Goldman Sachs ora si preoccupa per Grillo: la sua ascesa è il sintomo che gli italiani non ce la fanno più. Ma l’Europa non lo capisce
Sabato 30 marzo 2013 – Anno 5 – n° 88
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NAPOLITANO SI ARRENDE E PENSA ALLE DIMISSIONI La crisi nel vicolo cieco dopo le nuove consultazioni e il fallimento definitivo di Bersani. Il Presidente: “Io sono in scadenza, il nuovo governo lo trovi il mio successore”. E medita di anticipare l’addio al Colle, previsto a metà maggio, per accelerare i tempi. I partiti fermi fino all’ultimo nelle loro trincee. Berlusconi, Maroni e Monti per il governissimo, respinto dal Pd. I 5Stelle disponibili a un esecutivo extra-partitico, ma non propongono alcun premier Daina, Di Blasi, Feltri e Perniconi » pag. 2 - 3 - 4 - 5
LA GIORNATA DI M5S
IL CALVARIO DEL PD
Grillo chiama Re Giorgio, poi i capigruppo non fanno nomi Zanca » pag. 4
La Via Crucis di Pier Luigi e i renziani che scalpitano Marra e Paolin » pag. 2 - 3
» L’INTERVISTA » Roma sommersa dagli scandali: “Ma le denunce le ho fatte”
Alemanno e le mazzette: “Me ne hanno offerte 20”
Gianni Alemanno LaPresse
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Il sindaco nella bufera per le inchieste, dai bus all’Ama: “Le nomine le ho decise prima dei guai giudiziari e quei collaboratori non sono ancora stati condannati. Le elezioni per il Campidoglio? Se perdo non ho il paracadute, magari mi dedico alla montagna o all’urbanistica, io sono ingegnere” Caporale e Pacelli » pag. 7
FIAT POMIGLIANO
“La Fiom è stata discriminata”: Marchionne indagato a Nola La Procura campana indaga l’Ad e il direttore dello stabilimento per aver discriminato i metalmeccanici del sindacato di Landini. L’azienda protesta: “Offensiva inusitata” Cannavò » pag. 8
AVEVA 77 ANNI
» L’UOMO DEL GOVERNO
L’Alta Velocità bocciata anche dal commissario
Addio a Enzo Jannacci, il medicocantante e il maestro di umorismo e umanità Liuzzi » pag. 14
Meletti » pag. 10
LA CATTIVERIA Crimi: “Pronti a discutere un altro nome”. Più che a Ballarò, sembra di essere a “I soliti ignoti” Enzo Jannacci LaPresse
» www.forum.spinoza.it
Autoscacco a 5 Stelle di Marco
Travaglio
ino a ieri mattina, checché se ne dicesse, il F movimento 5 Stelle non aveva sbagliato una mossa. A parte le trascurabili defezioni sulla presidenza del Senato, aveva mantenuto compatti i suoi variopinti ed eterogenei gruppi parlamentari, sfuggendo a tutte le trappole che i partiti e i giornalisti al seguito avevano seminato sul suo cammino. Aveva messo all’angolo il Pdl con l’annuncio del sì all’ineleggibilità e a un’eventuale richiesta d’arresto di B. (spingendo il Pd ad allinearsi). Aveva costretto il Pd a rottamare i candidati di partito per le due Camere e a inventarsi in fretta e furia i nuovi arrivati Boldrini e Grasso, a loro volta obbligati a esordire col taglio degli emolumenti che, per quanto modesto, avrebbe innescato l’effetto valanga. Infine aveva cucinato a fuoco lento Bersani, fino alla figuraccia in diretta streaming e alla resa sul Colle camuffata da congelamento. Intanto i dogmi pidini dei rimborsi elettorali e del Tav Torino-Lione venivano rimessi in discussione. Insomma, pur avendo vinto solo moralmente le elezioni, 5Stelle era diventato in pochi giorni il dominus della politica italiana. Se Grillo avesse chiesto a Bersani le chiavi di casa e della macchina, quello gliele avrebbe consegnate senza fiatare e con tante scuse per il ritardo. Insomma, da oggi un movimento nato appena tre anni fa avrebbe avuto l’ultima parola sul nuovo governo e sul nuovo presidente della Repubblica. Con notevoli benefici per gli italiani, visto che alcuni punti del programma pentastelluto, al netto delle follie e delle utopie, sono buoni e giusti e realizzabili in poco tempo. E visto che B. sarebbe rimasto irrimediabilmente all’angolo. Sarebbe bastato che ieri i capigruppo fossero saliti al Quirinale con una proposta chiara e netta: un paio di nomi autorevoli per un governo politico guidato e composto da personalità estranee ai partiti (parrà strano, ma ne esistono parecchie, anche fuori dalla Bocconi, dalle gran logge, dai caveau delle banche e dalle sagrestie vaticane). Siccome Bersani, anche in versione findus, era rimasto fermo all’asse con M5S, secondo la volontà dei due terzi degli elettori, i grilli avrebbero dovuto sfidarlo ad appoggiare quel tipo governo. Che naturalmente non può essere né a guida Bersani, né tantomeno a guida M5S. Di qui la necessità di una rosa di personalità che potessero incarnare, per la loro storia e le loro idee, alcuni dei punti chiave del movimento. Sarebbe stato lo scacco matto al re. Invece lo scacco i grilli se lo son dato da soli. Col rischio di perdere un treno che potrebbe non ripassare più; di accreditare le peggiori leggende nere sul loro conto; e di gettare le basi per drammatiche spaccature. Ieri infatti al Colle non hanno fatto nomi, ma solo allusioni, anche perchè Napolitano non vuole sentir parlare di nomi extra-parti. Poi hanno chiesto ciò che non potevano avere: l’incarico. Ha prevalso l’inesperienza, o la supponenza, o la paura di essere incastrati in giochi più grandi e inafferrabili. Paura infondata, visto che i partiti sono alla canna del gas e non sono più in grado di incastrare nessuno, se non se stessi. E in ogni caso la mossa era a rischio zero e a vantaggio mille (per loro e per il Paese). É vero, come sospettavano i complottisti (che spesso ci azzeccano) che Napolitano e parte del Pd sono già d’accordo col Pdl per l’inciucio: ma, a maggior ragione, la proposta di un governo Settis o Zagrebelsky li avrebbe messi tutti con le spalle al muro. E li avrebbe costretti alla ritirata, non foss’altro che per non assumersi la responsabilità di aver bocciato il miglior governo degli ultimi 15 anni (almeno sulla carta). Ora invece l’unica alternativa alle urne, che tutti invocano ma tutti temono, sarà un inciucissimo con B., più o meno mascherato. Che magari era nella testa di Napolitano e dei partiti fin dal primo giorno. Ma che ora ricadrà sulla testa dei 5 Stelle. E naturalmente degli italiani. Bel risultato, complimenti a tutti.
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