’eruzione di sapori di Marco Scapagnini

All’ombra dell’Etna, brulicano le antiche vie e le piazze barocche della vivace città siciliana. Sembra di sentirle le urla dei venditori, al mercato del pesce, così come il gusto dolcissimo e profumato delle specialità pasticcere e la brezza marina che dalle coste e dai borghi resi famosi dalla penna di Giovanni Verga sale su, fino alla cima del “gigante di fuoco” che veglia possente e gentile sui catanesi e sulla loro terra Sicilia

Catania

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È lastricata di suggestiva pietra lavica e circondata da sfarzosi palazzi dalle classiche linee del barocco siciliano l’ideale strada che conduce al centro di Catania, nel cuore pulsante di questa vivace città tagliato in due dalla maestosa via Etnea che dal mare sale fino al vulcano e che domina il panorama da ogni lato. Fuor di metafora, arrivando a Catania dal vicino aeroporto la prima sosta saranno sicuramente gli Archi della Marina, alle spalle di Piazza Duomo, lungo passaggio ferroviario soprelevato ormai divenuto patrimonio architettonico cittadino che corre alle spalle del porto e apre a

uno dei mercati più interessanti della regione, la Piscarìa. Qui le specialità ittiche la fanno da padrone, con folcloristici venditori che urlano i prezzi e le tipologie di pesce presente sulle variopinte bancarelle, ma si possono trovare anche freschissime frutta e verdura.Da non perdere i fichi d’india dell’Etna Dop, e i formaggi locali, come la tuma, un saporito pecorino primosale. Risalendo dal mercato verso la Piazza del Duomo si incontra Vicolo dei Lavandari dove in passato le donne venivano a lavare i panni nel fiume Amenano che oggi scorre sotto la città sepolto dalla lava nel terremoto del 1686. Proprio di fronte al-


Lo sfarzo fastoso del barocco siciliano, il gusto invitante di cannoli e arancini, la vetta infuocata del vulcano “buono”: Catania è tutto questo. E molto altro ancora Tra putìe e street food la Fontana dell’Amenano si trova l’Ambasciata del mare, piccolo ristorante tutto pesce con i prodotti che arrivano freschissimi dall’adiacente mercato. Da provare la moltitudine di antipasti con interessanti abbinamenti come i gamberetti marinati con fette d’arancia o fragole, il capone (ovvero la lampuga) in agrodolce, e le fantastiche polpettine di neonata (ovvero di bianchetti), e per finire le squisite crostatine fatte in casa con le mandorle diAvola.Poco più avanti si entra nella maestosa piazza del Duomo, dominata dalla statua dell’Elefante, o Liotro, e dal bellissimo Duomo Barocco.Lasciando il Duomo sulla destra vale la pena visitare Palazzo Biscari, il più bell’esempio di architettura barocca catanese e sulla strada fare una sosta ai Dolci di Nonna Vincenza, dove comprare i migliori cannoli riempiti al momento o scegliere fra i tanti biscotti appena sfornati in vendita negli antichi banconi del negozio. Oltre ai magnifici saloni affrescati, Palazzo Biscari offre la possibilità di pernottare in un appartamento per assaporare l’ospitalità di una casa nobiliare siciliana. Ritornando a piedi verso il Duomo, appena attraversata la Piazza, si vedrà sulla destra la lunghissima via Etnea e, salendo in direzione Vulcano,arriverete di fronte ai giardini dellaVilla Bellini che è buona norma visitare dopo aver mangiato un arancino al sugo o al burro nell’adiacente bar pasticceria Savia. Uscendo in direzione Sud dai giardini vi potrete dirigere verso il Castello Ursino, splendido maniero federiciano, fermandovi a dissetarvi in uno dei tanti chioschi che si trovano lungo la strada ordinando un mandarinetto al limone, ovvero una rinfrescante bibita a base di sciroppo di mandarino, selz e limone spremuto fresco.

Si chiamano putìe e sono le tipiche trattorie catanesi dove fermarsi a gustare la ricca gastronomia locale. Come la pasta “alla Norma” che, dedicata alla famosa opera del compositore catanese Vincenzo Bellini, è il piatto più famoso della tradizione etnea con pasta fatta in casa, melanzane fritte, salsa di pomodoro e ricotta salata. O ancora, la Caponata, contorno realizzato con cinque differenti verdure separatamente saltate in padella e unite con un agrodolce di aceto, zucchero, capperi, olive, uva passa, pinoli e sedano; e la Scacciata, pizza ripiena di tuma fresca con acciughe o con cipolle e patate, che si trova però solo nei panifici più caratteristici della città. Da non perdere poi la tradizionale specialità di street food, l’immancabile panino con la carne di cavallo, e un assaggio della golosissima pasticceria locale. Cannoli e cassate riempiono il cuore, ma non sono da dimenticare neanche le Crispelle, dolci tipicamente catanesi fatti di pasta di riso fritta e cosparsa di miele. Cercatele nelle gastronomie e nei banchetti dei venditori ambulanti.

In apertura, una suggestiva panoramica di Catania con il profilo innevato dell’Etna sullo sfodo. In alto, un salone di Palazzo Biscari, il più bell’esempio di architettura barocca catanese. In questa foto, il Castello Ursino

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In questa immagine, una veduta dall’alto del rifugio Sapienza alle pendici dell’Etna

inviaggio

Lungo la costa, nelle terre di Verga Uscendo da Catania, vale la pena fare un’escursione ad Acitrezza, palcoscenico delle storie narrate ne I Malavoglia da Giovanni Verga. Il piccolo porticciolo di pescatori è rimasto veramente intatto negli anni, ed è bello vedere sul lungomare anche l’isola Lachea, mitico spunzone di roccia che Polifemo lanciò contro Ulisse. Per una memorabile cena a base di pesce, da non perdere è il ristorante Da Federico con i suoi omonimi spaghetti con scampi e pomodorini freschi. Per finire in bellezza, d’obbligo una granita di mandorla e caffè al vicino Eden Bar.
Pochi chilometri più a Nord, lungo la statale Jonica, ci si imbatte in un’altra gemma del litorale etneo, ovvero Santa Maria la Scala. Qui protagonisti sono pescherecci e lampare, come nella migliore tradizione mediterranea, e una stradina scoscesa che scende lungo la parete di roccia di pietra lavica. Proprio in un’insenatura prospiciente il porto sorge il ristorante La Grotta, dove un peschereccio porta pesce freschissimo ogni giorno e dove si può mangiare un’imbattibile insalata di polipo.

Per saperne di più: www.turismo.catania.it

Risalendo il gigante di fuoco A vegliare su Catania e sulla vita dei catanesi, l’Etna, colosso di lava alto 3350 metri risalendo il quale è possibile arrivare dal livello del mare alla neve in meno di un’ora. Lungo questa strada che da Via Etnea porta al Rifugio Sapienza si incontrano una miriade di paesini caratteristici, arricchiti da belle chiesette barocche, viste spettacolari e piccoli bar pasticceria dove gustare gelati al pistacchio o alla nocciola dal gusto unico, come la Gelateria Saint Moritz nella piazza centrale di Nicolosi o nella vicina Trecasagni. Proprio in questo paesino pedemontano merita una sosta gastronomica il ristorante l’Angolo, intimo locale di charme dove lo chef

patron Giovanni Perni fonde la cucina etnea con le migliori specialità nazionali. Proseguendo il nostro tour si passa per il paese di Viagrande e si arriva ad Aci Bonaccorsi dove cinque signore amiche nella vita e nel lavoro hanno aperto una vera e propria gemma della ristorazione tradizionale siciliana, La Cascina di Zucchero e Cannella, preparando con amore familiare la caponata,le polpettine di melanzane, le parmigiane di zucchine, accompagnate da uno squisito pane fatto in casa. A pochi chilometri di distanza sorge anche il bellissimo Hotel Villa Paradiso dell’Etna, dove dormire in camere del ’700 con mobili originali e dalle quali si gode la vista dell’Etna e del bel giardino con piscina.

Scelti per voi dove mangiare Da Federico
 Prezzo medio: 40 euro Via Provinciale, 115 Aci Trezza (Ct) Tel.
095.276364 www.trattoriadafederico.it La Grotta
 Prezzo medio: 40 euro Loc. Santa Maria La Scala Santa Tecla (Ct)
 Tel. 095.7648153 www.trattorialagrotta.com L’Angolo
 Prezzo medio: 35 euro

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Via Catania, 37 Trecastagni (Ct) Tel.
095.7806988 www.ristoranteallangolo.it

dove dormire

La Cascina di Zucchero e Cannella
 Via Pauloti, 45 Aci Bonaccorsi (Ct) Tel 095.7902011

Hotel Villa Del Bosco Una dimora dell’800 in collina. Stile pompeiano alternato a quello moderno. Cucina creativa. Camere da 150 a 200 euro Via del Bosco, 62 - Catania Tel. 095.7335100 www.hotelvilladelbosco.it

Ambasciata del mare
 Prezzo medio: 50 euro, bevande escluse Piazza Duomo, 6 Catania Tel. 095.341003 www.ambasciatadelmare.it

Palazzo Biscari Uno dei più sontuosi palazzi della città. Interni principeschi, per sentirsi veri nobili. Camera doppia da 50 euro Via Museo Biscari, 10/16 Catania

Tel. 095.7152508/321818 www.palazzobiscari.com Hotel Villa Paradiso dell’Etna Terrazza roof-garden con vista sul vulcano, in questo piccolo gioiello di classe con parco e piscina. Doppia da 140 euro a notte Via Viagrande, 37 San Giovanni La Punta (Ct) Tel.
095.7512409
 www.paradisoetna.it

dove comprare I Dolci di Nonna Vincenza
 Piazza San Placido, 7 - Catania Tel. 095.7151844

Bar Pasticceria Savia
 Via Etnea, 302/304 - Catania
 Tel. 095.322335
 Eden Bar
 Via Provinciale, 89 - Aci Trezza (Ct) Tel. 095.276084 Gelateria Saint Moritz
 Piazza Vittorio Emanuele - Nicolosi (Ct) 
 Piazza G.Marconi, 37 Trecastagni (Ct)

Sicilia Outlet Village Autostrada Palermo-Catania Tel. 0935.950040 

 www.siciliaoutletvillage.it



l’italiainmostra

Sotto la Mole con Degas di Silvana Delfuoco

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Piemonte

Torino

Rinnova lo storico legame dell’antica capitale Sabauda con la Francia – che un segno tanto profondo ha lasciato nella società, nella cultura e nella tavola torinese –, la mostra dedicata al grande maestro parigino. Vengono infatti dal Musée d’Orsay le opere ospitate presso la Palazzina della Promotrice delle Belle Arti che danno vita al più importante omaggio dedicato negli ultimi anni dall’Italia all’artista Vertice di due triangoli magici – quello bianco, positivo, insieme a Praga e Lione, e quello terribile e misterioso nero, in compagnia di Londra (o forse Parigi?) e di San Francisco – la “razionale” Torino schiude subito inquietanti prospettive a chi abbia voglia di curiosare sulle leggende che ne raccontano le origini. La storia parla di Julia Augusta Taurinorum, colonia romana fondata nel 28 a.C. a opera dell’imperatore Augusto sul tracciato di un precedente insediamento militare giustamente collocato in una zona ricca d’acqua, alla confluenza del Po con la Dora Riparia. Ma i due fiumi, già di per sé fonte di energia vitale, sono luoghi magici per eccellenza, abitati un tempo, si dice, da sacerdoti di matrice celtica e da altri provenienti nientemeno che dall’antico Egitto. E che qui fondarono una città da dedicare al dio Api, venerato sotto forma di toro.

A spasso per i caffè «E che si dice al Fiorio?» era solito chiedere il conte di Cavour al suo consigliere, Costantino Nigra, prima di recarcisi lui stesso per il quotidiano bicerin con i torcetti. Fiorio, Platti, Baratti, Mulassano, il San Carlo, il Caffè Torino, la confetteria Al Bicerin dalla curiosa gestione da sempre esclusivamente femminile: sono questi i locali storici, perlopiù ottocenteschi, di Torino, dove tra un liquore e un pasticcino, mentre i politici discutevano le sorti dello stato, le signore si scambiavano l’ultimo pettegolezzo. Ripercorrerli è un piacevole itinerario turistico, nonché gastronomico, attraverso il centro storico. Perché allora non farlo all’ora dell’aperitivo, visto che Torino è anche la città dove la leggenda vuole sia nato il tramezzino, mentre la storia garantisce che nel 1786 proprio qui Benedetto Carpano ha inventato il vermouth? E se vi resta il tempo, fate un salto alla Gastronomia Baudracco, in corso Vittorio Emanuele II 62, per uno shopping goloso di prodotti tipici, e concedetevi una rapida sosta alla Gelateria Testa, in corso Re Umberto 56, per assaggiare la migliore crema chantilly della città. O magari fermatevi da Ottimo, in corso Stati Uniti 6, per un gelato che non dimenticherete facilmente: da provare assolutamente la crema Saint Tropez.

A tavola (anche) con il re Nessuna formula magica invece ma soltanto qualche segreto, ben custodito nei ricettari di famiglia, per realizzare quei piccoli capolavori che sono i piatti della cucina di queste parti.

