VdG Magazine Viaggi del Gusto Aprile 2013

Page 1

NU

EUROVO PRE O 3 ZZO ,90

9 772039 887006

30025

APRILE 2013

VDG MAGAZINE I VIAGGI DEL GUSTO | ANNO 3 | N.25 | MENSILE | Poste Italiane S.p.A. – Spedizione in abbonamento postale – D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art. 1, comma 1, Aut. C/RM/19/2011 | Belgio Euro 9,30 | Canton Ticino Ch.Fr. 11,50 | Costa Azzurra Euro 11.90 | Stati Uniti

maGazine

i Viaggi del Gusto

9>;<C7D?7 JKJJ7 BÊ?J7B?7 >7 B; C7D? ?D F7IJ7

>c Ik ^beVooVcd aZ igVhb^hh^dc^ Y^ XjX^cV! hja lZW hededaV ^a [ZcdbZcd Hdc^V EZgdcVX^ 9?8E J;HH?JEH?E

9EDIKC? ; J;D:;DP;

I7BKJ; ; 7B?C;DJ7P?ED;

F;HIED7==?

L?7==? B;JJ;H7H?

H?IJEH7DJ? ?J7B?7D? D;B CED:E

Asparagi d’Italia Carne e tradizioni religiose Giuseppe Pulina Lorella Cuccarini

La tecnologia in tavola Vini e mercati mondiali Mantova, Barcellona e Reggio Calabria

Pomodori: i consigli della Fondazione Veronesi

Il Pantagruel di Kiev

Il marchio che certifica i migliori hotel e ristoranti in Italia e nel mondo



The new Fragrance for Her



magazine

editoriale

di Domenico Marasco

domenico.marasco@vdgmagazine.it

Caro governatore Maroni, difenda “il territorio”. Ma non a parole. Cari lettori, come avete potuto vedere, con questo numero abbiamo dato una rinfrescata alla nostra testata, apportando un tocco di freschezza e modernità al nostro VdG, ma l’animo combattivo e lo spirito di servizio del giornale rimangono quelli di sempre. Tante cose sono accadute in quest’ultimo mese per noi e per il mondo intero. La più importante è certamente la nomina di un Papa “preso alla fine del mondo”. Papa Francesco, come sapete, viene dall’Argentina e con i suoi primi gesti ha già fatto capire che la Chiesa dev’essere povera e stare innanzitutto “in mezzo agli ultimi”. Ci viene in mente che una cosa simile la diceva Don Giussani, riferendosi alla politica. Siamo d’accordo: la politica è “una cosa alta” che deve occuparsi degli uomini, partendo dagli ultimi. Appunto. E ci piacerebbe che i cari amici che si occupano di politica, lo tenessero sempre a mente. A questo proposito, con l’occasione, diamo il benvenuto a Roberto Maroni quale nuovo Governatore della Lombardia. Al neopresidente della regione più importante d’Italia, vorrei raccontare la storia del mio amico Francesco Invernizzi, “casaro” di Gorgonzola, alle porte di Milano. Una tipica vicenda di assurda burocrazia, quella che ostacola le imprese e ingessa l’economia. Francesco Invernizzi produce squisite mozzarelle che però può vendere al pubblico solo in via diretta. Non può fornire cioè il suo prodotto ad alcun negozio di generi alimentari, perché non ha il bollo CE che è troppo costoso e pertanto fuori dalla portata di questo piccolo casaro. Ora, qualcuno dovrebbe spiegarci però, perché se il nostro amico può vendere ai privati, non può fornire invece anche il negozio. Che logica è mai questa? Ve lo diciamo noi: una logica priva di logica (e scusate

il bisticcio di parole) che ha come unico effetto quello di limitare le vendite del produttore. Il quale, allo Stato, non ha mai chiesto e non chiede, nemmeno adesso, alcun aiuto né sovvenzione. Chiede semplicemente che non venga ostacolata la sua legittima attività commerciale. Noi, in questa sede, vogliamo perorare la sua causa presso il dirigente generale del Dipartimento Agricoltura della Regione Lombardia: dottor Picco, la preghiamo di adoperarsi per eliminare presto questi inutili orpelli burocratici e fare in modo che ogni piccolo produttore come il signor Invernizzi, possa fornire almeno le rivendite di generi alimentari del suo territorio. Nel frattempo, non ci resta che sperare che accanto al caseificio di Francesco, non apra il solito negozio che vende i formaggi comprati alla Metro o in arrivo da qualche parte dell’Europa. Sarebbe davvero una beffa. La morale di questa storia è che si parla tanto di “chilometro zero”, di “ecosostenibilità”, di “difendere le produzioni locali” e poi però non si fa niente per i piccoli produttori del territorio. Anzi si favoriscono in tutti i modi quelli che arrivano da fuori. E poi scoppiano gli scandali alimentari, come quello della carne di cavallo venduta come carne di manzo. Ricordiamocelo sempre: la qualità e la genuinità di quello che finisce ogni giorno dentro la nostra bocca dipende anche dalla burocrazia e dalle normative che adottiamo. E auguriamoci che i nostri politici – a partire dal neogovernatore Maroni – difendano non solo a parole, il territorio. A proposito di territorio, il nostro giornale dal mese scorso ha avviato una collaborazione con “Ospitalità Italiana”, il marchio delle Camere di Commercio che certifica e promuove la qualità degli alberghi e dei ristoranti in Italia e nel mondo. Questo è quello che si chiama “fare”. Buon Viaggio del Gusto.

aprile 2013

5


sommario sommario aprile 2013

80 12 Dall’Italia e dal mondo

50

16 La salute nel piatto

Pomodori e licopene

18 Scenari alimentari

Il mercato mondiale del vino

20 Scienza e vita

Carne e tradizioni religiose

22 Almanacco di Barbanera

68

24 Appuntamenti

Cover story Dalla tv al web, impazza la “chef-mania”. Trasmissioni, reality e blog di cucina la fanno da padrone. Tutti vogliono diventare “master chef” e le nuove star dello spettacolo hanno il cappello da cuoco e la divisa stellata. Ma siamo sicuri che non sia tutto un fenomeno mediatico? Lo abbiamo chiesto ai cuochi di ieri e di oggi

panorama

cibo&territorio

36 Coverstory: chefmania!

64 Gli asparagi

48 Lo studio: italiani & fornelli 50 Personaggi: Giuseppe Pulina

Il futuro del mondo è nell’agricoltura? Ne parliamo con un’autorità in materia

54 Cibo & tecnologia Smartphone e tablet cambiano anche il modo di mangiare: scopriamo come

58 Lorella Cuccarini “La più amata dagli italiani” si racconta alle nostre inviate del gusto Isoardi e Gula

60 Ospitalità italiana: Kiev Un angolo di Rinascimento italiano nel cuore d’Ucraina: il ristorante Pantagruel

Storia, segreti, virtù e impieghi in cucina dell’ortaggio che fa tipicamente primavera

68 Le Dolomiti friulane Tra le montagne pordenonesi a scoprire il lato più genuino e autentico del Friuli

72 L’olio del Molise Nasce dai ricchi uliveti di una terra spesso dimenticata: un patrimonio da riscoprire

74 Wine passion: il Gutturnio Un vino rosso frizzante, brioso e generoso. Come gli abitanti delle terre piacentine

76 Claudia Mazzetti d’Altavilla La regina della grappa: ha trasformato un piacere rude in un distillato di femminilità

78 Il buono a tavola, la cucina fusion 80 Orto dei semplici, lo spinacio In copertina: Sonia Peronaci di Giallo Zafferano (foto Folcolini)

6

aprile 2013


h4*$*-*"/*44*."v ร MB OVPWB DPMMF[JPOF EJ HJPJFMMJ lSNBUB EBMMB EFTJHOFS (*6-*"/"EJ'3"/$0 /BUB EBM DPOOVCJP DPO MF $&3".*$)& %& 4*.0/& MB DPMMF[JPOF TJ JTQJSB B UFNJ EFMMB USBEJ[JPOF QPQPMBSF TJDJMJBOB SJQFSDPSSFOEPOF TFOUJFSJ F JNNBHJOBSJ 1F[[J VOJDJ EBM TBQPSF NFEJUFSSBOFP F DPTNPQPMJUB SFBMJ[[BUJ DPO NBFTUSJB BSUJHJBOBMF 5IF QMFBTVSF UP XFBS BO VOJRVF KFXFM UIBU UFMMT 4JDJMZ BOE UIF .FEJUFSSBOFBO TFB ะญะบั ะบะปั ะทะธะฒะฝั ะต ั ะฒะตะปะธั ะฝั ะต ั ะบั ะฐั ะตะฝะธั ะฒ ั ั ะตะดะธะทะตะผะฝะพะผะพั cะบะพะผ ั ั ะธะปะต ะธ ั ะธั ะธะปะธะนั ะบะธั ั ั ะฐะดะธั ะธั ั : ั ะพั ะถะตั ั ะฒะพ ะฒะบั ั ะฐ, ั ะฝะธะบะฐะปั ะฝะฐั ั ะฒะตั ะพะฒะฐั ะผะพะทะฐะธะบะฐ ะดั ะฐะณะพั ะตะฝะฝั ั ะบะฐะผะฝะตะน, ะพั ั ั ะตะฝะธะต ั ะพั ะบะพั ะธ, ะบั ะฐั ะพั ั ะธ ั ะพะฒะตั ั ะตะฝั ั ะฒะฐ.

5BPSNJOB .F 13044*." "1&3563" /&(0;*0 .0/0."3$" WJB 4 1BODSB[JP Q UB .FTTJOB

$BUBOJB (JPJFMMFSJB 4"(650 D TP *UBMJB 4DPSEJB $U (JPJFMMFSJB ,3&" Q [B 3FHJOB .BSHIFSJUB -FPOGPSUF &O GBDUPSZ F TIPX SPPN WJB 1PSUB 1BMFSNP JOGP

888 (*6-*"/"%*'3"/$0 $0.


sommario sommario aprile 2013

100

88

112

inviaggio

piaceri

88 Mantova

108 I piaceri di Bacco

Dialogo immaginario con Virgilio sullo storico legame tra la città e la cultura

Enologo o alchimista? Donato Lanati ci spiega tutte le differenze e le sfumature

92 Reggio Calabria Dal mito di Ulisse allo sbarco dei Mille:

112 Le mani raccontano Franco Rotella, architetto e designer con

percorsi letterari nella città dello Stretto

96 Barcellona Nella capitale catalana sulle tracce di Vázquez Montalbán, scrittore di gusto

100 L’Italia in mostra: Ancona Arte, romanticismo e buona cucina: tre ottime ragioni per visitare la città dorica

104 Viaggi per tutte le tasche

la passione per “il gusto di progettare”

114 Bellezza e benessere 116 Camera con vista 117 Il ristorante, Tenuta Ambrosini 118 Week-end cultura 119 Week-end business 120 Soste d’arte 122 Libri 123 Spettacoli 124 Shopping 125 Trendy

8

aprile 2013

126 Le selezioni di VdG

124



contributors aprile 2013 magazine

i Viaggi del Gusto RAFFAELE ROMEO Calabrese di nascita, ma da una vita a Milano. Dove ha insegnato Scienze del Turismo alla Bicocca e diretto alberghi e ristoranti. Oggi è docente all’istituto alberghiero Carlo Porta. Per lui la formazione professionale in questo settore è un vero pallino, come ci spiega a pag. 38

Direttore Responsabile Domenico Marasco Coordinatore editoriale Francesco Condoluci Grafica e impaginazione Daniel Addai Carlo Fontana Editing Gilda Ciaruffoli

GIAN MARCO FOLCOLINI Firenze gli ha dato i natali nel 1989. Milano invece l’ha fatto studiare in accademia e inserito nel mondo della fotografia di moda. Qualche anno da fotoritoccatore , e poi il salto nel food e nello still-life, dove s’è fatto “ingolosire” dal sito di cucina Giallo Zafferano, al quale da un anno dedica anima e... obiettivo. A pag. 44-46

Foto Editor Giuseppe Magaretti Gianluca Congiu Editore: Opera Italia Srl Via Pola, 15 20124 Milano Presidente: Roberto Patti Stampa: PuntoWeb Srl 00040 Ariccia (Roma) Distribuzione Italia ME.PE. S.p.A.

Abbonamenti Opera Italia Srl Via Pola 15 - 20124 Milano Tel. 02.89.053250 fax 02.89053284 Il Servizio abbonati è in funzione dal lunedì al venerdì dalle 10,00 alle 12,30. abbonamenti@vdgmagazine.it L’abbonamento può avere inizio in qualsiasi periodo dell’anno. L’eventuale cambio di indirizzo è gratuito. Informare il Servizio abbonati almeno 20 giorni prima del trasferimento, allegando l’etichetta con la quale arriva la rivista. GARANZIA DI RISERVATEZZA PER GLI ABBONATI L’Editore garantisce la massima riservatezza dei dati forniti dagli

abbonati e la possibilità di richiederne gratuitamente la rettifica o la cancellazione ai sensi dell’art. 7 del D. leg. 196/2003 scrivendo a: Opera Italia Srl Sede legale: via Pola 15 20124 Milano Redazione: via Pola 15 20124 Milano tel. 0289053250 fax 0289053290 Registrazione Tribunale di Milano n. 92 del 10/02/2011

L’editore ha ricercato con ogni mezzo i titolari dei diritti fotografici senza riuscire a reperirli. È ovviamente a piena disposizione per assolvere quanto dovuto nei loro confronti

Sito: www.vdgmagazine.it Segreteria: Monia Manzoni - Tel. 02.89053250 - ufficiotraffico@vdgmagazine.it

Per la vostra pubblicità: OPERA ITALIA Srl Via Pola 15 - 20124 Milano Tel. 02 89053250 - fax 02 89053290 e-mail: ufficiotraffico@vdgmagazine.it

Direttore commerciale: Ruggero Marasco

Prenotazione spazi e ricevimento impianti

tel. 02 89053250 - ufficiotraffico@vdgmagazine.it N.B. Ci riserviamo il diritto di accettare solo la comunicazione pubblicitaria coerente con i contenuti e le immagini della testata.

Cerchiamo agenti e venditori di spazi pubblicitari

Viaggi del Gusto Magazine e AirOne Magazine cercano persone di professionalità affermata, o da formare, nel settore della vendita di spazi pubblicitari e nel ruolo di agenti di commercio. L'area di lavoro è individuata nelle seguenti regioni: Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna, Toscana, Calabria, Campania, Liguria. I candidati interessati sono invitati a spedire il proprio curriculum a

ufficiotraffico@vdgmagazine.it

hanno collaborato a questo numero:

DONATO LANATI Lo chiamano l'enologoscienziato. È uno dei winemaker più prestigiosi al mondo. Nelle classifiche del prestigioso Wine Spectator, i "suoi" vini sono sempre tra le prime posizioni. Cè bisogno di aggiungere altro? Sì, che nel suo laboratorio enologico nel Monferrato, ci tiene i corsi, l'università. pag. 108

10

aprile 2013

Germana Cabrelle Olga Carlini Gilda Ciaruffoli Elena Conti Claudia Dagrada Alba De Gasperis Silvana Delfuoco Maria Pia Fanciulli Paola Gula Elisa Isoardi Riccardo Lagorio Lucia Lipari Nomisma Giuseppe Pulina Roberto Rabachino Antonio Romeo Giovanni Romeo Ida Santilli Fondazione Veronesi Saro Trovato

collaboratori&ambasciatori Abruzzo Michele Caracino Gaetano Castaldi Piergiorgio Greco Basilicata Isa Grassano Angela Pino Calabria Salvatore Chiarella Giacomo Giovinazzo Lucia Lipari Antonio Romeo Campania Ferdinando Cappuccio Luisa Del Sorbo Rosalia Imperato Emilia-Romagna Luca Campana Marco Landucci Chiara Mojana Luca Sardi Friuli Venezia-Giulia Valentina Coluccia Marina Tagliaferri Lazio Domenico Bruno Alessandro Mei Giovanni Merone

Stefania Monaco Francesca Oliverio Liguria Alessandro Baffigi Barbara Bacigalupo Anna Orlando Lombardia Massimiliano Bruni Alba De Gasperis Lorenzo Foti Francesca Frediani Valentina Gavarini Riccardo Lagorio Eugenio Meloni Umberto Mortelliti Aldo Pagnussat Giovanni Romeo Raffaele Romeo Saro Trovato Marche Ferruccio Squarcia Molise Giovanni Scapagnini Ida Santilli Piemonte Silvana Delfuoco Paola Gula Elisa Isoardi Donato Lanati

Roberto Rabachino Puglia Lucrezia Argentiero Bruno Micai Sergio Siciliano Sardegna Roberto Dall’Acqua Annalisa Bernardini Lino Erriu Giuseppe Pulina Sicilia Cesare Aldesino Rosario Ribbene Marco Scapagnini Toscana Elena Conti Marco Ghelfi Rosanna Ercole Mellone Marco Scataglini Trentino Alto-Adige Francesca Negri Umbria M. Pia Fanciulli Valle d'Aosta Flavio Amadei Veneto Germana Cabrelle


Pomodori coltivati sui colli della Puglia

Coltivazione a terra in pieno campo Lavorazione a mano entro 24 ore dalla raccolta Privi di conservanti e senza aggiunta d’acqua www.eaifood.com


dall’Italia e dal mondo

di Francesco Condoluci redazione1@vdgmagazine.it

Carne: gli scandali alimentari non si fermano La Repubblica • Gli scandali alimentari non finiscono mai e per i consumatori c’è poco da stare allegri: l’eco dello scandalo della carne di cavallo non si è ancora spento e già arriva quello della carne di montone. Protagonista, anche questa volta, la Spanghero, azienda del sud della Francia. Che ovviamente si dice ingannata dai fornitori e punta il dito contro i trader che fanno passare i prodotti da un paese all’altro, rendendo quasi impossibile la tracciabilità. Dopo la storia della carne di cavallo finita nelle lasagne alla bolognese della Findus e di altri marchi, la Spanghero era stata autorizzata a riprendere la produzione. Ma in febbraio, secondo le rivelazioni dell’emittente radiofonica Rtl, gli ispettori veterinari hanno scoperto nei suoi magazzini 57 tonnellate di carne di montone di origine britannica, la cui importazione è di fatto vietata in Europa in seguito alla malattia della mucca pazza e dello scrapie. La partita era stata acquistata congelata e doveva servire alla fabbricazione di merguez. Si tratterebbe di una specie di pasta viscosa, che secondo la regolamentazione europea non può essere definita carne e che viene ottenuta passando in speciali apparecchiature le carcasse degli animali. La tecnica è autorizzata per il pollame, ma non per bovini, ovini e caprini che presentano un rischio legato all’epidemia spongiforme bovina o allo scrapie. Ed è proprio il caso delle 57 tonnellate ritrovate alla Spanghero. La carne è stata fornita dalla Draap Trading, che appartiene al trader olandese Jan Fasen, già incriminato nello scandalo della carne di cavallo. 12

aprile 2013

Il commento Ormai è uno stillicidio. Dopo lo scandalo della carne di cavallo, il cosiddetto “horsegate” che, scoppiato in Francia, ha coinvolto in tutto 24 Paesi con più di 200 prodotti ritirati dal mercato tra febbraio e marzo, adesso arriva quello della carne di montone. E domani, potete scommetterci, sarà il turno di un altro settore merceologico. Già, perché l’industria alimentare sta diventando sempre più una sorta di vaso di Pandora, un pentolone che, se scoperchiato, rischia di mettere in discussione la safety di tutti i prodotti presenti nella Grande Distribuzione Organizzata mondiale, nessuno escluso. Un fenomeno inquietante e, purtroppo, non risolvibile solo con l’inasprimento dei controlli nelle filiere alimentari. La normativa, del resto, prevede già prescrizioni e disposizioni precise circa la tracciabilità e la trasparenza, ma evidentemente non basta. Le aziende, come nel caso della francese Spanghero, continuano a giustificarsi scaricando

le responsabilità sui piccoli fornitori. Ma il caso “horsegate” ha dimostrato che a finire all’indice sono anche grandi marchi come Buitoni, Star e Findus: gruppi industriali dai quali, per il prestigio che hanno sui mercati e la storicità dei brand, sarebbe lecito aspettarsi un po’ più di scrupolosità nella scelta dei fornitori. Forse, allora, il problema sta da un’altra parte: e cioè nelle strategie di contenimento dei costi delle holding alimentari che magari, e a maggior ragione in un periodo recessivo, provano a “risparmiare” scegliendo forniture di scarsa qualità e di provenienza non esattamente chiara. In questo caso, avrebbe ragione la Coldiretti quando dice che «le piccole e grandi aziende dell’agroalimentare mondiale dovrebbero evitare di farsi rifornire di prodotti low price e poco trasparenti, pagando invece al giusto prezzo prodotti locali e certificati e dunque sostenibili». Ma forse qui sconfiniamo nel campo della pura utopia.


ALBERTO SARDELLI Grafica e Stampa

Welcome Azienda Agricola e Agriturismo “Le Torri” prop. Campiglioni S.p.A. - Via S. Lorenzo a Vigliano, 31 - 50021 Barberino Val d’Elsa (Fi) - Italia Tel. e Fax +39 055.8076161 - +39 055.8061257 - Skype: aziendaagricolaletorri - www.letorri.net - e-mail: info@letorri.net


rassegna stampa

Safety food: la Cina verso un’agenzia unica South China Morning Post • I leader cinesi stanno discutendo la riorganizzazione degli istituti preposti alla sicurezza alimentare nel paese, nel tentativo di migliorare il processo e ridurre la sovrapposizione delle responsabilità. La decisione del governo della Repubblica Popolare Cinese arriva a seguito dei vari scandali che hanno messo in discussione la safety food e la correttezza nella somministrazione degli alimenti. Nel dibattito, che si è svolto durante l’annuale riunione del Congresso Nazionale del Popolo, si è parlato di unificare le 13 agenzie attualmente incaricate di sicurezza alimentare sul modello della U.S. Food and Drug Administration americana, ovvero un unico ente preposto alla sorveglianza e al rispetto delle norme di sicurezza alimentare.

Francia: il 2014 sarà l’anno del turismo della memoria www.tourmag.com • Il 2014 sarà per la Francia l’anno del turismo della memoria. A cento anni dall’inizio della Prima Guerra Mondiale, il Paese ricorderà il conflitto, e già se n’è cominciato a parlare al Salon du Tourisme tenutosi dal 21 al 24 marzo a Parigi, dove un intero padiglione è stato dedicato a questa tipologia di turismo. Il prossimo anno, dunque, campi di battaglia, forti, cimiteri militari, musei e monumenti commemorativi saranno al centro dell’attenzione. Il concetto di turismo della memoria è un concetto recente. Il 79% dei siti memoriali francesi è aperto al pubblico dal 1980. Nel 2010 il giro d’affari globale legato a essi è stato stimato in 45 milioni di euro. In Francia i turisti stranieri interessati sono per lo più britannici, tedeschi, belgi, olandesi e statunitensi. Insieme costituiscono il 70% dei flussi. I gruppi rappresentano il 40% dei visitatori, divisi tra scolaresche, francesi e non, e itinerari organizzati.

I prodotti italiani sono i meno contaminati al mondo Adnkronos • L’Italia conquista il primato in Europa e nel mondo della sicurezza alimentare con il minor numero di prodotti agroalimentari con residui chimici oltre il limite (0,3%) che sono risultati peraltro inferiori di 5 volte a quelli della media europea (1,5% di irregolarità) e addirittura di 26 volte a quelli extracomunitari (7,9%). È quanto emerge da una elaborazione della Coldiretti sulle analisi condotte dall’Efsa, l’Agenzia europea per la sicurezza alimentare, su oltre 77 mila campioni di 582 alimenti differenti e pubblicate nel Rapporto annuale sui residui di pesticidi negli alimenti. Tra i singoli paesi il dato peggiore viene fatto segnare dai cavoli cinesi che in più di 4 casi su 5 (83%) sono risultati con valori oltre i limiti ammessi: stesso discorso per i broccoli (irregolare il 77%) e i pomodori (47%) provenienti dal paese asiatico. Risultano poco salubri anche l’uva (65% di superamento dei limiti) e il pepe (42%) indiani, i piselli sloveni, l’aglio argentino, le patate brasiliane.

Allarme-cibo: presto nuove rivolte di massa nel pianeta The Guardian • La primavera araba è solo un assaggio di quello che aspetta il mondo intero in un futuro prossimo venturo. Ormai è acclamato che a fare da detonatore degli scontri in Nordafrica è stato un aumento dei prezzi alimentari mai visto prima. Alcuni segnali c’erano stati nel 2008, quando una crisi delle scorte di riso aveva coinciso con un forte aumento dei prezzi degli alimenti di base, dando luogo a proteste di massa in Medio Oriente, nord Africa e Sud Est asiatico. Quest’anno, anche se i prezzi alimentari si sono stabilizzati, l’indice resta a 210, che secondo alcuni esperti è la soglia oltre la quale i moti di piazza diventano probabili. La FAO ha affermato che nel corso del 2013 potrebbero verificarsi aumenti dei prezzi a causa degli stock di grano ridotti per via del maltempo dello scorso anno. La volatilità dei prezzi alimentari è soltanto il sintomo di un problema più profondo, ovvero che il sistema dell’industria alimentare mondiale è sempre più insostenibile. 14

aprile 2013


VAT OFF - A NEW WAY OF SHOPPING IN ITALY The modern and preferred way of receiving tax back for non EU residents. Ask for an immediate tax refund in the store! All the No Eu residents entitled to get Tax Free, spending over 154,94 â‚Ź and holding a valid Credit Card (expiry date not earlier than 90 days) and a PASSPORT will get the Vat Off on the total amount IMMEDIATELY


6

la salute nel piatto

A cura della Redazione scientifica Fondazione Veronesi testi di Daniele Banfi (giornalista medico-scientifico)

Pomodoro: il segreto è nel licopene I piatti-bandiera della tradizione nazionale, pizza e pasta, non sono solo buoni, ma fanno anche bene. Tutto merito di quella salsa scarlatta che tradizionalmente li accomuna. Attenzione però ai tempi di cottura e alla freschezza della materia prima Si dice che è proprio grazie a una salsa napoletana che, alla fine del 1600, si scalfì la diffidenza verso il pomodoro arrivato dalle lontane Americhe e lo si ammise in cucina. Oggi, oltre tre secoli dopo, in Italia se ne producono 6 milioni e mezzo di tonnellate e se ne consumano 35 chili a testa ogni anno. Rossi, maturi e cotti: così devono essere i pomodori perché sia meglio disponibile il loro tesoro più prezioso, il licopene, un carotenoide responsabile del colore rosso e che da loro (Solanum lycopersicum) prende il nome. La salsa cotta offre una quantità di licopene pari a cinque volte quella disponibile nei pomodori crudi. Il trattamento termico infatti libera il licopene e lo rende molto più assorbibile dall’apparato digerente. Meglio ancora se c’è una modica quantità di grassi, come un filo d’olio extravergine: ecco perché i piatti-bandiera della tradizione italiana, la pasta e la pizza, sono dei veri e propri scrigni di benessere scarlatto. Ma quali sono le proprietà del licopene? Va detto che la ricerca in questo campo è al lavoro e molte ipotesi, fortemente probabili, sono ancora da confermare. Al licopene viene dunque riconosciuta un’azione antiossidante: come una specie di “spazzino” cellulare, contrasta l’attività dei radicali liberi, molecole instabili che danneggiano il

dna delle cellule e, specialmente in presenza di stress aggiuntivi come fumo, inquinamento e esposizione a cancerogeni, possono aprire la strada a alterazioni di tipo tumorale. Grazie a questi meccanismi, il consumo di pomodori è stato associato a un ridotto rischio di tumori, ipertensione, malattie coronariche, iperplasia prostatica, alcune forme di asma e anche a una certa protezione contro le scottature solari. Una recente ricerca canadese ha anche suggerito un effetto protettivo per le ossa delle donne in menopausa. Nessuno di questi risultati, però, per il momento è stato rilevato con il consumo di integratori a base di licopene: ancora una volta il “contenitore” naturale, ovvero il pomodoro, non sembra sostituibile. Per sapere dove rintracciare il licopene, basta… aprire gli occhi. La pigmentazione dei cibi, infatti, dice molto del loro contenuto e i carotenoidi in particolare sono presenti negli alimenti gialli, rossi e arancioni. Se il pomodoro in tutte le sue varianti (fresco, in passata, concentrato… meglio se coltivato in zone ben assolate e raccolto nel mese di giugno) resta di gran lunga la fonte principale di licopene nella nostra dieta, lo si può trovare in quantità significative anche in albicocche, melone, anguria, papaya e pompelmo rosa.

Frutta, verdura e antiossidanti Anche se rimangono da chiarire diversi importanti aspetti, è ormai un dato certo che alcune patologie neurodegenerative sono associate alla presenza di danni da “stress ossidativo”, così come alcune patologie a carico del sistema cardiovascolare sono dovute all’ossidazione delle proteine LDL presenti nel sangue. Per queste ragioni, una corretta alimentazione ricca di antiossidanti, può prevenire in maniera considerevole tutti quei danni associati alla presenza di radicali liberi. Tra i più importanti, la vitamina C, contenuta in frutta e verdura, la vitamina E degli olii vegetali, gli antiossidanti polifenolici come il resveratrolo, contenuti nei frutti e nel vino, e i carotenoidi come il licopene, appunto. Attenzione però alla cottura e alla conservazione dei cibi: negli alimenti conservati per lungo tempo o cotti per lunghi periodi la quantità di vitamina C e di licopene può risultare molto inferiore rispetto al prodotto fresco.

Per saperne di più:

www.fondazioneveronesi.it

16

aprile 2013


www.boscolodesign.it / ph www.ugly-duckling.it

Vecchia Grappa di Prosecco seduzione al primo incontro Ti avvicina con naturale eleganza, ti invita con limpidi sentori floreali, ti avvolge con morbide sfumature di vaniglia, ti appaga con preziose sensazioni. Vecchia Grappa di Prosecco, seduzione al primo incontro.

www.daponte.it


scenari alimentari

A cura dell’Osservatorio Agroalimentare Nomisma

Che lingua parla il vino del futuro? Cambia il mercato enologico e le strategie dei produttori si devono adeguare… in fretta!

Per saperne di più:

info@winemonitor.it www.winemonitor.it

18

aprile 2013

Nel mondo, l’Italia condivide con la Francia il gradino più alto del podio per produzione ed export di vino. Nel senso che ogni anno, a seconda della magnanimità del clima, alterna il primato produttivo con i cugini d’oltralpe, li surclassa sul fronte dei quantitativi esportati ma li rincorre su quello dei valori. L’anno scorso, tanto per rendere più semplice il concetto, l’Italia ha esportato 21 milioni di ettolitri di vino contro i 15 milioni della Francia. Nel contempo, i francesi hanno ottenuto da queste vendite oltre frontiera circa 7,9 miliardi di euro mentre gli italiani si sono dovuti accontentare di 4,7 miliardi. I numeri parlano chiaro: i francesi sanno vendere il vino a prezzi più elevati, forti anche di posizionamenti di alto

livello raggiunti nel mercato con produzioni (una su tutte lo Champagne) la cui immagine e qualità percepita dai consumatori di tutto il mondo non sembrano avere eguali. Fino a poco tempo fa, l’Italia condivideva con i francesi anche il primato dei consumi di vino, ma da un po’ di anni a questa parte ha dovuto cedere la seconda posizione agli Stati Uniti e le dinamiche di mercato lasciano credere che entro un lustro dovrà abbandonare il podio a favore della Cina. Anche in questo caso i numeri sono più eloquenti di qualsiasi affermazione: la Francia consuma quasi 30 milioni di ettolitri di vino, gli USA 28,5 milioni, l’Italia poco più di 23. La Cina, che oggi ricopre la quinta posizione dopo la Germania, si beve 17 milioni di ettolitri di vino. Ma sono le tendenze dell’ultimo decennio a rendere plausibile il sorpasso. Rispetto a venti anni fa, il consumo di vino in Italia è calato del 37%, in Cina è cresciuto del 520%. Ogni italiano beve mediamente 38 litri di vino all’anno (contro i 60 del 1990), ogni cinese ne consuma meno di due. Allargando lo scenario di confronto, si scopre che in realtà quello che sta accadendo in Cina è comune a molti altri paesi dove, fino a qualche decennio fa, il vino non faceva parte delle abitudini alimentari nazionali. Il commercio internazionale è infatti passato, nel giro di appena dieci anni, da 13 a 32 miliardi di dollari, a fronte di una produzione e un consumo rimasti nel complesso sostanzialmente stabili. In altre parole, si tende a consumare sempre più vino dove se ne produce di meno. La geografia dei consumi di vino a livello mondiale cambia, al pari degli altri prodotti voluttuari, grazie allo sviluppo del benessere. Purtroppo per i nostri produttori, questo comporta la necessità di spostare l’attenzione da un mercato nazionale in calo strutturale a contesti sempre più distanti geograficamente e con modalità di consumo nettamente differenti dalle nostre. Ed è proprio per questo motivo, per supportare le imprese italiane nel percorso di internazionalizzazione, che è nato Wine Monitor, l’Osservatorio di Nomisma sul mercato mondiale del vino. Perché diventa sempre più importante capire a fondo i distributori, i consumatori e i competitor dei nostri prodotti. Altrimenti si corre il rischio concreto di dover dire addio a una parte importante del nostro patrimonio enologico nazionale.



scienza e vita

di Giuseppe Pulina Professore di Zootecnia speciale all’Università di Sassari

Argomento sempre delicato da affrontare per i “carnivori” è quello relativo all’uccisione degli animali destinati a diventare la nostra cena. La cosa si fa ancora più problematica quando prendiamo in considerazione le esigenze di alcune comunità di fedeli non cristiano-cattolici presenti in Italia. Impossibile farsi un’opinione in merito senza chiamare in causa un esperto. Quello che abbiamo fatto per voi

La multiculturalità rappresenta per l’Europa un’importante risorsa, ma pone alcuni problemi. Non da ultimo, la necessità di rispondere alla richiesta di alcune comunità di fede religiosa diversa da quella più diffusa, la Cristiana Cattolica, di acquistare particolari alimenti prodotti nel rispetto delle proprie tradizioni religiose. Come la carne. Le comunità in Italia che consumano prodotti carnei ottenuti esclusivamente con la pratica del sacrificio rituale sono quelle ebraiche (circa 36 mila appartenenti), le mussulmane (oltre 700 mila) e quella dei sikh (circa 25 mila). Essendo questo un tema di particolare sensibilità etica, abbiamo intervistato sull’argomento il professor Giuseppe Bertoni, della Facoltà di Agraria dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza e presidente della Commissione Etica dell’Associazione per la Scienza e le Produzioni Animali. 20

aprile 2013

Il sacrificio degli animali e le religioni


Il sacrificio rituale può essere considerato una novità per l’Italia? In realtà il problema non è nuovo perché da tempo immemore, almeno nelle grandi città, vivono comunità ebraiche assai popolose, per cui la tecnica del kosher è già ben nota (e, nello specifico della carne, preevede la macellazione secondo la shechita). Più recenti, da noi, sono invece le tecniche di macellazione secondo la religione islamica (halal) e secondo quella sikh (jhakta). In tutti i casi, il sacrificio prescrive di recidere con taglio netto, e secondo un preciso rituale, il collo dell’animale (o la testa per i sikh); ciò va eseguito su soggetti vivi e coscienti, al fine di avere la totale e rapida fuoriuscita del sangue che i fedeli delle religioni ebraica e mussulmana non possono consumare. Si tratta di un rito vero e proprio, ma che trova una certa opposizione da parte di gruppi di cittadini europei… L’oggetto del contendere – agli occhi dei cittadini europei, oggi assai più sensibili – riguarda la concreta possibilità che simili procedure non siano per nulla attente al benessere degli animali. A ben vedere, quest’ultimo problema, riguarda soprattutto la fase della soppressione vera e propria che comporta l’immobilizzazione e l’induzione della morte con le anzidette modalità. Ben poco di diverso si ha invece nella fase preparatoria che include generalmente il trasporto e la sosta nei locali dell’impianto di macellazione, entrambi più o meno brevi, ma sicuramente assai stressanti soprattutto per animali non avvezzi alla manipolazione da parte dell’uomo. Non certo per eliminare, ma per minimizzare qualsivoglia forma di stress, la legislazione europea prescrive una serie di regole relative al trasporto e alla manipolazione degli animali pre-abbattimento. Rimane tuttavia la dimestichezza con l’uomo quale fattore condizionante fondamentale; vero è che per gli animali pressoché selvatici (pur di allevamento, quali cervi, daini etc.) l’Agenzia Europea per la Sicurezza Alimentare suggerisce l’uccisione in allevamento, proprio per evitare il “trauma” del trasporto e della sosta in presenza dell’uomo.

