Network In Progress #4

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INTERVISTA: Franco Zagari e la progettazione paesaggistica

RIFLESSIONI SU UN MONDO CHE CAMBIA di Giampiero Maracchi

Settembre-Ottobre2011


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Editing and graphics: Valerio Massaro Responsabile Editoriale: Stella Verin 2


Index EDITORIALE

Paesaggi del Mediterraneo

di Annalisa Calcagno Maniglio

L’ INTERVISTA

Franco Zagari

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Architettura e Paesaggio di Enrico Falqui

8th IALE WORLD CONFERENCE

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Nuovi orizzonti per l’ecologia del paesaggio di Stella Verin

ARTICOLO SCIENTIFICO

Riflessioni su un mondo che cambia

di Giampiero Maracchi

8th IALE WORLD CONFERENCE

Il progetto paesaggistico nelle prospettive internazionali dell’Ecologia del Paesaggio.

di Silvia Minichino, Chiara Serenelli

Al di là del grattacielo

di Simona Beolchi

Ripensare Manhattan:

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Metamorfosi ecologica di una metropoli di Maria Teresa Idone RECENSIONE

PAESAGGIO, LUOGO DELLA MENTE di Mariella Zoppi

PhotoStory

Cina 2011

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PhotoStory

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Hutong-Beijing

foto di Nazareno Tabbita


EDITORIALE

Paesaggi del Mediterraneo Carte e Documenti di riferimento Definizione di “zona costiera” Strategie per una nuova progettualità di Annalisa Calcagno Maniglio

Ogni volta che

ci si accinge a trattare il tema del paesaggio si avverte la necessità di chiarire il significato che gli si intende attribuire attraverso alcune premesse e considerazioni di varia utilità. E’ fondamentale fare riferimento al significato attribuito al paesaggio dai più importanti documenti nazionali e internazionali, in particolare dalla Convenzione Europea del Paesaggio e fare anche riferimento, condividendone o discutendone i contenuti, ad alcuni testi della cospicua letteratura sviluppatasi dopo la presentazione dell’importante e nota Carta approvata a Firenze nel 2000 e recepita da numerose legislazioni nazionali. Divengono certamente opportune anche le “considerazioni” sui significati attribuiti al termine paesaggio nelle riflessioni e negli approfondimenti sviluppati da alcune scuole di pensiero e sulle metodologie di studio elaborate da differenti discipline e adottate in vari contesti.

Altre considerazioni sono indispensabili di fronte alla specificità di approcci e di riconoscimento di valori associati a determinati paesaggi legati ad ambiti geografici dai particolari caratteri e peculiarità, ad antiche culture ed a processi storici: è il caso dei paesaggi mediterranei che costituiscono un’ecoregione (Turri), unica per il suo patrimonio naturale e culturale, per le sue specificità storiche e geografiche (clima, rilievi, zone temperate e tropicali) e per le sue diversità biologiche. Si è rilevato che nel trattare il tema del paesaggio è opportuno fare riferimento alla Convenzione Europea di Paesaggio, legge operante anche in Italia, dal 2006, dove il paesaggio viene definito “una parte del territorio (…) il cui aspetto è dovuto a fattori naturali ed umani e alle loro interrelazioni”, e “una componente essenziale del contesto di vita delle popolazioni espressione della diversità del loro comune patrimonio culturale e naturale” percepita dalle comunità come una risorsa, una parte integrante della loro storia, identità e cultura. I principi e gli obiettivi, sui quali si fonda la Convenzione Europea del Paesaggio sono finalizzati a preservare, valorizzare o recuperare, sul piano ambientale e culturale, i caratteri del paesaggio e le più significative identità

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Dune alla Baia dei Turchi Otranto (LE)

dei luoghi: si riferiscono alla totalità del paesaggio con l’obiettivo di adottare misure idonee alla tutela attiva, gestione e governo del paesaggio nella sua continuità, finalizzando le azioni di progettazione, pianificazione e gestione - che a vario titolo intervengono sul territorio in modi spesso conflittuali – a risultati di qualità paesistica per contribuire alla qualità della vita ed al benessere sociale della popolazione. Anche i recenti documenti UNESCO riguardanti la « conservazione dei paesaggi urbani storici » devono essere tenuti in particolare considerazione per la rinnovata attenzione che pongono al contesto paesaggistico: il paesaggio storico viene, infatti, definito « una stratificazione storica di valori culturali e naturali » che include l’ambito geografico e paesaggistico che ha generato il contesto urbano considerato e dove i valori « sono stati prodotti da una successione di culture e da un’accumulazione di tradizioni » che costituiscono una testimonianza essenziale delle

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azioni e delle aspirazioni dell’umanità attraverso i secoli in varie regioni del pianeta. La Conférence générale de l’UNESCO del 2009 raccomanda di adottare nuove azioni in materia di conservazione dei paesaggi urbani storici in quanto sono particolarmente numerosi quelli che “ont perdu leurs fonctions traditionnelles et subissent la pression du tourisme et d’autres agents de transformation. Les outils de planification et les outils juridiques mis en place ne sont pas toujours adaptés pour relever les nouveaux défis”; viene quindi sottolineata l’urgenza di individuare ed adottare « de nouveaux principes, de nouvelles approches et de nouveaux outils afin de pouvoir faire face à ces défis inédits. »

Specifiche considerazioni sul significato che

si intende attribuire al termine “paesaggio” divengono tanto più necessarie – come già osservato - quando si voglika fare riferimento al paesaggio entro uno specifico contesto geografico e storico: è questo il caso di questo


Punta Baffe Moneglia (GE)

studio in cui viene posto al centro dell’attenzione l’aggettivo “Mediterraneo” . Numerose ed articolate osservazioni riguardanti in modo specifico il paesaggio mediterraneo, hanno avuto un ruolo centrale nella Carta del Paesaggio mediterraneo, presentata a Siviglia nel giugno del 1992 per iniziativa congiunta delle regioni di Andalusia, Languedoc-Roussillon, Veneto e Toscana, nel quadro degli obiettivi del Consiglio d’Europa. E’ una Carta che ha avuto successivi approfondimenti come nella Terza Conferenza delle Regioni Mediterranee tenuta a Taormina nel 1993, questa nuova attenzione rivolta in modo specifico al paesaggio mediterraneo nasceva dalla considerazione che esso rappresenta “uno degli aspetti essenziali del quadro di vita delle popolazioni…che costituisce un valore sociale per tutti … che è divenuto attraverso la storia uno dei valori fondamentali della cultura dei popoli d’Europa e uno degli elementi dell’identità culturale europea….,che costituisce una risorsa e un patrimonio comune a tutti

gli individui e a tutte le società…” Il paesaggio mediterraneo definito nella Carta “il risultato della combinazione di aspetti naturali, culturali, storici, funzionali e visivi… segnato profondamente dall’impronta dell’uomo… prodotto di una cultura e di una vita urbana e rurale raffinata “veniva posto all’attenzione delle altre regioni mediterranee per i pericoli che lo alteravano, giorno dopo giorno, a causa dei cambiamenti avvenuti e di quelli in atto e proponeva azioni di protezione e valorizzazione per tutelarlo e valorizzarlo. La Carta approfondiva, tra l’altro, il concetto di “mediterraneità”, e cioè le particolari tematiche - geografiche ed ecologiche, storicoculturali, socio-economiche…..- iscritte nel paesaggio mediterraneo, cercando di definire i criteri identificativi della civiltà del mediterraneo, con l’obiettivo di cogliere le vocazioni storiche e culturali della realtà mediterranea, di indagare, e comprendere i meccanismi complessi e le leggi che hanno regolato e regolano la natura dinamica della sua realtà

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…non è un paesaggio, bensì innumerevoli paesaggi. Non è un mare, bensì una serie di mari... paesistica, e di promuovere studi e ricerche attinenti le diverse fenomenologie e dinamiche che ne costituiscono le peculiarità. Per trovare un approfondimento sul concetto di mediterraneità bisogna rileggere quanto scriveva con grande efficacia Fernand Braudel nel 1946 nel suo libro”La Méditerranée et le Monde méditerranéen à l’époque de Philippe II”. Lo storico francese scriveva del Mediterraneo “…non è un paesaggio, bensì innumerevoli paesaggi. Non è un mare, bensì una serie di mari. Non è una civilizzazione, bensì varie civilizzazioni ammucchiate una sull’altra. Viaggiare nel Mediterraneo è incontrare il mondo romano nel Libano, la preistoria in Sardegna, le città greche in Sicilia, la presenza araba in Spagna, l’islam turco in Iugoslavia. E’ immergersi nel profondo dei secoli fino alle costruzioni megalitiche di Malta e fino alle piramidi d’Egitto. E’ scoprire cose antichissime ancora vive, affiancate ad altre ultramoderne. Sia nel suo paesaggio fisico, sia in quello umano, quel Mediterraneo crocevia, quel Mediterraneo eteroclito, si presenta alla nostra memoria come un’immagine coerente, come un sistema nel quale tutto si ricostruisce in una unità originale…” Braudel poneva quindi a cornice ed integrazione della prospettiva storica il vasto e definito spazio geostorico mediterraneo ritenendolo la condizione necessaria per comprendere la dinamica che ha agito nei rapporti città-campagna, nei commerci, nello sviluppo economico e demografico e di conseguenza nella forma-

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zione dei paesaggi mediterranei. Quest’apertura della prospettiva storica richiede, necessariamente, una lettura interdisciplinare per comprendere come nei paesi dell’area mediterranea l’ambiente naturale abbia svolto un ruolo di grande protagonista in rapporto con l’uomo e la collettività.

Ognuno dei documenti citati,

pur con diversi obiettivi, considera il paesaggio come una risorsa, un patrimonio naturalistico-ambientale e storico-culturale da analizzare con attenzione nei valori e identità espresse nelle diverse realtà locali e regionali, evitando usi indiscriminati delle risorse; fa riferimento al paesaggio come ad un bene della collettività da conservare, valorizzare e gestire in modo corretto e duraturo, con azioni mirate, nei confronti dei suoi caratteri e valori, per ottenere uno sviluppo socio-economico sostenibile basato su di un rapporto equilibrato tra qualità dell’ambiente, attività economiche e bisogni della società.

