Inflight magazine
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NOVEMBRE 2013
VDG MAGAZINE I VIAGGI DEL GUSTO | ANNO 3 | N.31 | MENSILE | Poste Italiane S.p.A. – Spedizione in abbonamento postale – D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art. 1, comma 1, Aut. C/RM/19/2011 | Belgio Euro 9,30 | Canton Ticino Ch.Fr. 11,50 | Costa Azzurra Euro 11.90 | Stati Uniti
magazine
i Viaggi del Gusto
NON è OlIO ITAlIANO
INDAGINE SUl GrANDE bUSINESS DEll’OrO VErDE
Miscele e trucchi, dalle olive allo scaffale: tutto ciò che i consumatori devono sapere VErSO EXPO 2015
Intervista all’a.d. Giuseppe Sala VIAGGI D’AUTUNNO
Asolo, città dell’armonia I castelli della Val d’Aosta
CIbO&TErrITOrIO
La cucina “lumbarda” Formaggi bergamaschi Ciociaria golosa PIACErI
L’arte liutaia a Cremona
TENDENZE
Milano: la mappa del gusto Consumi, biologico in ascesa Come si mangia in mensa? WINE PASSION
Il Riesling dell’Oltrepò
ShOPPING: le nostre idee regalo per Natale (da pagina 155)
Il marchio che certifica i migliori hotel e ristoranti in Italia e nel mondo
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L'alba di un nuovo Impero
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magazine
editoriale
di Domenico marasco
domenico.marasco@vdgmagazine.it
La stampa servile deve morire!
Troppi giornalisti schiavi del potere: nessuno fa più inchieste serie. Specialmente sul cibo Cari lettori, in tutta franchezza, non se ne può più di vedere in televisione talk-show e programmi di approfondimento (ma de che poi?) con le solite facce paonazze e urlanti che esprimono in maniera perfetta la cifra del birignao, sproloquiando sui più svariati argomenti, senza aggiungere né togliere assolutamente nulla rispetto a quello che tutti già sappiamo. Allo stesso modo siamo stanchi di aprire ogni mattina i giornali e ritrovarci prime pagine e aperture-fotocopia sempre sulla stessa minestra, trita e ritrita, della politica e dei suoi (sempre più) miserevoli teatrini. Nondimeno siamo stanchi, annoiati, esasperati di navigare in Rete e leggere su portali, blog e siti pseudogiornalistici sempre le stesse, medesime notizie ribattute, riciclate e ritwittate – con parole diverse ma uguale, pedissequa, sostanza – fino al parossismo, con al seguito, peraltro, fiumi di reazioni viscerali e becere e infiniti commenti utili quanto la forchetta nel brodo. Qui si sta lentamente sostituendo la qualità dell’informazione con la quantità! Ma quello di cui siamo davvero stanchi, in realtà, cari lettori, è continuare ad avere come massima rappresentazione della stampa nazionale, decine, centinaia, migliaia forse, di giornalisti strapagati che null’altro fanno se non servire il potere. Quelli che si vantano (pure!) di frequentare i salotti buoni e passare l’estate a Saint-Tropez e il Capodanno a Saint-Moritz a braccetto coi potenti. Ma che informazione è mai questa? Come può definirsi tale una categoria, un ordine professionale, che di tutto si occupa, tranne che di cercare e raccontare la verità sulle notizie e i fatti che toccano veramente da vicino i lettori? Un caso per tutti: il cibo. Sui media impazzano decine e decine di rubriche, blog e trasmissioni idiote di cucina, con cuochi improbabili che ripetono la solita solfa “dell’aggiungete un po’ di olio extravergine di oliva”. Nessuno (o quasi) però che approfondisce il tema di come l’industria fabbrica questo prodotto e lo rende un non-cibo. Nessuno (o quasi) che si sogna mini-
mamente di fare un’indagine seria e puntare l’indice contro chi attenta alla salute (e alla vita) delle persone. Nessuno (o quasi) che dice pubblicamente le cose come stanno. Nessuno (o quasi) che difende le nostre eccellenze e i nostri agricoltori dalla contraffazione che avanza, dalla chimica che invade la tavola. Dove sono, in Italia, i giornalisti-giornalisti, quelli veri, da inchiesta? A parte qualche caso raro (Gabanelli e Iacona in tv, Stella sulla carta stampata e pochi altri) sono tutti a cuccia, tutti a difendere l’elemosina, in termini di inserzioni pubblicitarie, che l’industria alimentare concede ai grandi gruppi editoriali. Tutti servetti sciocchi della multinazionale di turno, foraggiati o addirittura comprati, a volte con una cassa di vino, un viaggio o persino con un tozzo di pane e salame. Oppure, nella migliore delle ipotesi, tutti più impegnati a occuparsi della sciacquetta di turno e dei dettagli pruriginosi di scandali e scandaletti politico-sessuali degni solo dei film-pecorecci anni ’70 con la Fenech e Alvaro Vitali. Una categoria, quella dei giornalisti, che è colpevole almeno quanto quella dei politici, di averci consegnato il Paese nello stato odierno di sfacelo. Possiamo meravigliarci, dunque, se decine e decine di testate chiudono e poche sopravvivono? No, e se questo è il livello dell’informazione in Italia, francamente ci uniamo anche noi al coro e diciamo basta a questi “giornalisti della domenica”. Adesso leggetevi la nostra inchiesta sull’olio extravergine d’oliva, nella quale abbiamo provato a dire quello che gli altri tacciono. Ah, dimenticavo: i dati dicono che di giornalisti a spasso in Italia oggi ce ne sono tanti, forse 40 o 50 mila. Beh, se sono come quelli di cui abbiamo appena detto, allora forse sono ancora pochi. Buon viaggio del gusto. E scusate lo sfogo.
novembre 2013
7
sommario sommario novembre 2013 80
76
14 Dall’Italia e dal mondo
18 La salute nel piatto Gli Omega-3
20 Scienza & vita
54
Come si mangia a mensa?
22 Scenari alimentari Cibo bio: consumi in crescita
24 La pagina verde Frutta: istruzioni per l’uso
26 Almanacco di Barbanera 28 Appuntamenti
40 Cover story Nel mondo se ne consumano 3 milioni di tonnellate l’anno. Un business, quello dell’olio, in continua crescita. Ma, oggi, per un consumatore, orientarsi nella “giungla dello scaffale” è sempre più difficile. A maggior ragione da quando multinazionali e “furbetti del frantoio” hanno invaso il mercato con prodotti di dubbia provenienza che spesso di “italiano” hanno solo il nome. Proviamo a capirci qualcosa.
panorama
cibo&territorio
50 Verso Expo 2015
70 La cucina “lumbarda”
Come si prepara Milano all’evento? Ne parliamo con l’a.d. Giuseppe Sala
54 Milano mangia e bevi Indirizzi e tendenze per scoprire come si sta oggi a tavola sotto la Madunina
58 Sapori&parole Gastronomia meneghina: lo scrittore Moni Ovadia spiega com’è cambiata
60 Consumi: i cocktail Qualità e attenzione trionfano anche dietro il bancone: l’avreste mai detto?
62 Made in Italy in Polonia Anche Varsavia apre le porte al cibo tricolore. Con una fiera dedicata
64 Ospitalità Italiana La storia del calabrese Filippo Cogliandro: chef ed eroe antimafia
Cassöla, pizzoccheri e busecca: viaggio nella verace tradizione culinaria padana
76 L’oro bianco delle Orobie Con 9 formaggi Dop, Bergamo domina il caseario italiano: scopriamone i sapori
80 L’oca Lomellina Dagli acquitrini pavesi, carni gustose che san diventare salumi d’eccellenza
84 Wine passion: il Riesling Ha natali renani ma risiede in Oltrepò: un bianco che si sdoppia nel bicchiere
86 Ciociaria golosa Nel Lazio più nascosto, per scoprire una miniera di gemme gastronomiche
90 Dulcis in fundo, i dolci alla mela 91 La scoperta, l’oro di manna 92 La storia in cucina, i giandujotti 94 Orto dei semplici, i cardi 96 Il buono a tavola, ricette
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novembre 2013
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"Ho visitato Venezia in cambio di confetture e olio della mia terra". (Lucia, Napoli) "Abbiamo trascorso un week-end in Costiera Amalfitana in cambio di una tinteggiata al garage". (Fabio e Giulia, Lecce) "Ho soggiornato a Roma, in cambio di un servizio fotografico al B&B che mi ha ospitato". (Carlo, Verona)
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sommario sommario novembre 2013
110
100
126
inviaggio
piaceri
100 Evasioni d’autunno
126 Le mani raccontano
Itinerari romantici e tappe golose. Per rivalutare la stagione più grigia
104 La città dell’Armonia Scopriamo Asolo. Il borgo veneto che ha conquistato pure i giapponesi
110 Castelli valdostani
Cremona, regno del liuto. Un’arte storica e sublime divenuta Patrimonio Unesco
128 I piaceri di Bacco La storia del vino secondo Donato Lanati e Ellekappa: quarta puntata.
130 Bellezza & benessere
A spasso tra i fiabeschi manieri della verde Vallée: da Gressoney a Verrés
132 Camera con vista, Gardone Riviera
114 Terre lontane: Giordania
133 Week-end cultura, Castiglioncello
Una città scolpita nella roccia. E tanti segreti da svelare. Benvenuti a Petra
118 L’Italia in mostra: Prato Excursurs artistico nella città toscana che ospita i capolavori rinascimentali
122 Città in 24 ore, Copenhagen
134 Ristoranti 138 Soste d’arte 140 Libri 142 Shopping
146 Le selezioni di VdG
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novembre 2013
155 il catalogo di Natale 2013
I sapori del mese • Aglio pagg. 88-151 • Agnolotti pavesi pag. 70 • Amaretti del Mantovano pag. 70 • Baci di Nus pag. 110 • Bagel pag. 54 • Bagoss pag. 70 • Biscotti di Prato pag. 118 • Bleu d’Aoste pag. 110 • Bolliti misti cremonesi pag. 70 • Bozza pag. 118 • Bresaola della Valtellina pag. 70 • Bruscitt pag. 70 • Busecca pag. 70 • Capesante e fagioli pag. 64 • Casera Valtellina pag. 70 • Casoncelli pag. 70 • Cassoeula pag. 70 • Ciambelle all’anice pag. 88 • Corno di Bue pag. 88 • Cupcakes pag. 54 • Donuts pag. 54 • Fagiolo cannellino Atina pag. 88 • Fave dei morti pag. 70 • Fettunta pag. 118 • Gnoc de la cuo pag. 70 • Hamburger pag. 54 • Lardo di Arnad pag. 110 • Luccio in salsa mantovana pag. 70 • Mariconde pag. 70 • Marubini di Cremona pag. 70 • Michetta pag. 54 • Missoltini pag. 70 • Mortadella di Prato pag. 118 • Mozzarella di bufala p. 88 • Muffin pag. 54 • Olive di Calabria pag. 152 • Pan dei morti pag. 70 • Pan de mei pag. 70 • Pappa col pomodoro pag. 118 • Pesche di Prato pag. 118 • Pinsa pag. 104 • Pizza pag. 54 • Pizzoccheri pag. 70 • Polenta pag. 70 • Polpette pag. 54 • Ragò d’oca di Mortasa pag. 80 • Risotto alla milanese pag. 70 • Risotto alla pilota pag. 70 • Riso della Lomellina pag. 70 • Risot rugnus pag. 70 • Riso Vialone Nano pag. 70 • Rusticiada pag. 70 • Sagne e fagioli pag. 88 • Salame cremasco pag. 70 • Salame di Varzi pag. 70 • Salame d’oca “ecumenico” pag. 80 • Salame d’oca Igp di Mortara pag. 80 • Salamella pag. 70 • Salsicce e sanguinacci pag. 110 • Sciatt pag. 70 • Silter della Val Camonica pag. 70 • Strudel di mele pag. 110 • Tapas pag. 54 • Testaroli della Lunigiana pag. 154 • Toma di Gressoney pag. 110 • Torcetti al burro pag. 110 • Tortelli di zucca pag. 70
contributors novembre 2013
magazine
CHIARA MOJANA Musica e gastronomia sono le sue passioni. Raccontarle è il suo lavoro. Già direttrice di "A Tavola" e "Cucina Gourmet", lavora per la Federazione Italiana Cuochi. Viaggia e colleziona strumenti musicali e ricette con erbe e fiori. Promuove uno stile di cucina "naturale", attraverso corsi e il blog www.iocucinonaturale.com pag. 54
ANTONIO ROMEO
i Viaggi del Gusto
Nativo di Botricello (Cz), fin da giovane mostra spiccate sensibilità gastronomiche. E infatti preso il diploma, finisce a Milano a fare lo chef. Da qualche anno è tornato in Calabria ad insegnare e combattere la sua crociata personale contro la cucina omologata e a favore dei piatti della tradizione regionale. pag. 96
Direttore Responsabile Domenico Marasco
ELENA CONTI
ISA GRASSANO Lucana di nascita, bolognese d’adozione. Da piccola sognava di fare l’hostess o la giornalista. Quando s’è resa conto che non avrebbe superato l’1,60 di altezza, ha ripiegato sulla seconda opzione. Ma non ha rinunciato ai viaggi e al turismo, di cui scrive con passione e competenza. Tra voli aerei e pagine da riempire, ha anche trovato il tempo per creare un divertente manuale sulle “101 cose da fare Gratis in Italia”. pag. 100 12
novembre 2013
Senese ma di famiglia fiorentina in cui convivono pacificamente guelfi e ghibellini, e d’aspetto nordico. Con un pedigree del genere, non poteva che darsi alle lingue straniere. Giornalista per caso, prima tv, poi carta stampata e uffici stampa. Ha lavorato per anni con Carlo Verdone al Terra di Siena Film Festival. Ma quando ha scoperto il Cappero di Pantelleria, è passata con leggerezza dal cinema all’agroalimentare di qualità. pagg. 80-92
Coordinatore editoriale Francesco Condoluci Grafica e impaginazione Daniel Addai Carlo Fontana
MONI OVADIA
Editing Gilda Ciaruffoli
Ha origini ebraichesefardite-greche-turcheserbe, ma vive da sempre a Milano. Scrittore, autore teatrale, attore e cantante. S’è sempre fatto ispirare dal vagabondaggio culturale e reale del popolo ebraico e dalla cultura yiddish. Noto è il suo impegno politico e civile a sostegno dei diritti e della pace. pag. 58
Foto Editor Gianluca Congiu
hanno collaborato a questo numero: Lucrezia Argentiero Flavio Amadei Laura Bernardi Locatelli Germana Cabrelle Piero Caltrin Olga Carlini Gilda Ciaruffoli Davide Ciccarese Elena Conti Silvana Delfuoco Maria Pia Fanciulli Eleonora Fatigati Michela Fischer Francesca Frediani Riccardo Lagorio Donato Lanati Lucia Lipari Iginio Massari Nomisma Giuseppe Pulina Carlos Solito Fondazione Veronesi
Foto Giulio Barreri Editore: Opera Italia Srl Via Pola, 15 20124 Milano Presidente: Roberto Patti Stampa: PuntoWeb Srl 00040 Ariccia (Roma) Distribuzione Italia ME.PE. S.p.A. Abbonamenti Opera Italia Srl - Via Pola 15 - 20124 Milano Tel. 02.89.053250 - fax 02.89053284 abbonamenti@vdgmagazine.it Il Servizio abbonati è in funzione dal lunedì al venerdì dalle 10,00 alle 12,30. L’abbonamento può avere inizio in qualsiasi periodo dell’anno. L’eventuale cambio di indirizzo è gratuito. Informare il Servizio abbonati almeno 20 giorni prima del trasferimento, allegando l’etichetta con la quale arriva la rivista. GARANZIA DI RISERVATEZZA PER GLI ABBONATI L’Editore garantisce la massima riservatezza dei dati forniti dagli abbonati e la possibilità di richiederne gratuitamente la rettifica o la cancellazione ai sensi dell’art. 7 del D. leg. 196/2003 scrivendo a: Opera Italia Srl Sede legale: via Pola 15 - 20124 Milano Redazione: via Pola 15 - 20124 Milano tel. 0289053250 - fax 0289053290 Registrazione Tribunale di Milano n. 92 del 10/02/2011
Sito: www.vdgmagazine.it Segreteria: Monia Manzoni - Tel. 02.89053250 ufficiotraffico@vdgmagazine.it L’editore ha ricercato con ogni mezzo i titolari dei diritti fotografici senza riuscire a reperirli. È ovviamente a piena disposizione per assolvere quanto dovuto nei loro confronti
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Nato nel 1978, quando appena cominciava ad esistere il concetto di griffe, il Salvagente coglie per primo l’idea di vendere ciò che costa tanto ad un prezzo accessibile: nei decenni successivi la moda firmata diventa un’enorme fenomeno di massa, ed il Salvagente vede crescere il suo successo sempre più, fino ai giorni nostri.
Created in 1978, when the concept of designer label was just beginning to emerge, il Salvagente was the first shop that came up with the idea of selling expensive items at affordable prices: over the following decades designer fashion became a mass phenomenon and il Salvagente’s success has been growing ever since.
Oltre trent’anni di attività, con una formula semplice: compriamo dai migliori negozi abbigliamento uomo, donna, accessori e scarpe che rivendiamo al prezzo più basso: sconto minimo 60% dal prezzo di cartellino, e saldi all’arma bianca.
We have been in business for over thirty years following a simple formula: we buy clothes, accessories and shoes for men and women from the best shops and we resell them at lower prices, with a minimum 60% discount off the marked price, and regularly hold massive sales events.
La nostra clientela è estremamente eterogenea, pur essendo l’outlet d’elezione per i milanesi, che ci visitano con grande frequenza durante tutte le stagioni, possiamo sempre più contare sulla presenza di clienti provenienti da altri paesi: in grande crescita la clientela russa e quella cinese, con gli europei che restano stabili in termini di presenze. Proponiamo da sempre una varietà enorme di marchi e generi, qualità che ci rende meta di numerose visite di addetti ai lavori della moda, cerchiamo inoltre di restare vicini ai nostri clienti attraverso il contatto di Facebook, Il Salvagente Milano, o attraverso il nostro blog, milanofashionoutlet.it. Siamo usciti con il nostro sito internet, www.salvagentemilano.it, completamente rinnovato, con una veste grafica diversa ed un messaggio chiaro: mettiamo la nostra faccia ed il nostro impegno in ciò che facciamo, e lo testimonieranno le foto nostre e dei nostri clienti. Siamo a Milano, nel quartiere Monforte- Vittoria, facilmente raggiungibili sia con i mezzi pubblici, che con una passeggiata di 15 minuti a piedi partendo dal centro citta : non c’è bisogno quindi di lunghi viaggi per trovare a Milano quello che ci piace al miglior prezzo possibile.
We boast a diversified customer base and even though we’re the outlet of choice of the Milanese, who pay us frequent visits in all seasons, customers from other countries are on the increase, Russian and Chinese in particular, with a steady flow of European customers. The huge variety of labels and merchandise we have always offered have fashion pundits paying us regular visits, although we also try to keep a close relationship with our customers through Facebook, Il Salvagente Milano and our blog, milanofashionoutlet.it. We’ve launched our newly renovated website, www.salvagentemilano.it, which is characterized by different graphics and a very clear message: we always get involved and committed at a very personal level in all we do, as proven by our photos and those of our customers. We are located in Milan, in the MonforteVittoria area, which is easily accessible both by public transport and with a 15minute stroll from the
Via F.lli Bronzetti 16 20129 Milano - Tel +39 02 7611 0328 - www.salvagentemilano.it - info@salvagentemilano.it Orari: Lunedi 15-19 - Dal Martedì al Sabato 10-19 Aperture straordinarie domeniche e festivi in concomitanza con fiere e manifestazioni.
rassegna stampa dall’ Italia e dal mondo
di Francesco condoluci redazione1@vdgmagazine.it
Migranti, l’Europa cambi rotta. Prima che i flussi (e i morti) aumentino Nella notte del 3 ottobre a circa un miglio e mezzo da Lampedusa, si è rotto il motore di un barcone partito dalla Libia con 518 persone, per la maggior parte eritrei e somali. Qualcuno dei migranti, intravista la costa, nel tentativo di farsi notare ha dato fuoco a una coperta innescando un incendio sul ponte intriso di gasolio. Per il caotico spostamento delle persone in preda al panico, il piccolo battello ha cominciato a imbarcare acqua, decine di passeggeri si sono gettati in mare e il natante s’è in breve inabissato con centinaia di persone rimaste intrappolate nella stiva. Un peschereccio, notate le fiamme, si è diretto verso la zona, seguito poco dopo da alcune motovedette. Sono state salvate 155 persone e recuperate 364 vittime. I dispersi sono 4. Il giorno 11 successivo, in una zona a 60 miglia a sud di Lampedusa, un altro barcone con 400 migranti si è rovesciato e solo la prontezza dei soccorsi ha consentito il salvataggio di 206 persone. Nella notte sono stati recuperati 34 cadaveri e risultano dispersi gli altri 160. Secondo i dati di Fortress Europe (aggiornati al 3 ottobre scorso), dal 1988 i morti lungo le frontiere europee sono stati 19.142, per la maggior parte annegati nel Mar Mediterraneo. 14
novembre 2013
Il commento Viaggi della speranza, migranti, barconi, scafisti, naufragi, morte, bare, canea mediatica, polemiche politiche, solidarietà pelosa, leggi sui flussi migratori da rivedere. Poi il silenzio. Altri viaggi della speranza, altri migranti, altri barconi, altri scafisti, altri naufragi, altre morti, altre bare, altre polemiche politiche, ancora solidarietà pelosa e ancora leggi sui flussi migratori da rivedere. Poi di nuovo il silenzio. Uno stillicidio che va avanti da 20 anni. Sempre uguale a se stesso nella sua tragica serialità. Come il lessico cronachistico delle stragi di migranti, che resta sempre lo stesso, così come le ipocrisie del giorno dopo dei terzomondisti d’occasione. Il mese di ottobre 2013 passerà alla storia come il “mese nero” dei naufragi nel canale di Sicilia a ridosso di Lampedusa, l’isola a cui la sorte ha dato, suo malgrado, l’indesiderato ruolo di macabro scenario di questi eventi luttuosi. Centinaia e centinaia di corpi annegati e povere vite spezzate in pochi giorni. Mai successo finora a così poca distanza. Ma la solfa non è cambiata: sull’onda dello sdegno (giusto per un paio di settimane) la politica solidarizza e pontifica, i media vomitano commenti e analisi, le anime belle chiedono verità e giustizia. Nessuno però – a giudicare da quello che si vede, si sente e si legge – che sia capace di capire, e far capire, a quale fenomeno storico di enorme portata sociale ed economica stiamo assistendo. Come se bastasse la pietas cristiana, gli interventi umanitari d’emergenza e la revisione della legge Bossi-Fini ad arginare un’onda umana che da qui al 2050 porterà in Europa 2 milioni di persone provenienti dall’Africa all’anno, secondo le stime (al ribasso) del Cnel. Si pensi che la sola crisi siriana, nel 2013, ha causato un’ondata migratoria di oltre 2 milioni di persone e che il numero dei conflitti in corso in Africa, Medio Oriente e Asia tende ad aumentare. Il tema dei flussi migratori dai Paesi meno sviluppati (continente africano, ma anche Medio Oriente e Afghanistan) è dunque “il” tema del Terzo Millennio. E per poterlo fronteggiare in maniera seria e organica, ci vuole una politica integrata a livello europeo che non lasci sole l’Italia, la Spagna, Malta e la Grecia (primi approdi dei flussi mediterranei) a gestire le emergenze. Una politica integrata, soprattutto, che incentivi i salvataggi in mare, faccia astrazione da normative e azioni repressive (inutili, stando ai fatti, oltre che inique) e preveda piuttosto, negli accordi bilaterali ed europei di respingimento, eventuali investimenti nei Paesi di origine per frenare il numero delle partenze. Perché quando l’Occidente smetterà di considerare (nella geopolitica mondiale) i Paesi meno sviluppati come mere “aree di consumo” e proverà invece a incentivarne lo sviluppo offrendo strumenti per far aumentare in loco produzione e lavoro, restituendo così anche una dignità alle popolazioni meno fortunate, allora forse parole come “migranti”, “solidarietà” e “terzomondismo” non avranno nemmeno ragion d’essere.
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rassegna stampa
di Francesco condoluci redazione1@vdgmagazine.it
Dall’Ue via libera alla Pasta di Gragnano Igp Ansa • La Pasta di Gragnano ha conquistato a livello europeo una nuova Indicazione geografica protetta (Igp) per l’Italia, e ora sarà tutelata da imitazioni e falsi. Lo ha annunciato la Commissione europea precisando che la pasta fabbricata nel comune di Gragnano, in provincia di Napoli “è conosciuta per il metodo tradizionale con cui viene prodotta, con l’utilizzo di trafile in bronzo che le conferiscono una rugosità tale da permetterle di amalgamarsi in modo ottimale a salse e condimenti”. Con il riconoscimento ufficiale dell’esecutivo Ue, la nuova Igp sarà iscritta nello speciale registro europeo che protegge gli alimenti di alta qualità. Il registro europeo, nel quale l’Italia detiene il primato dei prodotti tutelati, è ricco di circa 1.200 eccellenze agroalimentari.
Google vuole promuovere il Made in Italy Wired • Google ha annunciato che l’azienda punta a promuovere il made in Italy all’estero tramite il digitale. Il presidente del gruppo di Mountain View, Eric Schmidt, è stato l’ospite d’onore del Big Tent, evento organizzato da Google a Roma per aiutare la crescita economica delle imprese grazie allo sfruttamento del digitale. Al governo italiano, Schmidt ha detto che «Le piccole aziende non sono nelle grandi città e hanno bisogno di banda larga veloce, wireless e Lte, perché nulla può succedere senza queste cose. La pubblica amministrazione deve farsi carico dell’alfabetizzazione digitale». Schmidt è venuto in Italia proprio a promuovere il binomio digitale-esportazione. Google è convinta infatti che in Italia sia necessario «dare vita a una nuova industria basata sui giovani e che Internet è il mezzo più adatto per far crescere il paese». Per questo investirà nella promozione del made in Italy concentrandosi su tre aspetti: «Far conoscere le eccellenze nascoste, diffondere tra gli imprenditori le competenze digitali e valorizzare i giovani come promotori della transizione al digitale dell’economia italiana».
Nutella resta italiana: Ferrero dice no a Nestlé Financial Times • Nestlé ha provato ad acquisire completamente o in parte l’azienda Ferrero, ma le sue avances sono state respinte dallo storico gruppo dolciario con sede ad Alba. La multinazione svizzera avrebbe provato a mettere le mani sul brand inventore della celeberrima Nutella, nell’obiettivo di espandere le sue attività nel comparto della pasticceria. «Nestlé ci ha provato, ma Ferrero è come una fortezza. I colloqui non hanno sortito alcun risultato» ha rivelato una fonte europea. L’azienda italiana, proprietaria anche dei marchi Kinder, Mon Chéri, Ferrero Rocher e Tic Tac, ha negato tuttavia di aver ricevuto l’offerta, ribadendo che «la Ferrero non è in vendita». Paul Bulcke, amministratore delegato Nestlé, dal canto suo, ha confermato al Financial Times che la holding svizzera «in linea generale, intende espandersi, nel settore dolciario» ma non ha voluto commentare la vicenda. 16
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Falsi cibi biologici, truffe in aumento L’Espresso • Quintali di prodotti che vengono fatti passare per delizie bio sottoposte a severi controlli ma che invece aggirano le norme falsificando le etichette e utilizzando, spesso, pericolosi pesticidi, liquidi non commestibili o persino mangimi per animali. L’ultima frode è stata scoperta a Roma, dove sono state sequestrate 2 mila confezioni di finti cibi bio: da tisane a salse di pomodoro a integratori alimentari. Solo nel 2013 il Nucleo Antifrode dei Carabinieri ha sequestrato in tutta Italia 2 milioni di finte etichette biologiche e confezioni “ingannevoli” e più di 77 mila prodotti agroalimentari. La Guardia di Finanza, invece, ne ha ritirati dal mercato quasi un milione in un anno. Un giro d’affari enorme che ha un doppio fine: truffare i clienti e accaparrarsi i finanziamenti Ue elargiti a favore dell’agricoltura biologica. In un anno, sempre i militari dell’Arma hanno accertato frodi ai danni dell’Ue per oltre 12 milioni di euro. Tanto che ora Bruxelles per scongiurare altre truffe “all’italiana” potrebbe decidere di chiudere i rubinetti dei finanziamenti decurtando per il 2014-2020 le assegnazioni dei fondi per la Politica Agricola Comune.
olivitophoto.it
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la salute nel piatto
A curA dellA redAzione scientificA fondAzione Veronesi testi di donAtellA BArus
“Essenziali” per stare bene Se ne parla tanto, di Omega 3. La formula è ormai divenuta familiare come sinonimo di cibo salutare, irrinunciabile per i suoi effetti benefici. Scopriamo insieme come assumerli correttamente e a cosa servono
Sono detti acidi grassi “essenziali” in quanto non possiamo farne a meno ma il nostro organismo non sa produrli da sé. Gli Omega-3 vanno dunque ingeriti dall’esterno. Prendendoli da dove? In farmacia ed erboristeria ne esistono confezioni pronte per l’uso ma, volendo attingere alla normale alimentazione, ci si deve rivolgere invece a semi, frutta secca e pesce. Tra la frutta secca, le noci primeggiano su nocciole o mandorle in quanto, ricche di proteine e carboidrati, lo sono soprattutto di grassi: dei quali, però, soltanto il 10% sono saturi, cioè grassi “cattivi”. Il resto sono grassi “buoni”, insaturi. Tra i pesci, in quantità apprezzabili gli Omega-3 si trovano in salmone, sgombro, aringa, sardina e trota. In gran parte si tratta del famoso pesce azzurro dei nostri mari. Quanto ai semi, e agli oli da essi derivati, il primo posto va ai semi di lino. Il suo olio ha straordinari poteri benefici sul nostro organismo in quanto contiene ben 18
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57 gr di Omega-3 ogni 100, mentre l’olio di colza arriva a 9 gr, quello di soia a 7 e quello di oliva ne è quasi privo. Per fare il giusto pieno dei preziosi grassi, “essenziali” per il buon funzionamento del nostro corpo, ogni giorno si possono assumere due cucchiaini di olio di semi di lino oppure un cucchiaio di semi macinati più 30 gr di noci. Perché sono tanto importanti? Gli Omega-3 abbassano il colesterolo “cattivo” e i trigliceridi, regolano la pressione del sangue, riducono la capacità di aggregazione delle piastrine (vale a dire il rischio di trombosi), proteggendo dunque da malattie cardiovascolari. Anche al cervello arrivano benefici per la loro capacità di dare fluidità alle membrane delle cellule nervose. Va alla fine segnalato che gli Omega-3 sono attualmente sotto studio per la possibilità che contrastino alcune forme di tumore. Davvero non è piccolo il ventaglio delle opportunità che questa sola categoria alimentare offre alla nostra salute.
Alzheimer e alimentazione La buona notizia viene da uno studio della Columbia University, NY. A 1.219 persone con più di 65 anni di età e privi di turbe cognitive è stato chiesto di compilare un questionario sulle loro abitudini alimentari. Un anno e mezzo dopo, i volontari sono stati sottoposti a un prelievo di sangue per misurare il livello della proteina beta-amiloide, tipicamente associata ai problemi di memoria e alla malattia di Alzheimer. Confrontando tali livelli ematici con l’alimentazione seguita da ciascun volontario, i ricercatori hanno trovato che più un individuo consuma Omega-3, più sono bassi i tassi di proteina beta-amiloide nel suo sangue. Occorreranno altre ricerche di conferma, ma intanto l’indicazione uscita da questo studio è promettente.
Per saperne di più:
www.fondazioneveronesi.it
LE NOCI DELLA PREVENZIONE FANNO BENE DUE VOLTE.
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MARCO BIANCHI Divulgatore Scientifico per Fondazione Umberto Veronesi e Cuoco per vocazione
La scienza ha dimostrato che tre noci al giorno aiutano a prevenire tumori, malattie cardiovascolari e invecchiamento cellulare. E che sono un alimento sano per tutta la famiglia, perchĂŠ contengono molecole importanti per la salute, come Omega 3, fitosteroli, flavonoidi e Vitamina E. Ma solo le noci della Prevenzione fanno bene due volte. Quando le mangiamo e quando le compriamo perchĂŠ aiutano la ricerca scientifica della Fondazione Umberto Veronesi. In collaborazione con
scienza e vita
di Giuseppe pulina professore di Zootecnia speciale all’università di sassari
Mense? Mettiamole a dieta Negli ospedali, come anche nelle scuole, la qualità dell’alimentazione non è un optional. O almeno così dovrebbe essere. Ma come stanno davvero le cose?
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In poco più di un secolo i maschi italiani sono diventati più alti di 15 cm. Uno studio a riguardo di Emilia Arcaleni indica fra le cause principali dell’aumento di statura il miglioramento dell’alimentazione e, fra le componenti alimentari, individua nelle proteine di origine animale la più rilevante. Infatti, nel periodo considerato (nati fra il 1854 e il 1976) “il consumo di carne, pesci e uova ha avuto una forte e concorde tendenza alla crescita [...] Il consumo di calorie di origine animale per abitante è raddoppiato, mentre quello di carboidrati vegetali è aumentato del 14%”. La statura è uno degli indicatori più importanti del benessere della popolazione adulta di un Paese, ma anche gli altri (mortalità infantile, stato di salute delle puerpere, successo intellettivo, etc.) risultano profondamente influenzati dal consumo di alimenti di origine animale. La necessità di includerli fin dalla prima infanzia, è sancita dalle Guiding principles for complementary feeding of the breastfed child dell’OMS
(2003): “la dieta deve essere varia, per assicurare che siano soddisfatte le esigenze nutritive. Carne, pesce o uova devono essere consumati giornalmente, o il più frequentemente possibile. Le diete vegetariane non consentono di soddisfare i fabbisogni nutrizionali, a meno di utilizzare integratori o alimenti fortificati”. Dunque, come già illustrato in precedenti interventi (VdG n. 27 di giugno 2013), l’esclusione di carne, latte e uova dalle diete dei bambini deve essere attentamente valutata e condotta sotto il controllo di un pediatra nutrizionista. È questo un presupposto fondamentale sul quale pianificare i pasti dei più piccoli, dal quale non possono ovviamente prescindere le mense scolastiche. A scuola di qualità Su iniziativa di Claudio Peri e sotto l’egida del Ministero della Salute, è stata pubblicata la Linea guida per la qualità della ristorazione scolastica (scaricabile al sito www.anci.it), do-
Il caso delle mense ospedaliere Ippocrate di Kos, il famoso fisiocrate dell’antichità greca, considerato il fondatore della medicina, affermava: “sia il cibo la tua medicina e la medicina il tuo cibo”. La massima (purtroppo) sembra trascurata in buona parte delle strutture ospedaliere: se, secondo dati ministeriali, il 50% del cibo somministrato viene buttato via, qualche motivo ci dovrà pur essere. Forse è ancora valido il vecchio detto “pranzo da ospedale” per indicare una dieta scipita e scadente, il cui unico pregio è probabilmente quello di essere strettamente controllata sotto il profilo igienico-sanitario, ma non delle qualità nutrizionali e sensoriali. Dello stato delle cose se ne é accorto anche il Ministero della Salute che, sulla scorta del progetto “Nero su bianco” del 2007, lanciato dall’allora ministro Del Turco alleata con Slow Food, insiste sulla necessità di garantire una “buona e corretta alimentazione al malato, perché anche il cibo contribuisce a migliorare il suo equilibrio psicofisico facilitando la guarigione. E come rendere pranzi e cene più succulenti? Portando nel piatto dei pazienti quei prodotti locali e stagionali di qualità, punto di forza delle piccole produzioni tradizionali e artigianali, che nascono nel territorio stesso”. Tuttavia, nonostante le buone intenzioni ministeriali che hanno sortito altrettanti buoni effetti in molte strutture, siamo ancora distanti dalla completa applicazione dei principi enunciati nel lontano 2000 dalla legge finanziaria la quale, all’articolo 58, prevedeva che “per garantire la promozione della produzione agricola biologica e di qualità, le istituzioni pubbliche che gestiscono mense scolastiche ed ospedaliere prevedono nelle diete giornaliere l’utilizzazione di prodotti biologici, tipici e tradizionali nonché di quelli a denominazione protetta [...] Gli appalti pubblici di servizi relativi alla ristorazione delle istituzioni suddette sono aggiudicati [...] attribuendo valore preminente all’elemento relativo alla qualità dei prodotti agricoli offerti.”
cumento che analizza il sistema dell’alimentazione infantile nelle scuole, ne individua i punti deboli e indica le strategie per migliorare il servizio e la condizione nutrizionale dei nostri figli. Fra i 10 punti di valutazione esaminati, uno ci interessa in modo particolare: la qualità dei prodotti. I nuovi capitolati di appalto, infatti, possono includere i prodotti Bio, Dop e Igp soprattutto a km zero, anche se più onerosi, in quanto “il collegamento fra territorio e ditte rappresenta un significativo contributo al risparmio energetico e alla riduzione della contaminazione ambientale dovuta ai trasporti. Inoltre, le filiere corte [e di qualità, nda] rappresentano uno strumento utile a recuperare la stagionalità delle produzioni e la cultura alimentare che ne deriva e che la globalizzazione dei mercati tende a cancellare dalla nostra esperienza. Le filiere corte, coinvolgendo due soli attori oltre al consumatore e cioè il produttore e la Società di Ristorazione, si prestano a un controllo effettivo e rigoroso della rintracciabilità e della sicurezza dei prodotti”. Per gli alimenti di origine animale, allora, è bene che i dirigenti scolastici stiano attenti nell’includere nei menu delle mense prodotti di alta qualità e legati al territorio, con innegabili benefici non solo per la bilancia dei pagamenti nazionale, ma anche per quella nutrizionale dei ragazzi.