Quali sono le differenze fondamentali fra il metodo ordinario e quello rituale di sacrificio degli animali? La tecnica convenzionale prevede che al momento cruciale, e prima di qualsivoglia intervento sul singolo animale, questo venga stordito (con proiettile captivo in fronte sui ruminanti di mediagrossa taglia, con scarica elettrica per suini, piccoli ruminanti e pollame, con atmosfera modificata e alta concentrazione di anidride carbonica per piccoli animali) in modo che i successivi interventi portino alla morte cerebrale prima che l’animale riprenda coscienza e torni a soffrire. Il sacrificio secondo osservanza religiosa prevede al contrario che l’animale sia cosciente nella fase di immobilizzazione – a volte assai laboriosa per animali di media-grossa taglia – necessaria per poter eseguire in sicurezza e con efficacia la successiva recisione del collo o il distacco della testa. Ovvio che, sia pure per pochi minuti, dolore e sofferenza siano in questo caso notevoli.

Nei paesi europei la macellazione rituale è possibile per una deroga alle leggi vigenti, nel rispetto dei diritti umani dei gruppi di popolazione interessati. Molto però rimane da fare per attenuare la sofferenza degli animali

Come è stato reso compatibile il sacrificio rituale con le norme generali dell’Unione Europea? Premesso che nei paesi europei la macellazione rituale è oggi possibile per una deroga alle leggi vigenti, giustificata dal rispetto dei diritti umani nei confronti di queste popolazioni, molto rimane da fare per attenuare il dolore e la sofferenza per gli animali. A oggi, solo l’abilità degli operatori consente tale obiettivo; per il futuro ci si augura che ulteriori ricerche (già ve ne sono numerose che dimostrano quanto auspicato) possano confermare che da un lato lo stordimento è realmente efficace nel desensibilizzare l’animale e, al tempo stesso, che non lo uccide, per cui il dissanguamento non è inferiore. Rimane ovviamente il dubbio circa la disponibilità delle autorità religiose preposte a considerare le risultanze scientifiche che parrebbero garantire la sostanza delle loro tradizioni, ma al tempo stesso il minimo di sofferenza per gli animali grazie allo stordimento precedente al sacrificio.

aprile 2013

21


almanacco di barbanera

di M. Pia Fanciulli

Aprile di luce e d’amor Le giornate sempre più lunghe, le temperature che si alzano, le gite fuori porta. Questo è il mese che apre alla bella stagione, che invita a uscire di casa e alla raccolta delle erbe spontanee. Senza dimenticare le dovute attenzioni all’orto e al giardino

Sole e Luna

Da ricordare Lunedì 25 aprile Festa della Liberazione Si celebra oggi la Liberazione d’Italia dall’occupazione e dalla dittatura nazifascista nel 1945. Protagonista ne fu la Resistenza italiana alla quale dobbiamo la nostra democrazia. A scegliere come data emblematica il 25 aprile fu il CLNAI (Comitato di Liberazione Alta Italia), in quanto giorno dell’appello per l’insurrezione armata della città di Milano, sede del comando partigiano.

22

Il Sole Il 1° sorge alle 06.43 e tramonta alle 19.26 L’11 sorge alle 06.26 e tramonta alle 19.37 Il 21 sorge alle 06.10 e tramonta alle 19.48 Il 1° aprile si hanno 12 ore e 43 minuti di luce solare – mentre il 30 se ne hanno 13 e 59 minuti. Si guadagnano 78 minuti di luce solare.

Saggezza popolare

La Luna Il 1° sorge alle 00.21 e tramonta alle 10.08 L’11 sorge alle 06.46 e tramonta alle 20.56 Il 21 tramonta alle 03.28 e sorge alle 15.11 La Luna è all’Apogeo martedì 16 alle ore 00. È al Perigeo sabato 27 alle ore 22.

• Aprile piovoso, anno fruttuoso. • Né aprile senza fiore, né donna senza amore. • Aprile dolce dormire, gli uccelli a cantare, gli alberi a fiorire. • Per tutto aprile non ti alleggerire.

Luna in viaggio In questo mese i giorni favoriti dalla Luna per gli spostamenti sono: 4, 5, 6, 9, 28, 29.

aprile 2013

Belli e sani Ad aprile c’è una cosa importante da ricordare: depurare l’organismo dalle scorie dell’inverno mangiando verdure fresche amare, germogli e yogurt. Bene farà anche una tisana di cicoria, bevuta nel periodo di Luna calante: stimola lo stomaco, facilita la digestione e abbassa il tasso glicemico. Specie se selvatica: le sue radici sono infatti eccellenti depurativi del sangue e dunque preziose per prevenire arteriosclerosi, artrite, affezioni di fegato e reni. Per preparare invece la pelle all’arrivo della bella stagione, si può avere un effetto peeling mescolando farina di avena e salvia a poco yogurt e ottenere una cremina con cui massaggiare il viso. Dopo aver sciacquato, nutrire la pelle con una maschera di 15 minuti a base di avocado schiacciato e poco miele.

Orti e dintorni Sul davanzale della cucina, in un angolo del balcone o nel piccolo giardino, le piante aromatiche uniscono l’utile al dilettevole. Anche in vaso danno infatti ottimi risultati, offrendo fiori e foglie per i più diversi usi. Pochi semplici consigli renderanno “la raccolta” ancor più soddisfacente. Importante è procurarsi vasi con un foro di drenaggio, così come collocare sul fondo uno strato di piccoli ciottoli. La gran parte delle aromatiche ha bisogno di almeno 20 cm di profondità, mentre le più alte, come il finocchio, necessitano di almeno 30 cm. Inoltre erbe come la menta, la melissa e il rosmarino, chiedono di essere piantate da sole, mentre salvia, timo e origano possono convivere nello stesso vaso. E in giardino? Nei giorni di Luna calante (1-9, 26-30) potare gli arbusti a fioritura primaverile appena sfioriscono. Trapiantare astri, zinnie, lantane e gerani. Eliminare i rami secchi dagli agrumi e arieggiare le serre prima di collocare le piante all’esterno. Radere il prato. In Luna crescente (11-24), continuare trapiantare tagetes, begonie e surfinie (petunie). Riportare all’aperto le begonie bulbose e annaffiarle con regolarità ma senza eccedere con l’acqua.



appuntamenti del mese appuntamenti aprile

di Gilda Ciaruffoli

Un brindisi alla città dell’amore 7-10 aprile

Scelti per voi dove mangiare

dove dormire

Osteria Sottoriva Locale piccolo ma accogliente e dalle proposte genuinamente locali. Prezzo medio: 20 euro via Sottoriva 9/A – Verona www.sottorivaitalia.com

Hotel Cæsius Thermæ Spa Benessere e gusto sulle rive del Garda. Camere da 80 euro via Peschiera, 3 Bardolino (Vr) www.hotelcaesiusterme.com

Osteria al Carro Armato Cucina tipica in una locanda antica e spartana in pieno centro. Prezzo medio: 25 euro vicolo Gatto, 2 – Verona www.carroarmato.it

Villa Cordevigo Wine Relais Antica villa veneta presso il lago di Garda. Cucina e Spa da provare. Doppia da 176 euro località Cordevigo - Cavaion Veronese (Vr) www.villacordevigo.com

Con 40,8 milioni di ettolitri prodotti nel 2012, di cui oltre il 60% destinato ai 521 vini a denominazione d’origine, l’Italia è il primo Paese produttore a livello mondiale. Un patrimonio unico al mondo, che merita di essere celebrato, studiato e festeggiato al meglio. E Vinitaly, la manifestazione più antica del settore e la prima per dimensioni che, dal 1967 a oggi, più di ogni altra ha scandito l’evoluzione del sistema vitivinicolo nazionale e internazionale, è decisamente l’occasione giusta per scoprirne tutti i segreti. L’evento, pensato principalmente per un pubblico professionale e quindi di altissima qualità, ma aperto anche ai semplici appassionati desiderosi di saperne (e degustarne) di più, parte dalla Fiera ma arriva fino in città, con un appuntamento “off” tutto nuovo e da scoprire. L’occasione quindi è quella giusta per regalarsi anche un giro in centro, e visitare le sue bellezze. Dall’inossidabile Arena all’adiacente piazza Bra, a piazza delle Erbe; dai suoi antichi ponti alle chiese. Fino alla Casa di Giulietta, al 23 di Via Cappello, alla sua tomba, presso il Museo degli Affreschi. E restando in tema Musei, imperdibile per gli enoappassionati quello del vino, presso la Cantina Zeni, con il suo interessante percorso tra attrezzi e antichi macchinari, e quello dell’olio, che racconta al visitatore una delle attività più tradizionali di questo territorio. Entrambi si trovano nei pressi di Bardolino, sulle sponde del Garda. Sì, perché una gita a Verona non può non prevedere una puntata nei suoi bei dintorni per scoprire sul campo l’eccellenza vinicola e gastronomica della florida zona.

Verona – Veneto www.vinitaly.com

24

aprile 2013



appuntamenti aprile

5-7 aprile Il gusto (fresco) della tradizione

1 aprile – 6 maggio Sboccia la primavera

Celebrano il risveglio della natura la serie di iniziative che, per più di un mese, animano i dintorni di Merano. Tra le più importanti, la Festa della fioritura (Lana, 1-15 aprile), dedicata ai meli in fiore con degustazioni e visite guidate; e ancora, le Settimane delle erbe selvatiche (18 aprile – 5 maggio), durante le quali i ristoranti di alcuni borghi nei dintorni di Merano guidano gli avventori alla scoperta di questo elemento peculiare della cucina alto-atesina. Da ricordare infine la Settimane del dente di leone (Alta Val di Non, 20 aprile – 6 maggio), durante la quale il tarassaco, nel periodo di fioritura, viene celebrato nelle cucine di tutti i ristoranti.

Strade adorne di arazzi pregiati e tappeti policromi, maschere etniche e gruppi folcloristici rallegrano la festa in occasione della Sagra degli agrumi, che riempie l’aria del fresco profumo della caratteristica produzione della zona e del suono dei tipici launeddas. Alle degustazioni si affiancano visite guidate agli agrumeti, convegni, laboratori creativi e mostre tematiche.

Muravera (Ca) – Sardegna

www.sagradegliagrumi.com

9-14 aprile Dentro e fuori il Salone

In scena a Milano i Saloni 2013, pronti a svelare ai visitatori le novità del settore casa-arredo, dell’illuminazione e dell’ufficio, con le biennali Euroluce e SaloneUfficio. Da non perdere il FuoriSalone, evento che coinvolge l’intera città di Milano con serate di festa, presentazioni, degustazioni. E tanto design.

Milano – Lombardia www.cosmit.it

Località varie – Trentino-Alto Adige www.suedtirol.info

6-8 aprile A tu per tu coN il vignaiolo

5-7 aprile Di “mamma” ce n’è una sola

La Sagra del carciofo romanesco (chiamato anche mamma o cimarolo) è l’occasione per assaporare questa tipicità preparata secondo le tradizioni locali. La manifestazione è preceduta dalla Bi-Settimana Gastronomica che, fino al 7 aprile, coinvolge i migliori ristoranti locali con menù a base di carciofo.

Ladispoli (Rm) – Lazio www.prolocoladispoli.it 26

aprile 2013

ViniVeri – Vini Secondo Natura è un evento che consente di conoscere oltre 120 tra vignaioli e produttori agroalimentari accomunati dal più profondo rispetto della terra, degli equilibri della natura, della biodiversità e delle tradizioni, e il frutto del loro lavoro. La manifestazione dà inoltre al visitatore la possibilità di acquistare rare ed esclusive etichette a prezzo di cantina.

Cerea (Vr) – Veneto www.viniveri.net

13 aprile – 4 giugno Così verde, così croccante

In occasione della rassegna che lo celebra, i ristoranti locali propongono menù che vedono l’asparago piacentino protagonista assoluto. Durante la giornata conclusiva dell’evento invece si svolge una grande festa nel centro della città: in programma degustazioni di prelibatezze a base di asparago accompagnate dai migliori vini del territorio.

Piacenza – Emilia-Romagna

www.asparagopiacentino.com



appuntamenti aprile

24 aprile – 1 maggio Non si smette mai di impanare

Torna Fritto Misto, kermesse pensata per valorizzare la prelibata tecnica di cottura della frittura grazie a eccellenti proposte culinarie e sfiziose attività, a partire dalle specialità del celebre Palafritto: tra le tante proposte i panzerotti al Borgoforte, i tipici frisceu liguri con verdure, pesce e dolci, il fritto in tempura, direttamente dal Giappone, i cibi esotici della tradizione sudamericana come gli arepas, l’arroz chaufa e i picarones e, novità assoluta del 2013, il gusto piccante delle tipicità del Messico. Inoltre, grazie alla collaborazione con AIC – Associazione Italiana Celiachia della Regione Marche, la manifestazione riserva un’area speciale ai fritti gluten free. Protagonista immancabile è, ovviamente, la cucina marchigiana con la famosa oliva all’ascolana Dop, così come anche la collaborazione con il Consorzio Vini Picenos, l’Istituto Marchigiano di tutela dei Vini e A.I.S Marche presente con sfiziosi abbinamenti a pregiati vini del territorio e con le Lezioni da Bere svolte dalla prestigiosa Enoteca delle Marche. Imperdibile anche il Mercatino del Fritto e Le Corti del Fritto, per scoprire tutti i segreti per un fritto di qualità. Ascoli Piceno – Marche - www.frittomistoallitaliana.it

13-14 aprile

15-17 aprile

Una per tutte, tutte per una

C’è pizza per te!

Il Salone Nazionale delle Sagre è l’unico evento in Italia che presenta e fa assaggiare le prelibatezze di oltre cento sagre enogastronomiche provenienti da ogni angolo della penisola. 
Con un solo biglietto, i visitatori possono consumare liberamente i piatti di tutte le Sagre presenti e trascorrere la giornata tra gare, dimostrazioni e convegni.

Ferrara – Emilia-Romagna www.salonedellesagre.it 28

aprile 2013

In occasione del Campionato mondiale della pizza, 600 cuochi, provenienti da 35 nazioni, si danno battaglia per realizzare la pizza più buona del mondo. Gran finale il 17 aprile, quando la manifestazione si chiude con la Cena di Gala, durante la quale vengono acclamati i nuovi Campioni del Mondo.

Parma – Emilia-Romagna www.campionatomondialedellapizza.it


Biologico scelta vincente

Antigola societĂ agricola Via Barbarolo, 38 - Loiano (Bo) Tel. 0513.46578 Cell. 339.1846164


appuntamenti aprile

24 aprile – 1 maggio Assaggi d’ambra

La Mostra del Torchiato Doc di Fregona riunisce in un unico spazio espositivo i produttori dell’area che propongono in degustazione il proprio Torchiato, vino di grande pregio che si ottiene dalla torchiatura delle uve appassite per circa sei mesi nei granai del paese. Nel periodo della Mostra, le 13 aziende espositrici presentano l’ultima annata in commercio.

Fregona
(Tv) – Veneto www.torchiato.com

25-28 aprile Arti e mestieri in festa

Artigiani d’Italia è la rassegna che riunisce il migliore artigianato d’arte tricolore, espressione di un territorio, di una storia, di una cultura materiale, frutto di saperi sedimentati dal tempo e nel tempo, che si svolge presso il Ricetto Medievale di Candelo, uno dei 100 borghi più belli d’Italia, tra le cui mura si respira la storia.

Natura lungo le mura

Candelo (BI) – Piemonte

Piacenza – Emilia-Romagna

www.prolococandelo.it

Sorgentedelvino Live – Mostra dei vini naturali, di territorio e tradizione si svolge per la prima volta presso il Bastione di Porta Borghetto, sulle mura di cinta farnesiane di Piacenza. In mostra un’accurata selezione di vini naturali: la migliore espressione che i territori italiani sanno offrire in una grande festa che accomuna appassionati, operatori e produttori. www.sorgentedelvinolive.org

25-28 aprile

dal 27 aprile

Il piacere che non passa

Vola o raddoppia!

Grandi novità per la prossima stagione del Volo dell’Angelo: un innovativo sistema permette di effettuare la traversata tra Castelmezzano e Pietrapertosa, sulle Dolomiti Lucane, a fianco del proprio amato, di un famigliare, di un amico con il quale condividere il brivido e il piacere dell’avventura. Il volo, di oltre 1 km e mezzo, dura poco più di un minuto: un tempo brevissimo che però dà vita a un sogno ancestrale dell’uomo, e regala un’emozione impossibile da dimenticare.

La Mostra nazionale dei vini passiti e da meditazione è l’occasione per gustare pregiati calici e vivere un’esperienza intensa tra i prodotti delle terre mantovane, abbinando i passiti a formaggi e dolciumi.

Volta Mantovana (Mn) Lombardia www.vinipassiti.com

27-29 aprile Sempre caro mi fu…

Nella città di Leopardi, l’Infinito Wine Festival è un evento dedicato alle migliori cantine marchigiane, che hanno la possibilità di far degustare i loro selezionatissimi e premiatissimi vini.

Recanati (Mc) – Marche

www.infinitowinefestival.it 30

27-29 aprile

aprile 2013

Castelmezzano (Pz) – Basilicata www.volodellangelo.com


ZZZ IUDFFKLROOD LW

&RQWDFWV = , $GHOƬ D %$

,7$/< 7 ) LQIR#IUDFFKLROOD LW

2XU FXVWRPHUV RXU EHVW DGYHUWLVLQJ

:LQH

%HHU

:LQHJDU

,QGXVWULH )UDFFKLROOD 6 S $ SURJHWWD FRVWUXLVFH HG LQVWDOOD VHUEDWRL LQ DFFLDLR LQR[ GL TXDOVLDVL FDSDFLW» FRQ UHDOL]]D ]LRQL LQ D]LHQGD H VXO SRVWR GLVVROXWRUL FULVWDOL]]DWRUL PLVFHODWRUL IHUPHQWDWRUL SHU ELUUD /HDGHU D OLYHOOR LQWHUQD]LR QDOH QHO VHWWRUH HQRORJLFR FKLPLFR IDUPDFHXWLFR HG DOLPHQWDUH ,QGXVWULH )UDFFKLROOD 6 S $ QHO KD UDGGRSSLDWR LO IDWWXUDWR ULVSHWWR DJOL DQQL SUHFHGHQWL ODYRUDQGR VX GXH WXUQL SHU WXWWD OD GXUDWD GHOOoDQQR QRQ KD PDL VXELWR FULVL QÃ Ã PDL ULFRUVD D FDVVD LQWHJUD]LRQH ,O SHUVHJXLPHQWR GL XQD ORJLFD SURGXWWLYD YRWDWD DOOD UHDOL]]D]LRQH GL XQ SURGRWWR GL SULPD TXDOLW» FRQ SXQWXDOLW» QHOOoHYDVLRQH GHOOH FRPPHVVH VXSSRUWDWD GDOOoDVVLVWHQ]D WHFQLFD FRVWDQWH VHQ]D LQFUHPHQWR GHL SUH]]L KD FRQVHQWLWR GL FHQWUDUH OoDPEL]LRVR REELHWWLYR ,QGXVWULH )UDFFKLROOD 6 S $ ZLFK GHVLJQV PDQXIDFWXUHV DQG LQVWDOOV VWDLQOHVV VWHHO WDQNV RI DQ\ FDSDFLW\ ZLWK )DFWRU\ DQG 2Q VLWH UHDOL]DWLRQV GLVVROYHUV FULVWDOL]]DWRUL PL[HUV EHHU IHUPHQWHUV LV D OHDGHU LQ WKH LQWHUQDWLRQDO ZLQH IRRG DQG EHYHUDJH FKHPLFDO DQG SKDUPDFHXWLFDO LQGXVWU\ ,QGXVWULH )UDFFKLROOD 6 S $ KDV GRXEOHG LWV WXUQRYHU LQ FRPSDUHG WR SUHYLRXV \HDUV ZRUNLQJ RQ WZR GD\ VKLIWV GXULQJ ZKROH \HDU KDV QHYHU VXƪ HUHG WKH LQWHUQDWLRQDO FULVLV QRU KDV QHYHU UHVRUWHG WR UHGXQGDQF\ IRXQG 7KH SXUVXLW RI D SURGXFWLRQ ORJLF GHYRWHG WR WKH FUHDWLRQ RI D TXDOLW\ SURGXFW GHOLYHUHG RQ WLPH VXSSRUWHG E\ WHFKQLFDO DVVLVWDQFH ZLWKRXW FRQVWDQW LQFUHDVH LQ SULFHV KDV DOORZHG WKH DPELWLRXV JRDO

)RRG

3DLQWV

3HUIXPH

;YHKPaPVUHSL

;LJUVSVNPJV

;YHKP[PVUHS

;LJOUVSVNPJHS


fino al 4 maggio

appuntamenti in breve

Arte in Corte Festival Cultura ed enogastronomia celebrate con una lunga serie di eventi. Manerba del Garda (Bs) – Lombardia arteincorte.wordpress.com

11 aprile

13-28 aprile Merano Vitae Festival della Salute. Merano (Bz) Trentino-Alto Adige www.meranerland.com

Mastro Birraio Fiera della birra artigianale. Santa Lucia di Piave (Tv) Veneto www.fierabirra.it

13 aprile - 10 giugno Rassegna dell’asparago Località varie (Pc) – Emilia R. www.asparagopiacentino.com

7 aprile

24-28 aprile

Sagra del salamino Moncestino (Al) – Piemonte www.comune.moncestino.al.it

Distinti salumi Rassegna nazionale del salume. Cagli (Pu) – Marche www.comune.cagli.ps.it

28 aprile Magnalonga della Valpolicella Passeggiata gastronomica. Pedemonte (Vr) – Veneto www.magnalonga.com

27-28 aprile Pic Nic a Trevi Percorso gastronomico tra gli ulivi. Trevi (Pg) – Umbria www.picnicatrevi.it

fino all’1 maggio Messer Tulipano Manifestazione florovivaistica e concorso di cake design. Pralormo (To) – Piemonte www.castellodipralormo.com

24 aprile – 1 maggio Sagra del carciofo Capaccio Paestum (Sa) – Campania www.festadelcarciofo.it

28 aprile – 3 maggio Festa della pita Manifestazione folcloristica. Alessandria del Carretto (Cs) – Calabria www.comune.alessandriadelcarretto.cs.it

13-16 aprile Sagra di Sant’Antioco Sant’Antioco (CI) – Sardegna www.santuantiogu.it

13-17 aprile Salone del Sapore Catania – Sicilia www.salonedelsapore.it

32

aprile 2013

25 aprile Mercato medievale Bitetto (Ba) – Puglia www.comune.bitetto.ba.it




magazine

Panorama Panorama

50 36

54

60

58

36 Coverstory: chefmania!

54 Cibo & tecnologia

da pag. 48

Smartphone e tablet cambiano anche il modo di mangiare: scopriamo come

• Lo studio

Dalla tv al web, impazza la “chef-mania”. Trasmissioni, reality e blog di cucina la fanno da padrone. Tutti vogliono diventare “master chef” e le nuove star dello spettacolo hanno il

58 Lorella Cuccarini

cappello da cuoco e la divisa stellata. Ma siamo

sicuri che non sia tutto un fenomeno mediatico?

Lo abbiamo chiesto ai cuochi di ieri e di oggi

50 Personaggi: Giuseppe Pulina Il futuro del mondo è nell’agricoltura? Ne parliamo con un’autorità in materia

Rubriche

“La più amata dagli italiani” si racconta alle nostre inviate del gusto Isoardi e Gula

60 Ospitalità italiana: Kiev Un angolo di Rinascimento italiano nel cuore d’Ucraina: il ristorante Pantagruel aprile 2013

35


cover story

Chefmania chefmania

Tutta l’Italia ha le mani in pasta di Francesco Condoluci

Sarà la crisi che induce le famiglie a consumare i pasti in casa anziché al ristorante, sarà la voglia di mettersi alla prova in un’arte che richiede gusto e creatività; fatto sta che, tra gli italiani, i programmi di cucina, dalla tv al mondo del web, spopolano sempre più. Dal Paese dei proverbiali “60 milioni di allenatori” ci stiamo trasformando in quello dei “60 milioni di cuochi”. E se tra le nuove generazioni sono 9 su 10 i ragazzi che vogliono imparare a cucinare o che, per passione o per necessità, già si cimentano ai fornelli, la chef-mania ha contagiato tutti, senza distinzione di età, sesso e ceto sociale. C’è chi gioca a fare il grande chef ispirandosi ai cuochi stellati mitizzati dalla tv e chi si accontenta di una dimensione più modestamente casalinga, limitandosi a seguire dal tubo catodico “le lezioni” quotidiane impartite dalla non propriamente eccelsa (culinariamente parlando) Benedetta Parodi, oppure leggendo su internet ricette e istruzioni dispensate a piene mani da food-blogger di ogni sorta. Da mestiere ingrato e oscuro fino a qualche decennio fa, oggi quello del cuoco è stato sdoganato diventando uno dei lavori più ambiti e sognati. Ma, a que-

36

aprile 2013

sto punto, la domanda è: tale improvvisa passione collettiva per mestoli, casseruole e padelle è solo un fenomeno mediatico? Una tendenza del momento alimentata ad arte dallo show-business? Una mania estemporanea destinata a farsi soppiantare presto da altre mode più glamour? E ancora: davvero la tv e il web possono sostituirsi ai metodi di insegnamento tradizionali e alla formazione professionale?


Cosa bolle in pentola? di Alba De Gasperis «In televisione ci sono più di 20 programmi che parlano di cucina. Non si capisce se paghiamo il canone o il coperto. Il tempo che non passano a mangiare, gli italiani lo passano a vedere come si prepara da mangiare», sostiene sagace Maurizio Crozza. E non ha tutti i torti. I menù di Benedetta o La prova del cuoco, Cuochi e fiamme o Cucina con Ale, Il boss delle torte o Cambio cuoco... C'è letteralmente l'imbarazzo della scelta. E dalla tv-padella alla brace-web il passo è breve, perché a sfamare una bella fetta di foodies ci pensa altresì l’opulento menu preparato dal media più democratico che ci sia. E la cosa piace eccome: CPU e Eurisko raccontano che le parole più cliccate sui motori di ricerca siano proprio quelle legate al mondo del food. Keyword che aprono le porte d’un buffet per tutti i gusti: dal foodblog (se ne contano circa 3.500, di cui l’80% firmati da donne), al sito tematico dedicato alla cultura del cibo in ogni sua forma: dalla classica trasposizioni on line di riviste, guide o quotidiani specializzati (come La Cucina Italiana o L’Espresso Food & Wine) a progetti inediti come Cucchiaio.it, nato dall’unione di un ex foodblog di successo (Appunti di Gola) con lo storico-biblico ricettario Cucchiaio d’Argento. È tutto questo, e molto altro, che bolle in pentola!

aprile 2013

37


cover story

chefmania

Mamma, voglio fare lo chef, anzi... ... il master chef! La food-mania sta dando lustro a una tradizione iscritta nel nostro dna. Ma oltre il miraggio della carriera, ci sono gavetta e lavoro duro di Raffaele Romeo

38

aprile 2013

Negli ultimi anni gli iscritti alle scuole superiori a indirizzo alberghiero sono aumentati sensibilmente, per non dire delle accademie private di ristorazione nelle quali c’è stato un vero exploit. Ciò detto, occorre scindere nettamente la realtà professionale dalla sua spettacolarizzazione televisiva e da certe facili suggestioni internettiane. Insegno da molti anni in un istituto alberghiero e posso garantire che avere successo in questo settore non è certamente semplice. Provate a chiedere a un ragazzo che ha frequentato la scuola alberghiera quante volte gli è passato per la testa di lasciare questo corso di studi: vi risponderà “tante”. Troppa fatica, troppi sacrifici e (spesso) molta

approssimazione in strutture ristorative e alberghiere non sempre all’altezza. Se da un lato, dunque, trasmissioni come MasterChef possono avere influenze positive sulla voglia dei giovani di intraprendere questa carriera, dall’altro bisogna sottolineare che certo non è guardando questi sciccosi e accattivanti set televisivi che ci si può fare un’idea su cosa avviene davvero nella cucina di una grande struttura. In buona sostanza, chi vuole trasformare la sua passione nel lavoro della vita, ha un solo percorso davanti a sé: scegliere una buona scuola alberghiera oppure un’accademia e studiare con abnegazione. Tenendo sempre a mente che anche il massimo impegno non comporta automaticamente arrivare a ricalcare le orme di Gualtiero Marchesi. E che tra le star della tv e un cuoco da ristorante di medio livello, c’è parecchia differenza. La prima? Più si scende di profilo più si abbassano gli stipendi e si allungano gli orari di lavoro. Questo mestiere è basato sulla tecnica e non sulla mera esecuzione di una ricetta o di un piatto, che infatti va provata un’infinità di volte. Prima di diventare cuoco insomma bisogna studiare, studiare e ancora studiare.

Investiamo nel futuro È boom di iscrizioni alle due principali scuole alberghiere di Milano: l’Amerigo Vespucci e il Carlo Porta. Il tutto esaurito dimostra come nelle scelte dei ragazzi vi sia da una parte una lucida valutazione di ciò che il mercato del lavoro cerchi e offra – un istituto alberghiero dà la possibilità di iniziare a lavorare subito dopo la fine del ciclo di studi –, dall’altra il mito dello chef, che soddisfa la pulsione onirica degli adolescenti. Ecco allora che forse, per questi ragazzi, stelle, bicchieri e forchette dispensate dalle più autorevoli guide gastronomiche si trasformano da simbolo di prestigio in un investimento sul proprio futuro.


In principio fu… Ave Ninchi Nel lontano 1976, in un'Italia che iniziava a riconoscersi unita proprio grazie alla televisione, debuttava con la prima trasmissione di cucina, A tavola alle 7. Il ricordo della figlia, Marina Ninchi «Buonasera a tutti e buon appetito. Lo sapete cosa è la coratella? È tutto un insieme di cervello, di fegato, di animelle, di rognoni; è una cosa meravigliosa con la quale si possono preparare tantissimi piatti. Le frattaglie sono una miniera inesauribile. A questo proposito vorrei pregare le nostre ascoltatrici, le nostre massaie alle quali la nostra trasmissione si rivolge, di concedere attenzione a questo prodotto: non vi fermate alla solita fettina, al solito girello, al solito filetto. Lo capisco, si fa più presto a cucinarli. Ma con la coratella si possono fare meravigliosi piatti, basta utilizzare un po’ di fantasia, un po’ di intelligenza, un po’

di Riccardo Lagorio

di curiosità». Introduceva così la puntata, con queste parole semplici e immediate, nel maggio 1976, Ave Ninchi, attrice ma soprattutto conduttrice di A tavola alle 7, quando le ricette in cucina avevano come obiettivo quello di educare. Educare e fare conoscere il ricco, inestimabile patrimonio culturale italiano. Ave Ninchi era cresciuta in una famiglia che della cucina aveva un vero e proprio culto. Era andata poi in sposa a un colto bolognese, che dell’erudizione ai fornelli aveva fatto il suo passatempo privilegiato. «Così si respirava anche in casa un’attenzione quasi mistica al cibo, che la mamma trasferiva appieno davanaprile 2013

39


cover story

chefmania

Commedia triste di uno chef-star di Germana Cabrelle

La missione di A tavola alle 7? Educare e fare conoscere il ricco, inestimabile patrimonio culturale nazionale a un'Italia non ancora "unita"

ti alle telecamere – racconta Marina Ninchi, la figlia, pure attrice – Ave rivelava informazioni utili, spesso necessarie, magari tramite amichevoli diatribe con il grande amico, Luigi Veronelli. Erano puntate molto diverse da quelle che vanno in onda oggi. Mamma aveva come obiettivo anche quello di fare conoscere le diversità regionali attraverso la cucina e proporre ricette alla portata di tutti», continua. Quella che raccontava la coppia Ninchi-Veronelli era un’Italia che ancora, allora, si stava riconoscendo unita con le infinite migrazioni dal Sud 40

aprile 2013

e tramite l’altro collante, la tivù. Grazie a una trasmissione che, a vederle oggi, fa quasi tenerezza, con quella sua volontà didattica, quella sua semplicità. Difficilmente oggi vedremmo presentatori e conduttori disquisire intorno agli elementi culturali che si nascondono nel cibo; perlopiù questo vale per lo sponsor che rappresentano. I prodotti venivano trattati con infinita dignità: persino la coratella! Al di là delle primogeniture ideologiche dell’enogastronomia italica, anche per questo Ave Ninchi e Luigi Veronelli ci mancano.