Il paesaggio viene considerato una realtà di-

versificata e mutevole nel tempo, un processo in continua evoluzione, la risultante delle innumerevoli azioni compiute in tempi lontani e recenti dall’umanità per adattarlo alle sue esigenze. Il paesaggio è, però, contemporaneamente, anche l’esito dell’evoluzione spontanea della natura. Il paesaggio è, nella sua continuità e totalità, il “campo” nel quale si è svolta e si svolge la vicenda umana con le sue capacità alteratrici; su cui sono stratificati i rapporti e i comportamenti intervenuti tra uomo e natura; lo spazio che ha accolto le esigenze insediative, produttive, infrastrutturali e le istanze sociali, culturali, politico-amministrative delle comunità insediate. E’ un’entità complessa e diversificata, ma al tempo stesso unitaria, dove


Rigasificatore di Panigaglia (SP)

sono impressi anche gli effetti diretti e indiretti provocati dalle interazioni tra organismo naturale e società. E’ un importante campo di indagine storica di una realtà che può essere letta nella sua genesi e nella sua logica evolutiva attraverso le azioni che si sono manifestate ciclicamente nella sua unità e dimensione storica. Il paesaggio è un ricco palinsesto in cui l’eredità storica è presente nell’alternarsi di sovrapposizioni e integrazioni di strati differenti: giacimenti archeologici, monumenti, tessuti urbani ed agrari, strutture edilizie del passato ancora riconoscibili nel presente.. Il paesaggio è un organismo vivente, complesso, uno straordinario palinsesto permeato da testimonianze culturali di un passato spesso assai remoto, da segni e tracce, stratificatisi nei secoli, di eventi naturali, di usi e azioni antropiche, intervenuti anche in tempi recenti. Per continuare ad essere una risorsa, i paesaggi devono poter conservare, attraverso un’opportuna gestione, una corretta pianificazione e progettazione, i loro equilibri ecologici, le loro identità, i loro caratteri e valori, la varietà e diversità delle loro configurazioni geo-morfologiche, delle loro espressioni biologiche e delle loro manifestazioni culturali: devono poter continuare a trasmettere alle ge-

nerazioni future la memoria e la conoscenza del passato, ricorrendo ad una considerazione integrata delle cose e dei processi, in continua in evoluzione, sui quali è necessario intervenire, leggendo nel paesaggio tutte le informazioni disponibili, considerando i problemi sotto il profilo interdisciplinare e trasferendo le conoscenze individuate e valutate in azioni progettuali. Tra gli obiettivi di conservazione e di gestione dei paesaggi mediterranei la Carta del Paesaggio mediterraneo rivolge una particolare attenzione alla salvaguardia dei valori storici e rappresentativi delle civiltà passate, alla creazione di nuovi paesaggi di qualità e all’inserimento corretto delle infrastrutture turistiche e dei trasporti nei territori costieri. Riconoscendo nel turismo un “fenomeno” di particolare importanza nello sviluppo socio-economico di numerosi territori, osserva che può essere, “ causa del degrado ambientale e della perdita di identità locali” : di conseguenza, lo sviluppo “deve essere basato sul criterio della sostenibilità”, deve essere “ecologicamente sostenibile nel lungo periodo, economicamente conveniente, eticamente e socialmente equo nei riguardi delle comunità locali”. Sottolinea la necessità di attuare sempre, in favore

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del paesaggio, studi di impatto, programmi e procedure d’assetto e gestione dell’ambiente e del territorio, dando particolare rilievo alla dimensione paesaggistica e raccomandando che tutte le azioni siano essere fondate su di “un’analisi delle ricadute nei confronti del paesaggio determinate dagli interventi, dai manufatti e dalle forme di protezione progettate”. Nel perseguire l’obiettivo di individuare corrette strategie per una nuova progettualità nel paesaggio mediterraneo” ci possiamo riferire, tra i molteplici problemi esistenti, a quelli connessi al tema emergente del turismo che nei paesaggi costieri che riguarda le zone di transizione tra la terra ed il mare, e quindi a porzioni di territorio di differente ampiezza e profondità in funzione dei caratteri morfologici e ambientali della costa; a situazioni che possono variare da poche centinaia di metri ad alcuni chilometri in base alla presenza di coste alte e rocciose alternate a coste basse e sabbiose, alla loro articolazione, ed in particolare ai modi in cui la fascia costiera è stata fruita dalla popolazione, nel corso della storia. Nello studio di G..Benoit e A.Comeau, del 2005 su “Méditerranée: les perspective du Plan Bleu sur l’environnement et le développement” viene definita “zona costiera”, “l’insieme delle aree e dei territori che sono influenzati fisicamente, economicamente e socialmente da una forte interazione tra terra e mare: gli ecosistemi, le società e le economie mediterranee che sono soggette in modo predominante al mare possono essere definite anch’esse come costiere.”. Se è mancato in passato un approfondimento sul concetto di “mediterraneità”, legato alla storia e alla geografia di questo mare chiuso fra terre, è quanto mai opportuno ed urgente sviluppare oggi una riflessione sui paesaggi costieri mediterranei – secondo la visione di “zona costiera” definita dal Plan Bleu quanto mai opportuna per il nostro Paese: I paesaggi costieri mediterranei, nella varietà di situazioni espositive, conformazioni geo-

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I paesaggi costieri mediterranei... ...esprimono tutta l’importanza delle risorse e dei valori che racchiudono... morfologiche e situazioni biologiche, differenti modalità di incontro tra terra e mare, (acclività, esposizione, copertura vegetale, clima e utilizzazione antropica), nella molteplicità dei segni storici e culturali di varia natura, impressi in più o meno vaste porzioni di territori costieri da civiltà passate e presenti, di forme e modalità diverse di interventi urbani, turistici, industriali, agricoli esprimono tutta l’importanza delle risorse e dei valori che racchiudono, ma testimoniano, al tempo stesso, la diversità delle ragioni e degli interessi che li hanno generati, o denunciano i delicati problemi di compatibilità ai differenti usi di cui sono stati vittime e protagonisti; esprimono la resistenza o fragilità ecologica a mutamenti e la persistenza delle qualità visive, di fronte alle progressive trasformazioni, a volte solo apparentemente in equilibrio con l’ambiente. I territori che affacciano sul Mediterraneo, hanno in comune, nel mare, un risorsa che ha generato e genera gran parte delle loro attività, ricchezze, civiltà, commerci; di questa “risorsa comune”, si occupano dal alcuni decenni convenzioni e politiche ambientali internazionali e nazionali, accordi regionali, con l’obiettivo di gestire correttamente, pianificare in modo integrato questo patrimonio collettivo che si è considerevolmente deteriorato dopo la seconda guerra mondiale; si tratta di azioni congiunte che operano per approfondire la complessità e l’interdipendenza delle problematiche legate all’urbanizzazione costiera, per individuare preventivamente come


Portofino (Ge)

lo sfruttamento di singole risorse costiere o di parti dell’ecosistema possano generare conseguenze su altri sistemi e altre aree costiere; per individuare strategie comuni di pianificazione e di gestione integrata dell’area costiera. Nei paesaggi mediterranei, sono visibili con particolare evidenza le numerose manifestazioni legate alla forte pressione esercitata dal turismo sulla fascia costiera che ha provocato un uso abnorme e distruttivo dei valori ambientali e paesaggistici, l’impoverimento del patrimonio vegetale e delle ricchezze biologiche da parte di infrastrutture terrestri e portuali a servizio e promozione del turismo (con alberghi, villette, condomini per vacanze, stabilimenti balneari, luoghi di ritrovo e di ristorazione…), la cancellazione di secolari valori culturali legati alla vita e alle abitudini delle comunità locali, la progressiva estraniazione delle popolazioni locali dal loro territorio, la

perdita dello straordinario equilibrio tra edificato e natura nel modo di edificare, utilizzare tipologie edilizie, materiali e tecniche costruttive estranei alle tradizioni e alle produzioni locali.

Il

concetto di “sviluppo sostenibile”, più volte richiamato nel testo, è stato introdotto e discusso per la prima volta a Rio de Janeiro nel giugno 1992 in occasione della Conferenza delle Nazioni Unite sullo sviluppo per l’ambiente: si riferiva a modi di integrazione tra le esigenze della società e quelle dell’ambiente ed in particolare, ad uno sviluppo capace di rispondere alle necessità attuali senza compromettere quelle delle generazioni future ad un processo che tenesse in considerazione molteplici azioni umane di sfruttamento delle risorse con l’obiettivo di un miglioramento

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E’ stato affrontato, il problema di sviluppo compatibile con la cultura, l’identità dei luoghi e i valori riconosciuti. con il mantenimento dei processi ecologici essenziali, della diversità ecologica e delle risorse, di uno sviluppo economico capace di gestire le risorse in modo da assicurarne la conservazione per le generazioni future. della qualità della vita rispettoso della capacità di carico degli ecosistemi, Gli effetti del turismo sul paesaggio sono stati analizzati solo più avanti, nella Conferenza di Rio del 1998 dove è stato sviluppato un programma d’azione per un “turismo durevole”, e cioè per un processo di sviluppo che garantisse la sostenibilità ecologica, economica, sociale e culturale dei luoghi prescelti per il turismo senza alterare, esaurire o distruggere quelle risorse che hanno determinato la scelta dei luoghi in cui intervenire per le loro qualità- come nel caso del turismo costiero. E’ stato affrontato, il problema di sviluppo compatibile con la cultura, l’identità dei luoghi e i valori riconosciuti. con il mantenimento dei processi ecologici essenziali, della diversità ecologica e delle risorse, di uno sviluppo economico capace di gestire le risorse in modo da assicurarne la conservazione per le generazioni future. Dai programmi d’azione per un “turismo durevole”, trattati nell’importante Convegno Internazionale di Rio e dalle osservazioni svolte sul degrado del patrimonio ambientale e culturale e sulla perdita dell’identità locale del paesaggio costiero provocato dal turismo è opportuno trarre alcune considerazioni e ritornare sulle nostre “definizioni “ iniziali: il paesaggio non può essere considerato come un “oggetto” da sottoporre a processi di sviluppo, ma in quanto risorsa, bene della collettività, patrimonio naturalistico-ambientale e storico-culturale deve essere considerato un

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“soggetto” da tutelare e valorizzare in modo duraturo, con azioni mirate, nei suoi elementi e caratteri di base per uno sviluppo sostenibile, nei valori che esprime nelle diverse realtà locali e regionali evitando un suo uso indiscriminato, individuando opportune metodologie di studio interdisciplinari e integrate e idonee strategie operative per promuovere un turismo sostenibile e una conservazione attiva considerando dei paesaggi costieri mediterranei. A titolo esemplificativo possono essere indicate alcune fasi di studio che tengono in considerazioni le Azioni in favore del paesaggio indicate nella Carta del Paesaggio mediterraneo che chiedono “di sviluppare la conoscenza scientifica del paesaggio nelle diverse discipline … favorendo le ricerche pluridisciplinari, in particolare nei fondamenti ecologici del paesaggio”: A titolo esemplificativo possono essere indicate alcune fasi di studio che tengono in considerazioni le Azioni in favore del paesaggio indicate nella Carta del Paesaggio mediterraneo che chiedono “di sviluppare la conoscenza scientifica del paesaggio nelle diverse discipline (…) favorendo le ricerche pluridisciplinari, in particolare nei fondamenti ecologici del paesaggio”: una prima fase dovrebbe, quindi, avere un carattere prevalentemente conoscitivo e analitico e con il concorso di molte discipline in stretta relazione tra loro, per individuare, nelle loro diversità e peculiarità, valori, qualità e identità dei paesaggi costieri ̀ “segnati pro-


Viareggio (LU)

fondamente dall’impronta dell’uomo (…) e da valor storici e naturali (…) rappresentativi delle civiltà mediterranee”. Definire il sistema di relazioni che ne determinano gli specifici valori di integrità, peculiarità, e i pregi naturalistici, estetici, visivo-percettivi, storico-culturali. Analizzare le dinamiche evolutive prodotte dal turismo nel paesaggio costiero considerato, i processi in atto, e le pressioni di trasformazione fisica previste che possono modificare valori naturalistici, qualità e identità paesaggistiche connessi alla creazione di infrastrutture, attrezzature balneari, nautica da diporto per il turismo costiero. E’ opportuno riservare una apposita fase di lavoro per attrezzarsi metodologicamente per trarre dagli elementi che connotano il territorio costiero i punti di forza del progetto; per soddisfare, in accordo, con amministratori, operatori turistici e comunità locali, la domanda turistica evitando di danneggiare le risorse naturali e i siti storico-culturali, che rappresentano un’importante attrattiva per i turisti, e senza pregiudicare gli interessi economici e sociali della popolazione residente

Acquisita la sufficiente consapevolezza culturale del luogo è necessario, avviare, con competenza, un’azione progettuale nei confronti di quelle qualità che chiamiamo “paesaggio”. e riferendosi all’elaborazione dei dati raccolti svolgere un ruolo interpretativo e propositivo per definire alcuni possibili scenari per il futuro del paesaggio costiero, individuandone valutazioni e diagnosi in rapporto ai caratteri riconosciuti ed elaborando alcuni indirizzi, strategie e linee guida per il governo delle trasformazioni. Nel rispondere alla domanda di trasformazione dell’habitat occorre riferirsi più che al rapporto fra aree e oggetti, a relazioni fra sistemi di elementi anche fra loro eterogenei per indirizzare, positivamente gli interventi progettuali, conservativi, valorizzativi in modo da prevenire possibili danni ambientali e fattori di degrado alla risorsa paesaggio.