In apertura, una veduta notturna di Torino dalla quale “spunta” la Mole Antonelliana, serbatoio di “energia positiva” e sede del Museo Nazionale del Cinema

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l’italiainmostra

Degas. Capolavori dal Musée d’Orsay Edgar Degas è un nome che non ha certo bisogno di presentazioni e quella che si è aperta a Torino è la più importante mostra che l’Italia gli abbia dedicato negli ultimi decenni. Si tratta di ottanta capolavori, tra dipinti, disegni e sculture, che costituiscono un prestito, in alcuni casi di assoluta eccezionalità, della collezione del Musée d’Orsay di Parigi. La mostra, curata da Xavier Rey, conservatore presso il Musée d’Orsay nonché grande specialista di Degas, rende finalmente giustizia a colui che per troppo tempo è stato etichettato soltanto come “il pittore delle ballerine”. Tanti sono invece i temi della sua copiosa produzione, a partire dall’ambiente familiare studiato con fine penetrazione psicologica, come dimostrano i ritratti in esposizione (dal suo stesso Autoritratto giovanile a quell’indiscusso capolavoro che è La Famiglia Bellelli, omaggio agli zii italiani che lo ospitarono durante il suo soggiorno di studio). Ci restituiscono invece il mondo parigino dei caffè, della musica e degli artisti opere come L’orchestra dell’Opéra, o Donne fuori da un caffè la sera, o ancora il penetrante Jeantaud, Linet, Lainé, originale istantanea di una serata tra amici. Completano la mostra anche una raccolta di sculture in bronzo di ballerine, tra cui la celebre Piccola danzatrice di 14 anni, e alcuni, splendidi, disegni di cavalli, fantini, corse. Un doveroso omaggio alla eccellente tecnica grafica di un grande pittore, che volle lui stesso fosse scritto sulla sua tomba: “Amò molto il disegno”. Fino al 27 gennaio 2013 Palazzina della Promotrice delle Belle Arti Viale Balsamo Crivelli, 11 Torino www.mostradegas.it

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In questa pagina, due celebri opere di Degas: in alto Le defilè e, sotto, la Piccola danzatrice di 14 anni

A una solida tradizione contadina si sono poi affiancate, all’indomani della Rivoluzione francese, raffinate creazioni arrivate in città con gli chef d’oltralpe che qui ripararono in massa, fedeli all’adagio che, da sempre, raccomanda Augusta Taurinorum come “refugium peccatorum”. A loro in particolare si deve la lunga serie di “assaggi” con cui è indispensabile aprire pranzo e cena: dal classico vitello tonnato ai peperoni con la bagna cauda all’insalata russa, all’aristocratica finanziera, oggi servita piuttosto come secondo piatto. Ma accanto a loro non stona affatto il sontuoso carrello bollito misto con i suoi vari bagnet, piatto per eccellenza delle feste contadine, come pure i mitici tajarin, tradizionalmente impastati con trenta rossi d’uovo. Un capitolo a sé meritano i formaggi, che vantano il primato del maggior numero di riconoscimenti di qualità a livello nazionale. Basta dare uno sguardo alle vetri-

ne di Borgiattino, in corso Vinzaglio 29, o a quelle di Castagno, in via Lagrange 36, per averne una completa panoramica. Per non parlare dei dolci, dal goloso, interminabile, elenco. Non per niente è all’ombra della Mole che sono nati i gianduiotti e che continuano a moltiplicarsi le cioccolaterie artigiane di qualità. Provate da Gobino, in via Lagrange 1, o da Pfatisch, in via Sacchi 42, o da Odilla Chocolat, in via Fratelli Carle 38, o ancora da…

Capitale per vocazione Prima Capitale del Regno d’Italia, un secolo e mezzo fa, oggi Torino sembra voler assumere il ruolo di Capitale della Cultura. L’incontro con il prestigioso Musée d’Orsay inaugura infatti un ampio programma di collaborazioni con le più importanti istituzioni culturali italiane e internazionali che hanno il preciso intento di collocarla al cen-


L’incontro con il Musée d’Orsay inaugura a Torino una vivace stagione culturale di respiro internazionale ricca di collaborazioni prestigiose Scelti per voi In alto, la sfarzosa Villa della Regina che ospita un vigneto storico

tro del circuito dei grandi eventi dell’arte. Rifatto dunque il maquillage, la città è ora pronta per il suo prossimo “ritorno al futuro”. Tutti visitabili, finalmente, i grandi monumenti, da Palazzo Reale al Museo Egizio, secondo soltanto a quello del Cairo, fino alla “rinata” Villa della Regina ai piedi della collina, con tanto di vigneto storico ormai giunto alla seconda vendemmia. Senza infine dimenticare quel luogo speciale, davvero unico nel suo genere, che è il Museo Nazionale del Cinema ospitato all’interno della bizzarra Mole Antonelliana che, sia detto per inciso, sarebbe anche un gigantesco serbatoio di “energia positiva”, periodicamente frequentato dai “maghi” cittadini bisognosi di ricarica! Il suggestivo allestimento interno, che si srotola a salire verso la cupola, costringe il visitatore a una full immersion totale nel mondo della celluloide. Per ricordargli, se mai ce ne fosse bisogno, che anche la magia del cinema italiano è nata qui.

dove mangiare

dove dormire

Guido per Eataly – Casa Vicina La tradizione piemontese rivisitata con creatività ma anche con il giusto rispetto, compresa l’attenzione alla qualità delle materie prime. Prezzo medio senza vino: 80 euro Via Nizza, 224 Tel. 011.19506840 www.casavicina.it

Principi di Piemonte In pieno centro cittadino, a due passi dalla stazione di Porta Nuova, questo elegante cinque stelle è dotato di ogni tipo di comfort, dal centro benessere alle sale meeting. Singola-doppia da 200 euro Via Gobetti, 15 Tel. 011.55151 www.atahotels.it

Dai Saletta Ai margini del quartiere San Salvario resiste al tempo questa storica trattoria, punto di riferimento per gli amanti della tradizione autentica. Prezzo medio senza vino: 35 euro Via Belfiore, 37 Tel. 011.6687867 www.ristorantedaisaletta.com Combal.Zero Tra gli stellati più noti e pluripremiati, nella splendida location del Muse d’Arte Contemporanea del Castello di Rivoli. Cucina di ricerca, precorritrice dell’art&food design: qui ogni dettaglio è curato con attenzione maniacale. Prezzo medio senza vini: 100 euro Piazza Mafalda di Savoia – Rivoli (To) Tel. 011.9565225 www.combalzero.org

Camplus City Heart Lingotto All’interno del complesso Lingotto, sede del Centro Congressi e del Polo fieristico, confortevole e funzionale, è a due passi dall’uscita della tangenziale. Singola da 70 euro c/o 8 Gallery, Rampa Nord, 4° piano Via Nizza, 230 www.campluscityheart.it Ai Savoia – Bed and Breakfast Le sue strutture si trovano all’interno di palazzi d’epoca in pieno centro storico, con arredi originali dell’ottocento. Matrimoniale da 160 euro Via Del Carmine, 1/H Tel. 339.1257711 www.aisavoia.it

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una città in 24 ore

Farsi un giro “sulle palle del toro” Un rito propiziatorio che tutti devono fare mentre si attraversa la galleria Vittorio Emanuele II, “salotto milanese” ricco di boutique di prestigio, ristoranti di tendenza, bar alla moda e librerie. Si sta in equilibrio col tallone del piede destro sugli attributi maschili del toro, simbolo della città di Torino, inciso sul pavimento dell’Ottagono, e si prova a fare un giro completo su se stessi. La tradizione popolare ritiene che porti fortuna. Negli anni Cinquanta numerosi erano gli artisti che, prima di incontrare gli impresari teatrali, posavano il tacco sui genitali dell’animale ritratto a mosaico, per rimettersi alle grazie della Provvidenza. Passeggiare lungo i Navigli Un tempo Milano era circondata dalle acque, progressivamente coperte perché i canali erano maleodoranti e considerati d’intralcio al traffico. Tuttavia non sono poche le tracce ancora visibili in città. Le più importanti? Il Naviglio Grande, il Naviglio Pavese e il Naviglio della Martesana. Vi è anche vicolo dei Lavandai (che si stacca lateralmente dalle sponde del canale più antico, il Naviglio Grande). Qui si possono vedere anche i brellin, le lastre in pietra inclinate dove le donne dei ceti meno abbienti, spesso al servizio delle famiglie benestanti, s’inginocchiavano per strofinare i panni. Lungo i navigli si passeggia sugli argini o tra le corti delle case, incontrando vecchi laboratori artigiani, fabbriche dismesse, avveniristici loft occupati da designer, fotografi e architetti, per rivivere il fascino della “vecchia Milano”, dove la vita scorreva a tutta un’altra velocità. Celebrare il genio di Leonardo Da Vinci al Museo della Scienza Un percorso espositivo storico-scientifico che mette in risalto, attraverso disegni, dipinti e fotografie, il complesso e affascinante rapporto di Leonardo con le vie d’acqua; 30 macchine per uso civile e militare costruite a partire dai disegni del grande genio toscano, milanese d’adozione. È possibile trovare questo, e tanto altro, nelle sale del Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia che ospita anche il sommergibile Enrico Toti, il primo costruito in Italia dopo la Seconda Guerra mondiale. Al Toti sono 98

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di Isa Grassano

Milano in 5 tappe

possibili solo visite guidate: si passa nella sala motori ascoltando il suono riprodotto di “Iannuzzu” e “Turiddu”, i due motori diesel che generavano corrente per le batterie; poi nella sala manovre, dove il tempo è scandito dal vero suono del sonar registrato nelle profondità del Mar Mediterraneo. E ancora, la sala siluri, dove i sommergibilisti dormivano, mangiavano e passavano il poco tempo libero a bordo. www.museoscienza.org

Mentre cresce l’attesa per l’Expo 2015, Milano, da troppi considerata soltanto capitale dell’economia e del business, merita di essere riscoperta per le sue bellezze, spesso nascoste, i suoi riti e le sue tradizioni

dove mangiare

dove dormire

El Brellin Antica drogheria dove le lavandaie si rifornivano di acqua calda, sapone e spazzole. Cucina tipica milanese e lombarda. Menù da 30 euro Alzaia Naviglio Grande, 14 www.brellin.it

Hotel Flora Recentemente ristrutturato, l’hotel della famiglia Mantovani si trova in zona stazione centrale ed è quindi un’ottima base per andare alla scoperta della città. Doppia da 80 euro Via Napo Torriani, 23 Tel. 02.66988242 www.hotelfloramilano. com

Rubacuori Lussuoso ristorante all’interno del nuovo hotel Chateau Monfort, dove tutto ha un sapore romantico. Prezzi: da 50 euro Corso Concordia, 1 www.hotelchateaumonfort.com

Antica Locanda Leonardo A due passi dalla Chiesa di Santa Maria delle Grazie, in un antico palazzo ottocentesco. Camere silenziose e raffinate.

Doppia da 150 euro Corso Magenta, 78 Tel. 02.48014197 www.anticalocandaleonardo.com

dove comprare La Monasticheria Una selezione di prodotti genuini provenienti da eremi e conventi di tutta Italia. Tra le altre specialità, le grappe e gli amari dell’Abbazia delle Tre Fontane a Roma e la tisana di erbe essiccate della farmacia dell’Abbazia di Novacella (Bz). Piazzale del Cimitero Maggiore www.missioni.org

L’Idea in più Seguire un corso di cucina tra i tanti proposti da God Save The Food. Mercoledì 28 novembre si tengono lezioni dedicate alla ricerca di piatti alternativi in vista delle festività natalizie. Il 4 dicembre, il protagonista è il cioccolato con il Maitre chocolatier di T’a, Stefano Bottelli che illustra le proprietà del cacao. Tutte le lezioni si tengono dalle 19 alle 21.30. Costo 60 euro Tel. 02.8373604 - www.godsavethefood.it

Perdersi ammirando il Cenacolo Sosta è d’obbligo è quella presso il Refettorio di Santa Maria delle Grazie (ingresso 6,5 euro), che accoglie uno dei capolavori assoluti dell’arte in Italia: il Cenacolo di Leonardo Da Vinci, commissionato da Ludovico Sforza, allora duca di Milano. Due le curiosità. In primo luogo, pare che i monaci abbiano aperto una porta per arrivare prima dal refettorio alla cucina, abbattendo parte del dipinto, proprio dove ci sarebbero i piedi del Cristo. In secondo luogo, sembra che un disegno di Leonardo dimostri come la rappresentazione dell’Ultima Cena dovesse essere differente, con gli apostoli posizionati lungo la tavola come tante unità separate. Di fronte all’Ultima Cena c’è un altro dipinto. Si tratta di una monumentale crocifissione di Giovanni Donato Montorfano, artista milanese che dipinse questo affresco negli stessi anni in cui Leonardo lavorava al suo capolavoro. Fare un tuffo nell’arte del Novecento Già la rampa che conduce all’ingresso del museo del Novecento è un’opera d’arte, dal sapore futurista; un colpo di scena che riporta alla mente il Guggenheim di New York. Qui si fa il primo importante incontro con il Quarto Stato (1898-1902), la famosa marcia solenne dei contadini dipinta da Giuseppe Pellizza da Volpedo. Nelle varie sale è possibile ammirare capolavori di Picasso, Boccioni, Soffici, Balla, Carrà... in un percorso emozionante lungo la storia dell’arte del ‘900. Dall’ultimo piano occhieggia la Struttura al neon di Lucio Fontana, che fa da quinta scenografica alla vista straordinaria che si gode dalle ampie vetrate, affacciate sulla Madonnina e su Piazza del Duomo. www.museodelnovecento.org


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una città in 24 ore

di Lucrezia Argentiero

Essaouira in 5 tappe

dove mangiare Taros Cafè Terrazza panoramica sull’Oceano e buona musica. Prezzi: da 20 euro Place Moulay Hassan www.taroscafe.com Océan Vagabond Ristorante e base nautica, per chi vuole vivere la spiaggia ammirando l’oceano... e i dromedari. Prezzi: da 20 euro Boulevard Mohamed V www.oceanvagabond.com

dove dormire

Vivace, profumata e ventosa. Essaouira, adagiata a ventaglio sulla costa Atlantica tra Agadir e Casablanca (a 180 km da Marrakech), concentra in sé tutte queste caratteristiche che la rendono una meta di tendenza, la preferita in Marocco dai bon vivant internazionali Perdersi nei vicoli della Medina Il centro storico, la Medina, è stato disegnato dall’architetto francese Théodore Comut nella seconda metà del Settecento, su incarico dello sceicco Ben Abdellah. Il suo fascino non è sfuggito all’Unesco che l’ha inserito nel patrimonio da salvaguardare (dal 2001). Ne fa parte la Kasbah, con i suoi vicoli stretti, dove è un piacere perdersi. Qui, lo sguardo è attratto prima da centinaia di gabbiani che volteggiano nei cieli e poi dai colori sgargianti delle bancarelle che vendono di tutto, dai tappeti alle babouche, le scarpette decorate, dai gioielli (come la Mano di Fatima, che si dice porti fortuna) agli oggetti in ceramica. E ancora, vasellami, spezie... Passeggiare sulle antiche fortificazioni Emoziona la passeggiata che parte dalla Place Moulay Hassan lungo le mura moresche, dove si trova la Skala de la Casbah, antica piattaforma d’artiglieria dei bastioni marittimi della Medina. Si può anche salire sulle mura e ammirare l’infilata di cannoni spianati sull’oceano in fermento che cozza impetuosamente contro gli scogli. Non ci si può sottrarre nemmeno al rito di tutti i turisti: farsi fotografare vicino al tondo perfetto ricavato sulle mura, con alle spalle il profilo della città.

