MARTE È MORTE racconto * Quest’opera è stata rilasciata con licenza Creative Commons Attribuzione», Non commerciale», Non opere derivate 3.0 Unported. Per leggere una copia della licenza visita il sito web http://creativecommons.org/licenses/by-nc-nd/3.0/ o spedisci una lettera a Creative Commons, 171 Second Street, Suite 300, San Francisco, California, 94105, USA. Opera di Glauco Silvestri http://www.glaucosilvestri.it http://blog.glaucosilvestri.it
ANTEFATTO
Nell'anno 2024 un asteroide di enormi dimensioni piomba sul pianeta Terra e colpisce la città di New York. È il primo di uno sciame che impatta sulla superficie del pianeta durante gli anni 2025 e 2026 distruggendo Washington, Mosca, Tokyo, Berlino e Londra. A distanza di pochi anni, mentre il pianeta stenta a riprendersi dalla catastrofe, sia dal punto di vista delle vite perse, sia dal punto di vista socio-economico, un nuovo sciame meteorico viene individuato dai telescopi in orbita al pianeta. È durante il 2030 che lo sciame raggiunge l'atmosfera terrestre. Questa volta, in un solo anno, le città costrette a subire sono Roma, Parigi, Madrid, Lisbona, Buenos Aires, Brasilia, Abu Dhabi, e Pechino. La vita sul pianeta non ha neppure il tempo di tirare il fiato che ecco giungere la minaccia di un nuovo sciame. L'allarme è globale. Ogni stato si organizza per proteggere la propria popolazione. Gli unici rifugi possibili sono nel sottosuolo: caverne naturali, miniere vecchie e nuove, bunker, rifugi e depositi di ogni tipo, persino strutture scientifiche per la ricerca avanzata. Ogni luogo agibile del sottosuolo viene occupato dalle popolazioni civili, mentre le città diventano bersagli inanimati delle piogge meteoriche. Non occorre molto tempo per capire che il pianeta è sotto attacco. Le meteore giungono sulla Terra seguendo rotte troppo precise. La loro scia contiene residui energetici difficili da spiegare se non ipotizzando sofisticati sistemi a catapulta. Il nuovo sciame, per di più porta con sé un carico di morte tutto nuovo. Esso, infatti, oltre a travolgere nuovi centri urbani ormai abbandonati, diffonde nell'aria tossine altamente pericolose per tutte le forme di vita presenti sul pianeta. Nella speranza di sopravvivere, quando ormai la popolazione terrestre è calata a due miliardi di individui, tutti i governi del mondo si coalizzano per la realizzazione di un piano d'evacuazione globale. Il piano prevede la collaborazione tecnico scientifica più totale. La costruzione di vere e proprie astronavi capaci di viaggiare nello spazio profondo diventa una priorità assoluta. Le navi vengono costruite a migliaia, nel sottosuolo, da ogni nazione al mondo. Viene deciso globalmente che tutte le navi, sia per resistere a un ambiente ignoto, sia per mimetizzarsi nei confronti di un nemico di cui non si conosce nulla, debbano essere protette da uno spesso carapace di roccia cementato direttamente sulle paratie metalliche della nave, così da far apparire la flotta come un grosso sciame di asteroidi. L'intera crosta terrestre viene sfruttata a questo scopo. Visto lo stato di emergenza, la decisione unanime è quella di utilizzare tecnologie consolidate e durature, piuttosto che affidarsi agli ultimi ritrovati della scienza. Vengono inoltre riciclati ogni tipo di mezzo marino e
aereo, così da poter disporre di ogni tipo di strumento possibile anche nel vuoto siderale. Il decollo della flotta avviene in brevi scaglioni a partire dall'anno 2070. Il computo totale dei mezzi lanciati nello spazio tocca le 150000 unità, per un equipaggio complessivo di circa un miliardo e duecentomila esseri umani. Il resto della popolazione è costretto a rimanere sul pianeta madre, rintanato nel sottosuolo come topi in trappola. Tenuto in vita solo dalla speranza che i bombardamenti cessino, ma più presumibilmente nella semplice attesa di morire per una, o per un'altra causa. Le prime perdite della flotta avvengono sin da subito. Tra guasti tecnici, errori di progettazione, e semplice sfortuna, quasi 50000 mezzi vengono danneggiati gravemente prima ancora di raggiungere i confini del Sistema Solare. Nel momento in cui Plutone diventa un punto luminoso indistinguibile la flotta è ridotta a 100023 navi, con poco meno di un miliardo di anime ancora vive a bordo. La loro rotta è rivolta verso l'unico pianeta conosciuto che, apparentemente, è in grado di accogliere la vita, ovvero il pianeta di origine dell'attacco. Un punto lontanissimo nell'Universo, raggiungibile dalla flotta solo dopo diverse generazioni, attraverso un ambiente ignoto e ricco di pericoli, e col continuo terrore di venire scoperti (e annientati) prima ancora di poter giungere alla meta.