«Gli chef, oggi, non devono cucinare: devono parlare, cantare, far sognare la gente». Nella piéce teatrale Qui e ora scritta e diretta da Mattia Torre, Valerio Mastandrea interpreta Aurelio Sampieri, uno “chef motivazionale”, un cuoco radiofonico che conduce un programma da un milione e mezzo di ascoltatori e che ai microfoni si presenta così: «Io sono un mentore, un motivatore, uno che orienta la gente». Poco importa al cuoco fighetto di essere coinvolto in un grave incidente fra scooter e che il ragazzo col quale si è scontrato rantoli a terra esanime: lui deve andare in onda e tra una telefonata ai volontari del 118 per la richiesta di soccorsi inserisce anche il collegamento in diretta e un editoriale-invettiva contro la rucola. Saccente e cinico, lo chef Sampieri non può deludere i suoi ascoltatori: guai abbassare lo share. Così, claudicante e tra le lamiere, si produce in esilaranti monologhi e sproloqui sulle orecchiette con i broccoli. Il programma dello chef Mastandrea si chiama proprio Qui e ora e ricalca quelli dilaganti sugli schermi televisivi, restituendo l’immagine di un Paese in cui l’unico interesse della gente sembra essere quello per la tavola, l’assaggio e l’impiattamento. «Chiedi a tua madre, lei sicuramente mi conosce», dice con malcelata modestia lo chef Aurelio Sampieri al motociclista colpevole dell’incidente. Che alla fine rivela di averlo centrato di proposito: non ne poteva più di sentirlo vantarsi di cibo in radio e inebetire la madre con ricette e tempi di cottura. Una commedia sottile e tagliente come un coltello trinciante che rivela l’inconsistenza di personaggi costruiti. Con un finale che è come l’ingrediente a sorpresa. Amaro, qb.


art & copy: giancarlo rovatti. graphic art: sara-design.it

ANRICUS In & OUT

FRIZZANTE

GUSTALO ALL’ APERTO PERFETTO ANCHE INDOOR NEL CLIMA DELLA PRIMAVERA

SANTA GIUSTINA IL TUO VINO. santagiustina.com


chefmania

Foto di Nicola Impallomeni

cover story

Annina e la cucina in tv Sono 11 anni che Anna Moroni cucina per noi. Una passione, la sua, che viene da lontano. E a chi le chiede il segreto del successo de La prova del cuoco, risponde: “Parliamo da persone normali alle persone normali” di Elena Conti La vocina inconfondibile, i suoi modi di dire che diventano subito tormentoni. La sua missione impossibile: insegnare ad Antonella Clerici a cucinare. È Anna Moroni, protagonista quotidiana per 11 anni della tv italiana in veste di ospite fissa de La prova del cuoco. «Cucinare mi è sempre piaciuto, fin da quando ero piccolissima e passavo le vacanze a Gubbio, dove accompagnavo una cuoca a organizzare battesimi e cerimonie nelle case, erano altri tempi! Io ero piccola e magrissima e la cuoca Costantina mi diceva di andare 42

aprile 2013

con lei e mi permetteva di sbattere le uova, sbucciare, spalmare qualcosa e pure mangiare: la mia passione è nata allora» ci racconta l’esplosiva “Annina” che, non paga di aver terminato la diretta di mezzogiorno, è già a casa a preparare le olive all’ascolana. «E questa mia passione si percepisce – ci spiega – me lo dicono sempre quando mi fermano per strada: faccio venir voglia di cucinare!». Com’è proseguita la sua formazione? «Quando i miei tre figli erano ormai grandi ho cominciato a frequentare scuole di cucina, ho seguito tanti corsi, da Paracucchi, che mi ha insegnato moltissimo, e da Roger Vergé. Nel ’91 ho aperto quindi la mia prima scuola Nonna Papera, poi per caso i primi provini a Cinecittà grazie ad amici, un’esperienza con Maria Teresa Ruta a Vivere bene e l’incontro con Antonella Clerici. Da undici anni vado ogni giorno in televisione e non ho perso la voglia di cucinare, anzi ho sempre voglia di inventare qualcosa di nuovo». Cosa ne pensa della chef-mania che ha invaso la tv italiana? Tutti vostri cloni? «All’inizio ci arrabbiavamo, ci sentivamo scopiazzati, temevamo il confronto, forse, ma poi abbiamo visto che l’audience teneva, continuavamo ad avere successo. Personalmente, detesto molte delle trasmissioni che sono nate in questi anni, che non portano a nulla, propongono ricette irripetibili, ingredienti introvabili, attrezzature di fatto inesistenti nelle cucine comuni. La nostra carta vincente è parlare da persone normali alle persone normali, insegnare piccoli trucchi per cucinare bene e anche velocemente: aiutiamo gli spettatori a saper riconoscere gli ingredienti, a risparmiare e fare attenzione anche alle calorie, strizzando sempre l’occhio al gusto».


“Metterci le mani tutti i giorni, è un’altra cosa” Per il grande Gualtiero Marchesi “la cucina è scienza, sta al cuoco farla divenire arte”. Alla base ci sono tanto studio, tanta competenza. E la visibilità mediatica? Uno specchietto per le allodole di Germana Cabrelle Lei è stato il primo in Italia a parlare di alta cucina e a diffonderne la cultura. Cos'è cambiato in questi anni? È cambiato moltissimo.Tutti s'illudono di poter spiegare, dimenticando che occorre mettere mano ai libri, darsi il tempo di conoscere, ripetere le tecniche... Ho la sensazione che la grande cucina stia tornando nei ristoranti dei grandi alberghi, da dove era partita per opera dei francesi. Poi ci sono le trattorie ed è un bene: hanno il dovere di rispettare e presentare la tradizione contro la tendenza a fare cose strane nel piatto. La chef-mania è, secondo lei, solo un gioco dell’apparire o pensa abbia rica-

dute reali sullo sviluppo del mestiere? È esaltazione del cibo o del cuoco? Spesso, pura e semplice esaltazione del personaggio. Ci si appassiona, perché aver fame fa parte della condizione umana. A furia però di guardare lo spettacolo, qualcuno potrebbe illudersi che nella realtà succeda proprio così. Sbaglierebbe di grosso. Metterci le mani, tutti i santi giorni, è un’altra cosa. Perché, secondo lei, tutto questo interesse della gente comune intorno a programmi e libri di cucina? Credo che serva a distrarre da questioni all’ordine del giorno molto più gravi, serie e impegnative.

Il suo motto è “la cucina è scienza, sta al cuoco farla divenire arte”. Pensa che questo imperversare di cuochi con la telecamera sopra i fornelli contribuisca a fare della cucina un’arte? No, perché riprendere una cosa non la rende più vera, la mostra solamente. Dicono i giapponesi che prima si impara a parlare e poi si va a scuola. Studiare è il primo passo e permette di non parlare a vanvera. Riguardo al “fare arte”, non capita ogni volta. A molti, alla stragrande maggioranza, basterebbe essere dei bravi esecutori o degli interpreti, come per la musica. Dice Leonardo: "studia la scienza e pratica la stessa, nata da essa scienza". aprile 2013

43


cover story

chefmania

Sonia Peronaci Il volto umano della cucina 2.0 Non frequento gli chef, non mi interessano. La nostra mission è “ricette facili, veloci e sfiziose” e il nostro target sono le famiglie, i single, chi vuole mangiare bene senza svenarsi. È questa la vera cucina di Francesco Condoluci foto di Gian Marco Folcolini

44

aprile 2013

Ogni giorno, nel mondo, quasi un milione di persone, a un certo punto della loro giornata, dai propri pc, notebook, smart phone o tablet, da casa, dal lavoro o da diosolosadove, si collegano a internet e digitano sulle loro tastiere due paroline magiche: Giallo-Zafferano. Dall’Italia, dall’Europa, dall’America, non c’è confine geografico o di lingua che tenga. Ogni gior-

no, tutti i santi giorni, da almeno tre anni a questa parte. Un 1.000.000 (che scritto a numero fa ancora più effetto) di utenti che leggono, consultano, guardano i video tutorial e le foto, commentano sul blog e si esaltano a mettere in pratica le istruzioni apprese. Tutti in cerca della ricetta giusta, del piatto “facile e veloce” da preparare a pranzo in pochi minuti o del menù “sfizioso” da offrire per cena agli amici. Una gigantesca community globale, in costante crescita, che nelle pagine del sito Giallozafferano. it ha trovato il nuovo Vangelo dei fornelli, l’oracolo virtuale delle ricette pret-à-manger, l’enciclopedia on-line di tutto lo scibi-


ghe e apprendisti cuochi di mezzo mondo. Un fenomeno, quello di Giallo Zafferano, che ha finito per destare l’attenzione delle università americane, dei migliori analisti internazionali di web marketing e persino – udite, udite! – del Wall Street Journal. Roba che Martha Stewart, guru americana del lifestyle domestico e riconosciuto modello di Sonia Peronaci, se la sogna.

In apertura, Sonia Peronaci nella redazione di Giallo Zafferano, dove lavora assieme a un team di 15 persone tra redattori, addetti alla cucina e ai set video e fotografici

In principio furono gli spaghetti

le culinario. Se in tv spopolano fascinosi e burberi chef con le stelle Michelin cucite sulla divisa e la fissa per il gastro-chic, sul web non ce n’è per nessuno: la regina incontrastata della cucina 2.0 e delle “ricette per tutti” è lei, Sonia Peronaci, anima e corpo di Giallo Zafferano, primo sito italiano di ricette per traffico, popolarità e per premi ottenuti nel suo genere,“miglior sito italiano 2012”, “Oscar dei Blog” e un mucchio di altre cose. Tra il sito, le pagine social, i blog, l’app scaricabile sulle piattaforme mobile e il canale YouTube, le ricette di Sonia, tradotte in svariate lingue, sono diventate punto di riferimento per casalin-

«E pensare che tutto è nato da due elementi molto semplici: la passione per la cucina e la voglia di cambiare», ci racconta la Peronaci, accogliendoci nella grande cucina-redazione (arredata come quella della nonna) di Giallo Zafferano a Ogni giorno sono Milano, affollata di cuochi, foun milione gli utenti tografi e blogger. Già, perché che leggono e guardano dovete sapere che prima di diventare, nella sua second life, video e foto pubblicati l’icona web delle “ricette facida Giallo Zafferano. li, veloci e sfiziose” (è questo Un caso di web marketing il mantra di Giallo Zafferano), studiato anche Sonia, milanese nata da padre dalle università americane calabrese e madre trentina, faceva nientemeno che la commercialista. «Sì, assieme a Francesco (Lopes, suo compagno di vita e di lavoro, nda) lavoravamo in quel settore, ma non ne potevamo più – ricorda, sorridendo – io amo cucinare da sempre, lui è un esperto di internet. Così ci siamo detti: perché non provare a fare qualcosa di diverso? Al tempo i ricettari sul web erano tutti testuali, i siti di genere identici e non c’erano foto. Ecco perché abbiamo pensato di cucinare e fotografare i piatti eseguiti per spiegarli meglio on-line agli utenti. Era il 6 giugno 2006, una vita fa». Oggi che Giallo Zafferano (un nome-omaggio alla città di Milano) straccia record su record e Sonia vende migliaia di copie dei suoi libri trovando anche il tempo per reclamizzare in tv i prodotti delaprile 2013

45


cover story

chefmania

le italiana». Nel frattempo, la community, grazie alla passione e alla sapienza culinaria di Sonia e al know-how di Francesco Lopes, cresceva e nel 2009, di Giallo Zafferano, si è accorto il gruppo Banzai, il popolare network che ha deciso di investire, consentendo al sito di passare dal livello amatoriale a quello professionale: ossia una redazione “vera”, set attrezzati, video ricette e soprattutto possibilità di assumere personale.

La cuoca della porta accanto

Tanti i riconoscimenti alla professionalità di Sonia Peronaci: non ultime le migliaia di copie vendute dai suoi libri

Nel mare magnum della cucina-entertainment, Sonia Peronaci, alle tentazioni gastro-chic preferisce umiltà, genuinità e ricette accessibili la Kraft e andare nelle università a tenere seminari di marketing, sembra tutto facile, ma gli inizi sono stati tutt’altro che in discesa. «Per i primi anni, abbiamo lavorato in casa, investendo soldi nostri e ricavando introiti zero. Diciamo che Giallo Zafferano è nato ed è cresciuto soprattutto perché ci abbiamo creduto – continua a spiegare la Peronaci – è andato on-line con 25 ricette, quelle della mia famiglia: c’era già la crisi e, all’epoca, il web era una scommessa. Da allora, anche a Natale e Capodanno, abbiamo continuato a pubblicare almeno una ricetta al giorno. La prima è stata gli spaghetti con le vongole, poi sono seguite carbonara, tiramisù e via dicendo. Tra le prime 200 c’è praticamente l’Abc della cucina tradiziona46

aprile 2013

Ma la vera svolta arriva agli inizi del 2010, quando Giallo Zafferano decide di mettere al centro del progetto il sorriso solare di Sonia. «Abbiamo “umanizzato” il sito e aperto una pagina sui social network – sono le parole di Lopes – e Giallo Zafferano è diventato “Sonia”. Lì è cambiato tutto». Ed è stato boom: Sonia è diventata una sorta di “vicina di casa virtuale”, che dà consigli, risponde in prima persona sul sito e su Facebook e gli utenti hanno cominciato a moltiplicarsi, portando in dote anche importanti investimenti pubblicitari. Oggi Giallo Zafferano conta 2 mila ricette e 15 dipendenti, tra redattori, addetti alla cucina e ai set video e fotografici. Un numero destinato a crescere: «di questi tempi un vero orgoglio» dicono all’unisono Sonia e Francesco. Ma il vero segreto resta la semplicità. Nel mare magnum della cucina-entertainment in cui nuotano chef veri e improvvisati, sedicenti critici stellati e food-blogger della domenica, Sonia Peronaci, alle tentazioni gastrochic preferisce l’umiltà, la genuinità e le ricette intellegibili e accessibili a chiunque. «Noi facciamo cucinare tutti – chiosa – il nostro target sono le famiglie, i single, chi vuole mangiare bene senza svenarsi. Non possiamo proporre ricette sofisticate e costose, in tempi di crisi, con gente che perde il lavoro, ci sembrerebbe quasi un’offesa. Gli chef? No, grazie, quel mondo non mi interessa. La vera cucina è un’altra cosa».


LA RICERCA HA BISOGNO DI TUTTO IL NOSTRO IMPEGNO E DEL VOSTRO 5xMILLE. Tumori, malattie cardiovascolari e neurodegenarative: per milioni di persone la ricerca è l’unica speranza. Ecco perché sosteniamo i migliori ricercatori che lavorano ogni giorno per diagnosticare prima, curare meglio e migliorare la qualità della vita dei malati.

Destina il tuo 5xMILLE alla Ricerca della Fondazione Umberto Veronesi. È un gesto importante e non ti costa nulla.

5xMILLE CODICE FISCALE 972 98 700 150

Nelle casella dedicata al finanziamento della ricerca scientifica e dell’università che trovi sulla tua dichiarazione dei redditi.


lostudio Quale “momento” legato al cucinare apprezza maggiormente?

Santi, poeti e… chef

Le capita mai di cimentarsi tra pentole e fornelli?

Essere solo

37%

Sì, in occasioni particolari

45%

Farlo insieme a degli amici

23%

Sì, spesso

27%

Farlo insieme a tutta la famiglia

14%

Molto raramente

18%

Farlo con il/la partner

12%

Assolutamente mai

6%

È indifferente

9%

Altro

4%

Altro

5%

La passione

48

(76%), libri e riviste (64%), internet e blog dedicati (61%). Principalmente autodidatti (36%), solo il 19% decide di migliorare le proprie competenze studiando e seguendo corsi dedicati. È quanto emerge da uno studio promosso dalla nostra rivista e condotto tramite interviste web a oltre 1.300 italiani, uomini e donne, di età compresa tra i 18 e i 55 anni, per rilevare qual è la loro preparazione in cucina e quanto tempo passano davanti ai fornelli.

Quando cucina preferisce…

Quali sono i motivi che l’hanno spinta ad avvicinarsi alla cucina? 31%

31%

La “presentazione del piatto”

24%

Tutto il rito che viene associato alla preparazione di un piatto

15%

La scelta degli ingredienti e la spesa

11%

L’organizzazione della cucina

10%

Il momento in cui mangio ciò che ho preparato

6%

Altro/non so

3%

A cosa associa la preparazione di un piatto? (risposta multipla)

Sorta di lettino dell’analista, dove sfogare con creatività ansie e tensioni, la cucina è oggi al centro dell’interesse degli italiani. E uno su tre sogna di diventare famoso grazie ai fornelli Oltre 7 italiani su 10 (72%) si cimenta spesso e volentieri tra pentole e fornelli, guidati da passione (31%) e voglia di diventare un giorno chef stellati (24%). Per gli italiani preparare un piatto significa soprattutto esprimere la propria creatività (59%) e liberare la mente dai pensieri (56%). La cucina diventa quindi una sorta di lettino dell’analista, dove sfogare, attraverso estro e creatività, ansia e tensione. Dove si informano gli italiani per le loro ricette? Programmi tv

La preparazione del menù

Alla possibilità di esprimere vera creatività

59%

All’evasione da tutti i pensieri

56%

Alla disciplina necessaria per la buona riuscita di una ricetta

47%

Alla manualità necessaria per cucinare

43%

Alla possibilità di stupire gli altri

35%

Alla possibilità di sperimentare cose sempre nuove

31%

Altro/non so

25%

Dove apprende ricette e informazioni relative alla cucina? (risposta multipla) Trasmissioni televisive

76%

Libri e pubblicazioni specializzate

64%

Siti e blog dedicati

61%

Fiere gastronomiche

57%

Corsi di cucina con grandi chef

51%

Da parenti (mamma, compagno/a…) 45% Altro/non so

Cosa fa per migliorare la sua preparazione culinaria?

Cosa rappresenta per lei cucinare? (risposta multipla) È un modo per divertirmi

66%

È un modo per emulare i masterchef della tv

Seguo programmi tv (MasterChef, Prova del cuoco)

58%

Nulla, conosco già tutto quello che serve sapere, per il resto basta usare la fantasia 24%

La voglia di diventare un giorno chef stellato

24%

È un modo per scaricare ansia e stress

53%

La curiosità

18%

È un modo per staccare dal lavoro

43%

La necessità

14%

È un modo per non annoiarmi

41%

36%

Voglio seguire corsi dedicati

19% 12%

La noia

9%

Niente in particolare

27%

Nulla, preferisco rimanere autodidatta

Altro/non so

4%

Altro/non so

30%

Altro/non so

aprile 2013

28%

9%



ilpersonaggio

Ruolo delle facoltà di Agraria nel futuro prossimo e centralità di agricoltura e innovazione per il benessere planetario. Expo Milano e sicurezza alimentare. Ce ne parla Giuseppe Pulina, neo presidente della Conferenza Nazionale per la didattica di Agraria di Domenico Marasco

50

aprile 2013

Meno sprechi, più ricerca La nomina a coordinatore della Conferenza didattica nazionale dei presidi e dei direttori di Agraria, del 2013, è solo l’ultimo riconoscimento alla professionalità e alla competenza di Giuseppe Pulina, nato a Sassari 57 anni fa, già preside (oggi direttore) della facoltà (oggi dipartimento) di Agraria di Sassari, presso la quale è professore ordinario di Zootecnica Speciale. Dalla laurea in Agraria con 110, lode e pubblicazione della tesi – allora innovativa,

sulle energie rinnovabili in agricoltura – alla recente nomina, le esperienze professionali e le pubblicazioni sono state innumerevoli, passando per la presidenza, dal 2010, dell’Associazione per la Scienza e le Produzioni Animali (ASPA), la fondazione prima (nel 2007) e poi la direzione, per oltre due anni, dell’Agenzia di ricerca in Agricoltura della Sardegna (AGRIS Sardegna) e – come non sottolinearla – la puntuale collaborazione, dall’ottobre 2010, con VdG magazine.


Le cause dell'incertezza Quali sono le cause della recente incertezza relativa agli approvvigionamenti che determina tensioni e volatilità dei prezzi?

1. La flessione dell’incremento annuale delle rese per ettaro (che sono state di 63 kg per il mais, 53 kg per il riso e 39 kg per il frumento negli ultimi 40 anni), dovuta alla saturazione biologica, economica e ambientale delle potenzialità produttive delle varietà oggi coltivate. 2. L’impossibilità di espandere ulteriormente le terre coltivate oltre il 15-20%. 3. La crescente scarsezza di acqua e i prezzi del petrolio in crescita. 4. I cambiamenti climatici con instabilità dei regimi termici e pluviometrici, e il rischio di sommersione di elevate estensioni di terre fertili per innalzamento del livello dei mari. 5. La perdita di fertilità dei suoli per desertificazione e urbanizzazione e l’erosione della biodiversità. 6. La crescente concorrenza per le stesse risorse (suolo, acqua e energia) delle agro energie e dei biomateriali. 7. La costante riduzione degli stock ittici che finora hanno rappresentato un serbatoio alimentare economico e di facile accesso per ampie fasce della popolazione mondiale.

Professor Pulina, ci tratteggi un possibile scenario agroalimentare mondiale da qui ai prossimi 40 anni... Se oggi uomini, donne e bambini si sedessero tutti insieme a pranzo, la tavolata che risulterebbe sarebbe lunga 2,8 milioni di km, pari a 7 volte e mezzo la distanza fra la Terra e la Luna! Una bella sfida dar da mangiare a tutti per tre volte al giorno. Oggi siamo infatti 7,2 miliardi, ma le più accreditate stime ONU calcolano che nel 2050 raggiungeremo i 9,2, con una crescita prevalente in Africa e negli altri Paesi in via di sviluppo. L’aumento previsto dei consumi alimentari sarà più che proporzionale all’incremento demografico per due motivi principali: il miglioramento del reddito procapite di vastissime fasce della popolazione di nazioni emergenti e l’inurbamento che lo scorso anno ha visto, per la prima volta nella storia,più abitanti nelle città che nelle campagne, con

L'Expò 2015, che ha come slogan “nutrire il pianeta, energia per la vita”, è un’occasione irripetibile per trovare una via condivisa e percorribile per rispondere al diritto fondamentale all’alimentazione

«È inutile avere una mappa dettagliata se non si sa dove andare»

Uno sguardo al domani

(Giuseppe Pulina)

Quali dovranno essere i futuri campi di studio e di applicazione tecnologica in ambito agroalimentare?

conseguenti maggiori perdite di cibo (si calcola che nella aree urbane esse raggiungano il 40% contro un 10-15% in quelle rurali). Nell’ultimo mezzo secolo abbiamo assistito al triplicarsi della popolazione mondiale, passata dai circa 2 miliardi di abitanti agli attuali 7; nonostante sussistano ancora vasti strati di popolazione sottoalimentata e affamata (la FAO ne stima oltre 900 milioni), la rivoluzione verde (diffusione delle agro tecnologie dalle nazioni avanzate a quelle in via di sviluppo) ha consentito di sfamare ulteriori 4 miliardi e mezzo di persone e di dimezzare, almeno fino al 2009, i prezzi internazionali degli alimenti di base (grano, riso, mais) rendendoli acquistabili dalle popolazioni più povere. Le recenti tensioni e volatilità dei prezzi di queste derrate rappresentano quindi il termometro dell’incertezza sugli approvvigionamenti (vedi box: Le cause dell'incertezza). Oggi, accurate analisi

• La difesa della biodiversità e il miglioramento genetico di piante, animali e microrganismi utili. • L’uso più efficiente di acqua e fertilizzanti. • Lo sviluppo di nuove classi di presìdi fitosanitari meno aggressivi per l’ambiente e il loro utilizzo efficiente per vitare problemi di resistenza da parte di parassiti e malerbe. • L’introduzione di nuovi approcci non-chimici per la protezione delle colture. • La riduzione delle perdite post-raccolta. Il miglioramento delle tecniche di allevamento salvaguardando il benessere animale • L’ottimizzazione dello sfruttamento degli stock ittici e il loro ripopolamento. • La valorizzazione dei saperi dell’agricoltura tradizionale. aprile 2013

51


ilpersonaggio

Il punto sulla carne di cavallo Il professor Pulina ci illustra la posizione ufficiale dell’ASPA sul recente scandalo horsegate. «Il quesito che si pone oggi è: la carne di cavallo fa male per cui non si deve mangiare? In realtà le caratteristiche nutrizionali della carne equina sono analoghe o addirittura migliori rispetto a quella bovina e solo i cavalli inseriti nella lista degli “animali da compagnia” (non DPA secondo la legge in vigore), vengono esclusi dall’uso alimentare. Quindi alimentarsi con carne di cavallo non comporta rischi sanitari e nel nostro Paese è generalmente lecito; in molte zone è persino una tradizione consolidata che ci porta a essere tra i maggiori consumatori di carne equina in Europa. Perché allora discuterne con preoccupazione? La presenza negli alimenti di componenti non dichiarati in etichetta è una frode perseguibile in termini di legge. Questo perché conoscere la corretta composizione informa i consumatori allergici a determinati componenti sull’idoneità del consumo dell’alimento e permette di rispettare scelte personali. In sintesi, il povero cavallo non ha nessuna colpa… la colpa è di chi in modo involontario o fraudolento non ne ha segnalato la presenza in etichetta».

52

aprile 2013

La rivoluzione verde ha consentito di sfamare 4 miliardi e mezzo di persone e di dimezzare, almeno fino al 2009, i prezzi degli alimenti di base (grano, riso, mais) rendendoli acquistabili dalle popolazioni più povere

prevedono un aumento del prezzo del riso al 2050 dal 200 al 450%, del grano dal 120 al 200% e del mais dal 100 al 150%.Nei prossimi 40 anni sarà necessario produrre il 70% di alimenti in più rispetto a oggi, ma con risorse fisiche ed energetiche limitate e in modo sostenibile per l’ambiente. Per rispondere a questa sfida, dovremo sprecare di meno e soprattutto usare più intelligenza. Questo è uno degli obiettivi di Europa 2020. E quale sarà il ruolo delle scienze agrarie? Ricerca, trasferimento tecnologico e formazione continueranno a essere le chiavi per fornire agli agricoltori gli strumenti per produrre in maniera sostenibile (vedi box: Uno sguardo al domani). Le facoltà di Agraria saranno quindi strategiche nel creare nuove conoscenze, formare gli agricoltori del futuro, monitorare gli impatti ambientali dei modelli produttivi e trasferire le innovazioni nel sistema agroalimentare planetario.

Quale sarà il ruolo dell’agricoltura nel prossimo futuro, tra immigrazione, economia globale e trasformazioni sociali? In tutto il mondo l’agricoltura offre una della prime opportunità occupazionali ai nuovi immigrati. In Italia, ad esempio, dei nuovi 17 mila occupati in più del settore registrati dall’Istat rispetto all’anno precedente, il 75% sono stranieri. Poiché il mondo rurale rappresenta il deposito delle tradizioni popolari, diventa estremamente urgente capire in che modo l’ingresso di queste nuove culture possa costituire un’opportunità piuttosto che una sovrapposizione che, alla lunga, può creare tensioni sociali non prevedibili. La chiave sta nelle politiche dell’integrazione, uno degli assi della nuova programmazione comunitaria. Il comitato scientifico dell’Expo 2015 vede coinvolte la Conferenza di Agraria da lei presieduta e l’AISSA della quale è vi-


La sicurezza alimentare sussiste quando tutte le persone, in ogni angolo del Pianeta, hanno la possibilità di accedere a risorse alimentari sicure e sufficienti a garantire loro una vita sana e attiva cepresidente. Un commento su questo appuntamento tanto atteso… La grande esposizione universale di Milano, che ha come slogan “nutrire il pianeta, energia per la vita”, è un’occasione irripetibile per trovare una via condivisa e percorribile per rispondere al diritto fondamentale (sancito dall’ONU nel 2002) all’alimentazione, definito come “l’acces-

so regolare, permanente e libero – diretto o tramite acquisti monetari – a cibo quantitativamente sufficiente (security) e qualitativamente adeguato (safety) per tutti gli uomini”. La sicurezza alimentare sussiste quando tutte le persone, in ogni momento e in ogni angolo del Pianeta, hanno la possibilità fisica ed economica di accedere a risorse alimentari sicure e sufficienti a soddisfare il loro fabbisogno per poter condurre una vita sana e attiva. Non a caso quindi il comitato scientifico dell’evento è presieduto dalla professor Claudia Sorlini, già preside della facoltà di Agraria di Milano, che in stretto contatto con la conferenza di Agraria e con l’Associazione Italiana delle Società Scientifiche Agrarie, presieduta dal professor Marco Gobbetti, disegnerà una serie di eventi scientifico-culturali in tutta Italia a supporto dell’Expò. In definitiva, il sistema scientifico agroalimentare italiano è chiamato in prima persona a contribuire con le proprie competenze alla soluzione dei temi legati al futuro dell’alimentazione dell’umanità.

Nei prossimi 40 anni sarà necessario produrre il 70% di alimenti in più rispetto a oggi, ma con risorse fisiche ed energetiche limitate e in modo sostenibile per l’ambiente

La Conferenza dei presidi di Agraria La Conferenza Nazionale per la didattica di AG.R.A.R.I.A. (Agricoltura, Risorse forestali, Ambiente, Risorse animali, Ingegneria del territorio, Alimentazione) subentra alla Conferenza dei presidi delle ex-facoltà di Agraria italiane inopinatamente abolite dalla legge 240 (la cosiddetta "legge Gelmini"). I corsi di laurea nelle discipline agrarie, forestali e alimentari impartiti dalle facoltà, sono oggi gestiti dai dipartimenti. In alcune sedi, le vecchie facoltà si sono divise in due (o più) dipartimenti, ma nel grosso del territorio esse si sono semplicemente trasformate in dipartimenti. Attualmente, la Conferenza coordina 25 sedi e ha il compito di promuovere tutte le forme di collaborazione fra le strutture didattiche delle sedi che gestiscono corsi universitari delle ex facoltà di agraria, mantenere i rapporti con gli organi competenti e l’opinione pubblica e rappresentare le strutture associate con le istituzioni pubbliche e private, nazionali e internazionali, per la definizione di accordi coerenti con i compiti dell’Università.

aprile 2013

53


consumi&tendenze

Smart phone? Smart food! Cellulari intelligenti e tablet hanno cambiato il nostro rapporto con il cibo: grazie alle app dedicate all’enogastronomia possiamo avere la risposta a ogni nostra curiosità o esigenza, in tempo reale. E chi teme che tutto ciò vada a discapito di rapporti umani e approfondimento, si sbaglia. O almeno così dicono gli esperti

di Gilda Ciaruffoli

54

aprile 2013

“Nel passato, quando si pensava al futuro, s’immaginava un mondo nel quale gli uomini avrebbero sostituito i pasti con pillole contenenti tutto ciò che serve per nutrirsi. Oggi sappiamo che quelle previsioni erano sbagliate. […] La vera rivoluzione sta iniziando solo adesso, e sarà guidata dalle applicazioni del digitale”. Lo sostiene un recente documento pubblicato dal Barilla Center for Food&Nutrition, specializzato nell’analisi dei grandi temi legati all’alimentazione. Una premessa più che condivisibile visto l’impatto che le nuove tecnologie hanno – che ci piaccia o no – sul nostro modo di mangiare, e non solo. “Anche senza arrivare alle stampanti

in 3d per il cibo (ne esiste già un prototipo) – prosegue il documento – gli esempi del cambiamento in atto non mancano, e riguardano tutta la filiera agroalimentare. Dai micro sensori utilizzati per rendere più efficiente l’irrigazione alle etichette elettroniche che consentono la tracciabilità dei prodotti, alle bilance intelligenti per facilitare la dieta. Per non parlare di tutto quello che si può trovare sui siti web per essere consapevoli degli impatti sociali del cibo e condividerli attraverso i social media”.

Una pioggia di informazioni Nell’occhio di questa rivoluzione smart phone e tablet, che hanno reso più facile e


l’orata che vi è stata appena servita e volete sapere se si tratta di una specie a rischio estinzione? C’è un’app anche per questo: AppliFish. E così via, praticamente per ogni ambito dello scibile, o giù di lì. Una notevole quantità di informazioni possibili, dunque. Tutte attendibili? Non proprio. Come il buon senso ci insegna, infatti, l’importante è verificare la fonte, prima di tutto, e poi imparare a orientarsi e a riconoscere le opinioni oneste e autorevoli dai fake.

