Secondo tutti i sondaggi dopo la nascita del governissimo il Pdl guadagna oltre 3 punti e il Pd ne perde altrettanti. Complimenti, bel colpo!
Mercoledì 1 maggio 2013 – Anno 5 – n° 119
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PARTITI: 40 MILIONI DAI PRIVATI NOME PER NOME, CIFRA PER CIFRA I 100 mila euro di Bertelli (Prada) al Pd, a Lista Civica i 710 mila di Borletti (Buitoni) e i 100 mila di Enrico Bondi, il sostegno delle cooperative, i 5 milioni di An girati al Pdl. E ancora, i versamenti dei politici ai loro stessi gruppi (magari sperando nella candidatura), Di Pietro che si svena per Rivoluzione civile e Bossi che non sgancia Tecce » pag. 2 - 3 un euro per la Lega di Maroni dc
CONFLITTO D’INTERESSI VIETATO PARLARNE di Paolo
Flores d’Arcais
U di Furio Colombo iamo in piena “neolingua”, quella del Grande Fratello di orwelliana memoria: ieri sono state cancellate dall’italiano la locuzione “conflitto d’interessi” e il lemma “ineleggibilità”, i concetti stessi devono diventare impensabili, benché (o forse proprio perché) lungo tutta la campagna elettorale il Pd avesse giurato e spergiurato che porre fine al conflitto d’interessi era una questione sia di civiltà istituzionale che di efficienza economica, dunque cruciale e improcrastinabile. Immediatamente dopo le elezioni, il braccio operativo di Bersani, senatore Migliavacca, aveva anzi garantito che il Pd avrebbe votato per l’arresto di Berlusconi in caso di motivata richiesta di un pm, e il presidente dei senatori, Luigi Zanda, che Berlusconi andava dichiarato ineleggibile. Poi la rielezione di Napolitano e il “contrordine compagni!” con cui il Pd ha completato la sua mutazione antropologica in partito doroteo postmoderno. “Con la lotta al conflitto d’interessi non si mangia”, è la giaculatoria d’ordinanza e d’amorosi sensi col Caimano, con cui la Casta-Pd cerca di tagliare la lingua a chi gli ricorda le promesse appena gettate al macero. Ma è proprio un liberista doc come Luigi Zingales, laurea alla Bocconi, PhD al Mit di Boston, professore all’Università di Chicago, editorialista del quotidiano della Confindustria, promotore della destra civile “Fermare il declino”, che va ripetendo in ogni talk show come ogni conflitto d’interessi produca impoverimento materiale, come il monopolio televisivo di B. generi mostri (anche economici), come l’Italia non possa uscire dalla crisi finanziaria e produttiva, e dalla cronica inefficienza dell’amministrazione pubblica, senza mandare sistematicamente in galera i ladri, i corrotti e gli “amici degli amici” di ogni specie e rango. Otto milioni e mezzo di italiani hanno votato il Pd credendo di votare anche per queste misure. Scoprono invece che le loro schede fanno mucchio con quelle andate a Cicchitto e Santanchè, Alfano e Scilipoti, per innalzare il Conflitto d’Interessi nella sua forma personificata (tecnicamente: Ipostasi), Silvio Berlusconi, a Presidente della Convenzione che riscriverà la Costituzione. Nell’intera storia d’Italia un voltafaccia del genere non ha precedenti, il trasformismo di Depretis al confronto sembra una gemma di coerenza. Il ceto politico del Pd che ha votato la fiducia ha firmato la propria ignominia morale, e stabilito che qualsiasi cosa dica in futuro un dirigente Pd la sua credibilità è per definizione zero, flatus vocis per gonzi.