MARTE È MORTE
Anno 2095, Luglio. Chiudo la saracinesca del condotto 12. Depressurizzo. Compenso. Disattivo tutti i sistemi. Chiudo la saracinesca del condotto 13. Depressurizzo. Compenso. Disattivo tutti i sistemi. Chiudo la saracinesca del condotto 14. Depressurizzo. Compenso. Disattivo tutti i sistemi. Oltrepasso la soglia del condotto 11. I miei passi risuonano metallicamente in quello stretto budello male illuminato. Il dispositivo a Realtà Aumentata1 mi segnala che i livelli di sopravvivenza sono passati da rosso a giallo. Raggiungo la derivazione numero 5. Chiudo la saracinesca del condotto 11. Depressurizzo. Compenso. Disattivo tutti i sistemi. Chiudo la saracinesca del condotto 10. Depressurizzo. Compenso. Disattivo tutti i sistemi. Chiudo la saracinesca del condotto 9. Depressurizzo. Compenso. Disattivo tutti i sistemi. Oltrepasso la soglia del condotto 8. Una lampada sembra impazzita. Mi fermo. La osservo per qualche secondo. Gli do qualche colpetto con l’indice della mano destra. Rinuncio. Proseguo lungo il condotto e oltrepasso la soglia. Sono al punto di derivazione numero 5. Chiudo la saracinesca del condotto 8. Depressurizzo. Compenso. Disattivo tutti i sistemi. I livelli di sopravvivenza sono nuovamente su verde. Annuisco soddisfatto. Prendo il condotto 5 e proseguo fino alla successiva derivazione, imbocco il condotto 2, raggiungo lo snodo principale, entro in sala controlli. «Terra, mi ricevete? - il messaggio automatico continua a eseguire gli inutili tentativi di contattare un pianeta morto - Terra, mi ricevete?», il computer è programmato per interrompere il ciclo automatico non appena giunge una risposta, e di deviare la comunicazione al mio dispositivo ComCell. Sono settimane, mesi, forse anni che ciò non accade. Vado alla console principale. Il pannello controlli è coperto da un sottile velo di polvere rossa. “Maledetta polvere marziana”, penso “si insinua ovunque, non esiste filtro, o isolamento, che riesca a
tenerla fuori da questo buco”. Cerco l’interfaccia di intrattenimento. Le quattro stagioni2 sono la mia unica colonna sonora. Scelgo la Primavera. Mi siedo sulla poltrona alle mie spalle e chiudo gli occhi. Ci vuole poco affinché la mente vaghi tra ricordi e fantasia. Quanto tempo è passato dal giorno in cui ho salutato l’Alabama3 mentre si allontanava dal sistema solare? Quanto tempo è passato dall’ultimo shuttle proveniente dalla Terra? Quanto tempo è passato dall’ultimo contatto radio? Quanto tempo è passato dalla dipartita di Josh? Con le mani imito il volo di un’uccello che si libra nell’aria seguendo la melodia di Vivaldi. Il violino riempie di emozioni il vuoto assordante della sala comandi. In sottofondo rimane sempre il messaggio automatico che il computer continuerà a ripetere all’infinito, anche dopo che sarò morto, perché nessun altro potrà più disattivarlo «Terra, mi ricevete?». Come saranno stati gli ultimi attimi di vita dell’ultimo uomo vissuto sulla Terra? Ci penso da giorni. Del resto la Terra non è poi tanto dissimile da Marte. Una