Assicurarsi la bellezza con l’olio d’Argan In zona, nella fascia costiera tra Essaouira, Agadir e Taroundant, crescono milioni di arganie le cui piante, d’origine antichissima, donano l’olio d’Argan, prezioso elisir di bellezza. Fa bene alla pelle aiutandola a rimanere elastica e giovane ma è ottimo anche in cucina. Da farne incetta insomma. Acquistarne un po’, inoltre, contribuisce a dare sostegno alle Cooperative (tra cui la Cooperativa Kaouki Huile d’Argan), spesso formate da donne sole o disagiate, che lo lavorano con pazienza e fatica. Le ragazze, ma anche le anziane, sgusciano il frutto e lo passano sotto pesanti macine in pietra, fino a ottenere una poltiglia che si mescola con acqua tiepida. www.cooperativekaouki.com Immergersi nei sapori locali Un viaggio da queste parti non può prescindere dai colori, dai profumi e dai sapori delle ricette locali. La cucina è resa saporita da un miscuglio speciale di ingredienti, così come il mix di culture che qui convivono: arabe, berbere, ebraiche, africane ed europee. Nel piatto si incontrano prugne e cipolle, limone e olive, albicocche e zafferano. Un piatto da non perdere è la pastilla, una sottile pasta sfoglia ripiena di pesce o car-

ne, molto speziata; così come la tajine, lo stufato marocchino cotto nella omonima pentola di coccio a forma conica. E ovviamente il classico cous cous. La città inoltre offre l’occasione per abbandonarsi al nuovo trend della vacanza gourmand, con la possibilità di fare una cooking lesson con un’insegnante. All’atelier Madada Mogador si tengono lezioni ai fornelli e, alla fine, si mangia quello che si prepara. E dopo, un bicchiere di profumatissimo tè. Alla menta, come vuole la tradizione. www.madada.com Vivere l’oasi ecosostenibile di Mogador Si chiama Mogador (come il nome originario arabo di Essaouira), l’area di 580 ettari destinata a diventare la nuova oasi ecosostenibile del Marocco, tra charme e mare. A pochi chilometri dalla cittadina, ci si sente leggeri davanti alla lunghissima spiaggia selvaggia, dove corrono i cavalli in libertà, mentre in lontananza si intravedono surfisti con le loro tavole colorate. Qui ci sono anche due campi da golf da 18 buche, progettati dal leggendario golfista Gary Player, che utilizzano un sistema di riciclaggio delle acque di scarico per ridurre l’impatto ambientale.

Info: Ente Nazionale per il Turismo del Marocco 100

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Tel. 0258303633 - www.visitmorocco.com - www.marrakech.travel

Heure Bleue Un antico riad, ovvero una dimora padronala recuperata, nel cuore della Medina. Doppia standard: 300 euro 2 rue Ibn Batouta www.heure-bleue.com Le Médina Ambiente elegante e centro benessere. Prezzi: da 90 euro Bvd Mohamed 5 www.lemedina-essaouira.com

dove comprare Val d’Argan Vini locali anche in degustazione. Douard Ait Ben Ahmed Km 35 www.valdargan.com

L’idea in più A lezione di ceramica Tra l’artigianato tipico spicca la ceramica Tadelakte. Perché non cimentarsi nell’apprendere le prime nozioni di quest’antica tecnica decorativa, il cui nome significa “carezza”? L’Or d’Essaouira organizza corsi e il manufatto realizzato si porta a casa come souvenir. Tre ore costano 30 euro. www.lordessaouira.com




Piaceri 104

I piaceri di Bacco Il Cerasuolo di Vittoria, un piccolo vino rosso siciliano che ha molto da raccontare

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Le mani raccontano Le scarpe di Peron sono fatte su misura: chiedetelo a Celentano e Ramazzotti

da pag. 108 Rubriche

• Bellezza e benessere • Camera con vista • Week-end goloso • Week-end relax • Week-end cultura • Week-end verde • Libri • Soste d’arte • Spettacoli • Trendy • Shopping

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di Roberto Rabachino

ipiaceridiBacco

Giornalista e Presidente IWTO International Wine Tasters Organization

Cerasuolo di Vittoria, piccolo rosso antico Nero d’Avola e Frappato si uniscono per dare vita a questo vino dal colore della ciliegia e dai sentori floreali, la cui storia si intreccia da secoli con quella dei territori che abbracciano la provincia siciliana di Ragusa, lambendo anche le zone di Caltanissetta e Catania

Sicilia

Caltanisetta Ragusa

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Il Cerasuolo di Vittoria è un vino che si ottiene utilizzando il vitigno del Nero d’Avola e del Frappato, e viene prodotto in un’ampia area della provincia di Ragusa e in parte delle province di Caltanissetta e Catania. Si tratta di zone di antichissima vocazione vitivinicola, come testimoniano numerosi documenti risalenti anche al III secolo a.C. La data di nascita del Cerasuolo di Vittoria, nella tipologia attuale, tuttavia è molto posteriore e coincide con la fondazione della città di

Vittoria, avvenuta nel 1607 per volontà della contessa Modica Vittoria Colonna Henriquez. La storia ci racconta che al fine di popolare la nuova città, la contessa promise la concessione di terra su cui impiantare la vite ottenendo un enorme successo. Per tutto il Seicento, in questa zona si ebbe pertanto un’enorme espansione dei vigneti; il vino veniva esportato prima nelle altre città della contea di Modica, poi, attraverso il porto di Scoglitti, venne portato fuori, fino a Malta. Nella seconda metà


Istruzioni per l’uso

dell’Ottocento si ebbe quindi un ulteriore sviluppo economico di questa zona e la città di Vittoria divenne una delle più floride della Sicilia. In questo periodo ci fu un massiccio processo di riconversione colturale; migliaia di ettari prima coltivati a grano furono riconvertiti in vigneto. Il porto di Scoglitti fu potenziato per far fronte alle richieste di esportazione che, nel 1860, toccarono i 300 mila ettolitri. A partire dalla fine del secolo, però, un’epidemia di fillossera portò alla distruzione di gran parte dei vigneti siciliani e Vittoria, con la sua specializzazione viticola spinta, pagò a caro prezzo la scelta monoculturale. Agli inizi del XX secolo si diffuse la tecnica dell’innesto su vite americana resistente a questo dannoso insetto, ma i piccoli proprietari e i mezzadri erano ormai totalmente privi di capitale, per cui la riconversione dei vigneti avvenne per mano delle grandi famiglie di proprietari terrieri. Mentre la crisi economica conseguente alla fillossera e la guerra commerciale con la Francia segnarono il declino della produzione dei vini ad alta gradazione – in precedenza esportati Oltralpe come vini da taglio –, aumentò invece quella dei vini da pasto a più moderato tenore alcolico, profumati e freschi, antesignani dei prodotti più attuali. Nel corso dei secoli, dunque, la viticoltu-

Come abbiamo già detto, il Cerasuolo di Vittoria è un blend dove il Nero d’Avola (50-70%) è unito al Frappato (30-50%). Due sono le varianti classificate in produzione: il Cerasuolo di Vittoria Docg e il Cerasuolo di Vittoria Classico Doc. Il vino a denominazione di origine controllata e garantita deve essere immesso al consumo solo dopo un periodo di affinamento in bottiglia di almeno 3 mesi e comunque non prima del 1° giugno dell’anno successivo alla vendemmia. Per il vino a denominazione di origine controllata Cerasuolo di Vittoria Classico, il periodo di affinamento in bottiglia non potrà essere inferiore a 8 mesi e l’immissione al consumo non potrà avvenire prima del 31 marzo del secondo anno successivo alla vendemmia.

Inimitabili sono le caratteristiche organolettiche, tra le quali salta agli occhi un colore rosso ciliegia tendente al violaceo che, con l’invecchiamento, può assumere riflessi profondi e aranciati. Il profumo sorprende per il piacevole attacco floreale che si apre alla frutta dove la ciliegia primeggia su tutto. Prugna, cioccolato e tabacco sono gli aromi percepibili se il vino viene passato in legno. In bocca è secco con una buona ed elegante morbidezza. Accompagna sia i primi sia i secondi, ottimo con minestre, ideale con crostacei alla brace, pesci azzurri grigliati, formaggi a media stagionatura e carni suine e ovine alla brace. Il Consorzio di Tutela del Cerasuolo di Vittoria rappresenta l’85% dei produttori e la sua sede è in Piazza Libertà a Ragusa.

ra ha mantenuto un ruolo molto importante per l’economia del territorio. La storia recente è caratterizzata da un’evoluzione positiva della denominazione, con l’impianto di nuovi vigneti, la nascita di nuove aziende, la sempre maggiore professionalità degli operatori che hanno contribuito ad accrescere il livello qualitativo del prodotto, come testimoniano i riconoscimenti in campo nazionale e internazionale dei vini prodotti dalle aziende della zona. Nel settembre 2005, a coronamento di questa fase di crescita, è arrivato il riconoscimento della Docg al Cerasuolo di Vittoria, elevato così a rappresentare una delle tante tipicità della Sicilia, in quanto il primo e l’unico vino a ricevere questo importante riconoscimento.

In apertura, Ragusa e la sua campagna. In questa pagina: un’antica vite di Frappato e grappoli di Nero d’Avola

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lemaniraccontano

Peron & Peron, da 40 anni ai vostri piedi Adriano Celentano, Eros Ramazzotti, Pupo. Sono solo alcuni degli affezionati clienti dell’impresa familiare che, da Bologna, ha portato lo stile italiano a passeggio per le strade del mondo. Cosa rende uniche queste scarpe? Cura sartoriale, tirature limitatissime e modelli “su misura” creati con un’attenzione tutta speciale alla personalità del cliente di Isa Grassano

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La vena sotterranea di un’eccellente creatività, corre parallela a quella della passione e passa attraverso la capacità manuale. Tutte queste qualità sembrano scritte nel codice genetico di Bruno Peron, 64 anni, maestro calzaturiero di Bologna. Da oltre quarant’anni, Bruno crea scarpe interamente a mano, destinate a un uomo di stile (ma c’è spazio pure per le donne). Certo non si tratta di prêt-à-porter: i tempi di attesa sono di tre mesi, ma poi, si sa, le calzature artigianali durano per sempre. Ogni paio ha la sua storia che trascende dalla semplice produzione per divenire un’opera d’arte. Dietro c’è uno studio dell’anatomia del piede

e della calzata. «Prendere le misure a un piede non solo significa personalizzare la forma, ma vuol dire anche capire il carattere del cliente, intuirne i gusti e la personalità, per poi creare una calzatura che sia bella e comoda da indossare, ma anche da ammirare, come se fosse una scultura». E le soddisfazioni non mancano. «La felicità di un cliente è il nostro appagamento. Vuol dire che l’hai fatto sentire bene».

Verso nuove direzioni Questo tradizionale mestiere, con il tempo, è diventato un affare di famiglia. Simone, l’unico figlio, è cresciuto alla bottega del padre. Sin da piccolo ha giocato con i rimasugli di pellami, poi all’età di 17 anni ha abbandonato gli studi, ma visto che nella loro casa vigeva la regola che “nessuno deve vivere oziando” ha iniziato a frequentare il laboratorio, affiancato dai migliori collaboratori di Bruno, tra cui uno dei più grandi maestri calzolai degli anni ’50, Pietro Draghetti, nominato “lesina d’oro” (cioè


miglior calzolaio italiano) nel 1947. «In pochi mesi – racconta – ho appreso tutti i segreti e ho realizzato il primo paio di scarpe. Lo conservo ancora gelosamente». Quando gli si chiede come fanno a lavorare così bene in coppia, Bruno risponde con una dichiarazione d’amore nei confronti di suo figlio. «Posso dire, con orgoglio, che ha superato il maestro; lui, con il suo entusiasmo, ha contribuito ad alimentare la mia energia creativa. Da quando è entrato a far parte dell’attività, abbiamo aggiunto un altro Peron alla nostra insegna. Con lui ci siamo spinti sui mercati esteri: Giappone, Inghilterra, Turchia, Russia. Simone viaggia molto per andare direttamente dai nostri acquirenti sparsi per il mondo, e il “su misura” resta la nostra forza. Quindi, riduzione di numero di paia prodotte ma eccellenza nella qualità e nella tecnica di costruzione». Tra le loro creazioni, nei più disparati pellami, dal pesce razza allo struzzo, Bruno e Simone Peron vantano anche modelli innovativi. Uno di questi è “no tie”, senza cravatta, un esclusivo mocassino da indossare in occasioni eleganti ma informali. Sei bottoni in madreperla cuciti “a zampa di gallina”, e un tessuto che avvolge la caviglia e scende fin sopra la tomaia, creando l’effetto di un colletto aperto a “V” sul davanti, come una camicia sbottonata. La fama di Peron & Peron ha conquistato numerosi personaggi dello spettacolo. Per Adriano Celentano hanno creato i famosi stivaletti, ma anche Eros Ramazzotti e Pupo sono nell’elenco dei cultori del marchio. «Mi diverte scoprire i capricci di ciascuno», aggiunge Simone. «Un signore ha voluto uno stivale in patchwork di coccodrillo, un altro, quando è venuto in negozio, aveva dentro le scarpe un rotolo di carta igienica per sembrare più alto e, così, abbiamo predisposto uno stivale con 12 cm di tacco interno. E pensare, che superava già il metro e ottanta di altezza». «Il nostro vezzo? La personalizzazione all’interno del sottopiede,“Peron & Peron per...” e il nome del cliente. La nostra firma fatta a mano, di cui sono orgoglioso. È il suggello del mio lavoro, quello che farò sempre per me e per mio padre».

«Il nostro vezzo? La personalizzazione all’interno del sottopiede, “Peron & Peron per...” e il nome del cliente. La nostra firma fatta a mano è il suggello del nostro lavoro»

In queste pagine, Simone Peron (figlio d’arte di Bruno Peron, maestro calzaturiero di Bologna da oltre quarant’anni) al lavoro e, qui a sinistra, una delle loro creazioni

Per saperne di più: www.peron-e-peron.com

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bellezza&benessere

di Francesca Frediani

In principio era l’acqua La ricerca del benessere del corpo e della mente è affidata, fin dai tempi dei romani, all’acqua delle terme. Da qui il termine Spa, Salus per Acquam. Ora l’offerta si arricchisce di concentrati di natura, garantiti e certificati

Scelti per voi Villa Sassa/Tessal S.A. Via Tesserete 10 Lugano Tel. +41 (0) 919114111 www.villasassa.ch Principe Forte dei Marmi Viale Morin, 67 Forte dei Marmi (Lu) Tel. 0584.783636 www.principefortedeimarmi.com L’esigenza sempre più sentita di uno stile di vita green ha portato, all’interno delle Spa, un fiorire di trattamenti a base di prodotti naturali. Il ventaglio è molto ampio, in base al nostro modo di sentire e intendere una scelta di vita, di benessere e di bellezza in armonia con la natura. Punta ad esempio su elementi naturali certificati Villa Sassa Hotel Residence e Spa. È situato in una posizione privilegiata offrendo una delle più belle vedute di Lugano, incorniciata dal Lago Ceresio e dal Monte San Salvatore. Aurum Spa, al suo interno, offre trattamenti estetici naturali certificati, orto-bionomia, ayurveda. A Capri, nella Spa del Tiberio Palace Hotel, oltre a respirare le atmosfere di un albergo che ha vissuto la storia dell’isola godendo di un panorama impossibile da dimenticare, si effettuano trattamenti per il viso e il corpo con la linea Sodashi, casa australiana leader nei prodotti di lusso a base di ingredienti naturali al 100%: salvia, mirto, limone, lavanda per il viso, perline di jojoba per esfoliare e purificare il corpo. Si trova a due passi dal giardino di Boboli a Firenze, all’interno di una splendida Villa ottocentesca che ha ospitato imperatori e artisti, il Grand Hotel Villa Cora. La Spa sorge nel contesto di una dependance, il Villino Eugenia, che un tempo ospitava le stalle ed è collegata da un tunnel alla dimora principale. Il trattamento leader per il corpo si avvale dei prodotti Piroche Cosmetiques, azienda altoatesina che trae i massimi benefici da natura, cosmesi di ricerca e cultura del benessere attraverso un metodo basato sulla bioenergetica. L’aromacosmesi, grazie agli oli essenziali vegetali, completa e attiva ogni trattamento. Ossigeno e alghe marine biologiche sono invece il fiore all’occhiello della Principe

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Spa, lo Spazio zen-chic dedicato al benessere dell’Hotel Principe di Forte dei Marmi (in foto). Diversi sono i trattamenti firmati Voya, la linea cosmetica certificata biologica a base di alghe marine, zucchero di canna, germogli di lavanda, sali del Mar Morto. L’Hotel è immerso nel verde della pineta sullo sfondo delle Alpi Apuane e a pochi metri dalla spiaggia. Trattamenti innovativi come la VinoAqua-Terapia, che utilizza prodotti a “chilometro 0” fra cui un prezioso olio di vinaccioli spremuto a freddo, sono proposti dalla bellissima Spa Beauty all’interno dell’Hotel Castello del Sole di Ascona. La terapia comprende bagni energizzanti nello Chardonnay, bagni rilassanti nel Merlot e l’uso di prodotti cosmetici della linea Vineasole. Si trova a due km da Locarno, location perfetta per rilassarsi ma anche per prendere parte a importanti manifestazioni musicali.