Foto Stefano Sgambati

Il ristorante di domani

Mariachiara Montera è anche tra gli organizzatori della Foodie Geek Dinner, cena itinerante che riunisce attorno a un tavolo appassionati e professionisti del food e della tecnologia

Per saperne di più: www.barillacfn.com www.thechefisonthetable.it www.ristorantelacredenza.it www.valtellinachegusto.mobi

veloce la raccolta di informazioni, la fruizione di servizi, e la creazione di community. Le stime vogliono che a breve il numero degli utenti “mobili” di internet supererà quello dei “fissi”, le vendite di smart phone quelle dei classici cellulari, e i tablet proseguiranno la loro strada in ascesa. Cuore di questo successo, le app: applicazioni, gratuite o a pagamento, che aggiungono nuove funzionalità ai nostri supporti tecnologici. Bene, la gran parte delle app è dedicata al mondo del food. Vi interessa saperne di più sulle calorie o sul territorio dal quale proviene la fetta di prosciutto che state addentando? C’è un’app, si chiama Salumi! Siete in piena crisi di coscienza guardando

Oltre a permetterci di rispondere in tempo reale a qualsiasi nostro interrogativo, però, le app ci risolvono anche qualche problema pratico. «La tendenza che caratterizza quelle più recenti – ci spiga Mariachiara Montera, la Maricler del blog thechefisonthetable.it nonché social media manager – è quella di mettere in contatto ristoratore e cliente. Come Restopolis, app che ha all’interno un database di locali tra i quali scegliere nella propria zona e che offrono spesso sconti speciali, dando anche la possibilità al ristoratore di avvertire la community se, ad esempio, un tavolo si è liberato all’ultimo. In questo modo, la vita dell’utente è semplificata e il ristoratore può promuovere nel modo più chiaro e diretto la sua attività». Ma in ambito ristorazione, le cose si sono spinte anche oltre. Negli Stati Uniti è ormai una pratica consolidata, in Europa qualche esempio lo si trova Londra: è il menù su tablet, che permette di ordinare in autonomia, avere informazioni sui piatti e la materia prima e magari fare una partita a Ruzzle nell’attesa della cena. Una tendenza che sta prendendo sempre più piede, ma la community dei food lover italiani, cosa ne pensa? È, in realtà, molto dubbiosa, e preoccupata soprattutto del venir meno del fattore umano. «Personalmente – commenta Mariachiara aprile 2013

55


consumi&tendenze

«Da noi i tablet non sostituiscono la carta tradizionale, né tanto meno il rapporto umano. Anzi, lo stimolano e lo arricchiscono». Parola di Giovanni Grasso (in foto)

QR Code e territorio: si può fare! È quadrato, bianco e nero. L’avrete visto mille volte. Si chiama QR Code ed è un codice a barre bidimensionale che, interagendo con smart phone o tablet, grazie a specifiche app, ci rimanda a una serie di informazioni che non sarebbe possibile ottenere altrimenti con la stessa semplicità. Molte comunità locali o aziende alimentari lo utilizzano per dare notizie immediate su singoli edifici, ad esempio, o sui propri prodotti. Ha in progetto di farlo, ad esempio, la Valtellina. Per saperne di più abbiamo chiamato in causa il Distretto Agroalimentare di Qualità della Valtellina che ha varato il progetto 3 C (comunicare, conoscere, comprare) per promuovere il patrimonio artistico, paesaggistico e gastronomico della zona e sta puntando moltissimo sulle nuove tecnologie. «Poche settimane fa è stato ufficialmente inaugurato il minisito valtellinachegusto.mobi, pensato appositamente per per smart phone e tablet, e cappello per tutta una serie di minisiti di aziende e produttori locali che hanno così modo di raccontarsi al visitatore – ci spiega Stefano Gianoni – È un modo pratico per avere informazioni brevi ma efficaci che stimolano a nuovi approfondimenti». Informazioni peraltro che possono essere consultate ovunque, anche tra i vigneti: «il sito verrà affiancato da un sistema di QR Code sul territorio, e già oggi è attivo un percorso tra le vigne terrazzate con piazzole di sosta coperte da QR Code, grazie ai quali riusciremo a collegare il reale al virtuale». «In questo modo – prosegue Gianoni – il rapporto tra territorio e turista si arricchisce, anche perché l’informazione che diamo non insegue il visitatore ma rispondere alle sue domande, nel momento stesso in cui vengono formulate». 56

aprile 2013

– al ristorante voglio vivere un’esperienza di pancia, in tutti i sensi. E il primo gusto che voglio assaporare è quello di una voce esperta che mi spiega il piatto. Una proposta interessante riguarda invece il vino: la carta dei vini è una bibbia, non sai mai come leggerla e, a volte, ritrovarsi a ordinare “un bianco, massimo 20 euro…” può essere difficile! Averla su tablet può aiutare i tanti amanti del buon bere a confrontarsi con il sommelier, se non alla pari, almeno con qualche elemento di discussione in più». A proporla, da pioniere assoluto, il ristorante La Credenza di San Maurizio Canavese (To). «Cercavamo il modo ottimizzare la gestione della cantina dando al contempo un servizio al cliente – ci spiga il titolare, Giovanni Grasso – e ancor prima che uscisse l’iPad negli Stati Uniti stavamo già progettando questo programma che, a un mese dall’arrivo sul mercato del tablet, era già attivo». «So bene quanto possa essere difficile orientarsi in una carta dei vini – prosegue – e si finisce spesso per ordinare la stessa bottiglia. Oggi però i clienti chiedono maggiori informazioni e vogliono fare scelte ragionate, perciò, visto che dietro la nostra carta c’è una grande ricerca, il tablet ci dà la possibilità di trasmetterla nel modo più semplice e funzionale». E il sommelier? «Resta fondamentale: il tablet è di supporto al suo lavoro, permettendo al cliente, che si è già fatto un’idea, di avere più tempo per discutere con lui, ad esempio, il giusto abbinamento». Il prossimo progetto? «Quello di rendere accessibile la carta dei vini da casa, attraverso internet, per clienti sempre più informati e soddisfatti, visto che sarà possibile anche prenotare la propria bottiglia con anticipo, onde evitare delusioni». E del menù su tablet, cosa pensa Giovanni? «Potrebbe avere senso in un locale che punti sulla velocità, ma il piacere di una cena al ristorante è un’altra cosa».



attenti a queste due

di Elisa Isoardi & Paola Gula

I viaggi del gusto di…

Lorella Cuccarini La sua prima apparizione televisiva risale al 1978. Era una bimba, ma da allora la sua presenza sul piccolo schermo è stata assidua. Ballerina, cantante, attrice, presentatrice, ora anche radiofonica con il programma Citofonare Cuccarini in onda ogni giorno su Rai Radio 1. Il sorriso spontaneo e la semplicità sono i marchi di fabbrica che l’hanno resa uno dei personaggi più apprezzati nel panorama italiano, facendoci dimenticare che dietro tanta affascinante naturalezza ci sono lavoro, disciplina e professionalità.

Da giovanissima hai fatto uno spot per una birra, sei stata notata da Pippo Baudo mentre come ballerina partecipavi alla convention di una nota ditta di gelati, sei “la più amata dagli italiani” grazie a una cucina. La tua carriera sembra essere legata al cibo in modo indissolubile. Com’è il rapporto tra di voi? Nella vita di tutti i giorni non rinuncio al buon cibo. Certo, sono molto attenta, ma mi piace mangiar bene.

Eppure possiedi una forma invidiabile. Come fai? Di fondo credo si tratti di genetica, ma c’è da 58

aprile 2013

dire che la mia vita è sempre stata legata alla danza e anche quando si rallentano un po’ gli allenamenti la fibra muscolare rimane. Per quanto riguarda il cibo la mia parola d’ordine è: “piacere a piccole dosi”. Non rinuncio a ciò che amo, ma cerco di non esagerare. Poi sono anche convinta che, se le nostre scelte a tavola sono fatte con intelligenza e gusto, possano persino essere d’aiuto a mantenersi in forma.

A tavola non si invecchia quindi non è soltanto il titolo di un libro di ricette che hai scritto insieme alle due docenti di dermatologia, Gabriella Farroncini e Pucci Romano. Si tratta della tua filosofia di vita? Proprio così. Non volevamo parlare di diete, ma di alcune regole e ricette che hanno lo scopo di combinare il piacere per il buon cibo con un’alimentazione sana. I risultati di un corretto utilizzo di alimenti anti ossidanti si vedono prima di tutto sulla nostra pelle.

Com’era, da bambina, il tuo rapporto con il cibo? Quali i tuoi ricordi? A casa mia cibo era cucina e la cucina era il centro della casa. Si mangiava, si facevano i compiti, la nonna preparava le fettuccine, la mamma cucinava zuppe e minestre. Tanti ricordi di famiglia, tante abitudini, tanti rituali sono legati alla cucina della nostra casa. Il ricordo più tenero che ho riguarda mia nonna. Era lei che preparava le fettuccine tutte le settimane. Tirava delle sfoglie che a me sembravano enormi, poi le arrotolava con cura e le tagliava con il coltello. Trattava quelle sfoglie con un rispetto quasi sacrale e io ero affascinata dalla sua precisione. La misura perfetta, né troppo larga, né troppo stretta. Siccome poi in famiglia eravamo tanti non c’erano a disposizione tavoli abbastanza grandi per disporle. Allora si allargava un grosso lenzuolo sul letto matrimoniale dei nonni. Essendo io la più piccola mi era concesso il privilegio di aprire quelle matassine di pasta. Il mio compito era allargare le fettuccine con le mie manine di bimba. Una gestualità importante che ricordo ancora perfettamente. Un po’ più grandicella ho imparato a farle, ma a insegnarmi è stata mia mamma. Il primo compito è stato mettere le uova al centro della montagna di farina. È una ritualità a cui tengo tantissimo, per questo adesso faccio lo stesso con i miei figli. Sara, la più grande, spesso mi aiuta. Questo, secondo me, è il vero potere del cibo e della tavola: apre il cassetto dei ricordi.


Ripenso spesso a quando, da bambina, mia nonna preparava le fettuccine. A me era concesso il privilegio di aprire le matassine di pasta… Questo, a mio parere, è il vero potere del cibo: apre il cassetto dei ricordi Ti piace il vino? Non abbiamo un gran rapporto. A differenza di mio marito che lo ama da impazzire. È anche sommelier, quindi per la pace in famiglia lo assaggio, ma per la verità potrei farne tranquillamente a meno, anche se d’estate mi piace bere ogni tanto un bicchiere di bianco leggero e fruttato.

La golosità irrinunciabile? Un biscotto da tè. Non riesco a dire di no al dolce e la semplicità della biscotteria è da sempre il mio punto debole. I miei preferiti sono i ventagli di pasta sfoglia. Mi appagano e hanno il potere di farmi tornare il buon umore.

Tuo marito Silvio cucina? Lui è molto bravo con le ricette ricercate. Ama gli arrosti e i piatti che necessitano lunghe cotture.

Andate al ristorante? Non molto spesso. Anche se non fa chic per niente, io e i miei figli andiamo matti per la pizza. Per me è sinonimo di famiglia, di convivialità e poi c’è il grande vantaggio di poter andare con i bambini, anche se sono piccoli. Con Silvio abbiamo raggiunto questo compromesso: io bevo ogni tanto mezzo bicchiere di vino e lui viene in pizzeria. O a mangiare Sushi.

Il cibo che non sopporti? I peperoni. Mio marito me li ha proposti in tutti i modi possibili, ma non ha avuto successo. Addirittura è riuscito a insegnarmi a nuotare, ma con i peperoni non c’è stato verso.

Il comportamento a tavola su cui non transigi? I miei figli con i cellulari. Li sequestro. E poi si deve iniziare tutti insieme. A volte è faticoso perché c’è sempre qualcuno che ha più fame degli altri, ma la regola è quella. Tutti insieme.

aprile 2013

59


ospitalità italiana

di Gilda Ciaruffoli

Un angolo di Rinascimento a Kiev Si chiama “Osteria” e varcare le sue porte è come entrare in un tipico locale nostrano, dal sapore antico. Non siamo però in Toscana, o tra i vicoli di un borgo medievale. Siamo in Ucraina. Nella cui capitale, il Pantagruel è diventato un punto di riferimento per gli appassionati di cibo, vino e cultura italiana. Il merito? Tutto dell’accoppiata vincente Gusovsky-Passalacqua Cosa occorre per fare un vero ristorante italiano in Ucraina? Quando lo hanno chiesto a Sergei Gusovsky lui ha risposto: «a) uno chef italiano e b) un bravo chef italiano». E non è certo un caso che gli amici lo definiscano come “più italiano degli italiani stessi”: Gusovsky, fondatore e storico proprietario dell’Osteria Pantagruel, uno 60

aprile 2013

dei locali più rinomati di Kiev, è stato talmente folgorato dalla cultura e dalla cucina del nostro paese che ha deciso di aprire un vero e proprio angolo di Rinascimento nel cuore della sua città natale. Era il 1995 e già da qualche anno Gusovsky, giovane ingegnere militare in aspettativa – che proprio in quegli anni di disgelo per la prima volta assaporava il gusto della vita borghese, ma soprattutto della libertà di viaggiare – s’era acceso d’amore sconvolgente per il nostro paese. Passione che si tradusse nella volontà di riproporre e celebrare i piatti italiani nella sua terra: l’abisso tra la “cucina sovietica”, sulla quale sono cresciuti la maggior parte dei nuovi ristoratori ucraini, e la secolare tradizione culinaria europea è per noi inimmaginabile, e superarlo – vero obiettivo di Gusovsky da oltre vent’anni – più che un business è una vera e propria missione! E proprio questa vocazione ha reso il Pantagruel un punto di riferimento non solo per i gourmet ucraini ma anche per i tanti turisti stranieri che visitano Kiev. E magari entrano all’Osteria di Gusovsky per caso, dopo aver ammirato la vicina e bellissima Porta d’Oro, monumento di poco successivo all’anno mille e tra le rare vestigia rimaste di quelle mura che anticamente proteggevano la città. Entrano per caso, dicevamo. Ma poi s’innamorano e non smettono di tornare.


Per saperne di più: www.10q.it Scarica l’app “10Q Ricette italiane” e “10Q” per Android, iPhone e iPad

Vul. Volodymyska, 69 - Kiev Tel. +38 (44) 2896185

Vita da chef Costantino Passalacqua proviene da una famiglia di cuochi, padre e nonno proprietari di ristoranti nella sua Liguria. Undicenne, prepara il suo primo piatto, a 18 comincia a girare il mondo in cerca di esperienza e impressioni. A 25 anni compra il suo primo ristorante. A 29 lo vende. Poi lavora e vive in Giappone, Russia, Kazakistan. E Ucraina. Dove incontra Gusovsky e il Pantagruel. E si ferma, finalmente a casa.

La rivoluzione italiana Anche perché tornare significa avere ancora una volta il piacere di gustare la cucina della seconda colonna portate del Pantagruel, il suo chef Costantino Passalacqua. Italiano (e bravo!) ovviamente. Con lui, Sergei Gusovsky è riuscito a instaurare un rapporto di perfetta sintonia e comprensione, filosofica e pratica, quella comunione d’intenti grazie alla quale uno chef diventa compagno e complice del suo ristoratore. E per “Costa” questo felice incontro ha rappresentato l’approdo in un porto sicuro dopo tanto vagare per il mondo. Al Pantagruel lo chef ha infatti trovato tutto ciò che cercava: amore per le sue origini, tradizioni, esperienza, libertà professionale, clienti riconoscenti, e – soprattutto – un amico, un compagno d’idee e d’avventure. Da parte sua, Passalacqua ha portato una ventata d’aria nuova in cucina. E un nuovo menù. La rivoluzione è iniziata dalla materia prima: olio extravergine d’oliva, pomodori e farina vengono da quel momento scelti con criteri più rigidi. Si ritocca anche la qualità della pasta, solo fresca (secondo Costa il biglietto da visita della vera cucina italiana), si aumenta sostanzialmente la scelta dei frutti di mare grazie a fornitori e importatori di qualità. E proprio mentre la cucina si trasformava, Sergei Gusovsky s’impegnava nella creazione di un’interessante cantina, che oggi vanta 4 mila bottiglie, e si guadagna la reputazione di esperto di vini italiani. Scrive per Forbes, è parte della giuria della versione ucraina di Hell’s Kitchen, conduce degustazioni aperte al pubblico. E organizza festival enologici, presso il Pantagruel, durante i quali ogni mese per una settimana, vini italiani poco noti o non presenti in Ucraina, vengono offerti ai clienti, al bicchiere. E ogni volta Costa prepara un menù ad hoc per la degustazione, regalando al palato dell’ospite un sogno tutto italiano. Ed è così che nel corso degli anni l’accoppiata Gusovsky-Passalacqua ha creato intorno al Pantagruel una società informale ma numerosa di esperti e appassionati di gastronomia italiana, vino italiano e, in definitiva, cultura italiana. Allegria!

Fazzoletti con stracchino e pesto Ingredienti (per 4 persone): per 1 kg di pasta: 700 gr di farina 7 uova 20 gr di olio evo un pizzico di sale per il condimento: 360 gr di pesto 400 gr di Stracchino 40 gr di pinoli 50 gr di Parmigiano 10 gr di salvia 4 gr di pepe macinato Preparazione: Unire tutti gli ingredienti per la pasta: l’impasto non deve essere troppo duro né incollarsi alle dita; lasciare riposare in frigo per 1 ora. Poi stendere la pasta fino a ottenere una sfoglia sottile. Tagliare in quadrati (con un lato di 10 cm) per ottenere i “fazzoletti”. Cuocerli in acqua bollente per 30 secondi. Poi metterli in acqua fredda un minuto. Lasciare che si asciughino, metterli su un piatto e riempirne alcuni con pesto, altri con stracchino. Coprirli con un altro fazzoletto. Poi cuocerli a vapore per 4 minuti, adagiarli sul piatto e condirli con burro fuso, pinoli arrostiti, pepe macinato fresco e Parmigiano.

Scelti per voi Di seguito, alcuni dei locali che fanno parte del circuito Ospitalità italiana – Ristoranti italiani nel mondo a Kiev Pantagruel Lysenko St., 1 www.pantagruel.com.ua/ru Walter’s Sofiyska St., 10 www.walters.ua Pizzeria Napulè Mechnicova St., 9 www.napule.com.ua Sorrento Yaroslavska St., 5/2 www.sorrento.kiev.ua Al Faro Krasnoarmeiskaya, 49/a www.alfaro.com.ua

aprile 2013

61


Qualità nell’alimentazione, benessere della persona, rispetto per l’ambiente. Da sempre il Gruppo Mangiarsano Germinal mette al centro del suo quotidiano operare questi tre valori, consapevole dell’importanza di una corretta nutrizione.

Nel mercato dei prodotti biologici e salutistici ci distinguiamo per una costante ricerca di prodotti innovativi, adatti a soddisfare le richieste dei consumatori più esigenti. Di quanti hanno particolari intolleranze o allergie, oppure sono semplicemente alla ricerca di una maggiore qualità nell’alimentazione, senza dimenticare il gusto. Operiamo inoltre nel pieno rispetto della natura che ci circonda.

Nutri la tua salute

www.mangiarsanogerminal.it www.nutrilatuasalute.it


magazine

Cibo&Territorio Cibo&Territorio 64

68

72

74

64 Gli asparagi

74 Wine passion: il Gutturnio

Un vino rosso frizzante, brioso e generoso. Come gli abitanti delle terre piacentine

Storia, segreti, virtù e impieghi in cucina dell’ortaggio che fa tipicamente primavera

68 Le Dolomiti friulane

76 Claudia Mazzetti d’Altavilla

Tra le montagne pordenonesi a scoprire il lato più genuino e autentico del Friuli

La regina della grappa: ha trasformato

da pag. 78 Rubriche

• Il buono a tavola • Orto dei semplici

un piacere rude in un distillato di femminilità

72 L’olio del Molise Nasce dai ricchi uliveti di una terra spesso dimenticata: un patrimonio da riscoprire aprile 2013

63


cibo&territorio

Quell’asparago che fa primavera di Silvana Delfuoco

Ci sono quelli classici, pare afrodisiaci, verdi. Anche bianchi piacciono parecchio. E ne esistono persino varietĂ viola e rosa. Un bouquet croccante che arriva con i primi caldi e porta con sĂŠ non solo tanto gusto ma anche importanti benefici per la salute 64

aprile 2013


Li apprezzavano già, e non poco, i nostri antenati Romani che ne erano tanto ghiotti da averne minuziosamente registrato il metodo di coltivazione e curato il trasporto su navi appositamente attrezzate, dette appunto asparagus. Quasi dimenticati, o almeno trascurati, col passare del tempo, bisogna aspettare fino al XV-XVI secolo perché gli asparagi ritornino agli onori del mondo del gusto. A Luigi XIV, il Re Sole, piacevano a tal punto che il suo abilissimo giardiniere pare riuscisse a procurarglieli anche a dicembre! Più modestamente, dalle nostre parti si racconta di un fortunoso ritrovamento dell’Asparago Bianco di Bassano, oggi Dop, da parte dei contadini della attuale zona di produzione, nei dintorni di Vicenza, costretti a rivoltare la terra alla ricerca di cibo dopo una violenta grandinata che aveva rovinosamente distrutto tutte le colture. Invece a Santena, in provincia di Torino, dove gli asparagi colorano di verde, nuovo impulso alla coltivazione venne dato nella seconda metà del XIX secolo dal conte di Cavour, che per rinvigorire le stanche asparagiaie piemontesi importò nuove piantine dalla zona di Argenteuil, in Francia.

A ognuno il suo colore Quello verde si dice sia afrodisiaco; quello bianco una raffinatezza da intenditori; quello violetto morbido e burroso; quello rosa… Ma quanti tipi di asparagi ci sono? Per dissolvere ogni dubbio, abbiamo interpellato un’autorità in materia, il Direttore dell’Unità di Ricerca per l’Orticoltura del C.R.A. – Consiglio per la Ricerca e la Sperimentazione in Agricoltura di Montanaso Lombardo – Agostino Falavigna: «La differenza di colore tra gli asparagi dipende da due fattori. Fra verdi e bianchi è dovuta esclusivamente alla modalità di raccolta:

Davvero... officinalis “Gli asparagi hanno quaranta qualità: dopo la raccolta ne perdono una all’ora”. Così diceva un tempo la saggezza popolare, suggerendo saggiamente di mangiarli appena colti. Dunque in primavera, quando anche le galline riprendevano a deporre le uova. Ecco spiegata l’origine del più tradizionale, e ancora insuperato, degli abbinamenti: con l’uovo al burro! Fatti per il 95% di acqua, gli asparagi richiedono poco concime e pochissimi trattamenti con i fitofarmaci. Sono dunque perfetti per la coltivazione biologica, che ne garantisce al meglio anche le virtù terapeutiche: non dimentichiamo che Linneo non a caso aveva chiamato l’asparago officinalis. Tutti lo conoscono come diuretico, ma l’asparago contiene anche le saponine, pare dal forte potere inibente delle cellule tumorali del colon; negli States, sempre all’avanguardia, già sono in distribuzione pillole a base di queste sostanze da utilizzare quando manca il prodotto fresco. Peccato infine che gli asparagi – lo scrive Achille Campanile in un suo notissimo ed esilarante racconto – nulla possano anche a favore dell’immortalità dell’anima! Almeno per ora…

aprile 2013

65


cibo&territorio

Asparagi con salsa “tartara nostrana” Ingredienti (5/6 persone): 1 kg di asparagi piuttosto grossi, verdi e teneri 2 uova olio extravergine d’oliva succo di un limone 2 acciughe fresche dissalate 1 pugnetto di prezzemolo fogliette tenere di salvia sedano, timo e maggiorana aglio 1 porro o 1 cipollotto fresco 1 cucchiaio di capperi 2 cucchiai di sottaceti 1 cucchiaino di senape gialla (facoltativo)

Preparazione: Lessare a vapore gli asparagi, poi tagliare loro la parte bianca e dura. Disporli quindi in un piatto di portata rotondo, a ruota, ossia con tutte le punte convergenti al centro. Fare una maionese con le uova, l’olio e il succo di un limone, e da questa ricavare la “tartara nostrana” aggiungendovi un trito di ugual volume formato dalle acciughe, il prezzemolo, la salvia, il sedano, il timo e la maggiorana, uno spicchio d’aglio strizzato, la punta di un porro o un cipollotto fresco, i capperi e i sottaceti (volendo anche un cucchiaino di senape gialla). Mischiare la tazza di trito con la tazza di maionese e versare la salsa ottenuta al centro del piatto, a coprire le punte degli asparagi fin quasi a metà lunghezza. (tratta da Giovanni Goria, Cucina del Piemonte collinare e vignaiolo, Franco Muzzio editore)

66

aprile 2013

In questa pagina, fiori di asparago selvatico, nella successiva, una veduta di Bassano del Grappa

recisi a livello del terreno quelli verdi; alla profondità di circa venti centimetri, utilizzando particolari coltelli, quelli bianchi. Invece quelli viola sono proprio una peculiarità tradizionale unica al mondo originaria soltanto del nostro paese, e più precisamente della zona di Albenga, in provincia di Imperia, in seguito diffusa e selezionata un po’ dappertutto. In Lombardia c’è poi una rarità di nicchia, l’Asparago Rosa di Mezzago, una sorta di via di mezzo tra il bianco e il verde, conosciuto fin da primi

Occhio ai consumi «Non guardate la punta, ma il fondo del turione, che non sia appassito, né disidratato. Ma, soprattutto, annusatelo: guai anche al minino sentore di ammoniaca!». Non ha dubbi Agostino Falavigna, che si affretta ad aggiungere: «E diffidate dei punti vendita che avvolgono i mazzi di asparagi in fazzoletti di carta, magari patriottici, per impedirne un esame più attento!».

anni del Novecento e tornato in auge di recente dopo una fase di declino». E poi ci sono anche, niente affatto da sottovalutare, gli asparagi selvatici. Basta sapere dove andarli a cercare: nelle aree boschive del Centro e del Sud, o lungo i litorali, come per esempio la Pineta di Ravenna, al Nord.

Un mercato promettente Dunque, con l’arrivo della primavera – già a partire da metà febbraio nelle regioni dove il clima è più mite e grazie anche all’ormai consolidato metodo del “tunnel protetto” – l’intera penisola, e non soltanto le tradizionali terre vocate del Nord, diventa zona di produzione. In provincia di Napoli infatti l’estensione della coltivazione supera i mille ettari e in altri terreni, soprattutto nelle isole maggiori, ci sarebbero tutte le potenzialità per estendere le coltivazioni, soprattutto quelle precoci molto più redditizie. L’Italia, lo dicono i dati Istat, al momento è il terzo produttore europeo di asparagi, preceduta da Germania e Spagna.


L'Italia è il terzo produttore europeo di asparagi, dopo Germania e Spagna. Il tipo preferito? Quello verde che rappresenta l'80% del consumo nazionale Un piccolo sforzo e potremmo diventare anche noi davvero competitivi… «Anche a causa della nostra cronica incapacità di organizzazione dell’offerta del prodotto, all’Italia manca per ora l’esportazione sui mercati del Nord Europa – spiega ancora Falavigna – che preferiscono comprare in Perù, dove la produzione si fa tutto l’anno. Il problema, che certo non è solo dell’asparago, sta nella costanza di qualità e di fornitura, che per ora noi non siamo in grado di garantire». In compenso, riusciamo a soddisfare quasi completamente il consumo interno, con una produzione annua di circa 4600 tonnellate su una superficie coltivata di 6500 ettari. Curiosamente in sintonia, in questo caso, con i Paesi Anglosassoni, produciamo e consumiamo asparagi verdi almeno per l’80%. Soltanto nelle Regioni del Nord Est per tradizione preferiscono quelli bianchi, che sono i più apprezzati anche dalla maggior parte dei nostri cugini Europei. Per saperne di più: www.asparagobiancobassano.com www.asparagorosa.it

Scelti per voi dove mangiare Roma In questo antico locale pare abbia abitato il conte di Cavour che di asparagi era un vero intenditore. Prezzo medio: 45 euro Via Cavour, 71 - Santena (To) Tel. 011.9491491 Al Ponte Una bella trattoria sulla destra del Brenta, dove in stagione l’asparago bianco Dop scatena la fantasia. Prezzo medio: 60 euro Via Volpato, 60 - Bassano del Grappa (Vi) Tel. 0424.219274 www.alpontedibassano.com Piano Paradiso da Peppe Zullo Cucina rustica, di territorio, ai piedi dell’Appennino, dove gli asparagi sono quelli selvatici al profumo di melissa. Prezzo medio: 40 euro. Via Piano Paradiso - Orsara di Puglia (Fg) Tel.0881.964763

aprile 2013

67


cibo&territorio

Genuino, battagliero, autentico Friuli di Riccardo Lagorio

Austere architetture di pietra arenaria, ballatoi e strade lastricate, vestigia di un tempo che qui, sulle Dolomiti friulane, sembra inciso nella roccia, non vuole passare. Un’anima combattiva che si esprime anche attraverso prodotti gastronomici radicati nella tradizione, nelle sue produzioni artigianali e nei suoi celebri figli, come Primo Carnera, il gigante buono che tra queste montagne è nato e oggi riposa 68

aprile 2013

Dolomiti friulane

Friuli-Venezia Giulia

Delle località che sono al di fuori dei grandi flussi turistici una cosa è certa: sono poco frequentate. Talvolta questo è anche sinonimo di pregio. E di infinite scoperte. Come le Dolomiti friulane, le montagne del Pordenonese, affascinanti dal punto di vista naturalistico perché intatte e avvincenti sotto il profilo gastronomico perché autentiche. In salumeria ad esempio il Friuli-Venezia Giulia non è solo prosciut-

to di San Daniele. Una straordinaria bottega dove si acquistano incantevoli prosciutti, di almeno 18 mesi, è quella di Luigi Carlo Fabbro, Dorth, in Aviano. Bisognerà però accertarsi che non siano stati venduti tutti e 400 i pezzi che riesce a stagionare nella vetusta cantina. Anche il suo guanciale è di quelli che fan trasecolare. Tanto che coloro che hanno fatto stanza nella vicina base militare, tornano ad Aviano solo per fare la spesa


Per saperne di più: www.piancavallodolomitifriulane.it www.distrettocoltello.it

Lame da Oscar Chef, gourmet, appassionati di cucina: forse non tutti lo sanno, ma con buona probabilità i coltelli che maneggiano con abilità provengono da Maniago, la capitale italiana delle lame, blasonata e di tradizione antichissima come Toledo o Solingen. La storia delle coltellerie maniaghesi ha preso l’avvio oltre 5 secoli fa e continua gloriosa ancor oggi, tant’è che questa bella cittadina è leader a livello mondiale nella produzione di strumenti metallici da taglio e professionali. All’inizio furono gli strumenti grezzi, poi lame sempre più raffinate, spade e lance per la Serenissima, falci e strumenti da taglio per i più vari utilizzi. I coltelli da tavola e da cucina, ma anche le forbici, i coltelli per lo sport e il tempo libero... che escono dalle aziende di Maniago, oltre a coprire gran parte del fabbisogno nazionale, sono destinati all’esportazione verso i mercati europei, americani, orientali (per saperne di più visitate il Museo dell’Arte Fabbrile e delle Coltellerie in via Maestri del lavoro). Anche le armi impiegate in Robin Hood principe dei ladri, il film diretto e interpretato da Kevin Costner, sono state prodotte a Maniago, così come quelle de I tre moschettieri e di Indiana Jones, l’ultima avventura. Falcate iberiche, gladi romani, spade vichinghe, longobarde e scandinave, come moltissimi altri tipi e modelli di armi antiche, vengono riprodotti fedelmente su disegni che riprendono fogge e proporzioni degli originali. Ma si tratta di armi assolutamente inoffensive, prive di filo e con punte arrotondate e non penetranti. Non dimentichiamo infine che Maniago è il secondo produttore al mondo di cavatappi e copre circa il 75% della produzione italiana!

da lui. Più rustica e ancestrale la pitina, tradizionale di Tramonti di Sopra. Sorta di grossa polpetta ottenuta da carne di ungulati,ingentilita da erbe aromatiche, sale, pepe, passata nella farina di mais, affumicata e stagionata, la pitina si gusta cruda, a fette (ma deve avere più di 40 giorni) con polenta o pane casereccio; oppure cotta, con le fette scottate velocemente nel burro, servite su una polentina morbida e cosparse di un po’ di ricotta fusa. Anche nei formaggi le Dolomiti friulane si sanno fare apprezzare. La latteria di Pradis di Sopra, a Clauzetto, raccoglie il latte di fattorie situate tra 700 e 850 m di altitudine e il suo formaggio, a latte crudo, è riconoscibile per l’intensità al naso e la pastosità in bocca. In queste valli sono nati l’asìno e il formai dal cit. Per la produzione di quest’ultimo si utilizzano formaggi di varie stagionature, si macinano, vi si aggiunge panna e si lascia inacidire il composto, che veniva messo nel cit, un contenitore di pietra dove maturava sino a due mesi.Tipico del comune diVito d’Asio

è invece l’asìno; il suo particolarissimo sapore, sapido e leggermente piccante, è dovuto alle salamoie, vecchie anche di decenni, in cui viene fatto maturare. Il richiamo dei verdi pascoli e della solitudine ha convinto anche Mauro Mesina, barbaricino di Orgosolo, a trasferire a Campone la preparazione del pecorino. Dalle sue 150 pecore nascono forme a latte crudo grazie a caglio di vitello o di agnello. Dirompente e unica la ricotta.

Tra guglie, valli e canyon E se i sapori delle Dolomiti friulane saranno difficili da dimenticare, lo stesso vale per i loro paesaggi e per gli antichi centri abitati. Come Maniago, con al centro piazza Italia, tra le più grandi del Friuli, con l’imponente fontana ottocentesca ottagonale. Davanti al Municipio spicca palazzo D’Attimis Maniago, con il leone di San Marco del 1570. La loggia comunale, del 1661, a tre arcate, fungeva un tempo da tribunale e mercato. Da visitare anche il duomo di San Mauro, esempio di architettura tardo-gotica friulana,con affreschi del '400. Da Maniago raggiungere le Dolomiti è questione di mezz’ora. Non prima di avere visitato Sequals, con Villa Carnera, la casa-museo del grande campione di pugilato Primo Carnera, il gigante buono, nato qui nel 1906 e morto nel 1967 (la tomba si trova nel cimitero locale, a pochi passi dalla villa). L’edificio risale al 1932 e qui morì il boxeur. Ospita al primo piano le stanze con gli ar-

marzo aprile 2013

69


cibo&territorio

redi originali anni '60. Le Valli Pordenonesi si aprono a ventaglio e si insinuano in alto, fin sotto le vette che al tramonto si tingono di rosa, spettacolo che rende uniche queste montagne, elette a Patrimonio dell’Umanità. Il Friuli Occidentale, dominato dalle corrose vette a guglie e pinnacoli delle Dolomiti, ospita peraltro un Parco regionale, il più esteso della regione e ne fanno da corona il Bosco del Cansiglio,con faggi e abeti fra i più antichi d’Italia; la Valle del Vajont con la tragica diga sopra cui si stagliano le caratteristiche case in pietra lavorata a scalpello di Erto e Casso; la Val Cellina, con il suo spettacolare orrido scavato nella roccia; la Grotta Verde di Pradis, dove si riflettono giochi di acqua e luce; paesaggi carsici con canyon, forre, caverne; laghi incantevoli come quello, azzurrissimo, di Barcis;Piancavallo,la montagna dei pordenonesi, attrezzata località di sport sia estivi, come il deltaplano e il parapendio dalla località Castaldia, che invernali; pascoli e malghe dove si ripete in estate l’antico rituale della monticazione delle mandrie e si producono eccellenti formaggi. Ancora autentiche e intatte sono le austere architetture in pietra con ballatoi in legno dellaValcellina,dellaValTramontina, della Val Covera. In Val Tramontina, superati i caratteristici paesi di Tramonti di Sotto e di Sopra, si raggiunge il passo di monte Rest, che porta in Carnia mentre in Val Colvera spicca il borgo di Poffabro: un autentico gioiello di cui si ha notizia fin dal 1357. Le architetture di pietra arenaria a vista, i porticati, i ballatoi, le strade lastricate, il silenzio creano un’atmosfera senza tempo. L’attaccamento alla propria terra qui si estrinseca nella perfetta conservazione delle abitazioni tipiche, che vanta ben pochi altri esempi simili nell’arco alpino. D’estate, cascate di gerani e rustici fiori colorano i davanzali. Le numerose feste che scandiscono l’anno della borgata ne fanno anche luogo di piacevoli incontri. 70

aprile 2013

Qui e in apertura, scorci delle Dolomiti friulane. Nella pagina precedente un assaggio di pitina e, in basso, l'asìno: lavorazione e prodotto finito

Meno note e più autentiche delle sorelle venete o trentine, le Dolomiti friulane sono un territorio unico, di intatta bellezza

Scelti per voi dove mangiare

dove dormire

dove comprare

Albergo Ristorante Belvedere Cucina raffinata: Silva ama sorprendere i suoi ospiti e con il marito Stefano Scalco crea piatti stupefacenti anche nella presentazione. Interessanti le loro proposte a base d’erbe e fiori. Prezzo medio: 35 euro Via Odorico, 54 Sequals (Pn) Tel. 0427.93016

Agriturismo Pian dei Tas Cinque camere e 3 appartamenti, con una piacevole vista sul verde circostante. Nel ristorante è possibile gustare pietanze tipiche della regione. Doppia da 66 euro via Pentina, 13 Barcis (Pn) Tel. 0427.76282

Salumi Dorth 1931 Via Padre Marco, 13 Aviano (Pn) Tel. 0434.651117

Osteria Gallo Cedrone In questa trattoria c’è la storia del paese e la sapienza culinaria di un’intera vallata, custodita da Osvalda Pezzin. Orzo e fagioli, gnocchi con ricotta affumicata, selvaggina con polenta, fagioli di Erto, polenta e frico. Prezzo medio: 28 euro Via Roma Erto (Pn) Tel. 0427.879136

Gelindo dei Magredi Sistemazione di campagna per una vacanza all’insegna del vivere bene e sano. Camere dotate di ogni comfort, fattoria agrituristica e didattica con produzioni biologiche, area agri-benessere, piscine, maneggio, passeggiate in carrozza. Doppia da 75 euro Via Roma, 14 Vivaro (Pn) Tel. 0427.97037

Pitina Butiga de la Pitina Via Regina Elena, 5 Tramonti di Sopra (Pn) Tel. 0427.869092 Formaggi La latteria di Pradis di Sopra Clauzetto (Pn) Tel. 333.9314785 Pecorino Mauro Mesina Campone (Pn) Tel. 042786869 Asìno Tosoni Formaggi Via Barbeano, 9 Spilimbergo (Pn) Tel. 0427.2800



cibo&territorio

Non stiamo parlando di un giovane di belle speranze, anzi, sulle spalle ha millenni di storia. Ma di giovani intraprendenti e appassionati si circonda: è l’olio nato dai ricchi uliveti che ricamano le terre del Molise, e che al tempo dei Romani era noto in tutto l’Impero. Scomparso dalla ribalta troppo a lungo, torna finalmente a far parlare di sé. E con lui la sua terra, spesso dimenticata 72

aprile 2013

Un molisano alla conquista del mondo Molise

di Riccardo Lagorio

È un fazzoletto di terra che pochi conoscono. Ancora meno sono i connazionali che vi sapranno confermare che da lì proviene buona parte dei tartufi cavati in Italia. Ed è ricco d’olio,ottimo olio.Anzi,i Quiriti facevano a gara per aggiudicarsi quello superverde di olive Licinie, che veniva prodotto proprio a Venafro. È il Molise, una terra ancora non inquinata dalla corsa alla modernità, dove il significato di lento non coincide con la moda della flemma a ogni costo laddove non ha molto senso d’esistere o peggio ancora della pigrizia,ma è un’idea di vita che fa rima con tranquillità e serenità.