roccia butterata e sterile nelle cui profondità si ostinano a vivere uomini ormai privi di dignità. Ho fame. Mi guardo attorno. Con un semplice gesto aumento il volume e abilito la diffusione del suono in ogni ambiente della base. Mi alzo stancamente. Esco dalla sala controlli. C’è un crescendo di violini, e poi la melodia che tutti conoscono, che però decresce in modo quasi drammatico. È perfetta. Seguo il condotto 2, raggiungo la derivazione, prendo il condotto 3. Pochi passi e sono in sala mensa. Il brano termina. Mi avvicino a una parete e faccio partire l’Estate. I violini mi avvolgono con un suono quasi confortante. Chiudo gli occhi e li seguo fino al primo cambio di ritmo. Vado alla console cucina e controllo il livello di viveri. Sorrido. L’ultimo vero pasto che ho consumato è stato tre giorni fa. Non c’è più cibo, non ci sono più elementi per poterne sintetizzare di nuovo. Torno a seguire la musica. Acqua, mi è rimasta dell’acqua. L’acqua viene sintetizzata dai rifiuti del mio corpo. Quella pura, quella sgorgante dai poli del pianeta, è stata sprecata in un tentativo di terraformazione4 che terminerà quando non ci saranno più uomini per poterne godere. Del resto, con un equipaggio completo, la stazione sarebbe in grado di fornire liquidi in quantità. Ma con un solo occupante, per di più denutrito, riesco a bere due bicchieri d’acqua al giorno. Più il mio organismo si debilita, meno acqua ho a disposizione. Meno acqua ho a disposizione, più il mio organismo si debilita. Non ci sono vie d’uscita. Sono condannato, lo so, ma continuo a lottare. Se solo avessi carburante per lo shuttle abbandonerei questa tomba per giocare il tutto e per tutto sul pianeta Terra. Ma neppure il carburante mi è concesso. Serve ad alimentare i sistemi di sopravvivenza, quelli che mi dànno due bicchieri d’acqua al giorno da bere. Ci vogliono tre mesi per raggiungere la Terra con lo shuttle. Sono sessanta bicchieri d’acqua che non ho. Se solo tentassi l’impresa, raggiungerei il pianeta da cadavere. Il silenzio diventa assordante. Lancio l’Autunno, e mi reco alle celle frigorifere. Quando l’avamposto su Marte fu inaugurato la Terra era ancora florida e colorata. Era un vero paradiso, e Marte, in confronto, appariva come un sasso del tutto insignificante. L’idea di terraformarlo, di creare un secondo paradiso per permettere agli uomini di espandere il loro dominio, appariva davvero eccitante. L’avamposto ospitava novantacinque persone, tra tecnici, biologi, addetti ai servizi, scienziati, e tutto quello che era necessario al progetto. Era stato piazzato un immenso generatore nucleare ai poli del pianeta. Un concetto semplice, una struttura complicata di cui neppure io capisco troppo. In pratica si voleva creare una sorta di atmosfera respirabile attorno al pianeta. Cosa che si è ottenuta, e che poi ha mandato in malora l’intero progetto a causa della polvere, e delle tempeste di polvere. Con una mano tolgo il sottile strato rosso di polvere dalla maniglia della cella frigorifera. Apro. Entro.