Castello del Sole Via Muraccio, 142 Ascona Tel. +41 (0) 917910202 www.castellodelsole.com Capri Tiberio Palace Via Croce, 11-15 Capri (Na) Tel. 081.9787111 www.capritiberiopalace.com Grand Hotel Villa Cora Viale Machiavelli, 18 Firenze Tel. 055.228790 www.villacora.it


Vini Zecchini Agriturismo “La Costa”

Una struttura agrituristica tra le colline della Valpantena, a 1 km da Grezzana, con servizio bed&breakfast dove poter organizzare eventi, visite in cantina e degustazioni dei nostri prodotti! Qui potrete trovare in vendita i frutti del nostro amore: Valpolicella, Amarone, Recioto DOC e Olio Extra Vergine di Oliva!

Veniteci a trovare, Vi aspettiamo! Zecchini dalla passione per la nostra terra i frutti di un amore vero: vino, olio, ospitalità.

Zecchini Soc. Agricola “La Costa” Località Costa, 86 37023 Grezzana (Verona) Agriturismo: Tel. 045.8650111 www.agricosta.it Vini: Tel. 045.8650903 www.vinizecchini.it


bellezza&benessere

di Francesca Frediani

Burro prezioso

Prodigi sulla pelle

Il burro di Karité, naturalmente ricco di acidi grassi essenziali, diventa parte integrante della linea di prodotti naturali per capelli di Renè Furterer. Per una maggior efficacia completano la formula i fosfolipidi, in grado di penetrare negli strati più profondi delle membrane cellulari per ricostituirle, e il Cimentrio, un complesso naturale esclusivo di Furterer ottenuto dalla soia, dall’azione idratante e ristrutturante. La linea è studiata per capelli molto secchi e danneggiati. La texture è piacevole, il profumo di fiori d’arancio. La Crema Vitalizzante Intensa è altamente rigenerante, ricca com’è di pectina estratta dalla mela cotogna dalle virtù inguainanti, per proteggere la fibra capillare. Si usa dopo lo shampoo, senza risciacquo; la consistenza cremosa si fonde sui capelli liberando note olfattive leggere e rilassanti. I capelli ritrovano morbidezza, setosità e resistenza.

Dopo le vacanze, è necessario dissetare la pelle e prepararla al primo freddo. Il trattamento ideale è Nuxe Crème Prodigieuse, un concentrato di idratazione che offre la massima protezione contro lo stress ossidativo, principale causa dell’invecchiamento cutaneo, grazie alla formula vegetale certificata da tre brevetti. È un concentrato di principi attivi antiossidanti e antistanchezza che proteggono la pelle dalle aggressioni esterne. Il cuore di questa linea è il Fiore Blu Prezioso: il Limonio Blu che vive in un ambiente naturale ostile e ha sviluppato straordinarie capacità di resistenza, unito a estratti di Semprevivo Blu, Agerato Blu e Cacao.

Crema Vitalizzante Intensa di Rene Furterer, 200 ml, prezzo: 37 euro www.renefurterer.com

Crème Prodigieuse Nuxe, per pelli normali e miste e per pelli secche, 40 ml, prezzo: 24,50 euro it.nuxe.com

Il fiore che non muore L’Immortelle è il piccolo fiore color oro che non muore mai. Prospera nel cuore della macchia mediterranea e i botanici lo chiamano Hélichrysum, ovvero, in greco, il fiore d’oro. L’Occitane ha scoperto e brevettato le eccezionali proprietà anti-invecchiamento di questo mitico fiore, la cui variante che cresce sulle coste della Corsica è la più ricca di principi attivi. Nel Sèrum Précieux L’Occitane la formula è superconcentrata per un trattamento d’urto. La pelle risulta più distesa da subito, dopo 7 giorni è più liscia e più bella e a lungo termine la correzione è visibile: le rughe sono appianate e la pelle è più consistente grazie all’azione di riattivazione del collagene. Serum Précieux L’Occitane, 30 ml prezzo: 49 euro it.loccitane.com

Un premio per l’Erbolario Il Premio Sana Award Novità, evento di spicco del 24esimo Sana, Il Salone Internazionale del Naturale, è stato assegnato alla linea Acqua di More di L’Erbolario, azienda leader nel settore fitocosmetico. La linea, che si compone di profumo, crema corpo, bagnoschiuma e profumo solido, è stata la più votata dai visitatori della rassegna. www.erbolario.com

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Una cucina che trasuda tradizioni; sapori tipici calabresi che riportano alla mente i gusti corposi, naturali e genuini di un tempo. TurĂš, la salsiccia cotta a vapore (la salsiccia che vuoi tu)

Conserve di ortaggi e prodotti del nostro mare in olio

Provola silana, formaggio a pasta filata dal gusto tenero e delicato

N’duja, prodotto a base di carne suina stagionta spalmabie molto piccante

Formaggio pecorino fresco farcito con varie spezie

Salsiccia calabra, dolce e piccante

Pancetta arrotolata dolce e piccante

Coppa calabra dolce e piccante

Soppressata Calabra dolce e piccante

Qui potete scoprire i veri sapori e profumi di un tempo fatti secondo le tradizioni dei nostri nonni. Conzorsio Calabria in Tavola S.r.l. via Germania Ovest, 5 - 87060 Crosia (CS) - ITALY Tel. +39 0983.43750 Fax +39 0983.524028 - e-mail: info@conzorsiocalabriaintavola.it - www.conzorsiocalabriaintavola.it


camera con vista

Emozioni senza tempo nella culla del Barocco Un’esperienza indimenticabile nel cuore del Salento: Patria Palace, parte di MGallery, una prestigiosa collezione internazionale di hotel unici, in cui ogni soggiorno è ricco di emozione e scoperta

Il Patria Palace Hotel è la cornice ideale per un soggiorno esclusivo nel cuore di Lecce, culla del Barocco, scrigno d’arte e cultura. Situato nel pieno centro storico della città, di fronte alla monumentale Basilica di Santa Croce, il Patria Palace ridà vita a un’antica dimora patrizia dall’affascinante passato, il settecentesco palazzo D’Anna-Petrarolo. Il palazzo, dopo essere stato donato a un ordine religioso che ne fece un pio orfanotrofio noto in tutta la penisola salentina, fu poi riacquistato in epoca risorgimentale dalla famiglia di Giacomo Gridi, fondatore del giornale La Libertà, che trasformò il palazzo nella prima “Locanda per viandanti”. Negli anni che condussero all’Unità d’Italia prese poi il nome di “Locanda Patria” fino a giungere all’attuale Patria Palace Hotel. Entrare al Patria Palace equivale a tuffarsi in un’altra epoca. I quadri, i fregi architettonici in pietra leccese e legno, l’elaborato soffitto dipinto a mano, gli elementi decorativi in stile Art-decò, contribuiscono a creare un’atmosfera elegante e accogliente in cui l’antico e il moderno si fondono con stile. Non esistono due camere uguali al Patria Palace. Ognuna delle 67 stanze rappresenta un’autentica nicchia di eleganza e charme, grazie a un connubio unico di arredi antichi e decorazioni moderne, quali gli affreschi murali personalizzati di John Duggan. Risalendo la lunga scalinata in marmo bianco, sovrastata da un lucernario decorato 112

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a motivi floreali, si accede al tetto del palazzo, sul quale si apre l’incantevole Roof Garden/Solarium, un autentico salotto a cielo aperto circondato da alcuni dei più suggestivi gioielli del Barocco leccese, in cui godersi indimenticabili momenti di relax o un aperitivo stuzzicante accompagnato dai mille colori di un tramonto salentino. E, al calare del sole, è di rigore una cena presso il ristorante Atenze, sofisticato e promettente già nel nome, riferimento storico-artistico alla città di Lecce, definita in passato la “Atene del Salento” e la “Firenze del Sud”. Il ristorante, riconosciuto dalle principali guide eno-gastronomiche tra i primi in Puglia, accoglie i clienti in un’atmosfera intima e raccolta, viziandoli con un viaggio di profumi e colori attraverso i sapori della cucina tradizionale pugliese, affiancata a una gastronomia creativa mediterranea e nazionale. Completano l’offerta dell’hotel 7 sale meeting, squisitamente arredate e munite delle tecnologie più avanzate, per riunioni ed eventi fino a 140 persone.

dove&come Patria Palace Piazzetta Riccardi, 13 - Lecce - Tel. 083.2245111 Camera doppia a partire da 135 euro www.mgallery.com - www.patriapalacelecce.com

Lecce

di Olga Carlini


USOPP USOPPOSTO.COM

Il vigneto Amastuola si estende per oltre 100 ettari nelle terre di Puglia (Italia) su un altopiano a 210 metri sul livello del mare, dove il microclima mediterraneo favorisce un’ottima coltivazione biologica. La vocazione vitivinicola della zona risale addirittura al tempo dell’antica civiltà magno-greca e la masseria Amastuola è centro agricolo di rilievo sin dal XV secolo. La zona in cui sorge il vigneto, prima abbandonata, è stata recuperata nel 2002 da un suggestivo progetto del noto paesaggista Fernando Caruncho: il nuovo scenario si presenta come vero e proprio “vigneto giardino”. I filari sono disegnati in onde accentuate e parallele che si prolungano e oscillano per tre chilometri: ventiquattro “isole” di ulivi secolari ne intervallano il movimento, offrendo ulteriore fascino. Il vigneto, per la sua progettualità innovativa, è stato oggetto di studio e di

Merlot 2010

Syrah 2010

attenzione a livello internazionale acquisendo in breve tempo importanti riconoscimenti: nel 2007, nel convegno internazionale su “Architettura e paesaggio” tenutosi a Tokyo, ha ricevuto il riconoscimento per aver aperto “nuove frontiere alla valorizzazione di paesaggi doc”; nel 2009 la Regione Umbria lo ha premiato come esempio di “Buona pratica per il recupero di paesaggi agricoli non più produttivi”; nel 2010 il vigneto Amastuola è stato vincitore del concorso “Buona pratica di tutela e valorizzazione del paesaggio agricolo anche a fini turistici” indetto dalla Regione Puglia. L’“onda del cambiamento” è la metafora che racchiude l’azione ispiratrice della Famiglia Montanaro che sempre agisce con coraggio tra il rispetto delle tradizioni e costante apertura alle evoluzioni dei tempi.

Merlot 2010

www.amastuola.it

Decanter World Wine Awards

Decanter commended 2012

Merano Wine Festival

BIO DI VINO


week end goloso

di Gilda Ciaruffoli

La Fiorida: c’è tutto un mondo intorno

Scorazzano liberi in buona parte dei 50 mila metri quadri sui quali sorge la struttura, gli animali che dell’attività dell’Azienda Agricola sono protagonisti. Ed è proprio il loro benessere che consente a questo Agriturismo Bio-ecologico di ottenere prodotti naturali e di grande qualità, utilizzati dalla cucina… alla Spa!

Metti una gita in bici in una domenica d’autunno lungo il Sentiero Valtellina, bella pista ciclabile di fondo valle che da Colico, costeggiando il fiume Adda, arriva a Morbegno e prosegue fino a Sondrio. Metti che si sia fatta l’ora di pranzo e che la voglia sia quella di assaggiare qualche sfiziosa tipicità locale. Il primo punto ristoro che si incontra sulla strada è La Fiorida, dove si entra per mangiare e si finisce per fermarsi a dormire… non prima però di aver fatto un giro nella stalla, un salto alla Spa e una capatina allo spaccio vendita, con la sua finestra dalla quale sbirciare il lavoro dei casari. Sì, perché l’Azienda Agricola e Agriturismo Bioecologico La Fiorida è un mondo a sé, un universo pressoché autosufficiente, dove la materia prima impiegata in cucina viene allevata, o coltivata, e nella gran parte dei casi lavorata in loco, all’interno di una bella struttura in legno e pietra locale, un unicum per dimensioni e filiera in tutta Europa. Il territorio che la ospita è la quintessenza del relax, quel placido fondovalle valtellinese dove le Alpi Orobie si incontrano con le Alpi Retiche, a un passo dal Lago di Como, ideale per fare una sosta a contatto con la natura. E con la buona tavola, soprattutto se i formaggi sono la vostra passione. Sì, perché per quanto invitanti possano essere (e lo sono!) le proposte con le quali lo chef Gianni Tarabini alletta il palato nelle sale del ristorante, dedicate alle stagioni – alle quali proprio quest’anno si è aggiunta La Preséf (la mangiatoia, in dialetto) con la sua carta ad hoc e un’intimità tutta speciale – qui il piatto forte è il formaggio. Duecento le vacche dalle quali viene ricavano il latte utilizzato per realizzare latticini pluripremiati, come lo Scimu-

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din, a pasta molle di breve stagionatura, il Casera, immancabile nei Pizzoccheri e ottimo stagionato, e il Latteria a pasta semi-cotta da latte intero, con maturazione minima di 40 giorni. Impossibile andarsene da qui senza averli assaggiati, in purezza o come ingredienti di succulenti piatti tipici. «Amo trasformare le materie prime che vengono prodotte a pochi passi dalla mia cucina» ci racconta Gianni Tarabini. «Il Caseificio e il Macello de La Fiorida sono i magazzini dove mi rifornisco. Con il mio lavoro voglio comunicare tutti i giorni, in tutti i piatti, il chilometro zero e i sogni di Plinio (Vanini, Titolare de La Fiorida, n.d.r.), che entra in cucina e mi dice che vorrebbe ritrovare in un piatto il gusto e il sapore dell’uovo rubato nel pollaio…». Il latte inoltre è utilizzato, assieme al fieno, nei trattamenti della Spa. Per il pernottamento infine la La Fiorida offre ospitalità in 29 spaziose camere, caratterizzate dai nomi di fiori e uccelli e arredate in un classico stile montano dove il legno di larice e la pietra grigia si sposano creando un’atmosfera dal sapore di casa.