In poco più di un secolo i maschi italiani sono diventati più alti di 15 cm. Merito in buona parte dell’alimentazione
La “Linea guida per la qualità della ristorazione scolastica” sottolinea l’importanza di includere nei menu prodotti bio, Dop, Igp e a km zero, una scelta che comporta benefici non solo in ambito nutrizionale ma anche culturale novembre 2013
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scenari alimentari
A curA dell’OsservAtOriO AgrOAlimentAre nOmismA
Prospettive bio Il dato è di quelli che stupiscono. Ad oggi, 1 italiano su 3 mette in tavola prodotti biologici almeno 1 volta alla settimana. Mentre i consumi pro-capite restano bassi, il nostro Paese vive dunque un aumento di interesse (tanto inatteso, quanto continuo) per questo comparto
Per saperne di più:
agroalimentare@nomisma.it www.nomisma.it
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confezionati: +17,2%); quelle non alimenIn Italia le superfici coltivate secondo metodi tari bio sono salite del 9,3% (in particolare biologici hanno raggiunto, nel 2012, 1,2 misalgono i prodotti per la cura della persona, lioni di ettari: +6,4% rispetto al 2011. Cresce +11,1%). Nessuna nube nemmeno all’orizanche il numero di operatori, che nel 2012 ha zonte: le previsioni per la chiusura del 2013 quasi raggiunto quota 50 mila (+3% rispetto sono ancora una volta positive: +7,7% per al 2011). Ma soprattutto, nonostante la crisi, gli alimentari e +3,4% per il non food. Ani consumi di questi prodotti continuano ad che le attese per il prossimo biennio non aumentare. Per approfondire tale dinamica, segnalano cambiamenti di rotta: la crescita Nomisma ha realizzato per l’Osservatorio Samedia annua prevista è del +7,5%. L’intena uno studio sulle vendite nel dettaglio speresse delle famiglie verso il bio è in continua cializzato che rappresenta il principale canale crescita: nel 2013 il 55% dei consumatodi commercializzazione di tali prodotti. L’inri italiani ha avuto almeno un’occasione di dagine ha individuato quindi l’identikit del acquisto di tali prodotti; di questi, il 64% è punto vendita: 140 mq di superficie media frequent user, poiché ne consuma almeno di vendita, oltre 3 mila acquirenti unici serviti una volta alla settimana. La motivazione di ogni anno, grande capacità di assortimento acquisto è molto forte: si compra biologico (in media, 1.500 referenze per i punti vendisoprattutto per le maggiori garanzie offerte ta fino a 200 mq, mentre nella Gdo sono rispetto al convenzionale e il 65% dei consu200-250 le referenze bio dedicate al fomatori ritiene che tali prodotti abbiano una od), grande capacità promozionale (l’11% qualità più elevata. A dispetto quindi del pedel giro di affari è venduto in promozioso attualmente detene). La rilevazione nuto nel complesso Nel primo semestre 2013, ha anche misurato dei consumi a livello la crescita del canamentre sono in diminuzione nazionale (il bio pesa le: nel biennio 2010le vendite alimentari (-1,8%), per l’1,5% dei consu2012 le vendite di mi alimentari nazioprodotti alimentari i consumi domestici nali), le previsioni di bio sono aumentate di prodotti bio confezionati crescita sono estredel 14,5% (crescono mamente favorevoli. soprattutto i secchi aumentano dell’8,8%
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la pagina verde
di DaviDe CiCCarese agronomo
La scomparsa della frutta Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità ne dovremmo mangiarne 400 gr al giorno. Non solo la quantità reale del consumo procapite non si avvicina lontanamente a questa cifra, ma negli ultimi 10 anni gli acquisti sono persino diminuiti del 22%. Cambiare rotta però è facile
Dovremmo mangiare più frutta. Ma non tutta la frutta è buona allo stesso modo. Un recente studio realizzato presso l’Università di Harvard, effettuato su un campione di 185 mila persone, ha rilevato ad esempio che alcune tipologie possono avere un effetto maggiormente preventivo verso il diabete rispetto ad altre. Mangiare uva, mele e pompelmi, per esempio, riduce il diabete di tipo 2, ma vincitore assoluto è risultato il mirtillo. La ricerca di Harvard, come molte altre in questo senso, ha stabilito che mangiare frutta è comunque un buon antidoto al diabete, confermandola sul podio tra gli alimenti salutari. Purtroppo però le notizie che arrivano dall’Europa, evidenziano che il nostro consumo di frutta è in forte calo. Sono 5 milioni i bambini affetti da obesità infantile e 22 milioni quelli sovrappeso: il problema serio è che la dieta dei bambini è sempre più composta da merendine e prodotti ricchi di grassi, zuccheri e sale. L’Europa ha realizzato un programma per distribuire e promuovere il consumo di frutta nelle scuole: tra il 2009 e il 2010 sono stati investiti 33 milioni di euro. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità il consumo di frutta dovrebbe essere di 400 gr al giorno, ma siamo ben distanti da 24
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questi numeri. Negli ultimi 10 anni gli acquisti di frutta sono invece diminuiti del 22%. Gli agricoltori si trovano poi tra incudine e martello vedendosi diminuire sempre di più il prezzo della frutta, fino al 30% in meno solo nell’estate del 2011; questo spinge i produttori italiani a non raccoglierla e lasciarla marcire sotto il sole. Si aggiungono, a complicare le cose, le grandi difficoltà della filiera: secondo il XIII Rapporto di SOS impresa, l’aumento dei prezzi della frutta al consumo è legato anche alla presenza della criminalità organizzata che è particolarmente presente sul trasporto. Per cambiare questa rotta verso la scomparsa della frutta dai nostri menù e dai nostri campi, possiamo adottare semplici strategie, che ci faranno anche risparmiare. Il punto sta nel farlo davvero. Un esempio? Acquistare frutta di stagione direttamente dai produttori o acquistarla al mercato rionale, ci farebbe risparmiare molto (fino al 30% del prezzo alla grande distribuzione) e riscopriremmo il gusto delle cose buone. Non c’è dolce migliore di un frutto consumato fresco: basta provare, e anche i bambini lasceranno da parte le coloratissime merendine per un fresco e profumato frutto di stagione, garantito!
tra i vigneti nella campagna storica di venezia In the countryside of Venice La famiglia Candoni De Zan produce pregiati vini utilizzando uve selezionate The Candoni De Zan family produces prestigious wines from selected grapes grown in their vineyards
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almanacco di barbanera
di M. Pia Fanciulli
Tra Santi e vin novello L’inverno incalza, tra piante da mettere al riparo e nuove semine in vista della primavera. E con un appuntamento da non mancare: l’incontro in cantina con l’allegria delle castagne e il tintinnio dei calici
Sole e Luna
Da ricordare Lunedì 11 novembre – San Martino L’appuntamento, come ogni anno, e come tradizione vuole, è con le castagne e il vino di San Martino. Patrono degli osti, degli albergatori e dei cavalieri oltreché del vino, il Santo è tra i più amati e festeggiati del calendario. Eletto nel 371 vescovo di Tours, Martino è ricordato per la grande generosità e per aver donato in pieno inverno il suo mantello a un mendicante infreddolito. Poi, come recita un ben noto proverbio, per San Martino ogni mosto diventa vino. Ed ecco l’11 novembre farsi giorno fatidico dell’anno agricolo, quello in cui spillare dalle botti, con la protezione del Santo, il vino dell’ultima vendemmia. Il vin novello appunto, quello che ci sta aspettando in cantina!
Saggezza popolare • • • •
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Per tutti i Santi, prepara sciarpa e guanti. Per san Martino, si lascia l’acqua e si beve il vino. Per Santa Caterina (25 novembre), tira fuori la fascina. Se la canna fa il pennacchio, molta neve e ghiaccio.
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Il Sole Il 1° sorge alle 06.33 e tramonta alle 16.54 L’11 sorge alle 06.45 e tramonta alle 16.43 Il 21 sorge alle 06.57 e tramonta alle 16.34 Le giornate si accorciano. Il 1° novembre si hanno 10 ore e 21 minuti di luce solare – mentre il 30 se ne hanno 9 e 23 minuti: si perdono, dall’inizio alla fine del mese, 58 minuti di luce. La Luna Il 1° sorge alle 04.05 e tramonta alle 15.38 L’11 tramonta alle 00.05 e sorge alle 13.13 Il 21 tramonta alle 09.52 e sorge alle 19.56 La Luna è al Perigeo mercoledì 6 alle ore 10. È all’Apogeo venerdì 22 alle ore 11. Luna in viaggio In questo mese i giorni favoriti dalla Luna per gli spostamenti sono: 18, 19 e 20.
Belli e sani Non è raro che in questo periodo dell’anno si aggiunga al freddo l’umidità, che comporta la comparsa di muffe sulle pareti, sui mobili… Una presenza fastidiosa che può alla lunga indebolire soprattutto i bambini, che diventano più fragili quanto a difese immunitarie. È necessaria dunque una bonifica dell’ambiente in cui vivono: ad esempio un’accurata pulizia con alcol denaturato laddove le muffe compaiono. Con il freddo poi ci si rintana in casa. Niente di più sbagliato, soprattutto per le persone in là con gli anni. Evitando le giornate più fredde, passeggiare di buon passo in campagna o nel parco della città, per almeno 40 minuti al giorno, è la più sicura terapia per contrastare la vecchiaia e fortificare il cuore.
Orti e dintorni Guardando alla Luna, continuare in calante (dal 1-2 e 18-30) la raccolta di cavolfiori, broccoli e finocchi. Seminare fave, piselli, cipolle e aglio. Porre al riparo gli agrumi e raccoglierne i frutti. In crescente (4-16) forzare i radicchi per l’imbiancatura. Legare e fasciare i gobbi affinché imbianchino e non gelino. Nel giardino, coprire le specie sensibili al freddo con “tessuto non tessuto” e terminare la messa a dimora dei bulbi a fioritura primaverile. Un consiglio per pulire gli stivali di gomma o gli scarponi dal fango accumulato nell’orto: costruitevi uno zerbino “raschiatutto” fissando i tappi di bottiglie di acqua minerale a una tavola di legno con i chiodi, sistemandoli con i dentini rivolti verso l’alto per trattenere il fango.
appuntamenti del mese appuntamenti novembre
di Gilda Ciaruffoli
ArmoniA di Torrone e musicA
Scelti per voi dove mangiare
16-24 novembre Era il 1441, l’anno in cui, il 25 ottobre a Cremona, Bianca Maria Visconti andò in sposa a Francesco Sforza. Per celebrare l’evento, durante lo sfarzoso banchetto di nozze, venne servito un dolce singolare, modellato riproducendo la forma del Torrazzo, simbolo della città. La leggenda vuole che sia nato così il torrone, e l’episodio viene ricordato ogni anno con un corteo in costume tutto sbandieratori e tamburi, dame e arcieri, giullari e trampolieri, che sfila per le vie del centro storico fino ad arrivare in Duomo in occasione della Festa allo zuccheroso dolce dedicata. Da sottofondo alla manifestazione “il respiro del violino”, leit motif grazie al quale celebrare la tradizione liutaia cittadina, dando vita a un evento 28
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cultural gastronomico di forte impatto emotivo e... di gusto! L’edizione 2013 della Festa del Torrone quindi si presenta come un viaggio che inebria la mente e i sensi, grazie anche a percorsi e itinerari ad hoc che danno vita a un vero e proprio viaggio nel gusto e nell’arte liutaia, con i visitatori accompagnati da una guida turistica per svelare e vivere momenti di storia cittadina, curiosità e leggende. Per raggiungere la città lombarda è possibile, partendo da Milano, salire a bordo delle mitiche carrozze Centoporte trainate dalla locomotiva a vapore FS Gr. 625-177, un esemplare unico costruito a Berlino nel 1922 che per la sua eleganza veniva chiamato dai macchinisti “signorina”.
Cremona – Lombardia
www.festadeltorronecremona.it
Hosteria 700 Stanze affrescate per un locale che sa di antico. Il menù è vario e orientato alle tipicità. Prezzo medio: 25 euro Piazza Alessandro Gallina, 1 www.hosteria700.it Hosteria del Cavo Un punto di riferimento per i cremonesi. Ampia scelta di risotti. Prezzo medio: 20 euro Via Cavo Cerca, 8 Tel. 0372.434248
dove dormire B&B Monteverdi Elegante e comodo per una gita in città. Doppia da 90 euro Via Robolotti, 25 monteverdicremona.com B&B Al palazzo A due passi dalla cattedrale, doppia da 80 euro Via Cesare Battisti, 2 www.alpalazzocremona.it
appuntamenti novembre
3-24 novembre SI moltIplIca l’allegrIa
1 novembre – 8 dicembre In gIro per frantoI
Torna Frantoi Aperti, l’iniziativa dedicata alla valorizzazione dell’olio extravergine di oliva Dop Umbria e del turismo in campagna che coinvolgerà veri intenditori del buon vivere e del buon mangiare per 6 fine settimana consecutivi. Tanti i borghi umbri, le loro piazze, i loro palazzi, i teatri, gli uliveti, i frantoi, le aziende agricole, gli agriturismi, le trattorie protagonisti di questo evento assieme al dorato frutto delle 5 prestigiose zone dell’Umbria (Colli del Trasimeno, dei Colli Orvietani, Colli Amerini, dei Colli di Assisi e di Spoleto e Dop Colli Martani) e a prodotti agroalimentari di qualità.
Località varie – Umbria www.frantoiaperti.net
Brisighella, splendido borgo medioevale, è “dominata” da colli di gesso... e animata, nelle prossime settimane, dalla gustosa rassegna 4 sagre x 3 colli. Le danze si aprono il 3 novembre con la Sagra del porcello; il 10 è la volta della Sagra della pera volpina e del formaggio stagionato; il 17 quella della Sagra del tartufo. La manifestazione si conclude con la Sagra dell’Ulivo e dell’Olio il 24 novembre.
Brisighella (Ra) Emilia Romagna www.terredifaenza.it
9-10 novembre
9-10 novembre pIacerI oblIquI
La città della torre pendente torna ad accogliere le leccornie italiane più squisite e raffinate in occasione di Dolcemente Pisa. In programma degustazioni, dimostrazioni e laboratori per approfondire in prima persona la conoscenza dei veri prodotti artigianali. Da non perdere i tornei di lancio del panforte, la simpatica disciplina sportiva nata ai primi del ’900 nelle case coloniche delle campagne toscane, quando le famiglie si incontravano per trascorrere insieme le sere del periodo natalizio.
Pisa – Toscana
www.dolcementepisa.it
autunno fiorentino
2-17 novembre La via deLLe sagre Novembre ricco di appuntamenti lungo la Strada del vino Soave: si inizia nel weekend di Ognissanti a Cazzano di Tramigna, dove dal 2 al 3 novembre c’è la tradizionale Festa dell’Olio, Profumi e Sapori della Val Tramigna. Duplice appuntamento quindi con l’olio novello a Illasi, dapprima con la festa Olio in Camper (9-10 novembre) poi con L’Olio fa festa (15-17 novembre). In programma visite in frantoio, passeggiare fra gli ulivi, degustazioni guidate.
Località varie – Veneto
www.stradadelvinosoave.com 30
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Florence Wine Event è l’appuntamento annuale con i vini di pregio nell’Oltrarno fiorentino che soddisfa i palati degli eno-appassionati con una variegata scelta di etichette vinicole da tutta Italia. Ai banchi, come da tradizione, sono presenti i produttori che raccontano al pubblico i loro vini, la loro storia e i loro territori per far conoscere e apprezzare al meglio ciò che si gusta nel bicchiere. Il tutto, nell’ambito del trecentesco Convitto della Calza.
Firenze – Toscana
www.florencewinevent.com
9-11 novembre Lo spirito giusto Tante le novità per l’edizione 2013 del Merano Wine Festival. Come la Merano Wine Award Area che ospita una speciale selezione di bottiglie eccellenti ma in passato escluse dalla selezione in mostra. E mentre nella GourmetArena si vivrà una vera sfida, la Merano Chef Challenge, in cui 12 autorevoli Chef si esibiranno in una competizione all’ultimo ingrediente, l’area dedicata ai palati più raffinati si fa sempre più ricca e internazionale.
Merano (Bz) – Trentino Alto Adige www.meranowinefestival.com
Coltivazione a terra in pieno campo nelle regioni di provenienza Del tutto privi di conservanti e senza aggiunta d’acqua Lavorazione a mano entro 24 ore dalla raccolta www.eaifood.com
appuntamenti novembre
10 novembre TuTTi iN caNTiNa
Una tradizione dalle origini antiche, quella di San Martino, legata all’aprirsi della nuova annata agraria. Cantine Aperte a San Martino punta su questo rituale appuntamento per sviluppare la conoscenza del vino e dei suoi territori di produzione, andando incontro all’interesse e alle esigenze degli appassionati. Degustazioni, ma anche musica e spettacoli, per una giornata di festa vera e cultura enologica.
Località varie – cantine Mtv
www.movimentoturismovino.it
21-25 novembre Golosi... per una buona causa! Torna il mercato enogastronomico organizzato da Amnesty International presso i locali dell’Unione Femminile Nazionale, in Corso di Porta Nuova 32 a Milano. Un punto di incontro fra palati raffinati e la voglia di gratificarsi con qualcosa di buono: l’iniziativa, promossa per sostenere il lavoro dell’associazione in favore dei diritti umani, raccoglie prodotti eccellenti selezionati e offerti da aziende artigianali conosciute in tutta Italia per gli elevatissimi standard qualitativi. Un percorso nella tradizione enogastronomica che rende il nostro Paese un punto di riferimento unico al mondo per donare delicatezze ai propri cari o per cedere alle tentazioni, sostenendo allo stesso tempo Amnesty International nella difesa della libertà e dei diritti umani in tutto il mondo.
Milano – Lombardia www.amnestylombardia.eu
10 e 17 novembre PassioNe Per la VerNaccia
Torna Appassimenti aperti, manifestazione enologica che celebra le qualità e la storia di un grande vitigno: la Vernaccia Nera. L’appuntamento è a Serrapetrona, paesino incastonato sui Monti Azzurri, dove ad aspettarvi ci sono lunghe pareti di grappoli d’uva appesi, storie che raccontano l’antica arte della vinificazione da tramandare con rigore, e una cittadina che si copre dei colori dell’autunno e degli aromi intensi di vini pregiati.
Serrapetrona (Mc) – Marche www.appassimentiaperti.it 32
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Pastificio Artigianale Leonardo Carassai 7JB 99 4FUUFNCSF r $BNQPmMPOF '. r UFM r GBY JOGP!QBTUJmDJPDBSBTTBJ JU www.pastificiocarassai.it
appuntamenti novembre
22 novembre 1 dicembre
13-17 novembre cioccolato in Piazza maggiore
Le piazze e le vie del centro storico di Bologna accolgono i migliori produttori di cioccolato puro e artigianale di tutta Italia in occasione di Cioccoshow, ghiotta occasione per seguire le performance e i consigli dei maestri cioccolatieri dell’Associazione CiocchinBò impegnati, per tutte le cinque giornate di manifestazione, nella preparazione di golose creazioni che vengono offerte al pubblico alla fine di ogni dimostrazione.
Bologna – Emilia Romagna www.cioccoshow.it
una mole di dolci
16-19 novembre debutto gourmet
La prima edizione di Cosmofood, organizzata presso la Fiera di Vicenza, ospita espositori provenienti da tutte le regioni italiane, articolati in sei aree tematiche dedicate a specialità, vini, birre, ristoranti, alimenti bio, tecnologie e attrezzature professionali. Evento interattivo e dinamico, offre un ricco calendario di appuntamenti rivolti agli appassionati di cucina e arte pasticcera; seminari, corsi di degustazione, incontri di formazione e dimostrazioni in diretta dedicati ai professionisti del settore.
La cultura del cibo degli dei torna protagonista a Torino con Cioccolatò, manifestazione dedicata al cioccolato made in Italy e internazionale, con un particolare focus sulle produzioni artigianali della tradizione cioccolatiera piemontese. A ospitare la kermesse, Piazza San Carlo grazie a iniziative ludico-didattiche, degustazioni guidate gratuite, attività culturali e di animazione.
Torino – Piemonte www.cioccola-to.it
Vicenza – Veneto www.cosmofood.it
16-18 novembre
30 novembre 15 dicembre
la cultura del gusto
Il Superstudiopiù di via Tortona ospita Golosaria, grande kermesse del gusto italiano e dell’alto artigianato enogastronomico che trova spazio in una sede molto più ampia rispetto alle precedenti edizioni. Articolato e denso il programma di incontri, talk e spettacoli.
Milano – Lombardia www.golosaria.it
10 anni a lume di candela
18-24 novembre Viaggiarea costo zero
Appuntamento imperdibile per chi ama viaggiare in maniera alternativa torna La Settimana del Baratto. Per sette giorni migliaia di b&b e strutture ricettive affiliate al portale www.bed-and-breakfast. it barattano un soggiorno, di uno o più giorni, in cambio di beni o servizi: un modo ideale per concedersi un break vacanziero fuori stagione a costo zero.
Località varie
www.settimanadelbaratto.it 34
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Candele a Candelara, il primo mercatino natalizio italiano dedicato alle candele, festeggia i dieci anni di vita e conferma il suo successo prolungando per la prima volta l’iniziativa a tre week-end consecutivi. Per rendere il tutto ancora più suggestivo, nell’antico borgo medievale, ogni sera la luce artificiale viene spenta per lasciare posto a migliaia di fiammelle accese.
Candelara (Pu) – Marche www.candelara.com
appuntamenti in breve 10-17 novembre Tuttomele Cavour (To) – Piemonte www.tuttomele.net
10 e 17 novembre Fiera del tartufo “Trifola d’Or” Murisengo (Al) – Piemonte www.fieradeltartufo.com
4-6 novembre
30 novembre – 1 dicembre
PizzaUp Vighizzolo d’Este (Pd) Veneto www.pizzaup.it
Il maiale in tavola Busseto (Pr) – Emilia Romagna www.comune.busseto.pr.it
2-24 novembre November Porc Località varie – Emilia Romagna www.novemberporc.com
9-10, 16-17 e 23-24 novembre Mostra del Tartufo Bianco San Miniato (Pi) – Toscana www.sanminiatopromozione.it
9-10 novembre
24 novembre – 8 dicembre
Polentata al castello Monte Urano (Fr) – Marche www.comune.monteurano.fm.it
Sagra del Cinghiale Suvereto (Li) – Toscana www.suvereto.net
22-24 novembre Calici nel borgo antico Bisceglie (Bat) – Puglia www.calicinelborgoantico.it
8-10 novembre Food&Book Montecatini Terme (Pt) – Toscana www.facebook.com/foodebook
dal 22 novembre Cene galeotte Volterra (Pi) – Toscana www.cenegaleotte.it
8-10 novembre 15-17 novembre Pane, olio e… Montelibretti (Rm) – Lazio www.prolocomontelibretti.it
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Sagra della Castagna di Montella Igp Montella (Av) – Campania www.montella.eu
11 novembre
9-10 novembre
Sagra della Frittella Ragusa – Sicilia www.comune.ragusa.gov.it
Bacco nelle gnostre Noci (Ba) – Puglia www.bacconellegnostre.it
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Il vigneto giardino Amastuola si estende per oltre 100 ettari nelle terre di Puglia dove la bassa Murgia si fonde con le porte del Salento e dove il microclima mediterraneo favorisce un’ottima coltivazione biologica. Il terreno sul quale sorge il vigneto è stato recuperato nel 2006 con un suggestivo progetto del noto paesaggista Fernando Caruncho che ha disegnato i filari in onde accentuate e parallele. Amastuola nel produrre i propri vini non solo applica i principi delle tradizionali pratiche, ma è aperta a sperimentazione e ricerca, avvalendosi delle collaborazioni di consulenti affermati a livello internazionale nel campo dell’enologia. Dedizione, professionalità e cura di tutta la filiera produttiva hanno permesso ad Amastuola di aggiudicarsi un posto di rilevanza nel panorama vitivinicolo mondiale. Numerosi sono i premi e i riconoscimenti che ne attestano un successo destinato a rinnovarsi nel tempo.
Primitivo 2011
Primitivo 2011
The Amastuola vineyard has been extended by more than 100 hectares in Puglia (Italy) where the Murgia meets the doors of Salento and where the Mediterranean microclimate favors a really good organic farming. The land where is placed the vineyard was recovered in 2006 by the famous landscape designer Fernando Caruncho who designed the rows with accentuate and parallel waves. For the production of its wines Amastuola applies traditional practices, but it is also open to experimentation and research, thanks to the cooperation with very well established consultants. Dedication, professionalism and care of the whole production chain have permitted Amastuola to earn a point of relevance in the world wine scenario. Numerous prizes and awards certify a success destined to be renewed over the time.
Primitivo 2011
Primitivo 2011
Merlot 2010
Merlot 2010 2010
Syrah 2010
BIO DI VINO
magazine
Panorama Panorama 64
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40 Cover story Nel moNdo se Ne coNsumaNo 3 milioNi di toNNellate l’aNNo. uN busiNess, quello dell’olio, iN coNtiNua crescita. ma, oggi, per uN coNsumatore, orieNtarsi Nella “giuNgla dello scaffale” è sempre più difficile. a maggior ragioNe da quaNdo multiNazioNali e “furbetti del fraNtoio” haNNo iNvaso il mercato coN prodotti di dubbia proveNieNza
50 verso expo 2015 come si prepara milaNo all’eveNto? Ne parliamo coN l’a.d. giuseppe sala
54 Milano Mangia e bevi iNdirizzi e teNdeNze per scoprire come si sta oggi a tavola sotto la maduNiNa
58 sapori&parole gastroNomia meNeghiNa: lo scrittore moNi ovadia spiega com’è cambiata
60 ConsuMi: i CoCktail qualità e atteNzioNe trioNfaNo aNche dietro il baNcoNe: l’avreste mai detto?
62 Made in italy in polonia aNche varsavia apre le porte al cibo tricolore. coN uNa fiera dedicata
64 ospitalità italiana la storia del calabrese filippo cogliaNdro: chef ed eroe aNtimafia
“italiaNo” haNNo solo proviamo a capirci qualcosa.
che spesso di il Nome.
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Olio,
giù la maschera!
Ogni anno, nel mondo, se ne consumano 3 milioni di tonnellate: è un business in continua crescita, quello dell'oro verde. Ma oggi, per un consumatore, orientarsi nella "giungla dello scaffale", è sempre più difficile. A maggior ragione da quando il comparto è nelle mani di multinazionali straniere e furbetti di casa nostra. I quali, sfruttando le falle della normativa, hanno invaso il mercato di extravergini che spesso non sono tali e di oli che, nella gran parte dei casi, di italiano hanno solo il nome di Francesco Condoluci 40
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“Costituisce fallace indicazione, anche qualora sia indicata l’origine e la provenienza estera dei prodotti e delle merci, l’uso di segni, figure, o quant’altro possa indurre il consumatore a ritenere che il prodotto o la merce sia di origine italiana incluso l’uso fallace o fuorviante di marchi aziendali ai sensi della disciplina sulle pratiche commerciali ingannevoli” (Articolo 6, Legge 14.01.2013 n. 9 “Norme sulla qualità e la trasparenza degli oli di oliva vergini”)
È l’alimento principe sulla tavola degli italiani. Un prodotto al quale nessuno riesce a rinunciare. L’olio d’oliva, dopotutto, è la quintessenza della tradizione culinaria europea e mediterranea e, in maniera particolare, dell’italian syle gastronomico. Estratto dalle olive – le drupe, per i tecnici – “l’oro verde”, così come viene chiamato per il suo straordinario valore intrinseco, ha una storia millenaria che affonda le radici nelle prime civiltà urbane del mondo, da quella mesopotamica a quella ellenica. La pianta dell’olivo – assieme ai suoi frutti e alla produzione olearia che ne deriva – di fatto, ha accompagnato l’uomo nell’arco dei secoli, facendosi venerare, nei tempi antichi, quasi come fosse una divinità. Basti pensare che la Costituzione degli Ateniesi scritta da Aristotele intorno al 330 a.C., prevedeva la “pena di morte per chi si fosse reso responsabile di sradicamento o abbattimento di un olivo”. Nell’antica Grecia, del resto, l’olio veniva utilizzato per le più svariate esigenze: non solo per l’alimentazione, ma per la cura del corpo, per l’illuminazione, come unguento e per officiare le pratiche religiose. E infatti, un cittadino ateniese, a quei tempi, consumava in media 55 litri di olio all’anno. Oggi, a distanza di millenni, il consumo annuo pro-capite, in generale, si è ridotto (circa 11 litri a famiglia, in Italia) ma in compenso si è allargato sensibilmente il bacino mondiale dei consumatori: nel 2012, secondo i dati Ismea, sono state consumate nel mondo quasi 3 milioni di tonnellate di olio d’oliva. Un mercato in netta ascesa che, essendosi allargato negli ultimi anni anche a Cina e Stati Uniti, è destinato con ogni probabilità a crescere ancora.
I furbetti del frantoio E l’offerta? Beh, l’offerta ha fatto presto ad adeguarsi a questa domanda proveniente dalle tavole di mezzo pianeta. Il problema, semmai, è il “come” s’è adeguata. Forzando cioè novembre 2013
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i tempi e i ritmi naturali pur di far trovare sullo scaffale al consumatore – in qualunque stagione e senza soluzione di continuità, malgrado la produzione dei vari cultivar esistenti vari di anno in anno – il proprio olio preferito e, soprattutto, a prezzi sempre più stracciati. In pratica oggi, le aziende, piuttosto che produrre l’olio secondo le regole (e i capricci) della natura, si sono specializzate nel “fabbricare” su misura, attraverso espedienti chimici, quelli più richiesti dai consumatori. Spacciando poi, grazie alle falle della normativa in materia, per “prodotto italiano” (in realtà soltanto lavorato, imbottigliato ed etichettato nel nostro Paese) miL’Italia produce 500 mila tonnellate scugli di oli meno predi olio e ne importa 300 mila giati provenienti da aldalla Spagna e altrettante tri paesi produttori. La complessivamente da Grecia, prassi, poco costosa e Tunisia e Marocco. Il consumo molto redditizia, è nointerno è pari a 600 mila tonnellate mentre la restante quota ta e la spiegano molto di 500 mila viene esportata. bene Mara Monti e LuL’olio importato supera quindi coltivazioni intensive ca Ponzi nel loro libroquello prodotto internamente, di ulivi e processi proinchiesta Cibo Crimiarrivando al 53% del totale duttivi su larghissima nale. "La maggior parte scala che nulla hanno a dei consumatori non sa che vedere con i piccoli che ad eccezione di alfrantoi di cui ancora oggi (fortunatamencune Dop, la maggior parte dell’olio d’olite) è disseminata l’Italia. Gli italiani, tuttava prodotto e messo in commercio deriva via, restano i primi rivenditori al mondo, da miscele di oli di provenienza diversa – si dal momento che i marchi storici dell’olio legge nel testo uscito nel giugno scorso – le nostrano sono ancora oggi quelli che renmultinazionali acquistano ingenti quantità dono di più sul mercato. Questo gli spadi olio di provenienza diversa e con l’aiuto gnoli lo hanno capito da un pezzo e infatdella chimica lo rendono aderente al gusto ti, anni fa, hanno fatto man bassa dei nostri e all’organolettica desiderata. In sostanza, brand, acquistando uno dietro l’altro Caral’olio non viene più spremuto dalle olive pelli, Sasso e Bertolli. Marchi che oggi sono ma viene fabbricato". Già, le multinaziodi proprietà della Deoleo, l’holding iberica nali.Alla fine, le strade del “grande inganno che, non a caso, detiene il 22% del mercato dell’olio”, conducono a loro e, soprattutglobale dell’olio d’oliva. Se in Italia per proto, portano dritte in Spagna, il primo produrre un kg d’olio ci vogliono non meno di duttore oleicolo al mondo e l’unico con 3,50 euro, in Spagna bastano circa 50 cenuna filiera veramente industriale basata su 42
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Nella foto qui sopra, una coltivazione intensiva di ulivi in Andalusia, regione della Spagna
Dalle drupe alla Dop
tesimi e in Tunisia fino a 20-30 centesimi in meno. Dunque, se un’azienda, italiana o straniera ma con marchio italiano, importa olio proveniente dalla Tunisia a 0,20 €/l e, vestendolo di italian sounding – mettendo cioè in etichetta la cartina dell’Italia o facendo percepire il concetto di italianità a partire dal nome, pur indicando in piccolo è “olio proveniente da oli comunitari” per rimanere nell’alveo della legalità – lo rivende a (minimo) 4 euro al litro, tolti i costi fissi (trasporto, etichettatura, imbottigliamento, magazzino, supermercato), ha un margine di almeno 2,50 euro a litro. Un guadagno a dir poco enorme. Che infatti ha scatenato gli appetiti di tutti, dalle multinazionali ai nostri “furbetti del frantoio”. Sia chiaro infatti che, malgrado la croce ricada spesso sui cosiddetti “signori dell’olio” che siedono negli uffici delle holding, mol-
La dicitura “spremitura a freddo”, come si evince, è elastica. Il processo di gramolatura è uno dei più delicati perché, se si alza la temperatura, si aumenta di Michela Fischer la quantità di olio che si può (chimico alimentare) estrarre, a scapito della qualità. Se non si tara in maniera corretta il tempo di gramolazione a seconda del cultivar e della A questo punto, cosa può fare quantità di acqua di vegetaconcretamente il consumatozione (l’acqua contenuta nel re per difendersi? Optare per frutto al momento della franun prodotto italiano Dop, ad gitura) si rischia poi di innescaesempio. La Dop infatti ci dice re processi indesiderati. Duranche le olive vengono coltivate e te la gramolazione, le gocce di frante in un’area limitata e ci soolio avvolte nella membrana no più probabilità che arrivino lipoproteica contenuta nelle al frantoio fresche e sane. Non cellule delle olive vengono liè l’unico criterio, ma è quello berate, si aggregano in gocce più semplice. Le drupe sane e più grandi e, nel decanter, venal punto giusto di maturaziogono infine separate. Proprio ne devono essere trasportate durante la gramolazione si vein contenitori di medie dimenrificano processi importanti cosioni affinché non si schiaccino, me la formazione di aromi, il e devono essere frante entro conferimento all’olio delle sue 24 ore dalla raccolta. Appena caratteristiche organolettiche le drupe entrano in frantoio, si e nutrizionali e, purtroppo, aninizia la separazione meccaniche fenomeni ca di rami, foDiffidate dalle informazioni negativi coglie e altre impurità. Segue fuorvianti in etichetta come me l’influenza dell’ossiil lavaggio. Le “carboidrati 0” oppure olive lavate “non contiene colesterolo”: geno sugli acidi grassi, vengono portutti sanno che l’olio è un soprattutto tate alla frangitrice e vengo- grasso vegetale e come tale i polinsaturi, non contiene colesterolo! favorendo la no schiacciate. formazione Ci sono vari tidi perossidi e il conseguente pi di frantoi, ma tutti finalizzati irrancidimento. Dopo la graa schiacciare la drupa in modo molazione la pasta viene diche fuoriesca la membrana celluita con un 10-30% di acqua lulare che contiene il suo succo. rispetto al peso (dipende dal tiQuando le olive sono frante, si po di olive). L’acqua deve aveforma una pasta che contiene re la stessa temperatura della olio, acqua e fibra data sia dalle pasta perché si separino al memembrane cellulari sia dal guglio acqua-olio-sansa (lo scarto scio dei noccioli. La pasta che di lavorazione). Riducendola si esce dal frangitore passa quinottiene un olio più ricco di sodi nella gramola. Si tratta di stanze fenoliche, di vitamina una vasca a doppia parete doE e di tocoferoli: il risultato è tata di mescolatori. Fra le dopun prodotto più amaro e più pie pareti, viene fatta circolare stabile. Temperature più alte acqua e qui c’è una sostanziasia nella fase di gramolazione le differenza tra il metodo di che di decantazione aumentalavorazione in Italia e in Spano invece la resa, ma l’olio sarà gna: da noi si lavora a 27°C e disarmonico; amaro ma senza per massimo 50 minuti, in Spaaromi. Un olio piatto. gna a 35° e fino a 90 minuti. novembre 2013
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te delle truffe nel comparto hanno il marchio di casa nostra. Prova ne siano i numerosi casi finiti nella cronaca giudiziaria: da quelli successi ad Andria e Cerignola, in Puglia, al caso Valpesana in Toscana.
