Strage di Bologna 33 anni dopo: Licio Gelli e Giusva Fioravanti insultano le vittime. In Italia il vero reato è la memoria y(7HC0D7*KSTKKQ( www.ilfattoquotidiano.it
Giovedì 26 luglio 2012 – Anno 4 – n° 176
€ 1,20 – Arretrati: € 2,00 Spedizione abb. postale D.L. 353/03 (conv.in L. 27/02/2004 n. 46) Art. 1 comma 1 Roma Aut. 114/2009
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CHI L’AVREBBE MAI DETTO
Paghi uno prendi due di Marco Travaglio
FORMIGONI INDAGATO
O
Ora è ufficiale: il governatore della Lombardia iscritto dalla Procura di Milano dal 14 giugno per corruzione aggravata transnazionale e convocato per sabato Ma non si dimette: “Non c’è nessuna novità”
Arroganza Celeste di Peter
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Gomez
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oberto Formigoni dice di aver letto le carte e di non avere “nulla da temere”. Di fronte ai testimoni e ai documenti che, secondo l’accusa, raccontano la sua vita da nababbo finanziata per dieci anni da Pierangelo Daccò, il futuro ex governatore dei lombardi afferma spavaldo: “La corruzione dov’è? Io non l’ho trovata”. Un po’ come, qualche mese fa, non era riuscito a trovare, dopo aver promesso ai giornalisti di esibirle, le ricevute delle sue vacanze da jet set trascorse, a spese di Daccò, ai Caraibi, a Saint Tropez, in Costa Smeralda, a Montecarlo o su uno yacht di oltre 20 metri. Un Ferretti 70 sul quale, secondo i marinai, in una cabina di prua venivano sempre “custoditi gli effetti personali” di Formigoni “imbarcati all’inizio della stagione e portati via nel mese di ottobre”. Il fatto che Daccò fosse un faccendiere capace di farsi liquidare più di 70 milioni di euro da gruppi sanitari convenzionati con la Regione non inquieta il Celeste presidente. E nemmeno i due partiti che ancora lo sostengono: la Lega e il Pdl. Eppure la vicenda Formigoni, ora arricchita da un invito a comparire, spiega bene almeno 200 dei 500 punti di spread che separano l’Italia dalla Germania. Formigoni, infatti, resiste sulla sua poltrona perché qui la politica, che pure continua ad attaccare la magistratura, ha totalmente demandato ai giudici il compito di selezionare le proprie classi dirigenti. I comportamenti dei leader da noi non contano. Contano (qualche volta) i reati, che però possono essere accertati (giustamente) solo al termine di un processo. Il principio di elementare prudenza che, nelle democrazie mature, spinge partiti e istituzioni a escludere dalla vita pubblica chi non è in grado di chiarire le sue frequentazioni o giustificare le proprie ingenti spese, in Italia non vale. Risultato: a Berlino il Presidente della Repubblica, Christian Wulff, si dimette in febbraio per un prestito a tassi di favore alla moglie e cinque giorni di vacanza finanziati da un produttore cinematografico (287 euro per notte). A Roma come a Milano, a destra come a sinistra, migliaia di piccoli o grandi Formigoni, invece imperano e montano in cattedra, arroganti. I Daccò di turno fanno lievitare la spesa pubblica. E il Titanic Italia va, placido, verso il naufragio. La crociera intanto non la offre un lobbista-faccendiere. A pagare sono solo i cittadini.