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PhotoStory

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Villaggio di Chongquing

foto di Stella Verin


L’ INTERVISTA

Franco Zagari Architettura e Paesaggio di Enrico Falqui

Direttore del laboratorio di ricerca in Architettura ed Ecologia del paesaggio( Lab AEP), DUPT, Facoltà di Architettura di Firenze

Franco Zagari, occupa un ruolo cardine nella cultura del progetto del paesaggio contemporaneo in Italia e all’estero, affianca l’attività progettuale alla didattica e alla ricerca teorica. “Architetto, paesaggista, vive e opera a Roma. E’ Professore ordinario di “Architettura del paesaggio” presso la Facoltà di Architettura dell’Università “Mediterranea” di Reggio Calabria, Direttore di OASI, Dipartimento di progetto per la città il paesaggio e il territorio, Coordinatore del Dottorato in “Architettura dei parchi e dei giardini e assetto del territorio” delle Università di Reggio Calabria e Napoli Federico II.” In un tuo recente saggio affermi che “il Progetto è un sistema di linguaggio che si pone in luogo e interpreta significati eterogenei tra di loro”. Tuttavia, nel territorio frammentato della città diffusa e “éparpaillée” contemporanea, la babele dei linguaggi pone seri problemi di interpretazione per la capacità di sintesi del paesaggista che si propone di adottare una strategia di ricomposizione e rigenerazione della qualità dell’ambiente urbano. Alla luce di queste considerazioni, come vedi oggi il rapporto tra Architettura della città e progettazione paesaggistica?

E’

importante smontare il rapporto deduttivo dal piano al progetto. La sperimentazione progettuale deve porsi in continua interlocuzione con la pianificazione, non certamente come una fase applicativa a posteriori. Gli strumenti urbanistici di indirizzo e quelli attuativi continuano sia

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in fase diagnostica che interpretativa a proiettarsi sul territorio con un’attitudine molto astratta, che non può che portare a procedure normative e vincolistiche inefficaci se non dannose. Un paesaggio vivo progetta e riprogetta se stesso senza tregua. Sono molti i progetti che si occupano del paesaggio, fra questi molti sono creativi, con strumenti e metodi diversi. Il progetto di paesaggio è inter pares un processo creativo fra tanti, ma utile per una sua specificità e per essere per vocazione interdisciplinare, concertato e partecipativo. E’ una missione particolare, adatta alla fenomenologia sempre più cinetica del territorio negli ultimi anni, che opera per relazioni e sistemi e non per aree e oggetti. L’ibridazione fra paesaggio e architettura è uno dei banchi di prova di un modo nuovo di definire strumenti e metodi per una maggiore qualità dell’habitat.


Il sentimento che una comunità possiede dei propri paesaggi che caratterizzano il territorio dove essa vive e si sviluppa, è sospeso tra Storia e Mito, il primo rivolto al Passato, il secondo rivolto al Futuro. Ma, nella società contemporanea, tutti gli abitanti di una Comunità, anche la più separata e distante dalle culture metropolitane, vivono immersi in una “ società liquida” che favorisce la perdita di consapevolezza delle proprie radici ed identità locali. Se la qualità della percezione paesaggistica è strettamente dipendente dal patrimonio cognitivo che una Comunità possiede del proprio territorio e del proprio patrimonio culturale, come possiamo recuperare e riattivare questa Memoria oscurata o rimossa da parte delle popolazioni locali?

La

consapevolezza del paesaggio, della sua storia come delle sue proiezioni di futuro, si verifica realmente in una comunità solo quando questa è effettivamente coinvolta nelle azioni di tutela, gestione e di valorizzazione. Nodo dirimente della maturità della democrazia di una comunità locale, il paesaggio in quanto summa di valori estetici, etici e di conoscenza è il quid in cui si fissa meglio la motivazione di appartenenza a un corpo sociale. La convenzione europea del paesaggio, che non dimentichiamolo nasce per iniziativa di comunità locali, ha avuto un ruolo fondamentale nel porre la comunità al centro della scena e nell’estendere a tutto il territorio lo statuto di paesaggio. La cultura del decentramento - mobilità individuale, residenza, telelavoro, informazione, consumo, energia - sembrerebbe esasperare tendenze individualiste della società che in parallelo è assediata da problemi di disoccupazione, impoverimento, difesa del welfare, sicurezza, integrazione di nuove etnie, così nelle politiche di piano la partecipazione è prevista, ma di solito condotta con modalità formali che non vanno oltre le canoniche osservazioni, interattività zero. Nei piani di coordinamento regionali e provinciali il quadro cognitivo comporta un enorme bagaglio analitico che non va oltre sondaggi di opinione, mentre sono istituiti osservatori, che attivano delle

procedure interessanti ma per il momento episodiche. Dalla base vengono però segnali interessanti, iniziative che potrebbero costituire auspicabili positive novità. Dopo l’approvazione della Nuova Convenzione Europea (2006), nei Paesi europei, gli itinerari culturali stanno acquisendo grande importanza per favorire la coesione sociale dei popoli e rafforzare il senso dell’identità europea, anche attraverso un processo di rifamiliarizzazione con i paesaggi che hanno strutturato sistemi territoriali ed insediativi nelle varie Regioni europee. Quale ruolo ritieni possa avere questo nuovo strumento di conoscenza, che utilizza l’antico concetto di viaggio” o “ peregrinatio” per sfuggire all’omologazione dei luoghi e dei saperi che caratterizza la società globalizzata contemporanea?

Sono convinto che i nuovi canoni della “città

non città” contemporanea consistano in una dialettica fra flussi, attività e comportamenti in rete, interattivi e al tempo stesso conflittuali, e che qui si giochi la partita fra locale e globale, e si sperimentino le nuove dinamiche di inurbamento, fra le quali pulsano quelle delle comunità multietniche (Castells). I percorsi in un territorio, grandi infrastrutture come mobilità dolce, dovrebbero sempre essere vissuti anche, soprattutto, come “itinerari di visita”, una rete vitale per fruire e riscoprire la città, una “porta intelligente” di accesso ai luoghi che attraversano utenti con molti stato d’animo possibili, di semplice trasferimento o di curiosità di conoscere il luogo. Ecco un miracolo, il nastro di asfalto diventa come l’ala di un museo, un percorso – Louvre. Potremo percorrerla assorti nei nostri pensieri o aprirci a un incontro, sentire il bisogno di informarci, ed ecco subito disponibili mille informazioni di una enciclopedia aperta di quel luogo, aperta anche a un nostro contributo … E’ da qui che dobbiamo partire, ritrovare le ragioni di caravanserragli e itinerari di visita …

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PhotoStory

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Tien Tan Temple

foto di Nazareno Tabbita


8th IALE WORLD CONFERENCE

Nuovi orizzonti per l’ecologia del paesaggio di Stella Verin

Architetto

E’ ormai noto ai più come la Cina sia dive-

nuta il paese con lo sviluppo economico più veloce al mondo e si stia sempre più affermando quale potenza ecomomica mondiale. Nessuna altra nazione in via di sviluppo può vantare una società che in così poco tempo sia partita da una fase di sviluppo agricolo preindustriale, con due terzi della popolazione in condizioni di povertà ed indigenza, per raggiungere una fase di sviluppo e produzione di tali livelli, divenendo il primo maggiore esportatore ed il primo più grande importatore di merci al mondo, con un incremento dinamico costante del benessere della popolazione. Fatte queste considerazioni il lettore non può non domandarsi quali siano le conseguenze che un tale ipersviluppo porta con sè e quali problemi esso possa creare. Tutto questo è stato raggiunto a scapito delle risorse naturali, con notevoli diminuzioni del benessere ambientale e ripercussioni sulla salute degli abitanti e sull’assetto biologico e culturale dei suoi paesaggi. E’ proprio per dibattere su queste tematiche, e molte altre strettamente connesse, che dal 18 al 23 Agosto si è tenuta a Beijing l’ottava edizione del World Congress of the International Association for Landscape Ecology (IALE),

al quale hanno partecipato i maggiori esperti e studiosi di tale materia a livello mondiale. Il convegno che viene organizato dalla IALE ogni quattro anni, è una opportunità di confronto per gli scenziati di tutte le nazioni, un momento di scambio che punta ad individuare le sfide per la conservazione dell’ambiente che tutti i paesi, specialmente quelli in via di sviluppo, potranno affronare negli anni a venire. Zev Naveh (Faculty of Civil and Enviromental Engineering, Technion, Isdrael Institute of Technology) nell’introduzione alle giornate sottolinea l’importanza del fatto che il conve-

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gno si sia svolto in Cina, a Beijing, vedendola come una opportunità per uno scambio di conoscenze tra l’Occidente e l’Oriente. Durante il convegno è stato sottolineato a più riprese come la Cina si trovi oggi a dover prendere una fondamentale decisione essendo ad un bivio tra sviluppo sostenibile e sviluppo non sostenibile, come abbia ancora l’opportunità di percorrere nuove strade rispetto a quelle già percorse dal mondo Occidentale e di prevenire alcuni errori di impostazione. La Cina così come tutte le nazioni asiatiche non dovredde, secondo lo studioso, accettare acriticamente le scelte che a suo tempo fecero la maggior parte della popolazioni occidentali di perseguire solo finalità economiche basate su vaolori materialistici e incremento della produttività, vedendo lo sviluppo solo come crescita economica e non come miglioramento del benessere delle popolazioni. La Cina ha ancora l’opportunità di creare e diffondere la sua idea di sviluppo sostenibile che potrebbe essere basata su visioni autentiche ed indigene di valori naturali e culturali e sulle sue antiche tradizioni.