Chiudo. I moti convettivi dovuti alla nuova atmosfera ha reso più instabile il clima marziano. Le tempeste che da secoli i terrestri avevano osservato con i loro strumenti ottici, ora sono pressoché costanti, con forza doppia, se non tripla, rispetto al passato. Non esiste sistema di isolamento, guarnizione, blocco pressurizzato che riesca a tenere lontana la polvere marziana. Le macchine hanno cominciato a guastarsi. Gli occupanti della struttura passavano più tempo a fare manutenzione che a mandare avanti il progetto di terraformazione. Poi iniziarono i bombardamenti. E Marte fu isolata, e dimenticata. La cella frigorifera è colma di corpi, adagiati uno a fianco all’altro, su carrelli a più piani. Sono corpi umani. L’unico che mancherà all’appello, un giorno, sarà il mio, perché non ci sarà nessuno a mettermi qui dentro quando sarò morto. Leggo i nomi stampigliati sui cartellini. Jessie McEnzie, Laura Bianchi, Aiko May, Alexander Romonov. Sono ventidue in tutto. Gli altri sono morti in aree non più raggiungibili, pace all’anima loro. Tutti i corpi sono coperti da un telo di cellophane, e da un sottile strato ghiacciato di polvere marziana. Entra persino nelle celle frigorifere, quella maledetta polvere! Il pensiero di mangiare questi corpi mi ha tormentato a lungo. La sopravvivenza prima di tutto. Ma non ci sono mai riuscito. Avrei potuto usarli per alimentare il sintetizzatore di cibo. Ma anche in questo caso sono stato bloccato dalla morale. Faccio partire l’Inverno. Un brivido mi prende dietro la schiena. Non è il freddo della cella. Mi capita sempre più spesso. Credo sia un problema nervoso dovuto alla denutrizione. Forse il mio corpo sta cominciando a nutrirsi di sé stesso. Ho letto che può accadere. I violini, nel loro pigolare inquietante, mi costringono a uscire dalla cella. Ho... Paura. Esco. Chiudo la cella, abbandono la sala mensa, corro lungo il condotto, ritorno alla sala controllo. La voce metallica continua a mandare il suo maledetto appello «Terra, mi ricevete?». Dove sarà giunta la flotta in questo momento? I motori di quelle navi sono molto più potenti di quello dello shuttle a mia disposizione. La loro velocità è circa dieci volte superiore a quella della navetta che attende nell’hangar numero 2. È comunque un’inezia rispetto alle distanze interstellari, potrebbero morire tutti quanti prima di raggiungere la loro meta. Nessuno sa come sia là fuori, a parte loro. Osservo la superficie marziana attraverso la cupola panoramica. Le superfici trasparenti sono graffiate dal pulviscolo. C’è tempesta, come sempre. Se penso che aveva cominciato a crescere un poco d’erba... Ora non si vedono neppure licheni in giro. I rover continuano il loro lavoro di aratura del terreno. L’acqua viene fornita costantemente, prendendola dai poli del pianeta. Il sistema di terraformazione continua a creare aria e a pomparla nella debole atmosfera marziana. L’acqua evapora. Le nuvole vengono spazzate via dai venti che soffiano a più di cinquanta chilometri l’ora. Una lotta impari. L’uomo ha giocato a fare Dio. Dio ha mostrato all’uomo quanto ancora gli manchi per vincere la partita. Il brano di Vivaldi è terminato. Di nuovo silenzio, a parte il messaggio automatico che mai riceverà risposta. Ho fame. Quanto tempo mi manca ancora da vivere? Un allarme scatta senza preavviso. I sistemi di sopravvivenza non riescono a mantenere stabili tutti gli ambienti operativi. Sbuffo. Mi alzo. Esco e attraverso il condotto 2. Raggiungo il punto di derivazione 3. Chiudo la saracinesca del condotto 7. Depressurizzo. Compenso. Disattivo tutti i sistemi. Chiudo la saracinesca del condotto 6. Depressurizzo. Compenso. Disattivo tutti i sistemi. Chiudo la saracinesca del condotto 5. Depressurizzo. Compenso. Disattivo tutti i sistemi.