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Barbacetto, Mascali, Milosa, Vecchi pag. 2 - 3 z
Udi Maurizio Viroli NAPOLITANO, MANCINO E IL DIRITTO DI SAPERE e la vicenda delle intercettazioni Mancino-Quirinale Sliberale fosse avvenuta in qualsiasi paese di tradizione e democratica, la maggioranza dell’opinione pubblica avrebbe sottolineato che prima di tutto c’è il diritto del cittadino di sapere cosa dicono e fanno i rappresentanti della nazione. pag. 18 z
TECNICI x Il premier sente Napolitano e vede Alfano e Bersani. Oggi Casini
MONTI AVVERTE IL TRIO ABC: “LA MIA MISSIONE È FINITA” Per il Professore quello che il governo poteva fare l’ha fatto. E c’è chi sostiene che sia una pressione per andare alle elezioni anticipate di Marco Palombi Il Pg nisseno Roberto Scarpinato in via D’Amelio con Salvatore Borsellino (FOTO LAPRESSE)
Csm contro le sue parole in via D’Amelio
Scarpinato, un giudice senza libertà di parola Lo Bianco, Rizza pag. 6 z
l piano era questo: via il CaIdentro valiere impresentabile, l’autorevole economista neoclassico (o liberista, per chi preferisce) che faccia una politica di destra e convinca i tedeschi che adesso si possono fidare. pag. 4 e 5 z
nl’autobiografia
Gregoretti: “Quando l’autista decideva i titoli dei western” pag. 14z
CATTIVERIE Trattativa Stato-Mafia, i pm sentono Marina Berlusconi: si indaga sul plastico (www.spinoza.it)
ngratteri e calderozzi
npremi & pappardelle
Scorta della polizia Intrigo a Capalbio: cene non pagate a due condannati per le botte alla Diaz per 15 mila euro Sansa pag. 7z
Pagani pag. 9z
ddio, c’è il processo alla trattativa e non so cosa mettermi: è l’atteggiamento dominante dei giornali alla notizia delle richieste di rinvio a giudizio per la trattativa Stato-mafia. Libero si affida alla sapiente penna del mèchato, che su carta è anche peggio che in tv. Parla di “trattativa fatta non si sa da chi e per ottenere cosa”: per rispondere potrebbe leggere le richieste della Procura, fitte di nomi e moventi, ma è troppa fatica. Meglio invocare “una commissione d’inchiesta per scoprire le responsabilità di chi i veri colpevoli non li ha scovati”. E lui sa già chi sono. Tenetevi forte: “una dozzina di pm e una trentina di giudici” siciliani che han “buttato 20 anni nel cesso”. Ecco: i depistaggi su via D’Amelio e trattativa non sono colpa dei poliziotti che costruirono il falso pentito Scarantino, ma dei magistrati. Fortuna che poi è arrivato Spatuzza con l’“autoaccusa riscontratissima” (da chi? dai pm colpevoli, naturalmente). Che però non è più riscontratissima quando parla di B. e Dell’Utri: lì Spatuzza è stato “ridicolizzato dai fratelli Graviano”, due boss stragisti che negano di essere mafiosi e persino che esista la mafia. Meno male che ai tempi di Falcone il mèchato andava all’asilo, altrimenti avrebbe scritto che Michele Greco e Pippo Calò avevano ridicolizzato Buscetta. La Stampa titola sul “teorema della Procura” e vaneggia di Andreotti “assolto”. Strepitose le acrobazie dell’Unità: “Trattativa Stato-mafia: ‘Berlusconi al centro’”, “Da Lima per arrivare al Cav”. Purtroppo i pm dicono ben altro: la trattativa parte nel '92 col Ros, sotto i governi Andreotti e Amato; e prosegue nel '93 col governo Ciampi, quando Conso revoca il 41-bis a 334 mafiosi, mentre il ministro dell’Interno Mancino non sa, non vede e non sente (anche se Martelli dice di averlo avvertito dei colloqui Ros-Ciancimino e lui stesso ammette che un cronista lo informò dei boss usciti dal 41-bis). Insomma “da Lima al Cav” c’è di mezzo il biennio del centrosinistra. Sempre sull’Unità, Marcella Ciarnelli comunica: “Il Quirinale fuori dai sospetti, infangato senza motivo. Di Pietro e Travaglio a testa bassa, ma le telefonate di Napolitano non hanno valore”. Forse sa cose che noi non sappiamo: pare che si aspettasse il coinvolgimento di Napolitano; poi scopre che non è nella lista degli imputati; tira un sospiro e se la prende con la “campagna di attacchi politici e giornalistici” che “ha volutamente ignorato il sostegno del Presidente a quanti impegnati nelle indagini” (trascinandoli alla Consulta). Ergo “non c’è stata nessuna iniziativa che abbia potuto fermare la determinazione dei magistrati... i 12 rinvii a giudizio (sarebbero solo richieste, ma fa lo stesso, ndr) dimostrano che la giustizia sta facendo il suo corso”. Pare di rileggere Scalfari quando elogia Napolitano perché – bontà sua – “ha confermato che le indagini della Procura di Palermo possono e debbono proseguire”. Come se il Presidente fosse il Re Sole e potesse decidere quali indagini devono proseguire e quali no. Massima solidarietà, infine, a Polito el Drito, chiamato dal Corriere a un’impresa sproporzionata alle sue possibilità: un editoriale sulla trattativa, di cui non sa una mazza. Infatti è sgomento per l’accusa di violenza o minaccia allo Stato, “reato pesante ma inusitato, nel senso che non se ne ricordano molti altri usi”. In effetti sono più frequenti i processi per spaccio e furto d’auto, anche perché non tutti i criminali possono permettersi di trattare con la mafia per conto dello Stato ed è piuttosto raro, soprattutto all’estero, uno Stato che tratta con la mafia. Ma il nostro esperto è atterrito anche perché il processo rischia di dare ragione “ai fautori della teoria del ‘doppio Stato’, dall’esistenza di uno Stato criminale incistato nello Stato legale”. Teoria a suo tempo demolita anche da Napolitano. Non s’accorgono, Napolitano e Polito, che il doppio Stato conviene a tutti. Perché, se si scoprisse che di Stato ce n’è uno solo, avremmo la certezza è quello sbagliato.