Extravergine ex lege Altro dettaglio di non poco conto: la gran parte dell’olio che troviamo in circolazione nella Grande Distribuzione viene indicato in etichetta come “extravergine”. Perché un olio possa essere definito tale, secondo la legge, l’acido oleico “non deve superare lo 0,8”. Eppure gli esperti sostengono che se le olive sono sane, raccolte al momento giusto e lavorate come si deve, l’acido oleico non supera mai lo 0,3. La forbice così ampia voluta (un caso?) dalla normativa vigente consente pertanto che nella categoria “extravergine” rientrino oli che non ne avrebbero diritto ma, di fatto, lo acquisiscono ex lege: attenzione quindi ad acquistare oli la cui acidità 44
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Le 5 regole anti-truffa di Coldiretti per scegliere l’olio giusto • Sull’etichetta deve esserci l’indicazione d’origine: italiano • Preferire le Dop o le filiera dell’alta qualità rispetto a un generico extravergine • Il prezzo di un buon olio di qualità italiano oscilla fra i 7 e i 10 euro al litro, mentre per il “Top delle Dop” degli oli si oscilla fra i 20 e i 30 euro al litro • La confezione deve essere in vetro scuro e mai trasparente, oppure in confezioni in metallo • La sensazione olfattiva di fruttato e il gusto di amaro e piccante devono essere chiaramente percepibili dal consumatore
è più vicina allo 0,8 che allo 0,3. Sempre agli autori del libro Cibo Criminale il presidente della Cia Puglia, Antonio Barile, ha dichiarato: «In Italia su 9 bottiglie che dichiarano di contenere extravergine, solo 7 lo contengono realmente, 2 attestano il falso. E sulle 7 che dicono la verità, solo 4 contengono extravergine italiano, nelle altre c’é olio estero». Ma ad attentare alla buona fede dei consumatori poco avveduti (la stragrande maggioranza, quella cioè che compra principalmente olio in offerta) non c’é solo la fuorviante attestazione di provenienza, ma anche contraffazioni più sofisticate, come la “deodorazione”. Gli oli deodorati sono oli d’oliva non commestibili per via di grossi difetti che, con accorgimenti fisici e meccanici (non chimici, e quindi autorizzati a mantenere sull’etichetta “ottenuti meccanicamente”), diventano senza difetti, ma che non possono essere venduti come extravergine, a meno che non vengano miscelati con una quota di extravergine. Un olio deodorato è riconoscibile in laboratorio per la presenza di alchil esteri (si formano se le olive subiscono processi di fermentazione). Lo scandalo è che mentre prima erano fuorilegge, ora l’assurda legge europea sulla libera circolazione dei deodorati li permette fino a una presenza di alchil esteri di 70 mg/kg: tali sono i valori che la Spagna si è fatta approvare da Bruxelles, contro i 30 mg/kg che aveva richiesto l’Italia. Il perché, a questo punto, dovrebbe esservi abbastanza chiaro.
Per saperne di più: www.associazionefrantoiani.it www.coldiretti.it www.unaprol.it www.ismea.it
il
rosso nell’anima
www.quignones.it
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non è olio italiano
Fuori i mercanti dal tempio! Da troppi anni, "i signori dell'olio" sfruttano il made in Italy, frodano i consumatori e affamano i piccoli frantoiani, nella colpevole indifferenza dell'Ue. È tempo di dire basta! di Domenico Marasco 46
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Ma noi italiani, quando li tireremo fuori gli attributi? Sarebbe proprio ora di dire basta ai soprusi dell’Europa e delle lobby multinazionali dell’agroalimentare: fino ad oggi, non c’è che dire, sono stati veramente bravi a confondere i consumatori di olio d’oliva, saccheggiando e sfruttando fino all’osso il made in Italy, ovvero il market plan più importante al mondo. La Bertolli, l’olio, dice di farlo “robusto, fragrante e gentile”. Carapelli, invece, sostiene di essere “la casa dell’olio, emblema dell’extravergine di qualità in Italia e all’estero”. Ma la vera chicca, la stessa Carapelli, la regala con il suo “Oro-
verde”, lanciato sul mercato con un claim che suona più o meno così:“il meglio della tradizione della nostra penisola che si distingue per il suo stile italiano, esclusivo ed elegante”. Bello vero? Peccato che Carapelli così come Bertolli (e Olio Sasso) di italiano – e soprattutto di “italianità”, intesa, in questo campo, come sinonimo di eccellenza e genuinità delle materie prime e artigianalità dei metodi di produzione – abbiano ormai ben poco, visto che da anni sono delle controllate di Deoleo, colosso spagnolo rappresentante della filiera olivicola più “industrializzata” al mondo. A questa propaganda mediatica perlome-
«Italiani, comprate l’olio nei frantoi»
I prezzi concorrenziali praticati dalla grande industria mondiale hanno messo fuori mercato 6 mila piccoli frantoiani italiani
no discutibile, aggiungiamo la confusione generata dagli sconti sui prodotti in vendita – in alcuni supermercati a Roma si è arrivati ad offrire extravergine a 2,89 euro al litro – e avremo il quadro completo del disastro. È dunque il caso di mettere i puntini sulle “i” e, per il bene dei consumatori, cominciare a porre dei paletti. Il primo dei quali è che in Italia, il vero olio d’oliva extravergine di qualità lo producono solo e soltanto i piccoli produttori, veri e propri baluardi dell’olivicoltura nazionale e dei nostri territori. Ne consegue ovviamente che la grande industria non produce qualità. Sarebbe alquanto difficile del resto, se non impossibile, produrre un olio qualitativamente eccellente e venderlo al supermercato a pochi euro al litro. Un’indagine condotta da Unaprol ha messo in evidenza infatti che in Italia produrre 1 kg di vero extravergine d’oliva costa mediamente 5,80 euro nel Centro-Nord, 4,67 in Sicilia, 3,64 in Calabria e 3,53 euro in Puglia. Va da sé che, sommando al costo di produzione i costi aggiuntivi, una confezione da un litro di un buon extravergine “veramente italiano”, sullo scaffale non potrebbe costare meno di 6 euro. Invece il “mercato selvaggio” dell’olio in Europa ci fa trovare sugli scaffali, come detto, anche confezioni che inneggiano al made in Italy e che costano meno di 3 euro (!). Provate a chiederlo a un piccolo olivicoltore pugliese, toscano o calabrese se può permettersi di vendere sul mercato il suo prodotto a quei prezzi! Ma se loro, i piccoli, piangono, in realtà, da qualche tempo anche i giganti da 1,5 miliardi di euro di fatturato, come appunto la Deoleo, non ridono (più). Il business evidentemente si è inceppato. Fino ad oggi cos’aveva fatto la multinazionale spagnola? Si era comprata i
I consigli del presidente di Unaprol, Massimo Gargano, per fronteggiare le frodi del comparto Le multinazionali come Deoleo sguazzano nella scarsa chiarezza legislativa. Quali sono le azioni di Unaprol per la difesa del made in Italy e della qualità dell’olio? La verità è come l’olio: viene sempre a galla. Battute a parte, ci sono forti interessi perché tutto resti untuoso e poco limpido. Leggi non chiare e zone d’ombra non aiutano il consumatore davanti a uno scaffale che non distingue la qualità. Questo però non deve scoraggiare gli operatori onesti della filiera. Sono certo che la cultura della democrazia avrà la meglio sull’oligarchia del sommerso. I consumatori in cerca dello “sconto”, come si possono difendere dalle frodi? Vi sono leggi che regolamentano gli sconti e sono una buona valvola di sfogo per il mercato. Non si può, però, vivere di 3x2! C’è invece un’opportunità che gli italiani, diversamente dai consumatori del resto del mondo, possono cogliere. In Italia ci sono circa 6 mila frantoi dove è possibile verificare la tracciabilità del prodotto e acquistare a prezzi giusti un olio che racconta la storia e racchiude sapori e profumi di un territorio. Perchè in sede Ue non riusciamo a battere i pugni sul tavolo rispetto al tema dell’olio extravergine? Non è proprio vero che l’Italia non sia capace di far sentire la sua voce a Bruxelles. La legislazione europea in materia di trasparenza dell’olio di oliva, in realtà, è in qualche modo figlia dell’azione riformatrice del nostro Paese. È dal 1996 che l’Italia ha iniziato una battaglia in tal senso. Anzi, si può dire che la legislazione italiana, in tema di trasparenza, sia più avanzata di quella europea. L’Italia, però, dovrebbe essere più presente a Bruxelles e in tutte le istituzioni comunitarie e intergovernative per difendere i suoi prodotti, questo sì. novembre 2013
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La rivoluzione contro le multinazionali del cibo e le ingiustizie della catena alimentare non può che partire dal basso: dai consumatori! In Italia ci sono circa 6 mila frantoi dove è possibile verificare la tracciabilità del prodotto e acquistare a prezzi giusti un olio che racconta la storia e racchiude sapori e profumi di un territorio Raccolta di olive in Lombardia nell'ottobre 2013 (foto Coldiretti)
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marchi storici dell’olio veramente italiano (come appunto Sasso, Bertolli e Carapelli), ma andava a prendersi la materia prima coltivata in maniera intensiva in Spagna, Tunisia, Marocco e Grecia – ammassando le olive in vere e proprie montagne invece di spremerle subito, e sottoponendole quindi a raffinazione, decolorazione, dolcificazione, deodorazione – per poi rivendere il prodotto finito in grande distribuzione con un prezzo-prova convincente e, ovviamente, non prima di averlo pubblicizzato ad arte con lo spot televisivo che alludeva al made in Italy. E l’ha data a bere (è proprio il caso di dirlo!) a tutti a quelli che ci sono cascati. Ma, dicevamo, adesso le cose non vanno più come prima. Deoleo ha messo in vendita il 30%: un bell’affare si direbbe, e invece nonostante i prezzi a saldo, pare che di acquirenti non ve ne siano tanti. Nel frattempo però gli spagnoli hanno messo in difficoltà ben 6 mila produttori italiani di qualità, messi “fuori mercato” dai prezzi concorrenziali della grande industria. E mentre la produzione industriale arranca, la grande distribuzione non “margina” più e gli olivicoltori sono in ginocchio, a Bruxelles i soloni dell’Ue continuano a pontificare senza costrutto. A questo punto, la rivoluzione contro le multinazionali del cibo e le ingiustizie della catena alimentare non può che partire dal basso: dai consumatori e da un piccolo gesto fatto davanti allo scaffale che (se ripetuto migliaia di volte) tante conseguenze positive può comportare sull’intera filiera olivicola italiana. Consumiamo meno olio dunque, ma consumiamolo meglio. Pensando semplicemente che è inconcepibile spendere 12 euro per il litro d’olio che versiamo nel motore nella nostra macchina e appena 3 per quello che facciamo ingerire al nostro organismo.
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Milano2015
Avanti con fiducia di Francesco Condoluci
Con l’intervista a Giuseppe Sala, Commissario Unico delegato del Governo, parte il nostro viaggio alla scoperta dell’Esposizione Universale che nel 2015 trasformerà Milano nella capitale mondiale dell’alimentazione di qualità Mancano ancora 17 mesi. O se preferite, 540 giorni. Ma il conto alla rovescia è già partito: meno di un anno e mezzo e Milano Expo aprirà finalmente i battenti ai 24 milioni di visitatori che si prevede sbarcheranno nel capoluogo lombardo per visitare l’Esposizione Universale dedicata al tema “Nutrire il pianeta, energia per la vita”. Che tradotto dal protocollo delle esposizioni internazionali significa: “alimentazione”, declinata in tutte le sue varie sfaccettature, medico-scientifiche, sociali, economiche, culturali e sensoriali. Con centinaia di Paesi pronti a mettere in vetrina, nei padiglioni dell’Expo milanese, progetti, idee, allestimenti, rappresentazioni e mostre sul loro patrimonio alimentare 50
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e sul tema della qualità e della sicurezza del cibo. In sostanza, nel 2015 Milano diventerà la capitale mondiale del food: praticamente un abito su misura per la più internazionale delle città del Belpaese, patria riconosciuta della buona cucina oltre che della Dieta Mediterranea. Ma la città meneghina come si sta attrezzando a fronteggiare i riflettori e ad accogliere i visitatori di mezzo mondo? Al di là delle immancabili polemiche di casa nostra, i lavori sul sito espositivo sono effettivamente in corso d’opera, così come, seppur tra mille difficoltà, anche quelli su infrastrutture e viabilità, vale a dire strade di raccordo, collegamenti ferroviari e nuove linee della metropolitana. La struttura organizzativa di Expo Milano 2015, insomma,
«Expo 2015 raccoglie più colpe e meriti di quanti ne abbia. C’è chi parla solo dei cantieri a rischio infiltrazioni mafiose e chi invece ne parla come di un evento salvifico per l’economia italiana. Sbagliato in entrambi i casi. In realtà è solo un treno sul quale il nostro Paese deve salire puntualmente e non prima di essersi adeguatamente preparato» sta facendo il suo lavoro. E la città invece? E i milanesi? E la classe imprenditoriale nostrana? Con che spirito si stanno preparando a cogliere le opportunità – di business economico, di crescita culturale, di visibilità mediatica e di attrattività turistica – che l’evento di portata planetaria è destinato a offrire ai nostri giacimenti agroalimentari e turistici? L’uomo che, meglio di chiunque altro, è in grado di chiarire i dubbi e fotografare nitidamente lo “stato dell’arte” della Milano (e dell’Italia) pre-Expo è, ovviamente, il Commissario unico delegato dal governo per l’evento, Giuseppe Sala, manager con collaudata esperienza alla guida delle più importanti aziende del Paese e figura di estrema competenza e pragmatismo.
Dottor Sala, i lavori preparatori, da parte della struttura organizzativa, come stanno procedendo? Più o meno come da programma. Abbiamo speso l’ultimo anno e mezzo per preparare le aree che ospiteranno i padiglioni dei Paesi partecipanti. Contiamo di consegnare gli spazi espositivi al 50% entro dicembre e per il restante 50 nei prossimi mesi. Contestualmente stiamo sviluppando le attività sui contenuti dell’evento, sulla “vita” che si svolgerà all’interno dei padiglioni dell’Expo. La nostra fortuna è che l’alimentazione mette tutti d’accordo: dagli appassionati di problematiche socio-culturali fino ai gourmet interessati solo all’aspetto sensoriale. Si sta lavorando per costruire un evento basato molto sull’interattività, la partecipazione, l’intrattenimento, l’uso del digitale. L’obiettivo è offrire un prodotto legato a un concetto tradizionalmente italiano come il cibo ma con una cornice innovativa, moderna, partecipativa. Per quanto riguarda invece il padiglione italiano, il progetto è ancora in fase di messa a punto. Posso anticipare però che Eataly di Farinetti avrà uno spazio dedicato alle cucine regionali che coinvolgerà grandi chef ma anche piccoli ristoratori e che il Ministero delle Politiche Agricole sta preparando il progetto di uno spazio dedicato al vino, il cui scopo sarà quello di raccontare l’Italia attraverso i suoi vitigni autoctoni. La città, invece, come sta vivendo il countdown? Con operosità, debbo dire. A parte i lavori pubblici che si stanno effettuando su mobilità e servizi, noto che sul piano delle strutture ricettive anche l’iniziativa privata si sta muovendo. Basta fare un giro in centro per accorgersi che stanno aprendo sia piccoli alberghi che strutture più lussuose, e lo stesso vale per i ristoranti. novembre 2013
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Milano2015
Siamo sulla buona strada, quindi… Non esattamente. Il punto non è solo ampliare l’offerta. Bisogna anche adeguarla alle abitudini dei visitatori stranieri. E qui tocchiamo un tasto dolente. Nelle realtà internazionali, dove è risaputo che si mangia a qualunque orario, i locali si sono conformati alle esigenze del pubblico. Anche Milano deve allinearsi. Il ristoratore che vorrà lavorare nel 2015, alle 4 del pomeriggio in estate dovrà rimanere aperto. Allo stesso modo i tassisti dovranno imparare l’inglese e tutti gli esercenti consentire l’uso delle carte di credito. Expo 2015, per Milano, deve rappresentare insomma l’occasione per internazionalizzarsi. La realtà mondiale, del resto, è in continua evoluzione. Basti pensare che 8 anni fa, i turisti più numerosi in città erano i giapponesi, oggi sono i russi, prossimamente saranno i cinesi. Cambiano i visitatori e adeguarsi ai loro desideri diventa una necessità categorica. L’immagine che l’Italia proietta all’estero, in questo momento di crisi, è un po’ appannata. Milano può pagarne dazio in vista di Expo? Bè, in questa fase, chi da fuori guarda all’Italia, vede certamente luci e ombre. Ma, tendenzialmente, il mondo si mostra indulgente nei nostri confronti. Gli stranieri sono più interessati al glamour e alle nostre bellezze che agli sprechi e al debito pubblico. Noi dobbiamo stare attenti a non perdere il nostro potenziale attrattivo nei confronti dell’Europa, ma al contempo puntare a rafforzare la nostra immagine in Medio Oriente e in Asia, dove il fascino che emana Milano è sempre fortissimo. E non dimentichiamo il Sudamerica, verso il quale Papa Francesco è un elemento di richiamo straordinario. Qual è lo slogan giusto per invitare i turisti a Milano? Qualcuno, una volta, ha detto che “Milano non è bella, è un tipo”. Credo sia una frase alquanto rappresentativa. La prerogativa di questa città, 52
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L'Expo vista da vicino Quella che si aprirà a Milano il 1° maggio del 2015 per chiudersi il 31 ottobre successivo, (dopo Hannover 2000, Aichi 2005 e Shangai 2010) sarà la quarta Esposizione Universale del XXI secolo. A tutt’oggi, cioè alla fine di ottobre del 2013, i Paesi che hanno scelto di aderire sono 137. Secondo le stime di via Rovello, dove ha sede a Milano il quartier generale della struttura organizzativa di Expo 2015, i visitatori in arrivo dovrebbero essere 14 milioni tra gli italiani e 10 tra gli stranieri. Il sito espositivo che ospiterà l’evento si trova nella parte nord-ovest della città e si sta sviluppando su una superficie complessiva di 1,7 milioni di metri quadri, attorno al polo fieristico di Fiera Milano a Rho-Pero.
d’altronde, è che non essendo una megalopoli, riesce a concentrare dentro spazi più o meno ristretti, tantissimi elementi d’interesse. Si passa con facilità dalle vie dello shopping ai ristoranti, dalla Scala ai musei: un contenitore piccolo ma ricchissimo di contenuti. Dopo il 2015, cosa resterà a Milano dell’Expo? Spero innanzitutto che resti, e si consolidi, quel cambiamento che auspicavo prima sotto il profilo della “internazionalizzazione”. Sul piano infrastrutturale invece, rimarrà la darsena rinnovata con i fondi Expo finalizzati a riqualificare le “vie d’acqua” di Milano. Quanto al futuro del sito espositivo, la questione è più che mai aperta: il comune di Milano ha lanciato una manifestazione d’interesse per la riconversione dell’area ed è in atto un dialogo tra gli enti interessati.
In alto, come si presenterà il sito che ospiterà l'Esposizione Universale nel 2015. Sotto, la Galleria Vittorio Emanuele, uno dei simboli di Milano
Expo può essere occasione di rilancio per il made in Italy? Ribadisco: bisogna lavorare sul possibile, non sull’aleatorio. L’Italia oggi ha un sistema finanziario debole ed è incapace di crescere. E la causa è spesso da ricercare nell’incapacità tutta italiana di valorizzare le potenzialità innovative e le qualità delle nostre risorse. Expo non può certo risolvere questo tipo di problemi atavici. Ma può lavorare sui cosidetti “fattori abilitanti”. Un esempio su tutti: grazie a un accordo con i sindacati, assumeremo a breve 800 giovani mediante contratti temporanei, apprendistati e stage. Si tratta di un accordo che mira ad assumere a condizioni diverse senza togliere tutele, e che lo stesso ministro del Lavoro ha individuato come buona pratica. Ecco, Expo 2015 può lavorare su questi fattori, sulle best practices. E se proprio vogliamo prenderci un altro merito, diciamo che Expo mette tutti d’accordo. Regione Lombardia, Comune e Provincia di Milano, Governo centrale: sotto la nostra bandiera tutti parlano la stessa lingua.
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consumi&tendenze
Milano mangia e bevi: ritorno al futuro! Una ricercata semplicità. Il piacere della tradizione condita con materie prime d'eccellenza e il guizzo creativo di grandi chef. E poi tanta, tanta personalizzazione. Oggi, nella capitale della moda, si mangia così! di Chiara Mojana 54
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Milano è la metropoli che non si ferma mai. Quella che detta le mode e che le accoglie con entusiasmo. Una fucina inesauribile di nuovi stili, di nuovi cibi. E non c’è da sorprendersi se nel volgere di un solo decennio il panorama della ristorazione milanese è così profondamente mutato. Allora esisteva una netta divisione tra pochi ristoranti gourmet di fascia alta e una vivace realtà di ristoranti e trattorie di fascia (e spesso qualità) bassa. Oggi, invece, nella Milano dei grattacieli, delle Archistar e della corsa verso l’Expo 2015, si può fare un’esperienza gourmet anche mangiando un panino o stando seduti al tavolo di una “nuova” latteria di quartiere. Anzi, il vero lusso in questi anni sembra proprio da ricercare nella semplicità più
che nell’ostentazione. Nelle piccole cose ben fatte. A cavalcare questo nuovo trend sono i fast food di qualità, che propongono panini d’autore e birre artigianali, pizze a lievitazione naturale e persino polpette, che da cucina degli avanzi diventano specialità della casa: nel nuovo locale di Diego Abatantuono sui Navigli, The Meatball Family, ce ne sono ben 36 tipi diversi!
Tu vuo’ fa’ ll’americano Attualmente a Milano è più facile mangiare un buon hamburger che non una milanesissima “orecchia d’elefante”. Che lo si gusti seduti al bancone di Trita in piazza XXIV Maggio, ai tavoli rustici di Polpa in Porta Romana, o a un elegante tavolo del Trussardi Caffè in via Manzo-
ni, l’hamburger a Milano è però una cosa seria. Lo dimostra il fatto che puoi scegliere non solo le salse, ma anche con quale carne fartelo preparare: bufalo campano, limousine padana, black angus e persino wagyu giapponese. Personalizzazione e qualità sono dunque la chiave del successo delle hamburgherie milanesi, ma la tendenza del cibo americano non si esaurisce qui: non c’è caffetteria che si rispetti che non offra muffin e cupcakes, donuts e bagel, i morbidi panini a ciambella da farcire voluttuosamente all’ora di pranzo.
Michette alla riscossa Risposta tutta meneghina all’invasione dei bagel e degli hamburger è la michetta. Il tradizionale pane leggero e fragrante, cavo
all’interno, è tornato alla riscossa con Mica in via Baracchini, a due passi dal Duomo, che ne ha recuperato l’antica ricetta e lo propone farcito di salumi pregiati, come il culatello, e anche in versione dolce con l’intramontabile Nutella. Anche nel Quadrilatero della moda i panini si rifanno il look: da Chic&Go in via Montenapoleone diventano irresistibilmente snob, realizzati con pani speciali e ingredienti preziosi, dal salmone selvaggio alla carne di angus e persino all’aragosta. E ancora, da Ottimomassimo nella centrale via Spadari, dove le materie prime eccellenti e la creatività dell’alta cucina diventano accessibili a tutti: ogni mese uno chef stellato propone una ricetta diversa per un panino gourmet che viene inserito in menu. A novembre e dicembre protagonisti sono Giannovembre 2013
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consumi&tendenze
carlo Morelli del Pomiroeu di Seregno e Norbert Niederkofler della Rosa Alpina di San Cassiano in Badia.
Tutti dicono… bistrot!
Diego Abatantuono nella cucina del The Meatball Family, polpetteria di nuovissima apertura sui Navigli, al fianco della cuoca, Libera Massa, e delle sue deliziose creazioni
Scelti per voi Polpa burger trattoria Via Agnesi, 6 Tel. 02.58305893 www.polpa.it
Ottimomassimo Via Spadari Tel. 02.49457661 ottimomassimogourmet.it
Refettorio Simplicitas Via dell’Orso, 2 Tel. 02.89096664 www.refettoriomilano.it
The Meatball Family Via Vigevano, 20 Tel. 02.45471809
Dry Cocktails & Pizza Via Solferino, 33 Tel. 02.63793414 www.drymilano.it
Erba brusca Alzaia Naviglio Pavese, 286 Tel. 02.87380711 www.erbabrusca.it
28 posti Via Corsico, 1 Tel. 02.8392377 www.28posti.org
Mica Via Baracchini, angolo Via Paolo da Cannobbio www.michetteria.it
Trita Piazza XXIV Maggio, 6 www.trita.it Rebelot Ripa di Porta Ticinese, 55 Tel. 342.1933607 Chic&Go Via Monte Napoleone, 25 www.chic-and-go.com
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Un posto a Milano Via Cuccagna, 2 Tel. 02.5457785 www.unpostoamilano.it
Caffè Trussardi Piazza della Scala, 5 Tel. 02.80688295 www.cafetrussardi.it
Sarà la crisi, sarà il bisogno di ritrovare le proprie certezze nelle cose che profumano di casa, ben fatte e al giusto prezzo. Sta di fatto che i grandi chef non storcono più il naso davanti all’idea di mettersi in gioco aprendo una pizzeria o un bistrot. Anzi, i più lungimiranti hanno già scommesso su una proposta di alta qualità, ma anche quotidiana e accessibile. Due su tutti: Andrea Berton e Matias Perdomo. Il primo è tra i soci del Dry che in via Solferino propone una formula insolita quanto semplice: pizza e cocktail. Fatti a regola d’arte s’intende. Farine macinate a pietra e lievitazione naturale per una pizza stile napoletano e una selezione di condimenti che vengono serviti a parte, lasciando i clienti liberi di comporre il loro piatto, aggiungendo per esempio un crudo di Parma 24 mesi o la prelibata ventresca di tonno. Originali gli abbinamenti con le bevande, che si aprono allo sconfinato mondo della mixologia. In un altro quartiere della vecchia Milano, quello dei locali serali e dell'happy hour, un altro grande chef strizza l’occhio ai consumatori più evoluti con una proposta di tapas gourmet. È Matias Perdomo che sul Naviglio grande ha aperto il Rebelot (confusione, in milanese), un bistrot con un menu fatto di piattini di qualità e un’ottima scelta di vini. Un’isola felice per chi ama la qualità al giusto prezzo.
Etico e sostenibile Milano è anche la città dell’Expo 2015 e quindi particolarmente sensibile ai grandi temi della sostenibilità ambientale e del biologico. E così a diventare chic è il
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sapori&parole
Foto Andrea Erdna Barletta
In alto, il bancone di Mica; sotto Un posto a Milano
Han trovato un milanese chì a Milan di Moni Ovadia (testo raccolto da Eleonora Fatigati)
locale arredato con mobili di recupero, o con sedie e tavoli scompagnati. Come il 28 posti sul Naviglio grande, dove i tavoli e le sedie hanno la particolarità di essere in vendita, realizzati nella falegnameria del carcere di Bollate; dall’arredo alla cucina, tutto il progetto di questo locale è improntato ai valori etici e al rispetto dell’ambiente. Vero punto di riferimento per gli amanti del bio è poi Un posto a Milano, in via Cuccagna, nella cornice di una cascina del Settecento che regala un po’ di campagna nel cemento della città. La cucina è semplice, basata sui prodotti si stagione, per lo più bio e vegetariani. I green lovers si sentiranno a casa anche al Refettorio Simplicitas in via dell’Orso: ottimo rapporto qualità-prezzo e un menu che cambia ogni giorno, giocato su una grande varietà verdure, cereali e legumi. E ancora, spingendosi quasi ai confini della città lungo l’Alzaia Naviglio Pavese c’è l’Erba Brusca: ottima cucina in quella che era una vecchia locanda del Seicento, immersa nel verde. Un localesimbolo di quella ricercata semplicità che seduce il palato e scalda il cuore. 58
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Milano è stata una città di migrazione, che ha accolto (e accoglie) la cucina di ogni parte del mondo. Io stesso ho praticato più la cucina degli altri, che quella milanese. Sono figlio di migranti, appartengo alla cultura ebraica sefardita. Mia mamma preparava ricette della nostra tradizione che solo con il passare del tempo si sono arricchite di sapori italiani. Inoltre, non mi sono seduto al tavolo di un ristorante fino a sedici anni; solo quando ho iniziato a lavorare ho scoperto quindi le trattorie. Quelle autentiche. Milano ha accolto tutta l’Italia, dicevamo, e si è lasciata contaminare da tradizioni altre. Del resto, già ai tempi, era difficile trovare milanesi di quarta generazione: han trovato un milanese chì a Milan, si diceva in quei rari casi! Così, nel “dopo teatro” mi sono spesso ritrovato a mangiare nelle pizzerie gestite dai napoletani, oggi passate in mano agli egiziani, bravissimi panificatori, oppure nelle trattorie pugliesi, toscane, emiliane. Piatti leggendari come la cassoeula, l’osso buco e il risotto giallo, li ho assaggiati, prima di diventare vegetariano, a casa di amici, perché fuori la città offriva molto altro. Ricordo anche le latterie. Spazi domestici, modesti, a conduzione familiare. Oltre al latte e ai formaggi, i gestori, spesso marito e moglie, servivano due, tre piatti semplici come
la cotoletta o la pasta. Erano economiche e il gusto del cibo era quello di casa. Oggi che la nefasta “Milano da bere” e i terribili anni dell’edonismo più sfrenato sono un ricordo lontano, Milano è piena zeppa di ritorni. Tornano le latterie e i sapori della tradizione. Certo noi milanesi non siamo diventati improvvisamente immuni da confusione e superficialità, con la cucina che pare essere diventata l’unica protagonista di un’epoca alla ricerca di significati, l’estremo tentativo di compensare un’esistenza grama. Eppure la voglia di buon cibo fatto in casa c’è, ed è autentica. Penso a Slow Food e alla nostalgia di certi sapori “perduti”. Personalmente non cucino. Non sono di quelli che vivono per mangiare... ma ammetto di avere un debole: la pasta fresca. E Milano me ne offre una scelta meravigliosa. Tanto che quasi posso vantare una sorta di parentela con la signora Concetta, proprietaria siciliana di un negozio di pasta fresca nel centro storico della città! Meravigliosa. In alto, Moni Ovadia "on stage" e qui il suo ultimo libro edito da Slow Food
consumi&tendenze
Anche il cocktail è su misura di Gilda Ciaruffoli
Se la parole d'ordine nelle cucina milanesi è "personalizzazione", anche dietro il bancone l’approccio sartoriale va per la maggiore. Miscele tailor made nate dall’incontro tra barman (o barlady) sempre più attenti alla qualità della materia prima e clienti sempre più consapevoli 60
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Sbagliato. È questo il primo nome che viene alla mente parlando di cocktail a Milano. La distrazione di un attimo. Con lo spumante che prende il posto del gin nel classico Negroni, e scrive una tappa importante della storia dell’aperitivo. Ancora oggi il Bar Basso – dove lo Sbagliato è nato negli anni 60 – resta un punto di riferimento importante per il buon bere nel capoluogo lombardo. Ce lo conferma Gianni Merenda, ideatore di Super-Bar, che in occasione della manifestazione abbiamo incontrato lo scorso ottobre. «A Milano sono una quindicina i locali dove si beve davvero bene. Dallo storico Nottingham Forest al più recente Rebelot, passando per il Rita, il Mag Cafè, Luca e Andrea o Lacerba con i suoi cocktail futuristi... Il resto d’Italia? – prosegue Merenda – A macchia di leopardo. Certo c’è Roma con una decina di ottimi locali, ma Milano resta comunque un punto di riferimento». Ce lo dimostra il fatto che sia stata proprio la città meneghina a ospitare la prima edizione di Super-Bar, evento internazionale e contenitore per tutte le novità e le tendenze dell’industria del beverage, attesissimo nel nostro paese dagli addetti ai lavori (ma non solo), dopo analoghi appuntamenti a Berlino, Mosca, Parigi e New Orleans. Dunque, guardando alla realtà milanese, cerchiamo di fare il punto sulle tendenze “dietro al bancone”. «Stanno andando molto bene gli speakeasy – ci spiega Merenda – locali segreti dove si entra in un numero limitato e con una parola d’ordine. In Italia al momento ce ne sono solo due (a Milano è il misterioso 1930) ma a breve ne apriranno tanti altri». «Altra tendenza interessante è quella delle barlady: non più bariste “con la maglietta bagnata” ma professioniste preparatissime, attente alla qualità e alla tecnica». E per quello
che riguarda la materia prima? «C’è un importante ritorno alla “farmacia”, dove tutto è nato. Grande attenzione è rivolta all’uso delle spezie, delle erbe selvatiche, coltivate dagli stessi bartender, fino ai distillati home made».
