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COTECHINO E LENTI

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IN VETRINA

IN VETRINA

due chiacchiere tra persone semplici

Lino Barbieri, consulente di lenti oftalmiche, è un grande esperto dell’argomento, avendo operato in aziende nazionali ed internazionali in tutto il mondo B2I, B2B, B2C. Attualmente collabora con L. O. V. oftalmica di Varese come consulente tecnico/commerciale. Uomo affabile, curioso e ironico, ci aiuta ad approfondire tematiche e problematiche legate al mondo delle lenti. linobarbieri@tin.it

Lino Barbieri

Cosa vedono gli occhi

Il primo piatto vi è piaciuto?

Mantengo la promessa, vi intrattengo con un’altra portata: approfondiamo il concetto di valore con alcune premesse, un pochino di spiegazione scientifica resa facilmente intellegibile e una conclusione ovvia che potrebbe portarvi a cambiare, anche abbastanza radicalmente, il modo di vendere un certo gruppo di lenti. Cominciamo a dire che ci sono lenti che sono praticamente identiche quale che sia il fornitore da cui le acquistiate; parlo delle monofocali finite, le cosiddette lenti stock o pronte a magazzino. Aggiungiamo anche le lenti monofocali di normale ricetta che devono essere eseguite in questo modo perché la disponibilità delle prime è limitata entro un certo campo di poteri, diciamo, ma solo per esemplificare, tra – e + 6.00 con cilindro sino a – 2.00, in alti indici potrebbe essere diverso. Curva anteriore e curva posteriore ovviamente diverse in ogni potere ma, a parità di potere, la curva anteriore (la cosiddetta curva base) probabilmente variabile tra un produttore ed un altro. Ma non è questo il punto importante. Tutte queste lenti sono costruite secondo un calcolo matematico basilare, quindi uguale per tutti, che parte dalla formula di Gullstrand:

dove P e è il potere equivalente e Da è la potenza della superficie anteriore e Dp è la potenza della superficie posteriore, s è lo spessore al centro e N l’indice di rifrazione del materiale di costruzione. D a e D p vanno espressi con lo stesso indice. Giuro sulla memoria dello zio Aldo che non riferirò altre formule che questa (per questa puntata …).

Allora dove sta il valore, nel senso: perché ci sono prezzi diversi nel mercato? Sino a vent’anni fa esistevano fabbricanti Italiani, Europei, Orientali … ora tutto viene da Cina, Tailandia e (raramente) Corea, quindi oggi la differenza non sta nel chi le ha costruite e dove le ha costruite. Invece, siccome queste lenti sono al 90% trattate (leggasi indurite e antiriflesso), ecco, qui compare una differenza; siccome il trattamento vale tanto quanto la lente o forse di più (pensate al costo di produzione di una tra le lenti più volgari, una in policarbonato che con uno stampo a figure multiple si scodella al ritmo di 10 lenti ogni 30 secondi: costo = una frazione di tallero!!) ecco che compaiono prezzi variabili. In alcuni casi il trattamento è semplicemente essenziale, in altri è un buon idrofobico, in altri un super idro-oliopolvere-ecc. repellente. Ma non solo, può essere magari garantito per un paio d’anni, a volte invece si sbriciola ad un minimo di salto termico…. Quante differenze in pochi euro….

Ma questo lo sapete, anche se mi sembrava doveroso ricordarvelo: veniamo alla vera differenza approfondendo il titolo di questa chiacchierata. Visita in studio: mettete una lente nell’occhialino di prova (o usate il vostro forottero supermega elettronicato) e cosa vedrà il paziente che viene invitato a leggere lettera per lettera l’ottotipo a 6 metri sul muro? Un bel raggio riflesso gli piomberà, debitamente deformato dalla sua ametropia, quindi mal focalizzato, sulla retina. Con opportuna correzione da voi velocemente individualizzata (e non uso questo participio passato a caso) e compensante (e non uso questo participio presente a caso), l’immagine risulterà a fuoco ed il paziente leggerà la famosa R che prima aveva preso per una P. Supponiamo che la sua ricetta sia stata individuata come una coppia di sfera + 3.50. Perfetto, fine del gioco, si passa al banco e si sceglie una bellissima montatura, una di quelle ben ampie, di moda, pensate subito a dare un indice alto così non saranno molto spesse e pesanti. “Ma che lenti mi mette? Voglio una buona lente, quelle che ho visto in TV …” Data opportuna garanzia, assicurato il cliente che avrà lenti e bustina originale, ora fategli un occhiale, ottenuto da una lente finita, e cosa succederà?

Il cliente uscirà tra una settimana dal vostro negozio, avrà ricevuto il dovuto controllo “ci vede bene adesso?” magari fatto anche in sala visita e poi, alla profferta vaga sensazione di disagio guardando in giro gli assicurerete che necessita un pochino di adattamento alla nuova ricetta. Ora i 5 “ma”: (1) Ma questo voi (forse) l’avevate messo in conto, (2) ma avevate pensato che ci potesse essere una soluzione migliore (3) ma molto più costosa, (4) ma il Cliente avrebbe potuto opinare che il preventivo fosse troppo caro, che sua cugina “da un’altra parte” aveva pagato meno della metà, (5) ma non era il caso di rischiare che se ne andasse “da un’altra parte”.