Un patrimonio da riscoprire La millenaria tradizione dell’olivicoltura molisana vide confermata la propria supremazia nel 2003, quando venne riconosciuta la Dop all’olio extravergine di oliva Molise, che proviene, congiuntamente o disgiuntamente, per almeno l’80%, dalle drupe di Aurina (o Licinia), Gentile di Larino, Oliva nera di Colletorto, e Leccino. Negli ultimi mesi, per rispolverare gli antichi onori tributati all’olio di Venafro, è stato anche creato il Parco regionale dell’olivo, area protetta unica nel Mediterraneo dedicata all’ulivo. Emilio Pesino ne


Per saperne di più: www.parcodellolivodivenafro.eu www.extrascape.org

è presidente. «Nessun luogo al mondo coltivato a olivo può vantare tradizioni e citazioni letterarie come Venafro. Il Parco è anche occasione di riscatto per un territorio penalizzato negli ultimi decenni dall’incuria,a dispetto delle sue qualità paesaggistiche e storiche» afferma. Da decenni infatti, anche a causa della frammentazione della proprietà privata, la produzione di olio è divenuta marginale e quella che ne era la capitale ai tempi dell’Impero romano si è spostata altrove, trovando spiccate capacità imprenditoriali (e ottime condizioni ambientali) in altri centri. Come a Larino, dove Francesco Travaglini ha creato alla fine degli anni Novanta Parco dei Buoi.

L’ olivicoltore con la valigia

Scelti per voi dove comprare Azienda Agricola Parco dei Buoi Contrada Piane di Larino, 71 Larino (Cb) Tel. 0875.604971 Oro Minerva Via Madonna dell’Arco Cerro al Volturno (Is) Tel. 0874.774294 Azienda Agricola Cirelli Via Enrico Berlinguer, 15 San Giuliano di Puglia (Cb) Tel. 0874.737165

Imporsi in un mercato dove vi sono migliaia di oli di piccole aziende non è facile. «Quello che fa la differenza è il modo di comunicare. Dopo 13 anni che imbottigliamo stiamo raccogliendo i primi frutti: il nostro olio è da 8 anni sulle tavole del ristorante Spiaggia di Chicago, dove lo chef Tony Mantuano lo serve anche al presidente Obama, e all’Union Square Cafè di NewYork»,raccontaTravaglini. La straordinarietà della sua azienda passa attraverso il web: accanito blogger, Francesco ha spedito nell’etere oltre 400 messaggi in dieci anni e questo gli ha permesso di far conoscere questo angolo d’Italia anche molto lontano. «Spesso anche nel nostro Paese non sanno collocare il Molise», ghigna amaro Francesco. «I nostri clienti però non acquistano solo il nostro olio di Gentile di Larino, ma desiderano incontrare persone e ricon-

durle a un territorio».E di questo è così sicuro da essere riuscito a convincere la Sapienza di Roma, il Dipartimento di Architettura e Paesaggio, a collaborare nell’organizzazione di Extrascape, un concorso che proclama vincitore il miglior olio extravergine originato dal miglior paesaggio. L’edizione 2012 ha visto prevalere tra i 130 contendenti un olivicoltore spagnolo mentre la prossima edizione si tiene dal 27 al 30 aprile a San Martino in Pensilis, il paese della pampanella, accanto a Larino. A Travaglini anche il merito di avere fondato Molisextra, associazione molisana di produttori d’olio extravergine d’oliva. Ne raccoglie 13, tra cui Oro Minerva di Nico Colicchio e Domenico Farrocco,trentenni di Cerro al Volturno: uno tecnologo alimentare, l’altro ingegnere, entrambi di ritorno alla terra. Passione infinita ed entusiasmo li accomunano quando insieme fanno conoscere l’olio di varietà Paesana bianca nelle migliori gastronomie della capitale e del Nord.La formula utilizzata è proprio quella di non avere intermediari: «Vogliamo metterci la faccia di persona», dicono. Anche Antonio Buonagurio non ha ancora raggiunto i quarant’anni. Fa parte di quella schiera di persone che crede nell’olivicoltura molisana più di ogni altra cosa. «Noi produciamo olio extravergine Dop con la Nera di Colletorto, noccioluta e che dà un olio robusto. Veneto e Lombardia sono i nostri mercati principali». Ricco di uliveti, il Molise riprova con le nuove generazioni a imporre la supremazia olivicola come al tempo dei Romani. Gli ulivi ci sono, le imprenditorialità non mancano… marzo aprile 2013

73


winepassion

Gutturnio, tra la via Emilia e l’Appennino di Silvana Delfuoco

Doc dal 1967, il Gutturnio dei Colli Piacentini ha un lungo passato alle spalle. La sua storia inizia nella notte dei tempi, insieme con quella dei primi abitanti di questo lembo di terra collinare, tra il Po e i primi versanti dell’Appennino. Che da queste parti il vino si faccia – e soprattutto si beva – da sempre, in dosi cospicue, lo testimonia Cicerone nell’orazione pronunciata contro Lucio Calpurnio Pisone, suo avversario politico nonché suocero di Giulio Cesare, dove ironizza pesantemente sui maximi calices, secondo lui assai inelegan74

aprile 2013

Deve il nome a un antico vaso ritrovato sulla sponda del Po, questo vino dalle remote origini. Brioso e generoso, come gli abitanti delle terre piacentine che lo vedono nascere, viene prodotto soprattutto Frizzante, perché, come dicono gli esperti: “qui il vino si fa per berlo, non per metterlo da parte!”

ti, in cui l’acerrimo nemico versava i suoi vini Placentini. Grande vino, grande bicchiere, direbbe invece un intenditore dei nostri tempi! E sicuramente già allora l’uva Barbera – che anche nel Gutturnio di oggi entra come base essenziale dal 55 al 70%, insieme con un 30% di robusta Croatina, qui familiarmente detta Bonarda – faceva sentire tutta l’imponenza della sua struttura.

Nobile fin dalle origini Aristocratico anche per il suo nome latineggiante, è curioso che sia stato proprio il vi-


Uno che si fa in tre Il Gutturnio si presenta nelle tipologie Frizzante, Superiore e Riserva, con gradazione alcolica dai 12° ai 13°, di cui la Superiore e la Riserva sottoposte a invecchiamento. La Riserva, prodotta solo nelle annate migliori, passa sei mesi in botti di legno e viene commercializzata a due anni dalla vendemmia. La zona di produzione è suddivisa in cinque comprensori, ma la dicitura “classico” identifica il vino prodotto nelle tre zone storiche della Doc: Val Tidone, Val Nure e valli del Chero e dell’Arda.

Il Gutturnio si ottiene con un 55-70% di uva Barbera e un 30% di Croatina (Bonarda)

Come abbinarlo Il Frizzante, rosso rubino, fresco e giovane, si accompagna bene ai taglieri di salumi piacentini, a primi piatti asciutti o in brodo, ma anche a secondi di carni bianche e di maiale. Il Superiore dal rosso più intenso, asciutto e secco, è ottimo con formaggi, freschi e stagionati, arrosti e grigliate di carni rosse. Gradevolmente sapido, profumato e corposo, il Gutturnio Riserva dalle sfumature granata, mantiene a lungo le sue migliori qualità ed è ideale con selvaggina e brasati.

no, e non viceversa, a rendere celebre l’antico contenitore da cui ha preso il nome. Un gutturnium d’argento dalla finissima lavorazione, un vaso capace di contenere fino a due litri di vino usato solitamente nei grandi conviti, fu infatti ritrovato nel 1878 da un pescatore sulla sponda piacentina del Po e rimase a lungo dimenticato. Fu soltanto nel 1938 che l’enologo Mario Prati ebbe l’idea di chiamare con questo nome il più classico dei vini locali, allo scopo di promuoverne conoscenza e diffusione. Con lo stesso intento, ogni anno il Consorzio Tutela Vini Doc Colli Piacentini assegna una preziosa copia dell’antico vaso, ora conservato al Museo Capitolino di Roma, alla personalità che meglio ha saputo valorizzare la qualità delle produzioni Doc della provincia di Piacenza. L’illustre passato di questo vino è testimoniato anche da viti fossili, vinaccioli, patere di origine senz’altro pre-romana ritrovati sul territorio. «L’influsso maggiore esercitato sull’allevamento della vite nel Piacentino è però quello greco – ci spiega il Presidente del Consorzio, Roberto Miravalle – Piacenza rappresenta infatti, l’ultima propaggine di un modo di coltivare la vite basso con le carasse, cioè ceppi ravvicinati e forti potature, come si riscontra, a ritroso, nel Piemonte, in Liguria, nel sud della Francia e nella Penisola Iberica».

Tra le ultime annate di Gutturnio Riserva, sono andate particolarmente bene il 2007 e il 2009

Frizzante, come la sua terra Che bottiglia consigliare a chi volesse approfondire la conoscenza del Gutturnio… sul campo? «Piacenza è la porta dell’Emilia, e l’Emilia è una terra dove la tradizione ama il vino giovane e brioso – prosegue Miravalle – Per questo anche il nostro Gutturnio è prodotto per buona parte in tipologia Frizzante e quindi non destinata all’invecchiamento. Tra le ultime annate, e parliamo della Riserva, sono andate bene il 2007 e il 2009, ma le bottiglie cominciano a scarseggiare anche nelle cantine: qui il vino si fa per berlo, non per metterlo da parte!»

Il Gutturnio si presenta in tre tipologie: Frizzante, Superiore e Riserva. La gradazione alcolica va dai 12 ai 13 gradi Per saperne di più: www.piacenzafoodvalley.it www.vinipiacentini.net www.gutturniofestival.it aprile 2013

75


winepassion Considerata da sempre un piacere rude, aggressivo, maschio, oggi la grappa si è trasformata in un prodotto raffinato oltre che di tendenza, senza perdere in carattere. Il merito è anche, o forse soprattutto, delle donne, imprenditrici e appassionate, che, riunite in associazione da Claudia Mazzetti d’Altavilla della storica distilleria piemontese, ne hanno rinnovato immagine e sostanza

Un distillato di femminilità di Roberto Rabachino

76

aprile 2013

Figlia di grappaioli, quinta di sei fratelli e madre di 3 figlie, ha studiato lingue a Milano, sua città natale, e una volta diplomata ha iniziato a lavorare nell’azienda del padre. È Claudia Mazzetti d'Altavilla che, con i fratelli, rappresenta la sesta generazione di una famiglia che ha sempre distillato grappa nel Monferrato, dal lontano 1846. Una passione che le è stata tramandata dalla nonna paterna, Emilia «un donnino tutto pepe che è riuscita a fare apprezzare ai ni-

poti una materia prima – la vinaccia, ovvero le buccette e i semini dell’uva – sgradevole ai nostri teneri nasi di bambini. Non fosse stato per lei, non avremmo forse mai capito davvero la difficile materia prima dalla quale nasce un distillato cristallino e piacevole come la grappa».

Claudia, ci parli dell’Associazione delle Donne della Grappa. Dove è nata, perché, quali sono le finalità… Nel 2001, in occasione di una fiera a Riva del Garda all’interno della quale era previsto un salone per la presentazione della nostra acquavite di bandiera, in un momento di tranquillità mi sono ritrovata a chiacchierare con un gruppo di donne. Raccontavamo ognuna dei propri figli,parlavamo dei nostri impegni, e inevitabilmente siamo arrivate a discutere del prodotto che sentivamo (e sentiamo) a noi più vicino: la grappa! Ci siamo rese subito conto che, nonostante fosse da sempre considerata un distillato prodotto e destinato unicamente al palato maschile, noi insieme formavamo già una seppur ristretta cerchia di donne non solo produttrici ma anche sinceramente appassionate di grappa. Perché


dunque non organizzarci per raccontare la nostra passione non solo alle altre donne già innamorate di questo prodotto, ma anche a quelle che non l’avevano mai provata? Non dimentichiamo che la grappa negli ultimi 40 anni si è evoluta, passando “dalla trincea al salotto”, e l’ingresso delle donne in distilleria ne ha ulteriormente migliorato la qualità. Ecco dunque come è nata, il 9 aprile 2001, l’associazione nazionale Donne della Grappa che da allora presiedo, e che si propone di diffondere conoscenza e cultura dell’antico distillato attraverso interventi sul territorio, in occasione di fiere e manifestazioni locali, durante le quali abbiamo fatto accostare le donne presenti alla grappa, al suo sapore, alla sua storia, fornendo anche indicazioni pratiche relativamente alla creazione di cocktail, long drink ed elaborazioni culinarie.

Nella grappa, come nel vino, essere donna oggi è quindi vincente? Sì, ed è principalmente una questione di olfatto: quello delle donne è più sensibile. Lo sapeva bene mio nonno Felice che sottoponeva alla moglie, nonna Emilia, i campioni della grappa appena distillata affinché lei potesse riconoscere al naso eventuali difetti. Ci sono poi riconosciute anche altre caratteristiche“vincenti”,come una dedizione particolare al gusto, al bello, al raffinato, e una peculiare attenzione al particolare: tutte caratteristiche che hanno aiutato molto la crescita e l’evoluzione di due settori, quello del vino e quello delle grappe, che rappresentano la migliore italianità all’estero, rinnovandone non solo il gusto ma anche il packaging.

Il segreto per promuovere al meglio i distillati italiani? Puntare sulla qualità: un must dal quale non possiamo prescindere! Abbiamo un gioiello per le mani e a noi sta il compito di sgrezzarlo fino a farlo diventare un brillante. Ma qualità è anche sinonimo di cultura. Oggi, chi partecipa agli incontri pubblici, alle fiere locali, alle sagre paesane lo fa essenzialmente per ampliare le proprie conoscenze culturali,per sviluppare la propria abilità degustativa, per diventare un "assaggiatore" consapevole: noi produttori, consci di ciò, dobbiamo aiutare i consumatori e darci come obiettivo una qualità sempre maggiore per un prodotto che noi stessi dobbiamo tutelare. Solo così facendo, senza prescindere da quelle che sono le peculiarità tipiche di ogni terroir e di ogni vitigno,riusciremo a difendere e a promuovere la grappa anche oltre i confini nazionali. In apertura, al centro, una sorridente Claudia Mazzetti d'Altavilla. In questa pagina, sopra la sede dell'antica distilleria di famiglia e, sotto, la barricaia

Cosmesi e grappa: un altro modo di coccolarsi? «La grappa – ci spiega Claudia Mazzetti d’Altavilla – ha proprietà di vasodilatatore, e già nel 2003, con l’allora direttrice del Centro Spa del Grand Hotel des Iles Borromée, la dottoressa Ratti, l’associazione Donne della Grappa ha presentato un progetto che prevedeva l’aggiunta di grappa alle creme per trattamenti cosmetici, mostrando come i principi attivi delle creme stesse riuscissero a penetrare più velocemente proprio grazie all’efficacia della grappa».

aprile 2013

77


di Antonio Romeo

Il buono a tavola

Docente istituto alberghiero IPSSEOA di Soverato (Cz)

Fusion:

nuovi orizzonti in cucina Premesso che manicaretti della nonna e tradizione casalinga difficilmente saranno spodestati dalle più attuali tendenze culinarie nel cuore degli italiani, è innegabile che il nostro palato si sta sempre più abituando (e affezionando) a sapori esotici che, in equilibrato mix con i prodotti nostrani, regalano assaggi di assoluto piacere Coda di astice con latte di cocco, fagioli all’occhio e crema di broccoli Ingredienti: 1 astice 200 gr di cime di broccoli 2 noci di cocco 100 gr di fagioli all’occhio 1 porro 1 scalogno 1 foglia di alloro 1 spicchio di aglio 1 foglia di salvia 2 dl di brodo vegetale 1 cucchiaio di micri (addensante naturale) olio extravergine sale e pepe Preparazione: Sciacquare i fagioli e lasciarli ammorbidire per alcune ore in acqua tiepida quindi scolarli, sciacquarli nuovamente e metterli in una pentola con circa 7

78

aprile 2013

dl di acqua, l’aglio, le foglie di salvia e l’alloro. Cuocere per almeno un’ora circa, salando a fine cottura. Scolare e tenere da parte. Affettare finemente il porro e farlo appassire in padella con un filo di olio; unire i broccoli precedentemente sbollentati e saltarli per alcuni istanti. Bagnare con il brodo vegetale e cuocere per pochi minuti, quindi frullare il tutto e stabilizzare con l’emulsione di micri. Rompere le noci di cocco e conservare il liquido contenuto. Scaldare l’olio in padella, dorare la polpa dell’astice da ambo i lati, bagnare con il latte di cocco e regolare di sale e pepe. Togliere l’astice e tagliarlo a medaglioni; unire al fondo lo scalogno sbucciato e frullato con l’olio di oliva, ridurre e legare. Aggiungere i fagioli e trasferire in piccoli pirottini. Pressare e sformare sui piatti i medaglioni di astice. Accompagnare con la crema di broccoli.

Tagliata di rognoncino di vitella con fagioli bianchi e senape

ben caldo per 12 minuti. In una padella rosolare lo scalogno tritato e lasciarlo appassire per un minuto. Bagnare con il vino passito e aggiungere la demi-glace. Fare ridurre della metà e legare con la panna fresca. Tagliare i rognoni su un tagliere, a fettine di 1 cm di spessore. Stemperate la senape e incorporarla con la salsa. Aggiungere i rognoni e i fagioli ben sgocciolati. Lasciare cuocere a fuoco lento per pochi minuti e servire.

Ingredienti: 1 kg di rognone di vitello 500 gr di fagioli borlotti 4 dl di panna liquida 25 gr di burro vino passito 1 dl demi glace di vitello 50 gr di senape 1 scalogno prezzemolo sale e pepe

Caponata orientale

Preparazione: Pulire i rognoni: eliminare il grasso eccedente senza toccare la membrana che li ricopre. Sgranare i fagioli e cuocerli con 7 dl di acqua, una foglia di alloro e uno spicchio di aglio. Scaldare il burro in una cocotte, condire i rognoni con sale e pepe, rosolarli, cuocerli in forno

Ingredienti: 350 gr di zucchine 200 gr di patate 300 gr di pomodori maturi 2 carote 2 peperoni verdi 100 gr di zenzero fresco 30 gr di cumino 60 gr di curcuma 30 gr di coriandolo


po necessario, tagliare il pesce a fettine con un coltello bagnato e servire il tutto su un piatto da portata con il daikon a striscioline, la salsa shoyu, il wasabi e lo zenzero tagliato molto finemente

Una nuova via del gusto che sperimenta sapori insoliti attingendo dalle tradizioni di culture lontane. Si chiama fusion e privilegia cotture leggere in costante equilibrio tra i prodotti del territorio e i profumi esotici. Sapori speziati che evocano viaggi per mare su navi leggendarie, come quelli dei mercanti che arrivavano dall’Oriente carichi di gioielli, spezie aromatiche e prodotti a noi ignoti. Penso alla cannella, ai chiodi di garofano, al pomodoro, al mais e a tanti altri prodotti che nei secoli si sono mescolati a quelli tipici del nostro territorio concorrendo a formare i piatti della tradizione. Anche il curry, lo zenzero, il coriandolo, la curcuma, la paprika, il cavolo cinese, il cocco, la salsa cran-

olio extravergine di oliva sale e pepe Preparazione: Tagliate le zucchine a bastoncini, le carote a rondelle, le patate sbucciate a cubetti, i peperoni a bastoncini. Saltare in padella le verdure con olio, zenzero grattugiato, curcuma, semi di cumino, coriandolo e pepe. Cuocere a fuoco vivo mescolando di frequente. Sbollentare i pomodori, spellarli e privarli dei semi, tagliarli a grossi cubetti e aggiungere alle verdure. Finire la cottura, quindi servire.

Maiale in agrodolce Ingredienti: 500 gr di filetto di maiale 1 peperone rosso 1 peperone giallo 1 cipolla bianca 200 gr di ananas 1 uovo

berry che accompagna la carne di tacchino, la salsa di soia… in punta di piedi sono entrati nel nostro mondo culinario. Ricette come il sashimi di tonno con peperoncini dolci e fette di zenzero fresco, puntine di maiale caramellate, risotto con le alghe, il cuscus – una preparazione di farina di semola di grano duro che accompagna umidi di carne o di pesce –, la macedonia profumata con lo zenzero e il lime non ci sono più estranee e hanno abituato il nostro palato a sapori più speziati, che ogni volta ci accompagnano in un viaggio multiculturale attraverso i prodotti della terra. Una cucina fashion, libera, senza radici, che val bene una cena (ma che non potrà sostituire i piatti che sanno di casa!).

2 cucchiai di salsa di soia 1 cucchiaio di salsa Worcester 2 cucchiai di aceto di riso 100 gr di ketchup 100 gr di zucchero 80 gr di amido di mais 2 dl di olio extravergine di oliva sale Preparazione: Sbucciare la cipolla e tagliarla a fettine sottilissime, tagliare i peperoni a piccole listarelle, tagliare il maiale a piccoli bocconcini. In un contenitore emulsionare l’aceto di riso con la salsa di soia, il ketchup, la Worcester e tre cucchiai di zucchero. Versare il restante zucchero in una terrina, aggiungere l’uovo, 1 dl di acqua e un pizzico di sale; frustare il tutto e aggiungere la carne a marinare per 15 minuti. Togliere la carne dalla marinatura e passarla nell’amido, rosolare il maiale in padella per 6/7 minuti e mettere da parte. Nella stessa padella aggiunge-

re dell’olio e rosolare le cipolle, i peperoni e l’ananas tagliata a cubetti per 6/7 minuti e mettere da parte. Aggiungere in padella la salsa di ketchup; fare sobbollire il restante amido con un po’ di acqua e incorporarla alla salsa. Unire quindi la carne, le verdure e l’ananas. Fare amalgamare il tutto per pochi minuti e accompagnare con riso scondito.

Sashimi di tonno Ingredienti: 100 gr di daikon fresco 1,2 dl di salsa shoyu 450 gr di tonno fresco 1 cucchiaio di zenzero fresco 1 cucchiaio di wasabi in pasta Preparazione: Pulire il tonno, avvolgerlo in un foglio di carta assorbente e lasciarlo riposare in congelatore per 10 minuti circa. Passato il tem-

Satay di manzo in salsa di arachidi Ingredienti: 500 gr di agnello 60 gr di zenzero 30 gr di salsa di soia 1 spicchio di aglio 30 gr di coriandolo 2 dl di olio di oliva succo di 2 lime 30 gr di zucchero di canna 20 gr di curcuma 1 peperoncino 1 cipolla burro di arachidi latte di un cocco Preparazione: Togliere l’eventuale grasso dalla carne e tagliarla in pezzettini da 3 centimetri; mettere in una ciotola con lo zenzero grattugiato, un cucchiaio di salsa di soia, l’aglio tritato, del coriandolo tritato, l’olio, il succo di lime, un cucchiaio di zucchero di canna, la curcuma e del peperoncino. Coprire con della carta trasparente da cucina e lasciare marinare per almeno 3 ore. Preparare la salsa unendo il burro di arachidi, la cipolla tritata molto finemente, 2 cucchiaini di zucchero di canna, il latte di cocco, 1/2 cucchiaino di peperoncino e 1 cucchiaio di salsa di soia. Unire tutti gli ingredienti e portare a ebollizione per pochi minuti. Lavare e tagliare i peperoni a cubetti della stessa dimensione della carne. Infilzare i pezzi di carne in spiedini di bambù (precedentemente ammollati in acqua) intervallando con il peperone. Fare grigliare gli spiedini su una piastra calda. Servire gli spiedini accompagnandoli con la salsa di arachidi calda. aprile 2013

79


orto dei semplici

di M. Pia Fanciulli

Spinacio, ortaggio di mezza stagione

Dai freddi mesi dell’inverno, la sua raccolta arriva a bussare alle porte dell’estate. Di semplice coltivazione e preparazione, è un amico della cucina quotidiana, tra fumanti minestroni e fresche insalate 80

aprile 2013

Semine e raccolte si alternano tra la primavera e l’inizio dell’inverno. In questo periodo lo spinacio, Spinacia oleracea, è tra gli ortaggi di stagione, ma è anche il momento per l’ultima semina, quella che da primavera arriva a lambire l’estate. Frutto dell’orto tra i più schivi, non entra in piatti elaborati e in ricette celebri, piuttosto la sua presenza si lega alla quotidianità, ai cibi semplici ma gustosi di lunga tradizione. E anche di lunga storia. Probabilmente originario della Persia, del Caucaso o del Tibet, lo spinacio venne importato in Europa dagli Arabi nel XII secolo, durante la loro dominazione della Spagna. Da qui passò poi in Francia dove fu utilizzato come pianta officinale fin quando, grazie a Caterina de’ Medici, che lo amava moltissimo, trovò il posto che merita nella gastronomia. Fu con lei, dal 1533, che si diffuse l’uso degli spinaci gratinati alla besciamella, appunto

definiti “alla fiorentina”. Tuttavia già nel Medioevo si vendevano in Francia polpettine di spinaci pressati, chiamate espinoche. In Italia, è presente negli orti delle monache benedettine di Firenze già nel Cinquecento, anche se è solo a partire dal XIX secolo che il suo consumo assume rilevanza nelle abitudini culinarie. Famosi per un alto contenuto in ferro, che in realtà non hanno, contengono invece vitamine A e C, e sono un’importante fonte di calcio e fosforo. Hanno proprietà leggermente lassative e funzione antianemica, stimolano l’attività di cuore e pancreas e sono un rimineralizzante di grande valore. In cucina si utilizzano le foglie che entrano in moltissimi preparati, dai primi ai contorni, ai ripieni per carni. Ottime anche le foglie giovani mangiate crude nelle insalate. In Italia la coltivazione dello spinacio, di cui esistono molte varietà, era fino a qual-



orto dei semplici

Coltiviamoli così Si presta alla coltivazione sul balcone e necessita di poche cure, soprattutto se si sceglie di dedicarsi alle spinacine. La cassetta e il terriccio Coltivare lo spinacio in vaso significa innanzitutto evitare di posizionarlo alla luce diretta. Soprattutto per le spinacine non c’è bisogno di vasi profondi, e anche con le altre varietà è sufficiente interrare i semi a una profondità di circa 1 cm. Fondamentale invece assicurare alle piante un buon drenaggio con un terriccio a medio impasto sciolto. La semina Lo spinacio si semina da febbraio a maggio – ma anche da agosto a novembre – di preferenza in Luna calante, interrando i semi a circa 5/6 cm uno dall’altro. Quando nasceranno le prime piantine bisogna diradarle in modo che tra una pianta e l’altra rimanga la predetta distanza. Si deve inoltre fare attenzione ai ristagni d’acqua, scegliendo un terreno ben drenato ed evitando annaffiature troppo abbondanti. Punti deboli Il nemico giurato degli spinaci è la mosca dello spinacio che danneggia le foglie. Una buona irrigazione dovrebbe invece prevenire gli attacchi della peronospora, più frequenti in autunno. In caso di afidi, intervenire con prodotti a base di piretro. Buono a sapersi Sensibile alla siccità, lo spinacio non soffrirà se oltre a irrigarlo se ne coprirà il terriccio con compost o torba. Ideale è una temperatura di 10°C. Quanto invece alle consociazioni, ottima quella con il pisello. Raccolta e conservazione Quando le foglie più esterne sono lunghe 7-8 cm, si può iniziare la raccolta che va compiuta a mano, ponendo attenzione a non danneggiare i germogli centrali. La raccolta, scalare, può continuare fino ai mesi più freddi. Come tutti gli ortaggi da foglia sarebbe opportuno consumarli freschissimi, sia crudi che cotti: in frigorifero si mantengono bene per 4-5 giorni, ma è importante lavarli solo al momento dell’uso. 82

aprile 2013

Cuciniamoli così

Malfatti di ricotta e spinaci con gorgonzola e granella di noci Ingredienti (4 persone): 400 gr di spinaci - 180 gr di ricotta - 180 gr di farina 00 100 gr di burro - 120 gr di Parmigiano - 2 uova 1 scalogno - noce moscata - 200 ml di panna fresca - 160 gr di gorgonzola - 15 gr di noci - sale e pepe Preparazione: Cuocere gli spinaci, strizzarli e tritarli. Fare insaporire in 20 gr di burro l’erba cipollina, poi unire gli spinaci e tenere qualche minuto sul fuoco mescolando; lasciare raffreddare. Unire alla ricotta spinaci, uova, metà del Parmigiano, farina, un pizzico di noce moscata e lavorare brevemente. Salare e pepare. Con il composto ottenuto formare delle chenelle e infarinarle. Cuocere i malfatti per pochi minuti in acqua e scolarli. Condire con burro fuso e Parmigiano; gratinare in forno per 10 minuti. Sciogliere il gorgonzola con la panna fresca a fuoco lento; servire i malfatti con la vellutata di gorgonzola e con la granella di noci. di Giovanni Romeo

che anno fa piuttosto ridotta, ma ultimamente ha fatto registrare un importante incremento, soprattutto nel Lazio e in Toscana. Ottime insalate con le “spinacine” Tra le diverse varietà di spinaci, di cui una prima importante distinzione è tra quelli a foglie bollose, ovvero un po’ bitorzolute, e a foglia liscia, si trovano anche le cosiddette spinacine o spinaci da taglio, facilissimi da coltivare in vaso e adatti al consumo crudo. Si tratta di una verdura assai gradevole, ottenuta con le stesse tecniche di coltivazione delle insalate da taglio. Volendo farle crescere sul terrazzo si potrà scegliere la varietà Lorelay a foglia liscia, ma ottimi risultati si otterranno anche con la Matador a foglia semibollosa, Fortune e America con foglia più bollosa.

Immancabili rose! Il suo colore parla chiaro, e può farsi messaggero di passione, gelosia, amicizia. Da secoli ha il primato di regina del giardino, dove i suoi fiori stanno cominciando a sbocciare. In giardino o in vaso, la coltivazione della rosa richiede terreno o terriccio fresco e umido. Va concimata una volta l’anno, in primavera, e annaffiata evitando di bagnare le foglie per evitare l’attacco di muffe. Ne esistono tantissime varietà, da scegliere anche a seconda del luogo in cui si vogliono collocare. Tra le rose antiche adatte sia al giardino che al balcone, ci sono la Damascena, la Chinensis, la Centifoglia. Per archi e pergolati ideali le cultivar rampicanti e sarmentose come Mermaid (antica) o Zéphirine Drouhin; per le siepi si possono usare Frederic Mistral e Golden Wings. Perfette per coprire un’aiuola sono le tappezzanti Nozomi e Amadeus.



w cVid V B^aVcd ^a bZgXVid \^jhid Da un’iniziativa del nostro giornale, nasce Vdg Market, il mercato giusto dei produttori italiani riuniti. Un luogo dove potete conoscere i prodotti direttamente attraverso la degustazione, mentre personale competente ve ne illustra le caratteristiche, le proprietà nutritive e le tecniche di produzione. Il prezzo? È quello stabilito dal produttore, senza mediazioni.

Venite a trovarci per scoprire che un’altra distribuzione dei prodotti agroalimentari è possibile.