Durante le giornate di congresso si è an-

dato delineando come l’ecologia del paesaggio giochi un ruolo sempre più rilevante nel panorama generale delle discipline, e quanto sia vasto il suo campo di applicazione. Una notazione che pare evidente anche solo se si scorrono gli interventi della sessione plenaria, e che viene espressamente denunciato

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dall’intervento di apertura, affidato proprio al padre dell’ecologia del paesaggio, ovvero Richard Forman della Harvard University, USA. Forman passa in rassegna alcuni importanti ambiti di intervento con cui l’uomo trasforma il territorio, mettendo in evidenza proprio quanto i principi e le teorie dell’ecologia del paesaggio siano penetrati profondamente in ciascuno di essi, e abbiano cambiato il nostro modo di rapportarci con il contesto in cui viviamo. Emerge così l’attenzione per la biodiversità e la conservazione del suolo in selvicoltura, per la connessione degli habitat e la riduzione degli effetti-barriera nei progetti di infrastruttura, e poi l’importanza della diversità biologica nei progetti di architettura del paesaggio, delle reti ecologiche fino ad arrivare alla pianificazione urbana. In rapida sequenza si sono poi succeduti alcuni approfondimenti, un primo intervento ha riguardato il rapporto tra pianificazione ed ecologia del paesaggio attraverso la chiave dei landscape services come collegamento tra il sistema paesaggio e il soddisfacimento dei bisogni da parte dell’uomo, descrivendo un modello socio ecologico (Paul Opdam, Wageningen UR, The Netherlands); poi è stata la volta delle applicazioni dell’ecologia del paesaggio in ambito urbano (Jianguo Wu, Arizona State University, USA); e infine uno sguardo sull’ecological design che prende in considerazione il rapporto tra scienze ambientali e scienze umane e sociali, cercando di indagare le connessioni tra ecosistema


Richard Forman at the 8th IALE World Congress

e valori culturali attraverso la percezione del paesaggio, e come tutto questo si trasferisce nell’azione progettuale (Joan Iverson Nassauer, University of Michigan, USA). In maniera più articolata questi aspetti sono stati sviluppati all’interno delle molte sessioni tematiche parallele che hanno scandito le giornate di lavoro del convegno, le cui parole chiave sono state sostenibilità, sviluppo locale, cambiamenti climatici, biodiversità, aree protette, pianificazione urbana, diversità biculturale, paesaggio sacro, paesaggio culturale, storia.

Le

relazioni presentate hanno declinato queste tematiche calandone i presupposti teorici in interessanti applicazioni di ricerca, un prezioso materiale che fotografa quali sono gli indirizzi dei più importanti istituti a livello mondiale, e che possono orientare gli attuali canali di ricerca. In ogni caso dai giorni di congresso è emerso che l’ecologia del paesaggio si configura come un possibile strumento per il conseguimento per la progettazioene di un ambiente sostenibile in cui sia la natura che l’uomo possano convivere e giocare un ruolo fonda-

mentale; a questo scopo infatti l’ecologia del paesaggio negli ultimi anni ha fatto grandi passi avanti cambiando la sua scala applicativa che è divenuta da locale a globale, ma sopratutto cambiando il suo campo di applicazione da ambienti e ecosistemi incontaminati a sistemi corrotti, cercando di offrire soluzioni di comprensione e gestione di tali ambienti. E’emersa l’ esigenza di preservare i valori che un territorio e un paesaggio portano con sè, vaolori di tipo naturalistico ed ambientale, ma anche storico e culturale; l’ecologia del paesaggio si può configurare in quest’ottica come una disciplina fondamentale, atta ad individuare e preservare tali valori attraverso la sua attenzione allo studio delle relazioni, relazioni tra cultura e natura e rapporto tra uomo e ambiente.

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PhotoStory

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foto di Nazareno Tabbita


ARTICOLO SCIENTIFICO

Riflessioni su un mondo che cambia di Giampiero Maracchi

Ordinario di Climatologia- Università di Firenze

Premessa

Un analisi della storia della umanità nelle sue varie vicende

attraverso lo spazio ed il tempo ci insegna che questa è caratterizzata da fasi che si succedono e che contengono in sé le premesse per le epoche seguenti . Grandi civiltà come quella egizia o quella greca , grandi imperi come quello romano si sono succeduti , altri popoli sono arrivati , sono stati contaminati dalle civiltà precedenti , dando luogo poi ad altre civiltà . La nostra epoca non si discosta da questo schema essendo il derivato del pensiero greco combinato con il pensiero sociale del cristianesimo e con i principi del diritto romano , e attraverso i filosofi , gli artisti e i mercanti del rinascimento ha dato luogo alla rivoluzione scientifica , industriale e politica del mondo moderno. Se è vero l’assunto che nessuna civiltà è stabile all’infinito ma tende a trasformarsi in una dinamica continua dentro la quale è in ogni caso possibile individuare dei periodi , la civiltà industriale come l’abbiamo conosciuta tenderà a trasformarsi in qualcosa di diverso . Naturalmente vi sono due componenti di fondo che condizionano la dinamica storica , una è rappresentato dalle componenti della natura umana la cui espressione cambia con la storia ma che rimangono comunque abbastanza costanti l’altra è rappresentata dalle risorse naturali del pianeta che sono finite e come tali rappresentano un limite con cui bisogna fare i conti. L’uomo nella sua sostanza biologica è condizionato da una serie di stimoli , che vanno da quello della sopravvivenza all’essere un animale sociale , stimoli che si trasformano in una serie di comportamenti che richiedono una regolamentazione attraverso gli strumenti del diritto e della politica . Di questo

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non hanno tenuto conto sia le correnti di pensiero marxista sia quella liberale , la prima infatti ha sottovalutato il peso della componente legata all’interesse individuale mentre la seconda lo ha sopravalutato con la conseguenza che alcuni fondamenti della civiltà occidentale del XIX e XX secolo appaiono richiedere oggi una revisione. L’ altro aspetto quello delle risorse del pianeta è messo in discussione dalla crescita della popolazione mondiale innescata dai successi della rivoluzione tecnologica che ha trasceso l’equilibrato rapporto fra popolazione e risorse. Oggi dai numerosi segnali che si possono avvertire nei vari campi dell’attività umana sembra che i segnali di un declino comincino ad essere sempre più evidenti e pertanto è necessario avviare una riflessione che permetta di passare ad una nuova civiltà senza passare attraverso quei passaggi quasi obbligati che hanno visto le transizioni nel passato da una civiltà ad un altra attraverso periodi di grandi sconvolgimenti politici , economici e sociali e spesso purtroppo attraverso guerre sanguinose. Ad evitare tali fatti negativi e con fiducia nelle capacità della ragione umana di risolvere i problemi è opportuno cominciare ad effettuare una analisi dei segnali che si cominciano a vedere. Infatti se si analizza la situazione mondiale a partire dagli anni 80 si cominciano a individuare una serie di segnali che nel loro insieme sembrano dimostrare che questa era di transizione è già cominciata.

I segnali ambientali

Tra i meccanismi globali che condizionano la distribuzione

degli ecosistemi sul pianeta , la loro produttività e il loro possibile utilizzo da parte dell’uomo il clima è forse quello più evidente perché agisce ad una scala che trascende i limiti dei singoli paesi e condiziona numerose attività umane dall’agricoltura ai trasporti , dall’edilizia all’alimentazione , dalle esigenze energetiche alla salute. I dati che oggi abbiamo grazie a tecnologie come i satelliti che permettono di controllare tutta la superficie del pianeta permettono di fare un quadro abbastanza chiaro dei processi in atto. Il primo dato evidente è l’incremento della anidride carbonica nell’atmosfera . Tale incremento ha fatto passare il contenuto dell’atmosfera dalle 290 ppm di concentrazione della fine del XIX secolo alle attuali 380 ppm . Se si pensa che negli ultimi 400.000 anni , dai dati paleo climatici e geologici che

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oggi siamo in grado di raccogliere è stata nell’intervallo compreso fra evidente che la variazione di quasi rappresenta un segnale macroscopico umana sull’atmosfera.

, la variazione di CO2 220 ppm e 290 ppm è 100 ppm in 100 anni degli effetti dell’attività

ANOMALIE ENERGETICHE Dal 1979 al 2001

Fig. 1 Aumento della anidride carbonica nell’atmosfera ed aumento della temperatura terrestre a causa dell’effetto serra .

ONDE LUNGHE EMESSE DALLA TERRA

Tale aumento aumentando la forzante radiativa del sistema Sole - Terra sta determinando il progressivo riscaldamento degli oceani che sono una componente fondamentale della macchina del clima . Modifica del contenuto energetico (W.year/m2) degli oceani 1993-2003

Fig. 2 Aumento dell’energia contenuta dagli oceani

Source: NASA's Goddard Institute for Space Studies

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Tale aumento ha conseguenze sui meccanismi della circolazione generale dell’atmosfera dilatando la fascia tropicale ed allungando la cella di Hadley che costituisce una delle principali componenti di tale circolazione. Fig. 3 Modifiche della cella di Hadley in estensione ed intensità.

Mass streamfunction [1E10 kg/s] (NCEP/NCAR Reanalysis 19711971-2002)

La circolazione dell’emisfero Nord è più intensa rispetto alla media zonale Inverno Bacino del Congo => circolazione anomala all’Equatore

Estate La cella di Hadley si estende fino a 45°N (Mediterraneo) Meccanismi di Charney => intensità anomala della cella di Hadley (CNR IBIMET)

D’altra parte la maggiore intensità dei fenomeni meteorologici in connessione con la temperatura di superficie degli oceani è messo in evidenza da alcuni indici come ad esempio il Power Dissipation Index correlato con la intensità degli uragani. Cambiamenti Climatici

Correlazione tra temperatura superficiale del mare e intensità annuale dei cicloni

PDI (Power Dissipation Index ) Energia accumulata dal vento nei cicloni su base annuale

MunichRE 2006 “Hurricanes – More intense, more frequent, more expensive

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Fig.4 Aumento nella intensità del Power Dissipation Index


Le conseguenze della modifica di questi meccanismi si cominciano a vedere concretamente a partire dai primi anni 90 in tutto il mondo in particolare con l’aumento dei fenomeni meteorologici estremi . I dati delle compagnie di riassicurazione come la Munich – Re mettono in evidenza le conseguenze che si concretizzano in un aumento degli indennizzi per i danni causati da questi fenomeni che sono di circa 6 volte la media degli anni 60 – 90. Fig.5 Stima dei danni economici dovuti ad eventi estremi (1950 – 2005)

I segnali concernenti le risorse naturali La popolazione mondiale è pressoché raddoppiata negli ultimi quaranta anni e attualmente la disponibilità di terreno agricolo per abitante è dell’ordine di 2500 m2. Se combiniamo questo numero con un indice composto che evidenzia la capacità del pianeta di supportare le attività umane vediamo che siamo già a partire dagli anni 80 fuori dai valori ritenuti sostenibili.

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La terra disponibile per persona diminuisce

Fig. 5 Superficie agricola disponibile pro capite (dati FAO)

Fig. 6 . Indice di utilizzazione delle risorse naturali

Tale progressivo declino della capacità di produzione alimentare del pianeta è messo in evidenza dalla curva del rapporto produzione di cereali / popolazione. Se infatti la produzione di cereali nel pianeta è stata progressivamente in crescita negli ultimi trenta anni , pure non è riuscita a seguire la crescita della popolazione mondiale con il risultato che il rapporto frumento popolazione sta declinando .