Si fa presto a dire Gin Tonic... A essere cambiato è anche il cliente «che non si limita più a guardare il menu ma, ad esempio, ordinando un Gin Tonic – il cocktail del 2013 – è ormai in grado di scegliere il gin preferito, diversi tipi di tonica e la giusta guarnizione, dal limone al cetriolo, o essenza, come il ginepro», ci spiega Gianni Merenda. E ce lo conferma Dario Comini, patron del Nottingham Forest, dal 2007 tra i 50 best bar in the world. «Il Gin Tonic viene usato come una tela bianca per sperimentare. Noi abbiamo 100 tipi di gin, 10 di acqua tonica, erbe fresche, un’infinità di spezie e una ventina di riduzioni bitter tra cui scegliere. Perché oggi l’interazione tra barman e cliente è fondamentale» sottolinea Comini. E a ragion veduta, visto che al Nottingham Forest, celebre per i suoi cocktail molecolari, la sperimentazione è di casa: «abbiamo oltre 2000 bottiglie alla mescita, molte più di quante un ospite possa conoscerne.Abbiamo un menu che spiega dettagliatamente i nostri cocktail, ma siamo sempre pronti per un confronto e per accompagnare il cliente nella scelta della personalizzazione, dall’aggiunta di succhi, magari con una siringa, a quella delle polveri, per raggiungere il risultato desiderato». Ma com’è cambiata la clientela milanese negli ultimi anni? «Oggi si distinguono due tipologie di ospiti: i più giovani – gli stessi che 30 anni fa avremmo trovato esclusivamente in birreria – che seguono la moda, viaggiano e sono alla ricerca di novità da condividere e
Scelti per voi Nottingham Forest Viale Piave, 1 Tel. 02.798311 www.nottingham-forest.com Rita Via Angelo Fumagalli, 1 Tel. 02.8372865 Mag Cafè Ripa di Porta Ticinese, 43 Tel. 340.0984023 Luca e Andrea Alzaia Naviglio Grande, 34 Tel. 02.58101142 www.lucaeandreanavigli.it Lacerba Via Orti, 4 - Tel. 02.5455475 www.lacerba.it
Per saperne di più: http://super-bar.it
In apertura, il classico Sbagliato. Qui, Dario Comini. Per incontrarlo sedetevi al bancone del Nottingham Forest o aspettate l'edizione 2014 di Super-Bar, evento aperto anche al grande pubblico con degustazioni e concerti
raccontare agli amici, per i quali abbiamo 500 cocktail in menù. E poi c’è lo zoccolo duro, gli irriducibili del Martini Cocktail... anche per loro però sono previste almeno un centinaio di variazioni sul tema! È anche venuta meno la rigida distinzione tra cocktail come aperitivo e distillato per la tarda serata. L’importante è sapere scegliere. Prendiamo il Mojito. Gettonatissimo tra i più giovani, non sarebbe il massimo per un dopocena. Tutto cambia però se scegliamo i giusti ingredienti, e optiamo, ad esempio, per un ottimo Mojito al cioccolato!». novembre 2013
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panorama imprese
Export: Polonia chiama Italia Intervista al Presidente della Camera di Commercio e Industria italo-polacca, Lorenzo Di Meo, sul Matching Point che si terrà a Varsavia il prossimo maggio 2014
di Piero Caltrin
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La Polonia apre le porte alle eccellenze della produzione italiana. Il prossimo maggio a Varsavia si terrà il primo Matching Point “Made in Italy”, una tre giorni dedicata agli incontri B2B fra imprenditori italiani e partner polacchi. Particolare rilievo sarà dato al settore del food&wine con una serie di workshop, meeting e cooking show. È stata la crescita dei consumi anche dei prodotti agroalimentari italiani (ad esempio per il vino il trend di crescita è del 5%) a incentivare l’organizzazione di quest’iniziativa. Coordinata dalla Camera di Commercio e Industria Italo Polacca in collaborazione con MT Polska e MT Targi, i maggiori operatori fieristici polacchi, e con il patrocinio di Unioncamere, l’ente pubblico che unisce e rappresenta istituzionalmente il sistema camerale italiano, “Made in Italy” è un’occasione concreta per le aziende italiane. Anche la nostra rivista collabora all’iniziativa e a questo proposito abbiamo incontrato
Lorenzo Di Meo, Presidente della Camera di Commercio e Industria Italo Polacca, istituzione bilaterale che da 20 anni ricopre un ruolo di guida qualificata per aziende, enti e associazioni italiane e polacche. Presidente, approfondiamo i punti cardine della neo nata iniziativa “Made in Italy” che si terrà a Varsavia il prossimo maggio. Come nasce l’idea di questo evento? Visto il periodo di difficoltà per le aziende italiane, è sorta l’esigenza di creare l’opportunità di un incontro internazionale efficace per contribuire allo sviluppo dell’interscambio economico fra Italia e Polonia. La Polonia è l’unico paese, fra quelli Comunitari, che ha un continuo trend in crescita sia per i consumi interni sia per gli investimenti. L’obiettivo di “Made in Italy” è quindi quello di predisporre un intenso e mirato programma di lavoro con un calendario d’incontri personalizzati, di workshop
e meeting con operatori polacchi per agevolare la vendita di prodotti quindi la realizzazione di contratti. L’iniziativa riflette in pieno la mission della Camera di Commercio e Industria Italo Polacca. Ci può spiegare come si sviluppa l’iniziativa e cos'è un Matching Point? “Made in Italy” è promossa in Polonia nei tempi e con i mezzi ideali per ottenere la visibilità ottimale per il target cui si rivolge cioè gli imprenditori e i buyer polacchi. Le aziende italiane che partecipano comunicheranno le proprie caratteristiche e capacità produttive e, attraverso un’attenta analisi dei punti di forza delle offerte, saranno realizzate specifiche proposte d’incontro con aziende polacche di settore. L’iniziativa è, come ho detto, un’occasione di effettivo incontro e scambio della domanda/offerta e si articola in una due giorni di meeting pre-organizzati e in una giornata dedicata alla diffusione al grande pubblico dell’immagine e dell’eccellenza italiane. Quali prospettive aprirà “Made in Italy” per le aziende italiane? L’immediato e concreto incontro con potenziali partner finalizzato all’incentivazione dell’export italiano che, pur essendo già presente in Polonia, è da intensificare comunque.
In alto, la sede di Made in Italy, tre giorni dedicata a incontri B2B fra realtà italiane e polacche
Com'è nata la partnership con VdG Magazine? A parte la grande serietà editoriale dimostrata in questi anni – afferma Di Meo – riteniamo la rivista sia il vettore giusto per lettori e operatori del mondo agroalimentare. Da oltre un decennio, VdG si è caratterizzata infatti come un qualificatissimo selezionatore e "raccontatore" di prodotti e aziende di qualità. Quale miglior partner allora per scegliere il meglio del made in Italy?
Quali aziende italiane prevedete parteciperanno al Matching Point? Dato che l’iniziativa è plurisettoriale, ci rivolgiamo a tutte le imprese italiane con vocazione all’export che hanno quelle caratteristiche di qualità tipiche del made in Italy. Per quanto concerne il settore food, riteniamo che l’iniziativa sia interessante per le aziende con una produzione che rispecchi tutte le tipicità della nostra vasta tradizione culinaria. Partecipare significa approfittare di un’occasione per potenziare la rete internazionale di pertinenza produttiva e farla diventare la chiave di successo per la propria attività.
Per quando riguarda il food, quali sono i prodotti più apprezzati in Polonia? Nel pensiero collettivo polacco l’Italia gode di un’ottima considerazione e, a livello commerciale, si colloca da qualche anno al 4/5° posto. Gli elementi identificativi si sintetizzano prevalentemente nella cultura alimentare, nelle produzioni artigianali e nelle attrazioni turistiche, tutte comunemente identificate come italian lifestyle. novembre 2013
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ospitalità italiana
di Lucia Lipari
Capesante dorate su crema di fagioli Ingredienti: 12 noci di capesante 150 gr di fagioli di Urad 6 foglie di basilico fresco 1 peperone rosso 1 peperone giallo uova di salmone olio evo, sale
Libera cucina in libero Stato La storia dello chef Filippo Cogliandro, ambasciatore antiracket della ristorazione italiana nel mondo L’Accademia dello chef patron Filippo Cogliandro si è aggiudicata il secondo posto nella sezione Ristorante Gourmet del premio nazionale di Ospitalità Italiana 2013. Nominato “ambasciatore onorario antiracket della ristorazione italiana nel mondo”, per il suo impegno nella lotta alla ‘ndrangheta e per questo premiato dal presidente di Unioncamere Ferruccio Dardanello, Cogliandro ha infatti avuto il coraggio di denunciare i propri estorsori, diventando simbolo per tutti coloro che credono che ribellarsi alle mafie è un atto dovuto a se stessi e alla società. Il raffinato ristorante di Filippo si trova a Lazzaro, in provincia di Reggio Calabria, nell’antica dimora ottocentesca della Castelluccia, a ridosso della spiaggia. «Il profumo del mare scalda il cuore, inebria le mie ricette – ci dice – il cibo parla della mia terra e mi piace pensare che possa raccontare la mia storia. È iniziata nel 1995, anni di crescita 64
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e successi che subiscono una battuta d’arresto per colpa della ‘ndrangheta, ma che culminano con l’arresto di chi voleva vessarmi e nell’incontro con l’associazione Libera di Don Luigi Ciotti. È nato così anche il cartello antiracket reggioliberareggio, la campagna pizzo-free legata al consumo critico e responsabile». Cogliandro ci racconta, infine, la sua ultima conquista: «La spiaggia di Libera! Il Comune di Motta San Giovanni mi ha concesso gratuitamente la spiaggia antistante il ristorante e io ho reso il lido, da privato che era, libero e accessibile a tutti. È il primo caso in Italia. Qui la gente gusta le mie pietanze persino in acqua e sotto l’ombrellone. Abbiamo creato eventi e portato turismo sano. Una rivoluzione culturale che passa attraverso i sapori della mia cucina e i saperi di un modello di economia legale e pulita... che è possibile, basta un pizzico di passione per il bene comune».
Preparazione: Lasciare in ammollo per 24 ore i fagioli e lessarli per 1 ora a fuoco lento; frullarli nel mixer con l’olio. Avvolgere i peperoni in carta da forno e cuocerli in forno fino a quando possono essere spellati; frullarli nel mixer con l’olio, per ottenere una crema rossa e una gialla. Frullare nel mixer le foglie di basilico con l’olio. Panare le noci di capesante e cucinare in forno a 180° per 15 minuti. Posizionare sul piatto la crema di fagioli, adagiarvi sopra le capesante. Decorare il piatto con gocce di crema di peperone e su queste porre le uova di salmone. Guardine con la salsa di basilico.
Per saperne di più: www.10q.it Scarica l’app “10Q Ricette italiane” e “10Q” per Android, iPhone e iPad
L’Accademia Lungomare Cicerone, 89 Lazzaro (Rc) Tel. 0965.714132 www.laccademia.it
Il marchio che certifica i migliori hotel e ristoranti in Italia e nel mondo Grecia
La Vineria Luca Prati nasce a Milano ma ha origini toscane. Anche Antonìa Kordalis nasce a Milano ma ha origini greche. Da questo incontro, vent’anni più tardi, nasce dapprima una piccola trattoria sulle coste della Calcidica, poi questo locale nel centro di Salonicco, dove il vino è il vero protagonista. I piatti, volutamente invernali –
arrosti, selvaggina con polenta, minestre... per sfatare il mito che la cucina italiana sia solo pasta e pizza! – fanno da cornice ideale alle bottiglie della ricca cantina.
Ristorante La Vineria Zevxidou 3 - Salonicco Tel. +30.6979.222650
Grecia
La Taranta Nato come semplice ristorante-trattoria, il locale vanta oggi anche un apprezzato wine bar, le cui sale sono spesso adibite anche a spazio espositivo. In cucina Fabio Flamini, romano arrivato in Grecia per amore e per portare alta la bandiera della cucina nazionale. Piatto forte dello chef le fettucine hai funghi porcini con
crema di tartufo bianco, ricetta che non solo viene molto apprezzata ma che ben si lega anche alla morfologia del territorio di Edessa, città alle pendici di una montagna.
Ristorante La Taranta Karaoli 3 - Edessa Tel. +30.6987.258325
Borgo Lanciano La tenuta del Borgo di Lanciano è un relais esclusivo che dispone di un ristorante, una Spa e di sette sale meeting. Immerso nella natura, rappresenta, nel territorio marchigiano, una struttura unica, dedicata a offrire servizi per il turismo leisure e business, catalizzando l’attenzione di chi è alla ricerca non solo di bellezze
naturali e ambientali, ma anche di un concetto di benessere legato al recupero di valori tradizionali.
Relais Borgo Lanciano s Loc. Lanciano, 5 Castelraimondo (Mc) Tel. 0737.642844 www.borgolanciano.it
Marche
italiafoodwine Il mercato giusto
Una fiera permanente di vini e cibi italiani L’Italia è un immenso e straordinario bacino di prodotti agroalimentari troppo poco conosciuti e mal distribuiti. Malgrado una domanda con potenzialità di crescita illimitata, non sempre l’offerta riesce a raggiungere il mercato.
Da qui l’idea: fare incontrare produttore e consumatore. Attraverso il giornale facciamo scoprire i prodotti ai lettori e mediante i nostri store li diffondiamo, facendoli degustare e spiegare al pubblico direttamente dai produttori.
Le 3 azioni giuste per vendere il prodotto
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Informazione
Le aziende hanno bisogno di informare i consumatori VdG magazine, i Viaggi del Gusto, è un mensile, unico in Italia, che fa cultura del cibo e promuove l’agroalimentare d’eccellenza.Gliapprofondimenti, le scoperte e le selezioni ne fanno un punto di riferimento autorevole e indipendente nel settore, con una funzione, ormai, quasi di pubblica utilità.
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Diffusione del sapore
Per diffondere i prodotti, bisogna farli assaggiare Le degustazioni sono fondamentali perchè portano il consumatore a memorizzare il gusto. È quello che facciamo nei nostri store e nel corso dei nostri eventi a tema.
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Sostegno alla distribuzione
I prodotti devono essere reperibili La difficoltà di un turista che, in viaggio, ha scoperto un prodotto è quella di ritrovarlo nei negozi della propria città. Il nostro sistema consente la consegna in tutta Italia.
VdG Market vi invita alla settimana del 1° anniversario dell’apertura del punto vendita di Cernusco sul Naviglio.
Dal 15 al 21 novembre Orario continuato 10,00-19,30 Dal 3 novembre siamo aperti anche la domenica AMPIO PARCHEGGIO Via Ungaretti 7 - Cernusco S/N (Polo commerciale Carugate) 02/94433020 - vdgmarket@vdgmagazine.it
magazine
Cibo&Territorio Cibo&Territorio 70
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70 La cucina “Lumbarda”
84 Wine passion: iL riesLing
Cassöla, pizzoCCheri e buseCCa: viaggio
ha natali renani ma risiede in oltrepò:
nella veraCe tradizione Culinaria padana
un bianCo Che si sdoppia nel biCChiere
76 L’oro bianco deLLe orobie Con 9 formaggi dop, bergamo domina il Caseario italiano: sCopriamone i sapori
86 ciociaria goLosa nel lazio più nasCosto, per sCoprire una miniera di gemme gastronomiChe
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da pag. 90 Rubriche
• Dulcis in fundo • La scoperta • La storia in cucina • Orto dei semplici • Il buono a tavola
80 L’oca LomeLLina dagli aCquitrini pavesi, Carni gustose Che san diventare salumi d’eCCellenza
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Di burro o di lardo il piatto è lombardo Ris giald e risot rugnus. Casöla e bruscìtt, sciatt e gnoc de la cuö. Ma che lingua stiamo parlando? È il lumbard, bellezza! Quello delle massaie ai fornelli e delle tavole imbandite della tradizione, che ci accompagna alla scoperta di una cucina ricca e varia, dai piatti delle vette alpine a quelli delle città di pianura di Riccardo Lagorio 70
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Due tra i piatti principali della cucina lombarda vengono descritti da Alessandro Manzoni ne "I promessi sposi": le polpette servite a Renzo, Tonio e Gervaso poco prima del matrimonio a sorpresa e lo stufato dell’Osteria della Luna Piena, dove il protagonista cena dopo i tumulti di Milano “Ogni popolo usa per friggere l’unto che meglio si produce nella propria area. In Toscana si dà la preferenza all’olio d’oliva, in Lombardia al burro, e nell’Emilia al lardo che vi si prepara eccellente”. Fu Pellegrino Artusi a suggerirci cosa caratterizzava la mensa del lombardo del suo tempo. Ma già sessant’anni prima Ugo Foscolo e il matematico Gregorio Fontana anticipavano questa abitudine milanese e, in parte, lombarda, denominando con sottile ironia il capoluogo Butirropoli. Tanto importante dunque il burro per i lumbard, da aver lasciato segno indelebile in alcuni detti regionali come “non farsi passare al burro da nessuno” (cioè non lasciarsi manovrare) o il colorito bresciano-bergamasco “ìgö ‘l cül ‘ndel butèr” (avere il fondoschiena nel burro, ovvero essere particolarmente fortunato). Sempre Foscolo, appellandosi ai Bresciani, chiede loro se saranno in grado di liberare il poeta di Zante dalla cattività di Paneropoli (da panera, ovvero burro derivato dalla panna) ospitandolo magari in una casa ariosa e soprattutto “con molta verdura dinanzi”. Come sempre, però, nella cucina italiana nulla è più costante della mutevolezza. E se persino in Lombardia l’uso del burro viene ormai messo in discussione, alla pari di quello del formaggio, ogni certezza sembra proprio destinata a venire meno! Lombardia novembre 2013
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Pazzi per l’extravergine
In apertura, nella pagina precedente, la busecca; qui sopra la preparazione dei casoncelli
Ogni boccone una sorpresa Grazie alle influenze culturali gonzaghesche e alle commistioni con la Repubblica di Venezia e il Ducato di Milano, la Lombardia vanta una lunga tradizione anche di paste ripiene, differenti per forma, dimensione e farcia, da condire – manco a dirlo – con il burro, o da servire in brodo. Decisamente particolari i tortelli di zucca e amaretti del Mantovano, che associano sapore dolce e salato al pari di quelli cremaschi, caratterizzati dall’amalgama nel ripieno di cedro candito, spezie, amaretti, Grana Padano Dop e uva passa tra gli altri; numerose le varianti dei casoncelli bresciani (singolari per ripieno di prosciutto cotto e Grana Padano Dop quelli di Barbariga) e bergamaschi (dove spiccano gli scarpinocc di Parre, di magro) tutti sempre generosamente conditi di burro fritto e salvia. Quasi un’istituzione cittadina poi i marubini di Cremona, piccoli anelli di pasta racchiusa intorno a un ripieno di carne, Grana Padano Dop e pangrattato immersi in brodo di tre carni (gallina, manzo e vitello). Risentono di aria piemontese, invece, gli agnolot72
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ti pavesi ripieni di stracotto e conditi con il sugo dello stesso o in brodo d’oca. L’incremento del numero di paste ripiene va di pari passo con la fantasia di massaie, se mai ancora ne esistono, e cuochi, creando ripieni con le materie prime disponibili in loco: sui laghi il pesce la fa da padrone, sulle montagne il re è il formaggio (come il nostrano Valtrompia Dop nell’omonima vallata bresciana o il bagoss nella vicina Valle Sabbia) o la rediviva ricotta.
Là dove il riso abbonda Già nel ’400 la coltivazione di riso era sicuramente diffusa nella regione, e oggi la Lombardia è al secondo posto in Italia in quanto a risicoltura dopo il Piemonte. In
Se è vero che l’olio di oliva proveniente dai laghi ha sempre intriso, con le parentesi dovute alle forti gelate che si protrassero sino a metà Ottocento, le mense lombarde, si è pur sempre trattato di un fenomeno relegato ad aree limitate. Tuttavia negli ultimi quarant’anni vi è stata una progressiva omologazione del gusto lombardo agli usi alimentari nazionali: meno diffusi i grassi animali, più olio tra i condimenti a scapito del burro. Ultimamente diffusi da Coldiretti Lombardia i dati di consumo: 32 milioni di litri per un valore di 132 milioni di euro. Nel particolare, il consumatore lombardo è quello che, a livello nazionale, predilige l’extravergine d’oliva Dop e biologico. Si prevede cha la produzione della campagna 2013 si aggiri intorno agli 850 mila litri, concentrati sul lago di Garda (che rappresenta il 78% dell’olio prodotto a livello regionale).
La Lombardia è seconda tra le regioni d'Italia per la produzione di riso. Un piatto che esalta questa materia prima è il milanesissimo risotto allo zafferano con l'ossobuco
Un mare di storia e tradizione Un passato che continua a tornare nelle tavole dei buongustai che sanno riconoscere ancora oggi la qualità. È questo il caso di chi sceglie Angelo Parodi, un nome di antica tradizione genovese che ancor oggi rappresenta la marca più antica in Italia. È dal lontano 1888 che questo pioniere dei mari, pesca e importa i migliori pesci delle coste mediterranee e atlantiche. Insomma, per gli amanti del tonno, un mito dalla fine del XIX secolo. Oggi, in un nuovo millennio, il sistema d’inscatolamento e di conservazione di Angelo Parodi non è ancora stato superato: ecco perché i prodotti che portano il suo nome hanno le stesse caratteristiche di qualità e genuinità di allora e le stesse emozioni di sapore autentico e di bontà. La morbidezza, la lentezza della lavorazione e la stagionatura sono la garanzia di altissima qualità del prodotto, che si sviluppa in una gamma ampia e completa che annovera non solo i rinomati tranci e filetti di tonno, ma anche gli sgombri e le sardine (anche piccanti).
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Tradizione che fila e fonde Zincarlin, panerone, nisso, formaggelle del Luinese... a elencarli i formaggi lombardi andremo avanti ore. Spesso poi entrano in cucina come ingredienti dei piatti più tradizionali. Come nel caso Valtellina Casera, figlio della tradizione delle latterie sociali e turnarie, necessario per uno dei piatti simbolo della Valtellina, i pizzoccheri, larga e irregolare pasta a base di grano saraceno condita con aglio e salvia fritti, bietola e patate; ma non solo. Un cuore di Casera ricoperto di pastella di grano saraceno è alla base degli sciatt, frittelle servite su cicoria condita con aceto. In Val Camonica il silter serve per la preparazione di una pastella in aggiunta a pane raffermo e latte che diventa, immersa a cucchiaiate in acqua bollente, gnoc de la cuö di Ponte di Legno (serviti con burro fritto). Il formaggio a grana (riconducibile all’odierno Grana Padano Dop) è invece fondamentale nelle mariconde, giganti sfere impastate con uova, pane raffermo ammorbidito nel latte e burro, e servite in brodo, emblema di una fascia che si estende da Bergamo città all’alto Mantovano.
"Igö ‘l cül ‘ndel butèr" dicono a Brescia quando si sentono fortunati. Anche l'olio però è sempre più presente sulle tavole lombarde verità è Pavia la provincia dove la cultura del riso è più radicata, con marcite sommerse d’acqua ideali per la crescita delle spighe; sebbene nel corso degli ultimi anni sia cresciuta la superficie dedicata al Carnaroli, la famiglia dell’Arborio è l’altro grande gruppo coltivato in Lomellina, pure indicato per risotti. Nel Mantovano la parte del leone la gioca il Vialone Nano, così versatile da essere ottimo per sartù e risotti, timballi o anche bollito; nella parte orientale del territorio virgiliano, quella che guarda al Veronese, è nata infine la Strada del riso e dei risotti mantovani. Impossibile non citare, a questo 74
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punto, quello che Emilio Gadda definì “risotto patrio”: il milanese, allo zafferano. Il ris giald deve i natali alla fortunata combinazione della coltivazione del cereale e dell’allevamento bovino per ottenerne il brodo e il midollo, grazie alla dotazione nelle terre basse di una congeniale sistemazione idraulica da parte dei monaci di
In alto, i pizzoccheri, pasta larga e irregolare a base di grano saraceno condita con aglio e salvia fritti, bietola, patate, Casera e burro; sotto, la casöla fatta di verza, piedini, costine, verzini e cotenna di maiale
Esempio efficace di quanto la cucina lombarda necessiti di lunghe cotture sono i bolliti misti cremonesi
San Bernardo di Clairvaux nel XII secolo, e della coltura dello zafferano (diffusa sino a tutto il Cinquecento). Nella vicina Brianza il risotto è caratterizzato dall’assenza dello zafferano e dall’intervento di vino rosso e di lucanica sbriciolata. Il risot rugnus con salamella sbriciolata, pomodoro e ricca mantecatura con burro e formaggio è la versione lodigiana. Risotto alla pilota invece nell’ovest mantovano, con ingredienti: pesto di maiale, burro e Grana Padano Dop, la cui variante, definita risotto con puntel, prevede di servire la braciola di suino intera invece che il pesto. Diffuso ovunque il risotto ai funghi, mentre quello con gli asparagi si è concentrato nelle aree di coltivazione: cantello nel Varesotto, cilavegna in Lomellina, il brianzolo e rosato di Mezzago e il verde mantovano di San Benedetto Po.
Sia carne... che pesce! Se è vero che la cotoletta alla milanese ha conquistato carattere pressoché nazionale per la sua facilità di preparazione, la cucina lombarda necessita di lunghe cotture. Bastino come esempio i bolliti misti cremonesi accompagnati da mostarda senapata; la rustisciada, stufato di carni suine (compresi fegato e rognone) rosolate in cipolla e lardo, comune tra Brianza e Varesotto; la busecca, trippa di vitello rosolata in burro, lardo, cipolla e altri odori, fatta cuocere per
almeno due ore con pomodoro e fagioli, che vanta in Lodi patria di elezione; i bruscìtt, dadini di carne di manzo cotti per ore a fuoco basso in vino rosso ed erbe profumate, serviti con fumante polenta, d’origine bustocca. Per non parlare degli stufati e degli stracotti (di manzo e di asino) o della casöla, una sorta di pottaggio che ha per ingredienti principali verza, piedini, costine, verzini (piccole salamelle) e cotenna di maiale con salsa di pomodoro, piatto un tempo popolare nell’area d’influenza milanese (la versione lomellina prevede l’utilizzo dell’oca a sostituire il maiale). Tradizionale del Bergamasco e del Bresciano è l’utilizzo di uccelli di piccola o media dimensione cucinati in casseruola con burro nella città di Arlecchino; allo spiedo, con non poche varianti di accostamento, nel territorio della Leonessa d’Italia. I laghi e le risorgive provvedono a fornire pesce, quasi sempre cucinato al forno (come le tinche), talvolta fritto o essiccato (come accade per gli agoni che diventano missoltini del lago di Como o le sarde del versante bresciano del Sebino), o ancora bollito e accompagnato da salsa a base di prezzemolo (come il luccio in salsa mantovano). L’accompagnamento della polenta, più morbida nella parte occidentale, pressoché compatta nell’area orientale e sulle montagne della regione, è infine la costante di ogni piatto.
L’angolo del salümér
Sul versante dei salumi, alla tradizione della carne essiccata di manzo, comune in tutte le Alpi Retiche si rifà la Bresaola Valtellina Igp (punta d’anca e magatello bovino), mentre il suino si fa salame di differenti granature (da quello a taglio grossolano come quello bergamasco o di Varzi Dop a quello a taglio più sottile del Cremasco) e speziature (molto ricco d’aglio quello mantovano). Non solo maiale, ci s’intende: i salumi d’oca sono caratteristici nella zona della Lomellina, mentre prosciuttini di capra, detti violini, lo sono in Valchiavenna e in Val Camonica, di pecora nel nord della Brianza.
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L'oro bianco delle Orobie Con la recente consacrazione dello strachitunt, sono nove le Dop casearie presenti in Bergamasca. Partiamo insieme per un tour tra alpeggi e baite dai caratteristici tetti in piöda alla scoperta dei sapori e dei saperi che hanno contribuito a dare vita a questo gustoso patrimonio di Laura Bernardi Locatelli Il viaggio alla scoperta dei formaggi, dei gesti antichi e dell’arte di conservare il latte tutto l’anno inizia in quota, alle radici della tradizione casearia della provincia di Bergamo. Le piccole produzioni ancorate alla montagna e agli alpeggi, alla qualità del foraggio e dei pascoli, riportano dritti nelle stalle della Val Brembana. E iniziamo col branzi Dop,antico formaggio a pasta semi-cotta tipico dell’omonimo comune dell’Alta Valle, che esalta le essenze vegetali presenti nei foraggi estivi e la cui scioglievolezza conquista nella polenta taragna; è tra i formaggi più apprezzati del Nord Italia, grazie anche all’impegno della Latteria Sociale, storico consorzio nato nel 1953. Catapulta sin dall’olfatto in quota il formai de mut Dop, che conserva tutto il sapore dei pascoli montani e delle casere d’alpeggio;grasso e a pasta semicotta,dalla produzione limitata,viene prodotto esclusivamente 76
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Lombardia
Valbrembana Bergamo
La strada dello stracchino L’app Strada dello stracchino e della pietra, compatibile con i sistemi Apple e Android, guida alla scoperta delle caratteristiche baite con tetti in piöda, dei calecc e dei caseifici dalla Valle Imagna alla Val Taleggio. A due itinerari di trekking si affianca un tour da percorrere in auto: dalla contrada Roncaglia a Corna Imagna. Con una sosta golosa alla Casa dello Stracchino in contrada Feniletti; qui allevatori, agricoltori e comune hanno unito le loro forze per salvare i formaggi tradizionali della Valle. Oltre allo stracchino all’antica della valle – strachì –, l’eccezionale latte della vacca Bruno Alpina produce anche il cornèl, il quartì e il fiurìt, oltre alla formagéla e al formagì.
La leadership assoluta per concentrazione di formaggi a Denominazione d’Origine Protetta della provincia di Bergamo (ben 9, contro le 7 di Cuneo) contribuisce in maniera decisiva al primato nazionale della Lombardia, che da sola concentra un terzo delle Dop italiane con latte di vacche – nutrite a pascolo e fieno – proveniente da una o due mungiture giornaliere. Le forme d’alpeggio (formai de mut estivo) sono serigrafate con il colore blu, mentre il marchio in rosso va alle forme prodotte anche in inverno nelle latterie. Oltre al bitto Dop, la Valle rivendica due presidi Slow Food: il bitto storico, lavorato a mano, dalla mungitura alla monticazione, con latte di vacche d’alpeggio e una piccola percentuale di latte di capra Orobica, e l’agrì di Valtorta, piccolo formaggio fresco a pasta cruda particolarmente aromatico.
Taleggio e Strachitunt DallaValle Imagna,attraverso la forcella di Bura si raggiunge la patria del taleggio nell’omonima Valle, che si può conquistare anche da San Giovanni Bianco, attraverso lo spettaco-
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Occhio ai consumi
lare Orrido, una gola lunga tre chilometri scavata nel torrente Enna. È questo il regno del taleggio artigianale e delle antiche celle di stagionatura, che ancora si possono visitare a Peghera. A Vedeseta, in frazione Reggetto, presso la Cooperativa Agricola Sant’Antonio si possono acquistare burro di malga e ottimi formaggi, dal vero taleggio al leggendario strachitunt Dop, erborinato naturale di antichissima tradizione – una pergamena ne attesta la presenza dal 1380 – salvato dalla tenacia dei casari della minuscola Valle, che lo chef Gianfranco Vissani ha eletto “miglior formaggio al mondo”. Lo “stracchino tondo”, antenato del Gorgonzola, viene lavorato da latte di razza Bruna Alpina allevate al pascolo in Val Taleggio, con tutte le sue unicità e le sue specie arboree autoctone che conferiscono al prodotto un gusto e un aroma non riproducibili altrove. Per saperne di più: www.formaggiobranzi.com www.formaidemut.info www.iltesorodellabruna.it www.santantoniovaltaleggio.com http://strachitunt.it
In basso, lo strachitunt da latte di razza Bruna Alpina allevate al pascolo in Val Taleggio
Risotto pere, strachitunt e Moscato di Scanzo Ingredienti: 200 gr di strachitunt 500 gr di riso Carnaroli 1 pera (160 gr) 10 gr di parmigiano 250 ml di Moscato di Scanzo 150 gr di burro 30 gr di scalogno Brodo vegetale q.b. Aceto balsamico tradizionale Preparazione: Tostare il riso con lo scalogno tritato e sfumare con il Moscato di Scanzo. Coprire con il brodo vegetale e cuocere per 18 minuti circa. Nel frattempo, saltare le pere tagliate a cubetti con una noce di burro, aggiustare di pepe e sale e bagnare con mezzo bicchiere di Moscato di Scanzo. Terminare la cottura, mantecare il risotto con il parmigiano, il burro a fiocchetti, lo strachitunt tagliato a pezzetti e le pere saltate. Guarnire con aceto balsamico a gocce.
I marchi che contraddistinguono i Consorzi di Tutela dei formaggi Dop bergamaschi sono sempre presenti su ogni forma, riconoscibili anche dai siti che riportano i loghi depositati. Le etichette riportano il nome – intraducibile – dei formaggi, l’azienda produttrice e il logo del marchio collettivo. Per alcuni formaggi, come lo strachitunt, dev'essere indicata la provenienza del latte, la tipologia di vacche e la loro alimentazione.
Scelti per voi dove mangiare Taverna di Arlecchino Lo chef Franco Moretti propone piatti di montagna rivisitati. Da non perdere gli gnocchi con crema allo strachitunt. Prezzo medio: 30 euro Via Oneta, 1 - San Giovanni Bianco (Bg) Tel. 0345.42458 www.tavernadiarlecchino.it Hotel Corona Branzi, burro di malga e farina di mais danno vita a una polenta d’autore: in cucina infatti c'è Elda Midali, nipote del mitico Gioanì, “papà” della taragna. Prezzo medio: 30 euro Via San Rocco, 8 - Branzi (Bg) Tel. 0345.71042 www.hotel-corona.info
dove dormire Baita&Breakfast Un vero e proprio alpeggio dove è possibile rivivere la vita dei bergamini. Prezzo medio a persona: 30-45 euro Taleggio, frazione Sottochiesa (Bg) Tel. 348.4061813 www.ecomuseovaltaleggio.it Agriturismo Ferdy Un’oasi di relax con bagni di bellezza al latte di capra orobica, massaggi con oli essenziali della Val d’Inferno e bio sauna del contadino. Prezzo a persona: da 70 euro Località Fienili - Lenna (Bg) Tel. 0345.82235 www.agriturismoferdy.com
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cuneesi
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Un “giro dell’oca” in Lomellina
Lomellina
Lombardia
Terra umida, antica e malinconica. Terra di risaie. Le cui lunghe distese di campi limitati dai pioppi sono percorse da questi buffi animali candidi, che faranno pure sorridere ma si sanno far valere quando vogliono! In cucina la loro carne è versatile e può essere declinata in mille preparazioni. Su tutte, il salame Igp di Mortara di Elena Conti 80
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È un animale simpatico, con quel suo fare dondolante, il collo lunghissimo e il becco arancio che spicca sulle candide piume. Nonostante l’aspetto però riesce a far la guardia meglio di un cane addestrato. E l’hanno imparato a loro spese i Galli, quella notte del 390 a.C. quando tentarono di conquistare il Campidoglio! Ottime per l’allevamento, vivono in grandi comunità e non richiedono particolari cure; la loro carne è gustosa e nutriente. Celebri fin dal XIV secolo quelle lombarde di Mortara, in Lomellina, cittadina della provincia pavese nota fin dal 1200 per i suoi allevamenti di palmipedi dei quali si utilizzavano le piume, per cuscini e materassi, le uova e la carne. Dopo la macellazione quest’ulti-
Ingrediente versatile La Lomellina ha il sapore sobrio di un modo antico, un po’ malinconico, ma la sua cucina rustica sa essere sontuosa, ricca di sapori forti. Molte le preparazioni tradizionali che ruotano attorno alle oche. Infatti a Mortara, oltre al salame Igp, si possono assagiare il salame di fegato, i patè speziati, la bresaolina, i cacciatorini, il marbré, il blocco di fegato, la galantina, ma anche ravioli, ragò, risotti, pane e biscotti, sempre con qualche ingrediente che lega questi prodotti all’oca. Un itinerario in questa terra può iniziare dal suo centro più famoso, Lomello; si affronta poi la strada selvaggia verso Sartirana con i resti dell’antica abbazia cistercense di Acqualunga. Una sosta a Vigevano e una a Mortara infine, dove, dopo aver visitato i resti dell’Abbazia di Sant’Albino voluta da Carlo Magno, è obbligatoria una tappa per acquistare gli ottimi prodotti... a base d’oca!
ma veniva conservata sotto grasso, in olle di terracotta, con la stessa tecnica che veniva usata per la carne del maiale. La qual cosa indusse a pensare che applicando all’oca gli stessi accorgimenti utilizzati nella produzione dei salumi e degli insaccati di suino, se ne potessero fare di simili, utilizzando in questo caso come “confezione” la pelle del collo e del ventre.