8DHá EDGI>6BD C:A BDC9D >A K:GD ;DD9 B69: >C >I6AN AÉ>iVa^V jc ^bbZchd Z higVdgY^cVg^d WVX^cd Y^ egdYdii^ V\gdVa^bZciVg^ igdeed edXd XdcdhX^ji^ Z bVa Y^hig^Wj^i^# 8É jc d[[ZgiV X]Z cdc g^ZhXZ VY ^cXdcigVgZ jcV YdbVcYV X]Z XÉ ! ZY VcX]Z [dgiZ# :W gk_ bÊ?:;7/ [VgZ ^cXdcigVgZ ^a egdYjiidgZ ZY ^a XdchjbVidgZ# >a h^hiZbV hZbea^XZ# 8dc ^a \^dgcVaZ [VXX^Vbd hXdeg^gZ ^ egdYdii^! Xdc ^ cdhig^ hidgZ a^ Y^[[dcY^Vbd [VXZcYda^ YZ\jhiVgZ Z ^ egdYjiidg^ a^ kZcYdcd Y^gZiiVbZciZ# >c[^cZ Y^Vbd Xdci^cj^i| VaaÉdeZgVo^dcZ [VXZcYd igdkVgZ Z XdchZ\cVcYd ^ egdYdii^ ^c ijiiV :jgdeV ViigVkZghd ^a edgiVaZ Z" XdbbZgXZ lll#kY\hidgZ#Xdb# Ý jc h^hiZbV jc^Xd X]Z Y| Va hZiidgZ YZaaÉV\gdVa^bZciVgZ fjZaad X]Z hZgkZ/ '$ ?d\ehcWp_ed[ LZ= L_W]]_ Z[b =kije ($ :_\\ki_ed[ Z[b fheZejje Z[]kijWp_ed[ d[]b_ ijeh[ )$ :_ijh_Xkp_ed[ _ddelWj_lW Yed fkdj_ l[dZ_jW Z_h[jj_ Z[_ fheZkjjeh_

=V VeZgid V 9[hdkiYe ikb DWl_]b_e hj jcV hjeZg[^X^Z Y^ &%%% bZig^ fjVYg^ _d L_W Kd]Wh[jj_" - Edad XdbbZgX^VaZ Y^ 8Vgj\ViZ ^a dkele LZ] CWha[j! ^a bZgXVid V\gdVa^bZciVgZ YdkZ igdkVgZ ^ egdYdii^ hZaZo^dcVi^ YVaaV cdhigV g^k^hiV Z kZcYji^ Y^gZiiVbZciZ YV^ egdYjiidg^

italiafoodwine F[h _d\ehcWp_ed_0 Il mercato giusto

KY< BVg`Zi k^V Jc\VgZii^! , " 8ZgcjhXd hja CVk^\a^d B^ IZa# %' .))((%'&


9EC; <KDP?ED7 ?B DEIJHE I?IJ;C7 7 IKFFEHJE :;B 9ECF7HJE 7=HE7B?C;DJ7H; ; :;? IKE? FEJ;DP?7B? 9EDIKC7JEH?

?d\ehcWp_ed[

B[ Wp_[dZ[ ^Wdde X_ie]de Z_ _d\ehcWh[ _ fej[dp_Wb_ YedikcWjeh_ KY< K^V\\^ YZa <jhid! Xdc aZ kZgh^dc^ 6^g DcZ bV\Vo^cZ Z JghV BV_dg bV\Vo^cZ! jc bZch^aZ jc^Xd ^c >iVa^V hjaaV XjaijgV YZa X^Wd Z hjaaV egdbdo^dcZ YZaaÉV\gdVa^bZciVgZ YÉZXXZaaZcoV# AÉ^c[dgbVo^dcZ hZg^V X]Z h[dX^V cZaaÉVeegd[dcY^bZcid bZch^aZ! aZ hXdeZgiZ Z aZ hZaZo^dc^ cZ [Vccd jc ejcid Y^ g^[Zg^bZcid XgZY^W^aZ Z ^cY^eZcYZciZ cZa hZiidgZ! Xdc jcV [jco^dcZ! dgbV^! Y^ ejWWa^XV ji^a^i|#

Ieij[]de WbbW Z_ijh_Xkp_ed[ ? fheZejj_ Z[lede [ii[h[ h[f[h_X_b_ AV Y^[[^Xdai| Y^ jc ijg^hiV X]Z ]V hXdeZgid jc egdYdiid fjZaaV Y^ g^igdkVgad V XVhV cZaaV egdeg^V X^ii|# >a cdhigd h^hiZbV ]V eZchVid Y^ g^hdakZgZ VcX]Z fjZhiV iZbVi^XV/ Xdc ^a edgiVaZ lll#kY\hidgZ#Xdb XdchZ\cVbd ^a egdYdiid cZaaÉVgXd Y^ )-$,'] ^c ijiiV :jgdeV#

:_\\ki_ed[ Z[b iWfeh[

? fheZejj_ f[h Z_\\edZ[hb_ X_ie]dW \Whb_ WiiW]]_Wh[ ;VgZ YZ\jhiVo^dc^ Xdci^cjZ [dcYVbZciVaZ ^c fjVcid h^ edgiV ^a XdchjbVidgZ V bZbdg^ooVgZ ^a \jhid# Ý fjZaad X]Z [VXX^Vbd cZ^ cdhig^ ajd\]^$cZ\do^#


BEAGLE GREEN HILL


magazine

InViaggio Viaggio In 88 96

100

80

92

88 Mantova

96 Barcellona

da pag. 104

Nella capitale catalana sulle tracce di Vázquez Montalbán, scrittore di gusto

• Viaggi per tutte le tasche

Dialogo immaginario con Virgilio sullo storico legame tra la città e la cultura

92 Reggio Calabria

100 L’Italia in mostra: Ancona

Arte, romanticismo e buona cucina:

Dal mito di Ulisse allo sbarco dei Mille: percorsi letterari nella città dello Stretto

Rubriche

tre ottime ragioni per visitare la città dorica

aprile 2013

87


viaggiletterari

Quattro passi con Virgilio Dialogo immaginario con l'immortale poeta, puntuale guida alle paradisiache bellezze della sua città natale, Mantova. Per scoprirne la storia, la cultura, la vocazione letteraria... e qualche segreto velato di mistero di Francesco Condoluci

Mantova

Lombardia

88

aprile 2013

Publio Virgilio Marone, il mantovano divenuto il più grande poeta della Roma imperiale. Qualcuno sostiene però che tu, in realtà, sia nato lontano da qui, a Castel Goffredo… Tutte chiacchiere, come usate dire voi oggi. Io ebbi i natali nel villaggio di Andes vicino al lago, alle porte dell’odierna città, e sempre mantovano mi son sentito, dalle radici dei capelli alle unghie dei piedi. Tanto che, è noto, l’ho fatto incidere anche sulla mia tomba, Mantua me genuit, Mantova m’ha generato. E poi, lascia ch’io ti

dica: anche se vi manco da duemila anni e passa, sono stato e sempre sarò orgoglioso della mia patria. Davvero? Eppure, per gran parte della tua vita sei stato lontano da Mantova… Sì, e non senza dolore nel dover vivere e morire lontano dalle mie terre, e far riposare altrove le spoglie mie mortali. Ma per tutta l’esistenza mia terrena e anche appresso, anche qui dal limbo dei non battezzati, quelli che sanza speme vivemo in disio – ove, ahimè, sono confina-


Per saperne di più: www.mantovatourism.it www.mantova2019.eu www.mantovasabbioneta-unesco.it www.festivaletteratura.it

mio cuore, di giubilo, piuttosto s’è riempito quando Mantova è stata eletta, assieme a Sabbioneta, Patrimonio dell’Umanità pel valore artistico dei suoi beni rinascimentali. Mai onorificenza fu più azzeccata. Da quel ch’io vedo, codesta città è forse il luogo che, nell’Italia intiera, più d’ogni altro ha saputo far della cultura un beneficio per il popolo. E pensare ch’ai miei tempi, Mantua altro non era che un piccolo borgo. Dicci dunque, o Vate, dei tuoi percorsi mantovani prediletti… Le vostre guide son piene di percorsi e itinerari! Ma se insisti, ti dirò del bello ch’io scorgo nella Mantova dei tempi vostri. Dalla Basilica di Sant’Andrea, alla cui cupola, gemella a quella di Superga a Torino lavorò

Cos’è che ha cambiato, a tuo dire, il corso del destino di Mantova? Prima d’ogni altra cosa, il ritrovamento, nell’anno 804, del Preziosissimo Sangue di Cristo portato qui da San Longino, il centurione romano che trafittone il costato con un colpo di lancia, davanti al Figlio di Dio morente sulla croce s’è convertito, raccogliendo il terriccio intriso del Suo sangue. Arrivato a Mantova portando seco il sangue di Cristo, fu poco appresso martirizzato a Gradaro. Poscia che venne ritrovata la sacra reliquia, Mantova divenne sede vescovile, ricavandone grandi provvidenze. Si dice che’l sangue di Cristo sia ancor oggi custodito in un forziere nella cripta della Basilica di Sant’Andrea Apostolo. S’io fossi un pellegrino o viaggiatore innamorato dell’arti e delle lettere, partirei da lì, dalla piazza intitolata al Mantegna ove si trova la basilica, per visitare la città. Publio Virgilio Marone

to per l’eternità – trepido per le sorti della mia città e mi compiaccio dei suoi fasti. Immagino la tua lietezza allora, quando ti hanno intitolato il paese dove sei nato (l’antica Andes, oggi Comune di Virgilio, nda) e ancor prima a Mantova la “Piazza Virgiliana” e la statua “in cattedra” nell’edicola di piazza Broletto nel centro città… Lungi da me la vanagloria! No, così come mi rallegro del fatto che sia candidata a capitale europea della cultura nel 2019, il aprile 2013

89


viaggiletterari

Il mio cuore, di giubilo, s’è riempito quando Mantova è stata eletta Patrimonio dell’Umanità pel valore artistico dei suoi beni rinascimentali. E pensare ch’ai miei tempi, altro non era che un piccolo borgo...

Nelle pagine precedenti: una veduta della città e, a destra, "la statua di Virgilio". Qui, la basilica di Sant'Andrea

Uno scorcio dell'arieggiata Piazza Erbe

90

aprile 2013

alacremente nel ’700 il messinese Filippo Juvara per farne l’emblema della città, fin alla porta che dà sul fiume Mincio: in pochi passi, s’attraversano otto secoli di storia. Da Sant’Andrea, direi che è d’uopo passar per l’arieggiata e romanica Piazza Erbe, antica sede del mercato, ma quivi, ancora più della Rotonda di San Lorenzo, della Torre dell’Orologio e dei Palazzi della Ragione e del Podestà, io mi fermerei piuttosto a rimirar la casa quattrocentesca di Giovan Boniforte da Concorezzo, mercante di tessuti che si fece costruir sulla facciata sei finestre d’islamica foggia, tutte diverse l’una dall’altra, per non andar contro la perfezione di Dio. Più appresso, superata la piazza del Brolo, passando sott’al Voltone di San Pietro e alla Torre della Gabbia, ove nel ’500

i reprobi venivano esposti al pubblico ludibrio, s’entra in Piazza Sordello che ospita la Domus Romana e che dal '300 in avanti fu regno della famiglia dei Gonzaga, alla quale si deve la grandezza mantovana dei secoli a venire. S’io fossi vissuto ai tempi loro, dell’epopea dei duchi, avrei cantato la magnificenza che s’esprime nei 35 mila metri quadri di pura arte del Palazzo Ducale e il mecenatismo che ha dato a Mantova le stimmate di superba città d’arte. Ma quella dei Gonzaga è anche storia di morte e di dolore, d’inganni e di potere. E allora, quale aedo di umane tragedie, avrei cantato della sfortunata Agnese Visconti, figlia giovanetta dei signori di Milano andata in sposa nel 1391 a Francesco Gonzaga e in seguito vittima sacrificale della guerra mai sopita tra le due famiglie. Per ingraziarsi Gian Galeazzo Visconti, nemico e assassino del padre di Agnese, il marito, preso a pretesto un falso adulterio, fece incarcerare, processare e condannare a morte la moglie assieme al presunto amante.Agnese, tapina, venne decapitata e lasciata priva di sepoltura in terra consacrata, per cui il suo fantasma, mai trovata la pace, continua a vagare sulla terra. C’è chi giura a Mantova, d’averne ascoltato, nelle notti di febbraio, il lamento o d’aver visto una luce spettrale aggirarsi per le stanze del Palazzo Ducale, ove, in piazza Pallone, vi è ancora una targa che ricorda l’episodio. Poeta, qui la storia trasuda dai muri! E non solo, giovane amico. Nell’archivio di Stato son gelosamente conservati tutti gli atti che ricostruiscono le cronache passate, come il processo alla povera Agnese, la gobba. I mantovani han saputo far rivivere la memoria, dando valore alle loro radici.


Scelti per voi dove mangiare Penso alla Casa del Buffone: una costruzione del ’400 con loggetta e giardino situata nel vicolo Gallo, alle spalle della cattedrale, subito appresso a Piazza Sordello. Con un epico salto dalla fantasia alla realtà, è stata trasformata nella Casa di Rigoletto, e vi è stata collocata una scultura del tragico buffone cortigiano dei Gonzaga, protagonista del melodramma di Giuseppe Verdi. E si pensi che in piazza Broletto, proprio sotto la mia statua in cattedra che i buontemponi – Iddio li perdoni! – per scherno usan chiamar “la Vecia”, c’è un posto ove si mangia, un ristorante come lo chiamate voi, chiamato La Masseria, nella cui sala principale situata in un palazzo ducentesco strappato dai Gonzaga ai nemici Bonacolsi, vi è un affresco del ’400 che raffigura la mappa più antica di Mantova. Scoperto di recente, nel corso dei lavori di rifacimento della masseria abitata un tempo dal contabile dei Gonzaga, è stato rimesso a nuova vita. Alla Masseria, tutt’oggi, l’oste ama organizzare cene a tema, proponendo percorsi culturali e gastronomici legati ad aneddoti storici mantovani. Ha persino collocato nella sala, copia della lettera che

i principi giapponesi al seguito del beato Nakaura , in visita alla città nel 1585, scrissero ai Gonzaga per ringraziarli della loro ospitalità. In piazza Arche, invece, si trova ancora l’insegna dell’Osteria della Fragoletta, locanda che ebbe tra gli ospiti Carlo Goldoni il quale quivi scrisse La bottega del caffè e altre 4 commedie. E appena fuori dal centro città, vi sono agriturismi, pregni di quelle atmosfere bucoliche a me tanto care, ove si può mangiare in compagnia degli autori di libri e volumi. E voglio tacer, infine, del Festival della Letteratura, grandioso evento che ogni anno a settembre richiama migliaia di visitatori in città, desiderosi di godere di letture, svaghi letterari e culturali. È proprio vero allora, che con la cultura si può mangiare… Certo, e Mantova ne è la riprova. Ed a questo proposito, a certi politici dei vostri tempi, i quali so che hanno avuto un bel dire rispetto ai benefici economici della cultura, alla luce di tutto ciò che ti ho raccontato, mi sento di rispondere soltanto: tacete, e più non dimandate!

Il quattrocentesco affresco che rappresenta la mappa più antica di Mantova presso il ristorante La Masseria

Ristorante Masseria Staccherete gli occhi dal piatto solo per ammirare l’affresco che raffigura la più antica pianta cittadina. E non scorderete più i loro stracotti d’asino e il loro tipico risotto mantovano "alla pilota". Menù medio: 25 euro Piazza Broletto, 8 Mantova Tel. 0376.365303 www.ristorantemasseria.it Osteria delle Erbe Nel cuore di Piazza Erbe, lasciatevi tentare dal mangiare godendo il panorama della cupola di Sant’Andrea. Qui il pezzo forte è il triangolo tortelli di zucca, lambrusco e sbrisolona. Menù medio: 20 euro Piazza Erbe, 15 Mantova Tel. 0376.225880 www.cadelleerbe.it

dove dormire Hotel Casa Poli Nasce dal recupero di una casa del ’900 questo hotel ricco di atmosfera. A due passi dal centro, con la migliore cucina tradizionale mantovana. Doppia b&b: 190 euro Corso Garibaldi, 32 Mantova Tel. 0376.288170 www.hotelcasapoli.it Agriturismo Loghino Caselle Per chi vuol dormire in mezzo al verde della Pianura Padana. Tradizione e semplicità, a 7 km dal centro di Mantova e con un ristorante che offre materie prime di produzione propria. Prezzo in doppia: 65 euro Via Caselle, 40
 San Giorgio (Mn) Tel. 0376.340699 www.loghinocaselle.net aprile 2013

91


viaggiletterari

“Un immenso giardino”. “Un luogo sacro, dove le onde greche vengono a cercare le latine”. E potremmo proseguire a lungo con le citazioni. Tanti infatti sono stati i poeti, i letterati, i viaggiatori che hanno cantato lo splendore di questa città antica, dove storia e leggenda si intrecciano sotto lo sguardo vigile dei Bronzi di Riace e della dea Atena 92

aprile 2013

Reggio Calabria: un mito, da Ulisse ai Mille di Lucia Lipari

Eh sì: Reggio Calabria val bene un viaggio fino in fondo all'estrema punta dello Stivale. Qui, sulle rive di uno Stretto che strega, dove due lembi di terra antistanti sembrano quasi baciarsi, a colpire subito l'occhio sono le suggestioni en plein air: l’Etna dalla cima innevata o fumante, le sagome rosa delle Isole Eolie all’imbrunire, i resti delle mura greche o delle terme romane intessuti nella trama della città metropolitana. Pascoli ne scriveva come di “un luogo sacro, dove le onde greche vengono a cercare le latine, con un mare pieno di voci ed un cielo pieno di visioni, dove ancora ululano le Nereidi”. Passeggiando lungo la via marina sembra, infatti, di ripercorrere le leggenda-

rie tracce lasciate da Ulisse durante il suo approdo e rivivere l’incanto della civiltà ellenica, di cui Reggio, specchiandosi in un’acqua “cobalto azzurrissimo, sotto i metalli scintillanti dell’aurora, sotto le porpore iridescenti” dei suoi tramonti, si erge a testimone attraverso i mitici Bronzi di Riace, capolavori scultorei emblema della città e oggetto del desiderio di mezzo mondo.Tra oasi del relax e passerelle sull’acqua, ci ritroviamo dinanzi all’imponente Arena dello Stretto. Qui il sole non pare mai lesinare un raggio. Un anfiteatro progettato dal palermitano Camillo Autore e concepito sullo stampo tradizionale del teatro antico, che, oltre la gradinata semicircolare, presenta un cippo marmoreo


Come un miraggio, nella nebbia

Calabria Reggio Calabria

su cui si innalza la statua raffigurante Athena Promachos, la dea combattente che sta a difesa della città.

Viottoli, fichi d’India e aloe Punteggiato di magnolie e palme esotiche, i cui sentieri sanno di gelsomini e bergamotto, percorriamo “il più bel chilometro d’Italia”, a leggere D’annunzio, popolato di originali statue di bronzo e alluminio:Translettera, Labirintite e Co-stell-azione, dell’artista Rabarama, accomodate sul lungomare a guardare lo spettacolo messo in scena sulle sponde dello Stretto “che si abbevera all’onda di Trinacria, nell’estrema città dell’Italia marina”. A pochi passi dalle particolari sta-

Scilla e Cariddi, i due mostri leggendari che secondo la mitologia abitavano lo Stretto (sulla costa calabra il primo e su quella sicula il secondo). E ancora Apollo, che attraverso l’oracolo di Delfi indicò a un gruppo di Calcidesi dove fondare la città. La storia reggina è intrisa di mito e di mistero. Tra i racconti più affascinanti quello della Fata Morgana, insolito miraggio che si può scorgere all’interno di una stretta fascia al di sopra dell’orizzonte, sulle acque dello Stretto di Messina. La leggenda narra che, in agosto, durante un’invasione, un re giunto a Reggio Calabria, vedendo all’orizzonte la Sicilia volle raggiungerla. Una donna molto bella (la Fata Morgana) fece quindi apparire l’isola a pochi passi dal re conquistatore, che si gettò in acqua convinto di poterci arrivare con un paio di bracciate, ma l’incanto si spezzò e lui morì affogato. Di rado sullo Stretto si verifica anche la Lupa, un fenomeno atmosferico raro e magico, durante il quale le acque dello Stretto vengono coperte da una fitta nebbia e avvolte in un’atmosfera surreale.

Lungo la via marina sembra di rivivere l’incanto della civiltà ellenica, con la Fata Morgana che protegge la città da lontano tue sorge Villa Genoese Zerbi, appartenuta a un’antica famiglia del Patriziato Reggino e realizzata, dopo il terremoto del 1908 che rase quasi al suolo la città, in stile neogotico. Oggi è sede espositiva per l’arte contemporanea della città. Spostandoci verso l’interno, e risalendo il Corso Garibaldi con le sue vetrine, gli scavi archeologici e le botteghe artigiane, seguiamo il percorso tracciato da Edward Lear nel suo Diario, durante la sua permanenza in città: “attraverso viottoli interminabili delimitati da fichi d’India e aloe – ci inoltriamo – in profumati aranceti, incontrando via via tanti alberi di dolcissimi fichi. Reggio è davvero un immenso giardino e, senza dubbio, un luogo di tali delizie, come… ne esistano pochi altri sulla terra. Un castello mezzo diroccato, ma suggestivo per i pittoreschi colori, domina l’intera città”. Arriviamo infatti al Castello Aragonese, fortezza che un tempo rappresentava un

In apertura, l'anfiteatro progettato da Camillo Autore con la statua della dea Athena Promachos di vedetta. Sotto, la chiesa degli Ottimati e, nella pagina successiva, il Castello Aragonese

aprile 2013

93


viaggiletterari

Il sole nel piatto Piatti tipici mediterranei, impreziosite dalle contaminazioni derivanti dalla tradizione greca, siciliana e marinara, rispecchiano in pieno le caratteristiche e i sapori di una terra irradiata dal sole e bagnata da un mare cristallino, il cui ingrediente principe è il peperoncino. Tra i primi troviamo i fileja o maccarruni i casa, maccheroncini fatti a mano con un ferretto e conditi col ragù, o la pasta ammollicata con le alici. Tra i secondi il pesce spada oppure il pesce stocco alla ghiotta, con patate, olive e cipolla, o la celeberrima parmigiana di melanzane o i pipi chini, i peperoni ripieni, degni dei più antichi sapori. Fortemente legati alle festività sono i petrali a Natale, dolci di pastafrolla ripieni di cioccolato, fichi e frutta secca, o le frittole, cotenna e carne di maiale bolliti nel grasso dell’animale; il capretto e la pastiera farcita di ricotta a Pasqua. Per i gourmet più esigenti consigliamo gli intensi: Palizzi Igt, Arghillà Igt, Pellaro Igt, Scilla Igt. 94

aprile 2013

punto importante per la tutela delle mura e ai cui piedi Garibaldi e i suoi Mille combatterono per liberare la città dai Borboni. Nella piazza che ne prende il nome, spicca, altresì, la deliziosa chiesa bizantino-normanna degli Ottimati che prende il nome dall’antica cripta degli Ottimati, congregazione di nobili fondata dai Normanni. Nel tempio sono custoditi gli stemmi in marmo delle famiglie dei nobili reggini e il quadro de L’Annunciazione, opera di commovente impatto che la Congregazione degli Ottimati commissionò ad Agostino Ciampelli. Le tre navate, coperte da cinque cupolette secondo un modello bizantino, evocano le linee della Cattolica di Stilo, oggi Patrimonio dell’Umanità. Poco più giù si trova la Cattedrale di Maria SS. Assunta in Cielo, il più grande edificio religioso della Calabria gotico-normanna, che possiede opere d'arte di Jerace come le maestose statue di S. Paolo e S. Stefano, e la cappella del SS. Sacramento, tra i maggiori esempi di barocco calabrese, le cui pareti sono rivestite di intarsi marmorei policromi. Reggio, come disse Lear è “uno dei luoghi più belli della terra”. Qui dove un tempo quasi si distrusse la storia, impera la poesia. Ogni vicolo e strettoia sembrano saldare il cielo con il mare, intrisi dei fasti del passato e delle visioni seducenti del futuro.

Scelti per voi dove mangiare

dove dormire

L’officina del gusto “Cucina naturale” nel rispetto della terra e delle tradizioni. Prezzo medio: 40 euro Via Placido Geraci, 17/19 Tel. 0965.332830

Albanuova Hotel Un 4 stelle in centro, a pochi metri da Corso Garibaldi e dalla stazione ferroviaria. Camere da 80 euro Tel. 0965.331356 www.albanuovahotel.it

Trattoria del pesce fresco Vicino al Duomo, cucina tradizionale a seconda del pesce di giornata. Prezzo medio: 40 euro Via Cairoli angolo Via G. del Fosso, 7 Tel. 0965.890420 Spaccanapoli Ristorante-pizzeria noto per la bontà di pizza e piatti, oltre che per il suo essere parte della rete di imprese cittadine antiracket, dove i clienti possono esercitare il consumo critico e ribadire il proprio "no al pizzo”. Prezzo medio: 15 euro Via Fata Morgana, 83 Tel. 0965.312276

È Hotel Unica struttura sul mare al centro della città. Servizi 4 stelle. Camere da 110 euro Via Giunchi, 6 – Lido Comunale Tel. 0965.893000 ehotelreggiocalabria.it Possidonea 28 B&B A pochi passi dal Corso Garibaldi, è una struttura nuova e accogliente. Camere da: 40 euro. Tel. 342.0668922 www.possidonea28.it



viaggiletterari

Un pizzico di “Pepe� a Barcellona di Ida Santilli

Barcellona

Spagna

96

aprile 2013


Un itinerario noir sulle orme del bizzarro investigatore Carvalho creato da Vázquez Montalbán: il groviglio di stradine del Barrio Chino, che costeggia la rambla de Sant Josep, svela taperie alla moda e spazi di arte contemporanea che ben dialogano con il modernismo di Gaudì

casi intricati e, lontano dalla folla, guardare con occhio esperto le bancarelle con il pesce appena arrivato dalla baia di Rosas. Ex militante comunista, poi agente della Cia e infine gourmet, fa acquisti qua e là, poi scende per le ramblas e compra El Periodico. “Con la sporta piena di sgombri e spinaci per cucinare i pesci al forno su un letto di verdure e aglio verde”, non ha abbastanza mani per i sacchetti e corre spinto dalla voglia di lasciarli nell’auto parcheggiata alla Gardunya. Ce lo descrive Montalbán in Tres historias de amor, pubblicato nel 1987.

Gli abitanti di Barcellona hanno coniato addirittura un verbo per indicare il modo in cui si deve camminare lungo le ramblas, ramblejar, che prevede come unica ferrea regola quella di tenere sempre la destra (chi non lo fa viene additato subito come straniero o come turista). E quando affronto la discesa del viale più famoso della città, capisco subito perché: la strada, fra plaça de Catalunya e plaça de portal de la Pau, sul porto, è un chiassoso crocevia di giocolieri e artisti di strada; tutta la frenesia della città si respira su questa colorata arteria, come tra i chioschi di fiori e i banchi ricolmi di frutta e verdura de La Boqueria. Il colpo d’occhio sull’imponente architettura di metallo, che nel 1840 si è adagiata sull’area di un convento, è immediato superando il Palau de la Virreina, costruito nel settecento per il viceré del Perù. L’andirivieni all’ingresso potrebbe inizialmente scoraggiare anche il turista più motivato ma chi ha letto anche solo qualche brano di uno dei racconti di Manuel Vázquez Montalbán non può resistere alla tentazione di andare a curiosare in uno dei luoghi più amati da Pepe Carvalho, il bizzarro investigatore protagonista di una serie noir di successo. Ce lo immaginiamo qui, aggirarsi tra i passaggi laterali del mercato alle prese con uno dei suoi

Prima la questura poi il giornale… Lasciandosi il mercato alle spalle, cattura la nostra attenzione un enorme mosaico di Joan Mirò sulla pavimentazione dello spartitraffico nell’adiacente plaça de la Boqueria, sulla quale si affaccia, dall’angolo con carrer Cardenal Cassanyes, la casa Bruno Quadros: bizzarra la facciata con una decorazione in ferro dove compaiono anche motivi cinesi fra i quali un enorme drago. Da carrer de la Boqueria ci addentriamo nel Barri Gòtic con il suo groviglio di stradine; consigliamo una visita al Museo di Picasso, prima di sbucare sulla rumorosa via Laie-

In apertura, una panoramica della città. Qui, l'ottocentesca Boqueria, uno dei luoghi più amati da Pepe Carvalho

aprile 2013

97


viaggiletterari A sinistra uno scorcio del Barri Gòtic. Nella pagina successiva Casa Batllo e Casa Amatller, che portano l'inconfondibile firma di Gaudì

I vicoli di Barcellona, le sue piazze e le sue taperie, sono protagonisti delle storie noir vissute da Pepe Carvalho, ex militante comunista, poi agente della Cia. Infine gourmet La materia prima della filosofia Chissà se, come il suo alter ego Pepe, anche Manolo amava rifugiarsi in una dimensione più casalinga e sperimentare, alle due di notte, in solitudine, ricette raffinate come l’agnello alla linguadoca oppure il capretto arrostito alla medievale. Spesso però le cene con il suo amico e collaboratore Biscuter con cui ama conversare di cibo (“il cappero è uno dei frutti più umili della terra e in conserva raggiunge uno dei sapori più definiti. Non c’è nulla come il sapore del cappero. Soltanto i capperi. Il cappero è qualcosa di più di una nota amara nelle insalate”), diventano amare riflessioni sulla vita.

98

aprile 2013

tana, spesso citata da Carvalho perché è qui che si trova la questura (“era scomodo scendere di corsa da via Laietana verso il porto ma lo fece lasciandosi alle spalle le strade con una tale voglia di non farsi vedere scalzo da nessuno da sentirsi l’unico abitante della strada, lui e le macchine”). Lasciandosi alle spalle il mare, si arriva in plaça Urquinanona e in pochi passi si raggiunge plaça de Catalunya su cui si affacciano eleganti hotel e banche. Dove passeig de Gràcia incontra consell de Cent, c’è il Tapa Tapa (passeig de Gràcia, 44): qui Carvalho ama spesso fare colazione leggendo i giornali e qualche rivista di gossip. E a volte proprio qui apprende le notizie del ritrovamento di un cadavere e trova spunti per la risoluzione dei suoi casi. Il ristorante serve degli ottimi zamburiñas con jamón, patatas bravas o croquetas con jamón ibérico de bellota. Siamo su una delle strade principali della zona dell’Eixample: il terzo isolato dopo l’incrocio fra passeig de Gràcia e la gran via de les Corts Catalanes, chiamato anche Manzana de la Discordia per l’incredibile numero di palazzi modernisti che vi si affacciano, ospita una delle strutture più bizzarre di Gaudì, Casa Batlló, dai balconi a forma di maschera e la facciata ondulata ricoperta da piastrelle in ceramica smaltata nelle tonalità del verde, del blu e dell’ocra. In corrispondenza del primo piano, sporge una galleria sorretta da colonne con finestre arricchite di splendide vetrate e i balconi che nel basamento ricordano la valva di una conchiglia. Il tetto è coperto da tegole che formano una specie di drago e presenta una serie di camini riccamente decorati.

Ti ricordi Manolo? Un secondo possibile itinerario esplora la zona a sinistra delle ramblas, simmetricamente opposta al Barri Gòtic, Barri Raval, dove Montalbán ambienta


Scelti per voi Els quatre gats All’interno del Barri Gòtic, vicino alla fermata della metro Urquinaona. Storico locale frequentato dai modernisti, come Picasso che qui espose due volte nel 1900. Prezzo medio: 18 euro carrer Montsió, 3 www.4gats.com Champañeria È conosciuto con questo nome, ma in realtà di chiama Can Paixano questo sfizioso locale di Barceloneta. Si mangia in piedi tapas de jamon e queso e specialità tipiche catalane come il xoriço, la salsiccia piccante, e si sorseggia lo spumante locale, la cava catalana. Prezzo medio delle tapas: 12 euro carrer de la Reina Cristina, 7 www.canpaixano.com Origen 99% Per chi si trova a passeggiare nel Barri Gòtic, ecco un buon indirizzo per stuzzicare il palato con tapas catalane. Prezzo medio: 11-15 euro passeig del Born, 4 www.lallavordelsorigens.com

Per saperne di più: www.vespito.net www.museupicasso.bcn.cat www.casabatllo.es www.restaurantcanlluis.cat www.casaleopoldo.com

le vicende del suo ultimo romanzo pubblicato nel 1997 a puntate su El Pais con il titolo la Muchacha que puedo ser Emmanuelle e tradotto qualche mese fa con il titolo La bella di Buenos Aires. Negli Anni Venti questo quartiere era chiamato Barri Chino perché ricordava le brulicanti Chinatown, crogiolo di etnie e di emigranti. È un gomitolo di vicoli sgarrupati soprattutto nelle adiacenze dell’Avinguda del Parallel, dalle finestre pende più che altro bucato ma anche qualche bandiera giallorossa del nazionalismo catalano. Grazie a un’attenta riqualificazione iniziata alla fine degli Anni Novanta, oggi il rione pullula di spazi dedicati alla cultura (ospita il Centro di Cultura Contemporanea della Catalogna e il Museo d’Arte Contemporanea) e di localini di tendenza. In una modesta taperia quasi nascosta in un vicolo, dove mi fermo a bere una cerveza, un anziano signore mi confida che qualche stradina più in là nacque l’inventore di Pepe Carvalho. Seguo

le indicazioni e, quando arrivo in carrer Botella, al numero 11, la mia attenzione viene catturata da una piccola targa che ricorda che qui, nel 1939, nacque Manuel Vázquez Montalbán. Qualche locale esibisce con orgoglio foto di Manolo, come da queste parti lo chiamano affettuosamente. Ce n’è una nella trattoria Can Lluis che gli dedica anche un menù (Montalbán da 25 euro con olleta d’alcoi e cabrit al forn); crocevia di artisti e intellettuali attivi nel movimento anti franchista negli Anni Settanta, al 19 del carrer de la Cera, ospita spesso conferenze e presentazioni di libri. Montalbán ci andò a festeggiare appena appresa la notizia della morte di franco il 20 novembre del 1975, dopo 40 anni di dittatura. Anche Casa Leopoldo (carrer Sant Rafael, 24), che vale la pena visitare anche solo per il colpo d’occhio che le deliziose mattonelle blu e gialle alle pareti regalano a chi entra nella sala, era molto frequentato dallo scrittore. aprile 2013

99


l’italiainmostra

Amore e gelosia nella dorica Ancona di Silvana Delfuoco

È il volto di Costanza Piccolomini Bonarelli, amante di Gian Lorenzo Bernini, quello inciso nel marmo del Busto della Medusa, opera in esposizione fino al 28 aprile nella città che alla “modella” diede i natali. Un gioiello poco noto, da scoprire

100

aprile 2013


L’ha scelta Nanni Moretti nel 2001 per ambientarvi La stanza del figlio, Palma d’oro al 54° Festival di Cannes; nel 1943 Luchino Visconti aveva girato nel suo porto le scene centrali di Ossessione, capolavoro del neorealismo italiano. E, sempre grazie al cinema, molti altri scorci cittadini, dai più famosi ai più anonimi, ci sono diventati familiari. Perché questa è la magia di Ancona, città italiana per antonomasia, in cui tutti noi riusciamo a riconoscere qualcosa che ci appartiene: per il suo paesaggio, certo, ma prima ancora per la sua storia millenaria. Era il 387 a.C. quando dei coloni Dori, esuli da Siracusa tiranneggiata dal crudele Dionisio, si fermarono in questa zona per fondare il loro porto, attirati dal naturale ankon, la forma a “gomito” che qui prende la costa. Da allora il porto, e i suoi commerci, hanno segnato nel bene e nel male la vita della città. Florida capitale della Marca anconetana al tempo del Sacro Romano Impero, divenne poi intrepido libero Comune e ricca Repubblica marinara fino all’apogeo del XV-XVI secolo, quando la scoperta dell’America spostò dal Mediterraneo all’Atlantico il baricentro del mondo. Sulle barricate durante il Risorgimento e sotto i bombardamenti all’epoca della Seconda Guerra Mondiale, dopo una faticosa ma rapida ricostruzione la città dovette ancora subire, nel giro di pochi anni, tre gravi calamità naturali: un’alluvione, un terremoto e una frana. Ma anche in questo caso Ancona si è ripresa, pronta a celebrare, proprio nel 2013, i suoi 2400 anni di storia.