Siccome siete tutti ben istruiti ma anche smaliziati non sto a dirvi dove risiede il problema. Vi mostro qualche immaginetta che parla da sola:

Il termine astigmatismo dei raggi obliqui vi sarà sufficientemente familiare per capire a cosa voglio attribuire quella sensazione di disagio di cui sopra. La visione è un fatto dinamico, la periferia della lente viene usata (eccetto nell’occhiale da lettura) per più dell’85% del tempo d’uso e per di più non in modo stabile ma con continue variazioni di “spazzolamento” della superficie della lente. I numeri nelle figurine sono reali, non fantasie. Gli sguardi obliqui non passano per il centro ottico della lente, luogo dove si ha il percorso ortogonale del raggio visivo alla superficie della lente. Luogo quindi dove si misura il reale potere di prescrizione. Ogni altra condizione, di visione fuori centro ottico o di visione attraverso di esso ma con la lente inclinata a causa dell’assetto della montatura che ha sempre un angolo di avvolgimento o un angolo pantoscopico, se non ambedue, diverso da zero porta a sottostare ad un astigmatismo dei raggi obliqui. Vogliamo immaginare un caso peggiore? Gli (o le) avete venduto anche una montatura elegantissima, con una bella accoppiata di angoli di postura. Perfetto, sommate agli angoli di visione periferica agli angoli “nativi” della montatura ed ecco che il potere prescritto ed il potere percepito fanno a botte.… Vi ho spaventato? È quello che mi proponevo.

Concludiamo brevemente: tenete presente che buona visione significa buona postura e pochi spostamenti del capo, poca sollecitazione della cervicale. Migliore visione periferica in molte occasioni significa evitare spiacevoli conseguenze. Io guido molto, in auto e in moto. Se non avessi la visione periferica perfetta avrei messo sotto qualche pedone o avrei (per guardare una bella immagine laterale che cammina sul marciapiede) tamponato una vettura davanti a me. La lezione termina consigliandovi di tener presente che anche per una volgare monofocale la ricetta è molto meglio di una lente finita, anche nel caso in cui esistesse nel catalogo delle lenti finite: pensate che questa lente costruita di ricetta è la vera soluzione ma manca ancora un piccolo dettaglio. La ricetta deve essere una LD (sigla che sta per Lavorazione Digitale che corrisponde all’inglese Free Form, nome che fu dato dall’inventore del sistema e sarebbe un Marchio brevettato anche se lo si usa liberamente). Non la ricettina fatta con un posteriore sferico o torico, tagliata con delle patine a curva assial-simmetrica. Perché una LD può essere costruita in considerazione degli angoli nativi della montatura e degli angoli periferici che impegnano gli sguardi periferici conformemente a come la montatura viene indossata. Viene a tutti gli effetti costruita con una curva interna di superficie complessa, Individualizzata e Compensata secondo gli angoli visuali e guai a non misurarli e fornirli al laboratorio.

Il vostro fornitore avrebbe dovuto insegnarvi (ma sono sicuro che l’ha fatto, io auspicherei di fare solo da eco o da Post-It sul vostro catalogo quando scegliete la lente) che non basta passare ad una ricetta, benché per sé vi darebbe la possibilità di migliori spessori, trattamenti sofisticati ecc. ecc. Oggi, più o meno buona tutti i laboratori hanno la costruzione in Lavorazione Digitale. I disegni, eccetto che per pochi laboratori soprattutto di gruppi internazionali, sono dati da centri di sviluppo esterni in uso ai laboratori, soprattutto nazionali che non possono avere una ricerca e sviluppo interno. Ma non vogliate pensare che questo sia uno svantaggio, anzi. Il laboratorio italiano privato che si rispetti e vi propone il made in Italy, vi dà la garanzia che i suoi disegni sono stati sviluppati da primarie industrie di presenza mondiale, supercollaudati, spesso modificati sui particolari desideri del laboratorio stesso (figuratevi che un mio precedente datore di lavoro aveva persino disegni specializzati per il mondo asiatico, adatti alla loro particolare maniera di “usare la vista” e specifica conformazione fisica). Quindi la soluzione c’è ma bisogna tener conto del maggior costo contro un valore che a parer mio lo ripaga abbondantemente. Ma siete capaci di spiegarlo al Cliente? Chi di voi spende tempo sulla scelta della lente dopo ½ ora di visita in studio e magari ¾ d’ora di scelta della montatura? Se volete dare valore ed avere di ritorno consensi dovete spendere tempo e far spendere di più al Cliente. Ma veder bene è un diritto e veder bene non è solo riconoscere la R dalla P con l’occhiale di prova!

Abbiamo parlato delle monofocali, tanto per non complicare la spiegazione. Ma per le progressive cosa cambia? Qualcosa, non moltissimo ma l’orizzonte delle possibilità si apre un po’ di più. Digeritevi per ora questo secondo piatto che vi ho servito oggi. Se avete dubbi potete scrivermi, vi risponderò volentieri.

A rileggermi … torno presto. Semplicemente vostro Lino

Se questa scienza che grandi vantaggi porterà all’uomo, non servirà all’uomo per comprendere se stesso, finirà per rigirarsi contro l’uomo.

(Giordano Bruno)

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