Il piatto della pace La Lomellina, oggi come ieri è caratterizzata dall’abbondanza di acquitrini, il territorio è fertile e pianeggiante, con lunghi filari di pioppi che delimitano le grandi estensioni dei campi. Qui crescono frumento, mais, foraggio ma soprattutto ri-
Occhio ai consumi
In alto, salame d'oca di Mortara; qui, una confezione di fegato fresco d'oca
Il salame d’oca di Mortara è un salame cotto di oca e maiale certificato con l’Indicazione Geografica Protetta (Igp). L’intera filiera viene controllata da Certiquality – Istituto di Certificazione della Qualità. Sul prodotto immesso all’acquisto devono essere riportati sia il logo del Consorzio che quello della certificazione. novembre 2013
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Scelti per voi Il salame di Mortara è prodotto con carne d’oca che deve provenire da animali di razza Romagnola incrociati con la Bianca di Embden. Tali incroci hanno quindi dato vita a una nuova razza, quella dell’oca Lomellina Un romantico panorama tipico della pianura pavese, terra fertile ricca di acquitrini
so, e qui pascolano libere le oche. All’epoca di Ludovico il Moro, viveva in Lomellina una potente comunità ebraica che, molto legata alla prescrizione religiosa che vietava loro il consumo di carne di maiale, cominciò a richiedere ai salumieri della zona ciccioli e insaccati esclusivamente di carne d’oca. Furono quindi gli ebrei i primi consumatori di questo salume, tipico del periodo invernale, da gustare assieme a piatti caldi con purea di patate o verdure. Il salame d’oca di Mortara Igp è composto di carne cotta, una parte d’oca e due parti di carne di suino, il sapore è dolce e delicato, il profumo fine e morbido, caratterizzato dalla presenza di spezie. Oltre all’Igp, esiste quello “ecumenico”, preparato esclusivamente con petto d’oca e poi stagionato per almeno 60 giorni. Perché si chiami “ecumenico” è quindi chiaro: rappresenta infatti un raro esempio di unione gastronomica tra le abitudini alimentari cristiane, ebraiche e musulmane. 82
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Ragò d’oca di Mortara Si cucina generalmente solo dalla metà di ottobre fino ai primi di marzo, ed è una variante lomellina della “casseula” milanese. La preparazione è molto simile, solo che al posto della carne di maiale viene usata quella d’oca. È un piatto unico gustosissimo che si abbina bene con la polenta gialla. Ingredienti: • carote • sedano • 2 spicchi di aglio • cipolla • verze • carne d’oca Preparazione: Far appassire in una casseruola, con poco olio, la cipolla tagliata a fettine, insieme a carote e sedano, due spicchi d’aglio e il pepe; rosolare e stufare per 15 minuti l’oca tagliata a pezzi; bagnare con il vino bianco e lasciare asciugare; aggiungere due mestoli di brodo e lasciar cuocere coperto per 2 ore circa. Aggiungere le foglie di verza, mescolare e cuocere altri 15 minuti.
dove mangiare Il Cuuc Il ristorante di Davide Palestro dell’Albergo San Michele propone raffinati piatti a base di oca: da non perdere i tortelli. Menu degustazione: 38 euro Corso Garibaldi 20 – Mortara (Pv) Tel. 0384.293773 www.ilcuuc.it Trattoria Guallina Da provare la terrina di fegato grasso dal cuore di dattero e la superficie “spolverata” con fiocchi di sale grosso, accompagnata da marmellata di cipolle. Menu degustazione: 45 euro vini esclusi Via Molino Faenza, 19 Mortara (Pv) Tel. 0384.91962 www.trattoriaguallina.it
dove dormire Villa Sant’Espedito Fermandosi a cena nel ristorante della struttura il venerdì sera o il sabato, offerta per la camera doppia matrimoniale a 50 euro a coppia, colazione inclusa. Strada per Ceretto, 660 Mortara (Pv) Tel. 0384.99904 www.santespedito.it Il Pioppo e la Fonte B&B in un contesto magnifico: aironi nei campi e un bellissimo cortile con un enorme pioppo. Da 74 euro a notte Via Quairone Castello d’Agogna (Pv) www.ilpioppoelafonte.it
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winepassion
Due vitigni per un solo Riesling Di origini renane, carattere complesso e intenso l’uno. Giovane, frizzante e “italico” il secondo. Dalla loro unione nasce oggi un vino dalle molteplici declinazioni, che porta alta la bandiera dell’Oltrepò pavese nei calici di tutto il mondo di Silvana Delfuoco 84
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Che fossero proprio le colline intorno a Montalto Pavese, nel cuore dell’Oltrepò, la terra giusta dove far crescere anche in Italia i nobili vitigni del Riesling del Reno lo avevano capito per primi gli austriaci durante la loro storica permanenza nel Lombardo-Veneto. Della formazione degli agricoltori, si occupò personalmente il conte di Wilzeck che non voleva privare i fini palati degli ufficiali austriaci delle delizie a cui si erano abituati alla Corte di Vienna. Per la mensa delle truppe era invece ritenuto più che sufficiente il fresco bianco fruttato prodotto con le uve di Riesling italico, coltivato nel vicino Veneto e da lì approdato in seguito in Oltrepò, che null’altro aveva in comune se non il nome con il suo più aristocratico rivale. Due vitigni per un solo vino, dunque. Due vitigni dalle caratteristiche enologiche molto diverse, che col tempo hanno però imparato
a convivere in modo sempre più amichevole, tanto che dal 2007 il Disciplinare di produzione della denominazione Oltrepò Pavese ha deciso per la soppressione in etichetta del riferimento alle due diverse tipologie. È da allora che in Oltrepò si parla soltanto, e in modo sempre più lusinghiero, semplicemente di Riesling.
2007: l’anno della svolta «La scelta di indicare in etichetta il nome Riesling tra le tipologie contemplate nella Doc Oltrepò Pavese, senza specificare se italico o renano – spiega il direttore del Consorzio di Tutela, Matteo Marenghi – è stata fatta in seguito a un’apertura offerta dall’Unione europea e nell’ottica di semplificare il messaggio nei confronti del consumatore. Da noi il vitigno Riesling ha un ruolo molto importante: è infatti il quarto più diffuso dopo Croatina, Bar-
bera e Pinot nero». Una decisione senza dubbio coraggiosa, che però deve ancora fare i conti con un immaginario collettivo piuttosto radicato nelle abitudini anche di molti eno-appassionati. Il solo nome del Riesling renano infatti evoca subito il ricordo dei grandi vini alsaziani, longevi e intensamente aromatici. Meno conosciuto ai più, e quindi solitamente meno apprezzato anche dalle nostre parti, è invece il Riesling italico, diffuso soprattutto nell’Europa centrale, a dispetto di un nome che sembra rimandarlo a una lontana, e incerta, provenienza latina. «È vero che i due vitigni hanno poco in comune – continua Marenghi – l’italico, più generoso nelle produzioni, è adatto a vini freschi e giovani e dà i migliori risultati nelle versioni frizzanti e spumanti; il renano è invece un vitigno dalle produzioni più contenute e origina vini complessi dalla spiccata aromaticità e mineralità». Una bella sfida per le aziende vinicole della zona che hanno scelto di inserire il Riesling nella loro produzione. A loro il compito di valorizzarlo, interpretandolo degnamente secondo le diverse caratteristiche dei vigneti. «Gli Oltrepò Pavese Riesling – conclude Matteo Marenghi – possono essere sia vini giovani e freschi, frizzanti e beverini, o spumanti, sia vini più strutturati e complessi, che nel tempo aggiungono mineralità e nobiltà a un prodotto già di elevata concentrazione aromatica. A sostenere e valorizzare questa seconda tipologia è nata sul territorio anche un’associazione di vitivinicoltori che si chiama La Valle del Riesling e che ha frequenti scambi con i produttori della Mosella, in Germania, alla cui filosofia enologica si ispira. Finora il Riesling dell’Oltrepò Pavese ha avuto una diffusione soprattutto nazionale, ma non mancano spedizioni all’estero, di tutte le tipologie». Si prospetta dun-
Lombardia
Oltrepò Pavese La Valle del Riesling si estende su 500 dei 1550 ettari impiantati a Riesling dell’Oltrepò pavese
Nicchie di piaceri La Doc Oltrepò Pavese Riesling, ottenuta da uva Riesling renano o Riesling italico, si produce nelle tipologie fermo, frizzante e anche spumante secondo il metodo Charmat; è Superiore quando il titolo alcolometrico supera i 12%, Riserva se invecchiato almeno 24 mesi. La zona storicamente vocata per la sua coltivazione, la Valle del Riesling, è una nicchia di circa 500 ettari sui 1550 totali impiantati a Riesling sull’intero territorio dell’Oltrepò e comprende i comuni di Calvignano, Montalto Pavese, Oliva Gessi, parte di Casteggio, Mornico Losana e Rocca de Giorgi.
que un nuovo futuro, anche grazie al Riesling, per tutta la produzione vinicola oltrepadana, sempre più spesso oggetto di attenzione anche nelle degustazioni dei più qualificati assaggiatori.
Abbinamenti paradisiaci Il Riesling dell’Oltrepò ha un bel colore giallo paglierino, con possibili riflessi ambrati e un intenso aroma fruttato. Fresco e gradevole è ottimo per gli aperitivi, ma può essere usato a tutto pasto. Perfetto con i salumi locali, come il salame di Varzi, ma anche i frutti di mare, i risotti o i ravioli alle verdure o alle castagne. Si sposa con secondi a base di pesci bolliti o di crostacei e, nella versione spumante, con i locali formaggi caprini e i dolci “poveri” della zona: ciambelle, crostate, o una “semplice” torta paradiso con il miele. Per saperne di più: www.vinoltrepo.it www.valledelrieslingoltrepo.it novembre 2013
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cibo&territorio
Peccati di gola in Ciociaria 86
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Ciociaria Lazio
Il profumo delle ciambelline all’anice, dei liquori alle erbe elaborati negli antichi monasteri, dei tanti vini e dell’ottimo olio ci accompagna alla scoperta di questa terra verace. Dove ogni borgo (e nel borgo ogni scorcio, ogni bottega) offre al palato, ma anche alla vista, assaggi genuini di capolavori spesso poco noti di Riccardo Lagorio
Territorio-ponte tra Roma e Napoli, il nome deriva dalle ciocie, le calzature un tempo usate dai pastori della zona, composte da un rettangolo di cuoio e da una pezza di panno che si adattava al polpaccio per mezzo di stringhe. Una terra da conoscere attraverso un viaggio sulle orme di popoli preromani che costruirono città fortificate da ciclopiche mura poligonali, abbazie, castelli, riserve naturali. E prodotti golosi che provano a diventare molla per fare arrivare turisti. A iniziare da quelli della porta accanto. È Fiuggi, in particolare, la meta prediletta dagli abitanti dei comuni limitrofi. Fiuggi e le sue celebri acque termali capaci, secondo Michelangelo – assiduo frequentatore, come tanti altri nomi illustri della storia – “di rompere la pietra”. Da qui partono percorsi da affrontare in bici lungo una pista di 23 km realizzata sul tracciato della dismessa ferrovia Fiuggi-Roma. Uliveti, vecchie stazioni restaurate, deliziose vedute sulla Valle del Sacco e soprattutto vigneti: si percorre la Strada del Vino Cesanese, tannico e robusto, coltivato da tempo imprecisato in questi luoghi. Manfredi Berucci è stato tra gli artefici più autorevoli per l’ottenimento della Docg, la prima nel Lazio, nel 2008. Dalle sue vigne in Piglio esce un’etichetta magica, Onda: coinvolgente, equilibrato, complesso al naso e al palato. In Paliano, alle pendici del colle Fratazzo, dove il vento di ponente mantiene asciutti i grappoli, Maria Elena Sinibaldi custodisce invece gelosamente le vigne che erano dei nonni. «In cantina ci si deve mettere bocca e naso; se si devono mettere le mani il vino è in pericolo». Frase che meglio di altre rappresenta il suo modo di essere e di pensare.
Miracolo ad Amaseno In rotta verso sud: Anagni, città dove nacquero quattro papi e dove, nella cripta delnovembre 2013
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cibo&territorio
Xxx xx xxxx xxx xxxxxx xxx xxxxxx xxx xxxxxx xxx xxxx In apertura il borgo di Piglio. Qui, la cattedrale di Anagni città dei Papi, di Bonifacio VIII e del famoso schiaffo
Sagne e fagioli Ingredienti: (per 4 persone) 600 gr di farina 300 gr di fagioli secchi (cannellini di Atina) cipolla, aglio e sedano per il soffritto peperoncino olio e sale Preparazione: Impastare la farina con l'acqua necessaria a ottenere una pasta molto dura. Lavorare energicamente e stendere la pasta con il matterello fino a ottenere una sfoglia rotonda non finissima. Lasciare asciugare la sfoglia, poi infarinarla e arrotolarla. Con un coltello affilato effettuare tagli trasversali per ottenere i "maltagliati". Farli quindi saltellare tra le mani in modo che si aprano. Cuocere e togliere la pasta dal fuoco quando, dopo aver ripreso il bollore, sarà venuta a galla. Scolarla ma non troppo. Insaporire i fagioli già lessati, con un sugo fatto con soffritto, salsa di pomodoro e peperoncino. Unire quindi il tutto alla pasta. 88
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la Cattedrale, sono conservati affreschi trecenteschi che la fanno meta obbligata. E poi ancora Amaseno, ricca d’acqua e appartata ai piedi dei Monti Ausoni, un po’ il cuore laziale della Mozzarella di Bufala Campana Dop. Nella sua chiesa di Santa Maria ogni anno ad agosto avviene il miracolo dello scioglimento del sangue di San Lorenzo. Dal laboratorio di Salvatore Rinna ne escono ottime mozzarelle e soprattutto carne di annutolo allevato per due mesi con latte materno: tenera e ricca di ferro, priva di grasso intramuscolare, ideale per spezzatini e fettine. «L’annutolo era considerato antieconomico, noi l’abbiamo reso indispensabile per l’azienda», sottolinea Rinna con fare schietto. A Pontecorvo il Corno di Bue, il peperone le cui notizie risalgono al 1830, è Dop dal 2010. La sua circonferenza non è molto grande e il nome deriva dalla tipica forma allungata e ristretta che termina con tre punte finali. Non distante, Atina è patria del Cabernet Sauvignon, che assume sfumature brillanti e complesse, no-
te fruttate ed equilibrate. La famiglia Rossi coltiva terreni molto drenanti e asciutti, dalle pendenze impressionanti, anche del 30%, ottenendo bottiglie dai tannini vellutati. Atina vanta peraltro una propria Dop. Si tratta del fagiolo cannellino. Bianco, reniforme, piccolo e dalla buccia sottile, Monica Cedrone lo mette sottovuoto essiccato dopo una lunga lavorazione manuale, dal baccello al seme. Il condimento ideale lo si trova a pochi chilometri, in Val di Comino. È l’olio extravergine ottenuto dalla spremitura di olive di varietà Marina, che sviluppano un caratteristico retrogusto amarognolo e piccante. A 750 metri sul livello del mare,Valentina Franco raccoglie le drupe appena invaiate e le frange in giornata ottenendo un olio fruttato, erbaceo, con ampie note di mandorla amara e pomodoro. Dolce invece è la sosta ad Alvito, che preserva un interessante Palazzo Ducale, per i torroni dell’Antica Pasticceria Di Tullio che utilizza materie prime d’eccellenza e metodi di lavorazione artigianale.
Un percorso... a ciambella Le limpidissime acque sorgive del lago di Posta Fibreno, che ospita pesci pressoché scomparsi altrove, come lo spinarello e la trota macrostigma, sono il luogo ideale per una sosta prima di ricominciare il percorso ad anello in Ciociaria. Manca Castelliri con il suo aglio dalla tunica rossa, recuperato dalla cooperativa che ne porta il nome; mancano Sora, con il Forno Tatangelo, e Strangolagalli, con Emma Taboni, che si contendono la corona per la miglior ciambella, ovvero pasta di pane e semi d’anice chiusa ad anello, bollita e infornata. E manca l’aspetto spirituale del viaggio. L’abbazia di Casamari, fondata nel 1036, è caposaldo stilistico delle forme gotico-cistercensi in Italia. Austero e bellissimo il chiostro, interessanti i luoghi non di culto: il refettorio, la biblioteca che possiede antichi volumi e pergamene. E notevole la produzione di liquori. Il cellerario padre Alberto Coratti: «Alcuni prodotti sono stati messi in vendita per il nostro stesso sostentamento; si tratta di infusi d’erbe, spesso spontanee e raccolte in montagna dai noi monaci». Un’esperienza fuori dal tempo prima di giungere a Frosinone, città volsca, trafficata e movimentata come tante.
Scelti per voi dove mangiare Ristorante Bel Sito La passione e il desiderio di trasmettere la buona cucina ciociara sono i punti di forza del locale da oltre quarant’anni. Prezzo medio: 25 euro Via Delle Rimembranze, 17 Serrone (Fr) Tel. 0775.523106 Ristorante La Grotte L’antica stalla di un casolare di campagna è stata trasformata in un’accogliente sala ristorante. Dalla cucina piatti dalla certa identità ciociara, genuini e gustosi. Si mangia con 27 euro Via Sandro Pertini, 507 San Donato Val di Comino (Fr) Tel. 0776.508775 Chalet del Lago In posizione invidiabile, sulle rive del lago, all’interno della Riserva naturale. Buona cucina d’acqua dolce: frittura di spinarelli, crostini al lattume di trota, spaghetti alle uova di trota. Si mangia con 28 euro Piazza San Venditto Posta Fibreno (Fr) Tel. 0776.887281
dove dormire
compagne di strada
Piccola grande Voleex Strade anguste, talvolta sterrate; parcheggio non sempre facile, come nei centri storici che abbiamo toccato lungo il nostro viaggio in Ciociaria. A questi inconvenienti ha risposto bene la Voleex C20R, monovolume compatta della Great Wall. Tre i fronti sui quali si muove questa autovettura: prezzo contenuto, facilità alla guida, allestimento accessoriato. Completa di impianto Gpl, perfetta per chi usa l’automobile tutti i giorni. Prezzo versione 1.5 ecodual Gpl: 12.890 euro
Hotel La Trattoria Accanto al casello autostradale di Frosinone, camere di design. Al piano terra, ininterrotta dagli anni Cinquanta, la tradizione della cucina. Doppia da 60 euro Via Tomaso Albinoni, 253 Frosinone Tel. 0775.292216 Atlantic Park Hotel Il grande giardino e la piscina estiva sono buona ragione per sostare in questo albergo dall’ambientazione contemporanea, poco distante dalle Terme. Doppia da 60 euro Via Prenestina sud, 37 Fiuggi Terme (Fr) Tel. 0775.514065
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dulcis in fundo
La forma del desiderio Ricorda il corpo di una donna, e al mercato per sceglierla la si accarezza. È la mela, eterno simbolo di potere, che si fa torta e sprigiona profumi che stuzzicano i sensi e evocano fantasie inconsce. Peccaminose, forse. Ma in modo del tutto “originale”!
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di IgInIo MassarI
Per una mela ci siamo giocati tutto, persino il Paradiso. Volevamo essere divini. Da allora questo frutto si è trasformato, anche nell’immaginario collettivo, sempre e comunque in un mezzo di conoscenza, di potere. È il pomo della discordia, da assegnare alla “più bella” fra le donne; è quella di Paride che scatena la guerra di Troia. Oppure è posta sul capo del figlio di Guglielmo Tell, eroe dell’indipendenza elvetica. Ma anche re Artù si nasconde ai nemici dentro la cavità di un enorme melo; mago Merlino sotto un altro melo tiene lezione; a Newton ne cade una sul capo a conferma della legge di gravità… E si potrebbe continuare a lungo. Qual è il segreto di tanto successo? Di sicuro quello della torta di mele sta nell’equilibrio tra acidità e zuccheri, una intrigante ricerca di armonia. Lo zucchero è un antidepressivo naturale, ma un improvviso eccesso nel nostro organismo porta all’aggressività: la mela di Adamo forse era tutto questo, un appetito sfrenato, la forma del desiderio da soddisfare a ogni costo. Tonda e sensuale, la mela ricorda il corpo femminile, e anche nel caos del mercato non si sceglie una mela, la si accarezza. Al centro contiene una stella a cinque punte, formata dagli alveoli che racchiudono i semi: mangiarne è una sorta di iniziazione. In parole povere significa abusare dell’intelligenza per conoscere il male, della sensibilità per desiderarlo, della libertà per farlo. Nel magico mondo delle leggende celtiche, l’isola di Avalon, il luogo in cui riposano per sempre re ed eroi, è detta l’isola delle mele. Chi mangia di quelle mele vive in eterno; anche i frutti sono eterni, non si consumano mai. In alchimia un pomo d’oro è simbolo dello zolfo, del potere anche nell’aldilà. Cosa occorre però? Occorre la trasgressione per diventare potenti, un gesto di sfida, saltare il fosso della conoscenza normalmente negata ai mortali. La nostra torta di mele! Che si sposa bene con lo zucchero caramellato, dorato; il suo profumo solletica gli zigomi e fa nascere in noi fantasie nascoste nell’inconscio. Dolce come il peccato originale, perché noi uomini siamo originali. Ci risiamo; ci piaccia o no. La mela, il serpente, il desiderio; e l’ambizione. Eva, il peccato: originale poiché è all’origine della specie umana o originale forse perché è creativo? E la mela…
la scoperta
di Piero Caltrin
L’Oro di manna Dolce dono della natura… ecco la definizione perfetta per descrivere questa “virtuosa” linfa elaborata del frassino, prodotta esclusivamente nei territori di Castelbuono e Pollina. Un dolcificante naturale, patrimonio della tradizione siciliana, riscoperto e valorizzato dal maestro pasticciere Nicola Fiasconaro Sicilia
Castelbuono
In basso, l’Oro di Manna, il dolce da farcire con la crema di manna, ideato e prodotto dall’azienda pasticciera Fiasconaro
Utilizzata fin dall’antichità dai terapeuti greci e romani che la chiamavano “secrezione delle stelle” e “miele di rugiada”, la manna fu così ribattezzata probabilmente dai medici arabi che ne vollero esaltare le miracolose virtù curative, richiamando in qualche modo il celebre episodio biblico. Importante risorsa economica per secoli, oggi la produzione in Sicilia è frutto della passione e del duro lavoro dei pochi frassinicoltori rimasti, custodi di un’antica tradizione e motivati dal vivo desiderio di proteggere patrimonio altrimenti a rischio di estinzione. Dalle precise incisioni praticate sul tronco del frassino, infatti, sgorga una linfa dal colore biancastro, che al sole di agosto solidifica formando delle stalattiti dal sapore dolce e aromatico come quello del miele. Attualmente sono meno di cento i produttori, in gran parte ultrasettantenni e tutti operanti nel territorio del Parco delle Madonie, a pochi chilometri da Cefalù. Nel 2002 Slow Food ha inserito la manna tra i prodotti da salvare nell’Arca del Gusto. Un’iniziativa, quella del progetto del Presidio Manna Eletta delle Madonie, che ha
trovato subito l’entusiastica adesione di una tra le aziende di eccellenza siciliane: la Fiasconaro, regina della tradizione pasticciera dell’isola, oggi realtà internazionale grazie anche all’apertura verso le più avanzate tecnologie del comparto, oltre che per l’arte sapiente del maestro pasticciere Nicola. I Fiasconaro – Nicola e i fratelli Martino e Fausto – partendo dai sapori più autentici e genuini del loro territorio, quello di Castelbuono, sono riusciti a trasformare l’antica pasticceria artigianale fondata dal papà Mario in un’azienda moderna che, oltre alla qualità delle materie prime, ha fatto della “attenzione alla salute dei consumatori” una vera bandiera. Ecco perché hanno scelto la manna come ingrediente per le loro creazioni. Ed è venuto fuori l’Oro di Manna, un dolce da farcire con la “crema di manna” che abbina alle qualità benefiche della materia prima la valorizzazione delle tradizioni di gusto puramente siciliane, inserendosi perfettamente nella linea salutistica dei prodotti da forno presentata negli ultimi anni dalla Fiasconaro, nella quale val la pena citare lo Zero Zero Latte, studiato per persone intolleranti al lattosio, e il Panettone Biologico, realizzato con materie prime da agricoltura bio. Nell’Oro di Manna, grazie appunto all’utilizzo della manna, dolcificante naturale, è stato possibile ridurre la percentuale di zucchero aggiunto, arricchendolo di ingredienti di pregio come il miele. In tal modo, spiega Nicola Fiasconaro «abbiamo anticipato le direttive dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, che incoraggia a limitare l’uso dello zucchero, ritenuto tra le principali cause di obesità e diabete. Ma l’Oro di Manna – conclude – è anche l’ultima testimonianza della dedizione che la nostra azienda nutre verso le materie prime e le ricette tipiche della nostra isola».
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la storia in cucina
di ElEna Conti
Napoleone e il giandujotto È spesso in circostanze d’emergenza che nascono le idee migliori. Questo vale anche per il celebre cioccolatino torinese, spesso ancora oggi realizzato a mano secondo l’antica ricetta ottocentesca Sembra un piccolo lingotto. Tolta la lamina dorata, emana un aroma ricco e delicato. L’aspetto è invitante, la grana omogenea. È il giandujotto, e la sua storia ha curiosamente inizio per motivi “politici”. Era il 1806 e per colpire l’economia britannica, Napoleone impose il blocco continentale, proibendo alle navi battenti bandiera inglese l’attracco in qualsiasi porto dei paesi soggetti al dominio francese. Questo comportò un ridotto afflusso di prodotti coloniali e le scorte di cacao si ridussero sensibilmente, proprio mentre la richiesta di cioccolato continuava ad aumentare. Solo piccole quantità di cacao riuscivano a forzare il blocco ma giungevano in Europa a prezzi esorbitanti. Così a un cioccolataio piemontese, Michele Prochet, venne l’idea di provare a sostituire parte del cacao con un prodotto comune sul territorio, la nocciola Tonda Gentile delle Langhe, dal gusto deciso e delicato. Unendo nocciole in polvere, cacao, 92
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burro di cacao e zucchero, il pasticciere ottenne un impasto dal gusto gradevolissimo. Ma la presenza di una notevole quantità di nocciole nell’impasto non permetteva che il cioccolatino venisse prodotto negli stampi e inizialmente venne tagliato a mano. Ancora oggi c’è chi continua la produzione tradizionale di giandujotti torinesi, tagliandoli e incartandoli a mano con una ricetta molto simile a quella dell’epoca. Il giandujotto così prodotto viene colato direttamente sulle piastre senza ricorrere all’uso di stampi, e si ottengono dei cioccolatini che hanno un’inconfondibile consistenza in perfetto equilibrio fra fluida e solida, ben diversa da quella dei giandujotti ottenuti con gli stampi, in modo industriale. Il particolare cioccolatino prese il nome di giandujotto solo dopo il carnevale del 1865, quando, per promuoverlo, incartato in lamine dorate o argentate, fu distribuito per le strade della città dalla maschera torinese Gianduja.
Della nocciola... non si butta via nulla Nella ricetta del giandujotto gli ingredienti possono variare, ma insostituibile è la presenza della nocciola piemontese, la Tonda Gentile delle Langhe. Sgusciate e torrefatte, intere, rotte in pezzi grossolani, trasformate in pasta olio o farina, sono utilizzate per preparare anche cioccolate, nocciolati, torroni, gelati... Le nocciole vengono usate anche per cosmetici, profumi, saponi e medicinali; i gusci come combustibile, mentre con il legno della pianta si produce una brace finissima, usata per le carbonelle da disegno e della polvere da sparo.
orto dei semplici
di M. Pia Fanciulli
Coltiviamoli così Richiede un po’ di spazio, per questo non è proprio l’ideale sul balcone. Ma ciò non vuol dire che non si possa tentare.
Cardo,
il signore del freddo Si fa ben notare negli orti autunnali – e pure in quelli dell’inverno – dove le sue lunghe foglie possono superare il metro d’altezza. Vero re della stagione appena iniziata, non chiede molte attenzioni, se non un abbraccio della terra per addolcirne la natura un po’ amarognola
È così tipicamente invernale, da avere conquistato un posto d’onore sulle ricche tavole del Natale. Al punto che in alcune regioni, soprattutto del Centro Italia, non sarebbe festa se mancasse la gustosa parmigiana di gobbi – così vengono anche chiamati i cardi – dal menu più atteso dell’anno. Uno straordinario ortaggio che si comincia a raccogliere a novembre e che arriva fin sul limitare della stagione fredda, nel mese di febbraio. E se buono è in tavola, bellissimo lo è nell’orto. Possente, alto e forte, il cardo – Cinara cardunculus – è pianta dalla forma simile a quella del sedano, pur appartenendo alla stessa famiglia 94
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dei carciofi. La parte commestibile è il gambo che risulterebbe piuttosto duro e dal sapore amarognolo, se non fosse imbianchito. In Europa era coltivato intensamente in epoca medievale, ma già Plinio, molti secoli prima, nella sua Naturalis historia (I secolo d.C.) lo annoverava fra gli ortaggi pregiati. Mangiarlo fa bene, perché depurativo e protettivi del fegato, oltreché antiossidante. Grazie alle proprietà toniche e decongestionanti sono un ottimo aiuto in caso di stress e depressione. Infine, grazie alle sue pochissime calorie, può essere arricchito di sapore utilizzando condimenti piuttosto ricchi.
La semina Il cardo si semina, in Luna crescente, direttamente a dimora ad aprile-maggio in file distanti un metro l’una dall’altra e con 80 cm di distanza tra le piante. Si collocano 3 o 4 semi per buca, poi dopo la nascita si diradano lasciando solo una pianta. Oppure si possono trapiantare a maggio-giugno le piantine ottenute da semina in semenzaio o in appositi contenitori. Richiede terreni molto fertili e soffici. Punti deboli Teme le gelate e le basse temperature. L’esposizione deve essere soleggiata. Buono a sapersi Nel mese di settembre inizia la fase di imbianchimento che consiste nell’incurvare i cardi e ricoprirli di terra, oppure nel rialzare due o tre foglie esterne legandole alla pianta e avvolgendo il tutto con paglia e vecchi sacchi di carta. Il buio, all’interno del fogliame così rastremato, favorirà l’imbianchimento della parte edule. Raccolta e conservazione La raccolta, in Luna crescente, avviene da settembre a febbraio. In frigorifero si conserva per una settimana avvolgendo la base con l’alluminio e chiudendolo in un sacchetto per alimenti forato. In luogo fresco e asciutto il modo migliore per conservarlo è tenerlo appeso, così resta croccante perché al riparo da luce e fonti di calore.
Tradizioni che si tramandano, sapori che restano.
di Antonio Romeo
Il buono a tavola
Docente istituto AlbeRghieRo iPsseoA Di soveRAto (cz)
Pan dei morti Ingredienti: 500 gr di amaretti 300 gr di zucchero in polvere 250 gr di farina 100 gr di uvetta 100 gr di fichi secchi 100 gr di mandorle sbucciate 4 albumi 1 bustina di lievito in polvere vino bianco secco qb zucchero a velo qb 1 cucchiaino di cannella in polvere ostie qb Procedimento:
Dolce Ognissanti a tutti Fave, pane e torrone dei morti, colva, pupi di zucchero, frutta martorana… a base di mandorle, cioccolato, canditi o semplicemente zucchero, vengono preparati ogni anno nei giorni dedicati alla commemorazione dei santi, ma soprattutto dei defunti. Per voi, tre ricette dal gusto lombardo per addolcire questa malinconica festività Fave dei morti
Pan de Mei
Ingredienti: 100 gr di farina 200 gr di mandorle sbucciate 20 gr di pinoli tritati 100 gr di zucchero 30 gr burro 1 uovo cannella e grappa qb
Ingredienti (per 6 persone): 200 gr di farina di mais a grana fine 150 gr di farina 00 100 gr di farina di mais a grana grossa 150 gr di burro la buccia grattugiata di un limone 3 uova 20 gr di lievito di birra sciolto nel latte tiepido 3 cucchiaini di fiori di sambuco zucchero vanigliato 120 gr di zucchero e un pizzico di sale
Procedimento: Ridurre in polvere le mandorle e i pinoli e mescolarli a tutti gli altri ingredienti aggiungendo 1 o 2 cucchiai di grappa. Lavorare l’impasto in modo che risulti omogeneo. Accendere il forno a 180° e foderare una teglia con un foglio di carta oleata. Stendere la pasta su una superficie leggermente infarinata, ricavare un rotolino e tagliare in pezzetti grandi come una grossa nocciola. Schiacciare col palmo della mano in modo da ottenere delle piccole fave spesse circa 1 cm. Far cuocere per circa 10-15 minuti finché saranno diventate di un bel colore biondo. 96
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Procedimento: Impastare le farine setacciate con un cucchiaino di fiori di sambuco, sale, lievito sciolto nel latte, uova, buccia di limone e zucchero. Mettere l’impasto ottenuto in una terrina e far lievitare fino a quando avrà raddoppiato il suo volume. Trascorso questo tempo, formare con la pasta tante pagnottine lievemente schiacciate, di circa 10 cm di diametro. Cospargerle con lo zucchero vanigliato e i fiori di sambuco avanzati e far cuocere a 190° per mezz’ora.
Ammorbidire l’uvetta per circa 15 minuti in acqua tiepida poi scolarla e asciugarla. Tritare le mandorle e pestare gli amaretti in modo da ridurli in polvere. Versarli in una ciotola e mescolarli a farina, zucchero, uvetta, fichi secchi sminuzzati, lievito e cannella. Aggiungere gli albumi, qualche cucchiaio di vino e impastare per una decina di minuti in modo da rendere il tutto omogeneo. Se l’impasto è troppo duro aggiungere ulteriore vino. Ricavare quindi dei panini ovali leggermente appiattiti e adagiarli su una placca rettangolare ricoperta con carta da forno mettendo sotto ognuno una o due ostie (dipende dalla grandezza). Infornare a 180° e farli cuocere fino a quando risulteranno ben secchi anche internamente. Spolverizzare con zucchero a velo.
magazine
InViaggio Viaggio In
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100 Evasioni d’autunno ItInerarI romantIcI e tappe golose. per rIvalutare la stagIone pIù grIgIa
104 La città dELL’armonia scoprIamo asolo. Il borgo veneto che ha conquIstato pure I gIapponesI
110 castELLi vaLdostani a spasso tra I fIabeschI manIerI della verde vallée: da gressoney a verrés
da pag. 122 Rubriche
• Città in 24 ore
114 tErrE LontanE: Giordania una cIttà scolpIta nella roccIa. e tantI segretI da svelare. benvenutI a petra
118 L’itaLia in mostra: Prato excursurs artIstIco nella cIttà toscana che ospIta I capolavorI rInascImentalI
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inviaggio / tendenze
Evasioni Lungo una strada di foglie gialle e rosse, inseguendo il profumo delle castagne arrostite e dell’uva appesa ad appassire, qualche consiglio per godere a pieno di questa stagione forse malinconica, spesso romantica, ma sempre perfetta per una golosa passeggiata tra sagre e natura di Isa Grassano 100
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Le ferie sono un lontano ricordo e avete già voglia di scappare dai ritmi stressanti del lavoro? L’autunno è il mese ideale per concedersi una piacevole evasione e lo confermano anche i dati. Questo periodo fa sempre più rima con natura, capitali e tradizioni nostrane, almeno stando a HostelBookers. È Roma a registrare un costante aumento di ricerche, +17% per il solo mese di settembre, rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. La città eterna offre, nelle prossime settimane,
mostre davvero interessanti. Alle Scuderie del Quirinale, La visione di una nuova era (fino al 9 febbraio 2014) che presenta le tappe della storia di Augusto, in parallelo alla nascita di una nuova epoca storica. Al Chiostro del Bramante, invece, si può ammirare Cleopatra. L’Incantesimo d’Egitto (fino al 2 febbraio 2014). Allo stesso tempo, si fanno strada mete più piccole ma altrettanto preziose e stimolanti come Aosta (+51%) per andare alla scoperta dei castelli e Asti (+28%) come punto di par-
Archivio Turismo Padova - A. Mazzetti
d’autunno tenza per esplorare e assaporare le Langhe. Per Hotels.com, sito specializzato nella prenotazione di hotel online, invece, è Vernazza, città ligure delle Cinque Terre, a guidare la classifica delle località più ricercate, ma la Puglia resta la regione con il maggior numero di mete in classifica. I trulli di Alberobello hanno guadagnato la settima posizione, con un aumento del 113% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Le altre località pugliesi in classifica sono Otranto (+97%), San Giovanni Rotondo (+89%), Castellana Grotte (+86%) e Porto Cesareo (+73%). All’estero si posiziona bene Amsterdam, per la quale gli appro-
fondimenti sono aumentati dell’88%. Sul fronte medio raggio, invece, tengono bene le crociere, stando ai numeri di Last Minute Tour. Il 15% del totale è rappresentato da quelle nel Mediterraneo, seguite dall’accoppiata Canarie & Capoverde.