dove&come La Fiorida Via Lungo Adda Mantello (So) Tel. 0342.680846 Prezzo medio cena: 40 euro, bevande escluse Camera standard: 165 euro www.lafiorida.com


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week end relax

di Olga Carlini

Coccolati, all’ombra del Monte Rosa A 1850 metri d’altitudine, a poco più di 3 km dal villaggio Walser di Gressoney-La Trinité, sorge l’Hotel Chalet du Lys, accogliente struttura presso la quale soggiornare durante una vacanza sulle nevi della Valle d’Aosta, sentendosi a casa anche ad alta quota

dove&come Chalet Du Lys Loc. Staffal, 14 Gressoney-La Trinitè (Ao) Tel. 0125.366806 - Camere da 80 euro a notte www.chaletdulys.it

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Immaginate una giornata di sci. Le discese, le risalite, il vento freddo sulla faccia. Niente di meglio, una volta lasciate le piste, di poter tornare – stanchi ma felici – in hotel a piedi, senza affrontare ulteriori (e decisamente meno piacevoli) fatiche. Ecco, è proprio questa una delle possibilità offerte dall’Hotel Chalet du Lys di Staffal. La tradizionale struttura si affaccia infatti sul piazzale che rappresenta il punto di arrivo delle più belle piste del comprensorio del Monte Rosa (Valli di Gressoney e Val d’Ayas), direttamente collegato con Alagna, in Piemonte, e Champoluc, per una rete di piste di qualche centinaio di chilometri. Dal piazzale partono quasi tutti gli impianti di risalita, per cui soggiornare allo Chalet du Lys significa dimenticare l’uso della macchina (parcheggiata negli spazi dell’hotel) e concedersi una vera vacanza, all’insegna dello sport ma anche, e soprattutto, del relax. È infatti l’accoglienza il secondo punto forte della struttura. Sistemati gli sci, si aprono infatti all’ospite le sale della bella Spa, dove lasciarsi coccolare da un massaggio o dalle bollicine della grande vasca idromassaggio. Da non perdere la Stanza del Sale, dove un aerosol naturale rappresenta un vero toccasana per le vie respiratorie e la pelle. E se vi state chiedendo come organizzarvi con i bambini, a venirvi incontro è il Mini

Club che fa divertire i più piccoli affidati per qualche ora alle cure di esperte baby sitter. Belli rilassati, prepararsi per la cena sarà un piacere tutto particolare, grazie anche ai gustosi finger foods preparati dallo chef Antonio Giovannitti e offerti in aperitivo, che creano e sottolineano l’atmosfera di calda accoglienza familiare che lo staff desidera offrire ai propri ospiti. La cena viene servita presso l’elegante ristorante “à la carte” La Grange dove scegliere tra piatti ricercati legati alla tradizione locale e realizzati con ingredienti genuini della vallata. Riscaldano il cuore gli gnocchi di grano saraceno con ragù di cervo e croccante di fontina; stupisce la quaglia caramellata con scaloppa di fegato grasso. È piacevole infine concludere la serata ascoltando suonare il pianoforte a coda a disposizione di chiunque si voglia cimentare in un concertino tra amici o presso l’accogliente Gordon’s Pub. E poi tutti a letto, in una delle 29 stanze (di cui alcune suites o family rooms) o nei 5 chalet a disposizione. Al risveglio affacciatevi al balcone della vostra stanza, riempitevi i polmoni della refrigerante aria di montagna e gli occhi della meraviglia che vi circonda: l’ipnotico Monte Rosa, la Vallata di Gressoney e il torrente Lys vi danno il buongiorno e la giusta carica di energia per affrontare una nuova giornata di neve e di sci.


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week end cultura

di Alba De Gasperis

Quando la storia incontra il design Si trova all’interno della foresteria di Palazzo Pantelleria, dimora storica del Cinquecento, all’ombra di un imponente Ficus Magnolia messo a dimora nel 1896, il BB22, scrigno di stile che non si impone ma dialoga in modo creativo con le antiche meraviglie del centro storico di Palermo

Palermo Affacciata sull’omonimo golfo, abbracciata da una cinta muraria naturale e adagiata sulla pianeggiante Conca d’Oro, Palermo dispone di un patrimonio artistico e architettonico dall’inestimabile valore. I luoghi da esplorare? Tanti. E per tutti i gusti. Dai Quattro Canti, famoso incrocio tra la storica Via Maqueda e Via Vittorio Emanuele, strada che un tempo collegava l’acropoli al Palazzo dei Normanni, alla Kalsa, quartiere sorto durante la dominazione islamica, che offre monumenti in stile arabo-normanno davvero imperdibili. Da Piazza Verdi, dove sorge l’elegante Teatro Massimo, cerniera tra città nuova e antica, a Piazza Politeama, “vetrina” e centro nevralgico della città. E ancora, da Via Notarbartolo, dove a negozi d’ogni sorta si alternano giardini inglesi e ville liberty, alla pedonale Via di Principe di Belmonte, altro luogo ideale per acquisti, ma anche punto di ritrovo e ristoro. E a proposito di ristoro... ecco una vera chicca. Si chiama BB22 e si trova all’interno della foresteria di Palazzo Pantelleria, dimora storica del Cinquecento, nel cui cortile si erge un imponente Ficus Magnolia messo a dimora nel 1896. Immerso nel cuore di Palermo, questo curato bed&breakfast nasce dall’amore di una coppia di milanesi per la magica città siciliana. L’arredo è frutto dell’incontro tra il gusto di Patrizia, la proprietaria, e il lavoro di un amico palermitano che, guarda caso, si occupa di interior decoration. BB22 possiede un’anima del tutto particolare. Il suo stile nasce infatti dalla sapiente combinazione di elementi di design (nomi come Philippe Starck e Ingo Maurer vi suggeriscono qualcosa?) con rivisitati mobili di brocantage. Il tutto crea un’atmosfera calda e accogliente, fatta di tanti piccoli dettagli che, si sa, sanno fare la differenza. Zagara, bergamotto, cedro, limone, mandarino... Deliziosi profumi di Sicilia danno i nomi alle camere. Ma se le immagini che evocano questi nomi sono simili, le sette stanze si distinguono per identità e cromie marcatamente diverse. La possibilità di prenotare transfer da e per l’aeroporto di Palermo e di Trapani, di noleggiare un’auto con conducente, di predisporre di wi-fi gratuito o, ancora, di approfittare del servizio di baby sitting, sono solo alcune delle tante attenzioni in più, riservate agli ospiti del BB22. Ma la cura dei particolari si vede anche al risveglio. La colazione, siciliana al 100%, è affidata a un indirizzo storico della pasticceria palermitana. Niente di meglio che una cassatina, una sette veli di cioccolato o un paio di cremosi cannoli per ripartire, di nuovo, per un altro assaggio di quest’affascinante città.

dove&come BB22 Largo Cavalieri di Malta, 22 Palermo Tel. 091.6111610/335.7908733 Doppia uso singola da 80 euro Matrimoniale da 110 euro www.bb22.it

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week end verde

di Angela Pino

Potenza Al Querceto, ospitalità vera Siamo entrati nel “giardino” della Basilicata, ai margini di un bosco di querce, dove la cucina tradizionale lucana si tramanda da generazioni, cedendo a contaminazioni mediterranee ma sempre ispirata a scelte “naturali”, legate alla ricerca di prodotti biologici e biodinamici, materie prime utili a elaborare piatti che soddisfino anche le esigenze legate a intolleranze o ad allergie alimentari

Il Querceto è un’azienda agrituristica bioecologica al centro del Parco Nazionale Appennino Lucano Val d’Agri Lagonegrese, nel comune di Marsicovetere. Il luogo ideale per una connessione diretta uomo-natura, immersi in un paesaggio quasi primordiale. Percorrendo itinerari naturalistici nel bosco di querce dell’azienda, gli amanti del trekking e della natura possono fissare la propria meta nell’alto nido dell’aquila della Civita, antico forte in terra, nella Montagna Grande di Viggiano o nel Monte Volturino. A pochi passi dall’azienda, poi, la Villa Imperiale della famiglia Bruttii Praesentes è tappa iniziale di un viaggio attraverso la storia: seguendo a valle le sponde del fiume Agri, si raggiunge infatti l’antica città romana di Grumentum. Le passeggiate iniziano proprio dietro la casa, attraversato il bosco di querce e guidati dai cani bianchi che sorvegliano la fattoria. Al rientro dalle “fatiche” o dalle “coccole” della natura, a seconda dell’itinerario intrapreso, l’ambiente è quello di casa. Nella struttura a conduzione familiare, o meglio matriarcale, Francesca Leggeri, la proprietaria, accoglie i suoi ospiti con elegante cortesia, senza dubbio ereditata

dove&come Azienda Agricola Il Querceto Podere Querceto - Loc. Barricelle Marsicovetere (Pz) Camere da 65 a 90 euro a notte Tel. 0975.69339 / www.ilquerceto.it

dalla carismatica nonna, donna Maria, e dalla madre Nancy. “L’ospitalità della verità”, come dicono da queste parti, prosegue a tavola, con piatti a base di castagne e funghi (ma, in questo periodo, si trovano anche i fagioli di Sarconi Igp) accompagnati da buon vino, morbido pane, limpido olio, direttamente prodotti in azienda o da agricoltori di riferimento lucani e pugliesi. Non sono solo parole, perché il gusto vero lo raccontano i sensi risvegliati da queste prelibatezze sapientemente preparate. Non c’è improvvisazione alcuna. Francesca proviene da un ambito lavorativo diverso, cinema e televisione, ma ha portato nell’azienda, per scelta e non per ripiego, quel suo imprinting, spinta dal desiderio di assecondare le esigenze di chi vuol stare a contatto con la natura, con eleganza e sobrietà. I grandi casali in pietra dell’azienda sono stati restaurati secondo i principi della bioarchitettura e i materiali utilizzati, naturali ed ecologici, conferiscono intimità e comfort all’ambiente. «Lavorare nel biologico – è la convinzione di Francesca – è una scelta personale, ma anche etica perché ti impone di lavorare nella verità». E, al Querceto, non restano solo le parole. Provare per… novembre 2012

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il ristorante

di Alba De Gasperis

Un bistrot da Oscar

Milano

La vita è bella, Mediterraneo, Shining. I film, in questo locale di nuova apertura, non solo si guardano, ma si assaggiano anche. Al montaggio lo chef Giacomo Montelli, star dei fornelli milanesi. Alla regia Alviero Martini che ha trasformato questo spazio in un viaggio senza tempo, disseminato di fotografie di divi e divine di Hollywood

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Come si gustano i film qui, non si gustano da nessun’altra parte. Un nuovo multisala che offre popcorn da urlo? Non esattamente. Sì, anche qui ci son bobine, pellicole, proiettori, maxi schermi, due sale per una sessantina di posti e grandi, grandissimi attori di fama internazionale. Ma il protagonista in questione è... un bistrot! Quindi niente biglietto d’ingresso per sedersi comodi comodi e consultare le ricche interpretazioni culinarie, nel novembre 2012

contenuto e nella forma, di classici del grande schermo. Ecco “La vita è bella” per godere una selezione di formaggi italiani o “Shining”, che porta in tavola un “branzino in collera (per l’appunto...) su un letto di insalatina, porri fritti, pane arabo, humus e maionese”. Una cucina che recita in italiano, ma non solo: se infatti “Mediterraneo” racconta sapori tipici della nostra bella Italia, “Marigold Hotel” parla (al palato) di contaminazioni orien-

tali. In ogni caso, a dirigere i dialoghi fra gli ingredienti è Giacomo Montelli, chef di origini siciliane e star dei fornelli milanesi da oltre vent’anni. Cosa scegliere per un brindisi d’augurio a lui e tutta la sua troupe? Dalla cantina del bistrot un’ampia selezione di etichette italiane accompagnate da qualche bollicina francese; dal bar un’ampia scelta di cocktails. Vada per un Oscar, tanto per rimanere in tema, il must della casa a base di maracuja, sweet&sour, rhum bianco, spumante brut millesimato e soda. Ma Guendalina e Peter, storici proprietari del locale, a chi si sono affidati per l’ideazione e la realizzazione di questo remake? Il regista non poteva che essere un grande appassionato di cinema, chiaramente. Ma non tutti sanno che tra film, teatro, spot pubblicitari e serie televisive Alviero Martini (sì, proprio lui) è molto più che un semplice appassionato. L’Oscar, ahimè, non l’ha vinto, ma (come si legge nella sua autobiografia), se esistesse un Premio Nobel dedicato agli stilisti e se la giuria fosse presieduta da Cristoforo Colombo, Amerigo Vespucci, Vasco De Gama e Marco Polo... allora sì che “svaligerebbe” tutto. Non è quindi un caso se il bistrot, grazie a lui, si è trasformato in un viaggio senza tempo, con oltre duecento fotografie d’archivio in bianco e nero che immortalano divi di Hollywood e della Dolce Vita e un repertorio di circa 150 pellicole proiettate all day long. «Nella definizione del concept abbiamo voluto che questa atmosfera glamour newyorkese incontrasse la dimensione della convivialità. Abbiamo quindi scardinato il concetto di ristorazione classica proponendo, ad esempio, piatti unici (a base di carne o pesce, accompagnati da verdure, riso o pasta); smontato la tradizionale tavola apparecchiata (avete mai visto una pellicola stracciata come sottopiatto?); puntato i riflettori su prezzi accessibili (si pranza con circa 12 euro) e orari flessibili. Il tutto per venire incontro a gusti ed esigenze diversi». A completare l’offerta, un contenuto speciale: il “Sunday Bloody Sunday”, un pranzo della domenica (come ama definirlo Guendalina) con proposte ad hoc per gustare, ancora meglio, la visione del film delle 15.00.

dove&come Bistrot Al Plaza

Via Panfilo Castaldi, 4 Milano Prezzo medio cena: 35 euro www.ristorantealplaza.com


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libri letti per voi

di Gilda Ciaruffoli

Il futuro si costruisce in vigna

Una risata vi sazierà

Corrado Dottori, vignaiolo marchigiano, ci racconta la sua idea di vino e di vita.