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La produzione pro capite di cereali diminuisce

Fig.7 Rapporto fra produzione di cereali e popolazione (dati FAO)

D’altra parte la crisi del modello di produzione e di consumo è messo in evidenza da alcuni indicatori come ad esempio la produzione di rifiuti . Il ciclo geobiochimico delle sostanze minerali ed organiche in natura rappresenta un processo fondamentale dell’equilibrio degli ecosistemi e la sua modifica comporta seri problemi all’ambiente che non riesce a metabolizzare molecole come quelle dei polimeri delle sostanze plastiche che provengono dal petrolio. La produzione di rifiuti infatti è aumentata esponenzialmente negli ultimi quaranta anni siamo infatti a 600 Kg a testa all’anno nella U.E. e 800 Kg negli USA. Solo per l’imballaggio ed il confezionamento alimentare nella U.E. siamo a 175 Kg a testa che confrontato con il consumo annuo di pane che è dell’ordine di 100 Kg a testa mette in evidenza come il modello di consumi adottato sia del tutto irrazionale . Consumiamo più imballaggi di quanto mangiamo !! Ma anche la composizione della dieta alimentare ha conseguenze a lungo andare sull’ambiente infatti l’accresciuto uso di carne ha conseguenza nell’uso dell’acqua dal momento che per produrre 1 kg di frumento sono necessari 1500 litri d’acqua mentre per produrre 1 Kg di carne ne sono necessari 15000 cioè 15 volte di più . Tra le risorse che stiamo consumando maggiormente vi sono i combustibili fossili che sono inoltre i maggiori responsabili dell’impatto sul clima . Nel 2009 consumiamo pressoché il doppio di quanto consumavamo nel 1998. Una parte dei

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maggiori consumi è certamente da imputarsi ai paesi in fase di transizione ed in particolare a Cina ed India ma se guardiamo i dati dell ‘ U.E. l’andamento è sostanzialmente lo stesso , in gran parte dovuto ai meccanismi della globalizzazione che come prima cosa fanno aumentare a dismisura i trasporti internazionali ed il movimento passeggeri. Fig.8 Tendenza nei consumi di energia

Utilizziamo troppi combustibili fossili

Past emissions base year-2003

Domanda mondiale di energia primaria 24%

Transport -19%

Industrial processes Agriculture

-10%

Projections with existing measures base year-2010

-3%

Energy excl. transport

HYDROGEN

31%

Transport Industrial processes

-4% -13%

Agriculture Waste -52%

-9%

Projections with additional measures base year-2010

Energy excl. transport

PETROLIO, GAS E CARBONE RAGGIUNGERANNO L’83% DELLA DOMANDA DI ENERGIA PRIMARIA MONDIALE DA ORA AL 2030

2003

Energy use excluding transport 60.3%

Transport 20.9%

-32%

Waste

NUCLEAR

Waste Agriculture 2.3% Solvents / Other 9.9% 0.2% Industrial processes 6.3%

-3%

Energy excl. transport

22%

Transport Industrial processes

-20%

Agriculture

-15%

Waste -53% -60%

-40%

-20%

0%

20%

40%

Scenari di emissione per settore

I dati sull’aumento dei trasporti nel nostro paese mettono in evidenza che questi sono aumentati di 6 volte circa rispetto agli anni 80 e uguale tendenza si verifica negli altri paesi della U.E. Fig.9 Tendenza negli usi di energia in Italia.

L’ energia per i trasporti in Italia aumenta di 6 volte 230 180 130 80 30 -20

2005

2003

2001

usi civili

1999

1997

trasporti

1995

1993

1991

30

1989

1987

1985

1983

1981

1979

1977

1975

1973

1971

industria e agricoltura


I segnali relativi agli indicatori di benessere La misura della performance dei sistemi economici è stata effettuata nel secolo scorso ed anche attualmente attraverso il PIL - Prodotto Interno Lordo ed essendo la base del sistema economico in atto basata sulla crescita , questo ha effettuato la sua funzione ragionevolmente bene. Il quesito che si pone attualmente è se la crescita può continuare in modo indefinito o se , in modo graduale , non sia necessario passare ad un regime stazionario. Gli economisti negli ultimi due decenni si sono posti questo problema ed alcuni di essi hanno messo a punto altri indicatori che non siano come il PIL legati solo ai flussi finanziari ma che prendano in considerazione altri aspetti della vita dell’uomo come ad esempio le aspettative per il futuro in termini di occupazione per sé e per i propri figli la speranza in una condizione di vita migliore ,la disponibilità di tempo libero , etc Tra questi gli economisti hanno messo a punto un indice il GPI - Genuine Progress Index – Indice di Progresso vero , che prende in considerazione questi elementi. Se si confronta il PIL con il GPI si vede che quest’ultimo a partire dagli anni 80 comincia a declinare . Andando ad analizzare i trend di alcuni parametri singoli relativi agli aspetti più rilevanti del lavoro quali il reddito e l’occupazione ci si rende conto come anche questi seguano lo stesso andamento.

IL reddito procapite diminuisce

Fig. 10 Tendenza del reddito procapite

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La disoccupazione aumenta

Fig.11 Tendenza della occupazione

Se insieme a questi indicatori ne analizziamo altri che rappresentano la base del sistema economico vediamo che il risparmio su cui si basa la formazione della ricchezza che viene poi redistribuita dalle banche al sistema produttivo questo tende a diminuire in modo drastico in tutto il mondo occidentale mettendo in serio pericolo il modello stesso.

IL risparmio diminuisce drasticamente

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Fig. 12 Tendenza del risparmio


E’ un fenomeno diffuso nei paesi industrializzati

A questi aspetti che fanno temere per la tenuta del modello economico dell’ultimo secolo si aggiungono segnali che vengo dal mondo della finanza che sembrano confermare che ci troviamo di fronte ad una transizione verso un sistema diverso. Ad esempio il rapporto tra il valore delle azioni e l’ oro tende a crescere cioè la corrispondenza fra valori finanziari e beni reali sembra divenire sempre più labile e nello stesso tempo la corrispondenza fra finanza ed economia diviene sempre più labile se guardiamo alla grande rapidità con la quale le azioni cambiano di proprietà che sembra confermare un atteggiamento speculativo della finanza piuttosto che un atteggiamento di prudente investimento.

IL rapporto prezzo azioni/oro aumenta

Fig.13 Tendenza del risparmio nei paesi della U.E

Fig.14 Tendenza del rapporto prezzo azioni /prezzo dell’oro

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La finanza diventa speculazione

L’insieme di questi indicatori sembrerebbe mettere in evidenza che siamo in presenza ad un passaggio da un modello classico della economia in cui il lavoro e le conoscenze applicate ai materiali creavano valore aggiunto che si traduceva in ricchezza la quale attraverso il risparmio andava a formare il capitale a disposizione delle imprese ad un sistema in cui l’attività prevalente nei paesi occidentali diventa il commercio il cui reddito viene investito nella finanza che a sua volta produce attraverso una serie di prodotti spesso di difficile comprensione per gli investitori in nuova finanza . Se la breve ed incompleta analisi effettuata è vera le implicazioni sono molteplici e preoccupanti , infatti ci stiamo avviando verso un sistema in cui le economie occidentali delegano la produzione a paesi terzi la cui storia politica è assai diversa da quella occidentale e la cui affidabilità pertanto è incerta , errore già fatto per l’approvigionamento in petrolio che ha causato cosi’ tante instabilità politiche ed anche alcune guerre . La prima conseguenza è l’aumento della disoccupazione ed insieme a questo la perdita nella capacità di “ saper fare” che è stata alla base della cultura occidentale degli ultimi duemila anni. Viene spontaneamente la domanda , perché si sono verificati questi fenomeni ? Relativamente ai segnali ambientali perché abbiamo alterato gli equilibri naturali del pianeta modificando in modo macroscopico i flussi di materia e di energia che ne sono la base .

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Fig.15 Tempo medio di possesso di un azione .


Relativamente agli aspetti economici e di conseguenza politici e sociali , perché abbiamo lasciato unicamente al mercato il compito di regolare il rapporto con l’ambiente e con la produzione di beni e servizi ed inoltre abbiamo esteso i principi di una economia che si riferiva ad alcune centinaia di milioni di persone ad alcune miliardi di persone rendendo così il modello insostenibile sia per l’ambiente che per l’economia . Certamente bisogna dire che il modello di società industriale basato sulla ricerca scientifica , le tecnologie e l’economia di mercato ha avuto indubbi pregi migliorando le condizioni di vita di larghi strati della popolazione nei paesi industrializzati ma la sua progressiva radicalizzazione tutta volta ad aumentare artificialmente i consumi al di là del soddisfacimento dei bisogni primari solo allo scopo di alimentare la crescita , ne ha snaturato lo spirito iniziale . Lo mette bene il evidenza l’enciclica “ Caritas in veritate “ di Papa Benedetto XVI che mette in guardia sugli effetti sociali ed ambientali di una crescita che perde di vista l’obiettivo ultimo dello sviluppo che è rappresentato dal progresso dell’uomo e non solo dalla crescita economica fine a se stessa . Da questo punto di vista una riflessione ed un confronto con la società rurale che pure era carente dal punto di vista del benessere materiale ma ricca di valori legati all’ uomo ed al suo rapporto con la natura , sarebbe auspicabile al fine di combinare gli aspetti positivi di tali modelli per un futuro progresso. Poiché modificare un assetto per la cui costruzione sono stati necessari alcuni secoli in tempi brevi non è cosa facile se non a rischio di tragici eventi ci si deve chiedere se non sia possibile affiancare l’attuale modello di economia “pesante” con un modello di economia “leggero “. Intendo con il termine di economia “pesante “ un sistema economico guidato dal mercato , basato sulla concentrazione di capitali e sulla grande impresa che richiede per sopravvivere un sistema commerciale accentrato nelle catene di distribuzione , che tende con decisioni di vertice a spostare continuamente la produzione laddove le condizioni salariali sono più favorevoli . Ciò comporta la perdita di posti di lavoro e lo spostamento della occupazione , ammesso che vi sia per tutti , verso attività meno qualificate ed in particolare verso i servizi commerciali e inoltre impatti ambientali assai pesanti a causa soprattutto dei trasporti. A fronte di questo modello è possibile immaginare invece un modello “leggero “ in cui capitali ed imprese siano di dimensioni minori ancorate ai territori di appartenenza con conseguenze positive sull’occupazione e sulla tutela dell’ambiente.

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Economia “pesante” ( mercato ) Sistema concentrazione produttivo capitali e imprese Distributivo

concentrato

(centri commerciali )

Politico

Occupazionale

Sociale Ambientale e delle risorse

decisioni di vertice

Economia “leggera” (mercato/bisogni) distribuzione capitali e imprese distribuito decisioni a livello locale

Delocalizzazione/ Disoccupazione 2 classi

Occupazione

Impatti globali

Impatti locali risorse locali

(ricchissimi/poveri)

Fig.16 Schema di economia “pesante “ e “leggera”

+ classi

differenziate

Il perno fra queste due economie differenziate anche in funzione delle categorie merceologiche di produzione potrebbe essere rappresentato dalla politica dei prezzi. e della qualità dei prodotti .L’orientamento infatti dei consumatori non può basarsi esclusivamente su principi di carattere etico o morale ma deve in qualche modo toccare gli interessi individuali tenendo presente le capacità di spesa dei singoli. Gli economisti hanno da tempo, in particolare per quanto riguarda gli aspetti ambientali, introdotto il concetto di “ esternalizzazione “ cioè della applicazione sui prezzi della differenza fra i costi di produzione di un singolo prodotto e quelli sociali sostenuti dalla collettività. Fig. 17 . Costi sociali indotti dalle esternalità negative.