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LA SINISTRA CHE HA SCELTO DI ANDARE SULLA DESTRA » pag. 18
» GOVERNO » Mentre Letta vola a Berlino dalla Merkel
Diktat di Berlusconi: sull’Imu decido io Prime frizioni nella nuova maggioranza. A Franceschini che dice “per ora è sospesa solo la rata di giugno”, il Pdl risponde a muso duro “attenti, facciamo cadere l’esecutivo”. Il premier in Europa conferma gli impegni “ma come troviamo le risorse è affare di casa nostra”
L’AGGUATO DI DOMENICA
d’Esposito e Feltri » pag. 4
Ansa
Lugi Preiti era a meno di un metro di distanza dal maresciallo Giangrande quando, col il braccio teso e la pistola puntata sul volto del carabiniere, ha aperto il fuoco Nel tondo rosso al centro, Preiti e il carabiniere Giangrande Nel tondo a sinistra, Negri, l’altro carabiniere ferito
L’INTERVISTA
Vietti (Csm): “Immunità per i parlamentari? Se ne può parlare” Mascali » pag. 7
LA CATTIVERIA L’Olanda ha un nuovo Re. E senza dover fare 5 votazioni » www.forum.spinoza.it
Buon Primo maggio. Torniamo in edicola giovedì 3 Il sito sarà regolarmente aggiornato
» L’INTERVISTA
John Le Carré: “Anche le Talpe si sono globalizzate” Dwight Garner » pag. 14
Dipartito democratico di Marco Travaglio
icono che i pesci rossi abbiano la memoria corta, tre mesi non di più. Ma la stampa itaD liana li supera, diffondendo balle à gogò che non tengono minimo conto della storia degli ultimi tre mesi: elezioni, consultazioni, presidenziali. 1. ”Il governo Letta non ha alternative: i 5Stelle hanno detto no a Bersani e il Pdl ha detto sì a Letta”. Ma i 5Stelle han detto no a Bersani che chiedeva la fiducia a un suo governo di minoranza, fondato su 8 genericissimi punti, che per sopravvivere avrebbe raccattato i voti qua e là in Parlamento. Nessuno ha proposto un governo Pd-M5S presieduto da un uomo super partes. Errore di Bersani, che non andava al di là del proprio nome, convinto di aver vinto le elezioni. Ed errore dei 5Stelle che, quando salirono al Colle la seconda volta coi nomi di Settis, Zagrebelsky e Rodotà in tasca, non li fecero perché Napolitano disse no a un premier extra-partiti. Così rinunciarono a vedere il bluff del Pd: anche se Bersani fosse stato sincero, un suo governo con M5S non avrebbe mai ottenuto la fiducia da tutto il Pd (che s’è spaccato persino su Marini e Prodi, figurarsi su un’alleanza coi grilli). 2. “M5S, se voleva governare col Pd, doveva votare Prodi”. Ma M5S aveva candidato Rodotà, uomo storico della sinistra, uscito al terzo posto delle loro Quirinarie, mentre Prodi era a fondo classifica. Chi ridacchia dei pochi voti raccolti da Rodotà (4677) dovrebbe ridacchiare di più di quelli avuti da Prodi (1394). Ma soprattutto: mentre i 5Stelle facevano scegliere a 48 mila iscritti il loro candidato, Bersani faceva scegliere il suo a uno solo: Berlusconi. Che indicava Marini, poi impallinato dal Pd. Che allora mandava allo sbaraglio Prodi. Ma, mentre Grillo chiedeva ufficialmente al Pd di votare Rodotà per governare insieme, Bersani non ha mai chiesto a M5S di votare Prodi per governare insieme (con Rodotà premier). Si è tentato invece lo “scouting” sottobanco per strappare i 15 voti che mancavano a Prodi al quinto scrutinio. Ma Prodi non ci è neppure arrivato, perché al quarto gli son mancati 101 voti Pd. Come poteva il Pd pretendere che M5S votasse spontaneamente, senza richieste ufficiali, un candidato osteggiato dal suo partito, rischiando di spaccarsi e di non riuscire neppure a eleggerlo a causa dei franchi tiratori Pd? 3. “Grillo voleva fin dall’inizio l’inciucio Pd-Pdl”. Ma, se così fosse, avrebbe lasciato andare le cose com’erano sempre andate, anziché fondare un movimento contro “Pdl e Pdmenoelle”. E soprattutto avrebbe scelto un candidato di bandiera per il Colle (se stesso o Fo o un parlamentare qualunque), per blindarsi in un dorato isolamento: non avrebbe certo interpellato la base online, notoriamente influenzata da grandi personalità della sinistra come quelle poi uscite dalle Quirinarie. In realtà Grillo aveva semplicemente previsto l’inciucio, previsione che non richiede particolare acume a chi segue la politica da un po’. 4. “Quello di Letta è un governissimo di larghe intese”. A contare gli elettori che rappresenta, è un governino di minoranza: su un corpo elettorale di 47 milioni (di cui 35 hanno votato), i partiti che l’appoggiano raccolgono appena 20 milioni di voti, avendone persi per strada 10 rispetto a cinque anni fa. Gli stessi partiti che sostenevano il governo Monti e che, dopo le urne, riconobbero che quel governo era stato bocciato. E ora riesumano lo stesso ménage à trois, con ministri più giovani ma meno autorevoli e competenti dei tecnici. Come se gli italiani non avessero votato. 5. ”Il governo Letta pone fine a vent’anni di guerra civile fredda”. Sarà, ma a giudicare dagli inciuci ventennali, dai teneri abbracci Bersani-Letta-Alfano e dagli occhi dolci che si fanno gli ex combattenti, non si direbbe. Spaccato su nonno Marini e papà Prodi, il Pd ritrova una rocciosa compattezza su padron Silvio, da sempre al centro dei sogni erotici dei suoi dirigenti. Più che di una guerra, è la fine di una lunga relazione clandestina con l’outing liberatorio dei due amanti: “Sì, è vero, andiamo a letto da vent’anni: embè?”.