Antonio Marchello, personal chef, ci racconta il secondo volume della serie Anforchettabol – Alla ricerca del piatto perduto, dedicato ai comici in cucina. Ai fornelli è di rigore la serietà o c’è posto per il “riso”? Un piatto rispecchia sempre la personalità di chi l’ha immaginato, creato, preparato. Se questo è fatto con una generosa manciata di “riso” o, del più delicato, sorriso ne verrà fuori sicuramente qualcosa che lascia un buon sapore in bocca. Rigore e serietà devono essere le fondamenta su cui costruire la propria formazione, poi però bisogna sapersi lasciare andare perché un piatto deve sempre avere una bella storia da raccontare. L’intervista “indimenticabile”? Ognuna a suo modo sa esserlo. Anche questa, giuro che non la dimenticherò mai! L’aneddoto più sfizioso? Anforchettabol è un ricchissimo buffet di aneddoti sfiziosi. Io prediligo gli incipit, gli antipasti, le prime volte. Se devo scegliere, del primo volume, dedicato agli chef, una storia come quella di Simone Rugiati che comincia con “la mia storia parte da una bugia” è parecchio stuzzicante. Per quanto riguarda il secondo volume dedicato ai comici, per lo stesso motivo, sceglierei Mr Forest: ha cominciato a farmi ridere al citofono…

“Non è il vino dell’enologo”, un titolo criptico... ce lo spiega? È un titolo provocatorio, soprattutto in un momento in cui ogni cosa è demandata ai “tecnici”, ed esprime il disagio di chi reputa il vino innanzitutto un prodotto dalla forte valenza culturale. “Non è il vino dell’enologo” è in qualche modo una risposta a chi domanda come è, o dovrebbe essere, il vino dei vignaioli autentici. A chi è dedicato questo libro? A tutti gli amanti del vino. Non tanto i “degustatori” o la nicchia autoreferenziale dei “super-esperti”, quanto tutti coloro che amano pasteggiare o festeggiare con un buon bicchiere di vino. È un libro in qualche modo dedicato anche alle nuove generazioni, per comunicare l’importanza di una agricoltura sana e sostenibile. Cosa significa essere un “vignaiolo che dissente”? Il vero atto agricolo, così come la vera attività artigianale, sono già di per sé oggi gesti che “dissentono”. Non sono gesti passatisti: al contrario, il vignaiolo che dissente si pone domande modernissime. È possibile un’economia “ecologica”? È sostenibile l’attuale modello di sviluppo? Sembrano domande che esulano dall’attività di chi produce “semplicemente” una bottiglia di vino, eppure coinvolgono una vasta schiera di persone, a cominciare dai consumatori (io preferisco coproduttori) dai cui modelli di consumo dipende gran parte del futuro del nostro pianeta. Derive Approdi 128 pp. 10 euro

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Cento anni di Pasta

novembre 2012

Trenta Editore 208 pp. 22 euro

“Un altro libro sulla pasta? Ce n’era bisogno? Direi mai come in questo momento. Perché la pasta […] rischia di essere vittima di un duplice destino: da un lato, come piatto popolare del made in Italy, viene spesso maltrattata all’estero; dall’altro lato, come cibo quotidiano, è talmente familiare da essere data per scontata. Difficilmente i gesti che noi italiani abbiamo nel dna (quello di ‘calare’ la pasta quando l’acqua bolle, o quello di assaggiarla per esser certi di scolarla bene al dente) sono accompagnati dalla consapevolezza della storia che c’è dietro”. È con queste parole che la giornalista Eleonora Cozzella introduce al volume voluto da Giuseppe e Giovanna Di Martino In occasione del centenario della nascita dell’omonimo pastificio storico di Gragnano. Il risultato è un’opera monumentale divisa in quattro capitoli, che rimandano alle quattro stagioni della vita della pasta: 25 anni che vengono approfonditi dal punto di vista storico e culturale, seguendo il filo conduttore dell’evoluzione degli usi e dei costumi legati all’alimentazione in Italia. Segue una raccolta di ricette, ordinate per stagione, e quelle degli chef stellati extra regione Campania. Aneddoti, curiosità storiche e utili informazioni sugli alimenti e sui formati di pasta usati incorniciano infine le preparazioni di tutte le pietanze protagoniste del libro. Ed. Malvarosa 291 pp. 45 euro



di Gilda Ciaruffoli

Archivio Cinemazero Pordenone

arte soste d’arte

Tinissima e l’eros Udine celebra Tina Modotti e lo fa attraverso un percorso di video e immagini nell’ambito dell’edizione 2012 della rassegna d’arte Maravee

fino al 18 novembre Castello di Susans Majano (Ud) www.castellodisusans.com www.visionario.info 124

novembre 2012

Sono passati 70 anni da quel 5 gennaio del 1972 quando, a Città del Messico, si spegneva a 46 anni, Tina Modotti. Fotografa, attrice, musa ispiratrice, rivoluzionaria, spia, amante. Donna. Una personalità dal fascino magnetico che attrasse a sé artisti del calibro di Edward Weston (del quale per altro si svolge proprio in questi giorni e fino al 9 dicembre una mostra nei locali dell’Ex Ospedale Sant’Agostino a Modena – www.fondazionefotografia.it) e Frida Kahlo. A lei è dedicata l’11esima edizione di Maravee, rassegna d’arte e spettacolo contemporaneo la cui edizione 2012 è stata inaugurata lo scorso ottobre presso le sale del Castello di Susans di Majano (Ud). A essere celebrato il volto più femmineo della complessa identità della Modotti. Quello della stella hollywoodiana del cinema muto, della modella di grandi fotografi e pittori, acclamata dai giornali dell’epoca come bellezza sensuale ed esotica, così moderna e in anticipo sui tempi. Mettendo in scena questo suo specifico profilo, l’omaggio si sviluppa in chiave strettamente contemporanea, per condurre la figura storica di “Tinissima” nel presente, a ridosso di un tema, quello dell’amore, che fa da ponte tra epoche diverse. E non è un caso che a celebrar-

la sia la terra che le ha dato i natali, il Friuli, in un percorso sensuale che da Majano porta a Udine, lungo una strada lastricata di immagini e video. Le immagini sono quelle della mostra Sensi Nudi, al secondo piano del Castello di Susans, che mette in scena un sottile erotismo contemporaneo in dialogo con i nudi e i ritratti della Modotti; e ancora, quelle inserite da Bigas Luna nella sua video ambientazione A fior di pelle, che ha come soggetto immagini ottenute rielaborando scatti di nudi femminili realizzati dallo stesso regista negli anni Sessanta. Questo progetto, omaggio dell’artista al grande fotografo Miroslav Tichy, scomparso nel 2011, che per tutta la vita ha fotografato le donne spiandole nella loro quotidianità, si sviluppa a partire dalla forte relazione tra eros e cibo che caratterizza molta parte della produzione, cinematografica ma anche performativa, di Bigas Luna. E infine, le immagini, quelle di Messa in scena per Eros, mostra ospitata dagli spazi del Visionario di Udine fino all’11 novembre, che mette in relazione le fotografie di Gian Paolo Tomasi con le foto di scena del film The Tiger’s Coat (archivio Cinemazero), unica pellicola sopravvissuta della carriera cinematografica della Modotti.


Sveart 2012 Prima edizione del Premio Biennale di Arte Europea e novità assoluta nel panorama dei premi d’arte in Italia. In mostra, 50 artisti under 40 provenienti dai 25 Stati membri dell’UE. 29 novembre - 31 gennaio 2013 Centro Congressi del Comune Saint-Vincent (Ao) Info: www.sveart.it

Impressioni di novembre Komikazen De Faience Ultima tappa del Festival Internazionale del Fumetto di Realtà, che sottolinea il rapporto tra arte e gastronomia. Cuore della manifestazione la “cena itinerante con fumetto”: un percorso gastronomico fra botteghe artistiche, studi, case di privati, negozi, bar e ristoranti. 9-11 novembre location varie, Faenza (Ra) www.komikazenfestival.org

Roma Caput Mundi “Una città tra dominio e integrazione”, è il sottotitolo della mostra che si articola tra Colosseo, Curia Iulia e Tempio del Divo Romolo alla scoperta della Roma imperiale. fino al 13 marzo 2013 Location varie, Roma www.coopculture.it

A Giuseppe Rocca, “dipintore” calabrese classe 1958, nella cui arte surrealismo e metafisica si intrecciano, nel fermo rispetto del rigore classico delle forme, abbiamo chiesto una riflessione sull’autunno, stagione celebrata in tante delle sue opere. «L’autunno porta con sé un frutto altamente mistico, la melagrana, tanto misterioso quanto perfetto. L’ordine dei chicchi al suo interno ermeticamente nasconde il desiderio di un mondo che abbia anch’esso lo stesso ordine, con posti già assegnati in base alle competenze. Fin dal Medioevo la melagrana era simbolo di passione e di spiritualità e per il succo rosso rubino dei suoi chicchi, a ricordo del sangue, veniva affiancato alle sofferenze del Cristo e alle immagini di chiara sofferenza. Ogni volta che lo dipingo provo un alto senso di spiritualità e con i pennelli ne esploro l’interno profondo e sensuale. Mi perdo fra i grovigli delle sue pareti e mi viene spontaneo credere nella profonda sapienza dell’Architetto del mondo». Con la sua arte, Rocca si «propone il recupero di quelle alchimie perse nel corso dell’ultimo secolo, inerenti ai segreti delle botteghe rinascimentali». Per approfondire la sua opera è possibile contattarlo all’indirizzo giusepperocca@tiscali.it, al numero 338.2276179 o incontrarlo a Borgia, in provincia di Catanzaro. Qui è nato e lavora, in una Calabria che definisce “terra di frontiera” e alla quale lo legano l’amore e il desiderio mai placato di inseguire un sogno romantico. novembre 2012

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spettacoli

di Gilda Ciaruffoli

Torino Film Festival Tutti nello stesso piatto Torna il Festival internazionale di Cinema Cibo & VideoDiversità organizzato da Mandacarù Onlus, cooperativa di commercio equo del Trentino, e dal consorzio Ctm Altromercato. In cartellone 35 pellicole, accompagnate da degustazioni a tema nonché incontri con registi, giornalisti e scrittori. Fil rouge del festival una riflessione, attraverso il cinema, sulle questioni culturali, ambientali, civili, politiche che ruotano intorno al tema del cibo e sul legame stretto (ma troppo spesso ignorato) tra le nostre abitudini e scelte alimentari e quanto accade ogni giorno alle popolazioni asiatiche, africane e latino americane. La manifestazione vuole far luce su questo legame, offrendo all’attenzione del pubblico film e documentari che raccontano il funzionamento delle produzioni agroalimentari e della pescicoltura e le loro ripercussioni sull’ambiente e sulla società. 6-24 novembre, Trento Info: www.tuttinellostessopiatto.it

Festeggia i 30 anni il TFF, storico appuntamento con il cinema “giovane” la cui principale sezione competitiva è riservata ad autori alla prima, seconda o terza opera, per scoprire talenti innovativi che esprimano le migliori tendenze contemporanee del cinema indipendente internazionale. In occasione dello storico anniversario è inoltre già iniziata la maratona Moving TFF con il suo ampio panorama di iniziative: anteprime di film, proiezioni di classici presentati da esperti, incontri e dibattiti, tutti legati dal filo rosso rappresentato dalla storia della manifestazione. Filosofia alla base del progetto è quella di costruire spazi aperti al dibattito, amplificando la portata civile e culturale del Festival, raggiungendo anche realtà periferiche della città e animandole attraverso incontri culturali e ricreativi. 23 novembre – 1 dicembre, Torino Info: www.torinofilmfest.org

Bologna Jazz Festival Sarà la prima retrospettiva completa in Italia dedicata al regista Andrés di Tella, tra i cineasti più rappresentativi del cinema argentino contemporaneo, uno degli eventi di punta dell’edizione 2012 del Festival Internazionale del Film Documentario – laboratorio per il cinema di ricerca e luogo di incontro e approfondimento sui grandi temi della contemporaneità – che si svolge nell’ambito della “50 giorni di cinema internazionale a Firenze”. Tra gli eventi speciali della manifestazione anche il concerto del cantante e chitarrista Lucas Santtana, tra i nomi più in vista della musica brasiliana contemporanea. 10-17 novembre, Firenze

L’edizione 2012 del Festival si connota come di consueto sull’alta qualità delle proposte musicali. Delle vere e proprie leggende della storia del jazz sono le star dei tre concerti a teatro bolognesi, di cui ben due sono esclusive nazionali: Chick Corea, Jim Hall e John McLaughlin & The 4th Dimension. Come sempre i concerti principali non esauriscono il vasto programma che contempla altri tre concerti in teatri della provincia bolognese, un evento off e numerosi concerti nei club: alla Cantina Bentivoglio e al Take Five per quanto riguarda Bologna e al Torrione Jazz Club a Ferrara, per due anni di seguito insignito del titolo di miglior jazz club d’Italia. 15-25 novembre, Bologna e Ferrara

Info: www.festivaldeipopoli.org

Info: www.festivaljazzbologna.it

Festival dei Popoli

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...dal 1868 terre di grandi vini

La valorizzazione e la salvaguardia del territorio attraverso una viticoltura ad impatto zero. Solo così nascono i vini Travaglino... all’origine. Nomination come Migliore Azienda d’Italia all’Oscar del Vino 2005

Dal 1990 vini premiati da: Duemila Vini Ed. A.I.S. Vini d’Italia Ed. Gambero Rosso I Vini di Veronelli - Ed. Veronelli Guida dell’Espresso

Concorsi nazionali Medaglia d’oro: n° 52 Douja d’Or t n° 44 Talento d’oro n° 18 Oscar Pramaggiore n° 7 Nastro d’oro Valdobbiadene n° 4 Gran Menzioni Concorso Internazionale Vinitaly

Azienda Agricola T R A V A G L I N O 27045 CALVIGNANO (PV) - OLTREPÒ PAVESE - ITALY Tel. 0383/872.222 r Fax 0383/871.106 - info@travaglino.it - www.travaglino.it


trendy

di Claudia Dagrada

Furla, per un quotidiano ottimismo Anche per questo autunno-inverno la maison bolognese ha saputo interpretare con successo le mille sfaccettature della femminilità. Colori fluo ed effetti 3D affiancano le linee già classiche della Doctor Bag, per novelle Mary Poppins di tendenza

Linee frizzanti e tinte audaci: l’autunno Furla sembra lanciare una sfida al pessimismo… Esattamente. Neon in greco significa nuovo, ed è il colore emblematico della prossima stagione della maison. Con la nuova it-bag Furla and I ci aspetta un autunno-inverno a colori forti, fuori dagli schemi. Giallo, arancio, fucsia, accanto al rosso lipstick, al verde e al viola uva, in tinta con un desiderio di rinascita. Si può dire, in effetti, contro ogni pessimismo. Furla and I è una borsa double face, versatile e funzionale, complice delle donne nella vita di tutti i giorni.

Il modello irrinunciabile? La Doctor Bag da novella Mary Poppins che si è guadagnata l’olimpo dei pezzi cult riproponendosi come accessorio trendy della stagione. Dal fascino un po’ retrò, austera ma sempre elegante, è stata rivisitata in versione contemporanea. Realizzata in materiali pregiati che ne esaltano il fascino vintage, è proposta sia nelle tonalità tipiche invernali sia in nuance più accese che nelle versioni tinta unita ancora più glamour.

A quella sul colore si affianca per Furla anche una ricerca sulle superfici? Certamente sì. C’è stata una rilettura dei classici – dal bauletto Papermoon all’iconica Piper – in chiave contemporanea grazie alla speciale lavorazione fatta su materiali e pellami che ha donato alle superfici un andamento mosso, per un affascinante effetto 3D.