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Non possiamo nasconderci

come il calcolo delle esternalità è senza dubbio un esercizio assai complesso tale per cui dalla enunciazione teorica che data ormai alcune diecine di anni non si sia mai passati a proposte concrete ma bisogna anche dire che un sistema come questo od altro che abbia gli stessi obiettivi , richiede un primato della politica sulla economia , che negli ultimi decenni si è sempre più perduto , tanto che i risultati della politica dei governi di destra o di sinistra in tutto il mondo non differiscono sostanzialmente in termini di strategie di medio –lungo periodo. In questo contesto della revisione di un modello economico che deve oggi rispondere ad una serie di esigenze che non si evidenziavano quaranta anni fa il , ruolo della agricoltura diventa nuovamente fondamentale per una serie di ragioni . La prima è che l’agricoltura è l’unica tecnologia messa in piedi dall’uomo che utilizza la energia solare attraverso la produzione di biomassa senza effetti sull’atmosfera ove si usino le pratiche adatte e con prodotti che sono completamente biodegradabili. Basti ricordare che nelle civiltà del passato l’agricoltura produceva non solo le derrate alimentari ma anche tutti i materiali che venivano usati nella vita quotidiana , dai contenitori fatti di materiali intrecciati alle fibre tessili per l’abbigliamento e l’arredamento . Anche oggi seppur con tecnologie e conoscenze più avanzate potremmo valutare l’opportunità in termini di sostenibilità ambientale di ricorrere alla produzione agricola ed industriale congiunte per sostituire una serie di materiali di sintesi che creano numerosissimi problemi senza per questo ovviamente mettere in crisi la produzione alimentare che a causa della popolazione cresciuta richiede quantità sempre crescenti di derrate.

Un secondo effetto della agricoltura è che intorno ad essa è

possibile costruire una “ società rurale “ che laddove fosse il punto di incontro della attività dell’agricoltura e delle piccole e medie industrie , potrebbe dare una risposta alla tendenza in tutto il mondo ad ammassare milioni e milioni di persone nei centri urbani con conseguenze assai negative sia in termini sociali , le megalopoli diventano ammassi indifferenziati di dormitori nei quali si perde qualunque dignità umana , sia in termini di controllo delle attività criminali che ben si sviluppano nei grandi centri urbani , sia in termini di fragilità del tessuto urbano , basta che manchi la corrente elettrica per un lungo periodo in una grande città che il risultato è peggiore di una catastrofe naturale.

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Una

terza ragione è una minor vulnerabilità delle società rurali rispetto a quelle urbane in cui gli abitanti dipendono per ogni necessità dal sistema dei trasporti e da una gestione efficiente dei servizi . Basti pensare ad esempio come nelle società rurale l’uso di energie rinnovabili a partire da eolico e solare fino alle biomasse forestali per uso famigliare potrebbe solo in Italia , essendo attualmente il 25 % della popolazione in aree rurali , corrispondere alla quota del 20 % indicata dalla U.E. per il 2020. Insomma un maggior equilibrio fra la società urbana e quella rurale potrebbe essere una soluzione a numerosi problemi che nascono dalla urbanizzazione eccessiva della popolazione. Per concludere , i segnali di declino che sembrano intravedersi in numerosi aspetti della vita e del funzionamento delle società sviluppate , sembrano richiedere da parte di tutte le componenti della società una visione d’insieme che porti a costruire un nuovo modello. Diceva Sir Francis Bacon alla metà del 500 quando filosofi , artisti ed uomini di governo iniziavano a mettere le fondamenta per quello che sarà poi alcuni secoli più tardi il mondo moderno : “ Le cose se vengono lasciate andare spontaneamente per il loro verso tendono a peggiorare , perché vadano per il meglio devono essere governate ; chi non applica nuovi rimedi si può aspettare nuove catastrofi , chi lo fa , per il suo tempo , può essere considerato un innovatore” . Forse è in questa ottica che bisogna guardare al futuro cercando di riunire tutti coloro che non guardano soltanto al proprio interesse immediato ma che sentono la responsabilità di costruire per il futuro. Bibliografia Dalu G.A. , Gaetani M , Pielke R.A , Baldi M. Maracchi G. Regional Variability of ITCZ and of Hadley Cell . Geophysical Research Abstract . Vol 6 . 2004 Global Trend 2015 . A dialogue about the future with non governments experts. www. au.af.mil G.Maracchi , F.Vaccari . 2006 . I cambiamenti del clima e la sostenibilità del pianeta. Ed.Procom Maracchi G, Sirotenco O, Bindi M. Impacts of present and future climate variability on agruculture and forestry 2005 . Climatic Change 70 : 117- 135 Maracchi G. Tessile e sostenibilità , in : Atti Seminario Museo del Costume di Palazzo Pitti. 2009 . Osservatorio dei Mestieri d’arte.

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PhotoStory

Grande Muraglia

foto di Nazareno Tabbita

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PhotoStory

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Buddha Temple, Shanghai

foto di Nazareno Tabbita


8th IALE WORLD CONFERENCE

Il progetto paesaggistico nelle prospettive internazionali dell’Ecologia del Paesaggio. di Silvia Minichino*, Chiara Serenelli*

L’ottavo

World Congress of the International Association for Landscape Ecology (IALE), che si è tenuto a Pechino dal 18-23 Agosto 2011, ha dedicato un’ intera sessione all’approccio europeo al paesaggio. Il simposio è stato promosso da Landscape Europe (Network of Expertise on Landscape) ed organizzato da Veerle Van Eetvelde, Emilio Padoa-Schioppa ed Elena Gissi, con lo scopo di ragionare sul paradigma di paesaggio che l’Europa propone. Questo momento di riflessione comune in ambito internazionale era avvenuto anche nel sesto congresso dalla IALE a Darwin, Australia, nel Luglio del 2003, con la chiara intensione di fare il punto sulle riflessioni in questo ambito. L’appuntamento riservato a questo tema costituisce un momento importante per comprendere quali siano gli orientamenti problematici. La proposta del simposio “Bridging Science andAction in Landscape Ecology: the European Approach”, riguarda le modalità attraverso le quali portare i valori del paesaggio all’interno dei processi operativi ed in particolare su come superare la netta divisione esistente tra le conoscenze scientifiche che fanno capo all’Ecologia del Paesaggio, e le decisioni politiche. Gli interventi si collocano in tre dimensioni differenti:una prima si concentra sull’evidenziare quali sono le problematiche

del paesaggio europeo, una seconda porta casi applicativi in cui si è cercato di superare la separazione tra la teoria e la pratica, ed un’ ultima propone nuovi spunti per la ricerca. Il Landscape Planning viene proposto come campo comune a molteplici discipline e modi di progettare il paesaggio. Andreas Aagaard Christensen (University of Copenhagen,Denmark) esplicita come il nesso tra i due termini Scienza ed Azione, nel contesto europeo sia proprio il Landscape Planning, come suggerito anche dalla Convenzione Europea del Paesaggio (Firenze 2000). Il paesaggio europeo sembra accomunato da una serie di problematiche che riguardano le rapide trasformazioni che si verificano nei contesti rurali. Il progressivo abbandono delle aree montane e l’urbanizzazione intensa in quelle di pianura, sposta l’accento della riflessione sulla gestione e sul ruolo che l’etica può assumere associata al concetto di paesaggio (Emilio Padoa-Schioppa, Università di Milano Bicocca,Italia). Il turismo come attività per la conservazione, gestione e trasformazione del paesaggio diviene un concetto chiave ma che va relazionato con le politiche promosse dall’Unione Europea stessa (Agneszka Latocha, University of Wroclaw, Poland). Il paesaggio, inteso come sistema complesso,luogo in cui le scelte prendono forma, è il punto di partenza per l’intervento

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2 Luglio 2011, Altipiani Plestini, Foligno, Perugia. Momenti della passeggiata discussione la cui esperienza è stata riportata nell’intervento al congresso internazionale della IALE lo scorso Agosto.

proposto da Elena Gissi (IUAV,University of Venice, Italy). L’integrazione delle conoscenze nel processo di piano è la strategia scelta per portare il paesaggio nelle politiche del territorio ed illustrata nel caso applicativo dei paesaggi della dispersione della pianura del Basso Veneto. La conoscenza, che non può essere disciplinare, è il nodo centrale delle riflessioni di Federica Larcher (University of Turin, Italy). Il simposio lascia aperte alcune questioni che pongono l’accento sui modelli interpretativi e quindi operativi che sono dentro alla semantica del paesaggio: in quale misura la Landscape Ecology, con la sua particolare posizione tra le scienze economiche, ecologiche e sociali, si relaziona con il paesaggio, come fenomeno culturale ed è quindi in grado di fornire analisi teoriche e metodologiche coerenti per proporre soluzioni pratiche alle problematiche? In quale misura si trasferisce la conoscenza scientifica, che viene dall’ambito disciplinare della Landscape Ecology, a livello di metodologie, di strumenti e di istituzioni, nello sviluppo della gestione del paesaggio?( Maros Finka,Slovak University of technology, Bratislava, Slovakia). Il caso studio presentato al congresso dai

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ricercatori del LabAEP, Laboratorio di Architettura ed Ecologia del Paesaggio dell’Università degli studi di Firenze, diretto dal prof. Enrico Falqui, è in linea con le problematiche sollevate dalle riflessioni europee e si pone in un ottica propositiva nel cercare il modo di superare la separazione tra Scienza ed Azione attraverso il paradigma di paesaggio proposto come elemento strutturante le pratiche di progetto paesaggistico. La presentazione è avvenuta nella open session “Cultural Landscape” i cui relatori, provenienti da quattro paesi molto diversi per condizioni fisico-geografiche, culturali e socio-economiche - Cina, Italia e Messico – si sono confronti intorno a quella che sembra stia diventando una questione comune anche in ambito internazionale: il paesaggio rurale. Un tale assortimento di provenienze culturali e scientifiche mette sullo stesso piano situazioni completamente divergenti e stimola una riflessione che meriterebbe un approfondimento, coinvolgendo in primo luogo l’economia, ma avendo necessariamente a che fare con il paesaggio e le sue trasformazioni. Da un lato il tema coinvolge l’Unione Europea, che fa della politica agricola e di sviluppo rurale uno dei nodi centrali della