APPENDICE: Base Marte
Il progetto di ‘Terraformazione di Marte’ è probabilmente l’opera più ambiziosa pensata dall’uomo. Il pianeta pare promettente da questo punto di vista, grazie alle quantità generose d’acqua ghiacciata ai poli del pianeta. Base Marte è stata costruita appositamente per questo scopo. È una base interamente sotterranea, capace di ospitare un centinaio di esseri umani, totalmente automatizzata. Sulla base lavorano costantemente, ventiquattr’ore su ventiquattro, tecnici specializzati in ogni branca delle scienze ambientali. Due potenti generatori atomici, posti ai poli, si occupano della produzione di anidride carbonica, fondamentale per creare l’effetto serra nella tenue atmosfera del pianeta. Ciò provoca un aumento della temperatura di superficie, consente, in alcuni periodi dell’anno marziano, di avere acqua allo stato liquido, e di dare vita alle forme di vita vegetale necessarie a produrre ossigeno, e trasformare l’atmosfera irrespirabile del pianeta in aria. Il sistema pare funzionare alla perfezione. Tra gli inconvenienti, dovuti probabilmente alla minore forza gravitazionale del pianeta, e a moti convettivi accelerati dal sistema di terraformazione stesso, è la continua generazione di tempeste di sabbia e vento, e la lenta fuga di aria dall’atmosfera stessa. Ciò mette in crisi l’eco-sistema, e rende dura la vita dei tecnici al lavoro su Base Marte. Con il bombardamento del pianeta Terra, Base Marte diventa completamente autonoma, ma incapace di auto-sostenersi. A causa della scarsità di risorse, lentamente, il personale della base comincia a soffrire di tutti i mali dovuti all’isolamento, da quelli fisici, a quelli mentali. È una moria costante, lenta, e priva di speranze. Se questo racconto ti è piaciuto, se hai qualche commento da fare, dei suggerimenti, o ancora, esprimere un giudizio, voglio ricordarti che sul mio sito è possibile lasciare un commento. Ogni testimonianza, appunto e critica sono ben accetti e sicuramente costruttivi per la mia crescita artistica, e per far sì che i miei prossimi racconti possano sempre migliorare rispetto a quanto ho già scritto. È inoltre possibile lasciare una piccola donazione volontaria cliccando qui.
Pubblicato a Luglio 2013 Prima Edizione Opera di Glauco Silvestri http://www.glaucosilvestri.it http://blog.glaucosilvestri.it
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Per realtà aumentata (in inglese augmented reality, abbreviato AR), o realtà mediata dall'elaboratore, si intende l'arricchimento della percezione sensoriale umana mediante informazioni, in genere manipolate e convogliate elettronicamente, che non sarebbero percepibili con i cinque sensi. Il cruscotto dell'automobile, l'esplorazione della città puntando lo smartphone, il Kinect per Xbox e la chirurgia robotica a distanza sono tutti esempi di realtà aumentata (fonte: wikipedia). 2
Le quattro stagioni è il titolo con cui sono noti i primi quattro concerti per violino di Antonio Vivaldi: Il cimento dell'armonia e dell'inventione (fonte: wikipedia). 3
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Vedi l’episodio 8, Un breve addio.
La terraformazione (o terraforming in inglese) è un ipotetico processo artificiale atto a rendere abitabile per l’uomo un pianeta (o una luna), intervenendo sulla sua atmosfera - creandola o modificandone la composizione chimica - in modo da renderla simile a quella della Terra e in grado di sostenere un ecosistema. La terraformazione è molto al di là delle possibilità della tecnologia odierna e gli studi su di essa sono per ora soltanto speculativi (fonte: wikipedia).