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B E RT O L O T T O COLLEZIONE

N A T U R A

BERTOLOTTO INTERPRETA LA PORTA COME ELEMENTO INTEGRANTE DEL PROGETTO D’INTERIOR DESIGN. UN SEGNO D’ARCHITETTURA PER LA CASA CONTEMPORANEA DOVE ARTE, STILE E COLORE DANNO VITA A SPAZI GRATIFICANTI E PERSONALI, DA VIVERE CREATIVAMENTE. www.bertolotto.com

numero verde 800.034.392


shoppin shopping

di Lucia Lipari

Come maestri di sci... con Emporio Armani Per i prossimi quattro anni, la linea EA7 Emporio Armani firmerà l’intero abbigliamento tecnico dei maestri di sci della Valle d’Aosta: sono 1.582 quelli iscritti all’Associazione Valdostana Maestri e 23 le Scuole di sci che operano nella regione. La loro divisa è diventata negli anni un vero e proprio simbolo e, a partire dalla stagione 2012/2013, in virtù di questo accordo, sarà connotata da un’alta qualità tecnica oltre che dal segno distintivo e di eleganza propri del marchio EA7. Per sentirsi tutti un po’ maestri di sci, niente di meglio quindi che scendere in pista indossando i guanti Armani EA7 (in foto). Prezzo, modello nero da donna: 75 euro; rosso da uomo: 88 euro

Alte vette per La Sportiva Tra gli anni ’20 e ’40, Narciso Delladio costruiva artigianalmente zoccoli di legno e scarponi in pelle destinati ai boscaioli delle valli di Fiemme e Fassa. Varcati nel tempo i confini delle valli, il marchio La Sportiva è oggi una realtà di spicco del settore a livello globale, grazie anche all’annuncio, nel 2006, che il suo distributore americano è diventato parte integrante della società. Tra le proposte La Sportiva per l’inverno, l’Insulation pullover, ovvero, l’insulation layer per eccellenza della linea fast forward ski mountaineering, dedicato a tutti coloro che sono alla ricerca di un prodotto caldo e confortevole senza rinunciare alla leggerezza, requisito fondamentale per le performance più elevate (peso: 405 gr). Prezzo: 219,95 euro

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Sulla neve si calza Dolomite Dalla conquista del K2 alle vittorie in Coppa del Mondo di sci, sono tante le soddisfazioni che il marchio trevigiano Dolomite, nato nel lontano 1897 dall’amore per l’alpinismo e dall’intraprendenza di un mastro calzolaio, ha guadagnato e continua a guadagnare. La tecnologia diventa sempre più innovativa con l’evoluzione del DAS: sistema di design e progettazione anatomico del piede, soluzione costruttiva in grado di garantire livelli di comfort e precisione di calzata mai raggiunti nell’outdoor. In foto, il modello Steinbock Su Gtx da uomo. Prezzo: 230 euro


ng Un caldo inverno con Colmar

Alte performance, soluzioni d’avanguardia e comfort ottimale: queste le linee guida seguite da Colmar per la messa a punto della collezione inverno 2012. Le nuove proposte confermano l’efficacia del WPT – Watershield Protection Technology – innovativo sistema di finissaggio dei tessuti. È il caso ad esempio della giacca twill in poliestere opaco caratterizzato da elasticità naturale laminata con membrana Dermizax MP che garantisce la massima traspirabilità e impermeabilità. Tecnologia ColmarWarm e tessuto che fornisce calore al corpo umano, uniti alla presenza del dispositivo brevettato Recco, utile per la localizzazione in caso di valanghe. Prezzo: 630 euro

style

La Postina suona sempre due volte

Impazza tra le fashion bloggers la bag proposta da Zanellato, marchio italiano leader nel mondo della pelletteria dal ’76. La Postina nasce dall’idea di Franco Zanellato di rivisitare la storica borsa tracolla dei portalettere italiani degli anni ’50, realizzata con quelle che un tempo erano le autentiche chiusure delle borse dei postini del II dopoguerra. Apprezzata dai fashion addicted per l’ottimo pellame e la lavorazione interamente made in Italy. Persino Poste Italiane le ha dedicato un timbro filatelico personalizzato, per celebrare questa icon bag e il mito cui rimanda.

Da Cupertino l’iPhone 5

Addio penna e calamaio, addio spade e katane, oggi le mani impugnano mouse e tastiera. Sms e mms rimpiazzano le lettere d’amore. Benvenuto high tech, insomma, e tra le ultime gettonatissime novità: l’iPhone 5. Il suo arrivo è dettato non dalla crisi economica o dall’antagonismo con Android, e nemmeno dalle tattiche di marketing del dopo Jobs. Per Apple la risposta sta nella domanda di un nuovo iPhone e non nella saturazione del mercato, come paventano gli analisti. John Malkovich è il testimonial del melafonino di nuova generazione, dal display più grande e connettività Lte, nonché dal nuovo connettore dock.

Ancora “Sex and the city” mania

“La prego signore, può prendere la mia borsetta di Fendi, può prendere il mio anello e il mio orologio, ma non prenda le mie Manolo Blahnik”. Parole di Carrie Bradshaw in Sex and the City, più che un telefilm cult degli ultimi anni ’90, una filosofia di vita intessuta nel lusso dell’Upper East Side di Manhattan. Quattro amiche: Carrie, Miranda, Samantha e Charlotte, tutte diamonds e lustrini, pasionarie della moda e del principe azzurro dalla carta di credito gold, nate dalla penna di Candace Bushnell. In cantiere il prequel di Sex and the City, un telefilm prodotto dalla Warner Bros, tratto dall’omonimo libro Il Diario di Carrie della Bushnell.

Sboccia il peplum dress

Torna a spopolare, nelle collezioni autunno/ inverno, il peplum dress. Questo stile si caratterizza per l’ispirazione ai tulipani tanto in voga negli anni ’80. Corsi e ricorsi storici che trovano sempre grande seguito tra le fashion victims, grazie alle reinterpretazioni in chiave moderna che gli stilisti ci propongono sempre con grande entusiasmo, sapendo sorprenderci ogni volta. Questo stile dona un tocco glam ai classici tubini e dà movimento anche a top e gonne, in modo da trasformare un semplice jeans o a una camicia in un Outfit chic ma sempre pratico. In foto un modello Zara.

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le selezioni Ogni mese per voi il meglio dei prodotti enogastronomici italiani selezionati da VdG e disponibili presso i nostri store


selezioni

La tavola in festa con i veri sapori di Sicilia

Gaetano Palermo, titolare Alicos – azienda di Salemi avviata nel 2005 per dare continuità a una vocazione familiare per le eccellenze locali che si è tradotta già nei primi del ’900 in un’impresa votata al gusto – ci racconta le deliziose proposte della sua azienda, regalo perfetto da offrire in dono in occasione delle prossime festività e scelta di qualità quotidiana con la quale coccolare ogni giorno i propri cari

Società agricola Alicos Via M. Cremona, 21 Salemi (Tp) Tel. 0924983348 www.alicos.it

Quali sono le proposte Alicos per trascorrere il prossimo inverno in dolcezza? Tutti i nostri prodotti hanno dei gusti delicati e caratteristici e i nostri clienti ci amano perché qualsiasi cosa proponiamo sanno che il gusto e la qualità sono uniche. Per questo ci scelgono quando devono fare dei regali particolari. Le nostre confezioni regalo sono un mix di sapori, dal salato, con le conserve, i pesti o paté o addirittura i sughi pronti, al dolce con le marmellate e le confetture o i panettoni al pistacchio o i croccanti misti al pistacchio, alla mandorla, alla nocciola.

Cosa rende unici i vostri prodotti? La loro stagionalità. Trasformiamo solo ortaggi e frutta di stagione sfruttando la fragranza e la freschezza dei prodotti. Puntiamo molto su questo concetto e invitiamo i nostri clienti a prestare attenzione nell’acquistare prodotti realizzati con materia prima di stagione, abituandoli all’idea che, se un nostro prodotto durante l’anno finisce, per avere la stessa qualità è necessario aspettare la nuova produzione. La risposta è molto buona, anche se dal punto di vista commerciale la mancanza di un prodotto potrebbe creare problemi.


selezioni

Da dove provengono le materie prime utilizzate? Sono tutte di origine siciliana, dall’olio della Sicilia occidentale agli ortaggi della Sicilia orientale. Per quello che riguarda la frutta, ad esempio, utilizziamo l’arancia Navel di Ribera o l’arancia rossa della Sicilia occidentale, la pesca bianca di Bivona e la fragolina di Ribera. Stiamo inoltre iniziando una nuova produzione utilizzando come ingredienti alcuni presidi Slow Food, ad esempio il pesto alla Trapanese con “l’aglio rosso di Nubia” e il “sale marino artigianale di Trapani”. Lo stesso olio accomuna tutta la vostra produzione: ci racconti qualcosa in più di questo prodotto così importante per voi… Il nostro olio extravergine di oliva Halycos è ottenuto principalmente da piante di Cerasula impiantate nel 1929. Il nome è legato a quello del fiume Grande che scorre presso gli uliveti, un tempo chiamato Halycus e considerato frontiera tra Segesta e Selinunte. Quali sono le novità Alicos per la prossima stagione? Già da ora sono disponibili sul mercato la nuova linea biologica e la linea certificata Vegano OK, grazie alle quali soddisfare puntualmente le esigenze di una clientela sempre più ampia. Come azienda siete molto presenti alle fiere di settore. Quali sono i prossimi appuntamenti ai quali vi potremo incontrare? Partecipiamo a molte fiere di settore, tra le prossime: la Sial di Parigi, il Salone del Gusto di Torino, il Merano Wine Festival e Culinaria. Dove è possibile assaggiare e acquistare i vostri prodotti? I nostri prodotti si trovano nelle gastronomie, negli wine bar, nei ristoranti, nei negozi di prodotti tipici; per scelta aziendale non siamo presenti nella grande distribuzione».

In queste pagine, alcune eleganti confezioni regalo Alicos che appagano i gusti di tutta la famiglia con le selezioni di prodotti dolci e salati. Un dono di eccellente qualità, grazie alle materie prime utilizzate, tutte rigorosamente siciliane. Sotto la cittadina di Salemi dalla quale l’avventura Alicos è partita


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Il gusto unico della tradizione

Nel cuore della Sardegna, un filo indissolubile unisce passato e futuro della famiglia Olianas. Il recupero degli antichi terreni e il desiderio di onorare i propri avi, hanno portato Renzo e suo figlio Samuel, a dar vita ad Argei Le Fattorie Renolia nonché a ottimi vini e deliziosi oli. Il tutto con un occhio di riguardo all’ambiente

Un piccolo borgo argicolo, Gergei, sull’altopiano Sarcidano. E un nome, Olianas, da olìa (ulivi), quello di una famiglia che ha un rapporto speciale con la propria terra e che, dall’amore per la tradizione più autentica, ha dato vita a Le Fattorie Renolia. Tutto è iniziato con l’acquisizione da parte di Renzo Olianas delle terre appartenute ai suoi avi, seguita da quella del frantoio Argei. Oggi l’azienda rappresenta l’inizio di una nuova era per la famiglia Olianas, il cui testimone è stato preso da Samuel, figlio di Renzo. Così, nella valle del monte Trempu profumata da mirto e oleandro, gli Olianas coltivano uliveti maestosi che producono olive di grandissima rarità e pregio, per un olio armonioso e dall’aroma fruttato. Come il Classico Argei dal retrogusto amaro e piccante. O il Bio Argei, proveniente da cultivar Maiorchina e Semidana, che offre un gusto tanto intenso da lasciare ai piatti crudi una propria specifica personalità. E ancora lo Is Antas, di qualità superiore, ottenuto da un blend di

olive di diversi cultivar (Maiorchina, Pit’s e Carroga, Bosana e Semidana), dall’aroma fruttato leggero con sentore di carciofo e mandorla, e il gusto dolce, che lo rendono unico. La produzione di vino, sviluppatasi da circa 5 anni, non è da meno. La tradizione è anche qui in prima fila, assieme a tecniche moderne, a un eccellente staff di enologi e a un territorio caratterizzato da una valle riparata dalle correnti d’aria fredda, con un clima mite perfetto per la viticoltura. Il risultato? Il Vermentino Doc, per esempio, dal profumo aromatico e fruttato, dal gusto avvolgente e dal corpo pieno e vellutato, che si accompagna a pesce, crostacei, frutti di mare e formaggi. Il Pranu Mariga Igt nato da un blend di uve – Cannonau, Bovale e Monica – che ne fanno un ottimo rosso di carattere e gli danno un fine senso di morbidezza e una forte personalità, oltre che un corpo vellutato e un senso avvolgente al palato (da associare a piatti di selvaggina, arrosti e formaggi sardi). Il Ruina Figu Igt, fresco, fruttato e giovane, dal gusto elegante, che si accompagna bene a carni rosse, arrosti, selvaggina e ogni genere di primi piatti. E il Cannonau Doc, affinato in acciaio, vino di bel frutto e di ottima freschezza per primi piatti succulenti a base di carne, tagliolini al pecorino e pomodori secchi e maialino arrosto.

Circoli virtuosi La famiglia Olianas alleva anche 500 capre secondo il metodo della stabulazione fissa e le nutre con foraggi che provengono dai campi di proprietà. L’obiettivo è quello di produrre da questo stesso latte il formaggio. Ma non solo. L’azienda infatti è totalmente votata alla sostenibilità grazie all’utilizzo del fotovoltaico, delle biomasse, e al recupero e riutilizzo dei reflui del frantoio e delle acque.

Le Fattorie Renolia Via Municipio,16 - Gergei (Ca) Tel. 0782808022 - www.argei.it


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Preziosi sapori della realtà valdostana La Valle d’Aosta è una piccola perla incastonata tra le montagne capace di esprimere attraverso i suoi prodotti tipici la sapienza artigiana di un intero popolo. Le coltivazioni, gli allevamenti, la lavorazione della materia prima e i piatti tipici risentono in modo determinante di ambiente e clima difficili, ma capaci di premiare chi, con rispetto e cultura, si rivolge al territorio per il proprio sostentamento. I prodotti valdostani per eccellenza sono i formaggi. Le erbe fresche e profumate dei pascoli d’alta quota sono l’alimentazione ideale per le mucche autoctone. La Fontina Dop è il formaggio più importante e conosciuto, e se poi è Bio è ancora meglio. La qualità infatti è di altissimo livello e costante nel corso dell’anno, per la Fontina Dop Bio viene ammesso l’utilizzo di latte proveniente da allevamenti con una densità massima di 2,2 bovini per ettaro. Altra famosa eccellenza valdostana è il Vallée d’Aoste Jambon de Bosses Dop, un prosciutto crudo dalle origini antiche che nasce nel piccolo borgo di Saint-Rhemy-en-Bosses a 1600 m di quota. Il marchio ne identifica in modo assoluto la produzione come proveniente da questa area geografica e garantisce che il discipli-

nare sia rispettato e che i controlli siano effettuati dall’ente certificatore nominato a tutela e garanzia della Dop. Queste due Dop sono degnamente accompagnate dagli importanti vini locali. Tra le eccellenze della Valle ce n’è una che ha una storia particolare, quella di Le Prisonnier di Maison Anselmet, vino che racchiude già nel nome la sua unicità. Questa vigna, situata a 800 m slm, è costituita infatti da sette terrazze ricavate da un terreno a pendenza impossibile, imprigionate sopra e sotto da due grandi formazioni rocciose e dalla Doc, di cui però non può fregiarsi perchè non ha la percentuale sufficiente di uve. Le Prisonnier, vino prodotto secondo un metodo del 1800, è uno dei migliori dello Stivale. Nato per caso, tenuto per scelta.