Chiara Serenelli

sua attività, oggi incentrata su una visione patrimoniale più che produttiva, richiedendo una ricerca continua per offrire soluzioni socialmente e scientificamente accettabili. Dall’altro il problema interessa anche i paesi inseriti da poco nel mercato mondiale, come la Cina, che al momento sembra voler ignorare le sue implicazioni, concentrandosi invece sull’esigenza di crescita urbana e industriale, con tutte le contraddizioni che questa può generare, a livello mondiale. Dal caso studio presentato dal gruppo di ricercatori del LabAEP di Firenze, incentrato sugli Altipiani Plestini, nell’Appennino Umbro-Marchigiano, a quello dei villaggi tradizionali delle isole giapponesi Okinawa, analizzato da Bixia Chen (United Nation University, Instituite of Advanced Operating Unit Ishikawa, Japan), passando per le popolazioni indigene dell’alto Bacino del Samalá in Guatemala, studiato da Fernando Castillo (University of San Carlos, Guatemala), la sessione fornisce un’unicità di visione del paesaggio rurale, pensato come patrimonio culturale. Secondo questa chiave di lettura, ogni riflessione sullo sviluppo dei territori presi in considerazione passa per il problema della conservazione, che orienta tutte le scelte progettuali, portandovi dentro

anche la questione ecologica. Il concetto di patrimonio culturale applicata alla ruralità si rivela infatti complesso e multidimensionale, dal momento che non può scindere i due principali fattori che plasmano il paesaggio rurale e ne definiscono le strutture: i) la cultura e le tradizioni delle popolazioni locali, ii) i caratteri naturali dell’ambiente di vita che ne condizionano il funzionamento ecologico, entrambi in continua interazione. Secondo Castillo, che integra nell’analisi lo studio dei “geosistemi” alle mappe di comunità, questa stessa relazione costruisce l’identità dei luoghi e delle comunità, la cui definizione si appoggia alle categorie di ‘armonia’, ‘coerenza’ e ‘singolarità’ con le quali egli studia l’assetto qualitativo del paesaggio. Nella visione di Chen, la matrice culturale delle popolazioni rurali si individua anche nella spiritualità locale e nelle tradizioni religiose, derivate dalla filosofia del Feng Shui, che possono attivare pratiche quotidiane di riequilibrio ecologico degli insediamenti. Il caso studio italiano offre una chiave di lettura che ruota attorno alla percorrenza dei luoghi, riconoscendo nella viabilità rurale locale non solo una trama storica di connessioni sociali, funzionali e religiose, ma anche un

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mezzo contemporaneo di scoperta, lettura e comprensione del paesaggio, sia per chi lo vive sia per chi ne progetta le trasformazioni. Tutti e tre gli interventi accennati chiamano in causa la diversità come forza trainante la conservazione e lo sviluppo delle realtà rurali presentate, e propongono approcci metodologici che possono offrire interessanti spunti progettuali, nel momento in cui tecnici e ricercatori sono chiamati a fornire soluzioni ai problemi posti dalla realtà economica contemporanea della globalizzazione e della perdita di diversità. In alcuni casi, come illustrato da Linsheng Zhong (Chinese Accademy of Sciences,China), una prospettiva si può individuare nell’Ecoturismo, per cui la ricerca deve saper rispondere alle questioni ancora oggi aperte a riguardo, dagli impatti ambientali, alle definizioni e i metodi della pianificazione. Per la Cina, come illustra Yiwen Wang, (Xi’An Jiaotong-Liverpool University, China), l’Europa può essere un modello, così come alcune esperienze statunitensi di sviluppo e conservazione del patrimonio rurale basate sul concetto di valore patrimoniale. Il caso studio italiano considera uno strumento in particolare, definito dal Consiglio d’Europa attraverso un suo specifico Programma, l’Itinerario Culturale Europeo, non semplicemente orientato al turismo, né solamente incentrato su una visione patrimoniale del paesaggio. L’approccio presentato valuta la possibilità di trasformare gli oggetti del paesaggio, considerati come beni di interesse storico-culturale, spirituale o naturalistico, in risorse locali per lo sviluppo. In questo passaggio è importante il ruolo del progetto paesaggistico nel definire i sistemi di valori e attivare le relazioni. Nel caso studio l’Itinerario Culturale è quanto, attraverso le tracce dell’antico pellegrinaggio a Loreto, intercetta le componenti del paesaggio influenzate dal transito di pellegrini e viaggiatori attraverso il Centro Italia e le mette a sistema in un progetto paesaggistico che ne rivela i possibili valori attuali su cui fondare lo sviluppo locale. Ciò avviene nella matrice rurale del paesaggio, in cui i segni

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della storia dei luoghi si possono strutturare in un racconto che la percorrenza permette di ricostruire e interpretare. Le tematiche affrontate nella sessione hanno portato all’uso del termine ‘Paesaggio Culturale’ che Castillo definisce fornendone chiari riferimenti bibliografici di base. Tuttavia, se il termine può sembrare appropriato in certe situazioni, come quelle presentate dai relatori, appare, soprattutto nel contesto Europeo, un concetto ridondante, poiché non si tratta tanto di introdurre un’aggettivazione del paesaggio che può operare una pericolosa distinzione tra gli aspetti culturali da quelli naturalistici, piuttosto di individuare come nel paesaggio i due si integrino al punto tale da risultare indissolubilmente legati, come del resto i casi studio dimostrano. Tutto il paesaggio è considerabile ‘culturale’, a maggior ragione un paesaggio rurale, in cui un approccio conservativo, tanto più se mirato esclusivamente alla fruizione turistica del patrimonio, non può funzionare in sé, ma solo se inserito in una visione di sviluppo che in prima istanza coinvolga i soggetti chiamati a gestire questo stesso patrimonio come risorsa locale, le comunità. Per queste ultime, come sostiene la Convenzione Europea, il paesaggio non rappresenta un fatto eccezionale o un oggetto da ammirare, ma il contesto della loro quotidianità, il luogo della loro Azione, per la cui gestione sostenibile la Scienza deve saper fornire presupposti teorici adeguati, coerenti ed eticamente consapevoli, il Progetto Paesaggistico gli strumenti idonei per la loro attuazione. *Silvia Minichino, laureata in architettura con indirizzo Architettura del paesaggio Università di Firenze ,attualmente Phd student DUPT, Università di Firenze *Chiara Serenelli, dottoranda di ricerca in progettazione della città del territorio e del paesaggio, indirizzo progettazione paesistica, membro del LabAEP Laboratorio di architettura ed ecologia del paesaggio Dipartimento di Urbanistica e Pianificazione del Territorio, Università di Firenze.


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Pudong, Shanghai

foto di Nazareno Tabbita 45


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Pudong, Shanghai

foto di Nazareno Tabbita


Al di là del grattacielo di Simona Beolchi

Urbanista

Renmin Ave, centro esposizioni del Piano Urbanistico di Shanghai. Modesto edificio alle spalle di People Square, all’interno quattro piani che raccontano la città e il suo sviluppo urbanistico. Il terzo piano, in particolare, è lo specchio di Shanghai non solo per quello che mostra ma per come lo fa, viene infatti messa in scena la città futura attraverso la più grande maquette di tutto il mondo. A Shanghai puoi trovare tutto il meglio, il più grande, il più alto, il più veloce; l’ansia dei cinesi di arrivare per primi e più in là rispetto al resto del mondo, qui è ben palpabile. Seimilatrecentoquaranta kmq di superficie, quattrocentonovantadue metri di

grattacielo con centouno piani, trenta tunnels che attraversano il fiume, sette ponti costruiti negli ultimi vent’anni, quattrocentocinquanta km di superstrade realizzati negli ultimi dieci anni e tanto altro. Ma Shanghai non è la Cina, Shanghai è la Cina proiettata a occidente, con un tentativo di farlo con ordine ed eleganza. La città “sopra il mare”, è stata per lungo tempo un villaggio di pescatori e capoluogo di una contea minore fino a che le ambizioni commerciali degli europei portarono a fare di questa città la porta della Cina verso l’altro mondo. Da sempre è stata aperta a contaminazioni e a mescolanze con l’esterno, fu pero’ l’impatto con l’occidente a causare gli effetti

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L’occidente ha lasciato un segno indelebile su questa città che pero’ vive di contraddizioni, il suo volto cinese, proletario, grezzo, semplice, pieno di storia, ricco di credenze, di aromi tipici e di complessità esiste ancora e emerge quando meno te l’aspetti. più inaspettati ed evidenti della città. Il fiume Huangpu, affluente del fiume Giallo, la attraversa dividendola in due parti. Da un lato il Bund, waterfront che ospita edifici dell’inizio del ‘900, principalmente sedi di banche e di locali alla moda. Negli anni ’90 è stato oggetto di un grande cambiamento, grazie al quale ora si puo’ passeggiare tranquillamente lungo un ampio boulevard, attraversare spazi pubblici oltre a incontrare spazi destinati al commercio. Dall’altro lato del fiume, il quartiere Pudong. In questa zona l’anima del villaggio dei pescatori (la Shanghai di un tempo), svanisce e si percepisce la modernità insieme alla volontà di stupire e di apparire una metropoli occidentale. Ecco allora spuntare gli altissimi grattacieli, la cui parte superiore si perde nella coltre di smog che avvolge l’intera città. Si è di fronte ad un trionfo di vetro e acciaio, Pudong è il cuore pulsante di Shanghai, artificiale, avveniristica e in continuo movimento. Allontanandosi dal fiume, oltre il Bund e Pudong, si continua a scoprire la ricchezza architettonica e urbanistica della città, si susseguono numerosi stili architettonici, dai templi tradizionali agli edifici più avanguardistici, passando per l’architettura neoclassica, art decò, socialista, postmoderna e postsocialista. Il tessuto urbanistico non è per niente uniforme, le strade fiancheggiate di negozi si alternano a vie caotiche con condomini in cattive condizioni che suggeriscono l’immagine di una metropoli troppo intenta a correre verso

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il futuro per occuparsi di colmare le disuguaglianze sociali, seguendo uno sviluppo urbanistico rapido e apparentemente poco controllato. Nel centro esposizioni del piano urbanistico di Shanghai si percepisce bene la volontà dei governatori della città di continuare su questa linea, verso una città d’azione e poco di idee, verso una città ancora più dinamica e all’avanguardia, forti e consapevoli di essere un’eccezione per la Cina. Qui dentro pero’ si legge poco del resto della città, tutto quello che contribuisce a creare l’altro lato della medaglia sembra non essere preso in considerazione. L’occidente ha lasciato un segno indelebile su questa città che pero’ vive di contraddizioni, il suo volto cinese, proletario, grezzo, semplice, pieno di storia, ricco di credenze, di aromi tipici e di complessità esiste ancora e emerge quando meno te l’aspetti.


