La leggenda del lavatoio di Donego

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La leggenda del lavatoio di Donego

di

verdefronda



La leggenda del lavatoio di Donego

racconto di verdefronda


La leggenda del lavatoio di Donego Si racconta che molti, molti anni fa vivesse nel paese di Donego, sulle pendici del monte Morissolo, una giovane coppia. Lei si chiamava Viola e lui Giglio, abitavano in una modesta casetta di pietra al margine sud del paesino. La casetta era stata ricavata da una vecchia stalla ed adattata ad abitazione proprio da Giglio che di lavoro faceva il muratore e parecchie case del paese erano state costruite da lui. Viola si occupava di tutte le faccende domestiche ed in pi첫 raccoglieva e tagliava la legna che accantonava nella


piccola legnaia per utilizzarla nel fornello o per accendere il camino nella fredda stagione invernale. I due erano molto affiatati e nonostante la povertà conducevano una vita serena, piena di affetti e di piccole gioie. Una gioia piÚ grande arrivò quando Viola rimase incinta e dopo nove mesi nacque un bellissimo bambino a cui diedero il nome Ciclamino. Il bimbo cresceva fra la soddisfazione dei genitori che gli dedicavano tutta la loro attenzione e la famigliola era benvoluta da tutto il paese. Un brutto giorno Giglio, mentre era al lavoro, cadde da un muro che stava costruendo, andando a sbattere la testa proprio su una pietra sottostante. Purtroppo non ci fu nulla da fare, l'uomo rimase a terra inerte, nonostante il


pronto lavoro.

intervento

del

compagno

di

Quando Viola apprese la notizia, fu veramente un duro colpo, le crollava il mondo addosso, tutta la sua vita, il suo futuro, le sue speranze si spegnevano improvvisamente ed un grande buio invase la sua mente. Con l'aiuto e l'assistenza dei paesani, la povera donna riuscì a superare la forte crisi che l'aveva colpita e l'affetto e l'amore per il figlio Ciclamino, le diedero la forza per riprendere la vita così duramente provata. Il bimbo compiva i sei mesi di età e Viola per festeggiarlo pensò di invitare a cena alcuni vicini che l'avevano aiutata nei momenti di difficoltà. Avendo finita la legna raccolta in legnaia, scese nel bosco di castagni sottostante a


prendere una fascina di rami. Era un freddo inverno, quindi avvolse il bimbo in un grosso scialle e se lo mise al collo mentre con le mani raccoglieva il legname. Per la fatica, per il freddo e per gli stenti che logoravano da tempo il suo organismo, improvvisamente Viola si sentÏ male, fece appena in tempo a posare a terra il bimbo, avvolgendolo bene nello scialle e si accasciò accanto a lui. Il monte Morissolo, padre di tutto ciò che cresce sulle sue pendici, si commosse molto per ciò che stava accadendo ed alla vista di quel piccolo corpicino che restava solo ed infreddolito, pianse, pianse molto. Le sue lacrime formarono un piccolo rigagnolo di acqua tiepida che, sgorgando


dalla roccia, fluiva sotto il corpicino riscaldandolo nella gelida serata, quasi fosse un caldo morbido abbraccio del monte. I vicini di casa, che erano invitati alla cena, non vedendo rientrare la donna, si allarmarono e scesero nel bosco alla ricerca di Viola e del piccolo Ciclamino. Dopo aver girato per alcune ore nel buio bosco, illuminato fievolmente da piccole lanterne, finalmente trovarono i loro corpi. Per Viola non ci fu pi첫 speranza, mentre il piccolo fu trovato miracolosamente vivo, disteso su pochi ciuffi d'erba che dormiva ancora tranquillo, tutto inzuppato di acqua tiepida. Ciclamino fu subito avvolto in un giaccone, portato nella casa dei vicini, asciugato e riscaldato, Viola fu portata


nella sua piccola casetta e distesa nel letto con a fianco qualche piccolo fiorellino recuperato nel freddo inverno. L'evento fu molto sentito dalla popolazione locale e passò alla storia, arricchendosi coi colori della leggenda. Il piccolo Ciclamino fu salvato dal monte che con la sua calda sorgente lo preservò dal gelo invernale per tutta la serata. Gli abitanti tutti, poi provvidero ad offrire aiuti in beni od in danaro, alla famiglia che adottò il piccolo, finchè questi crebbe sano e robusto. Le donne del paese decisero poi di far costruire il loro lavatoio proprio in quel punto dove sorgeva l'acqua tiepida, così nelle fredde giornate invernali, scendevano dal paese per lavare i loro panni. Per generazioni si è continuato a parlare


di questo avvenimento, ora questo lavatoio non è più usato perchè con l'avvento del progresso e dell'acqua potabile in casa, nessuna donna più vi si reca ma esiste ancora e d'inverno stranamente, l'acqua è tuttora tiepida. Ultimamente, con la costruzione molto mal realizzata della nuova strada di Donego, il lavatoio è rimasto parzialmente sommerso da una frana che ne ha interrotto l'antica funzione e precluso l'accesso alla sua visita, cancellando l'emblema di questo atavico affascinante ricordo.

Fine


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Racconto di Verdefronda

Edizione 2011


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