Foliage emiliano Al di là delle cifre, ciascuno può scegliere la sua mini vacanza per staccare qualche giorno dal quotidiano. Diverse le proposte. Per chi è alla ricerca di esperienze da fare ed emozioni da vivere, l’ideale sono gli itinerari di Pink route nel piacentino. Tre le valli coinvolte – Val d’Arda, Val Nure e novembre 2013
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Archivio foto Provincia Forlì-Cesena
inviaggio / tendenze
In questa immagine, la foresta della Lama a Bagno di Romagna
“Pràtonta, pràtonta”, nella Grecìa Salentina Scoprire un territorio “facendone parte”, immergendosi appieno nel cuore e nello spirito dei luoghi e delle genti. Non più solo visitatore ma protagonista o meglio rootista. È questo l’obiettivo di Agrifeudi, società di promozione turistica, che ha da poco lanciato un nuovo format d’offerta turistica in Puglia, partendo dalla Grecìa Salentina (il progetto coinvolgerà anche altre regioni), dove l’esperienza del viaggio può essere vissuta scoprendo le radici più autentiche
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di questa terra. Tutto nasce attorno a una cornice narrativa in cui vengono inserite le eccellenze locali. Filo conduttore è la musica salentina, la pizzica e il racconto. Pràtonta, pràtonta, camminando, camminando, i turisti/rootisti, diventano parte principale di una commedia, dove la storia, i misteri e le leggende si incrociano con le tradizioni locali. Uno spettacolo nello spettacolo, fra chiese e frantoi ipogei, degustazioni e feste patronali. di Lucrezia Argentiero
Val Tidone – e 27 le aziende che ruotano attorno a quattro tematiche, tra arti, colori, mestieri e sapori. Numerosi i pacchetti che ciascuno può costruire su misura, secondo le proprie inclinazioni e il budget. Così gli amanti delle passeggiate tra i boschi, possono prenotare un pacchetto che includa una visita all’azienda agricola biologica L’Oca Irriverente, con percorsi emozionali nel bosco delle orchidee, alla fattoria Borella nelle campagne verdiane, o ancora all’azienda Ca’Milla, proprio sulle rive del Po. Se la vostra passione è il nettare di Bacco, ci sono diverse scelte. Dall’azienda Magistrali a Ziano piacentino, dove degustare il rosso Gutturnio e il bianco Ortrugo, all’azienda La Tollara, a Cortina di Alseno, voluta dalle sorelle Federica e Mariolina Bolzoni. Ovviamente ogni attività s’interseca con le altre, si sposa con la buona tavola e il piacere di girare per borghi, abbazie, castelli. Sempre in Emilia Romagna, va in scena la seconda edizione di Autunno Slow nel Parco delle Foreste Casentinesi (che copre anche parte della Toscana). Fino al 17 novembre, escursioni, laboratori didattici, visite guidate, mostre, workshop di fotografia, degustazioni di presidi Slow Food e di ricette antiche a base di prodotti tipici della stagione, come funghi, castagne, zucca, miele, formaggio raviggiolo. Tutto da scoprire “in punta di piedi”. È questa infatti una delle zone tra le più belle per il foliage: la foresta esplode in un caleidoscopio di colori, dall’oro dei faggi nelle quote più alte a tutte le sfumature del giallo, dal rosso al marrone nelle quote intermedie.
Tutti in carrozza! Spostandosi in Toscana, sono le terre di Siena che invitano alla scoperta a bordo di un treno d’epoca e ritmi slow: il Treno Natura. Ogni tappa, infatti, è abbinata a
Mentre la città eterna si conferma capitale anche delle gite fuori porta autunnali, crescono le mete meno note, siano borghi antichi, come Vernazza, boschi dal raffinato foliage come quelli romagnoli o mete religiose
Scelti per voi dove dormire
La chiesa di Santa Giustina a Padova, tappa della Via delle Chiese
sagre, feste, mostre, mercatini e iniziative create ad hoc per unire la visita del territorio alla scoperta delle eccellenze enogastronomiche e dello straordinario patrimonio artistico e culturale. Così il locomotore a vapore fa tappa a San Giovanni D’Asso, in occasione della mostra mercato del Tartufo Bianco (nelle domeniche 10 e 17 novembre). Nel mese di dicembre il Treno Natura continuerà a viaggiare alla scoperta dei Mercatini di Natale dell’Amiata (1° dicembre) e delle degustazioni di Olio Novo a San Quirico d’Orcia (8 dicembre).
Amore sacro e amor profano Non solo natura. Secondo un’indagine Isnat in epoca di crisi economica globale, aumentano i viaggi verso le mete religiose più note, generando 5,6 milioni di presenze annue. Padova con la Basilica del Santo è una delle città
più frequentate. Per far scoprire anche i dintorni è stata ideata (grazie al finanziamento del progetto europeo Thetris) La Via delle Chiese che tocca le Abbazie di Praglia a Teolo, Santa Giustina a Padova (che ospita opere d’arte di pregio tra cui la pala di Paolo Veronese raffigurante il martirio di Santa Giustina) e la Corte Benedettina di Correzzola. Tiene bene anche l’enogastronomia, tra sagre e manifestazioni a tema. Tra le più curiose, c’è Appassimenti aperti, nel borgo della Vernaccia. L’appuntamento è a Serrapetrona, cittadina incastonata sui Monti Azzurri, nel cuore del Maceratese, nelle domeniche del 10 e del 17 novembre. E come ogni anno si ripete la magia di un evento unico: stanze di appassimento colme di grappoli, storie che raccontano dell'antica arte della vinificazione da tramandare, mentre gli aromi intensi di vini pregiati si diffondono nell’aria.
Hotel Capo d’Africa All’ombra del Colosseo, ideale per passeggiate all’insegna della cultura e della bellezze. È possibile acquistare il proprio biglietto alle mostre in fase di prenotazione della camera. Doppia da 210 euro Via Capo d’Africa 54 – Roma Tel. 06.772801 www.hotelcapodafrica.com La Maison di Eleonora Appartamento vacanza nel quartiere Ostiense, arredato elegantemente. Prezzi: da 150 euro Via G. Benzoni 5 – Roma Tel. 335.6670764 Agriturismo La finestra sul Po In Val d’Arda, di recente apertura. Dieci camere e la possibilità di degustare la cucina tipica piacentina. Via Argine, San Giorgio 12 Monticelli d’Ongina (Pc) Tel. 0523.827033 Masseria Sant’Angelo Nel cuore della Grecìa Salentina, masseria ricavata all’interno di quelle che una volta erano le stalle, con un attento recupero soprattutto della pietra locale. Casetta con cucina da 65 euro Corigliano d’Otranto (Le) Tel. 0836.320575 www.masseriasantangelo.it
Per saperne di più: www.pinkroute.it www.parcoforestecasentinesi.it www.trenonatura.terresiena.it www.appassimentiaperti.it ww.agrifeudi.it novembre 2013
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Asolo, città dell’armonia testo e foto di Germana Cabrelle
Del “borgo dai cento orizzonti”, assiso sui primi rilievi trevigiani, si sono innamorati artisti e intellettuali. Nobili e notabili. Ultimi, in ordine di tempo, i ricercatori dell’Università di Tokio che hanno assurto la cittadina a modello di perfezione In viaggio lungo la statale che collega Bassano del Grappa a Montebelluna, l’occhio viene catturato da una fortificazione che si erge, bianchissima, sopra un insieme di colline che rivelano una sequenza di tetti scoscesi e cipressi svettanti. È Asolo, che il Carducci definì il “borgo dai cento orizzonti” per la sua magnifica posizione panoramica e che, per il suo esem-
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plare equilibrio tra architettura e natura, è stata recentemente riconosciuta da un gruppo di ricercatori dell’Università di Tokio come una sorta di ideale “città dell’armonia”. Qui visse ed è sepolta Eleonora Duse, il poeta britannico Robert Browing vi trascorse gran parte dell’esistenza e la “Mosca”, compagna di Eugenio Montale, lo elesse a luogo di contemplazione, come scri-
ve il poeta ligure in Lettera da Asolo contenuta nella raccolta Satura. Tanti gli intellettuali di fama internazionale che hanno scelto Asolo come meta di un soggiorno o come dimora. Al Caffè Centrale tutti i loro nomi sono ricordati e stampati nel retro delle caratteristiche sedie rosse: da Ada Negri a Gabriele D’Annunzio fino alla viaggiatrice inglese Freya Stark. E ancora,
«da Yoko Ono a Michelangelo Antonioni, da Gianni Agnelli a Marcello Mastroianni, da Orson Welles a Catherine Deneuve – racconta Lele Botter, uno dei gestori dello storico locale, attivo dal 1796 – le celebrità che hanno circolato qui non si contano. Del resto, è un posto bellissimo, che accende la creatività». Oltre a essere annoverata fra i Borghi più Belli d’Italia, Asolo rientra nel circolo delle città Slow ed è stata premia-
ta con la bandiera arancione del Touring. È conosciuta in tutto il mondo per i suoi eventi musicali e culturali, tant’è che il flusso turistico è in continua e costante crescita: inglesi e russi in primis, seguiti da tedeschi, americani, francesi e olandesi. Tuttavia, il fascino maggiore di Asolo è dato proprio da questa energia particolare, da questo magnetismo indescrivibile che si avverte mano a mano che si sale a scoprirla.
In apertura, una bella veduta sui tetti di Asolo. Nella pagina successiva, la casa di Eleonora Duse
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inviaggio
Assaggi di arte e gusto
Questione d’equilibrio Ma cosa determina la bellezza di un posto a prescindere dal suo patrimonio artistico e culturale? Che caratteristiche deve possedere un borgo, una città, per essere universalmente ritenuta tanto attraente da calamitare persone da ogni parte del globo? A determinare questo quid ci ha provato, a settembre, un gruppo di ricercatori giapponesi della facoltà di Ingegneria e Architettura dell’Università di Tokyo, guidata
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dal professor Takeshi Ito, esperto e studioso di storia delle città. L’équipe ha condotto uno studio approfondito finalizzato al confronto tra la realtà urbana giapponese e quella europea. E ha concluso che Asolo è un perfetto equilibrio fra geomorfologia naturale e insediamento artificiale, esatte proporzioni fra linee orizzontali ed elementi verticali del paesaggio, giusto rapporto fra città e natura. In una parola: l’armonia.
Appena si sale con l’auto l’incanto si rivela e si incomincia a percepire la bellezza di Asolo, con le sue stradine in pavè di porfido, i portici sinuosi, le vetrine ammiccanti di negozi d’antiquariato ed enoteche. Una targa all’ingresso spiega che Asolo fu città murata: la cortina fortificata che la racchiudeva misurava 1350 metri ed era dotata di 24 torri. Ma il simbolo per eccellenza di Asolo è la Rocca, che dai 316 metri del Monte Riccio sovrasta il paese con la sua caratteristica forma di poligono irregolare.Tutt’intorno ulivi, palme, cipressi, scorci medioevali e ville palladiane. Un saliscendi in mezzo alla vegetazione più spontanea, a scenari che solo il paesaggio collinare può offrire. Lungo via Browing, la strada centrale degli asolani, si incontrano diversi negozi di prodotti della tradizione, osterie, enoteche, caffè e trattorie dalle sedie impagliate dove gustare i tipici cicchetti e le ottime produzioni locali: olio, miele, biscotti di Asolo, il caratteristico dolce pinsa con pane raffermo, farina di mais e fichi secchi, altri dolci, prodotti della malga, vini Doc e Docg della zona. Sulle colline di Asolo, infatti, maturano le uve dell’Asolo Prosecco Superiore Docg. L’azienda agricola Pat del Colmèl ha dedicato il millesimato dry alla Duse. Un vino dal fine perlage il cui colore è giallo paglierino, con riflessi verdi. La nuova Docg Asolo Prosecco ha visto la luce dalla volontà dei produttori del Montello e dei Colli Asolani: un traguardo importante che premia l’impegno dei produttori locale e una grandissima opportunità per questo splendido territorio da sempre vocato al Prosecco. Altro prodotto tipico della Pedemontana veneta è lo stracchino del caseificio Castellan, che da più di quarant’anni è un laboratorio a conduzione familiare che mantiene viva la grande tradizione casearia veneta.
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Hotel Borromini Via Lisbona, 7 - 00198 Roma Tel. +39 06 852561 Fax +39 06 8417550 info@hotelborromini.it www.hotelborromini.it
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compagne di strada
Clio Sporter, confortevolmente sportiva Design accattivante, guidabilità perfetta, spazio a bordo illimitato, zero rumori o quasi nell’abitacolo. Se Asolo è la città dell’armonia, allora l’auto che abbiamo scelto per visitarla è un accostamento più che mai azzeccato. Parliamo della nuova Clio Sporter di Renault: un vero concentrato di armonia, grazie alle rinnovate caratteristiche di linea e di motore che hanno trasformato la più classica tra le utilitarie della casa francese in una confortevole station-wagon. Cinque porte, cinque posti comodi, un bagagliaio sorprendente ma sotto il cofano un tre cilindri turbobenzina TCe da 90 cavalli che grazie al sistema Start&Stop, specie nei circuiti urbani, non va a incidere pesantemente sul dispendio di carburante. La Clio Sporter station-wagon è l’auto ideale per affascinare i giovani: poche concessioni al lusso, prezzo contenuto, consumi accettabili, linee sportive riuscite e non banali, ottima agilità nei tratti guidati e allestimenti interni (Energy) di grande impatto: a bordo la differenza la fanno le colorazioni fresche e simpatiche che mettono allegria e i comandi funzionali e innovativi al del sistema multimediale R-Link. Dall'alto, la veduta sui colli trevigiani da Asolo; uno scorcio del centro storico e, sotto, Villa Cipriani
Tra ricordi e tradizione Qui hanno soggiornato Marcello Mastroianni, Vittorio de Sica, Orson Welles, Peter O’Toole, Catherine Deneuve e Kim Basinger; esponenti della nobiltà internazionale come Giuliana d’Olanda, il principe Filippo di Edimburgo, la Regina Madre d’Inghilterra; capitani d’industria e mecenati come Aristotele Onassis e Gianni Agnelli. Siamo a Villa Cipriani, storico hotel nonché magnifica villa palladiana. Da due anni ne è proprietario Massimo Zanetti, noto industriale del caffè, che ci ha confidato: «Rilevare Villa Cipriani è stato per me quasi come ritrovare ricordi e affetti familiari, perché qui ho vissuto i momenti più emozionanti della mia vita. Ho in animo di farlo ritornare all’originario splendore, introducendo quelle migliorie – come ad esempio la recentissima piscina – che vanno incontro a una clientela abituata a standard di relax e di immagine elevati». Nel ristorante interno, guidato dallo chef piemontese Mauro Poggio, si gusta la migliore tradizione gastronomica della regione. Per saperne di più: www.villaciprianiasolo.com 108
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Prezzo versione 1.0 TCe 90 CV S&S Energy (benzina): 16.700 euro
Scelti per voi dove mangiare Locanda Baggio Lo chef Nino (attento anche a celiaci e vegani) prepara piatti deliziosi. Menu degustazione: 40 euro Via Bassane, 1 – Asolo Tel. 0423.529648 www.locandabaggio.it
dove dormire Ca’ Cinel B&B Location silenziosa e atmosfera familiare. A partire da 45 euro Via Mestre, 9 – Asolo Tel. 334.8172160 www.cacinel.it
Ristorante Tappo Bar Locale giovane, meritano un assaggio gli spaghetti di Gragnano con pesto alle erbe. Prezzo medio: 25 euro Piazza Brugnoli – Asolo Tel. 0423.952201 – www.tappobar.it
Casa Asolana Casale ottocentesco nel verde. Tre le camere a disposizione degli ospiti. Doppia da 85 euro Via Sottocastello, 18 – Asolo Tel. 0423.55754 www.casasolana.it
Bistrot Prodotti della zona in un locale elegante ma informale. Prezzo medio: 30 euro Via Pietro Bembo, 85 – Asolo Tel. 0423.529592 www.ristorantebistrotasolo.com
Hotel Duse Davanti al Duomo, sotto le arcate gotiche, lo si nota dai davanzali fioriti. Doppia da 120 euro Via Browing, 190 – Asolo Tel. 0423-55241 www.hotelduse.com
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Valleè,
castelli e sapori di Flavio Amadei
Non esistono tante regioni che possono vantare un così alto numero di manieri, caseforti e torri dislocati su una superficie tanto piccola quanto quella valdostana. Scopriamo i più belli, con un romantico tour fatto di storia, arte e golosità
Gressoney Saint-Jean Verrès Valle d'Aosta
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Si scorgono da lontano come sentinelle a guardia del territorio, alcuni nel pieno del loro splendore architettonico, altri allo stato di semplici rovine, ma sempre in posizioni strategiche. Disseminati per le valli, si stagliano contro il cielo terso che sovrasta la più piccola regione italiana, la Valle d’Aosta, raccontando la storia millenaria che è passata in mezzo a queste montagne. Se nei mesi autunnali, avete voglia di perdervi tra le miste-
riose e un po’ fiabesche atmosfere dei manieri dellaValle d’Aosta,Castel Savoia a Gressoney può essere un buon punto di partenza.Voluto dalla regina Margherita per trascorrervi le vacanze estive al cospetto del Monte Rosa, il curioso edificio con le sue cinque torrette grigie tutte diverse fra loro venne realizzato tra il 1899 e il 1904. Domina l’alta Valle di Gressoney,piccola porzione di territorio abitata dalla comunità Walser, popolazione che, nel corso
Foto Enrico Romanzi
Una fuga d’amore
del ’500, giunse dalla vicina Svizzera tedesca in cerca di terra da coltivare, portandosi dietro i propri usi, costumi e la propria lingua. Non c’è da stupirsi dunque di vedere da queste parti le insegne tedesche accanto alle italiane, anziché quelle in francese come nel resto della regione. Chi ha la fortuna di visitare il castello, che emerge da una folta abetaia, non potrà perdersi una sosta golosa nel piccolo borgo di Gressoney-Saint-Jean dove, nelle botteghe artigiane, si trovano deliziosi torcetti al burro e strudel di mele e fra i formaggi la toma di Gressoney. Inoltre potrà portarsi in città le coloratissime e calde pantofole in lana,i sock,che sono ancora confezionate a mano dalle donne del paese riunite in cooperativa.
Tra folclore e regali banchetti Il più imponente e massiccio castello valdostano, oltre al Forte di Bard, è quello di Verrès, di forma cubica e dall’aspetto inespugnabile, costruito intorno al 1390 su un’altura che domina sia la vallata centrale, sia l’imbocco della Val d’Ayas. Curiosamente, questo aspetto così duro viene a mitigarsi durante il Carnevale quando il maniero, come per magia, si risveglia e accoglie i personaggi della famiglia Challant, feudatari dei Savoia, in costume storico. Si festeggia con cortei, musiche danze e cene a base di lardo di Arnad servito con pane nero e miele; fagottini di tacchino con mousse al bleu d’Aoste (formaggio simile al gorgonzola) e noci; sfoglia-
Celebre anche il Castello di Issogne, le cui vicende occupano circa nove secoli di storia, dal XII secolo. In questo castello abitava Renato di Challant, che sposò la portoghese principessa Mencia di Braganza. La camera di Renato conserva un dipinto che lo ritrae con la moglie Mencia e le figlie Filiberta e Isabella, elegantissime nei loro abiti cinquecenteschi e protagoniste, loro malgrado, di una saga rosa che oggi farebbe la gioia dei giornali scandalistici. Promessa sposa a Giovanni Federico Madruzzo dei principi-vescovi di Trento, Filiberta preferì fuggire, dopo aver rubato i gioielli di famiglia, col palafreniere di casa Challant, tale Michel Grepal e riparare con lui a Venezia. Fu Isabella, infine, a impalmare il Madruzzo e ad abitare stabilmente il castello. novembre 2013
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Foto Assessorato alla Cultura della Val d'Aosta
Scelti per voi
In apertura, nella pagina precedente, Castel Savoia a Gressoney. Qui, dall'alto, gli interni del Castello di Verrès e di quello di Issogne. Sotto, il Castello di Fénis
dove mangiare Ymeletrob Dai migliori aperitivi di Cervinia alla carne cucinata in sala, il tutto in un ambiente caratteristico di fronte a un bel camino del ’300. Piazza Guide Maquignaz, 4 Breuil-Cervinia (Ao) Tel. 339.1390055 La Chaumiere Paradiso per carnivori. Caratteristiche pierrade e brasserade. Prezzo medio: 35 euro Loc. Signayes Clou, 111 (Ao) Tel. 0165.40940 ristorantelachaumiere.it
Foto Assessorato alla Cultura della Val d'Aosta
tine con cavolo verza, patate e cotechino. Anche quella del Castello di Fénis è una storia che comincia da lontano, nel XIII secolo, quando il visconte di Aosta Gotofredo II di Challant lo ebbe in feudo. Arricchito da cicli pittorici attribuiti alla scuola di Giacomo Jacquerio, il castello presenta a ridosso dello scalone, nel cortile interno, il celebre affresco di San Giorgio e la principessa, che nel 1884 fu preso a modello per il cortile della Rocca nel Borgo Medievale di Torino. Quello di Fénis è il castello più visitato della Valle d’Aosta, forse perché con la doppia cinta muraria e le torrette merlate rappresenta un suggestivo punto di riferimento per il visitatore. Per addolcire la sosta a Fénis si consiglia una degustazione di baci di Nus accompagnati da un bicchierino di Muscat de Chambave, vino da meditazione ricordato già nei documenti medievali. Il Castello reale di Sarre, infine, è situato su un’altura all’ingresso dell’alta Valle d’Aosta. Il nucleo primitivo risale al XII secolo; nel 1869 venne acquistato da Vittorio Emanuele II di Savoia, “il re cacciatore”, che ne fece il punto di partenza per le battute di caccia nelle valli di Cogne, Rhêmes e Valsavarenche. Gli ambienti sono piuttosto semplici e buona parte delle sale del primo piano è decorata con una moltitudine di trofei di caccia. È stata la residenza estiva prediletta degli ultimi sovrani d’Italia, Maria-José e Umberto, e i loro figli spesso giocavano con i bambini dei villaggi limitrofi al castello. Per concludere degnamente questo viaggio tra manieri da favola, amori disperati e nobiltà tormentate, niente di meglio che tornare coi piedi per terra e acquistare un assaggio di salsicce e sanguinacci tipici della zona e preparati ad arte in una nota macelleria del vicino borgo di Villeneuve. Un goloso souvenir, per portare un po’ di Vallée a casa e nel piatto!
dove dormire Hotel De La Ville Nel cuore di Saint Vincent, a pochi passi dal Casinò e dalla funicolare che porta alle Terme, si distingue per l’eleganza degli interni e la cura nei dettagli. Doppia da 106 euro Via Aichino, 6/8 Saint-Vincent (Ao) Tel. 0166.511502 www.hoteldelavillevda.it Hotel Chalet du Lys Tradizionale struttura che si affaccia sul piazzale che rappresenta il punto di arrivo delle più belle piste del comprensorio del Monte Rosa. Il ristorante La Grange offre piatti ricercati legati alla tradizione locale. Camere da 80 euro a notte Loc. Staffal, 14 Gressoney La Trinitè (Ao) Tel. 0125.366806 www.chaletdulys.it
terrelontane
Petra,
una fuga romantica Giordania Petra
A pochissime ore di volo dall’Italia, la Giordania svela il suo segreto accogliendoci nella monumentale città scolpita nella roccia da visitare di giorno, magari in sella a un cammello. O nella notte silenziosa, al lume di mille candele, abbracciati dalle rocce, protetti da un cielo trapunto di stelle come non l’avete mai visto Testi e foto di Carlos Solito 114
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Dici autunno e pensi subito al buen retiro. Alla fuga tra boschi dai colori caldi, in un convento solitario, tra borghi in pietra dai profili medievali, in una cantina a sorseggiare vino novello, tra i castagneti a passeggiare per sentieri. Dici autunno e per quanto l’estate sia appena andata via, viene voglia di una nuova fuga, anche breve, ma sicuramente romantica. Meta ideale è la Giordania. La terra dell’antico
fiume Giordano, al confine con Israele, che solo nominarlo vale un viaggio biblico, intimo, di fede, tra i luoghi del Vecchio e Nuovo Testamento: qui fu battezzato Gesù. Nonostante sia piena di altipiani aridi e deserti qui c’è la magia dei venti che sferzano, sussurrando storie antiche dal sapore magico fatte di notti stellate e silenzi pieni come materia che si accampano tra le pieghe della roccia e, tra la roccia, segnano sentieri invisibili per luoghi unici. Uno fra tutti è il dono di chi per millenni ha popolato questa terra, gli antichissimi Nabatei, gli artefici di un miracolo il cui nome evoca eternità: Petra.
La notte nella città rosa Dichiarata dall’Unesco Patrimonio Mondiale dell’Umanità il 6 dicembre 1985, due ore e mezza a sud di Amman, esattamente nel mezzo tra il Mar Morto e la costa di Aqaba, da qualche tempo la cosiddetta Città Rosa si visita anche di notte tra migliaia di candeline che, come briciole di fuoco, indicano il sentiero. Solo tre volte a settimana (lunedì, mercoledì e giovedì) l’escursione notturna parte dall’ingresso del Wadi Musa e dopo un percorso largo, che costeggia le case dello Spirito, i profili dei jebel si avvicinano, s’impastano e fanno una sola montagna con un taglio netto in basso: è il Siq, la porta segreta. Come un serpente infuocato striscia nel ventre roccioso e prende a girare e curvare tra silenzi assurdi passando attraverso strette pareti che, verso l’alto, sfuggono svelando spicchi di cielo stellato. Nel firmamento brilla più di tutte l’Orsa Maggiore, il faro della notte: le guide all’ingresso vi diranno «Alza la testa e se trovi Aldob Alakbar – il Gran Carro – vuol dire che stai andando bene». Striscia il Siq, striscia e in fondo a tutto il serpente spalanca le fauci in una voragine di arenaria ferrosa e il suo è un morso che paralizza, neanche un respiro neanche un movimento, solo il cuore fa rumore e va a mille. Il serpente qui inietta il più dolce dei veleni, lo stupore.
La leggenda di sabbia e roccia Una delle sette meraviglie del mondo dal 2007, la storia di Petra è una favola tanto quanto la sua bellezza. Fu fondata dagli Edomiti tra la fine dell'VIII e l’inizio del VII secolo a.C. e dal VI secolo divenne la fiorente capitale dei Nabatei che la scolpirono nell’arenaria creando un capolavoro architettonico unico in tutta l’antichità. La sua gloria durò fino all’VIII secolo, poi con la decadenza dei commerci fu abbandonata e cadde nell’oblio fino all’epoca moderna quando il suo nome era associato a una leggenda beduina. Solo nel 1812, durante un viaggio sulla tratta Damasco-Egitto, il caparbio esploratore svizzero Johann Ludwgig Burckhardt, che in abiti arabi si spacciò come pellegrino fedele al profeta Aronne, portò nuovamente alla luce l’antica città nella roccia facendo esplodere una vera e propria febbre archeologica.
In apertura, una suggestiva immagine del Tesoro by night con la facciata di Al-Khazneh illuminata dalla romantica luce di mille candele. In questa pagina, in alto, uno scorcio del Siq, il sinuoso canyon che fa da ingresso all'antica città di Petra. Qui sopra, il Teatro Romano
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Scelti per voi dove mangiare
È possibile programmare tour a piedi, a cavallo o a dorso di camello per visitare l'intero sito di Petra
Al-Khazneh, la tomba del Tesoro, è alla fine della gola lunga un chilometro. Ci si ferma di fronte a una parete altissima nella quale è scolpita una facciata perfetta dall’eleganza ellenistica. La luce fioca e tremula delle mille candeline disposte a terra svela la tomba del re nabateo Aretas III.Tutto sembra un miraggio. L’atmosfera mette addosso qualcosa di bello, forte, grande. Davanti al quale sedersi, tenersi per mano, e ascoltare il magico racconto della guida su come questo tesoro sia stato creato e custodito.
La mecca dello stupore Petra, però, non è solo il Tesoro by night. L’intero sito va visto anche di giorno, programmando una visita – a piedi, a cavallo o a dorso di camello – oltre il Tesoro, nella cornice di un altro canyon, dove si percorre la Strada delle Facciate bacata da tombe assire. Alla fine si fa tappa al Teatro Romano, così chiamato per l’ampliamento di Roma con la presa della città nel 106 do116
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po la morte del re nabateo Rabbel II. Qui il percorso si sdoppia. I più impavidi possono seguire per l’Altura del Sacrificio, al Madbah, sulla cima di una ripida scalinata intagliata nella roccia dalla quale si ammira un panorama unico su tutto il sito. Continuando, invece, si arriva alle ciclopiche Tombe Reali da non perdere al tramonto per le nuance rosse che infiammano sulle facciate delle tombe dell’Urna, Corinzia, di Seta, del Palazzo e di Sesto Fiorentino. Sul versante opposto la strada colonnata e la porta di Traiano precedono la visita al Tempio Grande e a quello dei Leoni Alati. Nei pressi anche la chiesa bizantina con pavimenti di arte musiva. Guardandovi attorno noterete ovunque tracce del passato nabateo, obelischi, mausolei, tante altre tombe: quelle giunte a noi, risparmiate dai terremoti, sono ben cinquecento. A fine tour romantico, mano nella mano col vostro partner, vi direte: “Petra è la mecca dello stupore. Petra è magica!”.
Yahya Hassanat In posizione panoramica sulle montagne di arenaria che custodiscono Petra, questo ristorante propone la tipica cucina araba. Da non perdere il mouloqhiya, un primo a base di riso con carne di agnello e pollo con foglie di malva cotte, aglio e coriandolo.
dove dormire Mövenpick Resort Nel villaggio di Wadi Mousa, alle porte del sito archeologico, l’hotel racchiude l’eleganza e la raffinatezza dell’architettura e dell’ospitalità araba. Tel. +962.3.2157111 moevenpick-hotels.com/petra
da comprare Oltre ai bazar del villaggio del Wadi Mousa che vendono ogni tipo di souvenir (soprattutto le bottigliette che contengono la sabbia del deserto e oggetti in argento) chiunque visiti Petra non può non portarsi a casa una t-shirt del brand Jo Bedu che propone stampe e simboli della Giordania rivisitati in chiave artistica da designer e stilisti arabi. www.jo-bedu.com
UN SOGGIORNO NEL LUSSO Grand Hotel Imperiale via Mazzini 20, 55042 - Forte Dei Marmi (LU) Tel. +39 0584 78271
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l’italiainmostra
Officina Pratese La capitale italiana del tessile va alla riscoperta del suo straordinario patrimonio artistico con una mostra dedicata ai grandi maestri del Rinascimento e alla loro opera in bilico tra sacro e profano
di Silvana Delfuoco
Prato
Toscana 118
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Delle tre chiavi che, nel Duomo di Prato, aprono la preziosa teca in cristallo di rocca dove dal 1638 si conserva la Cintola della Madonna, quella che secondo la tradizione Lei stessa donò a San Tommaso al momento dell’Assunzione in cielo, una sola è in custodia del Vescovo. Le altre due sono proprietà del Comune, a sottolineare l’importanza anche civile del-
la reliquia, simbolo della città. Narra infatti la leggenda che il prezioso oggetto, una sottile striscia tessuta in lana di capra con ricami d’oro, arrivò qui dalla Terrasanta intorno al 1140 portata da Michele, un modesto pellicciaio che l’aveva avuta curiosamente in dono dal suocero come dote della moglie e che alla sua morte la donò a sua volta al prevosto della chiesa di San-
Mai senza pane
zio della notte tentò il furto sacrilego. Subito scoperto, non solo fu bruciato sul rogo, ma per ulteriore punizione gli venne prima mozzata la mano dalla folla in tumulto. Perché qui non si trattava soltanto di vendicare l’oltraggio. I Pratesi infatti, già da allora abili mercanti di stoffe abituati a fare affari in tutta Europa, per nulla al mondo avrebbero rinunciato agli introiti portati in città dal continuo afflusso di pellegrini! Amor sacro e interesse profano: due anime che sono da secoli il motore di questa città.
Crisi e rinascita
In apertura, la cattedrale di Santo Stefano in piazza del Duomo. La struttura risale al XII secolo e ospita la Sacra Cintola, reliquia giunta fin qui dalla Terra Santa
to Stefano, il futuro Duomo. E da allora l’attaccamento della gente di Prato alla Sacra Cintola, dalle proprietà miracolose, divenne sempre più intenso. Ne fece le spese nel 1312 il povero, e un tantino sprovveduto, Musciattino, che arrivato quatto quatto dalla vicina Pistoia, che di Prato era, inutile dirlo, eterna rivale, credendosi protetto dall’oscurità e dal silen-
È una delle Chinatown più fiorenti d’Europa, seconda soltanto a Londra e a Parigi, quella alla periferia di Prato, fuori Porta Pistoiese. Ultima evoluzione di quel costante incremento dell’industrializzazione, soprattutto nel settore tessile, che fin dall’Ottocento ne aveva fatto la “Manchester della Toscana”. Un fervore di attività sempre crescente, di cui però ha fatto le spese l’altra anima della città, quella che l’aveva resa, sotto la Signoria dei Medici, un importante crocevia di innovazione artistica, dove lavoravano abitualmente maestri del calibro di Donatello, Paolo Uccello, Filippo Lippi, tanto da far dire a uno dei massimi esperti di pittura italiana, il critico Keith Christiansen, “senza Prato non si può comprendere il Rinascimento”. Peccato che per farlo ricordare a tutti noi – e in primis ai Pratesi – ci sia voluto lo spettro della crisi economica! Ma anche questa volta una
Si comincia dalla bozza, pane che non “sa di sale” nonché orgoglio locale, e si finisce coi biscotti di Prato, anche loro unici tra i cantucci toscani per la presenza delle mandorle e l’assenza di anice. In mezzo ci stanno tutti i piatti della tradizione di una cucina semplice, dove è regola inderogabile evitare lo spreco. Ecco perché tra gli antipasti – ma è anche un’ottima merenda – regna la fettunta, che partendo da olio, aglio e pepe, si apre a tutte le variabili. O la ritrovata mortadella di Prato, che si gusta anche tiepida tagliata a tocchetti. E tra i primi, ecco la meraviglia della pappa col pomodoro, che come la cucinano qui – si dice – fa anche diventare belli. Poi ci sono le pappardelle, fatte col sugo di lepre quando è stagione di caccia, se no di cinghiale selvatico, o di casalinga anatra. Si continua con l’arista arrosto, il piatto dei giorni di festa, accompagnata da rape o cavolo nero fatti saltare a parte nel suo sugo. Quando è festa grande si portano in tavole le pesche di Prato, una sorta di babà bagnati nell’Alkermes e farciti di crema. Il tutto, s’intende, innaffiato dai vini di Carmignano, che già rallegravano le tavole dei Medici. novembre 2013
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Scelti per voi
l’italiainmostra
dove mangiare Ristorante Baghino All’interno di un palazzo del '400, un riconosciuto punto fermo della cucina tradizionale. Prezzo medio senza vino: 40 euro Via dell’Accademia, 9 Tel. 0574.27920 Trattoria Soldano Due locali a gestione familiare, con un’ampia scelta di piatti del territorio. Prezzo medio senza vino: 15 euro Via Pomeria, 23 Via della Sirena, 12 Tel. 0574.34665 – 0574.830913 www.trattoriasoldano.it Ristorante Lo Scoglio Cucina giovane, rivolta ai sapori del mare, all’interno di un antico convento. Prezzo medio senza vino: 35 euro Via Verdi, 42 Tel. 0574.22760 www.ristoranteloscoglioprato.it
dove dormire Da Donatello a Filippo Lippi “Se questa mostra si fosse fatta novant’anni fa, una sezione dedicata a Paolo Uccello sarebbe stata del tutto diversa o forse non sarebbe affatto esistita”. Così scrive Matteo Mazzalupi in apertura al suo saggio in catalogo. E in effetti è un momento di autentica emozione la rivelazione del passato giovanile, finora di difficile ricostruzione, del più irrequieto e fascinoso pittore di quegli anni. È una favola cortese trasformata in racconto surreale il suo San Giorgio e il drago, e una autentica sinfonia di blu, rosa e oro la tavoletta dell’Annunciazione. Ma certo
In alto, la Madonna della Cintola di Filippo Lippi. Il volto della Vergine è quello di Lucrezia Buti, grande amore dell'artista
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l’Officina pratese non sarebbe stata tale, o forse non ci sarebbe stata affatto, senza “il più singolare maestro del tempo suo” come lo definì il Vasari: Filippo Lippi. La Santa Margherita che compare nella sua Madonna della Cintola ha il volto dolcissimo di Lucrezia Buti, il grande amore “profano” della sua vita. Una storia nella storia, fra le tante che questa città nasconde e invita a riscoprire. fino al 13 gennaio Museo di Palazzo Pretorio www.officinapratese.com
luce di speranza per la città è venuta dalla sua Madonna della Cintola. È Lei infatti, ritratta da Filippo Lippi, l’immagine simbolo della mostra con cui Prato si apre alle sfide di un nuovo futuro nelle sale dello storico Palazzo Pretorio, fresco di restauro. Una mostra che vuol essere anche un atto d’amore verso i Pratesi e verso il mondo. E che sia sacro o profano, anche stavolta poco importa!