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Beijing

foto di Nazareno Tabbita

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RIPENSARE MANHATTAN:

Metamorfosi ecologica di una metropoli di Maria Teresa Idone Architetto

New York con il suo rapido sviluppo nel

giro di un secolo è diventata la capitale del mondo e Manhattan ne è sempre stato il cuore. I suoi grattacieli sono icone mondiali, i grandi sistemi di infrastrutturazione con le autostrade e le grandi aree industriali, localizzate perlopiù ai margini tra terra e mare, sono stati il segno dello sviluppo economico dell’era della macchina. Tutto questo è di nuovo in rapida trasformazione, le pressioni ambientali, l’innalzamento del livello del mare, i cambiamenti climatici e una nuova estetica della sostenibilità impongono di ripensare il sistema. Cosa potrebbero mai essere nella Manhattan del 2040 questi edifici simbolo che sfidano il cielo? Quale il destino delle vie di comunicazione a scorrimento veloce se le automobili fossero eliminate? Quale ancora il futuro dei waterfront già riconvertiti a parchi? Queste le tematiche sulle quali si sono confrontati neolauretati architetti da tutto il mondo, coordinati da giovani e promettenti tutores, ospitati dalla prestigiosa struttura del MIT di Cambridge, Boston. L’occasione è stato l’Archiprix 2011, premio internazionale che ha visto gareggiare le migliori tesi di laurea in architettura, e che per quest’anno ha scelto proprio il Massachusetts Institute of

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Technology per festeggiare insieme i suoi 150 anni di attività. Sette giorni, nove gruppi di lavoro, un totale di oltre venti tra professori e assistenti, circa cento giovani progettisti, per individuare ciascun gruppo un problema e spingere i propri ragionamenti oltre, per raggiungere una radicalità di progetto che potesse evidenziare criticamente la condizione attuale e fosse altrettanto determinante nelle soluzioni proposte. Ecco che tra il ripensare Manhattan a partire


Un momento del Workshop

dalla velocità con cui le comunicazioni avvengono, accettando il contemporaneo nella sua tragicità e fascinazione, e alcuni interventi di fast architecture che forse prefigurano la fine del carattere tettonico di questa professione, e la futuristica ma non troppo New New Amsterdam dove tutta la maglia stradale diventa un reticolo di canali, si intravedono alcune idee dalla carica progettuale più marcata. Il gruppo coordinato da Neeraj Bhatia, Visiting Wortham Fellow presso la Rice University, con il suo Collective Ecological Infrastructure - In Grid We Trust1 (pagina web: http:// www.archiprix.org/2011/?wsg=35, guarda il video: http://www.youtube.com/watch?v=lYXZWrz08Y) ha indagato la relazione tra edifici e ambiente, focalizzando il suo interesse sul senso della griglia. Un marchio indelebile per Manhattan che ha organizzato, secondo direttrici perpendicolari e dimensioni stabilite a tavolino dal celebre piano del 1811, 1 Componenti del gruppo: Noorain A Ahmed, Andrè Geoffroy, Aura Gnerucci, Maria Teresa Idone, Kristina Ishkhanova, Ege Özgirin, Gunnar Ploner, Lucio Riccobono, Gabriel Lara García Rojas, assistente: Jonathan Crisman, tutor: Neeraj Bhatia

tutto il suo sviluppo territoriale. Nel mito della griglia che ha in sé il germe dell’uguaglianza e dell’estensione infinita, un volta persa la sua funzione di infrastruttura di collegamento, in un futuro senza automobili, dove l’uomo si riappropria dello spazio nella sua totalità, l’inversione tra il pieno e il vuoto segna un passaggio cruciale. I blocchi edificati sono ripensati come isole, “pixel ecologici” di un sistema tenuto insieme da una griglia riconvertita a megastruttura dove scorrono le connessioni ecologiche, funzionali, culturali e che apre nuove prospettive sull’idea di città. Il pieno, il costruito, ovvero la nuova griglia diventa non più sottrazione, ma struttura che è in grado di attivare l’ambiente e che rende sostenibili i processi che vi avvengono, tanto che lo stesso Central Park, una volta che la sua peculiarità di polmone verde viene assorbita da tutta Manhattan, può assumere provocatoriamente la funzione ricreativa di Coney Island. Un’ altra declinazione interessante sul tema delle connessioni è stata elaborata dal gruppo diretto da Daniel e Marie Law

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Floating Manhattan, Neeraj Bhatia, foto da presentazione Pecha Kucha

Adams intitolato Empire Port2 (pagina web: http://www.archiprix.org/2011/?wsg=38, guarda il video: http://www.youtube.com/ watch?v=I_sNgN2oc-Y&feature=related). Dalle riflessioni iniziali sul sistema di trasporto e dei flussi merci, il progetto elabora la possibilità di ripensare la famosa Broadway Avenue, che taglia in direzione nord-sud tutta l’isola rompendo con le sua linea sinuosa l’ortogonalità della griglia, come un grande canale. Allagare la Broadway non risolve solo il problema logistico del trasporto merci all’interno della città, ma attiva una serie di connessioni a carattere ambientale, funzionale, sociale. Il canale si propone come un corridoio che intercetta le aree verdi e umide, costruendo un sistema di infrastruttura ecologica in grado di includere anche aree marginali riconvertite nel loro potenziale. Lo stesso avviene se si legge il corridoio come un flusso di merci, per il recupero di aree urbane situate in prossimità del canale con funzione di stoccaggio, oppure nella sua funzione culturale di narrazione della storia di Manhattan, attraverso i landmarks 2 Componenti del gruppo: Mohamed Fawzy Abdelkarim, Damien Antoni, Francesco Strocchio, Coll Swann, Gergely Szacsvay, Paulius Vaitiekunas, Yinghua Wen, tutores: Daniel e Marie Law Adams

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che nel suo percorso incontra, per diventare un punto di osservazione sugli assetti urbani contemporanei e sulle trasformazioni che inevitabilmente interesseranno il contesto. Queste due visioni sono state individuate dalla giuria internazionale tra i quattro migliori lavori del workshop e, dopo l’esposizione collettiva degli elaborati di tutti e gruppi avvenuta al Guggenheim di New York, sede della premiazione dell’Archiprix 2011, sono stati presentati singolarmente presso il Center of Architecture come spunto per un’intensa discussione sul futuro di questa metropoli e sul ruolo degli architetti nel fornire risposte innovative ai cambiamenti in atto. Web: http://www.archiprix.org/2011/ http://www.media.rice.edu/media/NewsBot. asp?MODE=VIEW&ID=15949&Sn ID=1011817429


In Grid We Trust, elaborato finale

Empire Port, elaborato finale

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RECENSIONE

PAESAGGIO, LUOGO DELLA MENTE

a cura di Enrico Falqui, Francesca Calamita e Paola Pavoni EST ed. Pisa, 2011 Recensione di Mariella Zoppi

Presidente Corso di Laurea Magistrale in Architettura del Paesaggio

Il paesaggio “luogo della mente” è la scena

della vita: è lì che gli uomini gioiscono e soffrono; è lì che, proiettando le loro aspirazioni (piani e progetti), costruiscono e danno forma al continuo cambiamento che li circonda. La fisicità e la spiritualità del paesaggio sono come le due facce di Giano: assolutamente complementari, mai separabili. Da qui inizia l’intrigante costruzione intellettuale di cui si dà conto nel volume curato da E. Falqui, F. Calamita e P. Pavoni, che intreccia i numerosi temi che compongono il dibattito sul paesaggio e di cui si può avere una immediata testimonianza nella bibliografia articolata in nove sezioni: i fondamenti teorici, le analisi e le interpretazioni, la semiologia, l’arte e l’architettura del paesaggio, la storia, i paesaggi d’acqua, il paesaggio italiano e quello urbano, e l’ecologia. Nelle corrispondenti sezioni tematiche numerosi autori (37) espongono con saggi autorevoli le loro teorie e ricerche che definiscono una visione approfondita sui temi della conoscenza, conservazione e pianificazione delle aree protette e dei sistemi agro-pastorali in relazione alla Convenzione Europea (Firenze, 2000). L’occasione di questa riflessione corale è

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esplicitata dal saggio introduttivo di Enrico Falqui ed è dovuta all’approfondimento su una regione geografica assolutamente particolare per caratteristiche geo-morfologiche, collocazione e continuità storico-culturale: la Lunigiana, una terra di confine, stretta fra tre regioni (Emilia, Liguria e Toscana) che nell’Italia pre-unitaria facevano riferimento a Stati differenti e nell’antichità a popoli diversi. Attraversata centralmente da un’importante viabilità di valico (la via Francigena, in antico e l’autostrada della Cisa, oggi) è il corridoio di comunicazione fra le pianure del Nord e il Mar Tirreno. Un territorio che ha avuto il destino di essere segnato da incursioni e conquiste fin delle epoche più remote, e mostra le sue tormentate vicende attraverso le eccezionali testimonianze artistiche che si perdono nella notte delle civiltà mediterranee (statue stele) e approdano ad un Medioevo di magnifiche costruzioni civili (torri, mura e castelli) e religiose (pievi e conventi); ma proprio queste martoriate vicende hanno impedito uno sviluppo economico autonomo e continuativo e la Lunigiana è diventata terra di emigrazione chiusa nei sui confini, ma aperta al mondo. Oggi è il momento dei ritorni, così come delle scoperte e delle ri-scoperte e dell’apprezzamento della stratificazione dei saperi e delle tradizioni, che costituiscono la forza di una regione morfologicamente definita e geograficamente circoscritta che trae vigore dalla sua cultura autentica e identitaria. Il paesaggio e la sua gente ne sono testimonianza

diretta che si manifesta nella consapevolezza diffusa di una società ritrova se stessa nella cura attenta e costante del suo patrimonio storico, artistico e etnografico, sociale, naturalistico e paesaggistico. Sono queste le ragioni che fanno della Lunigiana un laboratorio attivo, un osservatorio permanente, capace di attrarre studiosi e di innescare riflessioni innovative e buone pratiche nello spirito della Convenzione Europea del paesaggio.

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Shanghai

foto di Stella Verin


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Shanghai

foto di Stella Verin

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www.verdiananetwork.com info@verdiananetwork.com

Verdiana Network Mission

Associazione di promozione sociale senza fini di lucro che diffonde una cultura della sostenibilità dello sviluppo urbano e territoriale, della conservazione e gestione del paesaggio e del patrimonio naturale e culturale, secondo i principi della Convenzione Europea sul Paesaggio (Firenze, ottobre 2000) e il modello di città creativa definito dallo Schema di Sviluppo dello Spazio Europeo (SSSE, Potsdam, maggio 1999). Verdiana Network svolge progetti di ricerca, formazione e sensibilizzazione sui parchi, le aree protette e le reti ecologiche, gli itinerari culturali, gli ecomusei, i distretti culturali, la riqualificazione dei quartieri urbani e periurbani, la Valutazione Ambientale Stategica (VAS) e la pianificazione urbana e territoriale a partecipazione pubblica, anche in collaborazione con Università, Istituti di ricerca ed Enti pubblici, con la possibilità di coinvolgere studenti e giovani laureati attraverso tirocini e stage formativi. Verdiana Network offre al pubblico interessato la possibilità di riflettere e creare dibattiti sugli argomenti oggetto della propria attività tramite la pubblicazione periodica di articoli scientifici e divulgativi nella rivista on-line Network in Progress.

Attività

Nel territorio di Marche e Umbria, in collaborazione con le Fondazioni Cassa di Risparmio di Loreto, Macerata, Foligno e Perugia, Verdiana Network ha svolto un progetto di ricerca per il recupero dei cammini di pellegrinaggio al Santuario di Loreto e la sua menzione a Itinerario Culturale Europeo, unendo all’indagine storiografica e cartografica un approccio paesaggistico alla progettazione. In Lunigiana (Toscana), con la collaborazione dei Comuni di Fivizzano, Aulla, Bagnone, Fosdinovo, Licciana Nardi e Villafranca, il patrocinio della Regione Toscana, Verdiana Network ha promosso e coordinato il Corso di Formazione e Aggiornamento professionale Parchi naturali, aree protette e reti ecologiche per lo sviluppo del territorio, che ha portato all’elaborazione e all’esposizione di interessanti proposte progettuali per il territorio. Per la città di Firenze Verdiana Network è impegnata in un’iniziativa, denominata Progetto Cartoline, di sensibilizzazione al tema del degrado, dell’abbandono e della necessità del recupero degli spazi della città contemporanea, nata all’interno della ricerca per un Urban Center nell’area metropolitana fiorentina, oggetto di pubblicazioni convegni ed esposizioni.


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