ControSenso

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Basilicata

16 Giugno 2012

DISTRIBUZIONE GRATUITA ANNO III n. 85/16 Giugno 2012 Redazione:Via Vespucci - Parcheggio 3 - 85100- Potenza Tel. e Fax. 0971 - 092255

“Un bagno di umiltà al San Carlo” a pag. 3 Cari Contro-Lettori, come già saprete, è stato condannato a 7 anni di reclusione, per concorso esterno in associazione mafiosa, l’ex assessore al bilancio del Comune di Potenza, Rocco Lepore (Udeur, in carica dal 2004 al 2006) imputato nell’ambito di un’inchiesta della Direzione distrettuale antimafia del capoluogo lucano, sui contrasti e sui rapporti tra clan a Potenza. Lepore era accusato anche per voto di scambio ma il giudice ha disposto il non luogo a procedere per prescrizione. La notizia è di quelle che fanno tremare i polsi, anche se siamo ancora al primo grado, e quindi ad un terzo del naturale percorso giudiziario. Sono questi i giorni del processo sulle trattative fra Stato e Cosa-Nostra, e la parola “mafia”, in una seppur non definitiva sentenza di condanna, scuote le mura del palazzo e preoccupare i cittadini. Eppure, a parte le interviste che il sindaco di Potenza ha rilasciato il giorno dopo, appaiono ancora latitanti (al momento in cui scriviamo), i commenti, i pareri e le condanne (morali) da parte di esponenti del mondo politico “che conta” lucano. Sul solitamente affollato sito istituzionale Basilicatanet, dove ci sono spesso e volentieri galline che si azzuffano per un nonnulla, digitando la chiave di ricerca “Lepore”, non salta fuori alcunché. Anzi, qualcosa esce: un vecchio comunicato del consigliere Autilio di IDV, a proposito dell’intitolazione di un’aula di giustizia a un altro Lepore, il magistrato Carlo. Tutt’altra storia. Il sindaco Santarsiero, in un’intervista concessa al bravo Leo Amato, spiega che l’assenza di interventi e comunicati è forse dovuta al necessario processo di metabolizzazione della notizia. A noi, il dubbio che viene è un altro. Vuoi vedere che, dopo che il procuratore Iacoviello disse a proposito di Dell’Utri, che al “concorso esterno non ci crede più nessuno”, qualche politico lucano di sinistra-destra, ha fatto opportunamente e sapientemente tesoro di quella controversa dichiarazione? Insomma, per citare un giornale scandalistico del cinema: “Zitti zitti”. Walter De Stradis

<<Il disastro del Dip. Ambiente della Regione>> a pag. 6

<<Poteri forti e inquinamento: tutto organizzato>> a pag. 7

Un processo “medievale” a Matera: interviene il presidente dell’Ordine dei Giornalisti ULTIMISSIMA - Mentre andiamo in stampa, otto persone, tra le quali due ufficiali e un sottufficiale dei Carabinieri e cinque giornalisti, compaiono davanti al giudice dell’udienza preliminare che deve decidere sul rinvio a giudizio, relativa all’accusa di associazione per delinquere, finalizzata alla diffamazione a mezzo stampa e di tentata violenza privata con l’uso delle armi. Il presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine, Enzo Iacopino, ha così commentato la vicenda: “I giornalisti sbagliano quando rivendicano diritti diversi da quelli di altri cittadini. H a n n o , semmai, nei confronti della società, dei doveri in più. Ma per onorarli al meglio debbono essere messi nelle condizioni di capire quali errori commettono. L’elencazione di 52 articoli, genericamente indicati con il solo titolo e con scarni stralci, per rinviare a giudizio dei giornalisti, a Matera, suscita forti perplessità. Non emerge la contestazione di un fatto specifico; l’indicazione del perché una notizia riportata dal periodico “Il Resto” era falsa, in tutto o in parte. C’è semmai qualche citazione che suscita sorrisi: “Coraggio, almeno per una volta, una sfida medievale. Un cavallo a testa, una lancia e via …”, (ecco la “violenza privata con l’uso delle armi”) parole che valgono ad uno dei colleghi l’accusa prevista dall’articolo 610 del codice penale: “Chiunque, con violenza o minaccia, costringe altri a fare, tollerare, od omettere qualche cosa è punito con la reclusione fino a quattro anni”. Questa storia si trascina da cinque anni. Con costi significativi per l’amministrazione della giustizia (oltre 23 mila telefonate intercettate per sette mesi da maggio a dicembre 2007) . Una vicenda sulla quale il ministro Paola Severino e il Procuratore generale presso la Corte di Cassazione dovrebbero fare una riflessione. Confidando che in questo invito, consentito dalle legge nel rispetto delle procedure, qualcuno non ravvisi “un atto di violenza o minaccia”, per il solo fatto che si accende un riflettore su una vicenda costata allo Stato decine di migliaia di euro”.


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