Hotel San Marco Accogliente tre stelle a due passi dal centro storico. Doppia da 85 euro Piazza San Marco, 48 Tel. 0574.21321 www.hotelsanmarcoprato.com Hotel Giardino Affacciato sulla piazza del Duomo, uno storico tre stelle dotato di ogni comfort. Doppia da 70 euro Via Magnolfi, 2/4/6 Tel. 0574.26189 www.giardinohotel.com Agriturismo Sottotono Relax nel verde delle colline tra Prato e Firenze. Doppia da 90 euro Via Poggio dei Colli, 1/2/3 Santa Cristina a Mezzana – Carmignano (Pr) Tel. 0558.712058 www.agriturismosottotono.it
dove comprare Antonio Mattei – Fabbrica di cantucci biscotti e mantovane Dal 1858, profuma di dolcezza il centro storico. Via Ricasoli, 20/22 Tel. 0574.25756 Pasticceria caffè Nuovo Mondo Per gustare sempre fresche le pesche di Prato. Via Garibaldi, 23 Tel. 0574.27765
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ACQUALAGNA 27 OTT. 01.02.03.09.10 NOV. 2013 48^ Fiera Nazionale del Tartufo Bianco pregiato di Acqualagna
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CARTOCETO 03.10 NOV. 2013 37^ Mostra Mercato dell’oliva e dell’olio extravergine
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APECCHIO 04.05.06 OTT. 2013 31^ Mostra Mercato del Tartufo e dei prodotti del bosco “Pillole di alogastronomia”
FANO 24 NOV. 01 DIC. 2013 26^ Mostra e Fiera, sapori e aromi d’autunno Il salotto del gusto
PIANDIMELETO, LOC. SAN SISTO 28.29 SETT. 05.06 OTT. 2013 Festa del Fungo 46^ Mostra Micologica Regionale
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Copenhagen in 5 tappe Design ultra moderno e palazzi antichi modellano in perfetta armonia la capitale della Danimarca, riconosciuta come la città dalla migliore qualità di vita del mondo. Curiosi di scoprire il perché? 1 Salutare la sirenetta La statua fu commissionata da Carl Jacobsen, mecenate e patron della birra danese (la Carlsberg-Tuborg), che nel 1909 incaricò dell’opera lo scultore, anch’egli danese, Edvard Eriksen. Come modella venne scelta la ballerina Ellen Price, che però, pensando al fatto che il suo nudo sarebbe stato sotto gli occhi di tutti, si rifiutò di continuare a posare, e lo scultore ripiegò su sua moglie, Eline Eriksen. 2 Farsi una foto in Piazza del Re Nella piazza Kongens Nytorv si trova Amalienborg, il castello reale, una delle più grandi opere di architettura danese in stile rococò. A volte si vede passare la regina, ma sono le guardie reali a dare davvero spettacolo: ogni giorno alle 12 attraversano la città a passo di marcia dal castello di Rosenborg al Palazzo di Amalienborg. 3 Perdersi a Ørestad Se siete appassionati di design non potrete non fare un salto in uno dei quartieri più 122
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nuovi della città. Col naso all’insù vi stupirete ammirando l’hotel Bella Sky, il Bella Centre o la serie di edifici progettati dall’architetto Bjarke Ingels. Da non perdere anche il molo di Strandgade, sull’isola di Christianshavn, culla di design affacciata sul porto canale. 4 Rimirar le stelle nella Torre Circolare La Round Tower, è il più antico osservatorio funzionante in Europa: da qui le stelle sono state guardate e studiate sin dal 1642. Quando Cristiano IV costruì la torre, la Danimarca era molto famosa per le scoperte astronomiche dell’ingegnoso astronomo Tycho Brahe. 5 Vivere l’atmosfera natalizia Obbligatoria una tappa nel più antico parco di divertimenti del mondo, il Tivoli, con il suo mercatino di Natale. Quest’anno, le bancarelle saranno aperte dal 15 novembre al 31 dicembre. L’annuale Crazy Christmas Cabaret Show sarà invece in scena a partire dall’8 novembre.
Hotel d’Angleterre Il posto giusto per una notte da sogno. Amato dalle star internazionali. Doppia da 470 euro Kongens Nytorv, 34 Tel. +45 33.12.0095 www.dangleterre.dk Andersen Boutique Hotel Albergo moderno e centrale, in zona Giardini di Tivoli. Doppia da 132 euro Helgolandsgade,12 Tel. +45 33.31.4610 www.andersen-hotel.dk
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L’idea in più Il Castello di Kronborg Solo 10 minuti di treno vi portano al Castello di Kronborg a Elsinore, uno dei più importanti del Nord Europa e famoso per l’Amleto di Shakespeare. I sotterranei ospitano la statua di Holger Danske: la leggenda dice che in caso di pericolo la figura di pietra dell’eroe nazionale si animerà per soccorrere la patria.
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Piaceri Piaceri 126
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126 Le mani raccontano Cremona, regno del liuto. un’arte storiCa e sublime divenuta Patrimonio unesCo
128 i piaceri di Bacco la storia del vino seCondo donato lanati e ellekaPPa: quarta Puntata.
da pag. 130 Rubriche
• Bellezza & benessere • Camera con vista • Week end cultura • Ristoranti • Soste d’arte • Libri • Shopping
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lemaniraccontano
Quando il liuto è fatto ad arte Cremona è universalmente nota come la città di Stradivari e del saper fare liutario. Dalle loro storiche botteghe del centro, oggi i maestri artigiani partono alla conquista dei mercati del mondo
di Lucia Lipari 126
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Turòon, turàs, tetàs. Torrone, torrazzo e... Cremona è la città delle tre T, si sa, ma anche quella della musica. Qui sono nati Andrea Amati, Giuseppe Guarnieri del Gesù e, il più celebre tra tutti, Antonio Stradivari. Questa è la patria di viole, violini e violoncelli e del “saper fare liutaio”. Ma cosa rende l’arte liutaria cremonese così unica? In primo luogo la peculiare capacità degli artigiani locali di realizzare la “forma” dello strumento ad arco, specialmente del violino. Una tecnica che, sin dal tardo Rinascimento, viene tramandata di maestro in allievo, di padre in figlio. «Questo nobile lavoro – ci spiega Stefano Trabucchi, consigliere del Consorzio Liutai, vicepresidente Confartigianato Cremona e membro del Comitato Scientifico del Museo del Violino – coniuga alta artigianalità, arte e ricerca continua. La passione spinge ogni giorno a dare vita a nuovi strumenti, utilizzando nuovi
materiali, per raggiungere livelli qualitativi e acustici sempre più elevati».
L’arte del sogno Per realizzare un violino, sono oltre 70 i pezzi di legno che vengono modellati e assemblati rigorosamente a mano attorno a una forma base, secondo una disciplina che deve essere adattata alle risposte acustiche sempre differenti di ciascun pezzo, tanto che non potranno mai esistere due strumenti uguali. Tutto ha inizio con l’acquisto di legno di acero dai Balcani e abete rosso della Val di Fiemme, vecchio da 10 a 25 anni. Si fanno prima le fasce laterali che si formano con gli zocchetti, poi il fondo e la tavola; lo spessore va da 1,5 a 4 mm. Per realizzarlo servono almeno due mesi e una ventina di mani di vernice a base di resine naturali; per il violoncello occorre almeno il doppio del tempo. E se tutto questo non bastasse ancora, alcuni sostengono che il
segreto della perfezione dei violini cremonesi risieda nella particolare densità del legno, altri ritengono che si tratti del trattamento chimico del legno stesso, e c’è persino chi parla di vernice dalla formula misteriosa...
La musica che gira intorno Oggi a Cremona ci sono 141 botteghe specializzate: 93 italiane, di cui 71 di maestri cremonesi, e 48 straniere. Alle botteghe si affianca la Scuola Internazionale di Liuteria, dove gli studenti hanno la possibilità di esplorare le affascinanti possibilità della materia e del suono attraverso la tecnica e l’ingegno. A tutela del metodo costruttivo cremonese e per la valorizzazione di quest’immenso sapere, nel 1996 è nato poi il Consorzio Liutai Antonio Stradivari; e con il Consorzio, il Marchio Cremona Liuteria, che consente una verifica costante dell’autenticità degli strumenti e si pone come mezzo di contrasto alle contraffazioni. Proprio il Consorzio è stato protagonista, lo scorso ottobre, della manifestazione Musik China all’interno del padiglione italiano dell’Expo Internazionale di Shangai. «Un’occasione straordinaria per valorizzare la nostra tradizione liutaria e per promuovere, attraverso essa, il sistema economico lombardo – ha commentato il presidente del Consorzio e della Camera di Commercio, Gian Domenico Auricchio – Ma, in particolare, si è trattato di un’opportunità per Cremona, di cui la liuteria è il biglietto da visita, che ha avuto così la possibilità di consolidare rapporti significativi con i principali centri culturali nel mondo». «Il mestiere del maestro liutaio si è evoluto, e si è evoluto anche il suo marketing – conclude Giorgio Grisales, consigliere e responsabile delle attività commerciali del Consorzio – Dall’epoca di Stradivari fino alla prima metà del ’900, infatti, i liutai aspettavano i clienti in bottega, ora si devono muovere nei diversi mercati: Cina, Giappone, Stati Uniti e altri paesi emergenti, come quello dell’America latina e del sud est asiatico».
Cinque secoli di note Lo StradivariFestival ha fatto da colonna sonora all’inaugurazione del Museo del Violino, lo scorso 14 settembre. All’interno delle sale del Museo oggi è possibile esplorare cinque secoli di storia della liuteria cremonese, classica e contemporanea, venendo a contatto con i grandi maestri e i loro strumenti: nessun'altra struttura museale in Europa può attualmente vantare una collezione così importante e completa di strumenti ad arco della scuola di Cremona. Per saperne di più: www.museodelviolino.org Nelle foto, alcuni momenti dell'affascinante lavoro artigianale di un maestro liutaio
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ipiaceridiBacco
E l'uva arrivò in Gallia Quarto appuntamento con la storia del vino illustrata da Ellekappa: Virgilio, Costantino Giulio Cesare e le origini dei vitigni francesi
di Donato Lanati
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bri vitigni della Grecia: il messaggio insito in questo paragone si legge chiaramente: “i frutti della vite non sono gli stessi dappertutto, c’è uva e uva, c’è vino e vino, ma l’uva e i vini dell’Italia non sono secondi a nessuno”. Ogni specie richiede una particolare cura e un particolare terreno.
Testimonianza della fiorente attività viti[…] Gli scrittori furono spesso affascinati dal vino. Importante è la “presenvinicola romana è l’ampio Trattato di agriza” del vino nelle opere dei poeti lacoltura di Columella, viticoltore, ma anche tini: Virgilio, per esempio, ne parlò nelle ecologo, meteorologo, pedologo, ampeloGeorgiche (dal greco, precetti concernengrafo, tecnico della propagazione, degli alti l’agricoltura) composte tra il 37 e il 30 levamenti, delle potature e concimazioni, a.C., anni in cui la coltura della vite in Itauomo di marketing ed economista capace lia raggiunse una straordinaria diffusione. Il di comprendere la grande complessità di secondo dei quattro libri della sua opera, tutte queste discipline. questo grande autore lo dedicò alla coltivaEgli scrisse che il futuro del vino è basato zione delle piante ed in partisu caratterizzazione e variacolare alla vite, con l’intento C’è Virgilio, per esempio, bilità e che gli elementi che espresso di cantare Bacco. In più incidono sulla qualità socon bucolico fervore un passo, egli invita il padre alla vite scioglie un canto no: la varietà delle viti; il loLeneo a togliersi i costumi e a ro ambiente di coltivazione. e ne celebra il valore tingersi con lui le gambe nuL’interazione di questi due elementi rende i vini diversi e caratteristide nel mosto nuovo. Quando parla dei vici.Affermando che “l’Italia e l’Africa, divertigni, Virgilio accosta quelli italiani ai cele-
se di clima e di terreno, non possono avere gli stessi prodotti e metodi di produzione”, Columella precorse la nozione fondamentale della vocazione viticola legata all’ambiente, che diventerà, con il termine terroir, il concetto francese dell’epoca moderna.
Lucio Giunio Moderato (Columella di cognome) delle vigne fu scienziato con moderna cognizione Un altro trattato in cui viene riservato un largo posto alla viticoltura è quello del Palladio nel IV secolo. L’imperatore romano Costantino, nell’editto di Milano nell’anno 313, proclamò il libero esercizio della religione cristiana e dichiarò che per celebrare la Messa era assolutamente necessario il vino. In fatto di vigne i Romani compirono un atto che nel tempo avrebbe avuto una grande portata storica: introdussero i vigneti in Gallia. Ai tempi di Giulio Cesare, essi risalirono il corso del Rodano e poi attraversarono la Gallia portando la viticoltura fino a Bordeaux. Ad avere
Poi si arriva a Costantino Che alla religione oppressa Dà via libera, ed il vino Fa introdurre nella messa la vigna, per prima fu la Borgogna, poi la Loira, quindi le regioni dello Champagne, della Mosella e del Reno. Solo l’Alsazia non ebbe vigneti di origine romana: in questa regione, infatti, la vite fu introdotta nell’VIII secolo d.C. Durante il loro impero, i Romani gettarono le basi di quasi tutti i grandi vigneti dell’Europa moderna.
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bellezza&benessere
di Francesca Frediani
Dove chirurgia e natura s’incontrano Le nuove frontiere dell’estetica? Armonia delle forme e rispetto per la personale bellezza che ogni persona porta con sé... magari un po’ nascosta! Ce lo racconta un’autorità in merito, la dottoressa Cinzia Luccioli, che ci illustra anche le più recenti tecniche d’intervento sempre meno invasive
«A 15 anni ero già in sala operatoria a veder mio padre operare. Quando passeggiavo insieme a lui giocavamo a correggere le imperfezioni delle persone che incontravamo». È figlia d’arte Cinzia Luccioli. La fama di suo padre, Cesare Luccioli, è internazionale così come il suo ruolo di pioniere nell’universo della chirurgia plastica. Con lui, la dottoressa Luccioli ha imparato ad amare la bellezza e la capacità di cogliere l’imperfezione o lo squilibrio di un lineamento da correggere, 130
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per migliorare o ingentilire un volto, una curva, un particolare. Grazie a lui ha saputo cogliere il giusto approccio scientifico, la sensibilità verso le persone e il gusto per l’armonia, per restituire a ogni paziente fiducia in se stesso. Oggi la dottoressa Luccioli è un punto di riferimento del settore grazie anche a una laurea da 110 e lode e a un Master in Chirurgia estetica negli Stati Uniti. A lei abbiamo chiesto di illustrarci le nuove frontiere della chirurgia estetica.
Dottoressa, come sono cambiate le aspettative dei pazienti rispetto alla chirurgia estetica? Rispetto a un tempo, sono sempre di più le pazienti a richiedere interventi che abbiano un risultato “naturale”, e a preoccuparsi che l’operatore sia competente e sempre aggiornato. Come si può riconoscere la serietà e soprattutto la sicurezza di un ambulatorio medico? Dando per scontati la preparazione professionale e la partecipazione a congressi di aggiornamento del chirurgo, conta moltissimo il passaparola. I pazienti sempre di più chiedono informazioni a chi ha già utilizzato la struttura. Quali sono le principali indicazioni e i limiti degli interventi di chirurgia e della medicina estetica? L’obiettivo primario è avere un aspetto più piacevole e acquistare sicurezza di sé. I limiti rispetto alle aspettative possono essere l’età, la qualità della pelle, la statura, l’ossatura, le proporzioni del corpo. Il risultato deve essere sempre il più naturale possibile. Quali interventi sono più richiesti dai giovani e quali dalle persone più mature? I clienti più giovani si orientano soprattutto su rinoplastica, funzionale anche alla respirazione, mentoplastica, chirurgia estetica delle orecchie a sventola, mammoplastica additiva, liposcultura. Fra le persone più mature, lifting e minilifting facciali e blefaroplastica sono invece gli interventi più diffusi. Visto il dilagare di “ritocchi” non sempre felici ai personaggi dello spettacolo, può un chirurgo estetico rifiutare un interevento ritenuto non necessario o non condivisibile? Molto dipende dal gusto estetico personale. Il mio obiettivo è rispettare l’armonia e le proporzioni di viso e corpo.
In apertura, la dottoressa Cinzia Luccioli nel suo studio. Sotto, Villa Casagrande
In mani sicure Ma qual è la differenza tra medicina estetica e chirurgia estetica? La prima si propone di prendersi cura in modo preventivo e migliorare l’aspetto della pelle con trattamenti specifici senza ricorrere alla chirurgia; la seconda, aiuta a correggere chirurgicamente alcuni difetti fisici percepiti come insuperabili. Membro della Academy of Aesthetic Surgery e della Società di Chirurgia Estetica Italiana, presso gli studi di Milano e Firenze la dottoressa Luccioli effettua visite di chirurgia estetica e terapie estetiche quali peeling chimici, uso di filler per attenuare le rughe di espressione e aumentare il volume di labbra e zigomi, trattamenti di ringiovanimento microinvasivi. Effettua tutti gli interventi di chirurgia estetica del viso e del corpo rispettando l’armonia e le proporzioni: vengono particolarmente eseguiti interventi di rinoplastica, lifting facciali, mammoplastica, chirurgia delle palpebre, mentoplastica, chirurgia estetica delle orecchie, liposcultura. Via Della Moscova, 40 – Milano Via dei Serragli 21 – Firenze Villa Casagrande – Figline Valdarno (Fi) www.cinzialuccioli.blog.com
Quali sono le nuove frontiere della chirurgia estetica? Interventi sempre meno invasivi. Già ora utilizziamo un macchinario “lipolaser” per la riduzione delle adiposità localizzate con un intervento microinvasivo che dà eccellenti risultati. Per il viso, una interessante novità è rappresentata dall’utilizzo di fili riassorbibili per risollevare i tratti del viso; presto probabilmente ufficialmente autorizzati anche per il corpo. Dove svolge la sua attività? A Milano, dove visito e opero nello studio di via della Moscova per interventi di chirurgia estetica. Nella Day Clinic a Figline Valdarno, in provincia di Firenze, nel contesto di una villa del ‘300, mi occupo invece principalmente di interventi di chirurgia plastica. novembre 2013
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camera con vista
di Francesco condoluci
Un inno alla bellezza Le sue stanze furono testimoni dell’idillio amoroso tra Gabriele D’Annunzio ed Eleonora Duse. Ma l’ambiente regalmente chic e i servizi da lussuoso cinque stelle non ingannino: al Grand Hotel Fasano non manca quella giusta dose di informalità capace di far sentire chiunque a proprio agio Nelle mattine d’autunno, quando l’aria è livida e le acque del Garda si specchiano nel pallore del cielo, affacciarsi da una delle camere del Grand Hotel Fasano è come immergere gli occhi nel più suggestivo dei dipinti impressionisti. La natura e i suoi colori tenui e mutevoli, il profilo poco distante di maestose ville gentilizie, la nota esotica dei palmizi che favoriti dal mite clima lacustre vi crescono tutt’intorno rigogliosi, la splendida veduta del giardino interno impreziosito dalla piscina e dalla terrazza che si tuffa nel lago: il tutto immerso nel silenzio irreale, estatico, commovente quasi, del grandioso parco che lo circonda. Del resto, qui, in questo incantevole albergo dal sangue blu – che, nato nel tardo ’800 come residenza di caccia della casa imperiale austriaca, divenne hotel nel primo ’900 grazie all’intuizione del capostipite della famiglia Meyer, prendendo il nome dalla fasanerie, il recinto dei fagiani – tutto sembra una sorta di inno alla bellezza e alla perfezione. Dal mood elegantemente sontuoso delle camere agli ambienti raffinati che trasudano un secolo e più di storia, per finire a un servizio di prim’ordine che potrebbe essere preso a paradigma della più autentica ospitalità made in Italy. I tedeschi, non a caso, 132
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dove&come Grand Hotel Fasano Corso Zanardelli, 190 Gardone Riviera (Bs) Prezzo medio a notte in doppia vista lago: 350 euro Tel. 0365.290220 www.ghf.it
da decenni, hanno eletto il Fasano come dimora prediletta per le loro vacanze italiane improntate a relax, charme e benessere. “Bisogna fare della propria vita come si fa un’opera d’arte”, scriveva Gabriele D’Annunzio che a poche centinaia di metri da qui, all’estetismo ha innalzato il suo tempio personale, col visionario Vittoriale di Salò. E l’atmosfera di questo lussuoso albergo – che fu testimone dell’idillio tra D’Annunzio ed Eleonora Duse – sembra incarnare perfettamente il culto per la bellezza e lo stesso spirito del Vate, di cui l’albo d’oro del Fasano conserva gelosamente una pagina scritta agli inizi del secolo scorso e dedicata all’hotel. Ma l’ambiente regalmente chic e i servizi da lussuoso cinque stelle non ingannino: al Fasano non manca quella giusta dose di informalità capace di far sentire chiunque a proprio agio. Anche gli ospiti esterni, che possono accedere sia al centro benessere, ispirato alle antiche terme romane, che al ricercato ristorante di casa affacciato sulla terrazza a lago, Il Fagiano, nel quale l’estroso chef Matteo Felter ogni sera a cena stupisce con straordinarie preparazioni frutto di piacevoli connubi tra prodotti tipicamente gardesani e piatti creativi. Per chiudere in bellezza. Ovviamente.
week end cultura
di Gilda Ciaruffoli
Come dentro un film... Il tramonto più famoso della storia del cinema? Quello di Via col vento. Rosso, epico, carico di tensione. In comune, con il rosa caldo che al calar del sole bagna le vigne, gli olivi, gli orti, le stalle, la cantina, il giardino, il ristorante... affacciati sul Tirreno del Casale del Mare ha forse “solo” l’intensità. L’atmosfera qui, infatti, non potrebbe essere più rilassata, e aspettare il raggio verde dal balcone naturale del Casale (all’orizzonte l’isola Gorgona e, quando il cielo è terso, anche un’idea di Corsica) è un’esperienza quasi spirituale. E allora perché tirare in ballo Rossella O’Hara? Perché tutto, qui, parla di cinema. Siamo infatti a un paio di chilometri da Castiglioncello, uno dei tempi della Dolce Vita, dove ancora si respira quella “certa atmosfera”: c’è il circolo 4 ruote lisce, santuario della memoria dove fermarsi a chiacchierare con gli anziani soci che Mastroianni, Panelli e compagnia bella se li ricordano bene; c’è la fatale curva del Sorpasso, film icona al quale la cantina del Casale ha dedicato un ottimo rosso. E c’è Fulvio Martini, novello Richard Burton che, assieme all’affascinante Laura Marzari, è anima e mente del relais e di Agrilandia, azienda
agricola i cui frutti vanno a rifornire il ristorante e la cantina. Il tutto pensato e voluto nel rispetto della tradizione livornese, in bilico tra mare e campagna; ed è proprio in omaggio a questa terra e ai suoi tesori, che le bottiglie di Fortulla – bianco, rosso e rosato, destinati a lasciare il segno – ricordano la silhouette dei cipressi, alberi simbolo della zona. Come quelli di Bolgheri, di carducciana memoria, da vedere, come anche Castagneto Carducci, le surreali spiagge bianche di Rosignano e il vicinissimo Monte Pelato, sul quale salire come un tempo i Macchiaioli... Così, al termine di un tour che tocchi anche Livorno e Volterra, tornare al Casale per assaggiarne l’ottima cucina, è davvero un piacere. Tanti i piatti consigliati, come l’antipasto di crudo di mare e gli gnocchi alla triglia, da abbinare al Fortulla o al Sorpasso preferiti. Infine, dopo aver discusso di cavalli, auto d’epoca e arte contemporanea con i proprietari, sazi di cibo, vino e cultura, ad attendervi ci sono i sette eleganti appartamenti messi a disposizione per gli ospiti. Per farvi sentire a casa e risposare come si deve, perché in fondo domani... è un altro giorno!
dove&come Casale del Mare Strada vicinale delle Spianate Castiglioncello (Li) Prezzo a notte appartamento per 2 persone dal 17/9 al 17/12: 120 euro Menu degustazione, vini inclusi: carne da 40; pesce da 55 euro Tel. 0586.759007 www.casaledelmare.it
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Castiglioncello (Li)
Immerso nella macchia mediterranea, a picco sulla baia del Quercetano, il Casale del Mare nasce dal recupero di un’antica fattoria. Una sosta ideale per inebriarsi di vino, arte e ricordi in bianco e nero
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il ristorante - 1
di Olga Carlini
Cena “light”… piacere extra!
Non è una beauty farm come le altre, Villa Eden. Il Leading Health Resort di Merano, infatti, propone trattamenti innovativi uniti a una cucina raffinata, al fine di educare a uno stile di vita sano che crei armonia tra corpo e mente. Anche gli esterni però possono provare le golosità del “ristorante del benessere” per scoprire quanto buono può essere... restare in forma!
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La bellezza è qualcosa che si crea. O meglio che si fa emergere dall’interno, come se fosse una scultura che esce dalla prigione del marmo. Lo sanno bene alla Villa Eden di Merano, dove il cammino verso il benessere inizia a tavola. Da tre anni il ristorante interno è guidato dallo chef Franz Niederkofler, nato a Brunico e grande sportivo. Da sempre attento a ricercare il giusto equilibrio tra salute e gusto, per venire incontro alle esigenze di chi sta seguendo un percorso detox o di calopeso all’interno della struttura – o degli ospiti esterni che desiderino coccolare i propri sensi continuando a sentirsi leggeri – propone una cucina creativa, light sì, ma basata su prodotti di qualità, possibilmente bio, accuratamente selezionati e abbinati secondo criteri che tengano conto della linea e della gola! Un ruolo molto importante lo hanno ad esempio le spezie; la pasta è quella di farro o integrale; il pesce è freschissimo e servito crudo o al vapore; la paella è vegetariana. In questo modo si scoprono sapori inediti che soddisfano il palato e nel contempo si impara come servire anche a casa propria piatti sfiziosi e leggeri. Gli stessi principi valgono per la cucina tradizionale, dove lo chef cerca di integrare ispirazioni locali e internazionali. Per gli ospiti di Villa Eden, dunque, il ristorante è un punto novembre 2013
di riferimento imperdibile, per gli esterni invece una piacevole possibilità di degustare piatti squisiti in una location d’eccezione: tre sono le sale, deliziose bomboniere di gran classe, mentre d’estate si può usufruire delle ampie terrazze con vista verso il parco e la Valle dell’Adige. Se tutto questo non bastasse, sono previste anche svariate serate a tema: in novembre, ad esempio, si tiene solitamente la serata a tutta selvaggina, o ancora quella tirolese; in primavera quella dedicata all’asparago di Terlano… Il ristorante è aperto per pranzo e cena 7 giorni su 7, dalle 12 alle 14.30 e dalle 19 alle 22. Per chi non alloggia in albergo è consigliata la prenotazione.
dove&come Villa Eden Via Winkel, 68/70 Merano (Bz) Tel. 0473.236583 www.villa-eden.com Prezzo medio per una cena: 45 euro vini esclusi
Capricci di Gola La tradizione italiana della pasta fresca Arte, terra e tradizione, le radici della buona cucina italiana
Capricci di Gola S.r.L. Via Lisiade Pedroni, 20/2 - 20161 Milano – Mi - www.capriccidigola.it
il ristorante - 2
di RiccaRdo LagoRio
Un balcone sulla Romagna La Ca’ de Be’, la “casa del vino”, è un punto di riferimento per la ristorazione locale dal 1972. La tradizione della buona cucina popolare è portata avanti con orgoglio da Simone Rosetti
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È un distillato della Romagna più autentica, l’icona di quanto ci si può aspettare in un’osteria sdraiata sui colli che ormai sentono l’odore della salsedine. Il mare lo vedi, quasi lo tocchi, dalla terrazza mozzafiato giusto sotto l’elegante piazza di Bertinoro e a pochi passi dal caveau dove anno via anno vengono custodite le Riserve storiche del Sangiovese di Romagna. La Ca’ de Be’, la “la casa del vino”, è la Romagna nei vini e nei cibi dal 1972, un punto fermo nella ristorazione locale che il titolare e sommelier Simone Rosetti mantiene ancorata alle pratiche familiari del buon cibo popolare. Simboli ne sono ovviamente i salumi, quelli di Mora romagnola: dallo squisito prosciutto marezzato ed esuberante al lardo alto una spanna come oggi non si trova quasi più. Simboli ne sono i formaggi, dal fresco squacquerone al penetrante e insistente pecorino di fossa. E le paste. Alcune riprese dal testo sacro di Pellegrino Artusi: le sue tagliatelle col prosciutto “dalla sfoglia alquanto grossa e tagliate a strisce larghe”, i ravioli di ricotta e bietola conditi “a cacio e burro”. Poi gli strozzapreti, generosamente irrorati di sugo di salsiccia e verza, porosi e al dente, fedeli ai dettami della tradizione, o di sugo bianco novembre 2013
di coniglio. I cappelletti di artusiana memoria, ripieni di ricotta, magro di maiale, parmigiano, uova e spezie si impregnano di un ragù di carne denso e sapido. Tra le seconde portate la coppa di maiale all’uso della Ca’ è il piatto che convince di più per tecnica e piacevolezza gustativa. Le carni vengono sottoposte a lenta cottura sottovuoto per mantenerne gli umori, quindi rosolate in padella. Carni scelte, piacevoli per tono, consistenza e presenza di quelle sottili venature di grasso che fanno la differenza. Carni romagnole, di certo, come le costate di razza, disponibili prenotando con anticipo. Le stesse carni che servono per ottime tagliate, servite con sale grosso e rosmarino. Anche gli agnelli provengono da fattorie delle colline intorno: cottura al forno delle parti migliori per un piatto succulento. Tra le proposte anche squisiti spiedi passati alla brace che alternano carni suine e bovine a verdure di stagione. Per chi volesse affrontare incontri culinari meno impegnativi in perfetto stile romagnolo, ottime le piadine accompagnate da salumi o formaggi, da provare facendosi consigliare una delle circa 500 bottiglie in cantina provenienti dalle aziente vitivinicole associate al Consorzio Vini di Romagna.
dove&come Osteria Enoteca Ca’ de Be’ Piazza della Libertà, 10 Bertinoro (Fc) Prezzo medio: 20 euro, vini esclusi Tel 0543.444435 347.3915270 http://cadebe.it
il ristorante - 3
di Olga Carlini
Calici di vino, note di jazz Le note di un pianoforte o di una chitarra che accompagnano voci sensuali e incantatrici, in un quartiere che racconta la storia di una Milano sconosciuta a molti, ma che vive ancora nei ricordi di chi l’ha attraversata in un tempo passato, meravigliosa, pudica e riservata. Questo è l’Isola, ormai punto fermo di riferimento per la musica e l’edonismo nella città meneghina. Questo è RossoBorsieri: le suggestioni delle luci calde, l’arredamento impreziosito da sculture di rame, le vanitose bottiglie di pregiati vini elegantemente distribuite per farsi ammirare, ancora prima di essere degustate in accompagnamento alle delicate preparazioni alimentari che Roberto Baroni saprà consigliarvi. Da non perdere i fantastici ravioli casalinghi, in varie
forme e condimenti, ma non dimenticate i formaggi e i salumi selezionati con cura e quasi maniacale passione. Così, da un sogno d’amore verso il cibo, il vino e la musica è nato un locale che in pochi anni è già un riferimento per chi vuole la qualità assoluta, senza condizioni o compromessi. Grandi musicisti, dal jazz al blues, passando per il country e il folk, ma sempre e solo esecuzioni di grandi interpreti; anche la recitazione reclama e ottiene il suo spazio in questo piccolo e magico locale che rende il pubblico essenziale elemento dello spettacolo stesso. Sarete infatti voi a plasmare e guidare gli artisti che animeranno le sere al RossoBorsieri. Fino a che non vi verrà l’irrefrenabile voglia di dire “suonala ancora…”.
dove&come RossoBorsieri Via Pietro Borsieri, 16 – Milano Prezzo medio: 25 euro, bevande escluse Tel. 02.66804597 www.rossoborsieri.it novembre 2013
Milano
Per innamorarsi di un locale, non basta poter dire “qui si mangia e beve bene” o “la musica è speciale”. Perché un ospite di passaggio diventi un abitué la qualità si deve percepire in tutto, come un’armonia di sottofondo. All’Isola di Milano spesso è possibile. Al RossoBorsieri sempre
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soste d’arte
di Gilda Ciaruffoli
Duchamp. Re-made in Italy
Schlafender Hund Un cuscino stropicciato dove ha dormito un cane. È l’originale installazione tridimensionale dell’artista svizzera Zilla Leutenegger che ha tracciato i contorni – in due differenti posizioni – del suo amico a quattro zampe che riposa. Il risultato è una curiosa video installazione a disegno animato, dove il cane respira e si gira da ambo i lati. Questa opera d’arte dal titolo Schlafender Hund (cane dormiente) si può ammirare nella reception del Kulturhotel Maratscher di Lagundo (Bz) ed è contemporaneamente presente alla fiera d’arte moderna Art Basel di Basilea. fino al 30 novembre Lagundo (Bz) – www.maratscher.com
A 50 anni dal suo viaggio in Italia e 100 dalla creazione del primo ready-made Ruota di bicicletta (1913), la mostra è l’occasione per raccontare la storia del passaggio espositivo dell’artista in Italia nel 1964 e 1965, e delle conseguenze che questo ha comportato sul lavoro di alcuni artisti italiani entrati in contatto diretto con lui. Cuore dell’esposizione il ready-made, un processo affascinante nel lavoro di Marcel Duchamp, sicuramente il più conosciuto dal grande pubblico, forse però non ancora del tutto indagato. fino al 9 febbraio Gnam, Roma www.gnam.beniculturali.it
Rodin. Il marmo, la vita
Edvard Munch Nel 150esimo anniversario della sua nascita, l’Italia rende omaggio all’artista norvegese con un’imperdibile retrospettiva che accompagna il visitatore lungo tutta la sua evoluzione artistica con oltre 120 opere. L’esposizione è allo stesso tempo rappresentativa del percorso artistico ed esistenziale di Munch, ma anche testimonianza del passaggio da un naturalismo di stampo impressionistico a una pittura nuova e audace che contribuisce in maniera determinante a sconvolgere tutta l’arte del XX secolo. 6 novembre – 27 aprile Palazzo Ducale, Genova – www.mostramunch.it 138
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Danno vita e forma alla modernità, animando proprio la materia classica per eccellenza, destinata per sua natura all’immobilità, le sculture di Auguste Rodin. La rassegna presenta un corpus di oltre 60 opere con un numero tanto vasto di sculture in marmo da costituire la più completa rassegna che sia stata allestita sui marmi del maestro francese. Carne, sensualità e incompiutezza fanno da leit motiv all’esposizione.
fino al 26 gennaio Palazzo Reale, Milano www.artpalazzoreale.it
Vini Zecchini Agriturismo “La Costa”
dalla passione per la nostra terra i frutti di un amore vero:
vino, olio, ospitalità. Una struttura agrituristica tra le colline della Valpantena, a 1 km da Grezzana, con servizio bed&breakfast dove poter organizzare eventi, visite in cantina e degustazioni dei nostri prodotti! Qui potrete trovare in vendita i frutti del nostro amore: Valpolicella, Amarone, Recioto DOC e Olio Extra Vergine di Oliva! Veniteci a trovare, Vi aspettiamo! Zecchini
Zecchini Soc. Agricola – “La Costa”
Località Costa, 86 - 37023 Grezzana (Verona) Agriturismo: 045.8650111 - www.agricosta.it Vini: 045.8650903 - www.vinizecchini.it
di ElEonora Fatigati
A spasso con Verdi
Foto Brambilla-Serrani
libri letti per voi
Oltre il giardino
Prêt à gourmet
Maria Adriana Giusti Burbatti è architetto e professore al Politecnico di Torino. I giardini storici sono da anni il campo privilegiato delle sue ricerche.