Ancona

Marche

Foto David Murolo

Dove il tempo racconta Nata come città di mare, Ancona ha nel suo porto marittimo un importante scalo commerciale, ma anche uno dei più importanti monumenti antichi della città. Basta fermarsi a osservare l’Arco di Traiano, che spicca sul Molo della Lanterna, o la settecentesca Mole Vanvitelliana per rendersi conto di come qui

Celebra nel 2013 2400 anni il capoluogo marchigiano fondato dai Dori nel IV secolo a.C., arrampicato su un promontorio a picco sul mare, con i suoi scorci romantici e il suo antico porto Una cucina che bada al sodo Piatti di mare e di terra, per la gioia dei buongustai: Ancona a tavola mette davvero tutti d’accordo. Un classico della zona sono i semplici e prelibati moscioli alla marinara, rigorosamente freschissimi, ma anche il brodetto all’anconetana, dalle tredici qualità diverse di pesce locale, di cui ogni famiglia custodisce gelosamente la propria variante. Tra i primi, o meglio tra i piatti unici vista l'incredibile ricchezza degli ingredienti, gli storici vincisgrassi, a base di sfoglia fatta in casa o in uno dei numerosi pastifici artigianali delle zona, tra i migliori in Italia: accompagna il tutto un profumato Rosso Conero Doc o un solido Verdicchio, magari dei Castelli di Jesi. E per chi teme i chili di troppo, basta accontentarsi: di una originale insalata di paccasassi, una sorta di finocchi di mare, o di una mistiganza di erbe di campo: caccialepri, grugnetti, rugola… Per chiudere, un assaggio di tipici biscottini di mosto accompagnato da un bicchiere di dolcissimo e casalingo, vino di visciole. aprile 2013

101


l’italiainmostra

Scelti per voi dove mangiare Enopolis Nelle cantine di Palazzo Jona, in pieno centro. Prezzo medio, senza vino: 35 euro Via Mazzini, 7 Tel. 071.2071505 www.enopolis.it La Giuggiola Ospitale agriturismo che offre piatti e vini della tradizione. Prezzo medio: 30 euro Via Boranico, 24/a – Fraz. Varano Tel. 071.804336 www.lagiuggiola.it Mandracchio Eclettico locale in posizione panoramica all’interno del porto. Prezzo medio, senza vini: 45 euro Largo Fiera della pesca, 11 Tel. 071.202990 www.ristorantemendracchio.it

dove dormire Grand Hotel Palace In un palazzo del Seicento con vista sul porto, un quattro stelle con camere in stile. Doppia da 130 euro Lungomare Vanvitelli, 24 Tel. 071.201813 www.hotelancona.it Hotel della Rosa Un moderno tre stelle, davanti alla stazione ferroviaria ma ottimamente insonorizzato. Doppia da 85 euro Piazza Rosselli, 3 Tel. 071.41388 www.hoteldellarosa.it La Carpinella B&b a 100 metri dalla spiaggia, nel Parco del Conero. Doppia da 105 euro Via frazione Poggio, 15b Portonovo di Ancona Tel. 071.801300 www.lacarpinella.it

dove comprare Cooperativa Pescatori Portonovo Località Portonovo – Ancona Tel. 071.801042 Gastronomia Camilletti Ottima per salumi e formaggi. Mercato di via Maratta Tel. 071.200807

102

aprile 2013

Quando l'arte sublima violenza e dolore: il Busto della Medusa del Bernini, in mostra ad Ancona

passato e presente convivano felicemente assieme. E poi, a sorprendere il visitatore attento e curioso, c’è la città interna, dalla inconsueta soluzione urbanistica. Arrampicata sul suo promontorio, tra il colle Astagno e il Guasco, con la Cattedrale di San Ciriaco a picco sul mare, la città è percorribile da ovest a est grazie a un asse pressoché ininterrotto di corsi. Passeggio domenicale, il lungo e alberato Viale della Vittoria introduce allo storico rione del Passetto e al suo bel parco pubblico da cui, scendendo per una lunga scalinata bianca o per uno dei suggestivi stradelli che l’affiancano, si arriva direttamente al mare: la rocciosa spiaggia del Parco del Conero, dove ancora si pescano i moscioli, gli ottimi mitili della cucina locale.

La vendetta del Bernini Ruota tutta intorno al Busto di Medusa in prestito dai Musei Capitolini, l'esposizione che ripercorre la tormentata storia d’amore tra Gian Lorenzo Bernini e la nobile Costanza Piccolomini Bonarelli, moglie dello scultore Mario Bonarelli, suo collaboratore in San Pietro, anconetana di origine. L’artista, amante tradito, si vendica a suo modo raffigurando Costanza sotto le mostruose sembianze di Medusa. La potente carica emotiva dell’opera viene accentuata da un allestimento multisensoriale, tra musica e profumo, per una full immersion in una struggente atmosfera di violenza e passione. fino al 28 aprile Medusa tra luce ed emozione Pinacoteca Civica Francesco Modesti Via Ciriaco Pizzecolli, 17 – www.musan.it



viaggipertutteletasche

di Alba De Gasperis

da 40 a 75 euro da 67 a 75 euro Facci (sor)ridere Prezzo medio a notte: 67 euro Hai un mese di tempo, almeno 16 anni e il cuore giusto per fare del bene? Ecco allora che Project Abroad – organizzazione che garantisce esperienze di volontariato e stage all’estero – è quel che fa per te. Mete esotiche, la possibilità di lavorare a progetti umanitari, vitto e alloggio, assicurazione, trasferimenti, supporto dello staff e... tutti i sorrisi che saprai regalare, a 2000 euro mensili. Per saperne di più: www.projects-abroad.it

Che colore ha la felicità? Dormire in una grotta è chic? E in un teatro? Pagare per partire e poi tornare a casa arricchiti è possibile? E rimettersi in forma mangiando di gusto? Assurdo! Quasi come scegliersi la cromia dell’arredo in base all’umore… Assurdo, forse, ma vero!

da 16 a 30 euro

da 16 a 30 euro Che “buona” occasione! Prezzo medio a notte: 16 euro

Vado, l’assaggio e torno. Ecco il nome della geniale formula gastro-turistica low cost attiva dal 22 aprile al 4 maggio a Lecce e dintorni che accompagna il Festival della Dieta Med-Italiana: cinque giornate (dal 24 al 28 aprile) per degustare, frequentare corsi di cucina tipici, incontrare produttori, acquistare delizie e partecipare a mostre. Più di 100 strutture offrono sistemazioni a prezzi vantaggiosi. Un esempio? Il b&b Attico Martirano costerà 16 euro a notte per persona. Andiamo, l’assaggiamo e (ri)torniamo?

Prezzo medio a notte: 75 euro Le Voyage Extraordinaire trae ispirazione dalla letteratura di Jules Verne. Si tratta di un appartamento nel quale ogni dettaglio racconta una storia: dalla porta d’ingresso, alle bisacce e bauli retrò, allo “specchio magico”. A completare il racconto, una libreria elettronica che racchiude i capolavori del romanziere. Per saperne di più: www.uncoinchezsoi.net

da 165 a 450 euro da 165 a 450 euro Un gran bello spettacolo Prezzo medio a notte: 165 euro Pavimenti ricavati da una chiesa del '400, un caminetto del '500, una libreria che raccoglie più di 3 mila volumi e una camera da letto ricavata nella galleria dell’ex teatro storico del paese. Fuori, 8 mila mq di natura. La meravigliosa riserva privata di San Settimio, presso un piccolo borgo sulle dolci colline marchiane, offre anche questo. Per saperne di più: www.sansettimio.it

Per saperne di più: www.repubblicasalentina.it – www.dietameditaliana.it

Capp... adocia che resort!

Di che colore sei? Si chiama Pantone, come la catalogazione cromatica. Qui è normale entrare e dire cose tipo: oggi mi sento viola pastello, vorrei una camera in tinta col mio umore! Il design e i cromatismi codificati infatti colorano finestre, balconi, letti, poltrone, divani, scatole, pareti, tazzine da caffè e sedie di questo hotel di Bruxelle. Qualcos’altro? Sì, la carta igienica.

A solo 4 km dal Parco Nazionale di Goreme, Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco, nel villaggio di Uschisar, nasce questo lussuosissimo “cave resort”. Qui potrete godere di un magico panorama lunare, usufruire della prima grotta Spa al mondo, dell’inusuale stanza del ghiaccio e di quella del sale, di un arredo fatto di tappeti ornamentali, ceramiche dipinte a mano e luci soffuse. La struttura dispone di 80 camere; la suite queen costa circa 900 euro a notte.

Per saperne di più: www.pantonehotel.com

Per saperne di più: www.cappadociacaveresortandspa.com

Prezzo medio a notte: 30 euro

104

Il giro del mondo... a Nantes

aprile 2013

Prezzo medio: 450 euro

Tutti i prezzi medi sono da intendersi a persona


Possibilità di passeggiate a cavallo e lezioni di equitazione, allevamento haflinger

Allevamento Rottweiler e Jack Russel Terrier e pensione per cani

Fattoria della Felicità Località Zanecla - Onore (Bg) - Tel. 0346.1901550 - Cell. 3286851751 www.fattoriadellafelicita.it - www.tempestedellapresolana.com



magazine

Piaceri Piaceri 112

108

116 120

114

108 I piaceri di Bacco

da pag. 114

Enologo o alchimista? Donato Lanati

Rubriche

ci spiega tutte le differenze e le sfumature

• Bellezza e benessere • Camera con vista • Il ristorante • Week-end cultura • Week-end business • Soste d’arte • Libri • Spettacoli • Shopping • Trendy

112 Le mani raccontano Franco Rotella, architetto e designer con la passione per “il gusto di progettare”

aprile 2013

107


ipiaceridiBacco

L’enologo è un alchimista? di Donato Lanati

Identificare le sfumature emozionali, valutarne le differenze qualitative e accreditarle con basi oggettive per poterle condividere. Sono questi i tre passaggi fondamentali che segnano l’attività di un vero professionista del vino. E la magia dei profumi, dei colori, delle emozioni? Rivive a ogni sorso, nel piacere che un buon bicchiere sa regalare. Tutto il resto è scienza Ecco un primo abbozzo di risposta: l’enologia è una scienza e l’enologo non è un apprendista stregone ma un professionista il cui obiettivo è scoprire il meccanismo delle emozioni suscitate dal vino. Quando si beve vino, infatti, si resta affascinati dal profumo, dal sapore e da quel piacere che permane in bocca anche dopo averlo bevuto, ma generalmente si ignora da che cosa dipendano tali sensazioni. Il buono e il cattivo sono percezioni a cui spesso non si sa dare spiegazione, eppure hanno delle motivazioni concrete. Il lato più gratificante della mia vita è stato quello di individuare i processi biochimici che portano a quelle sensazioni di gusto e di profumo, così ho potuto farli conoscere anche ai produttori, agli studenti e, per quanto mi è stato possibile, ai consumatori. Vorrei fare una premessa: quand’ero bambino sono stato ammaliato da un territorio straordinario in cui si faceva e si fa tutt’ora vino. Venivo dalla città e non avevo mai visto la pianta della vite: perciò quando mi trovai di fronte ai grappoli d’uva scattò in me un’irrefrenabile molla, quella che mi ha spinto a studiare l’enologia. Non mi bastava vivere le emozioni della degustazione: percepirle e analizzarle è importante, pensavo, ma se non si conoscono i processi che le hanno generate non si po108

aprile 2013

tranno riproporre in altri vini. Cosicché, poco per volta, si formò in me una visione molto chiara di ciò che avrei voluto fare da enologo: identificare le sfumature emozionali, valutarne le differenze qualitative e accreditarle con basi scientifiche per poterle condividere con altri.

Riprodurre la qualità In genere ciò che affascina il consumatore, per quanto riguarda il vino, sono le espressioni colte dai sensi. Le percezioni possono essere espresse da chi descrive quel vino in base alle proprie esperienze sensoriali sotto l’aspetto emozionale, ma l’emozione vale per l’attimo che dura, si può raccontare ma è molto difficile riprodurla. Però bisogna riuscirci se si vuole la qualità, che è soprattutto costanza. Un concetto su cui tutti sono (teoricamente) d’accordo sostiene che se si vuole aiutare davvero chi ha fame non bisogna regalargli del pesce, bisogna insegnargli a pescare. Io sono convinto che all’enologo spetti un compito simile. Ma, anche nel suo caso, passare dalla teoria alla pratica non è facile. Molti sono in grado di fare un buon vino, ma se non hanno indagato scientificamente sulle intuizioni che li hanno condotti a farlo è difficile che possano insegnare ad altri come ottenere lo stesso risultato. Per fa-


Vini "naturali"? Un pò difficile... Oggi si parla di valore ecologico del vino a proposito dei solfiti che contiene, nel senso che qualcuno li vorrebbe bandire totalmente. Non va dimenticato però che il salto di qualità dell’enologia negli ultimi 50 anni è stato fatto proprio grazie a questi composti, e che molti lieviti naturali li producono con il loro metabolismo. L’Oms ha invitato l’OIV a dedicare il massimo impegno per ridurli notevolmente. A mio avviso sarà possibile ridurre il loro utilizzo ma solo attraverso conoscenze approfondite (studiando ad esempio l’azione del chinone dell’acido caffeil tartarico e delle strutture GRP simili, oltre alle reazioni accoppiate di ossidoriduzione, e attraverso l’attenta analisi dei composti antiossidanti naturali che si oppongono ai radicali liberi) altrimenti non si andrà lontano e si perderà ciò che la natura ha fatto, abbattendo la qualità. Molti produttori che fanno il vino senza utilizzare la chimica vorrebbero denominarlo “naturale”, il che lo porrebbe in posizione di vantaggio presso i consumatori, che giustamente si preoccupano della loro salute. Però questa denominazione è stata finora negata dall’OIV perché farebbe percepire come “innaturali”, e quindi “sofisticati”, tutti gli altri. Senza contare che c’è chi avanza un dubbio: come si può chiamare “naturale” un prodotto come il vino, che non esiste in natura ma è opera dell’uomo? In ogni caso, dovere professionale è che le denominazioni vinicole abbiano alla base un’etica di produzione trasparente, per consentire al consumatore di verificare la “verità” lungo la filiera. Bisogna sapere che anche il vino privo di sostanze chimiche ha il dovere di essere piacevole e che l’aggettivo “naturale” non va utilizzato per giustificare difetti e perdita di qualità causati dalla mancata conoscenza dei processi biochimici che “naturalmente” trasformano l’uva in vino. Non si può ignorare che occorrono molte conoscenze, convalidate da altrettanti controlli, per valorizzare le qualità esclusive di un vitigno in un determinato territorio. Tutto questo processo dovrebbe essere garantito dalla tracciabilità scientifica dell’origine perché alla fine, in tutto questo gioco, il vero valore aggiunto è il territorio nel quale il vino viene prodotto. È proprio il suolo che lascia un’impronta digitale. Basta cercarla. E questa, del vino, è la caratteristica più naturale.

aprile 2013

109


ipiaceridiBacco

di estrazione veloce, come ad esempio i vinificatori orizzontali, perché le strutture intermedie che si formano grazie alla notevole presenza di acetaldeide vengono inglobate in complessi polimerici dell’uva che sono destinati a precipitare.

… e quello "profumo"

Le caratteristiche di un vino sono influenzate anche dalle modalità di affinamento, ovvero, se questo avviene in botte grande o barrique

Il lato più gratificante della mia vita è stato individuare i processi che portano alle piacevoli sensazioni di gusto e profumo 110

aprile 2013

re qualità occorrono conoscenze, che possono derivare sia dalla tradizione che dalla ricerca. La tradizione è comunque anch’essa una ricerca, magari empirica: non è altro che la sommatoria di sperimentazioni grossolane svolte dai viticoltori per centinaia di vendemmie. La ricerca vera e propria è invece un metodo scientifico volto a capire la sinergia tra vitigno e ambiente ma anche a stabilire quanto sia importante il lavoro dell’uomo, che ha un ruolo essenziale per il risultato finale nel rispetto della natura.

Il fattore "colore"… La prima espressione che si coglie in un vino è il colore; nei rossi intensità e luminosità dipendono dal rapporto degli antociani che caratterizza ogni varietà. La ricerca mi ha fatto toccare con mano che le varietà che cedono più facilmente gli antociani, come il Nebbiolo, sono sottoposte a notevoli perdite di colore specialmente se vinificate con tecniche

Altra affascinante sensazione è il profumo. Esso deriva da molecole ben definite che si formano in fermentazione e durante l’affinamento, come gli esteri che sono già presenti nel mosto o come i terpeni per i vini aromatici. I profumi che caratterizzano i grandi vini da invecchiamento sono rappresentati soprattutto dai norisoprenoidi, che si sintetizzano nell’acino quando questo è ancora verde o sta per cambiare colore. La ricerca mi ha permesso di identificare e quantificare questi precursori e prevedere quanto un Barolo o un Brunello di Montalcino potranno essere importanti e soprattutto durare nel tempo grazie alla misura dei composti antiossidanti naturali che sono presenti nell’acino, nel quale vi è la sintesi di un territorio e la storia di tutta un’annata. La ricerca mi ha anche permesso di capire i differenti profumi che si esprimono nei Barolo e nei Brunello, a seconda che siano stati affinati in legno grande o in barrique; in botte grande il contatto con l’ossigeno è del tutto trascurabile e questo porta all’attivazione di un tipo di reazioni di idrolisi dei tannini, con conseguente perdita di una parte di colore rispetto al legno piccolo, in cui il contatto lento ma costante con l’ossigeno porta a un colore bruno più stabile. La botte grande d’altra parte offre il vantaggio di favorire un invecchiamento riduttivo che mantiene quei precursori d’aroma legati allo zolfo determinanti per non perdere quelle caratteristiche originali legate alla varietà, che nella barrique, proprio per l’azione dell’ossigeno, tendono ad andare perdute.



lemaniraccontano

Il gusto di progettare Un insieme di ingredienti che, miscelati, creano sensazioni armoniose: è questo per Fabio Rotella il senso ultimo del lavoro di architetto. Una passione, ma non solo. Anche una vocazione di famiglia (ereditata dal padre, anch'egli architetto, e dallo zio: il geniale Mimmo Rotella) che gli ha permesso di trovare il proprio "approccio trasversale alla creatività"

di Francesco Condoluci 112

aprile 2013

Oggetti che vivono. Architetture audaci. Arredi dinamici. Design arditi e raffinati. Tutto ciò che esce dalle mani (e dalla mente) di Sergio Fabio Rotella – per tutti soltanto “Fabio” – è esattamente l’opposto di tutto quanto si possa considerare convenzionale, ordinario, di prammatica. Le sue opere, il suo lavoro, seppur perfettamente calati nella realtà e nel mondo delle professioni, trasudano arte pura, creatività, eclettismo e, per dirla in filosofia,“pensiero laterale”. Un modo diverso, obliquo quasi, certamente fuori dagli schemi, di interpretare la progettazione e il design, in tutte le


sue sfaccettature. Per Rotella – 50 anni portati benissimo, architetto sui generis, calabrese di origine e milanese di adozione – la vena artistica, del resto, è una questione genetica. Il suo cognome è lo stesso, e non per caso, di Mimmo Rotella, il grande artista anch’egli originario di Catanzaro, che nel Dopoguerra sperimentò il décollage (la pratica, opposta al collage, di strappare e scomporre immagini e manifesti pubblicitari) trasformandolo in una forma d’arte di portata internazionale. Fabio, del famoso pittore scomparso a Milano nel 2006, è il nipote, e nel suo albero genealogico vanta anche una nonna stilista e un papà che faceva il suo stesso mestiere di architetto: una famiglia di creativi, insomma.

Non solo design

“Sono molto attaccato ai sapori del Sud, vengo travolto dai sensi di fronti agli odori e ai colori di quelle terre. Girando il mondo, amo scoprire cibi diversi, ma dopo qualche giorno sono alla ricerca di un buon ristorante italiano. È poco chic, lo so, ma non resisto lontano da un piatto di spaghetti!”

«Sì, è vero, ho avuto la fortuna di crescere in un ambiente pieno di stimoli – ci racconta, seduto nel suo studio milanese di Corso Buenos Aires, un loft che assomiglia a una factory, affollato com’è di giovani professionisti, architetti, designer, grafici, artisti, fotografi ed esperti di comunicazione – e certamente le frequentazioni artistiche in famiglia hanno segnato il mio percorso di crescita arricchendolo di esperienze e indirizzandone il futuro creativo». Dopo la giovinezza in Calabria e gli studi a Milano, Rotella nel capoluogo lombardo è cresciuto professionalmente all’interno dell’Atelier Mendini, occupandosi di progetti di architettura e design ed eventi culturali, e sviluppando così, grazie anche al confronto con brand internazionali come Alessi e Swatch, quella che lui stesso chiama «l’attitudine a un approccio trasversale alla creatività». È da quelle esperienze che nel 1997 nasce lo Studio Rotella, un laboratorio cre-

ativo che oggi si occupa a 360 gradi di architettura, design e consulenze per aziende anche in campo internazionale. «Qui posso mettere a frutto la mia vocazione per la ricerca e le arti applicate, utilizzate come spunto per progetti che comunque hanno sempre un riferimento poetico e un messaggio per l’uomo», spiega ancora l’architetto. «Con i ragazzi sperimentiamo in continuazione, realizzando progetti innovativi di ampio respiro». Progetti che comprendono architetture pubbliche e private in tutto il mondo, design di oggetti e arredi: Rotella infatti è anche art director di diverse aziende per le quali cura l’immagine e partecipa a diverse mostre nazionali e internazionali. Nelle prossime settimane, a questo proposito, sarà in Cina per una nuova sfida: ricreare cioè a Pechino un “salotto italiano” a disposizione dei business man dagli occhi a mandorla.

Una “cucina” di idee «Trovo molto gusto nel progettare la prima fase, quella creativa, attraverso sensazioni a volte contrastanti - ci racconta Rotella - ma passare da un’idea alla sua realizzazione è uno stimolo incredibile. Fa parte delle più alte qualità dell’uomo. È con la creatività infatti che si migliora il mondo. Progettare un’architettura è un po’ come cucinare. Si parte dalla fase creativa, poi si scelgono gli ingredienti, cioè i materiali e le forme, e infine si “cucinano”, si fanno interagire i vari elementi. Esiste una similitudine nel modus tra tutte le arti creative. Con gli stessi ingredienti due chef ottengono risultati diversi. Il progetto, in fondo, è un insieme di sapori con l’obiettivo di creare sensazioni armoniose».

aprile 2013

113


bellezza&benessere

Bella, come una dea Un’armonia tra mente, anima e corpo: questo era l’idea di bellezza nell’antica Grecia. Gli esperti della Spa Anazoe, interna a Navarino Dunes, hanno saputo recuperarne il segreto elaborando ricette tratte da tavole di argilla risalenti all’epoca di Omero, e realizzando così prodotti e trattamenti che ci aiutano a sentirci “divinamente” bene

di Gilda Ciaruffoli

presente di questa splendida terra. E proprio in quest’ottica gli esperti di beauty interni alla struttura assieme a ricercatori universitari, hanno creato una speciale linea di prodotti le cui formule sono tratte direttamente dalle antiche tavole di argilla incise ritrovate nel Palazzo di Nestore. Due le ricette decodificate dal greco antico che definiscono due diversi aromi – uno più fresco, rivitalizzante, a base di erbe selvatiche come menta, eucalipto, l’altro più caldo, rilassante, al profumo di agrumi – che sono state riprese letteralmente e che oggi caratterizzano i prodotti beauty dell’Anazoe Spa, dalle creme alle candele, tutti a base di olio (oleotherapy), la prima e principale ricchezza di questo angolo di paradiso, da sempre. I vegetali utilizzati sono coltivati in loco e i loro ingredienti attivi vengono lentamente estratti attraverso un processo di bollitura, secondo il metodo antico, che permette di preservarne essenze anti-ossidanti e vitamine. Nella bella Spa è possibile godere di trattamenti ricavati direttamente dai metodi originali di Ippocrate, padre della medicina occidentale. L’Anazoe Spa – il cui nome significa “rinnovamento, ringiovanimento” – ha infatti sviluppato un particolare approccio effettuato da terapisti qualificati (fisioterapisti e osteopati diplomati) che si muove da un’iniziale conoscenza del paziente, passando per l’individuazione del suo tipo psico-fisico (quattro le varianti, come quattro sono le stagioni, da dottrina ippocratica); a ogni tipo corrisponde quindi un olio e un trattamento specifico: di particolare suggestione quello svolto con foulard di seta da sempre realizzati dalle monache del monastero Kalograion nella vicina Kalamata. www.costanavarino.com

Tra storia e futuro L’Anazoe Spa si trova all’interno di Navarino Dunes nell’ambito del comprensorio di Costa Navarino che include siti distinti, quali hotel 5 stelle e residenze deluxe, campi da golf “firmati” oltre a una vasta gamma di attività uniche nel Mediterraneo e persino un centro di ricerca sul clima, il tutto nel rispetto di ambiente, territorio e storia della regione.

114

aprile 2013

Afrodite, Elena, Aspasia… sono solo alcuni degli esempi di femminili virtù vagheggiati nell’antichità e dei quali ci piacerebbe avere anche solo un po’ di fascino, di raffinata e serafica eleganza. Impossibile? Non proprio, perché qualcuno è riuscito a carpire antichi segreti di bellezza e li propone alla donna (ma non solo) contemporanea perché possa goderne ogni giorno. Siamo a sud del Peloponneso, nella regione di Messinia, all’ombra del palazzo di Nestore, mitico re di Pilo, e a pochi minuti dalla spiaggia di Voidokilia, tra le più belle al mondo. Siamo nel territorio di Costa Navarino, destinazione ecosostenibile che ha saputo combinare lusso, sostenibilità ambientale, ricerca e storia, portando avanti progetti in collaborazione con l’Università di Atene e altri prestigiosi centri di studio al fine di far riscoprire, valorizzare e proteggere il passato e il


Lovestory in Capri Essenze inebrianti e intense. Solo per lei o per la coppia, che alimentano il ricordo, stuzzicano i sensi e coccolano i sentimenti. Sono Blunotte e Impero Parfum, e sono tutte da provare: parola di Ridge e Brooke!

Sulla scia di un successo in continua ascesa, la maison Impero Couture lancia due nuove ed esclusive fragranze: Blunotte e Impero Parfum, entrambe caratterizzate da un approccio sensoriale accattivante e romantico e che trasmettono la stessa immagine raffinata e affascinante per la quale la casa di moda si caratterizza nelle sue creazioni di haute couture. Impero Blunotte è un profumo intenso, come il mare che bagna la suggestiva Isola di Capri, e nel contempo coinvolgente come il sentimento reciproco di un amore appena sbocciato. L’essenza, studiata per lui e per lei, è un profumo da condividere che allieta il corpo e lo spirito rivelandosi intensa sin dai primi effluvi, e studiata per rievocare a distanza il pensiero dell’amata e dell’amato e fonderli armoniosamente nella piacevolezza dei momenti condivisi. Aprendosi con note frizzanti, esotiche e agrumate, la sua corposità è sublimata da un accordo di gelsomino egiziano, rosa turca e violetta francese in armonia con le note mistiche del legno di sandalo e del legno di cedro. La forte personalità del profumo è nelle note di fondo che si fanno gradevolmente dense, ambrate e boisé. Il profumo è contenuto in un flacone in vetro blu dalla linea essenziale, arrotondata e morbida ed è chiuso da un tappo cristallino arricchito da una mezzaluna stilizzata, mentre la raffinata confezione è in velluto blu. Impero Parfum è invece una fragranza dedicata esclusivamente a lei, e risultato di un’attenta ricerca in grado di riflettere le diverse caratteristiche della donna Impero: sensuale, femminile e ricercata. Le note di muschio e confetto regalano dolcezza e si accompagnano all’intenso profumo rilasciato dalle note di arancio e mandarino della Costiera Amalfitana coccolando i sensi di chi le indossa e stimolando quelli di chi le circonda. La fragranza è racchiusa in un flacone in vetro bianco, impreziosito da una base dorata, mentre la confezione cilindrica che lo contiene è in velluto bianco. A interpretare le nuove fragranze come testimonial gli attori Ronn Moss e Katherine Kelly Lang, protagonisti dello spot Lovestory in Capri girato sulla celebre Isola. Le due fragranze saranno disponibili nelle migliori profumerie e boutique. Impero Couture www.imperocouture.com


camera con vista

di Olga Carlini

Orizzonti siciliani In mezzo al mare, sull’isola più meridionale dell’arcipelago eoliano, all’ombra di un cratere ancora attivo e arrampicato sul promontorio lavico di Vulcanello, il Therasia Resort Sea & Spa non regala solo panorami mozzafiato e relax assoluto, ma anche una cucina legata al territorio e alla tradizione, per assaporare a pieno il gusto del Mediterraneo

Isole Eolie 116

Prendete un panorama mozzafiato che offre allo sguardo tutta la suggestione dell’arcipelago eoliano che emerge dal Mediterraneo. Aggiungeteci il tepore del primo sole primaverile e delle brezze gentili che il Dio dei venti ama soffiare sulle sue isole predilette. Quindi mettetevi comodi su una terrazza che affaccia strategica sul promontorio di Vulcanello, in compagnia di un succulento piatto di pesce locale, un bicchiere di vino bianco, un piatto di formaggi siracusani e, dulcis in fundo, un assaggio del pregiato cioccolato di Modica. Tutto questo, e molto altro ancora, è Therasia Resort Sea & Spa, splendido refugium peccatorum incastonato nell’isola di Vulcano che sembra fatto apposta per assopire la mente e viziare il corpo. Aprile è il mese giusto per lasciarvi tentare da un soggiorno in questa “piccola El Dorado del relax e del gusto” dotata di una vista incantevole sui Faraglioni di Lipari, della quale godere anche comodamente immersi nella minipiscina Jacuzzi disponibile sulla terrazza di alcune delle 94 camere o nella splendida infinity pool. Se non avete paura dell’acqua ancora un po’ fredda di questo primo scorcio di primavera, vi consigliamo di fare una puntatina in spiaggia: una discesa privata consente infatti agli ospiti di raggiungere comodamente e in totale privacy le limpide acque tirreniche. Per i più prudenti invece c’è la possibilità di tuffarsi nella piscina coperta della Spa o abbandonarsi a una full immersion di relax tra docce emozionali, saune e bagni turchi. Ovviamente, dopo tanta attività fisica, il vostro stomaco, a un certo punto, inizierà a lamentarsi. Poco male: Therasia Resort Sea & Spa dispone non di uno, aprile 2013

ma di ben due ristoranti capaci di riassumere in cucina tutte le contaminazioni storiche e culturali che hanno interessato la Trinacria nei secoli. “Gran sacerdote” di questi due “templi del gusto” – l’Arcipelago e il Cappero – è lo chef Crescenzo Scotti, vero fanatico della qualità delle materie prime e del recupero in chiave moderna dei piatti storici del territorio. La sua collaborazione con il Therasia è partita lo scorso anno, raccogliendo già notevoli consensi. Potete stare tranquilli: qualunque siano i vostri gusti, da dietro i fornelli il maestro Scotti vi saprà deliziare con le sue creazioni di cucina marinara tipicamente eoliana alla quale si accompagnano pietanze preparate con le eccellenze sicule di ogni tempo: le carni dei Nebrodi, i pistacchi di Bronte e la ricotta Dop di pecora, base per irrinunciabili cannoli e cassate.

dove&come Therasia Resort Sea & Spa Località Vulcanello Isola di Vulcano Lipari (Me) www.therasiaresort.it Camere a partire da 200 euro Ristorante Arcipelago prezzo medio: 45 euro Ristorante Il Cappero prezzo medio: 60 euro


il ristorante

di Riccardo Lagorio

Un agriturismo di…vino Tappa d’obbligo per chi voglia assaporare il gusto dell’autentica cucina bresciana, della sua accoglienza, ma anche dei suoi migliori calici, la Tenuta Ambrosini vi aspetta con la sua specialità, lo spiedo di cacciagione. E con il Franciacorta Docg, fiore all’occhiello della cantina di famiglia

Durante Vinitaly, dal 7 al 10 aprile, la Tenuta Ambrosini sarà presente al Palaexpo, stand A14/15

dove&come Tenuta Ambrosini Via della Pace, 60 Cazzago San Martino (Bs) Tel. 030.7254850 prezzo medio: 30 euro