Fontina Dop Bio, Jambon de Bosses Dop e Le Prisonnier di Maison Anselmet: tre prodotti simbolo di una regione tanto piccola quanto ricca di qualità e tradizioni

www.fromagerie.it www.jambondebosses.it www.maisonanselmet.it


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Buonissimi e di qualità I prodotti dell’Azienda Gazzaneo, curati con eccellenza dalla semina al raccolto, sono un punto di riferimento per i palati più raffinati La storia dell’Azienda Gazzaneo è la storia di una famiglia che evolve, cambia e matura con il succedersi delle generazioni. Nata inizialmente come azienda familiare, oggi si presenta come realtà leader nella produzione di ortaggi e punto di riferimento per una una clientela dal palato raffinato. L’Azienda Gazzaneo si distingue sul mercato per la qualità e la genuinità dei propri prodotti: cura la qualità delle sue verdure, a partire dal momento della semina, selezionando il terreno, la varietà del seme, la concimazione ma soprattutto le modalità e i tempi della lotta antiparassitaria. I prodotti sono scelti sul campo, selezionati secondo le esigenze del mercato e sono unici, sia per la qualità delle materie prime, sia per il procedimento produttivo che permette di preservarne la forma e le proprietà sensoriali. L’attività si sviluppa su una superficie di circa 15 ettari dove sono coltivati con passione piccoli tesori del gusto. Inoltre una vasta area, che si estende per circa 500 mq,

è predisposta alla trasformazione e conservazione dei prodotti gestiti con macchinari all’avanguardia che favoriscono il mantenimento del sapore e della freschezza dei prodotti stessi. Fiore all’occhiello della produzione dell’Azienda Gazzaneo sono i Peperoni di Senise, commercializzati allo stato fresco, allo stato secco in collane (“serte”), macinati in polvere e da alcuni anni sotto forma di cheps “peperoni cruschi”, (realizzati friggendo per pochissimi secondi la parte edu-

le intera della bacca, che assume così una particolare croccantezza e friabilità). La particolarità del territorio e le singolari condizioni microclimatiche della valle del Sinni fanno sì che i prodotti dell’Azienda Gazzaneo abbiano un alto tasso di tipicità e tutto ciò ha permesso il riconoscimento IGP (Indicazione Geografica Protetta) da parte dell’Unione Europea nel 1996. Il Sole Rosso è la società che collabora con l’Azienda Gazzaneo e che si occupa di trasformare e commercializzare il prodotto.


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La vera tradizione del Passito Crescono protette da muretti che le difendono dal vento, come una volta. E vengono raccolte e vinificate come una volta, con i metodi consueti dei contadini di Pantelleria. Le uve Zibibbo, nate in un territorio aspro, avvolto dal mare, sono uniche. E l’Azienda vinicola Vinisola lo sa bene, e le cura e le rispetta per creare vini aromatici e avvolgenti, da accompagnare alle migliori specialità siciliane

La passione per Pantelleria accomuna il piccolo gruppo di persone che hanno dato vita a Vinisola, l’Azienda nata per contribuire alla valorizzazione dei prodotti dell’isola, forte di valori quali la territorialità e la tradizione in campo enologico. Le uve Zibibbo da cui nascono i vini Vinisola crescono e maturano sia nei terreni dei soci che di altri produttori, coltivate in piccoli appezzamenti protetti da muretti che li difendono dal vento, come sull’isola avviene da sempre. Originaria dell’Egitto e introdotta dai Fenici nel meridione d’Italia e a Pantelleria, l’uva Zibibbo viene raccolta e vinificata nelle Cantine Vinisola con metodi tradizionali, sotto la supervisione di Antonio D’Aietti, enologo che condivide l’amore per l’isola e l’impegno a mantenere vive le sue tradizioni. Nascono così tre vini di straordinaria qualità. Come l’Arbaria Passito di Pantelleria Doc, vino da meditazione dal gusto vellutato e In alto, un grappolo di uva Zibibbo da un terreno dei soci Vinisola. Sotto, il gruppo di amici che ha dato vita all’Azienda

aromatico, che si accompagna a formaggi erborinati e piccanti, a dolci alla mandorla e alla cassata, tipici della tradizione siciliana. O il Pantelleria Moscato Liquoroso Doc, ottimo da compagnia e da dessert, dal caratteristico profumo di uva matura, giallo dorato, dal sapore dolce aromatico e con retrogusto mandorlato, che si abbina a dolci di mandorla e formaggi stagionati. E, infine, lo Zefiro Pantelleria Bianco Doc dal colore giallo paglierino con riflessi dorati, dal profumo caratteristico di uva Zibibbo, avvolgente e persistente; ottimo anche per aperitivi, è ideale per accompagnare piatti a base di pesce o verdure, piatti forti tipici mediterranei e piatti di carni bianche. Questi tre vini sono distribuiti dall’Azienda Sarzi Amadè, la cui filosofia commerciale è da sempre rivolta a prodotti di gamma alta e che opera, dal 1966, con la stessa cura e la stessa attenzione di chi li produce.

Vinisola c/da Kazzen, 11 - 91017 Pantelleria (Tp) - Tel./Fax 0923 912078 - info@vinisola.it - www.vinisola.it


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Il vero carattere del Primitivo Tenuta Viglione fonda le proprie origini nelle antiche tradizioni della Famiglia Zullo che sin dal 1937 produce vini di qualità nella zona Dop Gioia del Colle, patria dell’autentico Primitivo

Primitivo. Un antico vitigno il cui nome deriva dal suo particolare e breve ciclo biologico: infatti questa era l’uva che maturava prima, da qui l’antico appellativo di Primaticcio (in dialetto: Prma-tè), oggi Primitivo. Nel suo DNA si intrecciano affascinanti storie di luoghi diversi, di viaggi, di scambi tra popolazioni, matrimoni e doti. Originario dell’Ungheria, arriva in Croazia da dove nel XII secolo viene introdotto in Italia a opera dei monaci Benedettini, che trovarono nel territorio di Gioia del Colle in Puglia le condizioni pedo-climatiche più favorevoli per la coltivazione di tale vite. Caratteristica di questo territorio è la Murgia, un altopiano calcareo costituito da residui fossili di organismi marini che, insieme ad argille e terre rosse silicee, assicurano al Primitivo di Gioia uno stile, un’armonia e una finezza unica e specifica. Il microclima di questa zona è

l’elemento finale e determinante del suo carattere, con forti escursioni termiche tra il giorno e la notte, specie durante la maturazione e la raccolta delle uve, unitamente alla costante presenza del sole di Puglia e dei venti provenienti sia da Nord che da Sud. Ed è proprio in questa zona che sorge la Tenuta Viglione i cui vigneti in coltivazione biologica si trovano nel punto più alto della Dop Gioia del Colle, a circa 450 metri sul livello del mare. Dalla cantina della Tenuta nascono vini che esprimono al meglio le caratteristiche del Primitivo, come il Marpione, che in questo territorio trova la sua più alta ed elegante identità. Oltre ai 40 ettari di vigneti, la Tenuta Viglione comprende anche un’antica Masseria che oggi, completamente ristrutturata, si è aperta all’ospitalità di quanti desiderino godere del fascino di questo luogo incantevole.

Tenuta Viglione Uffici: Via Carlo Marx, 44 Cantina: Via Appia Antica, 30 Santeramo in Colle (Ba) Tel. 080 3022415 www.tenutaviglione.it

La curiosità E il Primitivo di Manduria, vi chiederete, da dove deriva? Da Gioia del Colle! La storia racconta, infatti, che una nobildonna del posto, promessa sposa a un ricco feudatario tarantino, portò con sè in dote alcuni esemplari di questo prezioso vitigno. Piantate nelle terre di proprietà della nuova famiglia, le piante dettero successivamente origine alla denominazione Primitivo di Manduria.


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Fuori porta, dentro la natura Si trova nel cuore della Toscana, nel Comune di Barberino Val d’Elsa, tra le bellissime città di Firenze e Siena, l’Azienda Agricola Le Torri, circondata da splendide colline, borghi medievali e un paesaggio affascinante composto da vigneti, boschi e cipressi che convivono in perfetta armonia e che difficilmente potrete dimenticare. Nata nel 1980 dalla volontà di un gruppo di amici e dalla loro comune passione per la produzione di vini e olio, e per un territorio così carico di bellezza e storia, la struttura è oggi il luogo di sosta ideale per tutti coloro che amano ritagliarsi un momento di relax a stretto contatto con la natura e degustare prodotti di grande qualità. Come il Chianti Colli Fiorentini Riserva dal colore rubino tendente al granato per l’invecchiamento e dal profumo intenso con note caratteristiche di frutti rossi, con un bouquet di fiori di campo e sentori speziati, recentemente premiato con Medaglia d’Argento alla American Express/Tower Club Competition 2013 di Singapore. O come l’olio extravergine di oliva da olive Frantoio, Moraiolo e Leccino raccolte a mano al giusto grado di maturazione e frante entro il giorno stesso della raccolta. Dal colore verde intenso, che col tempo sfuma in giallo oro, e dal gusto armonico, pieno, fruttato, è ottimo da gustare crudo.

Andateci per acquistare dell’ottimo vino, o degustare dell’extravergine sopraffino. Vedrete che dell’Azienda Agricola Le Torri vi innamorerete subito e non potrete fare a meno di fermarvi a dormire, immersi nella campagna toscana, nell’accogliente agriturismo dal fascino antico

Azienda Agricola Le Torri Via S. Lorenzo a Vigliano, 31 Barberino V.Elsa (Fi) Tel. 055.8076161 www.letorri.net


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B.T. Food Loc. Solfegna Cantoni (Zona Ind.) Cassino (Fr) Tel.0776728772 www.chefdovunque.com

Sapori d’autunno La pasta è lavorata come nella migliore tradizione di Campofilone. Il tartufo arriva dritto dai boschi umbri. Dal loro incontro prende vita l’ultimo box nato in casa Chef dovunque, quello delle Fettuccine al burro di tartufo nero pregiato. Ingredienti pregiati, quantità esatte e istruzioni puntuali per trasformare tutti in cuochi provetti

Sono le Fettuccine al burro di tartufo nero pregiato la nuovissima ricetta di Chef dovunque, piatto dal sapore delicato e sublime, frutto della selezione di materie prime pregiate, artigianali e biologiche di assoluta qualità. ll metodo di produzione delle fettuccine segue scrupolosamente la tradizione della pasta di Campofilone, tramandata di generazione in generazione, quando le donne di casa lavoravano e stendevano la sfoglia su ampie lastre di marmo, lasciando riposare l’impasto avvolto in panni di cotone, che ne assorbivano l’umidità, e la facevano essiccare in stanze ventilate, con ricambio costante di aria, per conservare intatti tutti i valori organolettici dell’alimento. Altro ingrediente essenziale della ricetta è il tartufo nero pregiato, ovviamente um-

bro, considerato l’oro nero della gastronomia italiana. Il suo sapore così deciso e sapientemente mitigato dal burro da rendere il piatto davvero squisito, per estimatori e buongustai. Ma Chef dovunque ha pensato proprio a tutti. Chi ama infatti la semplicità potrà deliziarsi con la ricetta simbolo del Made in Italy, gli Spaghetti pomodoro e basilico. Per chi ha voglia di sapori piuttosto sfiziosi, invece, le proposte sono Pennette all’arrabbiata, Spaghetti aglio olio e peperoncino e Spaghetti cacio e pepe, ,le prime di un progetto di promozione e valorizzazione delle eccellenze regionali italiane, realizzate attraverso filiera corta con aziende agricole e artigianali selezionate in collaborazione con L’Assessorato alle Politiche Agricole della Regione Lazio, filiera attestata dal logo Istituzionale e dal patrocinio della Provincia di Roma. Tutt’altroAroma di Chef dovunque è, infine, il box che consente di prepararsi un buon caffè italiano bio, noto per la capacità di creare miscele così pregiate da garantire un aroma unico al mondo, soprattutto all’estero.


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CVA Canicattì, cuore di Nero d’Avola Sono vini di grande personalità e carattere quelli che nascono dal lavoro e dalla passione dei viticultori di Cva Canicattì, che, nelle fertili terre siciliane della provincia di Agrigento, danno il massimo per esaltare le naturali caratteristiche del vitigno simbolo dell’isola

Onde di filari danno da secoli vita a infinite geometrie viticole, disegnando uno scenario emblematico della Sicilia del sole, della terra aspra e dura che la civiltà della vite ha segnato in profondità. È la magia delle Terre di Nero d’Avola, che da oltre 40 anni rivive nella produzione di CVA Canicattì. «I nostri sforzi e i nostri investimenti in tutti i settori della produzione – racconta Giovanni Greco, presidente di CVA Canicattì – mirano a rendere territorialmente più connotate le nostre etichette attraverso l’esaltazione degli aspetti agricoli e storici di una delle aree vitivinicole più vocate della Sicilia. Tutto questo perché crediamo che, oggi, la comunicazione del territorio possa dare una spinta in più alla riconoscibilità del nostro marchio e dei nostri vini». Punta di diamante della produzione a marchio CVA Canicattì è l’Aynat (antico nome arabo di Canicattì) un vino di classe superiore che affina per 14 mesi in barrique di primo passaggio e che sorprende per eleganza; ideale in abbinamento a piatti succulenti e formaggi ben stagionati. E ancora, il Centuno, che nel nome rende omaggio all’opera di Pirandello, un vino che affina in piccoli carati di rovere

francese per 12 mesi e si sposa magnificamente con le casarecce “alla norma” ma si fa notare in abbinamento a verticali di formaggi di differente stagionatura. Il Nero d’Avola Aquilae, nel cui nome viene richiamata la contrada dove si trova l’azienda, è infine un vino che con la sua eleganza e la sua personalità ha incantato i palati dei winelovers di tutto il mondo regalando grandi soddisfazioni a CVA Canicattì. Carezzevole e affascinante, è un vino persistente e brioso che si sposa magnificamente con la pasta ai sughi di carne, arrosti e formaggi di media stagionatura.

CVA Canicattì Contrada Aquilata - Canicattì (Ag) Tel. 0922.829371 - cva@viticultoriassociati.it - www.viticultoriassociati.it


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magazine Air One magazine by Viaggi del Gusto è un mensile unico in Italia sulla cultura del cibo e della promozione dell’agroalimentare di eccellenze. L’informazione seria che sfocia nell’approfondimento mensile, le scoperte, le selezioni ne fanno un punto di riferimento credibile ed indipendente nel settore, con una funzione ormai di pubblica utilità.

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novembre 2012

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