Gianluca Biscalchin, primo illustrogiornalista gastronomico d’Italia, ci racconta cosa fa (e non fa) il gourmet al ristorante.
Che differenza c’è nel raccontare uno spazio aperto e uno chiuso? Uno spazio chiuso si trasforma solo se chi lo abita vi interviene. Nello spazio aperto la materia prima è in continua metamorfosi: si può descrivere ancora oggi un interno del Settecento ritrovandovi dettagli originali, ma non si ritroverà mai lo stesso giardino!
Perché la cucina è così di moda? La televisione ha fatto da propellente per il successo mediatico degli chef, ma il vero motivo credo sia legato alla crisi di valori e contenuti. Il cibo riempie i vuoti valoriali, è accessibile a tutti, comprensibile, crea calore e socialità. Non passerà mai di moda.
Scriverne dunque è come fissare un’idea nel tempo? Sì, nello scrivere di uno spazio aperto c’è la volontà di fissare ciò che cambia continuamente e che si lega a uno stato d’animo; in passato si dipingevano i giardini nella loro rassicurante primavera eterna o i paesaggi tempestosi nella perturbante drammaturgia romantica. Cosa prova per il suo giardino? Mi ci sento bene in ogni stagione a contemplare, fare, pensare. La funzione terapeutica coincide con quella estetica. Pendragon 190 pp 16 euro
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Cosa significa essere un gourmet? Il libro parte dalla distinzione classica tra gourmand (ghiottone) e gourmet (raffinato conoscitore), per arrivare alla proposta ideale di un gourmet felice: goloso ma con consapevolezza. A chi è rivolto il libro? Non è per addetti ai lavori, ma per i curiosi, per chi vede l’alta cucina come qualcosa di lontano, inaccessibile e, in molti casi, una fregatura. A loro spiego come la cucina stellata può dare la felicità, senza spendere una fortuna e senza paura di fare gaffe. Electa 144 pp 22 euro
Sulle note cantate dalla Callas-Violetta nella Traviata e tra gli schiavi ebrei nel coro del Và pensiero, l’autrice Giancarla Moscatelli, con la prefazione di Mirella Freni, ci conduce per le vie di una Milano insolita, nei luoghi che hanno conosciuto il passaggio di un illustrissimo musicista di cui quest’anno ricorre il bicentenario: Giuseppe Verdi. Sono strade, chiese, case, palazzi, teatri e caffè che non esistono più o che resistono ancora come testimoni di un legame importante che il compositore ha avuto con la città lombarda. La guida, ricca di immagini e corredata da un cd con le più belle arie dell’opera verdiana, racconta in modo approfondito un’epoca piena di fermento intellettuale e trasporta il lettore, viaggiatore o turista che sia, non solo nelle vicende bibliografiche e musicali del Maestro, ma anche tra le voci dei personaggi a lui contemporanei e vicini, nelle vicende storiche della città, nelle sue trasformazioni. Edizioni Curci 256 pp 19 euro
shopping shopping
di Lucia Lipari
Il rosso che va su tutto
Il rosso speed è l’accento Active della nuova collezione Furla. Usato su pellami naturali e finitura matt, è sempre abbinato al nero. Contrasti di grande effetto tra le linee classiche di borse senza tempo e le suggestioni moderniste di materiali e dettagli contemporanei. Prezzo: 480 euro
Accessori intramontabili
Come sempre Massimo Dutti fa del casualchic la propria pietra angolare. Un esempio? Il portafoglio in pelle con finiture in metallo dorato. Già un classico. Prezzo: 69,95 euro
Un caldo abbraccio
Crea il tuo stile Bracciali componibili arricchiti con charms da scegliere in base all’umore: è questa la filosofia della collezione Colour Your Mood. Marlù Gioielli per l’inverno imminente ha scelto stampe pitonate, sinuosi serpenti in acciaio e solitari in 13 colori. Prezzo: da 15 a 80 euro
Con l’arrivo dei primi freddi, come rinunciare a un caldo sciarpone Timberland in lana dalla fantasia grafica? Un twist glamour e compassato, ma molto moderno, dalla verve tutta british. Prezzo: 39 euro
A tutto colore È arrivata la stagione dei cappotti, da sempre simbolo dell’identità del marchio Basile. Eleganti e raffinati, con forme scolpite e linee decise. Per le più romantiche, un delicato modello sagomato a sfiorare il ginocchio in panno color glicine. Prezzo: 725 euro 142
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Solo per urban biker Mh Way ha pensato a tutti gli innamorati delle due ruote, realizzando una collezione dall’alto design e innovazione, leggera nel peso ma anche nello spirito, che semplifica la caotica quotidianità metropolitana. In foto, cartella zaino. Prezzo: 138 euro
Scegliere Alicos significa distinguersi per buon gusto in tutti i sensi. Le raffinate confezioni regalo Alicos sono un dono esclusivo, da personalizzare scegliendo i prodotti piĂš particolari.
Alicos Via M. Cremona, 21 Salemi (Tp) Tel. 0924983348 www.alicos.it facebook.com/alicos2005
Assapora l’eccellenza
MondoVdG I nostri eventi, le iniziative e il meglio dei prodotti enogastronomici italiani selezionati per voi e disponibili presso i nostri store
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Se le eccellenze fanno rete Cosa intendete per benessere? Se anche per voi assicurarvi uno stile di vita salutare, con stile, significa scegliere prodotti made in Italy grazie ai quali cucinare, mangiare, bere e prendervi cura della vostra bellezza… non perdete l’occasione di conoscere meglio il progetto YouChef!
In apertura, Andrea Montini, Presidente Youchef e Direttore Generale di Risolì
Prima rete multicanale italiana costruita intorno alle esigenze di una cucina sana e consapevole, di una bellezza interamente centrata sul benessere, YouChef è un progetto innovativo perché per la prima volta propone insieme prodotti food e non food secondo una logica che premia da un lato i profili del nuovo consumatore italiano e internazionale, sempre più consapevoli dai cambiamenti imposti dalla crisi economica e ambientale a livello mondiale, dall’altro la qualità, l’eccellenza e la passione etica di aziende che credono profondamente nel made in Italy. Ad Andrea Montini, Presidente Youchef e Direttore Generale di Risolì, abbiamo chiesto di raccontarci qualcosa in più sul progetto che ha animato in modo instancabile e appassionato fin dalle sue origini.
Presidente Montini, come e perchè nasce il progetto Youchef? YouChef nasce dopo uno studio di analisi del mercato globale, grazie al quale Risolì ha riscontrato come in Italia – ma anche nel mondo – venga attribuito un valore sempre più elevato al concetto racchiuso nel motto: “cucinar sano, mangiare e bere italiano”. Oggi infatti il consumatore è sempre più “attore” integrato e più attento a una cultura rispettosa del made in Italy, del benessere rispetto al “benavere”. Qual è la portata innovativa del progetto? Oggi, creare una distribuzione moderna significa multicanalità in senso non più verticale ma orizzontale: per questo YouChef racchiude tutti i valori sartoriali del “cucinar sano, mangiare e bere italiano” attraverso eccellenze tipicamente Italiane.
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Le aziende della Rete YouChef Risolì Azienda storica del settore casalinghi, negli anni si è specializzata in strumenti di cottura in fusione di alluminio e antiaderente. www.risoli.com
Tenute La Montina Si trova a Monticelli Brusati in una zona votata alla coltivazione della vite. Ha scritto la storia della moderna Franciacorta vitivinicola. www.lamontina.it
A quale target si rivolge? Il target è eterogeneo, ma specializzato, ove l’acquisto diventa un’esperienza da vivere. Ci rivolgiamo dunque non più a semplici bevitori di buon vino, ma a degustatori, non a semplici appassionati di cucina, ma a chef a domicilio, consapevole, ad esempio, dell’importanza del giusto strumento da cottura – in questo caso firmato Risolì – per valorizzare i vantaggi culinari di ingredienti di qualità. Perchè un cliente dovrebbe acquistare prodotti Youchef? Perché in questo modo diventa parte di una community del benessere ritrovato. Perché è l’anima del made in Italy. Perché c’è convenienza, c’è durata. Perché così può ampliare la propria cultura, e regalarsi (o regalare) esperienza e qualità. Come e dove verranno distribuiti i prodotti di questa linea? Il canale preferenziale è quello on-line nel nuovissimo store Risolì (www.risoli.com/youchef); dopodichè nei negozi specializzati e nei temporary store.
Presidente, ci presenti le eccellenze di Youchef… La rete YouChef è composta al momento da Risolì, capofila con gli strumenti da cottura in alluminio pressofuso ad alto spessore con rivestimenti antiaderenti professionali; Tradizioni Padane con la pasta Shebar e di Monococco; La Montina con il suo Franciacorta; e il consorzio Premax per tutti gli accessori da taglio sia cucina che beauty. Molti ci stanno contattando per aderire alla Rete YouChef e a molti altri ci rivolgiamo per diventare una rete aperta a tutte le eccellenze.
Tradizioni Padane Azienda alimentare che opera nel mondo della produzione di pasta fresca e ripiena, impegnata a mantenere vivo il ricordo delle tradizioni del territorio padano e i segreti di un patrimonio unico, utilizzando farine di grani antichi come quella millenaria di monococco. www.tradizionipadane.it
Consorzio Premax Dal 1940 aggrega 40 soci produttori e tramanda i nomi, le storie, gli insegnamenti e le tradizioni della lavorazione degli articoli da taglio. Tutti i prodotti del consorzio sono garantiti dal marchio collettivo Premana. www.premax.it
L’elegante box YouChef grazie al quale entrare in un mondo ricco di eccellenze info@risoli.com www.facebook.com/risolisrl www.risoli.com/youchef
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Un vino (e una terra) da sogno Franciacorta. Uno dei più blasonati ambasciatori del migliore made in Italy nel mondo. Basta un assaggio per capirne l’unicità. Basta una passeggiata tra le colline che l’han visto nascere per innamorarsi
Il luogo, il paesaggio, i contorni di un territorio, raccontano ben più di quanto possa sembrare al primo colpo d’occhio. Stupiscono, al momento, e poi affascinano, muovendo una serie di emozioni e riflessioni che riempiono di valore ogni tratto osservato. Così, la Franciacorta, segue questo processo evocativo, raccontando la storia delle sue tradizioni, del suo popolo e del suo territorio ricco di arte, cultura e bellez-
ze naturalistiche, adagiato sulle sponde del lago d’Iseo, a due passi da Milano. Pura e sincera espressione di tutto questo ‘sistema’ è il Franciacorta: non solo un vino eccellente ma un’integrazione elegante tra passato e presente, capace di affascinare e coinvolgere chiunque abbia il desiderio di sperimentarne l’unicità. Ogni occasione è buona Sempre più richiesto non solo per le occasioni speciali, ma anche per i momenti di tutti i giorni, il Franciacorta è un vino a tutto pasto anche perché gli abbinamenti sono infiniti in base alla tipologia: dai piatti delle tradizioni regionali italiane alle interpretazioni della cucina internazionale. In questa direzione si muove l’accordo di partnership siglato tra Franciacorta e Slow Food Italia per realizzare iniziative studiate ad hoc nelle quali buon gusto e tipicità sono protagonisti esclusivi tra le più significative realtà enogastronomiche italiane. Franciacorta, inoltre, sta esplorando nuovi segmenti di mercato in linea con il posizionamento consolidato nei più esclusivi settori dedicati ai prodotti di alta
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gamma. Ecco quindi le collaborazioni con prestigiose case automobilistiche come Maserati, Porsche, Mercedes e l’importante partnership stretta con la Camera Nazionale della Moda Italiana. Il Franciacorta è, infatti, il brindisi ufficiale delle sfilate milanesi uomo /donna. Ambito, questo, con il quale condivide artigianalità, eleganza e qualità, ovvero i tratti distintivi del made in Italy nel mondo.
Un po’ di storia Il Franciacorta è stato il primo vino italiano, prodotto esclusivamente con il metodo della rifermentazione in bottiglia, ad avere ottenuto nel 1995 la Denominazione di Origine Controllata e Garantita e nello stesso anno il riconoscimento del metodo di produzione “Franciacorta”, il più rigido al mondo in questa tipologia di vino. Oggi sulle etichette si legge solo la denominazione Franciacorta, come accade in Europa solo per il Cava spagnolo e per lo Champagne. Non uno spumante, quindi: Franciacorta è Franciacorta e rappresenta un caso unico in Italia che, in poco più di 50 anni, grazie alla passione e all’impegno dei suoi produttori, si è affermato quale uno dei più blasonati ambasciatori del migliore made in Italy nel mondo, con un’identità univoca e definita che non si presta ad alcun appiattimento.
Eccellenza sostenibile Ogni visita in Franciacorta sarà, quindi, un’ottima occasione per conoscere questo vino e questa magnifica terra, insieme al suo prezioso patrimonio che continua a stupire unendo il prestigio di un vino alla pura bellezza della natura da cui prende origine, la Franciacorta, capace di fare innamorare gli amanti del bello e del buono che sceglieranno di conoscerla; siano essi appassionati di vino e buona cucina, natura, arte, cultura, oppure di lifestyle, sport, fotografia. Un’offerta di qualità che non teme rivali, orientata alla sostenibilità nel pieno rispetto dell’ambiente. E proprio per l’attenzione da sempre rivolta verso l’ambiente, Franciacorta, primo in Italia, ha avviato un programma volontario di autocontrollo delle emissioni di gas serra. A oggi oltre il 60% dell’area ha aderito a tale progetto e, dal 2010, si è registrata una riduzione di 3 mila tonnellate di emissioni di gas serra relativamente all’area monitorata. Un impegno forte, declinato anche attraverso la tutela del territorio concretizzata in un progetto unico nel suo genere che, insieme alle amministrazioni locali, ha l’obiettivo di ridisegnare una Franciacorta che sappia conservare ed “esportare” la propria bellezza per diffondere un messaggio che parli di lungimiranza, di sensibilità, di coerenza, di qualità. Solo attraverso l’unione e la condivisione della passione per la vita, per la bellezza e per le ‘origini’ si potranno trovare nuovi stimoli da proporre a un turismo sensibile e attento come quello che sempre più è alla ricerca di novità. Franciacorta, con la sua “unione di passioni”, è già all’opera per raccontare il suo sogno.
info@franciacorta.net www.franciacorta.net
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Per cieli nuovi e una nuova terra È racchiuso in questo titolo il senso dell’attività che sta dietro La Madre Terra, marchio presente sul mercato da oltre 25 anni e sinonimo di biologico di alta qualità e attenzione ai diritti di tutti i lavoratori
Chi ha avuto la possibilità di assaggiare i prodotti a marchio La Madre Terra sa bene quanto gustosi possano essere: creme vegetali, marmellate, mieli, oli, paste e tutte le altre leccornie prodotte nell’entroterra riminese però nascondono un segreto ancora più “buono”. La lavorazione dei prodotti infatti avviene nel laboratorio La Pietra Scartata in cui ogni giorno operatori, tecnici qualificati e persone con vari disagi, lavorano insieme aiutandosi. Questa realtà fa parte della cooperativa sociale La Fraternità, espressione dell’Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII, che da anni s’impegna nel vasto ambiente dell’emarginazione e della povertà, attraverso la condivisione diretta e nell’impegno a rimuovere le cause che creano l’ingiustizia, con un’azione non violenta. Oggi lavorano all’interno del laboratorio 35 persone circa, di cui 20 accolti a causa del loro disagio psichico o fisico, un’équipe di 10 operatori con diverse funzioni di responsabilità, alcuni ragazzi dimessi dal carcere con forme alternative e, periodicamente, gruppi di giovani che desiderano sperimentare la ricchezza della diversità nella condivisione sul lavoro.
Laboratorio La Pietra Scartata Via Galvani, 3 San Clemente (Rn) Tel. 0541857522 www.lamadreterra.com
Antidoti al conformismo alimentare Una produzione biologica, quella de La Madre Terra, che si arricchisce e si completa grazie al rapporto privilegiato con piccoli produttori nazionali, fattorie didattiche e cooperative sociali, meglio se locali, o realtà del commercio equo e solidale, e una distribuzione altrettanto fuori dai grandi circuiti commerciali. Tra le novità dell’ultimo catalogo, la crema di ceci e cavolfiori dal delicato e gustoso sapore autunnale, il succo e polpa di kiwi per un pieno di salute ed energia e ancora le pagine dedicate al “Natale Solidale di Qualità”, per un regalo davvero speciale!
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Giovane... come l’aglio Trattato con un innovativo procedimento che, mantenendone inalterate le proprietà, ne elimina i noti “inconvenienti”, l’Aglio Sanitas è un concentrato di benessere, non viene solo proposto in diverse varianti ma anche impiegato per realizzare ottimi liquori I benefici derivanti dal consumo di aglio sono numerosi e dimostrati. Noto sin dalla preistoria, la prima “prescrizione” risale a un’incisione su argilla in caratteri cuneiformi del 3000 a.C.; gli Egizi ne furono grandi consumatori e ne elargivano in abbondanza al personale e agli schiavi addetti alla costruzione delle piramidi per preservarli dalle malattie infettive. Anche gli antichi romani lo amavano molto e Ippocrate, padre della medicina, nei suoi scritti ne esalta le virtù e i benefici. Il perché di tanto successo? Perché “giovane come l’aglio” non si riferisce solo alla sua caratteristica di fiorire prima delle altre piante in primavera, ma anche alle sue tante proprietà medicamentose che aiutano a mante-
nersi in forma e dunque giovani. Fra queste, spiccano la capacità di ridurre il colesterolo e l’aggregazione piastrinica, causa di molti fenomeni trombotici, e di abbassare la pressione arteriosa grazie alla sua azione di vasodilatazione. È particolarmente indicato nella protezione delle vie respiratorie primarie ed è un toccasana per il sistema nervoso grazie al suo contenuto di fosforo e zolfo che svolgono un’azione sedativa e calmante. Aglio Sanitas, trattato per facilitarne l’assunzione, può aiutarci a curare parecchi disturbi e a mantenere l’equilibrio del nostro organismo. È comunque importante sottolineare che Aglio Sanitas non è un farmaco, ma un gustosissimo alimento che fa bene alla nostra salute.
Aglio Sanitas – C.M.G. Via M. Gonzaga, 3 Milano Tel. 338.5072228/5009763 www.agliosanitas.com
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L’oliva che conquisterà il mondo Dalla Calabria alla Cina, passando per gli Stati Uniti. Sono questi prossimi i mercati destinati a conoscere il gusto della Bella di Cerignola e della Calcidica; eccellenze italiane che è possibile gustare in varie declinazioni, grazie alla passione e alla competenza della famiglia Brandi Si fa presto a dire “olive”; ma che cosa c’è dietro? Passione, lavoro duro e soprattutto un obiettivo: mantenere il prodotto identico a come la Natura lo ha generato. Solo con queste premesse un’oliva diventa un vero prodotto di eccellenza. Certo, il punto di partenza è costituito da ceppi attentamente selezionati delle varietà Bella di Cerignola e Calcidica, ma la messa a dimora nella terra rossa della Piana di Sibari, la cura filiale dedicata dalla famiglia Brandi alle piante, e tecniche di coltivazione mirate a una resa molto bassa, consentono di ottenere drupe di dimensioni quasi miracolose. Il resto consiste nel fare il meno possibile: raccolta manuale, trattamento in salamoia col minimo di invasività e un delicato confezionamento, che nei vasetti in vetro consente anche la pastorizzazione e quindi una shelf life prossima ai due anni. Il risultato? Un frutto dal colore naturale e dal sapore appena esaltato dalla lieve salinità del liquido di conserva: un gusto e una freschezza che danno immediatamente il senso e il calore di un prodotto di altri tempi; si riconosco-
no qui i preziosi consigli forniti dalla mamma Teresa. È in linea con questa filosofia che l’azienda Brandi ha dato vita a una filiera interamente made in Italy, arrivata a conquistare i mercati di Olanda, Svizzera, Germania e Austria; all’orizzonte anche Cina e Stati Uniti. Non è poco per una realtà familiare e artigianale, che è partita con 60 ettari di terreno, e ha acquisito, nei suoi 20 anni di attività, un apprezzamento che merita di espandersi ben oltre il confine regionale, come effettivamente sta avvenendo. A prezzi, poi, da vera occasione, date le peculiarità del prodotto. Il range di produzione include le classiche olive in salamoia (“al naturale”), in secchielli da 500 gr, 3 o 5 kg (peso sgocciolato); oppure in vasi da 280 gr a lunga conservazione. È disponibile anche la versione “saporita”, con le olive denocciolate e marinate (dolci, piccanti, al tonno); presto sul mercato anche le olive nere. L’azienda Brandi è presente ai più importanti eventi fieristici quali Vinitaly, Tutto Food, Anuga, Trieste, Gustocortina, sempre protagonista e oggetto di apprezzamento crescente.
Azienda Agricola Brandi Mario C.da Macchia San Pietro Cassano Ionio (Cs) Tel. 0981.70593/338.9759056 www.olivebrandi.it
selezioni foto: Luca Vangelisti
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Come tradizione vuole... Quella di Villa Toscana è una produzione di altissima qualità, nel rispetto delle principali norme sanitarie e della sostenibilità. Un’azienda sulla Costa degli Etruschi da visitare in ogni momento dell’anno per conoscere e gustare i prodotti freschi o confezionati a marchio Toscanogoloso
foto: Luca Vangelisti
Villa Toscana località Granai – Venturina Campiglia Marittima (Li) Tel. 0565.853462 – www.villatoscanavacanze.it foto: Luca Vangelisti
Quella di Villa Toscana è una realtà sfaccettata e completa, votata in tutte le sue espressioni alla qualità. La produzione si estende su circa 24 ettari coltivati direttamente nel contesto di una fertile vallata caratterizzata storicamente dalla produzione di ortaggi, frutta e cereali, con grandi distese di campi di grano e girasoli. Fanno da cornice alla valle, da un lato, colline coperte da vigneti e uliveti argentati, dall’altro il mare. Le principali coltivazioni di Villa Toscana sono dunque cereali, soprattutto grano e girasoli, e una ricca varietà di ortaggi in pieno campo tra cui lo spinacio e il carciofo violetto della Val di Cornia considerati dalla regione Toscana prodotti agroalimentari tradizionali; su piccole porzioni di terreno si sono impiantati ulivi per la produzione di olio extravergine ottenuto da cultivar certificate tipo Leccino, Frantoio e Moraiolo, riconosciute tra le più importanti per l’ottima qualità dell’olio che permettono di ottenere. A Villa Toscana, che fa anche agriturismo, quindi è possibile assaggiare e acquistare direttamente i prodotti freschi e trasformati in speciali confetture di frutta e ortaggi, carciofini, melanzane e zucchine sott’olio, creme e conserve vegetali a marchio Toscanogoloso. Prodotti ottenuti secondo ricette tipiche, con lavorazione fatta a mano nel rispetto della stagionalità delle produzioni e senza l’uso di conservanti o additivi chimici, ma solo utilizzando le materie prime freschissime della propria azienda o di altre aziende locali, sulla costa degli Etruschi, al fine di garantire la tracciabilità di ogni prodotto della semina alla vendita. Sono piccole eccellenze toscane, dedicate ai buongustai e create con passione nell’intento di esaltare tipicità e genuinità!
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Piatti che fanno la storia La giovane azienda Lunigiana Preziosa ha deciso di recuperare, valorizzare ed esportare due tra le principali tipicità di quella rigogliosa zona di Toscana al confine con la Liguria, ovvero i Testaroli, il formato di pasta più antico al mondo, e il Panigaccio, versatile prodotto da forno dalla fragranza del pane
Farina, acqua, sale e tanta fantasia
Nata nel febbraio 2010, l’azienda Lunigiana Preziosa è una piccola realtà vocata alla produzione delle eccellenze della tradizione locale, i Testaroli, secondo alcune fonti il formato di pasta più antico le cui tracce vanno ricercate fin nelle cucine dell’Antica Roma, e il Panigaccio. Primo piatto nobile dalla cucina contadina, i Testaroli sono soffici dischi di pasta morbida e porosa del diametro di 40 cm circa, realizzati con pochi ingredienti semplici e naturali: farina, acqua e sale. Da tradizione, la cottura avviene nei “testi”, da cui il prodotto trae il suo nome, grosse teglie circolari originariamente realizzate in argilla. L’azienda, tra le pochissime che portano avanti questa antica tradizione, si è dotata di forni progettati ad hoc per la realizzazione di un prodotto fedele alla ricetta originaria, che per la particolarità della lavorazione, rischierebbe altrimenti di andare perduta. Lunigiana Preziosa produce confezioni da 250 gr di Testaroli già tagliati a rombi, o nel classico formato a disco intero da tagliare in un secondo momento. Il procedimento è semplice: portate a ebollizione dell’acqua salata in una pentola capiente e immergete il Testarolo a rombi giusto il tempo necessario a reidratarsi. Estraete quindi delicatamente i rombi con un mestolo forato e adagiateli, ben scolati, nel piatto da portata. Condite a piacere. Un testarolo da 420 gr corrisponde a tre porzioni.
Anche il Panigaccio è un prodotto da forno tipico della Lunigiana, precisamente di Podenzana. Una sorta di focaccina senza lievito, di forma tonda e colorito dorato. Composto da farina, acqua e sale, il profumo e il sapore sono quelli del pane cotto a legna. La sua unicità sta nel metodo di cottura tradizionale, che avviene su testelli di terracotta arroventati sulle braci e posti a piramide, l’uno sull’altro, tra i quali viene colata la pastella. Per gustarli è sufficiente scaldarli per qualche minuto in forno a 160-180° e accompagnarli ancora fumanti a pancetta, lardo, salame e prosciutto, oppure formaggi morbidi come caciotte, stracchino, gorgonzola o ricotta. Il Panigaccio si presta anche a svariate farciture di fantasia: pomodori, paté di olive nere, crescenza. Insalate, filetti di alici marinate, olive taggiasche ed erba cipollina. E ancora: stracchino, zucchine e melanzane grigliate ed acciughe sott’olio. Stuzzicanti anche a fine pasto con cioccolata, miele o marmellata spalmata.
Testaroli con sugo di broccoli e salsiccia Ingredienti per 4 persone: 500 gr di broccoli 2 salsicce 1/2 bicchiere di vino 1 spicchio d’aglio 1 cipolla 2 cucchiai di olio d’oliva sale qb Procedimento: Scottare i broccoli in acqua salata per 10 minuti. Nel frattempo preparare in padella un soffritto con olio d’oliva, aglio e cipolla. Aggiungere le salsicce sminuzzate, sfumare con il vino bianco e infine posare i broccoli, aggiustando di sale. Continuare la cottura per circa 10/15 minuti a fuoco basso amalgamando bene il tutto e procedere quindi al condimento dei nostri testaroli. Lunigiana Preziosa area artigianale S. Giustina Pontremoli (Ms) Tel. 0187831459 www.terraeluni.it
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CATALOGO REGALI
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Natale 2013
cesti grandi
€ 155,00
CeStO Grand Gourmand • Brunello di Montalcino cl 75 (Toscana) • Bollicine Saten Franciacorta cl 75 (Lombardia) • Olio extravergine al tartufo bianco cl 25 (Lazio) • Aceto balsamico di Modena Invecchiato cl 25 (Emilia Romagna) • Grana Padano riserva gr 450 (Lombardia) • Soppressata di suino nero gr 350 (Calabria) 156
novembre 2013
• Fettuccine di Campofilone ai funghi porcini gr 500 (Marche) • Pasta di Gragnano Caserecce gr 500 (Campania) • Pistacchi sgusciati di Bronte gr 100 (Sicilia) • Colatura di alici cl 100 (Calabria) • Carciofini aglio e menta gr 190 (Sicilia) • Crostino toscano gr 90 (Toscana)
• Polenta al tartufo nero gr 440 (Umbria) • Confettura di gelsi neri gr 140 (Sicilia) • Controfiletti di alici gr 180 (Calabria) • Ragù di suino di cinta senese gr 180 (Toscana) • Uova di lompo gr 100 (Danimarca) • I Pezzettoni gr 190 (Basilicata) • Pesto siciliano gr 250 (Sicilia)
CeStO mediterraneo • Pappardelle di Campofilone gr 250 (Marche) • Ragù ai funghi porcini gr 190 (Toscana) • torrone al pistacchio gr 150 (Campania) • Carciofini nonna Peppa gr 180 (Sicilia) • Olio extravergine d’oliva biologico cl 50 (Calabria) • Marmellata di peperoni di senise gr 90 (Basilicata) • Patè d’aglio gr 190 (Lombardia) • taralli all’olio extravergine d’oliva gr 300 (puglia) • Lambrusco di Sorbara cl 75 (Emilia) • Pasta di Gragnano “Casarecce” gr 500 (Campania) • Croccantini di Benevento gr 300 (Campania) Cesto e confezionamento
€ 53,70
CeStO bioloGico
€ 59,00
• Spaghetti di Gragnano gr 500 (Campania) • Pasta di farro e ceci gr 500 (Emilia Romagna) • Pomodoro ciliegino e datterino gr 330 (Sicilia) • Carciofini aglio e menta gr 200 (Sicilia) • Farina ai 4 cereali 1 kg • Zuppa di legumi e orzo perlato gr 300 (Emilia Romagna) • Marmellata ai frutti di bosco gr 240 (Campania) • Olio extravergine d’oliva cl 50 (Sicilia) • Pesto al basilico gr 300 (Liguria) • Bonarda fermo o frizzante cl 75 (Lombardia) • Biscotti al kamut gr 300 (Lombardia) • Crackers all’olio extravergine di oliva (biologico) Cesto e confezionamento novembre 2013
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Natale 2013
cesti grandi
CeStO contadino • Pasta di Gragnano fusilli gr 500 (Campania) • Pasta di Franciacorta tortiglioni gr 500 (Lombardia) • Sugo alla boscaiola gr 190 (Toscana) • Salsiccia calabrese dolce o piccante gr 200 (Calabria) • Caciottella al pistacchio gr 240 (Lombardia) • Nero d’Avola cl 75 (Sicilia) • torrone nocciola gr 150 (Campania) • Olio extravergine d’oliva bio cl 50 • Farro perlato gr 500 (Emilia Romagna) • Orzo perlato gr 500 (Emilia Romagna) • Legumi secchi gr 300 (Emilia Romagna) • Caponata di carciofi gr 200 (Sicilia) • Caponata di melanzane gr 200 (Sicilia) • Riso da 1 Kg (Lombardia) • Caffe’ torrefazione artigianale (Lombardia) • Passata pomodoro 700 ml (Calabria) Cesto e confezionamento
€ 58,00
CeStO senza Glutine • Pasta di mais gr 250 fusilli (Veneto) • Pasta di mais gr 250 rigatoni (Veneto) • Pasta di mais gr 250 penne (Veneto) • Fusilli multicereali gr 340 gr (Campania) • Pomodoro ciliegino 100% siciliano gr 330 (Sicilia) • Sugo all’ortolana gr 330 (Sicilia) • Olio extravergine d’oliva biologico cl 50 (Calabria) • Biscotti farciti al cacao gr 200 (Lombardia) • Biscotti riso e yogurt gr 250 (Lombardia) • Frollini al cacao gr 250 (Lombardia) • Plumcake con gocce di cioccolato gr 160 (Lombardia) • Bruschetta al basilico gr 180 (Sicilia) • Brut Rosè cl 75 (Veneto) Cesto e confezionamento 158
novembre 2013
€ 55,00
CeStO prima colazione • Succo di frutta alla mela bio 50 cl (Veneto) • Succo di carota 50 cl (Veneto) • Succo d’uva 33 cl (Emilia Romagna) • Fette biscottate di kamut bio senza zuccheri aggiunti gr 200 (Lombardia) • Fiocchi di kamut bio gr 250 (Lombardia) • Frollini al cacao gr 250 (Lombardia) • torrone artigianale al cioccolato gr 150 (Campania) • Confettura di pesche cacao e mandorle gr 250 (Emilia Romagna) • Confettura di gelsi neri gr 140 (Sicilia) • Scorzette di arance di Sicilia gr 140 • Confettura di mirtilli bio gr 300 (Campania) • Crema di pistacchio gr 190 (Sicilia) • Farro soffiato gr 150 (Emilia Romagna) • Miele di arancio di Sicilia gr 240 Cesto e confezionamento
€ 65,00
“
Non c’é amore più sincero di quello per il cibo. I 4800 prodotti tipici italiani, rappresentano ben 2000 anni di contaminazione culturale
”
novembre 2013
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Natale 2013 MAGNUM 1
MAGNUM 2
MAGNUM 3
triacca Prestigio 2006
tenuta ambrosini Brut
Viticultori assoc. canicattì Scialo Nero d’Avola - Syrah
€ 55,00
MAGNUM 4
abbadia ardenga Brunello di Montalcino 2004
€ 130,00 160
magnum
novembre 2013
€ 46,00
€ 30,00
non è ciò che entra “ Il male nella bocca dell’uomo, ma ciò che ne esce ”
Natale 2013
panettone Bacco
CeStO contadino + PANettONe al pistacchio
€ 83,00 • Pasta di gragnano fusilli gr 500 (Campania) • Pasta di Franciacorta tortiglioni gr 500 (Lombardia) • Sugo alla boscaiola gr 190 (Toscana) • Salsiccia calabrese dolce o piccante gr 200 (Calabria) • Caciottella al pistacchio gr 240 (Lombardia) • Nero d’Avola cl 75 (Sicilia) • torrone nocciola gr 150 (Campania) • Olio extravergine d’oliva bio cl 50 • Farro perlato gr 500 (Emilia Romagna)
• Orzo perlato gr 500 (Emilia Romagna) • Legumi secchi gr 300 (Emilia Romagna) • Caponata di carciofi gr 200 (Sicilia) • Caponata di melanzane gr 200 (Sicilia) • Riso da 1 Kg (Lombardia) • Caffe’ torrefazione artigianale (Lombardia) • Passata pomodoro 700 ml (Calabria) • Panettone al pistacchio gr 900 (Sicilia) Cesto e confezionamento
• Possibilità di abbinare il Panettone al pistacchio dell’Azienda Bacco a qualsiasi cesto
bacco Panettone al pistacchio gr 900
€ 25,00
• Possibilità di creare cesti personalizzati novembre 2013
161
italiafoodwine Il mercato giusto
RIePILOGO PReZZI cesti grandi
Grand Gourmand Mediterraneo Biologico Contadino Senza glutine Prima colazione conserve e confetture
Agrumi mix tris di mare Happy hour Dolce risveglio tris siciliano 1 Gusto mediterraneo tris siciliano 2 tris siciliano 3 Un mondo di pesche Carciofi mix A tutto aglio grande A tutto aglio piccolo
e 155,00 e 53,70 e 59,00 e 58,00 e 55,00 e 65,00
e 15,70 e 19,40 e 9,90 e 16,20 e 15,80 e 16,40 e 18,30 e 15,00 e 19,20 e 16,90 e 31,00 e 15,50
Vdg market
Via Ungaretti, 7 - Cernusco sul Naviglio (Mi) e-mail: vdgmarket@vdgmagazine.it
AMPIO PARCHEGGIO Dal 3 novembre siamo aperti anche la domenica
vini e spumanti
Vini di Sicilia Vini di Puglia Spumanti 1 Spumanti 2 Secchio Montalcino Secchio aperitivo trio casa Montini Vini Pantelleria Cantine del Notaio A tutta birra
e 18,90 e 15,00 e 33,90 e 45,50 e 51,40 e 49,90 e 18,90 e 22,90 e 37,00 e 26,50
magnum
Magnum 1 Magnum 2 Magnum 3 Magnum 4
e 55,00 e 46,00 e 30,00 e 130,00
panettone bacco Cesto contadino + e 83,00
panettone al pistacchio Panettone al pistacchio e 25,00 per ordinare Tel. 02/94433020 www.vdgmagazine.it foto catalogo di Giulio Barreri