Tenuta Ambrosini nasce da una famiglia che ha un’idea sola in testa, l’amore per la terra e i suoi frutti. Con la semplicità e la schiettezza tipiche delle comunità agricole, legate alle tradizioni e alla cultura contadina. Tanto che le riunioni importanti si tengono ancora nella casa paterna, di quel Lorenzo Ambrosini che in eredità ha lasciato anche il nome a uno dei nipoti. Nel cuore della Franciacorta, la Tenuta degli Ambrosini produce da oltre un decennio Franciacorta Docg con una cura e un impegno unici, sin da quando i fratelli Sergio e Francesco, con la sorella Mariuccia, il vulcano comunicativo dell’azienda, nel 2001 abbandonano l’allevamento di bestiame e la coltivazione del mais piantando i vigneti. Passeranno poche stagioni per capire che il terreno offriva la possibilità di conseguire degli ottimi risultati in cantina, vista l’eccellente esposizione al sole e la composizione del sottosuolo. Grazie al rapporto privilegiato con la terra, la tenuta negli anni è diventata anche un piacevole agriturismo che abbina il Franciacorta Docg di propria produzione alla cucina bresciana. In particolare, Sergio, appassionato cacciatore, cucina personalmente lo spiedo, in cui l’ingrediente fondamentale sono gli uccelli frutto delle sue battute di caccia. Lo spiedo bresciano è un piatto che prevede una minuziosa e lunga cottura alla brace delle carni, infilzate su schidioni. L’accompagnamento ideale è con la polenta. E con il brut Docg aziendale… Per celebrare l’arrivo della primavera e il periodo in cui viviamo meglio a contatto con la natura, Te-

nuta Ambrosini ha preparato pranzi veloci e gustosi, ideali per una pausa lavoro o per un aperitivo-cena. La cucina propone taglieri con affettati e formaggi bresciani in abbinamento a Franciacorta Docg. Chi privilegia la tradizione e la naturalità potrà stappare Nihil (Franciacorta Docg a dosaggio zero), chi vuole leggerezza e sofficità si dirigerà verso il Satèn, chi il piacere sontuoso il Rosé. Vini di grande equilibrio, di assoluta genuinità, piacevoli alla vista e al gusto. Sergio ha trasmesso la sua passione per la cantina e per la cucina al figlio Lorenzo, diplomato in agraria, che si avvale del giovane enologo Roberto Pepe («l’abbiamo solo noi» sottolinea con orgoglio Sergio Ambrosini) per emozionare i propri estimatori. Insomma, una tappa obbligata per chi voglia assaporare il gusto dell’autenticità bresciana.

aprile 2013

117


week end cultura

di Gilda Ciaruffoli

A due passi dal mare e dalla storia

Cagliari Situato su uno dei tratti di costa più affascinanti e inesplorati della Sardegna, poco distante da Cagliari, l’hotel Baia di Nora è immerso nella natura, con la quale si confonde regalando al viaggiatore una sosta di benessere, stile e cultura

118

aprile 2013

Si affaccia su una spiaggia privata di sottile sabbia bianca in un’insenatura protetta dai venti, con un mare azzurro e cristallino, l’esclusivo resort a quattro stelle Baia di Nora. A pochi metri di distanza l’antica città fenicia dalla quale prende il nome e dove l’anfiteatro è sede ogni stagione di un ricco calendario di spettacoli. La rigogliosa vegetazione mediterranea e i colori dei fiori del giardino di mare e di terra in cui è immerso l’hotel ne fanno un’oasi di tranquillità. Qui il tempo sembra essersi fermato per dare inizio a un viaggio che risveglia tutti i sensi: le specialità della cucina del ristorante con un ricco buffet a pranzo e l’attenta selezione di piatti internazionali e della migliore tradizione sarda accompagnano l’ospite in un indimenticabile viaggio del gusto. Momenti di relax da trascorrere mentre si sorseggia un fresco cocktail a bordo piscina o nell’accogliente american bar sono l’alternativa a una movimentata partita a tennis nei campi dell’hotel o a una divertente gara di bocce. Per gli amanti del fitness, l’accesso gratuito alla palestra e la possibilità di noleggiare l’attrezzatura per gli sport acquatici o le mountain bike alla scoperta di percorsi dai panorami mozzafiato, garantiscono una remise en forme per corpo e spirito. L’intrattenimento musicale serale aggiunge le note giuste per accompagnare l’ospite nelle notti stellate di questo angolo di paradiso. Le 120 camere, silenziose ed eleganti, sono dotate di un patio o di una terrazza dove refrigerarsi dopo una giornata di sole. L’hotel offre il servizio wi-fi gratuito e organizza su richiesta escursioni via mare e via terra.

dove&come Hotel Baia di Nora Loc. Su Guventeddu, Nora (Ca) Tel. 070.9245551 htlbn@hotelbaiadinora.com www.hotelbaiadinora.com A persona, in doppia classic B&b: da 90 euro


week-end business

di Olga Carlini

Hotel Class, eleganza e relax

Una struttura nuova, dotata di tutti quei confort che la rendono un punto di riferimento accogliente e comodo per chi scelga di sostarvi per affari o per visitare il cuore della Calabria

dove&come Hotel Class Località Rotoli Lamezia Terme (Cz) www.hotelclass.it Prezzi: doppia b&b da 95 euro

Lamezia Terme

Il Golfo di Sant’Eufemia, la splendida città di Tropea e i Parchi della Sila Calabrese. Senza dimenticare il mare, incantevole, e a soli 3 km di stanza. Sono queste alcune delle meraviglie, vicine e facilmente raggiungibili, che è possibile visitare e delle quali è possibile godere scegliendo di soggiornare presso l’Hotel Class. La struttura gode inoltre di una posizione strategica, trovandosi a soli 500 metri dall’uscita autostradale (A3), a 1 km dall’aeroporto internazionale e dalla Stazione Centrale di Lamezia Terme. La felice posizione, unita alla ricca serie di facilities delle quali l’hotel è fornito, la struttura moderna e di recente costruzione, e gli ampi spazi comuni, lo rendono sosta ideale per il business, i viaggi di affari o come punto d’appoggio per tutte quelle associazioni sportive o gruppi turistici che scelgono di soggiornare a Lamezia Terme (al centro della Calabria). Numerose sono infatti le convenzioni e le partnership che l’hotel ha stipulato in occasione di eventi e servizi posti in opera nel territorio regionale (spiagge e stabilimenti balneari, musei, imponenti attività commerciali, centri sportivi...), permettendo così che ogni sosta qui, anche quella d’affari, si trasformi in un momento di benessere. Senza dimenticare le ampie e attrezzate sale meeting, la connessione internet wirless disponibile in tutta la struttura e completamente gratuita, l’ampio parcheggio videosorvegliato e la possibilità di check-in 24 ore su 24. A rendere ancora

più piacevole il soggiorno un centro benessere con sauna, bagno turco, doccia emozionale, vasca idro e percorsi benessere, oltre a un’attrezzata palestra, e la zona Ristolife dove gustare una cucina capace di soddisfare i palati più esigenti: nella realizzazione dei piatti, curati con maestria e creatività, si percepisce subito l’attenzione nella scelta di materie di prima qualità e di prodotti provenienti da coltivazioni biologiche.

Chi si presenta all’Hotel Class con la Boarding Pass di Air One, riceverà un buono sconto di 10 euro

aprile 2013

119


soste d’arte

di Gilda Ciaruffoli

Modigliani, Soutine e gli artisti maledetti Nascoste allo sguardo del pubblico da oltre 70 anni, le opere esposte, oltre 120, “ricompaiono come per magia, come uscite da un altro mondo”, racconta Marc Restellini, curatore della mostra. E già s’avverte l’atmosfera misteriosa e magica che permea le splendide sale, sulle quali pesa inoltre il magnetismo degli sguardi vuoti, ma profondi e inquietanti, resi immortali da Modigliani. Con lui in mostra anche Soutine, Utrillo, Suzanne Valadon… le cui vite e la cui arte si incrociarono a Parigi, per le vie di Montparnasse, agli inizi del ’900.

Grandi maestri, piccole sculture Sono circa 200, quasi tutte di piccole dimensioni, le opere in mostra, grazie alle quali è possibile intraprendere un originale excursus lungo la storia dell’arte del XX secolo. Ciascun movimento è rappresentato da protagonisti emblematici del panorama mondiale come Depero, Man Ray, Dalì e Roy Lichtenstein… solo per citare alcuni tra i nomi più noti di questa ricca esposizione. fino all’8 settembre Palazzo Reale Piazza del Duomo, 12 - Milano www.mostramodigliani.it

Nam June Paik in Italia Esponente del movimento Fluxus e precursore della videoarte, è stato definito “un artista consapevole del proprio tempo”, capace di utilizzare l’oggetto televisore e la telecamera sia come elementi con cui produrre videosculture e videoinstallazioni sia come componenti vere e proprie di performance. Nel corso della sua vita, Paik ha agito fra arte, musica, teatro e fotografia, e oggi, a vent’anni dal Leone d’Oro alla Biennale di Venezia, questa mostra lo celebra presentando una selezione di opere che ne ricostruisce il rapporto artistico con il nostro paese.

120

6 aprile – 30 giugno Palazzo Sozzifanti Vicolo dei Pedoni, 1 – Pistoia

Il Realismo e l’attualità Se Pasolini è stato il neorealista della parola, Fellini e De Sica l’hanno celebrato sul grande schermo, Renato Guttuso è certamente il maggiore esponente del realismo in pittura. E questa mostra lo celebra attraverso un’attenta selezione di opere, grazie alle quali instaurare un dialogo a distanza con un artista che è stato figlio e coscienza critica del suo tempo.

fino al 2 giugno

fino al 22 settembre

Galleria civica corso Canalgrande, 103 – Modena www.galleriacivicadimodena.it

Museo Archeologico Regionale Piazza Roncas, 12 – Aosta www.regione.vda.it

aprile 2013


seguici su

Abbonati:12 numeri 35 euro - versione digitale 15 euro -/$!,)4ÂŽ $) 0!'!-%.4/ (Indicare con una X solo la casella prescelta. Data e firma sono obbligatorie) Bonifico su conto corrente postale intestato a Opera Italia Srl c/o presso Poste Italiane IBAN: IT 35S0760101600001007876251

PER REGALARE

) -)%) $!4) Cognome Nome Via CittĂ Telefono

VDG MAGAZINE - VIAGGI DEL GUSTO VDG MAGAZINE - VIAGGI DEL GUSTO SFOGLIABILE ONLINE

Cap Prov Professione

E-mail** SÏ, voglio ricevere gratuitamente la newsletter di Viaggi del Gusto all’indirizzo email sovraindicato**

3% $%3)$%2/ ,! &!4452! Rag. Soc. /Cognome Nome C. F. P. Iva Indirizzo

Con bollettino postale sul c/c 001007876251

Cognome Nome Via Cap CittĂ Prov Telefono E-mail** (Tutti i campi sono obbligatori) INSERIRE I DATI IN STAMPATELLO

Data Firma

)NFO ABBONAMENTI 4EL &AX s % MAIL ABBONAMENTI VDGMAGAZINE IT s WWW VDGMAGAZINE IT “Il trattamento dei dati personali che la riguardano viene svolto nell’ambito della banca dati elettronica di Opera Italia Srl, nel rispetto di quanto stabilito dalla Legge sulla tutela dei dati, D. Igs 196/2003, di cui la garantiamo la massima riservatezza, al fine di aggiornarla su iniziative e offerte dell’Editore. I suoi dati non verranno comunicati o diffusi a terzi e per essi Lei potrĂ richiedere in qualsiasi momento la modifica e la cancellazione. Se non desidera comunicazioni dell’Editore lo segnali barrando l’apposita casellina a lato


libri letti per voi

di Gilda Ciaruffoli

Il sole e la neve

C’è aria di Puglia Esordio letterario di Sabrina Merolla, autrice e conduttrice televisiva (Sky Leonardo e Radio Capital) che, sulla scia del successo riscosso dal suo format Buon Vento (in onda dal 2008 sulle reti del Gruppo Norba) racconta ai lettori più di 40 proposte esclusive per viaggiare tra le eccellenze gastronomiche pugliesi. Sabrina, da dove partiamo? Dai miei viaggi televisivi, durante i quali ho elaborato un inedito percorso esplorativo alla scoperta dei luoghi e del gusto in Puglia, documento dagli incontri che ho vissuto, dal cibo che ho assaporato, dai vini che ho degustato e dagli scorci che mi hanno emozionata. E dove ci porta questo “buon vento”? A vivere una Puglia azzurra come il mare, bianca come la pietra delle sue masserie, verde come i suoi ulivi millenari...

in un mare di frutti e in un tempo incantato. La Puglia è una terra che ogni volta offre allo sguardo dettagli nuovi, che altri non hanno mai colto.

Un consiglio per i viaggiatori? Lasciarsi guidare dalla rotta per solcare antichi tratturi, inerpicarsi su magnifiche scogliere, abbracciare querce monumentali

Edizioni Gelsorosso 253 pg 18 euro

Viaggiare responsabilmente Davide Torsani ci racconta il volume che ha tradotto e aggiornato assieme a Giada Mazza (la prima edizione francese è del 2003). Proprio in queste settimane la guida viene presentata in occasione di conferenze in giro per l’Italia; tutte le info sugli incontri e la vendita del volume all’indirizzo: palestinaepalestinesi@gmail.com Com’è possibile raccontare un territorio così complesso in una guida turistica? Il volume propone uno sguardo approfondito sulla realtà palestinese investigandone gli aspetti storici, archeologici, religiosi e architettonici nonché analizzando l’occupazione israeliana e i suoi effetti sulla vita quotidiana del popolo palestinese. Fornendo al contempo una serie completa d’informazioni pratiche (trasporti, hotel, bar, ristoranti, musei e centri culturali), per organizzare un viaggio indimenticabile. Per chi è stata pensata? Per il turista classico, interessato a visitare le più importanti mete turistiche e a conoscere la cultura del luogo, ma anche per chi voglia approfondire la conoscenza del contesto socio-politico, andando al di là degli stereotipi, facendo della Palestina una meta di turismo responsabile. E, infine, per chi desideri lavorare a contatto con palestinesi e israeliani per il raggiungimento di una pace giusta e percorribile. Alternative Tourism Group 488 pg 25 euro 122

aprile 2013

Le pagine sono in carta paglia, quella ocra, grezza e ruvida che usavano i macellai e i pizzicagnoli per incartare cotechini e formaggi. Il segnalibro è un inconfondibile piombino a sigillo dei salumi e la copertina, rilegata con lo spago che i norcini utilizzavano per cucire gli insaccati, si ispira al registro di scuola che tanto faceva tremare gli alunni quando il maestro lo apriva. Il libro di Luigi Alfieri, con disegni di Enrico Robusti, è un condensato di sensazioni tattili e visive ma soprattutto di ricordi, sapori, emozioni legati a un territorio ricco di suggestioni come la pianura padana. Sono 142 i mini racconti – o più esattamente “coriandoli”, come li definisce l’autore – che si dipanano nell’arco di 12 mesi accompagnando il lettore a ritroso nel tempo per fargli assaporare l’Italia di una volta. Ambientato negli anni Sessanta fra Parma e Piacenza, questo volume restituisce a chi legge il quadro vivido di un preciso periodo storico visto con gli occhi di un ragazzo che cresce. di Germana Cabrelle Fermoeditore 300 copie firmare e numerate, 190 euro


spettacoli

di Gilda Ciaruffoli

L’olandese volante

My Festival Celebra il decennale dell’Auditorium di Roma un evento firmato Patti Smith. Al mito della musica al femminile è stata affidata la regia dei diversi giorni di programmazione. Quattro gli appuntamenti musicali scelti dall’artista, a comporre un mosaico ideale di poetiche e affinità culturali; le serate sono state affidate a: Nicola Piovani, John Grant, Meshell Ndegeocello e Cristiano de Andrè. Il Festival però non è solo musica, ma anche cinema, letteratura, pittura, fotografia… un caleidoscopio di arti che ben rappresenta l’anima poliedrica della grande rocker che non mancherà di partecipare in prima persona all’evento.

Il progetto Opera domani si occupa della produzione di opere liriche introdotte da percorsi didattici. In occasione del bicentenario della nascita di Richard Wagner, e in seguito al concorso europeo Wagner200, a essere messa in scena quest’anno è L’olandese volante, opera allestita da artisti trentenni (l’età in cui lo stesso Wagner la diresse al debutto nel 1843), o giù di lì. Lo spettacolo, preceduto da un percorso didattico, andrà in scena in tutta Italia con apposite rappresentazioni dedicate alle scuole. Lo scorso marzo, presso il Teatro Sociale di Como, è andata in scena anche la prima aperta al pubblico, al quale sono aperte anche le repliche del 6 aprile al Teatro Arcimboldi di Milano, del 14 aprile al Teatro Coccia di Novara e del 16 maggio al Teatro Olimpico di Roma. fino al 16 maggio località varie www.operadomani.org

9-25 aprile Auditorium Parco della Musica Viale Pietro De Coubertin, 30 – Roma - www.auditorium.com

Piacenza e Torino in jazz Si svolgono in questo mese due interessanti rassegne dedicate alla musica jazz. A Piacenza l’appuntamento è decennale e quest’anno è dedicato a Dizzy Gillespie e Frank Zappa, a vent’anni dalla loro scomparsa: gli appuntamenti si svolgono in diverse location piacentine e presso il teatro Verdi di Fiorenzuola D’Arda. A Torino invece è al secondo anno la manifestazione che trasforma il centro cittadino in una sorta di “cittadella del jazz” grazie a concerti gratuiti, incontri letterari, film e mostre. Da non perdere anche l’anteprima in jazz dal 15 al 24 aprile, il festival “off” Fringe ai murazzi e il “concertone” del primo maggio. 14 aprile – 18 maggio location varie, Piacenza www.piacenzajazzfest.it

Valsusa Filmfest Nell’ambito del festival dedicato al recupero della memoria storica e alla difesa dell’ambiente che da 17 anni contribuisce ad alimentare la ricchezza culturale di un territorio che possiede una storia millenaria e un enorme patrimonio di arte, cultura e natura, è previsto un concorso cinematografico con proiezione dei relativi film, incontri, convegni, workshop, mostre, concerti e spettacoli. L’edizione 2013 è dedicata al tema Donne e Libertà: in calendario sezioni di concorso ed eventi speciali dedicati al femminile e alle sue criticità nel mondo contemporaneo.

26 aprile – 1 maggio

fino al 30 aprile

location varie, Torino www.torinojazzfestival.it

Località varie, Valle di Susa e Torino www.valsusafilmfest.it aprile 2013

123


trendy

di Claudia Dagrada

Potere ai fiori: siamo pronte a sbocciare La primavera è alle porte, la natura sta tornando a vivere in tutti i suoi meravigliosi colori. Così come il nostro armadio, che si abbandona al flower power di Liu Jo

Il pezzo forte della collezione?

A cosa vi siete ispirati per vestire la donna di questa primavera?

Assolutamente la giacca con stampa floreale, che esalta la vitalità della bella stagione che ci aspetta in modo elegante e accattivante al tempo stesso, ad alto tasso di seduzione! Un tripudio di colore che mette la femminilità al primo posto.

L’ispirazione viene da un repechage del passato, in particolare dei favolosi Sixties, ma rivisitati in chiave decisamente contemporanea. Protagoniste assolute sono le stampe floreali di varie ispirazioni. La donna Liu Jo è così pronta a sbocciare come un fiore!

Un accessorio su tutti? La nuova it-bag Sophia, regina della collezione Liu Jo Accessories. Giocando con il glamour e la ricercatezza, è realizzata in morbidissima eco-nappa dalla mano saponata in una palette di colori delicati. Casual ma dal design raffinato, dà quel tocco fashion che fa la differenza. 124

aprile 2013


shopping shopping

di Lucia Lipari

Nuova vita… in Barbuda

Colori, stampe e materiali a contrasto sono il must di una collezione L!ve nuova e accattivante. Prendendo ispirazione dalla celebre storia di Lacoste, L!ve combina tradizione e colore, dando vita a una collezione di punta per la primavera/estate 2013. A farsi notare soprattutto le scarpe colorate, sneaker per un look street style davvero glamour. Prezzo: da 94 euro

La bellezza è un vortice

Profumo d’amore Pull&Bear presenta Phyllis&Buddy. Due profumi magnetici, intensi e personali. Phyllis (per lei) e Buddy (per lui). La bottiglietta, creata in collaborazione con la scuola Elisava, nota Scuola di Design e Ingegneria di Barcellona, è un omaggio alla profumeria classica. Una revisione dell’estetica romantica in chiave moderna adattata al carattere giovane e fresco di Pull&Bear. La campagna, firmata dal fotografo Scott Trindle, mostra in bianco e nero i due modelli Lucien Thomkins e Charlotte Grace, protagonisti di una storia d’amore. Prezzo: 19,99 euro

Due edizioni limitate (in oro bianco 5 pezzi e oro rosa 25 pezzi) per l’orologio simbolo di Girard-Perregaux: il Tourbillon con Ponte d’oro che incarna l’eleganza innata dei segnatempo di alta orologeria della Maison svizzera. L’estetica si riassume in 40 mm di diametro, quadrante argentato con lavorazione soleil, lancette a foglia e il tourbillon maestosamente collocato alle ore 6. Prezzo: su richiesta

Intima voglia d’estate Ancora lontano il tempo in cui potremo concederci un paio di infradito ai piedi ma, in attesa che le temperature aumentino, Oysho stuzzica la nostra voglia di estate con una capsule collection in collaborazione con Havaians, brand di riferimento in fatto di calzature estive. Non si conoscono ancora dettagli su distribuzione e prezzo di Havaianas for Oysho, ma ecco le immagini del sandalo, disponibile in tre differenti colori: smeraldo, arancione o blu, quest’ultimo con suola tono su tono. Prezzo: 25,99 euro

Il sole ti fa bella Gli I-Thermic di Italia Indipendent si contraddistinguono per una particolare lavorazione della montatura che prevede la deposizione di un enzima dal pigmento colorato che al raggiungimento della temperatura di 30°C reagisce diventando trasparente e lasciando trapelare la colorazione o la texture di base. Prezzo: 157 euro

aprile 2013

125


selezioni

Nero calabrese, tradizione antica Salsicce, soppressate, capicolli, pancette, guanciale, ’nduja, lardo speziato, prosciutti… tutti firmati Ferrari: possono sembrare semplici salumi tipici, ma basta assaggiarli per venire travolti da un vortice di profumi e sapori ormai dimenticati da tempo. Il merito è tutto di Adriano Ferrari, della sua passione e del suo impegno nel preservare il vero gusto di Calabria

Le statistiche degli ultimi anni evidenziano come il consumatore non vada più alla ricerca degli ipermercati bensì delle gastronomie specializzate nella vendita di prodotti tipici di nicchia. Questo perché è aumentata la consapevolezza e l’attenzione alla qualità e si prediligono alimenti “fidati”, di cui si conoscono provenienza e lavorazione, possibilmente a Km 0, preferiti ai prodotti da discount per quanto proposti a un prezzo inferiore. Ancor prima che questa tendenza fosse statisticamente riconosciuta, e quindi non per strategia commerciale ma per semplice passione, l’azienda agricola Ferrari ha intrapreso proprio questa strada con lo scopo di far conoscere gli antichi e semplici sapori della propria terra – la Calabria – a tutta Italia. Ed è in quest’ottica che Adriano Ferrari ha dedicato la sua vita alla salvaguardia e alla tutela del suino Nero Calabrese, un tempo molto diffuso in tutto il territorio. Negli anni ’70 l’allevamento ha subito un notevole decremento a favore delle razze bianche con accrescimenti ponderali molto superiori, e proprio per evitarne la scomparsa, oggi l’azienda Agricola Ferrari s’impegna a dare il giusto riconoscimento ai prodotti derivati dal suino Nero e profondamente legati alla storia locale, valorizzandone le qualità gastronomiche e nutritive. Salsicce, soppressate, capicolli, pancette, guanciale, ’nduja, lardo speziato, prosciutti: all’apparenza possono sembrare semplici salumi tipici, ma basta assaggiarli

per essere travolti da un vortice di profumi e sapori ormai dimenticati da tempo. La qualità dei prodotti di Nero Calabrese è talmente elevata che l’utilizzo di qualsiasi tipologia di peperoncino ne altererebbe il gusto, impedendo l’esplosione di sapori che questi prodotti regalano al palato. Da qui la scelta dell’azienda Ferrari di rispettare le tradizioni locali, che prevedono l’utilizzo di sola carne e sale, a eccezione di pepe nero in grani per la soppressata e del peperoncino piccante per la ’nduja. È, infine, la qualità del grasso che fa la differenza: ricco di acido oleico, è dotato di un forte potere antiossidante e protettivo verso l’insorgenza di arteriosclerosi, rappresentando oltre il 45% del grasso totale. Insomma, chi pensa di assaggiare i prodotti di suino Nero Calabrese con la convinzione che siano comuni salumi… sarà (piacevolmente) costretto a ricredersi!

Azienda Agricola Ferrari Contrada Monti – Altilia (Cs) Tel. 334.5639303 www.nerocalabrese.it


selezioni

Cento per cento Vesuvio Casa Setaro presenta il Caprettone, vitigno più unico che raro, che nasce solo all’ombra del vulcano, dai terreni scuri e ricchi di sostanze minerali che ne caratterizzano le pendici Alle pendici del Vesuvio, l’azienda vitivinicola Casa Setaro da anni punta a valorizzare il territorio e i vitigni autoctoni della zona: Falanghina, Aglianico, Piedirosso e Caprettone. Il nome di quest’ultimo è ispirato alla forma del grappolo, simile alla barbetta di una capra. È stato a lungo usato in blend con altri vitigni, ma Massimo Setaro ha creduto così tanto nel Caprettone da vinificarlo da solo, sia per il Lacryma Christi Bianco sia per lo spumante Brut metodo classico “Ca-

prett one”. Il Caprettone è tipico del Vesuvio e non si trova altrove, neppure in Campania. È un emblema di questo territorio ricco di suggestioni all’ombra del vulcano. Un territorio dai terreni scuri, sciolti e sabbiosi, ricchi di sostanze minerali che caratterizzano i vini, su cui crescono viti anche molto vecchie. Sono queste il simbolo migliore del lavoro e del futuro di Casa Setaro: si spingono verso l’alto ma hanno radici piantate bene nel terreno. Un terreno unico al mondo.

100% Vesuvius with Casa Setaro On the slopes of Mount Vesuvius, for years the Casa Setaro winery has been committed in valorising the territory and the indigenous grape varieties of the area: Falanghina, Aglianico, Piedirosso and Caprettone. The name of the latter is inspired by the shape of the bunch, similar to a goat’s beard. For many years it was used in blend together with other vines but Massimo Setaro has believed so much in it that he has fermented it by itself, both for the Lacryma Christi Bianco, and for the “Caprett one” Brut sparkling wine. Caprettone is typical of the slopes of Vesuvius and cannot be found elsewhere, not even in Campania. It is a symbol of this territory full of charm, in the shade of the volcano. A territory with dark, loose and sandy soils, full of minerals characterising the wines, on which grow even very old vines. These are the most emblematic example of the work and future of Casa Setaro: they move upwards but have their roots deep into this unique territory.

Casa Vinicola Setaro Via Bosco del Monaco, 34 Trecase (Na) Tel. 081. 8628956 www.casasetaro.it


selezioni

Il vero gusto dell’artigianalità Educare a scelte responsabili in campo alimentare, valorizzando il territorio, la filiera corta, le competenze delle maestranze locali e aiutando i clienti a riscoprire un rapporto autentico con il commerciante di fiducia. È questa la filosofia alla base delle attività dell’azienda agricola Nava: un valore aggiunto alla qualità e alla genuinità di un’offerta di carne e salumi da scoprire

L’azienda agricola Nava nasce nel cuore della Brianza nel 1982 per offrire alla macelleria di famiglia, attiva dal 1959, prodotti di qualità, gestendo completamente la filiera che porta dall’agricoltura all’allevamento, fino alla vendita diretta. Dai circa 30 ettari di terreni che circondano l’azienda, si ottengono cereali e foraggi come paglia, fieno, bietola, crusca e mais che, sotto la supervisione di esperti agronomi, vengono miscelati per creare il corretto ed equilibrato sostentamento degli animali. A pieno regime, l’azienda ospita circa 400 capi selezionati tra le migliori razze europee da carne tra cui Limousine, Charolaise, Blonde D’Aquitaine, Piemontesi, Salers e incroci belga, allevati nel massimo rispetto delle norme sul benessere animale. Anche nel campo della salumeria, l’azienda vanta una lunga tradizione che risale agli anni ’60 con l’apertura della prima macelleria Nava. Nonostante le innovazioni tecniche nella produzione, l’azienda riesce, a distanza di anni, a mantenere intatto lo standard artigianale dei salumi prodotti, tra cui spiccano per essere i più apprezzati tra i clienti, la bresaola, i salami e le pancette. Dal 2010 è aperto inoltre, sempre all’interno dell’azienda agricola, un punto vendita che nasce dall’esigenza di offrire al pubblico, grazie al concetto di filiera corta, un rapporto più diretto e consapevole con il mondo delle carni e dei salumi. L’intento infatti non è solo quello di proporre una serie di prodotti genuini ma di educare a compiere scelte responsabili in campo alimenta-

re, valorizzando il territorio, le competenze degli artigiani del luogo e riscoprendo, grazie all’atmosfera familiare, un rapporto autentico anche nella sfera commerciale. Il contatto diretto consente al cliente di visitare l’azienda, di informarsi in prima persona sui processi che portano alla nascita dei prodotti in vendita e di ritrovare interesse nella cucina italiana, ricca dei sapori dei suoi famosi salumi e di ricette che fanno onore a ogni taglio della carne.

Azienda Agricola allevamento Nava Giuseppe Via Cremonina 5 - 20842 Zoccorino di Besana Brianza www.carnekmzero.it


selezioni

CVA Canicattì al Vinitaly 2013 La novità più in vista che segna la partecipazione al Vinitaly della grande realtà cooperativa di Canicattì è il cambiamento del nome: da Viticultori Associati a CVA Canicattì.

«La spinta al cambiamento – spiega Giovanni Greco alla guida della cantina dal 2008 – è venuta dai mercati che sempre più hanno associato i nostri vini ad una specifica zona della Sicilia. La nuova identità grafica dell’azienda e il nuovo concept delle etichette dei nostri vini rendono evidente questo intenso legame con il territorio di Canicattì. Siamo consapevoli di operare in una tra le zone vitivinicole più vocate d’Italia, per tradizione e per condizioni pedoclimatiche, e il nostro vuol essere un omaggio a questa terra». L’amore e il forte legame produttivo con questa terra unisce dal 1969, la passione di oltre 480 vignerons nel progetto produttivo di CVA Canicattì. Da oltre quarant’anni, attraverso investimenti soprattutto in campo tecnologico e organizzativo è condiviso l’obiettivo di definire un nuovo e più alto concetto di qualità vitivinicola in grado di vincere le sfide dei mercati più esigenti e globali. Gli sforzi di ogni singolo vigneron poggiano su una filosofia produttiva che ha la sua chiave di volta nell’esaltazione degli aspetti agricoli e storici di una delle aree vitivinicole più vocate della Sicilia. La Fiera di Verona sarà l’occasione per presentare in anteprima le ultime annate dei vini in commercio tutti contrassegnati da un invidiabile rapporto qualità/prezzo ma la novità è Diodoros. Questo vino prende vita da uve di Nerello Cappuccio, Nerello Mascalese e Nero d’Avola coltivate nel vigneto posto sotto il tempio di Giunione ed è il frutto di un progetto condiviso con l’ente Parco della Valle dei Templi. L’obiettivo è quello di valorizzare i vigneti storici delle Valle, un giacimento viticolo di grande interesse. Questo vino, sarà affinato per circa due anni in piccoli carati di rovere francese e sarà posto in commercio non prima del 2014. «A Verona – conclude Greco – faremo degustare ad un platea selezionata di giornalisti e opinion leader una prova di botte. Per il futuro l’obiettivo è produrre la nostra prima vendemmia tardiva, in questo senso stiamo lavorando su micro vinificazioni di Nero d’Avola». CVA Canicattì – Soc. Coop. Contrada Aquilata snc Canicattì (Ag) Tel. 0922.829371 Fax 0922.829733 info@cvacanicatti.it Posizione Vinitaly: Padiglione 2 (Sicilia) Stand 33C


selezioni

Un brindisi al futuro! Quasi 20 anni fa nasceva Bioitalia, vivace realtà il cui obiettivo era quello di rendere il biologico alla portata di tutti, l’unica strada per raggiungere risultati concreti per il nostro pianeta, la nostra salute e quella delle generazioni future. Figli di questa filosofia, e delle splendide colline beneventane, due vini di particolare pregio, il Sannio Dop Aglianico e la Falanghina del Sannio Dop

Un gruppo di imprenditori con una consolidata esperienza nel settore dell’alimentazione. E un’idea, che prende vita nel 1994: quella di unire le singole competenze e aspirazioni per fare qualcosa di veramente buono, non solo per loro, ma per tutti. Un progetto buono perché rispettoso della natura e degli animali, perché lontano dall’utilizzo di sostanze dannose per la salute, perché portato avanti in modo semplice ma con sapienza e maestria. E soprattutto buono perché biologico. È Bioitalia, azienda che oggi, grazie anche all’impiego delle più moderne tecnologie industriali, realizza prodotti di alta qualità a un prezzo giusto, entrando nelle famiglie di più di 40 paesi nel mondo. Tanti i prodotti da gustare, tra i quali ricordiamo due vini in particolare: il Sannio Dop Aglianico e la Falanghina del Sannio Dop. Il primo è un rosso vivace dal profumo intenso, con note speziate; le uve sono 100% Aglianico. Ha sapore asciutto, morbido, con sentori di viola e lampone ed è ottimo con carne, arrosti e frittate. Il secondo, 100% Falanghina,

ha colore giallo paglierino, odore intenso, fruttato e floreale insieme. Il sapore è asciutto, pieno, morbido. Ottimo con ostriche e frutti di mare, si abbina bene alle pietanze di pesce più saporite. Questi due vini biologici nascono sulle splendide colline del Sannio da uve coltivate su terreni di natura sabbioso-argillosa derivanti dalla disgregazione di arenarie, situati a 300 metri s.l.m. La giacitura è in accentuata pendenza e l’esposizione è a sud-ovest. I vigneti di 25 anni, impiantati a spalliera, con 3.300 ceppi per ettaro, sono condotti con il metodo dell’agricoltura biologica. Il processo di lavorazione non prevede aggiunta di solfiti. Sono vini che nascono dal rispetto per il territorio e dalla profonda conoscenza delle vigne. Hanno una grande personalità e trasmettono le emozioni e i profumi della natura che li ha generati. Bioitalia Loc. Isca del Mulino Buccino (Sa) www.bioitalia.it


ERA V A M I R GIO E DI P OFFERT APRILE - 1 MAG 25 PONTE

0 3 15 € 28 35

ROMA

da

LIGURIA

E Z N E R I F da

PUGLIA da

da

Primavera in B&B Ritagliati un anticipo di estate in occasione del Ponte del 25 Aprile - 1 Maggio, con una vacanza in Bed&Breakfast a prezzi primaverili!

(i prezzi si intendono a persona per notte)


9LWLFROWRUL )ULXODQL /D 'HOL]LD 6 F D 9LD 8GLQH &DVDUVD GHOOD 'HOL]LD 3RUGHQRQH ,WDOLD 7HO )D[ ZZZ ODGHOL]LD FRP LQIR#ODGHOL]LD FRP

5HLFKH $XVZDKO YRQ :HLQHQ LQ XQVHUHP *HVFKlIW 'DV *HVFKlIW LVW YRQ ELV XQG YRQ ELV JH|IIQHW


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.